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12 mag 202012 mag 2020 Scoperto ZNF398, il gene...

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S HOME IN ATENEO Scoperto ZNF398, il gene “conservante” delle cellule staminali umane 12 mag 2020 12 mag 2020 Scoperto ZNF398, il gene “conservante” delle cellule staminali umane Tweet Pubblicato su Nature Communications lo studio realizzato dai team di ricerca delle Università di Padova e Torino Uno studio, finanziato dalla Fondazione Armenise Harvard e pubblicato oggi sulla rivista Nature Communications , ha identificato per la prima volta il gene ZNF398, responsabile della conservazione delle cellule staminali pluripotenti. Queste cellule, preziose per le terapie di medicina rigenerativa, hanno la straordinaria capacità di poter dare origine a qualsiasi altra cellula del nostro corpo. Le cellule staminali pluripotenti indotte vengono generate a partire da cellule adulte in un processo chiamato riprogrammazione. Lo studio, guidato da Graziano Martello, leader di un laboratorio di ricerca dell’Università di Padova, è stato realizzato in collaborazione con il team di ricerca guidato da Salvatore Oliviero, docente di Biologia molecolare presso il Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi dell’Università di Torino e responsabile della piattaforma di analisi genomiche dell’Università di Torino presso il Centro Interdipartimentale di Biotecnologie Molecolari (MBC) e l’Italian Institute for Genomic Medicine (IIGM) di Candiolo (Torino), ente strumentale della Compagnia di San Paolo. Per essere conservate, le cellule staminali vengono generalmente congelate. Ma, una volta scongelate, è essenziale mantenerle prima di farle differenziare nelle cellule desiderate, ad esempio in neuroni. In che modo viene mantenuta la stabilità delle cellule staminali? La risposta a questa domanda fino ad oggi è stata trovata soltanto in maniera empirica. Gli scienziati sanno che per conservare le staminali scongelate occorre aggiungere ogni giorno una particolare molecola, chiamata TGF-beta, che agisce da inibitore e impedisce alle cellule di differenziarsi. Eppure prima del nuovo studio su Nature Communications non si conosceva ancora come funziona esattamente questo processo di conservazione delle staminali. Il team padovano e quello torinese hanno scoperto il motivo per cui la proteina TGF-beta funziona: quando viene somministrata attiva un particolare gene, nome in codice ZNF398, responsabile del mantenimento delle cellule staminali pluripotenti. Questo gene agisce dunque da “conservante” delle staminali, e la sua presenza può essere considerata una cartina tornasole del buon funzionamento delle iPS. Un traguardo fondamentale, che permetterà a molti laboratori in tutto il mondo di migliorare il loro processo di mantenimento delle staminali umane una volta scongelate. «Questa scoperta è frutto di 5 anni di lavoro - spiega Graziano Martello - e il gene che abbiamo identificato è quello che da solo permette di mantenere le staminali indifferenziate. Per scovarlo abbiamo confrontato il comportamento delle cellule staminali in presenza o assenza della proteina TGF-beta, e abbiamo isolato i primi geni che nelle staminali sembravano essere influenzati da questa proteina. Abbiamo così selezionato circa 4.000 geni, ridotti a 15 attraverso una serie di validazioni. A quel punto li abbiamo provati sperimentalmente uno a uno. Per ciascun gene sono serviti circa due mesi di lavoro, e quindi la fase di test è durata in tutto quasi due anni. Alla fine degli esperimenti non avevamo più dubbi: ZNF398 era il gene che cercavamo. Il nostro studio non servirà a una specifica malattia, ma avrà un impatto su tutte le malattie che oggi vengono studiate grazie alle cellule staminali pluripotenti». "Con questo studio – dichiara Salvatore Oliviero il nostro gruppo di ricerca, in collaborazione con il laboratorio del Prof. Martello, ha contribuito a chiarire il ruolo della molecola ZNF398, a mappare sul genoma di cellule staminali la sua interazione con il DNA. Abbiamo dimostrato che ZNF398 è un effettore nucleare del fattore intercellulare TGF-beta. Su cellule staminali TGF-beta induce il mantenimento della pluripotenza mentre ha effetti diversi su cellule differenziate normali o su cellule tumorali. Identificare i suoi effettori nucleari ci permette di comprendere i meccanismi molecolari che determinano la pluripotenza, il differenziamento cellulare ed anche la trasformazione tumorale”. Questi risultati valgono anche nell’ambito della riprogrammazione delle staminali. Il metodo utilizzato dal team di Martello è la cosiddetta microfluidica, una tecnologia che permette di coltivare le cellule in piccoli tubi di silicone biocompatibile, e che recentemente ha permesso ai ricercatori padovani di generare per la prima volta cellule staminali pluripotenti “primitive” (simili a quelle degli embrioni) a partire da cellule adulte. Gli scienziati hanno infatti provato a generare iPS disattivando il gene ZNF398, e hanno visto che in quel caso le staminali non si formavano correttamente. La riprogrammazione delle staminali richiede dunque l’attività del gene ZNF398 per funzionare con successo. Il che avrà possibili applicazioni per tutti i laboratori che utilizzano cellule staminali a scopi terapeutici. Altre news in questa sezione UniTo, piano di investimento straordinario. Priorità: capitale umano e nuove tecnologie; Dal Waste Mob a #MADEINCASA2020. Dal Contrasto all’abbandono dei rifiuti in strada; [...] Addio alla professoressa Giovanna Garbarino; Scomparsa del Prof. Gian Mario Bravo: "Se n'è andato uno dei nostri; [...] 5G: inizia il count-down per entrare nella nuova era del “tutto connesso”; [...] Redazione Comunicati Stampa Accessibilità Cookies Privacy Area di amministrazione SEGUICI: © 2015 - Università degli Studi di Torino CREDITS IN ATENEO INNOVAZIONE CULTURA INTERNATIONAL OPINIONI STUDIARE@UNITO EVENTI MEDIA Mi piace 479 Condividi
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HOME IN ATENEO Scoperto ZNF398, il gene “conservante” delle cellule staminali umane

