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‘15-’18: la Grande Guerra raccontata dagli scrittori italiani di libri - suggerimenti... ·...

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‘15-’18: la Grande Guerra raccontata dagli scrittori italiani Suggerimenti di lettura ARMAT D L BR
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‘15-’18: la Grande Guerra raccontata dagli scrittori italiani

Suggerimenti di lettura

ARMAT D L BR

Rassegna del 22 maggio 2015a cura di M. Busato, B. Colli e B. Poli

nell’ambito dell’iniziativa

La Biblioteca della Fondazione Querini Stampalia è biblioteca civica del centro storico di Venezia

ARMAT D L BR

Il 24 maggio 2015 ricorre il centenario dell’ingresso dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale. Accanto alle molte manifestazioni organizzate per ricordare questa data, il coordinamento di lettori professionisti “Leggere per Leggere” ha lanciato l’iniziativa “Àrmàti di libri” volta a coinvolgere i lettori, le biblioteche, le librerie, le scuole, ossia tutti coloro che si occupano di promuovere i libri e la lettura. La manifestazione è pensata nella medesima ottica che il nostro Paese ha adottato dopo il secondo conflitto mondiale e che ha sancito nell’articolo 11 della Costituzione: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. “Àrmàti di libri” dunque come contenitore di eventi che affermino il valore del libro e della lettura come antidoto alla cultura di guerra, come strumenti per affermare invece una cultura di pace e tolleranza.Aderiamo all’iniziativa con questa bibliografia che, attraverso le pagine e le parole degli scrittori italiani, ci restituisce il racconto degli eventi bellici della Grande Guerra italiana, ma anche delle vicende di vita minuta dei singoli in quegli anni terribili. Libri scritti sia da chi ha combattuto sia da chi ha cercato di ricostruire un pezzo di storia del nostro Paese attraverso il romanzo. Libri diversi tra loro, ma caratterizzati da un denominatore comune, ossia la presa d’atto, a volte a posteriori, e il conseguente desiderio di comunicare la grande tragedia che si consumò. In questo senso riteniamo che la loro lettura possa fornire spunti di riflessione, di condivisione e di conversazione per veicolare una cultura di pace.

I volumi editi dopo il 1950 sono disponibili per il prestito, gli altri possono essere consultati in Biblioteca.

‘15-’18: la Grande Guerra raccontata dagli scrittori italiani

Corrado Alvaro, Vent’anni, Milano, Treves, 193034 B 37Ad oltre un decennio dalla sua dolorosa esperienza al fronte della Grande Guerra, Alvaro decise di mettere su carta un’articolata riflessione su quei fatti. La scrittura di questo libro, avvenuta quasi di getto, ci restituisce una delle prime opere potentemente antimilitariste apparse in Italia.

Luigi Ambrosini, Racconti di guerra (Maggio 1915 – Novembre 1916), 2. ed., Torino-Genova, Lattes, 1924TREVES C 365

Ambrosini partecipò alla Grande Guerra sia come combattente che come giornalista, le cui corrispondenze sono raccolte in questo volume dove, con aggressività polemica, manifesta pienamente l’accusa ai responsabili del conflitto. Al termine degli eventi bellici si produsse in campagne di stampa, attaccando con grande violenza, dopo la fine della censura, i ministri responsabili della condotta della guerra.

Riccardo Bacchelli, La città degli amanti, Milano, Mondadori, 1966 1 W 576Da una parte una città immaginaria oltre l’Atlantico in cui l’amore è una libera legge, dall’altra un luogo realissimo, Caporetto, e dei realissimi fatti d’arme, in mezzo ai quali sboccia l’amore tra l’ufficiale Enrico de Nada e la profuga Cechina Gritti. Tra i due diversi registri

Bacchelli fornisce una rievocazione del disastro di Caporetto che molta critica ha giudicato la più alta e intensa di quei giorni drammatici.

Antonella Benvenuti, Calce viva. La storia di un amore assoluto nell’inferno della Prima Guerra Mondiale, Venezia, La Toletta, 201319 W 300Un romanzo, una storia vera ambientata tra il territorio trevigiano e le trincee del Carso, un amore di fronte al quale le razionali categorie di pensiero traballano. Marco, scaraventato in guerra lotterà per salvarsi, ma tutte le atrocità viste, subite ed inferte, lo trascineranno sempre più al largo, verso quegli abissi della mente dai quali sarà quasi impossibile fare ritorno.

