+ All Categories
Home > Documents > 1. Riforme elettorali e forma di...

1. Riforme elettorali e forma di...

Date post: 07-May-2018
Category:
Upload: vuongkiet
View: 215 times
Download: 2 times
Share this document with a friend
73
AA.VV. (a cura di S. GAMBINO), Democrazia e forma di governo. Modelli stranieri e riforma costituzionale, Rimini, 1997. FORME DI GOVERNO, SISTEMA POLITICO E REGOLE ELETTORALI: UNA RICERCA SU ALCUNE ESPERIENZE DI GOVERNO (GRAN BRETAGNA E SPAGNA, FRANCIA E STATI UNITI) di Giampaolo Gerbasi e Donatella Loprieno * 1. ALCUNE PREMESSE METODOLOGICHE La scienza del diritto costituzionale, anche in ragione della complessità che informa i sistemi socio-politici contemporanei, non ha potuto fare a meno di guardare al di là dell’ordinamento di diritto positivo onde affrontare la problematica della vigenza delle norme in esso contenute. Nella maggior parte degli studiosi, così, è maturata l’esigen-za di superare quel processo di “sistematizzazione della loro disciplina che un tempo li portava ad estrarre dalle norme i principi in esse racchiusi, onde giungere, nell’isolamento dalla vivente realtà dei rapporti giuridici, ad un coordinamento ed all’inserzione dei principi medesimi in un sistema unitario, armonico in ogni sua parte” 1 . Anche in tale pro- spettiva e nell’ambito di un’analisi comparata finalizzata alla comprensione del concreto funzionamento * Pur essendo concepito in un’ottica unitaria, la prima parte del lavoro è il risultato della collaborazione fra G. Gerbasi e D. Loprieno, mentre i paragrafi 2, 3, 4 sono di D. Loprieno ed i paragrafi 5, 6, 7, 7a e 7b di G. Gerbasi. Il presente lavoro, nel fondo, costituisce una rielaborazione dei propri lavori di tesi, rispettivamente “Forma di governo tra sistema elettorale e sistema dei partiti. Il caso statunitense e quello francese” di G. Gerbasi e “Forma di governo tra sistema elettorale e sistema dei partiti. Il caso britannico e quello spagnolo” di D. Loprieno. 1 In tal senso S. BARTOLE, “Metodo giuridico e realtà politico- costituzionali”, in Rivista trimestrale di scienza dell’amministrazione, 1985, 3, p. 9.
Transcript
Page 1: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

AA.VV. (a cura di S. GAMBINO), Democrazia e forma di governo. Modelli stranieri e riforma costituzionale, Rimini, 1997.

FORME DI GOVERNO, SISTEMA POLITICO E REGOLEELETTORALI: UNA RICERCA SU ALCUNE ESPERIENZE DI

GOVERNO (GRAN BRETAGNA E SPAGNA,FRANCIA E STATI UNITI)

di Giampaolo Gerbasi e Donatella Loprieno*

1. ALCUNE PREMESSE METODOLOGICHE

La scienza del diritto costituzionale, anche in ragione della complessità che informa i sistemi socio-politici contemporanei, non ha potuto fare a meno di guardare al di là dell’ordinamento di diritto positivo onde affrontare la problematica della vigenza delle norme in esso contenute. Nella maggior parte degli studiosi, così, è maturata l’esigen-za di superare quel processo di “sistematizzazione della loro disciplina che un tempo li portava ad estrarre dalle norme i principi in esse racchiusi, onde giungere, nell’isolamento dalla vivente realtà dei rapporti giuridici, ad un coordinamento ed all’inserzione dei principi medesimi in un sistema unitario, armonico in ogni sua parte”1. Anche in tale pro-spettiva e nell’ambito di un’analisi comparata finalizzata alla comprensione del concreto funzionamento delle forme di governo in alcuni stati democratici contemporanei, pare plausibile sviluppare un’indagine che non si limiti al solo momento inerente alla organizzazione strutturale ed alla distribuzione costituzionale dei poteri supremi dello Stato ma si proponga di considerarne anche gli aspetti più propriamente fun-zionali e dinamici2, in relazione ai quali

* Pur essendo concepito in un’ottica unitaria, la prima parte del lavoro è il risultato della collaborazione fra G. Gerbasi e D. Loprieno, mentre i paragrafi 2, 3, 4 sono di D. Loprieno ed i paragrafi 5, 6, 7, 7a e 7b di G. Gerbasi. Il presente lavoro, nel fondo, costituisce una rielaborazione dei propri lavori di tesi, rispettivamente “Forma di governo tra sistema elettorale e sistema dei partiti. Il caso statunitense e quello francese” di G. Gerbasi e “Forma di governo tra sistema elettorale e sistema dei partiti. Il caso britannico e quello spagnolo” di D. Loprieno.

1 In tal senso S. BARTOLE, “Metodo giuridico e realtà politico-costituzionali”, in Rivista trimestrale di scienza dell’amministrazione, 1985, 3, p. 9.

2 Sulla necessità di ricorrere ad elementi extra-giuridici per cogliere gli aspetti dinamici dell’equilibrio tra gli organi costituzionali, si veda soprattutto L. ELIA, “Governo (forme di)”, in Enciclopedia del diritto, XIX, Milano, 1970. La critica più organica alla classificazione tradizionale delle forme di governo è di M. DOGLIANI, “Spunti metodologici per un’indagine sulla forma di governo” in Giurisprudenza

Page 2: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

un’influenza affatto trascurabile viene esercitata dai sistemi elettorali e dai sistemi di partito3. Tale “contaminazione” del diritto costituzionale (e ancor più di quello comparato) se ha contribuito notevolmente alla relativizzazione delle pretese assolutizzanti che la dogmatica classica aveva finito per attribuire alle tipologie delle forme di governo4, nondimeno ha evidenziato rilevanti problematiche anche di ordine metodologico5. Tuttavia, esula dagli obiettivi del presente lavoro di addentrarsi nella vexata quaestio6 su come saldare dottrine — la scienza giuridica e le scienze socio-politologiche — separate nel metodo ma, spesso, accomunate dall’im-pegno ad indagare su aspetti diversi del medesimo oggetto7. Non è, dunque, chi non veda come, pur in assenza di precise ed univoche scelte metodologiche, gli studi sulle forme di governo, specie in ottica comparatistica, costituiscano il punto più fecondo d’incontro tra le discipline dinanzi richiamate.

costituzionale, 1973. Per un’analisi dell’influenza che i sistemi elettorali apportano sulle forme di governo si vedano F. LANCHESTER, Sistemi elettorali e forma di governo, Bologna, 1982; D. FISICHELLA, Elezioni e democrazia. Un’analisi comparata, Bologna, 1993; O. MASSARI- G. PASQUINO (a cura di), Rappresentare e governare, Bologna, 1994.

3 Pur essendo consapevoli dell’importanza di altri elementi — in primis, la giurisprudenza degli organi di giustizia costituzionale e gli effetti di trascinamento che l’U.E. comporta sulla distribuzione del potere governativo interno — , sarà maggiormente sottolineata l’influenza derivante dai meccanismi di trasposizione dei voti in seggi e dagli assetti politico-partitici. In particolare, l’inclusione del sistema dei partiti nell’alveo degli elementi qualificanti la forma di governo si giustifica poiché esso assume un “valore di primo piano dal punto di vista della descrizione e della classificazione degli ambienti socio-politici in cui operano le strutture costituzionali perché in esso sono, per così dire, trasfusi tutti gli elementi più rilevanti di una società, che la caratterizzano dal punto di vista del livello di tensione, della compattezza della classe politica, del peso dei gruppi di pressione, del grado di consenso ottenuto dallo Stato, della omogeneità culturale ed etnica” (così M. DOGLIANI, “Spunti metodologici ... cit., p. 229).

4 È stato osservato (C. MORTATI, “Diritto costituzionale (nozioni e caratteri)”, in Enciclopedia del diritto, XII, p. 950) che la dogmatica giuridica classica tendeva ad attribuire ai modelli delle forme di governo “un valore di forme o categorie logiche a priori, tali da condizionare le norme piuttosto piuttosto che rimanere da queste condizionati”. Per una esaustiva ricognizione dei termini della problematica inerente alla modellistica delle forme di governo si veda M. DOGLIANI, “Spunti metodologici ... cit. Da ultimo si veda anche la ricostruzione della questione fattane da A. RINELLA, La forma di governo semipresidenziale della V Repubblica. Profili metodologici della “circolazione” di un modello nell’Europa centro-orientale, Padova, 1996, pp. 7-70.

5 Per S. BARTOLE, op. cit., p. 11, “il superamento del c.d. metodo giuridico è avvenuto senza una precisa ed univoca scelta di metodo”; nella stessa direzione G. AMATO, “Diritto costituzionale” in S. CASSESE (a cura di), Guida alla facoltà di giurisprudenza, Bologna, 1978, p. 83, per il quale “ quando si è rotta la vecchia e superata impalcatura, cosa che è successa alla metà degli anni ’60, il diritto costituzionale è stato inizialmente vivificato, ma alla lunga è uscito distrutto”.

Page 3: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

In tale chiave interpretativa e consapevoli che le tipizzazioni relative alle forme di governo si pongono, per lo studioso di diritto comparato, alla stregua di un essenziale ed imprescindibile strumento d’analisi, pare implausibile arrestarsi ad una concezione statica ed “astorica” dei modelli di governo che si risolve nel mero raggruppamento degli elementi giuridici comuni, previa analisi delle scelte strutturali di fondo caratterizzanti le diverse esperienze costituzionali, prescindendo tout court dalle caratteristiche dei differenti sistemi politici di appartenenza. Così operando, riuscirebbero difficilmente comprensibili tanto gli esiti funzionali diversi associati a contesti giuridico-strutturali ricompresi nella medesima categoria classificatoria quanto la similarità dei risultati osservabile all’interno di differenziati assetti istituzionali di governo8. A ben vedere, dunque, il dato formale costituisce solo il punto di partenza — l’essenziale ancoraggio teorico del comparatista — e

6 In realtà, tale problematica ruota attorno ad una maggiore o minore flessibilità degli orizzonti concettuali tipicamente afferenti alla scienza giuridica. Significativa, in tal senso, è l’osservazione di S. BARTOLE, op. cit., p. 24, in relazione al frequente utilizzo da parte della scienza del diritto costituzionale di concetti derivanti dall’osservazione della realtà empirica. Secondo l’A. “dovendo legittimare questo modo di procedere, i costituzionalisti si sono sforzati di ricondurlo nei termini tradizionali dell’approccio giuridico ed hanno ritenuto di concludere che in tanto quei concetti potevano essere utilizzati nel contesto di un’argomentazione giuridica di quanto fosse consentito di affermare che essi avevano riguardo a fenomeni dotati di rilevanza, se non di efficacia giuridica”.

7 Sui rapporti tra diritto costituzionale comparato, scienza politica e storia costituzionale comparata, si veda B. MIRKINE-GUETZÈVITCH, Le costituzioni europee, Milano, 1954, pp. 3-12, secondo il quale “la logica giuridica non sarebbe sufficiente per far comprendere il rendimento politico delle istituzioni. Per conoscerlo, il giurista, come lo storico, deve fare appello alla scienza politica”; inoltre, per l’A. “la complessità della vita sociale moderna è tale che è spesso necessario servirsi di diversi metodi per l’osser-vazione di un medesimo oggetto. La pluralità degli aspetti richiede la pluralità dei procedimenti scientifici, e quando si tratta di soggetti che, per la loro vastità, oltrepassano le risorse di una sola disciplina, si impone un lavoro in comune, che in definitiva porta a nuove conoscenze”.

8 Emblematica dell’importanza assunta dalle variabili “sistema elettorale” e “sistema di partito” nel definire dinamicamente una forma di governo è la comparazione fra il sistema britannico e quello italiano che, seppure accomunati dall’appartenenza alla categoria del parlamentarismo, rispondono a logiche di funzionamento sensibilmente diverse. Addirittura, per parte della dottrina, sotto il profilo della capacità decisionale del Capo dell’esecutivo, sarebbe più agevole paragonare il Premier britannico al Presidente statunitense, mentre il Presidente della V Repubblica francese, in presenza di una situazione di consonanza politica tra maggioranza presidenziale e parlamentare oltreché di partiti disciplinati nelle deliberazioni parlamentari (come più avanti si vedrà), usufruirebbe di “poteri non troppo dissimili da quelli attribuiti al Presidente americano” nonché dell’appoggio di “una maggioranza di tipo inglese” che gli consentirebbero di attuare agevolmente il proprio programma. Cfr. L. ELIA, “Governo ... cit., p. 666.

Page 4: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

non anche quello terminale del procedimento comparativo9 che deve necessariamente considerare quella serie di elementi non formali (consuetudini, convenzioni, prassi interpretative) che pure incidono significativamente sull’esito attuativo dei testi normativi. Inoltre, ed a meno di non volere operare per compartimenti stagni, non si possono sottacere l’intreccio tra sistema politico e sistema istituzionale-costi-tuzionale nonché la rilevanza che in esso assumono le dimensioni socio-culturali, economiche e di continuità/ discontinuità storico istituzionali. Tale modo di procedere risulta vieppiù necessario nell’ambito di un’analisi che, focalizzando l’attenzione su assetti di governo diversi, vuole compararne le modalità organizzative ed il loro funzionamento all’interno di due democrazie di “vecchia data” — Gran Bretagna e Stati Uniti — e di due sistemi democratici che solo nel tardo secondo dopoguerra — la Francia della Quinta Repubblica nel 1958 e la Spagna nel 1978 — sembrano aver “esorcizzato” un passato particolarmente turbolento dei rispettivi ordinamenti istituzionali-costituzionali. Più precisamente, funzione del nostro procedimento comparativo non sarà semplicemente quella di mettere a fuoco le diversità e le analogie nella complessiva distribuzione del potere supremo tra gli organi costituzionali così come realizzate nelle esperienze costituzionali che saranno da noi esaminate, ma tenterà di comprenderne la dinamica operatività istituzionale alla luce dei condizionamenti derivanti dai contesti politico-partitici e dai meccanismi di trasposizione dei voti in seggi. La comparazione, seguendo un criterio al contempo logico ed espositivo, avverrà, da un lato, tra due forme di governo parlamentari razionalizzate — l’esperienza britannica e quella spagnola post-franchista — e, dal-l’altro, tra due forme di governo variamente presidenziali — l’espe-rienza statunitense e quella francese della V Repubblica —. Si tratta ora di vedere come le esperienze istituzionali-costituzionali sopracitate abbiano cercato di approssimare l’organizzazione ed il funzionamento delle proprie strutture di potere al “mito del buon governo”.

9 In questa prospettiva, come è stato fatto notare “gli studi di diritto costituzionale comparato rivelano la relatività dei testi, delle formule, dei dogmi; i testi non creano le democrazie, ma i veri fattori determinanti di un regime sono gli uomini e le idee, i partiti e i princìpi, le mistiche e le affermazioni, i costumi e le tradizioni. I testi creano soltanto talune condizioni favorevoli all’evoluzione, alle trasformazioni, alle realizzazioni politiche. L’esame delle prassi costituzionali resta il compito principale del diritto costituzionale comparato” (così B. MIRKINE-GUETZÈVICHT, op. cit., pp. 11-12).

Page 5: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

Se al problema “storico” delle forme di governo parlamentari10 — la stabilità, non meramente temporale, dei governi — il sistema britannico ha risposto nel tempo con modalità del tutto endogene al proprio sistema politico, i “cicli” costituzionali continentali del primo e del secondo dopoguerra, ponendosi in una linea di “razionalizzazione” del potere, hanno, invece, prospettato “una serie di congegni adatti a garantire risultati analoghi a quelli che, nell’esperienza inglese, erano stati ottenuti per merito di un efficiente sistema bipartitico”11. Nella stessa direzione razionalizzatrice si è mosso il costituente spagnolo del 1978 che, al fine di prevenire (per quanto possibile) gli inconvenienti dell’instabilità degli esecutivi tipici del parlamentarismo assembleare e/o a multipartitismo estremo, ha approntato tutta una serie di congegni giuridici atti a facilitare la nascita dei governi per poi renderne difficile la rimozione da parte del Parlamento.

Da un’ottica parzialmente diversa muove l’analisi comparata tra due forme di governo — presidenziale e semipresidenziale — la cui matrice comune è rinvenibile nella presenza di un Presidente e di un Parlamento entrambi legittimati democraticamente. Il sistema presidenziale, quale realizzatosi nell’esperienza costituzionale statunitense, di certo, risolve il problema della stabilità del potere esecutivo rendendo il Presidente della Repubblica indipendente dal potere legislativo, dandogli un termine preciso di durata nella carica e legittimando la sua autorità attraverso l’elezione diretta. Si cercherà, tuttavia, di verificare se la stabilità meramente temporale dell’esecutivo monocratico statunitense valga, da sola, ad assicurargli una forte capacità decisionale o se questa non sia strettamente correlata alla particolare natura dei partiti statunitensi che si muovono all’interno di un quadro istituzionale permeato da un complesso sistema di checks and balances. Maggiore complessità presenta l’analisi della forma di governo semipresidenziale, così come configuratasi nella Quinta Repubblica francese, nella quale il Presidente della Repubblica — eletto direttamente dall’intero corpo elettorale e titolare di importanti poteri — si trova a convivere con un Primo Ministro ed un Governo responsabile politicamente di fronte al Parlamento12. In quest’ottica di “contaminazione” tra il sistema presidenziale e quello

10 Se caratteristica essenziale del parlamentarismo rimane un’organizzazione del potere nel quale l’esecutivo si pone, attraverso il rapporto fiduciario, come l’emanazione permanente delle assemblee rappresentative (cfr. L. ELIA, op. cit., p. 643), è con l’introdu-zione di meccanismi di razionalizzazione che si è cercato di incidere positivamente sulla stabilità del raccordo Governo-maggioranza parlamentare.

11 In tal senso C. MORTATI, Lezioni sulle forme di governo, Padova, 1973, p. 223.

Page 6: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

parlamentare, la stabilità del potere esecutivo è stata perseguita tanto con la previsione di un circuito elettorale presidenziale separato e distinto da quello parlamentare quanto con una severa razionalizzazione dei rapporti tra Parlamento e Governo. Ad ogni modo, consapevoli che tanto il sistema semipresidenziale francese quanto quello presidenziale statunitense condividono il “peri-colo” derivante dalla coesistenza di due centri di potere (presidenza e Parlamento) “con uguale legittimazione popolare” e, dunque, dotati degli “stessi titoli di nobiltà democratica”13, si tratterà di vedere se e come i sistemi in questione abbiano sopperito al disagio istituzionale conseguente al verificarsi di fasi di dissonanza politica tra istituzioni democraticamente legittimate.

2. LA FORMA DI GOVERNO PARLAMENTARE IN GRAN BRETAGNA E SPAGNA: PERCORSI DIVERGENTI PER UN ESITO (QUASI) CONVERGENTE

Ciò che rende proficuo l’analisi comparata delle esperienze britannica e spagnola — i cui percorsi verso la razionalizzazione dei meccanismi di governo ben possono essere qualificati come antitetici sia dal punto di vista storico che culturale e politico — non è tanto la constatazione che, in entrambi i casi, gli assetti istituzionali-costituzionali sono ascrivibili alla categoria “monarchia parlamentare”, quanto piuttosto la comune adesione, anche se temporalmente differenziata, ai principi cardine di un certo modo di essere del parlamentarismo contemporaneo.

L’ipotesi di studio che, allora, meglio potrebbe risultare adeguata alla comparazione in esame è un percorso concettuale che, prendendo atto della profonda diversità che ha informato il divenire storico, sociale e politico dei termini del raffronto, tenti di comprendere come e perché nella giovane democrazia spagnola si sia giuridicizzata una certa distribuzione del potere fra gli organi supremi dello Stato laddove in Gran Bretagna ciò è stato prodotto, soprattutto, dalla vis normativa del dato fattuale. In tale prospettiva, ove si guardi alla storia costituzionale britannica e a quella spagnola non è chi non veda il diverso grado di continuità/discontinuità che ha caratterizzato l’intero processo di costruzione della democrazia. Il sistema costituzionale britannico costituisce il risultato di un’evoluzione storico-sociale plurisecolare la cui caratteristica fondamentale è di non aver subito rotture traumatiche e significativi

12 Per M. DUVERGER, (Institutions politiques et droit constitutionnel, Paris, 1970, p. 277) sono questi gli elementi costitutivi di una forma di governo semipresidenziale.

