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15 COMPLICANZE PSICO-COGNITIVE DELL’ICTUS · zione di limiti specifici di classifi-cazione, più...

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15 COMPLICANZE PSICO-COGNITIVE DELL’ICTUS Disturbi psichici sono di frequente riscontro quali complicazioni di un episodio ictale. Si pos- sono infatti osservare disturbi dell’umore, disturbi ansiosi, labilità emotiva, apatia e rari distur- bi psicotici. 1,2 I disturbi psichici, interferendo con la partecipazione attiva del paziente e con la sua capacità di apprendimento, ne possono condizionare il programma riabilitativo, compro- mettendone il recupero funzionale. È pertanto necessario che essi siano correttamente e tem- pestivamente indagati, diagnosticati e trattati allo scopo di ridurne gli effetti clinici negativi. Si segnala altresì come anche alcuni farmaci di uso comune nella gestione dei disturbi psi- chiatrici (benzodiazepine, neurolettici), ma anche altri come fenobarbital, fenitoina, prazosin e clonidina possono avere un’azione sfavorevole sul recupero, per cui dovrebbero essere uti- lizzati solo se assolutamente necessari. 3,4 15.1 DEPRESSIONE POST -ICTUS Un episodio depressivo che insorge entro 6-12 mesi dopo un ictus (post stroke depression, PSD) è un evento frequente e molto studiato, ma le informazioni disponibili non sono univo- che, principalmente a causa di rilevanti problematiche metodologiche dei numerosi studi sul- l’argomento (differenti criteri diagnostici, utilizzo di differenti scale di valutazione, criteri tem- porali differenti, criteri di inclusione differenti – in particolare, l’arruolamento o meno di pazienti afasici). 5-8 15.1.1 Epidemiologia La prevalenza media della depressione post-ictus nei pazienti con postumi di ictus è stimata intorno al 30%-35%, 1,9,10 ma con limiti compresi tra il 20% ed il 60%. Tale eterogeneità è da ricondurre essenzialmente a problematiche diagnostico/metodologiche, per cui la reale fre- quenza della depressione post-ictus è tuttora oggetto di discussione. 11 Probabilmente a tali problematiche è dovuta la maggiore prevalenza di depressione post-ictus segnalata nei paesi asiatici rispetto a quelli occidentali: 55% a Singapore, 62% in Cina ed in Giappone. 12-14 Tuttavia, esiste concordanza su una maggiore prevalenza di depressione post-ictus nei pazien- ti ricoverati nei centri di riabilitazione. 11,15 I dati italiani sono in linea con la prevalenza media dei paesi occidentali. 16,17 Lo studio DESTRO, condotto su oltre 1·000 soggetti affetti da recente ictus in 53 centri dislocati su tutto il territorio nazionale, ha evidenziato una prevalenza di depressione del 33,6% a 6 mesi dal- l’evento ictus. 18 La frequenza di depressione post-ictus è maggiore nei primi mesi dall’evento ictale, e tende successivamente a ridursi, sia spontaneamente che per effetto di terapie farmacologiche. Tuttavia la depressione post-ictus può anche cronicizzare: a 6 mesi dall’ictus sintomi depres- sivi sono stati descritti da Verdelho et al. 19 nel 43% dei pazienti, mentre a 36 mesi erano osser- vabili nel 18% dei casi. Analogamente, Berg e coll. 20 hanno segnalato che a 18 mesi dall’ictus un disturbo depressivo era presente nel 46% dei pazienti in cui una depressione era stata dia- gnosticata in fase acuta. La frequenza rimane elevata anche a maggiore distanza dall’evento acuto, essendo del 29% a 3 anni, 21 e del 19,2% a 7 anni di distanza. 22 15.1.2 Diagnosi Definire gli aspetti clinico-diagnostici della depressione post-ictus è difficile, sia per le pro- blematiche legate alle oggettive difficoltà diagnostiche del disturbo, sia per le peculiarità della popolazione oggetto di studio. Infatti i pazienti cerebrolesi possono presentare una serie di disturbi neurologici e neuropsi- cologici che ostacolano la valutazione dei disturbi emotivo-comportamentali. Da una parte, infatti, disturbi neuropsicologici quali afasia, anosognosia, emidisattenzione e deterioramento cognitivo possono influire sia sulla possibilità di comunicazione, sia sull’attendibilità delle risposte dei pazienti; dall’altra alcune componenti della sintomatologia neurologica quali aste- nia e/o modificazioni vegetative possono “mimare” vari aspetti delle sindromi psichiatriche, con conseguente rischio di sovrastima, dovuta all’attribuzione di sintomi somatici alla depres- sione anziché all’ictus. Raccomandazione 15-1 Grado C L’utilizzo di benzodiazepine e neurolettici non è indicato, se non in casi selezionati, nel tratta- mento dei disturbi psichiatrici post-ictali, in quanto potrebbero condizionarne il recupero. Sintesi 15-1 Un episodio depressivo che insor- ge entro 6-12 mesi dopo un ictus è evento frequente. Si stima che un disturbo dell’umore si verifichi in circa il 30% dei sopravvissuti, anche se esiste una notevole variabilità fra studio e studio, legata a problematiche diagnosti- co-metodologiche. Sintesi 15-2 Formulare una diagnosi di depressione post-ictus richiede attenzione, in quanto esiste un elevato rischio di sovrastima e di sottostima diagnostica, in parte attribuibile alla presenza di sinto- mi somatici ed in parte alle diffe- renti modalità di approccio degli esaminatori. Sintesi 15-3 Disturbi neuropsicologici quali afasia, anosognosia, emidisatten- zione e deterioramento cognitivo possono influire sia sulla possibi- lità di comunicazione sia sull’at- tendibilità delle risposte dei pazienti con depressione post- ictus. Capitolo 15 — Complicanze psico-cognitive dell’ictus 435 stesura 15 marzo 2005
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15 COMPLICANZE PSICO-COGNITIVE DELL’ICTUS

Disturbi psichici sono di frequente riscontro quali complicazioni di un episodio ictale. Si pos-sono infatti osservare disturbi dell’umore, disturbi ansiosi, labilità emotiva, apatia e rari distur-bi psicotici.1,2 I disturbi psichici, interferendo con la partecipazione attiva del paziente e con lasua capacità di apprendimento, ne possono condizionare il programma riabilitativo, compro-mettendone il recupero funzionale. È pertanto necessario che essi siano correttamente e tem-pestivamente indagati, diagnosticati e trattati allo scopo di ridurne gli effetti clinici negativi.

Si segnala altresì come anche alcuni farmaci di uso comune nella gestione dei disturbi psi-chiatrici (benzodiazepine, neurolettici), ma anche altri come fenobarbital, fenitoina, prazosine clonidina possono avere un’azione sfavorevole sul recupero, per cui dovrebbero essere uti-lizzati solo se assolutamente necessari.3,4

15.1 DEPRESSIONE POST-ICTUS

Un episodio depressivo che insorge entro 6-12 mesi dopo un ictus (post stroke depression,PSD) è un evento frequente e molto studiato, ma le informazioni disponibili non sono univo-che, principalmente a causa di rilevanti problematiche metodologiche dei numerosi studi sul-l’argomento (differenti criteri diagnostici, utilizzo di differenti scale di valutazione, criteri tem-porali differenti, criteri di inclusione differenti – in particolare, l’arruolamento o meno dipazienti afasici).5-8

15.1.1 Epidemiologia

La prevalenza media della depressione post-ictus nei pazienti con postumi di ictus è stimataintorno al 30%-35%,1,9,10 ma con limiti compresi tra il 20% ed il 60%. Tale eterogeneità è daricondurre essenzialmente a problematiche diagnostico/metodologiche, per cui la reale fre-quenza della depressione post-ictus è tuttora oggetto di discussione.11 Probabilmente a taliproblematiche è dovuta la maggiore prevalenza di depressione post-ictus segnalata nei paesiasiatici rispetto a quelli occidentali: 55% a Singapore, 62% in Cina ed in Giappone.12-14

Tuttavia, esiste concordanza su una maggiore prevalenza di depressione post-ictus nei pazien-ti ricoverati nei centri di riabilitazione.11,15

I dati italiani sono in linea con la prevalenza media dei paesi occidentali.16,17 Lo studioDESTRO, condotto su oltre 1·000 soggetti affetti da recente ictus in 53 centri dislocati su tuttoil territorio nazionale, ha evidenziato una prevalenza di depressione del 33,6% a 6 mesi dal-l’evento ictus.18

La frequenza di depressione post-ictus è maggiore nei primi mesi dall’evento ictale, e tendesuccessivamente a ridursi, sia spontaneamente che per effetto di terapie farmacologiche.Tuttavia la depressione post-ictus può anche cronicizzare: a 6 mesi dall’ictus sintomi depres-sivi sono stati descritti da Verdelho et al.19 nel 43% dei pazienti, mentre a 36 mesi erano osser-vabili nel 18% dei casi. Analogamente, Berg e coll.20 hanno segnalato che a 18 mesi dall’ictusun disturbo depressivo era presente nel 46% dei pazienti in cui una depressione era stata dia-gnosticata in fase acuta. La frequenza rimane elevata anche a maggiore distanza dall’eventoacuto, essendo del 29% a 3 anni,21 e del 19,2% a 7 anni di distanza.22

15.1.2 Diagnosi

Definire gli aspetti clinico-diagnostici della depressione post-ictus è difficile, sia per le pro-blematiche legate alle oggettive difficoltà diagnostiche del disturbo, sia per le peculiarità dellapopolazione oggetto di studio.

Infatti i pazienti cerebrolesi possono presentare una serie di disturbi neurologici e neuropsi-cologici che ostacolano la valutazione dei disturbi emotivo-comportamentali. Da una parte,infatti, disturbi neuropsicologici quali afasia, anosognosia, emidisattenzione e deterioramentocognitivo possono influire sia sulla possibilità di comunicazione, sia sull’attendibilità dellerisposte dei pazienti; dall’altra alcune componenti della sintomatologia neurologica quali aste-nia e/o modificazioni vegetative possono “mimare” vari aspetti delle sindromi psichiatriche,con conseguente rischio di sovrastima, dovuta all’attribuzione di sintomi somatici alla depres-sione anziché all’ictus.

Raccomandazione 15-1Grado CL’utilizzo di benzodiazepine eneurolettici non è indicato, senon in casi selezionati, nel tratta-mento dei disturbi psichiatricipost-ictali, in quanto potrebberocondizionarne il recupero.

Sintesi 15-1Un episodio depressivo che insor-ge entro 6-12 mesi dopo un ictusè evento frequente. Si stima cheun disturbo dell’umore si verifichiin circa il 30% dei sopravvissuti,anche se esiste una notevolevariabilità fra studio e studio,legata a problematiche diagnosti-co-metodologiche.

Sintesi 15-2Formulare una diagnosi didepressione post-ictus richiedeattenzione, in quanto esiste unelevato rischio di sovrastima e disottostima diagnostica, in parteattribuibile alla presenza di sinto-mi somatici ed in parte alle diffe-renti modalità di approccio degliesaminatori.

Sintesi 15-3Disturbi neuropsicologici qualiafasia, anosognosia, emidisatten-zione e deterioramento cognitivopossono influire sia sulla possibi-lità di comunicazione sia sull’at-tendibilità delle risposte deipazienti con depressione post-ictus.

Capitolo 15 — Complicanze psico-cognitive dell’ictus 435

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Raccomandazione 15.2Grado CPer la diagnosi clinica di depres-sione post-ictus è indicato, oltreal DSM-IV-TR, abitualmente uti-lizzato per la classificazione deidisturbi dell’umore, un approccioclinico multidimensionale (collo-quio con il paziente, con i familia-ri, personale non medico, test escale specifici).

Sintesi 15-4Le comuni scale di derivazionepsichiatrica si sono dimostrateequivalenti nel valutare la pre-senza di depressione post-ictus,anche se viene suggerita l’ado-zione di limiti specifici di classifi-cazione, più bassi degli usuali.

Raccomandazione 15.3Grado CÈ indicato utilizzare le scale divalutazione di derivazione psi-chiatrica essenzialmente per laquantificazione ed il monitoraggiodei sintomi della depressionepost-ictus.

Ugualmente importante è il rischio di sottostima del problema.23 Schubert e coll. hanno segna-lato l’estrema variabilità della diagnosi di depressione post-ictus in relazione alle caratteristi-che dell’esaminatore: infatti in 15 pazienti con postumi di ictus, una depressione post-ictus fudiagnosticata nel 68% dei casi da parte di psichiatri, nel 50% dai pazienti stessi medianteautovalutazione tramite Beck Depression Inventory ed in nessun caso dagli altri membri delteam riabilitativo.23

Clinicamente, per la classificazione dei disturbi dell’umore si utilizza prevalentemente il DSM(Manuale Diagnostico Statistico della American Psychiatric Association), attualmente giuntoalla IV edizione, con testo rivisto (DSM-IV-TR).24 A tutt’oggi, infatti, i criteri diagnostici delDSM-IV costituiscono l’unica classificazione codificata dei disturbi comportamentali, sia diquelli che caratterizzano le sindromi psichiatriche “primarie”, sia di quelli associati a una con-dizione medica. Va segnalato che i disturbi della sfera emotivo-comportamentale secondari adun danno cerebrale presentano somiglianze ma anche differenze con i disturbi psichiatrici pri-mari, per cui un utilizzo acritico del DSM può fornire risultati inesatti. Infatti molti sintomidella depressione nell’anziano sono aspecifici, con conseguenti difficoltà diagnostiche.

Vari autori hanno utilizzato il DSM, prevalentemente le precedenti versioni DSM-III e DSM-III-R, nella valutazione dei disturbi psichici dei pazienti post-ictali,14,25-27 distinguendo ladepressione post-ictus in depressione maggiore e minore (o distimia), non utilizzando in que-st’ultimo caso il criterio temporale della durata di almeno due anni. Questa distinzione è rite-nuta incongrua da altri autori, che sottolineano il rischio di una sovrastima diagnostica per l’in-certa attribuzione dei sintomi somatici.8,28 Infatti 5 dei 9 sintomi richiesti dal DSM-IV per ladiagnosi di depressione maggiore (mancanza di energia, perdita di peso, disturbi del sonno,disturbi della concentrazione, agitazione o rallentamento psicomotorio) possono essere dovu-ti ai postumi della lesione ictale piuttosto che alla depressione post-ictus.8 Gainotti et al. riten-gono che esista un “continuum” tra la le cosiddette forme minori e maggiori di depressionepost-ictus.29

Le problematiche diagnostiche sono rilevanti specie per quanto riguarda i sintomi depressiviche si osservano nella fase acuta, in cui non è facile distinguere un disturbo depressivo da undisturbo dell’adattamento con umore depresso. Sintomi depressivi osservati durante la degen-za in una stroke unit sono stati classificati come depressione maggiore, nonostante per la lorodiagnosi non si fosse tenuto conto dei criteri temporali stabiliti dal DSM-IV (necessità dellapersistenza dei sintomi per almeno 14 giorni).24,30

Negli ultimi anni vari autori hanno formulato proposte per aumentare l’attendibilità e la spe-cificità delle procedure e metodi di valutazione,31 come la razionalizzazione dei criteri di inclu-sione/esclusione dei pazienti, lo sviluppo di strumenti specifici per pazienti neurologici e l’u-tilizzo di fonti multiple di informazione per aumentare l’attendibilità diagnostica.8

La diagnosi di depressione post-ictus è infatti una diagnosi essenzialmente clinica, e si devebasare su un approccio multidimensionale (colloquio clinico, ove possibile; anamnesi pre-morbosa; osservazione del comportamento del paziente; intervista con i familiari e con i care-giver; modificazione ritmi biologici).8,31 Tale approccio è utile essenzialmente per limitare irischi sia di sovrastima che di sottostima diagnostica della depressione post-ictus.

Le scale di valutazione sono invece necessarie per la quantificazione ed il monitoraggio dei sin-tomi depressivi. La loro derivazione psichiatrica le rende diagnosticamente non adeguate (peril già ricordato rischio di attribuzioni erronee alla depressione di sintomi dovuti ai postumidella lesione ictale), da usare con attenzione 32 e tuttavia utili per il monitoraggio clinico e perla verifica dei risultati terapeutici.

Vengono comunemente utilizzate la HDRS (Hamilton Depression Rating Scale), la MADRS(Montgomery-Asberg Depression Rating Scale), il BDI (Beck Depression Inventory), la ZSDS(Zung Self-Rating Depression Scale).

La HDRS costituisce la scala più frequentemente utilizzata nella pratica psichiatrica 33 È unaintervista semistrutturata, volta alla quantificazione dei sintomi depressivi, ma che in realtàvaluta anche disturbi ansiosi. Ha 21 aree sintomatologiche, con punteggi varianti per alcunevoci da 0 a 2, e per altri da 0 a 4. Il punteggio 0 indica assenza del sintomo, punteggi maggio-ri indicano sintomi più gravi o più frequenti. Convenzionalmente per pazienti psichiatrici unpunteggio minore di 6 è indicativo di assenza di depressione; 7-17 depressione lieve, 18-24depressione moderata e >24 depressione grave.34 Nella maggioranza degli studi sulla depres-

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sione post-ictus è stato utilizzato il limite di 18 per i casi con depressione clinicamente più rile-vante,25,26,35 in altri il limite di 12 per arruolare casi con disturbi dell’umore di grado menograve.36,37

La MADRS è composta da 10 voci, con punteggi compresi tra 0 e 6, con punteggi più elevatiindicanti una maggiore gravità sintomatologica.38 Un punteggio ≥35 è utilizzato come limite perdepressione grave,39 punteggi ≤6 indicano l’assenza di alterazioni, anche modeste, dell’umore.40

Riguardo alla depressione post-ictus, la MADRS è stata usata nel Sunnybrook Stroke Study.41

Il BDI è un questionario composto da 13 (versione abbreviata) o 21 voci, con punteggi com-presi tra 0 e 3, in cui il punteggio più elevato indica una maggiore gravità sintomatologica.40 IlBDI è usato generalmente in autovalutazione nella versione a 13 voci. La scala non valuta sin-tomi ansiosi ed è scarsamente influenzata da sintomi somatici. La BDI è stata impiegata in varistudi sulla prevalenza della depressione post-ictus.17,23,43,44 Per la depressione grave sono statiutilizzati limiti classificatori differenti a seconda della versione (13 o 21 voci): ≥15 per la ver-sione a 13 voci,17,43 e ≥24 per la versione a 21 voci.45

La ZSDS 46 è una scala di autovalutazione, molto semplice, su 20 voci, ciascuna su 4 livelli, evaluta anche sintomi ansiosi. È già stata usata in vari studi nella depressione post-ictus.41,47,48

Differenti scale di valutazione 49,50 si sono dimostrate equivalenti nel valutare la presenza didepressione post-ictus, ma Naarding et al.51 hanno suggerito l’adozione di limiti di classifica-zione specifici per l’ictus, più bassi degli usuali.

Va ricordato che attualmente esiste solo una scala specifica per la depressione post-ictale, laPSDRS (Post-Stroke Depression Rating Scale), elaborata da Gainotti e collaboratori.29,35 In par-ticolare, la scala valuta alcuni sintomi di frequente riscontro nei pazienti con ictus, come la rea-zione catastrofica e la labilità emotiva, non valutabili con altri strumenti di valutazione. La scalaè compilata da un esaminatore dopo un’intervista al paziente. Comprende dieci sezioni sinto-matologiche con punteggi compresi tra 0 (assenza del disturbo), ad un massimo di 5 (gravedisturbo). Nell’ultima sezione relativa alle variazioni diurne, i punteggi sono compresi tra –2(depressione non motivata, prevalente al mattino) e +2 (depressione di fronte a situazioni dihandicap e disabilità). Inoltre, nelle sessioni inerenti umore depresso, sentimenti di colpa epensieri suicidari, al paziente è richiesto di specificare se questi siano in rapporto con le attua-li condizioni o indipendenti da esse. La PSDRS si è dimostrata valida e riproducibile, ma nonha un limite di classificazione, in quanto trattasi essenzialmente di uno strumento di profilo.29

Per la valutazione dei pazienti afasici sono stati concepiti ed utilizzati sistemi di valutazionenon verbali, come il VAMS (Visual Analog Mood Scales), in grado di valutare gli stati emozio-nali 50 e la Aphasic Depression Rating Scale (ADRS).53 Infatti, la valutazione ed il monitoraggiodei disturbi depressivi possono essere di difficile espletamento nei casi di pazienti con distur-bi afasici, in cui il colloquio clinico e la somministrazione di test verbali sono spesso impossi-bili. L’inclusione o meno dei pazienti afasici nei vari studi è causa della loro non univocità siariguardo i dati epidemiologici che i correlati anatomici.54 Tale problematica è di estremo inte-resse, in quanto la percentuale di pazienti afasici con depressione è molto elevata. Kauhanenha recentemente osservato che a 3 mesi dall’ictus i pazienti afasici presentavano depressionenel 70% dei casi vs. il 44% dei pazienti non afasici, e a 12 mesi la percentuale osservata era del62% vs. il 36%.55 Con il VAMS il paziente deve indicare quale delle due figure di viso (allegroo triste) rappresenti meglio il suo umore. Strumenti non verbali sono già stati utilizzati in studisulla depressione post-ictus,28,56 ma, malgrado il loro utilizzo, una certa quota di pazienti condisturbi di comprensione rimane non valutabile (il 16,5% in un recente studio italiano).16

È necessario ricercare la possibile presenza di depressione post-ictus già in fase acuta,30 neiprimi mesi dall’evento,57 e, comunque, prima di iniziare la riabilitazione,16,58 allo scopo diridurre la disabilità del soggetto, il carico sui caregiver ed i costi della malattia.11

15.1.3 Sintomatologia

Clinicamente, un disturbo depressivo può provocare alterazioni del tono dell’umore (umoredepresso, ridotta volitività), della psicomotricità (astenia, irrequietezza o rallentamento), dellasfera cognitiva (riduzione prestazioni, autosvalutazione, sensi di colpa, ideazione suicidaria) esomatica (disturbi del sonno, dell’appetito, di concentrazione, astenia…). I pazienti condepressione post-ictus presentano, rispetto ai pazienti con depressione funzionale, una mino-

Sintesi 15-5Attualmente esiste una sola scalaspecifica per la valutazione delladepressione post-ictus, la Post-Stroke Depression rating Scale(PSDRS).

Raccomandazione 15.4Grado DÈ indicato ricercare la presenzadi depressione post-ictus anchenei pazienti afasici, utilizzandocriteri di valutazione clinica estrumenti non verbali.

Raccomandazione 15.5Grado DÈ indicato ricercare la possibilepresenza di depressione post-ictus già in fase acuta, prima diiniziare la riabilitazione, e comun-que durante il primo anno dall’e-vento, allo scopo di ridurre ladisabilità del soggetto, il caricosul caregiver ed i costi dellamalattia.

