MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018
Eolo, arrestato il CEO Luca Spada. Truffa per 3,5 milioni €
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Sony 1000XM3 Musica e silenzio
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DJI Osmo Pocket 4K e foto super
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Panasonic UB9000 Gioia degli audiofili
IN PROVA IN QUESTO NUMERO
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Amazon è ufficialmente operatore postale in Italia Via libera da parte del Ministero dello Sviluppo Economico per erogare servizi di spedizione. Amazon è ora al pari degli altri player nazionali
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Inizia l’era del modem libero Cosa fanno gli operatori?Il modem libero è già realtà, ma come si stanno adeguando gli operatori? TIM e Fastweb iniziano Vodafone rimanda, Wind Tre non è chiara
Vi spieghiamo cos’è il gamma e perché è importante 15
Apple iPhone X in produzione: XS e XS Max vendono poco05
Rimborsi fatture a 28 giorni TIM e Vodafone non ci stanno Il TAR del Lazio ha obbligato gli operatori a risarcire gli utenti entro il 31/12, ma TIM e Vodafone ricorrono in appello. Si attende la reazione di Wind Tre e Fastweb
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26
iPad Pro 2018. Bello, ma iOS è il suo limite
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Alla guida di Outlander Più elettrica che ibrida
Come rendere “smart” la tua casa con 500 euro 19
Audi stupisce tutti con e-tron GT
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torna al sommario 2
MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018
di R. PEZZALI e M. DI MARCO
Vittoria a metà per i consumatori: il
TAR del Lazio ha deciso che tut-
ti gli utenti che hanno pagato di
più con il passaggio della fatturazione
da mensile a quella ogni 4 settimane
dovranno essere risarciti entro il 31
dicembre 2018. A fine anno, quindi,
molti italiani si troveranno accreditato
in automatico sul conto telefonico un
piccolo bonus variabile a seconda del
tipo di abbonamento sottoscritto. Non
ci sarà bisogno di richiederlo, sarà una
procedura automatica; l’unico nodo da
scegliere è legato a coloro che hanno
cambiato operatore, che saranno ri-
sarciti in qualche modo ma le modalità
non sono ancora state definite. I rim-
borsi per ogni singolo utente saranno
calcolati in base a quanto una persona
ha pagato e a quanto avrebbe dovuto
invece pagare nel periodo che parte il
23 giugno 2017 e che termina quando
MERCATO Il TAR del Lazio ha obbligato gli operatori a risarcire gli utenti entro il 31 dicembre
Rimborsi per i 28 giorni: TIM e soci restituiranno 1 miliardo di euro, vengono annullate però le multe TIM e Vodafone in appello contro la decisione del TarAnnullata la multa AGCOM. TIM e Vodafone intanto ricorrono in appello al Consiglio di Stato
si è tornati alla fatturazione mensile,
quindi quest’anno ad aprile.
La buona notizia non è solo il rimborso
ma anche l’obbligo di rimborso entro il
31 dicembre: non c’è il tempo neces-
sario per bloccarlo tentanto un even-
tuale appello al Consiglio di Stato. Una
vittoria per gli utenti, costretti a pagare
di colpo di più facendo entrare nelle
casse delle telco una cifra superiore al
miliardo di euro. Purtroppo anche gli
operatori possono sorridere alla sen-
tenza del TAR del Lazio: dovranno ri-
sarcire tutto, ma non dovranno pagare
la multa che gli era stata comminata da Agcom. Il tribunale ha infatti accol-
to il ricorso di TIM, Vodafone, Wind Tre
e Fastweb e ha annullato la multa che
era pari a 4,6 milioni di euro: il compor-
tamento scorretto non è stato quindi
sanzionato, anche se si dovrà atten-
dere la sentenza prima di capire per
quale motivo la multa è stata tolta.
A pochi giorni dalla decisione del Tar
del Lazio, però, TIM e Vodafone non
ci stanno e hanno deciso di fare ap-
pello al Consiglio di Stato. I due ope-
ratori hanno chiesto la sospensiva
della decisione, come segnalato da
Movimento Consumatori. “Abbiamo
appreso - afferma Alessandro Mostac-
cio, segretario generale di Movimento
Consumatori - che Tim e Vodafone,
nonostante cause perse e condanne
dell’Agcom, confermate dal Tar Lazio,
non si arrendono e anche se non sono
state ancora pubblicate le motivazioni
con le quali il Tar dà ragione all’Au-
torità, procedono tamburo battente
a impugnare una sentenza di cui co-
noscono solo il dispositivo”. “Ora ci
auguriamo - auspica Mostaccio - che
Windtre e Fastweb non seguano le
orme di Tim e Vodafone e rispettino
le delibere Agcom”. I rimborsi, a meno
di improbabili annullamenti, saranno
“automatici”: sul conto telefonico sarà
accreditato un importo variabile, a se-
conda di quanto spetti all’utente. In to-
tale si parla di circa un miliardo di euro
da restituire agli utenti.
Google non esclude la chiusura di Google News in EuropaSe la Link Tax verrà confermata, Google potrebbe decidere di chiudere Google News in Europa. E non sarebbe la prima volta: successe la stessa cosa nel 2014 in Spagna di E. VILLA
Il problema è sempre il solito: la Link Tax. Se la formulazione defi-nitiva della legislazione europea imporrà ai giganti del web (Google, Facebook ecc) il pagamento di una tassa per ogni link a una news esterna, ne vedremo delle belle.La vicenda è stranota. Gli editori vivono con Google un rapporto conflittuale: da un lato servizi come Google News sono fonte di traffico per i magazine, dall’altro il fatto che Google riporti parte della notizia (il classico “snippet”) nei risultati delle ricerche è uno svantaggio perché i lettori potrebbero limitarsi a quello e non proseguire nella let-tura sul sito del magazine. Morale: l’Unione Europea si sta avviando verso una legislazione che “tassi” la visualizzazione dei link da parte dei giganti del web, cosa ben poco apprezzata da parte di Google. Intervistato da The Guardian, Ri-chard Gingras (Vice-President of News) non ha escluso la possibilità che Google blocchi Gnews in tutto il territorio europeo. Certamente una decisione non è stata ancora presa e bisogna prima attendere la formulazione definitiva, ma l’ipo-tesi dello shut down è stata presa in considerazione. Tanto più che non sarebbe la prima volta: Google chiuse GNews in Spagna nel 2014 quando il governo decise di tassa-re i link per sostenere il mercato in-terno dell’editoria. Se si ripeterà la stessa cosa nell’Unione Europea, Google è pronta ad agire nuova-mente. Col risultato di rendere più difficile a tutti l’accesso alle notizie tramite il motore di ricerca.
MERCATO Tutti i canali anche in versione HD quando disponibile
I canali Mediaset adesso sono disponibili per gli abbonati Sky
di R. FAGGIANO
D opo la pace commerciale firmata tra Sky e Mediaset siamo arrivati al traguar-
do finale di avere libero accesso ai canali Mediaset da parte degli abbonati
Sky. Dopo una prima apertura su Canale 5, ora anche Retequattro, Italia 1,
20 Mediaset, Iris, La5, Focus, Italia Due, Mediaset Extra e TopCrime sono libera-
mente visibili per gli abbonati Sky. Tutti i canali sono disponibili anche in versione
HD quando disponibile, proprio come sulla piattaforma Tivùsat. In passato i canali
generalisti Mediaset erano liberamente visibili agli abbonati Sky, ma dopo i diversi
screzi tra le due emittenti Mediaset aveva adottato la codifica Nagravision per la
visione riservata alla piattaforma Tivùsat tramite la card dedicata. Con questa de-
cisione Mediaset recupera una buona fetta di potenziali consumatori, considerata
l’abitudine di molti abbonati Sky di
vedere anche i ca- nali gratuiti esclu-
sivamente tramite il decoder Sky,
senza sfruttare il digitale terrestre.
L’aggiornamento della numerazio-
ne è stato avviato da Sky in queste
ore e verrà attuato progressivamen-
te per i diversi tipi di decoder.
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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018
Estratto dai quotidiani onlinewww.DDAY.it
Registrazione Tribunale di Milanon. 416 del 28 settembre 2009
e
www.DMOVE.itRegistrazione Tribunale di Milano
n. 308 del’8 novembre 2017
direttore responsabileGianfranco Giardina
editingMaria Chiara Candiago
EditoreScripta Manent Servizi Editoriali srl
via Gallarate, 76 - 20151 MilanoP.I. 11967100154
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Facebook pagherà oltre 100 milioni di euro al fisco italianoOltre 100 milioni di euro. È quanto pagherà Facebook all’Agenzia delle Entrate per chiudere la controver-sia relativa al periodo tra il 2010 e il 2016, si legge in una nota dell’Agenzia stessa, a seguito delle indagini fiscali condotte dalla Guar-dia di Finanza e coordinate dalla Procura della Repubblica di Milano. Tale accordo tra l’Agenzia delle Entrate e Facebook Italy riguarda un fatturato di quest’ultima che, nei sei anni presi in esame, ha superato i 296 milioni di euro in Italia, gene-rati dalle pubblicità, con una base imponibile di circa 200 milioni. L’indagine ha riguardato il “giro” di diritti e licenze che coinvolge anche Facebook Ireland, che fa capo a Fa-cebook Ireland holdings, la cui sede fiscale si trova nelle isole Cayman, che applicano un regime fiscale molto più morbido rispetto a quello italiano. Ora la pace fiscale.
di M. DI MARCO
D alla mezzanotte del 1° dicembre è
entrato in vigore il modem libero
per tutti i nuovi utenti. Ciò nono-
stante l’adeguamento, a giudicare da
quanto appare sui siti ufficiali degli opera-
tori, non c’è stato del tutto; anzi, alcuni si
sono proprio “dimenticati” della delibera
348/18/CONS dell’Autorità per le Garanzie
nelle Comunicazioni (AGCOM).
TIM, pronte offerte senza TIM Expert né modem incluso. Ma sono nascosteTIM ha organizzato una pagina dedicata per fornire agli utenti tutti i parametri ne-
cessari per connettersi alla rete; tali dati
possono essere fornito anche “contattan-
do gratuitamente il servizio di assistenza
tecnica per i clienti TIM in linea fissa 187
opzione 2”. L’operatore aggiunge, poi,
i dettagli più salienti della delibera: “In
ottemperanza alla delibera AGCOM n.
348/18/CONS sul tema della libertà di
scelta del terminale, a partire dall’1 dicem-
bre 2018 i clienti TIM possono scegliere il
prodotto (ad esempio modem) che prefe-
riscono per connettersi ad Internet e frui-
re dei servizi voce TIM. Da questa data è
possibile collegarsi alla Rete mediante la
Fibra, l’XDSL e l’ADSL, utilizzando le ap-
parecchiature terminali di propria scelta.”
Scavando inoltre nei documenti di tra-
sparenza tariffaria, risulta inoltre evidente
che TIM abbia iniziato a proporre offerte
equivalenti e senza modem incluso, ma
che, allo stesso tempo, non abbia fatto
nulla affinché gli utenti potessero notarle.
Chiunque arrivi sul sito ufficiale e, diver-
samente da quanto abbiamo fatto noi,
cerchi precisamente informazioni sul mo-
dem libero, infatti, non trova nulla di utile,
soltanto le classiche offerte con modem
incluso.
TIM (così come ci aspettiamo che farà la
maggior parte degli altri operatori) prefe-
risce mettere in evidenza le offerte con il
suo modem o router. A livello legale, però,
TIM è l’unica che, già oggi, ha rispettato
gli obblighi della delibera AGCOM.
Fastweb, ci sono tutti i parametri. Wind non dà segnaliCome aveva promesso, Fastweb ha
organizzato una pagina informativa ri-
MERCATO È in vigore il modem libero per i nuovi clienti di rete fissa. Ecco ad oggi la situazione
Modem libero: TIM in regola, Fastweb quasi Vodafone temporeggia, Wind Tre fuorileggeSe ne ricorda soltanto TIM, Vodafone rimanda le informazioni a “inizio 2019”. Wind la peggiore
guardante i “modem
alternativi”, specifi-
cando tutti i parametri
di rete “per una cor-
retta configurazione
della connessione ad
Internet su rete Adsl,
Vsdl e Fibra”. L’opera-
tore sottolinea anche
gli oneri che non gli
spettano più. Per
esempio la manuten-
zione dell’apparecchio nel caso di guasti
del dispositivo, che è a carico del cliente
nel caso in cui scelga un modem o un rou-
ter di terze parti. Viene poi specificato che
“nel caso in cui il cliente scelga di utilizza-
re un modem di sua proprietà non potrà
usufruire di servizi” tra cui l’assistenza tec-
nica da operatore dedicato, gli interventi
sulle configurazioni sull’apparato back up
e ripristino configurazioni e l’abilitazione
ai servizi aggiuntivi specializzati Fastweb
previsti dall’offerta, “quali ad esempio il
WOW FI o il servizio di video-sorveglian-
za”. Sul sito Wind, invece, non appare
alcuna informazione rispetto alla delibera
del “modem libero”; non si trovano pa-
rametri di rete per la configurazione di
apparecchi terzi né alcuna informativa
che dia all’utente i dettagli dei suoi nuovi
diritti. Tanto meno offerte con modem
escluso. A onor del vero un’offerta con
modem escluso Wind ce l’ha: parliamo
della Absolute per ADSL e FTTC (Fiber-
to-the-Cabinet). Tale offerta, però, è vali-
da solo fino a lunedì 3 dicembre.
Tiscali, nessun riferimento alla delibera. Ma già permetteva i modem alternativiAnche Tiscali sembra non aver ancora
posto in essere alcune delle principali
novità. Nella pagina dedicata agli adem-pimenti agli obblighi di AGCOM, infatti,
l’operatore non fa alcun riferimento alla
delibera 348/18/CONS e non ci sono
nuove offerte equivalenti senza il mo-
dem (Tiscali offriva già, invece, offerte
con modem fornito gratuitamente).
Da parte sua, però, Tiscali già permette-
va di impostare un modem di terze parti
per le linee ADSL. I parametri per que-
st’ultimi sono disponibili sul sito ufficiale;
inoltre Tiscali propone una pagina dedi-cata ai modem “certificati”.
Vodafone: tutte le informazioni a “inizio 2019”Vodafone, infine, fa riferimento alla deli-
bera di AGCCOM specificando nella se-zione “Informa” del suo sito ufficiale che
“Vodafone sta provvedendo ad adeguare
la propria infrastruttura di rete al fine di
consentire l’accesso ad Internet con mo-
dem scelti dal cliente e compatibili con la
rete di Vodafone. Non appena completa-
te le attività Vodafone provvederà a darne
adeguata informativa in tale sezione e co-
munque ad inizio 2019. Qualora il cliente
volesse migrare verso altro operatore,
Vodafone non ti addebiterà alcun costo in
caso di mancata restituzione della Voda-
fone Station.” Un aggiornamento a metà,
insomma: tutte le informazioni chiare ar-
riveranno in ritardo, “a inizio 2019”, ma
già ora chi recederà dal contratto potrà
tenersi la Vodafone Station senza dover
pagare nulla alla società.
Mancano le offerte modem esclusoNel momento in cui scriviamo (e momento
in cui gli operatori già avrebbero dovuto
adeguarsi alla delibera), l’adeguamento
è parziale: bene TIM, “benino” Fastweb;
male Vodafone e ancora peggio Wind.
L’aspetto più delicato però resta vuoto:
la maggior parte degli operatori non ha
un’offerta “corrispondente” a quelle pre-
cedentemente in auge, ma priva di un
modem a pagamento. Fastweb sembra
preannunciare una nuova offerta da lune-
dì 3 dicembre che sarà in linea con i nuovi
obblighi. Ma il giorno del modem libero
per i nuovi clienti era oggi. E a parte TIM
nessuno se l’è ricordato completamente.
Articolo aggiornato alle 14.11 per aggiun-
gere la situazione che riguarda Tiscali
e alcuni dettagli dell’offerta Absolute di
Wind, che non include il modem
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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018
di A. SPIGNO
Amazon Italia Logistica e Amazon Ita-
lia Transport: sono questi i nomi del-
le due aziende che hanno ricevuto
il via libera da parte del Ministero dello
Sviluppo Economico per erogare servizi
di spedizione sul territorio nazionale in-
sieme ad altri 4.400 operatori, già iscritti
in questo speciale elenco.
Amazon mette la parola fine ad un con-
tenzioso aperto con l’AGCOM dalla scor-
sa estate: l’Autorità per le Garanzie nelle
Comunicazioni, infatti, aveva multato il
colosso dell’e-commerce per 300.000
euro, riconoscendo una abusività del-
l’azienda nel processo di consegna dei
pacchi e nelle attività legate alla logistica
nei centri di snodo interregionale e nei
depositi di Amazon Logistic. Amazon,
quindi, potrà seguire (e gestire) tutta la fi-
liera senza la paura di incorrere in sanzio-
ni: Amazon Italia Logistica e Amazon Italia
Transport, però, dovranno sottostare alla
legge vigente che, per le aziende regi-
strate all’elenco degli operatori postali
MERCATO Il colosso dell’e-commerce riceve l’OK del Ministero dello Sviluppo Economico
Amazon diventa operatore postale in ItaliaAmazon Italia Logistica e Amazon Italia Transport opereranno nel mercato italiano spedizioni
del MiSE, prevede una tassa pari all’ 1,4
per mille dei ricavi e un adeguamento alle
norme per i lavoratori che, da ora in poi,
dovranno essere inquadrati nel Contratto
Nazionale del Settore Postale. La licenza
concessa alle due nuove aziende ha una
durata di sei anni e si applica su tutta la
posta con peso superiore ai 2 kg, sui pac-
chi tra 20 e 30 kg e su servizi come pony
express, raccomandate urgenti e conse-
gna con data e ora certa, ma si parla an-
che di “servizi a valore aggiunto” per invii
postali sino a 2kg e pacchi fino a 20kg.
La compagnia guidata da Jeff Bezos
conquista, perlomeno in Italia, un altro
pezzo di mercato, andando a concorrere
direttamente con altri importanti player
nazionali come Poste Italiane e Nexive,
ma stando alle parole di un portavoce
della filiale italiana, Amazon continuerà
per il momento ad utilizzare i tradizionali
corrieri per il trasporto dei prodotti “alla
porta” del cliente, con il costante obietti-
vo di rispettare i tempi di consegna.
Dipendenti ammalati di cancro, Samsung ammette la colpa e chiede scusaSamsung ha ammesso le proprie colpe nei casi di cancro sviluppati da alcuni dipendenti che hanno prestato servizio nelle fabbriche di Suwon. Dovrà ora risarcire le vittime di G. MERO
Samsung ha chiesto scusa ai di-pendenti che si sono ammalati di cancro dopo aver lavorato nelle fabbriche di semiconduttori della società negli ultimi trent’anni. Lo scandalo è balzato fuori nel 2007 quando il produttore è stato inter-pellato per la prima volta in tribu-nale per rispondere alle accuse di un gruppo di ex collaboratori e dei rispettivi familiari. “Ci scusiamo sin-ceramente con i lavoratori e con le loro famiglie per la sofferenza provocata dalla malattia” ha detto il co-presidente dell’azienda Kim Ki-nam. “Non siamo riusciti a ge-stire correttamente i rischi per la salute nelle nostre fabbriche di se-miconduttori e LCD”. In base ai dati diffusi, sono circa 240 le persone ad aver contratto 16 diverse tipo-logie di cancro, oltre a sviluppare patologie rare e malattie congeni-te. Si tratta perlopiù di dipendenti che hanno svolto le loro mansioni nelle fabbriche di Suwon, a sud di Seoul, a partire dal 1984. Hwang Sang-gi, leader della class action e padre di una ex dipendente morta nel 2007 per leucemia, ha affer-mato di esser soddisfatto per aver mantenuto le promesse fatte a sua figlia: “Onestamente le scuse non sono sufficienti, ma le accettiamo. Non c’è alcun modo per ripagarci dei torti subiti, del dolore e della sofferenza per la perdita un pro-prio caro, troppe persone hanno subito lo stesso destino”. L’accordo prevede un risarcimento pari a 150 milioni di won (circa 120.000 euro) a ogni dipendente, se ancora in vita, o alla rispettiva famiglia.
di P. AGIZZA
Sin dai tempi di Steve Jobs e del pri-
mo iPhone, passare dall’App Store
è l’unico modo lecito per installare
nuove applicazioni sull’iPhone. Questa
modalità d’uso ha portato l’App Store a
diventare il negozio virtuale più redditizio
del web, popolato da milioni di applicazio-
ni e con un grado di sicurezza molto alto.
Tutto questo però potrebbe cambiare.
Molto tempo fa, infatti, un gruppo di uten-
ti denunciò Apple perché a loro giudizio
l’App Store sarebbe un sistema monopoli-
stico. Fin qui niente di nuovo sotto il sole:
la tesi, però, sostiene che costringendo i
possessori dell’iPhone ad acquistare le
app esclusivamente sull’App Store, i prez-
zi siano aumentati a causa della mancan-
za di concorrenza. La causa civile, avviata
nel lontano 2011, approda ora davanti alla
Corte Suprema: infatti si è tenuta l’attesa
udienza dei legali di Apple e pare che le
prime impressioni non siano favorevoli
all’azienda: ciò nonostante, la sentenza
arriverà solo a giugno
2019 ed è possibile che
Apple riesca, nelle pros-
sime sedute, a ribaltare
il sentiment generale.
Sta di fatto che se non
ci riuscisse, la sentenza
potrebbe costringere
Apple ad aprire il merca-
to a nuovi negozi per la
vendita delle app.
Si andrebbe, in pratica, a delineare anche
per l’iPhone la stessa situazione che vige
attualmente su Android. Difatti i dispositivi
del robottino verde hanno la possibilità di
scaricare le app da più piattaforme, oltre
che da quella ufficiale di Google (Google
Play). Esistono infatti svariate alternative
fra cui scegliere, con lo shop di Amazon
e il Samsung Galaxy Apps fra i più famo-
si. La difesa di Apple verte sul fatto che
l’azienda non venderebbe direttamente
app nell’App Store, ma si limiterebbe a
gestire questo spazio virtuale mettendo in
comunicazione venditore ed acquirente,
trattenendo una percentuale su ogni ven-
dita. Se venisse riconosciuto il fatto che
Apple non è un venditore ma un semplice
intermediario, ogni rivendicazione cesse-
rebbe. Sposando in pieno questa teoria,
la corte processuale di San Francisco
aveva dato ragione ad Apple nel giudizio
di primo grado. Il ricorso in appello degli
accusanti però, ha contribuito a riaprire
il caso e a passare la palla alla Corte Su-
prema che dovrà pronunciarsi su questa
scottante questione.
MERCATOUna class action intentata nel 2011 porta Apple davanti alla Corte Suprema
Apple: il monopolio di App Store ha i giorni contati?L’App Store rientra nella fattispecie del monopolio? Al momento Apple pare sfavorita
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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018
di M. DI MARCO
Truffa ai danni dello Stato pluriag-
gravata. È solo uno dei capi d’accu-
sa rivolti a Eolo, fornitore di servizi
di linea fissa con sede a Busto Arsizio.
Il CEO dell’azienda, Luca Spada, è stato
arrestato e altri cinque manager sono
indagati, anche in virtù dell’accusa di
furto di radiofrequenze non autorizza-
te e di turbata libertà dell’esercizio di
un’industria o di un commercio. Sono
attualmente stati sequestrati dalla Guar-
dia di Finanza 3,5 milioni di euro dai
conti di Eolo.
Secondo i rilevamenti delle forze dell’or-
dine, Eolo ha infatti operato su frequen-
ze non ancora assegnate dal Ministero
dello Sviluppo Economico; in tal modo
“era in grado di offrire una connessione
internet più veloce” secondo la Guardia
di Finanza. Nella nota viene inoltre evi-
denziato che Eolo “è riuscita ad eludere i
controlli che periodicamente il Ministero
dello Sviluppo Economico svolge sull’uti-
lizzo delle bande di frequenza assegna-
MERCATO Il legale rappresentante di Eolo è stato arrestato e altri cinque manager sono indagati
Eolo, società nei guai: truffa allo Stato per 3,5 milioni di euro. Agli arresti il CEOLe indagini della GdF hanno rilevato che operava su frequenze non ancora assegnate dal MiSE
te agli operatori del settore”. Viene inda-
gata anche la società “perché ritenuta
responsabile dei reati commessi nel suo
interesse o a suo vantaggio, secondo le
norme della responsabilità amministrati-
va delle persone giuridiche”.
Ora sorgono dubbi rispetto alla connet-
tività degli utenti: cosa accadrà alle linee
che sono state attivate truffando lo Sta-
to? È senz’altro presto per avere certe ri-
sposte, ma domande simili gli utenti che
hanno un’offerta Eolo iniziano a farsele.
Pur senza entrare nel merito delle inda-
gini, l’azienda ha comunicato la propria
posizione: “In riferimento a notizie cir-
colate oggi, Eolo apprende con stupore
che Luca Spada, amministratore delega-
to della società, è stato sottoposto alla
misura cautelare degli arresti domiciliari
per una vicenda chiarita 2 anni fa presso
le sedi competenti.” “L’azienda e i suoi
soci - prosegue la nota - rinnovano la
fiducia sia nei confronti del proprio top
management che nelle autorità compe-
tenti, certi che la vicenda verrà chiarita
nell’interesse di tutte le parti coinvolte.”