13 In tal senso L. ELIA, “Per una nuova forma di governo parlamentare”, in Il politico, 1991, 1, p. 222.

Page 7: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

cambiamenti di regime mostrando, così, un dato storico di eccezionale continuità istituzionale. Fra i molti esempi consegnati dalla storia, ricordiamo, ad esempio, che la Glorious Revolution (1688-89) non si è sostanziata in un qualche prototipo di carta costituzionale, ma i suoi risultati sono stati sintetizzati in una legge ricognitiva dei diritti e dei doveri dei cittadini e della Monarchia (il Bills of Rights del 1688, assurto poi, nel tempo, a baluardo della libertà dei cittadini) confermando che, anche nei momenti di crisi rivoluzionaria, è tipico del costume e della mentalità inglese il rifiuto degli estremismi e delle radicalizzazioni rivoluzionarie. Per contro, in Spagna, a partire dalla fine del XIX secolo, il frequente ricorso al pronunciamiento (colpo di stato militare) si è posto alla base di una mutevolezza relazionale tra Stato e società e, dunque, del succedersi di regimi diversi14.

Ciò osservato15, occorre sottolineare come sottesa alla continuità storico-istituzionale britannica vi sia un elevato grado di “legittima-zione interna”16 delle istituzioni — consentita dalla vigenza delle c.d. “conventions of Constitution” che ad esse fanno capo — maturata lentamente in una società non divisa da cleavages profondi e coesa nell’accettazione dei valori politici di fondo. Nella composita società spagnola, al contrario, l’avvicendamento di regimi di natura assai diversa fra loro è stato, al contempo, effetto e causa di una più debole interiorizzazione dei principi fondamentali che, di volta in volta, hanno informato le diverse manifestazioni — spesso violente e coercitive — del supremo potere statale. Alla turbolenza della

14 Un breve quadro storico può essere esplicativo della frammentarietà della storia recente dello stato spagnolo: dal 1923 al 1929 si consuma la dittatura di M.Primo de Rivera; dal 1931 al 1936 la Spagna vive una feconda, per quanto turbolenta, esperienza repubblicana; dal 1936 al 1939, nel clima di una sanguinosa guerra civile, si prepara la dittatura del generalissimo F. Franco — dai più definita come un governo cattolico e militare mascherato — protrattasi fino alla scomparsa naturale del caudillo nel 1975; da tale ultima data, la Spagna ha intrapreso un processo di ricostruzione della democrazia che l’ha condotta, a pieno titolo, nell’Unione europea. Per un’analisi della giovane democrazia spagnola si vedano, soprattutto, G. LOMBARDI, La nuova Costituzione di Spagna, Torino, 1979 ed A. PREDIERI e E. GARCIA DE ENTERRIA (a cura di), La Constitución española de 1978, Madrid, 1980.

15 Per una “ricostruzione delle pregresse circostanze politiche” in cui è maturata la Costituzione britannica, si rinvia ad A. TORRE, “Costituzione e sistema elettorale in Gran Bretagna” in S. GAMBINO (a cura di), Forme di governo e sistemi elettorali, Padova, 1995; per l’A. “solo il metodo di un’indagine ricostruttiva che ci porti indietro fino all’età medioevale è, ancora oggi, l’unico idoneo a fornirci gli strumenti per comprendere la reale natura della Costituzione britannica, che è una realtà essenzialmente storica ed evolutiva” (p. 212).

16 Sul concetto di legittimità e di ordinamento legittimo, ancora oggi fondamentale risulta l’opera di M. WEBER, Economia e società, vol. I, Teoria delle categorie sociologiche, Milano, 1986.

Page 8: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

Spagna predemocratica17 ha fatto seguito un processo di transizione alla democrazia (la c.d. Transición Política definibile come un capolavoro di moderazione politica), nel quale un abile dosaggio tra reforma pactada e ruptura pactada ha consentito un passaggio di regime soft, caratterizzato dalla pacifica sostituzione della precedente legalità franchista con una nuova legalità democratica senza operare una rottura frontale con il passato. Il patto costituente, noto come il consenso ha, dunque, avuto una natura prettamente consociativa18. La quasi totalità dell’arco parlamentare concordava, infatti, sull’esigenza di raggiungere un triplice obiettivo: la configurazione di uno Stato di diritto, particolarmente attento al tema dei diritti e delle libertà individuali nonché alla loro tutela giurisdizionale19, l’approntamento di una serie di meccanismi atti a proteggere il Parlamento dagli inconvenienti del “multipartitismo estremo” e prevenire le “degenerazioni del parlamentarismo di tipo assembleare”, il riordino politico-territoriale per ridare dignità alle diverse componenti dello Stato spagnolo ed assicurarne la pacifica convivenza20.

Gli estensori della Costituzione spagnola del 1978, obbligati dalle circostanze21 a disegnare un quadro costituzionale aderente ai principi di una moderna monarchia parlamentare, hanno potuto guardare non solo alle più raffinate tecniche di razionalizzazione del potere esecutivo22, sperimentate dai parlamentarismi del ciclo costituzionale del-l’immediato dopoguerra (in primis, il modello del

17 Quarant’anni di dittatura franchista, tuttavia, non hanno significato immobilismo sociale e politico anche in considerazione del fatto che, già sul finire degli anni ’50, il franchismo era entrato in una fase di istituzionalizzazione prevedendo, a fronte di una serie di riforme legislative, la propria successione nella forma monarchica incentrata sulla figura di Juan Carlos de Borbone.

18 Cfr. G. DE VERGOTTINI, “Diritto costituzionale comparato”, Padova, 1987, pp. 535-549 ed E. GARCIA, “Spagna” in E. SALICI DI SUNI PRAT - M. COMBA - F. CASSELLA (a cura di), Le costituzioni dei paesi della Comunità europea, Torino, 1993, pp. 563-577.

19 Il contenuto del Titolo I della Costituzione spagnola rappresenta una testimonianza del fenomeno della “stratificazione” che nel campo dei diritti accompagna l’evolu-zione sociale, in modo che nei testi costituzionali più recenti “... ai “vecchi” diritti se ne aggiungono di nuovi, senza che si proceda ad una contestuale “eliminazione dei rifiuti”... La Costituzione di Spagna — facendo proprio il patrimonio accumulato dal moderno costituzionalismo e recependo a piene mani le più varie esperienze degli ordinamenti costituzionali democratici — dilata ed allunga l’elenco delle situazioni giuridiche protette” (così M. APARICIO, Lineamenti di diritto costituzionale spagnolo, Torino, 1992, p. 16).

20 Cfr. G. DE VERGOTTINI, “Diritto ... cit., p. 536.21 Il risultato del referendum del dicembre 1978 sulla Legge per la Riforma Politica

aveva, infatti, sancito il mantenimento dell’istituto monarchico e ciò non senza legami con il prestigio personale ed il ruolo importantissimo svolto da Juan-Carlos de Borbone nel processo di transizione alla democrazia.

Page 9: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

cancellierato tedesco), ma anche, e soprattutto, al rendimento in termini di fattualità e di operatività di quelle tecniche23. La volontà di tracciare coordinate particolarmente adeguate per un’azione di governo stabile ed efficiente, secondo i moduli collaudati dalla esperienza inglese e tedesca, ha condotto il costituente spagnolo a compiere, come è stato sottolineato, “due scelte in relazione al sistema di formazione dei governi, uno in positivo verso il sistema tedesco e una in negativo verso quello italiano”24. D’altra parte, l’organizzazione e la distribuzione del potere parlamentare in un sistema “altamente convenzionale”, quale quello britannico, pur rappresentando un “ideale” di riferimento per i tecnici dell’ingegneria costituzionale protesi alla regolazione della stabilità governativa25, di sicuro, non è passibile di pedisseque imitazioni. Nel sistema parlamentare britannico infatti, in virtù della peculiarità della storia costituzionale26, si è forgiato un modello di relazione fra i poteri, e tra questi e la volontà popolare, improntato alla stabilità ed efficienza degli esecutivi contestualmente al “mantenimento della responsabilità politica al centro delle strutture di rappresentanza e di governo”27. La circostanza per cui, nel primo ventennio di vita democratica, il sistema istituzionale-costituzionale spagnolo abbia

22 In un’accezione più ampia del fenomeno della razionalizzazione del potere potremmo far rientrare, a proposito della configurazione istituzionale-costituzionale dei poteri in Spagna, anche la costituzionalizzazione dei principi basilari di un sistema elettorale che, seppur formalmente proporzionale, esplica i propri effetti in senso maggioritario riducendo il formato del sistema dei partiti ed agevolandone una meccanica tendenzialmente bipolare.

23 Dopo aver sintetizzato gli aspetti di cui si compone la razionalizzazione del potere parlamentare (attribuzione, nell’ambito del Governo, della funzione di direzione politica alla figura del Premier, delimitazione della portata del voto di sfiducia, disciplina ed ammissibilità di un potere di scioglimento del Parlamento in capo al Governo, ridefinizione della figura del Presidente della Repubblica nel senso di “neutralizzarne” la carica politica, bicameralismo asimmetrico), C. MORTATI (Lezioni … cit., pp. 222-226) affermava che, la complessità della natura dei rapporti fra i poteri costituzionali, “è tale che nella loro disciplina poco contano gli espedienti frutto di una fantasia raziocinante, le escogitazioni a tavolino, le formule tanto astratte quanto logicamente ridefinite” ove non esistano maggioranze parlamentari chiare ed omogenee.

24 Così G. DE VERGOTTINI (a cura di), Una Costituzione democratica per la Spagna, Milano, 1978, p. 22.

25 In tal senso, se il caso del Cancellierato tedesco — a netta prevalenza del Governo e del suo Bundeskanzler — ha, comunque, esercitato non poche attrattive sul costituente spagnolo non altrettanto è avvenuto per il caso del parlamentarismo italiano che, anzi, ha costituito un “un modello da imitare a contrario” (così T. GROPPI, “Sistema elettorale e forma di governo: il caso spagnolo”, in S. GAMBINO (a cura di), Forme di ... cit., p.109.

26 Per una ricostruzione dell’esperienza costituzionale inglese si rinvia a C. MORTATI, Lezioni ... cit., pp. 94-120.

Page 10: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

mostrato una fra le maggiori stabilità governative d’Europa e credibili aspettative di alternanza fra le opposte opzioni politico-partitiche avvicina l’e-sperienza del paese mediterraneo alla plurisecolare monarchia parlamentare d’oltremanica e rende particolarmente stimolante indagare sulle modalità con cui le tecniche dell’ingegneria costituzionale, se adeguatamente combinate con altre variabili, non necessariamente giuridiche, possono indirizzare le regole del gioco politico ed i comportamenti degli attori istituzionali al conseguimento della stabilità go-vernativa come, più in generale, della vitalità del sistema democratico.

Obiettivo di questo lavoro è appunto quello di verificare, sia pure con approccio introduttivo, l’esito funzionale di due esperienze di governo, l’una, quella britannica, in cui le ragioni ultime della stabilità dell’esecutivo — e della primazia, all’interno di quest’ultimo, del Premier di governo — sono intimamente connaturate ed intrinseche alla natura pragmatica e storico-evolutiva degli istituti del government, l’altra, quella spagnola, in cui una precisa volontà politica ha fatto “assumere alle norme organizzatorie non già un carattere ricognitivo, ma coattivo perché tendente ad imporre modalità di comportamento diverse da quelle che si avrebbero se gli organi politici seguissero quella che si teme essere la logica loro propria”28.

3. PARLAMENTARISMO BRITANNICO E PARLAMENTARISMO SPAGNOLO: REGIMI AD ALTO RENDIMENTO

All’origine della particolarità del sistema britannico possiamo, senza dubbio, collocare la variabile storica. D’altronde, che la vera differenza risieda nella particolare storia costituzionale è testimoniato dalla sopravvivenza, accanto ad innovazioni costituzionali di grande rilievo, di istituti arcaici le cui vestigia risalgono fino al medioevo normanno29. L’evoluzione lenta, ma

27 In tal senso O. MASSARI, “Gran Bretagna: un sistema funzionale al governo di partito responsabile” in O. MASSARI - G. PASQUINO (a cura di), Rappresentare … cit., p. 32.

28 Così M. DOGLIANI, L’interpretazione della Costituzione, Milano, 1982, p.55.29 Intorno alla metà del secolo scorso, il costituzionalista inglese W. BAGEHOT,

nell’ormai classico The English Constitution, London, 1867, individuò nella Costituzione inglese due anime: la dimensione della dignified Constitution, ossia i legami duraturi del sistema costituzionale con la tradizione e con istituti giuridici anche molto remoti e la dimensione della efficient Constitution “quell’incessante, pragmatico dinamismo in virtù del quale la forma di governo britannica è in grado di assicurare un terreno costantemente favorevole alle innovazioni costituzionali, e conseguentemente di rinnovare le proprie istituzioni nella sostanza pur non perdendo

Page 11: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

graduale e costante, degli istituti del government, l’emergere e l’affermarsi del principio democratico (in-carnato nella House of Commons) quale fonte primaria di legittimazione del potere — senza mai cedere il passo a visioni troppo ideologizzate e mutando nella sostanza dei poteri ma non nella forma le incarnazioni del principio monarchico (la Corona) e feudale (la Camera dei Lords) — un processo di costruzione della democrazia che non ha conosciuto, come la maggioranza degli stati europei, la degenerazione degli autoritarismi ed infine, una società sostanzialmente omogenea che non ha richiesto la nascita di un assetto multipartitico per esprimere le proprie esigenze congiuntamente al rifiuto di formalizzare in un unico testo scritto le principali regole degli assetti organizzativi del potere30, possono essere considerati come il substrato storico-culturale necessario a qualsiasi indagine che assuma come oggetto suo proprio l’attuale sistema britannico di Governo di Gabinetto o, se si preferisce, il Governo del Premier britannico. Si diceva, all’inizio, che la produttività dell’analisi comparata fra due forme di governo parlamentari — l’esperienza britannica e quella spagnola — non deriva tanto dalla constatazione che, in entrambi i casi, siamo di fronte ad una moderna monarchia parlamentare31 quanto piuttosto dall’adesione, con tempi e modalità differenziati, ai principi cardine di una manifestazione del parlamentarismo, quella che la dottrina suole qualificare come “parlamentarismo maggioritario”.

Se si conferma come essenziale ad una forma di governo parlamentare l’affermazione che “la titolarità del potere esecutivo sia concepita come un’emanazione permanente (mediante il

la fedeltà a se stessa ed alle proprie radici secolari” (così A. TORRE, ult. op. cit., p. 221).

30 Sono state avanzate molte ragioni per spiegare il rifiuto, caratteristico dell’espe-rienza britannica, di una Costituzione scritta e la diffidenza verso i principi assolutizzanti a favore del primato dell’esperienza politica. Per M. CHARLOT (Le pouvoir politique en Grande-Bretagne, Paris, 1990) esiste una spiegazione unica e relativamente semplice: l’assenza di fondo di conflitti politici “forti” avrebbe reso inutile una formalizzazione scritta delle garanzie costituzionali.

31 L’art. 1.3 della Costituzione spagnola (“La forma politica dello Stato spagnolo è la Monarchia parlamentare”) rappresenta “la costituzionalizzazione di un regime monarchico razionalizzato e la sua democratizzazione, per via parlamentare, attraverso l’egemonia dell’organo parlamentare-rappresentativo” (così L.A. DE LUQUE, “Forma di governo e sistema elettorale in Spagna” in M. LUCIANI - M. VOLPI (a cura di), Riforme elettorali, Bari, 1995, p. 363). In altri termini, la monarchia parlamentare è una forma di governo che, in attuazione del principio democratico, presuppone “un’eccezione alla condizione di uguaglianza...e richiede, per mantenere valido il postulato della sovranità popolare, una compensazione nella reale vacanza di attribuzione del Monarca che, grazie all’istituto della controfirma (artt. 56 e 64) è privato di ogni potere effettivo” (E. GARCIA, ult. op. cit., pp. 571-572).

Page 12: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

rapporto fiduciario) del o dei collegi titolari del potere legislativo”32, nondimeno, tale “rela-zione interorganica minimale” è passibile di essere accompagnata da una gamma molto flessibile di modalità di esercizio del potere. In una parola, la forma di governo parlamentare non si è manifestata, né si manifesta, in un unico genus ma, in misura maggiore di quanto non accada per altre modalità organizzative del potere, si è dimostrata, in prospettiva sia diacronica che sincronica, molto sensibile ad essere qualificata funzionalmente dal concreto contesto politico-partitico in cui opera. Più specificamente, con “parlamentarismo maggioritario” si fa riferimento ad un assetto relazionale tra potere esecutivo e potere legislativo in cui — presenti, per lo più, una strutturazione sociale almeno tendenzialmente omogenea, un sistema partitico non frammentato né polarizzato ed un sistema elettorale che massimizza il valore della “demo-distribuzione” rispetto al “demo-potere”33 — l’esecutivo, ben-ché derivi dal Parlamento e sia responsabile di fronte ad esso, si configura come il principale attore istituzionale nel processo decisionale. Non che nella versione maggioritaria, le assemblee legislative debbano necessariamente essere depotenziate fino a divenire meri organi di registrazione delle decisioni elaborate dal Governo, più semplicemente esse si pongono come il contesto entro cui il potere esecutivo opera ed agisce e non come limitazione stringente dei suoi poteri. Così, ad esempio, quando ci si riferisce alla centralità delle Cortes nel sistema spagnolo si vuole alludere alla derivazione più immediata del Parlamento dalla sovranità popolare; significa, inoltre, che le camere devono rimanere il luogo privilegiato del dibattito e del controllo sull’at-tività di indirizzo politico di un esecutivo che è stato “razionalmente” valorizzato dalla Carta costituzionale oltre che dal meccanismo elettorale e dal concreto divenire del sistema partitico. In più, per un’autore-vole dottrina34, la Costituzione spagnola ha massimizzato il principio democratico quale fonte di legittimazione del Governo soprattutto attraverso il riconoscimento dei partiti quale strumento fondamentale di intermediazione tra l’elettorato ed i candidati al Governo. Il fenomeno, poi, sarebbe facilitato dalla

32 Così L. ELIA, “Governo ... cit., p. 643.33 In tal senso G. SARTORI, “Proporzionalismo, frazionismo e crisi dei partiti”, in

Rivista italiana di scienze politiche, 1971, 3, p. 632; per l’A. “un sistema democratico non è solo un sistema di creazione rappresentativa di organi di governo; è anche, e certo non di meno, un sistema di produzione di decisioni”, laddove la prima condizione sarebbe massimizzata dai sistemi elettorali proiettivi e la seconda da quelli particolarmente selettivi.

34 Così in L. LOPEZ GUERRA, “Gli elementi che caratterizzano il potere esecutivo nella Costituzione”, in G. ROLLA (a cura di), Le forme di governo nei moderni ordinamenti policentrici, Milano, 1991, p. 31 ss.

Page 13: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

particolare protezione legale e costituzionale delle organizzazioni di partito, dalla previsione costituzionale di un sistema elettorale formalmente proporzionale ma i cui effetti sono a manipolatività differenziata e, last but not least, dalla previsione costituzionale che vincola direttamente la proposta e la nomina del Presidente del Consiglio all’esito elettorale ed al ruolo dei partiti politici.

D’altra parte, nel sistema britannico, è innegabile la presenza di un certo squilibrio tra l’esecutivo ed il legislativo a favore, in condizioni di normalità, del primo tanto da potersi parlare di una “riduzione a livelli estremamente bassi della forza contrattuale rimasta alla Camera dei Comuni”35. Ora, se le modalità di funzionamento del sistema di governo britannico, su cui tra breve ritorneremo, per antonomasia riflettono le caratteristiche della democrazia maggioritaria36 — governi di legislatura posti nelle condizioni di attuare il proprio programma, alternanza al potere fra opposti schieramenti politici e sistemi elettorali maggioritari che, oltre alla composizione delle assemblee legislative, consentono agli elettori di incidere fortemente sulla scelta degli uomini e dei programmi di Governo —, ciò non sembra imputabile ad una volontà determinabile con precisione nel come e nel quando, ma costituisce l’espressione naturale di ciò che, in altri ordinamenti costituzionali, è stata definita “tendenza alla razionalizzazione del potere”37.

Caratteristica peculiariare della Constitution britannica è la complessa materia delle Conventions of constitution ossia l’insieme delle regole non giuridiche regolanti i rapporti fra i titolari dei supremi organi costituzionali (il c.d. Government). Ciò che qui soprattutto rileva non è tanto di entrare nel merito della questione

35 Così L. ELIA (“Governo ... cit., p. 650) il quale, dopo aver ravvisato il carattere meramente neutrale del rapporto di fiducia fra maggioranza parlamentare e Gabinetto, adduce il sistema britannico come l’esempio emblematico di “quanto sia difficile costruire una forma di governo nella quale al ruolo più incisivo possibile degli elettori faccia riscontro un ruolo critico massimamente efficace affidato ai parlamentari”. L’aver fatto riferimento a condizioni normali altro non significa che, superata una certa soglia di tolleranza, il partito parlamentare maggioritario possa detronizzare il proprio leader/Premier provocando un cambiamento di vertice.

