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18 febbraio 1989-18 febbraio 2009 Ventennale L. 56/89 · 14 Alle origini del movimento psicologico...

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ISSN 1828-7646 n. 1 - Marzo 2009 Dilemmi dell’identità e differenziazione sessuale Intervista a Paolo Valerio I gruppi a mediazione e il Fotolinguaggio Gli psicologi compiono 20 anni Celebrazioni XX Anniversario Legge 56/89 Poste Italiane s.p.a. - Sped.abb.post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46), art. 1 comma 2, DCB Po la PROFESSIONEdiPSICOLOGO Giornale dell’Ordine Nazionale degli Psicologi segue a pag. 3 18 febbraio 1989 -18 febbraio 2009 Ventennale L. 56/89 Ordinamento professione Psicologo Giuseppe Luigi Palma Presidente Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi I l 18 febbraio il Consiglio Nazionale dell’Ordine ha organizzato a Roma presso il Complesso Monumentale Santo Spirito in Saxia una cerimonia di celebrazione della legge di ordinamento della professione. E per ricordare i natali di questo psico- logo italiano ormai più che maggiorenne l’Ordine ha con vero piacere e grande onore consegnato un riconoscimento al Senatore Adriano Ossicini per il determinante impegno profuso per la promulgazio- ne della Legge. Abbiamo così voluto creare un evento per sottolineare e dare visibilità all’importan- te contributo della psicologia e degli psicologi nella società italiana; abbiamo scelto di organizzare un evento che si rivolgesse anche ai nostri interlocuto- ri istituzionali ritenendo più utile cercare di portare la nostra professione all’esterno, nelle istituzioni, nella società civile, attraverso la stampa, evitando di parlare, come spesso accade, di psicologia solo tra psicologi, ma portando fuori il racconto di questi venti anni di crescita della professione in Italia. La declinazione italiana della psicologia Nel corso del 2008 il Consiglio Nazionale ha condotto una ricerca sulla professione. Uno degli obiettivi era fotografare lo stato attuale della professione con riferi- mento al contesto nazionale. A breve tutti i risultati dello studio saranno oggetto di pubblicazione. Mi piace evidenziare in questa sede che dalla ricerca emerge che gli Psicologi sono presenti in diversi set- tori di attività. Per redigere lo schema che segue è stato preso in considerazione il settore prevalente: Salute (prevenzione e cura) 65% Scuola (Università esclusa) 30% Servizi Sociali 20% Organizzazioni/Aziende 14% Formazione Professionale 12% Area Giuridica 8% Università 7% Comunicazione/ pubblicità 4% Marketing 3% Sport/tempo libero 3%
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ISSN 1828-7646 n. 1 - Marzo 2009

Dilemmi dell’identità e differenziazione sessuale Intervista a Paolo Valerio

I gruppi a mediazionee il Fotolinguaggio

Gli psicologi compiono 20 anni

Celebrazioni XX AnniversarioLegge 56/89

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laPROFESSIONEdiPSICOLOGOGiornale dell’Ordine Nazionale degli Psicologi

segue a pag. 3

18 febbraio 1989-18 febbraio 2009Ventennale L. 56/89Ordinamento professione Psicologo

Giuseppe Luigi PalmaPresidente Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi

Il 18 febbraio il Consiglio Nazionale dell’Ordine haorganizzato a Roma presso il Complesso

Monumentale Santo Spirito in Saxia una cerimoniadi celebrazione della legge di ordinamento dellaprofessione. E per ricordare i natali di questo psico-logo italiano ormai più che maggiorenne l’Ordine hacon vero piacere e grande onore consegnato unriconoscimento al Senatore Adriano Ossicini per ildeterminante impegno profuso per la promulgazio-ne della Legge. Abbiamo così voluto creare unevento per sottolineare e dare visibilità all’importan-te contributo della psicologia e degli psicologi nellasocietà italiana; abbiamo scelto di organizzare unevento che si rivolgesse anche ai nostri interlocuto-ri istituzionali ritenendo più utile cercare di portare

la nostra professione all’esterno, nelle istituzioni,nella società civile, attraverso la stampa, evitandodi parlare, come spesso accade, di psicologia solotra psicologi, ma portando fuori il racconto di questiventi anni di crescita della professione in Italia.

La declinazione italiana della psicologiaNel corso del 2008 il Consiglio Nazionale ha condottouna ricerca sulla professione. Uno degli obiettivi erafotografare lo stato attuale della professione con riferi-mento al contesto nazionale. A breve tutti i risultatidello studio saranno oggetto di pubblicazione.Mi piace evidenziare in questa sede che dalla ricercaemerge che gli Psicologi sono presenti in diversi set-tori di attività.Per redigere lo schema che segue è stato preso inconsiderazione il settore prevalente:

– Salute (prevenzione e cura) 65%– Scuola (Università esclusa) 30%– Servizi Sociali 20%– Organizzazioni/Aziende 14%– Formazione Professionale 12%– Area Giuridica 8%– Università 7%– Comunicazione/ pubblicità 4%– Marketing 3%– Sport/tempo libero 3%

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Indice n. 1 - Marzo 2009

18 febbraio 1989 - 18 febbraio 2009 Ventennale L. 56/89 “Ordinamento professione Psicologo”di Giuseppe Luigi Palma

1

Gli psicologi italiani compiono 20 anni di Laura Gigliarelli

5

Nuovi scenari professionali per la tutela della salute e della sicurezza in ambito lavorativo di Fulvio Giardina9

Alle origini del movimento psicologico in Italia di Glauco Ceccarelli e Maurizio Micozzi

14

Dilemmi dell’identità e differenziazione sessuale Intervista al Prof. Paolo Valerio di Raffaele Felaco

I gruppi di mediazione e il Fotolinguaggio di Maria Clelia Zurlo

1824

Commissione per i ContrattiMaurizio Micozzi coordinatoreGirolamo BaldassarreRaffaele Felaco

Commissione Deontologica e Tutela della professioneGiuseppe Bontempo coordinatoreIva VedovelliSandra VannoniMarialori ZaccariaPiero CaiArmodio LombardoMax Dorfer

Commissione Giuridico-IstituzionalePaolo Fausto Barcucci coordinatoreManuela ColombariAlfredo MattioniMarco NicolussiLara Claudia Simona Costa

Commissione per il Tariffario e lo Sviluppo della ProfessioneImmacolata Tomay coordinatorePaolo Fausto BarcucciEnrico MolinariPiero CaiIva Vedovelli

Commissione Cultura, Aggiornamento, Formazione ed AccreditamentoAntonio Telesca coordinatoreLara Claudia Simona CostaTullio GarauRaffaele FelacoGirolamo Baldassarre

Osservatorio sul Codice DeontologicoArmodio Lombardo coordinatoreManuela Colombari

Marco NicolussiTullio GarauVito TumminoCatello ParmentolaSebastiano CiavirellaPaolo Michielin

Gruppo di Lavoro sull’UniversitàEnrico Molinari coordinatorePaolo Fausto BarcucciPaolo MichielinPietro Angelo Sardi

Gruppo di Lavoro sulla Sicurezza StradaleFulvio Giardina coordinatoreMax DorferMelita RicciardiLeonardo IndiveriGiorgio SchiavoLia Petrucci

Gruppo di Lavoro Psicologia delle EmergenzeGirolamo Baldassarre coordinatoreRaffaele FelacoAlfredo MattioniImmacolata Tomay

Gruppo di Lavoro sugli Atti Tipici Sandra Vannoni coordinatoreGiuseppe Luigi PalmaClaudio TonzarFulvio GiardinaMaurizio MicozziConsulenti esterni di comprovata esperienza nell’ambito legale,scientifico e professionale

Referente per la Psicologia del TrafficoMax Dorfer

Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi

Giuseppe Luigi Palma Presidente Presidente Ordine PugliaClaudio Tonzar Vicepresidente Presidente Ordine Friuli Venezia GiuliaFulvio Giardina Segretario Presidente Ordine SiciliaMaurizio Micozzi Tesoriere Presidente Ordine Marche Giuseppe Bontempo Consigliere Presidente Ordine AbruzzoAntonio Telesca Consigliere Presidente Ordine BasilicataMax Dorfer Consigliere Presidente Ordine BolzanoArmodio Lombardo Consigliere Presidente Ordine CalabriaClaudio Zullo Consigliere Presidente Ordine CampaniaManuela Colombari Consigliere Presidente Ordine Emilia RomagnaMarialori Zaccaria Consigliere Presidente Ordine LazioPiero Cai Consigliere Presidente Ordine LiguriaEnrico Molinari Consigliere Presidente Ordine LombardiaGirolamo Baldassarre Consigliere Presidente Ordine MolisePaolo Fausto Barcucci Consigliere Presidente Ordine PiemonteTullio Garau Consigliere Presidente Ordine SardegnaSandra Vannoni Consigliere Presidente Ordine ToscanaIva Vedovelli Consigliere Presidente Ordine TrentoImmacolata Tomay Consigliere Presidente Ordine UmbriaAlfredo Mattioni Consigliere Presidente Ordine Valle d’AostaMarco Nicolussi Consigliere Presidente Ordine VenetoLara Claudia Simona Costa Rappresentante Sezione B

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continua da pag. 1

La Professione di Psicologo n. 01/09

Editoriale

3

E a fronte di tale ampia declinazione della operativitàprofessionale, l’Ordine porta avanti precise richieste almondo politico, non come obiettivo corporativistico,ma in termini di riconoscimento di ruoli e funzioniattraverso una lettura della domanda sociale di psico-logia. Ne cito alcune.

Sul territorio. Nel contesto italiano, per lo svilupposociale e civile del nostro paese, risuona la necessitàdi una conoscenza e presenza capillare sul territorio,per questo l’Ordine chiede l’istituzione di uno psicolo-go di base quale referente locale per la promozionedel benessere psicologico e l’individuazione precoce epreventiva dei fenomeni di disagio come il branco, ilbullismo, oltre che episodi di intolleranza e razzismo.L’Ordine degli psicologi denuncia da anni questaassenza.

Per la scuola. Altro nodo centrale è l’esigenza di unservizio di psicologia per la scuola. Le problemati-che scolastiche più rilevanti, secondo i dati raccoltidall’Ordine, in collaborazione con gli Istituti Regionaliper la Ricerca Educativa (I.R.R.E.), riguardano princi-palmente lo scarso impegno nello studio e la man-canza di attenzione durante le lezioni (3,5%), le dif-ficoltà di relazione che spesso si riscontrano tra ilcorpo docente (3,3%), gli alunni con necessità didat-tiche particolari (3,15%), le difficoltà di tipo organiz-zativo provocate dalle continue innovazioni e rifor-me (3,03%), infine i comportamenti aggressivi e vio-

lenti degli alunni (3,01%). L’attivazione di un servizio dipsicologia per la scuola è la strada principale per laprevenzione e la comprensione del disagio giovanile,delle problematiche e delle patologie, oltre che deglistili di vita. Se ne parla da anni, senza risultati: l’Italiaè rimasta il solo paese europeo a non tenere seria-mente e stabilmente in considerazione la dimensionepsicologica tra i banchi di scuola.

Nel contesto produttivo. Le evidenze scientificheprodotte in questi anni, inoltre, mostrano come lostress attivi processi in grado di alterare progressiva-mente gli equilibri psicologici e comportamentali del-l’individuo compromettendone anche la produttivitàsui luoghi di lavoro. Le agenzie internazionali hannosottolineato come lo stress lavorativo provochi unaserie di ricadute che comportano costi molto significa-tivi per le aziende, mentre la limitazione del fenomenosi traduce in un vantaggio, anche economico, per leimprese. Questo tema si collega strettamente allasicurezza sui luoghi di lavoro e ai numerosi casi dimorti bianche. L’attribuzione esplicita della compe-tenza in ambito di valutazione dello stress lavorativoalla figura professionale dello psicologo è un’esigenzaper l’Italia, più che un’opportunità.

All’interno della professione.In risposta alla crescente domanda di Psicologia si èregistrato, tra il ’94 e il 2008, un incremento del 198%degli psicologi. In aumento anche il numero di studen-

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Editoriale

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ti in psicologia, che ha raggiunto più di 68.000 iscrittinel 2007, per una crescita percentuale del 25% rispet-to al ’98. Gli psicologi europei risultano essere, com-plessivamente, circa 200.000; di questi, ben 70.000sono italiani. In altre parole uno psicologo europeosu tre è italiano. Agli inizi degli anni settanta furonoistituiti i primi corsi di laurea in Psicologia, Roma ePadova, oggi ne registriamo ben 59 con circa 70.000studenti. E’ un dato questo che conferma il forte appe-al della disciplina, ma rappresenta nel contempo lamaggiore criticità. E per questo l’Ordine da semprepersegue con trasparenza e chiarezza alcuniobiettivi riguardanti la formazione degli psicologiche hanno come finalità ultima la tutela dell’uten-za e della professione tutta.Non vi è dubbio alcuno che le attività professionalidello Psicologo sono orientate al perseguimento delbenessere e della salute dell’individuo, dei gruppi edelle organizzazioni. Per questo motivo abbiamo forte-mente voluto il passaggio della vigilanza dal Ministerodi Giustizia al Ministero della Salute. Oggi, grazie aquesto passaggio, anche il riconoscimento dei titoliesteri avviene presso il Ministero della Salute. Il Dott.Giovanni Leonardi, Direttore generale delle risorseumane e Professioni sanitarie del Ministero dellaSalute ha voluto con la sua presenza sia alla confe-renza stampa che alla cerimonia organizzata in occa-sione del ventennale, evidenziare che il passaggio alMinistero della Salute è il presupposto per il raggiun-gimento di obiettivi cruciali per la nostra Professioneconnessi al miglioramento della qualità della formazio-ne e quindi alle stesse prestazioni professionali. Miriferisco all’istituzione del numero programmato edal superameno della laurea triennale attraverso ilritorno a ciclo unico per Psicologia. Il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologiaveva espresso parere negativo circa la riforma cheintroduceva la cosiddetta laurea triennale. I motivi delnostro atteggiamento ostativo furono:

- sia di carattere scientifico-culturale: in quanto rite-nevamo e riteniamo che un percorso triennale nonsia assolutamente sufficiente per formare adegua-tamente operatori che intervengono in un campocosì delicato come la Psicologia, e ben lo compre-se chi con la legge 170/03 fu costretto a rivedere gliambiti di competenza del “dottore in tecniche psico-

logiche” ridimensionando le ambiguità e restringen-do ampiamente il campo di esercizio professionale;

- sia di carattere più generale e di sistema: in quantoil pretesto di adeguamento alla normativa degli altripaesi europei che doveva avere come finalità lafacilitazione della circolazione di studenti nella UE,divenne invece un veicolo per dare l’illusione ai gio-vani che si sarebbe potuta acquisire una compe-tenza professionale in soli tre anni. Ed è solo persostenere tale illusione, che trova spiegazione - manon giustificazione - la prima denominazione pro-fessionale del laureato triennale quale “psicologoiunior”. Solo successivamente, in nome della tra-sparenza nei confronti dei consumatori, tale deno-minazione è stata modificata in “Dottore in tecnichepsicologiche”, rendendo inequivocabile la differen-za sostanziale degli ambiti di competenza e otte-nendo l’effetto che speravamo: disincentivare i gio-vani dall’intraprendere la ricerca di un lavoro inesi-stente, smascherando l’illusione. Ne è testimonian-za l’esiguità degli iscritti alla sez. B (appena 160)dell’Albo che dovrebbe raccogliere i “professionisti- dottori in tecniche psicologiche”, nonché il tasso didisoccupazione degli stessi, che sfiora il 100%.

