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103 - Aracne · realizzazione del nuovo cimitero di Aldo Rossi, proprio adiacente a quello di...

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Progetto grafico e impaginazioneAnnalisa Mariani, Benedetta Maio

IdeazioneNina Avramidou

Collaborazioniper la parte storica Valerio Borgonuovo

In copertinai cimiteri di S. Cataldo di:C. Costa, A. Rossi e G. Braghieri, e quello israelitico

Rilievi architettonici, strutturali e tecnologiciStudio tecnico Nina Avramidou

RingraziamentiEden Ruosi del Comune di Modena, Settore Lavori Pubblici e Attrez-zature Urbane, per il cortese incoraggiamento a realizzare il ProgettoCulturale per San Cataldo; Mario Borgonuovo per il reiterato sostegnoa realizzare la Guida di San Cataldo e Claudio Bragaglia per la colla-borazione nel reperimento del materiale.

Si ringrazia per il contributo finanziario:

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GUIDA STORICA di S. CATALDOdal Settecento al Novecento

Repertorio storico, bibliografico, archivistico e documentario

a cura diNina Avramidou e Benedetta Maio

Patrocini per la varie attività culturali menzionate nel testo

CICOP–Italia

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Copyright © MMVIARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133 A/B00173 Roma

(06) 93781065

ISBN 88–548–0561–0

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: aprile 2006

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PROGETTO CULTURALE per S. CATALDO

INDICE Prefazione UN PROGETTO CULTURALE per S. CATALDO

Pianificazione del Progetto Culturale per S. Cataldo

Il sistema degli operatori

Gestione del Progetto Culturale per S. Cataldo

Visite guidate in cantiere

Incontri in cantiere

Il Progetto di Immagine Coordinata

Il cantiere e la sua immagine

Il cantiere virtuale

IL CIMITERO DI CESARE COSTA Dalla genesi al cantiere di restauro

Il Cimitero Igienista del 1771

La Metaprogettazione del Cimitero di Costa (1850-1851): problemi tecnici ed istanze culturali

Il bisogno di un nuovo cimitero monumentale per la città di Modena

Il rapporto finale della Commissione per la riforma del Cimitero di S. Cataldo

Processo realizzativo ed aggregativo dell’attuale impianto cimiteriale: la fase iniziale (1855-1860)

Adattamento dei terreni e formazione del sistema di drenaggio

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La costruzione del muro di cinta perimetrale 54

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La costruzione delle gallerie e dei fabbricati di servizio (1860-1864)

La costruzione dei portici e del fabbricato di ingresso (1865-1876)

La continuazione dell’opera del Costa (1876-1972)

Commento sulle tecnologie storiche del complesso cimiteriale

Interventi di restauro

IL CIMITERO ISRAELITICO DI SAN CATALDO

Le sepolture degli ebrei a Modena: cenni storici

Il cimitero israelitico di San Cataldo e la cappella funeraria

IL CIMITERO DI A. ROSSI E G. BRAGHIERI

Abbreviazioni

Testi consultati

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PROGETTO CULTURALE per S. CATALDO

PER UN ARCHIVIO DELLA MEMORIA RACCHIUSA NEL COMPLESSO STORICO DI SAN CATALDO A MODENA Nina Avramidou Le differenti modalità culturali di intendere la morte (Θάνατος) ne fanno un campo di indagine ricco e complesso, e il luogo più emblematico per commemorarla, il cimitero, diviene uno spazio di dialogo dove è possibile una riflessione privilegiata sulla vita e sulla morte, attraverso il colloquio interdisciplinare fra differenti aree culturali. L’espansione urbana dei due secoli passati ha modificato i rapporti con i luoghi cimiteriali, a volte inglobandoli, ma, ove si è potuto mantenere un certo isolamento del luogo delle sepolture dal contesto urbano, come nel caso del cimitero modenese di S. Cataldo, si è avuto conferma che esso è un organismo estremamente dinamico, sia nella sua crescita dimensionale che nell’evoluzione spaziale e formale tale da avere delle analogie e dei riferimenti all’evoluzione stessa della città di Modena; i due cimiteri, quello di Rossi-Braghieri e quello di Costa, realizzati in epoche assai differenti, riflettono infatti scorci urbani e visuali prospettiche vecchie e nuove della città di Modena. Per la presenza di contributi importanti delle arti decorative e applicate dell’Ottocento e Novecento, il complesso cimiteriale antico di S. Cataldo, nel corso degli anni, è divenuto un vero e proprio museo di scultura e architettura all’aperto. La scultura propone un articolato repertorio di soggetti che vanno dal neoclassicismo al simbolismo liberty per concludersi con il razionalismo. La presenza di tanti contributi artistici e di rimandi alla storia della città di Modena, fanno del cimitero monumentale di S. Cataldo un luogo virtuale di un percorso storico che viene qui riproposto dagli A.A. ai progettisti ma anche e soprattutto ai cittadini di Modena, perchè in questo luogo e nelle forme che racchiude è depositata la memoria della città. Per cogliere le dinamiche di crescita, delle trasformazioni, dei danni e degli abbandoni subiti dai tre cimiteri di S. Cataldo, bisogna entrarvi, sentirne l’atmosfera. L’esperienza diretta e le sensazioni raccolte nel passaggio tra i vialetti del camposanto e delle gallerie del piano rialzato, raccolte in orari e in stagioni diverse, conta più dell’aspetto esteriore.

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Nel percorso di conoscenza del complesso cimiteriale da parte degli A.A., dal 2000 ad oggi, lo sguardo si posava prima alle lesioni e ai dissesti strutturali, poi, sempre più curioso ed affascinato, si imbatteva in una grande quantità di elementi e di forme attraverso le quali si creano effetti di luci e di trasparenze, in sculture ed immagini che si presentavano come ricchi contenitori della cultura e della memoria storica modenese. Ci si rendeva conto lentamente che essi ci offrivano, generosamente e con semplicità, un archivio straordinariamente suggestivo e affascinante di arte, di mentalità, di costume, di contemplazione, attraverso le esistenze individuali e le vicende collettive (monumento ai caduti e sepolture militari), legate a storie di vita a volte straordinarie e altre passate inosservate, alcune lunghissime e altre brevi come un sospiro (come quelle dei fanciulli dell’ottocento sepolti nel piano seminterrato del cimitero di Cesare Costa). Con questo testo abbiamo voluto far partecipi della nostra straordinaria esperienza a S. Cataldo i cittadini di Modena ai quali appartiene questo bene architettonico che è una delle architetture più significative dell’Ottocento e Novecento modenese, ma anche di sottolineare che esso rappresenta una “risorsa strategica” in grado di catalizzare potenzialità di sviluppo sostenibile che vanno ricercate accuratamente per consentire di conservarlo e tramandarlo alle generazioni future. Da una tipica cultura locale della morte, facendo tesoro delle specificità architettoniche e simboliche dei manufatti e dei caratteri mediterranei dell’ambiente-giardino racchiusi nel camposanto di Costa e nei vialetti interni del cimitero di Rossi-Braghieri e quello israelita, occorre passare a una nuova strategia di gestione e di fruizione di tali beni.

Questa nuova strategia, prospettata nel testo, fa intravedere le potenzialità che il complesso di S. Cataldo offre, proponendo e promuovendo scenari di possibile sviluppo alternativo e di stimolo per iniziative interessanti ed innovative, ad es., coniugando questi beni al turismo, turismo inteso come valore aggiunto e come portatore di benefici sulla città meta del viaggio e creando nuovi orizzonti occupazionali e di rinnovata economia per la città.

Allo scopo di contribuire a preservare l’identità mistica e storica del luogo ed il significato paesaggistico dell’insieme, si è voluto con il “Progetto culturale per S. Cataldo”, riportato nel primo capitolo del

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testo, stimolare l’interesse culturale dei modenesi verso la struttura cimiteriale stessa, ipotizzando itinerari di conoscenza e di approfondimento delle opere scultoree che ivi si conservano. Percorsi culturali e narrativi di civiltà, di spiritualità, di fede, che si snodano lungo le gallerie e i vialetti del camposanto di Costa, in cui sono ubicate le Cappelle Gentilizie più significative per arte, architettura e semanticità. Visitazione delle scultoree sparse nel camposanto del cimitero cristiano e di quello israelita, cariche di espressive affermazioni materiali ed artistiche, con ampia possibilità di coinvolgimento e di interesse anche verso coloro che si recano in semplice visita turistica. Il visitatore si avvicina in modo semplice diretto all’arte esposta in mezzo alla natura, essendo stimolato quasi spontaneamente verso la conoscenza e la riflessione, oltre che essere indirettamente sollecitato a prendere conoscenza dei temi che riguardano la salvaguardia e tutela della struttura stessa e divenire parte attiva in tutte le fasi degli interventi futuri.

Aerofotogrammetria elaborata da Vassiliki Petridou, Panagiotis Pangalos

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PROGETTO CULTURALE per S. CATALDO

UN PROGETTO CULTURALE per S. CATALDO

Premessa

La guida storica di S. Cataldo è uno dei prodotti del Progetto Culturale predisposto dagli AA. sull’area di S. Cataldo, subito dopo il terremoto del 1996, con l’intento principale di coinvolgere la cittadinanza al restauro delle ferite inflitte al complesso storico, in parte dal terremoto ed in parte dalla devastazione lenta ma costante del tempo e dell’incuria degli uomini.

Durante gli studi conoscitivi del bene architettonico, intrapresi nel lontano 2000, ci si è resi conto che esso infonde nel visitatore - che si affaccia nelle sue gallerie ritmate dalle luci penetranti attraverso il maestoso colonnato interno - non solo un profondo senso di pace ma anche la curiosità ed il bisogno di ricordare e capire la sua genesi e le sue imponenti opere scultoree, il suo lento costruire durato circa tre secoli, a partire dall’impianto settecentesco1.

Colonnato Cesare Costa Colonnato Aldo Rossi

1 La realizzazione settecentesca rappresenta uno dei primi cimiteri extra urbani realizzati in Italia.

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Di fatto, attraverso le vicissitudini progettuali e costruttive del

complesso monumentale di S. Cataldo, si rivivono le vicende storiche dell’intera città di Modena negli ultimi tre secoli, come pure il dibattito internazionale sviluppatosi attorno all’architettura dei cimiteri che si è concretizzato nei tempi più recenti con la realizzazione del nuovo cimitero di Aldo Rossi, proprio adiacente a quello di Cesare Costa.

Il vecchio e il nuovo cimitero, strutturati nel loro insieme come una città nella città, si basano su un’attenta reinterpretazione e riproposizione degli elementi urbani modenesi; entrambi i progettisti entrano nella storia del locus, per rivelare la sua struttura, i suoi elementi, le sue particolarità. E’ la città stessa che diviene la forza generatrice delle architetture del complesso di S. Cataldo. La memoria collettiva racchiusa nei suoi spazi sapienti nasce proprio da un linguaggio espressivo che considera l’architettura come il risultato di una continua elaborazione umana dello spazio naturale e sociale.

La presa di coscienza del complesso sistema di valori intrinsecamente connessi al patrimonio culturale di S. Cataldo, stimola verso la ricerca e l’adozione di nuovi modelli d’intervento per il suo recupero e per la tutela e la valorizzazione delle insigni opere d’arte sparse sia nel camposanto che lungo le gallerie che ad esso si affacciano.

Visione generale del complesso cimiteriale di S. Cataldo

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PROGETTO CULTURALE per S. CATALDO

Vista panoramica del camposanto di S. Cataldo dal tetto

Si tratta di modelli che puntano ad un’armonizzazione tra le istanze

di conservazione e quelle di fruizione del bene stesso da parte dei cittadini di Modena e dei visitatori di passaggio. La conservazione riguarda tutti gli interventi intrapresi nel secolo passato e quelli recentissimi degli anni 2000 finalizzati alla sua tutela, in modo da garantirne la trasmissione dei suoi valori alla posterità. La fruizione riguarda la problematica dell’uso del bene culturale in rapporto alla realtà contemporanea. Se l’attribuzione di funzioni inadeguate alle norme vigenti in materia cimiteriale ha spesso determinato degradi irreversibili al complesso, è da considerare anche che ogni caduta, anche parziale, di fruizione di alcuni specifici settori interni ha determinato una caduta del valore socio-culturale del bene e del suo ruolo attivo nel presente.

Il progetto culturale per S. Cataldo rifiuta la sua museificazione, cioè la sua riduzione ad un bene culturale incapace di attivare un processo dialogico-partecipativo con la contemporaneità, e vuole riattivare il legame psicologico affievolito che oggi esiste tra la collettività ed il bene stesso.

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Il processo di disconoscimento del bene da parte della collettività incorre al rischio di sviluppare la sua disaffezione dal bene stesso e l’indifferenza verso il suo stato di conservazione. La popolazione è portata di conseguenza a non condividere gli obiettivi di tutela e valorizzazione propri degli interventi che si intraprendono dagli enti di tutela, ma subisce i restauri solo per i fastidi che questi comportano: rumore, polvere, ingombranti e antiestetici ponteggi, pericoli costanti di infortuni.

E’ invece sempre più necessario attivare nuove politiche strategico-gestionali per gli interventi sul complesso monumentale cimiteriale di S. Cataldo, finalizzate ad attivare un processo comunicativo e cooperativo della cittadinanza alle operazioni di recupero, contribuendo così allo sviluppo di una cultura collettiva e condivisa del restauro.

Questo processo partecipativo-dialettico diventa fondamentale quando l’intervento è promosso da una Pubblica Amministrazione alla quale la cittadinanza chiede di operare con criteri di trasparenza ed evidenza. In tal modo, il cantiere, oltre ad essere il luogo fisico dell’intervento di restauro, diviene un laboratorio di cultura aperto ad attività divulgative, didattiche, formative e di ricerca.

La chiesa del Suffragio del cimitero monumentale di S. Cataldo

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PROGETTO CULTURALE per S. CATALDO

Pianificazione del Progetto Culturale per S. Cataldo

C. Costa, A. Rossi: trasparenze ed effetti di luce analoghi nei due complessi cimiteriali, ottenuti in un caso con colonne circolari in c.a. e nell’altro con colonne in acciaio

Per garantire l’efficacia del progetto culturale si è reso necessario sviluppare la rigorosa attività gestionale di ogni singolo intervento previsto sul bene architettonico, a partire dall’anno 2000, finalizzata a pianificare, programmare e controllare il processo attraverso un continuo rapporto dialogico-cooperativo tra i progettisti e la direzione dei lavori, l’impresa esecutrice e gli uffici competenti della Pubblica Amministrazione. Il progetto culturale per S. Cataldo ha avuto inizio fin dalle fasi preliminari dell’intervento di restauro e miglioramento sismico in seguito ai danni provocati dal terremoto del 1997. Nel corso del processo di progettazione sono state poste le premesse e fissati gli obiettivi e durante l’esecuzione dei lavori è avvenuta parte della loro concretizzazione.

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PROGETTO CULTURALE per S. CATALDO

Il sistema degli operatori Poiché il progetto culturale ha costituito parte integrante del

progetto di restauro dei danni con miglioramento sismico e si è concretizzato nel cantiere stesso, la funzione direzionale è stata svolta dall’Ufficio della Direzione Lavori, al quale è stata affidata la direzione dei lavori del cantiere di restauro. Nel processo di progettazione e sviluppo degli eventi che compongono il progetto culturale ha partecipato un gruppo di lavoro, esterno alla Pubblica Amministrazione, formato da consulenti provenienti da ambiti disciplinari differenti. Fondamentale e costante punto di riferimento divengono gli uffici preposti per la tutela del monumento ed in particolare quelli dell’Amministrazione Comunale e Provinciale con i quali attivare un continuo scambio informativo e un rapporto di cooperazione tra le diverse competenze.

Operatori coinvolti nel progetto culturale per S. Cataldo

PROJECT

MANAGER

gestione e coordinamento del progetto culturale

INFORMATICO

progettazione e sviluppo sistema informativo multimediale

GRAFICO

progetto di immagine coordinata

STORICI

ricerche storico artistiche e progettazione di itinerari guidati

DISEGNATORE CAD

sviluppo supporto operativo Cad 2D e 3D

OPERATORE VIDEO

realizzazione del video “IL Complesso Monumentale di S. Cataldo”

FOTOGRAFO

documentazione fotografica dei lavori di restauro e degli eventi culturali

UFFICIO STAMPA

promozione del progetto

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PROGETTO CULTURALE per S. CATALDO

Gestione del Progetto Culturale per S. Cataldo

La buona riuscita del progetto culturale è legata principalmente ad

una corretta attività gestionale attraverso la quale sviluppare un piano culturale dettagliato, costantemente controllato, verificato ed eventualmente corretto. Le principali difficoltà del processo di pianificazione del progetto culturale sono legate ai vincoli imposti dalla presenza del cantiere e, in particolare, dalla normativa in materia di sicurezza. Inoltre, scostamenti rispetto al programma iniziale dei lavori in fase esecutiva, si riflettono sull’attività di programmazione degli eventi. Per questo è necessario che la direzione del progetto culturale lavori in costante rapporto con l’Ufficio della D.L., in uno sforzo comune, attivando quindi un sistema cooperativo e non antagonistico. E’ inoltre necessario che il progetto culturale avvenga attraverso un processo di concertazione che riguarda anche gli altri organismi di controllo competenti sul territorio (Soprintendenza B.A.A.A.S., Regione, ecc.).

L’attività gestionale del progetto culturale non si differenzia sostanzialmente da quella del progetto di restauro, se non per gli aspetti contenutistici; si articola, infatti, nella sequenza di attività di pianificazione, di programmazione, di controllo e di revisione dei programmi, già analizzata precedentemente. Si riportano, di seguito, i documenti gestionali che compongono il Progetto Culturale per S. Cataldo.

D.1.1. Obiettivo: Sviluppo di una cultura collettiva del restauro del patrimonio architettonico attraverso un processo di compartecipazione all’intervento con il quale contribuire alla riconoscibilità del ruolo politico-culturale svolto dall’Amministrazione Comunale di Modena;

D.1.2. Strategia operativa: Progetto Culturale; D.1.3. Strumento operativo: Le necropoli di S. Cataldo, dal

cimitero igienista al cimitero di Aldo Rossi; D.1.4. Sistema di operatori: Dirigente responsabile, project

manager, informatico, grafico, fotografo, operatore video, disegnatore CAD, storico, ufficio stampa, segretario;

D.1.5: Luogo operativo: S. Cataldo, “Cantiere di Restauro post terremoto 1999”; D.1.6 Tempi: Progettazione: 2000-2003, Realizzazione: 2004– 2006;

D.2.1 Struttura del progetto.

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Organizzazione delle fasi processuali del Progetto Culturale per S. Cataldo Visite guidate in cantiere

Obiettivo delle visite guidate all’interno del cantiere di restauro è

promuovere un uso pubblico del monumento pur nella presenza del cantiere, contribuendo così alla divulgazione e presa di coscienza della realtà del suo recupero e valorizzazione.

Gli itinerari concordati con la direzione lavori e l’impresa esecutrice, compatibilmente con le norme di sicurezza nei cantieri temporanei e mobili (legge 494/96), illustrano la valenze storico-artistiche del complesso e le sue vicissitudini progettuali e costruttive, seguendo differenti livelli di approfondimento, a seconda della tipologia di utenza.

Gli itinerari di visita delle opere artistiche, esposti nella presente guida per S. Cataldo, si sviluppano attraverso le gallerie monumentali del piano rialzato del cimitero progettato da Cesare Costa e le opere scultoree del campo santo, per proseguire nei luoghi del cimitero ebraico e di Aldo Rossi.

