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17 febbraio · 2017 Verso il sinodo dei GioVani Francesco ai Giovani… · 2019-08-01 · Francesco...

Date post: 14-Aug-2020
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17 febbraio · 2017 OMMARIO Anno VII - n. 6 SOMMARIO Sinodo dei Giovani pagg. 1-2 Visita Pastorale pagg 3-6 Verso la Quaresima pagg. 7-8 Giornata diocesana dei giornalisti pag. 9 Giornata Mondiale del Malato pag. 10 Chiesa, Lavoro ed Economia pagg. 11-12 Ricerche e studi pag. 13 Libri pag. 14 Ecclesia in Gargano pagg. 15-24 Michelangelo Mansueto U scire ” per lanciar- si “ verso un futuro non conosciuto ma portatore di sicure realizzazioni”, senza aver paura di ascoltare lo Spirito” che “sugge- risce scelte audaci”, né indugiare quando la coscienza chiede di ri- schiare per seguire il Maestro”. È l’incoraggiamento che Papa France- sco rivolge a tutti i giovani del mon- do in una Lettera diffusa a metà gen- naio, in occasione della presentazio- ne del documento preparatorio del Sinodo dei Vescovi. Un documento che, scrive il Papa, è una “bussola” lungo il cammino che porterà all’assise in programma per ottobre 2018, sul tema I giovani, la fede e il discernimento vocaziona- le’. “Ho voluto che foste voi al cen- tro dell’attenzione perché vi porto nel cuore”, spiega il Pontefice che ri- volge a ragazzi e ragazze le parole di Dio ad Abramo: « Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla ca- sa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò». Parole “indirizzate anche a voi”, sottolinea Francesco, perché “pa- role di un Padre che vi invita a ‘uscire’ per lanciarvi verso un fu- turo non conosciuto ma portato- re di sicure realizzazioni, incon- tro al quale Egli stesso vi accom- pagna”. Bisogna “ascoltare la voce di Dio che risuona nei vostri cuo- ri attraverso il soffio dello Spiri- to Santo”. In sostanza è lo stesso invito che Dio rivolge ad Abramo quando gli dis- se « Vattene». “Che cosa voleva dir- gli? Non certamente di fuggire dai suoi o dal mondo. Il suo fu un for- te invito, una vocazione, affinché lasciasse tutto e andasse verso una terra nuova. Qual è per noi oggi que- sta terra nuova, se non una società più giusta e fraterna che voi deside- rate profondamente e che volete co- struire fino alle periferie del mon- do?”, si domanda il Papa. Ma pur- troppo, oggi, il « Vattene» assume un significato diverso: è “quello della prevaricazione, dell’ingiustizia e della guerra. Molti giovani so- no sottoposti al ricatto della vio- lenza e costretti a fuggire dal lo- ro paese natale. Il loro grido sale a Dio, come quello di Israele schia- vo dell’oppressione del Faraone”. Anche a voi – dice ancora ai gio- vani – Gesù rivolge il suo sguardo e vi invita ad andare presso di lui. Carissimi giovani, avete incontrato questo sguardo? Avete udito questa voce? Avete sentito quest’impulso a mettervi in cammino? Sono sicuro che, sebbene il frastuono e lo stordi- mento sembrino regnare nel mondo, questa chiamata continua a risuona- re nel vostro animo per aprirlo alla gioia piena”. Tutto ciò, assicura pa- pa Francesco, “sarà possibile nella misura in cui, anche attraverso l’ac- compagnamento di guide esperte, saprete intraprendere un itinerario di discernimento per scoprire il pro- getto di Dio sulla vostra vita. Pu- re quando il vostro cammino se- gnato dalla precarietà e dalla cadu- ta, Dio ricco di misericordia tende la sua mano per rialzarvi”. Non manca nella Lettera un riferi- mento alla ultima Giornata Mondiale della Gioventù di Cracovia e al quesi- to cruciale posto durante quei giorni d’estate: «Le cose si possono cam- biare?». «S» , è stata la fragorosa ri- sposta dei giovani di tutto il mondo. Quel grido nasce dal vo- stro cuore giovane che non sopporta l’ingiu- stizia e non può pie- garsi alla cultura del- lo scarto, né cedere alla globalizzazione dell’indif- ferenza”, dice ancora il Papa. Ascoltate quel grido che sale dal vostro intimo!”, esorta, “an- che quando avvertite, come il pro- feta Geremia, l’inesperienza del- la vostra giovane età, Dio vi inco- raggia ad andare dove Egli vi invia”. Infatti, “un mondo migliore si co- struisce anche grazie a voi, al- la vostra voglia di cambiamento e alla vostra generosità”, conclu- de il Santo Padre. E ribadisce l’in- vito a non aver paura “ di ascoltare lo Spirito che vi suggerisce scel- te audaci, non indugiate quando la coscienza vi chiede di rischia- re per seguire il Maestro”. “Pu- re la Chiesa – aggiunge – deside- ra mettersi in ascolto della vostra voce, della vostra sensibilità, del- la vostra fede; perfino dei vostri dub- bi e delle vostre critiche. Fate senti- re il vostro grido, lasciatelo risuona- re nelle Comunità e fatelo giungere ai Pastori” . A conclusione della Lettera, il Papa ricorda il grande s. Benedetto che raccomandava agli abati di con- sultare anche i giovani prima di ogni scelta importante”, perché spesso proprio al più giovane che il Signore rivela la soluzione mi- gliore” e si affida e nel contempo af- fida i giovani a Maria, “una giovane a cui Dio ha rivolto il Suo sguardo amorevole”. Vi è una “grande continuità” nell’approccio di Papa France- sco verso famiglia e giovani, co- sì come tra i due Sinodi convoca- ti in quattro anni di pontificato. E il “filo rosso” il tema dell’e- ducazione. VERSO IL SINODO DEI GIOVANI Francesco ai Giovani: “Fate sentire il vostro grido per un mondo migliore!” Lettera del Papa ai giovani del mondo, in occasione della presentazione del Documento preparatorio del Sinodo di ottobre 2018
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Anno VII - n. 6

SOMMARIO

Sinodo dei Giovani pagg. 1-2Visita Pastorale pagg 3-6Verso la Quaresima pagg. 7-8Giornata diocesana dei giornalisti pag. 9Giornata Mondiale del Malato pag. 10 Chiesa, Lavoro ed Economia pagg. 11-12Ricerche e studi pag. 13Libri pag. 14Ecclesia in Gargano pagg. 15-24

Michelangelo Mansueto

“Uscire” per lanciar-si “verso un futuro non conosciuto ma portatore di sicure

realizzazioni”, senza aver paura di “ascoltare lo Spirito” che “sugge-risce scelte audaci”, né indugiare “quando la coscienza chiede di ri-schiare per seguire il Maestro”. È l’incoraggiamento che Papa France-sco rivolge a tutti i giovani del mon-do in una Lettera diffusa a metà gen-naio, in occasione della presentazio-ne del documento preparatorio del Sinodo dei Vescovi.Un documento che, scrive il Papa, è una “bussola” lungo il cammino che porterà all’assise in programma per ottobre 2018, sul tema ‘I giovani, la fede e il discernimento vocaziona-le’. “Ho voluto che foste voi al cen-tro dell’attenzione perché vi porto nel cuore”, spiega il Pontefice che ri-volge a ragazzi e ragazze le parole di Dio ad Abramo: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla ca-sa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò».Parole “indirizzate anche a voi”, sottolinea Francesco, perché “pa-role di un Padre che vi invita a ‘uscire’ per lanciarvi verso un fu-turo non conosciuto ma portato-re di sicure realizzazioni, incon-tro al quale Egli stesso vi accom-pagna”. Bisogna “ascoltare la voce di Dio che risuona nei vostri cuo-ri attraverso il soffio dello Spiri-to Santo”.In sostanza è lo stesso invito che Dio

rivolge ad Abramo quando gli dis-se «Vattene». “Che cosa voleva dir-gli? Non certamente di fuggire dai suoi o dal mondo. Il suo fu un for-te invito, una vocazione, affinché lasciasse tutto e andasse verso una terra nuova. Qual è per noi oggi que-sta terra nuova, se non una società più giusta e fraterna che voi deside-rate profondamente e che volete co-struire fino alle periferie del mon-do?”, si domanda il Papa. Ma pur-troppo, oggi, il «Vattene» assume un significato diverso: è “quello della prevaricazione, dell’ingiustizia e della guerra. Molti giovani so-no sottoposti al ricatto della vio-lenza e costretti a fuggire dal lo-ro paese natale. Il loro grido sale a Dio, come quello di Israele schia-vo dell’oppressione del Faraone”.“Anche a voi – dice ancora ai gio-vani – Gesù rivolge il suo sguardo e vi invita ad andare presso di lui. Carissimi giovani, avete incontrato questo sguardo? Avete udito questa voce? Avete sentito quest’impulso a mettervi in cammino? Sono sicuro che, sebbene il frastuono e lo stordi-mento sembrino regnare nel mondo, questa chiamata continua a risuona-re nel vostro animo per aprirlo alla gioia piena”. Tutto ciò, assicura pa-pa Francesco, “sarà possibile nella misura in cui, anche attraverso l’ac-compagnamento di guide esperte, saprete intraprendere un itinerario di discernimento per scoprire il pro-getto di Dio sulla vostra vita. Pu-re quando il vostro cammino e se-

gnato dalla precarietà e dalla cadu-ta, Dio ricco di misericordia tende la sua mano per rialzarvi”.Non manca nella Lettera un riferi-mento alla ultima Giornata Mondiale della Gioventù di Cracovia e al quesi-to cruciale posto durante quei giorni d’estate: «Le cose si possono cam-biare?». «Si» , è stata la fragorosa ri-sposta dei giovani di tutto il mondo. “Quel grido nasce dal vo-stro cuore giovane che non sopporta l’ingiu-stizia e non può pie-garsi alla cultura del-lo scarto, né cedere alla globalizzazione dell’indif-ferenza”, dice ancora il Papa. “Ascoltate quel grido che sale dal vostro intimo!”, esorta, “an-che quando avvertite, come il pro-feta Geremia, l’inesperienza del-la vostra giovane età, Dio vi inco-raggia ad andare dove Egli vi invia”.Infatti, “un mondo migliore si co-struisce anche grazie a voi, al-la vostra voglia di cambiamento e alla vostra generosità”, conclu-de il Santo Padre. E ribadisce l’in-vito a non aver paura “di ascoltare lo Spirito che vi suggerisce scel-te audaci, non indugiate quando la coscienza vi chiede di rischia-re per seguire il Maestro”. “Pu-re la Chiesa – aggiunge – deside-ra mettersi in ascolto della vostra voce, della vostra sensibilità, del-la vostra fede; perfino dei vostri dub-bi e delle vostre critiche. Fate senti-re il vostro grido, lasciatelo risuona-re nelle Comunità e fatelo giungere ai Pastori”.

A conclusione della Lettera, il Papa ricorda il grande s. Benedetto che “raccomandava agli abati di con-sultare anche i giovani prima di ogni scelta importante”, perché “spesso e proprio al più giovane che il Signore rivela la soluzione mi-gliore” e si affida e nel contempo af-fida i giovani a Maria, “una giovane a cui Dio ha rivolto il Suo sguardo amorevole”.

Vi è una “grande continuità” nell’approccio di Papa France-sco verso famiglia e giovani, co-sì come tra i due Sinodi convoca-ti in quattro anni di pontificato. E il “filo rosso” e il tema dell’e-ducazione.

Verso il s inodo dei GioVaniFrancesco ai Giovani: “Fate sentire

il vostro grido per un mondo migliore!”lettera del Papa ai giovani del mondo, in occasione della presentazione

del documento preparatorio del sinodo di ottobre 2018

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Periodico dell’Arcidiocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni RotondoAnno VII - n. 6 del 17 febbraio 2017Iscritto presso il Tribunale di Foggia al n. 13/2010del Registro Periodici - Cronologico 1868/10del Registro Pubblico della StampaDirettore responsabileAlberto CAvAllini

RedazioneUfficio per le Comunicazioni Sociali dell’ArcidiocesiVia s. Giovanni Bosco n. 41/b - Tel 0884.581899 71043 Manfredoniae-mail: [email protected]@gmail.comLe foto pubblicate appartengono all’archivio fotografico dell’Ucs dell’Arcidiocesi.

Hanno collaborato a questo numero: don Matteo Tavano, don Luigi Carbone, p. Rosario Messina, don Michele Abatantuono, Michelangelo Mansueto,

Giovanni Chifari, Antonio Facciorusso, Tiziano Samele, Matteo Di Sabato, Alberto Campoleoni, Francesco Rinaldi, Giuseppe Laganella, Nicola Parisi, Michele Illiceto, Sergio Petrarca, Antonia Palumbo, Pasquina Tomaiuolo, Maria Grazia Di Lella, Silvana Spagnuolo.

Il periodico VOCI e VOLTI è iscritto alla

Stampa:Grafiche Grilli - Via Manfredonia Km 2,200 - 71121 Foggia

Il giornale diocesano VOCI e VOLTI distribuito cartaceamente pres-so le parrocchie, può essere letto anche in formato elettronico o scaricato dall’home page del sito della nostra Arcidiocesi: www.diocesimanfredoniaviestesangiovannirotondo.it Questo numero è stato chiuso in redazione il 13 febbraio 2017

V O C I E V O L T I

[Sinodo dei Giovani]

I contributi e le riflessioni a pubblicarsi nel prossimo numero di VOCI e VOLTI che uscirà venerdì 17 marzo 2017, per motivi tecnici, devono giungere per e-mail in Redazione entro e non oltre lunedì 6 marzo 2017.

“Incontrare, accompa-gnare, prendersi cura di ogni giovane, nessu-no escluso”: sono le basi

del documento preparatorio del Sino-do dei Giovani, in programma per ot-tobre 2018, sul tema: “I giovani, la fede e il discernimento vocaziona-le”. E in una Lettera ai giovani Pa-pa Francesco assicura: “Un mondo migliore si costruisce anche grazie a voi” e la Chiesa, a partire dai suoi pa-stori, “è chiamata a mettersi in di-scussione” per superare schemi, “ri-gidità” e linguaggi “anacronistici”. Due le bussole che pongono il nuo-vo Sinodo in continuità magisteria-le: l’Evangelii Gaudium e l’Amoris Laetitia. Il documento preparatorio termina con un questionario desti-nato alle Conferenze Episcopali di tutto il mondo che dovranno rispon-dere entro la fine di ottobre; oltre al-le 15 domande comuni, per la prima volta vengono introdotte tre doman-de specifiche per ogni Continente. È prevista, inoltre, “una consultazione di tutti i giovani attraverso un sito In-ternet, con un questionario sulle loro aspettative e la loro vita”. Dal 1° mar-zo, poi, come ha annunciato il car-dinale Lorenzo Baldisseri, segre-

Giovani, Fede, discernimento vocazionale: in ascolto di tutti, “nessuno escluso”

e senza “rigidità” e “anacronismi”Pasquina Tomaiuolo

tario generale del Sinodo dei Vesco-vi, sul sito sinodogiovani2018.va i giovani di tutto il mondo – anche non credenti – potranno rispondere a domande a loro dedicate. Le rispo-ste ai due questionari costituiranno la base per la redazione dell’Instru-mentum laboris.Ci sono molte “differenze” tra i giovani dei cinque Continenti, la prima delle quali è quella tra gene-re maschile e femminile, ma ciò che accomuna i giovani tra i 16 e i 29 an-ni, si legge nel documento prepara-torio del Sinodo, è il fatto di vivere “in un contesto di fluidità e incertez-za mai sperimentato in precedenza”. “A fronte di “pochi privilegiati”, mol-ti vivono “in situazione di vulnerabi-lità e di insicurezza, il che ha impat-to sui loro itinerari di vita e sulle lo-ro scelte”.Tra le sfide da raccogliere, quel-la della “multiculturalità”. In mol-te parti del mondo, i giovani speri-mentano condizioni di “particolare durezza”. Nonostante questi scenari spesso a tinte fosche, “non pochi” gio-vani “desiderano essere parte attiva dei processi di cambiamento del pre-sente”. Sul versante opposto il feno-meno dei “Neet”, cioè tanti giovani

non impegnati in un’attività di stu-dio né di lavoro né di formazione pro-fessionale.Una Chiesa “più vicina alla gente, più attenta ai problemi sociali”, co-sì vorrebbero i giovani, in un conte-sto in cui “l’appartenenza confessio-nale e la pratica religiosa diventano sempre più tratti di una minoranza e i giovani non si pongono ‘contro’, ma stanno imparando a vivere ‘senza’ il Dio presentato dal Vangelo e ‘senza’ la Chiesa, salvo affidarsi a forme di religiosità e spiritualità alternative e poco istituzionalizzate o rifugiarsi in sette o esperienze religiose a forte ma-trice identitaria”.Quella dei giovani e una realtà sempre più “iper-connessa”, con “opportunità” e “rischi” da soppesa-re: per questo è “di grande importan-za mettere a fuoco come l’esperienza di relazioni tecnologicamente media-te strutturi la concezione del mondo, della realtà e dei rapporti interperso-nali e con questo è chiamata a misu-rarsi l’azione pastorale, che ha biso-gno di sviluppare una cultura ade-guata”.“Oggi scelgo questo, domani si ve-drà”, e il principio dominante che rende sempre più difficili le scelte dei giovani, che si traducono in “op-zioni sempre reversibili” più che in “scelte definitive”. In questo conte-sto, “i vecchi approcci non funziona-no più e l’esperienza trasmessa dalle generazioni precedenti diventa rapi-damente obsoleta”.“Riconoscere, interpretare, sce-gliere”, sono i tre verbi, presi dall’E-vangelii gaudium, in cui è riassun-ta l’essenza del “discernimento voca-zionale”. “Il percorso della vita impo-ne di decidere, perché non si può ri-manere all’infinito nell’indetermina-tezza”. Di qui l’importanza dell’ac-compagnamento personale, che non è “teoria del discernimento” ma ca-pacità di “favorire la relazione tra la persona e il Signore, collaborando a rimuovere ciò che la ostacola”.

È in sostanza“la differenza tra l’accompagnamento al discerni-mento e il sostegno psicologico”.“Uscire, vedere, chiamare”, sono i tre verbi dell’Evangelii Gaudium al centro della terza e ultima parte del documento, in cui si risponde alla domanda centrale del testo:“Che cosa significa per la Chiesa accompagnare i giovani ad acco-gliere la chiamata alla gioia del Vangelo, soprattutto in un tempo segnato dall’incertezza, dalla pre-carietà, dall’insicurezza?”.La ricetta suggerita è “l’inclusione re-ciproca tra pastorale giovanile e pa-storale vocazionale, pur nella consa-pevolezza delle differenze”.“Uscire” è abbandonare gli “sche-mi” che incasellano le persone, ve-dere è “passare del tempo” con i giovani per “ascoltare le loro sto-rie”, chiamare è “ridestare il desi-derio, smuovere le persone da ciò che le tiene bloccate, porre doman-de a cui non ci sono risposte pre-confezionate”.Pastorale vocazionale, inoltre, “signi-fica accogliere l’invito di Papa Fran-cesco a uscire, anzitutto da quelle ri-gidità che rendono meno credibi-le l’annuncio della gioia del Van-gelo, dagli schemi in cui le persone si sentono incasellate e da un modo di essere Chiesa che a volte risulta ana-cronistico”.“Tutta la comunità cristiana deve sentirsi responsabile del compito di educare le nuove generazioni”, e quanto si legge nella parte finale del testo, in cui si auspica il “coin-volgimento dei giovani negli organi-smi di partecipazione delle comuni-tà diocesane e parrocchiali, a parti-re dai consigli pastorali”. No, quin-di, “all’improvvisazione e all’incom-petenza”: servono “adulti degni di fe-de, credenti autorevoli, con una chia-ra identità umana, una solida appar-tenenza ecclesiale”. Di qui l’insosti-tuibilità del ruolo educativo svolto dalla famiglia.

