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10 luglio 2009 · 2014-03-06 · prezzi negli Stati Uniti testimoniano invece ancora una fase di...

Date post: 28-Jun-2020
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Andamento dei prezzi delle abitazioni in Italia secondo gli agenti immobiliari nel I trimestre 2009 (percentuale di risposte rispetto al trimestre precedente) 58,6 69,3 58,6 59,1 61,4 0,8 1,8 1,2 3,8 1,5 37,1 37,1 40,2 28,9 40,6 0 10 20 30 40 50 60 70 80 Nord Ovest Nord Est Centro Sud e Isole Totale In diminuzione Stabile In aumento Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati Banca d’Italia Pag. 2 - La crisi globale del mercato immobiliare continua a segnare nette differenze tra aree e paesi. Negli USA il valore del patrimonio immobiliare è sceso di 3.000 miliardi di dollari nel solo 2008 e i prezzi delle case continuano a segnare cali tendenziali di poco inferiori al 20%. In Europa i cedimenti dei listini immobiliari si avvicinano al 10% nel Regno Unito e in Spagna, con forti ricadute anche nei termini della flessione nell'apertura di nuovi cantieri. In Italia l'aspetto che al momento continua a prevalere è quello della contrazione nel numero delle compravendite (-15% nel 2008) mentre meno evidenti che altrove si mostrano le flessioni nell'andamento dei prezzi. Pag. 7 - Un consuntivo non favorevole continua a caratterizzare l'andamento del settore del risparmio gestito nel Mondo. Nel 2008 la raccolta netta è stata negativa in quasi tutti i paesi. Il patrimonio netto dei fondi comuni armonizzati dell'intera area euro ha subito lo scorso anno una contrazione di quasi 1.500 miliardi di euro. In paesi come la Spagna e l'Italia le difficoltà addotte dalla crisi globale dell'economia si aggiungono a nodi strutturali. Tra il 2006 e il 2008 il peso delle attività finanziarie gestite da investitori istituzionali sul totale delle attività finanziarie delle famiglie italiane è sceso di un quinto, dal 30,1% al 24,3%. 27 2009 10 luglio 2009 Direttore responsabile: Giovanni Ajassa tel. 0647028414 [email protected] Banca Nazionale del Lavoro – Gruppo BNP Paribas Via Vittorio Veneto 119 - 00187 Roma Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 159/2002 del 9/4/2002 Le opinioni espresse non impegnano la responsabilità della banca.
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Andamento dei prezzi delle abitazioni in Italia secondo gli agenti immobiliari nel

I trimestre 2009 (percentuale di risposte rispetto al trimestre precedente)

58,6

69,3

58,6 59,1 61,4

0,8 1,8 1,2 3,8 1,5

37,137,140,2

28,9

40,6

0

10

20

30

40

50

60

70

80

Nord Ovest Nord Est Centro Sud e Isole Totale

In diminuzione Stabile In aumento Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati Banca d’Italia

Pag. 2 - La crisi globale del mercato immobiliare continua a segnare nette differenze tra aree e paesi. Negli USA il valore del patrimonio immobiliare è sceso di 3.000 miliardi di dollari nel solo 2008 e i prezzi delle case continuano a segnare cali tendenziali di poco inferiori al 20%. In Europa i cedimenti dei listini immobiliari si avvicinano al 10% nel Regno Unito e in Spagna, con forti ricadute anche nei termini della flessione nell'apertura di nuovi cantieri. In Italia l'aspetto che al momento continua a prevalere è quello della contrazione nel numero delle compravendite (-15% nel 2008) mentre meno evidenti che altrove si mostrano le flessioni nell'andamento dei prezzi. Pag. 7 - Un consuntivo non favorevole continua a caratterizzare l'andamento del settore del risparmio gestito nel Mondo. Nel 2008 la raccolta netta è stata negativa in quasi tutti i paesi. Il patrimonio netto dei fondi comuni armonizzati dell'intera area euro ha subito lo scorso anno una contrazione di quasi 1.500 miliardi di euro. In paesi come la Spagna e l'Italia le difficoltà addotte dalla crisi globale dell'economia si aggiungono a nodi strutturali. Tra il 2006 e il 2008 il peso delle attività finanziarie gestite da investitori istituzionali sul totale delle attività finanziarie delle famiglie italiane è sceso di un quinto, dal 30,1% al 24,3%.

27 2009 10 luglio 2009 Direttore responsabile: Giovanni Ajassa tel. 0647028414 [email protected]

Banca Nazionale del Lavoro – Gruppo BNP Paribas Via Vittorio Veneto 119 - 00187 Roma Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 159/2002 del 9/4/2002 Le opinioni espresse non impegnano la responsabilità della banca.