Gli itinerari tecnici volti alla conoscenza delle tecnologie storiche di realizzazione e dei recenti interventi di miglioramento sismico del complesso architettonico, si sviluppano invece prevalentemente nei locali di sottotetto. La difficoltosa praticabilità dei corridoi del

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PROGETTO CULTURALE per S. CATALDO

sottotetto ha indotto i progettisti ad allestire una serie di pannelli illustrativi delle tecnologie storiche e degli interventi, che sono stati esposti durante i lavori lungo le gallerie del colonnato interno, suscitando grande interesse tra i visitatori. Incontri in cantiere

Il progetto culturale ha acconsentito, compatibilmente a quanto era

previsto dal programma generale dei lavori, che il cantiere fosse aperto settorialmente anche durante lo svolgimento dei lavori di restauro fornendo la possibilità di organizzare incontri e dibattiti nei quali affrontare tematiche di “cultura di base” e incontri periodici a carattere “culturalmente più elevato”. Tra queste iniziative si annoverano l’esposizione di posters all’interno dell’area di S. Cataldo, che illustrano le vicissitudini storiche e costruttive del cimitero di Cesare Costa, e gli incontri con stagisti di corsi di perfezionamento post-laurea per l’apprendimento delle tecnologie storiche e degli interventi strutturali di miglioramento sismico.

Esposizione dei poster relativi al progetto culturale per S. Cataldo

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Esempio di poster sul tema della genesi storica del complesso storico di S. Cataldo

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PROGETTO CULTURALE per S. CATALDO

Esempio di poster sul tema del degrado e dei danni presenti nel complesso storico di S.Cataldo

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Esempio di poster sul tema delle tecnologie esistenti nel complesso storico di S. Cataldo

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Esempio di poster sul tema degli interventi effettuati nel complesso storico di S. Cataldo

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PROGETTO CULTURALE per S. CATALDO

Il Progetto Culturale per S. Cataldo si è fatto inoltre promotore di una serie di incontri e convegni sui cimiteri monumentali a livello internazionale in cui si propongono nuovi modelli strategico-gestionali di intervento sul patrimonio architettonico cimiteriale, partendo dall’esperienza specifica maturata su S. Cataldo. In particolare, è stato promosso il congresso internazionale intitolato “Cimiteri Monumentali: Conoscenza, Conservazione, Restyling ed Innovazione”, MO06, con il supporto del Cultural Heritage Center dell’UNESCO. Si tratta di un congresso dal taglio interdisciplinare che, senza voler nulla togliere al potenziale espressivo offerto al progettista dal tema funerario e al ruolo delle strutture cimiteriali nell'ambito del dibattito teorico e della prassi progettuale europea, ha contribuito a creare le condizioni per un rinnovato approccio agli spazi della sepoltura nei paesi europei ed in altri continenti.

E’ infatti importante capire qual’è il significato storico e monumentale che il cimitero assume oggi come progetto di architettura e considerare l'intervento sulle strutture cimiteriali esistenti come una tipologia trasformativa ed edilizia con specificità e caratteristiche tali da richiedere approcci tecnici, operativi e processuali basati su concetti aggiornati, quali la strategia e la gestione, tali cioè da supportare un'attività pianificatoria in grado di qualificare e controllare il progetto di conoscenza e recupero nelle diverse fasi di programmazione, progettazione, realizzazione, gestione e fruizione. L’aspetto interdisciplinare riguarda: l'informazione storica ed artistica sul bene architettonico e/o scultoreo, la diagnostica, la valutazione di opportunità di intervento in termini tecnico-economici, la valutazione economica degli interventi, la possibilità di intervenire con soluzioni tecniche e prodotti in grado di supportare il mantenimento e il miglioramento delle prestazioni in essere.

Il seminario internazionale MO06 ha contribuito, in un quadro di tematiche e parametri correlati, alla redazione di strumenti di supporto decisionale atti a valutare e a validare l'azione di manutenzione e riqualificazione dei complessi cimiteriali, avviando l'elaborazione di statuti processuali, sistematici e tematico-informativi coerenti alla pluralità delle tipologie esistenti in Europa ed altri continenti.

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PROGETTO CULTURALE per S. CATALDO

Il Progetto di Immagine Coordinata Il Progetto Culturale per S. Cataldo contempla lo sviluppo di un

progetto di immagine coordinata in grado di contribuire alla chiara riconoscibilità del progetto e dei suoi intenti.

La parola immagine ha così assunto un significato molto vasto riguardando una strategia comunicativa globale, che si sviluppa dalla microdimensione (documenti di ufficio) alla macrodimensione (immagine del cantiere), attraverso tutti i possibili canali comunicativi (stampa, internet, televisione…..). L’ambizioso progetto rende necessario l’inserimento, all’interno del gruppo di lavoro, di un professionista, esperto di grafica e comunicazione.

Obiettivo del progetto grafico è quello di creare un’impronta stabile nella memoria degli utenti. E’ quindi fondamentale che, nel processo di strutturazione dell’immagine coordinata, i vari veicoli comunicativi, mantengano una caratteristica di unitarietà, sia per quanto riguarda la comunicazione interna (segnaletica, modulistica, informazione….) che quella verso l’esterno.

Immagine grafica della brochure relativa al Congresso Internazionale sui Cimiteri Monumentali, promosso da CICOP Italia, Modena 2006

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PROGETTO CULTURALE per S. CATALDO

Il cantiere e la sua immagine L’immaginario collettivo associa al cantiere solitamente la visione

di tubi innocenti, teli di nylon e nuvole di polvere e di rumore. La comunicazione che si instaura tra il cantiere e il passante è carica di messaggi negativi; l’impatto nella realtà cittadina è generalmente di contrasto. Non mancano tuttavia negli ultimi tempi operazioni finalizzate a modificare la percezione estetica del cantiere attraverso la progettazione della sua immagine, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto più macroscopico ed evidente: il ponteggio di facciata.

Il cantiere di S. Cataldo: scenari esterni

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PROGETTO CULTURALE per S. CATALDO

Il cantiere di S. Cataldo: scenari interni

Il ponteggio di facciata in questo caso specifico potrebbe divenire la traduzione formale degli intenti del progetto culturale: un circuito integrato, di storia, tecnologie antiche e moderne con cui si mantiene in vita il complesso architettonico, che si anima di un bagliore di luce che diventa atmosfera, ambiente. La luce, il modo più antico di segnare il tempo, assume in questo contesto un particolare significato quando associato al carattere dell’edificio ed al carattere temporaneo proprio dell’intervento di restauro.

Dal punto di vista comunicativo si tratta di cominciare a percepire i ponteggi come centinaia di metri quadri di superficie messa a disposizione, per tutta la durata dei lavori, alla libera creatività ed a investimenti pubblicitari.

Il cantiere virtuale

Le nuove possibilità offerte dalle tecnologie informatiche multimediali consentono di sviluppare l’idea del cantiere aperto oltre i confini fisici dell’edificio, permettendo una sua visitazione, non solo reale ma anche virtuale. A tal scopo è necessario lo sviluppo di un sistema informativo multimediale avente per oggetto le attività di restauro e culturali che si svolgono nel corso del cantiere, avvalendosi della stessa tecnologia, nonché di strumenti di supporto CAD 2D e

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PROGETTO CULTURALE per S. CATALDO

3D. Per la realizzazione di un sistema informativo multimediale è necessaria la costituzione di un gruppo di lavoro interdisciplinare capace di gestire tutti gli aspetti del progetto.

Attribuzioni delle competenze agli operatori responsabili della gestione del sistema multimediale

PROGETTISTA

INFORMATICO

Fornisce il supporto tecnico scientifico al progetto e la strumentazione operativa;

PROGETTISTA

DEI CONTENUTI

Redige la struttura dei contenuti che costituisce la base per la definizione dell’ipertesto;

PROGETTISTA

GRAFICO

Sviluppa il progetto di immagine del sito web e degli altri componenti del sistema informativo informatico.

Questi operatori hanno il compito di coordinare un gruppo di

esperti nelle varie discipline impegnati nell’elaborazione dei contenuti dell’ipertesto, nel reperimento e catalogazione del materiale iconografico e nel montaggio dei contenuti.

Il sistema degli operatori nel sistema multimediale

Le informazioni costituenti il grande ipertesto dovranno essere rese visibili sia da un pubblico utente internet, che dal pubblico che visita il Complesso Monumentale di S. Cataldo.

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DALLA GENESI AL CANTIERE DI RESTAURO

IL CIMITERO DI CESARE COSTA

Dalla genesi al cantiere di restauro

L’indagine storica svolta sul cimitero di Cesare Costa ha

consentito, con buona approssimazione, la datazione dei vari settori che compongono l’attuale configurazione del complesso cimiteriale. La ricostruzione delle tappe storiche di realizzazione del cimitero, è stata possibile attraverso un’attenta lettura:

a) delle fonti documentarie, dei giornali di cantiere e degli atti contabili delle imprese esecutrici e dei fornitori, e

b) dei capitolati d’appalto d’epoca. L’opera - che rappresenta probabilmente l’occasione professionale

più importante per Costa 1 - denota la figura di un professionista molto attento alla cura dei dettagli, sia costruttivi che decorativi, come

1. Cesare Costa (1802 - 1876). Laureato in ingegneria all’Università di Modena, si interessa da subito di architettura, compie il tirocinio presso l’Ispettoria di Acque e Strade e dal 1836, diviene membro della Commissione d’Ornato. Esegue, dal 1836, uno dei “Grandi Progetti” previsti dal “Piano” che forse più incide sull’assetto urbanistico della città: la riforma dell’isolato Pellatore-Luchina. Nel 1844, è sua la scoperta di importanti resti archeologici sul cantiere dell’isolato Pellatore-Luchina che portano alla esecuzione di importanti rilievi archeologici ed alla fondazione della “Società Archeologica”. Dal 1850, e sino alla morte è membro della Commissione per la riforma del Cimitero di S. Cataldo. Dal 1859, è responsabile del Piano d’Ornato. Per quanto attiene il suo contributo al miglioramento delle condizioni igieniche delle abitazioni, si può citare una relazione all’Accademia di Scienze Lettere ed Arti su un sistema da lui brevettato per portare l’acqua agli ultimi piani delle case e un’importante articolo sui pozzi modenesi indicante gli strati geologici attraversati e le diverse tecniche di costruzione dei attuabili nel territorio Modenese. Censore dal 1833 della Sezione Arti dell’Accademia, presentava invenzioni e progetti di carattere scientifico. Nel 1857, la Città di Reggio Emilia lo iscrive nell’ “Albo d’Oro del Patriziato”. Lo stesso farà Modena nel 1859. Nel 1860, è nominato consigliere comunale e provinciale rimanendo in carica per 6 anni. Promuove nel 1860, un’importante campagna di indagine sui marmi locali che porta ad una ampia classificazione, ed all’avvio degli studi sulle proprietà dei materiali. Su diretto interessamento dell’ArciDuca Massimiliano d’Austria, responsabile e progettista della riforma dell’istruzione del Ducato, dal 1828, egli assume la Cattedra di Matematica pura e applicata che tiene fino al 1848, quando diviene professore di Meccanica Razionale nella riformata università di Modena; nel 1863, è eletto Preside della facoltà di Scienze Fisiche Matematiche e Naturali. Nel 1860, gli viene conferita l’onorificenza di Cavaliere e Commendatore dei Santi Maurizio e Lazzaro.

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DALLA GENESI AL CANTIERE DI RESTAURO

Pianta piano rialzato

Cimitero di S. Cataldo: panorama verso la Chiesa

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DALLA GENESI AL CANTIERE DI RESTAURO

la scelta dei materiali o la minuziosa descrizione delle tecniche di rifinitura. E’ grazie a tale minuziosità che ancor oggi possiamo ammirare le particolari tecniche da lui utilizzate nel realizzare gli splendidi apparati murari in mattoni a vista, ed il sapiente uso cromatico dei marmi di diversa provenienza.

La stessa attenzione e genialità emerge anche nei dettagli costruttivi degli elementi strutturali portanti progettati da Costa, e nella programmazione attenta dei lavori in cantiere, realizzati su un terreno niente affatto adatto a tale uso.

Le tecniche costruttive adottate dal Costa, ed in particolare quelle relative agli orizzontamenti (voltine, travi, scale), sono distinte primariamente da caratteristiche di rapidità esecutiva e conseguente riduzione dei costi di realizzazione. Un’altra scelta progettuale specifica per quest’opera, che nasce su un terreno di scarsissima portanza e per due metri circa costituito da materiale di riporto per esigenze di tumulazioni, è la realizzazione, in tempi differenziati, di vincoli di continuità tra le parti strutturali in elevazione, onde consentire che a seguito dell’assestamento delle fondazioni non si verificassero danni alle opere in elevazione e a quelle di completamento (danni che avrebbero potuto essere anche di notevole entità). Quest’accortezza tecnica è venuta a mancare in tempi recenti, quando alle fragili fondazioni antiche si sono accostate piastre nervate in calcestruzzo armato, che hanno fatto rifluire lateralmente alle piastre il terreno di fondazione, provocando il sollevamento e la rottura di una parte delle pavimentazioni del piano interrato e del piano rialzato.

Nel soddisfare le condizioni di economicità e funzionalità ottenute con l’impiego seriale di uno stesso elemento costruttivo (ad es. le sottili volte in laterizio del porticato), Costa ha mantenuto ugualmente inalterata la forza espressiva e la carica evocativa del “pezzo unico” di elevata qualità artigianale, come è nella prassi tradizionale modenese. Infatti, nella fabbrica più antica di S. Cataldo (settori A, A-B) troviamo tutte le tipologie di “laterizi” impiegati nella grande tradizione dell’arte muraria modenese fin dall’epoca romana: il mattone, il grande mattone quadrato, l’embrice, il mattone ad arco di cerchio, il mattone a cuneo, il coppo, il segmento di arco di cerchio incavato, il mattone semicircolare per le colonne, il mattone a quarto di cerchio, le esagonette, le mattonelle romboidali, le mattonelle rettangolari e quadrate, le quadrelle irregolari squadrate a mano. Ne consegue che il risultato spaziale ottenuto si oppone totalmente alla

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monotonia seriale della matrice planimetrica. Ad ogni variazione del punto di osservazione corrisponde una diversa percezione dello spazio interno; ad esempio, guardando a Sud attraverso lo sfondamento prospettico degli interassi tra pilastri, l’effetto diafano prodotto dalla trama strutturale dei pilastri in serpentino, restituisce un’immagine di leggerezza, di quasi assenza di materia, dove è la luce la vera protagonista dello spazio.

In questa apparente contraddizione, generata da un ordine geometrico che nega, nella sua trasposizione in forma spaziale, la sua origine seriale, è possibile riconoscere il peculiare significato della proposta progettuale di Costa.

Le integrazioni fatte in seguito e fino ai tempi nostri, assumono in positivo la lezione progettuale di Costa, ma la rielaborano autonomamente, mantenendo solo in parte inalterati alcuni caratteri fondativi.

Tipologie di laterizi nella tradizione di arte muraria modenese

Pronao del monumento ai caduti, lato sud

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Effetti di luce nel colonnato del piano rialzato

Il Cimitero Igienista del 1771

Nella seconda metà del 1700 la città di Modena è stata interessata da importanti riforme rivolte principalmente al miglioramento delle condizioni igieniche urbane. L’obiettivo prevalente era quello di creare le condizioni necessarie alla trasformazione di una città di medie dimensioni in Capitale di un piccolo Stato, governato da un uomo di grandi ambizioni, Francesco III d’Este.

In linea con lo spirito illuminista che già ampiamente aveva invaso la città di Milano, governata da Francesco III per conto degli Asburgo, il Duca tenta di contrastare anche a Modena, in ogni modo, il potere temporale della Chiesa ed affida ad una Amministrazione del tutto laica il governo della città. Ed è proprio entro quest’ottica riformatrice che, nel 1773, si inaugura a Modena uno dei primi Cimiteri extraurbani, improntato al rispetto di severe norme igieniche, che non lasciano nessuna concessione all’espressione del culto dei morti, così come tramandata dalla tradizione e dalla morale cattolica.

Le prescrizioni tecniche da seguire per poter ottenere la realizzazione ed il funzionamento del nuovo Cimitero è stata affidata al Collegio dei Medici della città. Si raccomanda di individuare una posizione extra moenia, oltre le linee delle fosse circondarie;

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successivamente, vengono prefissate le tecniche di sepoltura da adottare, tra cui: il divieto di costruire arche o sepolcri a muro; la profondità delle fosse individuali da stabilirsi in almeno tre “…braccia 2 , scavate a distanza di almeno un braccio…” l’una dall’altra; inoltre, è raccomandata la copertura dei cadaveri con calce viva, nonché la suddivisione dell’area cimiteriale in quattro zone, destinate ciascuna alle diverse categorie di cadaveri, relativamente al sesso e alla provenienza.

Seguendo le indicazioni del Collegio, la Congregazione delle Opere Pie appronta due diversi progetti da realizzarsi in località S. Cataldo, ad una distanza di circa 4 km dal centro abitato.

Quattro anni più tardi, nel 1771, il Marchese Ippolito Bagnesi, titolare del Dipartimento del Buon Governo, ordina ai Conservatori della città di costruire il Cimitero extraurbano a spese del Comune, affidandone la direzione a Pomponio Calori, Presidente della Commissione di Ornato e Pulizia.

Il progetto del nuovo Cimitero viene affidato all’Ing. Giovan Francesco Zanini3, il quale deve rispettare le indicazioni progettuali di ordine generale fornitegli, ovvero:

• l’ubicazione in un terreno nei pressi della Chiesa e del Convento di S. Cataldo a Nord Ovest della città, vicino alla Via Emilia, • la forma dell’edificio, a recinto rettangolare, • il tipo di sepolture a grandi arche, cioè con camere sepolcrali in grado di contenere centinaia di cadaveri, ancora oggi esistenti nella fascia Est compresa fra le gallerie ed il muro di cinta esterno).

Cimitero di San Cataldo, gli ossari settecenteschi

2 Il braccio modenese equivale a metri 0,523. 3 Massimo Bulgarelli, L’affare delle sepolture...,confronta Bibliografia.

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DALLA GENESI AL CANTIERE DI RESTAURO

Pianta del Cimitero di San Cataldo, anno 1776

Il problema principale che il progettista ha dovuto affrontare fin dall’inizio, è dato dallo scolo e dalla bonifica dei terreni (umidi e argillosi), dotati di caratteristiche decisamente opposte a quelle necessarie ad una corretta e graduale decomposizione delle sostanze organiche.

Il progetto dell’Ing. Zanini, consta di un muro di cinta rettangolare, di 86 x 61 metri, a ridosso del quale sono state previste 58 arche a pianta quadrata, costruite per gran parte fuori terra e successivamente interrate, fino a far coincidere il livello della botola di entrata con quello del piano di campagna circostante4.

Il Cimitero è progettato come un ampio terrapieno, alto circa 3,5 m sul piano di campagna, avente un argine esterno ed un canale perimetrale, il cui fondo, posto al di sotto del livello di falda, ha la funzione di richiamare le acque, favorendone il deflusso. Al centro dei lati Est e Sud, la fossa di scolo è attraversata da due ponti, corrispondenti agli accessi5.

4 ASCMo, Camera Ducale, Periti agrimensori, busta 45, 339. 5 ASCMo, a.a. 1855,II prot. gen. N. 401.

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Negli angoli del perimetro cimiteriale, vengono costruiti quattro piccoli recinti murati, per le sepolture dei giustiziati e degli sbirri.

Il 13 Gennaio 1772, i capi mastri Cristoforo e Raimondo Cavazzuti, stipulano un contratto con l’Amministrazione Comunale, per la costruzione del Camposanto, impegnandosi, in tal modo, a terminare i lavori entro sette mesi. In Maggio, si iniziano le opere di bonifica, con il trasporto in cantiere di terreno di riporto e l’ampliamento del canale Quartarezza.