All’interno di questo numero troverete diversi articoli diapprofondimento di quanto fin qui citato, ma in ultimoconsentitemi di esporvi una riflessione. Negli ultimitempi ed in particolare in occasione delle elezioniENPAP si è dovuto registrare un clima teso, caratteriz-zato da forte conflittualità tra colleghi e istituzioni.Forse come psicologi non ne siamo usciti benissimo.Ma ciò che mi sta più a cuore è il futuro dellaProfessione e per questo ritengo che i problemi vada-no affrontati con grande senso di responsabilità daparte di tutti coloro che ricoprono posizioni e svolgonofunzioni istituzionali. L’auspicio è dunque quello che infuturo sia possibile promuovere azioni sinergiche fina-lizzate al superamento delle criticità che sono tante erichiedono determinazione e impegno da parte di tutticoloro che per ruolo o vocazione vorranno offrire uncontributo per lo sviluppo della professione.

Giuseppe Luigi Palma

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Gli psicologi italiani compiono 20 anni. Per l’occa-sione lo scorso 18 febbraio una cerimonia ha riu-

nito i vertici e gli esperti della professione per fare ilpunto sui nuovi scenari e le sfide dell’Italia in terapia. Con la Legge n. 56 del 18 febbraio 1989“Ordinamento della professione di Psicologo” èstato istituito in Italia l’Ordine degli Psicologi.Vent’anni di professione vuol dire un’esperienza atutto campo, maturata in differenti settori: clinica esalute, lavoro e organizzazione, educazione, ecc.Fondamentale è stata l’attività svolta nelle scuole e asostegno dell’educazione scolastica, ma oggi gli psi-cologi si trovano a dover affrontare nuove sfide.Alcune preoccupanti tendenze sono stress, depressio-ne e ansia in tempo di crisi finanziaria così come bul-lismo, dipendenza dal gioco d’azzardo, da videoga-mes e gioco compulsivo. “Oggi gli psicologi sonoimpegnati – afferma Giovanni Leonardi, DirettoreGenerale delle Risorse Umane e ProfessioniSanitarie del Ministero della Salute – nei consultori ein tutte le attività di sostegno ai pazienti soprattuttonelle situazioni di maggiore fragilità”. Questo grazieanche alla presenza capillare di psicologi su tutto ilterritorio: su 200.000 professionisti in Europa, 70.000sono italiani. In altre parole uno psicologo europeosu tre è italiano. “In Italia la psicologia ha avuto diffi-coltà ad affermarsi – ricorda Adriano Ossicini, pro-motore e padre fondatore della legge 56 del 1989che ha istituito in Italia l’Ordine nazionale – perchédopo la riforma Gentile del periodo fascista la nostramateria è stata di fatto cancellata. Non avevamo ruologiuridico e con grande fatica siamo riusciti a farci rico-noscere”. A ricordare l’importanza della professione cipensa ancora Giuseppe Luigi Palma, Presidentedel Consiglio Nazionale dell’Ordine degliPsicologi. “La psicologia è una materia sanitaria, il35% dei pazienti che si rivolgono al medico di famiglia

ha bisogno anche di sostegno psicologico. Sempre piùitaliani – conclude – ricorrono a noi per lutti, depres-sione, abbandono o attacchi di panico”. Il successo dei numeri ha avuto, però, più di un risvol-to negativo per l’inserimento dei neolaureati nelmondo del lavoro. “Il mercato dal 2004 – spiega Palma– non è in grado di assorbire nuovi psicologi, questo inmancanza di un numero programmato per l’accessoalla professione. Certamente la clinica non è l’areache offre garanzie di occupazione, perché su 70.000psicologi iscritti all’albo, ben la metà è già in possessodell’abilitazione alla psicoterapia”.Altro nodo centrale per l’Ordine è l’esigenza di servizidi psicologia scolastica. Dei 200 mila psicologi euro-pei, circa il 20% opera nella scuola e nell’educazione,eppure in Italia gli scolastici non hanno un riconosci-mento giuridico, spesso sono chiamati in causa soloper scelte autonome di singoli istituti. “Quello che chie-diamo – spiega Claudio Tonzar, vice presidente delConsiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi –non è uno psicologo in ogni scuola, ma un serviziopsicologico per la scuola”. In Europa ci sono esempi diquesto tipo, con specialisti che operano “nella forma-

Gli psicologi italianicompiono 20 anni di Laura GigliarelliGiornalista Ufficio Stampa CNOP

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Celebrazione XX Anniversario Legge 56/89

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On. Giuseppe Maria Reina, Sottosegretario Ministero Trasporti.

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zione degli insegnanti, counseling a bambini e genito-ri, aiuto nella scelta dell’orientamento scolastico ericerca psicoeducativa”. L’attenzione degli psicologi negli ultimi tempi, inoltre, siè fortemente concentrata su una delle emergenze distringente attualità: ansia, panico e stress da crisieconomica. In questi giorni si sente spesso parlare dinon lasciarsi prendere dal panico ma questo è più faci-le a dirsi che a realizzarsi. Insonnia, ansia, mal di testae problemi alimentari, sono solo alcuni dei disturbicausati dalla crisi che aumenta il disagio e spinge gliitaliani a chiedere aiuto ai ‘professionisti della psiche’che mai come in questa situazione possono diventareuna risorsa preziosa, non solo nel ruolo classico dialleviatori della sofferenza psichica ma soprattutto inquanto costruttori di senso e di significato per la per-sona. “Nonostante la crisi economica – spiega il PresidentePalma – la domanda di psicologia e psicoterapia ècrescente perchè il disagio viene avvertito di più ma ilcontributo della psicologia non si limita a fornire i pre-supposti per capire perchè il mondo delle certezzeeconomiche sia così. Le ragioni del malessere sonomolte; certamente il disagio di tipo economico è impor-tante, anche se non è l’unico. Quello che stiamo viven-do nella nostra società è un momento difficile che sitraduce anche in una maggiore richiesta di aiuto”. Amettere in difficoltà sono soprattutto “la precarietà –sostiene Palma – in tutte le sue sfaccettature, sia incampo economico che lavorativo. C’è poi la percezio-ne di un futuro incerto e la mancanza di possibilità dicostruire una famiglia o semplicemente di avereun’abitazione. Infine una politica che non dà senso di

solidità. In questo ambito molto interesse stannosuscitando gli studi sulla resilienza cioè sulla capaci-tà di resistere e reagire positivamente a situazionitraumatiche che possono pregiudicare il benessere elo stato di salute psico-fisico dell’individuo. Gli inter-venti in questo campo consentono alla persona di rico-noscere e sfruttare le proprie competenze e risorseper gestire positivamente piccoli e grandi traumi.Questo coinvolgendo non solo il singolo ma anche lafamiglia, la comunità, i sistemi socio-sanitari, educati-vi, politici ed economici”.Le ricerche prodotte in questi anni, inoltre, mostranocome lo stress attivi processi in grado di alterare pro-gressivamente gli equilibri psicologici e comportamen-tali dell’individuo compromettendone anche la produt-tività e la sicurezza sui luoghi di lavoro. Modificarela legge 81 del 2008, il Testo unico in materia di tuteladella salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, èuna delle richieste proprio del Consiglio Nazionaledell’Ordine. “Finalmente anche in Italia – ha dettoGiuseppe Luigi Palma – con la legge 81 si introduce lavalutazione dei rischi anche da stress lavoro-correlato.Noi ora chiediamo che venga attribuita in manieraspecifica allo psicologo tale valutazione. Si tratta di uninvestimento importante da parte della società perchéinterviene in tutte le problematiche connesse allostress, portando un risparmio notevole anche in termi-ne di costi’’. Ci sono poi gli infortuni in itinere, cheavvengono cioè mentre ci si reca al lavoro. “Mentre gliinfortuni sui luoghi di lavoro tendono a diminuire, quel-li in itinere – ha aggiunto Fulvio Giardina, SegretarioConsiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi –tendono ad aumentare: i mortali in itinere sono stati

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274 nel 2006 e 300 nel 2007,mentre le morti sui luoghi dilavoro sono state rispettivamen-te 1.067 e 907. Così dicasi pergli infortuni non mortali: quelli initinere sono andati esponenzial-mente crescendo dai 58.286 del2001 ai 90.833 del 2007. Conuna mobilità interna così aumen-tata, il fattore umano – ha ribadi-to Giardina – è determinante’’.Oggi il normale svolgimentodella quotidianità è messo arischio da un altro diffuso feno-meno: lo stalking, molestie softche iniziano con telefonate ripe-tute e possono sfociare nella vio-lenza fisica. “Una molestia psico-logica e subdola – spiegaClaudio Tonzar, vice presidente del ConsiglioNazionale dell’Ordine degli Psicologi – che si insi-nua nella vita delle persone. Non esiste un profilo del‘molestatore medio’, può essere chiunque, certamen-te un grande manipolatore. Di fronte al dilagare di que-sto fenomeno in Italia gli psicologi possono e devonooffrire opportunità di ascolto e assistenza alle vittime,oltre che fornire supporto psicologico agli stalker stes-si. In tutto il Paese – prosegue Tonzar – sono già moltele iniziative anti-stalking avviate dagli psicologi per

prevenire e contenere il fenomeno, tramite anche unacampagna di sensibilizzazione nelle scuole medie enei licei”. Nell’era di internet non può mancare, poi,l’attenzione da parte degli psicologi per le molestiesessuali online. Stalker che sfruttano le potenzialitàdei social network per andare a caccia delle loroprede sessuali, giovani, giovanissimi, minorenni com-presi. Un bacino di utenza enorme che fa gola a tutti ipredatori sessuali.Non manca poi l’attenzione degli psicologi per un’altra

L’intervista Celebrazione XX Anniversario Legge 56/89

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emergenza di stringente attualità: la dipendenza dagioco d’azzardo dove schiavitù, ossessione e ripetiti-vità diventano patologiche. “La dimensione del gioco –spiega Maurizio Micozzi, Tesoriere ConsiglioNazionale dell’Ordine degli Psicologi – è ribaltata inun comportamento distruttivo alimentato da una seriedi problematiche psichiche. Il gioco diviene un bisognoirrefrenabile e incontrollabile al quali si accompagnauna forte tensione emotiva ed una incapacità di ricor-rere ad un pensiero riflessivo e logico. Come ricono-

scere la vera dipendenza? Attraverso sintomi di asti-nenza e sintomi di perdita di controllo manifestati dal-l’incapacità di smettere di giocare. I giochi che sem-brano predisporre maggiormente al rischio sono quel-li che offrono maggiore vicinanza spazio-temporale trascommessa e premio, quali le slot-machine, i giochi dacasinò ma anche videopoker e il Bingo. Le fasce più arischio – conclude Micozzi – sembrano invece, tra ledonne, le casalighe e le lavoratrici autonome tra i 40 ei 50 anni e, tra gli uomini, i disoccupati o i lavoratoriautonomi che hanno un frequente contatto col denaroe con la vendita ed un’età intorno ai 40 anni”.Alla cerimonia per celebrare i vent’anni dall’istituzioneerano presenti anche numerosi politici. Tra questi iSottosegretari alle Infrastrutture e Trasporti, l’On.Giuseppe Maria Reina, che ha aperto i lavori ricordan-do l’alta funzione etica della professione di psicologo,e l’On. Bartolomeo Giachino che, concludendo laserata, ha ricordato l’impegno suo e del Governo adinserire funzioni e competenze psicologiche nella rifor-ma del codice della strada che il Parlamento sta pre-disponendo.

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On. Bartolomeo Giachino, Sottosegretario Ministero Trasporti eInfrastrutture.