TIM, multa di 232mila euro dall’AGCOM: scarsa trasparenza con gli utentiPer AGCOM TIM non ha fornito informazioni chiare sull’applicazione dello sconto nel primo anno di abbonamento ai suoi clienti di linea fissa
di M. DI MARCO
Scarsa chiarezza delle informa-zioni fornite e aver “condotto gli utenti ad esprimere un consenso non consapevole”. Con tali accuse, l’AGCOM ha diffidato TIM e ha mul-tato l’azienda per 232mila euro, ossia quattro volte il minimo edita-bile per la violazione specifica (che prevede un massimo di 580mila euro di multa), come evidenziato nella delibera pubblicata sul sito ufficiale dell’Autorità. Alcuni utenti che hanno sottoscritto alcune of-ferte per la fibra ottica di TIM han-no contestato la comunicazione dell’azienda sullo sconto previsto per il primo anno di abbonamento. Tale sconto anziché essere appli-cato subito, “sarebbe stato ricono-sciuto ai clienti successivamente, con un rimborso sulle bollette che sarebbero state emesse nell’8°, 10° e 12° mese dall’attivazione dell’of-ferta”. Secondo AGCOM, TIM “non ha adottato tutte le misure neces-sarie affinché gli utenti avessero potuto disporre facilmente, prima della conclusione del contratto, dell’indicazione chiara e puntuale del costo di abbonamento mensile dell’offerta (...)”. TIM ha evidenziato che prima di terminare l’acquisto online l’utente “ha a disposizione, in un’unica schermata, tutte le in-formazioni di carattere commer-ciale e sul diritto di ripensamento”; Inoltre, ha aggiunto di aver dato “immediato riscontro” agli utenti che hanno sporto reclamo. Per AGCOM, invece, viene accertato che TIM abbia “violato i principi ge-nerali di correttezza e buona fede, non avendo fornito in maniera tra-sparente tutte le informazioni.”
di G. MERO
N uove grane in arrivo per Google da
parte dell’Unione Europea. Il colos-
so del web dovrà ancora una volta
difendersi dall’accusa di aver raccolto in
modo non autorizzato informazioni sugli
utenti durante l’utilizzo di servizi e appli-
cazioni riconducibili alla società tramite
smartphone. Sono già sette le associa-
zioni dei consumatori di altrettanti Stati,
guidati dall’Organizzazione Europea dei
Consumatori (BEUC), che hanno manife-
stato l’intenzione di voler fare chiarezza
sull’operato di Big G. Tra i dati che Goo-
gle avrebbe ottenuto senza un regolare
consenso degli internauti figurano infor-
mazioni sulla posizione geografica e sul-
l’orientamento politico e sessuale.
In base al GDPR, ovvero al regolamento
generale sulla protezione dei dati entrato
in vigore in Europa da maggio di quest’an-
no, le multe per le aziende che non
rispettano le normative sulla pri-
vacy possono colpire direttamen-
te il volume di affari generato dalle
multinazionali grazie all’utilizzo di
tali informazioni. “La fame di dati di
Google è nota, ma la dimensione
con cui inganna i suoi utenti per
tracciare e monetizzare ogni loro
mossa è spaventosa”, sono state
le dichiarazioni di Monique Goyens,
direttore generale del BEUC, riportate
da Bloomberg. “La situazione è più che
allarmante. Google non rispetta i principi
fondamentali del GDPR, tra cui l’obbligo
di adoperare le informazioni sensibili in
modo lecito, equo e trasparente”. Google
ha risposto alle accuse chiarendo che su
tutti i device Android la cronologia delle
posizioni è disattivata di default, inoltre gli
utenti possono modificare tale preferen-
za in qualsiasi momento accedendo alle
impostazioni del proprio dispositivo. Non
è però escluso che alcune app riescano a
tracciare la posizione dell’utente serven-
dosi di altri dati al fine di migliorare l’espe-
rienza d’uso. Per questo è bene consulta-
re anche la sezione “attività web e app”
dal proprio account Google. La società si
è comunque detta disposta ad esaminare
il rapporto inviato dal BEUC per valutare
eventuali modifiche alla propria policy.
MERCATO Secondo l’organizzazione europea dei consumatori, Google non rispetta il GDPR
Google, raccolti dati sensibili all’insaputa degli utentiSecondo l’accusa, Google avrebbe tracciato la posizione degli account anche con il GPS spento
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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018
di Candido ROMANO
E letto il nuovo amministratore delega-
to di TIM: è Luigi Gubitosi. La nomina
è avvenuta solo con i voti dei dieci
consiglieri di maggioranza che fanno
capo al fondo attivista Elliott, che detiene
l’8,8%. I cinque consiglieri eletti da Viven-
di hanno invece votato contro e il gruppo
francese è pronto a contestare la proce-
dura di questa nomina; si prospetta quindi
una battaglia legale. Per la prima volta
infatti un amministratore delegato è stato
nominato senza l’unanimità de consiglio.
Gubitosi ha ricoperto nella sua carriera di-
versi ruoli al vertice, prima in FIAT dal 1985
al 2005, poi in Wind dal 2007 al 2011, in
RAI come direttore generale dal 2012 al
2015 e poi come Commissario Straordi-
nario di Alitalia, incarico che ovviamente
MERCATO Il socio di maggioranza Vivendi è contrario al quarto ad di Telecom Italia in 4 anni
Luigi Gubitosi è il nuovo amministratore delegato di TIM. L’obiettivo è la rete unicaLuigi Gubitosi, classe 1961, già AD di Wind, ha ricoperto ruoli importanti anche in FIAT e Rai
lascerà. Gli attuali problemi di TIM riguar-
dano la riduzione dei costi e aumento del-
la redditività, ma anche lo scorporo della
rete. Appena insediato Gubitosi ha espo-
sto i prossimi passi per TIM: “Tim ha una
grande storia e un capitale umano da va-
lorizzare per vincere la sfida del mercato,
incrementare la generazione di cash flow
per ridurre il debito ed esaminare con
attenzione e velocità il progetto per la
costituzione di una rete unica”. Ciò coinci-
derebbe con quello che vuole il Governo,
o almeno l’emendamento M5s al decre-
to fiscale (il testo è stato anticipato dal Corriere delle Comunicazioni) per creare
un player unico che punta all’integrazione
della rete TIM con Open Fiber. Gubitosi
avrebbe quindi le caratteristiche giuste
per fare da ponte tra azienda e Governo.
Scontro diretto Vivendi-Elliott sempre più vicinoUna “società delle reti” nazionale che
vuole modificare Codice delle Comunica-
zioni elettroniche, di cui il costo dell’ope-
razione ricardrà sulle casse dello Stato.
Chiaramente l’emendamento potrebbe
essere ritirato o respinto, solo il tempo
potrà dirlo. A Gubitosi in ogni caso sono
state attribuite deleghe esecutive, come
al predecessore Amos Genish, mentre
altre attività strategiche per la sicurezza,
compresa Sparkle, sono per ora attribuite
a Stefano Grassi, responsabile della sicu-
rezza. Intanto l’ex Genish, che è rimasto
consigliere per Vivendi, ha detto che
questi cambi repentini di strategia e lea-
dership stanno dividendo i due azionisti,
con la politica che ha giocato un ruolo
importante e con successo. Entro l’inizio
del 2019 ha chiesto quindi un’assemblea,
ma potrebbero farlo in realtà uno o più
fondi, per uno scontro già annunciato nei
prossimi mesi. Ci saranno conseguenze
anche legali riguardo a ciò che è accadu-
to durante il consiglio di amministrazione.
Vivendi vuole impugnare la delibera di
nomina per vizi procedurali e la questione
finirà alla Consob. Si parla di riunione di
dieci consiglieri indipendenti che fanno
capo a Elliott in separata sede per decide-
re il destino di Genish. Inoltre per Vivendi
c’è conflitto di interesse, dato che Gubito-
si da commissario straordinario di Alitalia,
da cui si dimetterà, ha firmato il contratto
di fornitura vinto da TIM.
Luigi Gubitosi è il nuovo AD di TIM
MERCATO ll valore delle loro azioni è in calo da mesi
Cinque giganti hi-tech bruciano 945 miliardi di dollari in borsa
di M. DI MARCO
Vengono chiamate FAANG. La sigla identifica le iniziali di Facebook, Amazon, Apple,
Netflix e Alphabet (in borsa indicata come GOOGL), che negli ultimi mesi hanno
perso oltre 945 miliardi di dollari di dollari se viene confrontato il valore delle loro
azioni alla chiusura del mercato del 19 novembre, rispetto al massimo raggiunto nelle
ultime 52 settimane. In tutti i casi tale apice è stato raggiunto tra giugno e settembre, il
che rende ancora più imponente il tracollo. Il colpo più duro lo hanno subito Facebook
e Amazon, che hanno perso rispettivamente 250 e 255 miliardi di dollari in borsa, ossia
il 39,5% e il 25,4%. Netflix è la società che, delle cinque, ha perso meno: 63 miliardi. Ma
in percentuale si tratta del 35,6% dal suo apice azionario. Apple ha visto svanire 222
miliardi di dollari (20,5%), mentre Alphabet 155 miliardi 20,3%). Ognuna di essere ha
perso, quindi, più del 20% rispetto all’apice delle ultime 52 settimane; stanno insomma
vivendo una situazione di mercato ribassista secondo i parametri di Wall Street. I motivi
sono disparati. Per Apple, per esempio, gli analisti vedono con negatività l’incertezza
sulla crescita delle vendite suoi iPhone e, in generale, del suo hardware. Facebook
è costantemente in mezzo a scandali e a guazzabugli amministrativi che starebbero
minando il rapporto tra Zuckerberg e Sheryl Sandberg, direttrice operativa. Amazon
ha stimato un fatturato inferiore alle aspettative del mercato nonostante ci troviamo nel
periodo più florido dell’anno per il commercio. Netflix fatica a coniugare l’aumento dei
profitti con l’allargamento della base e la produzione di contenuti esclusivi per la sua
piattaforma. Il calo, però, coinvolge anche fattori politici e macroeconomici. La “guerra
dei dazi” tra Cina e USA, per esempio, ma anche l’aumento dei tassi di interesse e la
paura, da parte degli investitori, di un rallentamento dell’economia nel breve termine
sono fattori che stanno influenzando le scelte degli investitori. Laddove fino a poco
tempo fa le FAANG erano, quindi, un “porto sicuro” per gli investitori, oggi gli azionisti
stanno vendendo le proprie azioni, accelerando un calo del mercato già presente.
Elezioni UE: ecco come Google controllerà le pubblicità politicheMancano 6 mesi alle elezioni del Parlamento Europeo e Google ha varato una serie di iniziative volte a offrire la massima trasparenza al processo democratico ed evitare le fake news
di E. VILLA
L’impatto dei media online sull’esi-to delle elezioni politiche è immen-so e per questo i giganti del web, capaci di veicolare messaggi a miliardi di persone, sono sempre sotto la lente d’ingrandimento. Tra-scorse le elezioni di mid-term ame-ricane, ora gli occhi sono puntati su quelle che la prossima primavera porteranno alla ricomposizione del Parlamento Europeo. Mancano 6 mesi, ma meglio organizzarsi per tempo. Non è un caso che Google, Facebook, Twitter e altre abbiano recentemente sottoscritto un co-dice di condotta da implementare in situazioni particolarmente ‘sen-sibili’ come quella che coinvolgerà l’Europa nel 2019. Oggi Google ha deciso di scendere in dettaglio dopo che i rumor delle scorse ore avevano già annunciato qualcosa di simile. Il colosso del web agirà su diversi fronti: protezione dei siti web dagli attacchi hacker volti a oscurare parte del messaggio po-litico, intensificazione degli sforzi contro la proliferazione delle fake news e, soprattutto, controllo rigi-do e severo sulle pubblicità politi-che accettate nel network pubbli-citario. Il concetto è quello della massima trasparenza: Google im-plementerà un rigido sistema di verifica degli inserzionisti (affinché siano chi dicono di essere) e per-metterà ai lettori di verificare da chi proviene un AD, chi l’ha acquistato, a chi è rivolto e quanto è stato spe-so per mostrarlo. In questo modo, si augura Google, sarà più facile assicurare un processo trasparen-te e corretto.
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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018
Trump agli alleati, Italia inclusa: “Bloccate i prodotti Huawei”Il governo statunitense avrebbe avviato una dura campagna di sensibilizzazione per sconsigliare l’uso dei prodotti Huawei agli alleati, Italia compresa. Il colosso cinese esprime rammarico e sorpresa di P. AGIZZA
Ancora una volta il governo sta-tunitense e Huawei sono ai ferri corti. Sempre per lo stesso tema: le accuse di spionaggio. Già vietati in territorio americano, Washington vorrebbe che il bando ai prodotti Huawei si estendesse anche ai ter-ritori dei principali alleati, tra cui an-che l’Italia. Tale messaggio sareb-be stato inviato sia ai governi sia ai vertici delle società di telecomuni-cazioni. Per ottenere questo obiet-tivo, secondo il The Wall Street Journal, l’amministrazione Trump avrebbe messo in piedi una vera e propria “campagna di sensibilizza-zione” per avvertire le altre nazioni dei pericoli legati alla privacy insiti nelle apparecchiature Huawei. Una delle voci più importanti di questa campagna è quella di Chris Wray, il capo dell’FBI, secondo cui “Le apparecchiature Huawei consentirebbero loro di modifica-re o rubare informazioni e di fare spionaggio senza essere scoper-ti”. Addirittura, sempre secondo l’articolo, Washington sarebbe disposta a pagare grosse somme purché Huawei e altri marchi cinesi scompaiano dal mercato europeo. Non si è fatta attendere la risposta di Huawei: “se il comportamento di un governo si estende oltre la pro-pria giurisdizione, tale attività non dovrebbe essere incoraggiata”. Pone l’accento, poi, sul fatto che i dispositivi Huawei sono utilizzati in oltre 170 Paesi del mondo e che milioni di consumatori e aziende scelgono ogni giorno il marchio.
di Candido ROMANO
AGCOM ha pubblicato i dati del
nuovo Osservatorio sulle Comu-nicazioni, che dipinge un quadro
in costante evoluzione in Italia quando si
parla di accesso alla rete e non solo. Una
connettività estremamente cambiata: si
naviga meno da rete fissa e molto di più
da mobile. Nel 2014 il 95% degli accessi
da rete fissa era in rame, a giugno 2018
accessi del genere sono scesi al 65%, 6
milioni di linee in meno.
Salgono invece le tecnologie di rete fissa
di qualità migliore, con 5 milioni di unità
in più di FTTC (Fiber-to-the-Cabinet) e
400.000 in più di FTTH (Fiber-to-the-
Home), oltre alle 650.000 in più per la
tecnologia FWA (Fixed Wireless Access).
Ad aumentare è quindi la velocità di con-
nessione: da giugno 2017 le linee sotto ai
10 Mbps sono calate di 1,24 milioni di unità
e ora rappresentano il 28,3% degli acces-
si. Sono aumentate, infatti, le linee con ve-
locità compresa tra 30 e 100 Mbps (+ 1,97
milioni di unità, oggi il 23,6%) e sopra i 100
Mbps (1 milione in più, oggi il 14,3%). C’è
comunque ancora molto lavoro da fare. Il
leader tra gli operatori è ancora TIM, che
MERCATO Oltre 54 milioni di SIM connesse a Internet nel secondo trimestre del 2018
Sale la velocità media della rete fissa in Italia. Mobile, il consumo medio è 3,63 GBRete fissa, in calo le linee sotto i 10 Mbps, mentre cresce la fibra nelle sue varie forme
ha un 44,7% di market share. Ci sono poi
Vodafone Fastweb e Wind Tre con quote
che si attestano tra il 14% e 15%.
SIM, il consumo medio è di 3,63 GB al meseOgni anno aumentano le SIM per la con-
nessione mobile di 2,4 milioni di unità.
Mentre si attende il 5G, il traffico sulla
infrastruttura mobile italiana cresce sem-
pre di più. Nel secondo trimestre del
2018 sono 54 i milioni di SIM che hanno
effettuato connessioni, con un consumo
medio di 3,63 GB ogni mese (+54,7%).
AGCOM sottolinea quindi una continua
crescita della banda larga mobile in Ita-
lia. Crollano ovviamente gli SMS, -35%
rispetto all’anno precedente.
Per quanto riguarda il mercato mobile,
TIM vince con il 31,2% delle utenze (in
crescita dello 0,9%), segue Wind Tre al
30,4% (ma scende dell’1,6%). Il primo
operatore in Italia è TIM, ma se si consi-
derano solo le SIM “human” e si escludo-
no quelle di tipo M2M, allora Wind Tre è
invece il leader con il 34,5%.
Le abitudini di navigazione e dieta mediaticaAl di là del mezzo per accedere alla rete,
in Italia (ma anche nei principali Paesi
europei) il tempo medio di navigazione
giornaliero si attesta sulle due ore, più
del 4% rispetto al 2017. Google e Face-
book i più visitati, ma anche Instagram.
Passando invece agli ascolti TV rispetto
al giugno 2017 si vede una contrazione
per la Rai, che scende al 33,3%; Media-
set ha uno share di 33,7%. Il dato interes-
sante proviene invece dall’editoria quo-
tidiana: continua la tendenza negativa.
Al giugno 2018 la vendita di quotidiani si
attesta a poco più di 2,8 milioni di copie,
-7,5% rispetto allo stesso periodo di giu-
gno 2017. Leggera flessione anche per la
vendita di quotidiani digitali (-2%).
Prendendo in considerazione l’intero
periodo dall’Osservatorio sulle Comuni-
cazioni, cioè giugno 2014-2018, le copie
giornaliere vendute, sia cartaceo che di-
gitale, sono passate da 2,9 a 1,9 milioni.
Insomma i quotidiani perdono 1 milione
di copie vendute in 4 anni, con una fles-
sione del 34%.
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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018
di P. AGIZZA
N ella battaglia tra Siri e Google
Assistant su iOS, il secondo
assistente ha appena preso
(letteralmente) una scorciatoia. L’ulti-
ma versione dell’applicazione mobile
(per il momento solo negli Stati Uniti)
ha infatti introdotto il supporto alle
scorciatoie di Siri. Cosa significa? Che
pronunciando, per esempio, “Ehi Siri
ok Google” viene automaticamente
aperto l’assistente di Google, pronto a
recepire il comando vocale dell’utente.
Un passaggio, quello appena descrit-
to, che può aprire Assistant anche da
schermo bloccato.
L’integrazione profonda di Siri con
iOS impedisce di selezionare Google
Assistant come assistente vocale pre-
definito su iPhone. Con la frase (un po’
macchinosa) “Hey Siri, Ok Google” l’as-
sistente virtuale di Apple aprirà Goo-
gle Assistant, consentendo agli utenti
iPhone di usare l’app di Google senza
dover sbloccare il telefono e, soprat-
MOBILE Negli USA, la nuova versione dell’app Assistant per iOS supporta le scorciatoie di Siri
“Ehi Siri, OK Google”: la scorciatoia vocale di iOS 12 per usare Google Assistant Pronunciando “Ehi Siri Ok Google”, per esempio, si potrà avviare l’assistente vocale di Google
tutto, senza dover
andare a selezio-
nare l’applicazio-
ne. Come tutte
le scorciatoie di
Siri, l’utente può
scegliere la “frase
magica” collegata
alla scorciatoia,
ma siamo certi
che “ehi Google”
e “ok Google” saranno le più gettona-
te. Questo metodo, per quanto come
detto un po’ macchinoso,rappresenta
comunque un importante passo in
avanti per gli utenti che si affidano ad
Assistant, specialmente per la gestione
della domotica. Gli usi pratici delle scor-
ciatoie di Siri, infatti, vanno oltre alla
semplice apertura dell’app: impostando
una frase personalizzata (per esempio
“Ehi Siri, notte Google”) si possono far
partire, per esempio, i comandi rapidi di
Google Assistant - se precedentemente
configurati - per spegnere le luci e im-
postare la sveglia sullo smartphone pri-
ma di andare a dormire. La novità, per
il momento, sembra destinata al solo
territorio nordamericano.
L’ultimo aggiornamento di Google Assi-
stant per il Belpaese non fa riferimen-
to a questa possibilità, ma crediamo
che non tarderà ad arrivare nel resto
del mondo. Ovviamente si attendono
reazioni dal colosso di Cupertino. Ap-
ple permetterà questa “furbata” per
bypassare il proprio assistente vocale
oppure limiterà l’uso delle scorciatoie
ad altri assistenti virtuali?
di B. DI BLASI
Tra le varie discussioni su Reddit e il
forum di supporto di Google, sono
emersi una serie di problemi legati
all’attivazione della fotocamera e per
realizzare foto e video con applicazioni
fotografiche di terze parti: la fotocamera
non si avvia.
Il problema riscontrato si verifica all’av-
vio della Google Camera che invia un
messaggio allarmante sullo schermo: “il
driver della fotocamera ha prodotto un
errore irreversibile”. Un problema che, di
fatto, la rende inutilizza-
bile, richiedendo, come
temporanea soluzione,
un riavvio del telefono.
Differentemente, con
le applicazioni di terze
parti, si verifica un errore
comunicato dal messag-
gio sullo schermo “non
posso connettermi alla
fotocamera”; anche in questo caso ren-
dendo inutilizzabile la fotocamera e se
si ritenta di lanciare l’applicazione, oltre
al messaggio di errore, si disatttiva
il flash. Tale errore persiste anche
dopo un ripristino ai dati di fabbri-
ca e, peggio ancora, anche in Safe
Mode. Curiosamente un errore si-
mile, in passato, era stato riscontra-
to anche con i Pixel 2 e anche nel
Nexus 6P, dove sporadicamente
si presentavano questi problemi.
Come segnalato da Charged, a quanto
pare il nodo della questione risiede in un
problema di firmware che, ci si augura,
Google possa sistemare al più presto. In
generale Google non ha rifiutato la sosti-
tuzione del prodotto ad alcuni fortunati
utenti; per altri invece, aldilà dell’apertu-
ra di un ticket di assistenza, non ci sono
state sostituzioni di prodotto, ritenendo,
probabilmente, di poter sistemare il bug
in tempi brevi, pur non avendo rilasciato
una nota ufficiale a riguardo.
OnePlus 7 la variante 5G alzerà ulteriormente il prezzoOnePlus è fra i produttori che nel 2019 lanceranno sul mercato smartphone compatibili con il 5G. Ora giungono le prime notizie sul futuro top di gamma, dalle specifiche base al prezzo di M. SERVADIO
Ne ha fatta di strada OnePlus da quando si faceva conoscere soprattutto per il rapporto quali-tà hardware-prezzo dei suoi di-spositivi. Tuttavia l’introduzione del 5G potrebbe spostare ulte-riormente l’asticella del prezzo, almeno secondo le indiscrezio-ni, che vorrebbero un ipotetico OnePlus 7 5G posizionarsi a 649 euro di base, affiancato da una versione 4G più classica, con un prezzo di listino più vicino a quello dell’attuale top di gamma OnePlus. OnePlus 6T parte, an-che in Italia, da 559 euro e arriva a 639 euro, ma questa volta il nuovo aumento sarebbe moti-vato da quella connettività 5G che nel 2019 sarà all’avanguar-dia. Basti pensare che Apple sta puntando il 2020 per integrare il 5G nei suoi smartphone, con un anno di ritardo rispetto ad aziende come OnePlus, Xiaomi e ZTE. Certo poi l’altro elemento fondamentale, oltre ai dispositivi supportati, è un’infrastruttura di rete che permetta effettivamen-te di sfruttare la connettività 5G. Quanto a specifiche tecniche i ben informati parlano di un chip Snapdragon 855, affiancato dal modem Snapdragon X50, pro-gettato da Qualcomm proprio in vista del supporto alle reti 5G.
MOBILE Diversi utenti hanno segnalato l’impossibilità di usare la fotocamera del proprio Pixel 3
Pixel 3, la fotocamera non funziona: colpa di un bugPare che il nodo della questione risieda in un problema di firmware. Nessuna soluzione in vista
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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018
di M. DI MARCO
L ’assistente digitale di Vodafone, Tobi,
tra le chat di WhatsApp. Tobi sarà
infatti presto disponibile sulla piat-
taforma di messaggistica, permettendo
agli utenti Vodafone e non di fruire del-
l’assistente nello stesso modo in cui già
possono fare sul sito Vodafone, sull’app
My Vodafone o su Messenger.
A un numero selezionato di utenti verrà
fornito l’accesso a Tobi su WhatsApp a
partire da dicembre; in base al feedback
di tali utenti, Vodafone valuterà succes-
sivamente le modalità e le tempistiche
per estendere la disponibilità di Tobi su
WhatsApp. Un assistente sempre più
presente. A fine ottobre Vodafone è stata
tra le prime a supportare Amazon Alexa
in italiano; oggi Tobi è accessibile, trami-
te i comandi vocali, dagli altoparlanti con
Alexa integrata, come gli Echo di Amazon
e i Sonos. “Vogliamo esserci su tutte le
piattaforme più usate dai nostri utenti”
evidenzia Claudio Raimondi, respon-
sabile Digital e Intelligenza Artificiale di
Vodafone Italia. Per ora, non sono ancora
previsti né lo sbarco di Tobi su dispositivi
Google Home né la compatibilità con le
scorciatoie di Siri o Telegram. Non vengo-
no coinvolti soltanto gli utenti Vodafone:
anche chi proviene da un altro operatore
può porre domande a Tobi. “Ovviamen-
te in questo caso è più limitato e l’utente
può, per esempio, fare domande sulle
offerte commerciali” fa notare Raimondi.
Basta un messaggio su WhatsApp, in-
somma, per sapere cosa prevedono le
tariffe con lo smartphone incluso, qual è
il codice PUK della propria SIM oppure
quanti GB sono disponibili con il proprio
piano tariffario all’estero. Ci sono poi altri
limiti, dettati, in questo caso, da mancanze
tecniche di WhatsApp. Se dal sito Vodafo-
MOBILE L’assistente digitale di Vodafone, Tobi, sarà presto disponibile anche su WhatsApp
Vodafone, l’assistente Tobi arriva su WhatsApp. Presto risponderà anche al 190 L’accesso a Tobi su WhatsApp verrà fornito la partire da dicembre a un numero selezionato di utenti
ne o tramite Messenger è possibile, per
esempio, avere delle schede interattive
per scegliere una nuova offerta, ciò non
è possibile su WhatsApp, dove la conver-
sazione è soprattutto testuale. In tali casi
Tobi suggerirà all’utente di proseguire sul
sito ufficiale di Vodafone.
Tobi risponde anche al telefonoTobi non sostituirà interamente l’assisten-
za. Un esempio chiaro di tale binomio è
rappresentato dal sistema IVR, ossia il si-
stema di risposta vocale interattiva tipico
dei centralini, basato sulla pressione dei
dati del telefono per indirizzare l’utente.