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Sintesi 15-6I pazienti con depressione post-ictus presentano, rispetto aipazienti con depressione funzio-nale, una minore melanconia mapiù segni fisici di depressione(astenia, disturbi del sonno, diconcentrazione, dell’appetito,etc.). Inoltre essi lamentanogeneralmente molti più sintomisomatici rispetto ai pazienti conpostumi di ictus ma non depressi.

Sintesi 15-7Nel caso della depressione post-ictus la distinzione tra depressio-ne maggiore e minore non è uni-versalmente accettata.

Sintesi 15-8L’eziopatogenesi della depressio-ne post-ictus è verosimilmentemultifattoriale. Le persone disesso femminile, con precedentipsichiatrici e/o cerebrovascolari,con scolarità elevata, con marca-ta disabilità e con problematichefamiliari e sociali sono più espo-ste al rischio di depressione.

Sintesi 15-9Il rischio di depressione post-ictus non è associato alla sededella lesione cerebrale, e l’inclu-sione dei pazienti afasici in moltistudi ha contribuito alla creazionedi dati contrastanti.

Sintesi 15-10L’insorgenza dei sintomi depres-sivi dopo un ictus non è significa-tivamente dissimile da quella chesi osserva dopo infarto miocardi-co.

Sintesi 15-11La depressione post-ictusaumenta il rischio di mortalità siaa breve che a lungo termine dopol’evento ictale.

re melanconia ma più segni fisici di depressione.59 Gainotti et al. hanno segnalato la prevalen-za di sintomi a carattere reattivo (ansietà, reazione catastrofica, labilità emotiva).7

Utilizzando la distinzione del DSM tra depressione maggiore e minore, un disturbo depressi-vo maggiore si osserva, nei primi 2 mesi dall’ictus, in una percentuale variabile tra il 9% ed il37%, si mantiene stabile fino a 6 mesi, e quindi nei mesi successivi diminuisce di frequenza(5%-16% ad 1 anno).5 Utilizzando per tale sindrome i criteri del disturbo distimico, con l’e-sclusione del criterio temporale della durata di due anni, una depressione minore si osserva inoltre il 20% dei casi nei primi 2 mesi dall’ictus,60 e nell’8% dopo 4 mesi dall’evento acuto.61

Tuttavia, nello specifico della depressione post-ictus, la distinzione tra depressione maggioree minore è ritenuta incongrua da altri autori, essenzialmente per il problema dell’attribuzionedei sintomi somatici,28 che ritengono che esista un “continuum” tra la le cosiddette formeminori e maggiori di depressione post-ictus.29

Riguardo ai sintomi somatici, il confronto tra pazienti con ictus con e senza depressione, haevidenziato che i sintomi somatici erano maggiormente presenti nei pazienti con depressionepost-ictus, con una media di 4 sintomi verso 1.62

Anche se il tasso di suicidi nei pazienti con ictus non è particolarmente elevato,64 va segnala-to che l’ideazione suicidaria aumenta con il passare del tempo, passando dal 9,8% a 3 mesi al14,0% a 15 mesi.64

15.1.4 Eziopatogenesi e correlati anatomici

In questi ultimi anni si è verificato un acceso dibattito sull’eziopatogenesi della depressionepost-ictus ed in particolare sull’associazione o meno della depressione post-ictus con lesioni inspecifiche aree cerebrali.

L’ipotesi attualmente prevalente è multifattoriale,5 ma esistono ipotesi essenzialmente neuroa-natomiche,48,65,66 ed altre psicologico-reattive.7

Infatti le persone di sesso femminile,16,41,67 i pazienti con precedenti anamnestici di depressio-ne,14,67 con precedenti ictus,67 con problematiche familiari e sociali,67 con scolarità elevata 16 econ marcata disabilità 68 risultano più esposte allo sviluppo di depressione post-ictus.Recentemente è stato segnalato che l’evento ictus di per sé è associato ad un elevato rischio disviluppare una depressione post-ictale anche a 2 anni di distanza dall’evento acuto.69

Inoltre, le storiche associazioni tra depressione post-ictus e lesioni cerebrali anteriori sini-stre 48,65,66,70 non sono state confermate da altri autori, che non hanno riscontrato nessuna asso-ciazione,14,16,17,28,41,67,71 o hanno osservato associazioni con lesioni cerebrali destre.72 Sono stateinfine segnalate associazioni, utilizzando la RMN, tra depressione post-ictus e lesioni ischemi-che dei circuiti prefrontali sottocorticali.73

Infine, una recente meta-analisi, esaminando 35 studi (su 48 selezionati tra 143 valutati), haosservato che il rischio di depressione non è associato alla sede della lesione cerebrale, e hasegnalato che l’esclusione dei pazienti afasici ha probabilmente giocato un ruolo rilevante nellanon omogeneità dei dati.54 Un’altra recente revisione sistematica sottolinea l’estrema eteroge-neità degli studi sull’argomento, e la conseguente limitazione nella generalizzazione dei lorodati.74 Il confronto, infine, della frequenza di sintomi depressivi nei pazienti con ictus cere-brale ed infarto miocardico non ha documentato differenze significative tra i due gruppi, masolo una tendenza ad una maggiore frequenza nei pazienti con ictus.75

15.1.5 Impatto clinico-funzionale

La presenza di depressione post-ictus è in grado di influenzare negativamente la prognosi cli-nica, incrementa le complicanze, interferisce con la riabilitazione, si associa alla disabilità edad una peggiore qualità di vita.

15.1.5.1 Impatto “quoad vitam”

La depressione post-ictus è associata con un significativo aumento di mortalità sia a breve (12-24 mesi) che a lunga distanza (10 anni) dall’evento acuto.60,76 È stato calcolato che i pazienticon depressione post-ictus hanno un rischio di morte a 10 anni 3,4 volte maggiore rispetto aipazienti non depressi (OR 3,4; IC95 1,4-8,4).77 Tuttavia solo una piccola parte di questi deces-si è imputabile ad eventi suicidari.63,78

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15.1.5.2 Impatto “quoad valetudinem”

Anche se il ruolo prognostico sfavorevole della depressione post-ictus sullo stato funzionaledel paziente sembra chiaro,79 è però necessario valutare i dati disponibili con qualche cautela,in quanto nei vari studi i pazienti con depressione sono considerati omogenei, o differenziatisolo per le caratteristiche cliniche della depressione, ed è generalmente trascurato il ruolo diun eventuale trattamento psicofarmacologico. Infatti nella maggioranza degli studi solo unaminoranza dei pazienti affetti da depressione post-ictus è stata trattata con antidepressivi, e neirisultati non c’è generalmente nessuna differenziazione tra pazienti trattati e non trattati.

Vari studi hanno documentato una stretta correlazione tra gravità della depressione e grado dicompromissione.14,26,41,80

È stato segnalato che la presenza di depressione post-ictus aumenta da 2 a 3 volte il rischio didipendenza nelle ADL ma solo il 39% dei pazienti praticava terapia antidepressiva.57

I pazienti con depressione post-ictus presentano una maggiore compromissione funzionale, siaprima che dopo uno specifico trattamento riabilitativo, ma il miglioramento funzionale suc-cessivo è simile tra i due gruppi.81-83

La depressione post-ictus è in grado di influenzare la prognosi funzionale dei pazienti post-ictali anche a rilevante distanza di tempo dall’evento acuto, ad 1 anno,41,68,84,85 a 14 mesi,86 a15 mesi,87 e a 2 anni.47

Un miglioramento della depressione si accompagna ad un miglioramento dello stato funzio-nale 1,88 e particolarmente a quello cognitivo.89

Un trattamento antidepressivo può influenzare positivamente il recupero funzionale,36,90-92

anche se i dati disponibili non sono ancora univoci. Al momento l’utilizzo regolare di antide-pressivi è in grado di migliorare la prognosi riabilitativa, ma non di annullare l’impatto sfavo-revole della depressione post-ictus sul recupero funzionale. Esistono segnalazioni favorevoliessenzialmente per la fluoxetina 22,90-93 e per la nortriptilina.36,92 Malgrado il trattamento conantidepressivi, i pazienti con depressione post-ictus presentano una prognosi funzionale piùseria rispetto ai pazienti non depressi.16,81,92

15.1.5.3 Impatto su sicurezza quotidiana e qualità della vita

La depressione post-ictus può pesantemente condizionare la sicurezza quotidiana e la qualitàdella vita dei pazienti con postumi di ictus e dei loro familiari.94,95 È stato recentemente segna-lato che i pazienti con depressione post-ictus presentano un più alto rischio di cadute,96 e chela depressione post-ictus rappresenta il fattore sfavorevole più rilevante sulla qualità della vitadei pazienti con postumi cronici (≥1 anno) di ictus.97-99

15.1.6 Terapia

Malgrado la rilevanza del problema, la depressione post-ictus è tuttora largamente non tratta-ta, specie per il timore, in una popolazione abitualmente di età avanzata, di effetti collaterali edi interazioni farmacologiche; il numero di pubblicazioni specifiche sull’argomento è di con-seguenza alquanto limitato.9 La buona tollerabilità degli antidepressivi, specie di quelli di piùrecente sintesi, è stata tuttavia recentemente comprovata in pazienti affetti da polipatologie.100

In considerazione delle evidenze che il trattamento della depressione post-ictus è in grado dimigliorare, oltre i sintomi depressivi, anche il recupero funzionale, si sottolinea l’importanzadi un precoce trattamento della depressione stessa.15

Attualmente esistono evidenze per l’efficacia sui sintomi depressivi nella depressione post-ictus della nortriptilina,36,101 del citalopram,102,103, della fluoxetina 104,105 e recentemente dellareboxetina.103 Specie se iniziato precocemente (entro il primo mese), un trattamento antide-pressivo può anche influenzare positivamente il recupero funzionale.106

Benché anche gli antidepressivi triciclici siano efficaci nel trattamento della depressione post-ictus, gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) sono da preferire per unmigliore profilo di tollerabilità.15 Il supposto rischio di complicanze legate ad una azioneantiaggregante piastrinica non è stato confermato dalle risultanze cliniche e l’utilizzo di far-maci SSRI non è risultato essere associato ad un aumentato rischio di emorragia cerebrale.107

Resta da definire la durata del trattamento stesso: infatti, anche se la maggior parte degli studivaluta l’azione farmacologica di un trattamento di 6 settimane, si ritiene utile un trattamento

Sintesi 15-12La depressione post-ictus rap-presenta un fattore prognosticosfavorevole sullo stato funzionaledel paziente sia a breve che alungo termine.

Sintesi 15-13La depressione post-ictusaumenta il rischio di cadute delpaziente e ne peggiora la qualitàdi vita.

Sintesi 15-14La depressione post-ictus è tutto-ra un disturbo largamente nontrattato, anche se ormai esistonoevidenze che i farmaci antide-pressivi possono essere utilizzatianche in pazienti con patologieorganiche.

Sintesi 15-15Un trattamento antidepressivopuò influenzare positivamente ilrecupero funzionale, ma nonannullare l’impatto sfavorevoledella depressione post-ictus sullostesso.

Raccomandazione 15.6Grado CQualora si evidenzi un quadro didepressione post-ictus, è indica-to iniziare precocemente un trat-tamento antidepressivo, ancheper ridurne l’impatto sfavorevolesull’attività riabilitativa.

Raccomandazione 15.7Grado CPer il trattamento farmacologicodella depressione post-ictus èindicato utilizzare gli inibitoriselettivi della ricaptazione dellaserotonina (SSRI) per il loromiglior profilo di tollerabilità.

❊ GPP

Si ritiene utile prolungare il trat-tamento farmacologico delladepressione post-ictus per alme-no 4-6 mesi.

Sintesi 15-16L’utilizzo di farmaci SSRI non èrisultato associato ad un aumen-tato rischio di emorragia cerebra-le.

Capitolo 15 — Complicanze psico-cognitive dell’ictus 439

stesura 15 marzo 2005

SPREAD – Stroke Prevention and Educational Awareness DiffusionIctus cerebrale: Linee guida italiane

Raccomandazione 15-8Grado A

Al momento non è indicato untrattamento farmaco- o psico-terapico al fine di prevenire l’in-sorgenza della depressione post-ictus.

Sintesi 15-17Il termine depressione vascolaredenota i disturbi depressiviriscontrabili in pazienti anzianicon segni di compromissionecerebrale vascolare.

Sintesi 15-18Sintomi depressivi si riscontranopiù frequentemente nei pazienticon demenza vascolare rispettoai pazienti con demenza diAlzheimer.

Sintesi 15-19Un disturbo d’ansia è di frequen-te riscontro dopo l’ictus, con unaprevalenza media intorno al20%~28%.

Sintesi 15-20Un disturbo ansioso può aggrava-re il decorso della depressione epeggiorare lo stato funzionale.

più lungo (4-6 mesi).15 Un trattamento antidepressivo di 12 settimane con fluoxetina o nor-triptilina aumenta in maniera significativa la sopravvivenza nei pazienti sia depressi che nondepressi.108

Non esistono evidenze sul ruolo favorevole della farmaco- o psico-terapia nella prevenzionedella depressione post-ictus,109 anche se sono stati eseguiti vari studi per individuare delle vali-de strategie rivolte a questo obiettivo.

15.1.7 Depressione e demenza vascolare

Il concetto di depressione vascolare è stato recentemente proposto per classificare i disturbidepressivi in pazienti anziani che presentino segni di compromissione cerebrale vascolare,anche in assenza di un vero evento ictale 110 ed un disturbo depressivo è osservabile nel 35%circa di pazienti con fattori di rischio per malattia cerebrovascolare, senza segni clinici di pre-gresso ictus.111 Queste osservazioni sono di notevole interesse anche perché un disturbo del-l’umore può essere associato ad una compromissione cognitiva.112 Al momento, tuttavia, lerelazioni tra depressione e demenza vascolare non sono del tutto chiarite.11 Infatti, da unaparte i pazienti con demenza vascolare presentano, rispetto a pazienti con malattia diAlzheimer, un tasso di depressione molto più elevato (19% rispetto a 8%)113 e dall’altro neipazienti anziani con depressione sono state riscontrate, mediante RM cerebrale, alterazioni dinatura vascolare a livello della sostanza bianca periventricolare e dei gangli della base.114

15.1.8 Disturbi d’ansia

Disturbi ansiosi sono di frequente riscontro (prevalenza media intorno al 20%~28%) inpazienti con pregresso ictus ischemico.2,61,115,116

La loro rilevanza deriva dalle evidenze secondo cui essi possono aggravare il decorso delladepressione e peggiorare lo stato funzionale.117 Astrom ha segnalato che i pazienti con distur-bo d’ansia generalizzato presentavano con maggiore frequenza dipendenza nelle ADL nonsolo in fase acuta ma anche post-acuta.115 Anche per i disturbi ansiosi le problematiche dia-gnostiche sono rilevanti specie nelle fasi acute, in cui i sintomi, osservati durante la degenza inuna stroke unit, sono stati classificati come disturbo d’ansia generalizzato,118 pur non tenendoconto dei criteri temporali stabiliti dal DSM-IV (necessità della persistenza dei sintomi peralmeno 6 mesi).24

15.1.9 Apatia

I pazienti apatici presentano una diminuzione delle attività, un calo di interessi ed una ridu-zione delle risposte emozionali. Il DSM non la riconosce come sindrome, ma include l’apatianei sottotipi di alterazione di personalità prodotta da una condizione medica. Questa difficoltàdi inquadramento ha fatto sì che, malgrado l’apatia sia stata frequentemente riscontrata inseguito a lesioni cerebrovascolari, siano rari gli studi che ne abbiano indagato l’incidenza ed icorrelati anatomici.

Starkstein et al. hanno riscontrato apatia nel 22,5% di 80 pazienti con ictus. Anche se riscon-trabile indipendentemente, essa era associata a depressione maggiore ed a deficit nelleADL.119 In un recente studio italiano, l’apatia è stata osservata nel 27% dei pazienti con pre-gresso ictus.2

15.1.10 Altri sintomi

Irritabilità e disturbi del comportamento alimentare sono stati descritti in un discreto nume-ro di casi, ma ulteriori studi sembrano necessari per verificare le relazioni esistenti fra questisintomi e il decorso della malattia cerebrovascolare.2

Di recente è stata segnalata la cosiddetta “fatica post-ictus”,120 associata o meno alla depres-sione e frequente in soggetti con scarso impatto funzionale derivante dall’evento ictale, chesono ritornati alle occupazioni precedenti l’episodio e che tuttavia risultano grandemente disa-bilitati da una precoce e severa faticabilità. Gli studi preliminari del gruppo di Bogousslavskysottolineano come i pazienti con “fatica post-ictus” possano presentare principalmente lesio-ni a carico del tronco dell’encefalo. Si suppone che questo sintomo possa essere legato ad unalieve alterazione dell’attenzione in assenza di significative alterazioni cognitive o del tono del-l’umore. Infine, tanto in fase acuta che post-acuta possono riscontrarsi manifestazioni nonidentificabili e/o codificabili come di natura depressiva. Esse includono spiccata emotività,reazioni catastrofiche, pianto patologico e perdita della autoattivazione psichica (atimormia).

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stesura 15 marzo 2005

15.2 DEMENZA VASCOLARE

15.2.1 Epidemiologia

La frequenza con cui si manifesta un quadro di deterioramento cognitivo conclamato cronico,definibile come demenza, aumenta con l’aumentare dell’età della popolazione, raggiungendoi massimi livelli nelle fasce di età più elevate. È stato calcolato che nei soggetti ultracentenarisi può arrivare a valori di prevalenza di demenza superiori al 50%.121,122

Dal punto di vista eziologico, le forme vascolari sono abitualmente considerate seconde rispet-to a quelle degenerative primarie, per prevalenza ed incidenza, almeno nelle nazioni occiden-tali.123,124 Nei paesi orientali, invece, sembrano essere almeno frequenti quanto le degenerati-ve.125

Dati di epidemiologia descrittiva certi si possono ottenere solo con studi metodologicamenteaccurati su campioni sufficientemente rappresentativi della popolazione generale. Essi tutta-via comportano qualche difficoltà nella classificazione eziologica, trattando una forma mor-bosa in cui anche in serie cliniche studiate strumentalmente in maniera esaustiva e, addirittu-ra, in casistiche analizzate con esame istopatologico dell’encefalo, esiste un margine non tra-scurabile di incertezza nosografica.126 La malattia cerebrovascolare può poi frequentementeassociarsi a decadimento cognitivo di grado lieve (mild cognitive impairment, MCI), ancoranon definibile come demenza. Questa condizione, presente in circa il 5% della popolazioneultrasessantacinquenne,127 può essere indicata anche con l’acronimo CIND (cognitive impair-ment not dementia) o VCI (vascular cognitive impairment), qualora se ne voglia sottolineare lapossibile origine cerebrovascolare. Una causa vascolare è stata dimostrata nel 18% dei casi inuno studio di popolazione.128

La percentuale di forme dovute a malattia vascolare oscilla quindi da studio a studio, anche inrelazione alla esistenza di forme ad eziologia mista o di incerta classificazione.

In Europa si calcola che circa il 20%-25% di forme di demenza siano di origine vascolare. Itassi epidemiologici variano poi in relazione alla struttura della popolazione; particolarmentealti in Italia ove le fasce di età più avanzate sono particolarmente rappresentate.

15.2.2 Prevalenza

Alcuni studi di popolazione effettuati in diverse località italiane 129-133 consentono di affermareche la prevalenza di demenza oscilla, nei soggetti anziani, tra il 5% ed il 10%: le fasce d’età con-siderate non coincidono perfettamente per cui i dati non sono completamente paragonabili.

Lo studio ILSA,131 essendo multicentrico ed avendo coinvolto un campione rappresentativodella reale popolazione nazionale anziana, dà tassi affidabili di prevalenza di demenza del6,4% nei soggetti di età compresa tra 65 e 84 anni compiuti (Tabella 15:I), con un significati-vo maggior tasso (7,2%) nelle donne rispetto agli uomini (5,3%).

La proporzione di forme vascolari va da un minimo del 22% circa dello studio ILSA stesso,131

ad un massimo del 45% dello studio di Conselice (Figura 15–1).133

Un recente studio inglese sulla popolazione di Islington fornisce risultati paragonabili allo stu-dio ILSA, con valori di demenza vascolare pari al 21,9% dei casi.134

Sulla base dei dati ILSA si può calcolare, quindi, che attualmente siano affetti da demenzacirca 680·000 italiani; di questi circa 150·000 sarebbero casi di origine vascolare.131

15.2.3 Incidenza e prognosi

Il numero di nuovi casi che vanno incontro a demenza ogni anno è funzione della strutturaanagrafica della popolazione.

Sintesi 15-21La malattia cerebrovascolarecomporta un aumento del rischiodi decadimento cognitivo.

Sintesi 15-22La demenza vascolare rappre-senta la seconda più frequenteforma di decadimento cognitivocronico. Circa il 20%-25% deicasi di demenza è dovuto allemalattie cerebrovascolari.

Sintesi 15-23I dati sulla prevalenza fanno rite-nere che esistano, attualmente, inItalia, circa 150·000 soggettiaffetti da demenza di originevascolare.

Capitolo 15 — Complicanze psico-cognitive dell’ictus 441

stesura 15 marzo 2005

Tabella 15:I – Prevalenza ed incidenza di demenza in Italia (studio ILSA)

prevalenza per 100 [IC95] incidenza per 100/anno [IC95]uomini 5,3 [4,3-6,3] 1,13 [0,45-1,53]donne 7,2 [5,9-8,4] 1,33 [0,99-1,66]totale 6,4 [5,6-7,2] 1,25 [1,02-1,47]

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Figura 15–1. Proporzione didemenza vascolare in studi diprevalenza su popolazione inItalia.129-133

Sintesi 15-24I dati di incidenza fanno ritenereche in Italia circa 40·000 nuovisoggetti si ammalino di demenzavascolare ogni anno.

Sintesi 15-25La demenza vascolare è un fatto-re prognostico fortemente sfavo-revole, presentando un aumentodel tasso di mortalità sia rispettoalla popolazione generale sia inconfronto a soggetti affetti dademenza degenerativa.

Figura 15–2. Distribuzione deisottotipi di demenza tra i casiincidenti in Italia (ILSA).131

I tassi di incidenza di demenza nei soggetti di età superiore a 60 anni sono pari a circa l’1%,anche se i diversi studi non danno risultati molto omogenei.123

Per quanto riguarda l’Italia, ancora lo studio ILSA fornisce i dati più affidabili e meglio gene-ralizzabili all’intera popolazione nazionale (Tabella 15:I).

La proporzione di forma vascolare risulta pari al 27% (Figura 15–2), più alta quindi rispettoai valori di prevalenza. Ciò è legato al fatto che lo studio di incidenza, effettuato su soggetti giàinclusi nello studio nella fase iniziale dell’indagine (fase trasversale, di “prevalenza”) sonoandati incontro alla insorgenza della malattia in tempi più recenti, in cui la diagnostica perimmagini era più diffusamente applicata nella diagnosi differenziale eziologica delle demenze.