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9La Professione di Psicologo n. 01/09

PREMESSA

In via preliminare appare opportuno segnalare che ilquadro europeo di riferimento in materia di sicurez-

za e salute in ambito lavorativo si è sostanzialmentemodificato nel corso di questi ultimi anni. La Strategia comunitaria per la salute e la sicurezzasul lavoro per il quinquennio 2007-2012 prevede che“Una buona salute sul luogo di lavoro consente dimigliorare tanto la sanità pubblica in generale, quantola produttività e la competitività delle imprese. . . . Èquindi necessario garantire ai lavoratori condizioni dilavoro gradevoli e contribuire al loro stato genera-le di benessere.. . . I cambiamenti di comportamen-to devono essere incoraggiati tanto a scuola comenelle imprese. . . . La sensibilizzazione all’interno del-l’impresa può essere favorita grazie a misure e aincentivi economici di tipo diretto o indiretto, come adesempio tramite riduzioni di contributi sociali o dipremi assicurativi, ovvero attraverso aiuti economici.. .. Fra i problemi di salute che rischiano di divenire sem-pre più importanti e di determinare una definitiva inca-pacità al lavoro, figura la depressione. È quindinecessario favorire la salute mentale sul luogo di lavo-ro, ad esempio migliorando la prevenzione della vio-lenza e delle molestie sul lavoro, nonché lottando con-tro lo stress”.Alla luce di questa moderna concezione del lavoro, laqualità della vita ed il benessere assumono una valen-za strategica nel sistema produttivo nazionale, richie-dendo nuove risposte professionali.La professione di psicologo si manifesta qualitativa-mente attraverso l’impegno soprattutto dei giovani pro-

fessionisti nella ricerca di ambiti professionali semprepiù coerenti con i bisogni del paese. E’ anche cresciuta – purtroppo eccessivamente – daun punto di vista quantitativo, poiché di fatto non si ècreata una intesa in tal senso tra il mondo accademi-co e quello della professione.Ma soprattutto la professione di psicologo si è svilup-pata, è cresciuta senza alcun supporto di norme e ditutele formali e sostanziali, che da un lato definisserogli ambiti professionali e dall’altro facilitassero la dis-seminazione di un modello professionale condiviso.E paradossalmente oggi vi è molta richiesta di psico-logia in Italia, ma pochi psicologi vengono coinvolti ininterventi mirati, sia a livello preventivo che a livelloapplicativo, col rischio di semplificare troppo, e bana-lizzare, gli interventi professionali.Certamente una professione si costruisce, e si difen-de, attraverso la qualità del proprio prodotto offerto,ma è pur vero che il mercato della libera professionenecessita di poche, ma chiare, regole condivise, cheda un lato incentivino la leale concorrenza tra i profes-sionisti e dall’altro possano garantire i fruitori, gli uten-ti, sulla qualità del prodotto offerto. Gli Ordini professionali, primo fra tutti quello degli psi-cologi, hanno il dovere etico, proprio perché rappre-sentano la risorsa intellettuale del paese, di contribui-re attivamente al miglioramento complessivo, ognunoper la sua parte, della qualità della vita dei cittadini.

LA QUALITÀ DELLA VITA LAVORATIVA

L’andamento degli infortuni mortali sul lavoro in Italiadal 1950 al 2007 è direttamente correlato allo svilup-po sociale ed economico del paese (grafico 1).

Nuovi scenari professionaliper la tutela della salute edella sicurezza in ambitolavorativo

di Dott. Fulvio GiardinaPresidente Ordine Psicologi Sicilia Consigliere Segretario CNOP

Celebrazione XX Anniversario Legge 56/89

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Negli anni ’60 si trattava di una vera e propria “guerra”,con oltre 4.000 caduti l’anno. Ma il bisogno di risolle-varsi dalla distruzione e dalla tragedia dell’ultimo con-flitto mondiale faceva mettere in secondo piano irischi, anche mortali, cui erano esposti i lavoratori. Dagli anni ’90 ad oggi, con l’entrata in vigore del D.Lgs626/94, vi è stato un indubbio calo del numero com-plessivo degli infortuni in genere, e di quelli mortali, siaper l’evoluzione della normativa e delle procedure disicurezza, sia per l’uso di tecnologie sempre più avan-zate a tutela dei lavoratori, sia per una modificazionedel sistema industriale e lavorativo, sia per una indub-bia crisi produttiva, che oggi è sfociata in una dramma-tica fase di recessione.

Un dato preoccupa particolarmente, e cioè il progres-sivo aumento del numero degli infortuni sul lavoro initinere, che sono quasi raddoppiati negli ultimi anni,passando da 58.000 nel 2001 a oltre 90.000 nel 2007(+ 60%) a fronte di una progressiva diminuzione degliinfortuni in occasione di lavoro, che passano invece da965.000 nel 2001 a 821.000 nel 2007 (- 15%).

E’ un dato fortemente critico e difficilmente controllabi-le, perché da un lato è direttamente correlato ad unnuovo stile di vita dei lavoratori, sempre più disponibi-li a lunghi spostamenti veicolari per raggiungere illuogo di lavoro, dall’altro perché è noto che la causa ditutti gli incidenti stradali non è affatto attribuibile avariabili esterne alla guida.

Il superamento dell’attuale, drammatica, fase recessivain cui è calato il nostro paese dovrà essere supportatoda grandi investimenti e realizzazioni di opere infrastrut-turali, che vedranno impegnati un numero elevato dilavoratori, soprattutto giovani di prima assunzione edextracomunitari, i quali, da un punto di vista meramen-te statistico, sono i più esposti a rischi di infortunio. Ma, se dinanzi ad un aumento di ore lavorate, doves-se prevedibilmente aumentare il numero degli infortu-ni, in particolare quelli mortali, è altrettanto vero che sipotrebbe determinare un clima di forti conflitti sociali. Infatti nel nostro paese, inserito stabilmente tra i mag-giori industrializzati del mondo, è ormai sedimentatoche la salute, individuale e collettiva, è un bene irri-nunciabile, che non può essere barattato nemmeno innome di reali bisogni occupazionali.L’elemento sui cui porre la nostra riflessione è che, adifferenza degli altri paesi europei, ancora in Italiatroppo spesso la genesi dell’infortunio sul lavoro èattribuibile al cosiddetto “fattore umano”.In altre parole, il lavoratore non pone quella corret-ta attenzione alle procedure lavorative, esponendo-si di fatto ad una serie di rischi difficilmente identifi-cabili.In Europa un lavoratore su tre, in tutto oltre40.000.000 di persone, dichiara di soffrire di stress sullavoro e si calcola che lo stress sia la causa di più del50% dei giorni lavorativi persi nell’UE.

Gli infortuni mortali sul lavoro in Italia dagli anni '50 al 2007

0

3511

44184644

3594

1919 1941

12611546 1478 1445 1328 1280 1341 1207

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500

1000

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3000

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4500

5000

1951 - 1961 - 1963 - 1971 - 1981 - 1991 - 1994 - 2001 - 2002 - 2 003 - 2004 - 2005 - 2006 - 2007

Figura 1

Andamento degli infortuni sul lavoro (2001 - 2007)

920.299898.121

881.849850.589

825.661

965.093

821.606

72.35679.073

89.432 92.497 90.833

58.286

84.880

700.000

750.000

800.000

850.000

900.000

950.000

1.000.000

in occasione di lavoro

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20.000

40.000

60.000

80.000

100.000

in itinere

2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007

Figura 3

Celebrazione XX Anniversario Legge 56/89

Gli infortuni mortali sul lavoro in Italia dagli anni ’50 al 2007

Andamento degli infortuni sul lavoro(2001 - 2007)

Infortuni mortali in ITALIA in occasione di lavoro ed in itinere dal 2001 al 2007

12501082 1087 1023 1000 1067 907

296396 358

305 280 274300

0200

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800

1000

12001400

16001800

2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007

Figura 2

Infortuni mortali in Italia in occasione di lavoro ed in itinere dal 2001 al 2007

La Professione di Psicologo n. 01/0910

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In Italia, dove lo stress è risultato il sintomo sanitariopiù comune associato al lavoro, il 27% dei sintomisanitari in ambito lavorativo è correlato allo stressrispetto alla media europea che è del 22%; un lavora-tore italiano su due godrebbe di sostegno e assisten-za da parte dei colleghi rispetto a due lavoratori su trein Europa. Per ciò che concerne l’assistenza da partedi un superiore, soltanto il 34% rispetto al 56% dell’UEa 25 stati.In Italia, si registrano livelli bassi di lavoro di gruppo:solo quattro lavoratori su dieci (39%) riferiscono che illoro lavoro comporta una costante collaborazione digruppo rispetto ad una media di oltre cinque lavoratorisu dieci (55%) dei rimanenti paesi europei dell’UE-25. La mera fase della gestione della sicurezza, definitadal punto di vista normativo dal D.Lgs 626/94, è statasuperata, perché un paese che ormai si colloca stabil-mente fra i primi otto del mondo, non può più conside-rare la sicurezza sul lavoro l’obiettivo primario, ma ilrequisito di base su cui collocare il vero cambiamentostrategico, per l’appunto la qualità della vita.L’azienda, il luogo di lavoro, non può essere conside-rato semplicisticamente quel luogo in cui si producereddito, individuale e collettivo, ma anche, e sopratut-to, quel luogo in cui l’individuo è facilitato ad acquisi-re benessere, a condividere valori, a vivere relazioni,in altre parole, ad arricchire la propria esperienza divita. Il D.Lgs 81/2008 rappresenta, pur con le indubbiecriticità relative soprattutto al regime sansionatorio,una nuova e moderna visione del mondo del lavoroitaliano, inteso come una parte necessaria ed indi-spensabile della grande tradizione produttiva euro-pea.L’articolo 28 è per l’appunto indicatore di questa rivo-luzione galileiana, in cui finalmente il lavoratore, l’indi-viduo con la sua storia e la sua appartenenza, divieneparte centrale di ogni tipo di tutela.

D.Lgs 81/2008 - Sezione II, Valutazione deiRischi, art. 28 “Oggetto della valutazione deirischi”

1. La valutazione di cui all’articolo 17, comma 1,lettera a), anche nella scelta delle attrezzature dilavoro e delle sostanze o dei preparati chimiciimpiegati, nonché nella sistemazione dei luoghidi lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicu-rezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quel-li riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischiparticolari, tra cui anche quelli collegati allostress lavoro-correlato, secondo i contenutidell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004, e quel-

li riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza,secondo quanto previsto dal decreto legislativo26 marzo 2001, n. 151, nonché quelli connessialle differenze di genere, all’età, alla provenien-za da altri Paesi.

La qualità della vita lavorativa, la stabilizzazione dellacondizione di benessere, non possono essere obietti-vi astratti, ma decisamente concreti.Ed il datore di lavoro, portatore di responsabilità indi-viduale nella gestione della sicurezza, è il garanteverso la società che la condizione di lavoro non influi-sce negativamente sulle condizioni fisiche e psicolo-ghe (cognitive, affettive, emotive, relazionali, sociali,ecc.) del lavoratore. In altre parole, tra gli altri rischi di natura infortunistica,igienico-ambientale e di tipo trasversale, dovrà esseredefinito e quantificato anche il rischio di esposizione a“stress lavoro collegato”, indicando nel Documento diValutazione dei Rischi le procedure atte alla tutela deilavoratori.

Appare evidente che la norma di riferimento, i lavoripreparatori, i documenti correlati 1 usano un vocabola-rio ed un linguaggio psicologico, sostengono in manie-ra indiretta, ma chiara, il ruolo che lo psicologodovrebbe avere all’interno del sistema “sicurezza”. Soprattutto l’accordo interconfederale non solo defini-sce lo “stress lavoro correlato” (art. 3), ma individuaanche i sintomi ed i fattori di rischio (art. 4): “1. Lo stress è una condizione che può essere accom-pagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psi-cologica o sociale ed è conseguenza del fatto chetaluni individui non si sentono in grado di corrisponde-re alle richieste o alle aspettative riposte in loro.2. L’individuo è assolutamente in grado di sostenereuna esposizione di breve durata alla tensione, che puòessere considerata positiva, ma ha maggiori difficoltàa sostenere una esposizione prolungata ad una pres-sione intensa. Inoltre, individui diversi possono reagiredifferentemente a situazioni simili e lo stesso individuopuò reagire diversamente di fronte a situazioni simili inmomenti diversi della propria vita.

1 Accordo interconfederale per il recepimento dell’accordo quadroeuropeo sullo stress lavoro-correlato concluso l’8 ottobre 2004 traUNICE/UEAPME, CEEP E CES CONFINDUSTRIA, CONFAPI, CON-FARTIGIANATO, CASARTIGIANI, CLAAI, CNA, CONFESERCENTI,CONFCOOPERATIVE, LEGACOOPERATIVE, AGCI, CONFSERVIZI,CONFAGRICOLTURA, COLDIRETTI e CGIL, CISL, UIL.

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3. Lo stress non è una malattia ma una situazione diprolungata tensione e può ridurre l’efficienza sul lavo-ro e può determinare un cattivo stato di salute. 4. Lo stress che ha origine fuori dall’ambito di lavoropuò condurre a cambiamenti nel comportamento e aduna ridotta efficienza sul lavoro. Non tutte le manife-stazioni di stress sul lavoro possono essere conside-rate come stress lavoro-correlato. Lo stress lavoro-cor-relato può essere causato da fattori diversi come ilcontenuto del lavoro, l’eventuale inadeguatezza nellagestione dell’organizzazione del lavoro e dell’ambien-te di lavoro, carenze nella comunicazione, etc.” I sintomi sono da ricercare nell’alto assenteismo, nellaelevata rotazione del personale, nei conflitti interper-sonali, nelle lamentele frequenti.I fattori di rischio sono attribuibili a:Organizzazione e processi di lavoro (pianificazionedell’orario di lavoro, grado di autonomia, grado di coin-cidenze tra esigenze imposte e capacità/conoscenzedei lavoratori, carico di lavoro, ecc.)Condizioni e ambienti di lavoro (esposizione a com-portamento illecito, a rumore, al calore, a sostanzepericolose, ecc.)Comunicazione (incertezza circa le aspettative sullavoro, prospettive di occupazione, ecc.)Fattori soggettivi (pressioni emotive e sociali, sensa-zioni di non poter far fronte alle situazioni, percezionedi mancanza di aiuto, ecc.).E’ opportuno, in questa fase, superare le proposte diinterventi mirati agli aspetti meramente clinici delmondo del lavoro, né a quelli legati alla ricerca ed allavalutazione del cosiddetto “clima organizzativo” e “par-tecipativo”. La richiesta degli imprenditori e dei lavoratori è quella dicostruire insieme un ponte di fiducia e credibilità con lanostra professione, affinché la necessaria quantificazio-ne del rischio di esposizione a “stress lavoro correlato”sia condivisibile da tutti e divenga una condizione preli-minare per ogni tipo di intervento futuro.Si tratta, per quanto riguarda la nostra professione, dicostruire modelli di lettura di questi fenomeni chesiano credibili sul piano concettuale e su quello appli-cativo sia per il mondo imprenditoriale che per quellodei lavoratori.Il mondo del lavoro richiede la produzione di strumen-ti per promuovere la salute che siano specifici, facili dausare, semplici e di basso costo 2.