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VisTa PasTorale

Nella Scrittura i termini che ruotano attorno al concetto di visita sono episkeptomai, episko-

peo, episkope ed episcopo. Le as-sonanze linguistiche e fonetiche ri-chiamano chiaramente il termine utilizzato per indicare la persona del Vescovo e il suo servizio. “Visita” e “Vescovo” sono come un tutt’uno che si comprende solamente in una prospettiva biblico teologica. La “vi-sita” secondo la Scrittura può avere due connotazioni distinte ma sem-pre convergenti, quella religiosa e quella giudiziale. La visita pastorale si ispira infatti al-la visita di Dio, da quella compiuta attraverso i patriarchi e i profeti fino alla visita per eccellenza culminata nell’Incarnazione di Gesù. Il Vange-lo di Giovanni svela una duplice pos-sibilità ad essa sottesa: accoglienza o rifiuto. Il Verbo non viene accolto (Gv 1,11) ma dove può invece abita-re e stare in mezzo, allora lì esso ren-de presente la gloria di Dio (Gv 1,14).Ci può essere un modo umano di guardare alla visita pastorale se-condo una prassi carnale e attenta all’effimero, votata ad un apparire efficientista e autoreferenziale, ma sterile e vano, poiché solo in una pro-spettiva teologica è possibile legge-re quella mediazione che attraverso la persona del Vescovo ci rimanda al Dio che in Cristo visita per incon-trare, per entrare in dialogo e in ulti-ma analisi anche per chiedere conto. Per motivare la chiamata e l’invio di Mosè, il Signore afferma: “Ho visto la miseria del mio popolo in Egitto, e ho udito il suo grido. […] Sono sceso per liberarlo dalla mano dell’Egitto e per farlo uscire da questo paese” (Es 3,7–8). Questa connotazione religio-sa della visita di Dio si ritroverà an-che in altri passi della Scrittura (cf. Lc 1, 68.78; 7,16; At 7,23; 15,14).La visita divina è allora da interpre-tare come una presenza che chiama a libertà e crea identità, quella di un popolo che sa di poter entrare in alle-anza con Dio. Inoltre un chiaro effet-to della visita di Dio è la comunione fraterna. Nel colloquio di Gesù con Nicodemo si rivela che Dio non ha in-viato il suo Figlio nel mondo per giu-dicare il mondo, ma per salvarlo (cf. Gv 3,17). Ancora, dopo la sua risur-rezione, Gesù apparendo agli undi-ci, rivela la pienezza del disegno sal-vifico del Padre: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, cosi io man-do voi” (Gv 20,21). Questa visita si

estenderà anche ai pagani e ai lonta-ni (cfr. Mt 15,22-28; At 15,14).La Scrittura ci consegna anche il si-gnificato giudiziale del “visionare/ispezionare” (Nm 13,34; Sal 26,4; Zac 11,16; 2 Mac 11,36; At 6,3) che po-tremmo comprendere meglio guar-dando agli Apostoli. Gli undici più Taddeo, sono soliti infatti visitare le comunità da loro fondate, scrivono lettere e rivolgono parole che ani-mano la speranza dei credenti. Non si tratta solo di contatti epistolari o a distanza. Gli Apostoli soggiorna-no presso le Chiese fondate: “Mentre Pietro andava a far visita a tutti, si re-cò anche dai fedeli che dimoravano a Lidda” (At 9,32). Significativamen-te la prassi di Pietro sarà poi confe-rita al diacono episcopo. Questi in-contri, queste visite, servivano dun-que a rinnovare e alimentare la pre-senza di Cristo che si esprime nella Chiesa mediante la Parola e i sacra-menti di cui il Vescovo è interprete in comunione con i sacerdoti, i dia-coni e il popolo santo di Dio.Allora in sintesi è possibile afferma-re, secondo le Scritture che nel Ve-scovo che visita e il Signore che si fa presente nelle nostre comuni-tà. Tuttavia affinché tale visita pos-sa produrre frutti è necessario aprir-si alla conversione. Ci può essere, in-fatti, come anticipato sopra, un’acco-glienza perfetta nel protocollo e nel-la prassi esteriore, ricca e premuro-sa, come quella di Marta (Lc 10,38-42), tuttavia dimentica dell’ascolto dell’altro. L’accoglienza e l’ospitali-tà senza un vero e reale ascolto so-no vane perché mancherebbe la rela-zione. È inoltre ingannevole il farsi prendere da un’agitazione che, ripeteva anche Padre Pio, non giova a nulla, se divie-ne addirittura ardire con il quale la stessa Mar-ta ordina a Gesù di rim-proverare Maria. Chi si agita in tal modo, chi mette dinanzi all’altro i suoi parametri di ef-ficienza e di normalità in realtà non sta facen-do altro che esprimere un giudizio. Per chi inoltre è chia-mato a visitare, in Cri-sto e per mandato del-la Chiesa, costituisco-no un programma im-prescindibile le paro-le che l’Apostolo can-didamente confessa ai

Corinzi: “Anch’io fratelli quando ven-ni tra voi […] mi presentai a voi nel-la debolezza e con molto timo-re e trepidazione” (1Cor 2,1-3). Parole che generano co-munione e che in un’e-poca liquida e senza padri, presentano un profilo di pa-dre testimone, che recepi-sce in sé la

rivoluzione della tenerezza, perché ne ha fatto esperienza. Un padre che può farsi ascoltare perché a sua vol-ta si è fatto discepolo, ad immagine

di Gesù.

[Visita Pastorale]

il siGnore si Fa PresenTe nel VesCoVo CHe VisiTa le nosTre CoMUniTÀ

Giovanni Chifari

ProssiMe TaPPe della s. VisiTa dell’arCiVesCoVo

5^ PARROCCHIA A VISITARE: S. CARLO BORROMEO in Manfredonia, dal 6 al 12 marzo

6^ PARROCCHIA A VISITARE: S. SALVATORE, frazione ‘Montagna’ di Manfredonia, dal 13 al 19 marzo

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“piccola lampedusa” del Tavoliere per migranti e rifugiati

[Visita Pastorale]

alberto Cavallini*

In occasione della recente Gior-nata del Migrante, mons. Gueri-no Di Tora, presidente di Migran-tes e della Commissione episcopa-

le Cei per le migrazioni, ha detto che “basterebbe che ciascun comune ospi-tasse due immigrati e mezzo ogni mille abitanti, per cambiare completamente il contesto migranti”.In Italia, secondo i dati del Rappor-to sulla protezione internaziona-le, a dicembre 2016, erano presen-ti circa 176.554 persone nelle diver-se strutture attive sul territorio. A Borgo Mezzanone, solo nella strut-tura CARA, ci sono circa 1500 per-sone di diversa provenienza, più al-

meno altre 1000 migranti che o sono usciti dal CARA o che qui sono giun-ti per lavoro e che vivono in un cam-po-baraccopoli. Si tratta di immigra-ti prevalentemente di passaggio, ma anche resisi stabili. I residenti sono circa 500 cittadini italiani. È lapa-lissiano, allora, che statisticamente Mezzanone supera abbondantemen-te quel sopra indicato limite positi-vo di accoglienza di due immigrati e mezzo per mille abitanti e la stes-sa percentuale regionale. E se il cosiddetto populismo, oggi, fa di tutto per diffondere anche tra noi la cultura della non accoglien-za, qui a Borgo l’accoglienza è una prassi normale, quotidiana, frater-na, tanto da far della piccola borga-ta ubicata nel cuore del Tavoliere e dei suoi abitanti una peculiarità ge-nerosa.Ed in prima linea nell’accoglienza e nella solidarietà è la comunità par-rocchiale s. Maria del grano e s. Mat-teo, che ha posto l’attenzione proprio su questi aspetti specifici dell’espe-rienza cristiana realizzando nel-la nostra storia e nella contingenza immigrazione che vive il Borgo, au-tentici atti di solidarietà rivolti a pri-

vilegiare gli immigrati, così costret-ti dalla ben nota questione epocale. Qui, a Mezzanone, si può constata-re, non come ahimè in altri posti do-ve lo sforzo di uscire da se stessi e di mettere in discussione le proprie certezze è poco accettabile, che i cri-stiani non si sono adattati a una vi-ta di fede all’insegna del benessere e del proprio mero interesse. No! La parrocchia è un ‘timone’ che fa bene la sua parte, ed è notevole, nell’ac-coglienza: è una parrocchia di fron-tiera, quasi oserei dire di missione, che pratica quotidianamente e atti-vamente la relazionalità umana per-ché il messaggio cristiano è relazio-ne e l’attenzione al prossimo è fon-

damentale. E lo stare con i migran-ti non è una missione riservata ad alcuni, ma qui tutti collaborano nell’accoglienza e nella integrazio-ne, perché il rimanere sordi dinan-zi agli immigrati, ci pone fuori dalla volontà del Padre e dal suo progetto.La comunità parrocchiale, dunque, si impegna nel trovare e concretiz-zare tante modalità di integrazione. È chiaro che se i migranti vengono ammassati a migliaia dentro un unico centro, in condizioni spesso precarie, possono sorgere proble-mi come accaduto talvolta. Quando si hanno soltanto tre momenti attivi al giorno – colazione, pranzo, cena – e il resto del tempo trascorre sen-za nulla da fare, la disperazione può prendere il sopravvento.Tante le iniziative intraprese dalla parrocchia guidata da don Stefano Mazzone e da padre Abel Tissou, e tra esse ne voglio citare due, volte a favorire l’integrazione immedia-ta degli immigrati e una loro pri-ma accoglienza: una scuola di alfa-betizzazione organizzata dalla cari-tas parrocchiale alla quale attual-mente sono iscritti ben 28 migranti di varia provenienza e la Casa Spe-ranza per una prima immediata ac-coglienza di immigrati giunti a Bor-go. Una scuola, una solidarietà co-stante, un’accoglienza fraterna so-no i primi passi per favorire l’inte-grazione di tutti quelli che arriva-no da altri Paesi, creando condizioni favorevoli di accoglienza e combat-tendo il loro sfruttamento. Sono due segni collocati nell’indifferenza del-la società contemporanea nei quali si può scorgere l’essenza dell’essere cristiani e che stimolano qualche in-versione di marcia.A Borgo Mezzanone, “piccola Lam-pedusa” del Tavoliere, dove vive una comunità che incarna la fe-de al servizio degli ultimi, ho ca-pito che noi facciamo troppo poco per cambiare la realtà che ci cir-conda.

*convisitatore della Visita Pastorale

l’accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati in italiaA B C D

A+B+C

Territorio

Immigrati presenti nelle

strutture temporanee

Immigrati presenti negli

hot spot

Immigrati presenti nei centri di prima

accoglienza

Posti SPRAR occupati (al 31 dicembre

2016)

Totale immigrati

presenti sul territorio Regione

Percentuale di distribuzione dei migranti presenti

per Regione

% Immigrati ogni 1000

abitanti

Molise 2.935 517 3.452 2% 11,0Basilicata 2.126 454 2.580 1% 4,5Friuli-Venezia Giulia 3.334 1.160 355 4.849 3% 3,9Calabria 3.660 1.217 2.537 7.414 4% 3,7Liguria 5.250 506 5.756 3% 3,6Umbria 2.855 408 3.263 2% 3,6Sardegna 5.461 201 5.662 3% 3,4Toscana 11.598 858 12.456 7% 3,3Piemonte 13.077 1.270 14.347 8% 3,2Marche 3.944 739 4.683 3% 3,0

Puglia 6.270 236 3.268 di cui 1500 a Mezzanone 2.362 12.136 7% 2,9

Provincia Autonoma diTrento e Bolzano

2.958 148 3.106 2% 2,9

Veneto 10.619 3.070 535 14.224 8% 2,9Sicilia 4.593 584 4.525 4.374 14.076 8% 2,8Abruzzo 3.500 259 3.759 2% 2,8Emilia-Romagna 10.428 623 1.208 12.259 7% 2,7Lazio 9.824 831 4.231 14.886 8% 2,5Campania 12.987 1.325 14.312 8% 2,4Lombardia 21.511 1.535 23.046 13% 2,3Valle d’Aosta 288 0 288 0,2% 2,2

TOTALI 137.218 820 14.694 23.822 176.554 100%

(Elaborazione Fondazione Migrantes su dati del Ministero dell’Interno al 31/12/2016)

Borgo Mezzanone,

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s. Maria del Grano e s. Matteo[Visita Pastorale]

alberto Cavallini

Nei Vangeli la figura di Maria, la Madre di Ge-sù, emerge con specifi-ca personalità e con trat-

ti su cui la tradizione ecclesiale ha ri-flettuto nel corso dei secoli con tan-ti titoli dati alla Vergine Madre, rias-sunti in quello assolutamente prin-cipale di Madre di Dio. Ed è dal Van-gelo che il culto mariano è partito per un motivo squisitamente cristo-logico: la realtà della carne umana di Gesù, la realtà della sua Incarna-

zione. Riflettendo su queste verità si è sviluppata la teologia e devozio-ne mariana. Il Concilio Vaticano II (cap. VIII della Lumen Gentium) ri-chiamandosi alla più antica tradizio-ne, parla di Maria all’interno della riflessione sulla Chiesa e nel miste-ro di Cristo redentore. La parrocchia di Borgo Mezzanone, ubicata nel cuore del vasto Tavolie-re, un tempo autentico granaio del Mezzogiorno, venera come speciale patrona s. Maria del grano proprio perché quando è sorta la chiesa del Borgo, il Tavoliere era il primo in Ita-lia nella produzione di grano duro. La storia del grano è antica quanto l’esigenza di sfamare le masse dei contadini e il Tavoliere ha sempre avuto un legame stretto con questa coltura. Di qui la dedicazione della chiesa di Mezzanone a s. Maria del grano, raffigurata in una bianca sta-tua della Vergine Madre che sorreg-ge tra le braccia il Figlio ed un bene-augurante fastello di spighe di gra-no: Maria presenta così al credente

il Figlio Gesù, pane vivo disceso dal cielo, chicco di grano che sepolto ri-sorge a vita nuova, ma anche gra-no che dà il pane di vita nuova, nu-trimento dato all’uomo, dono splen-dido di grazia.Al titolo parrocchiale originario di s. Maria del grano si è aggiunto, nel corso del tempo, anche quello di s. Matteo, di cui oggi la chiesa parroc-chiale custodisce un’artistica sta-tua proveniente dalla chiesa diruta di Fonterosa, altra contrada del Ta-voliere rientrante nel territorio par-rocchiale di Mezzanone, già dedica-ta appunto all’apostolo ed evangeli-sta Matteo. L’immagine ricalca l’ico-nografia del santo diffusa nel nostro territorio con i simboli di angelo, li-bro del vangelo, penna celeste e bar-ba. Nel libro aperto è riportata, a dif-ferenza delle altre statue del terri-torio che riportano il versetto della chiamata di Matteo “vidit Iesus ho-minem in telamonio et ait illi se-quere me et surgens secutus est eum …” – “vide Gesù un uomo seduto al banco delle imposte e lo chiamò. Ed egli alzatosi, lo seguì” (Mt 9,9), in questa di Borgo Mezzanone è invece riportata la scritta del verset-to del profeta Osea, ripresa da Matteo nel suo Vangelo “mise-ricordiam volui et non sacrifi-cium, oblationem plusquam holocastum” – “voglio mise-ricordia e non sacrificio, la lode più che gli olo-causti” (Os 6,6 e Mt 9,13). E’ assai evidente

che le due belle immagini sacre so-no state un forte mezzo di evangeliz-zazione di tanti contadini, in passa-to spesso analfabeti, del nostro Ta-voliere.

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7 [Visita Pastorale]

Un nutrito calendario di in-contri è stato predisposto dal parroco padre Barto-lomeo D’Arienzo, m. i., e

dalla comunità, per i giorni della Vi-sita Pastorale dell’Arcivescovo Mi-chele Castoro a Macchia. Ufficial-mente salutato, al suo arrivo, dal Commissario prefettizio del Comu-

Un posto speciale è stato oc-cupato nella pietà popola-re dai Santi che, quali fra-telli maggiori nella fede,

sono stati considerati esempi, patro-ni e intercessori, e imitati per la loro obbedienza a Dio e per il loro amore verso il prossimo. Per questo, l’an-tica tradizione statuaria garganica ha cercato di soddisfare le esigen-ze devozionali dei fedeli attraverso l’opera laboriosa e feconda dei noti “samm’calèr”, valenti artigiani “mon-tanari”, che per secoli hanno realiz-zato in pietra garganica gentile o in alabastro, tantissime statue prege-voli di s. Michele, destinate alle abi-tazioni dei pellegrini devoti dell’Ar-cangelo e dei residenti ‘montanari’. Ma questi laboratori artigianali, po-sti per secoli nei locali adiacenti l’in-gresso della basilica garganica, han-no anche realizzato in pietra locale, il bianco tufo garganico, e su com-missione di fedeli garganici, prege-voli statue dei santi più venerati nel territorio, soddisfacendo così le ri-chieste avanzate da questa commit-tenza devozionale.Se tanti sono gli esempi di statue pro-dotte dai nostri antichi samm’calèr,

Una VisiTa, Una FesTaalberto Cavallini*

ne di Monte Sant’Angelo, dr. Seba-stiano Giangrande, il quale ha sin-teticamente rappresentato i proble-mi della Frazione e le attuali diffi-coltà amministrative del Comune ca-poluogo, l’Arcivescovo è stato quindi accolto dalla Comunità parrocchia-le e con essa ha vissuto giorni inten-si di carità e fraternità.Grande è stata la partecipazione dei fedeli che si sono stretti intorno all’Arcivescovo durante i giorni del-la Visita. La sera di domenica 22, la celebrazione conclusiva della s. Visi-ta con l’amministrazione del sacra-mento della cresima a due giovani di Macchia, è stata tanto partecipa-ta che molti fedeli non hanno potu-to trovare posto in chiesa, ma hanno seguito ugualmente la celebrazione

dal piazzale antistante la chiesa par-rocchiale. A tutti i fedeli di Macchia mons. Castoro ha raccomandato di cooperare sempre più per far cresce-re nella fede tutti i battezzati della comunità ed ha incoraggiato a perse-verare nella partecipazione alla cele-brazione domenicale, nell’impegno formativo, nella testimonianza del-la propria vita. “Benedico, ha conclu-so l’Arcivescovo, tutti voi per la par-tecipazione a questa liturgia e vi rac-comando di partecipare con costanza alla vita della parrocchia, ascoltando la Parola di verità che è Gesù Cristo”.È seguito nel Salone della Casa dei padri Camilliani un incontro con-viviale: è stato un altro grande mo-mento di festa e di gioia da parte dei parrocchiani che si sono stretti con

affetto filiale intorno al Vescovo e parlato a lungo con lui.