Durante l’inverno si interrompono i lavori, e il fabbricato delle arche, non ancora rinfiancato e coperto, si presenta come un edificio perimetrale continuo, completamente cieco, suddiviso da muri interni e protetto dalle intemperie da un tetto provvisorio. Questo primo manufatto, così come si presenta a prima vista, fornisce il pretesto per l’avvio di un acceso dibattito ed alcuni esponenti dell’Amministrazione richiedono la costruzione d’almeno un portico stabile, in un complesso cimiteriale che non prevede alcun edificio, “neppure una cappella”.

Del tutto improntato a criteri igienici, senza nulla concedere all’architettura e alla monumentalità, il nuovo Cimitero si configura come un grande “deposito di cadaveri”, un luogo di segregazione della morte, che di per sé non esprime nessuna retorica, né religiosa, né, tanto meno, celebrativa delle rimembranze dei sepolti. Tutto ciò era, tuttavia, in linea a quanto si stava realizzando in Francia circa i cimiteri, secondo le prescrizioni del decreto del Parlamento Parigino risalenti all’anno 1763.

Il nuovo Cimitero viene inaugurato, nel 1773, dal Vescovo Fortunato Fogliari. Eppure, poco dopo, a causa di problemi legati sia allo scolo delle acque, che alle esalazioni trasportate dai venti verso il centro cittadino, viene richiesta una urgente ispezione del Collegio Medico. Quest’ultimo, dopo le indagini di rito, riferisce di aver trovato cadaveri ancora “…vergini, presenza di acqua nelle fosse per una altezza di un mezzo braccio e arche comunicanti fra loro con uscita di esalazioni dai sepolcri ancora vuoti…”6.

Il Collegio Medico evidenzia la necessità di disporre sepolture campestri (ribadendo così la prescrizione originaria di non seppellire se non entro terra) ma, riconoscendo la non idoneità del terreno a tale scopo, suggerisce di provvedere ad un “notevole rialzo” dello stesso, per creare così, artificialmente, le necessarie qualità “sarcofaghe”. 6 ASCMo, Cenni storici sul Cimitero di S. Cataldo, a.a. 1855, II prot. gen., n. 2676.

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DALLA GENESI AL CANTIERE DI RESTAURO

Nonostante queste avvertenze, ancora una volta, si appronta il Camposanto senza provvedere alla preparazione del terreno, così come suggerito dai tecnici.

L’architetto Teobaldo Soli, nel 1852 7 , si occupa di rilevare il Cimitero. Questo rilievo generale dell’area cimiteriale, conferma quanto era stato descritto nelle relazioni precedenti, ed inoltre segnala la costruzione di una piccola cappella, al centro del lato Nord, progettata nel 1779 dal Conte Angelo Pedocca Scarabelli di Mirandola, architetto del Duca Francesco III (demolita nel 1913)8.

I primi Regolamenti ed Ordini per le Sepolture, sono emessi da Francesco III, il 2 Luglio 1774, mentre quelli successivi, sono redatti dal Magistrato e dalla Deputazione di Sanità tra il Dicembre 1782 ed il Marzo 1783, e riguardano temi quali: la custodia, il trasporto dei cadaveri, nonché il Piano di Tumulazione9.

Il 5 Maggio 1783, Francesco III esonera la Comunità Modenese dalle ingenti spese di manutenzione del Cimitero, affidandolo alla gestione della Congregazione delle Opere Pie, insieme alle rimesse, alle stalle e alla teggia esistenti in Piazza d’Armi, 10 . Disposizioni, queste, che verranno riconfermate dai governi successivi.

Cimitero di S. Cataldo: rilievo di Teobaldo Soli, anno 1852

7 ASLA, Fondo Soli, b.98..Teobaldo Soli (1817-1889) era in questi anni architetto presso il ministero dei lavori pubblici del Ducato Estense e professore onorario dell’Accademia di Belle Arti di Modena. 8 ASCMo, G. Varini , Memorie Storiche. La vecchia chiesetta del Cimitero di S. Cataldo, a.a. 1855 II. 9 ASCMo, a.a. 1855 ,II prot. gen. N. 2676. 10 ASCMo, Cenni storici sul Cimitero di S. Cataldo...op. citata.

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DALLA GENESI AL CANTIERE DI RESTAURO

Carta dei dintorni della città di Modena, anno 1838; la lettera ”a” indica

l’ubicazione del Cimitero settecentesco

La Metaprogettazione del Cimitero di Costa (1850-1851): problemi tecnici ed istanze culturali

Il Cimitero Igienista rimane in funzione fin dopo la metà dell’800. Il 19 Giugno 1850, il Consiglio Municipale convoca una “Commissione incaricata di elaborare un progetto di generale sistemazione del cimitero di S. Cataldo e del relativo piano organico disciplinare”. Uno dei primi punti che questa deve affrontare, riguarda la necessità di far sì che la Commissione stessa rappresenti tutti gli enti coinvolti nella gestione delle sepolture, per la Città di Modena. La soluzione del problema è ottenuta mediante suddivisione della Commissione stessa in due sezioni: una, nominata dal Podestà ed in rappresentanza dell’Autorità Comunale, l’altra, nominata dalla Soprintendenza delle Opere Pie. Le due sezioni devono comunque agire in pieno accordo, sotto un’unica presidenza affidata al funzionario di corte Conte Claudio Bentivoglio11. 11 Una dedica a lui rivolta da Paolo Gaddi nel 1843, in occasione dell’inaugurazione delle nuove sale per l’Ospedale Civile, ci elenca i suoi titoli nobiliari ed i suoi compiti presso la corte Ducale:

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I componenti della Commissione erano: l’Arch. Francesco

Vandelli12, l’Ing. Arch. Cesare Costa, il Medico Paolo Gaddi ed il Chimico Alessandro Savani13 per la Parte Comunale; mentre per le Opere Pie sono nominati il Conte Carlo Ferrari Moreni, il Sig. Gaetano Forghieri e l’Ing. Pietro Riccardi14. I titoli e le competenze dei diversi Commissari, soprattutto di quelli nominati per la prima sezione15, confermano la complessità ed il carattere multidisciplinare del compito loro affidato.

Il risultato dei lavori viene presentato al Consiglio Municipale solamente cinque anni dopo, il 1 Aprile 1855, sotto forma di una lunga

Commendatore del Regno, ordine Bavarese di S. Michele, Ciambellano dell’A.R. di Francesco IV, Maggiordomo Maggiore dell’A.R. Francesco IV e della Principessa ereditiera di Modena e Presidente degli Ospedali delle Donne e della casa di Dio. 12 Francesco Vandelli (1795-1856). Si forma artisticamente e culturalmente nell’ambiente modenese dove si laurea in filosofia e poi in ingegneria. É allievo e collaboratore di Giuseppe Maria Soli all’Accademia di Belle Arti dove viene nominato professore onorario di Architettura e, nel I830, segretario. Sempre negli anni 30 ottiene la Cattedra di Architettura e Disegno presso l’istituto dei Cadetti Pionieri ed entra a far parte dell’Accademia di Scienze Lettere e Arti di Modena. Il Duca Francesco IV lo nomina Architetto di Stato e nel Febbraio 1830 in seguito alla morte di Gusmano Soli, diventa Architetto di Corte assumendo perciò la responsabilità dei più importanti lavori Ducali. Nel 1839 redige il progetto del Teatro Comunale di Modena. Negli stessi anni è membro della Commissione d’Ornato. Per l’anno stesso della sua morte, avvenuta nel 1856, egli non può essere considerato l’artefice del progetto di riforma del Cimitero, il “Rapporto” del 1855, infatti, allega solamente un progetto di massima con indicazioni degli ingombri e delle tipologie variato in seguito con modifiche sostanziali. 13 Alessandro Savani (1788-1871). Dal 1815, insegna Chimica e Istituzioni Farmaceutiche all’Università di Modena. Nel 1839, è uno dei compilatori di un’opera di fondamentale importanza quale “Farmacopea per gli Stati Estensi”, di cui cura la parte relativa alla Chimica dei medicamenti a composizione determinata. Il libro, che individua i farmaci in uso nel Ducato e le relative tariffe, è un vero e proprio prontuario a cui tutti gli addetti, sotto la pena di severe sanzioni penali, dovevano uniformarsi . Dal 1841, è membro dell’Accademia di Scienze Lettere ed Arti di Modena, per la quale presenta una unica memoria dal titolo: “ ricerche Chimiche Tecnologiche sopra la lignite di Garfagnana.” Nel 1848, in seguito allo sdoppiamento della Cattedra di Chimica assume quella di Chimica minerale e tecnologica. 14 Scarse sono le informazioni reperite sui membri della sezione delle Opere Pie: di Pietro Riccardi sappiamo che insieme all’Ingegnere Capo del Comune di Modena, Silvestro Martinelli, ha svolto la parte peritale nella stima degli indennizzi da corrispondere ai proprietari dei terreni inclusi nell’ampliamento del Cimitero. 15 Da tutti gli atti esaminati, a partire dal 1855 in poi, risulta che il ruolo progettuale e quello di gestione del cantiere, siano sempre stati condotti congiuntamente, dalla sezione comunale e dall’ l’Ufficio Tecnico del Comune.

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e dettagliata relazione16, corredata da due planimetrie, che descrive le caratteristiche igieniche e morfologiche del nuovo Cimitero. L’esame di questi documenti, mostra come la stesura di questi elaborati, sia principalmente frutto della collaborazione di due dei componenti della Commissione: l’Ing. Cesare Costa e il Medico Paolo Gaddi. Il primo, è notoriamente riconosciuto come il progettista del progetto architettonico e come il direttore dei lavori del Cimitero (di cui sovrintenderà la costruzione fino alla morte, avvenuta nel 1876); mentre, dagli studi e dall’esperienza del secondo, derivano le indicazioni e le prescrizioni igienico-sanitarie che guidano la progettazione dell’opera e che, in seguito, costituiranno la base per la stesura del Regolamento Generale.

Il bisogno di un nuovo cimitero monumentale per la città di Modena

Il 1 Aprile 1855, la Commissione istituita per la riforma del

Cimitero di S. Cataldo, riunita di fronte al Consiglio Municipale, presenta infine la Relazione ed il Progetto di massima per la sistemazione del Cimitero.

16 ASCMo, Rapporto della Commissione istituita per la elaborazione di un progetto di generale sistemazione del pubblico Cimitero di S. Cataldo e del relativo piano organico disciplinare, op.citata.

Planimetria di progetto del nuovo Cimitero di San Cataldo, anno 1855

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Il Rapporto17 sul progetto del cimitero inizia ripercorrendo la storia dell’istituzione della Commissione stessa (avvenuta con Delibera unanime del Consiglio, il 19 Giugno 1850 e atti del Podestà del 20 Giugno 1850 e 21 Marzo del 1851), con il compito di elaborare un progetto “…di sistemazione e regolamento organico disciplinare del cimitero esistente…”. Il Rapporto, inoltre, indica le linee guida del progetto di riforma: aumentare la capacità ricettiva del Cimitero e corrispondere “…all’accresciuto incivilimento della popolazione, alla nobiltà dell’umana natura, alla sublimità del cattolicesimo ed alla Santità della Religione nostra, erigendo il cimitero Cristiano maestoso e decorato anziché umile e disadorno…”.

Non sono passati che 70 anni, e nel luogo in cui era stato proibito persino di erigere un portico a protezione delle operazioni di tumulazione, ci si prepara a varare una riforma di segno decisamente opposto. Il Cimitero Igienista di Modena non lasciava spazio a tematiche retoriche da tradurre in monumenti architettonici; infatti, le Istruzioni sui Cimiteri, redatte nel biennio 1807-1808 dalla legislazione napoleonica, all’art. VII, recitano testualmente:

…lo scopo dei cimiteri, essendo soltanto quello di promuovere lo

scomponimento e la lenta dispersione delle parti molli del corpo animale, è evidente doversi proibire qualunque sorta di lapidi, pietre sepolcrali, ed altri oggetti occupanti spazio, o coprenti con ombra la superficie del terreno destinato alla tumulazione. Potrà tutt’al più permettersi l’inscrizione di lapidi, o inscrizione di mediocre grandezza ai muri del cimitero; ed una piccola croce di legno sul luogo, ov’è sepolto il cadavere per farvi annotazione del nome, età e giorno di morte dell’individuo, ove sia questo il desiderio dei dolenti…18.

Solo a seguito della Restaurazione, con il ritorno del Duca

Francesco IV, Austro-Estense (1814), si può riprendere il dibattito sull’ “architettura del Cimitero”, che era stato intrapreso sulla scorta delle indicazioni giunte dall’Illuminismo francese. Infatti, nella stesura del 1788 del primo nucleo di voci che Quatremère De Quincy redasse per l’Enciclopedìe Metodique di Pankouche, era compresa anche la voce cimiterio. Quatremère, impose inoltre lo stile neoclassico e accreditò come unico esempio da seguire il Camposanto di Pisa e la tipologia del recinto con quadriportico. Contributi

17 ASCMo, a.a. 1855, II Rapporto della Commissione istituita per la elaborazione di un progetto di generale sistemazione del pubblico Cimitero si S. Cataldo e relativo piano organico disciplinare, 1 Aprile 1855. 18 ASCMo, Cenni storici sul Cimitero di S. Cataldo, op.cit.

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DALLA GENESI AL CANTIERE DI RESTAURO

fondamentali allo sviluppo successivo del Cimitero neoclassico, furono offerti nel 1776 da Charles Delafosse, che personalizzò il tema del quadriportico con l’inserimento di cappelle angolari a pianta circolare, e subito dopo, nel 1778, da J.T. De Neufforge.

Agli inizi dell’Ottocento, in Italia, si inaugura un vero e proprio movimento per la realizzazione dei cimiteri unici, ed inizia nelle città la realizzazione di nuove strutture cimiteriali, che seguono i precetti formulati in seguito al dibattito francese. Nel 1815, a Brescia, si costruisce il nuovo Cimitero (Vantini), cui seguono in breve tempo quelli di altre città, quali: Verona (1828-33, Giuseppe Barbieri), Cremona (1821, Luigi Voghera) e Como (1850, Luigi Tatti).

Il rapporto finale della Commissione per la riforma del Cimitero di S. Cataldo

Il “Rapporto della Commissione istituita per la elaborazione di un

progetto di generale sistemazione del pubblico Cimitero in San Cataldo e del relativo piano organico-disciplinare” presentato il 1 Aprile 1855, contiene un’introduzione generale riguardante problemi relativi le sepolture a Modena e le vicende che hanno condotto alla costituzione e nomina della Commissione, segue l’individuazione delle esigenze che rendono necessaria la riforma del Cimitero esistente e i relativi criteri progettuali, quali:

a) porre rimedio ai problemi di natura igienica, rimasti irrisolti nel Cimitero precedente;

b) fornire un adeguato incremento al numero delle tumulazioni effettuabili;

c) costruire un Cimitero che abbia adeguato decoro e forza rappresentativa per una degna città come Modena.

Sezione e prospetto del corpo centrale d’accesso, lato Nord

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Relativamente ai problemi igienici, l’ubicazione del Cimitero esistente di S. Cataldo, viene giudicata decisamente sfavorevole, in quanto i venti dominanti che soffiano verso la città, e la natura del terreno - fondamentalmente argilloso - costituiscono caratteristiche peculiari che non favoriscono la graduale decomposizione dei cadaveri e di fatto la posizione prescelta non assicura che le esalazioni eventualmente formatesi non interessino il centro cittadino.

Nonostante tali inconvenienti, la posizione del Cimitero presenta determinati vantaggi che, uniti ad alcune esigenze sociali, furono ritenuti prevalenti rispetto al resto, infatti l’attiguità alla Chiesa parrocchiale ed alla Corporazione di Frati Minori Cappuccini rendeva agevole e comodo il servizio funebre religioso e il trasferimento del Cimitero in altro sito avrebbe sicuramente provocato reazioni da parte dei confinanti e da parte dell’autorità ecclesiastica (che si opponeva fortemente alla sconsacrazione del cimitero esistente). Per le ragioni sovraesposte, si riconfermò il luogo storicamente adibito alla sepoltura.

Per ovviare agl’inconvenienti connessi al terreno, si decide, altresì, di rialzare il livello del piano di posa di 2 metri, realizzando un sottofondo di riporto, composto in profondità da rottami di cotto, sassi e ghiaia di grossa granulometria, e sopra questi, un misto di ghiaia minuta, terra sciolta, calcinacci e sabbia. Il terreno impermeabile sottostante, viene solcato da ampie fosse parallele (disposte da Nord a Sud) capaci di raccogliere le infiltrazioni dovute alla decomposizione dei cadaveri ed alla capillarità dei terreni, immettendole al di sotto del “..pelo di magra del Canale dei Montanari, che scorre a fianco del cimitero esistente, ed ha il vantaggio di non attraversare la città…”.

L’approvvigionamento dei materiali di risulta, necessari per l’innalzamento del terreno, è stato effettuato dalle demolizioni e/o riduzioni delle fabbriche cittadine, da scarti usati per rifare i pubblici selciati e dal vicino fiume Secchia (per la sabbia).

Allegata al Rapporto, si trova una “Appendice estratta dalle Avvertenze Medico-Sanitarie”, che contiene precise prescrizioni igienico-sanitarie relative alle sale di deposito, d’anatomia, di ricognizione e d’osservazione dei cadaveri. Le prescrizioni igienico-sanitarie, descritte per le diverse sale, sono da attribuirsi al medico Paolo Gaddi, che poteva vantare specifiche esperienze in tal campo (compiute nei lavori di ristrutturazione ed ampliamento della Clinica Medica dell’Università di Modena presso l’Ospedale Civile di S.

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Agostino e riportate in numerose memorie riferite all’Accademia di Scienze Lettere ed Arti).

Nell’appendice vengono specificate inoltre le prescrizioni per la progettazione e la realizzazione delle singole sale, come ad esempio la “sala di deposito”, capace di contenere venti feretri, che deve essere situata al pianterreno, esposta a Nord, con ampie finestre munite di fitte graticcie e porte rivestite in ferro nella parte inferiore; questa deve anche essere il più possibile alta, con soffitto costruito a volta, interrotto da un’ampia apertura tonda al centro per l’installazione di una canna fumaria in cotto dotata di un fornetto aspirante (forneau) accessibile dalle soffitte. Il pavimento deve essere a terrazzo (con scolo nel mezzo) e le pareti devono essere intonacate (con stucco ad olio), sino all’altezza di 2 metri.

Per la sala d’anatomia, le avvertenze medico-sanitarie sono simili a quelle esposte per la sala di deposito, manca però la prescrizione di un soffitto a volta con condotto d’aerazione e la necessità d’avere acqua corrente. Il compilatore si sofferma poi sulle dotazioni specifiche e l’arredamento necessario, avvisando che, data la possibilità che alle “sezioni giuridiche”(dei cadaveri) intervengano la forza pubblica e testimoni, è utile la realizzazione di una sala d’aspetto con scanni e camino.

Sezioni del corpo centrale d’accesso, lato Nord

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La sala di osservazione deve essere al pianterreno o, ancor meglio, al primo piano in prossimità della stanza da letto del custode, deve essere provvista di calorifero, di finestre munite di inferriate e pavimento in legno, inoltre deve contenere almeno tre letti, costruiti in modo che un lievissimo movimento loro impresso produca un segnale avvertibile dal custode.

Queste misure sono necessarie ad evitare il pericolo “…di seppellire vivi apparentemente morti…”.

La sala di ricognizione deve essere costruita al piano terreno, in un locale con accesso autonomo dalla strada esterna al Cimitero murato, e deve servire per il riconoscimento di cadaveri di sconosciuti. E’ inoltre indicata l’esposizione ad Est, ed una buona illuminazione con rifiniture simili a quelle delle altre sale specialistiche poste al pianterreno. Annessa alla sala deve trovarsi una stanza per il corpo di guardia, con camino e tavolati e la sala stessa essere deve essere divisa in due parti da un’alta cancellata di ferro. I cadaveri, posti su tavole di marmo in fronte ai visitatori, saranno continuamente bagnati da un sottile getto d’acqua. Merita particolare attenzione la descrizione delle fasi di decomposizione dei cadaveri, attentamente studiate in virtù di una migliore progettazione1.