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Un punto sull’immobiliare S. Costagli 06-47027054 – [email protected] In alcuni dei paesi più colpiti dallo scoppio della bolla immobiliare il mercato delle abitazioni fornisce segnali contrastanti ma in gran parte orientati a consolidare la fase di calo dei prezzi. Negli USA ad aprile l’indice Case Shiller-10 destagionalizzato è sceso su base annua del 18% registrando il 28° mese consecutivo di calo. In seguito allo scoppio della bolla il valore complessivo dello stock abitativo negli USA sarebbe passato da oltre 22 trilioni di dollari nel 2007 a meno di 19 alla fine del 2008, mentre la percentuale di proprietari dell’abitazione di residenza è scesa per la prima volta negli ultimi 25 anni arrivando al 67,5%. Nell’area euro le correzioni al ribasso più consistenti dei prezzi si osservano nei paesi in cui gli incrementi dal 1999 al 2005 sono stati più pronunciati. In Spagna (+13,8% medio annuo tra il 1999 e il 2005) nel I trimestre del 2009 la flessione è stata del 7,6% a/a, la quarta consecutiva; il paese condivide con l’Irlanda (-10% a/a circa la flessione dei prezzi nel 1° trimestre del 2009) un grave problema di eccesso di offerta. Anche in Francia il primo trimestre ha segnato una significativa diminuzione (-6,6% a/a). In Italia, dove nel periodo 1997-2008 i prezzi delle abitazioni sono saliti di circa il 104%, i segnali più evidenti del rallentamento del mercato immobiliare sono arrivati dalla forte contrazione del numero di compravendite (-15,1% a/a). A differenza che in altre fasi di flessione del mercato, in questa a soffrire di più sono le città intermedie. Secondo Nomisma a inizio 2009 i prezzi in queste città avrebbero cominciato a registrare cali in termini nominali per la prima volta negli ultimi dieci anni. Indicazioni di frenata dei prezzi provengono dall’indagine campionaria condotta a fine giugno dalla Banca d’Italia presso gli agenti immobiliari: nel I trimestre del 2009 prevalgono le indicazioni di flessione dei prezzi di vendita, e il calo è più vistoso nelle regioni del Nord-est e del Centro. Il mercato immobiliare nel mondo Lo scoppio della bolla immobiliare è stata la scintilla della crisi finanziaria ed economica soprattutto negli Stati Uniti. Questo fattore, unito al peso che il settore immobiliare ha sul Pil di molti paesi, giustifica l’attenzione rivolta alle capacità di ripresa di questo segmento. In alcuni dei principali paesi in cui il mercato immobiliare ha mostrato chiaramente prima il formarsi, e successivamente lo scoppio della bolla, Stati Uniti e Regno Unito, i dati a disposizione forniscono ancora indicazioni contrastanti. A marzo alcuni elementi sembravano indicare una possibile prossima ripresa: in California, ad esempio, il numero di compravendite di appartamenti era salito del 52% rispetto a un anno prima, mentre nel Regno Unito i prezzi avevano registrato il terzo mese consecutivo di crescita. Gli ultimi dati sull’andamento dei prezzi negli Stati Uniti testimoniano invece ancora una fase di decrescita: ad aprile l’indice Case Shiller-10 destagionalizzato (riferito ai prezzi delle abitazioni nelle 10 principali città del paese) è sceso su base annua del 18%, facendo registrare il 28° mese consecutivo di calo (-1% è stata la flessione rispetto a marzo). Rispetto al valore massimo osservato a maggio del 2006, l’indice ad aprile 2009 ha perso il 33%, tornando a valori che non si registravano da luglio 2003. Secondo alcune stime, in seguito allo scoppio della bolla, il valore complessivo dello stock abitativo

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negli Stati Uniti sarebbe passato da oltre 22 trilioni di dollari nel 2007 a meno di 19 alla fine del 2008. La crisi del mercato immobiliare ha determinato, per la prima volta negli ultimi 25 anni, una diminuzione della percentuale di proprietari dell’abitazione di residenza: dal 69% del 2004 si è passati al 67,5% di fine 2008, anno nel corso del quale oltre 2,3 milioni di famiglie statunitensi hanno perso la casa (un valore doppio rispetto a quello medio degli anni precedenti la crisi). Per circa 10 milioni di famiglie proprietarie, inoltre, il mutuo è attualmente superiore al valore dell’abitazione. La naturale conseguenza di questi numeri è il congelamento dell’attività di costruzione: nei primi sei mesi del 2009 il numero di cantieri aperti per la realizzazione di nuove abitazioni è sceso del 42,5% rispetto al 2008, anche se a maggio si è registrata una lieve ripresa del numero di permessi concessi per nuove costruzioni (+4% m/m). Negli Stati Uniti, più che in altri paesi, la ripresa del mercato immobiliare è attesa come stimolo dei consumi privati ma, come è stato dimostrato, l’impatto è soprattutto di natura psicologica. Il prezzo medio delle abitazioni oggi si aggira sul livello del 2004; tra il 2004 e il 2007 sono state vendute circa 29 milioni di abitazioni, ciò significa che solo una famiglia su quattro (115 milioni è il numero delle famiglie statunitensi) è stata coinvolta, mentre chi ha comprato prima del 2004 è ancora titolare di un profitto nominale. Tuttavia, come osserva Martin Feldman dell’Università di Harvard, negli Stati Uniti quando i prezzi delle case salgono le famiglie in generale si sentono più ricche e spendono di più, anche ricorrendo a maggiore indebitamento; ma quando i prezzi scendono, le stesse famiglie si sentono più povere e riducono i consumi anche se il valore delle loro abitazioni rimane superiore al prezzo pagato per acquistarle.