*convisitatore della Visita Pastorale

in Macchia libera è custodita una pregevole “raccolta” di statuaria garganica

alberto Cavallini

custodite in abitazioni private, ma anche in chiese del territorio, nella chiesa parrocchiale Madonna della Libera di Macchia, si può ammira-re una raccolta ‘clou’ di questa an-tica tradizione artigianale di Monte S. Angelo. Infatti, nelle nicchie po-ste intorno all’altare, nell’area pre-sbiterale, sono allocate alcune belle statue in pietra, realizzate nell’800, che costituiscono un esempio prege-vole di questa notevole arte statuaria locale, oggi in via di estinzione. In-nanzitutto, la statua della Madonna della Libera, riproducente in pietra quella venerata nell’omonima chie-sa montanara, poi, s. Michele arcan-gelo, s. Matteo apostolo, s. Giusep-pe, riproducente la statua venerata in Monte S. Angelo, ed infine s. An-tonio di Padova, con l’abito nero dei Frati minori conventuali, in tutto si-mile alla statua venerata in s. Fran-cesco sempre a Monte S. Angelo. In particolare la statua di s. Matteo apo-stolo, molto venerato sul Gargano, è stata donata nel 1873 da tale Miche-le Matteo Trotta, soprannominato “d’ pìcchije” come recita l ’iscrizio-ne incisa sulla cornice della nicchia che l’ospita, e la sua fattura è tipi-ca espressione della pietà popolare: il santo evangelista, raffigurata con barba, porta in una mano “la penna celeste” secondo l’antica e popolare giaculatoria montanara – sand Mattè apost’l è vang’list cà pùrt ‘mmèn la pènna cèlèst, dìccìll à Gès Crìst cà l’i-razzjie cà l’èj chièst m’ li cung’dèss prèst. Ammèn” – e nell’altra mano il Vangelo; ai suoi piedi v’è un Angelo, simbolo dell’Evangelista che inizia

proprio il suo Vangelo con la grande genealogia del Signore.Recita il n. 9 del DIRETTORIO SU PIETÀ POPOLARE E LITURGIA che “la locuzione “pietà popolare” desi-gna le diverse manifestazioni cultua-li di carattere privato o comunitario che, nell’ambito della fede cristiana, si esprimono prevalentemente non con i moduli della sacra Liturgia, ma nelle forme peculiari derivanti dal ge-nio di un popolo o di una etnia e del-la sua cultura... ritenuta giustamen-te un «vero tesoro del popolo di Dio», «manifesta una sete di Dio che solo i semplici e i poveri possono conoscere; rende capaci di generosità e di sacrifi-cio fino all’eroismo, quando si tratta di manifestare la fede … genera atteg-giamenti interiori raramente osserva-ti altrove al medesimo grado: pazien-za, senso della croce nella vita quoti-diana, distacco, apertura agli altri, devozione».Insomma, tutto questo ci testimonia-no le belle e silenziose statue di pie-tra custodite in Madonna della Libe-ra a Macchia ed un tempo anche nel-

la chiesetta dell’Incoronata alla con-trada “Sansone” sacrilegamente ruba-te qualche anno addietro.

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7[Verso la Quaresima]

QUaresiMa, TeMPo ForTe Per innaMorarCi

Da poco è terminato l’An-no Giubilare straordina-rio della Misericordia, in-detto da Papa Francesco.

Un anno nel quale si è potuto me-glio riflettere sul grandissimo te-ma della Misericordia di Dio, il cui amore ha sempre incontrato, e con-tinua a farlo, ogni uomo. Commoven-ti e di enorme verità e riflessione le due parole espresse da Sant’Agosti-no per raccontare l’incontro tra Ge-sù e l’adultera (cfr Gv 8,1-11): miseri-cordia et misera. Questa pagina del Vangelo sembra essere stata illumi-nante per l’Anno Santo appena con-clusosi. La misericordia di cui si par-

padre rosario Messina*

Tiziano samele

la però non può essere una parente-si nella vita della Chiesa e di ogni fe-dele o un’azione cristiana legata ad un momento temporale definito e de-limitato, ma costituisce la sua stes-sa esistenza e chiede di essere anco-ra celebrata e vissuta. L’adultera in-contrata da Gesù era secondo la “leg-ge” giudicata passibile di lapidazio-ne, ma l’amore di Dio ha superato la legge degli uomini, perché sa legge-re nel profondo del cuore, nei desi-deri più reconditi. Gesù, dunque, ha guardato negli occhi quella donna e ha letto nel suo cuore, trovandovi il desiderio di essere capita, perdona-ta e liberata. La miseria del pecca-to allora è stata rivestita della mi-sericordia dell’amore. Quell’adulte-ra oggi rappresenta ogni uomo vitti-ma della sua natura fragile e pecca-minosa e che seppur schiavo dei suoi continui fallimenti e miserie deside-ra la comprensione, la misericordia e il perdono di Dio. Di fronte alla sup-plica ad essere guariti dalle proprie fragilità Dio non può rimanere sor-do, non può rinnegare se stesso, de-ve necessariamente intervenire e di-ce: “Neanche io ti condanno; va’ e d’o-ra in poi non peccare più” (Gv 8,11). In questo modo Dio aiuta gli uomini a guardare al futuro con speranza e ad essere pronti a rimettere in moto

Stiamo per inaugurare un tempo stupendo per “con-vertirci,” per fissare cioè gli occhi la mente e il cuore

su GESU’ CROCIFISSO. Noi cristia-ni siamo troppo abituati a guardare il Crocifisso e per questo forse non ci dice più nulla di significativo per la nostra vita. Torniamo nuovamente a innamorar-ci di Lui! Dedichiamo tempo a guar-dare, contemplare, adorare, loda-re, ringraziare e invocare con tutto il cuore Gesù in croce e lentamente recitiamo, più con il cuore che con le labbra, tutti i giorni della Quaresi-ma, la bellissima preghiera di mons. Bruno Forte: “Gesù Crocifisso! Sem-pre Ti porto con me, a tutto Ti prefe-risco. Quando cado, Tu mi risollevi. Quando piango, Tu mi consoli. Quan-do soffro, Tu mi guarisci. Quando Ti chiamo, Tu mi rispondi. Tu sei la lu-ce che mi illumina, il sole che mi scal-da, l’alimento che mi nutre, la fonte che mi disseta, la dolcezza che m’ine-bria, il balsamo che mi ristora, la bel-

lezza che m’incanta. Gesù Crocifisso! Sii Tu mia difesa in vita, mio confor-to e fiducia nella mia agonia. E ripo-sa sul mio cuore quando sarà la mia ultima ora. Amen!” Da povero compagno di viaggio, suggerisco di dare ogni giorno tem-po e spazio per gustare e approfon-dire questo dialogo con Gesù; ma an-che per ascoltare cosa suggerirà Lui al nostro cuore di innamorati. Sa-rà una bella esperienza che potre-mo suggerire anche ad altri fratelli ed amici, perché il colloquio con Ge-sù torni ad essere vivo, creativo, en-tusiasmante, capace di “convertire - cambiare” il nostro cuore di pietra in un cuore di carne.Un dialogo vivo e personale con Ge-sù ci aprirà gli occhi, la mente e il cuore per riconoscerLo vivo e pre-sente non tanto nell’immagine del-la Croce, ma nel Sacramento dell’Eu-caristia e nel Sacramento dei mala-ti, che ci porteranno a sperimentare una fede ardente e una carità opero-sa. Ascoltiamo a questo proposito s.

Giovanni Crisostomo che diventa ap-passionato, provocante, quasi rivolu-zionario, quando commenta il cap. 25 di Matteo: “Vuoi onorare il corpo di Cristo? Non permettere che sia og-getto di disprezzo nelle sue membra cioè nei poveri, privi di panni per co-prirsi. Non onorarlo qui in Chiesa con stoffe di seta, mentre fuori lo trascu-ri per il freddo e la nudità. Il corpo di Cristo che sta sull’altare non ha biso-gno di mantelli, ma di anime pure, mentre quello che sta fuori ha biso-gno di molta cura. Che vantaggio può avere Cristo se la mensa del sacrificio è piena di vasi d’oro, mentre poi muo-re di fame nella persona del povero e del malato? Prima sazia l’affamato, consola l’afflitto e solo in seguito or-na l’altare con quello che rimane. Gli offrirai un calice d’oro e non gli offri-rai un bicchiere d’acqua?” (Hom. in Matt. Evang. 50) È a questa tremenda e sconvolgen-te verità che dobbiamo tutti conver-tirci e la Quaresima è proprio il tem-po propizio e favorevole. E’ pertanto

urgente che la carità venga testimo-niata ogni giorno da tutti i creden-ti quotidianamente, come suggerito dal Documento Conciliare Aposto-licam Actuositatem “Ovunque vi è chi manca di cibo, di bevanda, di ve-stito, di casa, di medicine, di lavoro, di istruzione; ovunque vi è chi afflit-to da tribolazioni e da malferma sa-lute: la carità cristiana deve cercarli e trovarli, consolarli con premurosa cura e sollevarli porgendo loro aiuto” (AA 8).

*camilliano

Anche quest’anno si svol-geranno gli appuntamenti di riflessione e approfon-dimento sulla Parola del

Signore nei pomeriggi delle dome-niche che precedono la Pasqua del Signore, a cominciare da domenica 5 marzo, 1^ di Quaresima, fino a do-menica 2 aprile, 5ª di Quaresima.Aiutati dai monaci, approfondire-mo domenica 5 marzo la figura e il pensiero di s. Agostino, dottore del-la Chiesa, e nelle quattro domeniche successive riapriremo lo scrigno del-la divina Parola e ci metteremo in cammino verso il cuore di Dio, ap-profondendo quattro salmi, dal sal-mo 38 (37) al salmo 41 (40).Gli appuntamenti si terranno nel sa-lone della biblioteca del monastero ed avranno tutti inizio alle ore 16 e si concluderanno con la preghie-ra del Vespro. Il 1° marzo, mercole-dì delle Ceneri, a partire dalle ore 10,00, si terrà in Abbazia il Ritiro di Quaresima aperto a tutti; esso du-rerà l’intera giornata e si conclude-rà alle ore 18,00 con la celebrazio-ne della Divina Liturgia eucaristica.Nell’attendervi numerosi vi racco-

mandiamo di essere puntuali e di parteci-pare agli incontri, mu-niti della Bibbia.

I monaci di s. Maria di Pulsano

guardare al futuro con speranza e rimettere in moto la propria vita

la propria vita. Azione concreta e vi-sibile, nel tempo di Quaresima, del chiedere a Dio perdono per i propri peccati è la confessione sacramenta-le. Questa seconda conversione, do-po quella del Battesimo, è un impe-gno continuo per tutta la Chiesa che “comprende nel suo seno i peccatori” e che, “santa insieme e sempre biso-gnosa di purificazione, incessante-mente si applica alla penitenza e al suo rinnovamento” (CCC, n. 1428). Una giusta confessione prevede al-cuni punti importanti da tenere pre-senti e sapere, inoltre, che la confes-sione sacramentale non è la direzio-ne spirituale. Sono due momenti di-stinti che però possono essere cele-brati insieme. Nella direzione spiri-tuale c’è un cammino di accompa-gnamento e di consiglio da parte della guida spirituale. La confessio-ne, invece, ha lo scopo di rimettere i peccati e donare la grazia necessaria per la vita cristiana di tutti i giorni. È ovviamente possibile confessar-si senza fare direzione spirituale.

QUaresiMa a PUlsano

di CrisTo e dei MalaTi

Quaresima:

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Il Concilio Vaticano II ha sottoline-ato: «Il duplice carattere della qua-resima - il quale, soprattutto me-diante il ricordo o la preparazione

al battesimo e mediante la penitenza, invita i fedeli all’ascolto più frequente della Parola di Dio e alla preghiera e li dispone così a celebrare il mistero pa-squale – sia posto in maggior eviden-za nella liturgia quanto nella cateche-si liturgica. Perciò si utilizzino più ab-bondantemente gli elementi battesima-li propri della liturgia quaresimale e, se opportuno, se ne riprendano anche al-tri dall’antica tradizione; lo stesso si di-ca degli elementi penitenziali» (Sacro-sanctum Concilium n. 109).Scopo della Quaresima è preparare i fedeli alla celebrazione della Pasqua nella conversione del cuore per vive-re la vita nuova inaugurata dalla ri-surrezione.Nei primi tre secoli la Chiesa non ave-va una specifica preparazione alla Pa-squa; si praticava il digiuno solo nei due giorni precedenti. Passando attra-verso graduali amplificazioni, si giun-se verso la fine del IV secolo a conta-re quaranta giorni di serio impegno ascetico.Il segno dei quaranta giorni è di chia-ra ispirazione biblica; essi ricordano : innanzitutto il digiuno del Signore

la “penitenza seconda”. Sant’Ambro-gio diceva: “Lavant aquae, lavant lacri-mae”, per affermare che il Battesimo lava il peccato originale, mentre le la-crime del pentimento lavano il peccato del fedele penitente: a buon diritto al-lora la penitenza è considerata un se-condo Battesimo.La Parola di Dio, specie nelle Domeni-che, chiede di essere accolta con tota-lità e semplicità di cuore. Il ciclo A ci introduce nella realtà misterica della nostra iniziazione. Le domeniche ter-za, quarta e quinta proclamano i brani giovannei connessi anticamente con gli scrutini battesimali. In questi epi-sodi risuona la rivelazione personale di Gesù come “acqua viva” (brano del-la Samaritana), “luce del mondo” ( bra-no del cieco nato) e “risurrezione e vi-ta” (risurrezione di Lazzaro) e all’uo-mo viene prefigurata la realtà batte-simale. Queste letture possono essere riprese però se nelle comunità doves-sero esserci catecumeni (Ordinamen-to delle letture della Messa n. 97). Il ci-clo B che incarna la seconda dimen-sione di introduzione al mistero cri-stocentrico-pasquale richiama la no-stra attenzione sulla Pasqua di Gesù. Le tre domeniche ripropongono alcuni brani di Giovanni in cui contempliamo l’anticipo del mistero pasquale. Gesù è tempio vivo nella sua incarnazione di-strutto dagli uomini nella sua passio-ne (Gv 2, 13-25); Cristo nella sua esal-tazione gloriosa e dolorosa è compi-mento del serpente innalzato da Mo-sè nel deserto (Gv 3,14-21); Gesù è il chicco di frumento che è stato sepol-to nella terra per una sovrabbondante messe di vita eterna (Gv 12, 20-33). Il ciclo C si configura come una cateche-si sulla riconciliazione, tema che tro-va il suo vertice nella celebrazione del-

(Mc 1,13); i 40 giorni del diluvio (Gen 7,4 ss.); i quaranta giorni di Mosè sul Sinai (Es 24,18); i 40 anni del pellegri-naggio nel deserto del popolo d’Israe-le (Gs 5,6); i 40 giorni del cammino di Elia verso il monte Oreb (1 Re 19,8); i 40 giorni di penitenza di Ninive (Gn 3); i 40 giorni di lotta di Golia contro Israele (1 Sam 17,16).I quaranta giorni penitenziali erano vissuti intensamente dal folto grup-po dei penitenti che dovevano riconci-liarsi con la Chiesa. Infatti questi era-no ammessi alla penitenza all’inizio del cammino quaresimale e riconcilia-ti al mattino del Giovedì santo. In que-sto periodo la Quaresima aveva inizio con la prima Domenica (come attual-mente nel rito ambrosiano), ma verso il secolo VI-VII il desiderio di celebra-re pienamente i 40 giorni di penitenza (escludendo le sei domeniche) indus-se ad iniziare la Quaresima il Merco-ledì precedente, caratterizzando que-sto giorno con l’imposizione delle ce-neri. Tale rito riservato in principio ai pubblici peccatori, scomparsa la disci-plina della penitenza pubblica verso il primo millennio, si mantenne, im-ponendo le ceneri a tutti i fedeli che si riconoscevano peccatori e desidero-si di incamminarsi verso la Pasqua. Una particolare benedizione delle ce-neri si riscontra solo nel secolo IX. L’u-so di bruciare i rami di palma benedet-ti l’anno precedente per ottenere le ce-neri risale al secolo XII.Il tempo di Quaresima si caratterizza-va (come anche tutt’ora) anche per la preparazione dei catecumeni al batte-simo nella Veglia pasquale.Tutta la Chiesa intraprende un cammi-no di conversione: per i catecumeni la “prima conversione”, mentre per i pec-catori che si riconciliano con la Chiesa

Questo e il tema del Mes-saggio di Papa France-sco per la Quaresima 2017, che è stato presen-

tato e pubblicato in Vaticano lo scor-so 7 febbraio.Prendendo spunto dalla parabola ‘dell’uomo ricco e del povero Lazzaro’ il Papa ricorda che l’altro “non è mai un

[Verso la Quaresima]

“la Parola è un dono. l’altro è un dono” ingombro” e mette in guardia dal de-naro come “idolo tirannico”, che “può asservire noi e il mondo intero ad una logica egoistica”. L’antidoto e l’ascolto della Parola, che “ci aiuta ad aprire gli occhi per ac-cogliere la vita ed amarla”Il messaggio inizia con un impera-tivo: “Aprire la porta del nostro cuo-re all’altro, perché ogni persona è un dono, sia il nostro vicino sia il povero sconosciuto”.La “cupidigia” rende il ricco “vanito-so”: infatti, quando una “persona si realizza nelle apparenze … masche-ra il vuoto interiore”: la vita del ricco, come spesso la nostra, “è prigionie-ra dell’esteriorità, della dimensione più superficiale ed effimera dell’esi-stenza” e … “il gradino più basso di questo degrado morale è la superbia”.Il ricco non vede Lazzaro, se non nell’aldilà, perché “nella sua vita

la Pasqua, segno supremo della nostra riconciliazione con il Padre. Nelle tre domeniche vengono proposti i testi di Luca nei quali si esalta la misericordia di Dio: la parabola del fico senza frutti (Lc 13, 1-9); la parabola del Figliol pro-digo (Lc 15, 1-32); l’episodio dell’adul-tera perdonata (Gv 8, 1-11). Si tratta di tre itinerari complementari che per-mettono di ripercorrere attraverso le pagine dell’Antico e Nuovo Testamen-to le grandi tappe di quella storia della salvezza attraverso le quali Dio chia-ma l’uomo alla fede, all’alleanza, alla vita, e gli dona il suo Spirito. Penitenza e battesimo appaiono come le due co-stanti su cui è imperniato tutto il cam-mino quaresimale in vista della pie-na riconciliazione dell’uomo con Dio.L’eucologia ricorda che la Quaresima è un “sacramento”, come riportano gli antichi sacramentari e il Messale di Paolo VI, tutto’ora in uso. I testi defi-niscono il tempo quaresimale «annua quadragesimalis exercitia sacramen-ti; venerabilis sacramenti celebramus exordium». Il Messale italiano traduce «segno sacramentale della nostra con-versione». Senza forzare il senso del termine sacramentum, applicato alla Quaresima lo possiamo intendere nel senso patristico da cui deriva l’uso li-turgico. La Chiesa vive questo tempo come azione strutturata in gesti e pa-role il cui significato è dato dalla Pa-rola di Dio e dalla presenza operante di Cristo. Tutta l’azione compiuta dalla comunità cristiana, riunita in assem-blea liturgica, è “sacramento”, cioè se-gno espressivo di quella realtà sacra, operata da Dio in rapporto e in conti-nuazione degli eventi salvifici culmi-nanti in Cristo.

*direttore Ufficio Liturgico diocesano

Quaresimala santa e spiritualedon luigi Carbone*

non c’era posto per dio, l’unico suo dio essendo se stesso”.“Il frutto dell’attac-camento al denaro è dunque una sorta di cecità”, commen-ta Francesco: “Il ric-co non vede il povero affamato, piagato e prostrato nella sua umiliazione”. Guardando questo personaggio, “si comprende perché il Vangelo sia così netto nel condannare l’amore per il denaro”: “Nessuno può servire due padroni. Non potete ser-vire Dio e la ricchezza”.“Il vero problema del ricco, la ra-dice dei suoi mali e il non presta-re ascolto alla Parola di Dio”, che porta “a non amare più Dio e quindi a disprezzare il prossimo”. La conclusione del messaggio ha toni ancora più netti: “Chiudere il cuore

al dono di Dio che parla, ha come con-seguenza il chiu-dere il cuore al do-no del fratello”. La Quaresima, allora, può essere l’occasio-ne per “riscoprire il dono della Parola di

Dio, essere purificati dal peccato che ci acceca e servire Cristo presente nei fratelli bisognosi”. Magari con un im-pegno concreto: aderire alle “campa-gne di Quaresima” che “molti orga-nismi ecclesiali, in diverse parti del mondo, promuovono per fa crescere la cultura dell’incontro”. Insomma, il Papa ci spinge ad “aprire le nostre porte al debole e al povero”, per poter “vivere e testimoniare in pienezza la gioia della Pasqua”. (A.C.)

