+ All Categories
Home > Documents > 19 marzo 2013 - Fiom-Cgil nazionale...2 N on c’è solo il vuoto del lavoro precario che nes-suno...

19 marzo 2013 - Fiom-Cgil nazionale...2 N on c’è solo il vuoto del lavoro precario che nes-suno...

Date post: 27-Jan-2021
Category:
Upload: others
View: 1 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
8
19 marzo 2013 Periodico della Fiom-Cgil - anno II - numero 5 Redazione: Bernardino Andriani | Lella Bellina | Giuseppe Bonanni | Michele De Palma | Giorgia Fattinnanzi | Alessandro Geri | Gabriele Polo | Claudio Scarcelli Corso Trieste, 36 - 00198 Roma - email: [email protected] | www.imec-fiom.it | www.facebook.com/imec.fiom | www.twitter.com/iMecFiom Per ricevere la newsletter scrivi a: [email protected] «D i fronte a una crisi globale - politica che mina la democrazia, economica che rovina milioni di persone – sarebbe follia restare fermi spe- rando che passi la nottata, senza affrontare i nodi dei pro- blemi. Bisogna rimettere tutto e tutti in discussione». Maurizio Landini non usa mezzi termini per analizzare l’Italia di oggi. Iniziamo dalla politica. C’è stato un voto che sembra buttare tutti all’aria. Sorpreso? Non molto. Questo è un voto che cambia completa- mente il quadro politico, basta pensare che il 25% non ha votato e un altro quarto dell’elettorato ha scelto i 5 stelle cioè ha votato «contro» l’esistente. Lo spostamento di milioni di voti - persi da tutti i partiti tradizionali - eviden- zia la crisi di rappresentanza politico-istituzionale, confer- mata anche dalle analisi sociali del voto: moltissimi operai e lavoratori precari hanno votato per Grillo, cioè hanno chiesto un cambiamento. Tutto questo non è liquidabile come antipolitica, segnala anzi una domanda di parteci- pazione. Quanto hanno inciso la crisi economica e le scelte del governo Monti? Moltissimo. Monti è il vero sconfitto di queste elezioni. E’ stato un voto contro le politiche d’austerità europee e tutti i partiti che le hanno sostenute, compreso il Pd. Le persone si sono sentite poche rappresentate e quindi nel messaggio grillino del «mandiamoli tutti a casa» si sono ritrovati l’operaio che perde il posto di lavoro con l’im- prenditore che chiude l’azienda. Dall’innalzamento del- l’età pensionabile alla crescente disoccupazione alle rigi- dità di bilancio, si è creata una miscela che ha acceso il voto grillino raccogliendo consensi politicamente e social- mente trasversali. Il voto però chiama in causa pesantemente anche il sindacato, mette in discussione tutti gli organi di rap- presentanza intermedia, quindi anche la Fiom. Assolutamente. Tutta la rappresentanza è in crisi, quel- la politica e quella sociale. Il voto segnala una distanza tra i sindacati e le persone che noi dovremmo rappresentare. L ’Europa e l’Italia hanno bisogno di un New Deal. L’Unione europea ha superato i 25 milioni di disoccupati, senza includere i pre- cari e i milioni di «disoccupati» dell’economia som- mersa, che in Italia rappresenta il 22% del Pil (milio- ni di lavoratori alla mercee di qualsiasi imprendito- re o caporale). Di fronte a questa «catastrofe dei lavori», l’Ue non ha una vera politica dell’occupa- zione. Ci sono solo un po’ di politiche fiscali: in Italia l'assunzione di un laureato vale uno sconto di tot euro, operare in un certo settore porta un altro sconticino, ma queste non sono politiche dell’oc- cupazione, sono politiche ispirate dalle dottrine neoliberali dell’occupazione la cui inefficienza è stata ampiamente dimostrata. Il New Deal fu un grande episodio di creazione diretta di occupazione da parte dello stato e conte- neva anche un'altra grande lezione che soprattut- to per l’Italia sarebbe importante: le assunzioni erano indirizzate a progetti e interventi ad alta intensità d lavoro che consistevano in una miriade di piccole opere distribuite su tutto il territorio e di grande utilità sociale. Un nuovo piano del lavoro per l'Europa di Luciano Gallino di Gabriele Polo continua a pagina 2 I metalmeccanici bocciano con il voto l’intesa separata che cancella il contratto nazionale. È una richiesta di partecipazione per una via d’uscita democratica dalla crisi economica e politica. continua a pagina 5 Landini: «La democrazia è da ricostruire. Nessuno si senta escluso» Il prossimo numero sarà on-line il 16 aprile
Transcript
  • 19 marzo 2013

    Periodico della Fiom-Cgil - anno II - numero 5Redazione: Bernardino Andriani | Lella Bellina | Giuseppe Bonanni | Michele De Palma | Giorgia Fattinnanzi | Alessandro Geri | Gabriele Polo | Claudio ScarcelliCorso Trieste, 36 - 00198 Roma - email: [email protected] | www.imec-fiom.it | www.facebook.com/imec.fiom | www.twitter.com/iMecFiomPer ricevere la newsletter scrivi a: [email protected]

    «Di fronte a una crisi globale - politica che minala democrazia, economica che rovina milionidi persone – sarebbe follia restare fermi spe-rando che passi la nottata, senza affrontare i nodi dei pro-blemi. Bisogna rimettere tutto e tutti in discussione».Maurizio Landini non usa mezzi termini per analizzarel’Italia di oggi.

    Iniziamo dalla politica. C’è stato un voto che sembrabuttare tutti all’aria. Sorpreso?

    Non molto. Questo è un voto che cambia completa-mente il quadro politico, basta pensare che il 25% non havotato e un altro quarto dell’elettorato ha scelto i 5 stellecioè ha votato «contro» l’esistente. Lo spostamento dimilioni di voti - persi da tutti i partiti tradizionali - eviden-zia la crisi di rappresentanza politico-istituzionale, confer-mata anche dalle analisi sociali del voto: moltissimi operaie lavoratori precari hanno votato per Grillo, cioè hannochiesto un cambiamento. Tutto questo non è liquidabilecome antipolitica, segnala anzi una domanda di parteci-pazione.

    Quanto hanno inciso la crisi economica e le scelte delgoverno Monti?

    Moltissimo. Monti è il vero sconfitto di queste elezioni.E’ stato un voto contro le politiche d’austerità europee etutti i partiti che le hanno sostenute, compreso il Pd. Lepersone si sono sentite poche rappresentate e quindi nelmessaggio grillino del «mandiamoli tutti a casa» si sonoritrovati l’operaio che perde il posto di lavoro con l’im-prenditore che chiude l’azienda. Dall’innalzamento del-l’età pensionabile alla crescente disoccupazione alle rigi-dità di bilancio, si è creata una miscela che ha acceso ilvoto grillino raccogliendo consensi politicamente e social-mente trasversali.