Per il calcolo delle dimensioni necessarie per il Cimitero si proponeva di assumere, come riferimento, l’elaborazione statistica del numero di tumulazioni effettuate nel quindicennio compreso fra gli anni 1839-1853 (che constavano di una media annua di 810 tumulazioni), da moltiplicare per un’area di 13 braccia quadrate2. Si raccomanda, inoltre, di far riposare i terreni, suddivisi in comparti, per almeno un decennio prima di ridedicarli all’uso di tumulazione (criterio seguito nei progetti più innovativi dei Cimiteri).

Le dimensioni ricavate con tali criteri richiedono perciò un’area da destinarsi a tumulazioni ordinarie di braccia quadrate 136.10, compresa entro un recinto rettangolare (di lati interni di pertiche 80 e 40), a sua volta circondato da portici ed ambulacri larghi braccia 21, da destinarsi alle tombe di maggior pregio, per un totale di braccia quadrate 32.004. A questa area si dovevano sommare altre 6.480 braccia quadrate, destinate a: Chiesa, abitazioni, uffici, cortili e simili, ed una striscia esterna di terreno che circonda i tre lati dei 1 Le attuali Norme Statali regolanti la materia impongono che le bare siano interrate ad una profondità minima di mt 2; sono perciò incompatibili con il terreno del Camposanto attuale e comportano rischi di inquinamento delle falde. 2 Un braccio modenese corrisponde a m 0,523.

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porticati, da destinarsi alla sepoltura di quei cadaveri che non potevano essere inumati nel terreno del Cimitero (per un’estensione di braccia quadrate 49.008).

Riassumendo, quindi, l’area totale destinata sia alle sepolture che agli edifici di servizio, risultò di braccia quadrate 175.194, contro le 22.068 del Cimitero precedente.

Il Cimitero, illustrato da una planimetria generale, è progettato seguendo le indicazioni di Quatremère de Quincy. Esso è formato da un ampio terreno destinato alle sepolture comuni e circondato da un quadriportico rettangolare, in cui collocare le tombe monumentali. Esternamente all’edificio, è prevista l’edificazione di un ampio muro di cinta sviluppato parallelamente a tre lati, inoltre è separato da questo mediante una parte di terreno destinata alle sepolture speciali.

Il progetto, seguendo l’esempio delle successive elaborazioni francesi di Charles Delafosse e J. T. De Neufforge e dei numerosi esempi realizzati nel Nord Italia, si arricchisce con l’inserimento della Chiesa, detta del Suffragio, al centro del lato Nord; inoltre, la sequenza continua dei portici è interrotta e ritmata dall’inserimento di edicole e cappelle.

I portici (ad archi o architravati) verranno sostenuti da colonne in materiali di provenienza locale. A questo proposito, la Commissione esprime una preferenza per l’uso del serpentino proveniente dalle località appenniniche di Renno o Varana (cui abbinare basi e capitelli in marmo bianco di Verona), in alternativa all’uso di pezzi speciali in laterizio: a tal fine viene dichiarato necessario far partire indagini sulla possibilità di aprire una nuova cava. Queste notizie confermano che la scelta del serpentino, proveniente dal versante Modenese dell’Appennino, deve essere considerata una novità che non ha precedenti nella tecnica edilizia locale.

Il percorso di accesso è studiato con chiari intenti scenografici: dalla via Emilia un lungo stradone con doppio filare di pioppi o cipressi conduce esattamente al centro del lato meridionale del porticato, oltrepassato il quale si sarebbe vista la Chiesa fiancheggiata dai portici e dalle edicole. Il Cimitero sarebbe stato inoltre provvisto degli uffici necessari per la dispensa del servizio, situati all’esterno del portico, nel lato Nord, in due fabbricati posti sul retro della Chiesa.

Gli ambienti così individuati sarebbero dotati di tutte le comodità e avrebbero risposto adeguatamente ai requisiti igienici richiesti dalle diverse fasi della tumulazione. Oltre alle sale già descritte, il progetto prevedeva un appartamento per il Cappellano, un appartamento per il

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Deputato del Cimitero, altri per il Custode e per lo Scavatore di fosse, nonché il magazzino della calce e degli attrezzi, la rimessa per i carri mortuari, la scuderia e i lavatoi.

L’ultimo e fondamentale aspetto esaminato dalla Commissione, riguarda il reperimento dei fondi necessari alla realizzazione dell’opera. A tale proposito viene individuata, quale fonte finanziaria principale, la vendita delle arche a famiglie facoltose o a corporazioni. Il restante della spesa complessiva viene ripartito fra Stato, Comunità e Opere Pie, secondo la categoria delle tumulazioni e sulla base delle statistiche riguardanti le tumulazioni effettuate negli ultimi dieci anni. In particolare, si decise che allo Stato sarebbero spettate le spese per la tumulazione dei militari (nazionali o stranieri), dei forestieri, dei carcerati e di quei cadaveri necessari all’anatomia medica e pittorica; alla Comunità invece, sarebbero spettate le spese per le sepolture dei poveri della città e infine, le Opere Pie avrebbero provveduto ai morti negli Ospedali Civili, nelle Case di Ricovero e nelle Case di Dio. Non appena il Cimitero fosse entrato in funzione, l’incasso delle tasse di tumulazione sarebbe stato utilizzato per le spese di ordinaria manutenzione per l’onorario degli impiegati. Conclude il Rapporto la precisazione della Commissione che il Regolamento Generale sarebbe stato redatto al momento dell’entrata in funzione del Cimitero.

Sezione trasversale al fianco dalla Chiesa del Suffragio, lato Nord

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Processo realizzativo ed aggregativo dell’attuale impianto cimiteriale: la fase iniziale (1855-1860)

Dalla lettura delle “Note giornale delle opere impiegate. Lavoro d’ampliamento del Cimitero di S. Cataldo che si esegue per conto di questo Ill.mo. Municipio di Modena3“, si deduce che i primi lavori per la realizzazione del progetto di Costa, iniziarono alla fine del mese di Agosto 1858, tre anni dopo la consegna da parte della Commissione tecnica del “piano o programma dell’opera”4.

Ripercorrendo i principali avvenimenti intercorsi tra il 1855 e l’inizio dei lavori, è possibile risalire all’ordine di esecuzione temporale di particolari opere. E’ interessante citare alcuni di questi avvenimenti che hanno consentito l’organizzazione del cantiere e l’esecuzione di alcuni primi tratti del cimitero: • Il 24 Giugno 1856, il Podestà5, rispondendo ad una richiesta di approfondimenti del Ministero dell’Interno circa i criteri di ripartizione delle spese di realizzazione, propone che ci si basi sulle statistiche delle tumulazioni avvenute a Modena negli ultimi dieci anni. Secondo questa proposta, al Comune spettano 3/6 della spesa, allo Stato 1/6 e alle Opere Pie 2/6. I lavori vengono distinti in due fasi, di cui la prima è considerata indispensabile e la seconda da attuarsi in tempi successivi, in relazione alle disponibilità economiche future: I fase: alzamento ed ampliamento della recinzione; II fase: costruzione dei porticati, della chiesa, delle edicole, delle cappelle e dei fabbricati di servizio. • Il 4 Maggio 1856, il Ministero dell’Interno comunica la propria approvazione 6 circa la ripartizione di spesa e richiede la formulazione della perizia economica relativa alla prima parte dei lavori, al fine di calcolare la quota a carico dell’Amministrazione dello Stato Estense. Il Consiglio Comunale, per far fronte alle richieste pressanti dello Stato e soprattutto delle Opere Pie, decide di reinsediare la Commissione che, dal primo verbale di seduta del 28 Settembre 18577, vede riconfermati tutti i membri della Commissione precedente, escluso Vandelli (scomparso nel 1856). Gli esperti si

3 ASCMo, md.r. 384. 4 L’inizio lavori, sa fa coincidere con il trasporto dei primi rottami per l’innalzamento del piano di campagna. 5 ASCMo, a.a.1855, II prot:gen:2455/56. 6 ASCMo,a.a.1855, II prot.gen.3023/56. 7 ASCMo, a.a.1855, II prot.gen.5880/57.

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riuniscono sotto la nuova presidenza di Paolo Golfieri, Conservatore del Comune, che assumerà un ruolo trainante ed autonomo nella lunga e complessa trattativa per l’acquisizione dei terreni da inglobare. • Il 28 Gennaio 1858, l’Ing. Silvestro Martinelli e l’Ing. Pietro Riccardi (rappresentante delle Opere Pie), consegnano la perizia estimativa8 relativa ai valori dei terreni necessari per l’ampliamento del Cimitero, allegando ad essa una planimetria dei terreni9.

Sezioni in corrispondenza della prima galleria del piano rialzato, lato Nord • Il 19 Novembre 1857, l’Ing. Martinelli consegna la perizia 10 relativa alla spesa necessaria per la realizzazione della prima fase dei lavori, premettendo come la stima sia da considerarsi sommaria mancando ancora il progetto di dettaglio del muro di cinta. 8 ASCMo, a.a.1855, II prot.gen. 401. 9 ASCMo, Cartella a.a.1855, II c.S.C. 10 ASCMo, a.a.1855, II prot.gen. 6642.

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• Il 29 Aprile 1858, il Regio Delegato Provinciale comunica al Podestà che “S.A.R.. in persona”, dopo aver visionato il progetto, ne

clude otes

ste di modifica al getto

ha richiesto alcune sostanziali modifiche: la realizzazione di una più stretta connessione fra il Cimitero ed il vicino Convento, mediante la creazione di un vasto piazzale, da realizzarsi con l’eliminazione della fascia di terreno racchiuso fra i portici ed il muro di cinta sul lato Est; l’eliminazione dell’asse prospettico, con orientamento Nord-Sud, che vede allineati il viale alberato, l’ingresso monumentale posto sul lato meridionale e la Chiesa, in favore di un ingresso principale situato sul “lato di Levante”. Nello stesso Regio Decreto, il Duca prescrive il ricorso a comandate per il trasporto del materiale necessario a rialzare il piano di campagna e concede l’autorizzazione al Comune di contrarre prestiti per la realizzazione dell’opera. Inoltre dichiara il proprio apprezzamento alla Commissione per aver diviso il programma edificatorio in due parti e richiede che per il momento venga dato corso solamente alla prima e indispensabile fase dei lavori, costruendo un robusto muro capace di reggere le arcate che saranno aggiunte in seguito (a spese dei privati che ne faranno richiesta). • Il 15 Maggio 1858, la Commissione si riunisce per discutere le proposte di modifica fatte da S.A.R. Francesco V 11 , esl’ip i di un ribaltamento generale dell’orientamento, che era stato scelto in funzione dell’esposizione richiesta per le sale specializzate site nei fabbricati di servizio, e dell’assunzione della Via Emilia quale punto di vista privilegiato (confermato dal tracciato della ferrovia, parallelo al previsto viale di accesso alberato). Al contempo decide di realizzare il piazzale fra il Convento di S. Cataldo e il Cimitero, traslando quest’ultimo fino a far coincidere il nuovo muro di cinta con quello del Camposanto esistente (nel progetto originario doveva essere inglobato nel muro esterno del doppio porticato). • L’11 Giugno 1858, il Regio Delegato Provinciale comunica l’accettazione da parte di S.A.R., delle propopro 12; la Commissione, ottenute tutte le autorizzazioni necessarie, riferisce al Podestà di essere nella piena possibilità di operare. I poteri della Commissione ricevono ulteriori conferme quando il 20 Luglio 1858, il Duca stesso chiede che tutta la responsabilità del progetto “rimanga nelle man” del Magistrato Comunale e della Commissione

11 ASCMo, a.a. 1855, II prot.gen.2308. 12 ASCMo, a.a. 1855, II prot.gen.2750.

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Il Cimitero esistente (area tratteggiata) ed il nuovo progetto della Commissione,185

formazione del sistema di drenaggio

ecnici qualificati avevano svolto indagini preventive per valutare il

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stessa 13 . Risolte le complesse fasi amministrative preliminari e attribuite le responsabilità agli operatori del progetto, si da inizio all’organizzazione di cantiere. In questa fase di avvio, abbastanza convulsa e nella quale non sono ancora chiaramente attribuite le specifiche competenze, l’Ingegnere capo del Municipio di Modena, Silvestro Martinelli, in attesa del progetto dettagliato (di esclusiva competenza della Commissione), predispone l’inizio dei lavori con l’approvazione del Podestà. Il programma dei lavori messo a punto, prevedeva come prima operazione la formazione delle fosse di scolo del camposanto, la creazione del muro di cinta su tutto il perimetro, e le operazioni di espurgo dei terreni già utilizzati nel camposanto preesistente. Adattamento dei terreni e Tsistema di drenaggio e le “virtù sarcofaghe” del vecchio Cimitero Settecentesco.

ueste indagini avevano messo in evidenza quali fossero le qualità nat

Qurali dei terreni e come queste ultime fossero non rispondenti a

quelle auspicate; infatti, il terreno, di matrice argillosa, invece di facilitare la decomposizione dei corpi, ne favoriva la conservazione. Il sistema di drenaggio messo a punto dalla Commissione, metteva a frutto tutte le conoscenze del tempo in fatto di drenaggi e di

13 ASCMo, a.a. 1855, II prot.gen.3480.

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captazione delle acque di falda e trasformava la natura sfavorevole del terreno in un punto di forza dell’intero sistema: il terreno argilloso veniva solcato da profonde fosse drenanti (riempite con ciottoli e scartini) che attraversano il camposanto da Nord a Sud nel senso della minor lunghezza, allo scopo di captare le acque di risalita ed anche quelle meteoriche, e trasportare resti delle decomposizioni verso le falde acquifere. Il terreno viene poi rialzato con uno strato di riporto, drenante ed aerato, di due braccia d’altezza, così composto, a partire dal basso: scartini e ciottoli, ghiaia ed infine una sabbia molto grassa, ricca di carbonato di calce. Le operazioni di formazione delle fosse di scolo vengono appaltate ad una compagnia di minore importanza, mentre nel frattempo, i rottami per il riempimento delle stesse provengono dalle demolizioni di numerosi portici operate in città e dagli scarti di sassi usati per selciare le pubbliche vie; i rottami, venivano trasportati in loco da birocciai ordinari retribuiti a £.10 per trasporto di carro.

Planimetria dell’area cimiteriale con indicazioni del sistema di drenaggio

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Scavo delle fosse di drenaggio, innalzamento del livello del terreno e sepoltura entro lo strato di riporto

• di far trasportare i rottami fino al cantiere da birocciai

ordinari, compensati, per la grande distanza da percorrere, con £. 10 a biroccio;

• oppure di far trasportare gratuitamente, sempre ad opera degli stessi, i rottami fino al deposito situato sulla strada circondaria fra la Via Emilia e la strada di Toscana, e da qui al Cimitero, tramite pubbliche comandate. Nella stessa lettera, egli trasmette un contratto d’appalto per

l’esecuzione delle fosse, da assegnare ad Antonio Gasparini, richiedendone l’approvazione. Oggetto dell’appalto è la formazione di 7 fosse di scolo parallele, con direzione Nord-Sud e distanti fra loro di 30 m circa. Tali fosse avranno, alla partenza, una quota di 1,20 m rispetto al picchetto di livellazione collocato dall’Ing. Martinelli (il livello di riferimento è quello della soglia della Cappella del Cimitero murato esistente, situata ad una altezza di due metri rispetto al piano di campagna) e la loro pendenza da Nord a Sud sarà di ½ cm per ogni metro, mentre la scarpa sarà di 50 cm per ogni metro di profondità. E’ prevista inoltre l’esecuzione di una fossa di scolo, con pendenza di cm 20, da Ovest ad Est, lunga 90 m e larga al fondo circa 50 cm. La terra di scavo sarà depositata ad una distanza non minore di 1 m dalle sponde. Il compenso era fissato in 40 centesimi al metro cubo; i lavori avrebbero dovuto iniziare entro il “29 corrente mese” (Agosto 1857) ed occupare almeno 8 persone. Il Podestà approvò il contratto e dispose che, per la “condotta” dei rottami, si ricorresse a birocciai ordinari da compensarsi con £ 10 per ogni carro scaricato in cantiere14.

14 ASCMo, a.a.1855, II prot.gen. 3733.

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Il 23 Agosto 1858, iniziano le operazioni di “trasporto e scarico di rottami” 15 , che fino al giorno 14 Ottobre si assommano complessivamente in 184 birocci. Il 6 Settembre 1858, la Commissione compie un sopralluogo e dispone di scavare altre fosse di minore entità, fra le fosse principali, per realizzare le fognature. Il 10 Settembre 1858, i lavori oggetto dell’appalto, risultano terminati.16 Il trasporto di rottami prosegue fino al 20 Novembre, raggiungendo un totale di 112 birocci trasportati.

La costruzione del muro di cinta perimetrale

“…Dietro istruzioni impartite dal Prof. Ing. Cesare Costa…”, il 25 Settembre 1858, l’Ing. Martinelli17, affida in appalto i lavori di scavo e costruzione delle fondazioni per il muro di cinta a Giacomo Bosetti che, con 12 operai, inizia la costruzione della fondazione in proseguimento del muro di Levante del Cimitero esistente.

Muro di cinta del cimitero di Cesare Costa

Porzione centrale della facciata verso il camposanto.

15 ASCMo,.md.r.384, note settimanali. 16 ASCMo, a.a.1855, II prot. gen. 4413. 17 ASCMo, a.a. 1855, II prot.gen. 5190.

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Il giorno 22 Ottobre, 24 operai sono al lavoro per costruire le fondazioni. Il 4 Dicembre 1858, il Comune ottiene l’autorizzazione, dal Regio Delegato Provinciale, di accettare un prestito di £. 200.000 Austriache 1 , offerto a condizioni estremamente vantaggiose dal Conservatore Pietro Bonacini2 durante la seduta di Consiglio del 19 Novembre 1859 e vincolato all’opera del Cimitero di S. Cataldo. Da questo momento in poi, la contabilità di S. Cataldo sarà separata da quella delle altre opere pubbliche.

A questo proposito, merita particolare attenzione, la lettura di una importante fonte di informazione, riguardante il cantiere di San Cataldo: le “Note giornale delle opere impiegate nel lavoro di ampliamento del Cimitero di S. Cataldo”. Si tratta essenzialmente, di registri settimanali sui quali vengono registrati: i lavori svolti, le presenze e le ore di lavoro giornaliere per l’esecuzione delle singole opere prestate dalle diverse maestranze (suddivise per qualifica3), le retribuzioni delle maestranze, le prestazioni minori od occasionali (da retribuirsi a ore o giornate), nonché i materiali minuti e gli attrezzi di lavoro ordinati direttamente dall’Assistente di magazzino, ed infine, l’acquisto di gesso.

Altrettanto fondamentali per lo studio delle vicende del cantiere, sono i Capitolati d’Appalto. Durante tutto l’inverno la Commissione, che dal 18 Febbraio 18594, dispone di una propria sede, di un proprio timbro e dell’opera del protocollista municipale Alessandro Setti, lavora per preparare i disegni tecnici di dettaglio del muro di cinta, il relativo Capitolato d’Appalto e predispone la fornitura dei materiali, l’organizzazione e la gestione del cantiere. Il 6 Aprile 1859, la Commissione presenta al Podestà “Il capitolato d’appalto per la costruzione del muro di cinta”5, per ottenerne l’approvazione.