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s. Giovanni rotondo

del messaggio di Papa Francesco “Non temere, perché io sono con te» (Is 43,5). Comunicare speran-za e fiducia nel nostro tempo” per la prossima Giornata Mondiale del-le Comunicazioni Sociali che si svol-gerà il 28 maggio, solennità dell’A-scensione del Signore, sono interve-nuti innanzitutto Giulio Siena, diret-tore della rivista Casa Sollievo che quest’anno ha ospitato l’incontro, il quale ha sottolineato come “dal Gar-gano parte una voce di speranza per il mondo che ci ascolta con attenzio-ne. Di qui l’importanza di questo in-contro che deve sfociare in collabo-razione sempre più intensa e profi-cua tra le testate presenti in dioce-si”. Quindi, ha presentato il giorna-lista Gino Testa, ospite, e comunica-to che in occasione della prossima 25^ Giornata Mondiale del Malato, sarà presentato a Lourdes l’ospeda-le dell’Opera di s. Pio come speciale

alberto Cavallini*

eccellenza cattolica del settore.Ha quindi preso la parola Stefano Campanella, direttore di Teleradio-padrepio, che ha evidenziato come “l’invito del Papa contenuto nel Mes-saggio per la Giornata Mondiale del-la Comunicazioni Sociali ci deve ve-dere pronti a un ruolo che i giornali-sti laici non hanno, in quanto noi non siamo solo “giornalisti cattolici”, ben-sì “cattolici giornalisti” che con co-raggio fanno veicolare nel mondo la Speranza”.Il p. Ladislao Suchy, direttore di Mi-chael, ha precisato che il giornale del santuario micaelico del Garga-no “è una finestra aperta sul mondo che tiene in collegamento sia i devo-ti dell’Arcangelo che i tanti gargani-ci sparsi nel mondo, che vedono nel giornale un punto saldo di collega-mento con la terra natia”.Luigi Gravina, segretario di redazio-ne de La Voce di P. Pio, ha portato i saluti del direttore p. Mariano di Vi-to, ed ha precisato che “Voce di P. Pio e Teleradiopadrepio sono un tutt’u-no e lavorano in stretta sinergia, sfor-zandosi di lanciare il messaggio di speranza della Buona Novella; per-ciò, ha auspicato un coordinamento delle riviste per sinergiche e fattive collaborazioni”.Antonio Impagliatelli, redattore del-la rivista Il Cooperatore Amigonia-no, ha anch’egli sottolineato “l’im-portanza della collaborazione e del-la sinergia tra le varie testate cattoli-che presenti in diocesi”.Infine, ha preso la parola l’arcivesco-vo Michele Castoro il quale ha mes-so in risalto che “mentre tutte le te-

state presenti in diocesi sono rivolte essenzialmente ad extra, il giorna-le diocesano Voci e Volti è rivolto ad intra, perché è distribuito alla gente del nostro territorio; si tratta di una rivista ecclesiale, legata alla Dioce-si”. Ed ha poi soggiunto che “mentre tutte le testate cattoliche comunicano la Buona Notizia e creano comunio-ne, le testate laiche sembrano indul-gere al sensazionalismo e alla dispe-razione. Noi diciamo no a scandaliz-zare e ad anestetizzare e desideriamo raccontare la speranza che è la teo-logia della storia perché negli even-ti e negli accadimenti quotidiani noi leggiamo la presenza dell’Invisibile. L’abbandono alla Provvidenza, che manifesta il nostro amore all’ordine divino dell’universo, è teologia della storia vissuta. La continua attenzio-ne ai disegni di Dio sulla nostra vi-ta, per corrispondere alla sua volon-tà, può essere considerata come la no-stra individuale teologia della storia: il significato teologico che abbiamo il dovere di dare alla nostra esistenza, seguendo la nostra vocazione”.L’Arcivescovo ha quindi concluso di-cendo che abbiamo dinanzi a noi una Sfida e dobbiamo distinguerci per-ché “ci interessa raccontare l’agire di Dio tra il vissuto della nostra gente”.L’incontro si è concluso con un mo-mento di fraternità, vissuto in gran-de amicizia e gioia tra tutti i conve-nuti.

*direttore dell’Ufficio per le Comunica-zioni Sociali dell’Arcidiocesi

Si è svolto presso il Centro di accoglienza s. Maria del-le Grazie di S. Giovanni Ro-tondo l’annuale incontro

con l’arcivescovo mons. Michele CA-STORO dei direttori e collaboratori delle testate giornalistiche cattoli-che presenti nella nostra Arcidioce-si: VOCI e VOLTI, periodico dell’Ar-cidiocesi, La CASA SOLLIEVO del-la SOFFERENZA, giornale dell’Ope-ra di s. Pio, TELERADIOPADREPIO e VOCE di P. PIO, testate del santua-rio s. Maria delle Grazie custodito dai frati Cappuccini, MICHAEL, pe-riodico del santuario micaelico del Gargano, Il COOPERATORE AMI-GONIANO, rivista dei Terziari Cap-puccini dell’Addolorata.Dopo l’indirizzo di saluto e l’in-tervento dello scrivente, direttore dell’Ufficio diocesano per le comu-nicazioni sociali, il quale ha offer-to una prima riflessione sul tema

[Giornata diocesana Giornalisti]

GiornaTa dioCesana dei GiornalisTi CaTToliCi Per la FesTa di s. FranCesCo di sales

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La Giornata Mondiale del Ma-lato, appena celebrata l’undi-ci febbraio, ha compiuto 25 an-ni e il Santo Padre ha suggeri-

to che, come il primo anno, si celebrasse in forma straordinaria a Lourdes: “San-tuario mariano tra i più cari al popolo cristiano, luogo e insieme simbolo di spe-ranza e di grazia nel segno dell’accetta-zione e dell’offerta della sofferenza salvi-fica”. C’è da rimanere veramente stupi-ti per quanto Dio ha compiuto in quel-la piccola cittadina dei Pirenei, oggi di-venuta centro mondiale di spiritualità e casa di Maria per molti malati, i quali presso la Grotta di Massabielle trovano consolazione e luce per vivere, pur nella fatica, la propria esperienza illuminata dal Vangelo di Gesù Cristo. Due presen-ze vive, due sacramenti misteriosi sono Gesù e i Malati, da scoprire e da amare. Nella vita però di tutti i giorni ci è più facile inginocchiarci davanti a Gesù sa-cramentato in Chiesa, piuttosto che in-ginocchiarci davanti a un malato pieno di piaghe o poco attraente per il catti-vo odore. Per questo mi ha sempre per-

sonalmente impressionato la sferzan-te Omelia di s. Giovanni Crisostomo, il quale senza peli sulla lingua, ci ricorda che non possiamo accontentarci di ce-lebrare l’Eucaristia ogni giorno trascu-rando poi contemporaneamente di pren-derci cura del povero, dell’affamato e del malato: “Vuoi onorare il corpo di Cristo? Non permettere che sia oggetto di disprez-zo nelle sue membra cioè nei poveri, privi di panni per coprirsi. Non onorarlo qui in chiesa con stoffe di seta, mentre fuori lo trascuri quando soffre per il freddo e la nudità. Il corpo di Cristo che sta sull’al-tare non ha bisogno di mantelli, ma di anime pure, mentre quello che sta fuori ha bisogno di molta cura. Che vantaggio può avere Cristo se la mensa del sacrifi-cio è piena di vasi d’oro, mentre poi muo-re di fame nella persona del povero? Pri-ma sazia l’affamato, e solo in seguito or-na l’altare con quello che rimane. Gli of-frirai un calice d’oro e non gli darai un bicchiere d’acqua? Attacchi catene d’ar-gento alle lampade, e non vai poi a visi-tarlo quando è malato o in carcere? Lo stesso Gesù che ha detto: Questo è il mio

padre rosario Messina

corpo, ha anche detto: qualunque cosa avrai fatto al più piccolo dei miei fratel-li, l’hai fatto a me. Io ero povero, affama-to, assetato, pellegrino, malato, e tu non mi hai accolto, curato, amato.” Quanto poi questo legame tra Eucaristia e Cari-tà fosse capito e vissuto dalle prime co-munità cristiane, ce lo conferma l’antica testimonianza del martire s. Giustino, quando descrive la celebrazione dome-nicale: “Nel giorno chiamato del Sole ci raccogliamo in uno stesso luogo. Si reca-no pane vino acqua…I facoltosi e volen-terosi spontaneamente danno ciò che vo-gliono e quanto viene raccolto viene con-segnato al capo della comunità che ne di-stribuisce agli orfani, alle vedove, ai biso-gnosi per malattia o altro, ai detenuti e ai forestieri; egli soccorre in una parola chiunque si trovi nel bisogno”. (Ap 1,67) L’incontro quindi con Gesù Eucaristia deve scaldarci il cuore e aprirci gli oc-chi per scoprire i misteriosi tabernaco-li dove Cristo malato continua a cerca-re consolatori, che spesso non trova. Per questo, quando il sacerdote a conclusio-ne della celebrazione eucaristica conge-da i fedeli, affida loro questa importan-te missione: “Andate e testimoniate Cri-sto con la vostra vita”. Il modo migliore e più evangelico di testimoniare Cristo, è proprio la carità: “da questo vi ricono-sceranno che siete miei discepoli, se vi amerete gli uni gli altri”. Ampliando l’o-rizzonte, la celebrazione della Giornata Mondiale del Malato, come ha ben evi-denziato l’Ufficio Nazionale per la pasto-rale della salute, ha lo scopo di sensibi-

[Giornata diocesana del Malato]

lizzare il popolo di Dio e, di conseguen-za, tutte le molteplici istituzioni sanita-rie cattoliche e la stessa società civile, alla necessità di assicurare la migliore assistenza agli infermi; di aiutare chi è malato a valorizzare, sul piano umano e soprattutto su quello spirituale, la sof-ferenza; a coinvolgere in maniera parti-colare le diocesi, le parrocchie, la fami-glie religiose nella pastorale sanitaria; a favorire l’impegno sempre più prezioso del volontariato; a richiamare l’impor-tanza della formazione spirituale e mo-rale degli operatori sanitari e, infine, a far meglio comprendere l’importanza dell’assistenza religiosa agli infermi da parte dei sacerdoti diocesani e regolari, nonché di quanti vivono e operano ac-canto a chi soffre. Questo cammino tro-va ulteriore motivazione nel pressante invito di Papa Francesco ad essere mi-sericordiosi come il Padre, riconoscen-do il privilegio, per quanti si accostano un malato, di toccare la carne di Cristo sofferente. “Quale grande menzogna si nasconde, continua il Papa, dietro cer-te espressioni che insistono tanto sulla ‘qualità della vita’ per indurre a crede-re che le vite gravemente affette da ma-lattia non sarebbero degne di essere vis-sute!”. Tutto sprona i cristiani a gesti di vicinanza accanto ai malati, a un im-pegno continuo, concreto e responsabi-le a favore delle persone malate e soffe-renti. Ci affidiamo alla Vergine Santa perché confermi l’impegno quotidiano e ordinario di curare e consolare i no-stri infermi.

L’11 febbraio la Chiesa ha cele-brato la XXV Giornata Mon-diale del Malato, una giorna-ta di speciale attenzione alla

condizione dei sofferenti, una giornata speciale per noi operatori sanitari in cui rendiamo grazie per la vocazione rice-vuta dal Signore ad accompagnare i fra-telli ammalati. Le parole di Maria «Grandi cose ha fatto per me l’onnipotente» (Lc 1,49) sono pa-role di gratitudine a Dio Misericordioso che sempre guarda e innalza i suoi ser-vi umili, soprattutto nei momenti del-la sofferenza. Maria e il modello dell’abbandono al-la volontà di Dio. Con il suo esempio, Maria ci insegna che solo in Dio possia-mo trovare consolazione per la nostra sofferenza. Tante volte abbiamo nei no-stri reparti persone, alla fine della lo-ro vita, che muoiono nella disperazione. San Pio diceva: “Il sofferente deve vive-re l’amore di Dio per mezzo della saggia accettazione dei suoi dolori, della serena meditazione del suo destino a Lui”. Il do-lore si trasforma e si sublima quando è

GiornaTa Mondiale del MalaToGesù è vivo nell’eucaristia e nei malati

riflessioni sul Messaggio del Papa per la XXV giornata mondiale del Malato

antonio Facciorusso*

vissuto nella consapevolezza della vici-nanza e della solidarietà di Dio. Gli ope-ratori sanitari sono chiamati ad aiutare il malato certamente a guarire, ma an-che a vivere cristianamente la sua vita6. Maria e il modello di buona relazione umana con i malati. Con il suo esem-pio di donna umile e disponibile alla vo-lontà di Dio, Maria insegna a saperci re-lazionare con il malato. Bernadette rac-contava che “la Bella Signora” la guar-dava come si guarda una persona. Que-ste semplici parole descrivono la pie-nezza di una relazione. Questo ricorda a noi operatori sanitari che ogni mala-to è e rimane sempre un essere umano e come tale va trattato. Non esiste una vita umana più sacra di un’altra come non c’è una vita umana qualitativamen-te più significativa di un’altra, solo in virtù di mezzi, diritti, opportunità eco-nomiche e sociali maggiori0. Gli infer-mi, come i portatori di disabilità, han-no la loro inalienabile dignità e la loro missione nella vita. Se il giuramento di Ippocrate ci impegna ad essere sempre servitori della vita, il Vangelo ci spinge

sogno di umanità. Hanno bisogno dell’at-tenzione del cuore”. San Pio diceva: “Chi è malato e sofferente, ha bisogno non so-lo di una corretta applicazione dei mezzi terapeutici, ma anche e soprattutto di un clima umano e spirituale che gli consen-ta di ritrovare se stesso nell’incontro con l’amore di Dio e la tenerezza dei fratelli”. Papa Francesco, in occasione di un’u-dienza ai Medici Cattolici, citando San Camillo de Lellis, raccomandava a tutti gli operatori sanitari di mettere più cuo-re nelle mani. Non basta l’efficienza in un ospedale; ci vuole anche il cuore. L’a-more è la miglior cura per i malati e che rende salutare ogni terapia. San Pio di-ceva ai medici: “Voi avete la missione di curare il malato; ma se al letto del malato non portate l’amore, non credo che i far-maci servano a molto. Portate Dio ai ma-lati; varrà di più di qualsiasi altra cura.” Rendiamo grazie a Dio per i tanti opera-tori sanitari che, come il buon Samari-tano, toccano la carne sofferente di Cri-sto assistendo i malati con amore e com-petenza.

*Medico, Presidente AMCI – Sez. CSS

oltre: ad amarla sempre e comunque, soprattutto quando necessita di atten-zioni e cure. Oggi, grazie al progresso scientifico, so-no notevolmente aumentate le possibi-lità di guarigione fisica. Tuttavia, sem-bra diminuire la capacità di “prendersi cura” della persona, soprattutto quan-do è sofferente, fragile e indifesa. Pren-dersi cura di un malato significa occu-parsi di lui come persona nella sua glo-balità, sofferenza inclusa. Ogni buona relazione parte da un buon ascolto. I malati, prima di ogni altra co-sa, hanno bisogno di ascolto che è deter-minante nella cura integrale della per-sona. Ma l’ascolto richiede disponibilità e tempo per generare un clima umano. Al contrario, soffriamo tutti di una sor-ta di patologia della superficialità e della velocità delle relazioni. Benedetto XVI scriveva: “La competenza professionale è una prima fondamentale necessità, ma da sola non basta. Si tratta, infatti, di es-seri umani, e gli esseri umani necessita-no sempre di qualcosa in più di una cu-ra solo tecnicamente corretta. Hanno bi-

lettera ai Medici Cattolici

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Esiste un futuro per i giovani nel Sud o è solo un’utopia? Con i mali che da sempre affliggono il nostro Mez-

zogiorno – disoccupazione, disper-sione scolastica, mancanza di infra-strutture, investimenti pubblici sba-gliati, clientele e presenza soffocan-te della criminalità organizzata - le prospettive non sembrano rosee. Per restituire speranza a chi non ha più fiducia e non vede la luce alla fine del tunnel, le Chiese di Campania, Pu-glia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna hanno promosso il conve-gno “Chiesa e lavoro. Quale futu-ro per i giovani nel Sud?”, che si è svolto alla Stazione Marittima di Na-poli l’8 e il 9 febbraio. L’appuntamen-to è stato un momento del cammino di avvicinamento alla 48ª Settimana sociale dei cattolici italiani (Cagliari, 26-29 ottobre).I numeri sono impietosi: negli ul-timi cinque anni – riporta l’Istat – 1.130.000 meridionali hanno lascia-to la loro terra; nel solo 2014 sono partite 104 mila persone, il 30% del-le quali con una laurea in tasca. E drammatiche sono le cifre della di-soccupazione, specialmente quella giovanile, tornata a toccare il picco del 40,1% a livello nazionale, con li-velli ancora più alti nel Meridione.“Una società che non offra alle nuove generazioni opportunità di lavoro dignitoso non può dirsi giu-sta”, ha rimarcato Papa Francesco nel messaggio inviato per l’occasio-ne. E “le istituzioni siano più presen-ti accanto alla gente”, così come fa la Chiesa, “per conoscerla non sui libri o nei sondaggi, ma nella vita reale, per condividerne le situazioni di gioia e di speranza, ma anche di grande preoc-cupazione e di angoscia”, ha chiesto il cardinale Angelo Bagnasco. Co-me Chiesa, ha aggiunto Bagnasco, “dobbiamo esserci perché nessuno – qualunque età abbia – si arrenda e ri-

le Chiese del sud hanno riflettuto su Giovani e lavoronel Convegno di napoli non c’è stata “presunzione di risolvere la questione lavoro, ma il desiderio di offrire un’opera-segno,

una testimonianza di vita”antonia Palumbo

manga ai bordi della vita”.Ha detto il cardinale Sepe, arcive-scovo di Napoli che “Noi vescovi e tut-te le comunità ecclesiali non credia-mo di avere risposte o ricette ‘miraco-lose’ su un problema così complesso e, per certi aspetti, globalizzato, ma sentiamo con crescente preoccupazio-ne il bisogno di stare dalla parte dei giovani, futuro del nostro territorio e dell’intero Paese”.Ma è possibile innestare un mecca-nismo virtuoso, specialmente in un Sud troppo spesso dipinto senza spe-ranza?La vera notizia e che si, si può fa-re. Ne sono convinti i giovani, i ve-scovi e i sacerdoti che li accompa-gnano, e a rivelarlo è pure un video realizzato per l’occasione, “collage” amatoriale di tante storie di riscat-to, d’iniziativa, d’imprenditoria nel Sud. Le chiamano “buone pratiche”, e qui la Chiesa in tanti casi è presen-te, anche grazie a quell’incubatore di talenti, attento al territorio, che è il Progetto Policoro. Da queste – ele-vate a sistema – viene quel “distil-lato di consigli e suggerimenti” che possono aiutare la politica a “dare risposte”, come ha ricordato l’econo-mista Leonardo Becchetti tirando le fila dei lavori di gruppo.Tutti sono chiamati a “una consa-pevole assunzione di responsabi-lità” cambiando lo sguardo che si ha sul Mezzogiorno. Ciò vuol dire – usando le parole di monsignor Nun-zio Galantino – “‘no’ al pietismo, al paternalismo, e ‘sì’ alla sussidiarie-tà”, facendosi carico della situazione – dalla parrocchia a chi ha responsa-bilità amministrative o di governo – per quanto è nelle proprie possibili-tà, ed è questa “la via imprescindibi-le per rilanciare e promuovere il mon-do del lavoro e affrontare la precarie-tà con un atteggiamento attivo e non rassegnato”.Dunque, la ripresa del Sud “è possibile, è una sfida che si può vincere valorizzando innanzitutto il positivo che già c’è”, ha detto mon-signor Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto e presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Set-timane sociali dei cattolici italiani. Ma, a fianco dell’impegno dei giova-ni, il Convegno ha chiesto al Governo “che il Sud diventi una priorità”, con “investimenti specifici che favorisca-no il lavoro, l’iniziativa personale, il lancio di imprese”. Senza dimentica-re l’impegno per “educare a una co-scienza di legalità, sviluppando una mentalità che non ammetta qualun-que forma di patteggiamento con le mafie”.