Giuseppe Antonio Borgese, Rubè, Milano, Treves, 1921 TREVES C 1044“Rubè” è la storia di un giovane avvocato siciliano che cerca successo a Roma. Siamo alla vigilia della conflitto ed egli, insofferente della sua modesta sistemazione, cerca la sua rigenerazione nella guerra e si arruola come volontario. L’impatto con la guerra risulta però traumatico e deludente per il giovane Filippo che cade in un forte stato di depressione perché “è infame che tutti siano tenuti ad uccidere animandosi d’un odio che non tutti hanno nell’anima” e perché “le cause nazionali e sociali della guerra erano vuoti pretesti”.

Giovanni Comisso, Giorni di guerra, 3. ed., Milano, Longanesi, 1987 4 W 970La gioventù dei soldati, la dolcezza delle donne friulane, la stanchezza dei veterani reduci dal fronte scaturiscono dal racconto con spontaneità, al pari delle situazioni della guerra: la serenità che miracolosamente si ricompone a pochi passi dal terreno devastato dai bombardamenti, la malinconia ispirata dalla rotta di Caporetto, la solidarietà che viene a crearsi nelle pause o nei momenti eroici di un’immane e incomprensibile tragedia.

Federico de Roberto, La paura, in Id., Romanzi, novelle e saggi, a cura di C.A. Madrignani, Milano, Mondadori, 1984, pp. [1555]-1585CONT. 1614/19 Il racconto di uno scrittore che antimilitarista proprio non fu, “La Paura”, che racconta la trincea, l’immensa carneficina nei campi di battaglia, i soldati uccisi dai cecchini nemici mentre tentano di raggiungere un posto di vedetta, il terrore che coinvolge tutti, è però un potente atto d’accusa contro l’assurdità e l’inutilità della guerra.

Carlo Della Corte, Il grande balipedio, Milano, Mondadori, 1969AUTOGR DELL 7Un balipedio è un campo sperimentale per il tiro dei cannoni e le esercitazioni a fuoco. Ed è così che il fronte dell’Isonzo, martoriato da una tempesta d’armi d’ogni tipo, appare al giovane tenente Germano Bandiera: un colossale tiro a segno funestato dalla stupidità e dal cinismo degli alti comandi. Alla cronaca di una realtà fatta di fango e sangue, paura e abbrutimento, il racconto alterna i flussi di pensiero d’un venticinquenne cui l’impronta di un’educazione alto borghese impedisce di comprendere fino in fondo la natura classista “di uno scontro fra torme di contadini spaventati.” Non solo dunque un duro romanzo di guerra, ma anche la metafora di una resa all’insostenibile irrazionalità d’un gioco troppo grande e infernale.

Beppe Fenoglio, Un Fenoglio alla prima guerra mondiale, a cura di G. Rizzo, Torino, Einaudi, 1973CONT. 1164/128Il conflitto è visto da un paese delle Langhe, spopolato dai richiami alle armi, e attraverso gli occhi di un ragazzo rimasto solo a casa coi nonni. I tempi lunghi della nuova vita cui il paese è obbligato sono scanditi ossessivamente dagli annunci di morte che il prete e il maresciallo dei carabinieri portano alle famiglie dei caduti. La guerra è oggetto di un rifiuto collettivo: i sacri entusiasmi ufficiali verranno violentemente dissacrati da zio Amilcare di ritorno dal fronte, in una clamorosa scenata ai borghesi in un caffè di Alba. Il viaggio del ragazzo verso l’alta Langa, in cui sarà ospitato da altri parenti, si chiude con un’immagine

emblematica: la livida, spettrale apparizione di un disertore che vive alla macchia.

Carlo Emilo Gadda, Giornale di guerra e di prigionia, Torino, Einaudi, 1965CONT. 1164/61Raccoglie tutti i diari che il sottotenente degli alpini Carlo Emilio Gadda tenne tra il 24 agosto 1915 e il 31 dicembre 1919. È una testimonianza straordinaria per gli eventi di cui egli fu protagonista: nell’ottobre del 1917 si trovava infatti in prima linea a Caporetto e venne fatto prigioniero dagli austriaci sulle rive dell’Isonzo. L’opera, che esprime un profondo orrore per la guerra, è una denuncia forte e amara dell’incompetenza con cui venne condotta e del degrado della vita dei prigionieri.

Emilio Lussu, Un anno sull’altipiano, Roma, Einaudi, 1945TREVES B 412Ambientato sull’altopiano di Asiago, nell’anno dal giugno 1916 al luglio 1917: un anno di continui assalti a trincee inespugnabili, di battaglie assurde volute da comandanti imbevuti di retorica patriottica, di episodi tragici attraverso i quali la guerra viene rivelata nella sua dura realtà. Lussu mette in scena una spietata requisitoria contro l’orrore della guerra senza toni polemici, descrivendo con autenticità i sentimenti dei soldati, i loro drammi, gli errori e le disumanità che avrebbero portato alla disfatta di Caporetto. Il libro fu scritto su insistenza dell’amico Gaetano Salvemini, e pubblicato a Parigi mentre l’autore era in esilio perché perseguitato politico, in quanto oppositore del fascismo.