Non è semplice indirizzare la qualità della vita, ilbenessere lavorativo all’interno di un quadro normati-vo rigido, nel senso che si tratta di valori che non sipossono imporre per legge! Ma certamente vi è una interrelazione tra gli aspettiorganizzativi e le relative regole condivise (i contratti dilavoro), il contesto interno ed esterno, l’ambiente dilavoro, la comunicazione, le relazioni interpersonali ela qualità della vita lavorativa. Proprio per enfatizzare la dimensione applicativa, sisegnalano alcune esperienze aziendali, difficilmenteesportabili, ma di indubbio interesse, orientate diretta-mente ed indirettamente al reale miglioramento dellaqualità di vita dei lavoratori. Il “contratto di sostenibilità” applicato presso la “casamadre” del gruppo Volkswagen (103.800 lavoratori,di cui 26.800 impiegati), prevede tra l’altro la “bancadel tempo” in cui il lavoratore può trasformare le mag-giorazioni per gli straordinari in “buoni tempo” da utiliz-zare nel corso della vita lavorativa in funzione dellapensione, e l’orario di lavoro differenziato a secondadell’età: più lungo per i più giovani, più breve per i piùanziani. Ed inoltre, la possibilità di allungare il tempo dilavoro attraverso il “co-investimento”, finalizzato aincentivare la concorrenza interna tra stabilimenti. Lostabilimento che si candida a concorrere per la produ-zione, ad esempio, di un nuovo modello potrà miglio-rare le proprie chances allungando temporaneamentel’orario di lavoro.L’azienda Della Valle Tod’s, fondata nei primi anni del1900, da Filippo Della Valle, si è evoluta in aziendaindustriale alla fine degli anni 70, con l’ingresso inazienda di Diego Della Valle, mantenendo però lo stilegestionale dell’azienda familiare, caratterizzata da unaricca rete di relazioni interpersonali, paritetiche e nongerarchizzate, tra tutti i lavoratori artigiani. La società marchigiana è tra i principali produttori dicalzature e pelletteria di lusso, con relativa commer-cializzazione, con circa 2.200 dipendenti L’elevataqualità dei prodotti è garantita dalla forte componentemanuale che caratterizza tutte le fasi della filiera pro-duttiva: ogni prodotto viene eseguito a mano, con tec-niche di alto artigianato, per diventare, dopo numerosipassaggi e controlli, un oggetto esclusivo e riconosci-bile.

L’interno della nuova officina meccanica della Ferrari,a Maranello, dove “l’aria è respirabile, fresca, anche sefuori c’è un sole da ustioni: condizionamento d’aria,ma anche effetto della parete-serra esterna cherespinge il calore d’estate e lo immagazzina d’inverno;bio-architettura, rumori attutiti, anche quello visivo:domina il grigio-argento con tocchi di rosso vivo, e poi

2 Decalogo della Sicilia per l’Attuazione della promozione della Salutenei luoghi di lavoro (WHP) nei paesi del Sud Europa (Siracusa 5 - 7Aprile 2001), Raccomandazione 5.

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il verde: visibile attraverso le grandi vetrate, ma anchedentro, nelle due oasi che ospitano salette per riunio-ni di reparto, e che hanno una funzione forse più psi-cologica che ecologica” 3.

Nella fase di prima attuazione del D.Lgs 81/2008,ancora non emerge in maniera inconfutabile il ruoloprofessionale che lo psicologo dovrà assumere all’in-terno dell’architettura della tutela e della prevenzione. Nell’ambito della sorveglianza sanitaria il datore dilavoro, affidando l’incarico esclusivo al medico compe-tente, tutela i lavoratori, e soprattutto delimita la pro-pria responsabilità, anche giuridica, in tal senso.La funzione del medico competente del resto apparechiara, sia nella definizione delle procedure relativealla sorveglianza sanitaria, sia nella formulazionedelle interrelazioni professionali con i lavoratori e conil datore di lavoro. Nella valutazione dello “stress lavoro correlato” almomento non vi sono indicazioni normative circa lametodologia da utilizzare ed il professionista da inca-ricare, né – francamente – vi è giurisprudenza in meri-to, né esperienze rilevanti, anche non codificate.

La psicologia del lavoro, che rappresenta un’area pro-fessionale tradizionalmente vicina al mondo del lavo-ro, grazie alla omologa Società scientifica ha assuntoun ruolo meritorio, di altissimo livello rispetto agli altripaesi europei, soprattutto nel campo della ricerca, del-l’orientamento e della selezione del personale4.Purtroppo, all’interno della tradizione ventennale dellaprofessione di psicologo, non si ha riscontro, se non inqualche esperienza locale, di interventi professionalimirati specificatamente alla sicurezza ed alla salutedei lavoratori. Appare quanto mai opportuno prendere atto deinumeri delle aziende, i cui datori di lavoro dovrannoapprontare quanto è definito dalla normativa preven-zionistica, tra cui la tutela di esposizione al rischio di“stress lavoro correlato”.La Confederazione Generale dell’Industria Italiana(Confindustria) oggi, raggruppa circa 116.000 impresee circa 4.200.000 lavoratori a vario titolo.In Italia le Piccole e Media Imprese (PMI) costituisco-no una realtà numericamente molto significativa: su4.338.766 imprese, 4.335.448 (il 99,9%) sono, infatti,piccole e medie imprese; il resto è formato da impreseche impiegano da 10 a 49 addetti (196.090 unità, parial 4,5%), mentre le imprese di taglia più grande (da 50a 249 addetti) sono appena 21.867, ossia lo 0,5% deltotale.La Pubblica Amministrazione assorbe circa 3.500.00di lavoratori. Senza alcuna retorica, la professione di psicologooggi è la più attrezzata per rispondere ai nuovi bisogniindividuali e collettivi, presenti soprattutto nel mondodel lavoro, con la ricchezza umana e professionalemessa in campo quotidianamente, ed umilmente, datutti gli psicologi italiani.Ma si tratta di numeri che richiedono un grande impe-gno, soprattutto da parte del mondo accademico, chedovrà necessariamente adeguare le offerte formativerivolte ai futuri psicologi ai nuovi bisogni emergentidella società italiana.

Ringrazio per la gentile collaborazione la dottoressaAlessia Magnano, psicologa.

3 La Repubblica, 2002.4 www.siplo.org.

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Alle origini del movimentopsicologico in Italiadi Glauco Ceccarelli Professore associato di Storia della psicologia – Direttore dell’Istituto diPsicologia “L. Meschieri” dell’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”

Maurizio Micozzi Presidente dell’Ordine degli Psicologi delle MarcheConsigliere Tesoriere del CNOP

Già nel 1998, a Lecce, in occasione del ICongresso degli psicologi italiani posteriore alla

legge sulla professione, venne presentato, in aperturadei lavori, un contributo che riportava alla luce, nellesue caratteristiche peculiari e nelle differenze conl’epoca odierna, il vero primo congresso degli psicolo-gi italiani, tenuto a Torino nel 1911 (Ceccarelli, 1998a).Un breve scritto che anticipava questo contributo, pub-blicato sul giornale dell’Ordine Nazionale, si intitolavasignificativamente “Come eravamo” (Ceccarelli,1998b): non c’erano però venature nostalgiche, c’erainvece l’intento di operare una riscoperta, intento cheè opportuno riprendere e sviluppare oggi in questasede, quando e dove si ricorda il ventennale dellalegge n. 56 del 1989.Si tratta infatti di tentare un recupero, pur sintetico,della profondità storica, un richiamo doveroso alle ori-gini. Di delineare un ricordo degli inizi di un percorsoche ha portato all’inserimento nella società italianadella psicologia, come disciplina scientifica e comeprofessione. Di gettare uno sguardo retrospettivo chepermetta di cogliere meglio i mutamenti, i progressi ei cambiamenti, a loro volta legati e intrecciati alle tra-sformazioni del contesto culturale, scientifico e socia-le italiano. Di tratteggiare una riconsiderazione deiprimi passi del “movimento psicologico” in Italia, perattestare il cammino compiuto, per riscoprire quellache potrebbe essere chiamata la ‘via italiana alla psi-cologia’.Dietro la data di oggi c’è infatti una storia articolata,che motiva l’evento presente e che riguarda in primisciò che è accaduto dopo il riconoscimento giuridico. E,prima ancora, c’è l’annoso e accidentato percorsodella legge ordinistica.Ma ancora più indietro, e complessivamente, c’è unastoria molto più lunga, quella della psicologia e deglipsicologi in Italia, che, è il caso di affermarlo in questasede, ‘vengono da lontano’. Una vicenda fatta di que-

stioni di fondo che si sono alternate e succedute neltempo, di incontri e di rapporti a volte difficili con altrediscipline, di avanzamenti e di ritorni indietro, di pro-blemi e di soluzioni, di vie sempre nuove e di vieabbandonate, di saperi e, più tardi, di prassi operative. Senza poter tracciare qui un arco compiuto, si puòprovare a risalire ad un secolo fa, e fissare le lancettedel tempo all’anno 1909, tentando di fotografare ciòche esisteva allora in campo psicologico.

Che anno è, dunque, il 1909? Oltre a situarsi 100 anniprima dell’evento odierno e 80 anni prima della leggen. 56, è uno degli anni immediatamente posteriori aiprimi veri e significativi riconoscimenti che la psicolo-gia abbia avuto in Italia. E può essere proprio quelladei “riconoscimenti”, fra le molte possibili, la griglia dausare in questa giornata della memoria per rileggere ilnostro passato. Ma non senza ricordare che giàBoring (1929), uno dei più noti storiografi della nostradisciplina, sosteneva parecchi anni fa che «prima si èdata la psicologia, e dopo sono venuti gli psicologi»:indubbiamente, il caso italiano è paradigmatico di que-sta sequenza di eventi.E veniamo ad alcuni, pochi antefatti, che è necessariomenzionare per partire dalle radici. Ovvero da un’epo-ca nella quale la psicologia nel nostro Paese era soloun capitolo di qualche altra scienza, in genere piutto-sto marginale. Per una prima svolta, bisogna attende-re Roberto Ardigò, peraltro il maggiore filosofo positi-vista italiano, che pubblica nel 1870 la sua opera pernoi più importante, “La psicologia come scienza posi-tiva” (Ardigò, 1870), dalla quale possiamo ragionevol-mente datare l’avvio del riconoscimento scientificodella nostra disciplina. Ma va menzionato ancheGabriele Buccola (1883), primo studioso italiano adavere ampia consapevolezza dell’autonomia discipli-nare della psicologia e ad acquisire una fama interna-zionale. Così come occorre ricordare Giuseppe Sergi,

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tra l’altro per la sua “Memoria” del 1876, diretta alMinistero della pubblica istruzione al fine di ottenerel’istituzione di cattedre universitarie di psicologia(Sergi, 1876). Un appello che rimarrà inascoltato alungo, anche dopo che a Sante De Sanctis, a seguitodi vari tentativi, verrà concessa la libera docenza inPsicologia, nel 1901 (Marhaba, 1981; Ceccarelli,2007; Lombardo, di prossima pubblicazione).Ma se vogliamo rimanere centrati sui riconoscimenti,e il plurale è d’obbligo perché storicamente se ne sonoavuti più d’uno, è il 1905 l’anno che appare senza dub-bio cruciale: è infatti in questo anno che si verificano inItalia tre eventi di grande rilevanza, ognuno connessoad un diverso tipo di riconoscimento.Nell’Aprile del 1905 si tiene infatti a Roma, su designa-zione della comunità scientifica internazionale, il VCongresso, appunto internazionale, di Psicologia, alquale partecipano oltre 450 studiosi (De Sanctis,1905)1. È un riconoscimento, ormai più solido, di tipoessenzialmente scientifico, che, pur non risolvendoancora i problemi del rapporto con altre aree dellaconoscenza, comincia a delineare uno status autono-mo della disciplina, per di più in una dimensione di tra-sversalità culturale che supera i confini del nostroPaese.Ma nello stesso anno la psicologia consegue ancheun riconoscimento di carattere editoriale: viene infattifondata, ad opera di Giulio Cesare Ferrari, la “Rivistadi Psicologia applicata alla Pedagogia e allaPsicopatologia” (cfr. Babini, di prossima pubblicazio-ne), il primo vero giornale scientifico dedicato esclusi-vamente alla psicologia.2 Un secondo e significativotassello di un processo di costruzione di una identitàvisibile.Nello medesimo anno, giunge anche un terzo, e nonmeno importante, riconoscimento, quello accademico:il 18 Giugno del 1905, su iniziativa del ministroLeonardo Bianchi, e con il favore di molti freniatri, for-malizzato al congresso di Ancona del 1901, vienebandito il primo concorso a cattedre di Psicologia.Risultano vincitori, avviando la propria attività nel1906, Federico Kiesow a Torino, Sante De Sanctis aRoma e Cesare Colucci a Napoli (Marhaba, op. cit.;cfr. Luccio, di prossima pubblicazione). Uno “snodo”,

questo, a valenza fondante, sia ai fini dell’inserimentotendenzialmente paritetico nel novero delle scienzeappunto riconosciute, sia per le nuove prospettive chesi aprono sul piano della ricerca, sia, infine, per la pos-sibilità di inserire nella formazione universitaria anchela dimensione psicologica. Premessa questa moltolontana nel tempo, ma indispensabile per quella chesarà, parecchio più tardi, la costruzione di percorsiaccademici destinati a specifiche figure, gli psicologi.E sarà quello l’inizio del riconoscimento formativo, cheperaltro procederà con grande lentezza, tanto chebisognerà arrivare ai primissimi anni Venti per vederel’istituzione di un’altra cattedra, quella patavina, asse-gnata a Vittorio Benussi (cfr. Marhaba, op. cit.).