Tale sistema è già oggi coinvolto da Tobi:
una manciata di utenti, quando telefona
al 190, viene aiutata da Tobi, sfruttando lo
stesso sistema di domanda e risposta di-
sponibile sulle applicazioni mobile. Quan-
do Tobi non riesce a esaudire la specifica
richiesta dell’utente, allora la palla viene
passata a un operatore umano. Per ora,
comunque, è soltanto un test, che verrà
reso accessibile ad altri utenti al momento
opportuno. Un sistema di omnicanalità: la
conversazione con Tobi prosegue anche
se l’utente si sposta dal web allo smar-
tphone e poi ad Alexa. “Tobi tiene in me-
moria lo storico della con-
versazione con l’utente”
spiega Raimondi, così che
l’utente possa proseguire
la conversazione in modo
intelligente e trasversale.
Tobi infatti non consuma
Giga del piano tariffario e
può essere usato anche
con credito residuo pari a
zero. Solo a ottobre, Tobi
ha ricevuto oltre 2,1 milio-
ni di visite, gestendo oltre un milione di
conversazioni, di cui l’80% senza bisogno
dell’intervento di un operatore umano.
L’intenzione non è comunque quella di
andare a sovrapporre totalmente l’assi-
stenza che viene fornita ogni giorno dagli
operatori umani. Per Vodafone e per gli
utenti, però, Tobi diventerà sempre più
importante per gestire informazioni rapi-
de e accessibili da qualsiasi dispositivo.
iPhone XS, vendite insufficienti: accordo con Samsung non rispettato. Al via la produzione di iPhone X A causa di basse vendite di iPhone XS e XS Max, Apple si ritrova a dover produrre di nuovo iPhone X per un accordo sugli acquisti di pannelli OLED con Samsung di B. DI BLASI
Apple ha bisogno di iPhone X. Non per generare più profitti, bensì per rispettare gli obiettivi di acquisto previsti dall’accordo con Sam-sung per la fornitura degli scher-mi OLED. Le vendite inferiori alle aspettative di iPhone XS e XS Max, secondo quanto riportato dal The Wall Street Journal, non sarebbe-ro infatti sufficienti. Questo atteg-giamento conservativo da parte di Apple rispecchia le indiscrezioni riguardo al taglio di produzione per i nuovi modelli. In particolare sarebbe l’iPhone XR a essere sta-to accolto meno positivamente del previsto; colpa anche di iPhone 8, ancora un valido prodotto che può essere trovato a un prezzo infe-riore di XR. Una situazione che ha spinto molti acquirenti a optare per questa scelta anziché fiondar-si sul modello meno caro dei nuo-vi smartphone. iPhone X sarebbe stato riesumato, quindi, anche per il semplice fatto che è meno costo-so produrlo rispetto a iPhone XS e XS Max, con componenti hardwa-re e manodopera economicamen-te meno gravose, secondo il Wall Street Journal. In passato Apple ha sempre continuato a produr-re modelli precedenti finché ha trovato domanda in certi mercati; quest’anno, forse, chiudere im-mediatamente la produzione di iPhone X in favore del nuovo trio potrebbe non essersi rivelata una mossa azzeccata.
L’assistente di Vodafone Tobi è disponibile anche per smart speaker con Amazon Alexa integrata
Un esempio di conversazione su WhatsApp tramite Tobi
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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018
di M. DI MARCO
L e ambizioni di Huawei non sono finite
quando ha superato Apple per volu-
me di smartphone spediti; ora l’azien-
da cinese punta a superare Samsung e
diventare il primo produttore al mondo.
Numeri che ovviamente non raccontano
la storia completa - bisogna infatti tenere
conto dei profitti generati dagli smartpho-
ne. La crescita di Huawei negli ultimi tri-
mestri, però, è evidente e sebbene il mar-
gine di vantaggio di Samsung sia ancora
molto esteso, l’idea che Huawei possa
avvicinarsi al rivale è molto credibile.
Il sorpasso, però, è una storia diversa. A
guardare i dati dal primo trimestre 2016 al
secondo trimestre del 2018 (la nostra fon-
te è stata IDC), la tendenza di Samsung
è in negativo, laddove quella di Huawei
è in positivo. Per completezza abbiamo
inserito anche l’andamento di Apple, che
nel corso dei dieci trimestri presi in esame
è rimasto pressoché stabile. Nel secondo
trimestre del 2018 Huawei ha spedito 54,2
milioni di smartphone, mentre Samsung
71,5 milioni. Per quanto quest’ultima stia
affrontando molti problemi, specialmente
nel segmento economico dove i produtto-
ri cinesi, Huawei inclusa, le danno filo da
torcere, 17-20 milioni di smartphone ogni
MOBILE L’AD di Huawei promette che l’azienda distribuirà più smartphone di Samsung entro il 2020
Huawei-Samsung, la sfida per essere i numeri uno. E vincono i consumatoriObiettivo credibile, ma Samsung non starà a guardare. La battaglia si preannuncia accesa
trimestre non sono un
vantaggio tanto picco-
lo. Escludendo il quarto
trimestre 2017, quando
ha registrato un calo
delle unità spedite su
base annua, da molti
trimestri a questa parte
Huawei sta tenendo un
ritmo di crescita in dop-
pia cifra. Il più clamoro-
so è senz’altro quello
del secondo trimestre
2018: +40,9% rispetto all’anno preceden-
te. L’indagine di Strategy Analytics relativa
al terzo trimestre di quest’anno dà Huawei
ancora in vantaggio su Apple (51,8 contro
46,9 milioni), ma Samsung sempre al pri-
mo posto con oltre 72 milioni di smartpho-
ne spediti, sebbene in calo.
La battaglia è tosta e Samsung non sta a guardareHuawei sa l’obiettivo di superare Sam-
sung non è auspicabile nel breve termine;
l’amministratore delegato Richard Yu mira
invece di raggiungere tale risultato nel
2020. Nel primo trimestre 2016 c’erano
quasi 50 milioni di smartphone a stacca-
re Samsung da Huawei; oggi sono meno
di 20 milioni. Tra due anni Huawei sarà
il primo produttore di smartphone? Con
questo ritmo di crescita senz’altro. Allora
la domanda è un’altra: riuscirà a mante-
nere stabile tale ritmo grazie all’ottimo
lavoro che sta facendo sulla fascia alta
con la serie P e Mate? Samsung non sta a
guardare e con Galaxy A9 ha dimostrato
di voler diventare molto più competitiva
anche nel segmento intermedio e di non
voler certo restare indietro. Inoltre con
Galaxy S10 promette di innovare in modo
sostanzioso rispetto a Galaxy S9, il che
potrebbe spingere il suo top di gamma,
senza dimenticare Infinity Flex Display,
il suo smartphone pieghevole. Una bat-
taglia commerciale molto accesa, dalla
quale emerge già a oggi un solo vincitore:
il pubblico, che sul mercato ha dispositivi
sempre migliori.
Smartphone pieghevole, LG sfida Samsung: depositati tre brevettiAnche LG pensa allo smartphone pieghevole? Lo dimostrerebbero tre brevetti, che lasciano intuire che la società possa avere in serbo un concorrente al Samsung di F. AQUINI
LG ha registrato, proprio qualche giorno fa, tre nuovi marchi: Flex, Foldi e Duplex. La registrazione ha avuto luogo presso la Euro-pean Union Intellectual Property Office il 21 novembre ed è sta-ta categorizzata come Class 9, ovvero appartenente a una ca-tegoria che comprende, fra gli altri dispositivi, gli smartphone. A cosa si riferiscono i tre marchi quindi? Dai nomi sembrerebbe non esserci alcun dubbio: an-che LG, al pari di Samsung, sta progettando uno smartphone (o una famiglia di smartphone) pie-ghevole. E la presenza di ben tre marchi potrebbe essere giustifi-cata, se non per la creazione di tre nuove famiglie, quantomeno per “bloccare” i papabili nomi mentre i piani aziendali vengono definiti. Il primo, in particolare, porta alla mente il G Flex, smar-tphone prodotto dalla stessa LG e caratterizzato da uno schermo curvato, mentre gli altri due, Fol-di e Duplex, lascerebbero pensa-re a una smartphone ripiegabile a libretto con doppio schermo (o con un solo schermo che si piega a metà). Insomma, almeno in Corea le idee sul futuro degli smartphone sembrano averce-le chiare: schermi pieghevoli in ogni salsa. Quando dovrem-mo aspettarci il primo modello? Stando a quanto mostrato da Samsung la tecnologia c’è, quin-di non è escluso che in uno dei prossimi eventi internazionali si possa già mettere gli occhio su un modello funzionante.
dI B. DI BLASi
Apple ambivalente: da una parte
veste l’armatura del paladino della
privacy, evidenziando la necessità
di regolamentare tale aspetto della vita
digitale, ma dall’altra parte incassa miliardi
di dollari da Google affinché resti il mo-
tore di ricerca predefinito su Safari. “Non
è una situazione perfetta, sono la prima
persona a dirlo”. A parlare è Tim Cook, in
un’intervista concessa ad Axios su HBO.
Cook ammette che l’accordo pluriennale
con Google deriva dalla consapevolezza
che “il loro motore è il migliore”. Cook, in
un intervento a Bruxelles di fine ottobre,
evidenziava che “non dovremmo indora-
MOBILE Apple riceve miliardi da Google affinché resti il motore di ricerca predefinito su Safari
Apple parla di privacy e riceve miliardi da GoogleL’accordo pluriennale con Google deriva dalla consapevolezza che “il loro motore è il migliore”
re le conseguenze: è una sorveglianza e
queste quantità di dati personali servono
solo ad arricchire le società che li rac-
colgono”. “Guardate cosa abbiamo fatto
con i controlli che abbiamo integrato” ha
risposto Cook riferendosi ad alcune fun-
zioni di Safari. “Abbiamo una navigazione
web privata, abbiamo una protezione in-
telligente sui tracker e ciò che abbiamo
cercato di fare è trovare il modo di aiutare
i nostri utenti nel quotidiano”. Apple tra in-
cudine e martello, avendo da una parte i
colossi - come Google e Facebook - che
sfruttano la sua piattaforma per creare
valore per se stesse, e dall’altra parte gli
utenti che si ritrovano “controllati” da un
prodotto del quale non riescono più a
fare a meno. Apple si è più volte espressa
con toni forti attaccando le aziende che
raccolgono i dati per profilare gli utenti.
Il controsenso dell’accordo con Google
diventa, così, ancora più evidente e Apple
dovrà trovare un modo migliore in futuro
per far combaciare i suoi due intenti: pro-
teggere la privacy degli utenti e offrire il
“meglio per il proprio browser.”
www.audiogamma.it
P5 Wireless.Abbiamo eliminatoil cavo ma il suonoè rimasto lo stesso.
P5 Bluethooth, musica in mobilitàsenza compromessi con 17 ore diautonomia e ricarica veloce perperformance allo stato dell'arte. Lasolita qualità e cura nei materiali diBowers & Wilkins adesso senza filigrazie alla nuova P5 S2 Bluetooth.
133_bw_P5w_pgp_ddy.qxp:- 19-09-2016 14:13 Pagina 1
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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018
di Emanuele VILLA
N el turbolento mare delle telco, Vo-
dafone vince una (piccola) batta-
glia contro TIM. L’oggetto del con-
tendere è la pubblicità dell’offerta TIM
Senza Limiti Platinum, che l’operatore
blu propone con “GB senza limiti” o “GB
illimitati” salvo poi strozzare la velocità
di navigazione a 32 kbps dopo 50 GB
di consumo. Non che TIM non lo possa
fare, ma Vodafone sostiene che 50 GB
non siano nulla di speciale nel panorama
attuale delle telecomunicazioni: chi già li
applica non usa l’espressione “GB senza
limiti” per poi spiegare che, dopo tale so-
glia, la navigazione viene portata a livelli
di sopravvivenza solo nelle note piccole
della pagina. Inoltre, il fatto che la stes-
sa TIM offra Giga illimitati “full speed”
nel servizio TIM Party può generare ul-
teriore confusione: se l’assenza di limiti
c’è in altri profili, non si tratta di sicuro di
un’espressione ‘iperbolica’.
Dal canto suo, TIM si è difesa adducen-
do motivazioni formali, tipo che nell’of-
MOBILE Piccola vittoria di Vodafone contro TIM: il Giurì obbliga TIM a modificare l’offerta
TIM, stop alla pubblicità dei “Giga Illimitati”TIM Senza Limiti Platinum offriva GB senza limiti, ma dopo 50 GB la velocità passa a 32 Kbps
ferta si parla unicamente di quantità di
dati fruibili e non di velocità (nessuna
promessa, dunque, sulla seconda), che
la pubblicità è statica e l’utente ha tutto
il tempo di apprendere i contenuti nelle
note e che 32kbps sono sufficienti per
attività di “non poco conto”.
Il Giurì ha dato ragione a Vofadone. Il
concetto è semplice: il fatto che un’of-
ferta principale sia poi ‘temperata’ da
indicazioni particolari è ammessa, ma
l’indicazione supplementare deve es-
sere contestuale alla primaria, cosa che
non è (era?) nella comunicazione TIM.
Qui era infatti necessaria una specifica
azione da parte del cliente, che peraltro
non è guidato nella direzione giusta per
comprendere al 100% le caratteristiche
dell’offerta. Risultato: la pubblicità non
è conforme all’articolo 2 del Codice di
Autodisciplina e va tolta o modificata
in modo consono. Cosa che peraltro
ci pare sia già avvenuta: in questo mo-
mento la pagina dell’offerta riporta l’in-
dicazione 50GB di fianco a “GB senza
limiti” e subito sotto viene dichiarata la
velocità “Superati i 50 GB la velocità si
riduce a 32kbps”.
Display senza tacche né cornici Huawei vuole anticipare SamsungIl teaser pubblicato da Huawei mostra un nuovo smartphone, che potrebbe far parte della linea Nova. Il dispositivo è dotato di full-display nel quale è stato ricavato un piccolo foro, che lo rende simile all’Infinity-O di Samsung di G. MERO
Huawei è pronta ad anticipare le mosse di Samsung nel settore mobile con i prossimi top di gam-ma. Il produttore cinese ha difatti pubblicato sul proprio profilo Wei-bo uno scatto, in anteprima, di un nuovo smartphone che secondo i rumor farà parte della linea Nova e arriverà entro l’anno.L’immagine mostra il dispositivo inquadrato frontalmente senza cornici, con a bordo un full-display che copre l’intera superficie. È pre-sente solo un piccolo foro in alto a sinistra adibito probabilmente ad ospitare una fotocamera per selfie e videochiamata.Si tratta di una soluzione già illu-strata da Samsung con il nome Infinity-O e che dovrebbe vedere la luce sui primi smatphone nel 2019. Huawei anticiperà dunque di qualche mese il colosso su-dcoreano in una corsa contro il tempo nel definire l’aspetto degli smartphone di prossima gene-razione. Richard Yu, amministra-tore delegato Huawei, ha citato di recente proprio il volume di smartphone distribuiti da Sam-sung quale dato da eguagliare e superare entro il 2020, con l’am-bizioso obiettivo di diventare il primo produttore al mondo.
di M. DI MARCO
T IM è riuscita a connettere un pro-
totipo di smartphone alla rete 5G
NR (New Radio). Nei laboratori to-
rinesi dell’operatore, fa sapere l’azien-
da, “sono stati completati i primi test di
connessione OTA (Over the Air)” gra-
zie alla collaborazione con Ericsson e
Qualcomm, di cui è stato usato il mo-
dem Snapdragon X50, che sarà pronto
il prossimo anno per la disponibilità
commerciale. Per la realizzazione dei
test di trasmissione è stata utilizzata
una porzione della gamma di frequen-
ze 3,4-3,8 GHz, aggiudicate a TIM dal
recente bando di gara del Ministero per lo Sviluppo Economico. “Questo
traguardo - commenta TIM - rappre-
senta un passo fondamentale verso
MOBILE TIM ha annunciato di aver completato con successo il suo test in laboratorio
TIM, connesso smartphone alla rete 5G “Questo risultato è un passo fondamentale”Nei laboratori torinesi, TIM è riuscita a connettere alla rete 5G un prototipo di smartphone
l ’ implementazione
del 5G in Italia a be-
neficio dei clienti”.
“Il nostro terminale di
test - spiega Enrico
Salvatori, presidente
di Qualcomm Europe
- è il primo device 5G
NR con fattore di for-
ma di uno smartpho-
ne disponibile per
queste sperimenta-
zioni e stiamo lavoran-
do con tutti I nostri partner per rendere
il 5G una realtà commerciale nel corso
del 2019”. TIM si aggiunge alla lista,
sempre più lunga, di società nazionali
e internazionali che stanno testando
con successo la rete 5G su smartpho-
ne. Recentemente ZTE ha annuncia-
to i risultati raggiunti in laboratorio,
preannunciando che il prossimo anno
lancerà sul mercato uno smartphone
compatibile con la rete 5G. Altrettanto
faranno OnePlus, Xiaomi e, molto pro-
babilmente, anche Samsung.
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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018
di E. VILLA
N on passa giorno che non ci sia almeno una noti-
zia sul fronte delle tariffe telefoniche. Ce ne sono
sempre state tante, ma l’arrivo di Iliad ha causato
un’accelerazione incredibile: c’è chi offre 50 GB a qual-
che euro al mese, chi ribatte con 60 o più, chi si inven-
ta tariffe ad hoc da pochi spicci per recuperare i propri
clienti e chi cerca di tenere i prezzi invariati puntando
sulla qualità dell’infrastruttura. Insomma, è una giungla.
Posto che seguiamo questo mercato con interesse, oggi
chi vuole cambiare profilo tariffario andando verso la
convenienza non può che essere in difficoltà:. Una pro-
va comparativa tra le diverse offerte del mercato è quasi
impossibile perché presupporrebbe valutare non solo
dati oggettivi come la quantità di dati e di SMS per un
certo prezzo mensile, ma anche la copertura e la qualità
della rete. Ma anche restando sugli elementi oggettivi e
facilmente comparabili, quali sono le tariffe migliori e/o
più convenienti del momento?
Prima cosa: valutare le ‘operator attack’Puoi amarla o meno, ma la certezza è che Iliad ha rivo-
luzionato il mercato italiano della telefonia. Il lancio di
offerte dal costo contenuto con 30 e più GB ha scos-
so un settore in equilibrio imponendo ai competitor di
controbattere in qualche modo: alcuni si sono inventati
tariffe fortemente competitive, altri hanno addirittura fon-
dato società separate con l’obiettivo di concentrarsi sulla
convenienza, altri ancora creano profili ad hoc aggressivi
e destinati direttamente ai clienti dei competitor, con una
particolare predilezione proprio per Iliad. La prima cosa
da fare, dunque, è valutare una di queste offerte. Ormai
la classica bipartizione tra offerte ‘per tutti’ e ‘per nuovi
clienti’ non è più sufficiente: si è aggiunta la categoria
delle offerte ‘per chi proviene dall’operatore X o dagli
operatori X, Y e Z’, che sa tanto di sfida commerciale. Ma
a noi che gli operatori si diano battaglia interessa dav-
vero poco, anzi ci fa piacere: il problema, semmai, è che
a queste offerte non sempre viene data visibilità online,
non basta andare sul sito per trovarle, non tutti i nego-
zi vi aderiscono e, soprattutto, spesso la loro durata è
estremamente ridotta, al limite delle 24 ore. L’ipotesi mi-
gliore per fare l’affarone è chiamare o recarsi in negozio
e valutare se ci sono o meno avendo cura di considerare
tutto, ovvero costi di attivazione (spesso assenti nel caso
di cambio gestore), costo mensile ed eventuale vincolo
temporale, che fortunatamente non può più essere ‘im-
menso’ come un tempo. Rispetto ad altre indagini già fat-
te in passato, questa volta però abbiamo un vantaggio:
non dobbiamo più comparare tariffe mensili con altre
quadrisettimanali, perché fortunatamente il mese “da 28
giorni” appartiene al passato.
Quindi quale conviene?Non potendo comparare offerte ad hoc a causa della
loro volatilità, vogliamo mettere sullo stesso piano quelle
“stabili” degli operatori. E soprattutto ci interessa evi-
denziare quei profili che possono davvero servire alla
MOBILE Dopo mesi trascorsi a parlare di Iliad, Ho Mobile, Kena, oggi se volessimo cambiare tariffa, a quale dovremmo rivolgerci?
Le tariffe telefoniche più convenienti di fine 2018Si sa che Iliad è conveniente e che i ‘big’ stanno tentando di recuperare clienti agendo sul prezzo, ma regna la confusione
maggior parte delle persone: sappiamo tutti che i 60 GB
mensili di Tre o i 50 di Iliad li consumerà - se va bene
- una persona su 100, per cui abbiamo deciso di mettere
sullo stesso piano offerte di medio profilo con 10 - 20 GB
(se disponibili, ovviamente) e verificare quale sia la più
conveniente. Poi ci sarà sicuramente qualcuno che ‘ha
bisogno’ di 60 GB, ma con questo servizio cerchiamo di
soddisfare le esigenze dei più: tanti minuti, qualche SMS
e una decina di GB ci fanno trascorrere il mese in sere-
nità. Alla fine, le domande cui vogliamo rispondere sono
due: è vero che, a fine 2018, Iliad e Ho Mobile hanno
portato una rivoluzione tale da essere imbattibili a livello
di convenienza? Ed è vero che gli operatori tradizionali,
puntando sulla capillarità della loro rete e sulla presenza
storica sul territorio, hanno deciso di alterare le offerte in
modo tutto sommato ‘relativo’ a causa dell’arrivo in forze
degli operatori low cost? Iniziamo a fare qualche ipotesi.
TIM all’attacco: 10 € e si naviga sereniIl sentiment che accompagna l’operatore ‘blu’ non è a
tinte nette: chi ne elogia la qualità della connessione
e l’indubbia capillarità, chi lo ritiene ‘fuori mercato’
per la sua strenua resistenza nella politica dei prezzi.
In effetti fa un po’ strano leggere di piani tariffari da
50 euro al mese per 50 GB di traffico su 4.5G, ma è
anche vero che non mancano le offerte dal piacevole
rapporto qualità/prezzo. Quella che ci pare ideale ai fini
di questo servizio è TIM Extra Power, un profilo tariffa-
rio disponibile per gli utenti del web e che può essere
attivato da tutti i nuovi clienti. Ciò significa che ne può
usufruire sia chi passa da un altro operatore (qualsiasi),
sia chi attiva una nuova linea. I numeri sono interessan-
ti anche se ai minimi della nostra ricerca: parliamo di 10
GB su rete 4.5G da 700Mbit e 1.000 minuti nazionali a
10 euro al mese. Mancano gli SMS ma al giorno d’oggi
non sembra un limite insormontabile. Piuttosto, come
spesso accade non è semplicissimo districarsi tra le
note: l’offerta costa 9,99 euro al mese il primo anno e
poi diventa 12,99 euro, l’attivazione di 9 euro è gratuita
per chi procede tramite sito ma restano da pagare 25
euro per la SIM, dei quali 20 sono di traffico. Morale: la
SIM costa 5 euro, e il primo mese è gratuito. Il primo
anno andiamo a pagare 114,89 euro, un ottimo prezzo
che però sale a più di 150 il secondo anno. E di questo
bisogna tenere conto.
Vodafone nella soglia dei 10 € con Simple+Da quando ha in casa Ho Mobile, la situazione di Vo-
dafone si è un po’ complicata. L’operatore ‘rosso’ deve
puntare su qualità e quantità di servizi se vuole far ri-
saltare la sua offerta in un mercato che punta al “nume-
rone” di fianco ai Giga. Partendo da un punto di vista
di convenienza, Simple+ ci pare l’opzione più vicina ai
nostri canoni: 1.000 minuti di traffico voce, 1.000 SMS
(che non serviranno più, ma a volte fanno comodo) e
20 GB di traffico su rete 4.5G fino a 1 Gbps per 10 euro
al mese. Senza vincoli temporali ma con l’obbligo (se
così si può dire) dell’addebito su carta di credito o con-
to corrente e senza costi di attivazione per nuovi clien-
ti, con in più il vantaggio della navigazione illimitata su
applicazioni social e chat.
Tre Play Master è come una “low cost”Negli ultimi anni, Tre ha sempre puntato forte sulla leva
del prezzo. Volendo puntare sulla convenienza, un buon
punto di partenza ci sembra All-in Master, che come da
copione ha minuti illimitati, zero SMS, 30 GB di traffico
su rete 4G a 6,99 euro al mese. Leggendo in modo ap-
profondito si scopre che c’è anche altro da valutare: un
costo di attivazione di 9 euro e la “solita” opzione LTE
che viene offerta gratuitamente fino a giugno del pros-
simo anno dopo di che (salvo proroghe) costa 1 euro al
mese. Che su un canone di 6,99 non è pochissimo. Ma
il limite maggiore è il vincolo contrattuale: per usufruire
di 30 GB a 6,99 euro al mese con la All-in viene richiesta
fedeltà per 24 mesi. Se questo non è un problema, tutto
il pacchetto viene offerto a poco meno di 95 euro all’an-
no, un ricca offerta ‘low cost’ che è addirittura inferiore a
molti competitor più ‘quotati’ dal punto di vista della con-
venienza. Se invece non si vuole avere alcun vincolo, si
può optare per Play Master, che costa uguale ma offre
15 GB di traffico anziché 30 e azzera, per attivazioni onli-
ne, il contributo di attivazione di 9 euro. A questo punto
optiamo per Play Master e simuliamo l’acquisto online:
un anno ci costa meno di 90 euro (89,88 euro).
segue a pagina 14
torna al sommario 14
MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018
Anche Wind sul treno dei 9,99 € al meseLa sfida tra i ‘big 4’ del mercato si gioca davvero sul sin-
golo euro di differenza. Al momento in cui si scrive, per
esempio, Wind sta sponsorizzando un po’ ovunque il
suo profilo tariffario da 8,99 euro con minuti illimitati, 100
SMS e 40 GB, un’offerta notevole che però fa parte della
categoria di quelle “estemporanee” a tempo. Preferiamo
quindi orientarci su All Inclusive - Easy Pay, che per un
euro in più (9,99 euro/mese) offre 20 Giga, minuti illimi-
tati e 100 SMS. Limiti? Più o meno i soliti: intanto il paga-
mento va fatto con carta di credito o RID pur trattandosi
di un profilo ricaricabile (11,99 euro/mese con pagamento
su credito residuo), ma c’è anche un discorso di vincolo
temporale che va a incidere sul costo di attivazione: solo
3 euro ma l’offerta va tenuta per 24 mesi. Da notare tra
l’altro che una volta esauriti i 20 GB su LTE la navigazione
continua ma a velocità ridotta, fino a 128 kbps e, cosa
tutt’altro che trascurabile, che in questo momento Wind
regala 100 GB da esaurire in un anno. Se vi va di spende-
re sui 125 euro all’anno, è un’ipotesi da non scartare.