36 Per una puntuale analisi degli elementi che caratterizzano la versione maggioritaria (e consensuale) della democrazia si vedano A. LIJPHART, Le democrazie contemporanee, Bologna, 1988 e, più recentemente, S. FABBRINI, Quale democrazia, Bari, 1994.

37 Riferendosi alle costituzioni emanate dopo la prima guerra mondiale, B. MIRKINE-GUETZÉVITCH scrive che esse “esprimono la stessa tendenza, da noi già definita tendenza alla razionalizzazione del potere che cerca di racchiudere nella trama del diritto scritto l’insieme della vita politica. In tal modo, l’elemento politico e l’elemento sociale diventano elemento giuridico. La razionalizzazione del potere ... è un fenomeno costante del divenire costituzionale moderno” (Le costituzioni europee, Milano, 1954, p. 16 ss.).

Page 14: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

circa la natura delle convenzioni e della loro collocazione nell’ordinamento costituzionale britannico, quanto di indagare sulle motivazioni che stanno alla base della loro osservanza. La risposta più esauriente, coerentemente alla cultura britannica orientata a produrre politicamente le istituzioni, è da ricercare nell’interiorizzazione e nell’accettazione generalizzata, da parte dei soggetti sociali e politici, delle regole pragmatiche ritenute necessarie al buon funzionamento degli istituti di governo. Inoltre, le convenzioni hanno dimostrato di essere un mezzo audace per far sì che le istituzioni non si cristallizzino in monumenti di retorica formale, ma possiedano una forza autopropulsiva che spinga all’adattamento attraverso un processo di rinnovamento interno. In tale prospettiva, le conventions giocano un ruolo fondamentale nel funzionamento dell’ap-parato istituzionale-costituzionale britannico; esse regolano, ad esempio, la struttura del Cabinet38 e le sue modalità d’azione nei diversi circuiti relazionali nonché il principio della responsabilità collegiale del Governo; impongono al titolare della Corona di nominare Premier di governo il leader del partito che, nelle elezioni legislative, ha ottenuto il maggior numero di seggi in Westminster; così come convenzionale è pure il vincolo che impone al Sovrano di nominare Ministri i soggetti prescelti dal Primo Ministro; infine, sono una serie di regole convenzionali a presiedere a gran parte delle prerogative e dei diritti della opposizione parlamentare39. Fra le convenzioni che maggiormente interessano il comparatista per il rigore logico e per le relative implicazioni sulla strutturazione dei rapporti fra i poteri ricordiamo quella, a cui si è già accennato, che impone al Sovrano di nominare Premier di governo il leader del partito che abbia conseguito il maggior numero di seggi alla House of Commons. Tale convenzione, come si fa osservare “pone rigidi limiti al potere discrezionale di nomina del Primo Ministro in presenza di due condizioni: che dalle elezioni generali emerga un partito politico con la maggioranza assoluta dei seggi; che il partito abbia un leader indiscusso”40.

38 Il Gabinetto, composto dai principali ministri e presieduto dal Premier, benché sia l’organo centrale del sistema costituzionale britannico, non ha un’esistenza legale.

39 Ricordiamo che il Minister of the Crown Act del 1937 provvede a retribuire con uno stipendio a carico dello Stato non solo il Primo Ministro ma anche il Leader dell’opposizione cioè “quel membro della Camera dei Comuni che sia attualmente il leader, in tale Camera, del partito all’opposizione di Sua Maestà con il maggior numero di deputati”. Con tale atto viene, per la prima volta, formalizzata contestualmente la posizione del Primo Ministro e del leader dell’opposizione a giustificazione della posizione costituzionale imprenscindibile di quest’ultima.

40 Così F. ORTINO, Diritto costituzionale comparato, Bologna, 1988, p. 175.

Page 15: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

In qualsiasi analisi del Government britannico si inseriscono con forza, così, le variabili relative al sistema dei partiti ed alla logica che anima l’inossidabile sistema elettorale plurality. Anzi, per una parte della dottrina, “le modificazioni sostanziali che hanno determinato l’evoluzione della forma di governo inglese in questi ultimi tre secoli — in un quadro normativo di base quasi pressoché immutato — sono percepibili attraverso lo studio di due tipi di normativa: quella elettorale e quella relativa ai partiti politici”41. Come è noto, infatti, il sistema politico britannico opera in regime di bipartitismo. Il primo punto da sottolineare è che ci riferiamo ad una situazione di fatto “quantitativa” più che “qualitativa”42, nel senso che all’interno della società britannica è possibile ritrovare nuclei partitici che rispecchiano un vasto spettro ideologico così come accade nella maggioranza dei sistemi politici europei. Senonché, la selettività del sistema elettorale plurality impedisce che la quasi totalità di questi partiti ottenga una rappresentanza minima vitale in Westminster43. Con ciò non si vuol dire che il sistema elettorale maggioritario uninominale ad un turno produca, sic et simpliciter, un formato bipartitico che agevola l’alternan-za al potere fra i due “colossi” o, almeno, l’aspettativa credibile che ciò avvenga sia da parte dell’elettorato che degli attori politici, ma che esso si rivela un potentissimo strumento di conservazione qualora esista già una sorta di “bipartitismo naturale”. In Gran Bretagna, infatti, principalmente in virtù dell’omogeneità di fondo della società44, si ritrovano elementi di dualismo nella politica già a partire dal XV secolo (i Cavalieri e le Teste Rotonde), mentre l’adozione del first-

41 Cfr. F. ORTINO, ult. op. cit., p. 167. Da una visuale diversa si pone l’ipotesi di studio secondo cui “due trasformazioni correlate del governo parlamentare avranno un peso enorme per il processo di funzionamento effettivo del sistema elettorale. Questi due passaggi — interni, si badi bene, al governo parlamentare e verificatisi prima dell’avvento dei partiti di massa ... — sono il formarsi del: a) Cabinet government e b) party government” (così O. MASSARI, “Gran Bretagna ... cit., p. 28).

42 Più che bipartitismo, per Y. MÉNY, la locuzione appropriata sarebbe “duopolio” (così in Istituzioni e politica. La democrazia: Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Italia, Germania federale, Rimini, 1990, pp. 141-142).

43 Non solo. I terzi partiti sono cronicamente sottorappresentati tanto che nel 1983 l’Alliance con il 25,4% dei voti ha ottenuto il 3,5% dei seggi mentre, nelle ultime tre elezioni, i conservatori hanno occupato il nr. 10 di Downing Street (domicilio storico dei Premiers britannici) con circa il 43% dei voti.

44 La prevalenza del contrasto politico su base di classe — la cui importanza è così sottolineata dal Pulzer: “le classi sociali sono il fondamento della vita dei partiti britannici: il resto è solo un ornamento” — oggi, da solo, non basta a spiegare le preferenze politiche dei britannici. Senza timore di esagerare si può dire che, attualmente, i partiti conservatore e laburista sono espressioni fantasma del cleavages socio-economico.

Page 16: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

past-the-post45 risale ad uno statuto del 1430 e l’adozione su scala generalizzata del collegio uninominale al 1885 cioè dopo che all’originario dualismo delle fazioni, si è sostituita, dapprima, la lotta fra le concezioni Tories e Wighs del Parlamento46, quindi la lotta fra conservatori e liberali. Esemplificativo della modalità con cui opera il sistema plurality — nell’ambito di un sistema partitico strutturato nazionalmente e di un sistema politico, in senso lato, votato più alla stabilità, al decisionismo degli esecutivi ed all’accertamento della responsabilità connessa all’uso del potere che non alla fedele riproduzione nelle assemblee rappresentative delle opinioni politiche dell’elettorato — è l’ingresso sullo scenario politico, agli inizi del secolo, del Labour Party. Dopo un periodo (1922-35) di tripartitismo e di instabilità governativa dovuta alla necessità di coalizioni di governo fra due dei partiti in lizza, il partito laburista ha praticamente sostituito il partito liberale nel ruolo di secondo partito scongiurando gli infausti scenari continentali, dando vita allo scenario politico-partitico tutt’oggi vigente47.

La dis-rappresentatività con cui il plurality si è rapportato alla reale composizione politico-partitica della società britannica ha trovato una reale compensazione nell’instaurazione di governi la cui durata è determinata, al contempo, per relationem e ad tempus48 perché, se è vero che l’esecutivo rimane pur sempre un’emanazione dell’Assemblea legislativa, specie ove si pensi che alla condizione di Premier è essenziale il previo riconoscimento della leadership di partito, non meno vero è che le particolari condizioni della contesa politica in regime di plurality/bipartitismo rigido consentono agli elettori di determinare con il proprio voto sia la composizione della Camera elettiva sia, soprattutto, la premiership di governo che gode sì di una (in)diretta legittimazione ma che deve assumersi la responsabilità (e l’impegno), di fronte al proprio partito parlamentare, all’opposizione ed alla pubblica opinione di concretizzare quanto contenuto nel manifesto programmatico (in linea con i canoni fondamentali della teoria del mandato elettorale). Così, se il “fine del maggioritario è ... il mantenimento della responsabilità politica al centro delle strutture di rappresentanza e

45 Con tale espressione, mediata dal linguaggio dell’ippica (chi arriva prima prende tutto), si vuole alludere alle formule elettorali che assegnano l’unico seggio a disposizione al candidato più votato.

46 Al proposito, si veda il saggio di O. MASSARI, “Gran Bretagna ... cit., p. 27. 47 La progressiva scomparsa del partito liberale come potenziale forza di governo

sembra imputabile, oltre che all’inaridimento dei suoi programmi, ai combinati effetti psicologico e meccanico (secondo l’approccio duvergeriano) caratteristici del sistema plurality.

48 In tal senso, M. DOGLIANI, “Spunti … cit., p. 243.

Page 17: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

di governo” e se “per la cultura del maggioritario inglese il difetto della distorsione dei voti in seggi non va visto solo in relazione alla composizione dell’Assemblea parlamentare ma anche in relazione alla formazione e composizione del governo”49, allora non è chi non veda quanto superflui sarebbero, nella dinamica dei rapporti fra le istituzioni, i congegni tipici del parlamentarismo razionalizzato continentale — a cui invece il costituente spagnolo del 1978 ha attinto a piene mani — tendenti a facilitare l’investitura degli esecutivi salvo “impermeabiliz-zarli” poi dal gioco delle maggioranze parlamentari. In una competizione politica basata sul two-party system (e con sistema elettorale plurality) infatti la posta in gioco è, in via diretta, il governo della nazione, cosicché le opposte formazioni partitiche devono presentarsi dinanzi all’elettorato con manifesti programmatici chiari ed incisivi e con una leadership (potenziale futura premiership) indiscussa e, possibilmente, carismatica. Il first-past-the-post, generalmente, assegna ad un solo partito la maggioranza assoluta dei seggi in Westminster rinnovando le premesse necessarie affinché al Sovrano sia impedita ogni sorta di discrezionalità nella scelta del Primo Ministro. I partiti politici britannici si qualificano, ab origine, come “parlamentarmente idonei”, cioè “socializzati (attraverso i fallimenti, il tempo e gli incentivi appropriati) ad essere relativamente coesi e disciplinati, a comportarsi, quando sono all’opposizione, come un’opposizione responsabile e a fare un gioco leale secondo le regole”50; in più, alla teoria del mandato elettorale, secondo cui Primo Ministro e Gabinetto sono stati legittimati dal voto popolare ad attuare il programma presentato in campagna elettorale, si adegua, entro certi limiti ben s’intende, non solo il parliamentary party con un’accentuata lealtà alla line party ma anche il principale partito d’opposizione che opera non già per creare posizioni trasversali atte a rovesciare il plurilegittimato Governo in carica, ma si adopera per rendere pubbliche le sue eventuali manchevolezze e per presentarsi come futura forza di Governo.

Delineati questi presupposti basilari, e non dimenticando il fondamentale rapporto di responsabilità (nonché la possibilità concreta di farla valere con il meccanismo sanzionatorio della non rielezione) che lega governanti e governati, ci si deve poi chiedere a quale logica dovrebbe rispondere la previsione di meccanismi giuridici atti a favorire la nascita e l’investitura fiduciaria di un Governo e del suo Primo Ministro già prescelti in seno al partito

49 In tal senso, O. MASSARI, ult. op. cit., p.32.50 Così G. SARTORI, “Né presidenzialismo né parlamentarismo”, in J.J. LINZ - A.

VALENZUELA (a cura di), Il fallimento del presidenzialismo, Bologna, 1995, p. 194.

Page 18: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

d’appartenenza e, successivamente, “unti” dalla scelta del corpo elettorale ed inoltre, in termini di immagine complessiva, quanto sarebbe remunerativo per il partito di maggioranza sfiduciare il proprio leader/premier, ammettendosi il totale fallimento del gruppo dirigente51. Evitando ogni rischio di enfasi, agli interrogativi circa l’attuale configurazione del sistema istituzionale-costituzionale britannico — a cui è intrinseca una natura prettamente convenzionale, che altro non è se non la versione inglese delle continentali razionalizzazioni del potere — si deve rispondere con indagini che facciano luce sulla convergenza di molteplici fattori di natura diversa e che nel loro reciproco interrelarsi hanno formato un “unicum” tanto originale quanto di difficilissima esportazione. La struttura ed i rapporti fra gli organi costituzionali britannici costituiscono, dunque, l’esito (certamente passibile di ulteriori evoluzioni) di un secolare processo evolutivo-adeguativo che ha privilegiato il momento della stabilità e della decisionalità degli esecutivi correlativamente al forte mantenimento della responsabilità a tutti i livelli del government.

Da parte sua, il costituente spagnolo del 1978 ha cercato di edificare un ordinamento istituzionale-costituzionale teso ad “internalizzare” i valori della stabilità e dell’efficacia dell’azione di governo al fine di veicolare la prassi politica nella direzione dell’affermazione degli standards di operatività caratteristici delle migliori realizzazioni del parlamentarismo europeo del secondo dopoguerra (in primis, l’espe-rienza del cancellierato tedesco ed il “parlamentarismo razionalizzato ad esecutivo diarchico” francese52). La forma di governo della Spagna post-franchista, così, si colloca nella tipologia del parlamentarismo razionalizzato, espressione con la quale “eufemisticamente si designa l’incorporazione nel testo costituzionale di una serie di istituti e tecniche destinati, da un lato, a ridurre le possibilità di controllo che il modello teorico tradizionale conferisce al Parlamento e, dall’altro, a concedere una maggiore libertà d’azione al Governo”53. Nel definire le modalità organizzative dei rapporti tra esecutivo e legislativo, i costituenti spagnoli del

51 Può accadere che un Premier, qualora non riesca più a coagulare il necessario consenso del partito, si dimetta volontariamente per salvare l’immagine ed il prestigio del partito. Nel 1990, nonostante una decennale attività di direzione del governo ed una indiscutibile capacità decisionale, il Premier Thatcher ha preferito dimettersi piuttosto che innescare una grave crisi all’interno del partito conservatore.

52 In tal senso A. DI VIRGILIO, “Semipresidenzialismo e doppio turno nella Quinta Repubblica francese” in S. GAMBINO (a cura di), Forme di governo ... cit., p. 335.

53 Così L. A. DE LUQUE, “Forma di governo e sistema elettorale in Spagna”, in M. LUCIANI e M. VOLPI (a cura di) Riforme elettorali, Bari, 1995, p. 380.

Page 19: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

1978 sono stati colpiti, come si è detto54, da una sorta di “ossessione” per la protezione della stabilità degli esecutivi conseguente ad una sorta di idiosincrasia verso la ingovernabilità tipica della categoria del “parlamentarismo a multipartitismo estremo”55. I mezzi giuridici approntati per facilitare la formazione dei governi e, inversamente, per rendere molto complesse (e complicate) le procedure per la loro rimozione sono stati rigidamente razionalizzati e procedimentalizzati non solo attraverso una specifica disciplina dei rapporti tra Presidente del Governo, Governo e Parlamento ma anche attraverso la costituzionalizzazione dei principi cardine di un sistema elettorale “assolutamente originale, infinatamente più originale di quanto non appare prima facie”56.

Per ciò che concerne la procedura di nomina del vertice dell’esecu-tivo alla stregua di quanto si realizza nel modello della Kanzlerdemokratie tedesca, l’art. 99.1 della Costituzione spagnola prevede che “dopo ogni rinnovo della Camera dei deputati, e negli altri casi in cui ciò sia stabilito dalla Costituzione, il Re, previa consultazione dei rappresentanti in Parlamento e per mezzo del Presidente del Congresso, propone un candidato alla Presidenza del Governo”. Il candidato proposto, opportunamente scelto in base ai risultati elettorali ed almeno fino ad ora ricoprente la carica di leader di partito, espone di fronte al Congreso de los deputatos57 il

54 Cfr. T. GROPPI, “Sistemi elettorali e forma di governo: il caso spagnolo” in S. GAMBINO (a cura di), Forme di governo ... cit., p. 110.

55 Secondo la ormai classica tipologia elaborata da L. ELIA in “Governo … cit., p. 640 ss., la forma di governo parlamentare “per la sua disponibilità alle dislocazioni del potere di indirizzo politico... la sua adattabilità ai differenti sistemi di partito, l’apertura, e non solo per interstizi, a regole convenzionali di grande rilievo per il funzionamento del rapporto esecutivo-legislativo” conosce tre manifestazioni tipiche: il governo parlamentare a bipartitismo rigido, il governo parlamentare a multipartitismo temperato ed il governo parlamentare a multipartitismo esasperato; in tal senso, “il modello spagnolo costituisce un paradigmatico esempio di ingegneria costituzionale e legale destinato ad evitare, in quanto possibile, e a ridurre, gli effetti di un eventuale sistema di partiti frammentato” (così L.L. GUERRA, “Considerazioni sulla preminenza del potere esecutivo”, in G. ROLLA (a cura di), Le forme di governo nei moderni ordinamenti policentrici, Milano, 1991, p. 80).

56 Così O. ALZAGA, “I rapporti tra Capo dello Stato, Governo e Parlamento”, in G. ROLLA (a cura di), Il X anniversario della Costituzione spagnola: bilancio, problemi, prospettive, Siena, 1989, pp. 125-126.

57 Il rapporto fiduciario e la responsabilità politica ad esso connessa coinvolge il solo Congresso dei Deputati e non anche il Senato, prefigurandosi così un bicameralismo imperfetto. Il Senato avrebbe dovuto essere una Camera di rappresentanza territoriale ed il luogo istituzionale meglio attrezzato, in quanto a funzioni e attribuzioni, per affrontare i complessi rapporti fra gli organi del potere centrale e gli enti territoriali autonomi; la pratica attuazione della Costituzione — per

Page 20: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

“programma politico del Governo che intende formare” per poi sollecitarne la fiducia. Se alla prima votazione il candidato non riesce a raggiungere il quorum richiesto (la maggioranza assoluta), dopo quarantotto ore si ripresenta per una seconda votazione in cui la fiducia s’intende accordata con la sola maggioranza semplice. L’ultimo comma dell’art. 99 prevede come extrema ratio, nel caso in cui trascorsi due mesi dalla prima votazione non ci sia alcun accordo sulla premiership di governo, il meccanismo sanzionatorio dell’automatico scioglimento delle Camere e l’indizione di nuove elezioni. Se l’investitura parlamentare del capo del governo è stata volutamente facilitata — preferendo il costituente spagnolo governi minoritari a ripetute non decisioni — il Governo, una volta formato, è essenzialmente stabile ed alla sua rimozione si frappongono non pochi ostacoli. Il rapporto fiduciario permane fino a quando il Parlamento non dimostri la sua sopravvenuta inesistenza attraverso l’attivazione della mozione di censura58 e la proposta di un candidato alternativo. La previsione della maggioranza assoluta per portare al successo la mozione di censura rende particolarmente difficile l’esperi-bilità di questo meccanismo di controllo formalmente in capo al Parlamento ma che, nella pratica, si rivela come uno strumento di protezione del Governo in carica. In altre parole, come si fa osservare “non che non esistano meccanismi di controllo tali da far valere la responsabilità politica da parte del Parlamento”, più semplicemente “si rende difficile far valere tale responsabilità, di modo che, una volta ottenuta l’investitura parlamentare, il Governo, per continuare ad esistere, non è condizionato da un accordo tra la volontà governativa e quella parlamentare” al punto che “l’eventuale perdita della maggioranza parlamentare non comporta la fine di un Governo”59. È bene, tuttavia, precisare che i congegni razionalizzatori sopracitati sono stati scarsamente adoperati nella pratica politica delle istituzioni. Infatti, se si esclude il caso di C. Sotelo nel 1981, l’investitura del Presidente del Governo si è sempre verificata fin dalla prima votazione, così come la prassi delle due mozioni finora presentate nel 1980 (contro il Governo di Suarez, fra i personaggi di maggior rilievo, insieme al Re Juan Carlos de Borbone,

altro scarna in quanto a chiare disposizioni sulla Camera alta — e la prassi politica, tuttavia, non sono riuscite a far decollare il Senato tanto che da più parti si invoca una sua riqualificazione sia funzionale che strutturale.