12 mag 202012 mag 2020

Scoperto ZNF398, il gene “conservante” dellecellule staminali umane

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Pubblicato su Nature Communications lo studio realizzato dai team di ricerca delle Università di Padova e

Torino

Uno studio, finanziato dalla Fondazione Armenise Harvard e pubblicato oggi sulla rivista Nature

Communications , ha identificato per la prima volta il gene ZNF398, responsabile della conservazione

delle cellule staminali pluripotenti. Queste cellule, preziose per le terapie di medicina rigenerativa, hanno la

straordinaria capacità di poter dare origine a qualsiasi altra cellula del nostro corpo. Le cellule staminali

pluripotenti indotte vengono generate a partire da cellule adulte in un processo chiamato riprogrammazione.

Lo studio, guidato da Graziano Martello, leader di un laboratorio di ricerca dell’Università di Padova, è stato

realizzato in collaborazione con il team di ricerca guidato da Salvatore Oliviero, docente di Biologia

molecolare presso il Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi dell’Università di Torino e

responsabile della piattaforma di analisi genomiche dell’Università di Torino presso il Centro

Interdipartimentale di Biotecnologie Molecolari (MBC) e l’Italian Institute for Genomic Medicine (IIGM) di

Candiolo (Torino), ente strumentale della Compagnia di San Paolo.

Per essere conservate, le cellule staminali vengono generalmente congelate. Ma, una volta scongelate, è

essenziale mantenerle prima di farle differenziare nelle cellule desiderate, ad esempio in neuroni. In che modo

viene mantenuta la stabilità delle cellule staminali? La risposta a questa domanda fino ad oggi è stata trovata

soltanto in maniera empirica. Gli scienziati sanno che per conservare le staminali scongelate occorre

aggiungere ogni giorno una particolare molecola, chiamata TGF-beta, che agisce da inibitore e impedisce

alle cellule di differenziarsi. Eppure prima del nuovo studio su Nature Communications non si conosceva

ancora come funziona esattamente questo processo di conservazione delle staminali.

