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13°17’50”N - Aracne editrice · riutilizzate, grazie ad uno sguardo alla modernità...

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13°17’50”N Africa Green Belt - progetti sostenibili globali e locali Università Iuav di Venezia Dipartimento di Culture del Progetto Quaderni della ricerca
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13°17’50”NAfrica Green Belt - progetti sostenibili globali e locali

Università Iuav di VeneziaDipartimento di Culture del Progetto

Quaderni della ricerca

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Università Iuav di Venezia - dipartimento di Culture del ProgettoQuaderni della ricerca

Copyright ©MMXIVARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133/A-B00173 Roma[06]93781065

ISBN 978-88-548-7586-9

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasimezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

Progetto grafico di Luciano Comacchio - MeLa Media Lab

I edizione: settembre 2014

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13°17’50”NAfrica Green Belt - progetti sostenibili globali e locali

Settore scientifico-disciplinareICAR/14 Composizione Architettonica

Unità di ricercaCittà, Sostenibilità e Tecnologia

A cura diFilippo De Dominicis e Jacopo Galli

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Indice

Benno AlbrechtCattedre del futuro, il test dell’Africa Green Belt8

Introduzione7

Massimiliano ScarpaSustainable future in emerging Africa32

Giovanni MucelliTecnologie costruttive per il futuro dell’Africa sub-sahariana20

Filippo De Dominicis

Mauro Frate, Anna Magrin

Jacopo Galli

Dove comncia l’Africa44

Una città rururbana

Il dispositivo come elemento strategico

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L’Atelier sostenibilità ambientale, tenuta da Benno Albrecht, Giovanni Mucelli, Massimiliano Scarpa con il contributo di Filippo De Dominicis, Anna Magrin, Mauro Frate, Jacopo Galli e Saverio Panata intende consolidare l’apprendimento della cultura della responsabilità e dell’uso saggio delle risorse.

L’etica progettuale e l’energetica, le tecniche e le tecnologie appropriate, permettono di svi-luppare le capacità di controllo responsabile del disegno urbano sostenibile e del controllo progettuale del manufatto rispetto ad un contesto ambientale multiforme e severo, come quello dell’Africa, un ambiente al limite, un clima estremo.

E’ una strada quella della progettazione per la sostenibilità, per la lunga durata, in un’ottica di durabilità, del wise use, e di relazione con rinnovati principi insediativi.

Introduzione

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CAttedre deL futuroiL teSt deLL’AfriCA Green BeLt

Benno Albrecht

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Questo libro introduce una riflessione di carattere generale. il controllo delle risorse è un ultimo imperativo prescrittivo che può prospettare nuove e differenti soluzioni progettuali, a scala globale e locale. il pensiero dell’innovazione è conciliabile con la preoccupazione di “prendersi Cura della Terra”, e con un riavvicinamento ed una nuova simbiosi tra produ-zioni umane e natura, che porta alla salvezza dalle catastrofi socio-ambientali. il pensiero progettuale contemporaneo deve produrre un sistema concettuale adatto a prevedere le strategie di controllo dinamico della città futura dove questa si svilupperà con velocità e per un tempo non immaginabile. La sostenibilità delle scelte consone al risparmio è un ideale dinamico e non limitativo.

oggi ci avviciniamo ad un nuovo soggetto, una conurbazione globale, estesa su tutto l’orbe-urbe terracqueo, che ha numeri, dimensioni e scala senza precedenti nella storia e nel pensiero umano. E’ un assioma dell’ambientalismo contemporaneo il capire problemi a grande scala per poterli risolvere a scala inferiore, locale, Think Globally, Act Locally. il fortunato slogan è attribuito da alcuni proprio a rené dubos, da altri a Patrick Geddes, riscoperto da “Jacky” tyrwhitt, segretaria dei Ciam, collaboratrice di Sigfried Giedion, e redattrice di Ekistics, la rivista di Constantinos Doxiadis. E’ evidente oggi che vale anche l’inverso, Act Globally, Think Locally, per risolvere problemi contingenti sono necessarie strategie d’intervento a grande e grandissima scala.