Iliad, ora si parte da 50 GBSe con gli operatori tradizionali è possibile optare per
una quantità di traffico di medio livello, con Iliad si punta
subito in alto. D’altronde l’operatore è arrivato in Italia con
l’intento di offrire molto a basso prezzo e, soprattutto, di
fornire una trasparenza tariffaria mai vista prima. Quindi
se oggi si vuole passare a Iliad, il punto d’accesso è sem-
plicemente quello più completo, da 7,99 euro al mese
per minuti, sms illimitati e 50 GB di traffico nazionale. In
questo momento non ci sono alternative ad eccezione
dell’offerta Voce che costa solo 4,99 euro al mese ma,
oltre a minuti ed sms illimitati, offre unicamente 40MB
di traffico dati. Oltre al costo della rata mensile, bisogna
mettere in conto l’acquisto una tantum della SIM: 9,99
euro al momento della prima attivazione. A livello pura-
mente economico, con 105 euro all’anno l’offerta Iliad ha
ben pochi concorrenti.
Ho Mobile, leggermente più caro di IliadHo Mobile è il brand (della famiglia Vodafone) che più di
tutti sta cercando di contrastare le politiche di prezzo di
Iliad. Non per niente anche qui non si può andare su un
profilo tariffario da 20 GB o 30 GB ma bisogna rivolgersi
a quello da 50 GB. Le differenze con l’analogo profilo
targato Iliad sono millimetriche: anche qui parliamo di
minuti, sms illimitati e 50 GB di traffico in Italia, ma qui
si introduce un fantomatico 4G Basic che altro non è se
non un LTE con velocità in download e upload limitata a
30 Mbps. La cosa non dovrebbe creare alcun problema
in condizioni di navigazione da smartphone ma potreb-
be esserlo durante l’uso dell’hotspot, che comunque è
compreso nel prezzo. Stesso trattamento per quanto
concerne i costi di attivazione (e della SIM): 9,99 euro
una tantum. Le differenze col nemico di sempre, cioè
degli ultimi 6 mesi, sono quindi il 4G Basic, la capillarità
della rete (Ho Mobile sfrutta la rete Vodafone) e un diver-
so trattamento delle chiamate e navigazione all’estero:
entrambi offrono un certo pacchetto dati per navigare
in UE, ma Iliad vi aggiunge le telefonate dall’Italia a 60
destinazioni, molte delle quali extra UE.
Kena: conviene, ma c’è il “problema” del 3GAnche il brand Kena, che rientra nella galassia TIM (No-
verca), sta combattendo per un posto al sole nel mondo
delle tariffe più convenienti. Nell’ottica del rapporto qua-
lità/prezzo, troviamo interessante Kena 7,99, un profilo
con 30 GB di dati, minuti illimitati e 30 SMS: curiosa que-
sta dotazione di messaggi, ma d’altronde ormai vengo-
no usati pochissimo e una trentina può essere più che
sufficiente nell’ottica del mese. Come al solito si tratta
di un’offerta dedicata a chi attiva un nuovo numero con
Kena o in caso di passaggio da altro operatore: non è
previsto altro vincolo, mentre curiosamente il prezzo
di “accesso” (SIM e attivazione) è superiore alla media:
19,99 euro, di cui bisogna tenere conto. Purtroppo il pro-
filo Kena 7,99 è ancora vincolato alla rete 3G: l’operatore
permette il passaggio alla rete 4G soltanto ai clienti già
attivi prima del 9 ottobre 2018, mentre successivamen-
te è necessario optare per un profilo che lo prevede fin
dall’inizio, come quello da 8,99 euro. Anzi, a questo pun-
to saliamo un po’ di livello e optiamo per quest’ultimo,
che ha caratteristiche analoghe al precedente ma con
qualche variazione significativa: gli SMS diventano 100,
il traffico dati va a 50 GB e il contributo di attivazione
è a zero. In fin dei conti con l’azzeramento del contri-
buto iniziale, questo risulta anche più conveniente se
calcoliamo il primo anno. Con 107 euro un anno passa
liscio.
Fastweb, un’offerta molto equilibrataFastweb ha inaugurato la corsa alla semplificazione
delle tariffe telefoniche, che è diventato un vero e pro-
prio cavallo di battaglia di Iliad e delle altre compagnie
low cost. Di tutti i profili, quello che consideriamo più
equilibrato è Mobile Voce e Giga, che però rispetto agli
altri considerati finora offre solo 10 GB per chi non è
cliente Fastweb di linea fissa. Noi supponiamo di non
esserlo, altrimenti avremmo 30 GB per 6,95 euro al
mese: qui ci dobbiamo accontentare di 10 GB a 10,95
euro, con 1000 minuti e 100 sms. Non ci sono vincoli di
durata né differenze tra chi è cliente e chi non lo è. Al
momento non ci sono altri costi da aggiungere e in più
il primo mese è gratuito. Il risultato annuale è un po’ più
caro rispetto alle altre soluzioni considerate: 120,45 euro
per un anno. Eccezionale invece per i clienti Fastweb: 88
euro su 12 mesi, quasi un record.
Tutti rivolti alla convenienzaDire che solo le aziende di recente ingresso sul merca-
to siano orientate verso la convenienza sarebbe falso.
Posto che l’indagine di cui sopra non ha carattere scien-
tifico e che le tariffe e le condizioni cambiano quotidiana-
mente, alcuni aspetti sono comunque interessanti: oggi
tutti gli operatori, anche quelli ‘tradizionali’ hanno profili
pensati per massimizzare il rapporto qualità/prezzo e il
costo annuale è abbastanza in equilibrio. La differenza
fondamentale con gli operatori ‘low cost’ non è il prezzo
annuale (nella nostra indagine, Tre è capace di un prezzo
inferiore a tutti gli altri, anche di Iliad e di Kena), ma la
spinta di questi ultimi verso profili tariffari con contenuti
quasi infiniti. Se con TIM, Vodafone, Tre e Wind possiamo
scegliere serenamente 10, 20 GB, le low cost puntano
altissimo e ci fanno pagare una cifra “simile” per 50 GB.
Ma visto che 50, 60 e 100 GB l’utente medio se ne fa
poco, l’arma definitiva del 2019 potrebbe essere una ri-
duzione proporzionale di contenuti e prezzo, ammesso
che il conto economico lo permetta: voi che ne direste di
un Iliad con minuti illimitati e 15 GB a 3,99 euro?
MOBILE
Le tariffe telefoniche più convenienti segue Da pagina 13
Minuti SMS Giga Vincoli Mese Attivazione Costo 1° anno (online)
TIMExtra Power
illimitati 0 10 Nuovi clienti 9€ (gratis
online) e
5€ SIM
9,99€ 114,89€
VodafoneSimple+
1000 1000 20 Nuovi clienti Gratis
nuovi
clienti
9,99€ 119,88€
Tre Play Master
illimitati 0 15 no 9€
(gratis
online)
6,99€ 89,88€
Wind All-InclusiveEasy Pay
illimitati 100 20 24m 3€ 9,99€ 122,88€
Iliad Giga 50 illimitati illimitati 50 no 9,99€ 7,99€ 105,87€
Ho Mobile 9,99
illimitati illimitati 50 no 9,99€ 9,99€ 129,87€
Kena 8,99 illimitati 100 50 Nuovi clienti no 8,99€ 107,88€
Fastweb MobileGiga e Voce
1000 100 10 no 5€ 10,95€ 120,4€
torna al sommario 15
MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018
di Roberto PEZZALI
R ispondere alla domanda “Cos’è il gamma?” può
sembrare semplice, ma sono talmente tanti gli
aspetti legati e influenzati dal gamma che questo
termine è in assoluto uno dei più confusi in ambito video
o foto. Ogni dispositivo che deve visualizzare o registra-
re immagine, che sia un monitor, una macchina fotogra-
fica, uno scanner o un televisore riceve un segnale in
ingresso e deve restituire un segnale in uscita che sia
più o meno coerente con quello ricevuto. Questa è la
così detta Funzione di trasferimento o Gamma o Curva
del Gamma. Il gamma, banalmente, è una curva di tra-
sformazione che dato un determinato valore in ingresso
restituisce un determinato valore in uscita. Capire il gam-
ma non è affatto semplice, perché è quel valore che più
di tutti impatta su ogni aspetto di una catena, o workflow,
in ambito foto e video. Ma proveremo a spiegarlo, par-
tendo dalle origini.
L’origine storica del gamma: il tubo catodicoSe vogliamo capire dove ha origine tutto dobbiamo
tornare al vecchio TV o monitor CRT. Composto da un
tubo catodico, questo tipo di display per visualizzare un
segnale ha bisogno di un segnale di voltaggio in ingres-
so, e questo segnale porta alla creazione di un fascio
elettronico che colpisce una superficie a fosfori. Questa
superficie, lo schermo, eccitata dal fascio diventa lumi-
nescente e mostra l’immagine. Nell’ambito di questo
articolo ci limiteremo a considerare questo segnale di
ingresso come unico, guardando quindi alla scala di gri-
gi risultante, ma ogni componente R, G e B ha un suo
gamma. Lavorando in ambito analogico, stiamo parlan-
do di un tubo catodico, il segnale video in ingresso è un
impulso in volt che porta ad una emissione misurabile in
candele al metro quadrato o nits.
I primi produttori di televisori si sono accorti che ad un
segnale di ingresso di 100 milliVolt corrispondeva una
determinata luminanza in uscita, tuttavia se questo se-
gnale veniva raddoppiato di intensità, quindi 200 milli-
Volt, in uscita non si leggeva una luminanza doppia.
Il comportamento del tubo catodico non è affatto lineare,
ma disegna una curva simile a quella che vediamo nella foto 1. Questa curva è una semplice curva esponenziale,
che può essere espressa matematicamente come:
VIDEO CREATIVO Il gamma è tra tutti i valori legati all’immagine quello più importante, ma anche il più difficile da capire
Vi diciamo cos’è il gamma e perché è importanteCapire il gamma non è semplice, perché è il valore che più di tutti impatta su ogni aspetto di workflow in ambito foto e video
Luminanza = tristimolo^2.5
L’esponente, 2.5 nel caso del tubo catodico, è il valore
di gamma.
Un comportamento simile inizialmente non rappresen-
tava un problema: come venivano usati i tubi CRT per i
display, venivano usati i tubi anche per produrre le prime
videocamere, ed essendo entrambi non lineari la ripresa
e la riproduzione si compensavano.
Con l’avvento dei sensori a stato solido, i CCD e i CMOS,
i problemi però sono arrivati e chi creava contenuti si è
trovato di fronte ad un segnale che il display visualizzava
“male”. La videocamera con sensore a stato solido regi-
strava infatti il segnale in modo lineare, e questo segna-
le visto sui monitor a tubo non dava il risultato sperato.
Ecco quindi che si è deciso di correggere il segnale della
videocamera prima di inviarlo al televisore per compen-
sare l’andamento non lineare del display. Per farlo si è
introdotto quella che è la compensazione di gamma, una
curva inversa applicata in fase di registrazione del se-
gnale che, contrastando quella del TV, potesse portare
ad un risultato finale nuovamente lineare. Per capire me-
glio questa cosa è bene servirsi di un esempio, partendo
dalla foto 2. Se questa immagine venisse acquisita da un
sensore a stato solido senza alcuna compensazione per
poi essere visualizzata da un televisore a tubo catodico:
1
2
segue a pagina 16
3
4
torna al sommario 16
MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018
l’immagine sarebbe terribilmente scura, perché come
abbiamo detto il tubo catodico non ha un comportamen-
to lineare. Per correggere il problema l’immagine viene
quindi salvata applicando una correzione inversa, che va
a compensare il comportamento del tubo: i valori di lumi-
nosità sembrano sfalsati, ma il televisore la visualizzerà
correttamente. Per capire ancora meglio vediamo il gra-
fico della curva affiancato al risultato (foto 4). l gamma
dei televisori CRT e dei monitor a tubo catodico è pari
a 2.5, e questo valore è arrivato fino ai giorni nostri. In
realtà non è arrivato proprio 2.5 come valore di gamma,
ma 2.2, questo perché si è pensato di aggiungere anche
una leggera compensazione sul segnale che tenesse
conto anche dell’ambiente di visione. La TV si guarda
solitamente in un ambiente luminoso, e il contesto incide
molto sulla visione. Prendiamo la foto 5. Sebbene il livel-
lo dei quadrati sia identico, i tre quadrati sopra appaiono
meno contrastati di quelli sotto. Questo perché i primi li
guardiamo in un contesto luminoso, i tre sotto in un con-
testo scuro. La stessa cosa accade quando guardiamo
un film con la stanza buia e un film con la stanza illumina-
ta: il contrasto percepito cambia. Proprio per questo mo-
tivo, calcolando che la visione di un TV o di un monitor
o di una foto avviene in un contesto di luce ambientale,
e non certo al buio, si è scelto di variare leggermente il
gamma portandolo da 2.5 a 2.2. In questo modo non
aumenta il contrasto dell’immagine, ma aumenta il con-
trasto percepito, e questo porta ad un miglioramento
della leggibilità delle zone più scure. Il motivo è legato
al funzionamento dell’occhio: In presenza di molta luce,
e in un ambiente domestico la luminosità ambientale è
spesso superiore a quella del TV, la pupilla si adatta chiu-
dendosi un po’, e questo fa passare meno luce renden-
do l’occhio meno capace di leggere le zone scure.
La prova di tutto questo la si ottiene spegnendo la luce
senza cambiare nulla: quando l’occhio si adatta si pos-
sono scoprire dettagli nelle ombre che a luce accesa
sfuggono. Questo valore di gamma pari a 2.2 lo ab-
biamo ereditato anche ai giorni nostri, e viene usato in
ambito video e in ambito foto. Considerando che il va-
lore di gamma viaggia insieme ai profili colore, il 2.2 lo
troviamo nel Rec709, il profilo usato per l’HD e quindi il
più comune oggi. I contenuti pensati per il cinema non
usando tuttavia il Rec709 ma lo spazio colore DCI-P3,
e per questo motivo non si usa 2.2 ma 2.4, quindi una
curva di gamma più adeguata ad una visione al buio. Le
stesse calibrazioni dei TV per la visione al buio, come
ISF Night, hanno un gamma di 2.4 o 2.5. Il Rec2020, il
profilo usato per l’Ultra HD, usa anche lui 2.2 come 2.2
viene usato in ambito fotografico e grafico per i profili
sRGB e AdobeRGB.
Ora dovrebbe essere più chiaro cos’è il gamma, come è
nato e come è arrivato fino ad oggi. Abbiamo parlato di
volt e di tubo catodico, tuttavia oggi tutto questo non esi-
ste più, si ragiona in digitale. Ma il gamma esiste ancora,
perché la sua utilità va oltre tutto questo.
Perché il gamma è il parametro in assoluto più importanteLa linearità di un display è in assoluto il valore più impor-
tante, perché è quello che stabilisce la distribuzione di
tutti i mezzitoni dell’immagine. Il nero e il bianco sono fis-
sati, 0 e 1, tutto quello che sta in mezzo viene modificato
dal gamma. Il gamma è relativo non solo alla scala di gri-
gi, ma anche ai colori: ogni componente cromatica ha un
suo gamma e quindi una sua linearità: non è solo impor-
tante in un display guardare la resa cromatica al 100%,
ma è fondamentale capire anche come si comporta dal
10% al 90% di intensità. Un display poco lineare sballa to-
talmente la resa delle sfumature sui mezzitoni, e questo
è un aspetto che andremo a vedere quando parleremo
del colore. Il gamma e la linearità di un display sono pro-
babilmente i valori in assoluto più importanti: lo schermo
deve compensare la curva di gamma encoding del con-
tenuto che stiamo visualizzando. Quando si calibra un
TV, e quando si cerca di sistemare la linearità di un TV,
si modificano alcuni parametri per fare in modo che la
curva del TV sia sovrapposta a quella che è una curva di
riferimento, nel caso dell’HD 2.2. Vedremo nel paragra-
fo sotto che per il video è oggi consigliato calibrare un
TV per seguire una curva 2.4 o un nuovo tipo di curva.
Nei menu del televisore c’è un parametro di gamma che
applica una correzione sulla curva del TV, andando a va-
riare la luminosità dei mezzitoni. Tuttavia non è possibile
una regolazione precisa senza uno strumento, e soprat-
tutto senza intervenire su tutti i punti della scala di grigi:
ecco perché alcuni TV permettono la regolazione su 2
punti, 5 punti, 10 punti o addirittura 20 punti. Regolare la
scala di grigi e la linearità è fondamentale.
Il gamma è morto, lunga vita al gammaCapire il gamma non è affatto semplice, e soprattuto ci
troviamo davanti ad un valore che abbiamo ereditato dai
vecchi tubi catodici, anno 1930. Emulare il comportamen-
to di un tubo catodico con un TV digitale come un LCD o
un OLED è semplice, ma prodotti di questo tipo possono
dare molto di più. Ecco perché la EBU, la European Broa-
dcasting Union, ha stabilito nel 2008 che per i monitor
professionali è meglio utilizzare 2.35 come curva, ma era
solo un piccolo passo. La svolta l’abbiamo avuta nel 2011
quanto l’ITU, International Telecommunication Union,
ha ridefinito la nomenclatura di gamma ripensandola in
chiave moderna. Il nuovo nome per i display digitali è
EOTF, Electro-Optical Transfer Function, funzione di tra-
sformazione da elettrico a ottico. Non solo è stato deciso
di cambiare il nome, ma è stata cambiata anche la cur-
VIDEO CREATIVO
Cos’è il gamma e perché è importantesegue Da pagina 15
5
va: al posto di quel 2.2 che abbiamo ereditato dal 1930
viene consigliata una curva più vicina al 2.4 del cinema
digitale. Inoltre è stata introdotta una curva denominata
BT.1886 che si avvicina di più al comportamento del tubo
e potrebbe risolvere qualche problema di sfumature sul-
le basse luci di TV che hanno un livello del nero elevato.
Qui sotto un confronto tra la curva BT.1886 e una norma-
le curva di gamma 2.4 misurate su un TV LCD con una
luminosità di 100 cd/m2 e un livello del nero di 0.05 cd/
m2. Come si può vedere la trasformazione compensa in
modo diverso le basse luci. Oggi molti consigliano di ca-
librare un TV seguendo questa curva, e effettivamente
regolando la linearità di un TV per sovrapporsi alla curva
BT.1886 permette di esprimere al meglio le possibilità di
molti TV di oggi. Molte TV, come Panasonic e LG, hanno
alcuni preset di visione cinema che utilizzano il BT.1886
come curva di decoding.
In questa serie di foto, vediamo come varia l’immagine al variare del gamma. Variando il gamma andiamo a modificare i dettagli sulle ombre senza modificare né il nero né il bianco.
torna al sommario 17
MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018
di Franco AQUINI
Che Huawei sia un gigante dell’hi-tech lo sanno
anche le pietre, ma l’evento Eco-connect Euro-
pe 2018 ha dimostrato qualcosa in più. Nel corso
dei tre giorni trascorsi nel centro congressi La Nuvola
di Roma, Huawei mostrato al mondo la sua visione
del business del futuro: prodotti pensati per l’ambi-
to aziendale come server, storage, attrezzature per
le infrastrutture di rete, ma anche prodotti e servizi
squisitamente consumer, pensati attorno alla prossi-
ma rivoluzione nel campo della mobilità, la connetti-
vità 5G. DDAY.it era presente per raccontarvi come
Huawei intende delineare il futuro della tecnologia,
un futuro fatto di sensori, infrastrutture, connettività,
prodotti e servizi.
Molto più di uno smartphone: infrastrutture, server e smart-cityQuello dei prodotti consumer è uno dei segmenti
in cui Huawei è particolarmente forte. Ma visto che
non parliamo spesso di tecnologia business, non
tutti conoscono il ruolo centrale del colosso cinese
nel mondo b2b. Parliamo di server, switch, storage,
dispositivi per i collegamenti di rete e per le infra-
strutture. Ma non solo, all’interno di questa grossa
divisione si sviluppano anche progetti per la Smart
City e per la Smart Manufacturing. In altre parole,
Huawei produce direttamente tutti gli elementi fon-
damentali per realizzare infrastrutture e per abilitare
le aziende alle nuove sfide poste dalla tecnologia.
Passiamo alle notizie: durante Eco-connect Europe
è stata annunciata la prima soluzione all-SSD Azure
Stack. Stiamo parlando di server, fondamentalmente,
a base di dischi a stato solido, pensati per accelerare
lo sviluppo di servizi cloud ibridi basati sulla piatta-
forma Microsoft. Per quanto riguarda le smart city, in-
SMARTHOME Huawei ad Eco-connect Europe 2018 ha mostrato la sua visione del futuro tra convegni ed esposizioni
Assistente virtuale, pagamenti e 5G: ecco come Huawei lancia la sfida ad Apple, Samsung e GoogleSi è parlato soprattutto del futuro della tecnologia, un futuro fatto di sensori, infrastrutture, connettività, prodotti e servizi
vece, Huawei, in collaborazione con SAP e Digicom,
ha presentato uno strumento gestionale particolar-
mente innovativo: si chiama Intelligent Operation
Center (IOC) e raccoglie e analizza i dati di alcuni
aspetti della città per fornirli a chi deve prendere
decisioni. Integra al suo interno servizi come voce,
video, mappe, call center e centri di
comando, fornendo un aiuto fonda-
mentale anche in caso di emergen-
ze. I campi di applicazione dell’IOC
di Huawei vanno dalla gestione
intelligente dell’illuminazione a
quello dei rifiuti. Senza dimentica-
re la guida intelligente per la qua-
le Huawei fornisce uno strumento
apposito denominato Mobile Data-
center (MDC). Pensato per i produt-
tori di automobili e per gli sviluppa-
tori, MDC permette di sviluppare
applicazioni di guida automatica
funzionanti su veicoli di produtto-
ri diversi. In pratica uno standard
aperto per la guida autonoma che i
produttori di auto potranno integra-
re nelle loro vetture. Infine non van-
no dimenticate le collaborazioni in ambito business,
come quella con TIM, con cui è stata presentata la
soluzione per le reti dedicate alle imprese SD-WAN.
Sempre con Digicom è stato siglato un protocollo
d’intesa per lo sviluppo di terminali di Smart Parking
e OpenCloud. Infine con Wago, Huawei ha siglato
un altro importante accordo per l’automazione e la
gestione energetica delle fabbriche intelligenti.
Il primo terminale 5G arriva al Mobile World CongressDi 5G si parla ormai da mesi. Tra aste pubbliche e
sperimentazioni dei vari operatori, la nuova ge-
nerazione di reti mobile è ormai un argomento da
grande pubblico. Huawei ha focalizzato gran parte
dei 3 giorni di conferenze sulla https://cdn.dday.it/
system/uploads/picture/image/48335/wm_content_
small_IMG_3680.jpeg prossima generazione di reti
mobili, essendo protagonista sia nella progettazione
dell’infrastruttura, che nell’implementazione sui ter-
minali che usufruiscono di questa tecnologia. L’an-
segue a pagina 18
Walter Ji, presidente Consumer Business di Huawei
torna al sommario 18
MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018
nuncio più importante riguarda il primo terminale 5G
che Huawei presenterà al Mobile World Congress di
febbraio 2019. Un terminale che verrà commercializ-
zato più avanti nell’anno, molto probabilmente intor-
no alla fine dell’anno. C’è infatti una grande sfida da
affrontare che è quella dei consumi energetici: non
è un mistero che i modem 5G per piattaforme mobili,
allo stato attuale, non garantiscano gli stessi livelli di
consumo energetico di quelli 4G. La tecnologia non
è una semplice evoluzione della precedente, ma
qualcosa di totalmente nuovo e richiede quindi un
elevato livello di affinamento dei consumi. Secondo
Walter Ji, presidente Consumer Business di Huawei,
l’azienda è talmente certa di vincere la sfida da ac-
cennare all’uscita dei dispositivi 5G di fascia media
già a partire dal 2020. Ma non si tratterà soltanto di
smartphone. Alla domanda diretta se Huawei abbia
intenzione di produrre, a livello consumer, soltanto
smartphone, Walter Ji risponde che all’interno della
casa ci saranno anche modem e router con tecno-
logia 5G. In Cina infatti stanno già sperimentando i
router 5G come alternativa stabile alle connessioni
cablate. Una soluzione che potrebbe essere efficace
anche in Italia, dove la morfologia di alcune zone ob-
bliga all’uso di tecnologie wireless in alternativa alle
connessioni dati cablate. Per sottolineare l’importan-
za di questa nuova tecnologia, Ji aggiunge che il 5G
è una delle due tecnologie che cambieranno il futu-
ro dello smartphone. L’altra è l’intelligenza artificiale
che però ha già mostrato i primi frutti, almeno dal
punto di vista fotografico.
La prima Smart Nation sarà l’ItaliaIn conclusione, volendo tirare le somme sui 3 giorni
di esposizione e conferenze, possiamo tracciare il ri-
tratto di un’azienda ormai leader sotto ogni aspetto.
A differenza di molte concorrenti, Huawei ha un’of-
ferta completa che va dal mondo consumer al busi-
ness, dalla produzione di componenti ai servizi. Non
stupisce che il fatturato globale abbia quasi raggiun-
to i 100 miliardi di dollari. Stupisce invece che il totale
investito in ricerca e sviluppo abbia superato di poco
il 10%. Una quantità di risorse che dà senza dubbio i
suoi frutti. In futuro avremo quindi infrastrutture urba-
ne e domestiche Huawei anche da noi? Sicuramente,
anche perché il piano di diffusione in Europa è ormai
stabilito e l’Italia è destinata, nella visione di Huawei,
a diventare una vera Smart Nation. Soprattutto ora
che il mercato americano, a causa dei provvedimenti
dell’amministrazione Trump, è diventato forzatamen-
te meno interessante. Nel programma di Huawei ci
sono anche nuovi shop ufficiali con cui coprire le più
importanti capitali europee. Anche in questo caso
l’Italia ha fatto da apripista col flagship store di Mila-
no, segno dell’attenzione del colosso cinese verso il
Bel Paese. Non rimane che attendere il Mobile World
Congress per capire chi, tra il 5G e l’azienda, abbia
vinto la sfida del consumo energetico.