Il team padovano e quello torinese hanno scoperto il motivo per cui la proteina TGF-beta funziona: quando

viene somministrata attiva un particolare gene, nome in codice ZNF398, responsabile del mantenimento

delle cellule staminali pluripotenti. Questo gene agisce dunque da “conservante” delle staminali, e la sua

presenza può essere considerata una cartina tornasole del buon funzionamento delle iPS. Un traguardo

fondamentale, che permetterà a molti laboratori in tutto il mondo di migliorare il loro processo di

mantenimento delle staminali umane una volta scongelate.

«Questa scoperta è frutto di 5 anni di lavoro - spiega Graziano Martello - e il gene che abbiamo identificato è

quello che da solo permette di mantenere le staminali indifferenziate. Per scovarlo abbiamo confrontato il

comportamento delle cellule staminali in presenza o assenza della proteina TGF-beta, e abbiamo isolato i primi

geni che nelle staminali sembravano essere influenzati da questa proteina. Abbiamo così selezionato circa

4.000 geni, ridotti a 15 attraverso una serie di validazioni. A quel punto li abbiamo provati sperimentalmente

uno a uno. Per ciascun gene sono serviti circa due mesi di lavoro, e quindi la fase di test è durata in tutto quasi

due anni. Alla fine degli esperimenti non avevamo più dubbi: ZNF398 era il gene che cercavamo. Il nostro

studio non servirà a una specifica malattia, ma avrà un impatto su tutte le malattie che oggi vengono studiate

grazie alle cellule staminali pluripotenti».

"Con questo studio – dichiara Salvatore Oliviero – il nostro gruppo di ricerca, in collaborazione con il

laboratorio del Prof. Martello, ha contribuito a chiarire il ruolo della molecola ZNF398, a mappare sul genoma

di cellule staminali la sua interazione con il DNA. Abbiamo dimostrato che ZNF398 è un effettore nucleare del

fattore intercellulare TGF-beta. Su cellule staminali TGF-beta induce il mantenimento della pluripotenza

mentre ha effetti diversi su cellule differenziate normali o su cellule tumorali. Identificare i suoi effettori

nucleari ci permette di comprendere i meccanismi molecolari che determinano la pluripotenza, il

differenziamento cellulare ed anche la trasformazione tumorale”.

Questi risultati valgono anche nell’ambito della riprogrammazione delle staminali. Il metodo utilizzato dal

team di Martello è la cosiddetta microfluidica, una tecnologia che permette di coltivare le cellule in piccoli

tubi di silicone biocompatibile, e che recentemente ha permesso ai ricercatori padovani di generare per la

prima volta cellule staminali pluripotenti “primitive” (simili a quelle degli embrioni) a partire da cellule adulte.

Gli scienziati hanno infatti provato a generare iPS disattivando il gene ZNF398, e hanno visto che in quel caso

le staminali non si formavano correttamente. La riprogrammazione delle staminali richiede dunque

l’attività del gene ZNF398 per funzionare con successo. Il che avrà possibili applicazioni per tutti i laboratori

che utilizzano cellule staminali a scopi terapeutici.

Altre news in questa sezione

UniTo, piano diinvestimento straordinario.Priorità: capitale umano enuove tecnologie;

Dal Waste Mob a#MADEINCASA2020. DalContrasto all’abbandonodei rifiuti in strada; [...]

Addio alla professoressa Giovanna Garbarino;

Scomparsa del Prof. GianMario Bravo: "Se n'èandato uno dei nostri; [...]

5G: inizia il count-downper entrare nella nuova eradel “tutto connesso”; [...]