Nasce l’idea normativa di un nuovo insediamento completo, come la città antica, ma esteso a tutto il territorio occupato che include virtualmente tutto lo spazio trasformato dall’uomo e le infrastrutture necessarie al suo funzionamento: un’orbe-urbe con le proprie architetture civili pensate alla loro scala adeguata, i suoi monumenti, le architetture del mondo.L’orbe è diventato un’unica Urbe, la semplice inversione della vocale iniziale mostra un cambiamento fisico e concettuale radicale. “L’antica distinzione tra uomo e natura, tra abitante di città e abitante di campagna, tra greco e barbaro, tra cittadino e forestiero, non vale più: l’intero pianeta è ormai diventato un villaggio, e di conseguenza il più piccolo dei rioni deve essere progettato come modello funzionante del mondo intero “1.

Silvia Dessenibus / Carolina Niero 12°06’47”N / 15°02’57”E / N’Djamena / Chad

Immaginare una regola per la crescita urbana ha costituito il nodo intorno cui realizzare un’architettura che interpretasse i bisogni immediati della popolazione insediata, rappresentando un fatto ripetibile, e contestualmente eccezionale, all’interno dell’insieme urbano. I pozzi abitati formalizzano questa regola e costituiscono un fatto nuovo che, inserito nel tessuto articolato di N’Djamena, ne guida lo sviluppo e la crescita declinando la propria forma e la propria dimensione in funzione delle diverse parti di città con cui si confronta. Il grande bacino semi-ipogeo e le abitazioni intorno realizzano un insieme flessibile, calibrato sul rapporto fra l’infrastruttura idrica, di scala urbana, e la piccola scala dell’aggregato insediativo, e capace di raccogliere le sollecitazioni dell’intorno urbano.

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il mondo d’oggi è ormai completamente urbanizzato. Possiamo fare nostre le parole di Hans Jonas: “infatti il confine tra “polis” e “natura” è stato cancellato. La città degli uomini, un tempo enclave nel mondo non-umano, si estende ora alla totalità della natura terrena e ne usurpa il posto. La differenza tra l’artificiale e il naturale è sparita, il naturale è stato fagoci-tato dalla sfera dell’artificiale; e nel contempo la totalità degli artefatti, le opere dell’uomo che come mondo operano su e per mezzo di lui, producono un tipo nuovo di natura, ossia una peculiare necessità dinamica con la quale la libertà umana si trova a essere confrontata in un senso del tutto nuovo”2.

in un quadro ampliato al globo intero è fondamentale la ricerca di “architettura estrema” per la sostenibilità, un’architettura per climi estremi ed in veloce cambiamento; una architettura per situazioni di limite, di confine, di bordo, realizzata in paesi difficili, in situazioni sociali problematiche, dove bisogna lavorare con pochi mezzi ed utilizzare tecnologie e materiali con novità, saggezza e parsimonia. e’ la ricerca di un’architettura, intesa nel senso vasto definito da William Morris, che contempli allo stesso tempo e contemporaneamente, soluzioni minute, dal basso, e indicazioni a grande e grandissima scala, dall’alto. Dalla grandissima alla piccolissima scala il progetto è allora una forma di conoscenza critica. La progettualità, la capacità di porre obiettivi e di prefigurare scenari operativi futuri, pone domande e non fornisce risposte univoche, indica e suggerisce, non impone o prefigura utopie, è strumento analitico e oggetto di critica operativa.