È, infatti, la quota di forme non classificate che decresce sensibilmente nello studio di inci-denza, rispetto allo studio di prevalenza.

Una metanalisi su dati europei,123 ed un recente studio effettuato a Rochester,124 pervengonoa valori di incidenza analoghi.

Sulla base dei dati ILSA si può calcolare che ogni anno si ammalino di demenza 150·000 nuovisoggetti; di questi, circa 40·000 sono dovuti a malattia cerebrovascolare, e, quindi potenzial-mente prevenibili.135 L’età gioca ancora un ruolo fondamentale: l’incidenza passa da valori tra0,10% e 0,15% per anno nei soggetti di età tra 65 e 74 anni, a valori superiori all’1% annuonegli ultraottantenni.

Tra i soggetti che presentano un ictus acuto e ne sopravvivono, una quota sensibile va incon-tro a decadimento mentale classificabile come demenza vascolare (demenza post-ictus pro-priamente detta, ovvero post-stroke dementia).

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stesura 15 marzo 2005

Demenza�vascolare

Malattia di�Alzheimer

Forme diverse�o non classificate

Appignano 1990

Italia Centrale 1996

Vescovato 1997

Conselice 2002

ILSA 1997

Demenza�vascolare

Malattia di�Alzheimer

Forme diverse�o non classificate

Alla dimissione, o a tre mesi dall’esordio dell’ictus, una quota oscillante tra il 4% ed il 9% deimalati può definirsi demente.136-140 A più lungo termine, la prevalenza aumenta, fino al 15%circa ad un anno, in uno studio condotto a Singapore,137 fino al 23% circa in un gruppo disoggetti con infarto lacunare seguiti per 4 anni.141 A distanza di 4 anni da un ictus acuto, èstato osservato che, dopo aver escluso i soggetti con demenza “precoce” post-ictus, un ulte-riore 21,5% sviluppava demenza nei 4 anni successivi.142 È interessante notare che, mentrel’incidenza di nuovi casi è costante nei 4 anni, il pattern cognitivo passa da una forma predo-minante di demenza degenerativa con malattia cerebrovascolare nei primi due anni, ad una didemenza vascolare negli anni successivi.

La presenza di demenza è inoltre un fattore ad alto impatto negativo sulla prognosi a distan-za. Lo sviluppo di deterioramento cognitivo di qualsiasi tipo è significativamente associato adaumento della mortalità, ma è soprattutto la demenza vascolare che aumenta la probabilità didecesso sia in confronto alla popolazione generale (RR=2,7), sia in confronto a soggetti condemenza di tipo Alzheimer (RR=1,4).143

15.2.4 Fattori di rischio e di protezione

15.2.4.1 Fattori di rischio

Le cause vascolari di disturbo cognitivo possono essere comuni ed evitabili.144 Di certo vi èuna significativa affinità nel determinismo del rischio dell’ictus e della demenza vascolare: ipazienti ad alto rischio di ictus sono ad alto rischio di demenza post-ictus;145-147 di per sé l’ic-tus aumenta tale rischio di ben nove volte.148 Ma l’interesse generale è stato risollecitato inquesto ambito dai progressi realizzati nella prevenzione dell’ictus e dai dati sempre più nume-rosi riguardanti sia la demenza Alzheimer che quella vascolare.149,150

È opinione diffusa che i fattori di rischio cardiovascolari modificabili, ivi includendo l’iper-tensione, l’uso-abuso di alcool, il fumo di sigarette ed alcune abitudini alimentari, giochino unimportante ruolo quale target di prevenzione delle cause vascolari di decadimento cognitivo.151

D’altra parte, in assenza di una sicura ed efficace terapia per la demenza vascolare, soltanto laprevenzione dei fattori di rischio vascolari appare la soluzione più razionale ed efficace perridurre la morbosità e la mortalità correlate a questa patologia. Ne consegue che, aumentandol’incidenza di demenza vascolare con l’incremento di incidenza dell’ictus, la prevenzione dellostesso abbia una ricaduta di efficacia sul decremento di incidenza di demenza vascolare.152

Il ruolo dell’ipertensione arteriosa e la persistenza di elevati valori sfigmici protratti prima del-l’insorgenza della demenza vascolare, nonché l’indicazione al trattamento o la non indicazio-ne dello stesso in funzione di un’efficacia o addirittura di un effetto di precipitazione di malat-tia sono concetti ormai da tempo convalidati.153,154

Lo studio Rotterdam del ‘93 relativamente ai grandi anziani evidenzierebbe come valori piùalti di pressione arteriosa possono essere utili a mantenere un buon flusso cerebrale in pazien-ti anziani con lesioni aterosclerotiche,155 mentre i dati di Di Carlo relativi agli anziani ipertesidi età inferiore a 75 anni 156 sembrano sottolineare come un adeguato trattamento pressoriopossa essere importante, in questa fascia di età, per evitare danni cognitivi a distanza. Nellostudio SYST-EUR,157 il trattamento dell’ipertensione determina una riduzione dell’incidenzadi demenza del 50% (da 7,7 a 3,8 per 1·000 pazienti/anno).

Nello studio Honolulu-Asia il riscontro di elevati valori pressori nell’età media era associatoad un peggioramento cognitivo nell’età più avanzata.158,159

Il declino cognitivo era proporzionale al grado di ipertensione sistolica (per ogni 10 mm Hgdi incremento di sistolica si eleva del 7% il rischio di “media” compromissione delle funzionicognitive e del 5% quello di “elevata” compromissione).

Oltre all’ipertensione, altri sono i fattori di “rischio” per declino cognitivo: essi sono di ordi-ne demografico (età, sesso, razza-etnia, livello culturale-educazionale), aterogeno (fumo disigaretta, infarto miocardico, diabete, ipercolesterolemia, consumo eccessivo di alcool, obe-sità, inattività fisica, iperomocisteinemia), emodinamico (ipoperfusione cerebrale ad es. incorso di fibrillazione atriale) o genetico (APOE e4 e cromosoma 19 CADASIL, cromosoma 19ed emorragia cerebrale cromosomica dominante con amiloidosi tipo Dutch). Il rischio è anchecorrelato alla estensione ed alla sede delle lesioni cerebrali quantificabili con le tecniche dineuroimmagine: volume medio di tessuto cerebrale infartuato, numero degli infarti, localizza-

Sintesi 15-26Sono fattori di rischio primari perla demenza vascolare:1. ipertensione arteriosa;2. età;3. fibrillazione atriale;4. diabete mellito;5. infarto miocardico;6. fumo e alcool.

Sintesi 15-27Sono fattori di rischio secondariper la demenza vascolare:1. un basso livello di scolarità;2. il riscontro dell’allele e4 del

gene ApoE.

Sintesi 15-28Sono fattori neuro-radiologicipredittivi per la demenza vasco-lare:• la presenza di infarti bilaterali,

multipli, localizzati nell’emi-sfero dominante e nelle strut-ture fronto- e meso-limbiche;

• le alterazioni della sostanzabianca con estensione dellelesioni periventricolari e con-fluenza di quelle profonde.

Capitolo 15 — Complicanze psico-cognitive dell’ictus 443

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zione, aumento di volume del terzo ventricolo, infarti cerebrali silenti e strutture profonde esostanza bianca compromesse – talamo e sostanza bianca frontale – lesioni della sostanza bian-ca periventricolare.

Verosimilmente una prevenzione mirata al controllo della pressione arteriosa, del diabete mel-lito, di un opportuno trattamento di prevenzione secondaria nell’infarto miocardico e nellafibrillazione atriale, la sospensione del fumo di sigaretta è efficace sia nella prevenzione del-l’ictus che della demenza vascolare. L’età avanzata ed il sesso maschile sono stati ritenuti fat-tori di rischio per la demenza vascolare anche se la differenza tra i sessi scompare in terminidi incidenza con l’avanzare dell’età essendo la demenza prevalente, tra i grandi anziani, inpazienti di sesso femminile.160

Nello studio di coorte Zutphen Elderly Study viene riportato l’effetto dell’abitudine al fumo edall’alcool sulla cognitività e la correlazione positiva tra consumi medio-alti ed incidenza diturbe cognitive.161 Viceversa, ancorché basato su una casistica molto limitata, uno studio con-dotto nell’area di Bordeaux suggerisce che moderate quantità di alcool potrebbero avere unruolo protettivo, determinando così una più bassa incidenza di demenza.162

Un ruolo importante ha la demenza da ipoperfusione indotta da aritmie cardiache (demenza“cardiogena”) come la fibrillazione atriale parossistica, l’infarto acuto del miocardio o l’ane-stesia generale, insieme a crisi epilettiche, scompenso cardiaco congestizio, broncopneumopa-tie con impegno respiratorio, ipotensione ortostatica grave legata all’età o indotta/aggravata dafarmaci.163,164

Le lesioni della sostanza bianca sottocorticale sono spesso correlate all’età avanzata, ad unastoria di ictus o di infarto lacunare o comunque di malattie cerebrovascolari o di diabete oanche di ipoglicemia, di aumento dell’ematocrito o di ipotensione critica o a danno di barrie-ra ematoencefalica, anche se esse possono riscontrarsi in grandi anziani asintomatici.

Molti studi correlano la leucoaraiosi a deficit cognitivi lievi, o, anche in percentuali altamentesignificative (64%-100%), alla demenza vascolare.165

Sono stati anche descritti fattori di rischio minori o meglio con minore evidenza; si tratta dicondizioni non relative a rischio vascolare e tuttavia con evidenze dementogeniche su possibi-le base vascolare come l’eccessivo uso di aspirina in età evolutiva, lo stress psicologico in etàpediatrica, un’occupazione lavorativa come operaio, un’esposizione cronica a pesticidi, erbi-cidi, plastica o gomma liquida.146,153,166-168

Un ruolo comune a demenza di Alzheimer e demenza vascolare nell’ambito dei fattori dirischio vascolari è stato riferito allo stress ossidativo da radicali liberi, riscontrabile in entram-be le patologie.

Anche la genetica, ancorché riferita a malattie rare (CADASIL, emorragia cerebrale ereditariacon amiloidosi Dutch-Type [HCHWA.D]) è in qualche modo chiamata in causa.

Un ruolo importante può essere attribuito al polimorfismo dell’APOE, che rappresenta unachiave di lettura, se non un anello di congiunzione, tra le due realtà patologiche: l’allele e4 del-l’apo-E è associato a ipercolesterolemia, aumento delle LDL e dell’apolipoproteinemia conevidenti ricadute aterogenetiche. Esso è significativamente presente anche in pazienti affetti dapatologie degenerative demenziali rispetto a quelli sani di pari età che ne sono sprovvisti.168,169

È stato riscontrato, inoltre, un aumento della concentrazione e dell’attività a livello cerebraledi ACE in pazienti con malattia di Alzheimer ma anche con demenza vascolare. Anche perquesto motivo l’enzima di conversione dell’ACE potrebbe giocare un ruolo importante neldeterminismo di tali patologie.170

Tra i marker di attività di alcuni particolari fattori di rischio devono essere considerati quellidell’infiammazione (PCR, ICAM-1, fosfolipasi A2 associata alle lipoproteine, interleuchine, eNitrOssido Sintetasi, elevato numero di globuli bianchi), relativi alla presenza di agenti infet-tivi.

Infine, un ruolo particolare nell’evoluzione peggiorativa della forma “lacunare” di demenzavascolare sembra essere svolto proprio dal recidivare degli episodi infartuali di tipo lacunare.La prevenzione secondaria delle recidive diviene quindi rilevante anche nel rallentare l’evolu-zione verso la demenza.141,171

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15.2.4.2 Fattori di protezione

Trattamenti con estrogeni e con antinfiammatori non steroidei sembrano in grado di miglio-rare la cognitività o prevenire la demenza.

Gli estrogeni possono promuovere l’attività colinergica e serotoninergica cerebrale mantenen-do l’integrità dei circuiti neuronali e prevenendo l’ischemia.172,173

L’infiammazione è annoverata tra le cause precipitanti la malattia di Alzheimer. Studi trasver-sali suggeriscono una azione protettiva dell’uso di antinfiammatori nella malattia diAlzheimer.174 Ulteriori indagini sono però necessarie per stabilire il reale ruolo protettivo degliantinfiammatori nei confronti della demenza vascolare.

In merito al ruolo del livello di istruzione, un recente lavoro 156 evidenzia come la educationalprotection dovuta a maggior sinaptogenesi determini una caduta del rischio di difettualitàcognitiva, così come il trattamento della PA come fattore di rischio vascolare migliori la disa-bilità anche cognitiva.

15.2.5 Inquadramento diagnostico

Pur se teoricamente di semplice inquadramento, in quanto decadimento cognitivo legato aduna patologia cerebrovascolare, la demenza vascolare configura quadri clinici e fisiopatologi-ci molto eterogenei tra loro. Lo stesso inquadramento è d’altronde complicato dall’impiego dicriteri diagnostici non uniformi, dall’assenza di verifica anatomopatologica, dall’inadeguatez-za delle popolazioni studiate e dall’intrinseca eterogeneità clinica della patologia cerebrova-scolare.

15.2.5.1 Sindrome clinica

La diagnosi di demenza vascolare, indipendentemente da quale dei vari criteri diagnosticivenga impiegato, si basa principalmente su quattro punti:1. deficit cognitivi (memoria, capacità strategiche, flessibilità mentale);2. storia clinica di ictus e/o deficit neurologici focali;3. presenza alle neuroimmagini di lesioni focali vascolari e/o multinfartualità e/o alterazioni

diffuse della sostanza bianca periventricolare;4. associazione temporale tra ictus e comparsa della demenza.

L’assenza di segni neurologici focali, fatta eccezione per i disturbi cognitivi, rende improbabi-le la diagnosi di demenza vascolare.175 Spesso si riscontrano disturbi dell’equilibrio e delladeambulazione, perdita di iniziativa, labilità emotiva, incontinenza urinaria e presenza diriflessi di liberazione. I deficit del linguaggio sono di tipo afasico o di tipo disartrico, a diffe-renza dei pazienti con malattia di Alzheimer che presentano più spesso anomie e relativorisparmio dell’apparato motorio della fonazione.

Tra i disturbi cognitivi, poco presenti e meno gravi rispetto a quelli riscontrati nella malattiadi Alzheimer sono i disturbi della memoria, mentre sarebbero preponderanti quelli delle fun-zioni esecutive, anche perché le strutture mesiali del lobo temporale sono spesso risparmiatenella demenza vascolare. È importante sottolineare come il frequente riferimento ai soli defi-cit mnesici di fatto impedisca il riconoscimento di molti casi di demenza vascolare o di dete-rioramento cognitivo legato all’ictus.176

Da un punto di vista cognitivo la demenza vascolare è caratterizzata da:1. deficit di memoria; 2. disturbi delle funzioni esecutive; 3. rallentamento del processamento delle informazioni;4. cambiamenti del carattere ed alterazioni del tono dell’umore.177

Da un punto di vista nosografico è utile differenziare clinicamente la demenza vascolare neiseguenti sottotipi:1. demenza multinfartuale;2. demenza da singoli infarti strategici;3. demenza da malattia dei piccoli vasi cerebrali;4. demenza da ipoperfusione;5. demenza emorragica.

La demenza multinfartuale è causata dalla presenza di infarti cerebrali multipli territoriali.178

Sintesi 15-29Sulla base degli attuali criteri dia-gnostici la demenza vascolare ècaratterizzata dalla presenza dideficit cognitivi (memoria, capa-cità strategiche, flessibilità men-tale) associati ad un quadro clini-co e neuroradiologico suggestividi malattia cerebrovascolare,possibilmente temporalmentecorrelati.

Raccomandazione 15.9Grado CPoiché i disturbi della memorianon sono prevalenti nella demen-za vascolare è indicato esplorareanche le funzioni esecutive.

Sintesi 15-30La demenza vascolare compren-de i quadri:1. multinfartuale;2. da singoli infarti strategici;3. da malattia dei piccoli vasi

cerebrali;4. da ipoperfusione;5. emorragica.

Capitolo 15 — Complicanze psico-cognitive dell’ictus 445

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Sintesi 15-31La demenza vascolare sottocorti-cale è definita dalla presenza diuna sindrome cognitiva, caratte-rizzata da sindrome disesecutivae deficit della memoria, e dallamalattia cerebrovascolare evi-dente alle neuroimmagini ecaratterizzata da relativi segnineurologici di patologia pregressa(inclusi i disturbi della marcia).

La demenza da singoli infarti strategici è rara ed è causata da infarti localizzati in aree cere-brali cruciali per le funzioni cognitive.

Ognuna delle seguenti localizzazioni corticali è stata associata a deterioramento cognitivo:• infarti del giro angolare sinistro;179

• infarti del giro angolare di destra ed infarti della regione temporale;180

• infarti frontali mesiali.181,182

Per quanto riguarda le aree sottocorticali sono stati associati a demenza gli infarti nelle seguen-ti sedi:• talamo;183,184

• ginocchio della capsula interna di sinistra;185

• nucleo caudato.186,187

Le demenze da malattia dei piccoli vasi cerebrali comprendono diverse entità caratterizzate dainfarti di tipo lacunare e lesioni della sostanza bianca sottocorticale.

Le demenze emorragiche comprendono ematomi cronici subdurali, sequele di emorragiesubaracnoidee, ed ematomi cerebrali.

Una demenza “ipoperfusionale” 188 può essere conseguente ad una prolungata condizione diischemia cerebrale globale secondaria ad arresto cardiaco o a profonda ipotensione.

Da un punto di vista pratico si preferisce distinguere la demenza vascolare in due forme, di cuiuna a prevalente coinvolgimento corticale ed una a prevalente coinvolgimento sottocorticale.

Le demenze vascolari di tipo corticale si presentano con esordio acuto e andamento tipica-mente a gradini con periodi di stabilizzazione, a volte di apparente miglioramento, cui seguo-no improvvisi peggioramenti. I deficit neurologici sono indicativi del territorio colpito. Nelcorso della malattia il 60% dei pazienti presenta sintomi depressivi, l’8%-10% crisi epilettiche.

Le demenze da alterazione dei piccoli vasi cerebrali si manifestano con un quadro clinico ditipo sottocorticale. Solo in un terzo dei casi l’esordio è acuto, mentre nei rimanenti casi esso èsubacuto, e nella metà dei pazienti l’andamento non ha il caratteristico andamento progressi-vo a gradini.189 Sindrome pseudobulbare, segni extrapiramidali, disturbi della deambulazionee incontinenza urinaria sono caratteristiche frequenti all’esame neurologico in tali pazienti. Trale più comuni alterazioni cognitive e comportamentali predominano la diminuzione delle atti-vità e degli interessi, l’apatia e l’inerzia. Comune è anche il riscontro di un quadro depressivo.Depressione, ansietà, labilità ed incontinenza emotiva ed altri sintomi psichiatrici sono fre-quenti nella demenza vascolare.

I segni che possono rendere incerta o improbabile la diagnosi di demenza vascolare sono unesordio precoce ed un andamento progressivamente degenerativo dei deficit di memoria o dialtri deficit cognitivi corticali, in assenza di lesioni focali corrispondenti alle neuroimmagini.

Un tipo particolare di demenza vascolare è quello su base genetica (CADASIL, angiopatiaamiloide) che ha delle specifiche caratteristiche cliniche.

15.2.5.2 La demenza vascolare sottocorticale

Dopo che con la pubblicazione dei criteri NINDS-AIREN e di altri per la demenza vascolaresi era esplicitamente riconosciuto l’esistenza di tipi diversi di deterioramento cognitivo dacausa vascolare, numerosi ricercatori si sono posti l’obiettivo di definire dei criteri ad hoc perciascuno dei sottotipi. A livello internazionale l’attenzione si è soprattutto rivolta al sottotipodefinito come sottocorticale, in quanto reputato il più frequente e quello più omogeneo dalpunto di vista fisiopatologico. Questa maggiore omogeneità ha fatto sì che la demenza vasco-lare sottocorticale venisse proposta come una patologia su cui concentrare gli sforzi terapeu-tici nel campo più generale della demenza vascolare.190 Nel 2000 si è finalmente arrivati allapubblicazione dei criteri per la demenza vascolare sottocorticale.191 Rispetto ai precedenti cri-teri NINDS-AIREN per la demenza vascolare, essi introducono due importanti novità: laprima è che dal punto di vista clinico, accanto al disturbo della memoria, viene consideratacome essenziale la presenza di una sindrome disesecutiva caratterizzata da deficit nella for-mulazione dello scopo, iniziazione e pianificazione delle attività, organizzazione, passaggio daun compito cognitivo ad un altro, ecc. La seconda novità è che la dimostrazione di una pato-logia cerebrovascolare alle neuroimmagini non è più considerata di solo supporto ma vieneritenuta essenziale per la diagnosi di demenza vascolare. A tal proposito, si prendono in con-

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siderazione due quadri fondamentali, eventualmente fra loro concomitanti: la presenza dilesioni estese della sostanza bianca e la presenza di infarti lacunari multipli.

In sintesi la demenza vascolare sottocorticale viene definita dalla presenza di:A. sindrome cognitiva caratterizzata da:

1. sindrome disesecutiva;2. deficit della memoria.Questi disturbi devono rappresentare un peggioramento da un precedente livello ed inter-ferire sulle normali attività della vita quotidiana.

B. malattia cerebrovascolare includente sia:1. patologia cerebrovascolare evidente alle neuroimmagini;2. presenza di deficit neurologici segno di malattia cerebrovascolare pregressa (inclusi

disturbi della marcia).

Un tipo particolare di demenza vascolare è quello su base genetica (CADASIL, angiopatiaamiloide) che ha delle specifiche caratteristiche cliniche.

15.2.5.3 Il CADASIL

Il CADASIL (Cerebral Autosomal Dominant Arteriopathy with Subcortical Infarcts andLeukencephalopathy) è una demenza vascolare sottocorticale di natura genetica. Si caratteriz-za per un esordio intorno ai 40-45 anni ed una durata di malattia di oltre 20 anni, con mortepoco dopo i 60 anni per il sesso maschile ed i 70 per quello femminile. L’età media di com-parsa di manifestazioni cliniche disabilitanti come difficoltà nel camminare senza aiuto è col-locata intorno ai 59 anni nel sesso femminile e 62 in quello maschile. L’esordio è più precocese il primo sintomo è l’emicrania, solitamente con aura atipica, e più tardivo se le prime mani-festazioni cliniche sono legate alle ischemie lacunari, le quali rappresentano il substrato pato-logico della malattia. Il ripetersi di ictus lacunari determina, infatti, la comparsa di una sinto-matologia clinica tipica per encefalopatia sottocorticale vascolare con demenza. La frequenzadei sintomi è riportata nella Tabella 15:II.

15.2.5.4 Criteri diagnostici correntemente usati per la demenza vascolare

La diagnosi clinica di demenza vascolare in una persona demente è generalmente basata su fat-tori suggestivi per una eziologia vascolare. La presenza di malattia cerebrovascolare tuttavianon implica necessariamente che l’ictus sia la causa ultima della demenza, o che abbia contri-buito alla sua genesi, in particolare quando essa sia concomitante con una malattia diAlzheimer. La durata della demenza, la presenza di segni di patologia cerebrovascolare e glieventuali esiti visibili alle neuroimmagini devono essere prese in considerazione.