Il Capitolato si rivela un documento fondamentale, sia per la precisione con cui sono descritte le tecniche costruttive relative alle singole opere, sia per le regole adottate per la stipulazione dei contratti d’appalto. Tali caratteristiche lo rendono uno strumento estremamente

1 ASCMo, md.r.384 prot.2046. 2 Ci preme qui ricordare che Bonacini era committente di Costa al quale, nel 1849, aveva affidato il progetto di ristrutturazione del proprio palazzo in via dei Mulini Nuovi (oggi Via Saragozza). 3 Vengono registrati, su questi documenti, solo i lavoratori pagati a giornata dall’Amministrazione Comunale. 4 ASCMo, a.a.1855. 5 ASCMo, a.a.1855 II prot.gen.1807.

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innovativo per quel periodo, infatti non va dimenticato che i contratti fissavano di norma solo le retribuzioni a misura.

I punti normati dal Capitolato riguardano: i) garanzie di qualità in fase esecutiva; ii) prescrizioni tecniche per la buona esecuzione dei lavori; iii) organizzazione del cantiere; iv) lavori a misura.

La costruzione delle gallerie e dei fabbricati di servizio (1860-1864)

L’anno 1860 si presenta come un periodo di radicali trasformazioni per l’assetto politico dell’Italia. Nell’evolversi di questi eventi viene coinvolta anche la città di Modena, che, da capitale dello Stato Estense, diventa capoluogo di provincia del nuovo Stato Italiano. La borghesia, che più di altre aveva contribuito al succedersi di questi eventi, diventa classe amministratrice della città e da ora in poi contribuirà notevolmente alla realizzazione delle opere pubbliche, in particolare del nuovo Camposanto.

A seguito delle dimissioni, per ragioni politiche, del Presidente della Commissione Golfieri e della scomparsa di Stefano Tosi, Presidente delle Opere Pie, si nomina un nuovo Presidente, l’Avvocato Carlo Malmusi ed un nuovo membro, Giovanni Malmusi. Vengono invece confermati nel loro incarico Cesare Costa e Paolo Gaddi 6 . La nuova Commissione testimonia l’impegno della classe borghese nell’amministrazione e nello sviluppo della città.

Viene subito modificato il programma dei lavori imposto dal Duca, che prevedeva in un primo momento la sola realizzazione dell’ampliamento del Camposanto esistente e del muro di cinta e viene compilato un nuovo e più dettagliato progetto. Sono datati 1860 i disegni di Costa che delineano l’aspetto del Cimitero nella forma che noi oggi conosciamo; le principali varianti al progetto, sono datate 1864. Le scelte progettuali evidenziano una chiara influenza del progetto per il Cimitero di Verona, realizzato da Barbieri a partire dal

6 Al momento della sua nomina nella Commissione, Carlo Malmusi, consigliere delegato del Comune di Modena, era Presidente dell’Accademia di Scienze lettere ed Arti. Giovanni Malmusi presiedeva le Opere Pie.

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18307, soprattutto per quanto concerne l’organizzazione del doppio porticato e la composizione dei prospetti8.

La tipologia costruttiva del fabbricato è quella di un edificio seriale con copertura a due falde, suddiviso internamente in un porticato con colonne di ordine dorico “pestano” rivolto verso il Camposanto ed in una galleria interna, con campate scandite da lesene. Il solaio che delimita superiormente il piano descritto è progettato a volta a botte continua lungo il portico ed a volte a crociera rampanti, con aperture semicircolari praticate nelle lunette, lungo la galleria interna.

Disegno di progetto, 1860, ingresso Nord

Disegno di progetto, 1860, pianta e prospetto dell’ingresso Nord

7 Per il Cimitero di Verona, vedasi Vincenzo Pavan, Il Cimitero.., op. citata. 8 ASCMo, Raccolta fotografica, cartella VII a.

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Ciò che rende particolare il Cimitero di Modena, rispetto ad altri analoghi progetti, è il deciso rifiuto del Costa di utilizzare le nuove tecniche edilizie già messe in opera in altri edifici cimiteriali e l’adozione di tecnologie costruttive tradizionali perfezionate, con l’obiettivo di ridurre il più possibile gli interventi futuri di ordinaria manutenzione. Un’ altrettanto attenta pianificazione è posta nello stabilire possibili suddivisioni nei vari stadi di avanzamento dei lavori, per ovviare a quei periodi molto lunghi di lavorazione imposti dalle ristrettezze economiche dell’Amministrazione cittadina.

Dal punto di vista morfologico, il progetto di Costa presenta una sostanziale innovazione: al posto del recinto quadrato “veronese”, si realizza uno stretto rettangolo, che accentua ancor più la centralità del percorso Nord-Sud e che ha, come punti focali, a metà del lato meridionale l’ingresso principale e sul lato opposto la chiesa e l’ingresso cosiddetto ad uso (proprio qui si trovano, infatti, due edifici simmetrici adibiti a servizi del Cimitero, e che richiedono, per esigenze di igiene legate alla specificità dell’uso, l’esposizione a Nord9).

Disegno di progetto, 1864, sezione longitudinale del portico

9 La definizione dei servizi da svolgere all’interno dell’area cimiteriale era stata redatta da Gaddi nel Rapporto delle avvertenze Medico Sanitarie registrate negli atti della Commissione al n.11, 8 Gennaio 1852, allegata al Rapporto della Commissione, del 1 Aprile 1855.

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Disegno di progetto, 1864, pianta dei sotterranei

Rispetto al progetto di massima delineato dal “Rapporto del 1855”,

Costa ha introdotto una variante fondamentale che consente di raddoppiare la capacità ricettiva offerta dall’impianto cimiteriale: il dislivello imposto dalla necessità di rialzare il livello del terreno, fornisce l’occasione per la realizzazione di un piano, parzialmente interrato, da utilizzarsi per tumulazioni individuali. Questo nuovo spazio, non ancora ben delineato dal progetto10, sarà successivamente definito da Costa, mediante la configurazione di uno spazio architettonico desunto dalle catacombe degli antichi martiri cristiani, rievocate tramite la realizzazione di stretti percorsi coperti a volta e cappelle ipogee, rifiniti con un intonaco di colore rosso mattone. Al di sopra del seminterrato, il doppio percorso galleria-portico, viene ulteriormente suddiviso, ed interrotto mediante l’inserimento di due edicole poste sui lati lunghi, e da loggiati aperti ogni sette campate, che mettono in comunicazione le gallerie interne, con lo spazio aperto del Camposanto. A metà dei lati Ovest ed Est il progetto prevede la realizzazione di due vasti Pantheon. Lo spazio d’ingresso sul lato Nord del muro di cinta, viene organizzato mediante la creazione di tre avancorpi: quello Ovest destinato a portineria, quello ad Est a camera di ricognizione, quello centrale come ingresso di servizio al Cimitero.

Definito in tal modo il progetto, la Commissione dette avvio ai lavori in tempi brevi, e consentì già nel 1864, l’entrata in funzione, 10 I disegni che illustrano il prospetto interno, non prevedono la realizzazione delle aperture circolari che ornano il basamento del porticato, eseguite in tempi successivi.

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Disegno di progetto, 1860, pianta e prospetto interno del lato Nord

seppur parziale, del Cimitero. Parallelamente ai lavori di costruzione del muro di cinta, inizia la programmazione delle operazioni di espurgo e di bonifica dei terreni del vecchio Cimitero, sul quale dovranno edificarsi i nuovi fabbricati. Al termine delle operazioni di espurgo e di re-inumazione dei corpi, viene avviata la fase realizzativa dei fabbricati, in conformità al progetto di Costa.

Disegno di progetto, 1864, sezione della galleria del piano rialzato

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Il fabbricato di servizio Come accennato in precedenza, il progetto di Costa prevedeva la

realizzazione di due fabbricati identici, collegati da un portico e disposti simmetricamente rispetto all’asse Nord – Sud, che regola l’organizzazione spaziale dell’intero Cimitero. Da notare che, di questi due fabbricati, verrà costruito solamente quello ad Est (parzialmente demolito negli anni ‘70 per lasciar spazio all’addizione di una nuova galleria esterna, realizzata in aderenza al fabbricato seriale ottocentesco). Il fabbricato “seriale”

La realizzazione dell’edificio seriale a due falde, viene affidata,

senza peraltro rinunciare alla qualità del costruito, a diversi tipi di impresa contemporaneamente, per ridurre i tempi di esecuzione e conseguentemente contenere i costi di realizzazione.

I lavori di costruzione delle fondazioni sino al piano di imposta del solaio delle gallerie vengono svolti in economia sotto la direzione assidua di Costa stesso. I muri portanti sono suddivisi in tre parti: • una parte inferiore in sassi ben disposti ed allineati cementati con

malta idraulica e ghiaina; • una parte intermedia sino ad un braccio sotto alla quota di

campagna in muratura di mattoni, spesso di recupero; • una parte superiore sino a comprendere il basamento esterno a

faccia a vista da realizzare con la massima precisione sia per quanto riguarda l’allineamento dei mattoni che per la sottigliezza del giunto. Il basamento viene poi rifinito con levigatura e sagramatura con un velo di malta addittivata con pozzolana.

Si rileva inoltre che le murature appena finite, venivano protette dalle intemperie nei mesi invernali o con legname e tegole o coperte con la terra.

Per la costruzione delle gallerie esterne si procede con lavori in economia, eseguiti da una squadra composta da: 1 caposquadra, 9 maestri muratori, 1 calciniere e 12 manovali. La parte di galleria costruita comprende sette campate, secondo la precisa prescrizione di Costa, che chiedeva, “…visto la natura non proprio favorevole del terreno…”, la maggior estensione possibile dell’intervento, allo scopo di non creare dei picchi di carico eccessivi.

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Disegno di progetto, 1864, sezioni trasversali

Disegno di progetto, 1864, sezione edicola lato Nord

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La particolare tecnica adottata in fase di realizzazione ha le sue origini appunto in questa preoccupazione, infatti, le ulteriori ripartizioni operate nelle campate per formare i colombari, vengono eseguite mediante creazione di volte leggere e collegate ai pilastri per permettere così l’alleggerimento generale della struttura, che trasforma parte dei carichi verticali in spinte orizzontali.

Il muro esterno, ripartito con lesene interne ed esterne, è preparato all’intonacatura mediante stesura di un leggero strato di intonaco di calce, sfregato con mattone, ed infine tirato con il frattazzo di legno; per quanto riguarda le lesene, oltre l’impiego di mattoni grossi e particolarmente calibrati, la rifinitura è ottenuta con “raffilatura” a martellina, stuccatura dei giunti, levigatura e sagramatura lungo le tre facce.

Da notare che muratura e lesene vengono ammorsate tra di loro regolarmente ed una volta raggiunta la quota di imposta degli archi, si costruiscono le cornici, impiegando diverse tipologie di laterizi e sagomandone alcune a piè d’opera; da notare che negli stessi anni, in altre architetture civili, la sagoma delle cornici in laterizio era assai meno precisa e per formare la cornice definitiva ci si affidava assai più spesso al gesso. Invece, in quest’opera di Costa, l’uso di gesso per modellare le parti di rifinitura si limita - come constatato anche dai saggi puntuali eseguiti – a non più di 2 cm di spessore. Si procede quindi alla messa in opera delle centine e si costruiscono, contestualmente, archi, lunette e imposta delle volte sino alle reni (allargando e tagliando la muratura perimetrale). Per quanto riguarda le volte a crociera, queste vengono costruite solo una volta ultimata la copertura, per scongiurare il pericolo che la malta a base di gesso si deteriori con l’esposizione alle intemperie.

Questi ed altri dettagli, confermano l’attenzione posta da Costa nei particolari tecnici ed esecutivi: ad esempio, appoggiando la trave maestra sugli archivolti, egli trasforma il carico verticale in spinta orizzontale, che viene poi debitamente contrastata dalla catena.

In copertura si nota la stessa attenzione nei dettagli, unendo con piastrine metalliche i travetti interrotti sulla terzera. Il solaio inclinato è composto in lambrecchie tradizionali e per impermeabilizzarlo si ricorre alla rasatura con malta pozzolanica. Una volta terminata la copertura si è proceduto alla realizzazione delle volte, impostandole sulle reni precedentemente costruite, e si è completato il cornicione esterno impiegando laterizi speciali.

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Fase della costruzione delle gallerie e dei seminterrati.

Le volte sono state adeguatamente irrigidite, costruendo sull’estradosso costole a due teste, ottenute mediante il collegamento di mattoni disposti a coltello; queste sono ulteriormente protette dall’acqua grazie alla stesura di uno strato di malta fine ed impermeabile, in modo da realizzare una particolare forma a sella, capace di convogliare eventuale acqua di infiltrazione, negli appositi punti di raccolta. Sono state infine rifinite con intonacatura e tinteggio. I lavori di rifinitura interni e quelli di suddivisione dei colombari, sono stati espletati tempi diversi, secondo le specifiche esigenze di cantiere. Il 30 Settembre 1864, viene ultimato il seminterrato lungo il lato Nord, e completate le gallerie di destra e quelle di sinistra della Chiesa, sino alle Edicole. Dopo l’approvazione del Regolamento Generale di funzionamento del cimitero, emanato dalla Giunta Municipale 11 , si è dichiarato definitivamente funzionante il nuovo Cimitero di Modena.

11 AGCMo, f. 94, pvs n. 318.

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Per quanto riguarda i lavori eseguiti all’edicola Bonacini si sa che il 18 Maggio 1863 si forma la squadra che ne intraprende i lavori di costruzione. Dalla lettura di un “conto”, presentato dal fabbro ferraio Cesare Dallari, che riguarda le varie opere da lui svolte nell’edicola Bonacini fra Maggio ed Agosto, si deduce che sono stati impiegati numerosi elementi di tirantatura in ferro, tutti minuziosamente descritti. La costruzione dei portici e del fabbricato di ingresso (1865-1876)

Ultimati i lavori nei sotterranei (su tutto il lato Nord), quelli nelle gallerie a destra e a sinistra della Chiesa del Suffragio (sino alle Edicole, situate alla metà esatta delle due braccia del lato Nord), ed infine quelli relativi al fronte d’ingresso sulla parete di cinta a Nord e nel fabbricato di servizio (con il relativo portico), è stato approvato il Regolamento Generale di gestione e funzionamento del cimitero e reso operante tutto l’impianto cimiteriale. Quando le spoglie dei cadaveri, riconosciuti dai congiunti durante le varie operazioni d’espurgo, vengono tumulate nei tombini dei sotterranei, è l’inizio del 1865. Per il controllo delle epigrafi vengono nominate due apposite sub-commissioni12: una con competenza sulle epigrafi scritte in latino (presieduta da Celestino Cavedoni, con membri Giovanni Raffaeli e Giovanni Vecchi), ed un’altra per le epigrafi scritte in italiano (presieduta da Carlo Malmusi, composta da Vacca’ e Puglia). Il 4 Giugno 1869, viene nominata una terza sotto-commissione per la revisione degli stemmi gentilizi e delle insegne araldiche, con Presidente Carlo Malmusi e come membri, il conte Giovanni Galvani e il conte Giorgio Ferrari Moreni13

12 AGCMo., f. 94 pvs., n. 309 del 30 Marzo 1865. 13 AGCMo., f. 94 pvs., n. 381.

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E’ datato 27 Settembre 1865, l’arrivo di un primo lotto di cartellini di porcellana bianca con numeri in smalto blu, da impiegarsi per contrassegnare i diversi comparti dei sotterranei (inviati a mezzo ferrovia dalla stazione di Livorno, dalla Manifattura Ginori, Doccia Firenze)14. La continuazione dell’opera del Costa (1876-1972)

Le prime notizie che riguardano la ripresa dei lavori al cantiere del Cimitero di S. Cataldo dopo il decesso di Cesare Costa (1876), risalgono al 1911, anno in cui l’Ing. Cesare Razzaboni, allievo del Costa, consiglia alla Amministrazione della città di riprendere i lavori, realizzando la cupola della Chiesa in cemento di Brescia, contravvenendo così alle prescrizioni del suo maestro, che prevedevano l’uso del laterizio15.

Le indagini svolte nella fase del progetto preliminare di ripristino dei danni con adeguamento antisismico (anno 2000), riguardanti le tecniche costruttive utilizzate nella realizzazione dei fabbricati del Cimitero, hanno rivelato che la cupola, contrariamente a quanto era supposto da altri, è costituita da due calotte in laterizio collegate fra loro con setti trasversali irrigidenti.

Il testo “Guida di Modena e dintorni”, di Evaristo Pancaldi e Leone Chellini, riporta la notizia che la Chiesa, a causa dei cedimenti verificatisi (dissesti di fondazione), venne aperta al pubblico solamente nell’anno 1925. Tali dissesti, si sono accentuati nel tempo (confermati anche nel rilevamento ipsometrico effettuato dai progettisti nel 2000), non solo a causa dell’inadeguatezza del terreno, circostanza ben risaputa da tutti, ma anche a causa dell’ampliamento del cimitero con l’aggiunta della galleria esterna, avvenuto con tecniche costruttive caratterizzate da forti vincoli di continuità, sia in fondazione che nelle strutture in elevazione. Numerose furono le precauzioni prese dal Costa, onde evitare fenomeni di dissesto dovuti all’assestamento delle fondazioni che avrebbero arrecato danni nelle strutture in elevazione e nelle opere di rifinitura. Nel 1870, compilando la programmazione dei lavori per il completamento del lato Nord del Cimitero, fissava alcune priorità esecutive connesse al

14 AGCMo., f. 94 s.n.. 15 AGCMo, f. 904/3 s.n.

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pericolo di rigonfiamenti e conseguenti costipamenti del terreno, dovuti all’alternarsi di periodi di siccità e di umidità.

L’ordine di esecuzione dei lavori da lui programmati, trova anche oggi piena validità dal punto di vista tecnologico e idrogeologico. Tra l’altro, egli stila correttamente una sequenza di cautelazioni e operazioni di controllo, come l’esecuzione dei saggi sul terreno di fondazione e loro successiva chiusura con pali di rovere o come oppure fa l’avvertenza di costruire le volte solo dopo aver provveduto a realizzare un efficace riparo contro la pioggia.

Costa ha previlegiato tecniche costruttive lungamente collaudate, rifiutando, qui come altrove, le nuove possibilità fornite dall’impiego di strutture all’epoca non sufficientemente collaudate, tipo il conglomerato armato. Nel 1875, dopo diciotto anni di attività, gli unici problemi statici riscontrati sono alcune fessurazioni in una volta, riparate da due muratori in una giornata, mentre l’unica scelta infelice, si rivela essere quella di aver utilizzato colonne in breccia ofiolitica, che avevano creato problemi sin dal 1881, mostrando segni di degrado causati dall’esposizione al microclima esterno e dal dilavamento provocato delle acque piovane.

Dal 1876, è Cesare Razzaboni a proseguire la costruzione della Chiesa e del porticato del lato Nord, mentre risalgono al 1881 e 1882, due importanti studi compiuti dai Prof. Gustavo Uzzielli 16 e Luigi Barbieri17, docenti entrambi dell’Università di Modena, sul serpentino della cava di Renno ed in particolare sul degrado delle colonne poste in opera nel Cimitero, studi che rimarcano ulteriormente l’inadeguatezza di questo materiale.

Nel 1900, una zona da adibire a sepoltura degli ebrei viene affiancata al lato Est del complesso cimiteriale organizzato da Costa. Tale zona, separata dalla cinta muraria del cimitero ottocentesco, ha mantenuto una fisionomia ed un’organizzazione indipendente rispetto al camposanto confinante.