Parzialmente differente è il discorso che si può fare,per linee essenziali, circa un diverso tipo di riconosci-mento, quello sociale, che ha a che fare sia con ladimensione scientifica che con quella operativa. E checonsiste nel ritenere che ad una data domanda esi-stente in ambito appunto sociale possa dare rispostespecifiche una determinata professione, fondata sualtrettanto specifiche competenze e riferita ad unadisciplina scientifica a sua volta riconosciuta, nonchénel riscontro di una rilevanza, ovvero di una utilitàsociale dell’operato di quanti esercitano quella profes-sione. È questo un riconoscimento che ci appare percosì dire ‘diluito’ nel tempo e che conosce un momen-to di avvio durante la prima guerra mondiale (in parti-colare con una delle primissime applicazioni, la sele-zione degli aviatori, inaugurata da Agostino Gemelli(1917; 1918). Fa poi registrare qualche evoluzione nelperiodo della psicotecnica (tra le due guerre), cheperò non riguarda la psicologia nel suo insieme (ovve-ro complessivamente i versanti interconnessi dellaricerca, della teorizzazione e dell’intervento), madeterminate tecniche psicologiche funzionali allo svi-luppo socio-economico (cfr. Sinatra, 1999). Ed è infinestoricamente connotato, senza fare riferimento ai gior-ni nostri, da alcuni momenti di lieve incremento, comenel secondo dopoguerra, nel periodo del maggior svi-luppo della prassi orientativa, che poi è una prosecu-zione trasformativa dell’approccio psicotecnico.

Ma questi sia pure scarni accenni sollecitano a questopunto almeno un breve approfondimento, relativo aicaratteri salienti della psicologia italiana del primoNovecento.Il discorso riguarda indubbiamente più dimensionidella nostra disciplina. Il primo problema che la psico-logia si trova ad affrontare, e che si trascina a lungo,specie in Italia, riguarda l’accettazione in quantoscienza, ovvero come disciplina dotata dei requisiti

1Sul V Congresso internazionale di Roma e sugli altri eventi del 1905

si è tenuto a Urbino, nel 2005, un convegno dal titolo “Cento anni dal1905 – Un secolo di psicologia in Italia” (Ceccarelli, di prossima pub-blicazione, c).2 In occasione del convegno menzionato nella nota 1, è stato pubbli-cato un “fascicolo speciale” della Rivista di Psicologia, che riporta itesti storiograficamente più significativi concernenti il V Congresso, lafondazione della Rivista e l’istituzione delle prime tre cattedre(Ceccarelli, 2005).

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all’epoca prescritti sul piano del metodo e sul pianodell’individuazione di un oggetto proprio. A questo pro-blema si collega ben presto quella che sinteticamentesi potrebbe definire la questione del “posto” della psi-cologia nel sistema delle discipline scientifiche ricono-sciute, e che concerne soprattutto i rapporti, a lungocontroversi, con la filosofia da una parte e con lescienze biologiche dall’altra (Ceccarelli, di prossimapubblicazione, b). Una questione che oggi qualifiche-remmo primariamente come epistemologica, ma cheha ricadute forti sia sul piano accademico, sia, piùtardi, su quello professionale.

Ma ci sono anche altri caratteri, che vanno senz’altroevidenziati.Innanzitutto, occorre menzionare il fatto che i cultori dipsicologia sono una presenza praticamente “non visi-bile” nella società italiana di inizio secolo. Il primo con-vegno, nel 1911, compare sui giornali solo in due strin-gati trafiletti: d’altra parte, si tratta quasi di una riunio-ne per pochi intimi, dal momento che ai lavori prendo-no parte dodici relatori. Ma quella che va soprattuttoevidenziata è la pressoché completa assenza delleapplicazioni, e ciò nonostante se ne parli nelle epigra-fi di certe sezioni del V Congresso e nel titolo dellaRivista di Ferrari. Una psicologia che fa dunque dellaconoscenza in quanto tale il suo obiettivo prioritario,come programmaticamente emerge dal saluto diKiesow, al medesimo convegno, che rivolge «un pen-siero riconoscente» agli studiosi convenuti «a discute-re gli alti problemi del sapere» (Società Italiana diPsicologia, 1913). Del sapere, dunque, non ancoradell’operare. E non va dimenticato che a quel tempo,anche quando la psicologia era in qualche misuraaccettata, veniva più che altro vista come componen-te del bagaglio scientifico-culturale di altre professioni,da quella di filosofo a quelle di medico, di freniatra e diinsegnante. Per l’epoca della quale ci stiamo occupando siamo dun-que in qualche modo indotti a parlare di “psicologiasenza psicologi”, e almeno per due motivi. Innanzitutto,perché i cultori di psicologia di allora avevano tutti, ed ècomprensibile, una formazione diversa da quella psico-logica, e si interessavano di temi psicologici muovendodalla filosofia, dalla biologia, dalla medicina, dalla psi-chiatria. Poi, perché, come abbiano già evidenziato, unavera e propria operatività psicologica non esistevaancora, nonostante affiori qua e là qualche interesse inquesta direzione. Se ne possono trovare testimonianzeed evidenze se si prendono in considerazione anchesoltanto due tra gli ambiti operativi maggiori della psico-logia. Pensiamo in primo luogo ai test, che muovono inquegli anni solo i primi incerti passi, e sono all’inizio

scarsamente distinguibili dagli esperimenti di laborato-rio e talora addirittura confusi con essi, essendo attuatiin genere con l’ausilio di apparecchiature. Poi diventanosempre più sganciati da queste e calibrati su un livellopiù propriamente psicologico. Va però detto che analisistoriografiche recenti ci permettono di affermare cheproprio rispetto all’introduzione dei test l’Italia occupainternazionalmente una buona posizione. Infatti, giàpochi anni dopo il celebre articolo di James McKeenCattell sui “mental tests” (Cattell, 1890), prima Ferrari(Ferrari, 1900; Francia & Ferrari, 1912) e poi De Sanctis(De Sanctis & Bolaffi, 1914) producono e diffondono leprime prove, l’“Interrogatorio” ed i “Reattivi” (cfr.Ceccarelli, 2002).Ma riferiamoci anche alla psicoterapia, che è ancoraben lontana dall’essere quella che sarà in seguito, edall’avere quel rilievo che successivamente assumerà.Sappiamo che si tratta per lo più di tentativi derivatidall’ipnosi, dalla suggestione o orientati alla terapiarazionale, come in Italia attestano, per esempio, i volu-mi di Giuseppe Portigliotti (1903) e di CiprianoGiachetti (1913). La stessa psicoanalisi si è appenaaffacciata nel nostro Paese, con i lavori di LuigiBaroncini e di Gustavo Modena, del 1908 e del 1909,e, più tardi, con quelli di Marco Levi Bianchini (1913) edi Edoardo Weiss (1931). In un clima di resistenzaalquanto diffuso e imputabile a diversi fattori (cfr.David, 1990), non le viene preconizzato un grandeavvenire. Oltre a ciò, la psicoterapia non risulta esse-re di pertinenza dello psicologo, che non esiste comeprofessionista dell’intervento, ma del medico e del fre-niatra (Ceccarelli, di prossima pubblicazione, a). Eanche altre applicazioni non vengono pensate per lopsicologo, figura che per lungo tempo non compare,se non talora come “etichetta” che designa qualcosad’altro rispetto al tempo presente. Così è per i test, checitiamo ancora una volta, per ricordare che Ferrari eDe Sanctis li costruiscono, ma li intendono essenzial-mente come strumenti utilizzabili da parte dei medici edegli insegnanti (cfr. Ceccarelli, 2002). Resta infine da fare un accenno al riconoscimentoprofessionale sul piano giuridico, che è quello, comesappiamo, che tarderà di più. Ed è interessante nota-re come anche nel corso dei primi tentativi di istituirepercorsi formativi specifici in psicologia (come la notariunione di Milano del 1967, coordinata da MarcelloCesa Bianchi e Cesare Musatti; AA.VV., 1969) non sipensi unanimemente, in realtà, alla preparazione diuna figura di psicologo, ma ancora al contributo che lapsicologia può dare alla formazione di altre figure pro-fessionali. Bisognerà aspettare anni, con l’istituzionedei Corsi di laurea e poi delle Facoltà, e arrivare daultimo al 1989, con l’approvazione della Legge n. 56,

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che oggi ricordiamo nella ricorrenza del ventennale,insieme con il suo principale fautore ed artefice, il prof.Adriano Ossicini.

E qui ci fermiamo, perché questo vuole essere solo unbreve ed essenziale “viaggio” nella storia delle origini.Ed è proprio in riferimento a quegli anni ormai lontani,con tutto ciò che questo può significare anche in rap-porto al presente, che possiamo oggi dire “Così erava-mo cento e più anni fa”.

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Dilemmi dell’identità e differenziazione sessualeIntervista al Prof. Paolo Valerio

di Raffaele FelacoCoordinatore editoriale “La Professione di Psicologo”

Come è cambiato nel corso degli ultimi anni l’ap-proccio psicologico al transessualismo? Cosa sipensa oggi delle possibili cause?

Nel corso degli ultimi anni l’interesse, scientifico e non,nei confronti delle persone transessuali è cresciuto inmodo notevole e, visto che il modello che adotto nellamia pratica di ricercatore e di operatore è quello psi-coanalitico, è a questo modello che farò prevalente-mente riferimento. Per quanto riguarda la genesi deltransessualismo maschile i maggiori contributi inambito psicoanalitico possono essere rintracciati nel-l’opera di R. J. Stoller, negli studi condotti da L.Ovesey, E. S. Person, J. Lacan, M. Czermak, D.Quinodoz, A. Oppenheimer, C. Chiland, S. Argentieri eda D. Di Ceglie. Alcuni di questi autori sono stati pre-sentati al pubblico italiano in alcuni testi (“IlTransessualismo: Saggi psicoanalitici”, “L’enigma deltransessualismo: Riflessioni cliniche e teoriche”,“Dilemmi dell’identità: Chi sono? Saggi psicoanaliticisul genere e dintorni”) pubblicati dalla casa editriceFranco Angeli a cura del gruppo di lavoro di cui sonocoordinatore. Quando si parla di approccio psicoanalitico si presup-pone, nell’analisi dei fenomeni umani, un interesseprevalentemente rivolto alla parte in ombra, se così sipuò dire, del soggetto, alle complesse vicissitudini,cioè, che animano, agitano l’inconscio. Come già indi-cato da Freud, particolarmente rilevanti risultano ingenerale le dinamiche familiari che hanno accompa-gnato lo sviluppo della persona, per quel che esseproducono sul piano intrapsichico e relazionale.Anche nel caso del transessualismo, a partire dalleoriginarie riflessioni di Robert J. Stoller, il dibattito inseno alla comunità psicoanalitica è stato particolar-mente ampio ed articolato. Stoller, ad esempio, formu-lò l’ipotesi di una specifica costellazione familiareall’origine della condizione, con un padre sostanzial-

mente assente ed una madre, per così, dire “fagoci-tante” ed a sua volta presentante un’abnorme forma dibisessualità. In generale, d’altra parte, è facile intuirlo,le dinamiche familiari hanno sempre una grossaimportanza, un inevitabile riflesso su quello che è ilprocesso di costruzione identitaria tout-court. Dettoquesto, è giusto, però sottolineare come oggi, standoalle più recenti ipotesi formulate all’interno del para-digma psicoanalitico, il transessualismo abbia la pro-pria origine all’incrocio tra variabili biologiche edambientali. Rilevanti appaiono le vicissitudini dei primigiorni di vita, delle prime separazioni, delle prime gra-tificazioni, delle prime sofferenze mentali, nel loro arti-colarsi, però, con un patrimonio di partenza.Ovviamente nell’antica questione natura-cultura, lapsicoanalisi privilegia l’importanza del secondo ele-mento, senza tuttavia denegare, va detto, la rilevanzadel primo. Insomma, parafrasando Freud, rilevante èappunto anche quel fondo roccioso posto al di là delsimbolico. Vi sarebbe una complessa interazione travariabili intrapsichiche, interpersonali, sociali, cultura-li, il tutto, probabilmente anche con una certa dose dicasualità.

L’intervista

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Ciò detto, va però ricordato come il riferimento alla psi-coanalisi, quale corpus teorico unico, appaia oggiquanto mai problematico, potendosi piuttosto intrave-dere molteplici declinazioni cliniche e teoriche di essa,sebbene tutte ancorate all’originario insegnamentofreudiano. Sono state così formulate, a partire daiprimi interventi di Stoller sul tema, numerose ipotesisull’origine e sulla struttura della condizione transes-suale. D’altro canto, le teorie scientifiche non preten-dono più, oggi, di porsi come spiegazioni assolute delmondo, ma come costruzioni, ipotetiche e parziali, attea dare risposte ad alcune domande e ad aprire nuovearee di ricerca, costruzioni che presentano sempreuno scarto rispetto ai fenomeni studiati. Ciò è ancorapiù vero quando si parla di fenomeni psichici.