    Il voto però chiama in causa pesantemente anche ilsindacato, mette in discussione tutti gli organi di rap-presentanza intermedia, quindi anche la Fiom.

    Assolutamente. Tutta la rappresentanza è in crisi, quel-la politica e quella sociale. Il voto segnala una distanza trai sindacati e le persone che noi dovremmo rappresentare.

    L’Europa e l’Italia hanno bisogno di un NewDeal. L’Unione europea ha superato i 25milioni di disoccupati, senza includere i pre-cari e i milioni di «disoccupati» dell’economia som-mersa, che in Italia rappresenta il 22% del Pil (milio-ni di lavoratori alla mercee di qualsiasi imprendito-re o caporale). Di fronte a questa «catastrofe deilavori», l’Ue non ha una vera politica dell’occupa-zione. Ci sono solo un po’ di politiche fiscali: inItalia l'assunzione di un laureato vale uno sconto ditot euro, operare in un certo settore porta un altrosconticino, ma queste non sono politiche dell’oc-

    cupazione, sono politiche ispirate dalle dottrineneoliberali dell’occupazione la cui inefficienza èstata ampiamente dimostrata.

    Il New Deal fu un grande episodio di creazionediretta di occupazione da parte dello stato e conte-neva anche un'altra grande lezione che soprattut-to per l’Italia sarebbe importante: le assunzionierano indirizzate a progetti e interventi ad altaintensità d lavoro che consistevano in una miriadedi piccole opere distribuite su tutto il territorio e digrande utilità sociale.

    Un nuovo piano del lavoro per l'Europa di Luciano Gallino

    di Gabriele Polo

    continua a pagina 2

    I metalmeccanici bocciano con il voto l’intesa separata che cancella il contratto nazionale. È unarichiesta di partecipazione per una via d’uscita democratica dalla crisi economica e politica.

    continua a pagina 5

    Landini: «La democraziaè da ricostruire. Nessuno si senta escluso»

    Il prossimonumero sarà on-line il16 aprile

  • 2

    Non c’è solo il vuoto del lavoro precario che nes-suno rappresenta e che non ha tutele oammortizzatori, c’è una crescente lontananzatra il sindacato e i settori del lavoro che ne hanno fattola storia. Ma, almeno, nelle elezioni politiche, si è potu-to esprimere un dissenso esplicito che chiede un cam-biamento, mentre nelle fabbriche non si può nemme-no votare, anche quando cancellano il contrattonazionale o ci sono accordi separati. E non è solo ilcaso dei metalmeccanici: l’ultima riforma delle pen-sioni - un tema prettamente sindacale visto che pre-vede l’innalzamento dell’età pensionabile – non èstata votata come accadeva in passato ed è passatasulla testa delle persone. Questa rottura drammatica èil punto da cui bisognerebbe ripartire per invertireuna pratica sempre meno democratica, mentre ilsilenzio sindacale dopo il risultato elettorale segnalauna difficoltà a capire ciò che sta succedendo. Inveceserve un cambiamento di metodo e di merito, daldiritto di voto alle politiche contrattali.

    Basta chiedere il diritto di voto ai lavoratori peressere rappresentativi e non essere bollati comecasta?

    Di certo è la condizione necessaria per la parteci-pazione dei lavoratori e la loro possibilità di coalizzar-si in sindacato. Oggi la distanza deriva dal fatto che ilsindacato fa delle cose per i lavoratori ma i lavoratorinon hanno mai la possibilità di decidere se quelle cosesiano giuste o meno. Questa rottura democratica pro-voca nei sindacati una mutazione genetica e favori-sce la pretesa delle imprese di imporsi come unacomunità in cui tutti si riconoscono annullando lediversità sociali e materiali. Così per sopravvivere isindacati cercano il riconoscimento nella controparteche cancella ogni soggettività del lavoro. Il rischioche vedo è che di fronte alla profonda crisi della rap-

    presentanza che investe i corpi intermedi come par-titi e sindacati, la risposta non sia un rinnovamento diforme, contenuti e pratiche, ma un riflesso di chiusu-ra corporativa in cui le rappresentanze istituzionaliz-zate si riconoscono reciprocamente per sopravvivere.Per la Fiom e per la Cgil ciò richiederebbe una discus-sione strategica straordinaria per democratizzarsi difronte ai cambiamenti che in Italia e in Europa nemettono in discussione l’esistenza e il ruolo. Questodovrebbe essere il congresso della Cgil, offrendo lapossibilità a iscritte e iscritti di decidere su tutto inmodo trasparente e aperto.

    Tornando alla crisi, quali proposte fa la Fiom suoccupazione e reddito?

    Riforma degli ammortizzatori sociali estendendo laCig anche a chi non ce l’ha; reddito di cittadinanza acarico della fiscalità generale per chi ha perso il lavoro,non l’ha mai avuto, per chi studia e per chi esaurisce lacassa integrazione (se l’azienda non ha più prospetti-ve di riapertura, interviene il sostegno dello stato);

    riduzione dell’orario per ridistribuire il lavoro che c’è;investimenti per la manutenzione del territorio, deiservizi scolastici e sanitari, la salvaguardia dell’am-biente. Ma per costruire un futuro serve una nuovaidea di politica industriale, un nuovo modello di svi-luppo in cui il pubblico ha un ruolo decisivo. Peraffrontare la recessione e uscire dal declino, serve unpiano di investimenti – pubblici e privati – sulla mobi-lità, le energie rinnovabili, la banda larga, la siderurgia.Settori strategici che sono a rischio anche per l’inade-guatezza di tante nostre produzioni.

    Per fare tutto questo servono soldi e dicono chenon ce ne sono...

    Rimanendo dentro i vincoli di bilancio impostidall’Ue e ratificati dal governo Monti, non se ne esce.

    Dobbiamo impegnare l’Italia in una battaglia europeaper superare i vincoli imposti, perché quest’Unionefondata solo sulla moneta rischia di implodere con lericette inefficaci, dal taglio dei bilanci pubblici ai licen-ziamenti facili fino alla cancellazione dei contratti.

    A proposito di contratti, qual è il bilancio dellamobilitazione sulla vostra Carta rivendicativa?