Andrea Molesini, Presagio, Palermo, Sellerio, 20146 V 735Siamo alla fine di luglio, nel 1914, a Venezia. Il 29 giugno a Sarajevo Francesco Ferdinando è stato assassinato, l’Austria ha consegnato l’ultimatum alla Serbia. Sono i

giorni dei “sonnambuli”, di imperi e nazioni, governati e diplomatici, che consegnano inconsapevoli l’Europa al suo suicidio.Il commendatore Niccolò Spada vigila sui suoi ospiti all’Excelsior: il presagio che aleggia sull’Europa soffia anche sul Lido.

Andrea Molesini, Non tutti i bastardi sono di Vienna, Palermo, Sellerio, 20106 V 805Autunno 1917, Caporetto. Gli austriaci arrivano al Piave. Villa Spada viene requisita e diventa un comando nemico. La famiglia Spada si scopre, all’improvviso, ospite in casa propria. La storia è raccontata in prima persona dal giovane Paolo che nell’ultimo anno della Grande Guerra conosce per la prima volta l’amore, la gelosia, la vendetta, e capisce che vincitori e vinti sono avviluppati dalla stessa tragedia che travolge

nazioni e famiglie, e minaccia ogni ordine conosciuto, ogni ricordo di civiltà.

Paolo Monelli, Le scarpe al sole. Cronaca di gaie e tristi avventure d’alpini, di muli e di vino, 3. ed. riveduta, Bologna, Cappelli, 1922173 H 5Mettere le “scarpe al sole”, nel gergo degli alpini, significa morire. L’insolito diario di guerra racconta l’anima della montagna, dei suoi coraggiosi compagni d’arme e di moltissime situazioni e stati d’animi comuni alle truppe impegnate nel conflitto: dalla fame, alla nostalgia, alla ricerca della libertà. Fa dimenticare il conflitto visto da fuori, dal punto di vista dei numeri, delle statistiche e delle cronache, immergendoci in prima persona nell’ansia, nello sconcerto, ma anche nella caparbietà e nella

capacità estrema di sopravvivenza, anche dopo la morte, dello spirito di ogni alpino.

Carlo Pastorino, La prova del fuoco. Cose vere, Torino, Società editrice internazionale, 1926172 H 3Tra le pagine si snoda il mondo della trincea e della guerra di posizione, dove ogni metro di roccia, sassi e terra è intriso dal sangue dei soldati.Arrivato in prima linea inesperto e disorientato, senza sapere nulla del vero combattimento, Pastorino si rende subito conto che la guerra non è quel fatto così eroico declamato dalla retorica ufficiale, ma è una tragedia, una bufera che travolge uomini e natura, cambia i caratteri umani e il paesaggio stesso, che conserverà per sempre le cicatrici delle bombe e gli scavi delle trincee. E seppur la vita sia durissima Pastorino

la presenta senza parole di odio, neppure per i nemici, dei quali cerca di cogliere sempre l’umanità.

Mario Puccini, Il soldato Cola, Milano, Ceschina, 1935141 H 14Il romanzo fotografa, con grande realismo, sia la vita del soldato italiano, sia l’italiano di inizio Novecento. Fatto di pause: addestramento, calma, azione (non molta), amori, promozioni, marce, visite mediche. Lo spettro della trincea e del suo fango, veri protagonisti nella mente dei fanti della Grande Guerra, è lontano per buona parte del racconto che offre voce a molti soldati, solitamente considerati come una semplice massa, offrendo una sorta di rivincita alle persone comuni, ai tanti anonimi contadini che presero parte al conflitto.

Vincenzo Rabito, Terra matta, a cura di E. Santangelo e L. Ricci, Torino, Einaudi, 200717 X 382Risale agli anni sessanta, la decisione di munirsi di una vecchia macchina da scrivere: Rabito, semianalfabeta, avverte l’impulso di mettere su carta la sua storia tormentata e dal 1968 al 1975, chiuso a chiave in una stanza, all’insaputa di tutti, ogni giorno, in un enorme e solitario sforzo, riempie le 1027 pagine che racchiuderanno il ricordo della sua vita “maletratata e molto travagliata e molto desprezata”. Un’esistenza guerreggiata, passata anche attraverso le trincee della Prima guerra mondiale e le bombe della Seconda.