Qual è nella tua esperienza clinica la “realtà” delmondo transessuale?

E’ innanzitutto necessaria una precisazione rispetto aquella che definisci “realtà del mondo transessuale”.Sotto questo aspetto sembrerebbe più opportuno, perevidenziare la multidimensionalità del fenomeno,declinare, nell’ambito di un inquadramento scientificodel problema, il termine al plurale, parlare, cioè, ditransessualismi, e non di transessualismo. La stessapluralità e la parzialità in generale delle varie teoriescientifiche formulate sino ad ora, stanno, d’altraparte, probabilmente, ad indicare la presenza di unamancanza di omogeneità all’interno della categoria“transessuale” e la presenza, invece, di realtà vaste ecomplesse, irriducibili ad un unicum anche dal puntodi vista terminologico.L’esperienza maturata in più di quindici anni di lavoroin questo campo, mi spingono a pensare che siaquanto mai fuorviante riferirsi al “transessuale” o al“transessualismo”, ma che occorra riferirsi, alle “per-sone transessuali”. Quanti hanno fatto riferimentoall’Unità di Psicologia Clinica e Psicoanalisi Applicatada me diretta presentano sì delle straordinarie ridon-danze, soprattutto nella più superficiale modalità dipresentazione clinica, ma in realtà, al di sotto dellasuperficie, evidenziano strutture inconsce, storie eproblematiche decisamente differenti. Vedi, in realtànel mentre parlo di “modalità di presentazione clinica”,la parola sembra quasi morirmi in bocca. Per quantostrano ti possa sembrare, il fatto che tale condizionedebba essere inclusa nel novero delle malattie menta-li è tutt’altro che scontato. Per certi versi, essa ci spin-ge a ripensare alle categorie entro le quali pensiamoed inscriviamo le condizioni, innanzitutto esistenziali,con le quali ci confrontiamo nella nostra pratica quoti-

diana, in altre parole il senso stesso della follia. Comeho avuto modo di constatare partecipando a numero-si convegni nazionali ed internazionali, ad esempio, aiconvegni della World Professional Association forTransgender Health (un’associazione internazionaleche riunisce alcuni dei più autorevoli professionisti ericercatori impegnati in questo campo, all’interno deidiversi settori medico, chirurgico, giuridico, sociale epsicologico) o dell’Osservatorio Nazionale sull’Identitàdi Genere (un’associazione italiana che ha le stessefinalità) oltre che all’interno della mia particolare espe-rienza professionale, tra le persone transessuali cisono anche avvocati, psicologi, scienziati, medici,docenti universitari etc. e molte di queste persone, unavolta ottenuto il cambiamento anagrafico del genere,vivono una soddisfacente vita professionale ed affetti-va, avendo in alcuni casi potuto sposare il/la partnered adottare bambini.Per quanto riguarda, in ogni caso, le persone incon-trate nell’ambito delle attività svolte presso il mioservizio, sino ad oggi hanno fatto richiesta di soste-gno psicologico, prima dell’intervento di riattribuzio-ne chirurgica di sesso, circa 150 soggetti. Tra questila maggioranza è costituita da persone con sessobiologico maschile, con un rapporto di circa 3 a 1rispetto a persone con sesso biologico femminile.Questi dati concordano con quelli che sono i datiepidemiologici riconosciuti a livello internazionale.Sulle ragioni di questo dato, tuttavia, i pareri nonsono unanimi: occorre, ad esempio, tener contodella minore visibilità sociale delle persone transes-suali FtM (donne biologiche che hanno un’identità digenere maschile) e di altri fattori di natura socio-cul-turale. Proprio negli ultimissimi anni abbiamo osser-vato un significativo incremento di richieste proprioda parte di quest’ultima categoria di utenti, cosìcome un aumento della domanda di aiuto da partedi adolescenti e di giovani adulti. Cosa ciò significhie soprattutto quali siano le ragioni di tali spostamen-ti, come dicevo, è difficile pronunciarsi.

Qual è a tuo avviso la definizione più consona di“transessualismi” ?

Come ho prima accennato, proprio per evidenziarel’estrema diversificazione delle condizioni incontratenella pratica clinica, preferiamo declinare la parolatransessualismo al plurale, e parlare quindi di tran-sessualismi. Ciò ci consente, d’altra parte, di sottoli-neare oltre che la diversità delle singole realtà clini-che, anche il dinamismo che costantemente le carat-terizza. Tale dinamismo trova a mio parere espres-

L’intervista

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sione nei tre diversi organizzatori di senso a cui rin-via lo stesso suffisso trans: innanzitutto il cambia-mento, evidente ad esempio, nella parola “trasfor-mare”, quindi l’attraversamento, il movimento da unpunto all’altro, evidente ad esempio nell’espressione“volo transcontinentale”, ed infine l’oltre, ad esempioevidente nel termine “transcutaneo”, che mette inevidenza il superamento di un confine attraverso unmezzo o un luogo che viene per ciò stesso, appunto,oltre-passato. Riferendosi a tali organizzatori disenso, nella prima accezione del suffisso trans, peresempio, le persone transessuali desiderano modifi-care in modi diversi ed a livelli diversi il proprio corpoper adeguarlo al vissuto di genere vissuto come pro-prio. D’altro canto esse non costituiscono una realtàstatica, bensì, appunto dinamica, in movimento, daqui il riferimento all’attraversamento. Nella terzaaccezione del suffisso trans, infine, è possibile ritro-vare la natura più radicale del discorso con cui essici obbligano a confrontarci: la possibilità stessa, cioè,di un al di là della suddivisione binaria dei generi.Capisci bene, da quanto ho appena detto, la com-plessità della questione. Il termine transessualismo,in sé, con tutti i suoi derivati, rimanda, a mio avviso,non tanto ad una condizione univoca, quanto piutto-sto ad una pluralità di condizioni innanzitutto esisten-ziali, collocabili lungo un continuum tra diverse com-binazioni di identità di genere, sessuale, psicologica,sociale e di ruolo. All’interno di una siffatta comples-sa alchimia, in realtà ciascuno di noi trova una pro-pria collocazione identitaria, specifica, soddisfacenteed idonea a conseguire il proprio soggettivo benes-sere psichico, fisico e sociale.Nel mondo postmoderno in cui viviamo le personetrans ci costringono, quindi, a prendere atto dellanatura “fluida”, dinamica delle strutture identitarie.Insomma, come recitava il titolo di un libro uscitoalcuni anni fa, intorno all’identità personale il dibatti-to è “ancora aperto”. La stessa televisione sembraconfermare l’idea che basti solo volerlo e si può, nonsolo cambiare anche radicalmente il proprio aspettofisico, ma anche“cambiare sesso”, come se questofosse un abito smesso e non più alla moda. Le richie-ste delle persone “trans” ci costringono, quindi, aprendere atto che viviamo in un mondo che richiedeuna negoziazione continua dei nostri desideri.Certamente rimane la questione della complessitàdello statuto e dell’origine del desiderio, nel suoessere continuamente e dialetticamente in rapportoall’Altro simbolico e sociale, così come all’altro da séconcretamente incontrato nella propria esperienzaquotidiana.

In termini di definizione, possiamo provare a fareun po’ di chiarezza fra transessuale / transgen-der/travestito?

All’interno della letteratura scientifica è possibile tro-vare espressioni quali Transessualismo, Disforia diGenere, Transgenderismo, Disturbo dell’Identità diGenere. Quest’ultimo termine è quello impiegatoall’interno del DSM IV-TR, il Manuale Diagnostico eStatistico dei Disturbi Mentali, redatto dall’APA, l’as-sociazione degli psichiatri statunitensi, e, per cosìdire, tiene dentro sia la categoria transessuale chequella transgender: con la prima locuzione, transes-suale, infatti, ci si riferisce a quei soggetti che presen-tando una disforia di genere, in altri termini, come tidicevo prima, un vissuto di profonda discordanza trale caratteristiche anatomiche del sesso ed il vissuto diappartenenza ad un dato genere sessuale, si appel-lano alla scienza medica per rendere maggiormentecongruenti i due aspetti. Il termine transgender, inve-ce, fu utilizzato per la prima volta nel 1970 da VirginiaPrince, in opposizione al termine appunto transse-xual, per definire coloro che non desideravano sotto-porsi ad alcun intervento demolitivo-ricostruttivo degliorgani genitali e/o che rivendicavano per sé, in qual-che modo, un essere “a cavallo tra i generi sessuali”.All’interno di quest’ultima categoria, infine, possonoessere considerati i crossdresser (travestiti), chesono soliti indossare indumenti convenzionalmenteassegnati al sesso opposto, ma che non intendonosottoporsi ad interventi chirurgici di riattribuzione deicaratteri sessuali.

Mi pare che a differenza dell’omosessualità, neltransessualismo la scelta di un partner sessualesia una componente, ma non il nodo centrale delproblema. Il problema è, invece, relativo alla sceltadella propria identità, non di un diverso oggettodel desiderio?

Esattamente, l’omosessualità è una condizione defini-ta esclusivamente dallo specifico orientamento ses-suale, nel senso che le persone omosessuali sonosemplicemente attratte da persone del loro stessosesso anatomico, in assenza di specifiche questioniidentitarie. Nei transessuali, invece, vi è un’identità digenere (il senso personale dell’appartenenza al gene-re maschile o femminile) non concorde con il sessobiologico. Nel primo caso (omosessualità) la questio-ne riguarda la scelta del partner, come tu dicevi l’og-getto del desiderio, nel secondo caso (transessuali-smo) è coinvolta, invece, l’identità di genere.

L’intervista

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Quanto è complesso il processo di individuazionedi una persona transessuale?

Il processo di individuazione di una persona transes-suale è sicuramente estremamente complesso, dolo-roso, talvolta anche drammatico, soprattutto se si tieneconto che accanto alle difficoltà di socializzazioneconnesse a tale condizione vi sono spesso storie con-notate da esperienze traumatiche e dolorose comelutti, abbandoni e separazioni precoci, e che quellatransessuale può rappresentare la “soluzione” che lamente ha trovato per far fronte a tali esperienze. Tuttociò emerge chiaramente nel corso del sostegno offer-to alle persone transessuali che fanno riferimentoall’Unità da me diretta ed è molto ben descritto in trefilm bellissimi che affrontano il tema “La mia vita inrosa”, “Boys don’t cry”, “Trans America”e nel film“Mater natura” che è ambientato a Napoli.

Immagino che i progressi della chirurgia abbianodrasticamente cambiato la situazione- creandouna soluzione prima inesistente…Cosa accadeva“prima”?

L’ambiguità sessuale ha da sempre accompagnato laspecie umana, assumendo, nelle varie epoche, signi-ficati assai diversi secondo il mutare della cultura,della morale corrente e dell’etica religiosa. Ispiratricedi credenze, di favole mitologiche, di opere d’arte, èstata presa in considerazione da filosofi, naturalisti,giuristi, scrittori, e solo a partire dalla fine del XIX sec.e in maniera sistematica, essa è stata inscritta all’in-terno del discorso medico, divenendo oggetto di inte-resse da parte di endocrinologi, sessuologi, psicologi,psichiatri e chirurghi. Sebbene il termine transessualismo sia di recenteacquisizione, molte delle manifestazioni cui si riferiscehanno probabilmente interessato diverse etnie e cultu-re nel corso della storia. Il tema relativo ad esseri cheriunivano in sé l’uomo e la donna, dell’effeminato e delcinedo, l’antico ballerino dai costumi licenziosi, eranopresenti all’interno della cultura greca e latina. Bastipensare all’Androgino platonico e ad Ermafrodito nel-l’opera di Ovidio. Ma pensiamo anche a tal propositoai così detti “femminielli” della cultura napoletana, ai“hijras” dell’India, ai “berdache” presenti tra gli indianinordamericani ed ai “waria” dell’Indonesia.Certamente, comunque, la questione è estremamentecomplessa: ad esempio, nell’antichità il ricondurrel’androginia alla dimensione mitica costituì probabil-mente un’operazione necessaria all’esclusione di unasiffatta possibilità dal mondo reale. Come scriveva

Marie Delcourt, la celebre filologa classica belga,autrice del bel volume “Hermaphrodite: mythes et ritesde la bisexualité dans l’antiquité classique”, la “confu-sione” e l’ambiguità sessuale non era assolutamenteconsentita nella società dell’epoca: a destare preoccu-pazione, in particolare, era l’effeminatezza degli uomi-ni, che sembrava andare contro quella sorta di ordinenaturale che riconosceva nel maschile il modello diperfezione. In generale, d’altra parte, è estremamente complessoricondurre, sulla base dell’analisi storica, le figure cheè possibile riconoscere nella storia dell’umanità all’in-terno delle categorie cliniche con cui siamo oggi solitipensare a tali questioni. Certamente resta il sospettoche la medicalizzazione, ovvero la loro inscrizione nelnovero delle malattie mentali, sia una modalità, la piùrecente, per controllare quelle sessualità multiformi eperiferiche di cui parlava Foucault.

Quali sono allo stato attuale le possibilità, i limiti ele prospettive degli interventi psicologici rispettoai “transessualismi”?

Sebbene l’attuale normativa italiana non preveda laconsulenza psicologica quale passaggio obbligatoall’interno dell’iter per l’ottenimento della rettificazioneanagrafica del sesso, è ormai prassi consolidata, nella

L’intervista

Taraxacum officinale.