    Dove riusciamo a votare l’intesa imposta daFedermeccanica viene bocciata: i lavoratori ci rimetto-no e la considerano una vera cancellazione del con-tratto nazionale. Entro il mese concluderemo la con-sultazione – che è certificata, bene ricordarlo – mapossiamo già dire che la maggioranza dei metalmec-canici non accetta quell’intesa e ci chiede di impedirela realizzazione delle norme peggiorative.Federmeccanica e Confindustria vogliono approfitta-re della crisi, delle divisioni sindacali e anche del vuotopolitico, per incassare il più possibile e tentano diimpedire che il voto dei lavoratori pesi, si trasformi inaccordi dimostrando che è possibile una via alternati-

    va al modello-Fiat. Nel frattenpo c’è da sottolinearepostivamente che con Confapi, artigiani e cooperati-ve il confronto contrattuale resta aperto perché que-ste organizzazioni non hanno seguitoFedermeccanica nella sua pratica di escusione dellaFiom dalle trattative. Se esistesse una legge sulla rap-presentanza e fosse possibile per i lavoratori certifica-re il loro assenso o dissenso alle intese, l’accordo sepa-rato non sarebbe mai nato. Su questo apriremo ver-tenze ovunque, nelle aziende e nei territori, è prontoun pacchetto di ore di sciopero e organizzeremo unamanifestazione nazionale a maggio - non solo deimetalmeccanici ma con le altre categorie, i precari glistudenti - per dire che chi attacca i diritti del lavorovuole usare la crisi per impedire la nascita di un nuovomodello sociale e di sviluppo. Questa è una questione

    Landini dalla Prima

  • 3

    politica generale e per questo noi scriveremo a tutti igruppi parlamentari neo-eletti e a ciascun singolo par-lamentare per segnalare ciò che - secondo noi esecondo i metalmeccanici che rappresentiamo - biso-gnerebbe fare: cambiare le leggi su pensioni e lavoroprodotte da Berlusconi e Monti, varo di nuove leggi surappresentanza e reddito di cittadinanza, nuove politi-che sociali, una politica industriale pubblica. Percostruire una via d’uscita democratica dalla crisi cheeviti la chiusura coorporativa e per rispondere alladomanda di cambiamento che tira in causa tutti,anche la classe imprenditoriale e le sue scelte... nonsempre di qualità, come hanno dimostrato la famigliaRiva a Taranto o il Monte dei Paschi di Siena, per faresolo due esempi.

    Se affossano per sempre il contratto nazionale ci sirifugia nel salario minimo?

    Varare un salario minimo per legge serve proprio adifendere il contratto nazionale. Che oggi, nei fatti,non c’è più: se i minimi sono derogabili, se in aziendasi fanno accordi in deroga pure alle leggi, se le impre-se spingono per fare tanti contratti aziendali sostituti-vi del livello nazionale, vuol dire che si sta praticandola cancellazione del contratto nazionale. Oggi abbia-mo ben 250 contratti nazionali eppure non bastano atutelare tutte le forme del lavoro. Non ha senso.Bisogna semplificare i contratti, arrivare al sindacatodell’industria e al contratto dell’industria, come per iservizi o il commercio. Bastano quattro-cinque grandiaree con relativi contratti nazionali che stabiliscanodiritti minimi uguali per tutti su orari e salario con vali-dità erga omnes, facendo di quel minimo il livellosotto cui nessuno può scendere, per legge. A quelpunto le parti sociali ritroverebbero un ruolo contrat-tuale e il contratto una funzione migliorativa, sarebbeuno strumento che parla a tutte le forme di lavoro eche si pone il problema della riunificazione dei dirittinel lavoro contro la sua frammentazione. L’interventolegislativo, dal salario minimo al reddito di cittadinan-za alla legge sulla rappresentanza serve a estendere letutele. Si tratta di applicare la Costituzione, mai trasfor-mata in leggi nei capitoli dedicati al lavoro e alla rap-presentanza sindacale, perché non si è mai volutofarlo. Serve un cambiamento radicale, di regole e dipratiche, anche in «casa nostra».

    La direzione aziendale della Fiat con la firma di Fim, Uilm, Uglm eFismic intesa dopo intesa continua a cancellare diritti e ridurre iltrattamento economico delle lavoratrici e dei lavoratori. Nel 2011con il Contratto Collettivo Specifico di Lavoro, che secondo l'ammini-stratore delegato e le organizzazioni sindacali complici avrebbeaumentato il salario, sono stati cancellati anni e anni di contrattazio-ne di gruppo e di stabilimento. Con il CCSL la Fiat aveva procedutoad assorbire alcuni elementi contrattuali (per esempio la 14°) e aduna semplificazione delle voci salariali, impedendo in futuro la ricontrattazione degli istituti,propagandando un aumento complessivo del salario che non c'è stato, anzi. Infatti nel 2012un lavoratore in 5° fascia che abbia lavorato tutti i giorni lavorabili sommando il «premio dicompetitività» (erogato mensilmente in relazione all'attività lavorativa) ed il «premio straor-dinario» (erogato a chi da gennaio a giugno avesse almeno 870 ore di effettiva prestazioneed anche ai lavoratori in cassa integrazione) ha ricevuto circa 1.943,03 euro. Peggiorare il CCSL sembrava impossibile, invece con l'intesa firmata l'8 marzo scorso sonostati cancellati il «premio di competitività» e il «premio straordinario» e sostituiti con «l'incen-tivo di produttività». I 103,31 euro del «premio di competitività» per 13 mensilità e le 600 eurodel «premio straordinario» sono stati cancellati e sostituiti con con un incentivo di 0,82 europer ora «effettivamente lavorata in regime di lavoro ordinario»: cosa significa?Quest'anno pur lavorando tutte le ore lavorabili (esclusi i ricoveri, le patologie gravi e terapiesalvavita, l'astensione obbligatoria per maternità, le ore di assemblea e i permessi per RLS) unoperaio o impiegato di 5° livello prima fascia percepirebbe 393,24 euro di aumento in pagabase a cui si sommerebbero i 309,93 euro di «premio di competitività» (che si esaurisce conmarzo) e i 1074,97 euro (importo onnicomprensivo di tutti gli istituti legali e\o contrattuali, atitolo esemplificativo: ferie, festività, tredicesima, maggiorazioni per straordinario, TFR) di«incentivo di produttività»: risultato = 1.778,14 euro.

    Questo significa (Tabella) che un lavoratore che non si assenta mai, non fa una sola ora dicassa o di fermo produttivo, un'ora di malattia, un minuto di pausa (perché dalla lettura deltesto sembrerebbe che anche le pause debbono essere sottratte) percepirebbe 164,89 euroin meno rispetto allo scorso anno. Questo contratto colpisce quindi maggiormente i turnistie i cassintegrati. Tutto questo è stato imposto dalla Fiat, accettato dalle organizzazioni sinda-cali firmatarie senza alcun coinvolgimento dei lavoratori. Né un'ora di assemblea prima, nédurante, né dopo!Ecco a cosa serviva il CCSL: cancellare i diritti e le libertà sindacali delle lavoratrici e dei lavorato-ri perché un costo che la proprietà vuole risparmiare per dare 9 milioni di euro di premio all'am-ministratore delegato (che si autodefinisce metalmeccanico) per i risultati raggiunti.