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13-05-20205CORRIERE DEL VENETO

RADO \A h ROVIGO

Studio dell'Università di Padova

Medicina rigenerativa, scoperto il gene che tutela le staminali

PADOVA Scoperto in Italia un gene che promette didare una spinta senza precedenti alla medicinarigenerativa, la quale usa le cellule staminali perriparare tessuti e organi. Il gene, chiamato ZNF398, èuna sorta di conservante molecolare: quando unacellula adulta viene riprogrammata, ossia fattatornare indietro nel tempo allo stadio di staminalepluripotente, permette di conservarla senza rischi, inattesa che venga utilizzata.

Pubblicata sulla rivista Nature Communications,la ricerca è stata condotta dalle Università di Padovae Torino, con H finanziamento della FondazioneArmenise Harvard, e segna un passo in avantinell'uso delle cosiddette cellule staminali

riprogrammate. «Il nostro studio non servirà a unaspecifica malattia, ma avrà un impatto su tutte lepatologie che oggi vengono studiate grazie allecellule staminali pluripotenti», spiega H professorGraziano Martello, autore della scoperta con H suogruppo del laboratorio di cellule staminali interno alDipartimento di Medicina molecolare dell'Universitàdi Padova.

«La scoperta — aggiunge lo scienziato — ciaiuterà a conservare meglio le cellule staminalipluripotenti e controllarne bene la differenziazione,offrendo uno strumento potente e estremamenteaffidabile».

RIPRODUZIONE RISERVATA

I L PERSO NA ( C I lJ ,251.95~DaSamaraRafi. ~«Farbìlmedicosenza orari,CYlmemalmna»

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Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile.

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13-05-202017LA SICILIA

b br ~ ia ~i i

Staminali, grazie a ricerca italianatrovato gene chiave per utilizzarle

Era una scoperta attesa da tempo eadesso che è arrivata, grazie a una ricercaitaliana, promette di dare una spinta note-vole alla medicina rigenerativa, rendendopiù semplice utilizzare in sicurezza le cel-lule staminali riprogrammate: il gene chia-mato ZNF398 le mantiene stabilmente allostadio di staminali fino al momento di farlesviluppare in modo controllato.

«Il nostro studio non servirà a una speci-fica malattia, ma avrà un impatto su tuttele patologie che oggi vengono studiate gra-zie alle cellule staminali pluripotenti», os-serva Graziano Martello, autore della sco-perta con il suo gruppo del laboratorio dicellule staminali, presso il dipartimento diMedicina Molecolare dell'Università di Pa-dova.La ricerca, pubblicata sulla rivista Nature

Communications, e finanziata dalla Fonda-zione Armenise Harvard, è stata condottain collaborazione con il gruppo del biologomolecolare Salvatore Oliviero, dell'Univer-sità di Torino presso il Centro Interdipar-timentale di Biotecnologie Molecolari(MBC) e l'Italian Institute for Genomic Me-dicine (Iigm) di Candiolo (Torino), entestrumentale della Fondazione Compagniadi San Paolo.La scoperta, ha aggiunto Martello, aiute-

rà a conservare meglio le cellule staminalipluripotenti e controllarne bene la diffe-renziazione, offrendo uno strumento po-tente e estremamente affidabile». Da tem-po è possibile utilizzare un cocktail di genie fattori di crescita per spingere una cellu-la adulta a tornare bambina, quindi a unostadio indifferenziato dal quale può nuo-vamente essere fatta sviluppare in moltedirezioni per ottenere cellule adulte di fe-gato, cuore o cervello.Sono le cosiddette cellule staminali ri-

programmate (Ips), vero e proprio jollydella medicina rigenerativa. Per essereconservate vengono generalmente conge-late, ma al momento di utilizzarle è essen-ziale mantenerle stabili prima di farle dif-ferenziare per ottenere cellule adulte ditipo diverso, da quelle di fegato e pelle aquelle del cervello.Finora per mantenerle inalterate una

volta scongelate si procedeva in modo em-pirico, aggiungendo giorno per giorno unamolecola chiamata TGF-beta, che impedi-sce alle cellule di differenziarsi. Nessunoperò sapeva perché questo metodo funzio-nasse. Adesso si sa che a mantenere le cel-lule stabili è il gene ZNF398, che agiscecome una sorta di conservante molecolare.