Andamento dell’indice Case Shiller Composite-10

(gennaio 1987-aprile 2009, valori destagionalizzati)

0

50

100

150

200

250

1987/1

1988/11

1990/9

1992/7

1994/5

1996/3

1998/1

1999/11

2001/9

2003/7

2005/5

2007/3

2009/1

Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati Standard&Poor’s

Nel primo trimestre del 2009 nel Regno Unito i prezzi delle abitazioni erano inferiori di circa il 10% rispetto allo stesso periodo del 2008. A tenere bassi i prezzi è la grande quantità di abitazioni vendute all’asta, ma lo sconto praticato per queste appare in frenata: a metà giugno era pari all’11% rispetto ai valori di mercato, un punto di minimo negli ultimi 15 mesi, e molto lontano dal 40% medio applicato

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all’inizio dell’anno. L’esistenza di una forbice tra i prezzi indica che le aspettative degli operatori sono ancora orientate verso un ulteriore calo del segmento immobiliare. In seguito alla crisi, nel Regno Unito la percentuale di proprietari dell’abitazione di residenza è scesa per la prima volta dal 1950. Oltre il 3% dei proprietari possiede un’abitazione per la quale il costo del mutuo è superiore al valore di mercato. Flessioni consistenti dei prezzi delle abitazioni si osservano anche a Singapore e Hong Kong (tra il 20 e il 15%), che figuravano tra le poche aree al mondo in cui ancora nel I trimestre del 2008 si registravano aumenti dei prezzi dell’ordine del 30%. Nell’area euro le più significative correzioni al ribasso dei prezzi si registrano nei paesi in cui gli incrementi dal 1999 al 2005 sono stati più pronunciati.1 In Spagna (+13,8% medio annuo tra il 1999 e il 2005) nel I trimestre del 2009 la flessione è stata del 7,6% a/a, la quarta consecutiva, determinata soprattutto dal calo dei prezzi delle abitazioni usate (-10,7% a/a). Nel comparto delle abitazioni nuove si tratta invece della prima riduzione (-2%) dall’inizio della serie, dovuta a un grave problema di eccesso di offerta che la Spagna condivide con l’Irlanda (-10% a/a circa la flessione dei prezzi nel I trimestre del 2009). Anche in Francia (+11,2% di crescita media 1999-2005), il primo trimestre ha segnato una flessione consistente (-6,6%). L’Italia, tra i principali paesi dell’area, si caratterizza per aver registrato uno tra i tassi di crescita annui più contenuti (+7,5%) e variazioni dei prezzi pressoché nulle nei primi tre mesi del 2009. In Germania, unico caso in Europa in cui i prezzi degli immobili sono rimasti invariati durante l’intero periodo di crescita mondiale, nel primo trimestre 2009 si è osservato un calo del 5% circa rispetto allo stesso periodo del 2008.

I prezzi delle abitazioni in Spagna (var % a/a)

-7,6

-2

13,313,3 11,4 9,8

7,25,3

3,70,8

-12,5

13,1

-5,4-3

-0,32,8

5,79,2

11,613

10,37,5

2,4

-0,7-4,9

-8,6-10,7

-15

-10

-5

0

5

10

15

I trim2007

II trim2007

III trim2007

IV trim2007

I trim2008

II trim2008

III trim2008

IV trim2008

I trim2009

Indice generale dei prezzi delle abitazioni Abitazioni nuove Abitazioni usate

Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati INE

Gli indicatori disponibili per l’area euro indicano per il prossimo futuro un andamento piuttosto contenuto della domanda di abitazioni, cui dovrebbe però corrispondere una più marcata contrazione media dell’offerta. Nel complesso dell’area gli

1 BCE, “Andamenti recenti del mercato delle abitazioni nell’area dell’euro”, Bollettino mensile, giugno 2009.

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investimenti in immobili residenziali sono gradualmente scesi, dal massimo registrato nel II trimestre del 2006 (+6,3%) a -7,7% nel IV trimestre del 2008. Anche il numero di permessi di costruzione concessi (indicatore anticipatore degli investimenti in costruzioni) ha mostrato una forte contrazione (-20% annualizzato a fine 2008). Secondo la BCE tali fattori portano a ritenere che nel prossimo futuro i prezzi delle abitazioni in media diminuiranno ulteriormente, con oscillazioni di breve periodo che potranno essere anche piuttosto marcate. L’Italia In Italia, dove nel periodo 1997-2008 i prezzi delle abitazioni sono saliti di circa il 104%, i segnali più evidenti del rallentamento del mercato immobiliare sono arrivati dalla forte contrazione del numero di compravendite, avvenuta soprattutto a partire dal quarto trimestre dell’anno passato (-17,7%). A fine 2008 il numero di abitazioni vendute è sceso del 15,1%, a 686mila unità dalle 809mila del 2007. La riduzione ha riguardato in modo analogo comuni capoluogo e provincia.

Compravendite di immobili residenziali in Italia (Numero)

686.587

809.177

620000

640000

660000

680000

700000

720000

740000

760000

780000

800000

820000

2007 2008

-15,1%

Fonte: Agenzia del territorio

Tuttavia, in Italia non sembra esservi il forte eccesso di offerta che in altri paesi (soprattutto Spagna e Irlanda) rappresenta la principale fonte di pressione sui prezzi. Secondo l’indicatore di prezzo elaborato da Nomisma, e riferito alle abitazioni usate delle 13 principali città italiane, a inizio 2009 i prezzi registravano ancora una crescita, sia pure di lieve entità (1% circa). A differenza che in altre fasi di flessione del mercato, in questa a soffrire di più sono le città intermedie, in cui i prezzi nel periodo 1997-2008 sono cresciuti meno del dato nazionale (+78%): secondo Nomisma a inizio 2009 i prezzi delle abitazioni in queste città avrebbero cominciato a registrare cali in termini nominali per la prima volta negli ultimi dieci anni, con flessioni dell’ordine del -2,4% e -2,2% rispettivamente per le abitazioni usate e per le nuove, con punti di minimo a Brescia e Bergamo (-4%).