    È ORA DI RIAPRIRE UN TAVOLO CON TUTTE LE ORGANIZZAZIONI SINDACALI CHE RIMETTA AL CENTROPIANO INDUSTRIALE, OCCUPAZIONE, DEMOCRAZIA, SALARIO, ORARIO E SICUREZZA.

    www.facebook.com/iovoglilafiominfiat

    La Fiat dà il brutto esempioSI AVVIA ALLA CONCLUSIONE LA TORNATADI ASSEMBLEE NELLE AZIENDE METAMECCANI-CHE PER SOTTOPORRE AL VOTO REFERENDARIOCERTIFICATO LA CARTA RIVENDICATIVA. ADUNA SETTIMANA DALLA DEADLINE CHE LA

    FIOM SI È DATA, AL CENTRO NAZIONALE SONOARRIVATI I RISULTATI DI CIRCA 3.000 AZIENDE,PER UN TOTALE DI QUASI 350.000 DIPENDEN-TI. I FAVOREVOLI ALLA PROPOSTA DELLA FIOMCONTINUANO A ESSERE OLTRE IL 94% DEIVOTANTI, CHE A LORO VOLTA SONO OLTRE IL54% DEGLI AVENTI DIRITTO AL VOTO.TUTTI I DATI AGGIORNATI, CON L'ELENCO COM-PLETO DELLE AZIENDE E I RISULTATI DEL VOTO,SU WWW.FIOM.CGIL.IT.

  • 4

    Separati... anche in FranciaDopo Italia e Spagna anche in Francia si prospettauna riforma del lavoro che propone lo scambio ine-guale fra una riduzione (certa) degli attuali diritti etutele dei lavoratori con l'introduzione futura (proba-bile) di nuovi diritti e della loro estensione a fasce dilavoratori precari. Questa ipotesi di nuove misure defi-nite «di tutela dell'occupazione» è l'esito di un accordoseparato fra l'associazione delle imprese e alcuni sin-dacati e verranno riportate in un disegno di legge chesarà discusso nei prossimi mesi.Quello che segue è il giudizio della Cgt - che, comeForce Ouvriere, non ha firmato quest’accordo - suipunti fondamentali di un progetto di legge contro cuilo scorso 5 marzo si sono tenuti scioperi e manifesta-zioni in tutta la Francia.

    L’11 gennaio 2013 le negozia-zioni nazionali chiamate di«tutela dell’occupazione»sono terminate in un accordo diestrema gravità per i diritti dei lavo-ratori (...)

    Mobilità interna: volontaria o for-zata?Per ristrutturare l’impresa senza unpiano sociale quest’accordo favori-sce la mobilità interna forzata dauno stabilimento all’altro senzaalcun limite garantito per il tempo ela distanza supplementare del tra-gitto. OGGI, in molti casi si può rifiu-tare un cambio di mansione o untrasferimento senza sanzioni.DOMANI, un accordo aziendale puòautorizzare il datore di lavoro a tra-sferimenti forzati anche all’altro capo della Francia ein caso di rifiuto può essere previsto il licenziamen-to del lavoratore.

    Come cambierà il diritto del lavoroI lavoratori indipendentemente dalla grandezza del-l’azienda e dal tipo di contratto hanno oggi un dirit-to comune: poter ricorrere al Tribunale del lavoroper ottenere risarcimenti. Quest’accordo accorcia illimite di tempo entro il quale il lavoratore può ricor-rere al giudice e riduce i tempi di prescrizione. OGGIper esempio si può reclamare il pagamento delle

    ore di straordinario non retribuite degli ultimi cin-que anni. DOMANI si potrà ricorrere solo per i tre anniprecedenti!

    Mantenimento dell’occupazione o ricatto?Sarkozy aveva fatto degli accordi«competitività/occupazione» il suo cavallo di batta-glia ma non era riuscito a imporli. Quest’accordo limette in pratica: si tratta di modificare l’orario dilavoro e di abbassare gli stipendi fino a 2 anni graziead un accordo aziendale chiamato «accordo di tute-la dell’occupazione», giusto il tempo di «superareun momento difficile». OGGI i lavoratori si possono rifiutare di accettarepeggioramenti su salario e orario di lavoro, anche se

    introdotti da un contratto collettivo e in questo casol’azienda non può licenziarli salvo per situazione digrave crisi aziendale. I lavoratori beneficiano didiverse garanzie (piano di salvaguardia del posto dilavoro, ricollocazione…) e in più possono impugna-re il licenziamento davanti a un giudice. DOMANI ilavoratori che rifiutano l’applicazione di un accordocollettivo secondo la nuova legge di «tutela dell’oc-cupazione» saranno licenziati per «motivo economi-co individuale» senza nessuna garanzia. E la causadel licenziamento sarà inoppugnabile. Quale futuro per il contratto a tempo indetermi-

    nato?Medef vuole imporre ai lavoratori delle piccoleimprese di alcune categorie il «contratto a tempoindeterminato intermittente», cioè un rapporto dilavoro totalmente flessibile che impedisce una vitaregolare e un futuro stabile. Si tratta di un part timeannualizzato: i lavoratori potrebbero alternareperiodi di lavoro a periodi di non lavoro con unaremunerazione complessiva spalmata su tutto l’an-no. È come pagare quattro mesi di lavoro in 12 rate! OGGI il «contratto a tempo indeterminato intermit-tente» esiste già ma non può essere utilizzato senon all’interno di uno specifico accordo di settore.DOMANI in tutti i settori coinvolti nel nuovo accordole imprese con meno di 50 dipendenti potranno uti-

    lizzare questa forma con-trattuale senza ostacoli.

    Sostegno al lavoro osostegno ai licenziamen-ti?Solo il 3% dei disoccupatihanno potuto beneficiaredi un piano sociale, ma èancora troppo per il Medef.La sua soluzione è radicale:decidere sulla procedura dilicenziamento e sul conte-nuto del piano socialeazienda per azienda, cioè inassenza di accordo tramiteun semplice documentodel datore di lavoro auto-rizzato dalla direzione delLavoro. Se quest’ultimanon risponde entro 3 setti-

    mane la richiesta si considera autorizzata e il datoredi lavoro può licenziare. OGGI la legge definisce delle garanzie in caso dilicenziamento collettivo per motivi economici: pro-cedure e limiti di tempo che permettono l’informa-zione e la mobilitazione dei lavoratori, l’interventodi un esperto che permette l’analisi della situazione,l’obbligo di ricerca di ricollocazione… DOMANI que-sto minimo di garanzie non sarà più assicurato. Unavertenza di licenziamento collettivo per motivi eco-nomici di 99 lavoratori durerà 2 mesi, una per licen-ziamento di 500 lavoratori 4 mesi.