Dopo il 1909 si pensa di stabilire un passaggio fra le gallerie dei lati contigui, interrotte soltanto dalle edicole angolari, anziché attraverso i pontili provvisori in legno di cui erano rimaste provviste fino ad allora. L’idea è di costruire gallerie da riproporre anche al portico del piano seminterrato. Infatti, con l’estendersi delle diverse

16 Annuario della Società dei Naturalisti, Anno XIV.

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parti del cimitero, i sotterranei progettati da Costa venivano ad essere ormai troppo angusti e male si prestavano alle tumulazioni a causa della limitata larghezza della corsia di passaggio. Essa viene così modificata e si stabilisce una nuova disposizione, rispondente al bisogno di avere una maggiore varietà tipologica di tombe.

Nel braccio di ponente del lato sud vengono invece eseguite gallerie con arche semplici da ambo i lati rendendo così ancor più ampio lo spazio della corsia. Le edicole d’angolo e quelle intermedie ai bracci di levante e di ponente vengono destinate a sepolture comuni: si abbandona così l’idea originaria del progetto di Costa di riservarle alla sepoltura di un unico nucleo familiare. Tale sorte subiranno in seguito anche le edicole di ponente e di levante aventi la funzione di Pantheon nel progetto ottocentesco. Nel frattempo le pagine dei giornali locali danno libero sfogo all’amarezza di non poter riconoscere nel cimitero di San Cataldo un edificio rappresentativo dell’onore e del decoro della città proprio per la mancanza di un famedio, luogo nel cimitero destinato ad onorare la memoria di cittadini illustri o benemeriti, così come per la lentezza con la quale procedevano i lavori e per l’esiguo interesse che di conseguenza animava i privati per la realizzazione di tombe monumentali. La responsabilità verrà imputata unicamente alla politica delle amministrazioni comunali tesa ad occuparsi solo di quei lavori ritenuti strettamente necessari per la tumulazione dei cadaveri, senza tener conto delle esigenze artistiche; bisognerà attendere il ventennio fascista per assistere all’intento di condurre innanzi “il grandioso disegno concepito dal Costa” e togliere al cimitero quell’aspetto triste di abbandono e di opera incompiuta che aveva assunto. Solamente negli anni ’30 l’Amministrazione ha deciso di utilizzare una tecnologia alternativa per la costruzione delle colonne del portico e di ricominciare i lavori. In luogo delle colonne ed architravi in serpentino, si mettono in opera elementi in cemento armato, rivestiti con una malta ottenuta da un impasto di cemento e detriti di materiali estratta dalle medesime cave.

Successivamente, a seguito dell’esiguo numero di commissioni per tombe monumentali e dell’intensificarsi di richieste per tombe semplici, verrà condotta la modifica del porticato di levante, dove si costruiscono reparti di tombe a cinque ordini, analoghi ai reparti già esistenti nelle gallerie; gli altri porticati dovevano invece essere utilizzati per tombe semplici. Si cercherà inoltre di rimediare agli inconvenienti provocati dalla mancanza di un ingresso principale nel

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lato sud del perimetro murario aprendo un cancello nel muro di cinta di levante.

Il progetto di costruzione di una nuova galleria esterna, da costruire in comunione a quelle già esistenti sui lati est, ovest e sud, è del 1948. Negli anni ‘60 viene realizzata la galleria sul lato Est, con un prospetto del tutto simile a quello realizzato secondo il progetto del Costa, ma con materiali differenti. Negli anni ‘70 si da inizio all’ultima fase dei lavori che si conclude nel 1972, con il completamento delle parti del progetto del Costa non ancora realizzate e la costruzione di una nuova galleria anche lungo il lato Nord. Ancora una volta, pur rispettando le soluzioni progettuali precedenti, in luogo dei materiali tradizionali è stato utilizzato in larga scala il cemento armato. Nei decenni successivi alla morte di Costa il cantiere del cimitero proseguirà l’opera per l’esecuzione di tombe secondo le necessità richieste dal momento.

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Commento sulle tecnologie storiche del complesso cimiteriale

I vari settori che compongono il complesso di S. Cataldo ripropongono l’impianto architettonico originario di Cesare Costa ma sono stati realizzati nel tempo con materiali e tecnologie in uso nell’epoca di realizzazione di ciascun tratto. Di conseguenza l’uniformità architettonico-compositiva non corrisponde ad una uniformità materica e tecnologica. Nulla percepisce di questa varietà tipologica e tecnologica l’occhio del visitatore non esperto di costruzioni edili. Solo attraverso le ferite provocate dal degrado e dai danni sismici è possibile avvertire, ad esempio, che alcune delle colonne del porticato verso il camposanto sono realizzate da pietra ofiolitica (serpentino), proveniente dall’Appennino modenese, ed altre da frammenti di granito annegati in malta cementizia che rivestono il fusto della colonna realizzato in cemento armato. Allo stesso modo non si avverte, camminando nel piano rialzato, che parte delle volte a crociera o delle voltine a padiglione sono realizzate in laterizio e parte in cemento armato prefabbricato.

Cimitero di S. Cataldo: veduta del colonnato interno

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Colonne con fusto in cemento armato rivestito da frammenti di granito annegati in malta cementizia

Pronao dell’edicola Ferrari

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Il quadro delle soluzioni tecnologiche adottate emerge con chiarezza visitando il sottotetto delle prime due gallerie che, a parere di chi scrive, è assai suggestivo, specialmente per i tecnici che hanno modo di approfondire tecnologie antiche spesso di grande genialità; ciò è ancora più evidente soprattutto di fronte al pericolo che rappresentano le spinte orizzontali dovute ai sismi e alle dissimetrie costruttive varie.

Attraversamento longitudinale del sottotetto

A titolo di esempio, dalla lettura e ricognizione tecnologica del complesso monumentale, si è rilevato che esistono 20 tipologie di superfici voltate, differenti per materiali, per forma, per tessitura, per tecnica realizzativa e per vincoli laterali, realizzate dal 1860 al 1972 (vedi rapporto di progetto).

Volte a crociera della seconda galleria del piano rialzato: intradosso ed estradosso

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Tipologie di voltine nelle gallerie

Di grande interesse è anche la varietà tipologica degli elementi di

ancoraggio delle catene metalliche (chiavarde) del sottotetto, che in buona parte sono ancora oggi integre. Grazie a questi collegamenti, le catene e le travi in legno in asse con queste, realizzano nel sottotetto un’interessante catenaria in grado di contrastare le spinte della copertura.

Sezione trasversale del sottotetto, lato Nord

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Alcune tipologie di chiavarde per l’ancoraggio di catene nei locali del sottotetto

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Alcune tipologie di chiavarde per l’ancoraggio di catene nei locali del sottotetto

Interventi di restauro

Un qualsivoglia intervento di restauro o conservazione o miglioramento statico-impiantistico o anche di restyling dell’attuale impianto cimiteriale di S. Cataldo, non può e non deve essere affrontato soltanto dal punto di vista esclusivamente tecnico o tecnologico. Molti sforzi saranno inevitabilmente vanificati se ci si appresterà ad affrontare il problema progettuale isolandolo da una

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coerente impostazione culturale, che prevede necessariamente riflessioni di carattere strategico, storico e, in senso lato, architettonico.

Lo richiede la prassi corretta dell’intervento sull’esistente ma anche l’ingegno e la meticolosità progettuale con cui l’ingegner Costa ha individuato soluzioni tecniche ad hoc, risolvendo con successo le grosse problematiche connesse all’inadeguatezza del terreno di costruzione.

Le grandi opere, oggi come nell’antichità rispondono ad una esigenza essenzialmente simbolica: quella di rappresentare relazioni e rapporti con effetti sia “interni” (l’autoaffermazione e l’avvaloramento della propria condizione, in modo da poter accrescere il livello della progettualità interna) che “esterni” (la percezione di un valore alla grande distanza); nel Cimitero di Costa, questi effetti sono concentrati su gran parte degli elementi rappresentativi dell’architettura modenese di quell’ epoca, definendo, o meglio, stabilendo relazioni precise alla grande distanza tali da mantenere, ancor oggi, un spiccato grado di identificabilità.

Tra gli interventi che l’opera ha subito negli ultimi anni, il più

rilevante è stato quello della “riparazione con miglioramento antisismico” (2002-2006) ad opera dell’Autore (capogruppo del team di progettazione e direzione lavoro); l’intervento ripropone principalmente il ripristino dei dettagli costruttivi e delle le tecnologie esistenti, facendo uso di materiali e metodologie anche attuali ma non invasive e comunque facilmente rimpiazzabili con altre in un futuro in cui si ritenesse di dover procedere alla loro sostituzione. Teoricamente, ogni intervento strutturale lascia le sue tracce sul monumento e per questo comporta alterazioni dei valori storici ed architettonici. Tali estreme affermazioni possono essere riequilibrate considerando che in sostanza, quello che realmente conta in fase progettuale, è l’ottimizzazione del soddisfacimento delle esigenze funzionali, economiche e simbolico-religiose, nonché delle reminiscenze storiche ed estetiche, della sicurezza fisica per i visitatori e per i contenuti morali dell’utenza, includendo le aspettative e gli interessi delle future generazioni.

Data la variabilità nel tempo dei criteri di progettazione che derivano da questa impostazione metaprogettuale, assume particolare importanza il requisito di reversibilità degli interventi di restauro o rinforzo strutturale, che porta a privilegiare tecnologie che consentano

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sostituzioni rapide ed economiche con altre più adatte collaudate in seguito.

Le tecnologie adottate nell’ultimo intervento di restauro con miglioramento sismico (cerchiature esterne e incatenamenti in acciaio, materiali compositi per il rinforzo delle strutture in elevazione, reti polimeriche), lasciano il monumento inalterato, senza cioè apportare difformità neanche temporanee alla struttura originaria. In generale, gli interventi a vista realizzati in acciaio (incatenamenti di pilastri ad esempio), grazie alla loro “monumentalizzazione” dovuta all’uso secolare, non producono alterazioni “percettibili” di forma, mentre gli interventi di rinforzo con nastri di tessuto al carbonio, applicati sull’estradosso delle voltine, non alterano né la forma né il valore delle tessiture storiche e permettono comunque la lettura della tessitura dei conci in laterizio cui sono applicati.

Estradosso delle voltine a crociera prima e dopo l’intervento di rinforzo con nastri al carbonio

Estradosso delle voltine a padiglione dopo l’intervento di consolidamento con reti polimeriche

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Pianta piano seminterrato, settori A-DA, DA-DC, DC-C

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Pianta piano seminterrato, settori A-AB, AB-BC, BC-C

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DALLA GENESI AL CANTIERE DI RESTAURO

Pianta piano rialzato, settori A-DA, DA-DC, DC-C

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DALLA GENESI AL CANTIERE DI RESTAURO

Pianta piano rialzato, settori A-AB, AB-BC, BC-C

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DALLA GENESI AL CANTIERE DI RESTAURO

Pianta piano sottotetto, settori A-DA, DA-DC, DC-C

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DALLA GENESI AL CANTIERE DI RESTAURO

Pianta piano sottotetto, settori A-AB, AB-BC, BC-C

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IL CIMITERO ISRAELITICO DI SAN CATALDO

IL CIMITERO ISRAELITICO DI SAN CATALDO

Le sepolture degli ebrei a Modena: cenni storici

Il cimitero israelitico di Modena è situato nell’area cimiteriale di S.

Cataldo ed è l’anello di congiunzione tra il cimitero di Cesare Costa e quello di Aldo Rossi. Può sembrare retorico affermare che al visitatore

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IL CIMITERO ISRAELITICO DI SAN CATALDO

invada un senso di distensione mentre lo attraversa per passare dal cimitero antico a quello nuovo, entrambi carichi di sobria monumentalità, percorrendo semplici vialetti che separano le graziose sculture delle lapidi tombali inclinate come salici piangenti per la totale incuria degli uomini. Ai valori culturali che questo monumento racchiude in se, si aggiunge una rispettosa ammirazione e la curiosità di capire i significati e i messaggi ideologici attorno all’eterno mistero.

Benché la presenza della comunità israelita risalga a tempi molto antichi, intorno al 12001, solo attorno alla prima metà del ‘500 si pose il problema di designare un luogo specifico per la sepoltura dei defunti, in seguito alla massiccia immigrazione di ebrei specialmente dalla Spagna, da dove erano stati cacciati per motivi religiosi2.

Il primo accenno ad un cimitero detto “degli Ebrei”, non meglio specificato come collocazione, è contenuto in una missiva di un certo Bartolomeo Pazzani, il quale nel 1511 scriveva, a proposito di un pezzo di terra di sua proprietà, che si trovava “....tra la muraglia della città ed il muro del suo prato dove si seppelliscono gli ebrei della città di Modena”. Per molto tempo tuttavia gli ebrei modenesi deponevano i loro morti in diverse parti di periferia della città di Modena, che di volta in volta eleggevano come terreno per la sepoltura dei loro defunti, quasi sempre tra le lamentele dei modenesi e dei religiosi.

Collegamento tra il cimitero israelitico e il camposanto realizzato da Costa

1 Per questa e per le altre vicende fino al 1846 [rif. n. 2] 2 Il 31 Marzo 1492 Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia, passati alla storia come i Re Cattolici, firmarono l’editto di espulsione dalla Spagna nei confronti degli ebrei e degli esponenti di altre religioni che non accettavano di convertirsi al cristianesimo.

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IL CIMITERO ISRAELITICO DI SAN CATALDO

Nel 1631 sorse il nuovo cimitero israelitico in un prato acquistato fuori porta Bologna, nel sobborgo di S. Silvestro, lungo via Pelusia3, un luogo dove il Valdrighi afferma infatti che venivano inumati gli ebrei morti di contagio durante la peste dell’anno 1630. Questo primo piccolo appezzamento di terreno, col tempo crebbe di misura attraverso successivi ampliamenti, di cui quelli più significativi furono realizzati nel 1808 e nel 1846 e dovettero altresì adattarsi al rispetto “....delle condizioni sanitarie volute dai nuovi regolamenti” in seguito all’invito dell’autorità preposta alla sanità.

Stato di abbandono nel cimitero israelitico

3 Il cimitero sorgeva tra la cosiddetta strada postale per Bologna, cioè la via Emilia e via Pelusia, ed aveva un’estensione in profondità di circa 132 metri.

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IL CIMITERO ISRAELITICO DI SAN CATALDO

Ma la Comunità ebraica non colse l’invito delle autorità e fu deciso

l’acquisto di un nuovo fondo per le sepolture, direttamente contiguo a quello in questione e avente una superficie di circa 2500 metri quadrati, dove si trasferì solo una parte del cimitero esistente e divenne perciò un’addizione della parte nuova a quella preesistente. Solo verso la fine dell’Ottocento gli israeliti modenesi iniziarono ad interessarsi alla creazione di un proprio reparto all’interno del Cimitero Monumentale, per interrompere il loro isolamento storico e collocarsi in seno al cimitero cittadino di S. Cataldo.

Il 15 Marzo 1900, il Consiglio Comunale di Modena approvava il progetto per il cimitero israelita mentre quello di via Pelusia sarebbe stato dismesso e in particolare non vi si sarebbero state più eseguite tumulazioni a partire dal giorno dell’apertura del nuovo reparto cimiteriale, fatti salvi i diritti di seppellimenti già acquisiti.

L’Università Israelitica si prese l’onere della sistemazione dell’area a propria cura e spese, compreso il tracciamento dei vialetti, delle aiuole e di eventuali costruzioni di rito all’interno del cimitero, fatta salva l’approvazione preventiva dei progetti da realizzare da parte della Commissione d’Ornato.

Il nuovo reparto cimiteriale presso Villa San Cataldo fu ufficialmente aperto il giorno 18 Ottobre 1903, come si apprende dal relativo documento a firma del Sindaco4. Il decreto era supportato dal resoconto dell’Ufficiale Sanitario e dell’Ingegnere Capo dell’Ufficio Tecnico, che dichiarava “essere il nuovo cimitero stato eseguito secondo il progetto a suo tempo approvato, e secondo le buone regole dell’arte”.

Il cimitero israelitico di San Cataldo e la cappella funeraria

Ciò che oggi osserviamo nel cimitero israelita è quanto è stato

inaugurato nel lontano 1903 dal momento che nulla o pochissimo è cambiato da allora rispetto all’antico assetto del cimitero ebraico. Tutto intorno all’area destinata dal Comune alle sepolture degli israeliti, esiste un muro di cinta, interrotto sul fronte nord da una cancellata in ferro per consentire l’accesso diretto dalla strada.

All’interno sono tracciati piccoli vialetti ricoperti di ghiaia che si dipartono a raggiera delimitando aiuole verdi. 4 Decreto di apertura del nuovo cimitero israelitico, [rif. n. 1].

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IL CIMITERO ISRAELITICO DI SAN CATALDO

Lapidi tombali addossate ai muri di cinta del cimitero israelitico

Le zone per l’inumazione dei corpi si trovano in parte ai lati delle

vie interne e in parte a ridosso del muro perimetrale, creando un effetto scenografico assai suggestivo con la parte in elevazione del cimitero di Aldo Rossi. In posizione centrale troviamo un edificio di culto classicheggiante destinato ai riti funebri che precedono la sepoltura dei defunti; si tratta di una costruzione dal fronte tripartito, con tre portoni sormontatati da timpani e decorazioni e l’ingresso centrale sotto-lineato da uno stretto pronao sostenuto da colon-ne. L’intero edifico e’ realizzato in muratura, con il basamento intonacato e la parte in elevazione in

Effetti scenografici : il colonnato del cimitero di Rossi fa da sfondo a pietre sepolcrali

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IL CIMITERO ISRAELITICO DI SAN CATALDO

mattone a faccia vista sagramato. Al di sopra dei portoni vediamo alcune scritte scolpite in pietra serena, mentre sul portone di sinistra si leggono in numeri romani la data di apertura del nuovo cimitero, 1903; la stessa data, espressa secondo il calendario ebraico, la troviamo riportata al di sopra del portone di destra ed altre due scritte in ebraico compaiono in corrispondenza delle rimanenti porte 5

Cappella funeraria, progetto del 1901: prospetto sud

. All’interno dell’edificio troviamo un’ampia stanza centrale dal soffitto voltato ove si affacciavano quattro salette di dimensioni più ridotte, poste simmetricamente ai due lati dell’ambiente principale. Le pareti e il soffitto voltato della sala centrale sono interamente ricoperti di affreschi e decorazioni e una vetrata posta sulla sommità del tetto crea dall’alto effetti di luce. Le stanze laterali invece sono trattate in maniera più modesta e si illuminano da finestre aperte sui tre fronti dell’edificio.

Cappella funeraria, progetto del 1901: prospetto nord

Dall’esame degli atti dell’epoca 6 si apprende che l’intera area cimiteriale di via Pelusia fu venduta dalla Comunità Ebraica al Comune nel 1940 e dalle documentazioni fotografiche 7 risulta che, durante gli anni del conflitto, il fondo di via Pelusia Cappella funeraria, progetto del

1901: prospetto ovest

5 La scritta posta sul fronte principale è la prima parte di una citazione dal Libro di Giobbe: “Laggiù è il piccolo è il grande (e lo schiavo è libero dal suo padrone)”. Sul fronte sud, invece, si trova una scritta ricorrente nei cimiteri ebraici, che significa “casa eterna per tutti i vivi”. 6 Atto di compravendita, [rif. n. 5]. 7 Raccolte Fotografiche Modenesi G. Panini.

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IL CIMITERO ISRAELITICO DI SAN CATALDO

veniva usato come “orto di guerra”, cioè come area per la coltivazione del grano.