Di fronte al dramma del lavoro che manca e dei giovani del Sud, la Chiesa non vuole che si alzi bandie-ra bianca: dopo il lamento, è l’ora dell’impegno per cambiare la realtà. Insieme, partendo da quelle “buone pratiche” che già ci sono e che fanno sì che la speranza di un riscatto non sia illusione, ma realtà incarnata in uomini e donne del Sud.Rimanere al sud o tornarvi resta, tuttavia, una sfida ardua, ma non im-possibile. Il riscatto può partire pro-

“L’economia di comunio-ne, se vuole essere fede-le al suo carisma, non deve soltanto curare le

vittime, ma costruire un sistema do-ve le vittime siano sempre di meno, dove possibilmente esse non ci si-ano più”. È l’appello di papa Fran-cesco agli imprenditori dell’econo-mia di comunione (Edc), ricevuti in udienza, partendo dal riconosci-mento che “il capitalismo continua a produrre gli scarti che poi vorreb-be curare”: “Il principale problema etico di questo capitalismo è la cre-azione di scarti per poi cercare di nasconderli o curarli per non far-li più vedere”. “Una grave forma di povertà di una civiltà è non riusci-re a vedere più i suoi poveri, che pri-ma vengono scartati e poi nascosti”, ha puntualizzato Bergoglio, aggiun-gendo: “Gli aerei inquinano l’atmo-sfera, ma con una piccola parte dei soldi del biglietto pianteranno albe-ri, per compensare parte del dan-no creato. Le società dell’azzardo finanziano campagne per curare i giocatori patologici che esse crea-no. E il giorno in cui le imprese di armi finanzieranno ospedali per curare i bambini mutilati dalle lo-ro bombe, il sistema avrà raggiun-to il suo culmine”.“Bisogna allora puntare a cambiare le regole del gioco del sistema eco-nomico-sociale. Imitare il buon sa-maritano del Vangelo non è suffi-ciente”, ha evidenziato Francesco. Certo, delle vittime bisogna prender-si cura, “ma occorre agire soprattut-to prima che l’uomo si imbatta nei briganti, combattendo le strutture di peccato che producono brigan-

ti e vittime. Un imprenditore che è solo buon samaritano fa metà del suo dovere: cura le vittime di oggi, ma non riduce quelle di domani”. Sull’esempio del Padre misericordio-so, “un imprenditore di comunione è chiamato a fare di tutto perché an-che quelli che sbagliano e lasciano la sua casa, possano sperare in un lavoro e in un reddito dignitoso, e non ritrovarsi a mangiare con i por-ci”, senza “farsi bloccare dalla meri-tocrazia invocata dal figlio maggio-re e da tanti, che in nome del merito negano la misericordia”.Ed ancora ha sottolineato il moni-to su Evasione ed elusione fiscale che “prima di essere atti illegali so-no atti che negano la legge basila-re della vita: il reciproco soccorso”. Parlando della povertà, “tema cen-trale” della fede cristiana, Francesco ha ricordato che “nella Bibbia i po-veri, gli orfani, le vedove, gli ‘scar-ti’ della società di quei tempi, era-no aiutati con la decima e la spigo-latura del grano. Ma la gran par-te del popolo restava povero”. Oggi, ha aggiunto, “abbiamo inventato al-tri modi per curare, sfamare, istru-ire i poveri, e alcuni dei semi della Bibbia sono fioriti in istituzioni più efficaci di quelle antiche. La ragio-ne delle tasse – ha precisato – sta anche in questa solidarietà, che vie-ne negata dall’evasione ed elusione fiscale”.

Michelangelo Mansueto

Papa Francesco agli imprenditori edc:

“puntare a cambiare le regole del gioco” e “imitare il buon samaritano non è sufficiente”

[Chiesa, Lavoro ed Economia]

prio dalla base: è quanto le Chiese del Sud hanno evidenziato nel con-vegno napoletano, cui ha partecipa-to anche il nostro arcivescovo, mons. Michele Castoro, accompagnato da don Antonio Di Maggio, direttore dell’Ufficio diocesano di Pastorale sociale e del lavoro, e da Massimi-liano Arena, responsabile del proget-to Policoro in Diocesi.

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017 [Chiesa, Lavoro ed Economia]

L’insegnamento della reli-gione cattolica uscito dalla revisione del Concordato, nel 1984, si è affermato co-

me materia scolastica e, come ha ri-assunto il vescovo monsignor Nunzio Galantino, segretario della Cei, “ha retto bene alla prova della facoltati-vità”, confermando a 30 anni dall’av-vio della nuova normativa un’adesio-ne che sfiora l’88% degli studenti del-le scuole statali (88,5% considerando tutti gli studenti).Ci sono diverse suggestioni molto in-teressanti che vengono dalla ricer-ca sull’insegnamento della religio-ne cattolica (Irc) appena raccolta in un volume dell’Elledici che parla di “Disciplina alla prova”. La prima è che la “prova” sembra superata.L’Irc uscito dalla revisione del Con-cordato, nel 1984, si è affermato co-me materia scolastica e, come ha ri-assunto il vescovo monsignor Nun-zio Galantino, segretario della Cei, “ha retto bene alla prova della fa-coltatività”, confermando a 30 an-

indaGine naZionale

ora di religione: dopo trent’anni la “prova”

sivo di crescita degli allievi.Questa convinzione, maturata non senza fatica e in un lungo processo di discussione e approfondimento che ha preceduto il Nuovo Concor-dato, ha influenzato la configurazio-ne dell’Irc, insieme alla determina-zione di una Chiesa che, sulla scia del Concilio Vaticano II, ha scelto la strada del servizio pieno e auten-tico alle famiglie e alla scuola, del-la collaborazione con lo Stato “per la promozione dell’uomo e il bene del Paese”.L’Irc nasce in questo contesto.Sono infinite le discussioni e le po-lemiche che lo hanno accompagna-to e certamente esistono ancora og-gi punti di debolezza che dovrebbe-ro far riflettere e operare per miglio-rare la situazione (tra i temi, quello della valutazione e la piena integra-zione dei docenti, così decisivi per la scuola e tuttavia “dimenticati” – ha accennato monsignor Galantino in proposito – dalle recenti dispo-sizioni scolastiche). Tuttavia que-sto insegnamento costituisce un vero tentativo di rispondere al-le esigenze formative dei giovani del nostro tempo. Tutti, senza di-stinzioni di appartenenze. A loro la scuola – sono le sue finalità – non

C’è un’Italia con “il mal-costume, i limiti e i di-fetti di un Paese che sembra non voler eser-

citare nessuno sforzo in direzione del cambiamento”. E c’è un’Italia “anco-ra migliore di quanto gli stessi italia-ni non riescano a immaginare e i me-dia a descrivere” è la sintesi sul Rap-porto Italia 2017 dell’Eurispes, fata dal suo presidente Gian Maria Fara. “È un’Italia che fa fatica a guardare al futuro senza pessimismo, eppure rivela una sostanziale tenuta. È un’I-talia insoddisfatta, ma soprattutto di-visa. Un’Italia che ha enormi poten-zialità, ma proprio per le sue divisio-ni, non riesce a trasformare la poten-zialità in energia”. Il sondaggio sul sentire degli italiani, realizzato tra dicembre 2016 e gennaio 2017, mette in evidenza situazioni gravi che pur-troppo ormai cominciamo a conosce-re bene, ma rivela anche qualche sor-presa positiva. Gli elementi più ne-gativi, manco a dirlo, riguardano la condizione socio-economica.Quasi la metà degli italiani (il 48,3%) dichiara che la propria fa-miglia non riesce ad arrivare alla fine del mese.

alberto Campoleoni

rapporto sull’italia di eurispesQuasi la metà degli italiani dichiara che la propria famiglia non arriva a fine mese

Francesco rinaldi

Il 44,9% ci riesce attingendo ai ri-sparmi, ma solo una famiglia su quattro riesce ancora a risparmiare. Tra le strategie anti-crisi messe in atto dalle famiglie (per il 13,8%) c’è anche quella di tornare a casa dai ge-nitori e una su tre ricorre comunque al loro aiuto economico. E c’è chi sta peggio. Una persona su quattro af-ferma di sentirsi povero: abbastanza (il 21,2) o molto (il 3%). Molto signifi-cativa l’indicazione di quelle che so-no ritenute le cause della povertà: la perdita del lavoro (76,7%), una sepa-razione o un divorzio (50,6%), una malattia (39,4%), la dipendenza dal gioco d’azzardo (38,7%), la perdita di un familiare (38%). Nel complesso, tuttavia, gli italiani ritengono in pre-valenza che la loro situazione eco-nomica sia rimasta sostanzialmente stabile nell’ultimo anno. Si esprime in questo senso il 42,3%, mentre il 27,3% parla di un lieve peggioramen-to. Se si passa dalla propria situazio-ne familiare alle previsioni per l’e-conomia italiana nel nuovo anno, il 38,1% ipotizza un quadro di stabili-tà e il 13,8% una prospettiva di mi-glioramento, ma più di un italiano su tre (il 36,4%) ritiene più probabile un

peggioramento ul-teriore.Le sorpre-se più rilevanti, ri-spetto ai discorsi che sem-brano prevalere nel dibattito pubbli-co, arrivano dal rapporto con l’Euro-pa: il 48,8% degli italiani, infatti, dichiara di essere contrario a usci-re dalla Ue, a fronte di un 21,5% di favorevoli. In particolare, tra i filo-europei ben il 75,6% indica tra i bene-fici dell’Unione la possibilità di ave-re una moneta unica e stabile. È lo stesso Eurispes a mettere a confron-to questo dato con il sondaggio con-dotto nel 2015 da cui emergeva un 40% di favorevoli all’uscita dall’eu-ro. Ma, se da un lato gli italiani si di-cono più europeisti di quanto si po-tesse immaginare, dall’altro vorreb-bero una Ue profondamente diversa da quella attuale, a cui rimprovera-no le politiche economiche svantag-giose che ci vengono imposte (70,8%)

e l’aver lasciato solo il nostro Paese di fronte all’emergenza dei migran-ti (70,8%). Su quest’ultimo tema il

Rapporto sottolinea che negli ul-timi otto anni è cresciuta dal 6,5% al 14,9% la quota di colo-ro che vorrebbero limitare l’in-gresso degli immigrati. Il dato è

in sé negativo, ma se si considera la portata che ha assunto il proble-ma nel periodo considerato, smenti-sce l’idea di una ribellione generaliz-zata contro le politiche di accoglien-za che spesso viene strumentalmen-te veicolata su vecchi e nuovi media.Nonostante i chiaroscuri, il quadro che emerge dal Rapporto è molto se-vero, soprattutto sul piano socio-eco-nomico. Dunque, che fare? una soluzione for-te: recuperare il ruolo diretto dello Stato nell’economia, non solo quindi come regolatore e arbitro, ma come “attore protagonista dentro il sistema di mercato”.Che si condivida o meno questa ipote-si, certo è che “la politica e le istituzio-ni torneranno a essere credibili quan-do sapranno dimostrare di essere in grado di governare i processi piuttosto che esserne governati”(G.M.Fara).

sembra superatani dall’avvio della nuova normativa un’adesione che sfiora l’88% degli studenti delle scuole statali (88,5% considerando tutti gli studenti). Prova superata perché era un timo-re diffuso quello che il regime della facoltatività avrebbe potuto affossa-re l’ora concordataria. Un altro dato interessante riguarda la “soddisfa-zione” legata all’Irc: la manifestano in grande maggioranza sia docenti che studenti, i primi contenti di in-segnare, i secondi della scelta fatta di frequentare l’Irc. Ancora, si pos-sono raccogliere le suggestioni che accreditano l’Irc come capace di ri-spondere alle domande di senso de-gli studenti, come anche di promuo-vere il dialogo interreligioso e inter-culturale. Insomma, tanti aspetti che aiutano a guardare sotto una lu-ce positiva l’insegnamento della re-ligione cattolica, che in questi anni ha certamente cercato di risponde-re nei fatti – soprattutto attraverso la preparazione dei docenti e l’ela-borazione di programmi adeguati – alla grande intuizione raccolta dal Nuovo Concordato nel 1984:nella scuola occorre un insegna-mento religioso saldamente moti-vato da ragioni culturali, capace di contribuire al percorso comples-

può non offrire gli elementi e le com-petenze per orientarsi in modo ade-guato di fronte al fatto religioso e al-le religioni in generale, per matura-re capacità critiche e di scelta in re-lazione all’esperienza religiosa. Cat-tolica, certo, per le stesse ragioni che il Nuovo Concordato sottoscrive, le-gate alle radici culturali del popolo italiano. Ma non solo.L’Irc fa questo da anni e la ricerca ap-pena presentata mostra anche qual-che dato interessante in termini di risultati. Resta strada da fare, cer-tamente. La “prova” non è finita, ma anche questo è un segnale di ade-renza alla scuola e agli allievi, che chiedono attenzione al cambiamen-to, correzioni in corsa, capacità di “leggere” e rispondere ad esigen-ze sempre diverse. In trent’anni la nostra società è mutata moltissimo: l’Irc ha saputo, stare al passo e anco-ra guarda avanti. Talvolta con fatica, ma senza venire meno all’impegno e al patto sottoscritto con famiglie e giovani. Con il Paese.

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Galeazzo Caracciolo[Ricerche e Studi]

Nel gennaio del 1517 nacque Galeazzo Caracciolo, figlio primogenito di Colantonio e Giulia della Leonessa. Su di

lui la famiglia ripose tutte le aspettati-ve per far grande il casato che per la fe-deltà e i servizi prestati, nel 1531 fu in-vestita dall’imperatore Carlo V del titolo marchesale, dando vita al ramo dei Ca-racciolo di Vico.Galeazzo fui educato nell’ambiente ari-stocratico e cavalleresco della capitale ed introdotto alla corte imperiale, come “chambelán del imperio y caballero de la llave de oro” prestando i suoi servizi al seguito di Carlo V. Nel 1537 sposò Vit-toria Carafa da cui ebbe una lieta figlio-lanza. Ed in quella prima metà del XVI secolo che ha visto sbocciare la vita giovanile, personale e familiare di Galeazzo Carac-ciolo, a Napoli, ma anche in tutti gli Stati della Penisola, in cenacoli e accademie letterarie imperversarono fermenti re-ligiosi provenienti d’Oltralpe, contami-nanti le nostre élites culturali. Infatti, nel 1536 era giunto a Napoli Juan de Val-dés, esule dalla Spagna a seguito delle persecuzioni operate dall’Inquisizione contro i movimenti degli “spirituali” e in-torno a questo nobile letterato e teologo spagnolo si costituì il più autorevole ce-nacolo culturale della città partenopea, fra i più importati d’Italia, al quale pre-sero parte predicatori come l’Ochino e il

nicola Parisi

moglie, le motivazioni che mai aveva po-tuto parteciparle e chiederle di seguirlo nella libertà della fede. Fermi nei rispet-tivi principi, Vittoria e Galeazzo si sepa-rarono drammaticamente, e neppure gli anatemi del vecchio padre e i pianti dei figli riuscirono a smuovere Galeazzo dal-la sua determinazione. Così, egli prende-va dal lido di San Menaio la via dell’esilio definitivo per Ginevra. Nella città Svizzera, visse da sempli-ce borghese, contribuendo in modo si-gnificativo alla costituzione della chie-sa Evangelica Italiana di quella città, do-ve tanti erano gli esuli per motivi di reli-gione. La vicenda di Galeazzo, non cessò con la sua morte, avvenuta il 28 maggio 1586. Grazie al suo amico Nicolò Balbani ci è stata tramandata la “Historia del mar-chese Galeazzo Caracciolo”, opera che ac-

quistò notorietà in tutti gli stati dove la Riforma Protestante si era diffusa. Le informi di Ludovico Beccadelli, nun-zio apostolico a Venezia, di Ercole Ra-gnoni e Bernardo Navagero, ambascia-tori, con le testimonianze dei processi in-quisitoriali di Pietro Carnesecchi e Gio-vanni Morone, rendono ancora oggi, vi-ve le vicissitudini del nostro personaggioFra il XVII e il XVIII secolo, la Historia fu tradotta in tedesco, francese e inglese, raggiungendo il continente americano ad opera delle comunità religiose dei Purita-ni, emigrate dall’Inghilterra. Conosciu-ta in tutto il mondo, la Historia di Galeaz-zo Caracciolo comparve in Italia solo nel 1876 ad opera del prof. Emilio Comba, do-cente di storia della Chiesa presso l’Uni-versità di Firenze.

Giuseppe laganella

È fresca la notizia recatami da don Francesco Agricola che ha ricevuto dal parro-co della chiesa s. Barbara di

Torino la copia dell’atto di morte, ine-dito, di Pietro Giannone.Eccone il testo: “Il Sig. avvocato Don Pietro Giannone della città di Napo-li in questa Cittadella detenuto muni-to de santissimi sacramenti è morto li 17 Marzo 1748 et li 18 del medesimo è stato sepolto nella chiesa vecchia di questa Parrocchiale”.Dal testo dunque si evince che Pie-tro Giannone, come già sostenuto da don Francesco Agricola, morì da

ecco finalmente ritrovato in Torino l’atto di morte di Pietro Giannonebuon cristiano, avendo ricevuto i sa-cramenti della fede cristiana.E la notizia certa della sua sepoltu-ra nella antica chiesa dedicata a s. Barbara è senz’altro un altro primo passo per cercare di rinvenire i se-polti resti mortali del nostro illustre concittadino. L’impresa sicuramen-te non sarà facile dato che la chiesa torinese sopra citata, fu demolita e ricostruita nelle vicinanze, per cui i resti mortali, se traslati, potrebbero trovarsi nella nuova chiesa, oppure nell’attuale cimitero di Torino oppu-re potrebbero essere andati dispersi.Il tentativo comunque va fatto e lo

la vicenda umana di Galeazzo Caracciolo, marchese di Vico, a 500 anni dalla nascita

Vermigli, umanisti come Marcantonio Flaminio e donne di spiccata sensibilità come Vittoria Colonna, Giulia Gonzaga e Isabella Bresegna. Ad introdurre Gale-azzo alla frequentazione del cenacolo, fu il cugino Gian Francesco Alois che ebbe dotte frequentazioni con il Flaminio e il filosofo Lorenzo Romano. Ma fu una pre-dica del canonico Pietro Martire Vermi-gli, in San Pietro ad Aram, che aprì nella mente e nel cuore del giovane Caracciolo uno squarcio di luce insolita che lo portò alla conversione alla Riforma.Gli anni successivi furono per Galeaz-zo pregni di un grande travaglio inte-riore, conteso fra affetti familiari e agi dell’ambiente aristocratico e di corte nel quale viveva, e attrazione per la parola del Vangelo che nell’intimo gli chiedeva la rinuncia a tutte le cose materiali della vita. L’impossibilità di poter dialogare di tutto questo nell’ambiente familiare e il rigore del contesto sociale nel quale non mancava lo spettro dell’Inquisizione pe-sarono gravemente sulle sue decisioni, potendo egli confidare solo su pochi in-timi, che vivevano come lui il travaglio della fede, ma che per mancanza di co-raggio preferivano vivere la loro espe-rienza nella modalità del “nicodemismo”.Vivificato dalla spiritualità nuova che lo aveva permeato durante la frequentazio-ne del cenacolo eterodosso, nel 1551 ab-bandonò Napoli dov’erano affetti fami-liari, amicizie e ricchezze patrimoniali, e si rifugiò nella città svizzera di Gine-vra, dove il pensiero della Riforma era esposto da Giovanni Calvino e Teodoro Beza. Questa sua decisione fece scalpo-re nella società dell’epoca in quanto Ga-leazzo, per parte materna, era pronipo-te di Gian Piero Carafa, Papa Paolo V, e anche la moglie era nipote dello stesso pontefice. Dopo un primo smarrimento, il padre a la moglie si attivarono con di-verse iniziative per riportarlo alla fami-glia e alla religione cattolica, ma vani fu-rono tutti i tentativi. L’ultimo epilogo ebbe luogo nell’esta-te 1558 proprio nel castello di Vico del Gargano, dove Galeazzo si portò teme-rariamente per spiegare a Vittoria, sua

scrivente con don Francesco Agri-cola e Luigi Carbonella che insieme hanno iniziato la ricerca dei resti mortali di Giannone, continueran-no in questa indagine nella speran-za di poterli ritrovare, identificare e portare ad Ischitella.