    Riforme del lavoro

    FABIEN GACHE, DELEGATO CGT, RENAULT FRANCE:«VOLER FACILITARE I LICENZIAMENTI SIGNIFICA IGNORARE TOTALMENTE CIÒ CHE È IL LAVORO. ILPADRONATO HA UNA VISIONE PURAMENTE ARITMETICA DELL’AZIENDA E CI DICE: BISOGNA GUA-DAGNARE IN PROFITTO, IN PRODUTTIVITÀ, QUINDI BISOGNA DIMINUIRE LA MASSA SALARIALE ILPIÙ FACILMENTE POSSIBILE. QUESTO SIGNIFICA CHE I LAVORATORI SONO CONSIDERATI DEI NUME-RI IGNORANDONE LE CAPACITÀ E L’INTELLIGENZA. PER IL LAVORATORE LICENZIATO È DRAMMA-TICO. È UN NON SENSO ECONOMICO PERCHÉ NON SI PUÒ AVERE PIÙ LAVORO PER CREARE PIÙRICCHEZZA DIMINUENDO I LAVORATORI, È CONTROPRODUCENTE PER L’AZIENDA».

    SYLVIE VACHOUX, MILITANTE CGT LAVORATRICE DEL CASINO (BESANÇON):«FINO A OGGI IL LAVORATORE PART TIME FIRMA UN CONTRATTO DOVE SONO PRESTABILITI IGIORNI E LE ORE DI LAVORO E COSÌ I LAVORATORI POSSONO GESTIRE PIÙ LAVORI E ORGANIZZA-RE AL MEGLIO LE LORO VITE. CON IL NUOVO CONTRATTO A TEMPO INDETERMINATO INTERMIT-TENTE SALTA TUTTO! COME GESTIRE LA PROPRIA VITA QUANDO CONOSCI I TUOI ORARI DI LAVO-RO SETTIMANA PER SETTIMANA? L’ACCORDO PREVEDE UNA MAGGIORAZIONE DEL 10% DELLEORE EFFETTUATE OLTRE LA DURATA SETTIMANALE O MENSILE E CI SARANNO ANCORA DELLE ORE

    COMPLEMENTARI SE IL TEMPO DI LAVORO È SPALMATO SULL’ANNO?»

  • 5

    Qualche numero: tra il 1933 e il 1943 negli Usahanno operato tre agenzie, una dovevaoccuparsi di progetti di conservazione delterritorio e di progetti forestali, le altre due di operepubbliche. Queste tre agenzie nel 1933 hanno occu-pato 4 milioni di persone in tre mesi, e non concen-trati a Washington ma distribuendo l’occupazionesu tutto il territorio, tra stati, enti locali, fondazioni.La disoccupazione che allora sfio-rava il 25%, è stata fatta scenderedi circa 11 punti, alla vigilia dellaseconda guerra mondiale.

    Queste tre agenzie in diecianni hanno dato lavoro comples-sivamente a circa 15 milioni dipersone. Che cosa hanno fatto? Ledue agenzie addette alle infra-strutture civili, costruirono160.000 km di strade asfaltate e800.000 km di strade di campa-gna. 85.000 ponti, 40.000 scuole,migliorato la funzionalità di unmigliaio di aeroporti. L’agenziache si occupava di conservazionedi territorio ha assunto circa 2milioni di giovani soprattutto abassa scolarità – e quindi a rischioemarginazione, alcolismo, droga– che hanno piantato 3 miliardi di alberi, ha miglio-rato la dotazione ricettiva dei grandi parchi, hacostruito 16 dighe in uno stato in grande difficoltàcome il Tennessee, cambiandone il volto.

    In sintesi, il New Deal è stato soprattutto un insie-me di moltissime piccole opere diffuse sul territorio,di immediata e urgente utilità collettiva, ad altaintensità di lavoro, evitando le macchine che fannoil lavoro di 200 persone utilizzandone una sola. E’un'esperienza cui ispirarsi e che allude alle necessitàinevase del nostro paese. Che ha mille emergenze: il50% delle nostre scuole non sono a norma per

    quanto riguarda la sicurezza, con gravi problemi distabilità degli edifici. I nostri acquedotti perdono il40% dell’acqua, il dissesto idrogeologico è dramma-tico e ogni volta che piove ci scappa il morto conmigliaia di ettari che vengono compromessi e sot-tratti all’uso agricolo. La gran parte dei nostri ospe-dali - il 70% - sono del tutto inadatti alle attuali esi-genze mediche e andrebbero ristrutturati. Ci sareb-

    be un gran bisogno di una politica di risparmioenergetico, a partire dall'eliminazione della disper-sione termica delle nostre case.

    Cosa impedisce un programma di interventi chegarantirebbe nuovi posti di lavoro e che economica-mente potrebbero essere finanziati in gran parte dairisparmi o dai redditi addizionali che questo nuovolavoro genererebbe? Gli ostacoli sono, innanzitutto,di ordine ideologico. Parlare a un economista neoli-berale di intervento pubblico per creare occupazio-ne significa provocargli l’orticaria, come minimo. Imedia insistono ossessivamente sull’idea che lo

    stato debba fare il meno possibile, che bisognaridurre il numero dei dipendenti pubblici come se lostato non producesse nulla e fosse un nemico, labestia da uccidere. C’è un fronte massiccio che ali-menta questa propaganda e c’è un fronte ideologi-co formato da studiosi di tutto rispetto che ritengo-no che la disoccupazione vada combattuta fino a uncerto punto usando stimoli fiscali, ma pensano

    anche che sia un bene che il numero deisenza lavoro non scenda sotto un certolivello perché altrimenti le persone si mon-tano la testa e poi c’è il pericolo dell’infla-zione. Che è l'altro grande nemico del pen-siero dominante: infatti la stabilità deiprezzi è il filo conduttore delle pagine deltrattato costitutivo dell'Unione europea, incui c’è un articolo – il numero 4 – che affer-ma la necessità di politiche che mirano allapiena occupazione e al progresso sociale,ma poi, nelle 300 pagine che seguono, leparole più frequenti sono mercato, con-correnza, competitività. E, poi, c'è unaforte ostilità politica contro qualunquepiano per il lavoro. Un tasso elevato didisoccupazione è molto utile per tenerebassi i salari, le prestazioni sociali, le pen-sioni, le indennità di ogni genere, per com-primere le prestazioni dello stato sociale.

    L’avversione e l’ostilità politica delle classi domi-nanti e le radici dottrinarie e ideologiche contrarieall’idea di un New Deal per l’Italia o della difesa dellostato sociale in Europa, hanno una forza formidabi-le. Ma è anche vero che finora si è nemmeno prova-to a sfidarli, perché gli interventi - anche pesanti -contro lo stato sociale non hanno avuto reazionesostanziale, anche sul fronte della comunicazione,della dottrina la difesa dello stato sociale chedovrebbe essere fatta ogni giorno e ogni momentoa suon di dati e non solo perché ci piace. Forsesarebbe ora di lanciarla, questa sfida.