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Indicazioni di frenata dei prezzi sono confermate anche dalla Banca d’Italia: secondo l’indagine campionaria condotta a fine giugno2 presso gli agenti immobiliari, nel primo trimestre del 2009 prevalgono i segnali di flessione dei prezzi di vendita (in aumento rispetto a quanto indicato nel quarto trimestre del 2008). Il numero di agenti che avvertono una fase di calo è prevalente nelle regioni del Nord-est e del Centro (in entrambi i casi con una flessione più marcata nelle aree urbane). Nel Nord-ovest si registra la percentuale più alta di operatori che indicano una fase di crescita (40,6% degli intervistati). Cala, rispetto al trimestre precedente, la percentuale di agenzie che dichiara di aver venduto abitazioni, in particolare nuove, mentre risulta in aumento il numero di revoche di disposizioni di vendita a causa del prezzo ritenuto troppo basso dal venditore (in particolare nelle regioni del Sud e Isole). Come conseguenza naturale, aumenta la percentuale degli operatori che praticano sconti maggiori nella vendita.

Andamento dei prezzi delle abitazioni in Italia secondo gli agenti immobiliari nel

I trimestre 2009 (percentuale di risposte rispetto al trimestre precedente)

58,6

69,3

58,6 59,1 61,4

0,8 1,8 1,2 3,8 1,5

37,137,140,2

28,9

40,6

0

10

20

30

40

50

60

70

80

Nord Ovest Nord Est Centro Sud e Isole Totale

In diminuzione Stabile In aumento Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati Banca d’Italia

Anche secondo le rilevazioni Nomisma, le difficoltà del mercato sono visibili nell’allungamento dei tempi di vendita, saliti a 6,1 mesi di media contro un tempo minimo di poco più di tre mesi nel corso del 2004. Il dato è concorde con quello elaborato dall’Isae sull’intenzione di acquistare un’abitazione nei 12 mesi successivi, che nella rilevazione di fine 2008 aveva raggiunto il livello minimo degli ultimi dieci anni. Per la fine del 2009, le indicazioni provenienti da tutti gli operatori del settore ipotizzano una discesa dei prezzi per la prima volta dal 1997. Nel 2010 seguirebbe quindi una lieve ripresa, con variazione annua pressoché nulla.

2 Banca d’Italia, “Sondaggio congiunturale sul mercato delle abitazioni in Italia”, Supplementi al bollettino statistico, n. 32, giugno. Si tratta di una indagine trimestrale svolta dalla Banca d’Italia in collaborazione con Tecnoborsa sullo stato del mercato immobiliare in Italia.

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Risparmio gestito: un presente difficile, un futuro impegnativo S. Carletti 06-4702.8440 – [email protected] Il 2008 è stato un anno decisamente difficile per l’attività di gestione del risparmio. In quasi tutti i paesi ad una raccolta netta negativa si è sommato un effetto performance sfavorevole. Il patrimonio netto dei fondi comuni armonizzati dell’intera area euro ha subito lo scorso anno una contrazione di quasi € 1.500 mld. In alcuni paesi le difficoltà di carattere congiunturale si sono sommate a preesistenti problemi di natura strutturale. E’ il caso della Spagna e dell’Italia. Negli ultimi due anni l’insieme delle attività gestite è diminuito nel nostro paese di circa un quarto. Oltre ai fondi d’investimento, anche le gestioni patrimoniali e le assicurazioni vita hanno registrato un’eccedenza di riscatti rispetto alle nuove sottoscrizioni. Dei tre nodi indicati come responsabili della crisi dei fondi comuni italiani solo quello delle asimmetrie in materia di trasparenza è stato oggetto di interventi adeguati. Le ampie modifiche introdotte nella normativa europea che regola i fondi d’investimento (direttiva UCITS IV) e il rapido sviluppo degli ETF promettono di ridisegnare largamente l’industria internazionale del risparmio gestito.

Un consuntivo 2008 negativo in tutti i paesi Il 2008 è stato un anno decisamente difficile per l’attività di gestione del risparmio. Il patrimonio netto dei fondi comuni armonizzati dell’intera area euro ha subito lo scorso anno una contrazione di quasi € 1.500 mld, per circa quattro quinti dovuta ad un effetto performance particolarmente sfavorevole3 e per il resto (€ 334 mld) alla raccolta netta negativa. Sempre con riferimento ai soli fondi armonizzati, tra i maggiori paesi che compongono l’area, la Francia registra un consuntivo relativamente migliore con una raccolta netta negativa pari al 3,3% del patrimonio netto ad inizio anno (-6,5% è il corrispondente valore per l’insieme dell’area euro e -7% quello della sola Germania). A mitigare il consuntivo francese, però, ha contribuito fortemente il positivo andamento dei fondi monetari.

Da parte sua, il Regno Unito chiude il 2008 con una raccolta netta solo marginalmente negativa (meno di € 1,5 mld, lo 0,2% del patrimonio alla fine dell’anno precedente). A limitare il flusso dei disinvestimenti dai fondi comuni sembrano aver contribuito alcune circostanze: una maggiore diffusione dei piani di accumulo; un’ottica d’investimento più proiettata verso il lungo termine; una struttura distributiva prevalentemente basata sui consulenti finanziari e quindi su un rapporto più personalizzato rispetto a quello offerto dallo sportello bancario.