In base alla documentazione grafica allegata al Decreto di apertura del nuovo cimitero israelitico nell’area di S. Cataldo, si evince che, al momento della parziale soppressione dell’area cimiteriale di via

Pelusia, esso occupava un lotto trapezoidale che misurava circa 91 metri di larghezza e si estendeva in profondità fra via Emilia e via Pelusia per circa 237 metri. L’area complessiva occupata era superiore ai 21.000 metri quadrati. Cappella funeraria, progetto del

1901: sezione longitudinale Dal momento che la città si accresceva in direzione di levante, all’Ufficio di Sanità e Igiene continuavano a pervenire molte domande per la costruzione di nuovi fabbricati nella zona di rispetto pertinente al cimitero di via Pelusia. Intervenne quindi il Consiglio Provinciale Sanitario, che nella seduta del 21 Settembre 1921 dichiarò l’area “sepolcreto privato”

Cappella funeraria, progetto del 1901: sezione trasversale

8, facendo decadere, in tal modo, gli effetti della tutela della pubblica igiene; con ciò decadeva anche il vincolo di rispetto dei 200 metri attorno all’area rimasta e tutta la zona circostante poteva quindi essere destinata senza ostacoli alla nuova edificazione.

Sebbene il cimitero avesse perso le sue funzioni originarie, la comunità ebraica non fu realmente danneggiata, in quanto le delibere

in merito avevano mutato soltanto la definizione del cimitero dal punto di vista legale, senza privare gli israeliti della proprietà del fondo. Inoltre dal 1903 era stato attivato il nuovo comparto presso

Cappella funeraria, progetto del 1901: pianta

8 Lettera Prefettizia, [rif. n. 3].

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IL CIMITERO ISRAELITICO DI SAN CATALDO

Villa San Cataldo, assicurando quindi agli ebrei modenesi la possibilità di eseguire le inumazioni in uno spazio apposito. Sul finire del 1938 ebbero inizio le pressioni sull’Università Israelitica affinché essa cedesse al Comune il fondo occupato dal proprio cimitero, al fine di poter completare l’edificazione dell’area di via Emilia Est. Tra gli atti dell’epoca vi sono alcuni elaborati grafici che mostrano le diverse proposte per la sistemazione dell’area del cimitero ebraico, da adibirsi a verde pubblico o da impiegare per realizzare strade di collegamento e lotti edificabili9.

Vialetto di accesso alla cappella funeraria del Cimitero Israelitico

9 Elaborati grafici, [rif. n. 4].

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IL CIMITERO DI A. ROSSI E G. BRAGHIERI

IL CIMITERO DI A. ROSSI E G. BRAGHIERI Circa un secolo dopo la realizzazione del cimitero progettato da

Cesare Costa, esattamente nel 1971, viene indetto dal Comune di Modena un concorso nazionale per la realizzazione di un nuovo cimitero adiacente al primo, ormai insufficiente ad ospitare ulteriori sepolture. Ad aggiudicarselo saranno gli architetti Aldo Rossi (1931-1997) e Gianni Braghieri, i quali, sulla base della piena accettazione dell’impianto del Costa quale matrice progettuale, concepiranno un progetto denso di suggestioni personali.

Cimitero di Rossi- Braghieri

Collegamento con il cimitero di Costa ed Ossario

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IL CIMITERO DI A. ROSSI E G. BRAGHIERI

Rossi segue come impostazione planimetrica una sua riflessione iniziale fatta durante un periodo di convalescenza presso l’ospedale di Slavonski Brod, a seguito di un grave incidente d’auto che lo aveva costretto a rimanere quasi immobile per giorni. Egli ha dichiarato di aver identificato in quei giorni la morte con la morfologia dello scheletro e le alterazioni che questo poteva subire. Da qui nasce l’idea dei differenti complessi architettonici che scorrono paralleli verso l’asse “vertebrale” centrale, che pare quasi collegare fisicamente le linee di orientamento di questo progetto. La spina centrale è dunque come una carcassa vuota affiorante dal terreno, una metafora osteologia della morte, di ciò che rimane del corpo dopo la decomposizione delle sue membra.

Il nuovo cimitero, ottenuto duplicando le dimensioni del grande rettangolo del cimitero adiacente, è collegato ad esso mediante un corpo destinato ai servizi situato nell’area posteriore del preesistente cimitero israelitico e vedrà replicata la teoria dei portici perimetrali sviluppati sia in alzato, sia a livello interrato, il tutto per costituire una rete di colombari disposti intorno ad ampie corti quadrate. Purtroppo la visione complessiva di quest’opera è compromessa dall’assenza di uno dei due elementi architettonicamente e simbolicamente di maggiore rilievo, ovvero della grande ciminiera: un cono tronco mai eseguito, al di sotto del quale era stata immaginata la fossa comune. Mentre il grande cubo, adibito ad ossario comune, con la sua presenza inquietante e misteriosa è rivelatore di suggestioni visionarie e chiari riferimenti all’arte metafisica. Infatti, se esternamente il parallelepipedo murario privo di copertura dalle facciate tutte uguali e di color rosso mattone, perforate regolarmente da sessantatre finestre quadre e da nove porte tutte senza serramenti ricorda le opere pittoriche “sospese” di De Chirico, al suo interno il sistema di scale, ballatoi e ossari rendono l’edificio simile ad una delle innumerevoli invenzioni grafiche di Escher. Pertanto, se fosse stato possibile, sarebbe apparsa evidente la volontà degli autori di stabilire tra l’immagine industriale della ciminiera mai eseguita e del cubo/casa dei morti, un rapporto di analogia con i temi della città moderna (come la vita e la fabbrica). Tuttavia, venuto meno il primo termine, o meglio mai creatosi, non resta che l’immagine di un casa cubica tra la nebbia, incompiuta e anche un po’ abbandonata con la cui idea della morte si deve inevitabilmente fare i conti.

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IL CIMITERO DI A. ROSSI E G. BRAGHIERI

Cimitero di Rossi- Braghieri

Il co-autore del progetto, Gianni Braghieri, scrive (dagli atti del Congresso Internazionale sui Cimiteri Monumentali, MO06):

Il motto del concorso per l’ampliamento del nuovo Cimitero di San Cataldo è stato tratto dal titolo del romanzo di Georges Bataille, “L’azzurro del cielo”. Il cimitero è un luogo definito, questo progetto non si discosta dall’idea di cimitero che ognuno possiede. I monumenti sono qui analoghi al rapporto tra la vita e la fabbrica nella città moderna, il cubo è una casa abbandonata o incompiuta, il cono la ciminiera di una fabbrica deserta. L’analogia si può cogliere con la ragione solo nelle cose finite, nella fine delle cose: ogni altro rapporto risulta indicibile. Solo le forme più antiche univano nelle grotte il culto dei morti con il culto dei non vivi. La morte esprimeva uno stato di passaggio fra due condizioni i cui confini non si erano precisati. Ma le urne a forma di casa degli etruschi, e la tomba del fornaio, esprimono per sempre il rapporto tra la casa deserta e il lavoro abbandonato. L’insieme di questi edifici, il cono, il cubo, il triangolo a forma osteologica, il limite perimetrale, si configurano come una città; nella città il rapporto privato con la morte torna ad essere rapporto civile con l’istituzione. Il cimitero è ancora un edificio pubblico con la necessaria chiarezza e razionalità dei percorsi, con un giusto uso del suolo. Esternamente è chiuso da un muro con finestre. La malinconia del tema non lo stacca troppo dagli altri edifici pubblici. Nel cimitero di Modena la costruzione cubica con le sue finestre regolari ha la struttura di una casa senza piani e senza copertura, le finestre sono senza

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serramenti, tagli nel muro; essa è la casa dei morti, in architettura è una casa incompiuta e quindi abbandonata è analogica alla morte. Ma qui avviene un fatto strano poiché l’idea della casa dei morti travalica il suo significato sino ad identificarsi con la casa dei vivi. Il cimitero diventa una parte di città, il cantiere continuo ed infinito sembra costruire un’espansione del primo nucleo dell’ampliamento sino ad identificarsi come una parte viva della città dei morti. Questo si spiega semplicemente con la richiesta dei frequentatori del primo isolato di avere un riparo dal vento della pioggia richiedendo dei serramenti da porre nei portici al piano terreno e nelle aperture ai piani superiori. Il cimitero di Modena così si trasforma, supera e travalica ogni tradizione richiedendo per i propri morti un edificio protetto dalle intemperie. La parte centrale con la forma osteologica non è ancora iniziata. E’ solo costruito il cubo che contiene gli ossari e si pone ad un’estremità. Questi due elementi hanno una forma definita: un cubo e un cono. Ma questi due elementi sono monumentali solo nel loro rapporto dimensionale, dove la monumentalità è intesa come problema della descrizione del significato della morte e del ricordo.

Cimitero di Rossi- Braghieri

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Abbreviazioni

ASCMo Archivio Storico Comunale di Modena

AGCMo Archivio Generale Comunale di Modena

ASCMi Archivio Storico Comunale di Mirandola

BEMo Biblioteca Estense di Modena

ASLA Accademia di Scienze Lettere ed Arti

Pvs Processo verbale di seduta

Ms Manoscritto

a.a. Atti Amministrativi

mdr Miscellanea di Ragioneria

adr Atti della Ragioneria

u.t. Fondo Ufficio Tecnico Comune di Modena

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Testi consultati 1. Amorth, L., “Modena Capitale, storia di Modena e dei suoi duchi dal 1598 al 1860”, Aedes Muratoriana, Modena, 1961. 2. Ascari, T., “La cultura nel Ducato di Modena tra il ‘48 e il ‘60”, in “Aspetti e problemi del Risorgimento a Modena”, Società Tipografica Editrice Modenese, Modena, 1963. 4. Baracchi Giovanardi, O., Manicardi, A., “Modena: quando c’erano i canali”, Modena, 1985. 5. Bertuzzi, G., “Il rinnovamento edilizio a Modena nella I° metà dell’Ottocento”, Aedes Muratoriana, Modena, 1987. 6. Cosmacini, G., “Storia della medicina e della sanità in Italia dalla peste europea alla guerra mondiale”, ed. Laterza, Bari, 1987. 7. Costa, C., “Notizie sui pozzi modenesi comunicate alla R. Accademia di Scienze Lettere ed Arti di Modena nell’adunanza del 21 Gennaio”, ed. Eredi Soliani, Modena, 1868. 8. Forni, L., “I principali Edifici in Modena sotto il Regno di Francesco IV”, in “Alla Memoria di Francesco IV”, ed. Eredi Soliani, Modena, 1846. 9. Gaddi, P., “Igiene pubblica. Miglioramenti sanitari della Città di Modena”, in “Messaggere di Modena”, n° 1637, R. D. Camera, Modena. 10. Gaddi, P., ”Igiene pubblica. Miglioramenti sanitari della Città di Modena”, in “Messaggere di Modena”, n° 1683, 23.Aprile.1858, R. D. Camera, Modena. 11. Gaddi, P., “Le sale anatomiche, (in Modena) nei loro rapporti colla scienza e colla igiene”, ed. Eredi Soliani, Modena, 1864. 12. Ghelfi, C., ”Il verde pubblico dalla fine del Settecento alla fine dell’Ottocento”, in “Natura e cultura urbana a Modena”, Panini, Modena, 1983. 13. Godoli, E., “Architettura e città”, in A. Berselli (a cura di) Storia dell’Emilia Romagna, III, University Press, Imola, 1980. 14. Grimelli, G., “Igiene pubblica sotto il Regno di Francesco IV”, in “Alla Memoria di Francesco IV”, Eredi Soliani, Modena, 1846. 15. Sossaj, F., “Cronaca di Modena”, Modena, 1844. 16. Sossaj, F., “Descrizione della città di Modena”, tip. Camerale, Modena, 1833. 17. Vandelli, V., “L’ultimo volo dell’Aquila bianca: le riforme urbane e territoriali di Ercole Rinaldo III d’Este”, in “Gli architetti del

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IL CIMITERO DI A. ROSSI E G. BRAGHIERI

pubblico a Reggio Emilia dal Bolognini al Marchelli. Architettura e urbanistica lungo la via Emilia (1770-1870)”, catalogo della mostra, Reggio Emilia, ed. Grafis, Casalecchio di Reno, Bologna, 1990.

Il Cimitero Ottocentesco nell’Italia Settentrionale 18. Quatremère de Quincy, A.C., “Dizionario storico di Architettura”, F.lli Negretti, Mantova, 1842-1844. 19. Acuto, A., “Architettura del Cimitero in Lombardia”, in Hinterland, a. VII, nn.29/30, 1984. 20. Beltrami, L., “Il Cimitero monumentale di Milano”, in L’Edilizia Moderna, a. III, n. 9/10, 1894. 21. Botti, F., Savi, V., “Il Cimitero urbano della Villetta”, Parma, 1973. 22. “Il Cimitero di Piacenza”, Piacenza, 1879. 23. Curti, P.A., “Grandioso progetto di Camposanto per la città di Milano”, in “Giornale dell’Ingegnere Architetto e Agronomo”, a. II., 1855. 24. “Descrizione della Certosa di Bologna con Cimitero Comunale”, Venezia, 1828. 25. Dezzi Bardeschi, M., “L’architettura dei morti, dai Giacobini all’Unità”, in “Gli architetti del pubblico a Reggio Emilia dal Bolognini al Marchelli. Architettura e Urbanistica lungo la Via Emilia (1770-1870)”, Reggio Emilia, 1990. 26. Dezzi Bardeschi, M, (a cura di), “Gotico, neogotico, ipergotico. Architettura e arti decorative a Piacenza 1856 – 1915”, cat. della mostra, ed. Grafis, Bologna, 1984. 27. Etlin, R. A., “The Architecture of Death. The Transformation of the Cementery in Eighteenth - Century Paris”, Cambridge (Massachussetts) and London, 1987. 28. Foschi, M., Piraccini, O. (a cura di), “L’altra città: il Cimitero monumentale di Forlì (Ipotesi per una ricerca)”, Grafiche MD., Forlì, 1985. 29. Franchini, L., “Il Cimitero monumentale di Milano nel dibattito sull’eclettismo nell’architettura funeraria”, in “Arte Lombarda”, n. 68/69. 30. (C. G.), “Saggio sullo stile dei cimiteri”, in “Giornale dell’Ingegnere Architetto e Agronomo”, a. III., 1855 - 1856.

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IL CIMITERO DI A. ROSSI E G. BRAGHIERI

31. Missirini, M, “Dei gravi danni e pericoli minacciati dai sepolcri posti nei centri abitati”, Firenze, 1839. 32. Monti, A., ”Il Camposanto di Como”, Como, 1899. 33. Piattoli, S., “Saggio intorno al luogo di seppellire”, Francesco Sansoni, Venezia, 1774. 34. Tatti, L., “Il Camposanto di Como. Memoria apologetica dell’Architetto Luigi Tatti”, Milano, 1850. 35. Tenca, C., “Del progetto di un pubblico Cimitero”, in “il Crepuscolo”, a. VII, n. 16, 1856. 36. Valeriani, E., “Il luogo della morte tra memoria e immaginario”, in “Hinterland”, a. VII, nn.29/30, 1984.

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Il Cimitero Ottocentesco di S. Cataldo 41. Archivio Storico del Comune di Modena, “Elementi per un profilo storico del Cimitero di S. Cataldo, necropoli di Modena”, (informativa inviata dal direttore dell’archivio Gino Lucchi all’Assessore alla Igiene e Sanità), Modena, 1965. 42. “Cenni Storici sul Cimitero di S. Cataldo”, 1855, Modena, 1855. 43. Campioli, M, “Cesare Costa. Architetto modenese dell’Ottocento.”, Tesi di Laurea. Università degli Studi di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso di Laurea. D.A.M.S., Anno Accademico 1988-1989. 44. Montessori, M G.- Panini Fiorenzi, M, “Cesare Costa, Ingegnere-Architetto. Opere 1826-1876”, Panini, Modena, 1989.

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IL CIMITERO DI A. ROSSI E G. BRAGHIERI

45. Piccinini, M, Serafini, P.G., “Un cantiere dell’Ottocento. Il Cimitero di San Castaldo a Modena”, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Firenze, Corso di Laurea in Architettura, Anno Accademico 1995-1996.

Manuali di Tecniche costruttive 46. Deputazione di storia patria per le antiche province modenesi, Serie Speciale N. 18, “L’arte muraria a Modena. Storia di uomini e di pietre dall’età romana ai primi del Novecento”, Aedes Muratoriana, Modena, 1993. 47. Gulli, R., Mochi, G., ”Bóvedas tabicadas”, collana “Il modo di costruire, CDP Ed. Edilstampa, Roma, 1995. 48. Branca, G., “Manuale di architettura. Corretto ed accresciuto”, Società Tipografica, Modena, 1789. 49. Bolognini, L., “Il muratore italiano riformato nei prezzi delle opere nel 1806 con nuove aggiunte e schiarimenti”, Francesco Cardinali, Bologna, 1830. 50. Bolognini, L., Il muratore reggiano, Giuseppe Davolio, Reggio Emila, 1807. 51. Curioni, G., “L’Arte di Fabbricare”, Negro, Torino, 1864. 52. Milizia, F., “Principi di architettura civile”, Remondini e figli, Bassano, 1781. 53. Clementini, A., “Manuale di edilizia civile”, F.lli Negretti, Mantova, 1846. 54. Sacchi, A., “Architettura Pratica”, 2 voll. Hoepli, Milano, 1878. 55. Cavalieri, N., “Istituzioni di Architettura statica e idraulica”, 2 voll., Cardinali e Frulli, Bologna, 1826-27. 56. Angelotti, G., “Nuova economia per le fabbriche”, Bologna, 1765. 57. Spinelli, G.B.B., “Economia nelle fabbriche”, tip. G. B. Barbiroli, Bologna, 1698. 58. Capra, A., “La nuova architettura famigliare”, Bologna, 1678. 59. Zironi, E., “L’arte muraria”, Bologna, 1889. Riferimenti archivistici per il Cimitero Israelitico Silvia Campagnano, “Cimitero israelitico di Modena - indagine storica” , (inedito).

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IL CIMITERO DI A. ROSSI E G. BRAGHIERI

Dagli Atti amministrativi 1903, filza 408, fascicolo Cimiteri. [rif. n. 1] Decreto di apertura del nuovo cimitero israelitico, 18 Ottobre 1903. Da Studi e note, filza II, n. 15. [rif. n. 2] Storia dei cimiteri israelitici a Modena, a cura di Adamo Pedrazzi, 1939. Archivio di deposito Atti Amministrativi 1929, filza 1236, fascicolo Cimiteri. [rif. n. 3] Lettera Prefettizia del 5 Ottobre 1921 in risposta alla nota del 14 Settembre 1921. [rif. n. 4] Pianta della nuova sistemazione dell’area di via Pelusia. Atti Amministrativi 1954, filza 2182, fascicolo Cimiteri. [rif. n. 5] Atto di compravendita dell’area di via Pelusia da parte della Comunità Israelitica al Comune di Modena, 26 Aprile 1940.

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PROGETTO CULTURALE per S. CATALDO

SCHEDE DEI MONUMENTI

A cura di Benedetta Maio

Consulenza storica Valerio Borgonuovo

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Ditta David Venturi MONUMENTO FUNERARIO DEI MARCHESI RANGONI MACHIAVELLI, 1904 Settore A7

L’opera, che risale agli inizi del Novecento, fa parte di quella produzione seriale e convenzionale di temi iconografici di cui la ditta bolognese Venturi fu iniziatrice. Sebbene l’angelo seduto sui gradini sia una copia, la qualità formale di questo monumento è alta.

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CHIESA

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Silvestro Barberini (1854-1916) Carlo Baraldi (1860-1938) MONUMENTO FUNERARIO A GUGLIELMO RAISINI, 1904 Settore A6

Gli oggetti scolpiti sulla destra del basamento, in posizione di rilievo, alludono alle principali attività del modenese Guglielmo Raisini, il quale fu infatti uomo di lettere e giurista nonchè docente di Diritto Romano presso l’Università di Modena dal 1860 al 1897.