    Un nuovo piano del lavoro per l'EuropaGallino dalla Prima

    Occupazione

    C’è un settore dove lo sfruttamento dei lavorato-ri è «ad alta intensità» ed i diritti sono pratica-mente assenti: quello della logistica e dellamovimentazione delle merci per la grandedistribuzione.Sarà che i «facchini» sono in gran parte migran-ti, sarà che sono dipendenti di cooperative chevincono appalti e sub appalti in base al minorcosto, sarà che vengono pagati una miseria e –come è accaduto di recente e Basiano, alle portedi Milano – se si permettono di rivendicare con-dizioni migliori, vengono licenziati per esseresostituiti da altri «disposti» a lavorare per qual-che euro all’ora.È complicato organizzarsi in quelle condizioni,eppure ci stanno provando, ad esempio al polo

    logistico dell’Ikea di Piacenza. Non sono metal-meccanici quei lavoratori, ma stanno ingag-giando una vertenza per i diritti. Qualche giorno fa il questore di Piacenza haemesso tre fogli di via, in relazione alle mobilita-zioni dei lavoratori della cooperativa di logisticadell’Ikea. Uno dei destinatari del provvedimentoè Aldo Milani. Milani non è della Fiom, ma questo non ha alcu-na importanza: è un sindacalista. E impedire adun sindacalista di «fare il proprio mestiere» uti-lizzando una misura amministrativa che vieneapplicata in genere a soggetti considerati «dedi-ti alla commissione di reati» è un atto grave, unprecedente pericoloso. È inaccettabile.

    Piacenza, foglio di via ai diritti sindacaliIl provvedimento della Questura suona come una rappresaglia contro le lotte dei «facchini» Ikea

    Lella Bellina

  • 6

    Da 19 mesi aggrappati al futuroDa diciannove mesi sono senza lavoro e dalluglio del 2011 presidiano la fabbrica per evi-tare che venga svuotata dai macchinari eritrovarsi disoccupati. Sono i 322 dipendenti dellaJabil di Cassina de Pecchi, un tempo Siemens, quan-do nel sito alle porte di Milano lavoravano in 3.000,prima di un serie di dismissioni ed esternalizzazioni.La fabbrica è nata nel 1964 da una filiazione dellaMarelli, quando Cassina era poco più di una cascina.Poi la cittadina è cresciuta attorno allo stabilimento– che ha «portato» pure la fermata della metropoli-tana – il cui fiore all’occhiello era il reparto di pontiradio. Nel 2007 tutto passa alla Nokia che dopopochi mesi vendeproprio quelreparto di punta ei suoi lavoratorialla Jabil, multina-zionale americanadi circuiti elettrici«specializzata» incompravendite dirami d’azienda incrisi. Crisi che aCassina è arrivatacon la fuga degliinvestimenti pub-blici nel settoredelle telecomuni-cazioni. Perché iponti radio chequi si producono– un tempo grandicome armadi eoggi piccoli comescatole, ma sem-pre pieni di tecno-logia e professio-nalità – «trasferen-do segnali» da unpunto del mondoall’altro ci permet-tono di telefonare,guardare la televi-sione e sentire laradio, sono essen-ziali per la vita di oggi, ma hanno bisogno di investi-menti per ricerca, innovazione, sviluppo; difficil-mente si può fare a meno dell’intervento statale,politica che dalle nostre parti è andata in dismissio-ne insieme a tanta parte dell’industria italiana. Nellostabilimento di Cassina de Pecchi i ponti radio veni-vano progettati e costruiti; da qui partivano i tecniciper installarli e qui se ne curava la manutenzione:quasi un terzo del totale mondiale di questi appara-ti hanno il marchio Siemens Italia e molti brevettisono nati a Cassina, in collaborazione con ilPolitecnico di Milano. Oggi tutta questa storia equeste professionalità rischiano di essere gettatevia, insieme ai lavoratori, in mancanza di investi-menti per le reti telematiche (quante volte sentiamoparlare, inutilmente di banda larga?) che dipendonodal ministero dello sviluppo e ora sono appesi allamitica «agenda digitale» varata da Passera qualche

    mese fa. Vedremo che fine farà.Nel frattempo i 322 dipendenti della Jabil di

    Cassina – e gli 800 dello stabilimento gemello diMarcianise – sono costretti a fare i conti con le spe-culazioni di un’azienda che dal 2007 ha dato vita aun gioco delle parti con la mandataria Nokia, che asua volta a Cassina ha dichiarato 500 esuberi su 850addetti. Perché la multinazionale finlandese, ven-dendo (regalando, sostengo in molti) a Jabil il repar-to ponti radio e i suoi lavoratori, ha iniziato un’ope-razione di smantellamento industriale che, tramu-tando in commerciale la destinazione d’uso del-l’area, farebbe lievitare di dieci volte il valore del ter-

    reno, da 2 a 20 milioni di euro. Visto in questa pro-spettiva, il ruolo di Jabil non sarebbe altro che quel-lo di apripista per una dismissione che poi coinvol-gerebbe tutti i restanti reparti della Nokia di Cassina.

    Di questo si sono convinti i lavoratori, fin daquando Jabil a poche settimane dal suo arrivo inLombardia ha chiuso lo stabilimento di Mapello(Bergamo), facendo presto ricorso alla cassa inte-grazione a Cassina e a Marcianise. Sono seguiti mesidi continue dichiarazione di stati di crisi, voci di ven-dite e trattative più o meno nascoste con il fondoMercatech (uno «spallone» finanziario americanospecializzato in manovre azionarie e già protagoni-sta della tentata chiusura dell’ex Electrolux diScandicci), fino ad arrivare alla dichiarazione di chiu-sura dello stabilimento col licenziamento di tutti idipendenti nel dicembre 2001. Quando la fabbricaera già presidiata da sei mesi per impedire quel che

    è stato poi tentato nel luglio del 2012, cioè lo smon-taggio dei macchinari e il loro trasferimento o ven-dita chissà dove e a chi. Sembra di rivivere quel cheè successo tra il 2008 e il 2009 a pochi chilometri didistanza, all’Innse di Lambrate - non a caso tra lecomunità operaie di queste due realtà c’è più di uncollegamento – in una lotta passata alla storia.

    Oggi sotto la tettoia un tempo piena di motorinie biciclette e riadattata a base del presidio operaio,attorno a una stufa a legna, dopo mesi di manifesta-zioni, si contano i giorni che mancano alla fine dellamobilità per i lavoratori più giovani che prestopotrebbero non avere nemmeno più i 900 euro

    mensili dell’Inps, allaricerca di una soluzionealmeno momentaneache potrebbe venire daalcuni corsi di aggiorna-mento professionale. Masi cerca di guardareanche più in là, perché lacopertura della mobilitànon è eterna per nessu-no e, soprattutto, perchéqui credono fortementenella possibilità di ripren-dere la produzione; e conessa quel minimo didignità rappresentato daun salario che già quan-d’è pieno non è un gran-ché.