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estetica[Libri]

tuali fallimenti. Narciso non vuole sof-frire per questo evita al figlio di soffri-re. Inoltre è iper ansioso perché, trat-tando il figlio come oggetto, ha pau-ra di perderlo. E infine è intermitten-te perché, vivendo il legame come una forma di prigione, alterna momenti in cui rimane accanto a momenti in cui scappa via dal legame. In definitiva, se prima dominava la Legge che vie-tava il Desiderio, soffocandolo e proi-bendolo, oggi domina il Desiderio sen-za Legge. Noi invece dobbiamo costru-ire una realtà che sappia coniugare in-sieme, come dice Recalcati, Desiderio e Legge, il primo incarnato dalla ma-dre e la seconda incarnata dal padre. E questo perché una Legge senza De-siderio è arida e un Desiderio senza legge diventa godimento illimitato. E un godimento illimitato diventa mor-tale. La Legge, come dice Lacan, è l’e-sperienza dell’Altro.

Il padre-testimone e passatore di vitaIl padre che ci vuole oggi il padre-testi-mone, il padre “passatore di vita”. Re-calcati ha rivalutato la figura di Abra-mo, il quale sottopone il figlio all’os-servanza di quella Legge divina alla quale egli per primo si è liberamen-te sottoposto. L’idea del padre- passa-tore di vita l’ho ripresa da Lacroix e dal pedagogista Lizzola per il quale nei padri i figli cercano uomini di pa-rola, che reggono l’affidamento nelle decisioni e nelle direzioni di vita indi-cate dalle responsabilità assunte nei confronti della famiglia, delle perso-ne incontrate nelle esperienze, nelle organizzazioni. Responsabilità parti-colare nei confronti di chi è più fragi-le. Hanno l’attenzione dell’educatore,

la discrezione del “passatore”, colgono il cambiamento quando ancora non si riesce bene a prevederne la forma e l’o-ra. Occorrono oggi buoni adulti “passa-tori”, padri che conducono all’altra ri-va. I padri “passatori” non trattengo-no, non attirano nella loro rete educa-tiva; non dicono “vieni verso di me” e non considerano come fosse pericolo-sa trasgressione il disagio di chi si di-strae, di chi cerca oltre e guarda ad al-tro, di chi prova una sua via di trascen-dimento. In questi tragitti che posso-no essere di incertezza e fatica, di ten-sione e passione, il padre-passatore re-sta lì “in vista”, non si fa indifferente. È presente a quello che il figlio diven-terà, ne è testimone, specchio fedele e anche esigente.

Quale madre?Come dice Recalcati la maternità è la grande figura dell’attesa, che è di chi non si lascia bruciare dall’impazienza di avere subito ciò che invece chiede tempo per crescere. L’attesa rimanda alla logica dello spossessamento. L’at-tesa è questo predisporsi alla sorpre-sa del mistero. La madre dell’attesa è la madre del desiderio, che si prepara anche a perdere il figlio. È la “madre del segno” e non la “madre del seno” che invece si rinchiude nella spirale del solo godimento, che vuole il figlio per compensare un vuoto. La mater-nità non è una forma di compensazio-ne, ma un atto di generazione. E gene-rare è desiderare anche senza godere. La madre del desiderio è la madre che gradualmente sa arretrare, permet-tendo al figlio di separarsi, di rompe-re il suo rapporto simbiotico.La madre, in definitiva, è colei che ospita. Ospitare significa accoglie-

Un liBro sUlla FaMiGlia

Gianfranco Ra-vasi propo -ne ai lettori un itinerario

biblico sulla famiglia e sulla misericordia. Un li-bro quanto mai opportu-

no perché si pone a suggello di due im-portanti eventi: il percorso sinodale sul-la famiglia, che ha avuto nell’esortazio-ne apostolica Amoris Laetitia il suo natu-rale compimento, e la chiusura dell’an-no giubilare straordinario dedicato alla misericordia. Nella prima parte del vo-lume il cardinale Ravasi passa in ras-segna e intreccia i temi della famiglia e della misericordia nella Bibbia; nella seconda, attraverso una selezione accu-rata di pagine della Sacra Scrittura, mo-stra in concreto l’intrecciarsi dei due te-mi. D’altronde la stessa Bibbia è molto spesso una storia di famiglie e la fami-glia nella sua tipologia tradizionale è an-cora oggi soggetto di riferimento, come un campo fertile ove non attecchisce so-lo la zizzania ma anche il grano dell’a-more, dell’impegno religioso e sociale, della misericordia.

Gianfranco Ravasi, Padri Madri Figli. Storie di famiglie nella Bibbia, Edizio-ni San Paolo 2016, pp. 240, euro 16,00

L’AUTORE - Il cardinale GIANFRAN-CO RAVASI (Merate 1942) è stato per molti anni Prefetto della Biblioteca-Pi-nacoteca Ambrosiana di Milano. Autore coltissimo e tra i più noti in Italia e all’e-stero, Ravasi è Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e della Pontifi-cia Commissione di Archeologia Sacra. Con le Edizioni San Paolo ha pubblica-to, tra gli altri, la “trilogia” Che cos’è l’uo-mo? (2011), Chi sei Signore? (2011) e Do-ve sei, Signore? (2012), come pure il com-mento ai Salmi (2007) e quello al Qohelet (2008). Per il Gruppo Editoriale San Pa-olo ha diretto opere di prestigio come la Bibbia Via, Verità e Vita (2009), i diversi volumi della Nuova Bibbia per la Fami-glia (2009) e il Dizionario Temi Teologici della Bibbia (2010).A cura dell’Ufficio Comunicazione -

Gruppo Editoriale San Paolo Via Giotto, 36 - 20145 Milano

Office : +39 02-48072561 - e-mail: [email protected]

È scaricabile da tutti i mag-giori stores di musica di-gitale Ogni colore mi par-la di Te, l’ultimo disco di

Sergio Petrarca, avvocato e salesia-no cooperatore. Dieci canzoni nate dall’esperienza vissuta dall’autore come animatore di gruppi giovani-li, dalle aspirazioni, dalle difficoltà e dal cammino percorso con ciascu-no di tanti giovani incontrati. Alcuni brani si fondano sui valori della spi-ritualità salesiana, altri su episodi significativi della vita di don Bosco, il santo dei giovani. Tutti ruotano intorno a temi vocazio-nali e della fede, presentati in chia-ve moderna ed accattivante. Le can-zoni sono state registrate in Silent-Noise Project Studio, a Lecce, a con-clusione di un progetto con Strade-giovani Aps, Salesiani per il Sociale.Destinatari di Ogni colore mi parla di Te: i giovani e i loro educatori. Pro-prio per favorirne la diffusione tra i ragazzi, si è scelta la esclusiva di-

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Michele illiceto*

dalla famiglia etica alla famiglia estetica

La famiglia oggi ha subito moltissimi cambiamenti sia all’interno che all’esterno. In modo particolare vo è stato il

passaggio dalla famiglia “etica” alla famiglia “estetica”. La prima era ba-sata solo sulle regole spesso aride e anonime. In questo tipo di famiglia do-minava una Legge fatta di soli divie-ti e proibizioni. Tutto era funzionale al mantenimento dell’ordine istituito dal mondo adulto rappresentato dal-la figura del padre, il quale più che un padre si comportava come un padrone. La famiglia estetica, al contrario, si po-ne all’opposto. Poiché considera le nor-me solo nella loro dimensione proibi-tiva, cerca in tutti i modi di evitarle. Nella famiglia estetica domina l’affet-tività che è ridotta alla sola emotività. E questa riduzione interessa per pri-mi gli adulti nel loro rapporto di cop-pia e nel loro ruolo di genitori, per ri-cadere poi anche sui figli. Invece dob-biamo rivalutare il ruolo delle regole e della Legge, o meglio del rapporto tra Legge e Desiderio, tra ragione e cuore.

Dal padre-edipico al padre-NarcisoPrima esisteva il padre edipico, cioè il padre-padrone, fatto di proibizioni e di divieti, il padre punitivo, che ca-strava e inibiva. Il padre che usava la Legge per incutere paura e rispetto, per conservare l’ordine esistente. Non serviva la Legge, ma di essa si serviva per controllare i movimenti delle nuo-ve generazioni. Usava l’autorità abu-sandone. Oggi invece domina il padre-Narciso che si presenta iperprotettivo perché, proteggendo il figlio, in fondo protegge se stesso dal figlio, in parti-colare dai suoi errori e dai suoi even-

re uno straniero che non rimarrà per sempre nel luogo che tu gli dai, ma sa-rà soltanto con te il tempo di cui avrà bisogno per attraversarti e nascere. Nascere e rinascere da ogni perdita. Per essere sempre e di nuovo rigene-rato.

Dal figlio idolo al figlio donoOggi il figlio, secondo quanto dice Pie-tropolli Charmet, è visto o come ido-lo, o come messia che salva i genito-ri dalle loro delusioni, o come genito-re che ne prende il posto. Io propongo di vedere il figlio come una sorpresa, un’eccedenza, una trascendenza. Del figlio non si ha la proprietà, ma solo la custodia. Per questo condivido le due definizioni che dà Recalcati della ma-dre e del padre. La madre è l’ospitalità senza proprietà, il padre invece indica la responsabilità senza proprietà. Am-bedue devono essere pronti a lasciare andare via il figlio. Questo esige adul-ti che sanno vivere l’esperienza del-la perdita, preparandosi a lasciare la scena do questo mondo attraverso la consegna che faranno ai propri figli.

*docente di filosofia presso la Facoltà Teologica Pugliese di Bari, autore del

libro “Padri, madri e figli nella società liquida. Antropologia dei legami

familiari”, Pacilli Editore, Manfredonia 2017, pp. 185, disponibile in libreria.

Il libro e dedicato allo studio della famiglia, alla figura del padre della madre, a come vengono visti i figli e al rap-porto tra le generazioni.

“Padri Madri FiGli” Un itinerario biblico sulla famiglia e sulla misericordia

oGni Colore Mi Parla di Te:Un disco dall’oratorio salesiano al web

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i medici rinnovano l’adesione all’aMCiMatteo di sabato

[Ecclesia in Gargano]

dico cattolico sia bravo, anche perché lo richiede il Vangelo. Il dott. De Filip-pis, ha concluso volgendo lo sguardo all’obiezione di coscienza del medi-co cattolico: “Non è possibile tollera-re che una coppia di uomini possano chiedere in prestito l’utero di una don-na per impossessarsi del bambino. La nascita concepisce l’unione di un uo-mo e una donna. La nostra credibili-tà come medici cattolici è che dobbia-mo portare avanti il valore dell’uomo, della donna, nel credo del Vangelo”.Mons. Castoro ha concluso l’incontro affermando che il medico è al servi-zio della persona e che la scienza si appella alla coscienza umana e al-la responsabilità del medico che ha adottato tutte le accortezze per cu-rare il malato. Al termine la cerimonia della conse-gna delle tessere.

La celebrazione dell’Eucare-stia presieduta da mons. Mi-chele Castoro, arcivescovo, è stata il preludio al rinno-

vo dell’adesione dei medici cattolici all’AMCI, Associazione Medici Catto-lici Italiani, per l’anno sociale 2017-‘18. Alla manifestazione tenutasi presso l’Auditorium “Vailati” era-no presenti il dott. Vincenzo De Fi-lippis, direttore dell’Unità Comples-sa Rischio Clinico e Medicina Lega-le dell’ASL BA e presidente della FE-AMC (Federazione Europea Associa-zioni Medici Cattolici), i camilliani p. Rosario Messina, assistente ecclesia-stico, e p. Aldo Milazzo, direttore dio-cesano per la pastorale sanitaria, il dott. Antonio Facciorusso, presiden-te dell’AMCI, sez. di S. Giovanni Ro-tondo, il dott. Renato Sammarco, re-sponsabile provinciale SIMG (Socie-tà Italiana di Medicina Generale e delle cure primarie), il dott. Giusep-pe Rinaldi, primario di neurologia, Ospedale Di Venere di Bari, la prof.sssa Arcangela Bisceglia, presidente UCIIM (Unione Cattolica Italiana In-segnanti Medi), la dott.ssa Maria An-tonietta Totta, presidente dell’AMMI (Associazione Mogli Medici Italiani), i soci e un foltissimo pubblico. Prima di procedere alla rituale con-segna delle tessere, il dott. Giusep-pe Grasso, presidente del sodalizio, nel ringraziare i presenti per la par-tecipazione, ha ribadito che il rinno-

professionale,- ha esordito il relato-re - sono le condizioni essenziali che pongono il medico a considerare le proprie responsabilità, pur nella con-sapevolezza di aver offerto al mala-to l’assistenza necessaria. In tal ca-so egli non è ritenuto punibile. La re-sponsabilità consegue all’inadempi-mento delle obbligazioni inerenti lo svolgimento dell’attività professiona-le e derivante dal nesso causale: la certezza oltre ogni ragionevole dub-bio, danno ingiusto cagionato da fat-to illecito. L’obbligazione del medico è una tipica obbligazione di mezzi, o di diligenza, in quanto egli è obbliga-to ad eseguire la prestazione con la diligenza dovuta, ma non è tuttavia tenuto a conseguire il risultato. Se il medico è bravo, oltre a rendere un servizio al paziente, evita anche pro-blemi penali. E’ importante che il me-

vo dell’adesione convinta all’AMCI porti lo spirito alla fede, per vola-re sempre più in alto. Al saluto del dott. Facciorusso è seguita una bre-ve, quanto incisiva riflessione di p. Rosario sulla figura del medico cat-tolico, attraverso quanto ebbe a scri-vere Papa Paolo VI nel 1975 sulle virtù preclari di San Giuseppe Mo-scati, il medico dei poveri: “E’ un laico che ha fatto della sua vita una missione percorsa con una autenti-cità evangelica, una missione di ca-rità, uno strumento di elevazione di sé e di conquista degli altri a Cristo Salvatore; è un professore universi-tario che ha lasciato tra i suoi alun-ni una scia di profonda ammirazio-ne non solo per l’altissima dottrina ma anche e specialmente per l’esem-pio di dottrina morale di limpidezza interiore, di dedizione assoluta da-ta alla cattedra; è uno scienziato di alta scuola. Tutta la sua vita può es-sere condensata in queste poche ri-ghe stilate di suo pugno: “Ama la ve-rità; mostrati qual sei e senza in-fingimenti e senza riguardi. E se per la verità dovessi sacrificare te stesso e la tua vita, tu sii forte nel sacrificio”. Un messaggio molto forte che fa del medico cattolico un missiona-rio in difesa della salute. L’esimio dott. Vincenzo De Filippis ha par-lato all’attento e colto uditorio del-la “responsabilità professionale nel-la pratica medica e il ruolo del medi-co cattolico oggi”. “Missione del no-stro essere medici e responsabilità

sidente del Circolo Unione, la prof.ssa Arcangela Bisceglia, presidente UCIIM il prof. Matteo Rinaldi, presi-dente dell’UNITRE, il prof. Michele Spinelli, responsabile della Consul-ta Anziani, la dott.ssa Michela D’Er-rico, vice presidente nazionale AM-MI, la prof.ssa Maria Antonacci, pre-sidente AMMI per la Puglia e Basi-licata e l’Ing. Salvatore Guglielmi, presidente di Zona-Daunia del Lions Club Host. Prima di introdurre l’oratore, la dott.ssa Maria Antonietta Totta, presi-dente AMMI, dopo i ringraziamenti di rito e la lettura del caloroso mes-saggio augurale di S. E. Mons. Mi-chele Castoro, arcivescovo, ha così sottolineato: “Quando si parla di do-lore è necessario assumere un atteg-giamento di rispetto della persona che soffre. Il dolore altrui non va mai sminuito e non va mai preso alla leg-gera. (…) L’ospedale senza dolore co-stituisce l’espressione più alta di di-gnità della persona. È indispensabi-le curare sia dal punto di vista etico che scientifico, comportamento che deve diventare patrimonio del nostro quotidiano”.

Il tema dell’incontro è stato egregia-mente illustrato dall’eminente prof Aldo Bova, presidente del Forum Associazioni socio-sanitarie catto-liche e primario emerito di Ortope-dia presso l’Ospedale San Gennaro di Napoli, presentato dal dott. Anto-nio Mondelli, presidente del locale Lions Club Host. Ricco di spunti scientifici, ma so-prattutto umani, è stato l’interven-to del prof. Bova, frutto di una lunga e brillante carriera di primario orto-pedico, che ha dimostrato che è pos-sibile combattere il dolore inutile at-traverso nuove strategie. “Molto effi-cace, è stare vicino a chi soffre. Aiu-ta la psiche a sollecitare l’interesse di continuare a vivere. Curare, carez-zare, tenere la mano nella mano può produrre un’alchimia tale da consen-tire al malato di riprendersi. Questo è il primo messaggio da trasmettere agli operatori sanitari, alle famiglie. Sarebbe auspicabile che tutte le orga-nizzazioni s’incontrassero per mette-re a fuoco le problematiche che inte-ressano le nuove strategie per lenire il dolore cronico, anche attraverso il messaggio culturale”. Poi, con l’au-

Matteo di sabato

il dolore CroniCo e le nUoVe sTraTeGie di CUra

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silio di slides ha illustrato che vi so-no nuovi metodi per lenire il dolo-re, attraverso terapie mini invasive e senza complicazioni, “effettuate in una sola seduta per rachide cervica-le, dorsale, lombosacrale, spalla, go-mito (epicondilite), mani (rizoartro-si), anca (coxartrosi), ginocchia (ar-trosi, meniscosi, protesi dolorose) e piedi (sindrome di Morton, spina cal-caneare). A questo tipo di applica-zioni possono sottoporsi pazienti an-ziani che non vogliono o non posso-no operarsi, cardiopatici, nefropati-ci, gastropatici, allergici, anche gio-vani con dolori osteoarticolari persi-stenti (come la lombalgia), e, in tanti casi, gli sportivi”. Sono seguiti numerosi quanto inte-ressanti interventi.

Concluso con successo il simposio su “Le nuove stra-tegie nella cura del dolore cronico”, molto apprezza-

to dal numeroso e qualificato pub-blico presente nell’Auditorium “Vai-lati” della nostra città, organizzato dal Lions Club Host e dall’AMMI (Associazione Mogli Medici Italiani). Grande interesse ha suscitato, altre-sì, il coinvolgimento di numerose as-sociazioni cattoliche presenti sul ter-ritorio che operano nel sociale che hanno voluto testimoniare la volontà di contribuire con azioni incisive ad iniziative rivolte al mondo che sof-fre; tra questi, il dott. Giuseppe Gras-so, presidente AMCI, il dott. Michele Balsamo, presidente del Lions Club “Sipontum”, il dott. Pio Longo, pre-

AMCI

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Il prossimo 25 Febbraio, alle 19.00, presenteremo alla nostra Comunità parrocchiale il Musi-cal di “Madre Teresa”, di Miche-

le Paulicelli e Piero Castellacci, che racconta la vita di Madre Teresa at-traverso i suoi pensieri, le preghie-re, la sua gente e la sua vita con particolare ri-ferimento agli aspetti più semplici e umili: l’a-more per i poveri, il va-lore della diversità fra gli uomini, il suo sorri-so gioioso nell’affronta-re i problemi più gravi dell’esistenza. La storia tradotta in musica prende le mosse dal momento in cui Madre Teresa ab-bandona la Congregazione di Loreto

[Ecclesia in Gargano]

Un musicol sulla vita di santa Teresa

di CalcuttaMaria Grazia di lella

Si è tenuta nei giorni scor-si nel chiostro comunale una conferenza stampa su San Camillo de Lellis. Papa

Francesco, in occasione di un’udien-za ai Medici Cattolici, citando San Camillo de Lellis, raccomandava a tutti gli operatori sanitari di mette-re più cuore nelle mani.Mani e cuore sono i due elementi dell’espressione usata da San Camil-lo. Le mani rappresentano la compe-tenza tecnica del medico. Ma le mani rappresentano anche i compiti dell’a-zienda sanitaria in cui si deve fare i conti con le risorse, sempre più fini-te, ed i costi, sempre più alti. L’altro elemento è il cuore nella for-ma concreta della compassione. Vi-viamo nell’era dell’individualismo. Ognuno pensa a sé e ogni cosa si fa solo per se stessi. Figlia dell’indivi-dualismo è l’indifferenza. La com-passione è il cammino esattamente opposto all’indifferenza. Benedet-

rodi

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gani

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Mettete più cuore nelle vostre mani

antonio Facciorusso*

to XVI riteneva crudele e disumana una società che non ha compassio-ne. «Compassione significa – scrive Papa Francesco – non rimanere in-differenti al dolore ed alla sofferen-za altrui». Molto spesso constatiamo che accanto ai letti dei malati man-ca la compassione, cioè l’attenzio-ne, la premura, l’onestà, la diligen-za, la disponibilità, la rassicurazio-ne. Siamo un po’ tutti affetti da una sorta di patologia della superficia-lità e della velocità delle relazioni. Chi soffre ha bisogno di compassio-ne. Non basta l’efficienza in un ospe-dale; ci vuole il cuore. In qualunque ospedale non basta fare le cose, bi-sogna farle con il cuore. L’amore è la miglior cura per i malati e che rende salutare ogni terapia. Padre Pio dice-va ai medici: “Voi avete la missione di curare il malato; ma se al letto del malato non portate l’amore, non cre-do che i farmaci servano a molto. Por-tate Dio ai malati; varrà più di qualsi-asi altra cura.”