Sc ieri fu ucciso con crudettâ da [re caporali»

Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile.

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13-05-202011E ECO DI BERGAMO

Pubblicato su «Nature Communications»Staminali, scoperto gene per medicina rigenerativaScoperto in Italia un gene che promette didare una spinta senza precedenti alla medi-cina rigenerativa, che usa le cellule staminaliper riparare tessuti e organi. Il gene, chiama-to ZNF398, è una sorta di conservante mole-colare: quando una cellula adulta viene ri-programmata, ossia fatta tornare indietro

nel tempo allo stadio di staminale pluripo-tente, il gene permette di conservarla senzarischi, in attesa che venga utilizzata. Pubbli-cata sulla rivista Nature Communications, laricerca è stata condotta dalle università diPadova e Torino, con il finanziamento dellaFondazione Armenise Harvard.

Punti vista.

H.niGNrTANrx;,.~ .._..._._

Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile.

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Martedì 12 Maggio - agg. 21:20

NORDEST

VENEZIA-MESTRE TREVISO PADOVA BELLUNO ROVIGO VICENZA-BASSANO VERONA PORDENONE UDINE TRIESTE PRIMO PIANO

Cellule staminali, ricercatori padovanitrovano il "gene-chiave"NORDEST > PADOVA

Martedì 12 Maggio 2020

Era una scoperta attesa e adesso che è arrivata, grazie a una ricerca padovana,

promette di dare una spinta notevole alla medicina rigenerativa, rendendo più

semplice utilizzare in sicurezza le cellule staminali riprogrammate: il gene chiamato

ZNF398 le mantiene stabilmente allo stadio di staminali fino al momento di farle

sviluppare in modo controllato. «Il nostro studio non servirà a una specifica malattia,

ma avrà un impatto su tutte le patologie che oggi vengono studiate grazie alle cellule

staminali pluripotenti», osserva Graziano Martello, autore della scoperta con il suo

gruppo del laboratorio di cellule staminali, presso il dipartimento di Medicina

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PADOVA

BOLLETTINO REGIONE

Coronavirus Veneto, solo 12contagi, ma 8 decessi: iltotale delle vittime oltrequota 1700

PADOVA

Protezione civile, nuovosistema di allerta allapopolazione per leemergenze

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Nel bar abusivo clienti sedutia consumare birra, carne enoccioline: sanzioni esequestro

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Molecolare dell'Università di Padova.

La ricerca, pubblicata sulla rivista Nature Communications e finanziata dalla

Fondazione Armenise Harvard, è stata condotta in collaborazione con il gruppo del

biologo molecolare Salvatore Oliviero, dell'Università di Torino presso il Centro

Interdipartimentale di Biotecnologie Molecolari (MBC) e l'Italian Institute for Genomic

Medicine (Iigm) di Candiolo (Torino), ente strumentale della Fondazione Compagnia

di San Paolo.

La scoperta, ha aggiunto Martello, aiuterà a conservare meglio le cellule staminali

pluripotenti e controllarne bene la differenziazione, offrendo uno strumento potente e

estremamente affidabile«. Da tempo è possibile utilizzare un cocktail di geni e fattori

di crescita per spingere una cellula adulta a tornare bambina, quindi a uno stadio

indifferenziato dal quale può nuovamente essere fatta sviluppare in molte direzioni per

ottenere cellule adulte di fegato, cuore o cervello. Sono le cosiddette cellule staminali

riprogrammate (Ips), vero e proprio jolly della medicina rigenerativa. Per essere