    Così continuano afare i turni, come quandolavoravano, ma stavoltaper controllare che lostabilimento resti inte-gro e accompagnare unapossibile trattativa che siè riaperta di recente conl’arrivo di un nuovoamministratore delegatoin Jabil. La multinaziona-le Usa, finite da tempo le(scarse) commessegarantite da Nokia e

    disinteressata fin dall’inizio al rilancio industrialedella fabbrica, prendendo atto della resistenza ope-raia intende sganciarsi e si dice disposta a cederegratuitamente lo stabilimento a chi lo vorrà riaprireo a darlo nel frattempo in comodato d’uso a un sog-getto terzo. Per questo l’azienda, con la mediazionedel sindaco di Cassina, proprio in questi giorni hachiesto di riavere - in cambio delle sue disponibilità– il materiale tuttora presente in magazzino. Dalpresidio operaio e dalla Fiom locale rispondono diessere disponibili, ma propongono una «esituzioneprogressiva che accompagni, pezzo per pezzo, laricerca di un acquirente e la presentazione di unprogetto industriale, fino alla ripresa dell’attività».Solo allora il presidio verrà sciolto e i cancelli riaper-ti: c’è da crederci, visti i diciannove mesi che stannoalle loro spalle.

    Jabil (ex Nokia) Milano

    Ga.P.

  • L'accordo firmato l'8 marzo 2013 tra la Fiat eFim, Uilm, Fismic, Ugl, Associazione Capi eQuadri Fiat, le organizzazioni firmatarie delContratto specifico di primo livello del 2011, inte-ressa 86 mila lavoratori di Fiat spa e Fiat Industrialspa. I sostenitori dell'accordo affermano che cisono 40 euro lordi mensili di aumento per i lavora-tori di 3° livello (5 euro in più del contrattoFedermeccanica a cui Fiat non aderisce) a partire dalmese di febbraio e 120 euro come premio di pro-duttività legato alla presenza. La stampa e gli orga-ni di informazioni hanno dato credito, per lo più, aquesta lettura superficiale dell'accordo.A leggere bene l'intesa la realtà cheemerge è un'altra. C'è, innanzitutto, laquestione cassaintegrati. Le ore di cassaintegrazione per i lavoratori delLingotto nel corso del 2012 sono stateoltre 50 milioni e hanno coinvolto unpo' tutti gli stabilimenti del gruppo. Perquest'anno, le prospettive del mercatonon sono certo rosee; legare quindi unaparte del salario alla presenza in fabbri-ca significa, come fa questo accordo, inaltre parole, negare quei soldi ai cas-saintegrati. Ne consegue che se lo scor-so anno i lavoratori posti in cassa inte-grazione, a prescindere dalle ore di lavo-ro svolte, hanno percepito 600 euro,con il nuovo accordo per il periodo incui saranno in cassa integrazione, equindi non presenti in fabbrica, nonriceveranno nulla.

    Ma oltre a questo, andando nel det-taglio, secondo i calcoli della Fiom ripor-tati da Sempre peggio un volantone/tabella scari-cabile dal sito Fiom , i 103,31 euro del «premio dicompetitività» per 13 mensilità e le 600 euro del«premio straordinario» (entrambi previsti dal CCSL)sono stati cancellati e sostituiti con un incentivo di0,82 euro per ora «effettivamente lavorata in regimedi lavoro ordinario». Facendo un po' di conti unoperaio o un impiegato di 5 livello che non si assen-ta mai, non fa una sola ora di cassa integrazione(cosa assai improbabile visto l'an-damento disastroso del mercatodell'auto), o un'ora di malattia, oun minuto di pausa (perché dallalettura del testo sembrerebbeche anche le pause debbonoessere sottratte) percepirebbe 393,24 euro diaumento in paga base a cui si sommerebbero i309,93 euro di «premio di competitività» (che siesaurisce con marzo) e i 1.074,97 di «incentivo diproduttività» arrivando a un totale di 1.778,14euro. Il che significa che rispetto ai 1.943,03 euro del2012 avrà in busta paga ben 164,89 euro in meno.In conclusione, l'ammontare della buste paga per il2013 sarà inferiore rispetto all'ammontare dell'an-no scorso, e si avranno riduzioni che andrannodagli 88,12 euro in meno per i lavoratori di primafascia ai 164 euro per quelli di quinta.

    «Gli unici miglioramenti che ci sono - ha dettoMaurizio Landini, segretario generale della Fiom-riguardano aver reintrodotto la tutela della

    maternità e degli infortuni, e ci sono stati grazie allalotta e alle denunce che le lavoratici della Fiomhanno fatto».

    Insomma, quando sei cassintegrato e quindinon puoi produrre non hai l'incentivo di produttivi-tà, quando lavori a tempo pieno, sei presente eproduci , comunque guadagni di meno rispetto aprima.

    Affrontare le crisi delle aziende senza venir meno

    all'impegno di solidarietà tra i lavoratori: è una stra-da percorribile e lo dimostra l'intesa firmata allaElectrolux il 9 marzo da Fim, Fiom e Uilm. A rischioerano ben 636 lavoratori degli stabilimenti diSusegana (Treviso), Solaro (Milano), Porcia(Pordenone) e Forlì. I licenziamenti non si farannograzie al ricorso al Contratto di solidarietà difensivoper 2 anni per gli stabilimenti di Susegana, Solaro ePorcia. Per i lavoratori di Forlì è prevista la proroga

    per 12 mesi della Cassa integrazione guadagni stra-ordinaria e il ricorso, nel caso persistessero le diffi-coltà produttive, ai Contratti di solidarietà per i suc-cessivi due anni. I Contratti di solidarietà verrannoavviati a partire da aprile e prevedono la possibilitàdi una riduzione fino al 60% dell'orario su base qua-drisettimanale. La rotazione di tutti i lavoratorinonché le modalità di applicazione dell'accordoverranno monitorate dalle Rsu dei singoli stabili-menti. Il principio regolatore sarà quello della rota-zione di tutti i lavoratori con un turno di lavoro diriferimento di 6 ore. Il Contratto di solidarietà preve-de per legge una integrazione del salario per le ore

    non lavorate pari al 60%. Ma l'intesa attingerà aifondi previsti dalla finanziaria per l'anno 2013 pergarantire ai lavoratori in solidarietà una integrazio-ne pari all’80% delle ore non lavorate, che significauna migliore tutela salariale rispetto a quanto pre-vede normalmente la Cassa integrazione. Negli sta-bilimenti del gruppo si svolgeranno assemblee perpresentare tutti i contenuti dell'intesa che verrà sot-toposta al voto dei lavoratori tramite referendum.