La strategia per sconfiggere la concorrenza si chiama eco-sistemaUno spazio importante è stato dedicato anche ai pro-
dotti consumer e a quello che è il vero mantra di tutti i
big nella new economy: l’ecosistema.
Nel corso dell’incontro con Jaime Gonzalo, vice presi-
dente della divisione Europe Mobile Service, abbiamo
appreso che Huawei sta lanciando in tutto il mondo
nuovi servizi con l’unica finalità di migliorare l’espe-
rienza d’uso dei propri dispositivi. Una strategia che
si può riassumere facilmente in una parola: ecosiste-
ma. Con una speciale attenzione per la privacy perché
Huawei non è interessata a fare profitti con i dati dei
propri clienti.
Il primo servizio a essere annunciato, pur essendo già
stato anticipato a marzo di quest’anno, è HiAssistant,
l’assistente virtuale di Huawei. Huawei supporta tutti
gli assistenti vocali disponibili su Android, ma ha de-
ciso di sviluppare un nuovo assistente vocale studia-
to attorno alle preferenze e alle abitudini dell’utente.
Senza mai, lo ribadiscono in ogni occasione, utilizzare
i dati dell’utente in modo improprio. HiAssistant sarà,
per fare alcuni esempi, capace di suggerire offerte
contestuali alla posizione geografica. Per esempio
permetterà di acquistare biglietti e molto altro.
Visto così non sembra differire molto dagli altri assi-
stenti virtuali, ma secondo l’azienda l’ecosistema - con
l’insieme di dati sull’utente che potranno essere ana-
lizzati - sarà la sua forza. L’arrivo previsto è nel 2019. Il
SMARTHOME
Huawei tra business ed ecosistemasegue Da pagina 17
secondo grande annuncio di Huawei riguarda i paga-
menti. Huawei Pay se la vedrà direttamente con Apple
Pay, Samsung Pay e Google Pay. Avrà però dalla sua
un enorme punto di forza: il numero enorme di clienti
consumer che a oggi posseggono uno smartphone
Huawei. Il partner scelto è Visa, con la quale hanno
collaborato per sviluppare un sistema di sicurezza ba-
sato su token. Sarà possibile quindi pagare utilizzando
i classici sistemi di sicurezza biometrici dello smar-
tphone (uno su tutti: l’impronta digitale), ma i dati della
carta saranno associati allo Huawei ID. Anche Huawei
Pay verrà lanciato in alcuni Paesi europei nel 2019.
Il terzo annuncio importante riguarda Huawei Video.
Si parla quindi di contenuti video, da noleggiare o ac-
quistare con o senza abbonamento mensile. Gonzalo
parla di un servizio cucito addosso all’utente. Non un
rivale di Netflix insomma, piuttosto un modo per offrire
un servizio in più al cliente che acquista un loro dispo-
sitivo. Si è parlato ad esempio di contenuti pensati ap-
positamente per smartphone, con video verticali - tan-
to per fare un esempio - e con una durata limitata.
L’ultimo servizio annunciato riguarda il mondo dei vi-
deogiochi. Huawei ha infatti intenzione di porre le basi
per supportare gli esport (gli sport elettronici), garan-
tendo tutta la connettività necessaria anche e soprat-
tutto grazie al futuro 5G. Un aspetto da non trascurare
riguarda l’app store proprietario di Huawei, AppGalle-
ry, che offrirà una piattaforma di sviluppo per videogio-
chi molto nota, Unity, con cui Huawei supporterà diret-
tamente gli sviluppatori. Anche questo servizio, come
gli altri di cui abbiamo già scritto, saranno globali e non
avranno quindi limiti regionali.
In una parola: hardware e servizi, una strategia che
ricorda indiscutibilmente Apple e che altri grandi pro-
duttori, Samsung per citarne soltanto uno, non hanno
ancora saputo realizzare. Ci riuscirà Huawei? Visto il
tasso di crescita impressionante, non è assolutamente
da escludere. L’obiettivo è ambizioso, ma Huawei ha
dalla sua una notevole forza sia nell’ambito business
che consumer, oltre che essere direttamente produt-
trice di un SoC (un sistema che comprende tra gli altri
processore e GPU) molto potente.
Il tempo ci dirà se ha visto giusto. Per ora, non resta
che confermare l’imponenza degli investimenti che
Huawei ha messo in campo.
Alla conferenza di apertura dell’Eco-connect Europe 2018 è intervenuto anche il Ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta Riccardo Fraccaro
Il Prof. Eric Mouline, membro della French Aca-demy of Science mentre illustra alcuni algoritmi di intelligenza artificiale
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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018
di E. VILLA
I l concetto di Smart Home non è di sicuro una novi-
tà: il fatto che il controllo degli apparecchi domestici
possa essere automatizzato via app e servizi web e
che l’Intelligenza Artificiale giochi un ruolo notevole per
semplificare la routine quotidiana è un tema sempre
attuale e interessante. L’idea di disporre di un ambien-
te “smart” in cui le luci si accendono a seconda della
luminosità ambientale, in cui la fidata Alexa ci aggiorna
sulle novità del giorno e le videocamere - abilmente oc-
cultate - riconoscono le persone e ci inviano notifiche
è quanto meno affascinante. Anche perché la smart
home non sarà di sicuro una necessità, ma se uno si
abitua alla comodità dei suoi servizi, poi tornare indie-
tro diventa dura. Qui però vogliamo valutare una cosa
diversa. Spesso e volentieri le persone non optano per
dispositivi smart da inserire in casa poiché li considera-
no molto costosi: “figurati se spendo 1.000 euro per ac-
cendere le luci a voce”, ci sentiamo talvolta rispondere,
deducendo che il costo percepito delle soluzioni intelli-
genti sia la principale barriera verso una casa 2.0.
Ma sarà poi vero? Possibile che non ci sia la possibilità,
con un budget tutto sommato contenuto, di attrezzare il
proprio appartamento con la dotazione di base di una
casa 2.0? Cerchiamo di scoprirlo insieme fornendo una
valutazione dei costi e optando solo per dispositivi che
si possono adattare a un appartamento senza richie-
dere alcuna forma di ristrutturazione, neppure lieve. E
così indirettamente diamo anche qualche consiglio per
l’imminente Black Friday: perché alla fin fine risparmiare
piace un po’ a tutti.
Luci: non c’è solo Philips HueIn ambito di illuminazione intelligente un nome svetta su
tutti: Philips Hue. I suoi sistemi di smart lightning esisto-
no da anni e offrono semplicità d’uso unita a svariate
possibilità di regolazione: Hue non è una lampadina ma
un sistema composto da controller, lampadine, lampade,
lightstrip, luci portatili, lampade da tavolo, a sospensione,
controller, faresti e via dicendo, con l’ovvia possibilità di
controllo via rete (cioè app), funzionalità automatiche e
integrazione con Homekit di Apple e Google Home per
la realizzazione di un sistema omogeneo e sincronizzato
di dispositivi. Unico problema: non costa propriamente
poco, visto che lo starter kit - insufficiente per illuminare
SMARTHOME Una casa “connessa” è un sogni di tante persone. Ma è possibile rendere “smart” la casa con un piccolo budget?
Come rendere Smart casa tua con 500 euroIlluminazione a controllo vocale, assistenti personali e sistemi di automazione domestica sono solo alcune delle possibilità
tutta la casa - costa 99 euro di listino. Diciamo che in
questo modo si fa davvero in fretta a “scaricare” il bud-
get a disposizione: ecco perché diamo volentieri un’oc-
chiata al catalogo Ikea: un kit composto da controller e
lampadina Tradfri costa 29,95 € e le singole lampadine
siamo sui 14,95 €. Ragionando un po’ a spanne, con 75
€ siamo già a quattro lampadine e controller, che per un
solo ambiente anche abbastanza ampio sono più che
sufficienti. L’idea non è da scartare. Anzi, andiamo un filo
oltre: con 33 euro si acquista il gateway, indispensabile
per controllare l’impianto con lo smartphone; in questo
modo il sapore hi-tech cresce non di poco. Per quanto
riguarda l’installazione, ci vuole veramente poco: il ga-
teway, da collegare all’alimentazione, è grande come
una Apple TV e si mimetizza senza grossi problemi,
permettendo poi il controllo completo via smartphone,
molto meglio che con un controller dedicato dall’aspetto
tutto sommato anonimo.
Il grande dilemma: Echo o Google Home?Non è questa la sede per scoprire se sia ‘meglio’ uno
o l’altro, soprattutto perché non è facile porre dei crite-
ri di valutazione. Qual è il migliore, quello che capisce
meglio quello che dico? Quello che ha più ‘skill’ per la
gestione degli apparecchi esterni? Quello con cui posso
porre in essere un dialogo. Ora come ora, ci limitiamo
a dire che una casa “2.0” senza un assistente virtuale
intriso di AI non si può ipotizzare. Non tanto affinché ci
imposti la sveglia, ci riproduca una playlist di Spotify o
legga le notizie dalla fonte che vogliamo, ma perché ci
permetta il controllo vocale di alcuni dispositivi smart
presenti in casa. Per l’installazione non ci vuole nulla più
di una presa di corrente e, ovvio, una buona copertura
del Wi-Fi di casa. Per esempio è possibile impartire ad
Alexa delle ‘skill’ che permettono il dialogo dell’Assisten-
te Virtuale con dispositivi esterni, come appunto le luci
Ikea e le Philips Hue. Il prezzo è gestibile in entrambi i
casi, senza differenze di grande entità: volendo stare su
un’operazione a basso budget, si può optare per le ver-
sioni “mini” dei due Assistenti Virtuali, che rispondono ai
nomi di Echo dot e Google Home Mini: probabilmente
non è un caso, ma entrambi costano 59 euro. Con un
po’ di pazienza, tempo e un pizzico di fortuna, si può
arrivare anche a 30 euro.
Audio in tutta la casa, ne vale la pena?Prima di scegliere il modello di assistente virtuale biso-
gna però porsi una domanda: si vuole avere musica in
tutta la casa? L’ideale a questo punto sarebbe un impian-
to multiroom, la cui presenza in un sistema “connesso”
è un vero e proprio must a prescindere dalle dimensioni
dell’appartamento: piccoli satelliti da distribuire in casa,
diffusori più importanti, gruppi di diffusori da riunire in un
solo ambiente per realizzare un Home Theater compo-
nibile sono solo alcune delle possibilità. Che difficilmen-
te sono low cost come il nostro progetto prevede: ma
se la musica è fondamentale, un paio di Google Home
(magari uno standard e un mini) o un Echo e un Echo Dot
possono essere un interessante punto di partenza sul
quale costruire, finanze permettendo, un impianto più
ampio e completo.
Smart Camera, proviamo a spendere 50 euroPoi c’è tutto il discorso delle videocamere di sorveglian-
za, quelle che sono state chiamate a lungo IP Camera.
La questione si complica perché qui c’è davvero di tutto,
al punto che non è per nulla difficile avvicinarsi ai 1000
euro per un sistema di controllo completo da 3 - 4 vi-
segue a pagina 20 Amazon Echo Dot
torna al sommario 20
MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018
deocamere e kit di controllo centralizzato. Ma noi vo-
gliamo essere smart con parsimonia: nello store ufficiale
Xiaomi purtroppo non c’è traccia della videocamera IP
da 30 euro, ma in alternativa si può optare sulla propo-
sta Amazon di questa D-Link DCS-932L che non può di
certo vantare un look raffinato ma svolge il compito per
cui è nata. Unica, solita, prescrizione è una presa di cor-
rente nelle vicinanze. Altrimenti si può valutare l’ipotesi
della videocamera integrata nella lampadina: fa quello
che deve fare senza dare nell’occhio. Un’idea da non
scartare. Nell’ambito delle proposte tech dedicate alla
convenienza valutiamo anche questa Wyze Cam, dotata
di skill per Amazon Alexa e capacità di ripresa e storage
in cloud per 14 giorni. Non mancano la ripresa notturna
a infrarossi, rilevamento dei suoni e un’utile base ma-
gnetica: con 50 euro passa il dolore. Poi, certo, c’è tutto
l’arsenale firmato Netatmo, Nest e Arlo, ma per l’acquisto
c’è bisogno di uno sforzo ulteriore: un centinaio di euro
per iniziare, offerte e promozioni escluse.
Termostato smart, è lui che fa risparmiareNon esiste casa smart senza un termostato intelligente.
Ma qui il discorso si complice: impianto autonomo o cen-
tralizzato? Di che tipo? È compatibile con il termostato
smart? Devo chiamare un installatore? Tanti interrogativi
che chi deve semplicemente sostituire le sue lampadine
tradizionali con quelle connesse non si trova di sicuro a
dover affrontare. Qui comunque vale la pena investire
un po’, anche perché un termostato di ultima generazio-
ne - eventualmente coordinato con le sue valvole - può
generare percentuali di risparmio molto interessanti: il
merito è, tanto per cambiare, della possibilità di controllo
remoto, degli scenari che si possono impostare e dell’au-
tomazione permessa dai dispositivi, che spesso è intrisa
di AI. Come dire: il sistema sa che temperatura gradisco
e si regola di conseguenza, sa dove sono e si attiva per
tempo, conosce le mie abitudini e non mi fa sprecare
soldi. I big del settore sono noti: il primo in assoluto è
stato Nest, che è rimasto vincolato al mercato america-
no per anni prima di arrivare da noi, poi ci sono Netatmo
Thermostat e Tado, tutti disponibili come prodotti a sé o
in kit con diversi componenti esterni come le teste ter-
mostatiche per gli impianti centralizzati. Costo? Piuttosto
elevato considerando il nostro budget complessivo, ma
è anche vero che qui conviene investire: la soluzione più
economica ci risulta essere Momit Home, un termostato
intelligente Wi-Fi che non sarà bello e di design come
gli altri, ma si trova su Amazon a poco più di 90 euro:
funziona a batteria, ha l’app di controllo, funzioni di auto-
apprendimento e installazione semplificata, mentre
l’app non si limita a impostare temperature e routine ma
mostra anche statistiche utili per ottimizzare i consumi.
Non ci hanno fatto impazzire le recensioni degli utenti
su Amazon, per cui nel nostro preventivo spendiamo un
po’ di più e optiamo per il termostato Netatmo.
Prese smart da “automatizzare”Non sarà strettamente necessaria, ma qualche presa
smart controllabile da remoto - meglio se via coman-
di vocali di Alexa o
Google Assistant, può
incrementare il tasso
domotico del proprio
appartamento. A cosa
servono gli smart plug
è presto detto: attac-
cano e staccano la
corrente al dispositivo
collegato in funzione
delle impostazioni
dell’utente o, nel caso di
sistemi di controllo come
IFTTT, al sopraggiungere di determinate condizioni.
Questo automatismo le rende ulteriormente utili e me-
ritevoli di considerazione. Il mercato è stracolmo di so-
luzioni, ma qui il consiglio è sì di rivolgersi a un prodotto
low budget (stanti le finalità dell’articolo), ma che sia
compatibile con gli assistenti virtuali di casa Amazon
e Google. Per 29 euro un TP-Link HS100 potrebbe es-
sere una buona idea: piccola, design curato, Wi-Fi, app
di controllo, Alexa e Google Assistant per un prodotto
completo. Ne prendiamo due.
Impossibile non pensare a una Chromecast o una Fire TV StickChi ha un TV di qualche anno pensa di doverlo per
forza sostituire per accedere ai vari Netflix, Prime Vi-
deo e affini. Niente di più sbagliato: a patto che non
si tratti di un TV del paleolitico, basta dotarlo di una
Chromecast di Google, una Apple TV o una Fire Stick
di Amazon per aggiornarlo alle ultime tendenze in fatto
di streaming. Queste cose si sanno. Guardiamo un at-
timo i prezzi: la nuova Chromecast costa 39 euro, per-
mette tutto questo (tranne la visione di Prime Video) ed
è perfettamente sincronizzata con Google Assistant.
In alternativa Apple TV, ma è più costosa, o la Fire TV
Stick della stessa Amazon. Qui siamo a 59 euro per la
versione Basic, mentre restiamo in attesa della versio-
ne 4K. D’altronde chi ha un TV 4K difficilmente lo deve
aggiornare con un dispositivo esterno, per cui una ver-
sione Full HD può anche andare bene per i nostri fini.
Se volete vedere Sky, invece, le possibilità sono diver-
se: Now TV Stick, abbonamento in fibra, parabola. Ma
siamo fuori dalle finalità di questo servizio.
Aprire e chiudere con lo smartphone Obiettivo possibileAltro ambito nel quale
la casa sta diventando
gradualmente smart è
l’accesso. Se ormai è nor-
male accedere alle stan-
ze d’albergo con badge
e - in alcuni casi - codici
d’accesso, le case italia-
ne restano ancorate alla
cara e vecchia chiave. Ma
non è un obbligo: diversi
produttori stanno propo-
nendo la loro visione di
smart lock che permette
l’apertura e la chiusura
totalmente senza chiavi,
SMARTHOME
Rendere smart la casa con 500 eurosegue Da pagina 19
con uno smartphone (alla giusta distanza) e anche di
dare permessi di accesso alle persone fidate, sempre
tramite dispositivi digitali. Qui c’è solo un problema: il
costo è abbastanza alto per i nostri fini. Diciamo che
la media delle soluzioni si posiziona sui 200 - 300
euro. Ma cercando si trova un interessante eqiva smart
lock che Amazon propone a 75 euro. Posto che non
pare sia integrabile in ecosistemi come Google, Alexa
o Homekit di Apple, eqiva offre tutte le classiche fun-
zionalità di uno smart lock a un prezzo abbordabile e
installazione semplificata.
Nove prodotti, ma è solo l’inizioQuanto sopra ci dimostra che con 500 euro o poco più è
già possibile trasformare il proprio appartamento in una
smart home di livello base. Poi non è necessario avere
tutto: si può rinunciare allo smart lock per acquistare una
baby camera o qualche lampadina in più, magari un paio
di faretti, lasciar perdere l’illuminazione e mettere 3 o 4
videocamere di sorveglianza e via dicendo. Però è me-
glio acquistare con una logica tenendo conto dell’ecosi-
stema: se si vuole realizzare una casa smart basata su
Homekit di Apple occorre verificare che tutti (o quasi)
i dispositivi lo siano, così da controllare tutta la casa da
un solo ambiente. Idem per quanto concerne Alexa e
Google Assistant, i cui perimetri si estendono di giorno
in giorno a nuove applicazioni e dispositivi.
Questo il nostro preventivoMa è solo l’inizio: in questa breve rassegna, tesa a dimo-
strare che la smart home non è un concetto applicabile
solo ad appassionati facoltosi, non abbiamo considera-
to tutti gli elettrodomestici e la possibilità della loro inte-
grazione nell’ambiente connesso. Perché a quel punto
dovremmo parlare di robot per la pulizia dei pavimenti,
anch’essi facilmente controllabili via smartphone, dei fri-
goriferi dai quali effettuare la spesa via touch, di forni a
microonde che cucinano da soli e via dicendo: un’infinità
di dispositivi che non potremmo permetterci col budget
ipotizzato in questa guida. Ma il concetto che vorremmo
far passare è la modularità: una volta costruita la piatta-
forma stabile, quando si avrà un budget sufficiente si po-
trà aggiungere un tassello e poi un altro, arrivando con i
propri tempi alla soluzione completa. Che a quel punto
interagirà con noi come un vero e proprio coinquilino.
TIPO MARCA MODELLO PREZZOLighting Ikea Kit Tradfri + Dimmer 29,95 €
Lighting Ikea Tradfri
lampadine 400lumen (x2) 29,90 €
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TOTALE 567,71 €
Termostato Netatmo
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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018
di P. AGIZZA
Anche le chiavette Chromecast
entrare a far parte dei sistemi
multiroom di Google. Una delle
funzioni di Google Home più utilizzata
e apprezzata dagli utenti è infatti quella
di poter creare gruppi di altoparlanti per
ascoltare la stessa musica in ogni stanza
della casa, con l’audio perfettamente sin-
cronizzato. Fra i dispositivi supportati fino
a oggi c’erano Google Home, Chrome-
cast Audio e gli altoparlanti con Chrome-
cast integrato.
Una grossa mancanza, però, era quella
di non poter aggiungere al gruppo degli
altoparlanti le Chromecast dedicate alla
trasmissione video. Google ha deciso di
rimediare a questo inconveniente e ha
reso noto che con i prossimi aggiorna-
menti anche i dispositivi video potranno
essere selezionati ed inseriti nei gruppi
di altoparlanti. Questa nuova caratteris-
tica è ancora in fase sperimentale e per
poterne usufruire bisogna abilitare la mo-
SMARTHOME L’aggiornamento consente di usare le Chromecast come parte di un sistema multiroom
La Chromecast come altoparlante per i sistemi multiroom: ecco l’aggiornamentoPer ora è in versione sperimentale accedendo alla modalità Preview nell’app Google Home
dalità Preview del Chromecast attraverso
le impostazioni di Google Home. Con
l’attivazione di questa modalità sarà pos-
sibile selezionare i dispositivi video ed
aggiungerli al gruppo di altoparlanti.
Attraverso tale funzione, disponibile per
tutte le generazioni di Chromecast, la
chiavetta utilizzerà la TV come altopar-
lante e apporterà delle modifiche alla
schermata passando dalla solita scher-
mata del riproduttore video a una nuova
interfaccia immersiva, che mostrerà le
informazioni della canzone riprodotta in
basso a sinistra. Non è ancora noto se
anche le Android TV godranno di questa
novità o se sarà limitata ai soli dispositivi
di trasmissione audio e video.
Non resta che aspettare l’aggiornamento
di Google Home per aggiungere final-
mente Chromecast (e la TV al quale è
collegato) al gruppo degli altoparlanti.
Nel frattempo è possibile sperimentare
tale funzione accedendo alla modalità
Preview nell’app di Google Home.
iRobot, i robot aspirapolvere presto compatibili con Amazon Alexa in italianoAnche gli utenti italiani potranno gestire i robot domestici di iRobot tramite Amazon Alexa per attivare, spegnere o mandare il dispositivo alla base per la ricarica di Massimiliano DI MARCO
Ora che è arrivata in Italia Amazon Alexa sta lentamente espandendo la propria compa-tibilità. iRobot è l’ultima azienda in ordine cronologico a unirsi: “presto”, comunica l’azienda, i suoi robot domestici potranno essere gestiti attraverso l’app per smartphone o i dispositivi Amazon Echo anche in Italia. Che funzioni saranno disponibi-li? Gli utenti potranno chiedere ad Amazon Alexa di attivare, mettere in pausa, spegnere e far tornare alla base di ricarica il proprio robot, purché quest’ul-timo sia un modello compatibile con la connettività Wi-Fi. Il con-trollo vocale è accessibile trami-te l’app dedicata iRobot Home, disponibile su App Store e Goo-gle Play. “I dispositivi a coman-do vocale riscontrano un grande successo sul mercato - sottoli-nea l’amministratore delegato e presidente di iRobot Colin Angle - ed è chiaro che i consumatori desiderano modi più semplici per interagire con un numero in crescita di prodotti e tecnologie all’interno dell’abitazione”.
di E. VILLA
N el nostro approfondimento sul
costo delle soluzioni di smart
home, dimostrando che è possi-
bile costruirsi un basamento di casa 2.0
con un budget di 500 euro. Giunti al ter-
mostato e dovendo limitare il più possi-
bile la spesa, lo sguardo si è posato su
Momit Home Thermostat, un termostato
intelligente che fa più o meno quanto
promesso dai vari Nest, Netatmo e soci
ma per un prezzo decisamente inferio-
re: circa 80 euro. Fin da subito abbiamo
preferito però consigliare una spesa un
po’ superiore: le recensioni pubblicate
su Amazon non erano di certo positive.
Ma onestamente non immaginavamo
che Momit fosse a un passo dalla chiu-
sura: a distanza di pochi giorni il sito è
diventato inaccessibile, gli utenti lamen-
tano servizio clienti assente e, soprat-
tutto, l’impossibilità di controllo remoto
SMARTHOME L’azienda spagnola, produttrice del termostato smart economico, sta fallendo
Momit è fallita, ma il termostato è ancora in venditaMolti utenti lamentano malfunzionamenti e un servizio clienti assente. Ma su Amazon c’è
che passa dal cloud
dell’azienda. Come se il
prodotto, che a questo
punto si affida alle sole
regolazioni manuali
(ammesso ce ne siano)
fosse stato completa-
mente spento.
L’azienda spagnola non
ha mai avuto una rap-
presentanza italiana,
ma indagando su web scopriamo che la
stessa ha inviato la classica mail di com-
miato ai clienti: evidentemente il model-
lo di business non ha funzionato e Mo-
mit (che non va confusa con un’azienda
omonima operante nei servizi cloud) è
costretta ad affrontare difficoltà eco-
nomiche che - se non si invertiranno
- porteranno l’azienda alla chiusura.
Come dire: le speranze sono ridotte
al lumicino. Il problema è che alcuni
retailer lo propongono ancora a listino
come disponibile: su Amazon il prodot-
to è ‘venduto e spedito da Amazon’ e,
nel momento in cui si scrive, pare ce ne
siano 4 in magazzino. Idem sul market-
place di Amazon e per alcuni seller di
eBay: dal canto nostro, l’abbiamo elimi-
nato dall’articolo di settimana scorsa e,
qualora la chiusura venisse confermata
(ma tutti gli indizi sono già qui), si può
giocare la carta della restituzione.
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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018
di B. DI BLASI
Se è vero che il cinema è sempre
stato - per tradizione - il punto di
riferimento per lo spettacolo au-
diovisivo, sull’HDR il rapporto con i di-
spositivi domestici (leggasi, i TV) è del
tutto invertito. Ma finalmente ci siamo,
è stata appena pubblicata la bozza del-
le specifiche tecniche del cinema HDR,
pensato dalle aziende che, nel 2002,
avevano costituito il consorzio Digital Ci-
nema Initiative (DCI). Nulla di definitivo,
ma sicuramente un passo in avanti verso
una fruizione cinematografica di maggior
qualità rispetto all’attuale.