58 La mozione di censura è stata razionalizzata secondo gli schemi classici ed arricchita dall’accoglimento del sistema tedesco della Konstruktive Misstrauenvotum, (la sfiducia costruttiva dell’art. 67, Legge Fondamentale di Bonn).

59 In tal senso L.LOPEZ GUERRA, “Gli elementi che caratterizzano il potere esecutivo nella costituzione”, in G. ROLLA (a cura di), Le forme di governo nei moderni ... cit., p. 32.

Page 21: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

della Transición Política nonché leader della coalizione centrista U.C.D.) e nel 1987 (contro il Governo socialista di Gonzáles, definito dallo scrittore Vásquez Montalbán “un caudillo democratico” per l’innegabile carica carismatica che lo ha mantenuto al potere per oltre un decennio — dal 1982 al 1996 —), ha dimostrato che, se è facile per i partiti minori coalizzarsi per costringere il Governo alle dimissioni, è assai difficile che questi trovino l’indispensa-bile accordo sul soggetto da investire alla carica di Presidente del Governo. Se l’utilizzo propriamente giuridico della mozione di sfiducia è difficilmente percorribile, nondimeno la sua attivazione potrebbe innescare meccanismi di notevole portata politica all’interno dei rapporti fra le forze politiche di maggioranza e di opposizione con vasta eco nell’opinione pubblica60. I meccanismi di ingegneria costituzionale hanno sicuramente incanalato le modalità comportamentali dei soggetti istituzionali e politici verso il conseguimento dell’obiettivo della stabilità (non meramente temporale), ma sarebbe fuorviante imputare, in toto, alla razionalizzazione del potere il rendimento positivo del sistema parlamentare spagnolo. Altri fattori, tra cui principalmente gli effetti dicotomizzanti del sistema elettorale (definibile come quello più maggioritario fra i sistemi proporzionali), la flessibilità dell’offerta politica e la cultura politica predominante orientata verso l’adversary politics, hanno apportato un fondamentale contributo al consolidamento democratico del sistema ed alla stabilità dei governi61. Sembra infatti “che il sistema elettorale abbia permesso e propiziato la formazione di maggioranze parlamentari sufficientemente solide come per intendere compiuto il desiderato obiettivo della stabilità governativa”62 offuscando, così, tutta la problematica legata alla sua dis-rappresentatività ed alla sua capacità manipolativa.

60 Cfr. M. IACOMETTI, “La dottrina giuspubblicistica spagnola” in M. A. APARICIO “Lineamenti di diritto costituzionale spagnolo”, Torino, 1992, p. 159. La mozione di sfiducia presentata dai socialisti nel 1980 ha sostanzialmente messo in rilievo la debolezza — di fronte all’elettorato — del Governo retto dalla U.C.D. di A. Suarez spianando la via al successo elettorale del P.S.O.E. nel 1982; invece, la mozione del 1987, presentata da A.P. — il partito di destra che, dopo la scomparsa della coalizione centrista della U.C.D., ha occupato l’area del centro-destra — contro l’ancora molto forte governo socialista si è trasformata in un indesiderabile boomerang sminuendo, agli occhi della pubblica opinione, l’opposizione che l’aveva presentata.

61 B. MIRKINE-GUÉTZEVICHT sottolineava come “il problema della stabilità governativa non sia un problema costituzionale, e come nessuna legge, nessuna rigida regola possa realizzarla se la vita politica di un paese non ha in sé gli elementi necessari a garantire tale stabilità” (Le costituzioni europee … cit., p. 31).

62 Così A. A. DE LUQUE, “Forme di governo ... cit., p. 382.

Page 22: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

Gli elementi più importanti del sistema elettorale spagnolo sono stati incorporati, ab initio, in due testi giuridici di natura diversa: la Ley para la Reforma Política del 1976, prodotto delle ultime Cortes franchiste e di un Governo non ancora legittimato democraticamente ed il Real Decreto-Ley del 18 marzo 1977 che, tra l’altro, convocava le prime elezioni democratiche dopo un quarantennio di dittatura. La citata legge per la riforma politica fissava alcuni criteri fondamentali a cui il sistema elettorale per il primo Parlamento democratico avrebbe dovuto attenersi63 ma che ha finito per caratterizzare, con lievi modifiche, sia le previsioni costituzionali (gli artt. 68 e 69 della Costituzione hanno recepito pienamente gli elementi di ingegneria costituzionale presenti nel decreto citato che a sua volta le aveva recepite dalla legge per la riforma politica) che il contenuto della L.O.R.E.G. 5/1985. La sostanziale continuità degli elementi caratterizzanti il sistema elettorale è certamente imputabile alla piena funzionalità dei suoi risultati — assicurare, quantomeno, la maggioranza relativa dei seggi ad un solo partito — rispetto all’esigenza prioritaria di un solido raccordo maggioranza parlamentare-governo64. Il sistema elettorale spagnolo produce sicuramente una notevole distorsione nel rapporto voti/seggi ma agisce, soprattutto, con una manipolatività differenziata a seconda della distribuzione geografico-spaziale dei partiti; cosicché, i suoi effetti sono maggioritari per quanto riguarda i partiti ad impianto statale, premiando quelli a distribuzione diffusa e punendo quelli a distribuzione dispersa, ma proporzionali per quanto riguarda i partiti

63 Ricordiamo alcuni di questi elementi: principio di rappresentanza proporzionale e formula d’Hondt; una camera di ridotte dimensioni (che la previsione costituzionale imporrà tra un minimo di trecento ed un massimo di quattrocento); assunzione della Provincia come circoscrizione elettorale; assegnazione di un numero minimo di deputati per distretto con l’aggiunta di seggi addizionali per quote fissate di popolazione; soglia di sbarramento del 3% dei voti e presentazioni di liste chiuse e bloccate. La combinazione di tali elementi, rimasti sostanzialmente inalterati fino ad oggi, fa sì che l’ampiezza media delle circoscrizioni si collochi intorno a 6,7 seggi ovvero al di sotto della soglia minima, in sette seggi, affinché si diano risultati proporzionali.

64 Aggiungiamo che la continuità dei benefici, in termini di percentuale dei seggi rispetto ai voti, ottenuti alternativamente dai due maggiori partiti — la U.C.D. prima della sua implosione e repentina scomparsa nel 1982 ed ilP.S.O.E. a partire dal 1982 — ha frenato ogni serio tentativo di modificare, in senso più proporzionalistico, il sistema elettorale proprio in virtù di una legge socio-politica che spiega la resistenza al cambiamento da parte dei partiti che abbiano beneficiato dalla normativa da modificare. È quanto avviene anche in Gran Bretagna in cui i due maggiori partiti tutelano le loro rendite di posizione da possibili “avanzate” di terzi partiti attraverso la rinuncia a qualsiasi serio tentativo di correggere la dis-rappresentatività del sistema plurality.

Page 23: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

autoctoni delle maggiori comunità autonome (a distribuzione concentrata)65. Risulta, dunque, evidente, come la selettività differenziata con cui ha operato il sistema elettorale spagnolo abbia offerto ai partiti nazionalisti — che rispondono esclusivamente al loro circostanziato elettorato di appartenenza — la possibilità di essere equamente rappresentati nelle Cortes, contribuendo così ad attutire il principale cleavage della Spagna post-franchista — l’identificazione nazionale forte — e ad attenuarne le spinte centrifughe; d’altro canto, tale circostanza comporta alcune implicazioni non propriamente confortanti qualora i partiti maggiori non ottengano una congrua maggioranza di seggi alle Cortes (come di fatto è accaduto nelle ultime elezioni legislative del marzo 1996) aumentando, oltremisura il potenziale di ricatto e di intimidazione dei partiti nazionalisti in un’eventuale coalizione di governo66.

In ogni caso, anche un breve cenno al sistema elettorale — volutamente razionalizzato dal costituente spagnolo nella direzione di una riduzione del formato partitico come misura preventiva del multipartitismo67 — ci consente di far chiarezza sulla sua notevole incidenza su un sistema partitico già di per sé fluido e caratterizzato da ricorrenti riallineamenti. Le particolari condizioni di nascita del sistema democratico spagnolo — circa un trentennio di ritardo rispetto alle democrazie europee del secondo dopoguerra — hanno impedito al sistema partitico di radicarsi profondamente nella società e di sviluppare forti sub-culture locali. I partiti spagnoli hanno cominciato ad operare in una struttura sociale “nella quale l’esplosione educativa e la mobilità intergenerazionale hanno indebolito le divisioni ideologiche e spinto alla sparizione dei partiti

65 Cfr. M. CACIAGLI, “Spagna: proporzionale con effetti (finora) maggioritari”, in O. MASSARI - G. PASQUINO (a cura di), Rappresentare e governare, Bologna, 1994, pp. 129-153. Un breve quadro dei risultati delle elezioni legislative del 1993 può essere di aiuto: il P.S.O.E. ed il P.P.., partiti presenti in modo omogeneo in tutto il territorio statale, rispettivamente con il 38,7% ed il 34,8% dei voti hanno ottenuto il 45,4% ed il 40,3% dei seggi; I.U. (i neo-comunisti) a causa dei simpatizzanti dispersi su tutto il territorio con il 9,6% dei voti si vede attribuire solo il 5,1% dei seggi; C.i.U., il partito regionalista catalano, con il 4,9% dei voti conquista esattamente il 4,9% dei seggi.

66 Da questo punto di vista, per la cultura del maggioritario inglese, come è stato fatto notare da O. MASSARI, (“Gran Bretagna: un sistema funzionale al governo di partito responsabile”, in O. MASSARI - G. PASQUINO (a cura di), Rappresentare ... cit.) il potenziale di ricatto esercitabile dai partiti minori nell’ambito dei governi di coalizione (propiziati dai sistemi elettorali proiettivi) è sicuramente meno democratico che non la disrappresentatività con cui il sistema elettorale plurality opera nella trasposizione dei voti in seggi.

67 La sostanziale continuità del sistema elettorale spagnolo è, anche, indicativa del fatto che le forze politiche di questo ventennio hanno ritenuto funzionale alla dinamica sistemica — orientata verso una democrazia maggioritaria — i tendenziali effetti dicotomizzanti del meccanismo elettorale.

Page 24: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

di classe. Inoltre, la nascita delle organizzazioni partitiche, simultaneamente alla generalizzata diffusione dei mezzi di comunicazione di massa, soprattutto della televisione, ha alterato profondamente le basi della competizione elettorale”68. Il mancato radicamento delle ideologie partitiche nei diversi settori della società spagnola potrebbe costituire lo sfondo giustificativo del basso livello di identificazione partitica (tra i più bassi d’Europa), dell’accen-tuata personalizzazione delle opzioni politiche e della struttura assai centralizzata ed oligarchica dei partiti che consente un forte potere decisionale ai vertici di partito sia nelle decisioni interne all’organizza-zione che nei lavori dei gruppi parlamentari69. Del resto “il ruolo della leadership come fattore che catalizza consenso e promette stabilità”, essendo “parte integrante della cultura politica spagnola, come si è venuta configurando dopo la caduta del regime autoritario”70, ben si coniuga con fattori politico-istituzionali quali la primazia del capo del Governo, la relativa autonomia dell’esecutivo dai giochi politici del Parlamento e gli effetti tendenzialmente dicotomizzanti del sistema elettorale. Non è un caso, infatti, che l’esistenza di partiti politici fortemente gerarchizzati e gli effetti maggioritari del sistema elettorale abbiano potenziato la figura del Presidente del Governo — a cui già la Costituzione attribuisce uno specifico potere di direzione (kanzler-prinzip) — che, in quanto leader del partito di maggioranza, analogamente all’omologo britannico, può dirsi (in)direttamente legittimato dalla volontà popolare. Nell’esprimere il proprio voto, tanto nel caso spagnolo quanto in quello britannico “nessun dubbio ha attraversato la mente degli elettori. Il sistema partitico ha offerto loro scelte limpide e nette”71.

Le modalità organizzative dei poteri supremi dello Stato congiuntamente alle influenze apportate dai sistemi di partito, all’operatività dei sistemi elettorali ed al ruolo cruciale delle culture politiche predominanti, hanno evidenziato sia nel caso britannico

68 Così J.R. MONTERO, “Le liste elettorali in Spagna: tra attese di riforma e fattori del comportamento elettorale”, in G. ROLLA (a cura di), Le forme di governo ... cit., p. 254.

69 È stato osservato che “all’interno di ogni gruppo esiste una forte disciplina di voto, mantenuta attraverso una serie di controlli ... Per la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare è soprattutto una opportunità per essere reclutati per altri incarichi ... I vertici dei maggiori partiti controllano i deputati e attraverso essi dominano il Parlamento” (così J.M. COLOMER, La politica in Europa, 1995, pp. 315-316). Non stupisce, allora, che il dibattito sulle riforme elettorali si concentri essenzialmente sulla questione delle liste chiuse e bloccate che consentirebbero ai partiti il monopolio della rappresentanza politica.

70 Così M. CACIAGLI, op. cit., p. 151.71 Così G. PASQUINO, “Introduzione”, in O. MASSARI - G. PASQUINO (a cura di),

Rappresentare ... cit., p. 19.

Page 25: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

che in quello spagnolo, pur se con profonda diversità di tragitti e secondo logiche antitetiche nella forma ma non nel contenuto, un buon funzionamento del parlamentarismo in termini di stabilità e capacità decisionale degli esecutivi correlativamente al mantenimento della possibilità, in capo agli elettori, di far valere in sede di consultazione elettorale la responsabilità dei governanti. Da ciò può trarsi la conclusione che il “cosiddetto governo parlamentare funziona (funziona meglio) quando il suo nome è piuttosto un termine improprio, cioè quando esso è una soluzione “im-pura” che tiene a freno la sovranità del Parlamento?”72.

In realtà, se uno sguardo alle esperienze parlamentari europee del secondo dopoguerra non può esimerci dal rispondere in termini positivi all’interrogativo di cui sopra, nondimeno siamo portati ad interrogarci sul significato da attribuire alla primazia del governo — ed all’inter-no di quest’ultimo del suo vertice — nell’ambito di sistemi parlamentari che, per quanto orientati in senso maggioritario, sono pur sempre strutturati sulla base di una separazione flessibile dei poteri ed in cui, pur se ridotto di intensità, vale il principio per cui primi ministri e governi intanto esercitano autorità fino a quando godono della fiducia, in senso lato, di parlamenti e corpi elettorali.

4. GOVERNO DEL PRIMO MINISTRO E LEADERSHIP: UNA RIFLESSIONE CONCLUSIVA SULL’ESPERIENZA DEL PARLAMENTARISMO SPAGNOLO E DI QUELLO BRITANNICO

Diversamente da quanto accade nei sistemi presidenziali in cui la concentrazione del potere all’interno dell’esecutivo è in capo ad un “primus solus” ed in quelli semipresidenziali — specificamente nella versione francese — in cui la supremazia all’interno della “struttura d’autorità duale” — Presidente della Repubblica e Primo Ministro — è, sostanzialmente, funzione della congiuntura politica come più avanti si vedrà, nelle forme di governo parlamentari il potere esecutivo, essendo concepito come un’emanazione permanente delle assemblee legislative per il tramite del rapporto fiduciario73, viene ripartito tra più soggetti istituzionali secondo formule assai diversificate. Le strutture d’autorità in cui operano i capi dell’esecutivo britannico e spagnolo — ma anche tedesco — pongono i Premier come “un primo al di sopra di diseguali” cioè “un capo dell’esecutivo che è anche leader del proprio partito, che non può essere facilmente mandato via da un voto parlamentare e che

72 In tal senso G. SARTORI, “Né presidenzialismo ... cit., pp. 193-194.73 Cfr. L. ELIA, “Governo … cit., p. 643.

Page 26: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

nomina e cambia a suo piacimento i ministri del proprio governo. Questo “primo” governa al di sopra dei ministri ed anzi si impone loro”74. A ciò si aggiunga che l’ordinamento spagnolo ha mutuato la pratica britannica dello “scioglimento-tattico”, ovvero la facoltà dei capi di governo di procedere allo scioglimento anticipato delle camere secondo criteri di mera opportunità politica: i primi ministri, ad esempio, possono fissare la data delle nuove elezioni puntando ad un incremento di seggi a favore del proprio partito approfittando di un momento particolarmente propizio o, inversamente, quando il partito all’opposizione sia particolarmente debole o sprovvisto di una leadership certa ed univoca. L’arma dello scioglimento tattico è, coerentemente al brocardo ubi commode ibi incommode, il frutto di una delicatissima scelta politica perché, essendo il Primo Ministro responsabile di fronte non solo al proprio partito ma anche, e soprattutto, di fronte all’elettorato che lo ha sostenuto in maggioranza, non può esimersi da un ritiro a vita privata qualora l’agognato incremento di seggi non si verifichi.

In Gran Bretagna, negli ultimi anni, si sono instaurate una serie di convenzioni che hanno ulteriormente allargato la sfera di attribuzioni del Primo Ministro — dall’organizzazione del lavoro attraverso comitati interministeriali che scavalcano il lavoro di Gabinetto alla direzione, de facto, dei dicasteri più importanti fino alla facoltà di sciogliere i Commons senza previa consultazione dei componenti il Gabinetto — tanto che alcuni autori75 hanno parlato di un riflusso storico che avrebbe condotto alla rinascita di un nuovo tipo di potere monarchico a pieno profitto del Prime Minister. Una parte della dottrina spagnola76, da parte sua, ritiene che il depotenziamento delle Cortes sia imputabile, più che al disegno costituzionale che ha oggettivamente favorito la preminenza dell’esecutivo sul legislativo e del capo del Governo sui ministri, al consolidamento, dopo il 1982, di un forte partito di governo, il P.S.O.E., che avrebbe causato lo strapotere del governo (e del suo Primo Ministro F. Gonzáles, leader di indubbio carisma) nei confronti

74 Così G. SARTORI, “Né presidenzialismo ... cit., p. 188 ss. per il quale “un Primo Ministro inglese può governare molto più efficacemente di un Presidente americano”. Ciò comporta che alla formula presidenziale del primus solus non può essere affatto accreditato in esclusiva il “merito di assicurare la governabilità”.

75 Fra cui, ad esempio, M. CHARLOT, “Le pouvoir politique en Grande-Bretagne”, Paris, 1990.

76 Si veda J. L. ALVÁREZ ALVÁREZ, “Gobierno, partido y separaciòn de poderes”, in AA.VV., La Constitución española. Lecturas para desués de una decada, Madrid, 1989, pp. 9 ss.

Page 27: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

del Parlamento, ridotto ad un semplice organo di registrazione dell’indirizzo politico di origine governativa77.

Che in entrambi i casi si evidenzi una forte tendenza alla personalizzazione del potere ed una minore capacità contrattuale delle assemblee rappresentative è fatto innegabile ma che abbisogna di alcune precisazioni. Nel sistema britannico — ed, in misura minore, anche in quello spagnolo — alla stabilità e decisionalità degli esecutivi si attribuisce analoga importanza che la possibilità — in capo agli elettori — di far valere puntualmente la responsabilità dell’uso del potere attraverso meccanismi sanzionatori come la non rielezione e la possibilità — in capo ai partiti — di “detronizzare” quel Premier che non goda più del necessario consenso alle sue politiche78 così, provocando, un democratico ricambio al vertice. Inoltre, sebbene sotto certi punti di vista il margine di azione del Primo Ministro britannico superi in intensità quello del Presidente statunitense — grazie alla solidità del raccordo fra volontà del corpo elettorale-maggioranza parlamentare-Gabinetto, il tutto mediato dalla presenza di partiti coesi e disciplinati, sconosciuti alla democrazia statunitense79 — “il

77 Come ha osservato M. CACIAGLI, ult. op. cit., p. 150, se è vero che “autorità, compattezza e stabilità dell’esecutivo dovevano trovare piena realizzazione nell’era dei governi socialisti” nondimeno “ciò è avvenuto non solo perché il P.S.O.E. ha conquistato per tre volte consecutive la maggioranza dei seggi, ma anche perché F. Gonzáles ha trovato gli strumenti istituzionali che gli hanno consentito di sfruttare il suo innegabile carisma”.