Mario Rigoni Stern, La bottiglia ritrovata, in Id., Aspettando l’alba e altri racconti, Torino, Einaudi, 2004, pp. [32]-4316 X 43In questo racconto Rigoni Stern ricostruisce la vicenda di una bottiglia di grappa portata al fronte, nella zona di Boscosecco, da un giovane sottotenente piemontese e poi dimenticata in un anfratto al momento della ritirata, nell’autunno del

1917. Il ragazzo morirà pochi giorni dopo sul Monte Fior, assieme al suo capitano e a migliaia di soldati delle due parti. A ritrovare la bottiglia, trent’anni dopo, e a berla assieme allo scrittore di ritorno dalla caccia è Albino Vù, il vecchio recuperante a cui è ispirato il film di Ermanno Olmi “I recuperanti”. In alcuni passi ci sono echi di due libri molto amati da Rigoni Stern, “Le scarpe al sole” di Paolo Monelli, e “Un anno sull’Altipiano” di Emilio Lussu, che egli considerava il più bello tra quelli sulla Grande Guerra.

Mario Rigoni Stern, Storia di Tönle; L’anno della vittoria, Torino, Einaudi, 1993 7 W 965 La storia di Tönle Bintarn, contadino veneto, pastore, contrabbandiere ed eterno fuggiasco è l’odissea di un uomo che tra la fine dell’Ottocento e la Grande Guerra

rimane coinvolto per caso nei grandi eventi della Storia e combatte una battaglia solitaria per la sopravvivenza sua e della civiltà cui sente di appartenere. “L’anno della vittoria”, continuazione ideale della “Storia di Tönle”, è quello che va dal novembre 1918 all’inverno successivo e racconta la storia di una famiglia e di un paese che devono risollevarsi dall’immane naufragio della guerra. Il lento ritorno alla vita, la fatica di riannodare i fili degli affetti e dei sentimenti, la riscoperta di luoghi e ritmi di vita perduti.

Ottone Rosai, Il libro di un teppista; Dentro la guerra, a cura di G. Nicoletti, Roma, Editori Riuniti, 19936 X 795Protagonisti della pittura di Rosai sono la realtà dei semplici e la crudezza della vita, sperimentate in anni di sofferenze e solitudine,

così, dall’esperienza della guerra (nel 1915 infatti parte volontario e combatte con gli arditi sul Monte Grappa) trae nuovo impulso per quel “furore” che già emerge dai suoi quadri e che non lo abbandonerà mai. Il romanzo-testimonianza non esalta nessun eroismo se non quello verso i propri compagni, nessun superuomo se non quello di un “teppista” che visse di fiaschi e medaglie, di marce, di febbri, di ranci e pidocchi, di “grappa-benzina” e “treni-lumaca”, di gavette e cucchiai… una visione umana e intima della guerra, della sofferenza e della condivisione.

Giani Stuparich, Ritorneranno, Milano, Garzanti, 1941CONT. 383/1Il romanzo narra le vicende di una famiglia triestina tra il 1915 e il 1918. I tre figli, Marco, Sandro e Alberto Vidali, hanno passato il confine prima della dichiarazione di guerra dall’Italia all’Austria e si sono arruolati volontari nell’esercito italiano; il padre, Domenico, benché di sentimenti italiani, è soldato austriaco e combatte al fronte russo. Nella casa vuota, restano la madre e la

figlia, in ansiosa attesa dei loro cari. Marco e Alberto moriranno nel conflitto. Sandro invece tornerà cieco, colpito mentre cercava di soccorrere il fratello morente in un’azione di guerra. Anche Domenico farà ritorno a casa e la famiglia troverà la forza morale di reagire e ricostruire una nuova vita.

Giani Stuparich, Guerra del ‘15 (Dal taccuino d’un volontario), Milano, Treves, 1931190 G 20Testo di un antimilitarismo deciso sebbene sottile, il romanzo racconta i primi mesi di guerra dell’Italia, dal 2 giugno all’8 agosto 1915, e, in particolare, la I e la II battaglia dell’Isonzo, cui Giani e il fratello Carlo partecipano come volontari, posizionati presso Monfalcone. La scrittura è piana e sensibile: i suoni, gli odori, i volti dei compagni, la natura straziata, tracciano

un resoconto intenso di queste giornate drammatiche. Poco più di due mesi di trincea, il breve periodo che racchiude l’intera narrazione, segnano la completa disillusione dell’autore che, da fervente interventista, comprende sulla propria pelle quanto illusori e letterari fossero i sogni guerreschi suoi e di un’intera generazione di giovani intellettuali.

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