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maggioranza dei casi, fare ricorso ad essa. In partico-lare l’articolo 2 della legge che regolamenta tali que-stioni, la 164 del 1982, afferma la possibilità di acqui-sizione da parte del giudice istruttore di una consulen-za intesa ad accertare quelle che vengono indicatecome “condizioni psico-sessuali dell’interessato”. Insostanza agli psicologi viene per lo più riservato, pro-prio in virtù di tale passaggio, prevalentemente unafunzione diagnostica, di verifica cioè del possesso daparte del richiedente delle caratteristiche “cliniche”necessarie all’accesso agli interventi medico-chirurgi-ci. Come dire, se il “disturbo” investe il campo psichicosolo un esperto di tale settore ne potrà verificare l’ef-fettiva presenza. Stando così le cose si può ipotizzareche anche il clima di sospetto connesso al momentovalutativo che accompagna quasi sempre l’incontrocon l’operatore dell’area psicologica può contribuire arendere decisamente complesso l’inizio di un percor-so psicologico prolungato che, non solo viene consi-derato auspicabile dalle linee guida internazionali acui fanno riferimento gli operatori impegnati in questoambito, ma, se penso all’esperienza da me maturatain questi anni, sarebbe un passaggio quasi semprenecessario. L’effetto prodotto dalla stessa Legge è,infatti, che l’intervento psicologico viene ad essere vis-suto dai soggetti interessati più come un esame dasuperare, un passaggio formale di tipo burocratico,che come un’effettiva opportunità utile a raccordare gliaspetti inconsci con la propria domanda, la propriavicenda biografica, con il vissuto personale e sociale econ l’identità esteriore e legalmente riconosciuta. Èquesto forse il limite principale dell’intervento psicolo-gico nel campo del transessualismo, che l’assenza diun’autonoma domanda di aiuto portata ai cosiddetti“esperti delle malattie dell’anima” trova, per così dire,un rinforzo negli stessi dispositivi giuridici ad oggi invigore nel nostro paese. Tale Legge, d’altra parte, hain sé un altro aspetto che mi verrebbe da dire è deci-samente perverso: in qualche modo essa obbliga lepersone che definiamo transgender (che non si rico-noscono nel proprio sesso biologico, ma che purepotrebbero vivere felicemente senza sottoporsi adalcun intervento chirurgico, magari solo assumendo lesembianze esterne di un soggetto appartenente all’al-tro sesso), ad un intervento chirurgico di modifica deicaratteri sessuali primari e secondari. È solo in questomodo, infatti, che esse possono riuscire ad ottenere ilcambiamento del nome e la modifica del genere diappartenenza sul proprio documento di identità. Sipuò facilmente intuire cosa possa significare in termi-ni di possibilità di accesso al mondo del lavoro avereun aspetto esteriore di un tipo ed un documento diidentità che indica la tua l’appartenenza ad un genere

opposto a quello che, per così dire, si dà a vedere.Oltretutto si tratta anche di una grave violazione dellaLegge sulla privacy, perché in qualche modo, standocosì le cose, uno si trova costretto a fornire necessa-riamente informazioni sul proprio stato di salute. Cometi dicevo, d’altra parte, da una valutazione della lette-ratura internazionale sul tema e dall’esperienza matu-rata dai vari ricercatori operanti presso l’Unità da mediretta e presso il dottorato di ricerca in Studi diGenere coordinato dalla prof.ssa Adele NunzianteCesaro, emerge che tra i fattori efficaci per il succes-so del “cambiamento di sesso” sicuramente rientranola consulenza e il sostegno psicologico. Ma, in propo-sito, stando quello che ti ho appena detto, si deve sot-tolineare che l’intervento psicologico può risultare effi-cace solo se è la persona a richiederlo ed a sentirne ilbisogno, portando una propria domanda di aiuto. Essodovrebbe avere come scopo quello di aiutare la perso-na a raggiungere un migliore equilibrio intrapsichico erelazionale, contribuendo così a diminuire il carico disofferenza soggettiva. Dovrebbe, infine, fungere dasistema filtrante per quelli che nella persona transes-suale sono i dubbi, i desideri, le aspirazioni, i timori, inmodo da poter consentire di scegliere l’alternativa cherealmente sia più soddisfacente ed in grado di produr-re la migliore condizione di benessere psico-fisico esociale. Per tale motivo, in futuro si dovrebbe prevede-re la possibilità di incrementare, indipendentementeda qualsiasi spinta e condizionamento di tipo legale egiuridico, l’offerta pubblica di consulenza e di assisten-za per persone transessuali. Allo stesso tempo, sidovrebbero mettere in grado i vari servizi presenti sulterritorio nazionale di coprire le diverse fasi del ciclo divita. La condizione, è infatti presente spesso sin daiprimissimi anni di vita ed il carico di sofferenza oltreche di confusione che essa porta con sé è, infatti,facilmente immaginabile.

Come si ridefinisce l’equilibrio tra natura e culturanegli interventi chirurgici riguardo ai “transessua-lismi”?

Se la cultura è prodotto “naturale” della mente umana,in linea di principio ciò che culturalmente risulta condi-viso dalla comunità può essere considerato come pro-lungamento della natura stessa; in tal senso qualsiasimodifica operata dalla cultura sulla natura che abbiacome effetto il miglioramento della condizione indivi-duale e collettiva diventa, a mio parere, socialmentecondivisibile, scientificamente progredito, eticamenteaccettabile, storicamente acquisito. In generale, l’equi-librio tra natura e cultura, per quanto appena detto, è

L’intervista

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dinamico, è fatto cioè di continui riassestamenti nelloro reciproco rapporto. Ora, se la medicina è in gradodi ridurre il carico di sofferenza di quanti si trovino avivere una condizione come quella di cui stiamo par-lando, che ben vengano. I progressi nelle tecniche chi-rurgiche impiegate, l’approntamento di presidi farma-cologici di tipo endocrinologico sempre più efficacisono, a mio avviso, auspicabili, ma allo stesso tempo,ne sono convinto, un adeguato intervento psicologicosi porrà sempre come un elemento ineludibile. Allostesso tempo, se l’obiettivo finale è quello di unmiglio-ramento delle condizioni psico-fisiche delle personeinteressate, di una salvaguardia del loro benesserecomplessivo, sicuramente gli interventi sul piano giuri-dico, come anche su quello sociale e politico non sonomeno trascurabili. Contro tutto questo sembrano andare le posizionirecentemente assunte dalla Chiesa Cattolica in riferi-mento al fenomeno, come è emerso dal discorso fattoil 22 Dicembre dal Santo Padre Benedetto XVI allaCuria Romana nel quale Egli afferma: “…Ciò chespesso viene espresso ed inteso col termine “gender”si risolve in definitiva nell’autoemancipazione dell’uo-mo dal Creato e dal Creatore. Ma in questo modo vivecontro la verità, vive contro lo Spirito Creatore…”. Nonè la prima volta che la Chiesa prende posizione inrelazione a tali questioni. Per tutto il medioevo, sino al1599, gli ermafroditi, una condizione certamentediversa da quella di cui ci stiamo occupando qui,erano condannati al rogo, perché violavano “l’ordinenaturale basato sulla separazione del genere umano

in maschi e femmine. Ancora nel XVII secolo era pre-sente una tradizione medica, che trovava echi nellariflessione teologica del tempo, che aveva al centro deipropri interessi la possibilità della metamorfosi delgenere. Se, in tal modo veniva contemplata la possibi-lità di una trasformazione del femminile in maschile, ilcontrario era decisamente considerato contro natura,perché in tal modo si sarebbe trattato di una violazio-ne di quella legge naturale che prevedeva una “natu-rale e spontanea” spinta verso la perfezione, dunqueverso il maschile. Insomma, come vedi, tali questioni sisono sempre intersecate e si intersecano oggi confaccende altre, complesse, che presuppongono e pro-ducono giudizi di valore intorno ai soggetti. È per talemotivo che è oggi necessario promuovere anche all’in-terno della nostra comunità scientifica e professionaleun dibattito finalizzato a chiarire il problema e a darechiare indicazioni, fondate su dati scientifici, su unaquestione che, come vedi, è decisamente molto com-plessa, ed allo stesso tempo sempre più attuale. A talfine è stato attivato nell’ambito delle attività promossedal Consiglio dell’Ordine degli Psicologi dellaCampania un gruppo di lavoro denominato “Identità diGenere, sviluppo e psicopatologia” finalizzato a riflet-tere su tale questione e ad individuare le strategieoperative più idonee per affrontarla sul piano profes-sionale e scientifico.

Nato a Napoli nel 1948, insegna Psicologia Clinica nell’Università di Napoli Federico II dove ha fondato ed attual-mente dirige la Scuola di Specializzazione in Psicologia Clinica ed è responsabile dell’Area Funzionale diPsicologia dell’Azienda Universitaria Ospedaliera Federico II, dei Servizi di Tutorato Specializzato per gli studen-ti con disabilità e del Centro di Consultazione Psicologica per gli studenti universitari.E’ stato allievo di Gustavo Iacono, sotto la cui guida ha iniziato i suoi studi in ambito psicologico. La sua attivitàdi ricerca è stata in particolare tesa ad approfondire l’area del disagio emozionale degli studenti universitari e l’ap-plicazione dei principi della psicoanalisi agli interventi di counselling psicologico. I suoi attuali interessi scientificie clinici sono particolarmente focalizzati sull’area dei Disturbi dell’Identità di Genere e della DifferenziazioneSessuale. Ha scritto e curato la pubblicazione di vari libri tra i quali: con P. Giusti, “Diventare medico oggi: emo-zioni, fantasie, conflitti (2001); con D. Bacchini,”Giovani a rischio: Interventi possibili in realtà impossibili” (2001);con S.M.G. Adamo e S. Adamo Serpieri, “L’approccio integrato alla disabilità infantile: Da esigenza culturale amodalità operativa (2002); con M. Bottone, R. Galiani, R. Vitelli, Il Transessualismo: Saggi psicoanalitici (2001);con M. Bottone e R. Vitelli, L’enigma del transessualismo: Riflessioni cliniche e teoriche (2004); con A. NunzianteCesàro, Dilemmi dell’identità: Chi sono? Saggi Psicoanalitici sul genere e dintorni (2006); con A. L. Amodeo, T.Liccardo, F. Tortono, Guardando un’organizzazione che cambia: l’intervento psicologico in un’istituzione militare(2006).

PAOLO VALERIO

L’intervista

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Il Fotolinguaggio

1. Dal 2005 è attiva una rete internazionale di docentie ricercatori universitari, psicologi clinici e psicoter-apeuti di approccio psicoanalitico, di diversi paesieuropei, Francia, Italia, Grecia, Romania, aventi incomune la pratica dei gruppi a mediazione. Lericerche effettuate da questa rete fanno riferimentoalla teoria psicoanalitica dei gruppi così come è statateorizzata da Didier Anzieu (1975) e René Kaës(1976, 1993, 1994). Gli scambi di ricerca trovanoappoggio in convenzioni Erasmus, che coinvolgono daanni i diversi Atenei di appartenenza (UniversitàLumière Lyon 2; Università di Napoli “Federico II”;National and Kapodistrian University of Athens;Università di Bucarest).I gruppi a mediazione sono dispositivi di lavoropsichico all’interno dei quali gli scambi sono mediati,sostenuti, facilitati dall’uso di un oggetto mediatore.Oggetti mediatori possono essere oggetti concreti,che sono proposti al gruppo, come le maschere (utiliz-zate da alcuni colleghi in Argentina)

1, le marionette o il

disegno, utilizzati in gruppi di bambini, ma possonoessere anche medium sensoriali come il suono o lamusica (E. Lecourt, 2002)

2, la scultura o la plastilina,

o, infine, essere oggetti culturali, come il racconto o iltesto letterario (S. Marinelli, 2002; P. Cruciani, 2002)

3,

o come la fotografia (C. Vacheret, 2000). Gli oggettimediatori sono quindi dei supporti e dei mobilizzatoridell’immaginario, essi possono essere preliminar-mente selezionati e proposti dal terapeuta o esserecreati dai membri del gruppo.Le regole del gioco che vengono proposte al gruppoper lo svolgimento della seduta sono variabili inrelazione all’oggetto mediatore utilizzato. Tuttavia ciòche risulta in ogni caso determinante nel lavoro attiva-to nel gruppo, è il fatto di riconoscere al soggetto chepartecipa ad esso un posto in cui esercitare la propriacapacità di scelta di un oggetto per presentarlo algruppo come supporto e frutto delle produzioni delproprio immaginario. Ma si tratta anche e soprattuttodella possibilità per il gruppo di appoggiarsi, a suavolta, su questo oggetto, per depositare all’interno diesso le molteplici rappresentazioni di cui i membri delgruppo sono portatori.Gli oggetti mediatori sono nel contempo attivatori,supporti e trasformatori di immaginari. Essi sono deiluoghi di deposito dell’immaginario individuale e del-l’immaginario gruppale, ma rappresentano anche l’oc-casione di scambiare degli immaginari, che servonoda supporto delle identificazioni. Infatti, non è tantocon l’altro membro del gruppo che ciascun parteci-pante può identificarsi o meno, ma è con l’immaginarioche egli propone, e mette in scena, grazie all’oggettomediatore presentato al gruppo e all’interno del grup-po.2. Il metodo del Fotolinguaggio© (Vacheret, 2000) èstato creato da un gruppo di psicologi lionesi nel 1965ed è basato su una serie di dossier di fotografie inbianco e nero, che sono state testate, scelte e pubbli-cate in Francia in funzione della loro valenza simboli-ca e della loro capacità di stimolare l’attività immagina-

I gruppi a mediazione e il Fotolinguaggio©

di Maria Clelia ZurloUniversità di Napoli “Federico II”e Claudine VacheretUniversité Lumière Lyon 2

1 Cfr. Buchbinder M.J. (2002), Gruppo e maschera, in C. Vacheret(2002) (a cura di), Praticare le mediazioni in gruppi terapeutici, Borla,Roma, 2005, pp. 72-82.2

Cfr. E. Lecourt (2002), Legami sonori nei gruppi: una mediazionemisconosciuta, in C. Vacheret (2002) (a cura di), Praticare le mediazio-ni in gruppi terapeutici, op. cit., pp. 49-593 Cfr. S. Marinelli (2002), Narrazione e setting, in C. Vacheret (2002) (acura di), Praticare le mediazioni in gruppi terapeutici, op. cit., pp. 142-166; e P. Cruciani (2002), Gruppi esperenziali e testo narrativo, in C.Vacheret (a cura di), op. cit., pp. 131- 141.