78 Per L. ELIA (“Governo … cit., p. 649) è necessario essere molto cauti nel parlare di personalizzazione del potere in un sistema altamente convenzionale come quello britannico; piuttosto la forma di governo inglese funziona “ora secondo lo schema della netta preminenza del Premier, ora secondo lo schema della collegialità del Gabinetto. In rapporto al grado di popolarità e di alta congiuntura politica del Primo Ministro, tende a realizzarsi la prima versione oppure la seconda”. Analoghe considerazioni sono state svolte da M. CHARLOT, (in “Le pouvoir politique ... cit., p. 105 ss.) per la quale il potere decisionale dei Premiers britannici è quasi direttamente proporzionale alla loro capacità di elaborare sintesi politiche perfettamente funzionali alle esigenze socio-storiche. In ultimo, ma non meno importanti, sono le considerazione di C. MORTATI, Lezioni … cit., pp. 184-190, per il quale derivando il Premier britannico, la sua investitura, direttamente dal corpo elettorale, essa si configura come un “Re senza corona” rispondendo la sua figura “a quell’esigenza “cesaristica” che il Weber ha dimostrato esistere in ogni democrazia di massa. In realtà si tratta di un capo che assomma nelle sue mani poteri pressoché dittatoriali: si tratta però soltanto di un capo temporaneo (ed in ciò sta l’effettiva garanzia democratica caratteristica del sistema inglese) perché la sua permanenza al potere è rigidamente condizionata al consenso popolare”.

79 La comparazione tra il sistema britannico e quello statunitense è di notevolissimo interesse specie per quanto concerne la natura, la qualità e lo stile della rappresentanza politica. In altri termini, l’adozione del sistema elettorale plurality in entrambi i sistemi — tenuto conto dei diversi rapporti tra esecutivo e

Page 28: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

sistema britannico continua ad essere retto dalla responsabilità collettiva del partito, piuttosto che dalla personalizzazione della politica ... Non è insomma il leader che personalizza la campagna elettorale, ma è la competizione elettorale che seleziona e legittima il leader ed il partito ritenuti più adatti a governare”80. Da una prospettiva parzialmente diversa si pone l’analisi dei circuiti relazionali in cui è immesso il Presidente del Consiglio spagnolo. Infatti, la particolare natura dei partiti spagnoli — gerarchizzati ma scarsamente radicati nel tessuto sociale — costituisce un terreno particolarmente fertile all’emergere di forti leadership personali cui le previsioni costituzionali contribuiscono non poco a consolidare. Tuttavia, la fluidità dell’offerta politica associata ad un sistema elettorale a manipolatività differenziata (a seconda della distribuzione geografico-spaziale dei voti), potrebbe, come verificatosi nelle elezioni legislative del marzo 1996, portare ad una diminutio capitis del Premier spagnolo qualora, la mancanza di una chiara maggioranza parlamentare, lo costringa a negoziare con i partiti regionalisti l’appoggio al proprio governo. Così, se la personalizzazione del potere, in Gran Bretagna, incontra un limite nel potenziale coercitivo detenuto dai forti partiti inglesi nei confronti del proprio leader, di converso nella Spagna post-franchista è la debolezza dei partiti a propiziare eventuali leadership carismatiche.

In conclusione, se nei due sistemi appena analizzati l’organizzazione ed il funzionamento degli organi costituzionali titolari del supremo potere statale, unitamente all’intervento di fattori extra-giuridici (nel caso inglese delle conventions of Constitution si potrebbe parlare di elementi metagiuridici), hanno saputo rispondere positivamente alla sfida centrale posta dalle complesse società contemporanee — quella di assicurare una “democrazia d’operazione”81 stabile —, si tratta ora di accertare se e

legislativo (forma di governo parlamentare nel caso britannico e presidenziale in quello statunitense) e della natura dei partiti politici (i partiti inglesi sono accentrati e disciplinati, quelli americani flessibili e poco propensi alla disciplina di voto) — ha dato esiti profondamente diversi: nel caso inglese il voto, di massima, è espresso non al singolo candidato ma al partito (party oriented vote) nel sistema statunitense il voto è dato più alle persone che non ai partiti (personal vote). Cfr. O. MASSARI, “Quale rappresentanza politica”, in G. CANTARANO - A. CANTARO (a cura di), Riforma elettorale e rappresentanza politica. Governanti e governati negli anni novanta, Torino, 1992, pp. 68-81.

80 Così O. MASSARI, “Democrazia dell’alternanza e riforma elettorale”, in Democrazia e diritto, 1991, p. 37.

81 Cfr. L. ELIA, “Governo … cit., p. 650, per il quale “il sistema inglese è quello che oggi consente all’elettore di determinare men and measures in un’estensione che è esclusa per gli elettori di altri paesi: ed il Premier, i ministri ed il partito di

Page 29: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

come il sistema presidenziale statunitense e quello semipresidenziale francese, attraverso differenti modalità organizzative dei rapporti tra esecutivo e legislativo e tra questi ed il corpo elettorale, siano pervenuti ad analoghi standards d’operatività. Anche in questo caso il percorso analitico sarà guidato dalla consapevolezza che la logica di funzionamento della democrazia francese e di quella statunitense non è determinata, sic et simpliciter, dalla presenza o meno di uno specifico assetto istituzionale di governo. E, se è pur vero che la scelta in senso presidenziale e semipresidenziale, effettuata rispettivamente dai costituenti statunitensi (1789) e da quelli francesi (1958), esprime il tentativo di “impermeabilizzare” — sia pur con modalità significativamente diverse — le istituzioni governative dai condizionamenti del sistema politico-partitico, non è meno vero che quei condizionamenti hanno esplicato (ed esplicano) un ruolo considerevole che un’analisi del funzionamento concreto degli assetti di governo in questione non può esimersi dal considerare82. Analogamente indispensabile risulterà l’analisi degli esiti differenziati cui ha condotto l’utilizzo di sistemi elettorali maggioritari diversi nell’ambito di distinte forme di governo e di diversi, per natura e per modalità di azione, sistemi partitici.

5. PRESIDENZIALISMO AMERICANO E SEMIPRESIDENZIALISMO FRANCESE: MODELLI DI GOVERNO A CONFRONTO

L’analisi dell’esperienza costituzionale statunitense e della Quinta Repubblica francese consente un raffronto che, prima facie, presenta una singolare peculiarità: non semplicemente la maggioranza garantiscono, con il loro collegamento che le linee più importanti del programma saranno realizzate”.

82 A proposito, s’impone una considerazione allorquando nello studio delle forme di governo si utilizza un metodo “realistico”: la distinzione tra il sistema politico e l’assetto organizzativo dei poteri costituzionali. In tal senso, se il formato, la meccanica ed il grado di polarizzazione del sistema dei partiti sono variabili indispensabili per la comprensione della dinamica e del funzionamento delle forme di governo nondimeno “sarebbe improprio ritenere che ogni variazione importante nell’ambito del sistema politico comporti un mutamento della forma di governo, sia pure assunta nella figura della costituzione “reale, materiale o vivente” (così L. ELIA, “La forma di governo ed il sistema politico italiano”, in AA.VV., Critica allo Stato sociale, Bari, 1982, p. 104). Ciò risulta tanto più vero nelle indagini sul parlamentarismo, in cui una mutazione del sistema partitico potrebbe favorire il mutamento da un sottotipo di governo parlamentare ad un altro (dal pluripartitismo al bipartitismo), ma resta vero “che tali esiti si lasciano inquadrare in una forma di organizzazione nella quale l’esecutivo si pone, attraverso il rapporto di fiducia, come un’emanazione permanente delle assemblee legislative” (ibidem, p. 106).

Page 30: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

comparazione tra due modelli di governo astrattamente concepiti ma un raffronto tra casi empirici che ben s’identificano con le “forme esemplari”83 rispettivamente del modello presidenziale (Stati Uniti) e semipresidenziale (Francia della V Repubblica). Tale circostanza, se non esclude la possibilità di operare un raffronto tra gli elementi costitutivi — le costanti — del modello presidenziale e del modello semipresidenziale, solo temporaneamente rinviato, attrae la nostra attenzione in questa sede, soprattutto, verso i principali referenti empirici che concorrono alla determinazione dei modelli in questione. Trattandosi, poi, di modelli parzialmente diversi, funzione del nostro raffronto sarà quella di mettere a fuoco le diversità e le analogie tra gli elementi costitutivi e, conseguentemente, le relative implicazioni sulla complessiva distribuzione del potere supremo tra gli organi costituzionali. Al contempo, è necessario premettere che la comparazione tra differenziate forme istituzionali di governo, se mira ad evidenziare la capacità condizionante delle stesse sull’intero processo politico, di per sé, non è in grado di dar conto della dinamica operatività degli assetti e delle relazioni di potere e, a maggior ragione, del funzionamento complessivo dei rispettivi sistemi politici. Occorre considerare a tal fine, come faremo da ultimo, altre variabili — principalmente il sistema elettorale e quello partitico — che, sebbene condizionate dalla natura dei sistemi di governo si pongono, a loro volta, come elementi condizionanti l’operatività degli stessi. Nondimeno, la consapevolezza che la produttività gnoseologica della comparazione tra forme di governo diverse non è semplicemente funzione del raffronto tra mere formulazioni normative ma anche della possibilità di guardare alle “idee” che le hanno originariamente informate84 induce, preliminarmente, a considerare lo spirito che ha animato tanto le formule dei costituenti di Filadelfia del 1787 quanto quelle della Costituzione francese del 1958 al fine di comprendere meglio le dinamiche evolutive che hanno investito gli equilibri istituzionali originari85. Sotto tale profilo, se la volontà dei costituenti statunitensi si è sostanziata nella

83 Come osserva A. RINELLA, ult. op. cit., p. 40, in relazione alla questione della circolazione dei modelli costituzionali e della loro “imitazione”: “L’idea di un modello esemplare di forma di governo che s’identifica in una puntuale esperienza storica ... è alquanto diffusa in dottrina e d’altronde trova conferma nei fatti della storia ...”.

84 Sulla rilevanza della comparazione nel processo conoscitivo delle “idee” che stanno dietro i testi scritti, si veda A. WATSON, Legal Transplants, Edinburgh, 1974, p. 17. In tal senso, è stato notato che “la comparazione mira a suscitare proposte o a verificare proposte maturate nell’ordinamento interessato e che più che i testi di per se stessi considerati interessano al legislatore nazionale le “idee” che stanno dietro le formulazioni normative ...” (così G. DE VERGOTTINI, Diritto costituzionale comparato, Padova, 1987, p. 19).

Page 31: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

elaborazione di uno schema di governo, secondo le intenzioni dei padri fondatori, capace di assicurare, ad un tempo, “l’effettività dell’azione di governo e la natura democratica della sua strutturazione organizzata”86, per contro, è soprattutto l’esigenza di forti istituzioni governative, in grado di far fronte al precipitare della grave “questione algerina”, ad informare lo spirito dei costituenti francesi del 1958 ed, in primis, del generale De Gaulle87.

L’idea fondamentale, sottesa all’architettura costituzionale statunitense, è che solo attraverso la separazione dei poteri ed un sistema di pesi e contrappesi, voci differenti — e cioè quelle del Presidente, del Senato e della Camera dei Rappresentanti — possano contribuire al dibattito pubblico circa i fini ed i mezzi della politica nazionale. Con sguardo attento all’obiettivo di un sistema equilibrato, il processo deliberativo è stato conseguentemente incanalato lungo traiettorie non immuni da un insieme di vincoli istituzionali che, lungi dall’impedire il verificarsi di profonde trasformazioni negli equilibri istituzionali storicamente verificatesi all’interno del “governo separato” ne ha, tuttavia, ostacolato un loro coerente consolidamento88. Da questo angolo visuale, lo spirito dei costituenti può considerarsi tuttora vigente dal momento che, ora come allora, è rimasta intatta l’impossibilità di attribuire

85 Tale modo di procedere risulta vieppiù necessario ove si consideri che trattasi di due testi costituzionali concepiti con uno scarto temporale di circa due secoli.

86 Così S. FABBRINI, Il presidenzialismo degli Stati Uniti, Bari, 1993, p. 5; è bene, tuttavia, anticipare sin d’ora che è soprattutto in relazione all’obiettivo di un certo equilibrio nei rapporti fra gli organi costituzionali — almeno in via tendenziale — che, nel lungo periodo, l’aspirazione dei costituenti ha incontrato minori difficoltà ad essere realizzata nella pratica.

87 In realtà, già nel discorso di Bayeux — 1944 — del generale De Gaulle è possibile rintracciare le linee generali ed i principi guida che informeranno la Costituzione del 1958. Il credo di De Gaulle, alimentato dalle necessità del tempo, che richiedevano una risolutezza decisionale nel Governo della Nazione, cominciava a mostrare chiari segni di accettazione all’interno della quasi totalità della classe politica della Quarta Repubblica (ad eccezione dei comunisti e dei poujadisti).

88 Ciò risulta tanto più vero ove si osservi che all’attivazione degli efficaci contrappesi inerenti alle dinamiche di tipo istituzionale si è progressivamente affiancata la non meno efficace attivazione di contrappesi esterni — stampa e società in generale — . D’altro canto, è del tutto pacifico accettare il fatto che nella bisecolare storia costituzionale statunitense si siano verificate modalità diverse di compartecipazione al potere ad opera del Presidente e del Congresso — entrambi dotati di notevoli prerogative di carattere strutturale-costituzionale — come dimostra l’esperienza del Congressional Government, a partire dagli anni ’30 di questo secolo, del governo presidenziale. Sulla prevalenza del Congresso nei rapporti col Presidente, si veda W. WILSON, Congressional Government. A study in American Polities, Baltimore, 1885; per una visione complessiva delle evoluzioni della forma di governo statunitense si veda S. FABBRINI, Il presidenzialismo ... cit.

Page 32: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

definitivamente ad un centro unitario l’esercizio del potere pubblico proprio per l’operatività dei condizionamenti reciproci che costituiscono un formidabile incentivo alla cooperazione tra le istituzioni separate. Ciò, nonostante l’ascesa della primazia presidenziale si sia verificata, di certo, non grazie al godimento di un surplus di prerogative costituzionali ma, piuttosto, attraverso una lettura estremamente estensiva delle stesse89.

Inversamente, è innegabile come lo spirito che ha prodotto la forma di governo francese della Quinta Repubblica sia stato informato da una visione della posizione del Presidente posto al di sopra degli altri organi costituzionali90. Infatti, l’impianto costituzionale del 1958, pur avendo fatto propria l’idea democratica di una pluralità di organi costituzionali posti in posizione di reciproco equilibrio, tende a risolvere quel pluralismo in un “dualismo essenziale nei rapporti tra i due veri centri d’autorità”91 — il Presidente della Repubblica ed il Parlamento — che, a sua volta, ben si presta ad essere qualificato come un dualismo asimmetrico. Di tale asimmetria prova evidente sono il drastico ridimensionamento delle prerogative costituzionali attribuite al Parlamento ed, inversamente, il coacervo di poteri affidati alla triade Governo-Primo Ministro-Presidente della Repubblica che, a ben vedere, concorrono, date certe condizioni politiche, all’appagamento dell’esigenza gollista di dare alla Francia un “capo storico costantemente collegato al passato della nazione e rivolto al futuro in una unità omogenea di vedute e di sviluppo”92.

Ma ciò che più preme sottolineare è che solo la presenza di particolari circostanze storiche, che richiedevano una maggiore risolutezza decisionale nel governo della nazione, ha consentito, nel

89 A titolo esemplificativo, è sufficiente ricordare come il potere di suggerimento — ex art. II, sez. 3, Cost. — si sia gradualmente trasformato nel presupposto giuridico giustificativo del ruolo presidenziale in un’attività, quella legislativa, formalmente, di esclusivo dominio del Congresso.

90 La validità di tale considerazione permane a prescindere da qualsivoglia difficoltà dottrinaria a qualificare univocamente e definitivamente una forma di governo che, per il suo carattere aperto, ben si presta a differenziate logiche di funzionamento in relazione — come si dirà meglio più oltre — al complesso intreccio di una serie di fattori di natura diversa.

91 Così C. MORTATI, Lezioni ... cit., p. 249. 92 F. ORTINO, Diritto costituzionale comparato, Bologna, 1994, pp. 313-325. L’autore

osserva che la netta delimitazione e riduzione dei poteri del Parlamento, da un lato, e l’attribuzione di notevoli prerogative costituzionali al Governo ed al Primo Ministro, dall’altro, è dovuta non tanto all’intenzione di perseguire una maggiore autonomia ed indipendenza del Governo, quanto piuttosto alla volontà di De Gaulle di “spostare il centro di gravitazione di quest’organo nella sfera di competenze del Presidente della Repubblica”.

Page 33: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

1958, l’introduzione di una Carta costituzionale93 nella quale — a differenza che nella Costituzione statunitense — è facile constatare, più che un adeguato sfondo giuridico per una “democrazia deliberante” la presenza di idonei presupposti formali in vista di una “democrazia governante”94. In tale prospettiva, se il sistema politico-costituzionale statunitense “oblige le Président des Etats-Unis à constamment entendre, directement ou indirectement, un très grande nombre d’interlocuteurs divers ... en France le Président de la République n’est pas soumis à cette contrainte: il a peu d’interlocuteurs obligés”95. Più precisamente, negli Stati Uniti, il complesso sistema di vincoli reciproci, la cui attivazione è garantita dalla separazione dei poteri, che caratterizza l’interdipen-denza funzionale tra istituzioni separate nell’origine e nella sopravvivenza, favorisce la definizione di un indirizzo politico collaborativamente ripartito tra gli organi costituzionali sì da rendere necessario un elevato livello di consenso tra gli stessi, precludendo, per tale via, una netta verticalizzazione del rapporto tra Presidente e Congresso. Per altro verso, non è chi non veda come l’intero impianto costituzionale francese sia stato plasmato dalla concezione gollista dello Stato secondo la quale “lo Stato non è solo al primo posto, è l’elemento fondamentale ... Esso è l’espressione della salvaguardia dell’indipendenza nazionale, al di fuori delle contigenze partigiane, al di sopra di queste e, se necessario, contro di queste”96. In tal modo, e conseguentemente all’introduzione — nel 1962 — dell’elezione presidenziale a suffragio universale diretto, è venuta a realizzarsi una certa incarnazione tra lo Stato ed il suo capo congiuntamente all’idea di un pouvoir d’Etat “nettamente superiore come valore al resto della società...”. E se ciò sottende “come appare in certi momenti una esaltazione del monopolio nell’interpretazione del bene comune riconosciuto al monocrate, contrapposto assai dogmaticamente, alla somma dei parlamentari, visti come puri rappresentanti di interessi particolari ed incapaci di

93 Al punto che, come ricorda Y. MÉNY, “Francia: l’istituzionalizzazione della leadership” in J.M. COLOMER (a cura di), La politica in Europa, Bari, 1995, p. 177, in molti credevano — erroneamente — che essa fosse una “soluzione congiunturale di un problema congiunturale, quello della difficile decolonizzazione sulla quale si era infranta la Quarta Repubblica, nata e morta tra i tormenti delle guerre coloniali”.

94 L’impossibilità di considerare la Quinta Repubblica come un prototipo di “democrazia deliberante”, tanto cara a O. DUHAMEL (“Intervento”, in Fondation Jean Jaurès, La révision de la Constitution, Paris, 1994, p. 101) risulta vieppiù confermata dal concreto atteggiarsi e relazionarsi degli attori istituzionali e, più in generale, dal complessivo funzionamento del sistema politico-istituzionale francese.

95 Così S. HURTIG, “Conclusion”, in N. WAHL e J.L. QUERMONNE (a cura di), La France présidentielle, Paris, 1995, pp. 259-260.

96 Così P. AVRIL, Le régime politique de la V République, Paris, 1968, p. 168.

Page 34: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

raggiungere un interpretazione plausibile del bene comune”97, può riuscire allora del tutto comprensibile quella serie di dispositivi costituzionali volte a ridurre severamente l’influenza del Parlamento nei confronti del quale Governo e Primo Ministro (in virtù del legame fiduciario estremamente razionalizzato) e Presidente della Repubblica (nella sua veste di “arbitro” e garante della Costituzione) godono di un fitto intreccio di prerogative costituzionali, configurando un’asimmetria relazionale tra i poteri — ulteriormente alimentata dall’evoluzione politica e pragmatica della Quinta Repubblica — a tutto vantaggio del Presidente della Repubblica ed a detrimento di un efficiente sistema di checks and balances quale quello statunitense.