San Camillo de Lellis che donava il suo cuore ai malati che incontrava, ci aiuti a ritrovare il cuore nelle no-

stre relazioni di me-dici con i malati.

* presidente AMCI – sezione Casa Sollievo della

Sofferenza

san GioVanni roTondo

e va a Calcutta. Lì, affronta le malat-tie, la fame, le povertà e l›incontro-scontro con le autorità religiose lo-cali.Il musical non ha la pretesa di rap-presentare la storia di Madre Tere-sa romanzata, ma intende donare in semplicità, alla nostra parrocchia alcuni sentimenti “cantati, ballati e mimati” della vita di una piccola grande donna. L’idea è nata dal coro parrocchiale della parrocchia s. Ni-cola di Mira, formato non da balleri-ni, attori, cantanti, ma da giovani ac-comunati dalla forte passione per la musica, che diventa preghiera. E proprio i giovani hanno voluto de-dicare questa rappresentazione al parroco don Michele Pio Cardone

in occasione del suo 20°anniversario di or-dinazione sacerdota-le. Un modo semplice di dire grazie a lui per quanto operato nella nostra Comunità e nel-la nostra città. Con l’au-gurio che la vita di Ma-dre Teresa sia per lui e

per tutti noi un esempio di vita da imitare.

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Il 1 febbraio lo scrivente artico-lista ha celebrato l’eucaristia nel Santuario Santa Maria del-le Grazie, accanto al convento

dove la sera del 1 febbraio 1575 era giunto il giovane sbandato e diso-rientato, Camillo de Lellis, colà in-viato dai frati di Manfredonia per portare viveri a quelli di San Gio-vanni Rotondo che erano in estrema povertà. Fu ospitato amorevolmente dal Guardiano Padre Angelo, il qua-le prendendolo sotto braccio e pas-seggiando con lui sotto un pergola-to, gli fece un discorso talmente inci-sivo e toccante da scuoterlo interior-mente. Infatti, Camillo non riuscì a dormire per l’intera notte ripensan-do alle parole del Frate: “Trova pace Camillo, pensa che quello che conta veramente è solo Dio, tutto il resto al confronto è nulla. Quando ti senti sco-raggiato o tentato dal diavolo taglia corto e sputagli in faccia!” Camillo ri-spose: “Pregate per me, che il Signo-re mi illumini, perché io sappia quel-lo che devo fare per servirlo e salvare la mia anima”. Padre Angelo lo invi-tò a passare la notte nella cella n.5; quella stessa cella che poi Padre Pio chiederà per sé trascorrendovi l’in-tera sua vita.

padre rosario Messina*

nalmente annotava ogni evento, per cui subito dopo la morte del Fondato-re, poteva divulgare la “Vita Mano-scritta del Padre Camillo de Lellis”. I due Sindaci presenti hanno potuto esprimere i loro sentimenti e i loro propositi, mentre lo scrivente, in rap-presentanza dei Camilliani, ha bene-detto le prime pietre di un muretto che recinterà tutto il terreno dona-to ai Camilliani dai diversi proprie-tari, al centro del quale l’ingegnere Pietro Gasparri, nei decorsi anni set-tanta, realizzò una maestosa ‘Ara’ al-ta circa dieci metri. Davanti ad essa sorgerà, a breve, un anfiteatro consi-stente in gradoni di pietra bianca su cui potranno sedere e riposare devo-ti, pellegrini e camminatori. La tra-dizionale benedizione con la reliquia del Santo e la distribuzione del pa-ne benedetto hanno concluso la bel-la giornata di festa.

[Ecclesia in Gargano]

La mattina seguente festa della Can-delora, dopo avere pregato e ricevuto la candela benedetta, salutò affettuo-samente Padre Angelo e ripartì per Manfredonia con le parole del frate che gli martellavano il cervello. Ap-pena fuori il paese, come ci riferisce sempre la Vita manoscritta “si sen-tì così male che non riuscì più a reg-gersi in sella, si buttò a terra singhioz-zando e dicendo: “perdonami Signo-re, abbi pietà di questo grande pecca-tore, dammi tempo di piangere i miei peccati e di fare penitenza. Ora ba-sta con il mondo! Basta! Dammi Si-gnore la possibilità di rimediare, di fare penitenza per il resto della mia vita, mentre si dava pugni sul petto e si percuoteva con una grossa pietra del Gargano”.

Il giorno 2, la Celebrazione Euca-ristica in occasione della Conver-sione di s. Camillo è stata solenne-mente presieduta dall’arcivescovo mons. Michele Castoro nella chiesa s. Leonardo di San Giovanni Roton-do e concelebrata da una significati-va presenza di Religiosi Camilliani e di Parroci della città, allietata dai canti del coro parrocchiale. La chie-sa era letteralmente invasa di fede-

li provenienti anche da Bucchianico, paese natale del nostro Santo, e da Napoli. Erano presenti anche i Sin-daci delle due città gemellate, Buc-chianico e S. Giovanni Rotondo, con i rispettivi labari. Durante l’Omelia l’Arcivescovo si è soffermato su San Camillo in manie-ra così incisiva, profonda, toccante ed esauriente, da registrare il plauso non solo dei religiosi Camilliani pre-senti, ma anche di molti devoti che hanno sentito il bisogno di esterna-re il loro plauso e compiacimento. Successivamente tutti, con svariati mezzi di trasporto, si sono diretti al-la Valle dell’Inferno, dove hanno po-tuto ammirare, in un giorno di sole, un incantevole panorama e ascolta-re in religioso silenzio la narrazio-ne della conversione del Santo, scrit-ta da uno dei primi religiosi dell’Or-dine, tale Santio Cicatelli, che gior-

san GioVanni roTondola Valle dell’inFerno

dove s. Camillo si è convertito il 2 febbraio del 1575

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assemblea diocesana elettiva di azione Cattolica Fare nUoVe TUTTe le Cose

rinnovo delle cariche associative per il triennio 2017-19

“Sogno una scelta missionaria capa-ce di trasformare ogni cosa, perchè le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesia-le diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione. La ri-forma delle strutture, che esige la con-versione pastorale, si può intendere solo in questo senso: fare in modo che esse diventino tutte più missionarie, che la pastorale ordinaria in tutte le sue istanze sia più espansiva e aper-ta, che ponga gli agenti pastorali in costante atteggiamento di “uscita” e favorisca così la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia” (Papa Francesco, EG, 27). Sempre in mattinata è stato insedia-to il seggio con la presentazione del-le liste; è stata, poi, celebrata l’euca-restia, cui ha fatto seguito il momen-to di condivisione del pranzo.Il pomeriggio è stato arricchito dalla presenza dell’arcivescovo mons. Mi-chele Castoro che ha ricordato all’A-zione Cattolica l’importanza di esse-re parte attiva e fermento della no-stra comunità. A seguire, un grup-po di ragazzi di Carpino ha propo-sto all’Assemblea uno spettacolo in memoria di Maria Grazia Basile, ra-gazza della parrocchia di san Nicola di Mira e san Cirillo d’Alessandria, salita al cielo a soli 18 anni nel gior-no di Natale di 10 anni fa. Maria Gra-zia ha avuto poco tempo da vivere su

Tanti ed interessanti sono gli argomenti degli incontri di catechismo per i ragazzi che si preparano alla prima Co-

munione. Tra questi, la missione e l’anno missionario che ha suscita-to grande interesse e viva parteci-pazione nei ragazzi, grazie a una ri-flessiva attività che ha accompagna-to la discussione. Le catechiste han-no parlato dell’attività dei missio-nari, di quello che fanno, dei rischi che corrono per portare Gesù e il Suo messaggio a persone che vivono in posti lontani. Hanno consegnato una scheda: una croce in cui erano dise-

Michelangelo Mansueto

stato moltissimo, ma allo stesso tem-po ci ha spinto a dire grazie per quel-lo che abbiamo. Un altro punto interessante è stato quello relativo all’attività dei mis-sionari che si recano in terre lon-tane non solo per annunciare Gesù, ma anche per aiutare tante persone meno fortunate, costruendo scuole, ospedali, pozzi per raccogliere ac-qua. Per questo vengono chieste due cose: donare e pregare. I ragazzi con gio-ia e commozione hanno accolto l’in-vito delle catechiste e dei sacerdoti della comunità s. Camillo a condivi-

dere quello che si ha con altri bam-bini meno fortunati, magari rinun-ciando a comprare qualcosa che for-se non serve, per donare loro quel denaro. Con gli stessi sentimenti è stato accolto anche l’invito a prega-re per i missionari e per le persone che essi aiutano. I bambini sono stati molto contenti di partecipare a que-sta attività perché hanno capito che bisogna condividere ciò che si pos-siede con gli altri, anche se abitano lontano e non li conosciamo, perché siamo tutti figli di Dio.

gnati molti volti, che sono stati colo-rati dai bambini. Un disegno sempli-ce, che tuttavia racchiude un grande significato: Gesù e venuto per TUT-TI, si e sacrificato sulla croce per amore di tutta l’umanità.Le educatrici hanno anche raccon-tato la vita difficile e dura che vivo-no queste persone tra cui operano i missionari; tra questa gente ci sono anche bambini che purtroppo non possono andare a scuola, avere ac-qua e vestiti puliti, giocattoli nuovi e funzionanti come quelli che han-no i nostri bambini. Sapere questo, hanno detto i bambini, ci ha rattri-

i BaMBini aiUTano i BaMBini

questa terra, ma questo tempo è sta-to pieno di amore per il Padre. Stra-ordinaria educatrice di ACR ha ma-nifestato un immenso amore per gli altri, specialmente per i più piccoli, i poveri e i sofferenti: esempio vivido e attuale di socio di Azione Cattolica attivamente impegnato per la cresci-ta della propria comunità.Al termine delle operazioni di voto è stato effettuato lo scrutinio con la proclamazione degli eletti a far parte del nuovo Consiglio Diocesano com-posto dagli eletti per i settori Presi-denti Parrocchiali: Adulti, Giovani e ACR. Primo compito del Consiglio appena eletto sarà quello di designa-re una terna di candidati da propor-re al Vescovo per la nomina del Pre-sidente Diocesano di Azione Catto-lica. Dopo la preghiera finale, il rin-graziamento per il momento di con-divisione vissuto e l’affidamento per il servizio che si appresta a compiere il nuovo Consiglio Diocesano sia per l’Associazione che per tutta la Chie-sa locale, l’Assemblea si è sciolta. Un pensiero di riconoscimento va a tutti coloro che si sono attivamen-te impegnati per la riuscita di que-sto importante momento associati-vo; un ringraziamento, quindi, per la comunità parrocchiale che ha contri-buito a creare un clima di accoglien-za e semplicità da sempre caratteri-stico dell’Azione Cattolica.

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don Michele abatantuono

MISSIO RAGAZZI

di AC: a tutti è stata of-ferta una semplice co-lazione. Dopo la preghiera iniziale, presiedu-ta da don Luca San-toro, assistente dio-

cesano di AC, sono stati aperti i lavori

dell’Assemblea. E’ quindi, intervenuto il de-

legato nazionale Anna Maria Ba-sile, a testimoniare che appartenia-mo ad una realtà che si apre a tut-ta la Chiesa italiana e, attraverso il Fiac (la Federazione Internazionale di Azione Cattolica che riunisce le associazioni di 16 paesi membri da vari continenti, 10 paesi osservato-ri e 4 paesi in contatto), a tutta la Chiesa mondiale: apparteniamo ad una “Una bella storia” che vive da 150 anni.Francesco Ciuffreda, Presidente Diocesano uscente, a nome di tutto il Consiglio, ha presentato un reso-conto sulle attività e l’esperienza del triennio appena trascorso, traccian-done un bilancio veritiero ed espo-nendo le linee programmatiche del Documento Assembleare per il pros-simo triennio: “Fare nuove tutte le cose. Il sogno condiviso: cristiani sulla soglia”, in sintonia con quan-to proposto dal nostro Vescovo nel-le Linee Pastorali per il 2016-2017 e con il pensiero di Papa Francesco

Lo scorso 12 feb-braio, nei lo-c a l i de l l a Parrocchia

Sacra Famiglia in Manfredonia, l’A-zione Cattolica Dio-cesana si è ritrova-ta unitariamente per il tradizionale appunta-mento triennale dedicato al rinnovo degli incarichi per il pe-riodo 2017 - 2019.L’Assemblea si è svolta a conclusio-ne di un percorso disciplinato dal-lo Statuto Associativo che parte dal rinnovo degli incarichi Parrocchia-li e che vedrà rinnovare anche gli incarichi regionali e le cariche na-zionali nell’Assemblea convocata nei giorni che vanno dal 28 aprile al 01 maggio 2017.Ogni tre anni la vita dell’associazio-ne è scandita da questo vitale mo-mento con cui l’Azione Cattolica ri-afferma con forza la voglia di tutti gli iscritti di partecipare attivamen-te alla vita della Chiesa diocesana, per collaborare con essa, attraverso i propri organi associativi, in comu-nione con il nostro Pastore, nel no-me di Gesù e con il sostegno dello Spirito Santo. Anche in questa oc-casione la giornata è iniziata molto presto con l’accoglienza dei delega-ti, giunti da tutte le Parrocchie della Diocesi in cui sono presenti gruppi

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Carissimi fratelli e sorelle,Gli ultimi fatti di cronaca relativi ai due omicidi che hanno insanguina-to la nostra Città sembrano non voler fermare la catena di odio e di vendet-ta che da qualche anno sta ferendo e oltraggiando la nostra amata Vie-ste. Questi tragici eventi, uniti ad al-tri episodi di inaudita violenza acca-

duti in anni non molto lontani, han-no scosso le nostre coscienze e rag-giunto un livello che non possiamo più tollerare. Quando l’ordine sociale, la legalità e la sicurezza delle persone sono com-promesse, noi come cristiani e come cittadini siamo chiamati a prendere posizione, a far sentire la nostra vo-

ce e a denunciare tali fatti che sono un attentato non soltanto contro sin-gole persone ma contro l’intera vita della comunità, un oltraggio alla sa-cralità della vita e alla dignità della persona, un tentativo di affermare la logica della morte. Di fronte a chi fa ricorso alla violen-za, noi opponiamo i valori del van-gelo e della ragione che sono valori condivisi dall’intera comunità, cioè i valori del rispetto, della dignità, del-la legalità, dei diritti e della convi-venza pacifica. Siamo tutti chiama-ti ad impegnarci, ciascuno nel pro-prio ambito, affinché non prevalga la paura e l’indifferenza. In primo luo-go, dobbiamo togliere manovalanza a questi criminali occupandoci più da vicino dei nostri giovani che spes-so per loro sono un vero bacino di re-clutamento, approfittando di situa-zioni di precarietà economica e di di-sagio sociale. In secondo luogo dob-biamo evitare di cedere ai loro ricatti e ai loro metodi violenti, non lascian-do soli quanti, a causa di difficoltà, sono caduti nella loro rete.E’ arrivato il momento in cui Vieste ritrovi la propria unità, la propria co-esione sociale, la propria identità di città turistica e di mare, la propria storia di città onesta e solidale, che non segue il mito di una ricchezza

soltanto materiale ma anche spiri-tuale, culturale e sociale, religiosa e cristiana, che mentre rispetta e tu-tela la bellezza del creato, che am-miriamo nel nostro incantevole pa-esaggio naturale, sa anche difende-re e tutelare la dignità di ogni uo-mo, di ogni persona fatta a immagi-ne di Dio.Vieste è una città ricca di risorse umane e naturali che, quando ven-gono impiegate bene, portano ric-chezza economica e benessere so-ciale per tutti. Vieste è conosciuta e amata in tutto il mondo anche per l’alto senso di ospitalità, cordialità ed affabilità della gente. Non per-mettiamo che tali fatti criminosi gettino fango sull’immagine positi-va che con tanta fatica abbiamo co-struito in tutti questi anni. Pertanto, carissimi fratelli e sorel-le, riprendiamoci la nostra città. Non scoraggiamoci nel fare il bene. Non sentiamoci soli e non lasciamo solo nessuno. Soprattutto, con noi è il Si-gnore che ama i giusti e condanna i violenti. La Madonna di Merino volga su di noi il suo sguardo materno e ci ri-servi un futuro di serenità e di pace.Vieste, domenica 5 febbraio 2017, Giornata della Vita.