    Proclamate da Fim, Fiom e Uilm due ore sciope-ro di tutti i lavoratori del gruppo Marcegaglia per il26 marzo. La decisione è stata presa dopo l'incontro

    con l'azienda tenuto l'8 marzo sullasituazione dello stabilimento diPozzolo Formigaro dove, con la cessa-zione della produzione dei tubi a fred-do, verrebbero a crearsi una condizionedi esubero per 73 lavoratori. L'aziendanon ha risposto positivamente alle pro-poste avanzate unitariamente dai sin-dacati per una soluzione che consentis-se la ricollocazione certa dei 73 lavora-tori. Come ha denunciato più volte laFiom, il gruppo siderurgico vuole lemani libere nel portare avanti il proces-so di ristrutturazione e di riorganizza-zione dei suoi stabilimenti. Il grupposiderurgico rifiuta un confronto com-plessivo sui piani industriali con il sin-dacato. Saranno quindi presto messe incantiere nuove iniziative sindacali dilotta.

    Sotto il segno della solidarietàanche l'accordo raggiunto il 14 marzotra l’Ilva di Taranto e i sindacati dei

    metalmeccanici Fim, Fiom, Uilm sulla gestione delleconseguenze occupazionali nella fase di riduzionedell’attività produttiva. L'azienda, il 19 febbraio,aveva richiesto per lo stabilimento di Taranto lamessa in Cassa integrazione straordinaria perristrutturazione per due anni di 6.507 lavoratori suun organico di 11.457. L'accordo raggiunto ribaltaquesta logica grazie all'utilizzazione del contratto disolidarietà di tipo difensivo per 24 mesi esteso a

    tutti i dipendenti dello stabilimentodi Taranto. La riduzione dell'attivitàlavorativa prevista dall'accordo èequivalente, al massimo, alle oremensili che sarebbero lavorate da3.749 dipendenti. La riduzione del-

    l'orario lavorativo per il prossimo anno coinvolgeràtutti lavoratori con una percentuale media massimadi riduzione dell'orario pari al 34% La riduzione nonavrà quindi un carattere strutturale e permanente ei sacrifici salariali saranno più contenuti.

    «Con questo accordo, non ci sono più alibi perl’Azienda -hanno dichiarato Rosario Rappa, segreta-rio nazionale Fiom responsabile per la siderurgia, eGianni Venturi, coordinatore nazionale siderurgiaFiom-. L’Ilva proceda con gli investimenti necessariper rendere la sua attività compatibile con le esi-genze ambientali dell’area occupata dallo stabili-mento e del territorio circostante.»

    7

    Contrattando a cura di Giuseppe Bonanni

    INVIATE LE NOTIZIE DELLE VOSTRE VERTENZE A:[email protected]

  • 8

    C’è un futuro per il sindacato? Quale sindacato?Dieci anni fa (3 settembre 2003) scomparivaClaudio Sabattini. Oggi la Fondazione dedi-cata all’opera del sindacalista che guidò laFiom dal 1994 al 2002, organizza un ciclo di semina-ri, non solo per ricordarne il pensiero, ma soprattut-to per contribuire a cercare una risposta alla doman-da che Claudio proponeva ripetutamente nell’ulti-mo periodo della sua vita: “C’è un futuro per il sinda-cato? e quale può essere?” Quesito non retorico,posto da un uomo che per tutta la vita ha guardatoin profondità i processi storici e i conflitti sociali percostruire insieme ai lavoratori una prospettiva diliberazione dai vincoli e dalle servitù del capitalismo.

    A partire da questo approccio il suo metodo e lesue ricerche ci appaiono attuali, soprattutto per avercompreso (e denunciato con forza) alcune tendenzeche, nel corso degli anni ‘80, divennero capaci dirovesciare le fondamenta stesse su cui si era costitui-to in Italia e in Europa, il rapporto tra capitale e lavo-ro, tra stato, partiti e sindacati e, infine, l’insiemedelle strategie socialdemocratiche e comuniste. Perusare una sua espressione “la storia del Novecentoera finita negli anni ‘80” e non solo in Italia. Da que-sta sua solitaria consapevolezza e denuncia nascevala domanda di cui sopra e la necessità di una rifon-dazione del sindacato e della sinistra sociale in Italiae in Europa. Un’esigenza che rimane, per noi, deltutto attuale, non risolta e che richiede un percorsocollettivo di elaborazione cui vogliamo dare un con-tributo, nel corso del 2013, attraverso una serie coor-dinata di iniziative, che avranno luogo nelle sedi ter-ritoriali in cui si è svolta la vita politica e intellettualedi Claudio.

    A partire dalla stessa possibilità – oggi tutta daverificare – del sindacato di contrattare e stipulareun contratto, chiamando in causa la sua indipenden-za dalla controparte e dalla politica – oltre i vincolidelle appartenenze o dalle logiche di scambio - , lasua capacità di rappresentare e organizzare gli inte-ressi delle lavoratrici e dei lavoratori – tutti, anchequelli precari - , la sua sempre più necessaria dimen-sione internazionale – cioè almeno europea, perquanto ci concerne – la necessità di misurarsi con lecondizioni materiale del lavoro, con la qualità e lafinalità stessa della produzione.

    Nodi che ancora ci interrogano e che scandiran-no gli appuntamenti che organizzeremo a Roma,Brescia, Bologna, Torino e Palermo. Il primo appun-tamento – di carattere generale, per introdurre ilpercorso di ricerca - è a Roma, il 5 aprile, dalle ore9.30 al centro congressi in via dei Frentani. Quiaccanto ne riportiamo il programma.

    Fondazione Claudio Sabattini

    CoordinamentoTiziano RINALDINIFondazione Sabattini

    SalutoMaurizio LANDINI

    Segretario generale Fiom-CgilPresidente della Fondazione

    Ore 10 - Relazione IntroduttivaFrancesco GARIBALDOFondazione Sabattini

    A seguire interventi di:Lucio BACCARO

    Università di GinevraRoland ERNE

    University College of DublinoGuglielmo MEARDIUniversity of Warwick

    Giordano SIVINIUniversità della Calabria

    Mimmo CARRIERIUniversità di Teramo

    Ore 13/14 - Sospensione lavori

    CoordinamentoGabriele POLO

    Direttore Fondazione Sabattini

    SalutoCarla CANTONE

    Segretaria generale Spi-Cgil

    Ore 14.30 - Interventi diAntonio LETTIERI

    Francesca REDAVIDTiziano TREU

    Fausto BERTINOTTIAntonio PIZZINATO

    Umberto ROMAGNOLISergio COFFERATI

    Ore 17.45 - Riflessioni conclusiveGianni RINALDINIFondazione Sabattini

    Venerdì 5 aprile 2013dalle 9,30 alle 18,30

    Centro Congressi FrentaniVia dei Frentani, 4/A | Roma

    SEMINARIO


Recommended