Queste ipotesi non pregiudicano l’audacia e la baldanza della progettazione, le forme non usuali, i materiali usati in maniera innovativa, le tecniche costruttive antiche, ritrovate, e riutilizzate, grazie ad uno sguardo alla modernità anti-vernacolare e ad un pensiero legato al regionalismo localista a scala globale, al mondo intero inteso come nuova delicata Patria Comune.

una conoscenza-coscienza da proporre delle strategie operative specifiche e particolari, fina-lizzate a una progettazione costruttiva “autarchica” che si proponga di sfruttare ed interagire con l’ambiente naturale senza imporsi, ad alto grado di reversibilità, dove la sfida progettuale

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Angeles Battipiedi / Francesco Tosetto11°18’49”N / 5°40’11”W / Sikasso / Mali

Le condizioni della città media africana impongono una riflessione sul rilevamento puntuale delle risorse energetiche dis-ponibili. Il progetto nasce dal posizionamento all’interno del tessuto urbano esistente di elementi capaci di generare energia e di conseguenza di diventare attrattori di densità residenziale. La localizzazione di queste strutture permette un generale ripensamento della struttura urbana incardinata su nuove polarità energetiche. I nodi si configurano come oggetti estranei, per dimensione e linguaggio, al paesaggio urbano esistente. Particolare attenzione è stata posta alla ricerca di soluzioni tecniche e costruttive adattabili e ripetibili, non rinunciando tuttavia ad un’immagine iconica che potesse garantirne il carattere.

riguarderà soprattutto la capacità di innovare materiali, tecnologie e pratiche costruttive antiche, alla luce delle attuali conoscenze e in rapporto alle nuove esigenze, determinate dalle sempre più veloci variazioni climatiche e sociali.

Le condizioni estreme dal punto di vista ambientale ed economico dei paesi in via di svilup-po, in particolare della zona dell’Africa sub-sahariana, impone un atteggiamento progettuale sostenibile attento all’uso delle risorse e materiali locali con l’utilizzo di tecniche costrutti-ve a bassa sofisticazione e coerenti con le conoscenze tecnologiche del luogo.

una ragione singolare e significativa, che conferma l’Africa un pregevole banco di prova, è che l’Africa sarà la protagonista dello sviluppo urbano del pianeta, ora che più della metà della popolazione mondiale vive già in agglomerati urbani. Nel 2030 la popolazione urbana mondiale sarà su di un ordine di 5 miliardi di persone rispetto ad un totale di 8,1 miliardi, circa il 61%. Questa esplosione urbana ha i suoi effetti maggiori in Asia ed in Africa. L’Africa sub Sahariana presenta tassi d’inurbamento più alti: 4,58 %. l’Asia sud orientale 3,82 %, L’Asia orientale 3,39 %, l’Asia occidentale 2,96 %. Le città del mondo sviluppato avranno tassi di crescita annuali attorno il 0,75 %. Nel 2030 anche le regioni che oggi hanno il minor tasso di urbanizzazione saranno a maggioranza con una popolazione residente nella città. Nel 2030 la popolazione urbana dell’Africa, 748 milioni, supererà la popolazione complessiva dell’europa, 685 milioni. Questa enorme massa demografica sarà assorbita nella maggio-ranza in agglomerati urbani con meno di 500 mila abitanti (53%) e con abitanti da uno a 5 milioni (22%), il resto della popolazione vivrà nelle megacittà con popolazione superiore. Nelle prossime due decadi le città dei paesi in via di sviluppo assorbiranno il 95% della espansione urbana planetaria.

oggi è evidente l’emergere diffuso della progettazione per scenari, del dibattito esteso sull’utopia, ed di un nuovo valore riconosciuto alla capacità di anticipazione e alla compe-tenza del pensiero progettante. il futuro è tema universitario di previsione e di prefigurazio-ne, della messa in campo di scelte alternative, della valutazione dei loro reciproci vantaggi.

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L’Anticipatory Anthropology di Margaret Mead è stato un modo di utilizzare dati ed infor-mazioni e conoscenze per valutare possibilità legate al futuro, attorno ciò che è probabile, prevedibile e preferibile3.