Negli Stati Uniti la raccolta netta dei fondi d’investimento, seppure fortemente ridotta rispetto all’anno precedente, è rimasta attiva (€ 641 mld nel 2007, € 280 mld nel 2008). Il positivo consuntivo americano, però, è interamente attribuibile ai fondi monetari che hanno compensato l’ampio deflusso subito dalle altre tipologie di fondi. La preferenza accordata ai fondi monetari è fenomeno da tempo consolidato: la loro

3 -22% nel 2008. Si tratta della variazione del valore delle attività che compongono il patrimonio.

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quota sul totale delle attività finanziarie a breve del settore privato è passata dal 4,7% del 1986, al 13,9% del 1997, al 36% di fine 2008 quando il loro ammontare ha raggiunto i $ 3.800 mld. Disegnati per offrire una piena protezione al capitale, i fondi del mercato monetario sono vincolati per regolamento ad investire le loro risorse in titoli di elevata qualità a breve termine. Trattandosi di strumenti finanziari a basso rischio, nel corso della recente crisi finanziaria hanno beneficiato di un consistente afflusso di risorse (+20% nel 2008) tanto che il loro ammontare per la prima volta negli ultimi quindici anni ha superato quello dei fondi d’investimento azionari.

Le difficoltà dell’attività di gestione del risparmio nei paesi fin qui menzionati sono in larga parte (seppure non sempre interamente) riconducibili alla crisi finanziaria internazionale. La decisa priorità assegnata alla sicurezza dell’investimento e il segno fortemente negativo di larga parte dei rendimenti finanziari hanno condizionato fortemente le scelte dei risparmiatori. L’attenuarsi delle tensioni emerse nei mercati finanziari dovrebbe, quindi, aiutare l’industria del risparmio gestito a ritornare in questi paesi su un sentiero di crescita. I dati recentemente elaborati da EFAMA (European Fund and Asset Management Association) sembrano confortare questa ipotesi: nel primo trimestre 2009 in Europa la raccolta netta è tornata positiva (€ 22 mld), grazie sia al favorevole andamento dei fondi monetari (€ 52 mld) sia all’attenuarsi del flusso dei riscatti dalle altre tipologie di fondi (- 31 mld di euro).

In alcuni paesi le difficoltà di carattere congiunturale si sono sommate a preesistenti problemi di natura strutturale. E’ questo il caso della Spagna che negli ultimi due anni ha visto la capacità di attrazione dei fondi d’investimento subire un rilevante indebolimento: le attività gestite sono diminuite del 34%, il numero degli investitori di quasi 2,7 milioni.

In Italia la crisi del settore è più grave L’Italia è tra i paesi in cui la crisi del risparmio gestito ha radici più profonde. Nel biennio 2007-08 i fondi d’investimento hanno registrato una raccolta netta negativa pari a quasi € 200 mld che sommandosi ad un effetto performance negativo (- 6%) ha determinato una riduzione del patrimonio netto di oltre un terzo. Nel 2008, per il secondo anno consecutivo, anche le gestioni patrimoniali e le assicurazioni vita hanno registrato un saldo negativo tra nuovi contratti e riscatti. Anche nel caso delle assicurazioni vita il caso italiano non è certo isolato: Francia e Regno Unito hanno in effetti registrato lo scorso anno una significativa flessione della raccolta premi. Da parte loro i fondi pensione chiudono il 2008 con un consuntivo positivo ma il loro trend di crescita risulta largamente inferiore alle aspettative e decisamente inadeguato per allineare la situazione dell’Italia a quella dei maggiori paesi europei. In definitiva, negli ultimi due anni l’intero comparto ha registrato in Italia una flessione del patrimonio in gestione (al lordo delle duplicazioni) pari a € 400 mld, per oltre due terzi attribuibile all’eccedenza dei riscatti rispetto ai nuovi contratti e per circa il 30% ad un effetto performance negativo relativo quasi esclusivamente nell’ultimo anno. In tre anni il peso delle attività finanziarie gestite da investitori istituzionali sul complesso delle attività finanziarie delle famiglie italiane si è così ridotto di un quinto, scendendo dal 30,1% nel 2006 al 24,3% del 2008.

Le difficoltà del risparmio gestito hanno determinato un visibile impatto sul conto economico del sistema bancario italiano. Le semestrali ABI, infatti, mettono in evidenza come nel 2008 la flessione dei ricavi totali (- 7,5 mld di euro rispetto al 2007) sia di ammontare quasi analoga a quella dei soli ricavi per servizi di gestione,

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intermediazione e consulenza (- 7,9 mld di euro), voce alla quale contribuiscono in modo rilevante le attività riconducibili al risparmio gestito.

L’attività di risparmio gestito in Italia

2007 2008

consuntivo biennio

2007 - 08€ mln € mln € mln / var %

assicurazioni vita raccolta premi netta (1) -12.875 -10.535 -23.410 riserve tecniche (*) 362.257 339.219 -8,6%gestioni patrimonialiraccolta netta -41.480 -16.846 -58.326 patrimonio gestito (*) 522.853 414.111 -24,4%fondi investimentoraccolta netta -52.096 -141.858 -193.954 patrimonio gestito (*) 648.623 434.142 -35,4%fondi pensioneraccolta netta n.d. n.d. n.d.patrimonio gestito (*) 39.129 40.611 9,0%

totaleraccolta 106.451- 169.239- -275.690 patrimonio in gestione (*) (2) 1.572.862 1.228.083 -24,5%