I criteri più frequentemente adoperati per la diagnosi di demenza vascolare sono il DSM-IVTR,197 quelli degli Alzheimer’s Disease Diagnostic and Treatment Centers (ADDTC),198 quellidei National Istitute for Neurological Disorders and Stroke – Association Internationale pour laRecherche et l’Enseignement en Neuroscience (NINDS-AIREN),175 e gli ICD-10,199 divisi indue gruppi: descrittivi ed operativi. I primi sono rappresentati dalle definizioni di demenzavascolare riportate dal DSM-IV TR e dall’ICD-10. Più dettagliati, e con il preciso intento diessere utilizzati per studi clinici, i criteri operativi sono quelli della California ADDTC e quel-li NINDS-AIREN.

Secondo il DSM-IV TR, aspetti essenziali della demenza sono la compromissione della memo-ria e di altri domini cognitivi (almeno uno tra afasia, aprassia, agnosia o funzioni esecutive). Lacompromissione deve essere “sufficientemente grave” e tale da “determinare un declino da un

Sintesi 15-32Il CADASIL è una forma didemenza vascolare sottocorticaledi natura genetica ad esordiointorno ai 40-45 anni, durata dimalattia di oltre 20 anni e mortepoco dopo i 60 anni nei maschied i 70 nelle femmine.

Capitolo 15 — Complicanze psico-cognitive dell’ictus 447

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Tabella 15:II – Frequenza dei sintomi nel CADASIL

autori N TIA/ictus emicrania disturbi dell’umore convulsioni

Chabriat 1995; 1996 192,193 148 84%; 22%; 20%; —85% 20%-30% 20% 6%-7%

Ruchoux 1997 194 85% 20% —Dichgans 1998 195 102 71% 48% 24% 10%

Davous 1998 196 104 36,5% 34,6% 12,4% —(sintomi iniziali)

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livello di funzionamento precedente più alto”. I criteri sono identici a quelli per la malattia diAlzheimer, eccetto che per la presenza di cerebrovasculopatia e per l’andamento temporale,che nel caso della demenza vascolare non viene definito.

Secondo i criteri ICD-10 il declino nelle funzioni cognitive deve essere “apprezzabile e suffi-ciente ad interferire con le comuni attività quotidiane” ed a distribuzione disomogenea.L’esordio acuto, un deterioramento a gradini, e la presenza di segni e/o sintomi focali, favori-scono la diagnosi. I criteri sono precisi nel definire i segni di danno focale (almeno uno tra:spasticità, aumento dei riflessi osteotendinei, segno di Babinski o paralisi pseudobulbare).

Nei criteri NINDS-AIREN la definizione di demenza si continua a basare sulla perdita dellamemoria associata al deficit di almeno altri due domini cognitivi. Tuttavia si tenta di valutarela differente eziopatogenesi della demenza vascolare: vengono riconosciute come possibilicause la presenza di infarti multipli, la patologia dei piccoli vasi, le lacune multiple, l’ipoper-fusione cronica, le lesioni emorragiche e gli infarti “strategici”.

La diagnosi si articola in tre livelli: “probabile”, “possibile” e “definita”. Per una diagnosi didemenza vascolare “probabile” sono richiesti, oltre al deterioramento cognitivo, l’evidenza dicerebrovasculopatia supportata da dati clinici e strumentali, e una relazione logica tra i duedisturbi. Tale relazione può essere di tipo temporale (entro 3 mesi dall’ictus) o di tipo clinico(esordio acuto o andamento fluttuante del disturbo cognitivo). La diagnosi di demenza vasco-lare viene definita “possibile” in presenza di segni neurologici focali non supportati dai datineuroradiologici, od in assenza di una chiara relazione temporale tra demenza e ictus. Perdemenza vascolare “definita” si intende una demenza vascolare “probabile” con evidenza ana-tomopatologica di cerebrovasculopatia. I criteri contengono inoltre una lista di segni e sinto-mi che rendono improbabile la diagnosi di demenza vascolare: tra questi l’esordio precoce deldeficit di memoria, un progressivo peggioramento della memoria in assenza di lesioni focalicorrispondenti e soprattutto l’assenza di lesioni cerebrali alla RM ed alla TC.

I criteri ADDTC differiscono dai NINDS-AIREN in alcuni punti, ma il più importante è che,secondo i primi, per porre una diagnosi di demenza vascolare “probabile”, non è necessariodimostrare una relazione temporale tra eventi ictali e demenza, eccetto nei casi in cui sia pre-sente un solo evento nella storia clinica o alle neuroimmagini. Alla base di questo presuppo-sto risiede l’osservazione che spesso l’andamento clinico del deterioramento cognitivo proce-de gradualmente senza una chiara relazione con gli “eventi ictali”. Tali criteri prendono in con-siderazione esclusivamente la demenza vascolare ischemica.

Nella pratica clinica, per una prima e grossolana distinzione fra forme di demenza degenera-tiva e forme vascolari viene comunemente utilizzato lo Hachinski Ischemic Score (HIS).Fortemente basato sul riconoscimento della patologia cerebrovascolare, l’HIS fu creato perdistinguere le forme di malattia di Alzheimer dalle forme di demenza multinfartuale (MID),originariamente considerata l’unica forma di demenza vascolare.200 Nel test, 1 o 2 punti sonoassegnati per 13 caratteristiche cliniche tipicamente associate all’ictus ischemico. Per la dia-gnosi di demenza vascolare è adoperato come valore critico un punteggio ≥7, mentre un pun-teggio ≤4 identifica i pazienti affetti da malattia di Alzheimer. In presenza di punteggi inter-medi si parla di “demenza mista malattia di Alzheimer/demenza multinfartuale”. Il test si èrivelato utile nella diagnosi differenziale in quanto permette di classificare correttamente il75,9% dei pazienti affetti da malattia di Alzheimer e l’83% dei pazienti affetti da demenzamultinfartuale. La probabilità che un paziente demente sia affetto da malattia di Alzheimer èdell’87,9% con un punteggio all’HIS ≤4, mentre per un valore dell’HIS ≥7 la probabilità cheun paziente sia affetto da demenza multinfartuale è del 61,5%.201. Uno studio neuropatologi-co ha mostrato che i principali segni distintivi di demenza vascolare sono l’andamento flut-tuante, la progressione “a gradini”, una storia di ipertensione e di ictus, ed infine la presenzadi segni neurologici focali, mentre l’assenza di queste caratteristiche è maggiormente associa-ta alla malattia di Alzheimer. La presenza di labilità emotiva e una progressione “a gradini”sono i due fattori che maggiormente aiutano a distinguere la demenza vascolare dalle formemiste, mentre un decorso fluttuante ed una storia positiva per ictus sono più frequentementeassociate alle forme miste rispetto alla malattia di Alzheimer.201

È importante tuttavia sottolineare che il test è stato studiato per separare le forme di malattiadi Alzheimer da quelle di demenza vascolare in una popolazione di soggetti già affetti dademenza, nel caso in cui le due diagnosi fossero le uniche possibili, ma non è stato validato per

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diagnosticare la demenza vascolare in altri tipi di popolazione. Inoltre lo HIS può portare asovrastimare la prevalenza della demenza vascolare, dal momento che i pazienti affetti da cere-brovasculopatia avranno comunque un punteggio elevato al test, indipendentemente dal fattoche esista o meno una relazione causale tra la cerebrovasculopatia e il deterioramento cogni-tivo stesso.145,202,203

15.2.5.5 Problematiche dei criteri nosografici della demenza vascolare

Sia i criteri diagnostici che lo Hachinski Hischemic Score (HIS) hanno un punto debole incomune: la mancanza di prove che mettano in relazione i dati clinici o anatomo-patologici conuna sindrome demenziale del tutto aspecifica. Nel tentativo di superare questo limite alcunicriteri (NINDS-AIREN) hanno introdotto la necessità di una relazione temporale tra gli even-ti ischemici e lo sviluppo del deterioramento cognitivo. Tuttavia, il diverso modo di definire divolta in volta la sindrome “demenza” e le sue cause vascolari ha portato ad una conseguenzamolto importante: la scarsa intercambiabilità dei criteri. Diverse definizioni danno diversestime della prevalenza ed identificano gruppi di pazienti differenti.145,204-207 Infatti, i criteri cli-nici per la diagnosi di demenza vascolare hanno mostrato un accordo eccellente per quantoriguarda la diagnosi di demenza, mentre sono state riscontrate differenze significative nellaclassificazione della causa di demenza. La frequenza della diagnosi di demenza vascolare èinfatti più alta adoperando i criteri DSM-IV e HIS, e notevolmente più bassa adoperando icriteri NINDS-AIREN.207

Altri studi precedenti avevano messo in evidenza gli stessi dati: la frequenza di diagnosi didemenza vascolare decresce progressivamente qualora si adoperino per la diagnosi i criteririspettivamente DSM-IV, ICD-10, ADDTC e NINDS-AIREN.204 I criteri DSM-IV sono dun-que quelli meno restrittivi: la loro applicazione e quella dei NINDS-AIREN (più restrittivi)sullo stesso campione determina infatti una differenza nella stima dell’incidenza della demen-za vascolare anche di 5 volte. La concordanza diagnostica tra i diversi criteri è variabile: risul-ta essere buona tra gli ICD-10 e i NINDS-AIREN (85%) e tra il DSM-IV e gli ADDTC(87,3%) ma molto bassa tra gli altri (<40%).206

In uno studio anatomopatologico i criteri ADDTC ed i NINDS-AIREN si sono dimostrati piùsensibili (63% e 58% rispettivamente) rispetto all’HIS (43%) nella diagnosi di demenzavascolare “possibile”, ma i criteri ADDTC sembrano avere una specificità notevolmente infe-riore (64% rispetto all’80% dei NINDS-AIREN ed all’88% dell’HIS). Tuttavia, la sensibilitàdei criteri NINDS-AIREN e gli ADDTC deve essere comunque considerata bassa, in quantoessi non sono in grado di diagnosticare più di un terzo dei casi di demenza vascolare confer-mati dall’esame neuropatologico. Il maggior livello di sensibilità è stato raggiunto in tale stu-dio adoperando in combinazione i criteri ADDTC e l’HIS, mentre la più elevata specificità siè ottenuta tramite l’associazione dei criteri NINDS-AIREN con l’HIS.208

I criteri ICD-10 e quelli DSM-IV non specificano nel dettaglio i requisiti neuroradiologicinecessari per la diagnosi di demenza vascolare. I criteri ADDTC richiedono almeno la pre-senza di un infarto ischemico alla TC o alla RM nelle sequenze T1 pesate, ma le lesioni dellasostanza bianca periventricolare non sono prese in considerazione per la diagnosi di demenzavascolare “probabile”. Infine i criteri NINDS-AIREN richiedono la presenza di infarti multi-pli (più di un infarto o lacuna cortico-sottocorticale) oppure di lesioni della sostanza biancaperiventricolare (TC o RM), ma accettano anche una singola lesione strategica come possibi-le causa di deterioramento su base vascolare. La presenza di lesioni della sostanza bianca peri-ventricolare non ha ancora trovato una collocazione definitiva nella patogenesi della demenzavascolare e, a questo riguardo, i criteri ADDTC e NINDS-AIREN giungono a conclusionicontraddittorie. I primi riconoscono il ruolo rilevante di tali lesioni nella malattia diBinswanger, qualora siano particolarmente estese; i secondi le considerano sufficienti, per se,a determinare una demenza vascolare, anche in assenza di sintomi e segni focali, purché siainteressata più del 25% della sostanza bianca. Le alterazioni della sostanza bianca, infine, piùo meno associate all’altro tipo di lesione vascolare sottocorticale causata da malattia dei pic-coli vasi (gli infarti lacunari), costituiscono uno dei due correlati radiologici essenziali per ladiagnosi di demenza vascolare sottocorticale.191

Per quanto riguarda la definizione dei disturbi cognitivi, i criteri ICD-10 affermano che lademenza vascolare è caratterizzata da un’ineguale distribuzione dei deficit cognitivi senza spe-cificare come valutare l’interessamento dell’uno o dell’altro dominio. Il numero di domini

Sintesi 15-33I criteri per la diagnosi di demen-za vascolare non sono intercam-biabili: la frequenza più elevata didiagnosi di demenza vascolare èraggiunta adoperando i criteriDSM-IV-TR, che risultano essere ipiù inclusivi; la frequenza piùbassa si ottiene adoperando i cri-teri National Institute ofNeurological Disorders andStroke – AssociationInternationale pour la Rechercheet l’Enseignement enNeurosciences (NINDS-AIREN), ipiù restrittivi.

Sintesi 15-34I criteri Alzheimer’s DiseaseDiagnostic and Treatment Centers(ADDTC) insieme allo HachinskiIschemic Score (HIS) risultanoessere i più sensibili per la dia-gnosi di demenza vascolare. I cri-teri NINDS-AIREN, associatiall’HIS, i più specifici.

Sintesi 15-35Allo Hachinski Ischemic Score, lecaratteristiche distintive dellademenza vascolare sono l’anda-mento fluttuante, la progressione“a gradini”, una storia di iperten-sione e di ictus, e la presenza disegni neurologici focali.

Raccomandazione 15.10❊ GPP

Lo Hachinski Ischemic Score nonè indicato come strumento unicoper la diagnosi di demenzavascolare.

Capitolo 15 — Complicanze psico-cognitive dell’ictus 449

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Sintesi 15-36Il concetto di deterioramentocognitivo vascolare (VCI: VascularCognitive Impairment) è statointrodotto per definire i casi condeficit cognitivi che si ritenganoespressione di danno vascolarepur non raggiungendo i criteri cli-nici necessari per la diagnosi didemenza vascolare.

Sintesi 15-37I pazienti con VCI senza demen-za, dopo 5 anni mostrano unaevidente progressione verso ildeterioramento cognitivo concla-mato in oltre il 45% dei casi, adimostrazione del fatto che laidentificazione precoce della lorocondizione potrebbe facilitare unaterapia preventiva della demenzastessa.

Sintesi 15-38Il termine di demenza mista indi-ca i casi che presentano unasovrapposizione dei criteri per lademenza vascolare e di quelli perla malattia di Alzheimer. Secondoi criteri NINDS-AIREN, il terminedi demenza mista dovrebbeessere sostituito da quello dimalattia di Alzheimer con cere-brovasculopatia, indicando conquesto termine i casi di malattiadi Alzheimer possibile con evi-denza clinica e strumentale dicerebrovasculopatia.

cognitivi che devono essere interessati è differente nei diversi criteri (≥1 DSM-IV; ≥2 NINDS-AIREN), e questo porta all’individuazione di due differenti gruppi. Ma soprattutto uno deiprincipali problemi è rappresentato dalla rilevanza attribuita al deficit mnesico.

Dal punto di vista neuropsicologico, nella demenza vascolare le funzioni esecutive, sottocorti-cali e frontali possono essere compromesse in maniera precoce rispetto alla memoria. Inoltrele definizioni correnti richiedono una compromissione “evidente” delle funzioni cognitive,quindi il paziente viene identificato come demente solo dopo che si sia verificato un dannosostanziale. Poiché il decorso della demenza vascolare potrebbe essere modificato con il con-trollo dei fattori di rischio, con questi criteri si corre il rischio di non trattare i casi precoci conterapie preventive in quello che rappresenta il momento “migliore”, cioè all’esordio del decli-no cognitivo.

Per tale motivo Hachinski ha introdotto il termine di Vascular Cognitive Impairment (VCI),209

per identificare tutto il continuum di pazienti affetti da deterioramento cognitivo conseguentead un ictus, a partire da quelli ad alto rischio, ma senza un franco declino cognitivo (lo stadiodi “brain at risk”) fino ai quadri di demenza grave. Pur non esistendo criteri formali per la dia-gnosi di VCI (gli autori suggeriscono l’esclusione delle sindromi conseguenti ad infarti cere-brali maggiori ed alle emorragie cerebrali o subaracnoidee), tale concetto consentirebbe diidentificare pazienti ad un livello di deterioramento molto precoce, permettendo di indivi-duare, e potenzialmente trattare, i pazienti prima che si sia verificato un danno sostanziale eprobabilmente irreversibile.

In realtà tale concetto si applica più agevolmente ai quadri di alterazione cognitiva vascolarenon demenza (Vascular CIND), anche se sotto la definizione di VCI sono stati anche inclusitutti i soggetti con demenza vascolare e demenza mista.210 Recentemente Rockwood et al.211

hanno riportato come il VCI sia una condizione frequente (5% dei soggetti al di sopra dei 65anni) e che tutti i “sottotipi” di VCI sono caratterizzati da un aumento del rischio di morte edi istituzionalizzazione. Nel Canadian Study of Health and Aging, dopo 5 anni dalla primaosservazione, dei 149 soggetti con VCI non-demenza (Vascular CIND), 77 erano deceduti(52%), mentre 58 (46%) erano andati incontro a demenza; le donne risultavano a rischio mag-giore di demenza rispetto agli uomini, mentre dei 32 soggetti vivi al follow-up ma non demen-ti, solo quattro presentavano un miglioramento della performance cognitiva. Questi dati dimo-strano inequivocabilmente come la condizione chiamata come VCI possa rappresentare unpotenziale obiettivo per le terapie di prevenzione possibili nei confronti della demenza.212

Il concetto di VCI è stato rivisitato di recente non solo dal gruppo del Canadian Study of Healthand Aging,213 ma anche da Roman et al.,214 con l’inclusione in questa sigla dei soli soggetti senzademenza (VI-ND) e la definizione di criteri utilizzabili in futuri studi sul VCI. In particolaredalla definizione di VCI viene da questi autori esclusa la compromissione isolata di funzionicognitive espressione di alterazioni focali come l’afasia e l’aprassia. Roman et al., inoltre, riba-discono anche l’opportunità di individuare nell’ambito dei disturbi cognitivi vascolari, oltre alVCI ed al VaD anche la forma mista (AD e CVD) di demenza a descrivere una condizione piùcomplessa definita come Disturbo Cognitivo Vascolare (“Vascular Cognitive Disorder”).

Un altro punto poco chiaro è la modalità di progressione del deterioramento cognitivo: IlDSM-IV stabilisce che la demenza può essere “progressiva, stabile o remittente”. I criteriICD-10 considerano l’esordio della demenza vascolare “brusco” o “a gradini”, ma non fannocommenti sulla possibile reversibilità del quadro clinico. I criteri ADDTC permettono un’am-pia varietà di storie naturali senza menzionare alcuna modalità specifica di evoluzione. ININDS-AIREN considerano la possibilità di miglioramento, con il passaggio dall’ipotesi diuna “demenza invariabilmente progressiva” ad un decorso variabile.

Inoltre l’utilizzo dei criteri correnti nella pratica clinica ha evidenziato che la presenza di segnie sintomi focali, ritenuta necessaria dalla maggior parte dei criteri vigenti, non costituisce unvalido criterio per la diagnosi di demenza vascolare.

Infine, esiste il problema della cosiddetta demenza “mista”, che alcuni autori ritengono esse-re la forma più frequente di demenza.215 I criteri ICD-10 usano il termine di demenza mistaper indicare pazienti che rispondono sia ai criteri per la demenza vascolare che a quelli per lamalattia di Alzheimer. Al contrario, per i criteri ADDTC la diagnosi di demenza mista vieneposta quando, oltre alla malattia vascolare, coesistono una o più patologie potenzialmente ingrado di provocare demenza. In tal modo il termine risulta aspecifico, includendo, oltre alla

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malattia di Alzheimer, tutte le altre possibili cause di demenza. I criteri DSM-IV intendono perdemenza mista tutti i casi che rispondono ai criteri per la demenza di malattia di Alzheimercon però un’evidenza clinica o neuroradiologica di cerebrovasculopatia. Secondo gli Autoricoinvolti nell’elaborazione dei criteri NINDS-AIREN infine, il termine di demenza mistadovrebbe essere sostituito da quello di malattia di Alzheimer con cerebrovasculopatia, indi-cando con questo termine i casi di malattia di Alzheimer possibile con evidenza clinica e stru-mentale di cerebrovasculopatia.

15.2.5.6 Percorso diagnostico e diagnosi differenziale

Il primo passo nella diagnosi di demenza consiste nella formulazione del sospetto e nell’indi-viduazione delle probabili cause alla base del deficit cognitivo in questione.

Le condizioni internistiche del paziente vanno sempre valutate con attenzione per escludereche la demenza sia conseguenza di ipo/ipertiroidismo, insufficienza epatica, renale o respira-toria, deficit di vitamina B12 e di acido folico. È inoltre necessario considerare come possibilecausa di deterioramento l’abuso di alcolici o di sostanze stupefacenti e l’esposizione a tossiciambientali. Va valutata infine la presenza di disturbi psichiatrici, traumi cranici ed altre pato-logie neurologiche.

Particolarmente accurata deve essere l’anamnesi farmacologica, dal momento che numerosifarmaci sono in grado di indurre sindromi demenziali, soprattutto in soggetti anziani, cheregrediscono in seguito alla sospensione dell’assunzione del farmaco in questione.