Nondimeno, ciò non è senza conseguenze quanto alla maggiore o minore efficienza nella produzione delle decisioni ed, in generale, sull’efficacia delle rispettive azioni governative, ove si consideri che “le système américain prévient contre ce qui est considéré comme les dérives néo-monarchiques du système français, mais il produit fréquemment plus de non-décision que de solutions consensuelles”98. A tale riguardo, è bene precisare che negli Stati Uniti il mantenimento di un sistema istituzionale tendenzialmente equilibrato è stato funzione della capacità reattiva del Congresso alla decisa, ma inevitabile, ascesa governativa della presidenza a partire dagli anni ’30; così, la crescente dilatazione dei compiti presidenziali — nel settore legislativo, nei campi della politica estera, del comando militare ecc. — è stata contenuta, non senza difficoltà, dalla ferma volontà congressuale di rimanere parte integrante del processo deliberativo soprattutto grazie ad una progressiva specializzazione — favorita anche da un notevole riadeguamento strutturale — e valorizzazione dei propri poteri di supervisione (o di “oversight”). D’altra parte, quando “istituzioni separate condividono gli stessi poteri”, è chiaro che accanto ad un incentivo alla cooperazione emerge molto spesso, in assenza del consenso necessario, un incentivo al conflitto tra le stesse99. Anzi,

97 L. ELIA, “Stabilità del governo e regime parlamentare”, in Atti del Gruppo di studio per la riforma delle istituzioni, La riforma delle istituzioni, Roma, 1995, pp. 198-199.

98 Così M.A. SCHAIN - J.T.S. KEELER, “Contraste: le modèle britannique”, in N. WHAL e J.L. QUERMONNE (a cura di) La France ... cit., p. 256. Analogamente R.A. DAHL, (“A preface to democratic theory”, Chicago, 1956, cap. V) ha osservato che i costituenti statunitensi hanno finito per affidare la soluzione del “buon governo” ad un sistema di governo in grado, sì, di evitare decisioni cattive ma incapace di produrre decisioni buone.

99 Non a caso la formula originaria di R.E. NEUSTADT (Presidential power and the Modern Presidents. The Politics off Leadership from Roosevelt to Reagan, New York, III ed. rivista, 1990 (1960), pp. 451-456) è stata successivamente integrata da quella

Page 35: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

come ben osserva Fabbrini, è proprio in quella “pressione al conflitto (inter-istituzionale) che si è voluto collocare la garanzia sistemica della democraticità del sistema di governo presidenziale”100. Il punto è che ciò incide negativamente sull’efficacia dell’azione di governo e non meno sull’unitarietà dell’indirizzo politico dal momento che la competizione tra istituzioni disincentiva ulteriormente la già poco incisiva azione di aggregazione delle opzioni programmatiche svolta dai flessibili partiti statunitensi. Al momento è, tuttavia, sufficiente sottolineare che generalmente i presidenti statunitensi, pur detenendo in larga misura il potere di avviare e promuovere le politiche pubbliche, incontrano notevoli difficoltà ad ottenere il sostegno parlamentare per realizzarle evidenziandosi, in tal modo, un’elevata imprevedibilità del processo deliberativo affidato alla capacità personale dei presidenti di costruirsi maggioranze congressuali occasionali in vista dell’approvazione di singoli progetti governativi.

Sotto tale profilo, diversa si presenta l’esperienza costituzionale della Quinta Repubblica il cui prestigio poggia principalmente sul positivo rendimento — in termini di stabilità, efficienza ed autorevolezza — delle istituzioni governative francesi101 e sulla loro capacità nel far fronte adeguatamente ai problemi dell’ingovernabilità ben noti alla Terza e Quarta Repubblica. Più precisamente, il mantenimento della logica parlamentare di ricomposizione tra i poteri, separati nell’origi-ne e non anche nella sopravvivenza, ponendosi quale sostrato giustificativo della severa razionalizzazione che informa i rapporti tra Parlamento e Governo, consente, in maggior misura che in un sistema presidenziale, quale quello statunitense, la realizzazione del programma governativo. Poco importa, a questo stadio dell’analisi, se dalla lettera della Costituzione non emerge chiaramente il vero centro di direzione della politica governativa — il Presidente della Repubblica o il Primo Ministro —. Il punto è che il continuo utilizzo da parte del Governo dell’ampia gamma degli strumenti di parlamentarismo razionalizzato102 si è rivelato un decisivo punto fermo all’interno di

proposta da Jones che qualifica la forma di governo statunitense come un sistema in cui “separated institutions competing for sharing powers” (C.O. JONES, “The Separated Presidency: Making It Work In Contemporary Politics”, in A. KING (a cura di), The New American Political System, Washington D.C., 1990, p. 1).

100 Così S. FABBRINI, Quale democrazia, Bari, 1994, p. 124.101 Per una esaustiva analisi della molteplicità di elementi che spiegano il

“successo” della Quinta Repubblica francese si veda A. DI VIRGILIO, “Semipresidenzialismo e doppio turno nella Quinta Repubblica francese. Un modello di successo”, in S. GAMBINO (a cura di) Forme di governo ... cit., pp. 331-363.

Page 36: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

una forma di governo “a geometria variabile”103 oltreché un presupposto imprescindibile per un’azione governativa stabile ed efficiente. All’attuazio-ne di un indirizzo politico relativamente unitario — cui è estranea la pratica statunitense delle continue negoziazioni tra Presidente e singoli membri del Congresso — ha, inoltre, contribuito, nell’ordinamento della Quinta Repubblica, la generalizzata accettazione della primazia presidenziale — la cui genesi è rinvenibile non solo nella dimensione formale ma anche nella pratica delle istituzioni inaugurata da De Gaulle ed, ovviamente, nel configurarsi di condizioni politiche favorevoli — che ha compresso ab initio qualsivoglia capacità reattiva del Parlamento104 e dello stesso Primo Ministro in relazione alla “ricomposi-zione gerarchica”105, avvenuta per via di mero fatto, dei rapporti all’in-terno dell’esecutivo “diarchico”.

102 A titolo esemplificativo è sufficiente menzionare il voto bloccato, la fissazione dell’ordine del giorno e, soprattutto, la possibilità, ex art. 49.3 Cost., di far ricorso all’approvazione implicita della legge, che consente di eludere tout court la volontà frazionata dell’organo parlamentare. Per un’esaustiva analisi della tematica si rinvia a L. Pegoraro il quale delinea assai bene il “quadro generale che conferisce all’esecutivo in Parlamento ogni strumento idoneo per condurre a buon termine il proprio programma ed in particolare per guidare lo svolgimento del processo legislativo” (L. PEGORARO, Il Governo in Parlamento, Padova, 1983, pp. 27-34).

103 Con tale locuzione A. DI VIRGILIO (“Semipresidenzialismo ... cit., p. 334), riferendosi alla forma di governo francese, ne sottolinea la costante esposizione alla congiuntura politica.

104 Ciò risulta maggiormente comprensibile ove si osservi che se l’approvazione da parte dell’Assemblea Nazionale di una mozione di censura — a prescindere dai severi requisiti costituzionali da soddisfare per la sua adozione — comporta l’obbligo giuridico del Primo Ministro di presentare le dimissioni del Governo nelle mani del Presidente della Repubblica, spetta a quest’ultimo, in definitiva, decidere se accettarle o procedere — in virtù dell’art. 12, Cost. — allo scioglimento anticipato dell’Assemblea Nazionale. In tal senso, “la dissuasione dell’esecutivo — lo scioglimento — ” il più delle volte si rivela più forte della “dissuasione del Parlamento — la censura — ” (Y. MÉNY, “Francia: l’istituzionalizzazione ... cit., p. 215).

105 Cfr. A. DI VIRGILIO, ult. op. cit., p. 339. È la prassi della dimission-revocation l’aspetto che più di altri, nelle fasi di couplage delle maggioranze, ha costituito il presupposto di fatto per sancire la supremazia presidenziale nei confronti dei primi ministri. Questi sono, così, venuti assumendo una funzione di “parafulmine” nei confronti del Capo dello Stato che, oltre a nominarli può anche revocarli (nel silenzio della Costituzione), “sia quando “l’alta politica” rischi di fallire — in tal caso sul Primo Ministro si scaricherebbero responsabilità non sue — , sia quando la politica “congiunturale” non venga gestita secondo i desiderata presidenziali” (C. PINELLI, “Capo dello Stato e Governo nel sistema e nell’esperienza della V Repubblica”, in Diritto e società, 1981, p. 44). Dal canto loro, i primi ministri hanno in un certo senso alimentato l’uso di un simile strumento consegnando — come hanno fatto G. Pompidou, P. Messmer e J. Chirac sotto la presidenza di G. d’Estaing —, al momento della loro nomina, una lettera di dimissioni in bianco nelle mani del Presidente sempre più autorizzato a decidere autonomamente la data della loro “dipartita”.

Page 37: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

Dopo questa breve, ma necessaria, disamina dei principi fondamentali che hanno informato l’impianto costituzionale statunitense e quello francese del 1958 e ne hanno, per alcuni versi, condizionato l’evoluzio-ne risulta ora opportuna un’analisi più dettagliata dei nuclei comuni che caratterizzano tutti i governi presidenziali e semipresidenziali tenendo costantemente d’occhio se i vantaggi (e gli svantaggi) dell’uno corrispondano necessariamente ai vantaggi (ed agli svantaggi) dell’altro.

6. PRESIDENZIALISMO E SEMIPRESIDENZIALISMO: RISULTATI DI UN CONFRONTO

Generalmente, il governo presidenziale viene definito in base ad alcuni criteri principali che noi, schematicamente, possiamo riportare come segue: a) il capo dello Stato (che è anche capo del Governo) è eletto dal popolo per un periodo prestabilito; b) il Parlamento non può né nominare né rimuovere il Governo; c) il capo dello Stato dirige il Governo che egli stesso nomina106. Maggiori sono le difficoltà dottrinarie a qualificare univocamente, e definitivamente, una forma di governo che, presentando tratti tipici del presidenzialismo e del parlamentarismo, esprime modalità di funzionamento notevolmente diverse non solo in riferimento ai diversi paesi che hanno adottato strutture giuridico-formali parzialmente analoghe, ma anche — come ben mostra l’esperienza francese — all’interno di un medesimo ordinamento statuale. In questa sede, tuttavia, si è preferito adottare la tipologia duvergeriana “forma di governo semipresidenziale”107 in quanto essa costituisce il necessario punto di partenza per eventuali precisazioni successive. Il nucleo comune di ciò che Duverger definisce “forma di governo semipresidenziale” può essere sintetizzato come segue: a) il Presidente viene eletto con voto popolare per un periodo di tempo prestabilito; b) il Presidente è titolare di importanti poteri; c) esistono un Primo Ministro ed un Governo — nominati dal Presidente

106 È doveroso precisare che tali criteri sono stati desunti dai vari tentativi della dottrina politologica di individuare il nucleo comune che caratterizza tutti i sistemi presidenziali. In particolare, si vedano G. SARTORI, “Né presidenzialismo ... cit., pp. 181-182; A. LIJPHART, “Presidenzialismo e democrazia maggioritaria: osservazioni teoriche”, in J.J. LINZ - A. VALENZUELA, op. cit., pp. 159-165; M.S. SHUGART - J.M. CAREY, Presidenti e Assemblee. Disegno costituzionale e dinamiche elettorali, Bologna, 1995, pp. 37-38.

107 È M. VOLPI (“Le forme di governo”, in Diritto costituzionale italiano e comparato (a cura di G. MORBIDELLI - L. PEGORARO - A. REPOSO - M. VOLPI), Bologna, 1995, pp. 349-351) a fornire valide ragioni che sconsigliano l’abbandono della categoria semipresidenziale proposta da Duverger.

Page 38: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

— responsabili di fronte al Parlamento108. Dalle definizioni suddette emergono alcune analogie ma anche molte differenze significative. Un primo punto da fermare che accomuna il “presidenzialismo puro”109 ed il semipresidenzialismo è, come si evince dal primo criterio, la comune derivazione popolare del Presidente della Repubblica, congiuntamente ad una legittimazione democratica delle assemblee rappresentative. Ora, nei sistemi a “doppia legittimità democratica”110, il verificarsi di una situazione in cui la maggioranza sia politicamente differente dalla maggioranza elettorale che ha appoggiato l’elezione del Presidente esprime una conflittualità latente tra i due organi costituzionali. In altre parole, sottesa alla doppia (e separata) investitura popolare, vi è la possibilità di situazioni di stasi — o, nella migliore delle ipotesi, di una riduzione della funzionalità delle istituzioni governative — cui può condurre il contrasto tra un esecutivo ed un’assemblea controllati da partiti diversi. Occorre, tuttavia, precisare che tale tendenza allo stallo istituzionale non presenta intensità analoga nel sistema presidenziale ed in quello semipresidenziale; più precisamente, quest’ultimo — almeno in via di principio — presenta una maggiore capacità risolutiva del problema che il presidenzialismo, di per sé, non è in grado di risolvere111. Ciò per tutta una serie di ragioni.

Innanzitutto, occorre considerare, in riferimento al sistema presidenziale statunitense, un elemento intrinsecamente connesso a quello precedente nel senso che ne rafforza le potenzialità paralizzanti. Ci riferiamo alla lunghezza costituzionalmente prestabilita del mandato presidenziale e di quello parlamentare che determina, secondo i critici del presidenzialismo112, la rigidità del sistema. È evidente che tale osservazione riflette la mancanza di meccanismi istituzionali di autocorrezione in grado di ristabilire

108 M. DUVERGER, Institutions politiques et droit constitutionnel, Paris, 1970, p. 277. 109 Così G. SARTORI, “Né presidenzialismo ... cit., in riferimento al sistema

presidenziale di tipo americano. 110 Con tale locuzione J.J. LINZ (“Democrazia presidenziale o democrazia

parlamentare: vi è differenza?”, in J.J. LINZ - A. VALENZUELA (a cura di), op. cit., p. 26) si riferisce a quei sistemi che affidano la composizione di organi costituzionali diversi alla previsione di un doppio circuito elettorale basato su una comune matrice popolare. Analogamente, per L. ELIA (“Per una nuova forma di governo parlamentare”, in Il politico, 1991, 1, p. 222) il pericolo maggiore insito nei sistemi presidenziali e semipresidenziali è dato dalla coesistenza di due centri di potere (Presidenza e Parlamento) “con uguale legittimazione popolare, vantando entrambi gli stessi titoli di nobiltà democratica”.

111 È quanto, a proposito, sostiene G. SARTORI, “Né presidenzialismo ... cit., pp. 198-199.

112 Cfr. J.J. LINZ, “Democrazia presidenziale ... cit., p. 32.

Page 39: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

situazioni a basso rendimento decisionale o addirittura, in presenza di conflitti particolarmente aspri tra le due istituzioni legittimate democraticamente, di vero e proprio stallo governativo113. Così, ancora una volta, si ritorna alla principale caratteristica del sistema di governo statunitense, vale a dire alla separazione-condivisione del potere; di certo, ogni potere può esercitare un controllo sull’altro senza il timore di mettere in pericolo la propria sopravvivenza, ma è innegabile come il principio organizzativo in questione possa produrre situazioni di impasse governativa, senza la possibilità di porvi rimedio, quando, soprattutto (ma teoricamente non solo) in presenza di un “governo diviso”, non si raggiunge il consenso necessario tra le istituzioni separate. Sotto tale profilo — si diceva — il sistema semipresidenziale francese possiede alcune virtù potenziali in grado di contenere — ma non cancellare tout court — gli eventuali effetti paralizzanti discendenti da una situazione di dissonanza politica tra la maggioranza presidenziale e quella parlamentare. A sostegno di tale osservazione, è appena il caso di ricordare che nella Quinta Repubblica francese, a differenza del sistema statunitense, la durata del Parlamento non è indipendente dalla volontà del Presidente; rebus sic stantibus, non è chi non veda come l’arma dello scioglimento dell’As-semblea Nazionale, affidata esclusivamente alla volontà presidenziale, si riveli particolarmente appropriato quando un Presidente neo-eletto, trovandosi di fronte ad una maggioranza parlamentare — antecedentemente eletta — non conforme alla sua coalizione partitica di riferimento, indice nuove elezioni legislative in vista di una futura composizione dell’Assemblea a lui favorevole114. Ma non è questo il punto fondamentale, dal momento che un Presidente costretto a “coesistere” con un Primo Ministro che è espressione di una opposta tendenza politica maggioritaria in Assemblea difficilmente (anche se nulla potrebbe impedirglielo, salvo il criterio dell’opportunità politica) farà uso del suo potere di scioglimento annullando, tout court, la più recente manifestazione della volontà popolare115. Allora,

113 Il fatto che, negli Stati Uniti, ciò non si sia verificato, almeno nel lungo periodo, indica soltanto, come ben argomenta S. FABBRINI (Il presidenzialismo ... cit., pp. 201-202), l’unicità dell’esperienza statunitense che ha contenuto — ma non per questo cancellato — l’impatto di quella tendenza.

114 In realtà, come viene rilevato da J. MASSOT (Chef de l’Etat et chef du Gouvernment: Diarchie et hiérarchie, Paris, 1993, pp. 96-97), tutti gli scioglimenti decisi dai presidenti della Quinta Repubblica francese — e non solo quelli del 1981 e del 1988 utilizzati per eludere ab initio una situazione di dissonanza politica tra le maggioranze — hanno risposto adeguatamente al fine per cui sono stati posti in essere, quello di incrementare i seggi a favore del partito di sostegno del Presidente.

115 Così argomentando si può sostenere — in considerazione della diversa durata del mandato presidenziale e parlamentare — che il potere di scioglimento evidenzia

Page 40: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

la ragione di quanto prima sostenuto va rintracciata nella diversità degli elementi strutturali di fondo che conferiscono ai modelli in questione differenziati standards di funzionalità in ordine al problema del governo diviso.

Il primo elemento costitutivo della forma di governo presidenziale mal si presta ad interpretazioni divergenti: il capo dello Stato è anche il capo del Governo. Lo stesso non può dirsi per le costanti che, nel loro insieme, definiscono una forma di governo semipresidenziale. Qui la questione chiave è la seguente: chi è il vero capo del Governo? Il Presidente o il Primo Ministro? In realtà, tale interrogativo, più che una definitiva differenza tra gli organi posti al vertice dell’esecutivo presidenziale e semipresidenziale indica, innanzitutto, una sostanziale differenza di strutturazione dell’autorità esecutiva (questa sì definitiva). Nel caso del presidenzialismo statunitense siamo, infatti, in presenza di un esecutivo monocratico — ”monopersonale” come sostiene A. Lijphart116 — nel quale è impossibile individuare un organo collegiale di governo cui imputare direttamente una qualsiasi fattispecie giuridico-costituzionale. Per contro, nel caso del semipresidenzialismo francese siamo di fronte ad un “esecutivo diarchico”, ad una struttura di autorità duale di cui fanno parte un Presidente legittimato dal popolo ed un Primo Ministro nominato dal primo che, attraverso il meccanismo della non-sfiducia del legislativo, costituisce l’organo costituzionale intermedio in grado di garantire una legittimazione parlamentare del Governo. Ciò detto, e ricollegandosi al precedente quesito, è necessario comprendere, innanzitutto, se tale divergenza strutturale, costituzionalmente sancita, si riflette in una certa variabilità di coincidenze tra i vertici dell’esecutivo. Solo successivamente è possibile capire perché, in una situazione di dissonanza politica tra maggioranza parlamentare e presidenziale, l’esecutivo diarchico francese esprime minori potenzialità di immobilismo governativo di quanto non si diano per la strutturazione complessiva del presidenzialismo statunitense. In relazione all’esperienza della Quinta Repubblica si faceva bene rilevare che: “Il Presidente della Quinta Repubblica è autorità estrema (cioè il capo del Governo) finché egli gode della maggioranza nell’Assemblea Nazionale; ma egli deve cedere la sostanza del potere al Primo Ministro se un partito diverso dal

esclusivamente una capacità preventiva, e non anche risolutiva, del problema del governo diviso.

116 Cfr. A. LIJPHART, “Presidenzialismo ... cit., p. 161. Sulla peculiarità del significato del duplice ruolo — di capo dello Stato e capo del Governo — si veda G.U. RESCIGNO, “Art. 87, I c.”, in G. BRANCA (a cura di), Commentario della Costituzione, Il Presidente della Repubblica, Bologna, 1978, p. 149 ss.