(*) – a fine periodo

zioni Servizio Studi BNL – BNP Paribas su dati ANIA, Assogestioni, Banca d’Italia.

i acquisto e di vendita

quanto concerne la raccolta lorda dei fondi d’investimento, dal 58% al 54% per i premi

(1) – raccolta premi al netto di esborsi per sinistri e rimborsi(2) - al lordo delle duplicazioni derivanti dall’investimento in fondi comuni da parte di assicurazioni vita, gestioni patrimoniali e fondi d’investimento (fondi di fondi). Fonte: elabora

Fondi comuni italiani: i nodi da sciogliere per superare la crisi Nel rapporto diffuso a metà 2008 dal gruppo di lavoro costituito della Banca d’Italia per analizzare le problematiche dei fondi comuni italiani si individuavano tre fattori principali alla base della crisi del settore: asimmetrie nella regolamentazione in materia di trasparenza rispetto ad altri prodotti finanziari; una struttura distributiva prevalentemente incentrata su banche e intermediari controllati da gruppi bancari; un regime di tassazione dei fondi comuni italiani meno favorevole rispetto a quello dei fondi esteri.

Ad un anno di distanza, il primo di questi aspetti sembra aver subito una sostanziale correzione: nell’ambito della normativa di recepimento della direttiva MiFID, è stato stabilito4 che nel collocamento di prodotti con un basso grado di liquidità gli intermediari devono fornire al cliente informazioni sul valore ddel prodotto distribuito e sui costi sopportati dal sottoscrittore.

La predominanza delle banche nella distribuzione dei prodotti di risparmio gestito risulta, invece, ancora confermata, seppure in misura leggermente ridotta: rispetto all’anno precedente, nel 2008 la quota delle banche è scesa dal 79% al 76% per

4 Comunicazione Consob del 2 marzo 2009, n. 9019104.

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del ramo vita. Una tale struttura distributiva non sarebbe adeguata alle prospettive di sviluppo del risparmio gestito prevalentemente per due motivi: perché lo sportello bancario tradizionale è adatto soprattutto alla vendita dei prodotti e assai meno all’assistenza alla clientela; perché in quella sede i prodotti del risparmio gestito si vengono a trovare in diretta (e sfavorevole) concorrenza con gli strumenti di raccolta delle banche. Se da un lato una quota di mercato del canale bancario così alta è caratteristica di pochi paesi, si deve parallelamente osservare che, diversamente da altri paesi europei, in Italia la clientela è prevalentemente di tipo retail sia per quanto riguarda le obbligazioni bancarie5 sia per quanto riguarda il risparmio gestito. Secondo uno studio di EFAMA6, sul totale delle attività di risparmio gestito le quote degli investitori istituzionali e della clientela retail sono in Italia rispettivamente 38-62 contro una media 65-35 in Europa.

Risparmio gestito in Europa: profilo della clientela

(quota percentuale sul totale delle attività gestite nel 2007)

investitoriistituzionali

clientela retail

Regno Unito 76 24Francia 61 39Germania 58 42Italia 38 62media Europa 65 35

Fonte: EFAMA, Asset Management in Europe: Facts and Figures, aprile 2009

Infine, per quanto riguarda il regime di tassazione la flessione avvenuta in questi mesi della quotazione di gran parte degli strumenti finanziari ha aggravato ulteriormente il problema. La tassazione sul maturato piuttosto che sul realizzato, infatti, determina nei periodi di crisi la formazione di cospicui crediti d’imposta, una posta virtuale dell’attivo la cui illiquidità ha ovviamente riflessi sfavorevoli sulla performance dei fondi. Secondo recenti stime, il credito d’imposta complessivamente accumulato dai fondi d’investimento ammonterebbe attualmente a € 6-6,5 mld. La compensazione tra fondi di una stessa SGR (da qualche tempo autorizzata) ha consentito di tenere il credito d’imposta lontano dagli oltre € 10 mld registrati a fine 2002. La rilevanza di queste cifre è evidente ma il ruolo del fattore fiscale sembra essere a volte troppo enfatizzato: dal 2007, infatti, i deflussi riguardano anche i “fondi estero vestiti” (fondi di diritto straniero controllati da gestori italiani) malgrado questi fondi non siano sfavoriti sul terreno fiscale (tassazione sul realizzato).

Nel maggio scorso la raccolta netta dei fondi d’investimento italiani è tornata positiva per circa € 1,6 mld grazie al favorevole risultato dei fondi flessibili e, in misura più contenuta, di quelli azionari e obbligazionari. Il successivo dato di giugno è però

5 Cfr. L. Spaventa, “Il risparmio delle famiglie in fuga dai fondi comuni d’investimento”, Working Paper Assogestioni n. 2008/2. 6 EFAMA, Asset Management in Europe: Facts and Figures, aprile 2009.

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risultato nuovamente negativo (- 1,4 mld di euro), ripristinando così un trend in atto da quasi tre anni.

Il difficile periodo attraversato dall’attività di gestione del risparmio in Italia ha avuto impatti diversificati. Dai dati prodotti da Assogestioni si ricava, ad esempio, che la quota dei gruppi esteri sul totale del patrimonio gestito dei fondi comuni è sensibilmente aumentata, con una parallela flessione di quella dei gruppi italiani scesi dall’85,5% di fine 2006, all’81,1% di dicembre 2008, all’ 82,2% di giugno 2009.