“Il futuro del Cinema HDR è vicino! Dopo
mesi di intenso lavoro, sono orgoglioso
di vedere il rilascio delle specifiche DCI
draft HDR e del Direct View Display”, ha
dichiarato Michael Zink, VP Technology,
Warner Bros. e Chairman di UHD Allian-
ce. I documenti pubblicati sul sito di DCI,
per quanto molto tecnici e dettagliati,
possono essere riassunti in queste ca-
ratteristiche: uso della tecnologia PQ
(Perceptual Quantizer), video a 12 bit, li-
vello minimo del nero a 0,005 nits e lumi-
TV E VIDEO Prime bozze tecniche con le nuove specifiche per gli standard del Cinema HDR
Verso gli standard del Cinema del futuroUn passo avanti verso una fruizione cinematografica di maggior qualità rispetto all’attuale
nosità di picco a 500 nits. Il tutto basato
su uno spazio colore DCI-P3, quello già
noto dagli appassionati in quanto in uso
dai dispositivi consumer.
I cambiamenti in atto nel mondo del ci-
nema non riguardano unicamente l’HDR:
la tendenza di medio periodo sarà la so-
stituzione della tradizionale proiezione
diretta con i moduli di MicroLED (quelli
che, per esempio, Samsung chiama
CinemaLED) che porteranno benefici
significativi proprio nell’HDR, laddove in-
vece i proiettori faticano di più. La bozza
prevede e tratta entrambe le tipologie di
cinema, di modo tale da essere impiega-
bile fin da subito ma con una grossa e
importante apertura al futuro. Infine, la
bozza disciplina un altro aspetto impor-
tante del cinema del presente/futuro:
l’HFR – High Frame Rate, che potrebbe
portare a un maggiore livello di coinvol-
gimento in sala.
Qui il documento cerca di disciplina-
re non solo la proiezione ma anche gli
aspetti produttivi e di editing del conte-
nuto, con specifiche su risoluzione 2k
con 120 frame al secondo. Se queste
specifiche finiranno per essere approva-
te, i cinefili potranno godere di immagini
più ricche, dettagliate e coinvolgenti,
come già accade a chi utilizza i TV HDR
nel mercato consumer.
di E. VILLA
I TV OLED sono disponibili in Italia
da 5 anni: lo annuncia LG, principale
sostenitore della tecnologia fin dai
suoi albori. Nonostante diversi produt-
tori abbiano deciso di impiegarla, tra cui
TP Vision (Philips), Sony e Panasonic,
nella mente degli appassionati il ter-
mine OLED è indissolubilmente legato
all’azienda coreana. LG, con un comu-
nicato stampa, ha voluto festeggiare
il quinto anniversario del lancio della
tecnologia sul mercato italiano e an-
nunciare il raggiungimento dei 115.000
TV venduti. “Sono già passati 5 anni da
quando abbiamo introdotto la tecnolo-
gia OLED in Italia nel 2013”, ha afferma-
to Mr. Sung Soo Kim, Presidente di LG
Electronics Italia e Grecia, “abbiamo già
guadagnato la fiducia di oltre 100 mila
famiglie, che hanno deciso di credere
TV E VIDEO Con un comunicato LG festeggia il quinto anniversario del lancio dei TV OLED in Italia
LG festeggia 5 anni di OLED e 115.000 TV vendutiL’azienda festeggia la vendita di 115.000 TV alle famiglie italiane. I prossimi li vedremo al CES
in questa tecnologia sinonimo di qualità
dell’immagine, colori perfetti, cura dei
materiali e design unico”. La quota di
mercato italiana degli OLED resta esigua
in rapporto al mercato totale dei TV, che
si stima generi vendite per circa 4 milioni
di pezzi all’anno, ma è anche vero che
OLED è disponibile unicamente nell’am-
bito dei TV di ampie dimensioni, da 55’’
in su. Per festeggiare l’evento, LG ha an-
che lanciato una campagna speciale (di
cui abbiamo già parlato), che prevede il
rimborso di 400 euro con l’acquisto di un
TV OLED della serie E8.
LG, OLED 2019 senza grandi novità? Previsti miglioramenti incrementaliAl cuore dei prossimi OLED, che LG presenterà probabilmente già al CES 2019, c’è la seconda generazione del processore A9. Immagini migliori, ma, almeno per ora, nessuna novità sostanziale di Massimiliano DI MARCO
Al Consumer Electronics Expo 2019 mancano poche settima-ne, ma LG ha già messo le mani avanti: i suoi nuovi TV OLED sa-ranno basati sul processore Al-pha 9 di seconda generazione, che promette una riduzione del rumore in quattro fasi e una ri-produzione dei colori superiore e, in generale, “un’esperienza di visione impareggiabile”.Rispetto all’attuale gamma di OLED di LG, però, al momento non vengono preannunciate no-vità sostanziali: il supporto ai vi-deo a 120 FPS e la riduzione del rumore in quattro fasi sono due caratteristiche sottolineate già lo scorso anno per la gamma 2018 dei suoi OLED. Nulla di nuovo in vista, insomma, ma un’espe-rienza generalmente migliorata rispetto agli attuali modelli.LG promette infatti miglioramenti generali nella qualità dell’imma-gine: “Il processore aggiorna inoltre altri elementi che contri-buiscono a immagini incredibil-mente realistiche, come la niti-dezza, il contrasto e la fedeltà dei colori”.
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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018
di G. MERO
Apple ha in cantiere un dongle low
cost che offrirà agli utenti alcune
funzionalità essenziali di Apple TV
per la visione in streaming dei contenuti.
È quanto affermato da The Information, a seguito di alcune informazioni riferite
da persone interne alla società. Appare
d’obbligo il riferimento a dispositivi come
Chromecast e Fire TV Stick che domina-
no il settore dei dispositivi a basso costo,
nel quale probabilmente Apple vorrà rita-
gliarsi un proprio spazio. Effettivamente
per il 2019 è previsto il lancio della nuova
ENTERTAINMENT Potrebbe arrivare presto una chiavetta HDMI con i servizi essenziali di Apple
Apple ha in cantiere una chiavetta low cost per TV dedicata allo streaming dei contenutiServirà ad avvicinare più pubblico, con l’arrivo della nuova piattaforma streaming nel 2019
piattaforma di contenuti targata
Apple, che coprirà in una prima
fase 100 Paesi, Italia compre-
sa, e sulla quale la società sta investendo oltre un miliardo di dollari. Dunque, la mossa di
proporre una propria stick HDMI
appare mirata a raggiungere
una fetta maggiore di utenti, so-
prattutto chi non ha in casa un dispositivo
Apple e non è disposto a spendere 159
euro per l’attuale modello base di Apple
TV (199 per la versione 4K). Il nuovo ser-
vizio, in base ai rumor, sarà compatibile
difatti solo con i dispositivi made in Cu-
pertino, ed includerà contenuti originali
dedicati alle diverse fasce di pubblico.
La società al momento non ha rilasciato
alcun commento.
di R. PEZZALI
Stefan Bodin, pensionato svedese di
64 anni, ha inviato un reclamo scrit-
to all’emittente TV4 perché parte
della grafica fissa usata per mostrare
le previsioni del tempo in sovraimpres-
sione è rimasta stampata sullo schermo
del suo TV OLED e non ne vuole sapere
di andare via. Bodin ignorava che con
un TV di ultima generazione ci potesse
essere ancora il rischio di burn-in, e a
quanto pare lo ignoravano anche molte
altre persone che si sono ritrovate nella
stessa identica situazione. L’OLED usa
materiale organico, e se chi trasmette
esagera con i livelli e l’intensità si corre
il rischio, se si lascia la stessa immagine
per qualche ora, di rovinare il pannel-
lo. L’utilizzatore può far poco in questo
caso: nessuno può capire se un deter-
minato logo o una determinata grafica
possono in qualche modo provocare
danni, e proprio per questo motivo l’E-
BU, l’European Broadcasting Union, è
intervenuta con una serie di consigli per
chi trasmette pensati proprio per evitare
che il segnale televisivo possa in qual-
che modo rovinare il TV di chi guarda.
La raccomandazione R129, “ADVICE TO BROADCASTERS ON AVOIDING
TV E VIDEO Nuove regole di trasmissione per evitare che gli OLED vengano rovinati dai contenuti
L’Associazione europea Broadcaster alle TV “Come evitare che gli OLED si stampino”Intervento per evitare che il segnale televisivo rovini i TV, per esempio con loghi statici
IMAGE RETEN-TION ON TV PRODUCTION DISPLAYS”, era
stata creata nel
2010 per i TV
al plasma e ora
viene aggiorna-
ta per gestire i
nuovi TV OLED.
Il primo consiglio
è quello classico:
evitare loghi statici e grafiche statiche,
se possibile spostare i loghi di continuo
e impostare dei timeout per far sparire
i loghi o le grafiche dopo un lasso di
tempo comunque ridotto. Una seconda
indicazione è più tecnica: i livelli dei sin-
goli loghi o delle grafiche non devono
superare il valore medio di luminanza
del quadro. Nel caso di Stefan Bodin a
restare impresso era un sole giallo al
100%, probabilmente “sparato” dalla TV
ad un livello altissimo per impressionare
i telespettatori. Per ovviare ai problemi
di “burn-in” si consiglia o di mettere le
grafiche su un livello semitrasparente, in
modo tale da ridurre il loro effetto, o di
limitare l’emissione. Nel caso di immagi-
ni a dinamica standard loghi e grafiche
devono avere una luminosità massima
pari al 40% del picco di bianco dell’im-
magine, nel caso di segnali HDR HLG si
scende al 35%, o al 47% del bianco di ri-
ferimento. Si tratta ovviamente di sugge-
rimenti e non di obblighi, ma solitamente
i broadcaster sono molto attenti a que-
ste cose. Al momento non ci sono giunte
segnalazioni di trasmissioni o TV in Italia
che esagerino con loghi o grafiche, ma
ricordiamo che questo non riguarda solo
le trasmissioni, anche le console da gio-
co e ogni periferica collegata, come i de-
coder, generano grafiche che potrebbe-
ro creare problemi. Il suggerimento, oltre
a stare attenti, è anche quello calibrare
il TV: le modalità dinamiche, spesso im-
postate con livelli di luminosità altissima,
aumentano il rischio di burn-in.
Grand Tour 3 è online a gennaio. E c’è anche un gioco per consoleArriva la terza stagione dello show campione di ascolti su Amazon Prime Video. La premiere il 18 gennaio. Insieme alla serie arriva il gioco per PlayStation 4 e Xbox One di P. AGIZZA
Lo spericolato trio di Grand Tour torna sugli schermi di Amazon Prime Video per la terza stagio-ne del celeberrimo show. Jeremy Clarkson, Richard Hammond e Ja-mes May porteranno ancora una volta gli spettatori nel loro mondo fatto di corse sfrenate, paurosi incidenti e scenari mozzafiato. In questa terza serie, dichiara Ama-zon, i tre hanno girato in tutto il mondo viaggiando attraverso i territori accidentati di Colombia, Mongolia e Cina. Non mancherà una puntata ambientata a Detroit e un giro nell’aeroporto di Stansted. La serie sarà esclusiva di Amazon Prime Video e la prima puntata è programmata per il 18 gennaio. Le nuove puntate saranno aggiunte, poi, a cadenza settimanale. Per chi non conoscesse la serie, su Prime Video è possibile guardare le pun-tate delle due serie precedenti. Amazon annuncia anche l’arrivo di un gioco per console. In “The Grand Tour Game” (questo il nome del gioco) la faranno da padrone, manco a dirsi, le gare di velocità a bordo dei bolidi della serie. Fino a quattro persone potranno sfidarsi in split-screen, e l’utilizzo di og-getti bonus contribuirà a rendere ogni sfida imprevedibile. Uscirà, in concomitanza della serie, per Play-Station4 ed Xbox One. Con l’arrivo della terza stagione di Grand Tour e l’inizio dei lavori sulla serie TV del Signore degli Anelli, Amazon cer-ca di farsi largo fra i servizi di strea-ming. Nonostante l’aumento degli iscritti ad Amazon Prime Video, infatti, Netflix resta ancora lontano. Basteranno questi due annunci a ridurre le distanze fra i due colossi dell’entertainment?
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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018
di P. AGIZZA
I nstagram dichiara guerra alle app
automatizzate, usate dagli utenti per
postare commenti di spam e ottenere
falsi follower. La “guerra” ai falsi follower
trova ora un alleato negli strumenti di
apprendimento automatico che “aiuta-
no a identificare” chi sfrutta tali servizi.
Instagram ha annunciato che inizierà a
“rimuovere i ‘mi piace’, i follower e i com-
menti” dagli account che usano applica-
zioni di terze parti per “alzare la propria
popolarità”.
Utilizzare applicazioni automatizzate per
ottenere follower viola il regolamento
del social; anzi, coloro che continuano
a usarle a seguito dell’avvertimento di
Instagram “potrebbero vedere influen-
zata la propria esperienza”.
Vengono inoltre sottolineati i problemi
di sicurezza intrinsechi nell’uso di tali
applicazioni di terze parti: “Le persone
che usano questo tipo di app condivido-
no il proprio nome utente e la password
SOCIAL MEDIA Instagram si scaglia con forza contro i servizi che garantiscono falsi follower
Instagram rimuove falsi follower e commenti Chi li compra vedrà “influenzata l’esperienza”I provvedimenti vanno da un semplice richiamo a un impatto “sull’esperienza” sul social
e i loro account sono
talvolta usati da app di
terze parti” il che “ren-
de tali account meno si-
curi”. Le app automatiz-
zate (dette anche bot)
promettono un aumen-
to dei propri follower
e sono un fenomeno
in crescita negli ultimi
tempi. Il funzionamento
prevede un pagamento mensile e che
l’utente fornisca alla app nome utente e
password del proprio account. Da quel
momento l’app si occuperà in automati-
co di inserire falsi commenti, like e se-
guire gli account con più visibilità, oltre
che a procurare falsi follower.
In un periodo storico in cui la quantità di
follower e di ‘mi piace’ restituiscono la
misura dell’influenza e della credibilità
di un utente, nonché del suo valore in
termini pubblicitari, il fenomeno dei falsi
follower a pagamento è una questione
che Instagram non può più ignorare.
La manovra di Instagram va inoltre letta
da un’altra prospettiva: Facebook si tro-
va sotto attenta osservazione a causa
dei falsi account sulle sue piattaforme
che condividono false notizie.
Sin dalle presidenziali statunitensi del
2016, il social network - che con 2 mi-
liardi di utenti attivi può avere una gran-
de influenza - viene additato come uno
dei mezzi principali per diffondere bufa-
le. Togliere falsi follower e minare, così,
gli account meno autorevoli è uno dei
principali strumenti che Facebook (an-
che su Instagram) sta sfruttando.
LinkedIn, basta spam sull’email di lavoro: per scaricare l’indirizzo serve il consensoLinkedIn modifica le impostazioni della privacy: impossibile scaricare l’indirizzo email degli altri utenti senza il loro consenso di Massimiliano DI MARCO
Una novità di LinkedIn farà piacere a molti e contempora-neamente dispiacere tanti. In silenzio Microsoft, che possie-de LinkedIn, ha infatti aggiunto un’impostazione della privacy: impedire che chiunque possa scaricare l’indirizzo email di un altro utente insieme agli altri dati. Ciò significa che, fra le varie conseguenze di tale opzione, gli utenti riceveranno meno email non volute sul proprio indirizzo e-mail di lavoro.Tale opzione (che si trova in Im-postazioni e privacy > Privacy > Chi può vedere il tuo indirizzo email) è infatti disabilitata per impostazione predefinita. Consi-derato che tale aggiornamento è stato fatto senza grande clamo-re, pubblicitari e addetti stampa si sono trovati di punto in bianco senza gli indirizzi e-mail da inse-rire nelle mailing list, per esem-pio. “Questa è una nuova impo-stazione che dà ai nostri membri ancora più controllo sul loro indi-rizzo email su LinkedIn” ha spie-gato un portavoce del social network a TechCrunch in quanto tale opzione ha influenza “su chi possa scaricare il loro indirizzo email tramite l’esportazione dei dati”. Chi vuole può comunque raccogliere gli indirizzi email uno a uno, andando nel profilo degli altri utenti. Non sarà più possibi-le, però, avere gli indirizzi email scaricando l’intero archivio di dati. A meno che l’utente non lo indichi espressamente nelle im-postazioni della privacy.
di M. DI MARCO
I l rinnovato servizio cloud Google One
è disponibile anche in Italia. Si parte
da 15 GB, che come Google Drive
vengono offerti gratuitamente a tutti
coloro che aprono un account Google,
e si arriva fino all’immenso piano da 30
TB al mese. Google One include “Drive,
Gmail e le immagini in qualità originale
di Google Foto”; lo spazio viene infatti
condiviso tra tutti i servizi. L’offerta di
spazio illimitato per su Google Foto, ma
con una compressione delle foto a 16
MP e dei video a 1080p, resta in ogni
caso valida. I piani su abbonamento partono da 1,99 euro al mese (o 19,99
euro l’anno) per 100 GB fino a 299,99
euro al mese per 30 TB mensili. Di-
SOCIAL MEDIA Google One sostituisce Drive ed è ora disponibile per gli utenti italiani
Google One sostituisce Drive e arriva in Italia: fino a 30 TB al mese su cloudUn unico spazio per Drive, Gmail e Foto. In futuro per gli abbonati anche sconti sull’hardware
sponibili anche piani
per 200 GB, 2 TB, 10
TB e 20 TB mensili.
Gli utenti che era-
no in possesso di
un abbonamento a
pagamento di Goo-
gle Drive saranno
automat icamente
convertiti al piano
equivalente di Goo-
gle One. Oltre a convogliare dentro di
sé i vari servizi Google One permette
agli utenti abbonati di sfruttare il sup-
porto di “esperti Google”, condividere il
piano con altri membri della propria fa-
miglia (fino a cinque). In futuro, inoltre,
Google prevede di riservare altri van-
taggi agli abbonati Google One, come
“sconti su hardware Google (mediante
Google Store)” e “sconti sugli acquisti
(mediante Google Express)”. Per il mo-
mento Google One è disponibile come
applicazione per Android, mentre per
iOS arriverà in seguito.
torna al sommario 26
MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018
di Roberto PEZZALI
Siamo davanti ad un tablet o a qualcosa di più? La
domanda non è banale, anche se può sembrar-
lo, perché la prima cosa da chiedersi quando si
guarda il nuovo iPad Pro è se dobbiamo considerarlo
ancora un tablet. Lo è, nella forma, ma nel mondo Win-
dows prodotti simili sono considerati ormai 2 in 1, una
denominazione e che ne giustificherebbe anche il prez-
zo non certo popolare. iPad Pro, nella versione wi-fi da
11” e 256 GB di storage costa 1.069 euro, esattamente
come Surface Pro di sesta generazione con processore
Core i5: per entrambi c’è una versione più economica,
ma sia l’iPad Pro da 64 GB sia il Surface con processore
Core m3 sono prodotti che, per due limiti diversi, non ci
sentiamo di consigliare. Se iPad Pro, come dice Apple, è
un potente computer da mettere nelle mani di creativi e
content creator, 64 GB sono un taglio che poco si sposa
con chi deve fare editing di video 4K o di pesanti file
RAW, molto meglio partire dal 256 GB.
Non considereremo l’iPad Pro un tablet, non lo fa Apple
e non lo facciamo neppure noi: per chi cerca un tablet
l’iPad classico, 350 euro e supporto a Pencil, è un pro-
dotto potente, facile da usare, meravigliosamente com-
pleto e con una quantità di applicazione che ogni altra
piattaforma tablet si sogna. L’iPad resta il miglior tablet
al mondo. iPad Pro è il 2 in 1 di casa Apple, un prodotto
che per molti aspetti può tranquillamente essere usato
al posto di un MacBook e che per altri può arrivare dove
il MacBook ha limiti, pensiamo ad esempio all’utilizzo in
piedi, all’assenza di un touch o all’uso di una penna. Ed
è proprio questo l’aspetto che abbiamo voluto mettere
alla prova: dopo anni di conferenze stampa fatte con la
classica configurazione MacBook più reflex per foto e
video, siamo andati ad una conferenza cercando di fare
tutto con iPad Pro e reflex.
Qualità e velocità, giù il capelloL’iPad Pro è un tablet meravigliosamente bello. Sottile, con
un design totalmente fuori dai classici schemi. Ricorda un
po’ l’iPhone 5, ha uno schermo con cornici ridottissime
e una simmetria che gli smartphone di oggi, con notch
di vario tipo, si scordano. L’iPad Pro ha tutto: schermo,
audio, ergonomia, leggerezza, oltre conformazione del-
la scocca in alluminio che, con questa particolare forma,
TEST iPad Pro è il 2 in 1 di Apple che per certi aspetti può arrivare dove il MacBook ha dei limiti. Lo abbiamo provato per vedere se è così
iPad Pro 2018. Tablet fantastico, ma iOS sta strettoSiamo davanti alla più drastica rivoluzione dell’iPad dalla sua nascita, che ha coinvolto tutti gli aspetti. Tranne uno: iOS
sembra proteggere ancora di più il display. Se con la
precedente generazione un colpo di spigolo poteva
mandare in frantumi il vetro, con questa nuova versione
il pannello e il touch appaiono leggermente più protetti.
Si potrebbe criticare il bozzo creato sul retro dalla fo-
tocamera, ma o si usava una fotocamera più sottile, e
quindi meno qualità, o si creava un tablet più spesso.
La fotocamera è da 12 megapixel, con video 4K e Smart
HDR: siamo davanti ad un modulo di assoluta qualità
che può competere con quella dell’iPhone X.
Esistono limiti tecnologici insormontabili oggi, e per
fortuna esistono le cover rendono la protuberanza pra-
ticamente invisibile. Lo schermo, 12.9” nella versione da
noi provata, è un nuovo Liquid Retina: come abbiamo
spiegato nella prova dell’iPhone XR la parola Liquid si
riferisce probabilmente alla riduzione dello spazio tra i
singoli subpixel, che crea una immagine decisamente
più compatta. Non che i vecchi iPad Pro avessero un
brutto schermo, anzi, ma sicuramente quello usato sul-
l’iPad Pro versione 2018 ha guadagnato qualcosina in
termini di gestione dei riflessi, compattezza dell’imma-
gine e contrasto percepito. Resta comunque uno scher-
mo LCD, e ci sono situazioni, soprattutto elementi scuri
con forte luce ambientale, dove contrasto percepito e
segue a pagina 27
Apple iPad Pro 2018 12.9”BELLISSIMO, MA È UN BELLISSIMO IPAD. PER ORA 1199,00 €iPad Pro è un fantastico tablet che ha tutto quello che si può desiderare da un prodotto simile: ha uno schermo di qualità, un design accatti-vante, il miglior audio mai ascoltato su un tablet, accessori di ogni i tipo e tante app di livello. Ma gli manca qualcosa per diventare un vero due in uno, e per la prima volta dobbiamo ammettere che il vero limite di iPad Pro è il suo sistema operativo. Che è bellissimo, veloce, ha applicazioni in quantità e di qualità, ma che resta un sistema operativo pensato per la semplicità, ideato per un uso su smartphone e destinato ad un pubblico consumer e con esigenze consumer. Un iPad da 359 euro con penna fa più o meno le stesse cose che permette di fare iPad Pro ad un prezzo quattro volte inferiore. Le fa più lentamente, l’audio non è lo stesso e lo schermo neppure, ma sono esattamente le stesse cose. Se si guarda al prezzo poi stiamo parlando di un prodotto che costa 1.289 euro nella versione da 12.9” con 256 GB, che ha bisogno di una tastiera che ne costa 219 e di una Apple Pencil, comunque facoltativa, che ne costa 135 di euro. Più qualche adattatore, circa 50 euro di budget se si prendono cose non Apple che funzionano uguale. A conti fatti sono 1.700 euro, che non sono affatto pochi: con la stessa spesa si comprano un MacBook Air nuovo e un iPad e la produttività si impenna. L’iPad Pro è uscito lo stesso anno di iOS 12, probabilmente la miglior versione di iOS mai fatta perché ha risolto alla base tantissimi bug migliorando la stabilità e rendendo più veloci dispositivi che erano dati per spacciati. Apple quest’anno non ha aggiunto grandissime funzionalità, soprattutto in ambito tablet, e iPad Pro subisce questa mancanza di evoluzioni software. Sebbene si possa fare di tutto, anche ad alto livello, gli utenti si scontrano con banalità che su un prodotto simile non dovrebbero esistere: non si può attaccare una chiavetta USB, modificare un file con la penna e salvarlo sulla chiavetta senza necessariamente importalo, e trovarselo magari replicato su iCloud. File non è un vero Finder, e ci sono limiti di utilizzo incrociato delle app che su un prodotto per la produttività non dovrebbero esistere: i file generati dalle app, siano audio, foto o video restano spesso confinati ai container delle singole app e non possono essere aperti o gestiti senza prima passare su File o su iCloud. Durante la scorsa WWDC Apple ha iniziato a parlare di convergenza tra MacOS e iOS: resteranno due sistemi separati, ed è giusto così, ma l’iPad Pro per essere un vero 2 in 1 ha terribilmente bisogno di qualcosa in più di quello che oggi iOS offre. Altrimenti resta un iPad bello e più potente, ma pur sempre un iPad.
Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo
8 9 9 8 7 6
COSA NON CI PIACEQualità costruttiva e dei componenti eccezionaleApplicazioni velocissime e ottimizzate, anche quelle per uso professionaleSicurezza di aggiornamenti per almeno 5 anni
Allo stesso prezzo si prendono un iPad e un Macbook AirLe potenzialità enormi sono strozzate da un sistema operativo pensato per gestire al meglio le singole appManca il jack audio, e la USB Type C non è poi così aperta
lab
video
7.8COSA CI PIACE
Ipad Pro 2018La videorecensione
lab
video
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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018
TEST
Apple iPad Pro 2018 12.9”segue Da pagina 26
soprattutto dettagli sulle basse luci sono davvero diffi-
cili da cogliere. E a letto, quando si guarda qualcosa al
buio, ci si rende conto che l’OLED dell’iPhone XS è tutta
un’altra cosa.