conservate vengono generalmente congelate, ma al momento di utilizzarle è

essenziale mantenerle stabili prima di farle differenziare per ottenere cellule adulte di

tipo diverso, da quelle di fegato e pelle a quelle del cervello. Finora per mantenerle

inalterate una volta scongelate si procedeva in modo empirico, aggiungendo giorno

per giorno una molecola chiamata TGF-beta, che impedisce alle cellule di

differenziarsi. Nessuno però sapeva perché questo metodo funzionasse. Adesso si

sa che a mantenere le cellule stabili è il gene ZNF398, che agisce come una sorta di

conservante molecolare. (© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Ricerca, scoperto “conservante”delle cellule staminali umaneA individuare il gene team di ricerca dell'Università di Padova

Roma, 12 mag. (askanews) – Identificato per la prima volta dal team di ricercaguidato da Graziano Martello del Dipartimento di Medicina Molecolaredell’Università di Padova, in collaborazione con l’Università di Torino, il geneZNF398 responsabile del mantenimento delle cellule staminali pluripotenti,come le embrionali staminali o le iPS. La particolarità di queste unitàbiologiche sta nella loro capacità di dare origine a qualsiasi cellula, dai neuronia quelle del fegato. Le iPS, staminali pluripotenti indotte vengono generate apartire da cellule adulte del nostro corpo in un processo chiamatoriprogrammazione. Questo rende le staminali una fonte cellulare preziosa perle terapie avanzate di medicina rigenerativa. Lo studio finanziato dallaFondazione Armenise Harvard è pubblicato su “Nature Communications”.

Per essere conservate, le cellule staminali vengono generalmente congelate,ma, una volta riportate a temperatura idonea, è essenziale mantenerle inmodo stabile prima di farle differenziare nelle cellule desiderate, ad esempio inneuroni. Finora i metodi usati per stabilizzarle si erano fondati su metodologieempiriche: i ricercatori da sempre sanno che per conservare le staminali

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scongelate occorre aggiungere ogni giorno una particolare molecola, chiamataTGF-beta, che agisce da inibitore e impedisce alle cellule di differenziarsi.Eppure prima del nuovo studio pubblicato dal team di Graziano Martello non siconosceva ancora come funziona esattamente questo processo diconservazione delle staminali.

Il team padovano, formato da giovani ricercatori tutti under quaranta, hascoperto come agisce la proteina TGF-beta: quando viene somministrata attivaun particolare gene, ribattezzato ZNF398, responsabile del mantenimentodelle cellule staminali pluripotenti. Questo gene agisce dunque da“conservante” delle staminali, e la sua presenza può essere considerata unacartina tornasole del buon funzionamento delle iPS.

“Questa scoperta è frutto di cinque anni di lavoro – spiega Graziano Martellodel Dipartimento di Medicina Molecolare dell’Ateneo patavino – e il gene cheabbiamo identificato è quello che da solo permette di mantenere le staminaliindifferenziate. Per scovarlo abbiamo confrontato il comportamento dellecellule staminali in presenza o assenza della proteina TGF-beta e abbiamoisolato i primi geni che nelle staminali sembravano essere influenzati daquesta proteina. Il nostro studio non servirà a una specifica malattia – continuaMartello – ma avrà un impatto su tutte le patologie che oggi vengono studiategrazie alle cellule staminali pluripotenti. Fino a dieci anni fa erano pochi ilaboratori in tutto il mondo che lavoravano su queste cellule, oggi ungrandissimo numero di progetti di ricerca si basa proprio sulle staminali.Questa scoperta aiuterà a conservare meglio le cellule staminali pluripotenti econtrollarne bene la differenziazione, offrendo uno strumento potente eestremamente affidabile”.