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CHIESA

CHIESA

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Vincenzo Maestri, Andrea Bazzani Silvestro Barberini MONUMENTO FUNERARIO AD ANTONIO AGAZZOTTI , 1884 Settore A6

Il monumento presenta diversi riferimenti all’arte del Quattrocento come il motivo “a grottesca” che scorre lungo le paraste, la cornice ed il sarcofago. Elementi di interesse costituisco inoltre i due bassorilievi scolpiti sulle basi delle paraste raffiguranti libri, calamai con penne e un copricapo da giureconsulto, evidenti richiami all’attività dell’estinto. Il medaglione al centro dello zoccolo, in origine del progetto privo di ogni raffigurazione, presenta al suo interno un inquietante teschio con due tibie incrociate, svelate da un drappo che può identificarsi in un sudario. Questa iconografia macabra, fino ad allora inedita in S. Cataldo, riecheggia una sensibilità proto-simbolista che accantona definitivamente la serenità classica così come la speranza cristiana. Accanto al sistema rappresentativo ufficiale della celebrazione dell’estinto, prendono spazio nuovi ambiti tematici, incentrati sul mistero ed il terrore della morte

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CHIESA

CHIESA

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Silvestro Barberini (1854-1916) MONUMENTO FUNERARIO DELLA FAM. GANDINI , 1904 Settore A5

Un’epigrafe in lingua latina ricorda la fondazione del monumento avvenuta nel 1904 per volontà di Luigi Alberto Gandini (nobile e membro del Corpo delle Guardie Nobili d’onore del Duca Francesco V) in onore di sé e dei suoi familiari. Qui il Barberini ha offerto un’interpretazione in chiave scultorea del Crocefisso dipinto da Guido Reni nel 1637 ed entrato nella Galleria Estense già nel 1784.

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Pianta

CHIESA

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Gustavo Zagni (1868-1958) MONUMENTO FUNEBRE DEI CONIUGI VENTURELLI , 1934 Settore A7-porticato esterno

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CHIESA

Ingresso

CHIESA

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Benito Boccolari(1888-1964) TARGHE COMMEMORATIVE DEGLI ALLIEVI DELL’ACCADEMIA MILITARE DI MODENA , antecedente al 1926 Settore A7-porticato esterno

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CHIESA

Ingresso

CHIESA

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Benito Boccolari (1888-1964) TARGHE COMMEMORATIVE DEGLI ALLIEVI DELL’ACCADEMIA MILITARE DI MODENA , antecedente al 1926 Settore A7-porticato esterno

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CHIESA

CHIESA

Ingresso

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Benito Boccolari(1888-1964) TARGHE COMMEMORATIVE DEGLI ALLIEVI DELL’ACCADEMIA MILITARE DI MODENA , antecedente al 1926 Settore A7-porticato esterno

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CHIESA

Ingresso

CHIESA

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Cesare Sighinolfi (1833-1903) TOMBA DELL’ING. GIUSEPPE MARIA TOSCHI, datazione incerta. Settore A5-laterale

L’opera verista di Sighinolfi è la testimonianza della sua adesione in arte ai precetti della nuova committenza borghese la quale aveva fatto della realtà nelle rappresentazioni una componente essenziale della propria comunicazione. La ritrattistica non è più idealizzante e celebrativa e all’enfasi dei titoli nobiliari è sostituita la riproduzione dei “ferri del mestiere”, qui rappresentati da squadra, riga e compasso.

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CHIESA

Ingresso

chiesa

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Alessandro Cavazza (1824-1873) MONUMENTO FUNERARIO DI GIOVANNI PALMIERI BARBIERI E ROSA TUSINI, 1870 circa Settore A5-laterale sx

Bassorilievo con angelo custode e bambino dormiente

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CHIESA

Ingresso

CHIESA

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Armando Manfredini (1884-1925) MONUMENTO FUNERARIO DELLA FAMIGLIA BREVEGLIERI, 1921 Settore A4 - Edicola

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Pio Gibellini (1872-?) MONUMENTO FUNERARIO DELLA FAMIGLIA ANGELI, 1912 Settore A3

Questo monumento, il cui tema è tratto da un repertorio pagano e cristiano rivisitato in chiave spirituale e simbolista, fu commissionato dall’avvocato Angeli.

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Silvestro Barberini (1854-1916) MONUMENTO FUNERARIO DEI MARCHESI MONTECUCCOLI DEGLI ERRI, 1907 Settore A3

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Silvestro Barberini (1854-1916) MONUMENTO FUNERARIO DLLA FAM. CHIARLI, posteriore al 1905 Settore A1

Monumento commissionato dalla Famiglia Chiarli, proprietaria dell’omonima industria enologica.

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Giuseppe Gibellini (1848-1926) MONUMENTO FUNERARIO AL GENERALE NICOLA FABRIZI posteriore al 1885 Settore A1

In quest’opera, come nelle altre del Gibellini presenti in San Cataldo, è possibile riscontrare oltre l’adesione al vero un’introspezione psicologica che, unita alla compostezza virile del busto posto a tre quarti e alle figure allegoriche ad esso sottostanti, suggerisce il carattere impetuoso del generale modenese, patriota durante il periodo risorgimentale.

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Armando Manfredini (1884-1925) MONUMENTO FUNEBRE A MARIA ZOBOLI 1912 Edicola DA

Il tema mistico dell’ascesa della giovane Maria Zoboli è qui interpretato attraverso i tratti evanescenti e sinuosi dello stile Liberty

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Autore ignoto TOMBA DI LUIGI CASSINI, 1913 circa Edicola DA

L’autore di quest’opera, come Pio Gibellini per la tomba Toni – Vaccari, dato il ristretto spazio delle lapidi dà prova di una esemplare capacità sintetico-narrativa.

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Ernesto Gazzeri (1866-1965) LAPIDE FUNERARIA DI FORTUNATO RANDELLI E ANNA QUARTIERI Posteriore al 1916 Edicola DA

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Armando Manfredini (1884-1925) MONUMENTO FUNERARIO A PAOLO MENAFOGLIO, 1909 Settore D1

Il marchese Paolo Menafoglio ricoprì diverse cariche pubbliche fra cui quella di sindaco di Modena. Venne eletto deputato nelle lista dei liberali moderati dal 1895 al 1897 e nel 1900. Infine nel 1905 venne nominato senatore.

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Silvestro Barberini (1854-1916) MONUMENTO FUNERARIO DELLA FAMIGLIA CORNI, 1904 Settore D2

L’eclettismo stilistico di Silvestro Barberini verrà adoperato in opere monumentali per i sepolcri di famiglie nobiliari come i Montecuccoli degli Erri e i Gandini, ma anche per commissioni da famiglie della nascente borghesia locale come la famiglia Chiarli e la famiglia Corni, creatore di uno dei più grandiosi complessi industriali della città.

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Giuseppe Gibellini (1848-1926) MONUMENTO FUNERARIO A GEMINIANO SANDONNINI Settore D4

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Silvestro Barberini (1854-1916) TOMBA RICCARDI Antecedente al 1899 Settore D4

Paolo Riccardi, noto insegnante di Antropologia presso l’Università di Modena, riunì in questa tomba i resti mortali dei propri defunti. Nel bassorilievo eseguito dal Barberini nello spazio di un loculo sono ritratte con immediatezza espressiva nell’atto di abbracciarsi le figlie Amalia e Margherita, morte entrambe prematuramente.

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Luigi Roncaglia (1882-1972) MONUMENTO FUNERARIO A VITTORIO PRAMPOLINI, 1914 Settore D4

Il Monumento è costituito da due bassorilievi in marmo raffiguranti una coppia di angeli inginocchiati e da altri due bassorilievi in bronzo che riproducono la Musica e la Legge, discipline in cui il giovane avvocato Vittorio Prampolini era specializzato.

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Antonio Berti (1904-1989) MONUMENTO FUNERARIO DELLA FAMIGLIA ZUCCOLI, 1936 Settore D5

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Armando Manfredini (1884-1925) “Pietà”, 1920 MONUMENTO FUNERARIO FORNIERI Settore D6

L’adozione della terracotta lega questo monumento alla tradizione della plastica modenese del Quattrocento di Antonio Begarelli, Niccolò Dell’Arca e Guido Mazzoni. Di quest’ultimo è recuperato attraverso il tormento delle linee e la gestualità carica di pathos della Vergine l’espressionismo quasi nordico. Il pessimo stato di conservazione in cui si trova oggi il monumento della tomba Fornieri è dovuto ai danni subiti durante il terremoto dell’ottobre 1996.

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Amedeo Malagoli (1890-1933) MONUMENTO FUNERARIO DELLA FAMIGLIA NASI, 1930 Settore C2

Il disegno generale del progetto fu eseguito con molta probabilità dall’architetto Mario Guerzoni, mentre il gruppo scultoreo dal modenese Malagoli il quale abbandonò la fluidità adottata per il monumento funerario delle sorelle Pedrazzi a favore di uno stile maggiormente sintetico e solido.

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Ubaldo Magnavacca (1885-1957) LAPIDE FUNERARIA DI UBALDO MAGNAVACCA Settore C3

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Benito Boccolari (1888-1964) MONUMENTO FUNERARIO DELLA FAMIGLIA PALAZZI, 1924 Settore C6

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Arnaldo Pomodoro (1926) MONUMENTO NEL SACRARIO DEI CADUTI PARTIGIANI Settore C

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…. LAPIDE FUNERARIA DI UMBERTO TIRELLI (1871-1954) Settore C8

L’ideatore della rivista satirica “Il Duca Borso” Umberto Tirelli fu uno dei più innovativi caricaturisti italiani del primo Novecento nonché autore teatrale. Incisa sulla lapide è la scritta “Quanto più brutto tanto più bello”.

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Marino Quartieri (1918-2002) CAPPELLA DELLA FAMIGLIA FERRARI Settore C11

Sculture per la cappella della famiglia del costruttore di automobili Enzo Ferrari, a partire dal 1958.

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Ivo Soli (1898-1976) LAPIDE FUNERARIA DI GIOVANNI CAVANI, 1925 Settore BC

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Amedeo Malagoli (1890-1933) MONUMENTO FUNERARIO DELLA FAMIGLIA BELLEI, 1931 Settore B6

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Luigi Orengo MONUMENTO FUNERARIO DELLA FAMIGLIA GARUTI MONTORSI, 1932 Settore B5

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Pio Ghibellini (1872-?) TOMBA DELL’AVVOCATO FELICE DE CARLI, 1907 circa Settore B4

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Arrigo Righini (1907-1973) MONUMENTO FUNERARIO DEL TENENTE DANTE GOZZI, 1931 Settore B3

Questo monumento è dedicato dalla famiglia Gozzi al figlio aviatore caduto a Massaua.

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Giuseppe Graziosi “Il Profeta Ezechiele”, 1910 MONUMENTO FUNEBRE DELLA FAMIGLIA GIOVANARDI Settore B2

La statua bronzea virile rappresenta il Profeta Ezechiele nell’atto di cogliere la visione della Risurrezione dei corpi. Il riferimento iconografico è reso esplicito dalla iscrizione sulla fronte del basamento:”così ha detto il signore iddio. Ecco io apro i vostri sepolcri e vi trarrò dalle vostre sepolture, o popolo mio. Ezechiele salmo 37-12”.

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Luigi Roncaglia (1882-1972) MONUMENTO FUNERARIO DELLA FAMIGLIA GHISETTI, 1914 Settore B1

Il busto posto su di una mensola al centro del nicchiane raffigura il capostipite della famiglia Ghisetti. All’altezza della mensola, lungo una cornice, scorre un fregio raffigurante il ciclo della vita. L’iscrizione interna alla corona ricorda con orgoglio l’attività imprenditoriale della famiglia committente.

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Pio Gibellini (1872-?) TOMBA DI FERDINANDO TONI E BARBARA VACCARI, 1908 Settore B1

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Alfredo Gualdi (1885-1958) MONUMENTO FUNERARIO IN ONORE DEL GINNASTA ALBERTO BRAGLIA, 1956 Settore A14

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Giuseppe Gibellini (1848-1926) LAPIDE FUNERARIA DI CARLOTTA VALCAVI ROVIGHI E DEL FIGLIO ENRICO, 1886 E DI PIETRO VALCAVI, 1898 Settore A14

Questa tomba, che ha ospitato inizialmente la salma della nobildonna Carlotta Rovighi e del figlioletto Enrico, ed in seguito di suo marito l’avvocato Pietro Valcavi, è ornata da un commovente bassorilievo del Gibellini la cui impaginazione divenne un prototipo per molte lapidi del cimitero, come quella dell’avvocato Felice De Carli.

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Giuseppe Graziosi (1879-1962) “Il Dolore”, 1924 MONUMENTO FUNERARIO DELLA FAMIGLIA BORSARI Settore A14

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Cesare Sighinolfi (1833-1903) MONUMENTO FUNERARIO DI FILIPPO BACCARANI, 1877 Settore A12

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Alessandro Cavazza (1824-1873) EDICOLA BONACINI “Angelo involante un’anima”, 1860 circa Settore A11

L’edicola Bonacini è l’unica cella funeraria intermedia ai lati del perimetro porticato ad essere interamente devoluta ad uso di sepoltura per una sola famiglia. Tale decisione fu presa dalla giunta comunale nel 1862 in segno di riconoscenza per il prestito di lire 168.000 senza frutto per quattro anni, elargito dal Bonacini per favorire l’ultimazione del cimitero. Dalle opere di Alessandro Cavazza, primo artista in senso cronologico a lavorare significativamente in San Cataldo, si evince la volontà degli artisti locali di svincolare la cultura modenese dai principi dell’imperante neoclassicismo accademico, aggiornandola in senso “verista”.

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Autore ignoto MONUMENTO FUNERARIO A LUIGIA MAGNANINI, 1890 circa Settore A11

La mancanza del progetto così come della firma sulla lapide rendono il ritratto di questa matrona modenese di ignota attribuzione seppure alcuni elementi stilistici suggeriscano lo stile verista ed introspettivo del Gibellini.

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Silvestro Barberini (1854-1916) MONUMENTO FUNERARIO DELLA FAMIGLIA FEDREZZONI, 1914 Settore A10

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Giuseppe Gibellini (1848-1926) MONUMENTO FUNERARIO DELLA FAMIGLIA PIGNATTI MORANO, 1920 Settore A9

Il Cristo risorto e la Maddalena del Gibellini si pone in un rapporto di continuità non soltanto stilistica ma anche tematica col vicino bassorilievo della tomba Campori, realizzato da Tito Sarrocchi trenta anni prima. L’episodio evangelico qui rappresentato è infatti successivo proprio a quello relativo alle Tre Marie della tomba Campori. La presenza ai piedi del bassorilievo della copia in scala minore del famoso sarcofago ravennate della famiglia Pignatta, risalente al secolo V d.C., ribadisce le antiche e prestigiose origini della nobile casata Pignatti Morano.

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Cesare Sighinolfi (1833-1903) MONUMENTO FUNERARIO DEI MARCHESI MOLZA, 1876 Settore A9

L’opera, la cui scelta iconografica del Cristo fu commissionata dalla nobile famiglia Molza, presenta ancora chiaramente i rapporti dell’autore con l’arte purista di Thorvaldsen.

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Alessandro Cavazza (1824-1873) “Angelo del giudizio”, antecedente al 1873 MONUMENTO FUNERARIO DEI CONTI FORNI Settore A9

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Giuseppe Menozzi (1895-1976) MONUMENTO AI CADUTI DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE, 1922 Settore A10

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Armando Manfredini (1884-1925) MONUMENTO FUNERARIO A PIETRO SILIGARDI,1924 Settore A8

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Silvestro Barberini (1854-1916) MONUMENTO FUNERARIO A PAOLO FERRARI, 1892 Settore A8

Il monumento funerario del commediografo modenese Paolo Ferrari fu inaugurato il 22 aprile 1892 in occasione della traslazione delle sue spoglie al cimitero di Modena. Esso è caratterizzato da una serie di elementi allegorici che alludono all’attività letteraria dell’estinto come la giovane donna seduta sui gradini del monumento simboleggiante la Musa della Commedia e il libro socchiuso che reca nella mano sinistra, mentre il braccio destro è poggiato su di una lira. Inoltre una maschera greca è posta ai suoi piedi.

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Gustavo Zagni (1868-1958) MONUMENTO FUNEBRE DI FORTUNATI DEBRI, 1925 Settore A8

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Tito Sarrocchi (1824-1900) “Le tre Marie al Sepolcro”, 1886 MONUMENTO FUNERARIO DEI MARCHESI CAMPORI Settore A8

L’opera del senese Sarrocchi appare un fine esempio di arte purista.

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Paolo Aleotti (1813-1881) MONUMENTO FUNERARIO DI GIUSEPPINA GAVIOLI, 1861 circa Settore A8

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Ermenegildo Luppi: Giustizia, 1920 Armando Manfredini: Carità, 1920 Giuseppe Graziosi: Pietà, 1919 Benito Zoccolari: Speranza, 1922 Luigi Roncaglia: Fede, 1922

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Silvestro Barberini (1854-1916) BUSTO DI ENRICO STUFFLER, antecedente al 1916 Viale Centrale

La verve realistica che anima l’opera, tesa ad unire all’accuratezza della resa naturalistica una sottile indagine psicologica, inquadra il monumento nel clima scapigliato della Modena di fine Ottocento che vedeva Stuffler, poeta dialettale modenese, insieme allo stesso Barberini, interpreti di una spontanea e vivace poesia popolaresca.

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Armando Manfredini (1884-1925) MONUMENTO FUNERARIO DEI CONIUGI FANTINI Viale Centrale

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Ditta David Venturi TOMBA DI EMILIO PIERI Viale Centrale

Questa modesta tomba è la testimonianza della varietà qualitativa che la ditta David Venturi proponeva ai suoi committenti. Infatti, se per la tomba monumentale dei marchesi Rangoni Machiavelli il livello artistico è, come già detto in precedenza, mediamente elevato, non si può dire lo stesso per quello relativo alla tomba di Emilio Pieri, che risulta inoltre essere la copia di un’opera già esistente nella Cimitero della Certosa a Bologna.

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Alfredo Gualdi (1885-1958) MONUMENTO FUNEBRE A SERGIO BERGONZINI Viale Centrale

Il monumento per la tomba del piccolo Sergio Bergonzini si ispira al vero poiché rappresenta il trasporto del defunto sulla strada che conduce al cimitero. In questa opera appare evidente il passaggio degli artisti di questo periodo da uno stile naturalista ad uno modernista, ed in specifico alla corrente Liberty.

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Amedeo Malagoli (1890-1933) MONUMENTO FUNERARIO DELLE SORELLE PEDRAZZI, 1914 Viale Centrale

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Armando Manfredini (1884-1925) CAPPELLA FUNERARIA DEI MARCHESI SCHEDONI, 1913 Viale Centrale

La cappella della famiglia Schedoni resta a tutt’oggi l’unica edicola architettonica presente nel cimitero antecedente alla Seconda Guerra Mondiale.

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Autore ignoto TOMBA DI EUGENIA BONARI E ANGIOLO ALLESINA, 1922 circa Viale Centrale

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Alfredo Gualdi (1885-1958) “Perduto Amore”, 1921 MONUMENTO FUNERARIO DI AMELIA FERRARI BATTILANI Viale Centrale

Il gruppo scultoreo di evidente intensità drammatica ed espressiva trova un punto di riferimento ideale nella statuaria di Auguste Rodin, alla cui lezione si deve la tensione muscolare e psicologica che insieme anima i corpi dell’uomo proteso in un gesto di disperato addio e dell’angelo che, quasi con sforzo, solleva la defunta inerme.

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Alfredo Gualdi (1885-1958) “Il Redentore”, 1919 MONUMENTO FUNERARIO DELLA FAMIGLIA TONDELLI Viale Centrale

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Finito di stampare nel mese di gennaio del dalla «Ermes. Servizi Editoriali Integrati S.r.l.» Ariccia (RM) – via Quarto Negroni,

per conto della «Aracne editrice S.r.l.» di Roma

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