L’esame obiettivo fornisce dati importanti relativi all’eziologia della demenza. Devono esserericercati con attenzione i segni suggestivi di patologia focale del SNC, che indirizzano la dia-gnosi verso una forma vascolare o eventualmente verso la presenza di masse occupanti spazio(neoplasie o ascessi cerebrali). Molte altre malattie possono provocare demenza e vanno esclu-se accuratamente; tra queste le sindromi extrapiramidali; la degenerazione olivo-ponto-cere-bellare (che si presenta con alterazione della coordinazione e della marcia); l’idrocefalo nor-moteso (che determina la comparsa di andatura atassica ed incontinenza urinaria). La conco-mitanza di un quadro extrapiramidale e di demenza costituisce un notevole problema dia-gnostico. Un declino cognitivo può conseguire, generalmente dopo alcuni anni dall’esordiodei sintomi motori, ad una malattia di Parkinson, oppure manifestarsi in stretta correlazionecon la sintomatologia extrapiramidale. In questi casi se si associano anche psicosi ed alteratereazioni ai neurolettici, ci si orienterà verso una demenza a corpi di Lewy.216

Nella malattia di Alzheimer l’esame neurologico può risultare negativo oppure rivelare la pre-senza di segni di liberazione, che tuttavia non sono patognomonici di demenza degenerativa,potendosi riscontrare in altre forme. La postura e la marcia sono generalmente normali nellefasi iniziali della malattia di Alzheimer, ma nelle fasi più avanzate compaiono difetti dell’equi-librio ed andatura rallentata. Rispetto ai pazienti con malattia di Alzheimer i pazienti affetti dademenza vascolare presentano migliori prestazioni nelle prove che esplorano la memoria alungo termine, mentre maggiori sono i deficit nelle prove esecutive frontali. I due gruppi dipazienti non sembrano differire nei test che valutano il linguaggio, le capacità costruttive, l’at-tenzione, e la capacità di astrazione.176,217

La diagnosi differenziale tra demenza vascolare e malattia di Alzheimer è particolarmenteimpegnativa, per la frequente coesistenza della malattia degenerativa e di quella cerebrova-scolare.218-220 Le evidenze raccolte negli ultimi anni suggeriscono che la demenza vascolare“pura” potrebbe essere in realtà una forma rara, e che le forme “miste” potrebbero esseremolto più frequenti di quanto precedentemente riconosciuto. È stato infatti dimostrato chemolti casi di demenza degenerativa insorgono in seguito ad un episodio vascolare acuto, ilquale costituisce probabilmente un evento “scatenante” il “processo dementigeno”. Lo studiodi Henon et al.221 ha evidenziato che il 16% dei pazienti affetti da demenza vascolare presen-tava un deterioramento cognitivo di tipo degenerativo prima dell’ictus. Gli stessi autori hannodimostrato che, se un paziente in stadio preclinico di malattia di Alzheimer presenta un ictus,l’esordio della demenza è anticipato e la sintomatologia clinica è più grave. Tale dato è statodimostrato anche da studi anatomopatologici: nel 30% circa di tutti i quadri anatomopatolo-gici di malattia di Alzheimer sono presenti lesioni della sostanza bianca periventricolare, dege-nerazione vascolare ed angiopatia amiloide, mentre in circa il 40% dei pazienti con diagnosidi demenza vascolare è possibile riscontrate la presenza di placche senili e degenerazione neu-rofibrillare.222 Inoltre, malattia di Alzheimer e demenza vascolare spesso condividono gli stes-

Capitolo 15 — Complicanze psico-cognitive dell’ictus 451

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si fattori di rischio e questo rende ancora più difficile, in assenza di una storia clinica di ictus,una diagnosi differenziale tre le due forme di demenza.

Nella diagnosi differenziale deve essere preso anche in considerazione il delirium. Il delirium,o stato confusionale acuto, è un disturbo dello stato di coscienza al quale si accompagna unaridotta capacità di focalizzare, spostare o mantenere l’attenzione su una qualsiasi attività. Sonoanche presenti alterazioni delle funzioni cognitive, quali deficit mnesici, disorientamento,principalmente temporo-spaziale, disturbi del linguaggio e disturbi della percezione, ad esem-pio allucinazioni o false interpretazioni di stimoli sensoriali reali. Gli aspetti clinici essenzialidel delirium sono: l’esordio relativamente acuto con decorso fluttuante, il pensiero disorga-nizzato, l’alterazione del livello di coscienza e il deficit di attenzione. Altri sintomi frequente-mente associati sono un comportamento inappropriato, disorientamento e psicosi.223,224

La comparsa di uno stato confusionale acuto è una complicanza frequente nei pazienti conictus in fase acuta. Esso può essere causato:1. dall’ictus stesso in relazione alla sede di lesione;2. da un complicanza medica intercorrente;3. da un’intossicazione farmacologica.

La percentuale di pazienti con ictus acuto che manifestano un episodio di delirium va dal 13%nello studio di Caerio et al.225 al 24% in quello di Hénon et al.226 al 48% in quelli di Gustafsonet al.227,228

Particolare interesse riveste il rapporto tra delirium e declino cognitivo. Nello studio diRockwood et al.229 l’incidenza di demenza era del 5,6% nei pazienti senza episodi di delirium,mentre era del 18,1% in quelli con episodi confusionali. Inoltre, la prognosi dei pazienti anzia-ni che avevano presentato un episodio di delirium era peggiore in quelli con demenza rispet-to a quelli senza. Levkoff et al.230 trovarono che solo il 17,7% dei pazienti con demenza ed unepisodio confusionale avevano avuto una risoluzione completa dei sintomi del delirium ad unfollow-up di sei mesi. A tale proposito, un deterioramento cognitivo preesistente costituisce unimportante fattore di rischio per l’insorgenza di un episodio confusionale acuto. Ad esempio,nello studio di Hénon et al.226 ben il 30% dei pazienti con un punteggio allo InformantQuestionnaire on Cognitive Decline in the Elderly (IQCODE) >78, ossia con “cognitiveimpairment”, avevano presentato un episodio di delirium durante la degenza. Nel lavoro diGustafson et al.227 i pazienti con demenza (n=8) avevano tutti presentato uno stato confusio-nale acuto.

Nelle fasi iniziali della demenza vascolare le usuali batterie di test neuropsicologici permetto-no di definire le aree maggiormente compromesse e quelle relativamente risparmiate e costi-tuiscono un buon strumento diagnostico per distinguere le diverse forme di deterioramentocognitivo. Il Mini-Mental State Examination (MMSE)231 è un test ampiamente utilizzato comestrumento di screening, ma non è sensibile al deterioramento delle funzioni esecutive ed al ral-lentamento mentale. Nel tentativo di individuare i casi di deterioramento cognitivo lieve è utileadoperare altri test. Esistono inoltre degli strumenti atti a valutare il “livello funzionale” diogni paziente, inteso come la ”capacità di un individuo di portare a termine attività concretee ricoprire ruoli sociali”.232 Si fa in genere riferimento alle attività basali e strumentali della vitaquotidiana.

Tra le indagini strumentali, attualmente è consigliabile eseguire i seguenti: esame emocromo-citometrico, VES, elettroliti sierici (Na, K, Cl, Ca, P), azotemia, glicemia, creatininemia, uri-cemia, test di funzionalità epatica e tiroidea, elettroforesi delle sieroproteine, dosaggio dellavitamina B12 e folati nel siero, analisi delle urine, Rx torace, elettrocardiogramma.233

Gli esami di neuroimmagine morfologici permettono l’identificazione di molte condizionipotenzialmente trattabili. La presenza di lesioni infartuali o lacunari o di estese alterazionidella sostanza bianca sono reperti necessari per la diagnosi di demenza vascolare.175 Il quadroneuroradiologico della malattia di Alzheimer può essere del tutto normale oppure, più fre-quentemente caratterizzarsi per atrofia corticale prevalente nelle regioni temporo-parietali, eda ampliamento dei ventricoli laterali.234

Molti marcatori biologici e genetici sono stati proposti per la diagnosi differenziale tra le varieforme di demenza (i più studiati sono la proteina tau ed il frammento solubile della proteinaprecursore dell’amiloide nel liquido cefalorachidano ed il genotipo e4 dell’apolipoproeina E)ma la loro utilità clinica resta controversa.234

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15.3 VALUTAZIONE DELLE FUNZIONI COGNITIVE NEL POST-ICTUS

15.3.1 Fase acuta

La compromissione delle funzioni cognitive rappresenta una frequente complicanza dell’ictusin fase acuta e talora ne costituisce il sintomo clinico più grave e rilevante.235 I quadri cliniciche si manifestano con maggiore frequenza sono: disturbi del linguaggio, della percezione/esplorazione/rappresentazione dello spazio personale e extra-personale (eminegligenza latera-le), delle capacità gnosiche e delle capacità di percezione visiva e di coordinazione oculo-manuale (sindrome di Balint). Ictus del circolo posteriore compromettono le funzioni mnesi-che.236 Numerosi studi, a carattere sia prospettico che retrospettivo, su coorti sufficientemen-te estese di pazienti con ictus, hanno evidenziato l’importanza di una valutazione cognitiva infase precoce e in fase di stabilizzazione, data l’interazione tra incidenza di differenti deficitneuropsicologici e recupero funzionale.237-246

La frequente associazione all’ictus di deficit cognitivi rende pertanto necessaria un’adeguatavalutazione dei sintomi neuropsicologici. Gli scopi di tale valutazione sono:1. la quantificazione dei deficit cognitivi (fase acuta).

I test devono avere le seguenti caratteristiche:• rapida e agevole somministrazione (al letto del malato);• sufficientemente specifici nell’identificare i deficit neuropsicologici che più frequente-

mente si associano alla sede cerebrale colpita dall’ictus;• possibilmente tarati o controllati.

2. il monitoraggio dell’evoluzione dei deficit cognitivi nel tempo (in fase post-acuta, cronica enel controllo longitudinale).I controlli longitudinali devono collocarsi:• nella fase post-acuta dell’ictus per valutare le capacità di recupero spontaneo (tra 7 e 15

giorni dall’insorgenza dell’ictus);• nella fase di stabilizzazione a sei mesi per valutare:

a) in caso di significativi disturbi del linguaggio, le modalità dell’intervento logopedico b) la possibile insorgenza di deterioramento cognitivo post-ictus (demenza vascolare);c) l’influenza della compromissione delle funzioni cognitive sulla qualità della vita;

3. identificare i campi di intervento per un trattamento riabilitativo.

15.3.2 Strumenti di valutazione

A seconda delle fasi di valutazione neuropsicologica (acuta, subacuta e cronica) si renderànecessaria la somministrazione di test con caratteristiche differenti.

15.3.2.1 Protocollo di valutazione in fase acuta

La valutazione neuropsicologica dei pazienti con ictus in fase acuta si avvale di test differen-ziati in rapporto alla sede della lesione e riportati in Tabella 15:III e in Tabella 15:IV.

Si ritiene importante, a prescindere dal lato della lesione, somministrare il Mini Mental StateExamination (MMSE),231 il test più utilizzato per valutare il funzionamento cognitivo globale.Il MMSE è costituito da 11 voci suddivise in 5 sezioni e include prove sia verbali sia non ver-bali. Un punteggio inferiore a 24 suggerisce la presenza di un deterioramento cognitivo.

Raccomandazione 15.11Grado DIn presenza di diagnosi didemenza vascolare è indicatal’esecuzione degli esami discreening standard per le formedi demenza in generale.

Raccomandazione 15.12❊ GPP

È indicato che la quantificazionedei deficit cognitivi in fase acutaavvenga con test di rapida edagevole somministrazione (alletto del malato), sufficientemen-te specifici per l’identificazionedei deficit neuropsicologici asso-ciati all’ictus, possibilmente taratie controllati.

Raccomandazione 15.13❊ GPP

La somministrazione almeno delMini Mental State Examination(MMSE) è indicata per l’identifi-cazione di deficit cognitivi sindalla fase acuta.

Raccomandazione 15.14❊ GPP

La valutazione specialistica neu-ropsicologica è indicata se l’os-servazione clinica e/o il punteg-gio del MMSE suggeriscono lapresenza di uno o più deficitcognitivi.

Capitolo 15 — Complicanze psico-cognitive dell’ictus 453

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Tabella 15:III – Protocollo di valutazione in fase acuta in presenza di lesione emisferica sinistra

funzioni cognitive da esplorare test cognitiviIndice cognitivo generale MMSE➀ modificatoLinguaggio:

comprensione Test dei gettoniproduzione: denominazione Boston Naming test

accesso lessicale Fluenza verbale per categorieRagionamento astratto Matrici di Raven PM 47

➀ La somministrazione di alcune voci del MMSE risulta difficoltosa in presenza di deficit di compren-sione e produzione linguistica. Pertanto è auspicabile la modifica del test in modo tale da distingue-re deficit squisitamente verbali da deficit classicamente indotti da deterioramento cognitivo.

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In presenza di lesione emisferica sinistra è opportuno dedicare particolare attenzione all’esa-me delle funzioni linguistiche. Tra i test più utilizzati vi è il test dei gettoni,245 strumento chemisura la comprensione orale di ordini verbali di complessità crescente. È costituito da 20 get-toni che hanno dimensioni e colori diversi. L’esaminatore somministra gli ordini come da pro-tocollo. Il tempo richiesto per la somministrazione della prova è di circa venti minuti.

Il test di fluenza semantica 247 permette una rapida ed efficiente valutazione della capacità diricercare parole nel lessico mentale. Gli stimoli utilizzati sono semantici ovvero l’esaminatorechiede al soggetto di elencare il maggior numero possibile di parole appartenenti ad una deter-minata categoria (marche d’auto, animali, frutti). Per ogni categoria viene concesso un tempomassimo di 1 minuto.

Il Boston Naming Test 248 è una prova composta da 60 disegni. L’esaminatore chiede al sog-getto di dire il nome comune di ciò che vede raffigurato. Il cut-off è stato calcolato su unapopolazione normale di controllo di età tra i 25 e gli 85 anni. Infine fa parte della valutazioneanche il test delle matrici colore di Raven, PM 47.243 Questo strumento misura essenzialmentele abilità logico-analitiche. L’esecuzione della prova implica capacità di analisi visiva e spazia-le. Il test è costituito da trentasei stimoli di complessità crescente suddivisi in tre serie.

In presenza di lesione emisferica destra è opportuno un attento esame delle funzioni visuo-percettive. Per verificare la capacità di integrare frammenti in un’unica figura strutturata sisomministra lo Street’s completion test. Il test è costituito da 17 figure, di cui tre servono comeesempio, suddivise in frammenti separati fra loro.249

Le prove descritte di seguito sono comunemente utilizzate per valutare la presenza di eminat-tenzione nello spazio extrapersonale.

I test di Albert 250 e Diller 251 sono entrambi test di cancellazione nei quali si richiede al sog-getto di cancellare tutti gli stimoli (rispettivamente linee e lettera H) presenti su un foglio A4.L’esaminatore dispone il foglio in modo tale che il punto centrale coincida con il piano sagit-tale del paziente. Non sono previsti limiti di tempo. Il punteggio viene determinato in base alnumero di stimoli omessi.

Nel test di bisezione di linee si richiede al soggetto di identificare il punto mediano di unalinea. La prova prevede almeno cinque stimoli. Il punteggio viene determinato sulla base delloscostamento dal punto mediano.

Infine si suggerisce di somministrare prove di disegno a memoria spontaneo (orologio e mar-gherita) e prove su copia di figure simmetriche (vaso di fiori, farfalla).

Le prove di disegno vengono valutate qualitativamente in base alla omissione di parti dellostesso in particolare se posizionate nell’emicampo sinistro.

15.3.2.2 Protocollo di valutazione in fase post-acuta e cronica

Ogni valutazione cognitiva deve essere preceduta da un colloquio con i familiari e con ilpaziente (intervista semi-strutturata) che si pone come obiettivo la raccolta dei principali datianamnestici clinico-neuropsicologici.

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Tabella 15:IV – Protocollo di valutazione in fase acuta in presenza di lesione emisferica destra

funzioni cognitive da esplorare test cognitiviIndice cognitivo generale MMSE➀ modificatoPercezione-Integrazione visiva Street’s completion testPercezione-Esplorazione-Rappresentazione dello spazio Test di cancellazione (Albert, Diller)

Bisezione di lineeDisegno spontaneoCopia di figure simmetriche (margherita, farfalla)

Rappresentazione dello schema corporeo (neglect personale) Intervista semi-strutturataConsapevolezza di malattia Intervista semi-strutturata

➀ In caso di deficit dell’esplorazione e della percezione spaziale (eminegligenza laterale) è difficoltosa la sommini-strazione della copia della figura. È auspicabile pertanto una modifica del test che preveda l’eventuale elimina-zione della voce.

La valutazione cognitiva si pone come obiettivo l’esplorazione delle seguenti funzioni:• orientamento temporo-spaziale;• linguaggio;• memoria;• percezione visiva;• abilità visuo-costruttive;• attenzione;• integrazione visuo-motoria;• ragionamento astratto;• autonomia funzionale;• aspetti emotivo-comportamentali.

La Tabella 15:V descrive il protocollo neuropsicologico della fase post-acuta e cronica per unadeguato inquadramento del decadimento cognitivo.

In previsione di un programma di riabilitazione cognitiva è opportuno integrare la valutazio-ne neuropsicologica del paziente cerebroleso sinistro con una batteria specifica per lo studiodelle competenze linguistiche e, del paziente con lesione cerebrale destra, con una batteriaspecifica per lo studio dell’esplorazione dello spazio.

15.3.2.3 Strumenti di valutazione nella demenza vascolare

I test per l’esplorazione delle funzioni cognitive sono descritti nella Tabella 15:V. Alcune delleprove presenti nella tabella sono già state estesamente descritte nel § 15.3.2.1 relativo al pro-tocollo di valutazione in fase acuta.

La prova di denominazione è costituita da 24 stimoli selezionati dalle figure di Snodgrass eVanderwart. Il punteggio è determinato dal numero di stimoli correttamente denominati. Isoggetti di controllo non commettono alcun errore nell’esecuzione della prova.252

Il test di fluenza fonemica 247 permette di valutare la capacità di evocare parole. Gli stimoli uti-lizzati sono fonemici ovvero l’esaminatore chiede al soggetto di elencare il maggior numeropossibile di parole che incominciano con una determinata lettera (F, L, P). Per ogni categoriaviene concesso un tempo massimo di 1 minuto.

Capitolo 15 — Complicanze psico-cognitive dell’ictus 455

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Tabella 15:V – Protocollo di valutazione in fase post-acuta e cronica

funzioni cognitive esplorate test cognitiviIndice cognitivo generale MMSELinguaggio:

comprensione Test dei gettoniproduzione Denominazione di figure

Fluenza verbale fonemicaFluenza verbale per categorie

Memoriaverbale a breve termine Span di cifreverbale a lungo termine Memoria di prosaspaziale a breve termine Corsi spanspaziale a lungo termine Rievocazione della figura di Rey

Percezione visiva Street’s completion testAbilità visuo-costruttive Copia figura di Rey

Copia di disegniAttenzione

selettiva/sostenuta Matrici attenzionaliintegrazione visuo-motoria Trail Making A, B

Ragionamento astratto Matrici di Raven PM 47Autonomia funzionale Scale: IADL, ADLAspetti emotivo-comportamentali Colloquio e osservazione clinica

Intervista libera ai familiariNeuroPsychiatric Inventory,HRSD, Cornell Scale for Depression in Dementia

SPREAD – Stroke Prevention and Educational Awareness DiffusionIctus cerebrale: Linee guida italiane

Il test di memoria di prosa 245 valuta la memoria verbale a lungo termine ovvero quella compo-nente della memoria che permette il ricordo di numerose informazioni per intervalli di tempolunghi. L’esaminatore legge un brano di 28 elementi e chiede al soggetto di ripeterlo. Il branoviene riletto e una seconda rievocazione ha luogo dopo 10 minuti. Nel frattempo il soggettoviene impegnato in attività distraenti.

La prova di span di cifre 253 misura la memoria verbale a breve termine. L’esaminatore leggesequenze di cifre di lunghezza crescente (da 3 a 9). Il soggetto è invitato a ripetere la sequen-za immediatamente dopo la presentazione. Per ogni lunghezza sono previste due sequenze. Siinterrompe la prova quando il soggetto fallisce entrambe le sequenze.

Il test di Corsi 245 permette di valutare la memoria spaziale a breve termine. L’esaminatoretocca una sequenza di cubetti (da 2 a 9) e chiede al soggetto di toccare gli stessi cubetti nelmedesimo ordine. Sono previste al massimo cinque sequenze per ogni lunghezza. Si inter-rompe la prova quando il soggetto fallisce almeno tre sequenze.

Il test di copia e rievocazione della figura di Rey 244 misura la memoria visuo-spaziale a breve elungo termine. Al soggetto si richiede di copiare una figura geometrica complessa priva disignificato e dopo una pausa di 5 minuti di riprodurla a memoria. La prova di copia permet-te di evidenziare eventuali deficit costruttivi.

Il test delle matrici attenzionali 245 valuta l’attenzione selettiva. L’esaminatore mostra al sogget-to una matrice di numeri e chiede al soggetto di barrare tutti i numeri corrispondenti a quel-lo/i indicati in testa alla matrice. La prova prevede la presentazione di tre matrici e un tempolimite di 45 secondi per ogni matrice.

Il Trail Making (A e B)254 misura la capacità di programmazione visuo-motoria, l’attenzionedivisa e l’abilità di shifting. Nella forma A l’esaminatore chiede al soggetto di unire con unalinea continua i numeri in ordine crescente quanto più velocemente possibile. Nella forma Bil compito consiste nell’unire con una linea continua alternativamente i numeri e le lettere inordine crescente (p. es. 1A, 2B, 3C etc.). È prevista una prova. Solo se il soggetto è in gradodi eseguire la prova si somministra il test. Il punteggio è dato dal tempo impiegato per esple-tare ciascuna prova.

L’iter diagnostico differenziale deve avvalersi anche dell’utilizzo di scale cliniche e comporta-mentali e di test atti all’approfondimento degli eventuali deficit delle funzioni esecutive(Tabella 15:VI).

15.4 DIAGNOSI STRUMENTALE

La diagnostica della demenza vascolare è basata essenzialmente su criteri clinico-neuroradio-logici, cioè sulla presenza di demenza clinicamente definita, di malattia cerebrovascolare edella relazione tra le due condizioni morbose. Poiché vi sono differenti substrati patologici allabase della demenza vascolare, ciascuno di essi comporta differenti deficit cognitivi, e ricono-sce meccanismi fisiopatologici diversi. Le indagini diagnostiche funzionali potrebbero rivesti-re per il clinico un interesse volto soprattutto alla caratterizzazione del quadro specifico didemenza vascolare. A titolo esemplificativo, nelle lesioni sottocorticali le indagini funzionalipossono fornire informazioni sull’impatto della lesione della sostanza bianca sulla funzionecorticale.255 Il problema è particolarmente importante nel soggetto di età avanzata, in cui visono frequenti lesioni sottocorticali clinicamente “silenti”. Gran parte della letteratura sulleindagini funzionali della demenza vascolare riguarda infatti proprio il gruppo di soggetti conlesioni sottocorticali, e si pone l’obiettivo di rilevare marcatori biologici che consentano unadiagnosi differenziale tra demenza vascolare e malattia di Alzheimer.

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Tabella 15:VI – Strumenti di valutazione della demenza vascolare

funzioni esplorate test /scaleFunzioni esecutive Frontal Assessment Battery (FAB)(astrazione, flessibilità mentale, programmazione,sensibilità all’interferenza, controllo dell’inibizione,autonomia dall’ambiente)Decorso clinico Scala di HachinskiStato funzionale e motilità Scala di Barthel

Occorre comunque premettere che gli studi di sensibilità e specificità di tali tecniche diagno-stiche sono per lo più validati utilizzando come gold standard la diagnosi clinico-neuroradio-logica, mentre mancano studi con confronto anatomo-patologico. Un’altra importante limita-zione degli studi clinici riportati è la scarsa numerosità del campione, dovuta alla più o menocomplessa metodica diagnostica. Un altro bias di selezione clinica dei soggetti da sottoporreall’indagine è dato dal fatto che essi raramente sono rappresentati da serie cliniche consecuti-ve non selezionate.