+ Michele Castoro, arcivescovo Co

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“Circa gli ultimi fatti di sangue nella Città di

[Ecclesia in Gargano]

Elenco dei punti vendita-spaccio dei prodotti genuini della nostra terra: olio, carne, latte, latticini, formaggi, dolciumi provenienti dalla laboriosità delle Aziende di sussistenza “Calderoso” e “Posta la Via” dell’Opera di Padre Pio:

a s. Giovanni rotondo, in località amendola presso la stessa azienda agricola “Posta la Via”, e in città in viale Cappuccini n. 168 e in viale P. Pio n.6

a Foggia in piazza internati di Germania

a Manfredonia, in via Tito Minniti a Monte sant’angelo, in via Celestino Galliani

azienda Posta la Via s.s. 89 Località Amendola (FG) Tel. 0881700466 - Fax 0881-700-571 [email protected]

le aZiende dell’oPera di Padre Pio

Vieste”Comunicato dell’arcivescovo letto in tutte le chiese di Vieste domenica 5 febbraio

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Giovanni Chifari

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“Venite dietro a me, vi farò diventare pesca-tori di uomini” (Mc 1,16). Le parole di

Gesù ai Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni, hanno ispirato la chia-mata al sacerdozio e alla vita religio-sa di padre Gregorio D’Arenzo che il 17 dicembre scorso ha festeggia-to cinquant’anni di ordinazione sa-cerdotale. Nato a Peschici, in un bor-go di pescatori, ha sentito risuonare con una particolare forza le parole di Gesù. “Seguire Lui per predicare, evangelizzare e stare con la gente”. Padre Gregorio fin da subito ha vis-suto la Chiesa in uscita, percependo la necessità della missione ad gen-tes. Ma nei suoi ricordi, il profilo ma-rinaro si coniuga con quello agrico-lo. In diverse omelie anche oggi, pa-dre Gregorio ricorda quanto fosse ri-masto colpito dall’osservare che suo

[Ecclesia in Gargano]

i cinquant’anni di sacerdozio di padre Gregorio d’arenzo, un pescatore di uomini

padre riconosceva ad una a una le proprie pecore, e che ciascuna era chiamata per nome. Direbbe s. Gio-vanni Paolo II, che quell’esperienza era una sorta di seminario domesti-co. La sua vocazione nacque infatti in tenera età, quando dopo aver com-pletato le scuole elementari, nel set-tembre del 1953 il giovane Gregorio, appena adolescente, lasciò la nativa Peschici per entrare nel Seminario minore di Pietrelcina per frequenta-re le scuole medie. “Eravamo in cin-quanta – ci ha confidato – ma solo in cinque siamo stati ordinati sacerdo-ti”. Non ha vissuto in modo traumati-co il distacco dalla famiglia: “Amavo il gioco e la compagnia. Ricordo che andai subito a giocare a calcio con i miei nuovi compagni”. Una passione che non è venuta meno. Anche oggi, la Domenica pomeriggio, padre Gre-gorio condivide con diversi giovani

qualche spezzone di partita dome-nicale, o se ha perso i goal in diret-ta lo si trova su Gol Parade per recu-perare il gap. Dopo gli anni di Pietrelcina, il tra-dizionale iter verso i conventi cap-puccini, tappe che abbiamo impara-to a conoscere per via di Padre Pio. E quindi prima a Sant’Elia a Pianisi e poi a Morcone per il noviziato e di lì a Montefusco per altri tre anni. Breve permanenza all’Immacolata di Fog-gia e poi nel barese, a Terlizzi e San-ta Fara per lo studio della teologia. Gli ultimi anni di teologia sono sta-ti completati a Campobasso dove il 17 dicembre del 1966 Mons. Carinci gli ha imposto le mani per ordinarlo sacerdote presso il Convento “Sacro Cuore” di Campobasso.Concluso il tempo della formazione, si è aperto quello del servizio pasto-rale. Esordio a Venafro e poi, secon-do il vincolo della santa obbedien-za, l’impegno ministeriale a Vico del Gargano, San Severo, San Mar-co La Catola e ancora Vico. E’ segui-to il periodo foggiano, con il servi-zio nel Convento di Sant’Anna e poi l’esperienza di parroco a Gesualdo. Dopo questo periodo è stato chiama-to a svolgere il ruolo di vice parroco ed economo nel Convento dell’Imma-colata di Foggia, questa volta per un periodo di tre anni. Nel 1988 padre Gregorio è stato inviato come cappel-lano a Casa Sollievo della Sofferen-za. Vi rimarrà per tredici anni, fino al 2001. Un tempo intenso, di pro-fonda condivisione dell’umana sof-

ferenza e di impegno costante nel-la preghiera e nella cura. Non c’è li-turgia in cui anche oggi padre Gre-gorio non si ricordi degli ammalati. Anche al termine della Messa chie-de alla comunità di fermarsi per un Ave Maria a loro dedicata. La seconda stagione foggiana è du-rata sei anni e ha visto padre Gre-gorio svolgere il ruolo di parroco a Sant’Anna. Nel 2007 il ritorno a San Giovanni Rotondo come parroco del-la Parrocchia “San Francesco d’Assi-si”, piccola chiesetta nella zona San-ta Croce, sormontata dalla scritta “Per crucem ad lucem”. Padre Gregorio ha conosciuto Padre Pio, e in due periodi della sua vita ha avuto l’occasione di fare vita co-munitaria con lui insieme ai frati del Convento di San Giovanni. Dappri-ma nel periodo della malattia di suo papà. Il giovane frate si affiderà alle preghiere di Padre Pio: “Ti chiedo so-lo una cosa – disse fr. Gregorio all’u-mile Santo – Mio padre mi vedrà sa-cerdote?”. E Padre Pio: “Sì, ti vedrà, anche se per poco tempo”. Quel “po-co tempo” sarebbe stato di quattro anni, fino al 1970. Qualche mese do-po, sempre prima dell’ordinazione, p. Gregorio ha avuto una seconda op-portunità di vivere alla scuola e pre-senza di Padre Pio. Nella settimana santa del 1965 il giovane frate fu in-viato al Convento di San Giovanni per collaborare, insieme ad altri con-fratelli, nella corrispondenza di Pa-dre Pio: “In quel periodo ho incontra-to P. Pio e l’ho conosciuto di più” .

la famigliaUn invito a riflettere, una

provocazione intellettua-le che interpella le zo-ne più remote di una co-

scienza collettiva che si va facendo sempre più sorda e anestetizzata di fronte ai richiami dei valori della fa-miglia. A lanciare questo messaggio è un ritratto scolpito su gesso e “in-corniciato” per tutto il periodo nata-lizio presso un salone di bellezza di San Giovanni Rotondo. Autore dell’o-pera Domenico Montanarella, avvez-zo ai richiami dell’arte e ai moti del-lo spirito, che con tenacia e fermez-za da anni continua ad offrire spun-ti di notevole interesse culturale e spirituale. Tre opere in una. In basso un angelo che canta l’armonia a cui è chiama-ta la famiglia, al centro la famiglia di Nazaret, e in alto le stelle. Gli ange-li cantano la Gloria di Dio ed essa ri-

splende mirabilmente in Maria, Giu-seppe e il Figlio Gesù. Tutto il popo-lo è incamminato verso la grotta di Betlemme, quest’ultima è sormonta-ta da un albero spoglio e prostrato, non privo di forza. Tutto tende verso le stelle. Quelle dalle quali proviene Gesù e lì dove Dio intende condur-re ogni uomo, per essere un tuttuno con Dio. Necessaria la mediazione di Gesù, di Colui che Padre Pio amava chiamare “Celeste Bambino”. La famiglia di Nazaret, ricca di gra-zia, è annoverata dall’autore nel bianco incolore, come messaggio di solidarietà e di condivisione. Ma è lì che la famiglia umana dovrà guar-dare per riprendere il suo colore. Il bianco richiama inoltre quella bian-chezza o purezza spirituale con la quale già la Santa Madre di Dio vol-le rivelarsi a Bernardette in Lourdes. Percorsi di guarigione interiore e

spirituale per famiglie cadute nella patologia del consumismo e della se-colarizzazione.

Giovanni Chifari incolore

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il progetto “la sCUola adoTTa Un MonUMenTo”ha restaurato il settecentesco tabernacolo di s. Chiara

Nella chiesa s. Chiara è sta-to presentato il restauro del prezioso tabernacolo ligneo dell’altare maggiore, rea-

lizzato per iniziativa dell’Istituto com-prensivo “Ungaretti – Madre Teresa di Calcutta” e rientrante nel progetto “La Scuola Adotta un Monumento” la cui finalità e quella di educare i giovani a rispettare il patrimonio storico-artisti-co-ambientale e a comprendere il signi-ficato delle azioni di tutela e valorizza-zione di questa immensa ed inestima-

va consapevolezza del bene culturale.E’ quanto hanno sottoli-neato gli intervenuti – il dirigente scolastico Do-nida Lopomo, la prof. Li-bera M. Quitadamo, la d.ssa Antonella Simo-netti della Soprintenden-za ABAPO, il restaurato-re Vito Carella, l’assesso-re alla pubblica istruzio-ne del Comune Giuseppe La Torre. L’Arcivescovo mons. Michele Castoro nel ringraziare la Scuola e gli alunni ha sottolineato che il tabernaco-lo, pur piccolo come oggetto d’arte, è tut-tavia per noi cristiani importantissimo perché in esso è custodita l’Eucaristia, il corpo di Cristo, tesoro autentico della Chiesa. Alla conferenza stampa di pre-sentazione del restauro erano presen-ti docenti, cittadini e numerosi alunni, alcuni dei quali hanno cantato dei bra-ni liturgici tra cui il magnifico mottetto Panis angelicus. Il risultato del proget-to è stato quello di suscitare negli alun-ni il senso di meraviglia per la bellezza

di un’opera d’arte, radice culturale del territorio, e di accrescere il senso di appartenenza alla co-munità ed ha permesso di “riconquistare” la co-noscenza e l’uso di spa-zi importanti della cit-tà, di tipo fisico, cultura-le e spirituale insieme. Il rapporto che si è andato creando tra gli studenti e il monumento adottato è

lievitato nella Scuola, debordando fuo-ri dalle mura dell’aula, ed ha investito la famiglia e l’intera comunità scolasti-ca nella consapevolezza di un ruolo re-sponsabile per la formazione dei futuri cittadini. Insomma, la Scuola ha ricon-quistato il diritto-dovere di essere un momento pensante del e nel tessuto so-ciale, un momento critico e propositivo insieme per l’affermarsi di una diversa cultura del recupero conservativo e del-la qualità della vita.

*insegnante

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bile risorsa del nostro Paese. Ne è nata una rete che annovera tante scuole dis-seminate in tutta Italia. Per l’esperienza oltre ventennale ed il successo raggiunto, “La scuola adot-ta un monumento” è divenuta “buona pratica” inserita a pieno titolo nel pro-tocollo d’intesa Mibac e Ministero per l’Istruzione come azione da promuove-re e diffondere ulteriormente nelle scuo-le di tutta Italia. La formula è semplice: la Scuola sceglie un monumento da adottare simbolica-mente su cui focalizzare le proprie at-tenzioni. Durante tutto l’anno in ogni scuola si studia in un contesto interdi-sciplinare il bene adottato, lo si conosce in tutti i suoi aspetti e si cerca di custo-dirlo, ed ove possibile, si arriva a curar-ne il restauro per una sua migliore sal-vaguardia. E’ un progetto di educazio-ne permanente al rispetto e alla tute-la del patrimonio storico-artistico che muove dal riconoscimento della centra-lità della scuola nella formazione della cultura e dei comportamenti dei giovani cittadini, individuati quali soggetti pri-vilegiati per l’affermazione di una nuo-

antonia Palumbo*

Nell’ambito degli incontri dedi-cati all’Educazione all’Affetti-vità, si è tenuto, domenica 28 gennaio a Monte Sant’Ange-

lo, presso l’Auditorium Beato Bronislao Markiewicz, l’incontro “Comunicare la bellezza dell’amore umano” rivolto a genitori, educatori ed adolescenti in cui si è discusso, con una platea interessa-ta ed eterogenea, di affettività e sessua-lità in adolescenza. Don Vincenzo D’A-renzo ha affrontato e percorso l’antropo-logia cristiana della differenza e del pre-zioso rapporto tra uomo e donna parten-do da alcune letture bibliche. Attraver-so la lettura dell’esperienza di Adamo, icona di ogni uomo, don Vincenzo ha in-dicato gli elementi fondamentali dell’i-dentità umana, come pensata da Dio fin “dal principio” e plasmata “a sua imma-gine e somiglianza”, maschio e femmi-na (Genesi 2,24), con il compito di vivere e trasmettere l’amore, di generare la vi-ta (“siate fecondi e moltiplicatevi” Gene-si 1,28). L’uomo, pertanto, ha bisogno di esistere con qualcuno e ancora più pro-fondamente di esistere per qualcuno. In Genesi 2,20 l’uomo si sente solo in quan-to nessuno degli altri esseri viventi sul-la terra gli offre le condizioni di base che rendano possibile una condizione di do-no reciproco. Quando il primo uomo, alla vista della donna esclama: “E’ carne della mia carne e osso delle mie ossa” (Gn.2,23) afferma l’identità umana di entrambi. La vocazione sponsale dell’uomo pertanto è

incontro di Pastorale FamiliareCompito educativo della famiglia è rendere i figli autonomi e capaci di cercare libertà e verità

ontologica perché è iscritta direttamen-te da Dio nell’uomo sin dalla sua crea-zione. Si è persona nella misura in cui si ama e, quindi, il mio bene è legato al be-ne dell’altro. Questa è la logica del dono che viene negata dall’individualismo do-minante dove il rapporto è caratterizza-to “dall’uso dell’altro”. Per questo è ne-cessario insegnare l’amore umano o co-me scrive Papa Giovanni Paolo II “aiuta-re l’uomo ad amare l’amore umano” (“Uo-mo e donna lo creò. Catechesi sull’amore umano”). E’ necessario che l’adolescente viva il percorso che parte dalla relazio-nalità passando per l’affettività, la cor-poreità arrivando alla sessualità con l’a-iuto di un adulto significativo. Questo perché se gli adolescenti sono chiamati all’amore, gli adulti sono chiamati all’in-tegrazione di quelle scissioni di pensiero ed emotive fisiologiche nell’adolescente, nella valorizzazione e nel rispetto delle differenze tra uomo e donna. La necessi-tà di un adulto significativo accanto all’a-dolescente nasce da diverse caratteristi-che fisiche e psichiche proprie dell’adole-scente come un diverso grado di matura-zione delle aree cerebrali nell’adolescen-te, cioè si sviluppano prima le aree cere-brali adibite all’espressione delle emo-zioni e poi quelle adibite al controllo di esse, un’accelerazione del percorso che induce al desiderio ad alla capacità di amare ed essere amati, dovuta allo svi-luppo delle diverse dimensioni fisico-psi-chiche che provoca nell’adolescente diso-

rientamento, instabilità e ricerca di nuo-vi equilibri. L’innamoramento costitui-sce per l’adolescente una palestra d’iden-tità perché gli permette di sperimentare ruoli nuovi, riconoscersi come maschio e femmina, realizzare la propria capaci-tà d’amare. Ma l’affettività è una gran-de ricchezza non quando è sguinzaglia-ta (“fai quello che credi”), ma quando è inserita all’interno di un progetto dove hanno un ruolo l’intelligenza e la volon-tà. Invece, un’affettività del “qui ed ora” sarebbe lasciata in balia dell’istintività e l’altro sarebbe strumentalizzato per sod-disfare i propri bisogni affettivi. E chi è l’adulto significativo? Può essere il genitore, ma probabilmente per il forte coinvolgimento emotivo di quest’ultimo anche più facilmente una figura adulta non genitoriale. Ma la capacità di ama-re nasce dall’esperienza di amore in fa-miglia ancora prima della nascita, ricor-dano Matteo e Mattia Lombardi, anche loro intervenuti all’incontro. Sì, perché si educa all’amore già quando il bambi-no è in pancia, attraverso il modo in cui la coppia si rispetta, si ascolta e si ama, lasciando tutto ciò già tracce nel bam-bino a livello emotivo. Perché ciò che fa crescere un bambino non sono tanto i discorsi, quanto soprattutto la profondi-tà delle relazioni affettive che vive pri-ma di tutto in famiglia. Infatti, il modo in cui i membri di una coppia gestisco-no i propri sentimenti reciproci, e come trattano i propri figli, costituisce una

fonte di apprendi-mento che attrae i figli, che sono mol-to attenti e pronti a cogliere i più sottili scambi emozionali all’interno della famiglia. Un genitore ca-pace di comunicare le proprie emozioni aiuta i figli a sviluppare le loro emozio-ni e l’empatia. Il compito educativo del-la famiglia è quello rendere i figli auto-nomi e capaci di cercare libertà e veri-tà e tale compito non può prescindere dall’aspetto sessuale, perché la sessua-lità non è altro dall’essere uomo, ma l’i-dentità stessa dell’uomo. Alla domanda chi sono, infatti, ognuno risponde con-notandosi sessualmente: io sono donna, io sono uomo. Anche per quanto riguar-da la sfera sessuale, all’adolescente non servono manuali ma genitori pronti ad accogliere ed ascoltare. Gli attuali siste-mi educativi rappresentano spesso l’ado-lescente alla ricerca ossessiva di sesso; in realtà ciò che superficialmente sem-bra un bisogno di sesso è un bisogno pro-fondo di amore: bisogno d’intimità, di te-nerezza, di conferma di esserci. Ed an-che nella sfera della sessualità il genito-re educa all’amore attraverso la sua pre-senza, con la testimonianza quotidiana e, quando occorre, con tanta capacità di ascolto e qualche domanda al momento giusto, non per investigare, ma per dire: “sappiate che anche per questi problemi noi ci siamo”.

*psicologa

silvana spagnuolo*

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Rinnovato il Consiglio Pastorale Diocesano che espri-me concretamente la natura comunionale della Chiesa, permettendo ai fedeli, in forza del proprio sacerdozio battesimale, di partecipare allo svolgimento e alla pro-grammazione della vita pastorale della Chiesa.

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Messaggio dell’Arcivescovo

la festa di s. lorenzo vescovo, patrono di Manfredonia e dell’arcidiocesi

Cari amici,com’ è noto, l’annuale ricor-renza di s. Lorenzo Maio-rano, patrono della città di Manfredonia e dell’intera nostra diocesi garganica, è molto contenuta e quasi li-mitata ai soli aspetti religiosi; non significhi però una minore con-siderazione verso il nostro Santo Pa-trono. Anzi, la Celebrazione Eucari-stica e la Processione che segue, ci permettono di dare a questa festa una connotazione più intima e spi-rituale. Come non ricordare, infat-ti, con gratitudine e devozione s. Lo-renzo Maiorano? Il Signore si è ser-vito di lui per gettare le fondamen-ta della nostra Chiesa sipontina. Egli, in tempi lontani, è stato il riflesso della premura di Cristo, Buon Pastore.Sì, è sempre Cristo che si prede cura del suo gregge. E questo ci dà speranza in questi nostri tempi in cui registriamo segni di un cam-biamento per tanti versi inquietan-te: anche da noi avanza una grave crisi di valori e si respira un’at-mosfera di relativismo che insi-nua il dubbio sulle nostre con-vinzioni di fede. Senza parla-re della coesione della famiglia e della società, oggi sempre più fragile.A ciò si aggiunge la pesante cri-si economica che ha investito in pieno anche la nostra città. I nostri giovani che pur sanno essere gene-rosi e creativi, hanno più di un mo-tivo di preoccupazione guardando al loro incerto futuro lavorativo.

E se poi guardiamo al pa-norama internazionale, ci rattrista vederlo segnato da ingiuistizie e disugua-glianze clamorose e, come

se non bastasse, punteggia-to di conflitti sanguinosi e di

azioni terroristiche. Sì, c’è tanta sof-ferenza in giro.San Lorenzo Maiora-no ci dia la forza di mettere insieme energie nuove per tessere una sto-ria di corale intesa per il progresso umano e spirituale della nostra città.Vi benedico tutti di cuore.

+ Michele Castoro, arcivescovo

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Arcidiocesi di Manfredonia - Vieste

San Giovanni Rotondo

Domenico ghirlandaioVisitazione - 1491

avviso sacro Grafiche Falcone - Manfredonia 0884.541962

Martedì 2815,30 Convegno Liturgico Diocesano Regio Hotel Manfredi-Manfredonia

MARZOMercoledì 1- Le CeneriInizio della Quaresima. (Digiuno e astinenza)18,00 S. Messa e imposizione delle ceneri Cattedrale

Sabato 420,45 Catechesi al popolo Santa Maria delle Grazie-S. Giovanni R.

Domenica 510,30 S. Messa e cresime S. Nicola – Rodi Garganico18,00 S. Messa e incontro con i fidanzati S. Maria del Carmine – Monte Sant’Angelo

Lunedì 6-Domenica 12Visita pastorale presso la Parrocchia “San Carlo Borromeo” - Manfredonia

Giovedì 911,00 S. Messa per le Forze dell’Ordine Cattedrale

Giovedì 16 – Domenica 19Visita pastorale presso la Parrocchia “San Salvatore” - Fraz. Montagna Manfredonia

Venerdì 179,30 Ritiro del clero diocesano con don Paolo

Gentili (Ufficio pastorale familiare nazionale)

Auditorium Mons. Vailati - Manfredonia

FEBBRAIOVenerdì 179,30 Ritiro del clero diocesano Auditorium Mons. Vailati - Manfredonia

Lunedì 2010,00 Incontro dei vescovi della Metropolia di

Foggia-Bovino, in Foggia

Martedì 2109,00 Presidenza Comitato nazionale beni

culturali - Roma

Mercoledì 2217,00 Ordinazione episcopale di S.E. mons.

Giovanni Intini - Conversano

Giovedì 2317,00 Inaugurazione corsi di Pastorale sanitaria Auditorium Mons. Vailati - Manfredonia

Venerdì 249,30 Formazione del clero con don Pasquale La

Rocca sul documento Mitis Iudex Dominus Iesus

Auditorium Mons. Vailati - Manfredonia19,30 Santa Messa con Fraternità di Comunione

e Liberazione - Chiesa Corpus Domini (Suore Discepole di Gesù Eucaristico) - Manfredonia

Sabato 2518,00 S. Messa Santuario Incoronata - Foggia

Lunedì 2716,00 Consiglio Pastorale Diocesano presso

Casa della Carità - Manfredonia


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