Page 41: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

proprio ottiene la maggioranza nell’Assemblea”117. È dunque chiaro che, affinché il semipresidenzialismo francese superi il “test presidenziale”118 costituito dal criterio secondo cui il capo dello Stato è anche capo del Governo (e, dunque, a dispetto delle contraddittorie previsioni costituzionali119, anche di direzione del Governo da lui nominato), è necessaria una situazione di consonanza politica tra la maggioranza presidenziale e quella parlamentare che la Costituzione, di per sé, non può assicurare. Insomma, si può dire che mentre nel sistema presidenziale la preminenza del Presidente della Repubblica nella direzione del Governo è costituzionalmente garantita, nel sistema semipresidenziale deve essere politicamente propiziata dalla distribuzione del potere parlamentare. Non a caso, il verificarsi di una duplice esperienza di “coabitazio-ne” (1986-1988; 1993-1995) ha comportato, per l’organo presidenziale francese uno scollamento tra il ruolo di capo dello Stato e quello di capo del Governo, inconcepibile nel sistema statunitense il quale, basandosi su una separazione dei poteri, consente la concentrazione del potere di governo in un “primus solus”120 vale a dire nel Presidente. Sotto tale profilo, se la separazione dei poteri del tipo statunitense ha alimentato, ceteris paribus, una logica del processo di governo tendente ad una contrapposizione e dialettica istituzionale (amplificata, ma non determinata, dalla divaricazione tra la maggioranza parlamentare e quella presidenziale), per contro, il mantenimento della logica parlamentare di ricomposizione tra i poteri, unitamente alla “riparti-zione del potere” fra le due teste dell’esecutivo, inserisce un elemento di flessibilità potenzialmente in grado di contenere i rischi di una configurazione (politicamente) conflittuale tra le istituzioni legittimate democraticamente.

117 Cfr. R. ARON, “Alternation in Government in the industrialized Countries” in Government and Opposition, 1981, pp. 3-21.

118 Ciò, tuttavia, non elimina la possibilità di catalogare la forma di governo della V Repubblica francese all’interno di un tertium genus tra modello parlamentare e modello presidenziale, dal momento che sono soprattutto fattori di natura extracostituzionale ad indirizzare, in senso presidenziale, la dinamica dei rapporti tra gli organi costituzionali posti al vertice dello Stato. Sul punto si rinvia a M. VOLPI, “La forma di governo ... cit., pp. 349-351.

119 In effetti, dall’analisi congiunta degli artt. 21 e 20 della Costituzione risulta che “il Primo Ministro dirige l’azione del Governo” che, a sua volta “determina e dirige la politica nazionale”: d’altro canto, la presidenza del Consiglio dei Ministri affidata al Capo dello Stato — ex art. 9 Cost. — non ha una natura meramente simbolica ove la si legga in connessione al IV comma dell’art. 21.

120 Così G. SARTORI, ult. op. cit., p. 188, che individua nella separazione del potere l’elemento che maggiormente distingue il sistema presidenziale statunitense dal sistema semipresidenziale francese a “ripartizione del potere”.

Page 42: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

In tale circostanza, considerando la struttura diarchica dell’esecutivo francese, si può dire che la macchina presidenziale perde parte della sua velocità — che, tuttavia, non significa un brusco rallentamento121 — a favore della macchina pilotata da Primo Ministro. Il punto, metafore a parte, è che il semipresidenzialismo francese può consentire — ovviamente data una certa ragionevolezza122 dei piloti del circuito governativo — una certa continuità anche se inevitabilmente meno continua — dell’azione governativa. Ciò che si vuole sottolineare è che, a differenza del presidenzialismo statunitense in cui il contrasto tra le maggioranze accentua ulteriormente la competitività conflittuale tra le due istituzioni democraticamente legittimate, in fase di coabitazione, la competitività rimane confinata all’interno di un esecutivo diarchico tra un Presidente democraticamente legittimato ed un Primo Ministro la cui legittimità, in questa fase, deriva solo ed esclusivamente dal voto popolare espresso in occasione delle elezioni parlamentari123. Ad ogni modo, il problema della rigidità temporale viene ad essere relativamente ridimensionato dalla possibilità di sostituire, nel ruolo di capo del Governo, il Presidente della Repubblica con un Primo Ministro che necessariamente, data la clausola, ex art. 49 Cost., della fiducia dell’As-sembea nazionale nel Gabinetto, troverà una coalizione di maggioranza che sostenga il proprio governo. D’altra parte, il Presidente francese — a differenza di quello statunitense — non può istituire un’efficace barriera contro

121 Se è innegabile che con la coabitazione si assiste ad un travaso di poteri dal Presidente al Primo Ministro — determinandosi un parziale ritorno alla lettera della Costituzione — è pur vero che comunque forte si è rivelata l’influenza presidenziale. D’altra parte, sarebbe difficile immaginare un processo inverso, di vera e propria usurpazione nei confronti di una carica — quella presidenziale — alla quale ognuno, almeno fino ad oggi, sembra aspirare. Sul ruolo del Presidente nelle fasi di coabitazione si veda, in particolare, A. CANEPA, Elementi per un’analisi della cohabitation nelle istituzioni della Quinta Repubblica francese, Genova, 1994; sul fenomeno coabitativo in generale si veda M.A. COHENDET, La cohabitation, Paris, 1993.

122 La duplice esperienza della coabitazione mostra assai bene come la ragionevolezza dei supremi attori politici ed istituzionali sia stato un fattore non indifferente nel precludere eventuali traboccamenti in situazioni di stallo, di scontro permanente, di vera e propria crisi istituzionale. Sugli esiti variabili, e dunque non facilmente prevedibili, della coabitazione si veda A. DI VIRGILIO, “Semipresidenzialismo ... cit., p. 354 ss.

123 Per rimarcare la legittimazione parlamentare dei loro governi più volte i primi ministri Chirac (nel 1986) e Balladur (nel 1993) hanno impegnato la responsabilità del Governo sul programma o su una dichiarazione di politica generale dinanzi all’Assemblea Nazionale — anche se solo per affrancarsi dalla pesante tutela del capo dello Stato al quale si vuole ricordare che solo il Parlamento può rovesciarlo — precludendo, in tal modo, l’attivazione della prassi presidenziale della dimission-revocation del Primo Ministro.

Page 43: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

l’azione legislativa, dal momento che i suoi poteri di veto non richiedono una maggioranza qualificata per poter essere annullati.

Pur se con le dovute differenze tra il sistema presidenziale e quello semipresidenziale, gli elementi ora analizzati tendono a mettere a nudo le implicazioni negative di quei sistemi di governo la cui caratteristica principale consiste nell’affidare la composizione dell’organo parlamentare e dell’organo presidenziale alla previsione di un doppio circuito elettorale basato su una comune matrice popolare. È bene, tuttavia, aver presente che quegli stessi elementi se considerati in una diversa prospettiva possono comportare conseguenze affatto indesiderabili. Ora, non è chi non veda come nelle forme presidenziali e semipresidenziali di governo la scelta del Presidente della Repubblica si presenta come un atto di volontà popolare. Da questo angolo visuale — sostengono i fautori del presidenzialismo124 — principalmente due sono le conseguenze positive: l’identificabilità e la responsabilità. Si tratta chiaramente di due aspetti intrinsecamente collegati tra di loro ma affatto coincidenti. Se l’identificabilità comporta, per il cittadino-eletto-re, di sapere, nel momento in cui vota chi andrà a governare125 se vincerà il candidato da lui votato (dunque, una chiara scelta di prospettiva), la responsabilità, invece, comporta l’opportunità per gli elettori di riconfermare o punire, sempre in virtù dell’investitura popolare del Presidente, il candidato uscente sulla base di una valutazione retrospettiva del suo operato.

Ciò detto, sono tuttavia necessarie alcune precisazioni di ordine concettuale. Sottesa all’esaltazione della responsabilità come una delle caratteristiche positive discendenti dall’elezione diretta del Presidente vi è una concezione della responsabilità fortemente impregnata da una cultura politica ad impronta individualistica in virtù della quale viene enfatizzato il nesso individuale tra rappresentante e rappresentati126. In tale quadro, la scelta dell’elettore statunitense — in minor misura quella dell’elettore

124 Cfr. M.S. SHUGART - J.M. CAREY, “Presidenti ... cit., pp. 73-79. 125 È necessario, tuttavia, ricordare che nel sistema presidenziale statunitense gli

elettori “eleggono direttamente non il Governo ma il capo del Governo, cioè il capo dell’esecutivo” (così O. MASSARI - G. PASQUINO, “Introduzione: per eleggere rappresentanti e governanti”, in O. MASSARI - G. PASQUINO (a cura di), Rappresentare ... cit., p. 16). Nel sistema semipresidenziale francese, invece, l’investitura diretta del Presidente della Repubblica è combinata con una investitura quasi diretta del Governo e del suo Primo Ministro, sottoposti alla duplice fonte di legittimazione parlamentare e presidenziale. Su quest’ultimo aspetto per maggiori approfondimenti si veda S. BARTOLINI, “Sistema partitico ed elezione diretta del Capo dello Stato”, in Rivista italiana di scienze politiche, 1984, 2, pp. 223-243.

126 Cfr. G. SARTORI, “Rappresentanza”, in ID., Elementi di teoria politica, Bologna, 1987, pp. 269-310.

Page 44: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

francese — è il più delle volte basata su di una opinione su un certo individuo, sulla fiducia che questo individuo è capace di infondere attraverso la sua personalità ed una serie di appelli demagogici; elementi, questi, molto spesso dipendenti dalla capacità (e dalla possibilità) del candidato presidenziale di costruirsi un’immagine ad hoc da lanciare per via media127. Il punto da fermare, riferendoci esclusivamente all’esperienza statunitense, è che la scelta elettorale non è legata tanto alla valutazione delle politiche e di un programma governativo che verrà probabilmente attuato dal Presidente nel corso del suo mandato ma, piuttosto, alla capacità personale dei leaders di infondere una credibile aspettativa sulle loro capacità di governo. In tale prospettiva, dal momento che solo una persona viene individuata come quella direttamente e personalmente responsabile delle politiche attuate nel corso del mandato, è sufficiente che gli elettori dispongano della risorsa del “voto-sanzione”, e non anche del “voto-indirizzo”, da far valere sull’eletto in occasione delle successive elezioni presidenziali. Ciò che si vuole semplicemente far notare è che un sistema presidenziale del tipo statunitense adempie al requisito della responsabilità solo in riferimento ad una “visione shumpteriana della democrazia in cui il connotato competitivo del regime si manifesta attraverso la scelta di concorrenti squadre di leaders, la cui principale qualifica è di tipo personale...” e non anche ad una “visione non shumpteriana della democrazia in cui il connotato competitivo del regime si manifesta attraverso la scelta di concorrenti programmi di governo e delle squadre di leaders ad essi associate”128. Si tratta, in altri termini, di privilegiare forme organizzative della democrazia, comunemente definite “democra-zia d’investitura”, in cui la scelta del corpo elettorale ricade su singole personalità dalle quali emaneranno, di volta in volta, i programmi politici ritenuti più adeguati al momento storico, a fronte di altre forme organizzative della democrazia (comunemente definite “democrazia d’indirizzo”) in cui la scelta del corpo elettorale tende ad individuare contestualmente uomini, schieramenti e programmi129.

127 Sulla rilevanza della video-politica nell’amplificare i rischi insiti negli appelli demagogici e populisti, si veda G. SARTORI, “Video-Power”, in Government and Opposition, 1989, pp. 269-310.

128 Così S. FABBRINI, Il presidenzialismo ... cit., p. 209. 129 Sul punto e in relazione al livello che la mediazione partitica assume nelle due

diverse forme organizzative della democrazia si veda M. VOLPI, Le forme di governo ... cit., pp. 376-378.

Page 45: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

Ora, tanto la forma di governo presidenziale quanto quella semipresidenziale130 rientrano a pieno titolo nel modello di democrazia d’investitura dal momento che, a causa dell’elezione diretta del Presidente della Repubblica, la scelta del Governo è fortemente personalizzata ed il ruolo dei partiti fortemente ridimensionato in quanto sono questi ultimi a definire le proprie politiche in relazione al programma presidenziale e non il contrario. Ciò anche se occorre riconoscere che i partiti francesi, a differenza di quelli statunitensi, sono dotati di una certa identità di programma distinta da quella del leader. Nondimeno, come sappiamo, i modelli, per definizione, non sono assimilabili completamente alle realtà operative dei singoli ordinamenti — dovendo piuttosto coglierne alcune tendenze comuni di fondo —; né, d’altro canto, i singoli casi empirici si approssimano in egual misura all’ideal-tipo che definisce il modello. In tal caso, non è chi non veda come tra i due referenti empirici in considerazione sussistano alcune differenze significative. Nel sistema semipresidenziale francese, infatti, si è cercato di integrare il principio della responsabilità individuale (del Presidente) con il principio della responsabilità collettiva (del Gabinetto) posta a monte di una competizione tra opposte opzioni politiche, oltreché tra candidati politici concorrenti; in realtà, l’esperienza francese mostra che una situazione di consonanza politica finisce per privilegiare il primo a svantaggio del secondo principio mentre una situazione di dissonanza politica finisce per ridimensionare entrambi131. Resta il fatto che a differenza del Presidente statunitense, il Presidente francese risulta relativamente più condizionato dal sistema politico in quanto non può prescindere dall’orientamento della maggioranza parlamentare — senza il sostegno della quale, come abbiamo visto, non può governare — e dalla presenza di un Primo Ministro esponente di tale maggioranza.

7. FORME DI GOVERNO, SISTEMI ELETTORALI E PARTITI POLITICI: CONTINUITÀ E DISCONTINUITÀ FRA DUE MODELLI DI GOVERNO

Finora l’attenzione si è incentrata prevalentemente sugli elementi costitutivi che, nel loro insieme, definiscono le modalità organizzative attraverso cui si strutturano gli assetti istituzionali del governo presidenziale e semipresidenziale enucleandone le rispettive proprietà funzionali in relazione, soprattutto, al processo di governo. D’altra parte, appare evidente che solo attraverso

130 Ci riferiamo, naturalmente, ai casi in cui, come nella Francia della V Repubblica, il capo dello Stato si configura come il principale attore politico-istituzionale.

131 Cfr. S. FABBRINI, Il presidenzialismo ... cit., p. 215.

Page 46: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

un’adeguata visione d’insieme, per intendere di tipo sistemico, è possibile cogliere la logica complessiva di funzionamento e l’operatività istituzionale sia del presidenzialismo che del semipresidenzialismo rispettivamente nella democrazia statunitense ed in quella francese. La chiave di lettura privilegiata del funzionamento globale dei sistemi politico-istituzionali di riferimento sembra, dunque, essere l’analisi dell’intreccio dinamico tra assetti istituzionali di governo, sistemi elettorali e sistemi di partito. In tale prospettiva, l’obiettivo è quello di evidenziare, senza proporre facili rapporti di causa/effetto, l’influenza che i sistemi elettorali esercitano sulle forme di governo, sia indirettamente (per il tramite dei partiti politici) che direttamente (in quanto condizionano i rapporti tra gli organi costituzionali); parallelamente, si cercherà di considerare in che misura gli effetti dei sistemi elettorali sono condizionati sia dallo stato del sistema dei partiti sia dal carattere della forma di governo132. È bene, tuttavia, precisare che esigenze anche di tipo espositivo inducono a seguire un necessario ordine di discussione che rinvia, preliminarmente, all’analisi del sistema statunitense per poi focalizzare l’attenzione su quello francese della Quinta Repubblica.

7.a). PARTITI, PLURALITY E SISTEMA DI GOVERNO NEGLI USA

Se la tradizione democratica europea affonda le proprie radici nella nascita, nello sviluppo e nella mediazione della forma partito, negli Stati Uniti non è così. Qui, “di fronte alle istituzioni, cioè alla responsabilità di governo della vita pubblica, l’americano ha come interlocutore principale il processo elettorale piuttosto che l’organizzazione partitica”133. Di qui la costante preoccupazione a definirne, studiarne e regolamentarne le relative procedure fino al punto da far assurgere la via elettorale al principale “canale della riforma politica democratica”134. Se è innegabile che la generalizzazione del sistema plurality135, semplificando fortemente il

132 Il prosieguo dell’analisi renderà palese la difficoltà di isolare analiticamente gli effetti riconducibili ad ognuno degli elementi sopracitati verificandosi, nella pratica, una costante interazione tra gli stessi.

133 Così M. TEODORI, “Costituzione italiana e modello americano”, Milano, 1992, p. 50.

134 Ibidem. Per una puntuale disamina storica dei notevoli mutamenti che hanno investito la disciplina elettorale in riferimento ad ognuno degli organi costituzionali si rinvia a S. FABBRINI, “Usa: Maggioritario e sistema di governo presidenziale”, in O. MASSARI - G. PASQUINO (a cura di), Rappresentare .... cit., pp. 56-57.

135 È doveroso precisare che la progressiva evoluzione in senso maggioritario del sistema elettorale più che porsi all’origine del bipartitismo statunitense ha finito per

Page 47: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

senso e la funzione della rappresentanza in tutti gli organi in cui risiede l’indirizzo politico, “ha comportato il superamento dell’anti-majoritarian prejiudice che fondava il repubblicanesimo delle origini”136, è pur vero che esso non è riuscito a porre le basi per un processo di governo incentrato sull’identità di appartenenza partitica tra esecutivo e Congresso. Detto in altri termini, l’adozio-ne generalizzata di un sistema uninominale-maggioritario, nell’ambito del sistema di governo statunitense ed in presenza di partiti tradizionalmente deboli, interagendo con una tradizione ed una cultura politica a forte impronta individualistica non ha certamente favorito — a differenza di quanto può dirsi per la Gran Bretagna — l’affermazione di un governo forte in grado di ottenere l’appoggio incondizionato della maggioranza congressuale in virtù di una consonanza degli schieramenti partitici sufficientemente disciplinati in sede di voto parlamentare137; piuttosto la convivenza tra il principio maggioritario ed una tenue e fluttuante linea divisoria tra maggioranza e minoranza ha notevolmente contribuito ad una certa personalizzazione del processo politico-elettorale alimentando, per tale via, il c.d. “trasver-salismo” vale a dire una pratica politica espressione di alleanze politiche legate a particolari obiettivi138. Di qui la frammentazione del processo decisionale (particolarmente funzionale a favorire la formazione dei c.d. “triangoli di ferro” — tra rappresentanti dei gruppi di interesse, funzionari dell’esecutivo e membri dei comitati congressuali — nei vari ambiti della politica pubblica) che si ripercuote negativamente sull’unitarietà dell’indirizzo politico complessivamente inteso. In tale contesto, come è facile intuire, una vittoria del partito del Presidente alle elezioni congressuali ha un significato molto limitato dal momento

rafforzare quello già esistente dal momento che, sin dal procedimento di ratifica della Costituzione da parte dei vari stati, è possibile rintracciare l’esistenza di due opposti schieramenti: federalisti ed antifederalisti

136 Così G.F. FERRARI, “I sistemi elettorali degli Stati Uniti”, in M. LUCIANI - M. VOLPI (a cura di), Riforme elettorali, Bari, 1995, pp. 303-304. Nondimeno, come osserva S. FABBRINI, Il presidenzialismo ... cit., pp. 30-31, il pregiudizio antimaggioritario del “governo separato” è stato solo ridimensionato, ma non superato, dall’influenza del sistema elettorale maggioritario.

137 A tale proposito, O. MASSARI (“Collegio uninominale ... cit., pp. 77-78) osserva che “si è di fronte ad un voto (nelle elezioni per la Camera) dato alle persone più che all’etichetta dei partiti (personale vote) ed una rappresentanza politica in cui contano più gli individui dei partiti ..., in cui la politica e le questioni locali contano moltissimo, in cui il singolo rappresentante ha enorme influenza e poteri politici che esercita in sede locale (patronage) ed in sede politica ..., in cui le spese elettorali sono sì trasparenti ma abbastanza alte (dovute anche allo stile della competizione politica) ed in ogni caso i fenomeni di corruzione non sono infrequenti”.

138 Ibidem, p. 40.

Page 48: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

che l’indisciplina partitica in Parlamento più che l’eccezione si presenta come la regola; d’altra parte, la flessibilità degli schieramenti politici all’interno del Congresso solo in parte costituisce il prodotto dell’adozione del metodo elettorale winner takes all applicato in collegi uninominali e della struttura federale dello Stato139.