15.4.1 Elettroencefalografia ed EEG quantificato

La presenza di alterazioni EEG è frequente sia nella malattia di Alzheimer che nella demenzavascolare, anche se in quest’ultima sono descritte più frequentemente alterazioni focali o irri-tative, mentre nella malattia di Alzheimer si evidenziano spesso alterazioni elettriche diffuse.256

Sia lo studio di Erkinjuntti che studi successivi riportano una frequenza di alterazioni EEGnella demenza vascolare del 70%-80%.257 Tale dato è stato confermato da ulteriori studi cli-nici, che hanno riportato la presenza di ridotta coerenza tra diverse aree cerebrali,258 eviden-ziabile soprattutto all’EEG quantificato.259 L’EEG consente una corretta diagnosi di demenzavascolare nel 76% dei casi. Già lo studio del gruppo di Hachinski sul valore predittivodell’EEG nella diagnostica differenziale malattia di Alzheimer-demenza vascolare riportavauna sensibilità del 92% ed una specificità del 95,7%, dove il gold standard era rappresentatodalla diagnosi clinico-radiologica. Veniva peraltro riportata l’assenza di differenze significati-ve tra malattia di Alzheimer e forme miste.260 Più recentemente le alterazioni EEG sono statecorrelate con una riduzione del metabolismo del glucosio rilevata alla PET 261 e con la pre-senza di sindrome clinica parietale.262 Anche in considerazione dei bassi costi dell’esame edella sua ripetibilità, l’EEG è di aiuto nella diagnosi differenziale ed in quella di manifestazio-ni comiziali associate alla demenza vascolare, oltre che nel follow-up del soggetto con demen-za vascolare.

15.4.2 Eco-Doppler dei vasi sopraaortici

L’esame non invasivo dei tronchi sopraaortici è un test di fondamentale importanza nel sog-getto con malattia cerebrovascolare, allo scopo di definire il profilo dei fattori di rischio e pia-nificare il trattamento adeguato. È noto come non vi siano sicure evidenze di efficacia del-l’endoarteriectomia in soggetti con demenza vascolare, nonostante alcuni autori abbianoriportato casi con miglioramento della performance psichica dopo trattamento di stenosi caro-tidee di grado elevato. La possibile patogenesi ipossico/ischemica del deterioramento cogniti-vo di origine vascolare, può essere ipotizzata anche attraverso il rilievo eco-Doppler sonogra-fico di stenosi carotidee di grado elevato.263

15.4.3 Doppler transcranico

È stata descritta la presenza di elevati indici di pulsatilità delle arterie intracraniche in sogget-ti con demenza vascolare, significativamente correlati con il livello di deterioramento cogniti-vo e con il punteggio vascolare alla scala di Hachinski.264 In particolare, Kidwell et al. hannodimostrato che l’indice di pulsatilità è un predittore indipendente di malattia della sostanzabianca evidenziata all’esame RM, con valori di sensibilità e specificità rispettivamentedell’89% e 86% verso la presenza di iperintensità periventricolari e del 70% e 73% verso ipe-rintensità profonde della sostanza bianca.265 L’uso di tecniche di attivazione con il Dopplertranscranico ha permesso di rilevare una ridotta riserva vasomotoria dopo test con acetazola-mide,266 ed una minore reattività cerebrovascolare all’apnea.267-269 Inoltre, una ridotta reatti-vità cerebrovascolare al Doppler transcranico attivato con CO2 è stata descritta in soggettiaffetti da CADASIL.270 Occorre comunque precisare che, pur in presenza di concordanza deidati tra i singoli studi effettuati (per lo più su piccoli gruppi di pazienti), la ridotta reattivitàcerebrovascolare non ha le caratteristiche di ripetibilità tali da rendere il test affidabile comeindagine diagnostica predittiva. L’esame color-Doppler transcranico può essere inoltre utiliz-zato per la valutazione non invasiva del tempo di transito artero-venoso, che è significativa-mente aumentato nella demenza vascolare da malattia dei piccoli vasi,271,272 e nella CADA-SIL.273 Il Doppler transcranico può essere infine utilizzato per ricercare la presenza di shuntdestro-sinistro, ma vi è un solo studio che riporta la presenza di tale condizione, nell’80% deimembri di una famiglia italiana affetti da CADASIL.274 Allo stato attuale delle evidenze si puòconcludere che il Doppler transcranico, pur essendo una tecnica di indagine promettente nel

Raccomandazione 15.15❊ GPP

L’eco-Doppler dei tronchisopraaortici è indicato per stu-diare i fattori di rischio ed eziolo-gici della demenza vascolare.

Raccomandazione 15.16❊ GPP

Il Doppler transcranico è indicatosolo come test diagnostico com-plementare.

Capitolo 15 — Complicanze psico-cognitive dell’ictus 457

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Raccomandazione 15.17❊ GPP

Non vi è indicazione a SPECT oPET, ad esami elettrofisiologici oall’esame del liquido cerebrospi-nale nella diagnosi di demenzavascolare, se non limitatamente ascopi scientifici o per la stratifi-cazione dei soggetti nel contestodi studi clinici.

Raccomandazione 15.18Grado ALa ricerca di una mutazione delgene NOTCH 3 è indicata per ladiagnosi di CADASIL.

Sintesi 15-39Recentemente è stata suggerital’opportunità di iniziare lo scree-ning genetico dagli esoni 3, 4,11, 19 (a più alta probabilità dimutazione) e di proseguire alsequenziamento di tutto il genein caso di negatività di questo.Secondo dati preliminari italiani,la mutazione dell’esone 11 sem-bra comune nel nostro Paese.L’associazione di alterazioni dellaregione temporo-polare anteriorealla RM encefalo e di mutazioni acarico dell’esone 4 presenta unasensibilità pari al 100%.

Sintesi 15-40Frequenze di mutazioni diverse acarico dei vari esoni del CADASILsono state riportate in varieregioni italiane; nel nostro Paesesembrano particolarmente fre-quenti quelle a carico degli esoni11, 3, 4, 8, 6, 19.In tutti gli altri Paesi le mutazioniprevalenti sono a carico degliesoni 4, 3 e 11, con frequenzediverse.

fornire informazioni fisiopatologiche, specie in soggetti con demenza vascolare da malattia deipiccoli vasi, non è ancora da considerarsi esame indicato per la diagnostica clinica di demen-za vascolare, ma piuttosto come test diagnostico complementare.

15.4.4 SPECT e PET

L’utilizzo di tecniche di immagine del flusso ematico cerebrale offre molte potenzialità per ladifferenziazione della demenza vascolare da altre forme di demenza. In particolare, già il grup-po di Hachinski riportava la presenza di una relazione inversa tra grado di deterioramentocognitivo e flusso ematico cerebrale (CBF) valutato tramite iniezione di 133Xenon intracaroti-deo.200 Alterazioni del CBF sono riportate sia nella demenza vascolare sia in altre forme didemenza, con frequenze che arrivano al 75% con l’uso di SPECT,275 ed al 90% con la PET,276

ma non vi sono dati certi che consentano di differenziare con tali metodiche la demenza vasco-lare da altre. Viene per lo più riportato alla PET un pattern di ipoperfusione fronto-parietalenella malattia di Alzheimer, ed un quadro di ipoperfusione a “chiazze” o prevalentemente fron-tale nella demenza vascolare.277,278 Inoltre, è stata riportata correlazione tra volume totale delleipointensità sottocorticali alla RM e flusso frontale alla SPECT,279 ed una ridotta vasoreattivitàdopo acetazolamide alla PET nella demenza vascolare da lesioni sottocorticali e non da infar-ti corticali.280 L’uso della PET con 55Cobalto è stato recentemente proposto per identificare lapresenza di lesioni sottocorticali captanti “attive” in soggetti con demenza vascolare.281

In conclusione, le indagini che valutano le modificazioni di flusso ematico cerebrale sono pro-mettenti nello studio di soggetti con demenza vascolare e lesioni sottocorticali, ma non suffi-cientemente validate per la diagnostica differenziale delle demenze.

Nei pazienti con CADASIL è stata dimostrata, mediante SPECT e PET, una significativa ridu-zione del flusso ematico regionale e del metabolismo del glucosio fin dalle fasi precoci dimalattia, prevalentemente a livello della sostanza bianca sottocorticale frontale ed occipitale esecondariamente a livello corticale e cerebellare per interruzione funzionale da danno dellefibre sottocorticali.282-284

15.4.5 Esami sierici e liquorali

Recentemente, oltre ai fattori di rischio noti per malattia cerebrovascolare, valori elevati diomocisteina sierica sono stati riportati nella demenza vascolare, ma senza differenze significa-tive con altre forme di demenza.285 Tra i marcatori biologici studiati a livello liquorale, sonostati riportati elevati valori di piruvato e lattato,286 di transglutaminasi,287 fosfo-TAU e beta-amiloide,288i proteine del citoscheletro,289 fattore di crescita endoteliale e fattore di crescitabeta,290 TNF.291 Sono stati invece riportati bassi livelli di enolasi neurono-specifica liquorale,contrariamente a quanto osservato nella malattia di Alzheimer.292 Tali marcatori biologicihanno però scarso valore diagnostico e in particolare non vi sono studi che dimostrino un valo-re diagnostico differenziale nei confronti di altre forme di demenza. Allo stato attuale quindinon si ritiene che esami sierici o liquorali siano utili per una definizione diagnostica di demen-za vascolare.

15.4.6 Test genetici

La presenza di una mutazione del gene NOTCH 3 è diagnostica nella CADASIL, e deve esse-re effettuata nei soggetti con sospetto clinico-anamnestico e neuroradiologico di tale forma didemenza vascolare.196,293 In Italia i centri che effettuano questa indagine sono discretamentenumerosi e distribuiti sul territorio nazionale. La procedura non ha, al momento, alternativevalidate ma solo proposte (p.es. reazione immunoistochimica per il recettore del geneNOTCH 3).

Una mutazione del gene NOTCH 3 è presente nel 90% dei pazienti con fenotipo clinico sug-gestivo per CADASIL e si caratterizza per la presenza di mutazioni puntiformi con perdita oacquisizione di una cisteina; recentemente è stata segnalata per la prima volta una delezionenon coinvolgente la cisteina, nell’esone 3, in una famiglia italiana.294

Sono state anche riportate diverse frequenze di mutazioni a carico dei vari esoni del CADA-SIL, in differenti aree geografiche, specie in Italia, dove sembrano maggiormente frequenti lemutazioni a carico dell’ esone 11 (21% dei casi), 3 e 4 (18%), 8 (14%), 6 (15%) e del 19 (7%):in particolare, le mutazioni degli esoni 3 ed 8 sono state, fino ad ora, diagnosticate solo nel sudItalia. In tutti gli altri paesi vi è una prevalenza di mutazioni a carico dell’esone 4, con diversefrequenze per il 3 e l’11, secondi per frequenza.196,293,295-297

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Le mutazioni C117F e C174Y sono state associate, rispettivamente ad una più precoce morteed ad una più precoce comparsa di ictus, immobilizzazione e morte.298

La possibilità di mutazioni de novo è eccezionale per questa malattia (un solo caso segnalatoin letteratura); è probabile l’esistenza di una diversa forma di encefalopatia vascolare sotto-corticale dominante, da interessamento dei piccoli vasi cerebrali, ma senza presenza di granu-lazioni osmiofile vasali alla microscopia elettronica, localizzata su un diverso gene. In lettera-tura vengono infine riportate segnalazioni di una probabile, simile forma di malattia recessiva(CARASIL).299

Recentemente è stata suggerita l’opportunità di limitare lo screening genetico alla individua-zione di mutazioni degli esoni 3, 4, 11, 19. In particolare, l’associazione di alterazioni dellaregione temporo-polare anteriore alla RM encefalo e di mutazioni a carico dell’esone 4 pre-senterebbe una sensibilità pari al 100%.

La presenza invece dell’allele e4 dell’Apo-E è frequente nella malattia di Alzheimer, ma sonoriportate serie cliniche con elevata frequenza di tale allele anche nella demenza vascolare, ren-dendo tale indagine non utile per la differenziazione vari forme di demenza.

15.4.7 Biopsia di cute

La biopsia cutanea ha una specificità del 100% nella definizione della presenza di granulazio-ni osmiofile, patognomoniche di CADASIL, a fronte di una sensibilità inferiore al 50%. Èstata descritta la possibilità di utilizzare tecniche immunoistochimiche con analisi semiquanti-tativa del gene NOTCH3 per lo studio della biopsia cutanea, ma sfortunatamente anche que-ste tecniche hanno dimostrato una sensibilità del 90% circa, con specificità del 100%.300

Recentemente è stata descritta la tecnica di biopsia cutanea con anticorpi monoclonali speci-fici per NOTCH 3, con una sensibilità del 96% ed una specificità del 100%. In considerazio-ne della scarsa invasività, si ritiene pertanto che la biopsia sia indicata, in presenza di sospet-to clinico di CADASIL, laddove il test genetico non sia effettuabile o nei casi in cui sia già statoeffettuato lo screening degli esoni più frequenti.301-303

15.4.8 Esami elettrofisiologici

Negli anni ‘90 alcuni autori hanno riportato un aumento della latenza dei potenziali evocativisivi (PEV) nella demenza multinfartuale, in particolare dell’onda P300 evento-correla-ta,304,305 senza però che venissero descritte differenze significative tra malattia di Alzheimer eforme vascolari.306 L’utilizzo dei potenziali evocati visivi non è pertanto da inserire tra le inda-gini diagnostiche della demenza vascolare. Alterazioni dei potenziali somatosensoriali (SEP)sono state riportate in soggetti con demenza vascolare. In particolare, è stato riportato unaumento della latenza interpicco tra N13 ed N20, con riduzione della ampiezza corticale.307,308

Un aumento del tempo di conduzione centrale ai SEP è stato altresì descritto anche nellamalattia di Binswanger.309 In mancanza di studi che abbiano valutato il reale valore predittivodelle indagini neurofisiologiche nella demenza vascolare, non è allo stato attuale indicata l’ef-fettuazione di tali indagini a scopo diagnostico.310 Disturbi visivi come transitori annebbia-menti, ma anche perdite acute monoculari del visus, sono frequentemente descritti nei pazien-ti con CADASIL e sono attribuibili ad un precoce coinvolgimento vascolare del nervo otticoe della retina, documentabili mediante l’elettroretinogramma. La presenza di depositi osmio-fili nelle arteriole della retina e del nervo ottico, ma non nei vasi coroidei è stata dimostrata dastudi bioptici, mentre in vivo è stata osservata una riduzione di flusso nelle stesse sedi conmetodica laser-Doppler.311-313

15.5 DIAGNOSI PER NEUROIMMAGINI

Le tecniche neuroradiologiche quali la TC e la RM possono oggi svolgere un ruolo fonda-mentale nella definizione della causa del decadimento cognitivo, mentre esse non devonoavere nessun ruolo nel processo diagnostico del disturbo cognitivo. La diagnosi di demenza odi deterioramento cognitivo moderato è e rimane essenzialmente clinica in quanto nessunaalterazione neuroradiologica può essere considerata patognomica di decadimento cognitivo. Èpertanto scorretto fare diagnosi cliniche sulla base dei soli aspetti neuroradiologici.

Raccomandazione 15.19Grado ALa biopsia di cute con indaginemorfologica ultrastrutturale èindicata nei pazienti sintomaticiper sospetto CADASIL (specificità100%, sensibilità inferiore al50%) laddove il test genetico nonsia effettuabile o nei casi in cuisia già stato effettuato lo scree-ning degli esoni più frequenti.

Sintesi 15-41Nella diagnosi di demenza vasco-lare le tecniche di neuroimmagi-ne possono risultare di particola-re aiuto in quanto consentono di:1. escludere alterazioni che

depongono per una eziologiadel deterioramento cognitivodiversa da quella vascolare(presenza di neoplasie, atrofiacorticale marcata, idrocefalo,ecc.);

2. documentare la presenza dilesioni di natura vascolare;

3. classificare le sottoforme didemenza vascolare in base altipo di alterazione rilevata;

4. fornire indicazioni per l’inclu-sione dei pazienti in studi cli-nici controllati.

Capitolo 15 — Complicanze psico-cognitive dell’ictus 459

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SPREAD – Stroke Prevention and Educational Awareness DiffusionIctus cerebrale: Linee guida italiane

Sintesi 15-42Non esistono dati che possano, inpresenza di lesioni come infartiterritoriali corticali, sottocorticalio di confine, infarti lacunari stra-tegici, alterazioni estese dellasostanza bianca, fare sicuramen-te attribuire il processo dementi-geno alla/e alterazione/i indivi-duata/e dalle comuni tecniche diindagine neuroradiologiche.Fenomeni di tipo neurodegenera-tivo potrebbero essere concomi-tanti e non individuabili dalle tec-niche di neuroimmagine.

Raccomandazione 15.20Grado ALa TC cranio diretta o la RMencefalo con sequenze standardT1, T2, FLAIR sono indicate nelladiagnosi di demenza vascolare.Di norma l’uso di mezzo di con-trasto non appare necessario pernessuna delle due tecniche.

Raccomandazione 15.21Grado CL’assenza di lesioni cerebrova-scolari alla TC o RM è evidenzasignificativa contro una possibilediagnosi di demenza vascolare.

15.5.1 Immagini neuroradiologichea supporto della diagnosi di demenza vascolare

Uno dei principali ruoli delle indagini neuroradiologiche nella diagnosi di demenza vascolareè quello di dimostrare la presenza di lesioni vascolari. Fra le lesioni individuabili dalle tecni-che di neuroimmagine definibili come vascolari si possono elencare:1. infarti territoriali corticali, cortico-sottocorticali o di confine;2. infarti lacunari situati nelle tipiche sedi (gangli della base, talamo, capsula interna, centro

semiovale);3. alterazioni estese della sostanza bianca.

Le lesioni di più sicura natura vascolare sono ovviamente quelle focali riconducibili ad infar-ti, siano essi di tipo territoriale, di confine o lacunare. Non esistono comunque ancora chiareindicazioni su quali siano le lesioni infartuali sicuramente associate al deterioramento cogniti-vo di origine vascolare. Il concetto della quantità di tessuto cerebrale interessato dalla lesioneinfartuale 314 appare ormai superato, almeno quale unico indicatore predittivo. La localizza-zione delle lesioni 315 sembra essere un altro importante elemento da considerare in questaottica, specialmente dopo l’aumento del numero dei casi descritti di demenza vascolare dacosiddetto infarto strategico in cui sembra che l’occorrenza di una singola lesione ischemicacerebrale sia in grado di determinare il deterioramento cognitivo.316

Attualmente si ritiene però improbabile una diagnosi di demenza vascolare in assenza di lesio-ni vascolari alle indagini neuroradiologiche, sebbene i criteri attualmente in uso a livello inter-nazionale non siano di aiuto per una migliore definizione in tal senso.

I criteri NINDS-AIREN, che sono fra i più utilizzati, sono parzialmente contradditori ariguardo. Infatti essi richiedono per una definizione di demenza vascolare, oltre alla presenzadi demenza clinicamente definita, anche quella di malattia cerebrovascolare dimostrabile dallastoria o dalle neuroimmagini (Tabella 15:VII).175

Successivamente però gli stessi criteri sottolineano che non esistono immagini TC o RM pato-gnomoniche di demenza vascolare. Questi criteri sono stati recente oggetto di operazionaliz-zazione con chiarificazione di alcuni aspetti che erano rimasti dubbi al momento della loro ste-sura.317

I criteri ICD-10 per la diagnosi di demenza vascolare non forniscono invece nessuna indica-zione in merito all’utilizzo delle neuroimmagini.199 Con particolare riferimento al sottotiposottocorticale di demenza vascolare essi però definiscono come necessaria ai fini diagnostici la“dimostrazione mediante l’esame clinico ed esami speciali («special investigations») di malat-tia vascolare localizzata nella sostanza bianca profonda degli emisferi cerebrali con conserva-zione della corteccia cerebrale”.

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Tabella 15:VII – Lesioni cerebrali neuro-radiologiche associate a demenza vascolare(Criteri NINDS-AIREN, Román et al., Neurology 1993)175

TOPOGRAFIA Almeno una delle seguentiinfarti cerebrali da malattia dei grossi vasi nei seguenti territori:

arteria cerebrale anteriore, bilateralearteria cerebrale posteriore che includa infarti paramediani talamici,lesioni del lobo temporale infero-medialearee associative: parieto-temporale, temporo-occipitale (che includa giro angolare)territori carotidei di confine: frontale superiore, regioni parietali

malattia dei piccoli vasi:lacune dei gangli della base e della sostanza bianca frontale lesioni estese della sostanza bianca periventricolarelesioni talamiche bilaterali

GRAVITÀ In aggiunta alle precedenti, lesioni radiologiche rilevanti associate con la demenza includono:lesioni da malattia dei grossi vasi nell’emisfero dominanteinfarti emisferici bilaterali da malattia dei grossi vasi leucoencefalopatia che coinvolga almeno 1/4 della sostanza bianca totale

I criteri del DSM-IV non menzionano espressamente l’utilizzo di tecniche di neuroimmaginese non nella richiesta di “evidenza di laboratorio indicativa di malattia cerebrovascolare chesia giudicata eziologicamente correlata al disturbo”.197

I criteri ADDCT,198 per la diagnosi di demenza vascolare ischemica probabile richiedono,oltre alla presenza di demenza, l’evidenza di 2 o più ictus ischemici (concetto clinico) docu-mentata dalla anamnesi, da segni neurologici e/o dallo studio neuroradiologico (TC, RM T1-pesata) e l’evidenza di almeno un infarto non interessante il cervelletto alla TC o alla RM T1-pesata. La diagnosi di probabilità è supportata, fra l’altro, dall’evidenza di infarti cerebralimultipli in regioni cerebrali note per dare disturbi cognitivi; inoltre, la presenza di alterazionidella sostanza bianca periventricolare e profonda dimostrate con RM T2-pesata che siano “ineccesso per l’età” è da considerarsi una caratteristica in attesa di ulteriori ricerche per quantoriguarda la sua associazione con la demenza vascolare ischemica. Secondo tali criteri, la pre-senza di estese alterazioni radiologiche della sostanza bianca se contemporanea a demenza,precoci disturbi urinari o della marcia e fattori di rischio vascolari depone per una diagnosi dipossibile demenza vascolare ischemica a tipo malattia di Binswanger.

È importante sottolineare che questi set di criteri sono stati tutti creati per consenso e che nes-suno di essi deriva da studi osservazionali longitudinali. Inoltre, nessuno di questi criteri èdefinitivamente validato.

Nella Consensus Conference di Osaka del 1999 315,318,319 interamente dedicata alla demenzavascolare vennero suggerite le seguenti indicazioni per quanto riguarda l’uso delle neuroim-magini in studi terapeutici:1. il correlato neuroradiologico della sostanza bianca è costituito non da una singola altera-

zione ma da una varia combinazione di caratteristiche di lesioni infartuali, tipo ed estensio-ne delle alterazioni della sostanza bianca, grado e sede di atrofia;

2. aspetti degli infarti che depongono per una diagnosi di demenza vascolare sono la bilatera-lità, la molteplicità, la localizzazione nell’emisfero dominante e la localizzazione nelle strut-ture fronto- e meso-limbiche;

3. aspetti delle alterazioni della sostanza bianca che depongono per la demenza vascolare sonol’estensione delle alterazioni periventricolari e la confluenza delle lesioni profonde;

4. è dubbio che una singola piccola lesione possa costituire evidenza neuroradiologica per ladiagnosi di demenza vascolare;

5. l’assenza di lesioni cerebrovascolari alla TC o RM è evidenza forte contro una possibile dia-gnosi di demenza vascolare.