(segue)

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QUOTIDIANO di informazione e approfondimento medico diretto da Nicoletta Cocco

PRIMO PIANO

Scoperto il ‘conservante’ delle cellulestaminali umane. Svolta epocalenella ricercaDI INSALUTENEWS.IT · 12 MAGGIO 2020

Il gene ZNF398 sarà fondamentale per la ricerca che si occupa di

riprogrammazione delle cellule staminali a scopi terapeutici. La scoperta è

frutto del lavoro del team di ricerca guidato da Graziano Martello

dell’Università di Padova, in collaborazione con l’Università di Torino. Lo

studio è finanziato dalla Fondazione Armenise Harvard

Torino, 12 maggio 2020 –

Pubblicato su Nature

Communications lo studio

firmato dal team di ricerca

guidato da Graziano Martello

del Dipartimento di Medicina

Molecolare dell’Università di

Padova che ha identificato per la prima volta il gene responsabile della

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Difendiamoci dal male che avanzadi Nicoletta Cocco

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Team prof. Graziano Martello

conservazione delle cellule staminali pluripotenti, come le embrionali

staminali o le iPS. La particolarità di queste unità biologiche sta nella loro

capacità di dare origine a qualsiasi cellula, dai neuroni a quelle del fegato.

Le iPS, staminali pluripotenti indotte vengono generate a partire da cellule

adulte del nostro corpo in un processo chiamato riprogrammazione.

Questo rende le staminali una fonte cellulare preziosa per le terapie

avanzate di medicina rigenerativa.

Lo studio

Per essere conservate, le cellule staminali vengono generalmente

congelate, ma, una volta riportate a temperatura idonea, è essenziale

mantenerle in modo stabile prima di farle differenziare nelle cellule

desiderate, ad esempio in neuroni.

Finora i metodi usati per stabilizzarle si erano fondati su metodologie

empiriche: i ricercatori da sempre sanno che per conservare le staminali

scongelate occorre aggiungere ogni giorno una particolare molecola,

chiamata TGF-beta, che agisce da inibitore e impedisce alle cellule di

differenziarsi. Eppure, prima del nuovo studio pubblicato dal team di

Graziano Martello, non si conosceva ancora come funziona esattamente

questo processo di conservazione delle staminali.

Il team padovano, formato da

giovani ricercatori tutti under

quaranta, ha scoperto come

agisce la proteina TGF-beta:

quando viene somministrata

attiva un particolare gene,

ribattezzato ZNF398,

responsabile del mantenimento

delle cellule staminali

pluripotenti. Questo gene agisce dunque da ‘conservante’ delle staminali, e

la sua presenza può essere considerata una cartina tornasole del buon

funzionamento delle iPS.

“Questa scoperta è frutto di cinque anni di lavoro – spiega Graziano

Martello del Dipartimento di Medicina Molecolare dell’Ateneo patavino – e

il gene che abbiamo identificato è quello che da solo permette di

mantenere le staminali indifferenziate. Per scovarlo abbiamo confrontato

il comportamento delle cellule staminali in presenza o assenza della

proteina TGF-beta e abbiamo isolato i primi geni che nelle staminali

sembravano essere influenzati da questa proteina”.

“Il nostro studio non servirà a una specifica malattia – continua Martello –

ma avrà un impatto su tutte le patologie che oggi vengono studiate grazie

alle cellule staminali pluripotenti. Fino a dieci anni fa erano pochi i

laboratori in tutto il mondo che lavoravano su queste cellule, oggi un

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grandissimo numero di progetti di ricerca si basa proprio sulle staminali.

Questa scoperta aiuterà a conservare meglio le cellule staminali

pluripotenti e controllarne bene la differenziazione, offrendo uno

strumento potente e estremamente affidabile”.