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Il Fotolinguaggio

tiva e l’evocazione di differenti rappresentazioni o tipidi rappresentazioni su diversi argomenti

4. Il

Fotolinguaggio© è un metodo per il lavoro di gruppoche consiste nel proporre la scelta di una o piùfotografie in funzione di una domanda posta all’iniziodella seduta di gruppo dallo psicologo animatore, e nelpromuovere uno scambio di gruppo basato sulla medi-azione dell’immagine e sulla condivisione dei signifi-cati elicitati dall’immagine stessa a livello intrasogget-tivo e a livello intersoggettivo.Nei gruppi animati con questo metodo il dispositivocomporta:- una domanda scelta dagli animatori per avviare la

seduta di gruppo;- la scelta di una o più foto tra quelle disposte dagli

animatori sui tavoli in base alla consegna di rispon-dere alla domanda con l’aiuto della/e fotografia/escelta/e; la consegna prevede che la scelta dellafoto venga fatta in silenzio, per non interferire con lariflessione degli altri membri del gruppo; una voltaeffettuata la scelta da parte di tutti i membri delgruppo, ognuno è invitato a prendere in mano lapropria foto prima di andarsi a sedere; la consegnaindica di non cambiare la foto scelta se essa è statascelta da un altro membro del gruppo.

Lo scambio all’interno del gruppo è introdotto dallaconsegna: “Ognuno presenterà la propria fotografiaquando lo desidera, articolandosi eventualmente suquanto è appena stato detto. Ascolteremo attenta-mente colui o colei che presenta la foto. Non faremonessuna interpretazione nel senso psicoanalitico deltermine, ma siamo invitati, dopo la presentazione, adire ciò che ci vediamo di simile o di differente”.Le potenzialità di un simile dispositivo devono natural-mente essere valutate tenendo presenti, sullo sfondo,i molteplici “poteri dell’immagine”, la quale è in gradodi risvegliare fantasmi, di attivare affetti ed emozioni,di promuovere la regolazione delle cariche affettivelegate alle rappresentazioni e, quindi, di favorire laregolazione dei rapporti tra mondo interno e mondoesterno. D’altra parte le potenzialità del dispositivopossono essere valutate tenendo presente in chemisura la fotografia sia un efficace strumento perfavorire e promuovere processi di elaborazione sim-bolica e assimilazione psichica. La fotografia, infatti,stimola l’assimilazione psichica perché favorisce lapercezione congiunta e l’assemblamento di elementi

affettivi, sensoriali e rappresentativi precedentementenon portati a coscienza e/o non connessi tra loro.Essa può attivare così processi di sintesi, distinzionee differenziazione e condurre a nuove conoscenze eprocessi di insight. La foto può quindi evocare in ognisoggetto situazioni elaborate e inelaborate: laddovedal livello di elaborazione dei contenuti e delle espe-rienze evocati deriva l’approccio alle foto, la scelta diuna di esse, e ciò che ciascun membro del gruppodeciderà di dire riguardo la propria foto e quelle sceltedagli altri.Per questo stesso motivo il Fotolinguaggio©, come delresto anche altri dispositivi di gruppo basati sull’utiliz-zazione di oggetti mediatori, può svolgere anche unruolo importante di stimolazione dell’attività rappre-sentativa preconscia nella terapia di pazienti la cuiattività del preconscio è insufficientemente sviluppatao è stata danneggiata da esperienze traumatiche pre-coci.

3. Dopo aver presentato i dispositivi di gruppo a medi-azione ed aver descritto sinteticamente uno di essi, ilFotolinguaggio©, intendiamo qui di seguito proporreuna riflessione riguardo le più ampie possibilità di uti-lizzo di tali dispositivi in situazioni generalmente menoapprocciabili da tradizionali dispositivi psicoanalitici dicura.In effetti quelle che vengono sempre più spesso defi-nite nuove patologie sociali, richiedono da parte nos-tra nuovi approcci e l’utilizzazione di dispositivi di inter-vento e di cura, diversi da quelli tradizionali. Quandoparliamo di patologie sociali pensiamo subito all’incon-tro con pazienti in grande difficoltà, che versano incondizioni di grande sofferenza psichica e morale.Pensiamo, ad esempio, agli psicologi che interven-gono all’interno delle prigioni con pazienti psicopatici,o con pazienti affetti da gravi perversioni sessuali.Pensiamo anche ai centri di lotta contro l’alcolismo econtro le tossicomanie. Pensiamo inoltre all’interventoterapeutico all’interno degli Ospedali psichiatrici e neicentri che accolgono pazienti psicotici, così come neicentri di accoglienza diurna e di accoglienza a tempodefinito. Pensiamo altresì al lavoro che può esseresvolto da psicologi e operatori all’interno dei centri diaccoglienza per anziani, ove si incontrano anziani chehanno ancora buone capacità di esprimersi, ma ancheanziani affetti da demenza senile, anziani regrediti o instato confusionale, o anziani affetti dalla malattiad’Alzheimer.In tutti questi contesti il dispositivo del gruppo, e in par-ticolare i gruppi a mediazione possono fornire unimportante aiuto. Ma i gruppi a mediazione possonoessere utilmente creati anche per intervenire con pazi-enti che vivono condizioni di emarginazione sociale,

4 Le foto sono state selezionate e raccolte in dossier tematici: Corps etCommunication; Des choix personnels aux choix professionnels;Santé et prévention.

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Il Fotolinguaggio

come le persone senza fissa dimora, o in condizionedi disoccupazione da molto tempo, le quali possonoessere accolte in gruppi creati in strutture pubbliche oprivate.Non bisogna tuttavia dimenticare le équipe mediche,che lavorano quotidianamente con pazienti molto sof-ferenti (malati di cancro, malati terminali, pazientiaffetti da AIDS) le quali hanno esse stesse non di radograndi difficoltà a far fronte al loro compito quotidianoe hanno bisogno, per questa ragione, del sostegno delgruppo condotto da uno psicologo clinico.Ma i gruppi a mediazione possono fornire un utile sup-porto anche alle équipe mediche che lavorano in peri-natalità, con le madri gestanti, o con situazioni checomportano il confronto con patologie neonatali. Infine, possiamo evocare il mondo della formazione equello dell’educazione, perché è possibile crearegruppi a mediazione per la formazione di adulti (Zurlo,2005), ma anche nelle scuole e nei licei, con gli ado-lescenti (Zurlo, 2008), per attività di orientamento(Zurlo, 2000), nonché per attività di prevenzione con-cernenti malattie a trasmissione sessuale, gravidanzeindesiderate, uso di droghe etc.

4. Nei gruppi a mediazione le qualità e le competenzespecifiche del dispositivo del gruppo si articolano conle qualità e le competenze di cui l’oggetto mediatore èportatore. Il gruppo e l’oggetto mediatore sommano leloro potenzialità e capacità di attivare e mobilizzare lavita psichica e i processi psichici in maniera specifica. Gruppo e oggetto mediatore operano quindi in siner-gia. Il gruppo svolge, infatti, una funzione di conteni-mento nei confronti delle proiezioni e delle pulsioni,ma accoglie anche tutti i contenuti, e in particolare tuttii contenuti immaginari che i membri del gruppodepositano all’interno di esso, creando un confine checonsente di distinguere un interno e un esterno.D’altra parte, l’oggetto mediatore svolge una funzionedi filtro, di prisma, e di passaggio obbligato e comuneper tutti i contenuti psichici attivati; in questo modoesso canalizza gli impulsi e i desideri, in quanto nulla,all’interno dei gruppi a mediazione, può essere rivoltoall’altro direttamente, senza la mediazione dell’ogget-to. Nel Fotolinguaggio©, ad esempio, tutto ciò cheviene detto transita per le foto, che servono da suppor-to delle proiezioni e possono in tal senso essere utiliz-zate per esprimere sia l’odio che l’amore.Ma il gruppo ha anche un’altra importante capacità,quella di trasformazione. Il gruppo infatti trasforma icontenuti espressi, emozionali e inelaborati, in con-tenuti elaborati e pensati. In questa stessa direzione,anche l’oggetto mediatore, la foto nelFotolinguaggio©, svolge una funzione che va nellostesso senso di quella del gruppo, che favorisce la

trasformazione dei contenuti psichici espressi aproposito di essa.La consegna del Fotolinguaggio© prevede ad esem-pio che ciascun membro del gruppo presenti la propriafoto e nel contempo lo invita a dire ciò che di simile odi differente vede nelle foto scelte e presentate daglialtri membri del gruppo. In questo modo la catenaassociativa gruppale che viene a svilupparsi fa sì chetutti i membri del gruppo esprimano punti di vistadiversi legati per contiguità, che progressivamente sitrasformano, trasformando i contenuti espressi. Inquesto senso si può dire che l’oggetto mediatoreamplifica e nel contempo concretizza la capacitàtrasformazionale del gruppo, rendendola tangibile epercepibile sul piano sensoriale.Sicché gruppo e oggetto mediatore svolgono in siner-gia sia una funzione di contenimento, sia una funzionedi trasformazione. Ciò dona ai dispositivi dei gruppi amediazione una notevole potenza di impatto, che lirende spesso efficaci anche nell’intervento con pazi-enti e situazioni particolarmente difficili.

BIBLIOGRAFIA

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Kaës R. (1976), L’apparato pluripsichico. Costruzioni delgruppo, Armando, Roma, 1983.

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Kaës R. (1994), La parola e il legame. Processi associativinei gruppi, Borla, Roma, 1996.

Vacheret C. (2000) (a cura di), Foto, gruppo e cura psichica,Liguori, Napoli, 2008.

Vacheret C. (2002) (a cura di), Praticare le mediazioni ingruppi terapeutici, Borla, Roma, 2005.

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Zurlo M.C. (2005), Il metodo Photolangage in un gruppo dimediatori familiari, in C. Vacheret ( a cura di), Praticare lemediazioni nei gruppi terapeutici, Funzione Gamma, n.16.

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Zurlo M.C. (2008), Affects et symbolisation dans un groupePhotolangage© avec adoléscents carencés, in Acts duColloque International “Affects et symbolisation”, Lione,11-12 Aprile 2008, in press.

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ATTENZIONE: l’adesione allaCarta dei Diritti dell’anno 2008è scaduta, pertanto è neces-sario effettuare il rinnovo. Scarica il modulo per il rinnovo del-l’adesione alla Carta dei Diritti sulsito del Consiglio Nazionale Ordinedegli Psicologi http://www.psy.it

Il modulo debitamente compilato, fir-mato e corredato da fotocopia di undocumento di identità valido, deveessere inviato a mezzo fax al nume-ro 06-442543458 oppure a mezzoposta all’indirizzo: ConsiglioNazionale Ordine degli Psicologi -P.le di Porta Pia, 121 00198 Roma

Il benessere psicologico è oggi sen-tito come una priorità per il migliora-mento della salute e della qualitàdella vita dei cittadini. La crescentenecessità di rivolgersi a professioni-sti del settore ha avuto come conse-guenza l’esigenza di definire regoleprecise per consentire al consuma-tore-utente di essere informato suidiritti e doveri che regolano l’attivitàdei professionisti ai quali si rivolgeed affida. La Carta dei Diritti è unostrumento per orientare il consuma-tore-utente ad un uso consapevolee responsabile delle prestazioni psi-cologiche. La carta è frutto di unaccordo tra Associazioni deiConsumatori e Ordine Nazionaledegli Psicologi per tutelare i consu-matori-utenti nel rapporto con glipsicologi iscritti all’Albo aderentiall’iniziativa.

Gli obiettivi della Carta dei Dirittisono: - migliorare la qualità del rapportocon il professionista psicologo; - garantire la tutela della salute delconsumatore-utente; - affermare il diritto del consumatore-utente a ricevere un contratto trasparente; - informare il consumatore-utente sulla possibilità di dare avvio a procedure di conciliazione in caso di reclamoo contenzioso; - facilitare l’accesso alle informazioni; - rendere consapevole il consumatore-utente dei propri diritti.

RINNOVO ADESIONE ANNO 2009CARTA DEI DIRITTI DEL CONSUMATORE UTENTE

DELLE PRESTAZIONI PSICOLOGICHE

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Page 28: 18 febbraio 1989-18 febbraio 2009 Ventennale L. 56/89 · 14 Alle origini del movimento psicologico in Italiadi Glauco Ceccarelli e Maurizio Micozzi ... Lia Petrucci Gruppo di Lavoro

Autorizzazione Trib. di Roma, n 28 del 24/01/2002Poste Italiane s.p.a. - Sped.abb.post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46), art. 1 comma 2, DCB PoEditore: Consiglio Nazionale Ordine degli PsicologiP.le di Porta Pia, 121 - 00198 Romatel. 06 44292351 fax 06 44254348Su Internet: www.psy.it E-mail: [email protected]: Edigraf Editoriale GraficaDirettore responsabile: Giuseppe Luigi Palma

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Il Presidente ed il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologiesprimono alla popolazione abruzzese, così tragicamente colpita deglieventi calamitosi, il profondo cordoglio e la solidarietà più viva deglipsicologi italiani.All’Ordine degli Psicologi dell’Abruzzo, la cui sede è anch’essa crollata, vail supporto organizzativo ed il sostegno di tutto il Consiglio Nazionale.Agli Psicologi abruzzesi e alle loro famiglie giunga l’abbraccio affettuosodi tutti i colleghi.


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