È soprattutto quest’ultima indicazione che appare di grande importanza perchè rende insosti-tuibile il ruolo delle neuroimmagini nella diagnosi di demenza vascolare. Essa è attualmenteseguita negli studi terapeutici multicentrici internazionali.

Per quanto riguarda il ruolo delle neuroimmagini nella definizione dei vari sottotipi di demen-za vascolare, questo si è andato via via meglio delineando. Come già ricordato, i criteri recen-temente proposti per la diagnosi di demenza vascolare di tipo sottocorticale prevedono comeobbligatorio l’uso delle neuroimmagini in questo percorso diagnostico.191 Più in particolare lelesioni che devono essere alternativamente o simultaneamente presenti perché questa diagno-si sia raggiunta sono:1. lesioni lacunari multiple, e/o2. lesioni della sostanza bianca con coinvolgimento di almeno 1/4 dell’intera sostanza bian-

ca.191

Infine, la distribuzione delle lesioni della sostanza bianca alla RM è di solito tipica nel CADA-SIL, coinvolgendo in modo caratteristico i lobi temporali, anche nella fasi precoci di malattia.Nelle fasi avanzate di malattia sono presenti anche microemorragie in gradient T2 echo. Anchein considerazione della giovane età di esordio, si impone la diagnosi differenziale con i casi disclerosi multipla a liquor negativo, nel caso in cui la RM non mostri un chiaro interessamentodei nuclei della base. Da considerare che nel CADASIL sono frequenti sia le lesioni del corpocalloso, che nelle fasi avanzate, quelle tronco-encefaliche, ma non del midollo cervicale.320-322

Capitolo 15 — Complicanze psico-cognitive dell’ictus 461

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SPREAD – Stroke Prevention and Educational Awareness DiffusionIctus cerebrale: Linee guida italiane

Sintesi 15-43Gli interventi terapeutici nelcampo della demenza vascolarepossono essere distinti in:1. interventi di prevenzione pri-

maria su soggetti definiti arischio senza alterazionicognitive;

2. interventi di prevenzionesecondaria su soggetti conalterazioni cognitive ma nonancora definibili comedementi;

3. interventi terapeutici e di pre-venzione secondaria su sog-getti già definibili comedementi;

4. interventi di prevenzione ter-ziaria delle complicazioni insoggetti con demenza digrado avanzato, inclusi quellirivolti al controllo dei disturbicomportamentali associati.

15.5.2 Alterazioni della sostanza bianca cerebrale (leucoaraiosi) e demenzavascolare

Un importante capitolo interessa lo studio delle alterazioni della sostanza bianca (chiamateanche con il termine di leucoaraiosi)165 e il loro possibile ruolo in rapporto al decadimentocognitivo. È ormai riconosciuto che queste lesioni non possano essere immediatamente consi-derate come un correlato di demenza vascolare essendo descritte anche in altre patologie (p.es.nella malattia di Alzheimer) e in molti soggetti anziani, alcuni dei quali normali dal punto divista cognitivo.318,323 Di tali alterazioni la natura vascolare è comunque considerata la più pro-babile,324,325 tuttavia non può considerarsi certa. Gli studi più recenti sono comunque con-cordi nel trovare un’associazione fra le forme più gravi di leucoaraiosi e disturbi della sferacognitiva, particolarmente quelli legati a disfunzioni del lobo frontale, quali le alterazioni dellavelocità psico-motoria, la pianificazione, l’attenzione, la capacità di passare da un compitocognitivo ad un altro.323 I dati a supporto sono talmente numerosi,326,327 che ultimamente lelesioni estese della sostanza bianca (cioè quelle ne coinvolgono almeno 1/4 della stessa) o chepartendo dalla zona periventricolare arrivino ad interessare il centro semiovale e siano asso-ciate a lesioni lacunari, sono state prese come supportive di una diagnosi di demenza vascola-re, particolarmente di una forma sottocorticale, anche in studi terapeutici.328

15.5.3 Confronto TC-RM

Per quanto riguarda l’uso della TC rispetto a quello della RM si ritiene che quest’ultima tec-nica sia più sensibile ma anche meno specifica della TC nell’individuare lesioni di naturavascolare. Questo è particolarmente vero per quanto riguarda le alterazioni della sostanzabianca. Studi recenti su popolazione con oltre 65 anni di età hanno dimostrato che lesioniminime della sostanza bianca emisferica evidenziate dalla RM sono presenti in oltre il 90% deisoggetti e quindi non possano considerarsi come sicuramente patologiche.329,330 Diversa è laprevalenza e il possibile correlato clinico delle lesioni più estese.155 Rispetto alla RM, la TCcranio è meno sensibile e quindi evidenzia lesioni della sostanza bianca con frequenza minorerispetto alla RM. Ci sono però dati che indicano che tali lesioni abbiano una maggiore impor-tanza come correlato di alterazioni cognitive.331 La TC risulta inoltre meno costosa e di piùfacile accesso in molti centri.

15.6 TERAPIA

15.6.1 Linee preventive e terapeutiche da seguire nel campo della demenzavascolare

Almeno teoricamente, e secondo uno schema abbastanza classico, gli interventi terapeuticiipotizzabili nel campo della demenza vascolare potrebbero essere distinti in:1. interventi di prevenzione primaria su soggetti definiti a rischio senza alterazioni cognitive;2. interventi di prevenzione secondaria su soggetti con alterazioni cognitive iniziali ma non

ancora definibili come dementi;3. interventi terapeutici e di prevenzione secondaria in soggetti già definibili come dementi;4. interventi di prevenzione terziaria delle complicazioni in soggetti con demenza di grado

avanzato, inclusi interventi atti al controllo dei disturbi comportamentali associati.

Fra gli interventi di prevenzione primaria sembra poter avere un ruolo importante il control-lo dei fattori di rischio. Sebbene questo approccio sembri logico, i dati a suo sostegno nonsono molti anche perché il processo di individuazione di fattori di rischio per la demenzavascolare non può considerarsi completato; non è inoltre ipotizzabile il semplice trasferimen-to alla demenza vascolare dei fattori di rischio per l’ictus. Gli studi condotti nel corso deglianni e volti al controllo dei fattori di rischio vascolari non hanno quasi mai preso in conside-razione una misura cognitiva di esito, concentrandosi sugli eventi vascolari maggiori e sullamortalità.

Una eccezione a questa tendenza è rappresentata dallo studio Systolic Hypertension in Europe(Syst-Eur),157 che ha dimostrato come il trattamento con farmaci antipertensivi (varia associa-zione del calcio-antagonista nitrendipina con l’ACE-inibitore enalapril e il diuretico idroclo-rotiazide) di soggetti di età superiore 60 anni e con ipertensione arteriosa sistolica isolata ridu-ca l’incidenza di demenza. I dati dello studio indicherebbero che trattando 1·000 pazienti per5 anni si possono prevenire 19 casi di demenza. Possibili limitazioni metodologiche di questo

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stesura 15 marzo 2005

studio sono la definizione di demenza (basata su uno screening con MMSE), la mancata con-siderazione di forme di deterioramento cognitivo di gravità inferiori alla demenza, la scarsanumerosità, la mancanza di una precisa definizione eziologica del tipo di demenza.

Un altro studio (Systolic Hypertension in the Elderly Program-SHEP) condotto in una popola-zione simile ha valutato l’effetto di un diuretico tiazidico (clortalidone 12,5 mg/die) e quellodi un beta-bloccante (atenololo 25 mg/die) non dimostrando risultati soddisfacenti per quan-to riguarda la prevenzione del deterioramento cognitivo.332 Questo risultato potrebbe peròessere spiegato da problemi metodologici quali il numero dei casi persi al controllo.333

Attualmente non esiste sicura evidenza che una classe farmacologica di anti-ipertensivi sia piùefficace delle altre. Resta inoltre aperta la questione se vi siano valori sotto i quali non sia indi-cato ridurre la pressione arteriosa.158,334-336 Secondo alcuni dati, infatti, l’ipotensione facilite-rebbe la comparsa del decadimento cognitivo.

È comunque possibile che, se tutti gli studi attualmente in corso sulla prevenzione primariadelle malattie cardio- e cerebro-vascolari prendessero in considerazione come esito una misu-ra della funzione cognitiva, i risultati potrebbero raggiungere livelli di evidenza maggiori.

Gli interventi di prevenzione secondaria su soggetti con alterazioni cognitive iniziali ma nonancora definibili come dementi dovrebbero essere rivolti:1. al rallentamento della progressione (o all’arresto dell’insorgenza) di nuove lesioni cerebrali

responsabili del quadro di deterioramento cognitivo;2. al miglioramento delle funzioni cognitive compromesse.

Per quanto riguarda il punto 1. le possibili strategie potrebbero essere divise in:a) quelle rivolte al trattamento più adeguato di fenomeni cerebrali focali ischemici (cioè ricor-

renza di ictus) in fase acuta al fine di limitare il danno parenchimale residuo;b) la prevenzione della ricorrenza di ictus;c) intensificazione del controllo dei fattori di rischio.

Una sottoanalisi di uno studio randomizzato in doppio cieco di prevenzione primaria in sog-getti ad alto rischio vascolare (definito con un fattore che considerava la storia familiare, lapresenza di fattori di rischio e dati dell’esame clinico) ha evidenziato, ad una valutazione con-dotta dopo cinque anni, un possibile effetto benefico della terapia (ASA 75 mg/die o terapiaanticoagulante orale con warfarin ad INR=1,5 o la loro associazione, N=312; vs. placebo,N=93) su funzioni cognitive quali la fluenza verbale e la flessibilità mentale.337

Per quanto riguarda invece il miglioramento delle funzioni cognitive di soggetti non ancoradementi ma con iniziale deterioramento cognitivo di tipo vascolare (mild vascular cognitiveimpairment) non esistono dati a riguardo di nessun livello di evidenza.

Gli interventi terapeutici e di prevenzione secondaria in soggetti già definibili come dementi,come quelli indicati sopra, dovrebbero essere rivolti:1. al rallentamento (o all’arresto) della progressione di nuove lesioni cerebrali responsabili del

quadro di deterioramento cognitivo;2. al miglioramento delle funzioni cognitive compromesse tramite agenti farmacologici o

interventi chirurgici.

Per quanto riguarda il punto 1. vale quanto già segnalato precedentemente per gli interventidi prevenzione secondaria su soggetti con alterazioni cognitive iniziali ma non ancora defini-bili come dementi. Anche in fase di demenza conclamata ci potrebbe ancora essere spazio perapprocci volti al miglioramento del controllo dei fattori di rischio presenti quali l’ipertensio-ne arteriosa, il diabete, le iperlipemie, il fumo e l’iperomocisteinemia. Uno studio osservazio-nale non randomizzato e non controllato su 52 pazienti ha dimostrato che il controllo dei fat-tori di rischio vascolare (in primo luogo l’ipertensione arteriosa) può essere benefico dal puntodi vista cognitivo anche in pazienti affetti da demenza vascolare.338

Per quanto riguarda il miglioramento delle funzioni cognitive compromesse, si deve osserva-re che un gran numero di farmaci è stato testato nel corso degli anni in pazienti affetti da dete-rioramento cognitivo di probabile o possibile origine vascolare.190 I risultati di questi studi sisono dimostrati generalmente insoddisfacenti.

Fra le possibili cause di questi insuccessi si possono riconoscere:

Raccomandazione 15.22Grado CÈ indicato trattare l’ipertensionearteriosa in tutti i soggetti al finedi prevenire la comparsa di dete-rioramento cognitivo. Attualmentenon vi sono dati comparativi cheindichino che una classe farma-cologica antipertensiva sia piùattiva delle altre nel prevenire lademenza.

Capitolo 15 — Complicanze psico-cognitive dell’ictus 463

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SPREAD – Stroke Prevention and Educational Awareness DiffusionIctus cerebrale: Linee guida italiane

1. reale inefficacia del farmaco;2. eterogeneità della popolazione in studio che includeva pazienti con forme di demenza

vascolare diverse dal punto di vista clinico e fisiopatologico;3. inclusione di pazienti senza applicazione di precisi criteri diagnostici o inclusi in accordo a

criteri diagnostici obsoleti (specialmente negli studi più vecchi condotti prima dell’intro-duzione negli anni ’90 dei criteri per la demenza vascolare);

4. casistiche insufficienti per numerosità e potenza statistica;5. focalizzazione su esiti inadeguati o comunque non suscettibili di variazioni nel corso tem-

porale di uno studio terapeutico;6. durata inadeguata delo studiol terapeutico;7. inclusione di soggetti accuratamente selezionati e pertanto “più sani” rispetto a quelli della

pratica clinica comune (questo evento è particolarmente possibile negli studi sulla demen-za vascolare in quanto questi pazienti presentano un alto numero di comorbosità che risul-tano essere anche criteri di esclusione-differenza significativa con la malattia di Alzheimer).

Attualmente di nessun farmaco è stata documentata con sicurezza l’efficacia nella terapia dellademenza vascolare e nessun trattamento è attualmente approvato dalle agenzie regolatorie sta-tunitense (FDA) ed europea (EMEA). I parametri della American Academy of Neurology del2001,339 citano che non esiste nessuno studio adeguatamente controllato nella demenza vasco-lare ischemica che dimostri una efficacia farmacologia.

I farmaci sperimentati nel campo della demenza vascolare sono riconducibili ad un’ampiagamma di classi farmacologiche.

Farmaci antiaggreganti quali l’ASA (325 mg/die) sono stati proposti inizialmente sulla base distudi terapeutici si piccole dimensioni (37 pazienti ASA, 33 placebo) che mostravano unmiglioramento o una stabilizzazione del declino cognitivo.340 Al momento non sono peròdisponibili dati di studi terapeutici sufficientemente ampi e metodologicamente corretti voltialla valutazione dell’efficacia dei farmaci anti-aggreganti sulle funzioni cognitive di pazientiaffetti da demenza vascolare. Nessuno dei grandi studi di prevenzione secondaria delle malat-tie vascolari annovera lo studio delle funzioni cognitive fra le misure di esito. I pazienti condemenza vascolare sono però frequentemente trattati con tali farmaci nella pratica clinica permotivi di prevenzione secondaria dell’ictus cerebrale. Non esistono dati che chiariscano qualidi questi farmaci sia più indicato una volta che ci si trovi di fronte ad un quadro conclamatodi demenza vascolare. Una revisione sistematica del gruppo Cochrane concludeva che non esi-ste evidenza circa l’efficacia dell’ASA nel terapia della demenza vascolare per quanto riguar-da gli aspetti cognitivi ed altri esiti quali la qualità della vita e il comportamento.341 Anche perquanto riguarda l’uso della terapia anticoagulante orale non esistono evidenze scientifiche diun suo possibile impiego nella demenza vascolare. L’uso del warfarin è da considerarsi inoltresconsigliabile in quelle forme di demenza vascolare caratterizzate da lesioni estese dellasostanza bianca in quanto il rischio di sanguinamenti intra-cerebrali si è dimostrato partico-larmente alto in tali soggetti in trattamento anticoagulante. Questo fatto ha portato alla inter-ruzione prematura di studi di prevenzione secondaria dell’ictus aterotrombotico condotti conwarfarin.342,343

In conclusione, nella demenza vascolare l’uso di antiaggreganti piastrinici quale l’ASA è indi-cato per la profilassi secondaria di ictus ischemici aterotrombotici ma non per effetto imme-diato sulle funzioni cognitive. È tuttavia possibile che la prevenzione di ulteriori eventi ische-mici focali ottenuta con l’ASA possa impedire un aggravamento del quadro cognitivo. L’usodegli anticoagulanti orali nella demenza vascolare dovrebbe essere limitato nell’ambito dimisure di profilassi primaria e secondaria di eventi cerebrali ischemici in paziento con patolo-gie a dimostrato rischio cardio-embolico. L’uso di anticoagulanti orali in soggetti con lesioniestese della sostanza bianca (indice di micro-angiopatia) dovrebbe essere comunque attenta-mente valutato e comunque contenuto nei limiti inferiori (INR compreso fra 1,8 e 2,5).

Un recente studio condotto in 321 pazienti (288 validi per l’analisi intention-to-treat) condemenza vascolare di grado lieve-moderato (MMSE 12-20) ha dimostrato che la memantina,un antagonista non competitivo del recettore NMDA per il glutammato, è efficace al dosaggiodi 10 mg × 2/die nel ridurre il declino cognitivo misurato dalla scala ADAS-COG in confron-to al gruppo placebo.344 La differenza delle medie dei punteggi ADAS-COG fra i 2 gruppi eradi 2,0 con il gruppo trattato che si manteneva sostanzialmente stabile a 6 mesi. I pazienti trat-tati si mantenevano stabili dal punto di vista del global functioning misurato con la scala CIBIC-

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plus.344 Le differenze però in questo caso non appaiono particolarmente significative nel con-fronto con il gruppo placebo e pertanto, anche in considerazione della differenza di soli 2 puntisulla scala ADAS-COG, un giudizio sulla reale efficacia clinica del farmaco resta sospeso.

Un’altra classe di farmaci testati nella terapia della demenza vascolare è quella dei calcio-anta-gonisti. Fra questi la nimodipina è quello su cui sono disponibili più dati. Una recente revi-sione Cochrane ha concluso che la nimodipina può essere di qualche beneficio nel trattamen-to di pazienti affetti da demenza non specificata e in quelli affetti da demenza vascolare.345

L’analisi esaminava dati provenienti da 14 studi terapeutici che avevano usato dosi giornalierecomprese fra i 90 e i 180 mg. Per un totale di 2·492 pazienti erano disponibili sia dati sulle fun-zioni cognitive che sull’attività della vita quotidiana, lo stato clinico globale e la sicurezza e tol-lerabilità. In tale revisione, l’analisi degli studi condotti su pazienti affetti da demenza vasco-lare e trattati con dosi di 90 mg/die mostrava vantaggi del farmaco sul placebo per quantoriguarda le funzioni cognitive e l’impressione clinica globale mentre non venivano evidenziatedifferenze significative per le scale delle attività della vita quotidiana.345

Un importante recente approccio alla terapia della demenza vascolare è quello dell’uso degliinibitori della acetilcolinesterasi, farmaci finora proposti ed approvati per la terapia dellamalattia di Alzheimer di grado lieve-moderato. Il donepezil è stato impiegato in 2 studi inter-nazionali randomizzati a dosaggio di 5 o 10 mg/die che includevano in totale oltre 1·200pazienti con demenza vascolare possibile o probabile in accordo ai criteri NINDS-AIREN. Irisultati, che sono stati preliminarmente comunicati ma non ancora pubblicati, indicherebbe-ro che questo farmaco è efficace nel migliorare la funzione cognitiva e il giudizio clinico glo-bale oltre alle attività della vita quotidiana.346 Gli altri farmaci della categoria per cui sonodisponibili risultati in pazienti affetti da demenza vascolare sono la galantamina e la rivastig-mina. Per la rivastigmina, mentre sono in corso sperimentazioni randomizzate, sono disponi-bili solo dati preliminari da uno studio in aperto,347 nel quale si mostrava un qualche effettoterapeutico del farmaco in pazienti con forma sottocorticale di demenza vascolare. Della galan-tamina sono disponibili i risultati di uno studio condotto in una popolazione mista di pazientiaffetti da probabile demenza vascolare e malattia di Alzheimer con concomitanti lesioni vasco-lari.348 Il farmaco, somministrato per 6 mesi a dosaggi crescenti fino ad una dose giornalieramassima di 24 mg/die in 396 pazienti, si è dimostrato efficace nel determinare una variazionedi 2,6 punti sulla scala ADAS-COG rispetto al punteggio del gruppo placebo, composto da196 pazienti. Circa 3/4 dei pazienti arruolati hanno condotto a termine lo studio. Sia il grup-po trattato che quello placebo erano composti per metà da pazienti con malattia di Alzheimere per l’altra metà da pazienti con demenza vascolare probabile. Questo approccio che preve-de che soggetti con patologia diversa siano accomunati nello stesso studio lascia delle perples-sità e non permette una analisi precisa nel sottogruppo dei pazienti con demenza vascolare.Infatti, mentre nella popolazione totale si rilevava un effetto statisticamente significativo – seb-bene molto modesto – del farmaco sulle funzioni cognitive, ma anche sul global functioning,sulla disabilità e sui disturbi comportamentali, nel sottogruppo con demenza vascolare la signi-ficatività sia per le funzioni cognitive che per la valutazione clinica globale si perdeva.348

Per quanto riguarda la sicurezza, gli effetti collaterali più gravi erano di tipo gastro-intestina-le soprattutto nausea e vomito. Questi effetti collaterali, che sembrano essere comuni ad altrifarmaci del gruppo, potrebbero rappresentare un limite importante soprattutto per i farmaciche richiedono di arrivare a dosaggi elevati per avere effetto. Visto il costo molto elevato diquesti farmaci rimane da studiare il rapporto costo-beneficio nella terapia di una condizionecronica quale la demenza vascolare anche nel senso di un mantenimento degli effetti a lungotermine, visto che tutti gli studi hanno breve durata (6 mesi) e non hanno valutato gli effetti apiù lungo termine.

Altri classi farmacologiche che sono state indagate nella demenza vascolare sono i derivati del-l’ergot. Una revisione del 1994 di tutti gli studi condotti fino allora individuava 7 studi che ave-vano testato l’idergina in pazienti con quadro consistente con demenza vascolare per un totaledi 227 pazienti trattati e di 209 pazienti nei gruppi placebo.349 Sebbene nel complesso sem-brasse evidenziarsi un certo beneficio del farmaco nel gruppo trattato, i dati erano troppo ete-rogenei dal punto di vista metodologico per arrivare a conclusioni definitive. Più recentemen-te un altro composto di questa classe, la nicergolina, è stata testata in uno studio randomizzatoin doppio cieco in un gruppo di 136 pazienti diagnosticati come demenza multi-infartuale lieve-moderata secondo i criteri del DSM-III.350 I pazienti trattati con il farmaco al dosaggio giorna-

Sintesi 15-44I dati tratti dagli studi clinici sufarmaci suggeriscono che:1. la nimodipina migliora alcune

funzioni cognitive e l’impres-sione clinica globale.

2. gli inibitori dell’acetilcolineste-rasi (donepezil, galantamina,rivastigmina) hanno mostratoqualche efficacia nel tratta-mento di popolazioni eteroge-nee di pazienti con demenzavascolare, pura e associata amalattia di Alzheimer.

3. nessuno di questi farmacimodifica significativamente leprestazioni nelle attività dellavita quotidiana.