“Siamo partiti selezionando un campione di circa 4.000 geni, ridotti poi a

15 attraverso una serie di validazioni – affermano Irene Zorzan e Marco

Pellegrini del Laboratorio di Biologia delle cellule staminali pluripotenti

dell’Università di Padova che hanno condotto lo studio – A quel punto li

abbiamo provati sperimentalmente uno a uno. Per ciascun gene sono

serviti circa due mesi di lavoro e quindi la fase di test è durata in tutto quasi

due anni. Alla fine degli esperimenti non avevamo più dubbi: ZNF398 era il

gene che cercavamo. Questa scoperta permetterà a molti laboratori in

tutto il mondo di migliorare il loro processo di mantenimento delle

staminali umane una volta scongelate”.

Le applicazioni

I risultati validati dallo studio pubblicato valgono anche nell’ambito della

riprogrammazione delle staminali. Il metodo utilizzato dal team di Martello

è la cosiddetta microfluidica, una tecnologia sviluppata dal prof. Nicola

Elvassore del Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di

Padova, che permette di coltivare le cellule in piccoli tubi di silicone

biocompatibile e che recentemente ha permesso ai ricercatori padovani di

generare per la prima volta cellule staminali pluripotenti ‘primitive’ – simili

a quelle degli embrioni – a partire da cellule adulte.

“Abbiamo provato a generare iPS disattivando il gene ZNF398: in questo

caso le staminali non si formavano correttamente – puntualizza Graziano

Martello – È stato chiaro dunque che la riprogrammazione delle staminali

richiede l’attività del gene ZNF398 per funzionare con successo. Questo

risultato avrà applicazioni per tutti i laboratori che utilizzano cellule

staminali a scopi terapeutici: se si vogliono produrre cellule staminali

nuove per una determinata malattia – commenta Martello – è essenziale

che il gene ZNF398 sia attivato per essere certi dell’effettivo

funzionamento delle iPS. La nostra scoperta fornisce dunque informazioni

cruciali per trovare le staminali giuste e mantenerle correttamente”.

Il nuovo studio è stato realizzato in collaborazione con il team di ricerca

guidato da Salvatore Oliviero, docente di Biologia molecolare all’Università

di Torino e responsabile della piattaforma di analisi genomiche

dell’Università di Torino presso il Centro Interdipartimentale di

Biotecnologie Molecolari (MBC) e l’Italian Institute for Genomic Medicine

(IIGM) di Candiolo (Torino), ente strumentale della Fondazione Compagnia

di San Paolo.

“Con questo studio – dichiara Salvatore Oliviero – il nostro gruppo di

ricerca, in collaborazione con il laboratorio del prof. Martello, ha contribuito

a chiarire il ruolo della molecola ZNF398, a mappare sul genoma di cellule

staminali la sua interazione con il DNA. Questo studio dimostra che

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Tag: cellule staminali gene Graziano Martello iPS Irene Zorzan Marco Pellegrini

medicina rigenerativa Nicola Elvassore Salvatore Oliviero Università di Padova

Università di Torino ZNF398

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di disturbi e/o malattie è sempre necessario rivolgersi al proprio medico di base o allo specialista.

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ZNF398 è un effettore nucleare del fattore intercellulare TGF-beta. Su

cellule staminali TGF-beta induce il mantenimento della pluripotenza

mentre ha effetti diversi su cellule differenziate normali o su cellule

tumorali. Identificare i suoi effettori nucleari e identificare i suoi effettori

cellulari ci permette di comprendere i meccanismi molecolari che

determinano la pluripotenza, il differenziamento cellulare e anche la

trasformazione tumorale”.

Graziano Martello è responsabile del Laboratorio di cellule staminali

pluripotenti dell’Università di Padova dal 2014. Rientrato in Italia dopo una

lunga attività di ricerca in Gran Bretagna, all’Università di Cambridge, ha

fondato il laboratorio padovano grazie a un finanziamento della

Fondazione Armenise Harvard, che sostiene la ricerca biomedica di base in

Italia e negli Stati Uniti. Lo studio su Nature Communications è parte proprio

del progetto con cui si è aggiudicato il grant Career Development Award

Armenise Harvard a soli 34 anni.

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