L’atteggiamento di cautela nei confronti delle generazioni future, base concettuale della so-stenibilità, è per la Mead basilare e centrale. “Già a partire dai materiali comparativi, sembra abbastanza chiaro che le utopie con le quali vivono gli uomini sono di vitale importanza in questioni terrene come la scelta di combattere per preservare l’identità della loro società, della loro classe, della loro religione o della loro vocazione, come la decisione di piantare al-beri che impiegano due vite umane per maturare, di adoperarsi per bloccare lo spopolamento delle foreste, di evitare che il terreno fertile sia sommerso dal mare o che il corredo genetico venga esposto a troppe radiazioni”4.

Le immagini infernali e di distruzione spiccano sempre con vivida evidenza, al contrario le utopie positive sono insipide, perché paradossalmente un paradiso dettagliato è insopporta-bile de concepire. infatti “Quando lo stato di guerra grava su di loro, gli uomini combattono; ma affondano in una specie di paralisi quando c’è bisogno di combattere più duramente - in tempo di pace - per prevenire il riemergere del conflitto. Abbiamo bisogno di più vivide utopie”5.

La Mead prosegue: “eppure, il mondo di oggi necessita largamente di una visione che dia significato e responsabilità e che ci ponga in salvo dai terribili poteri di distruzioni e dai quasi illimitati poteri di costruzione che la ricerca scientifica ci ha messo nelle mani”6. La possibilità è insita nella formulazione della prospettiva, “deve essere una visione vivida da costringere il cuore ma non così vivida da farci muovere troppo velocemente, attraverso la morte o la emigrazione o la coercizione degli altri, al fine di ottenerla; deve essere concepita in modo tale da volerla cercare per il bene degli altri piuttosto che esclusivamente per se stessi – per altri uomini, per intere generazioni future, o per uomini di per le ere a venire - con un utile aggiustamento che non la renda troppo immediata (solo per la prossima gene-razione) né troppo distante, per paura che ci perda in un mondo senza relazione immaginabile con il presente”7.

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Lisa Brunello / Margherita Cisamolo12°39’13”N / 8°00’16”W / Bamako / Mali

Intervenendo a Bamako non si può eludere l’estrema differenziazione di forme che contraddistingue l’insieme urbano. Questa articolazione costituisce la base di un progetto diffuso, realizzato sulla successione di piccoli interventi puntuali, estesi alla scala metropolitana e rivolti essenzialmente alla riconfigurazione dello spazio pubblico. Il superamento dei dislivelli attraverso l’installazione di trasporti su fune, la creazione di suoli artificiali attraverso la mod-ellazione del terreno, la riconfigurazione del waterfront fluviale mediante piccoli dispositivi abitati, realizzano una complessa rete di piccole architetture capaci, per pluralità di forma e linguaggio, di innescare nuovi meccanismi e nuovi usi dello spazio urbano, oltre l’indifferenziazione che ne contraddistingue attualmente il funzionamento.

Deve essere complessa e ridondante per catturare la fantasia, e “stilizzata, in termini di cultura e di periodo, da portare il peso dei canoni estetici delle età passate, e da parlare con cadenze e tratti accresciuti e potenziati da un uso prolungato”8.

Il nostro corso riprende proprio i passi e le esortazioni della Maed.

“infine, mi sembra che in questa età, in cui la sopravvivenza stessa della specie umana e forse di tutte le creature viventi, dipende dalla nostra capacità di avere per gli altri una vi-sione del futuro che richiederà il nostro impegno più profondo, abbiamo bisogno nelle nostre università, che devono cambiare e crescere con il mondo, non solo di cattedre di storia e di linguistica compartiva, di letteratura e di arte, ma anche di cattedre di futuro, cattedre per coloro che si dedicheranno, con tutta la necessaria attenzione e il dovuto studio, a sviluppare la scienza fino alla piena estensione delle sue possibilità per il futuro, e che si dedicheranno tanto fedelmente al dettaglio di quello che l’uomo – alla luce di tutta la no-stra conoscenza – potrebbe effettivamente essere, quanto ogni classicista o medioevalista si dedica ai testi di Pindaro e orazio o al pensiero di san tommaso d’Aquino”9.

Il corso Africa Geen Belt, progetti sostenibili globali e locali ha proprio questo scopo.


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