Capitolo 15 — Complicanze psico-cognitive dell’ictus 465

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Raccomandazione 15.23❊ GPP

L’endoarteriectomia carotidea o ilby-pass arterioso extra-intra-cra-nico non sono indicati per il trat-tamento dei disturbi cognitividella demenza vascolare.

liero di 30 mg × 2 mostravano punteggi migliori dopo 6 mesi sulla Sandoz Clinical AssessmentGeriatric Scale e al MMSE sia nell’analisi intention-to-treat che in quella dei validi per efficacia.

Un’altra categoria di farmaci la cui efficacia è stata recentemente testata nella demenza vasco-lare sono i derivati delle xantine quali la pentossifillina e la propentofillina. La pentossifillina(400 mg × 3/die) è stata comparata al placebo in un studio internazionale multicentrico delladurata di 9 mesi.351 Nei 239 pazienti che hanno concluso lo studio l’analisi statistica mostravauna differenza significativa di 3,5 punti sulla scala di Gottfries-Bråne-Steen (GBS) in favoredel trattamento attivo. Una analisi post-hoc sul sottogruppo dei pazienti con demenza vascola-re di tipo sottocorticale non è mai stata pubblicata in forma definitiva. La propentofillina èstata testata in una serie di studi controllati in popolazioni miste di pazienti con malattia diAlzheimer o demenza vascolare mostrando una certa efficacia su scale cognitive e di impres-sione globale di cambiamento.352

L’efficacia della posatirelina, un peptide sintetico analogo del TRH (thyrotropin releasing hor-mone) dotato di attività neuromodulatoria sul sistema monoaminergico e colinergico, è statavalutata in una popolazione di 136 soggetti con probabile demenza vascolare (criteri NINDS-AIREN) attraverso uno studio multicentrico, per gruppi paralleli, in doppio cieco verso pla-cebo.353 Il miglioramento significativo della GBS e del Randt Memory Test osservato alla finedelle 12 settimane di trattamento, era conservato anche al termine del mese successivo di fol-low-up. Il dato, ancorché incoraggiante, è tuttavia insufficiente in considerazione del breveperiodo di trattamento e di follow-up.

Come precedentemente ricordato, fra le possibili cause del fallimento delle terapie farmaco-logiche finora sperimentate nel campo della demenza vascolare vi è probabilmente anche l’in-clusione di soggetti con sottotipi ad eziopatogenesi diversa di demenza vascolare che ricono-scono meccanismi fisiopatologici eterogenei e quindi non sono suscettibili di eguale rispostaterapeutica. Tale ipotesi è stata recentemente dimostrata da un’analisi post-hoc condotta suidati di uno studio multicentrico internazionale, randomizzato e controllato verso place-bo.328,354 In tale analisi si è dimostrato che l’uso dello stesso farmaco (nimodipina 30 mg ×3/die) produceva effetti diversi a seconda che si guardasse all’intera popolazione in studio –che si presentava eterogenea dal punto di vista dei sottotipi di demenza vascolare (nessunrisultato efficace) – o al sottogruppo affetto da demenza vascolare sottocorticale definito sullabase delle neuroimmagini, nel quale i soggetti trattati con il farmaco avevano tutti risultatimigliori di quelli del gruppo placebo con risultati statisticamente significativi per le differen-ze in alcuni test incentrati sulle funzioni frontali, quali lo Zahlen-Verbindungs-Test (ZVT), ilFuld-Object-Memory Evaluation e la fluenza verbale, e sulle attività strumentali della vita quo-tidiana.328 Questi risultati hanno condotto alla sviluppo e conclusione del primo studio ran-domizzato controllato in doppio cieco in pazienti affetti da demenza vascolare sottocortica-le.355 I risultati di questo studio hanno dimostrato che i 121 pazienti trattati con nimodipinaavevano risultati migliori di quelli dei 109 pazienti trattati con placebo ad un test di produ-zione lessicale e mostravano meno frequentemente deterioramento di 3 o più punti al Mini-Mental State Examination e alla Global Deterioration Scale. Inoltre i pazienti trattati con pla-cebo mostravano anche un maggior tasso di eventi cardio- (30 vs. 13, RR=2,26; IC95 1,11-4,60)e cerebro-vascolari (28 vs. 10; RR=2,48; IC95 1,23-4,98) e di complicanze psico-cognitive cherichiedevano un trattamento specifico (22 vs. 5; RR=3,88; IC95 1,49-10,12) rispetto a quelli cheassumevano nimodipina 90 mg/die.

Per quanto riguarda interventi terapeutici di tipo chirurgico vascolare volti al miglioramentodelle funzioni cognitive in pazienti con demenza vascolare non esiste attualmente nessunaindicazione di efficacia. In passato si era pensato che, p.es., gli interventi di trombo-endoarte-riectomia (TEA) carotidea potessero presentare anche dei benefici per quanto riguarda le fun-zioni cognitive. In realtà questo non è mai stato dimostrato compiutamente. Infatti mentre daun lato esistono dati che indicherebbero un miglioramento delle performance cognitive dopoTEA carotidea, dall’altro esistono dati che dimostrano il contrario.356,357 Altresì non esistonodati a supporto di una indicazione all’uso del by-pass arterioso extra-intra-cranico per la tera-pia della demenza vascolare.

Gli interventi di prevenzione terziaria delle complicazioni in soggetti con demenza di gradoavanzato dovrebbero essere rivolti alla cura delle complicanze o di aspetti non immediata-mente inquadrabili come alterazioni della sfera cognitiva come i disturbi del tono dell’umoreo del comportamento.

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15.6.2 Aspetti bioetici nella terapia dei soggetti con demenza

La terapia – farmacologica e non farmacologica – dei soggetti con demenza pone problemibioetici articolati e spesso complessi.358 Gli elementi che caratterizzano questa discussionesono: il tipo e lo scopo della terapia; la fase di sviluppo della specifica terapia; il grado di ridu-zione dell’autonomia decisionale (incapacità) del soggetto.

Come indicato nel paragrafo precedente, sono ipotizzabili:a. terapie mirate a minimizzare i danni da eventi ischemici acuti suscettibili di evolversi in

deterioramento cognitivo, costituite sostanzialmente al momento attuale dalla terapia trom-bolitica in fase acuta, discussa nel Capitolo 10;

b. terapie dirette alla prevenzione di ulteriori eventi vascolari che possano aggravare lo statodi demenza, costituite sostanzialmente dalle terapie di prevenzione secondaria a lungo ter-mine discusse nel Capitolo 12;

c. terapie orientate specificamente al miglioramento delle funzioni cognitive compromesse.Queste sono tutte da considerarsi, allo stato attuale, sperimentali, in quanto nessuna hadato dimostrazioni di efficacia. Questo paragrafo si occupa degli aspetti bioetici connessiall’utilizzo di queste terapie.

Gli aspetti da prendere in considerazione nella valutazione bioetica dell’impiego di tali tera-pie in soggetti con segni di demenza vascolare consistono in:1. il grado di autonomia decisionale del soggetto, la presenza o meno di un decisore sostituti-

vo in grado di interpretare le preferenze del soggetto, e l’eventuale status legale di tale deci-sore;

2. la natura della terapia considerata;3. la fase di sviluppo clinico della specifica terapia considerata.

In primo luogo deve essere ribadito che l’utilizzo di terapie sperimentali si può configuraresolo nel contesto di una ricerca clinica formale, valutata e autorizzata dal Comitato di Eticacompetente, come richiesto dalla corrente normativa italiana.

L’aspetto probabilmente più critico consiste nella valutazione del grado di autonomia decisio-nale del soggetto, intesa come capacità di comprendere e valutare il rapporto rischio-benefi-cio della terapia sperimentale proposta, e quindi di prendere una decisione libera e persona-le, oltre che “informata”. Il Dipartimento di psichiatria di Rochester ha condotto diversi studisull’argomento, e ha dovuto concludere che non esistono criteri chiari per definire il grado dicompetenza del soggetto con demenza, conclusione condivisa anche da altri gruppi, anche ita-liani.359-363 Viene peraltro messo in evidenza, in accordo con quanto indicato dalla GCP,364 cheanche nei soggetti con ridotta competenza, deve essere richiesto l’assenso alla partecipazionea ricerche cliniche, in funzione delle capacità del singolo.359,365 Un contributo interessante edimportante nella definizione delle procedure da rispettare nel richiedere la partecipazione disoggetti con ridotte capacità cognitive ad una sperimentazione clinica è stato espresso dallaNational Bioethics Advisory Commission (NBAC) degli USA.366 Viste le ampie discussioni pre-sentate in tale relazione, e la mancanza di un consenso unanime sulle procedure da adottare,si preferisce rimandare al documento integrale anziché tentarne una sintesi.

La natura delle terapie considerate in questo ambito esclude comunque che si possa procede-re in assenza di consenso. Nessuna delle terapie finora proposte in questo campo presenta lecaratteristiche di urgenza indicate come requisito imprescindibile per prendere in esame talepossibilità (si veda anche l’Appendice II a questo volume). Neppure il prevedibile beneficiodiretto per il soggetto rende possibile tale procedura, in questo specifico contesto,366 procedu-ra che potrebbe configurare un vero e proprio “sfruttamento” dell’incapacità del soggetto.367

Rimangono quindi aperte le possibilità di assenso almeno parziale come indicato sopra (o, perconverso, esplicita negazione di partecipazione come sottolineato dalla NBAC), il consenso daparte di un decisore sostitutivo (già discusso nel Capitolo 10), o l’emissione di direttive anti-cipate da parte del soggetto prima che si manifesti l’incapacità (anche questo discusso nelCapitolo 10).

Tuttavia, nel contesto delle terapie sperimentali per la demenza, bisogna modulare quantodetto nel Capitolo 10 in relazione alla fase specifica di sviluppo clinico della terapia conside-rata (per una definizione non equivoca delle fasi della ricerca clinica, si veda la CircolareMinisteriale N° 8 del 10 luglio 1997: Sperimentazione clinica dei medicinali, pubblicata sullaGU n. 168 del 21 luglio 1997, o la sua fonte, CPMP/ICH/291/95 General considerations for

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clinical trials. 17 luglio 1997). Infatti, mentre le considerazioni espresse nel Capitolo 10 si rife-riscono a una terapia non più sperimentale e comunque di potenziale beneficio diretto per ilsoggetto, in questo caso la partecipazione del soggetto potrebbe riguardare sia studi conpotenziali benefici diretti (alcuni studi di fase II, fase III, eventualmente fase IV: studi tera-peutici), sia studi senza potenziale beneficio diretto (fase I e la maggior parte degli studi di faseII: studi non terapeutici). Non si può quindi prescindere né dalla difficoltà del decisore sosti-tutivo ad interpretare correttamente le preferenze del soggetto, né dal fatto che le direttiveanticipate difficilmente se non mai pongono limiti precisi al tipo di sperimentazione clinicaeventualmente accettata,368,369 inclusa la direttiva anticipata che trasferisce ad un parente ilruolo di decisore sostitutivo.370

D’altra parte, in questo contesto non è d’aiuto né la GCP né la NBAC, in quanto entramberichiedono esplicitamente il consenso personale del soggetto per la partecipazione a studi nonterapeutici, ma dall’altro permettono il consenso del rappresentante legalmente riconosciuto– con tutte le problematiche che ciò comporta in Italia – per la partecipazione si soggetti inca-paci a sperimentazioni non terapeutiche.

In questo contesto sembra ragionevole proporre i seguenti criteri – sempre soggetti a valuta-zione nel contesto del singolo protocollo da parte del Comitato di Etica competente – per lapartecipazione a studi clinici di soggetti con ridotta capacità cognitiva come, spesso, i sogget-ti con demenza.a. per la partecipazione a studi terapeutici:

1. che i rischi e disagi prevedibili dovuti alla partecipazione allo studio siano proporziona-li ai benefici presumibili per il soggetto;

2. che, nei limiti delle capacità individuali, ciascun soggetto riceva adeguata informazionee dia il consenso possibile e, comunque, non esprima una chiara obiezione alla parteci-pazione;

3. che si sia ottenuto il consenso da parte di un decisore sostitutivo o che siano disponibilidisposizioni anticipate che consentono la partecipazione a sperimentazioni cliniche.

b. per la partecipazione a studi non terapeutici:1. che la presenza del disturbo cognitivo sia imprescindibile per la corretta conduzione

dello studio (p.es., questo criterio non sussiste negli studi di fase I e negli studi di fase IIin cui non si esamina l’efficacia);

2. che lo studio implichi rischi e disagi obiettivamente minimi per il soggetto;3. che, nei limiti delle capacità individuali, ciascun soggetto riceva adeguata informazione

e dia il consenso possibile e, comunque, non esprima una chiara obiezione alla parteci-pazione;

4. che si sia ottenuto il consenso da parte di un decisore sostitutivo.

15.7 CONSIGLI PER I CAREGIVER

15.7.1 Azioni finanziarie e legali

15.7.1.1 Indennità di accompagnamento

L’indennità di accompagnamento consiste in un contributo forfettario per il rimborso dellespese riconosciuto dallo Stato (legge nr. 18; 11/2/80) a favore dei cittadini la cui situazione diinvalidità sia tale da richiedere un’assistenza continua (impossibilità nel deambulare o nellosvolgere atti della vita quotidiana senza assistenza). È dovuta per il solo titolo della minora-zione, indipendentemente dal reddito del beneficiario. L’importo viene aggiornato annual-mente con apposito decreto del Ministero dell’Interno (attualmente ammonta a circa€ 400,00). Il diritto alla corresponsione decorre dal primo giorno del mese successivo a quel-lo in cui è stata presentata la domanda. Se il beneficiario viene ricoverato in un istituto pub-blico a titolo gratuito perde il diritto a percepire l’indennità.

La domanda per l’accertamento dell’invalidità e per la concessione dei relativi benefici(accompagnamento) va presentata su apposito modello da richiedere e riconsegnare presso laASL di competenza territoriale. È necessario allegare alla domanda pre-stampata la certifica-zione medica comprovante la menomazione con diagnosi chiara e precisa. La domanda puòessere sottoscritta dall’invalido stesso o da un suo legale rappresentante o da altra persona cherappresenti il richiedente in forza della specifica procura (vedi § 15.7.1.3) ad agire per suo

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conto. La domanda può essere altresì sottoscritta, in presenza del richiedente, da due testi-moni (possibilmente non familiari) davanti ad un pubblico ufficiale (ad es. segretario comu-nale) che autentichi le sottoscrizioni.

La commissione medica fissa quindi la visita; l’interessato può farsi assistere da un medico difiducia. L’esito dell’accertamento viene comunicato direttamente dalla ASL con la trasmissio-ne del verbale della visita. Se viene riconosciuta un’invalidità che da diritto all’indennità diaccompagnamento il verbale delle visita viene trasmesso direttamente alla Prefettura compe-tente per istruire la procedura di pagamento. In caso contrario è ammesso il ricorso entro duemesi dalla notifica del verbale della visita alla commissione medica superiore presso ilMinistero del Tesoro. Il ricorso si intende respinto se non si riceve alcuna documentazioneentro sei mesi.

Una percentuale di invalidità riconosciuta pari almeno al 67% da diritto ai seguenti benefici:• protesi, ausili inerenti la propria minorazione;• esenzione totale dal ticket sanitario;• tessera di libera circolazione sui mezzi di trasporto pubblici;• preferenza nell’assegnazione di case popolari.

15.7.1.2 Accertamento della situazione di handicap (Legge 104/92)

Il modulo di domanda alla commissione medica può includere, oltre all’accertamento dell’in-validità civile ai fini dell’ottenimento dell’indennità di accompagnamento, anche richiesta diaccertamento della situazione di handicap.

Le agevolazioni a cui ha diritto il familiare di un paziente affetto da demenza sono:• diritto a fruire di tre giorni mensili di permesso retribuito a condizione che conviva nello

stesso nucleo familiare del malato e che sia l’unico convivente che possa prestare assistenzaalla persona handicappata. La domanda per fruire dei permessi va presentata all’ufficioINPS di competenza territoriale;

• agevolazioni fiscali per le spese mediche e di assistenza specifica necessarie nei casi di gravee permanente invalidità.

15.7.1.3 Incapacità

Un soggetto affetto da demenza, e quindi anche da demenza vascolare, perde progressiva-mente le capacità necessarie allo svolgimento delle ordinarie attività quotidiane e di conse-guenza anche le abilità necessarie alla gestione delle proprie finanze. Ad uno stadio avanzatodi malattia il paziente potrà quindi trovarsi nella condizione di essere “incapace di intenderee di volere”. Nel caso in cui, in presenza di tali condizioni, provochi dei danni a terzi a rispon-derne sarà colui che è tenuto, per vincolo giuridico o per libera scelta, a sorvegliarlo (p.es. ilcaregiver), a meno che egli non sia in grado di dimostrare di non aver potuto impedire, in alcunmodo e con tutte le dovute precauzioni, il fatto.

Si presenta pertanto la necessità di evitare che il malato compia atti pregiudizievoli per sé oper la propria famiglia. Le soluzioni possibili sono due. La prima, attuabile quando il malatoè ancora in grado di intendere e di volere consiste nel conferimento di una procura generaleper atto pubblico notarile. In questo caso il soggetto attribuisce ad una persona o ad altre per-sone il potere di rappresentarlo e sostituirlo nel compimento di qualsiasi atto, di ordinaria estraordinaria amministrazione. Una volta conferita, la procura rimane valida anche se il mala-to diventa incapace di intendere e di volere, salvo che tale stato non venga ufficialmente rico-nosciuto con una sentenza di interdizione. È importante sottolineare che, sebbene la procuraconsenta di esercitare i diritti del soggetto in sua vece, non impedisce però che egli possa con-tinuare ad agire in proprio con atti giuridicamente validi.

La seconda soluzione, sempre spiacevole e costosa, consiste nella richiesta di interdizione. Ifamiliari (dal coniuge fino ai cugini primi, suoceri, cognati, generi) o il pubblico ministero pos-sono chiedere al Tribunale di pronunciare “l’interdizione dell’incapace”. Pertanto qualsiasiatto giuridico compiuto dal malato è privo di effetto. Il giudice nominerà un “tutore” il qualein qualità di rappresentante legale del soggetto potrà adempiere a tutti gli atti necessari nel-l’interesse dell’incapace. È richiesta autorizzazione del Tribunale solo per gli atti di straordi-naria amministrazione (p.es. vendita di un immobile; art. 414-427 del Codice Civile).

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15.7.1.4 Revoca della patente di guida

La domanda di revoca della patente di guida va presentata all’Ufficio sospensioni e revochepatenti presso la sede della Motorizzazione civile del luogo di residenza del malato.

A seguito della richiesta verrà disposta una visita medica per accertare che effettivamente lecondizioni del malato non siano idonee alla conduzione di un’auto.

Al momento della presentazione della domanda, se si desidera accelerare l’iter amministrati-vo, è opportuno segnalare l’urgenza di provvedere alla revoca a tutela sia del malato sia dellacollettività.

15.7.1.5 Trattamento sanitario obbligatorio (TSO)

Il medico curante può disporre il trattamento sanitario obbligatorio (TSO) in presenza di:• alterazioni psichiche tali da richiedere interventi urgenti;• rifiuto del malato di venire ricoverato;• impossibilità di cure extra-ospedaliere.

Il medico, accertata l’esistenza delle suddette tre condizioni, redige una proposta di TSO e lainvia tempestivamente al sindaco, che a sua volta deve trasmettere immediatamente la richie-sta al giudice tutelare per la convalida. Il TSO non può proseguire oltre sette giorni, salvoespressa richiesta di prolungamento da parte del medico.

15.8 RIABILITAZIONE DEI DISTURBI COGNITIVI DOPO ICTUS

Come si è visto, i disturbi dello stato cognitivo ed affettivo dopo un ictus sono frequenti e sem-brano contribuire in modo rilevante alla disabilità, limitando inoltre le possibilità di recuperofunzionale. Nella pratica corrente, la rieducazione motoria è spesso associata ad interventi ria-bilitativi volti a migliorare la performance cognitiva dei pazienti con ictus, la così detta riabili-tazione cognitiva. Esistono alcune evidenze scientifiche a supporto della riabilitazione cogni-tiva, che è anche frequentemente impiegata in pazienti con demenza, sia di tipo degenerativoche vascolare. Meno frequente, e largamente empirico, è il suo impiego come coadiuvante neltrattamento dei disturbi depressivi.

La riabilitazione cognitiva è definita come un insieme sistematico, orientato in senso funzio-nale, di attività terapeutiche, basato sulla valutazione e comprensione dei deficit cerebrali ecomportamentali del paziente.371 Diversi sono gli approcci con cui questa pratica riabilitativasi realizza, quali:1. rinforzo-recupero di schemi comportamentali precedentemente acquisiti;2. creazione di nuovi schemi comportamentali attraverso meccanismi cognitivi che compen-

sano il deficit neurologico;3. creazione di nuovi pattern di attività mediante meccanismi compensatori esterni (adatta-

menti ambientali, supporto sociale o altre forme di “protesizzazione ecologica”);4. adattamento al deficit, lì dove non sia possibile intervenire per modificarlo o compensarlo,

al fine di migliorare comunque il livello funzionale.

In un paziente reduce da un ictus, la riabilitazione cognitiva mira, di pari passo con la riedu-cazione neuromotoria, alla correzione di specifici deficit in molte aree delle funzioni corticalisuperiori, tra cui (ma la lista potrebbe essere più lunga) l’attenzione, la concentrazione, la per-cezione, la memoria, la comunicazione ed il problem solving. Fanno inoltre parte integrante diquesta pratica riabilitativa interventi nella sfera psico-emozionale di un paziente, sempre quan-do questa sia alterata in conseguenza dell’ictus. Essa trova anche impiego in pazienti affetti dadeficit cognitivi secondari a demenza. Centrale ad ogni sua applicazione è comunque l’atten-zione a migliorare lo stato funzionale, mirando all’obiettivo ultimo della massima autonomiapossibile nelle attività della vita quotidiana.

Con poche eccezioni, quello della riabilitazione cognitiva è un settore in cui la pratica tera-peutica non ha un forte supporto di evidenze scientifiche. Gli studi randomizzati sono scarsi,hanno raccolto casistiche esigue e conseguito risultati spesso contrastanti. In parte, questediscordanze si devono all’eterogeneità degli interventi condotti, ma soprattutto non è statosufficientemente indagato se queste pratiche migliorano esiti clinicamente rilevanti, quali l’au-tonomia funzionale o l’istituzionalizzazione. È pertanto auspicabile la crescita della ricercascientifica in questo settore, al fine di ottenere risultati più solidi su cui fondare la riabilitazio-ne cognitiva, in termini sia di efficacia che di più efficiente impiego delle risorse.

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15.9 BIBLIOGRAFIA

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Capitolo 15 — Complicanze psico-cognitive dell’ictus 479

stesura 15 marzo 2005

SPREAD – Stroke Prevention and Educational Awareness DiffusionIctus cerebrale: Linee guida italiane

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stesura 15 marzo 2005


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