Un futuro impegnativo Molti sono gli impegni che attendono l’industria del risparmio gestito in futuro. Il primo è rappresentato dagli effetti della riforma degli OICVM (Organismi di Investimento Collettivo in Valori Mobiliari)7 approvata a inizio anno dal Parlamento europeo e che si ipotizza possa entrare in vigore a metà 2011. La direttiva (UCITS IV) riscrive molte regole del settore con l’obiettivo di accelerare il processo di costruzione di un effettivo mercato europeo. Si introduce una regolamentazione del passaporto del gestore che consente ai fondi comuni autorizzati in uno stato membro di essere gestiti da una SGR insediata in un altro stato membro e da questo autorizzata, purché siano soddisfatti alcuni requisiti. Si prevede inoltre che una SGR sia soggetta alla vigilanza prudenziale dello stato membro di origine. Una SGR italiana potrà quindi commercializzare un fondo di diritto lussemburghese o irlandese senza dover aprire una sede o scegliere una banca depositaria in quei paesi e la vigilanza sarà esercitata dall’organismo italiano. La possibilità di gestire “in modo remoto” i fondi in qualsiasi paese comunitario consentirà di eliminare i prodotti la cui unica differenza era quella della legislazione cui erano sottoposti. Da queste e altre novità il settore potrà ricevere una ulteriore spinta verso una maggiore concentrazione, processo a livello internazionale già avviato da tempo come dimostra anche la recente acquisizione di Barclays Global Investors da parte di Black Rock (Stati Uniti), operazione da $ 13,5 mld che ha dato vita al più importante asset manager al mondo (oltre $ 2.500 mld di attività totali).

Un secondo fattore di trasformazione dell’industria del risparmio gestito è individuabile nella rapida crescita degli ETF (Exchange Traded Funds), una particolare tipologia di fondo d’investimento, con due principali caratteristiche: è negoziato in Borsa come un’azione; replica l’indice al quale si riferisce (benchmark) attraverso una gestione totalmente passiva. Proposti per la prima volta negli Stati Uniti nel 1993, gli ETF stanno ora uscendo dalla fase embrionale. Rapportate alle attività gestite dai fondi comuni le attività degli ETF sono pari solo al 4-5% negli Usa e a meno dell’1% in Europa. Il loro potenziale di crescita è però evidente: in Europa nel 2008 hanno registrato una raccolta netta positiva a fronte dei massicci deflussi che hanno indebolito i fondi d’investimento; tra il 2004 e il 2008 il numero degli investitori istituzionali che li utilizzano è quasi raddoppiato, passando da 1500 a 2700 circa (per due terzi sono americani).

Anche in Italia il mercato degli ETF comincia a guadagnare spazio: alla fine del maggio scorso il patrimonio netto dei circa 300 ETF trattati alla Borsa di Milano sfiorava € 50 mld.

Gli ETF devono molto del loro successo al più ridotto costo: lo scorso anno il rapporto tra commissioni totali e patrimonio netto è risultato per i fondi d’investimento pari in

7 UCITS nella dizione inglese.

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media all’1,7% (2,41% per i fondi azionari, 1,17% per quelli obbligazionari, 0,66% per i fondi monetari); nel caso degli ETF lo stesso rapporto si è posizionato in media a 0,43%8. Con differenze così ampie una gestione attiva verrà scelta solo in presenza di ragionevoli aspettative di extra-rendimenti.

8 Banca d’Italia, Relazione annuale, maggio 2009.

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Un cruscotto della crisi: alcuni indicatori

Indice Itraxx Eu Financial

Indice Baltic Dry

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250

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9

Index Itraxx EU Financial Sector

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2.000

4.000

6.000

8.000

10.000

12.000

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4

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5

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7

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set-0

8

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09

mag-

09

Fonte: Datastream Fonte: Datastream

I premi al rischio restano stabili intorno a quota 110

L’indice dei noli marittimi evidenzia un ripiegamento da 3800 della scorsa settimana a 3100

Cambio euro/dollaro e quotazioni Brent

(Usd per barile) Borse europee: indice Eurostoxx 50

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20

40

60

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140

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05ma

r-05

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5se

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o-06

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6ge

n-07

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7giu

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-07

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8ma

g-08

ago-

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v-08

gen-

09ap

r-09

1,11,151,21,251,31,351,41,451,51,551,6

Brent scala sin.(in Usd) Cambio euro/dollaro sc.ds.

1500

2000

2500

3000

3500

4000

4500

5000

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8

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8

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09

Fonte: Datastream Fonte: Datastream Il petrolio poco sopra i 60$ al barile, il tasso di cambio €/$ torna sotto 1,40

Le borse europee perdono terreno, l’indice scende sotto quota 2300

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Usa: indice dei prezzi delle case Case-Shiller composite 10

(var. % a/a)

Cassa integrazione guadagni (milioni di ore autorizzate)

-25,0-20,0-15,0-10,0

-5,00,05,0

10,015,020,025,0

gen-00

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lug-01

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lug-02

gen-03

lug-03

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lug-04

gen-05

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gen-09

4,1

50,9

0

10

20

30

40

50

60

Giugno 2008 Giugno 2009

Fonte: Datastream Fonte: Inps Ad aprile i prezzi delle case ancora in flessione al -18% su base annua

50,9 milioni di ore di cassa integrazione a giugno 2009

Italia: differenziale di rendimento Btp-Bund (punti base)