Risulta, quindi, evidente che la separazione dell’istituzione legislativa (il Congresso) da quella esecutiva (la Presidenza) ha costituito il fattore maggiormente esplicativo della debolezza dei partiti statunitensi che, a sua volta, ha inciso negativamente sulla possibilità di adottare ed applicare un indirizzo politico relativamente unitario ed omogeneo. Ciononostante, la ragione del funzionamento bisecolare del sistema di governo statunitense va rintracciata proprio nel ruolo che i partiti sono venuti assumendo sin dalle origini della Repubblica federale statunitense140. Infatti, nell’ambito del “governo separato” i partiti hanno tradizionalmente esercitato una funzione connessiva sia tra le istituzioni di governo che tra il centro e la periferia, rivelandosi, in tal senso, indispensabili strumenti organizzativi in grado di aggregare (ovviamente sempre in termini relativi) le intenzioni di attori governativi diversi e di garantire il collegamento tra istituzioni separate141. Allo stesso tempo, la flessibilità degli schieramenti politici all’inter-no del Congresso si è rivelata funzionale al contenimento delle potenziali situazioni di stasi (cui può condurre il contrasto tra potere esecutivo e potere legislativo) compensando i limiti propri di una debolezza istituzionale che fa riferimento alla mancata previsione costituzionale di istituti specifici atti a risolvere le situazioni di conflitto tra istituzioni costituzionalmente separate142.

139 Così M. DUVERGER (Giano: le due facce dell’Occidente, Milano, 1973, p. 190) per il quale “L’assenza di disciplina di voto al Congresso dipende ancor più dal fatto che il regime presidenziale non la rende necessaria ... Poco importa ... che i partiti americani siano flessibili e che ciascun senatore o deputato voti a modo suo: il governo non rischia niente, perchè dipende soltanto da un Presidente eletto a suffragio universale che le camere non possono rovesciare ...”.

140 In tal senso si veda S. FABBRINI, “Usa: Maggioritario ... cit., p. 55.141 Non a caso, come osserva FABBRINI (Il presidenzialismo ... cit., pp. 103-114) la

maggiore operatività del sistema politico statunitense — rinvenibile nell’esperienza di governo rooseveltiana — ha fatto aggio sulla capacità dei partiti politici di connettere istituzioni separate, nonché sulla loro funzionalità a contenere le spinte disgreganti all’interno della coalizione newdealistica di supporto.

142 L’idea dei padri costituenti di una “Repubblica senza partiti” ben presto rivelava uno strano paradosso: “un governo tanto ostile ai partiti politici quanto bisognoso di essi” (così G. PASQUINO, “Gli Stati Uniti: la politica incompresa”, Rapporto per la Fullbright commission, Roma, 1991, p. 33).

Page 49: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

Da ultimo, l’esigenza di favorire una più ampia partecipazione dei cittadini-elettori nella scelta dei candidati ha condotto alla progressiva generalizzazione dell’uso delle primarie143 e ciò non senza conseguenze sulla capacità aggregante dei partiti politici, sulla personalizzazione del processo politico-elettorale e, per tale via, sulla configurazione complessiva del sistema di governo. In altre parole, la massiccia introduzione dell’uso delle primarie, oltre a creare una forte competizione interna tra i vari candidati dello stesso partito, indebolendone l’uniformità degli indirizzi programmatici, ha introdotto ulteriori incentivi per il rafforzamento dell’estraneità tra il partito presidenziale ed i partiti congressuali144. È la scarsa partecipazione dei due partiti congressuali nel procedimento di selezione del futuro Presidente che si pone all’origine della diminuzione degli incentivi ad una cooperativa collaborazione istituzionale fra le tre facce dello stesso partito finendo per accentuare la dimensione conflittuale — ulteriormente alimentata dalla costante formazione a partire dal 1968 di un “governo diviso” — insita in un governo separato, con effetti vieppiù penalizzanti sulla coerenza e sulla celerità dell’azione governativa. La politica dei candidati e degli eletti145, sostituendo definitivamente quella dei partiti, ha reso ancor più imprevedibile il processo deliberativo affidato, più che in passato, alla capacità personale dei presidenti di costruirsi maggioranze congressuali occasionali in vista dell’approvazione di singoli progetti governativi. In tali circostanze, è chiaro che i presidenti, impossibilitati a governare per via partitica, hanno cercato di governare per via personale facendo aggio esclusivamente sulla natura “simboli-ca” del leader piuttosto che sulla loro capacità di governo146. Il venir meno dei vincoli

143 Attualmente più dell’80% dei delegati alla Convenzione nazionale di partito viene eletto attraverso il ricorso alle primarie. Per una puntuale disamina sul significato e sugli effetti che l’uso delle primarie ha comportato sui partiti politici statunitensi si veda G. D’IGNAZIO, “Elezioni primarie e riforma dei partiti negli Stati Uniti d’America”, in S. GAMBINO (a cura di), Elezioni primarie e rappresentanza politica, Soveria Mannelli, 1996.

144 FABBRINI (Il presidenzialismo ... cit., p. 53), riferendosi all’intreccio tra partiti ed istituzioni statunitensi, individua tre anime distinte all’interno dello stesso partito: il partito presidenziale, il partito del Senato e quello della Camera.

145 È doveroso, tuttavia, ricordare che non solo il sistema di selezione del candidato presidenziale ma anche la disciplina del finanziamento delle campagne elettorali nonché le innovazioni legislative degli anni ’70, tendenti ad una diversa redistribuzione del potere all’interno del Congresso, hanno ulteriormente accentuato la personalizzazione del processo politico, elettorale e di governo. Sull’incidenza di tali elementi si veda S. FABBRINI, Il presidenzialismo ... cit., pp. 33-56.

146 In tal senso B. MIROFF, “The President and the public: Leadership as spectable”, in M. NELSON, The Presidency and the Political System, Washington, III ed., 1990.

Page 50: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

partitici, anziché aumentare l’effettività dell’azione governativa del Presidente, l’ha ridotta decisamente dal momento che non sempre — tranne che per la risoluzione dei grandi temi — la mobilitazione dell’opinione pubblica147 risulta sufficiente per la risoluzione della molteplicità delle questioni da affrontare quotidianamente. Si può dire, dunque, che il funzionamento del sistema di governo statunitense deve poggiare, per non bloccarsi, su una molteplicità di compromessi tra un Presidente che solo nella politica estera ed in questioni interne di grande rilevanza può, anche grazie all’appoggio dell’opi-nione pubblica, spendere completamente le proprie energie ed i singoli membri delle assemblee rappresentative sempre più radicati negli interessi locali e nei gruppi di interesse. Il risultato è un’azione di governo sempre più farraginosa, meno coerente, sempre più a breve termine e per singoli affari che, di certo, non fanno del presidenzialismo, almeno nella sua più acclamata incarnazione, un esempio di governo forte ed efficace.

7.b). ALLA RICERCA DELLA STABILITÀ NELLA QUINTA REPUBBLICA: SEMIPRESIDENZIALISMO, DOPPIO TURNO E RISPOSTA BIPOLARE DEL SISTEMA PARTITICO

Rispetto ai continui capovolgimenti dei regimi politici precedenti, la Quinta Repubblica francese si presenta al contempo come un modello di continuità costituzionale — solo la Terza Repubblica è vissuta più a lungo (1875-1940) — oltreché un “modello di successo” in relazione all’elevato rendimento in termini di stabilità, efficienza decisionale ed autorevolezza dell’esecutivo. In tale quadro sarebbe, tuttavia, colpevolmente riduttivo far discendere l’elevata operatività delle istituzioni governative francesi del 1958 esclusivamente dall’adozione di una nuova Costituzione. Innanzitutto, perché “le norme costituzionali sono vincoli che si impongono agli attori, ma sono anche risorse manipolate dagli imprenditori politici”148. A tale proposito, è appena il caso di ricordare l’esperienza al potere di de Gaulle, la sua pratica delle istituzioni, il frequente ricorso all’istituto referendario, la

147 Sulla capacità dei presidenti statunitensi di mobilitare l’opinione pubblica attraverso un utilizzo populistico dei mezzi di comunicazione si veda G. SARTORI, “Video-Power ... cit.

148 Cfr. Y. MÉNY, “L’istituzionalizzazione ... cit., p. 182. Tuttavia non si può non concordare con R. ARON che riferendosi all’esperienza gollista celebrava “il miracolo delle leggi”, aggiungendo che “raramente l’esperienza storica dimostra con tanta chiarezza la capacità delle regole e delle istituzioni di influire sulla fortuna delle democrazie e forse delle nazioni” (“Il genio delle leggi”, in l’Express, 21 luglio 1979, p. 34).

Page 51: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

ricomposizione gerarchica all’interno dell’esecutivo duale — costantemente seguita dai suoi successori alla carica presidenziale, tranne che, come dinanzi ricordato, nei casi di coabitazione — che, congiuntamente all’introduzio-ne della presidenza elettiva (nel 1962), oltre ad affermare la primazia presidenziale all’interno del sistema di governo, hanno alimentato il forgiarsi della frattura gollismo/antigollismo e, quindi, una dicotomizzazione all’interno del corpo elettorale e delle forze politiche rappresentate in Parlamento. Oltre a ciò, non può sottacersi il notevole contributo che l’organizzazione del doppio circuito elettorale (presi-denziale e parlamentare) ha apportato al positivo rendimento della Quinta Repubblica francese. Da questo angolo visuale, e riferendoci al circuito elettorale parlamentare, se è cosa ardua tentare di generalizzare gli esiti concreti del sistema elettorale maggioritario a doppio turno utilizzato nell’ambito della Quinta Repubblica indipendentemente dalla considerazione del contesto in cui vive ed opera149, allo stesso tempo non può negarsi come l’applicazione in collegi uninominali di tale tecnica elettorale abbia inserito un ulteriore tassello alla fabbricazione maggioritaria dell’intero sistema politico-istituzionale. Sotto questo profilo, l’aspetto più pacificamente accettato in dottrina è che lo scrutinio maggioritario a doppio turno costituisce un’arma straordinaria contro i partiti antisistema150 costretti — pena un’eccessiva sottorappresentanza rispetto alla reale forza elettorale — a smussare le loro rigidità ideologiche se vogliono entrare a far parte del gioco delle alleanze che tale meccanismo elettorale incentiva151. In linea del tutto

149 A ben vedere, e come già sottolineato per il plurality statunitense, gli esiti di qualunque sistema elettorale — e non solo, dunque, del doppio turno francese — sono strettamente connessi ad una molteplicità di fattori dal momento che i sistemi elettorali non operano “nel vuoto” ma “agiscono all’interno di contesti dati di legittimità” (S. ROKKAN, Cittadini, elezioni e partiti, Bologna, 1982, p. 260). Inoltre, alla luce della diversità degli esiti cui quel sistema ha condotto nell’ambito della Terza Repubblica, pare plausibile sostenere con Sartori che il doppio turno è un sistema elettorale a “molte varianti”, “troppo diversificato per consentire una sola conclusione generalizzante” in riferimento agli effetti prodotti (così G. SARTORI, “Le “leggi” sull’influenza dei sistemi elettorali”, in Rivista italiana di scienze politiche, 1984, 1, p. 37).

150 Sul punto si veda D. FISICHELLA, Elezioni e democrazia. Un’analisi comparata, Bologna, 1982, p. 181 ss.

151 In accordo con SARTORI, ult. op. cit., potrebbe dirsi che l’adozione di un sistema elettorale che penalizza “i partiti più distanti, cioè i partiti estremisti ... contribuisce al requisito della governabilità”, operando in direzione di una diminuzione degli incentivi alla polarizzazione — nel senso sartoriano di massima distanza ideologica fra gli estremi dello spettro politico — del sistema politico, presupposto indispensabile per la formazione di coalizioni governative non eccessivamente eterogenee.

Page 52: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

generale, si può affermare che l’adozione per l’Assemblea Nazionale del sistema maggioritario a doppio turno, di per sé, non ha scoraggiato la nascita di partiti minori, piuttosto, li ha incentivati, nel passaggio dal primo al secondo turno, ad inserirsi nel gioco degli accordi per i ritiri incrociati con i partiti maggiori, alimentando una tendenza (straordinariamente rafforzata in seguito al graduale innalzamento della soglia di accesso al secondo turno, attualmente pari al 12,5% degli elettori del collegio) alla bipolarizzazione del sistema partitico, culminata negli anni ’70 nell’avvento della c.d. “quadriglia bipolare”, e, di riflesso, alla contrapposizione di coalizioni alternative di governo. Va precisato, però, che la “bipolarizzazione della competizione” non può considerarsi come l’esito scontato — e monofattoriale — dell’applica-zione del sistema uninominale maggioritario a doppio turno che, in realtà, “determina effetti di riordino e di costrizione a livello locale” e non necessariamente a livello nazionale152. Per capire meglio come tale effetto maggioritario e bipolarizzante abbia potuto trasferirsi dal singolo collegio all’intero sistema politico-istituzionale occorre, per forza di cose, considerare l’organizzazione del circuito elettorale presidenziale tendente ad alimentare — in maniera ancora più incisiva — un’analoga logica di tipo maggioritario e dualistica. Anche per il circuito presidenziale il sistema elettorale adottato è quello maggioritario a doppio turno applicato in un collegio uninominale che ricopre l’intero territorio nazionale. La differenza sostanziale rispetto al meccanismo elettorale previsto per l’Assemblea Nazionale consiste nel fatto che, al secondo turno, hanno diritto di accedere solo i due candidati meglio piazzatisi nel primo, uno dei quali sarà eletto Presidente della Repubblica, sempre a maggioranza assoluta dei suffragi espressi, rivelandosi, in tal modo, molto selettivo e dotato di un massimo di potenziale manipolativo. Divenendo, inoltre, la posta decisiva dell’intera vita politica francese, l’elezione presidenziale diretta a doppio turno — fin dal ballottaggio fra De Gaulle e Mitterand nel 1965 — ha finito per introdurre una competizione “nazionale come dimensioni, globale come temi, maggioritaria come mezzi e governativa come fini”153.

A questo punto risulta, dunque, chiaro come un regime nato contro il sistema dei partiti ha favorito fortemente la nascita, sulla polverizzazione dell’assetto partitico della Quarta Repubblica, di un sistema partitico strutturato in senso bipolare154. Tali effetti di

152 Così A. DI VIRGILIO, “Semipresidenzialismo ... cit., p. 350.153 Così J.L. PARODI, “Lo scrutinio uninominale maggioritario a doppio turno in

Francia” in Pouvoirs, 1981, 273, pp. 34-35.154 Come osserva P. AVRIL (Saggio sui partiti a cura di R. BALDUZZI e A. GIOVANNELLI,

Torino, 1990, p. 217) da un punto di vista strutturale “si è passati da un sistema in

Page 53: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

riordino sulla configurazione del sistema partitico sono facilmente comprensibili ove si osservi che la conquista della massima carica — quella presidenziale — è difficilmente raggiungibile senza ricorrere ad alleanze dicotomiche fra i partiti nel frattempo incentivati a ricompattarsi dalla progressiva congiunzione della frattura gollismo-antigollismo con quella destra-sinistra155. In tale prospettiva, risulta evidente la capacità dei dispositivi istituzionali-costituzionali di comprimere decisamente la conflittualità della competizione politica e di strutturare il sistema partitico in modo funzionale al raggiungimento dell’obiettivo della governabilità. D’altro canto, solo avendo presente tale insieme di condizioni è possibile comprendere l’evoluzione della forma di governo e, soprattutto, come il potere presidenziale abbia potuto espandersi grazie al sostegno ricevuto, dall’interno dell’Assemblea Nazionale, da una coalizione maggioritaria di partiti (mancando tale sostegno, pur rimanendo alta l’influenza del capo dello Stato, è il Primo Ministro che governa in senso proprio156). Il punto è che, sebbene sia “una variabile dipendente che si piega ai vincoli istituzionali”157 il sistema partitico, o meglio la sua progressiva bipolarizzazione, si configura nella Quinta Repubblica come uno snodo fondamentale del funzionamento del sistema politico-istituzionale e, più in generale, del semipresidenzialismo francese. Infatti, questi cambiamenti nel sistema partitico si riflettono sulla composizione dell’Assemblea Nazionale nella quale, malgrado la presenza di numerosi partiti (almeno fino al 1973), è possibile riscontrare, grazie, anche alla capacità di controllo della leadership di partito sui singoli parlamentari — assente nella Quarta Repubblica — una dinamica di funzionamento incentrata su una “dimensione bipolare, vale a dire secondo l’asse sinistra-destra”158, il che ha contribuito a fissare assetti e relazioni secondo un’ottica binaria del tipo maggioranza-opposizione. È evidente, allora, come la ricerca della stabilità politica e governativa non abbia seguito un unico percorso; ma è proprio la convergenza della diversità dei percorsi — lettura della

cui erano presenti sei poli autonomi ad un sistema dualista suddiviso in duopoli bilaterali (“la banda dei quattro”).

155 È significativo, inoltre, che tali caratteristiche, come osserva DI VIRGILIO, ult. op. cit. p. 343, “per contagio si riproducono, in forme attenuate ma non meno evidenti e produttive di effetti, anche nelle elezioni dei deputati”.

156 È significativo che J.C. ESCARRAS (“Da una presidenza assoluta ad una presidenza dimezzata” in Politica del diritto, 1986, 4, pp. 627-672) parli di “presidenza dimezzata” nelle fasi di coabitazione.

157 P. AVRIL, “Fin de la Constitution gaulliste?”, in Esprit, 1988, 3-4, pp. 39-49.158 In tal senso, E.N. SULEIMAN, “Presidenzialismo e stabilità politica in Francia”, in Il

fallimento ... cit., pp. 235-248.

Page 54: 1. Riforme elettorali e forma di governoscienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/18... · Web viewPer la maggior parte dei rappresentanti la propria condizione di parlamentare

forma di governo, prassi istituzionali, regole elettorali e risposta bipolare del sistema partitico159 — in una medesima direzione che spiega il soddisfacimento di quegli obiettivi ed allo stesso tempo la difficoltà di analizzare isolatamente la reale spinta stabilizzante di ogni singolo percorso. A partire dagli anni ’80 il sistema dei partiti è attraversato da alcune tendenze centrifughe che hanno in un certo senso scosso la precedente “quadriglia bipolare”160 — snodo fondamentale per il funzionamento positivo dell’intero sistema istituzionale-costituzionale della Quinta Repubblica —. Tutto ciò induce a dubitare della reale stabilità di un sistema politico che mostra chiari sintomi di debolezza in seguito al venir meno (anche temporaneo161) di alcune restrizioni istituzionali volte a forzare il sistema verso una direzione obbligata. Tuttavia, alla luce della crisi dei partiti francesi — più strutturale che congiunturale — negli anni ’80, l’interrogativo è se quegli effetti fossero in parte causati dall’impatto di due leaders eccezionali dello stampo di De Gaulle e Mitterand162. In altri termini, si tratta di chiedersi se la Quinta Repubblica francese sia in grado di produrre analoghi standards di operatività, a prescindere dal grado di strutturazione del sistema partitico, in una situazione che si rivela così come configurata dal padre fondatore De Gaulle e se riuscirà la Quinta repubblica a superare senza eccessivi traumi questa ennesima prova.

Come può ben comprendersi, la logica complessiva di funzionamento degli assetti istituzionali di governo nelle esperienze da noi analizzate si presenta come strettamente interrelata alla natura dei rispettivi sistemi politici di appartenenza nonchè all’operatività delle regole elettorali prescelte. In una riflessione conclusiva si può osservare che il “tentativo” — di certo molto arduo — di contemperare l’esigenza della governabilità con quella, non meno importante, della democraticità dell’azione di governo, in ognuna delle esperienze analizzate, pur presentando un certo “tasso” di successo non può di sicuro dirsi completamente riuscito.

159 Cfr. A. DI VIRGILIO, ult. op. cit., pp. 331-363.160 Nelle elezioni legislative del 1993, i partiti a vocazione maggioritaria — il blocco

di centro-destra formato da R.P.R. e U.D.F. ed a sinistra il P.S. — hanno raggiunto complessivamente il 60% dei voti a fronte dell’80% delle legislative del 1981.

161 Ci riferiamo soprattutto alla visibilità parlamentare che il Fronte Nazionale di Le Pen ha ottenuto grazie all’introduzione, nel 1985, di un sistema proporzionale, peraltro repentinamente offuscata nelle successive elezioni politiche del 1988 svoltesi con il ripristinato sistema maggioritario a doppio turno — 35 deputati con il 9,8% dei voti espressi nel 1986, un solo eletto con il 9,7% nel 1988.

162 Y. MÉNY, “L’istituzionalizzazione ... cit., p. 204-206.


Recommended