Tassi di cambio yuan

020406080

100120140160180

mag-

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7

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Diff. BTP-Bund

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2feb

-03

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5feb

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g-08

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8feb

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9

6

6,5

7

7,5

8

8,5

yuan/euro yuan/usd

Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati Datastream

Fonte: Banca d’Italia

Il differenziale di rendimento Btp-Bund supera i 100 pb

Resta stabile il tasso di cambio della valuta cinese conro euro e contro dollaro

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Le previsioni sui prezzi

Indice generale nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività, al lordo dei tabacchi

Variazione % rispetto al periodo precedentegen. feb. mar. apr. mag. giu. lug. ago. set. ott. nov. dic. media

2004 0,2 0,2 0,3 0,2 0,2 0,2 0,1 0,2 0,0 0,0 0,1 0,2 0,22005 0,0 0,3 0,3 0,2 0,3 0,0 0,4 0,2 0,0 0,2 0,1 0,0 0,22006 0,2 0,2 0,2 0,3 0,3 0,1 0,3 0,2 -0,1 -0,1 0,1 0,1 0,22007 0,1 0,3 0,2 0,2 0,3 0,2 0,2 0,2 0,0 0,3 0,4 0,3 0,22008 0,4 0,2 0,5 0,2 0,5 0,4 0,5 0,1 -0,3 0,0 -0,4 -0,1 0,22009 -0,1 0,2 0,1 0,2 0,2 0,1 0,2 0,1 -0,1 -0,1 0,1 0,0 0,12010 0,2 0,2 0,3 0,2 0,3 0,1 0,2 0,2 0,0 0,1 0,1 0,2 0,2

Variazione % rispetto al corrispondente periodo dell'anno precedentegen. feb. mar. apr. mag. giu. lug. ago. set. ott. nov. dic. media

2004 2,2 2,3 2,3 2,3 2,3 2,4 2,3 2,3 2,1 2,0 1,9 2,0 2,22005 1,9 1,9 1,9 1,9 1,9 1,8 2,1 2,0 2,0 2,2 2,2 2,0 1,92006 2,2 2,1 2,1 2,2 2,2 2,3 2,2 2,2 2,1 1,8 1,8 1,9 2,12007 1,7 1,8 1,7 1,5 1,5 1,7 1,6 1,6 1,7 2,1 2,4 2,6 1,82008 3,0 2,9 3,3 3,3 3,6 3,8 4,1 4,1 3,8 3,5 2,7 2,2 3,32009 1,6 1,6 1,2 1,2 0,9 0,5 0,2 0,2 0,3 0,2 0,7 0,9 0,82010 1,2 1,2 1,4 1,4 1,5 1,5 1,5 1,6 1,7 1,9 1,9 2,1 1,6

Indice generale armonizzato dei prezzi al consumo

Variazione % rispetto al periodo precedentegen. feb. mar. apr. mag. giu. lug. ago. set. ott. nov. dic. media

2004 -0,6 -0,1 1,0 0,8 0,1 0,2 -0,2 -0,2 0,5 0,3 0,2 0,3 0,22005 -1,0 -0,1 1,2 0,8 0,3 0,0 -0,2 -0,2 0,6 0,7 0,0 0,0 0,22006 -0,9 -0,1 1,2 0,9 0,3 0,1 -0,3 -0,2 0,7 0,2 0,1 0,1 0,22007 -1,1 0,1 1,2 0,6 0,4 0,2 -0,6 -0,2 0,8 0,8 0,4 0,3 0,22008 -0,8 0,1 1,6 0,6 0,6 0,5 -0,6 0,0 0,5 0,5 -0,5 -0,1 0,22009 -1,7 0,2 1,2 0,6 0,2 0,2 -0,3 -0,2 0,5 0,2 0,1 0,1 0,12010 -1,0 -0,1 1,0 0,8 0,2 0,1 -0,2 -0,2 0,6 0,3 0,2 0,2 0,2

Variazione % rispetto al corrispondente periodo dell'anno precedentegen. feb. mar. apr. mag. giu. lug. ago. set. ott. nov. dic. media

2004 2,1 2,5 2,3 2,3 2,3 2,4 2,3 2,4 2,2 2,1 2,1 2,4 2,32005 2,0 2,0 2,2 2,1 2,3 2,1 2,1 2,1 2,2 2,6 2,4 2,1 2,22006 2,2 2,2 2,2 2,3 2,3 2,4 2,3 2,3 2,4 1,9 2,0 2,1 2,22007 1,9 2,1 2,1 1,8 1,9 1,9 1,7 1,7 1,7 2,3 2,6 2,8 2,02008 3,1 3,1 3,6 3,6 3,7 4,0 4,0 4,2 3,9 3,6 2,7 2,4 3,52009 1,4 1,5 1,1 1,2 0,8 0,6 0,8 0,6 0,6 0,4 0,9 1,1 0,92010 1,8 1,5 1,3 1,5 1,5 1,4 1,5 1,5 1,6 1,7 1,8 1,9 1,6

Il presente documento è stato preparato nell’ambito della propria attività di ricerca economica da BNL-Gruppo Bnp Paribas. Le stime e le opinioni espresse sono riferibili al Servizio Studi di BNL-Gruppo BNP Paribas e possono essere soggette a cambiamenti senza preavviso. Le informazioni e le opinioni riportate in questo documento si basano su fonti ritenute affidabili ed in buona fede. Il presente documento è stato divulgato unicamente per fini informativi. Esso non costituisce parte e non può in nessun modo essere considerato come una sollecitazione alla vendita o alla sottoscrizione di strumenti finanziari ovvero come un’offerta di acquisto o di scambio di strumenti finanziari.

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