L’audio integrato è fantastico, corposo, ricco, il meglio
che ci si può aspettare da un prodotto di queste dimen-
sioni, l’audio in cuffia deve fare i conti con l’assenza del
jack. Per Apple le cuffie di iPad Pro sono le Air Pods,
o ancora meglio le Beats Wireless, ma per qualcuno
la sparizione del jack da un tablet di questo tipo è una
sconfitta difficile da digerire. C’è l’adattatore, ma non è lo
stesso che va bene sull’iPhone. La soluzione, come ab-
biamo scritto, sono le AirPods, il prodotto probabilmente
più apprezzato degli ultimi anni dagli utenti Apple. Chie-
dete a qualunque persona con le AirPods se rimpiange il
jack e dirà di no, così come la maggior parte degli utenti
di iPad Pro non saranno minimamente
colpiti dall’assenza del jack audio.
La più grossa rivoluzione a nostro av-
viso di iPad Pro è l’adozione dell’USB
Type C come connettore al posto del
lightning: quest’ultimo resterà ancora su
iPad e iPhone, ma sul modello Pro Apple
si è adeguata alla linea Mac per offrire
una interfaccia che potesse in qualche
modo parlare con il mondo di accessori
e interfacce alla massima velocità pos-
sibile. All’USB Type C si può collegare
un monitor 5K, si possono collegare fo-
tocamere e videocamere, interfacce audio
esterne, ogni tipo di prodotto con la porta che ormai sta
diventando (finalmente) standard. Il cavo USB C - Light-
ning permette di ricaricare le Air Pods e un iPhone, e
soprattutto permette di usare il caricatore dell’iPad per
ricaricare velocemente un iPhone. Volendo si può usare
anche il caricatore del MacBook sull’iPad, ma la ricarica
oltre ai 18 Watt non va: a caricatore più grande non cor-
risponde una ricarica più veloce. Il cavo “USB C - Light-
ning” è probabilmente il cavo più utile per chi ha prodotti
Apple, ed è anche il cavo che va acquistato a parte: pa-
radossale non sia inserito nella scatola di iPhone o negli
iPad, e che Apple continui a distribuire il classico cavo
USB classico.
L’uso sul campo: i pregi e i limitiL’iPad permette di fare tutto: lo schermo del modello da
noi usato, quello da 12.9”, è praticamente grande come
quello dei MacBook. Si può utilizzare senza problema
Pages, si può usare iMovie per fare editing in 4K, si può
usare Lightroom per sviluppare le foto. Il vantaggio di
iPad è dato dalla presenza di centinaia di applicazioni
di altissimo livello che sono state create e pensate pro-
prio per questo prodotto, e a livello di prestazioni non
ha affatto deluso. Difficile però dire quanto il nuovo iPad
Pro sia più potente del modello precedente: se si usano
i benchmark i numeri sono più alti, è normale, ma du-
rante l’utilizzo comune non si riscontra quella differenza
abissale, magari un secondo in meno nell’apertura di un
file RAW di grandi dimensioni, una maggiore velocità
di esportazione di una clip 4K con iMovie, l’apertura di
qualche app più rapida, ma sono cose che non si perce-
piscono più di tanto.
Questo non è una critica al nuovo modello, anzi, ma è la
conseguenza del fatto che le app sono create e cucite
su misura per questo hardware e Lightroom su iPad Pro
riesce ad essere decisamente più veloce di quanto lo
sia su un 2 in 1 con sistema operativo Windows, oltre ad
avere una interfaccia più intuitiva e immediata, essendo
pensata nativamente per l’uso con le dita.
La nuova Apple Pencil è più pratica della vecchia per
il sistema di aggancio magnetico nella parte alta, che
ricarica lo stilo per induzione. Nonostante la tenuta sia
eccellente, come eccellente è la tenuta magnetica del
tablet sulla cover, qualche volta riponendo l’iPad nello
zaino o nella borsa la penna si è sganciata.
La cover in pelle creata per l’iPad Pro da 10.5”, non di-
sponibile per questo modello, era tuttavia più comoda,
ingombrava di meno e aveva lo spazio per riporre lo stilo
da disegno. Oltre alla ricarica a induzione Apple Pencil
guadagna anche un tasto touch nella parte bassa con-
figurabile dalle singole app: affascinante tecnologica-
mente, ma un disegnatore che ha provato la penna ci ha
confidato la sua preferenza per il tasto fisico.
Il 2 settimane di prova iPad Pro si è dimostrato un tablet
fantastico per fare tutto: si possono editare le foto senza
problemi, correggendo i file RAW anche di dimensioni
notevoli, si possono scrivere testi, fare disegni, elabo-
rare file CAD e modelli 3D, si può davvero lavorare a
livello professione perché le app non solo ci sono, ma
sono anche ottimizzate per l’utilizzo su un tablet. Le stes-
se cose si possono anche fare con Surface e Windows,
ma Microsoft risente di applicazioni che spesso sono
pensate per mouse e tastiera, e che da usare in piedi e
tramite touch risultano un po’ più ostiche. Oltre al fatto
di dover fare i conti con applicazioni che possono esse-
re decisamente pesanti, compilate per gestire diverse
librerie grafiche e per hardware più potenti di quelli in-
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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018
seriti nei 2 in 1. Quello che manca però durante il lavoro
all’iPad, che invece non manca ai sistemi Windows, è un
“collante” che permetta di gestire dei flussi di lavoro in
modo semplice.
Se prendiamo le singole app siamo davanti ad un pro-
dotto imbattibile nel rapporto tra facilità d’uso e risultato
raggiungibile, ma se dobbiamo usare diverse app per
portare a termine qualcosa iOS mostra tutti i suoi limiti.
Il sistema operativo di iPad Pro ha infatti alcune rigidità
che non si prestano all’utilizzo che Apple indica per que-
sto tablet, e la gestione di foto e video è una di queste.
Per capire la differenza prendiamo una operazione sem-
plice: un fotografo scatta 200 fotografie con una reflex,
e deve consegnare i 10 scatti migliori su una chiavet-
ta USB in pochi minuti. Con un Macbook con MacOS,
o con un Surface, collega la fotocamera o un lettore di
card ad un ingresso, apre tutte le foto con Lightroom o
Photoshop direttamente dalla camera o dalla card di
memoria, sviluppa le migliori, le apre in Photoshop, ef-
fettua gli ultimi ritocchi e le salva su chiavetta USB. Con
l’iPad Pro una situazione di questo tipo è sicuramente
più problematica: collegando le fotocamera o il lettore di
card si apre infatti la finestra di importazione di default.
Le fotografie vanno importate tutte nel rullino prima di
poter essere aperte con Ligthroom, e questo vuol dire
che l’utente si trova 200 fotografie che non solo occu-
pano spazio che che, nel caso di rullino condiviso con
iCloud, vengono anche replicate sugli altri dispositivi.
E soprattutto non esiste possibilità di esportazione, per-
ché le chiavette USB non vengono gestite se non con
app di terze parti che richiedono comunque lo sposta-
mento dei file. L’app Comandi (Siri Shortcuts) può essere
usata per automatizzare qualche routine (come cancel-
lare le foto importate), ma è la logica stessa di iOS che
prevede applicazioni che funzionano e lavorano solo nel
loro contesto a remare contro un utilizzo più da compu-
ter. Ci sarebbe File, l’app che dovrebbe su iPad sosti-
tuire il Finder del Mac, ma il suo utilizzo è più limitato di
quello di un Finder. L’esempio vale ovviamente non solo
con le foto, ma può essere adattato ad ogni ambito: ci
piacerebbe poter gestire cartelle con video, testi e foto,
indispensabile per chi fa il nostro lavoro, e vorremmo
poter gestire file video passando
tra diverse app senza necessaria-
mente trasferire tutto sul rullino. Al momento, senza fare
giri strani, non si può.
USB Type C, promossa la scelta, ma serve più flessibilitàAnche l’apertura al mondo esterno usando l’interfaccia
USB Type C non è poi una grandissima apertura. Se
da una parte è lodevole la decisione di adottare que-
sta connessione, dall’altra l’utente si scontra con tanti
piccoli limiti. Andiamo per punti: come abbiamo detto si
può collegare un display esterno con risoluzione fino a
5K, ma bisogna considerare che l’interfaccia non è una
Thunderbolt 3 come quella dei Mac ma è una semplice
USB Type C 3.1. Questo vuol dire che si possono collega-
re direttamente tutti i monitor che supportano un ingres-
so video tramite USB (DisplayPort), come ad esempio il
monitor LG 27UK850 (4K) o il Samsung S27H850QFN
(QHD), senza la necessità di un adattatore. Altri moni-
tor, come gli LG UltraFine 5K Display che Apple stessa
consiglia per i Macbook, non sono compatibili perché in
realtà, nonostante il connettore sia Type C, l’interfaccia
di questi modelli è Thunderbolt 3 e non DisplayPort.
Se da una parte quindi è vero che si possono “teori-
camente” collegare monitor esterni fino a 5K, è anche
vero che al momento non ci risulta che esistano moni-
tor 5K USB Type C con interfaccia DisplayPort. Quindi
o si usa l’adattatore HDMI, limitato a 4K (lo stesso che
funziona anche sui vecchi iPad) oppure si collega un
monitor esterno che ha ingresso USB DisplayPort, ma ci
sono solo monitor 4K. E soprattutto per collegarli serve
TEST
Apple iPad Pro 2018 12.9”segue Da pagina 27
un cavo high bandwith, quindi un cavo simile a quello
Thunderbolt venduto sul sito di Apple: il cavo in dotazio-
ne, quello per caricarlo, non è adatto.
Collegando un monitor esterno inoltre si ottiene una
visione “estesa” solo con alcune applicazioni, ed è com-
pito dei singoli sviluppatori di app pensare a come ge-
stire l’uscita secondaria. Con iMovie ad esempio si può
mostrare il video mentre si continua a fare editing, e con
Keynote si può mostrare la presentazione, ma non sono
molte le app che lo gestiscono e soprattutto sono tutte
app Apple. Per tutto il resto c’è il semplice mirroring, e
manca una gestione multischermo come quella di Ma-
cOS, dove ad esempio posso inviare una seconda app
sul monitor esterno mentre tengo aperta sullo schermo
del tablet l’app principale. La porta USB dell’iPad Pro
permette anche la ricarica di altri dispositivi, con una
erogazione massima di 7.5 watt, e gestisce anche acces-
sori e periferiche. Le tastiere funzionano senza proble-
mi, serve solo l’adattatore, e funziona anche l’adattatore
ethernet. Funzionano anche alcuni microfoni e alcune
periferiche midi, ma solo in determinate applicazioni, e
come abbiamo scritto sopra non c’è alcune gestione na-
tiva di dischi esterni e chiavette USB.
Un ultimo limite è legato al Face ID: funziona a meravi-
glia, sia in orizzontale che in verticale, ma rende l’iPad
molto più personale che in passato. Se infatti con il
vecchio modello si potevano registrare più impronte,
ora con FaceID sei vogliamo condividere l’iPad siamo
costretti a cedere alla “famiglia” il pin. iOS ha bisogno,
almeno su iPad, di una gestione multiutente.
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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018
di Gianfranco GIARDINA
I l lancio della prima serie della cuffia 1000X a can-
cellazione di rumore di Sony era stato un punto di
svolta chiaro: da allora Bose ha un concorrente
serio nel segmento delle cuffie premium. Anzi, qual-
cosa di più di un concorrente, visto che - ameno a
nostro avviso - la Sony superava per prestazioni,
usabilità e comfort la serie corrispondente di Bose,
la QuietComfort. Sony ha presentato alla scorsa IFA
la terza generazione di questa cuffia, che in queste
settimane è arrivata sugli scaffali. Una cuffia che si
presenta esteticamente, almeno a prima vista, proprio
come la precedente ma che promette prestazioni mi-
gliorate. Ecco la nostra prova
La 1000X è la cuffia top di gamma di Sony. Una cuffia
wireless a cancellazione di rumore, giunta alla terza
generazione, identificata appunto dal suffisso M3.
Praticamente, sulla carta, la cuffia perfetta: qualità
audio d’eccellenza, connessione Bluetooth APT-X e
APT-X HD ma anche la possibilità di collegamento a
filo, batteria super capiente che garantisce 30 ore di
funzionamento continuo in cancellazione di rumore,
costruzione curata e bella custodia da viaggio.
Non vorremmo montarci la testa, ma sembra che i
progettisti di Sony abbiano fatto tesoro proprio della
nostra prova delle prime 1000X: tra tanti pregi ave-
vamo identificato due punti che non incontravano il
nostro gradimento. Il primo riguardava le prestazioni
insoddisfacenti in fase di dialogo telefonico: i microfo-
ni, che sono sul padiglione, evidentemente non erano
abbastanza sensibili: gli interlocutori telefonici si la-
mentavano di sentire male (mentre noi li sentivamo
benissimo); e comunque l’effetto di cancellazione del
rumore rendeva la comunicazione innaturale. Il secon-
do aspetto riguardava la comodità: dopo la seconda
ora di utilizzo, la sensazione di caldo e pressione della
1000X alla prima edizione si faceva sentire.
La serie 3 mette mano a questi aspetti e ad altri par-
ticolari meno rilevanti e lo fa in maniera risolutiva.
Pariamo dalle chiamate telefoniche: i microfoni sono
TEST Sony ascolta i nostri appelli e migliora la cuffia wireless 1000X. Già ci piaceva prima, ora è praticamente perfetta
La regina della musica e del silenzio: in provala cuffia wireless Sony 1000X terza serie La Sony top di gamma si presenta a prima vista esteticamente uguale alla precedente, ma promette prestazioni migliorate
stati raddoppiati e finalmente gli interlocutori ci dico-
no di sentirci bene. E questo anche senza la necessità
di “urlare”. Non si urla anche perché è completamen-
te cambiata la gestione della chiamata da parte del-
la cuffia: ora, quando si attiva la funzione vivavaoce,
anche se è innestata la modalità a cancellazione di
rumore, la 1000 X mkIII la disattiva temporaneamente
e anzi si posiziona in modalità “ambient”, il che vuol
dire che addirittura rileva il rumore ambientale e lo
amplifica leggermente all’interno della cuffia. Questo
fa sì che chi le indossa si senta quando parla, senza la
cancellazione del rumore e le orecchie ovattate dal-
la meccanica stessa della cuffia a padiglione chiuso.
In questo modo, le telefonate si svolgono in maniera
molto naturale e si parla a mani libere con un comfort
praticamente impossibile con altri auricolari o cuffie
binaurali. Per quello che riguarda il comfort, c’è stato
un grande miglioramento, e i pur gradevoli 20 grammi
di peso in meno non sono il fattore più determinante.
Sono soprattutto le forme a fare la differenza: l’ar-
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Sony WH-1000XM3SILENZIO, PARLA LA PRIMA DELLA CLASSE 380,00 euro
Nella gara tra le migliori cuffie a cancellazione di rumore, le Sony VH-1000Xm3 a nostro giudizio si aggiudica gradino più alto del podio a colpi di qualità sonora, capacità di riduzione del rumore e comfort di utilizzo. E i quasi 400 euro necessari per farle proprie, che sono certamente tanti, sembrano proporzionati alla qualità di un prodotto che mette in seria difficoltà la concorrenza: Sony batte Bose su tutto, a partire dal de-sign, 30 anni più avanti. Le prestazioni, la comodità e il controllo touch (con la scorciatoia rapida per passare temporaneamente all’ambient mode - basta appoggiare la mano sul padiglione destro) fanno il resto. E alla fine, anche se non sono certo compatte come certi auricolari, queste 1000X, giunte alla terza serie, si fanno preferire rispetto agli altri modelli, anche quelli della stessa Sony, con layout più compatto. Insomma, il regalo di Natale che tutti vorrebbero ricevere.
Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo
9 9 9 9 10 88.9COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEPrestazioni audioComandi touch sul padiglioneOttimo funzionamento vivavoce
Prezzo impegnativoDimensioni non compatte
lab
video
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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018
chetto non è più circolare ma ovale, garantendo un
migliore adattamento alla forma della testa, con una
conseguente pressione sui padiglioni ridotta.
Anche i padiglioni sono stati leggermente ingranditi
(almeno nel loro spazio interno e soprattutto in lar-
ghezza), grazie a un forma più tondeggiante: quanto
basta per evitare di “pizzicare” la parte più alta della
cartilagine dell’orecchio, evitando l’inevitabile bru-
ciore che interviene dopo un paio di ore di utilizzo:
i voli intercontinentali diventano finalmente piacevoli
anche dopo le prime ore. Migliorata, anche se non
del tutto eliminata, la sensazione di caldo indotta dai
materiali morbidi del padiglione, anche se il maggior
spazio interno migliora decisamente le cose.
Anche la prestazioni della batteria si sono decisamen-
te evolute: la prima serie non andava oltre le 20 ore di
funzionamento continuo in cancellazione di rumore:
nella M3 l’autonomia aumenta del 50% portandosi a
30 ore di funzionamento. Anche la velocità di carica è
migliorata: si passa da 4 ore a 3 ore.
Addio alla finitura in pelle, ma è giusto cosìUna cosa che ci piaceva molto della vecchia 1000X era
la finitura in pelle, che rendeva il prodotto piacevole
al tatto e lo differenziava rispetto alla concorrenza. Le
nuove 1000X sono invece simili nei colori ma il rivesti-
mento esterno dei padiglioni è in plastica. Da un cer-
to punto di vista questa è un scelta peggiorativa; ma
bisogna anche riconoscere che non sempre le cuffie
vengono trasportate con la bella custodia in dotazione.
Spesso, infatti, per risparmiare spazio finiscono “nude”
nello zainetto. E li finiscono per toccare altri oggetti e,
inevitabilmente, con un materiale fragile come la pelle,
si graffiano. Il rivestimento in plastica è decisamente
più immune ai maltrattamenti e meno deperibile. Trat-
tandosi evidentemente di un prodotto che si utilizza in
mobilità, la scelta di Sony è comprensibile e alla fine
condivisibile. Resta sempre e comunque la possibilità
di gestione delle gesture sul padiglione destro che
mantiene le funzionalità touch. Decisamente migliorata
rispetto alla prima serie la qualità costruttiva: le vibra-
zioni e i rumori - seppur occasionali - legati ad incastri
tra gli elementi di plastica non così perfetti sono assenti
e la struttura appare decisamente “monoblocco”.
La prova d’uso: musica e silenzioÈ facile partire da un prodotto con tanti limiti e migl-
iorarlo. Molto più difficile è farlo con uno quasi per-
fetto come la prima serie delle 1000X. Sony è riusci-
ta nell’intento, senza alcun dubbio. Dal punto di vista
sonoro le differenze sono minime a favore del nuovo
modello più che per la riproduzione in sé, per il fatto
che, lasciando più libero il padiglione auricolare,
l’ascolto è più piacevole e forse anche l’onda sonora
la margini per una migliore propagazione. D’altronde
fare molto meglio delle prime 1000X sul fronte della
qualità di riproduzione era assai complicato: i bassi
sono molto presenti ma non invadenti, le alte ben
nitide, la gamma media non stancante. Sony dichi-
ara anche una capacità di cancellazione migliorata:
a noi non è parso ci siano differenze clamorose. Di
certo il numero di microfoni aumentato ha migliorato
di molto, rendendola finalmente plausibile, la cattura
della voce e quindi il dialogo telefonico.
La cuffia può essere controllata e configurata nel
dettaglio attraverso l’app Headphones di Sony: il
potente DSP può intervenire con molte modifiche,
per esempio sull’equalizzazione o sulla gestione di
un segnale surround. Tra le tante cose, ci è parsa
interessante la possibilità di posizionare nello spazio
la sorgente virtuale del suono, per esempio spostan-
dola virtualmente davanti a noi: questo risolve la
stranezza (anche se oramai siamo abituati) del suono
stereo diffuso in cuffia, inevitabilmente innaturale,
visto che lo stage sonoro collassa al centro della
testa. Interessante anche la possibilità di definire il
tempo di attesa della cuffia priva di segnale prima
di andare in stand-by; si tratta di una funzione assai
utile soprattutto nei viaggi aerei in cui si può usare
con successo la cuffia semplicemente come elimina-
tore di rumore ambientale, pur senza ascoltare nulla
e senza collegamento a nessun device. Grazie a
questo controllo è possibile evitare che dopo cinque
minuti di mancato collegamento la cuffia si spenga,
come faceva il vecchio modello.
Intelligente anche la commutazione automatica in
ambient mode quando entra in funzione il vivavoce,
cosa che accade non solo durante le telefonate. In-
fatti anche quando si interagisce verbalmente con un
personal assistant o si registra un messaggio vocale,
il suono dell’ambiente circostante viene riprodotto in
cuffia: in questo modo l’utente quando parla si sente
nitidamente e evita così di alzare la voce, come nor-
malmente si fa quando si hanno le orecchie ovattate
dal un sistema di cancellazione del rumore.
TEST
Sony 1000X terza seriesegue Da pagina 29
torna al sommario 31
MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018
di Roberto FAGGIANO
I l recente abbandono del mercato dei lettori Blu-
ray di fascia elevata da parte di Oppo ha gettato
nello sconforto gli appassionati audiofili che vo-
levano un apparecchio prestigioso e ben suonante
per tutti i loro supporti fisici, Compact disc, Blu-ray e
DVD. Per colmare questo vuoto alcuni grandi marchi
hanno realizzato nuovi lettori: tra questi Panasonic
che propone il nuovo UB9000 (999 euro) con ca-
ratteristiche tecniche degne di grande attenzione,
soprattutto la cura riservata alla sezione audio. Con
le uscite analogiche 7.1 e stereo XLR che lo indiriz-
zano a uno sparuto gruppo di possibili acquirenti,
disposti a spendere cifre elevate per i loro sistemi
audio e home theater, specie chi possiede eccellenti
amplificatori HT dotati di ingressi analogici che non
possono essere aggiornati alle più recenti tecno-
logie audio. Il prezzo può sembrare molto alto, ma
bisogna tenere conto che praticamente non ci sono
più concorrenti e i pochi rimasti costano anche di
più; bisogna anche considerare che un buon letto-
re di soli CD con le stesse caratteristiche costruttive
difficilmente costa di meno. Punto a sfavore la man-
cata compatibilità con i dischi DVD Audio e i SACD,
che riguardano però pochissimi appassionati. Quindi
poniamo un occhio più benevolo su questo nuovo
lettore Panasonic che si presenta subito con una ele-
ganza impeccabile nel suo oscuro frontale metallico,
un piccolo display e i pochi tasti funzione essenziali
per la riproduzione; troviamo anche il logo della cer-
tificazione THX HDR Source e una presa USB per
chiavette di memoria. Tutte le altre funzioni si svol-
gono dal telecomando in dotazione, un classico Pa-
nasonic retroilluminabile ma troppo carico di tasti e
sottotono per il livello dell’apparecchio.
Legge tutto... o quasiTolta la già citata incompatibilità con i formati audio
per audiofili, l’UB9000 può riprodurre tutti i blu-ray
fino all’Ultra HD con tutte le possibili codifiche HDR
fino al 10+, Dolby Vision e HLG. Sul tema garantisce
la presenza del processore Hollywood HCX utiliz-
zato anche sui TV top di gamma di Panasonic.
In verità una sezione alla fine poco utile per il proba-
bile utente di questo apparecchio, che sicuramente
TEST Abbiamo provato il lettore Blu-ray più prestigioso di Panasonic, un modello che punta ad un preciso target di acquirenti
Panasonic DP-UB9000, una gioia per gli audiofiliUn lettore con uscite analogiche 7.1 e stereo XLR, dedicato a chi vuole il massimo dai propri CD e dalla musica liquida
lo collegherà a un prestigioso TV o proiettore 4K
di ultima generazione, magari proprio un OLED Pa-
nasonic che usa il medesimo circuito. Comunque
funzioni sempre gradite per chi ama personalizzare
la visione. La sezione audio è non meno comple-
ta perché troviamo la compatibilità con tutte le più
moderne codifiche audio, dal Dolby Atmos al dts:X,
già disponibili in uscita nel formato analogico per
chi ha un componente dotato dei relativi ingressi o
magari direttamente verso diffusori amplificati dato
che si possono regolare dimensioni e livelli per cia-
scun diffusore.
Per i file musicali un altro buon traguardo per la com-
patibilità fino ai rarissimi DSD 11,2 Mhz, passando per
Flac 192 kHz, WAV, Aiff e Alac. Per la musica liquida
si possono usare anche hard disc esterni su DLNA
tramite l’ingresso posteriore oppure delle semplici
chiavette usb. Dal punto di vista operativo troviamo
pure una piccola sezione smart con un minimo di
contenuti utili come Netflix, You Tube Amazon Prime
video, Chili e poco altro, cioè più o meno quanto si
trova su tutti i televisori connessi alla rete. I menù
funzione sono moltissimi e permettono di operare su
qualsiasi parametro audio e video, l’accesso però è
complesso e spesso limitato alla sola sorgente pre-
scelta; inoltre per molti parametri e filtri non ci sono
molte indicazioni su cosa si vada a modificare, con il
rischio di peggiorare la situazione.
Un panorama spettacolareIl pannello posteriore del lettore Panasonic è pratica-
mente unico, una gioia per gli occhi dell’appassiona-
to: molto difficile infatti trovare le uscite stereo XLR
su un apparecchio di questo tipo e rarissime le usci-
segue a pagina 32
Panasonic DP-UB9000UN ECCELLENTE LETTORE CD 999,00 €Se dovessimo dare un giudizio sulla sola riproduzione musicale di compact disc e musica liquida, il nuovo lettore Panasonic sarebbe promosso a pieni voti per l’eccellenza della riproduzione sonora e l’ootima costruzione. Qui troviamo “in più” la sezione video per i blu-ray Ultra HD e il processore esclusivo CHX, che è sempre utile per una maggiore versatilità. Con queste premesse anche il prezzo di listino, apparentemente elevato, viene ridimensionato in termini pienamente accettabili. Avremmo visto volentieri dei menù di funzione più semplici e un telecomando più consono al livello dell’apparecchio.
Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo
9 9 9 8 9 9
COSA NON CI PIACEPrestazioni sonoreCostruzione eccellenteQualità riproduzione video
Telecomando economicoMenù funzione complessiNon legge SACD e DVD Audio
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8.9COSA CI PIACE
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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018
te analogiche 7.1. Volendo ci sono anche lu uscite
audio digitali ottica e coassiale. In tema video invece
troviamo le due prese HDMI per il TV o per un siste-
ma solo audio; presente anche una presa USB e c’è
la presa di rete ma c’è anche il Wi-Fi.
Costruzione da manualeIl peso dell’UB9000 sfiora gli 8 chili e questo è già
un primo passo verso ciò che ci aspetta all’interno,
con una costruzione di alto livello, telaio rinforzato e
diviso in tre sezioni: da un lato l’alimentazione distin-
ta tra sezione video, audio e meccanica; al centro la
meccanica e le schede di elaborazione audio mentre
nella terza sezione ci sono i processori video, ulte-
riormente schermati contro ogni interferenza.
Soffermandoci sulla sezione audio si può notare il
diverso trattamento nella parte analogica dei canali
destro e sinistro rispetto alla sezione 7.1, quindi per
il migliore ascolto stereo bisognerà usare i pin RCA
separati oppure le prese XLR. I segnali escono da un
chip AKM di ultima generazione, l’AKM4493 che è in
grado di raggiungere frequenze fino ai 768 kHz su
32 bit con un rapporto segnale/rumore spinto fino
ai 123 dB.
La meccanica di lettura è completamente incapsu-
lata in un contenitore metallico e si segnala per la
perfetta silenziosità nell’utilizzo audio e video. Da
notare la presenza di una ventola di raffreddamento
a uso del processore video, che però entra in funzio-
ne solo quando serve. L’apparecchio è assemblato
nella Repubblica Ceca, nello stesso stabilimento dal
quale escono i migliori TV Panasonic.
Audio eccellente con ogni supportoPremettiamo che il nostro test si è concentrato sulle
caratteristiche audio del nuovo lettore Panasonic,
dopo aver verificato l’ottima riproduzione dei miglio-
ri Blu-ray Ultra HD. Come già detto in precedenza
questo lettore dovrà essere scelto da chi desidera
soprattutto un eccellente riproduttore audio stereo e
multicanale: sarebbe un delitto e uno spreco di de-
naro sfruttare solo l’uscita HDMI.
Per favorire l’ascolto musicale il lettore è predispo-
sto per la funzione Music: durante la riproduzione
dei CD o dei file musicali la sezione video viene
spenta, volendo si può spegnere pure il display. Ci
sono anche alcuni parametri regolabili per affinare
ulteriormente la risposta in frequenza con diverse
fantasiose definizioni di suono valvolare e affini che
già in passato abbiamo trovato su altri lettori Panaso-
nic e su alcuni modelli Technics.
Come in passato, dopo alcuni attenti ascolti che
portano a modifiche irrilevanti dell’ascolto, abbiamo
preferito lasciare la posizione standard e goderci
l’ascolto musicale. Non a caso abbiamo usato il ter-
mine “goderci” perché la resa musicale di questa ul-
tima creatura Panasonic è eccellente, migliore anche
rispetto a molti puri lettori CD che possono costare
cifre superiore all’UB9000. Abbiamo inizialmente
cercato i difetti di riproduzione, ma siamo sempre
stati dirottati sulla musica, che è il migliore compli-
mento che possiamo rivolgere a un componente
audio.
Tra i maggiori pregi possiamo elencare la dinamica e
la riproduzione tridimensionale, una vera fotografia
dei musicisti e del palco; praticamente impossibile
ascoltare male un disco, tutti sembrano registrati al
meglio con grande cura del dettaglio, voci naturali ed
articolate come a un concerto dal vivo, bassi potenti
e profondi. Il dettaglio con le migliori registrazioni è
tale che possiamo concentrarci su uno strumento
piuttosto che su un altro. Con alcuni brani in DSD 5.6
MHz (che purtroppo costringono ad attivare il video
per poter effettuare la selezione dei brani archiviati
su hard disk), la presenza dei cantanti è palpabile in
primo piano. Se per forza dobbiamo trovare un di-
fetto, andrà valutato l’abbinamento a diffusori molto
brillanti, che potrebbero esaltare troppo il dettaglio,
senza mai comunque cadere nello stridente.
TEST
Panasonic DP-UB9000segue Da pagina 31
torna al sommario 33
MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018
di Roberto PEZZALI
Abbiamo tra per mani il nuovo Osmo Pocket di DJI,
e abbiamo speso 24 ore per mettere alla prova il
piccolissimo gimbal di casa DJI sulle strade di New
York, posto scelto dall’azienda cinese per il lancio. È diffi-
cile inquadrare Osmo Pocket in una categoria specifica:
tecnicamente sarebbe l’erede minuscolo di DJI Osmo, la
proprio la sua portabilità e le sue dimensioni permettono
di usare la nuova versione per molte più cose, ad esem-
pio come action cam o come videocamera subacquea
usando l’apposita custodia. DJI ha realizzato un prodotto
unico nel suo genere e lo ha racchiuso in 116 grammi di
peso e in una scocca in robusto alluminio che permette
di tenere il gimbal in tasca senza rovinare i giunti. Nel-
la confezione, oltre a Osmo Pocket, è stata inserita una
piccola custodia molto rigida da usare quando si ripone
la videocamera nello zaino o la si tiene nella tasca poste-
riore dei jeans. Cosa ci è piaciuto di Osmo Pocket? Sicu-
ramente la sua versatilità: per un travel blogger, per chi
ama fare video particolari, per chi vuole una action cam
che sia più “videocamera” e per chi adora i video un pro-
dotto simile è un game changer. Rispetto ad una action
camera infatti ha un ottica leggermente più chiusa come
campo di visione, 80°, e questo permette di avere una
in quadratura meno distorta e più piacevole. Il livello di
stabilizzazione è qualcosa di inavvicinabile per qualsiasi
prodotto privo di un meccanismo simile: né il più evoluto
degli smartphone e neppure la GoPro 7 ci si avvicinano.
Quest’ultima forse può rivaleggiare quando c’è luce, ma
in condizioni di scarsa luminosità la stabilizzazione della
GoPro entra leggermente in crisi mentre per l’Osmo il
problema non si pone, lo vedrete nel video sotto dove ci
sono scene girate in ogni condizione.
TEST Foto, video, timelapse e slow-motion: abbiamo fatto di tutto con la nuova Osmo Pocket DJI nella nostra prova su strada
Osmo Pocket, la cam dai tanti pregi e piccoli difettiIn giro per New York, abbiamo voluto vedere quali sono le potenzialità e quali i limiti del più piccolo gimbal video al mondo
Giusta la scelta del sensore, ma con poca luce soffre un po’La scelta di utilizzare un sensore da 12 megapixel e
1/2.3” è sensata, e ci è parso un giusto bilanciamento:
non è il sensore da 1” del Mavic Pro 2, ma è comunque
un CMOS che offre un’ottimo livello di dettaglio in con-
dizioni luminosità accettabili e non perde tantissimo al
calar della notte. Al buio, come per ogni sensore di pic-
cole dimensioni, si devono accettare dei compromessi,
anche perché la lente non è delle più luminose, f/2. DJI
ha fatto un eccellente lavoro sull’ergonomia: due tasti e
un piccolo schermo da 1” permettono di fare quasi tutto.
Lo schermo touch consente di scegliere la modalità di
scatto, configurare qualche funzione di base e anche ge-
stire, con un piccolissimo cursore, la posizione del gim-
bal ma solo sull’asse verticale. L’unica critica che si può
muovere è alla forma dello schermo, quasi quadrata: il
video ripreso effettivamente non è quello visualizzato, lo
schermo mostra una porzione più ampia.
Il cursore è piccolissimo, e forse un po’ scomodo: 1” di
touch screen non sono facili da gestire per chi ha le dita
piccole, e si sente la mancanza di un piccolo joystick fi-
sico da utilizzare per posizionare il gimbal dove meglio
si vuole. Il joystick con controllo dei due assi è presente
solo se agganciamo Osmo Pocket ad uno smartphone
e utilizziamo l’applicazione DJI Mimo. Due le velocità di
movimento del gimbal, a scelta tra lenta e veloce, e tre le
modalità di gestione: Tilt Locked, FPV e Follow, e usiamo
i nomi in inglese perché al momento non c’è la lingua
italiana tra quelle selezionabili. Tilt Locked è la modalità
adatta se si sta riprendendo un soggetto, perché blocca
l’inquadratura nello stesso punto: non importa come si
muove il gimbal, la camera inquadrerà sempre lo stesso
elemento mantenendo gli assi bloccati. FPV è la modali-
tà più creativa, e segue esattamente quello che fa il pol-
so: possiamo variare l’angolo di ripresa su ogni asse e il
gimbal compenserà il movimento stabilizzandolo. Infine
Follow, che permette di muovere il gimbal liberamente
ma tiene fissato l’asse orizzontale per evitare riprese
storte. Ci sarebbe una quarta modalità, l’Active Track: si
può scegliere un soggetto e il gimbal cercherà di mante-
nerlo agganciato, nei limiti del possibile. Lo abbiamo pro-
vato infatti sulla pista di pattinaggio di New York, e con
più persone che si sovrappongono non sempre l’Active
Track è risultato infallibile. Il gimbal si può usare anche in
verticale e sottosopra, basta girarlo di 90° o 180°.
In ripresa arriva fino a 40K e 60 fpsOperativamente le possibilità di ripresa previste nel
caso in cui usiamo il prodotto stand alone, quindi non
agganciato allo smartphone, sono lo scatto singolo,
per il quale possiamo scegliere il formato (4:3, 3:2 e
16:9) e un timer per lo scatto, il video, con scelta tra
Full HD e 4K a 30 fps o 60 fps, lo slow motion, 1080p
4x fisso (200 fps), il time lapse, il motion time lapse e la
foto panoramica. Il motion Time Lapse è un particola-
rissimo tipo di time lapse dove, oltre a scattare una foto
ogni tot secondi per realizzare un video accelerato, si
può anche dire al gimbal di muoversi tra un punto A
e un punto B. Intelligente il modo in cui DJI ha gesti-
segue a pagina 34
Sopra, Panorama, 3x3. Sotto, Panorama 180°. Clicca sulle immagini per l’ngrandimento.
torna al sommario 34
MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018
TEST
Osmo Pocket DJIsegue Da pagina 33
to la cosa: basta spostare fisicamente con le mani la
fotocamera e dare un tap sullo schermo per fissare il
punto di partenza e quello di destinazione. Per lo scat-
to panoramico sono presenti il 180° (4128 × 992 pixel di
risoluzione) e una modalità 3x3 che realizza una foto
da 2415 × 1713, unendo tra loro più scatti. Queste risolu-
zioni sono quelle delle immagini “unite” dal software in
dotazione, ma le foto originali sono memorizzate sulla
cartella e si possono unire usando altre app, come ad
esempio Photomerge, creando immagini ben più gran-
di. Non escludiamo che possa arrivare in futuro anche
una modalità 360° vera: all’interno degli asset dell’app
infatti sono presenti icone per funzioni come questa,
non ancora attive però.
140 minuti di autonomia: 2 ore si fanno senza problemiDJI dichiara 140 minuti di utilizzo, e effettivamente due
ore si fanno senza alcun problema. Veloce la ricarica:
anche se sul sito si parla di 73 minuti di charging time
in realtà con un caricatore del MacBook abbiamo rica-
ricato interamente il gimbal in poco meno di 55 minuti.
Si può usare anche un powerbank. Durante l’utilizzo
stand alone i file vengono salvati su una piccola card
di memoria microSD da inserire sul fianco, mentre se
si collega allo smartphone si può usare anche sen-
za card, le foto e i video finiscono direttamente nella
memoria del dispositivo. Manca, nella parte bassa,
l’aggancio per un treppiedi: esiste come accesso-
rio esterno, ma in ogni caso il fondo piatto permette
di appoggiarlo dove si vuole. Con un elastico si può
poi agganciare ad un bastone, ci abbiamo provato, e
fissarlo ad altri elementi trovando soluzioni di fortuna
non è affatto difficile, basta lasciare la libertà al sistema
di stabilizzazione che, se bloccato, si surriscalda e si
disattiva automaticamente.
Crescono le possibilità nel caso in cui si decisa di col-
legarlo ad uno smartphone iOS e o Android: all’interno
della confezione c’è un piccolo connettore multipolare
che permette di agganciarlo direttamente al telefono, e
se quest’ultimo è leggero la presa è talmente salda che
si può reggere il tutto anche con una mano.
DJI ha confezionato un’applicazione dedicata a Osmo
Pocket che integra un social network, un editor video
e ovviamente la parte di gestione dell’Osmo. Collegan-
do il gimbal allo smartphone aumentano le possibilità
creative e di ripresa, oltre ad avere il vantaggio di uno
schermo decisamente più grande del piccolo LCD da
1” inserito sul manico.
Oltre ad esserci il joystick per controllare il movimento
si attivano infatti tutta una serie di modalità di scatto e
ripresa “Pro” che ampliano il numero di valori controlla-
bili. Per la foto arrivano lo scatto in RAW, il bilanciamen-
to del bianco, la possibilità di variare tutti i parametri
manuali come esposizione e tempo di posa, per il vi-
deo più modalità di ripresa incluso un super fine a 100
Mbps disponibile però con il 1080p e con il 4K ma a fra-
me rate ridotto. Purtroppo queste modalità ci sono solo
ed esclusivamente se si usa uno smartphone: sgan-
ciando il gimbal resta impostata l’ultima modalità “pro”
solo fino a quando non si cambia alcun parametro, poi
si perde e si torna alle modalità del gimbal. Un peccato,
bastava aggiungere un paio di banchi “utente” con una
serie di modalità pre-impostate di scatto o ripresa.
Usando lo smartphone, ad esempio, è possibile scat-
tare con un tempo di posa di 3 secondi di notte a
mano libera lasciando che sia il gimbal a stabilizzare
lo scatto come un vero treppiedi. Ci abbiamo prova-
to e questo è il risultato, 1 secondo quasi di posa: si-
curamente migliorabile. Tra le altre possibilità offerte
dall’app per smartphone, al momento solo da quella
per iOS, ci sono le “Story”, piccole clip che vengono
create automaticamente dall’app partendo da quattro
spezzoni ripresi con una modalità particolare dove la
“testa” del gimbal si muove secondo una serie di pa-
rametri. L’idea è buona, ma DJI “appiccica” alla fine di
queste Story il suo logo e diventano praticamente pub-
blicità: difficile che una persona scelga di condividerle
così, molto meglio ricorrere all’editor. Una nota sulla
gestione del sensore: in modalità foto viene sfruttato
il sensore pieno, in modalità video viene usata quasi
tutta la larghezza, il 98% circa, sia in Full HD che in 4K.
In modalità slow motion viene usata però solo la parte
centrale del sensore, e questo porta ad un crop pari al
2% circa. Tra i due limiti più grandi che abbiamo riscon-
trato attualmente nell’utilizzo dell’applicazione ci sono
l’impossibilità di gestire i video in verticale: si possono
registrare, ma vengono poi memorizzati come se fos-
sero un video in 16:9 storto, e questo impedisce l’uso
con Instagram e con altri social che vogliono un video in
questo formato. Non c’è poi la possibilità di fare dirette,
né su YouTube né su altri social: si può solo condividere
un video già registrato in precedenza, e questo per molti
è un limite. Durante l’uso pratico abbiamo sentito anche
la mancanza dello scatto HDR, e anche lo scatto nottur-
no non è che sia poi così sfruttabile senza usare un filtro
ND: le scie di luce si apprezzano con una posa di 5 o 6
secondi e senza un filtro, anche in manuale, il risultato
è sovraesposto. Se il prezzo di 359 euro è buono per
quello che offre, è anche vero che questo prezzo non
include nessun accessorio e almeno un paio potevano
essere inseriti: il cavetto USB Type C - jack per collega-
re il microfono, l’aggancio per il treppiedi e quello per i
supporti action cam sono accessori utili e sicuramente
non costosi che potevano far parte del bundle iniziale.
E, nonostante il pacchetto di accessori extra sia ricco, ci
sono filtri ND, custodia subacque, selfie stick e controllo
tramite bluetooth e wi-fi manca anche un adattatore per
l’uscita video diretta, che a qualcuno poteva far comodo.
La Osmo Pocket è un nuovo tipo di videocamera, ed è
anche la prima del suo genere. È un piccolo gioiellino
che necessita ancora di qualche ritocco soprattutto sotto
il punto di vista del software e corredo. La qualità è quel-
la che ci si attende da un sensore di questo tipo, anche
se in ambito fotografico è molto meglio uno smartphone
top di gamma, soprattutto i modelli più recenti. Sui video,
invece, il piccolo Osmo Pocket offre una combinazione
tra qualità e possibilità di ripresa imbattibile.
DJI Osmo Pocket I nostri video, dal 4K al Time Lapse
lab
video
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MAGAZINEn.22 / 183 DICEMBRE 2018
di Massimiliano ZOCCHI
N ellla serata italiana, Audi ha pre-
sentato ufficialmente la e-tron GT,
terza vettura completamente elet-
trica che andrà ad unirsi alla gamma en-
tro il 2020. Per la presentazione la casa
tedesca ha scelto nientemeno che Robert
Downey Jr, l’Iron Man dei film Marvel, che
è solito guidare proprio una e-tron.
La vettura non era del tutto una sorpresa,
complici le molte foto circolate nella ver-
sione ricoperta da camouflage, anche se
la mancanza di colori psichedelici rende
molto più evidenti i dettagli del design
definitivo. Si tratta in definitiva di una
berlina sportiva, che aggredisce senza
mezzi termini il settore delle auto di lus-
so, posizionandosi insieme a Tesla Model
S o alla futura Porsche Taycan.
E proprio con la Taycan ha molto in co-
mune, avendo una piattaforma condivisa
oltre alla tecnologia di ricarica. E-tron GT
avrà infatti lo stesso circuito di ricarica
studiato da Porsche per sfruttare cor-
renti a 800 Volt, arrivando quindi a po-
tenze elevate e di conseguenza tempi
di ricarica ridotti al minimo (qui un primo assaggio in una colonnina italiana). I
dati comunicati dalla casa sono anco-
ra parziali e non definitivi, trattandosi in
AUTO ELETTRICA Audi ha tolto il velo a e-tron GT, che dovrebbe arrivare entro il 2020
Audi stupisce con e-tron GT: ricarica super fast, anche wireless, e un design da urloE-tron GT avrà lo stesso circuito di ricarica studiato da Porsche per sfruttare correnti a 800 Volt
realtà di un concept, anche se come già
visto con il modello SUV, le cose non do-
vrebbero cambiare molto da qui al mo-
dello di produzione. L’autonomia per ora
è data per 400 km circa, grazie ad una
batteria da “più di 90 kWh”, il che ha la-
sciato intendere che potrebbe essere da
95 kWh, o anche di più se nel frattempo
dovessero arrivare sul mercato celle al
litio con densità energetica maggiore. La
ricarica sarà velocissima, con colonnine
adeguate, fino ad arrivare a soli 20 mi-
nuti per raggiungere l’80% di autonomia,
molto probabilmente sfruttando lo stesso
network Porsche. Anche da colonnine
normali le prestazioni saranno comun-
que di ottimo livello, sfruttando la presa
CCS Combo fino a 150 kW, potenza che
resterebbe lineare fino al 70%. Come op-
tional si potrà richiedere lo sportellino di
ricarica da entrambi i lati della vettura, e
dalle prime informazioni circolate sembra
potrà esserci anche la ricarica wireless a
richiesta. L’auto misura 4.96 metri di lun-
ghezza per 1.96 di larghezza, gommata
con peneumatici da 22”, 285/30. I moto-
ri elettrici sono 2, sui due assi, per una
potenza totale di 434 kW. Si tratta quindi
di una vettura AWD, con accelerazione
da 0 a 100 in circa 3.5 secondi e velo-
cità massima autolimitata di 240 Km/h.
Infine la capacità di carico, con 450 litri
nel bagagliaio, e grazie alla piattaforma
dedicata all’elettrico, 100 litri anche nel
cofano anteriore. L’appuntamento ora è
per i saloni europei.
Le auto Tesla superano il miliardo e mezzo di km in Autopilot. La guida autonoma è vicinaGrazie ai dati raccolti per le strade del mondo il sistema potrebbe diventare totalmente autonomo entro la fine del 2019 di M. ZOCCHI
Oltre 1 miliardo e 600 milioni di chilometri sono quelli percorsi, dal 2015 a oggi, dalle auto elettriche Tesla nel mondo con l’Autopilot at-tivato, come ha reso noto la casa di Fremont. Le auto Tesla attual-mente in circolazione nel mondo sono circa 500.000, e hanno sulle ruote oltre 16 miliardi di chilometri percorsi; di questi, circa un deci-mo sono appunto quelli percorsi con il sistema Autopilot attivato. Grazie all’interconnessione in tempo reale con la casa madre di tutte le auto circolanti, Tesla ha potuto così raccogliere (in forma anonima) una enorme quantità di dati da tutti i sensori e telecamere installate su Model S, Model X e anche Model 3. Tutti questi dati vengono utilizzati per migliorare sempre più il sistema Autopilot che attualmente è molto vicino alla guida autonoma di livello 3. Questo traguardo, per gli USA del “miliardo di miglia percorse”, era stato a suo tempo dichiarato dallo stesso Elon Musk come il target da raggiungere per far passare l’Autopilot da versione Beta al rilascio ufficiale. Grazie al miglio-ramento continuo, Tesla prevede di portare il suo sistema al livello di guida totalmente autonoma entro la fine del 2019. L’enorme database di immagini e telemetrie poi vengono elaborate per istruire l’intelligenza artificiale della rete neurale di quello che è oggi, sen-za ombra di dubbio, il sistema di guida autonoma più popolare e utilizzato al mondo.
di Massimiliano ZOCCHI
I l web si sa, è pieno di sorprese, come il
progetto della esuberante fat bike che
abbiamo scovato. Si chiama Zebra, o
meglio Zebra FFB, dove l’acronimo sta
per Freaky Fat Bike, perché il suo stesso
creatore ammette che è in qualche modo
“mostruosa”, ma con l’accezione positiva
del termine. Zebra è opera di Guillaume Bout, un designer francese che ama ci-
mentarsi con le bici strane o sportive.
Lo stesso artista è tra l’altro onesto, am-
mettendo in più occasioni di aver preso
delle scelte basandosi esclusivamente
sulla linea, e non su studi sulla struttura, la
resistenza dei materiali o l’eventuale resa
BICI ELETTRICA Per ora esiste solo nei rendering di Guillaume Bout. E se qualcuno la producesse?
Zebra, la Fat Bike dallo stile incredibile, ma è un rendering“Ideata” nel 2016, Zebra ha diversi tratti che potrebbero essere utilizzati anche per una eBike
in utilizzo reale. Già perché
Zebra, in realtà, non esiste
(almeno non esiste ancora)
ma è solo un progetto sulla
carta, o meglio su display.
La realizzazione iniziale in-
oltre risale al 2016, rispolv-
erata dato il grande suc-
cesso delle MTB e eMTB
attuale. Zebra infatti ha
diversi tratti che potrebbero
benissimo essere utilizzati anche per una
eBike, soprattutto nel blocco del movi-
mento centrale, che già in questo design
di partenza sembra alloggiare un motore
elettrico compatto. Le geometrie sareb-
bero sicuramente da rivedere, così come
la meccanica dell’ammortizzatore posteri-
ore (anche se Bout dice che è di ispirazi-
one Nicolai), ma in generale l’insieme
funziona. E se qualcuno decidesse di
metterla davvero in produzione?
SHHH. È ARRIVATALA PRIMA JAGUARCOMPLETAMENTEELETTRICA.
JAGUAR I-PACE 100% ELETTRICA
Autonomia di 470 km*. Ricarica fino all’80% in 40 minuti**. Design rivoluzionario e aerodinamico. Trazione integrale AWD.
400 CV per raggiungere i 100 km/h in 4,8 secondi. Zero emissioni. Elettrica, ma Jaguar al 100%.
jaguar.it
WLTP Consumi fino a 21,2 kWh/100km. WLTP Autonomia fino a 470 km. *I dati relativi all’autonomia sono calcolati su modelli di serie su un percorso standardizzato. L’autonomia massima può variare a seconda delle condizioni del veicolo, della batteria e della strada, e può essere influenzata dalle variabili ambientali e dallo stile di guida. **Usando colonnine di ricarica rapida da 100kW. I tempi di carica effettivi possono variare a seconda delle condizioni ambientali e delle caratteristiche dell’infrastruttura di carica.
SHHH. È ARRIVATALA PRIMA JAGUARCOMPLETAMENTEELETTRICA.
JAGUAR I-PACE 100% ELETTRICA
Autonomia di 470 km*. Ricarica fino all’80% in 40 minuti**. Design rivoluzionario e aerodinamico. Trazione integrale AWD.
400 CV per raggiungere i 100 km/h in 4,8 secondi. Zero emissioni. Elettrica, ma Jaguar al 100%.
jaguar.it
WLTP Consumi fino a 21,2 kWh/100km. WLTP Autonomia fino a 470 km. *I dati relativi all’autonomia sono calcolati su modelli di serie su un percorso standardizzato. L’autonomia massima può variare a seconda delle condizioni del veicolo, della batteria e della strada, e può essere influenzata dalle variabili ambientali e dallo stile di guida. **Usando colonnine di ricarica rapida da 100kW. I tempi di carica effettivi possono variare a seconda delle condizioni ambientali e delle caratteristiche dell’infrastruttura di carica.
torna al sommario 37
MAGAZINEn.22 / 183 DICEMBRE 2018
di Massimiliano ZOCCHI
N on è più una novità che le piatta-
forme di crowdfunding siano terre-
no fertile per progetti di successo,
ma a volte ce ne sono alcuni che vanno
oltre questa definizione. È il caso di Car-
bo, quella che i suoi creatori canadesi
definiscono come la eBike pieghevole
più leggera al mondo. Chi l’ha provata
conferma in pieno le sensazioni positi-
ve e la qualità costruttiva del prodotto,
tanto che dopo che la voce si è sparsa,
la campagna su Indiegogo ha iniziato a
macinare numeri notevoli, arrivando ad
ottenere 694.340 dollari di fondi, equiva-
lenti al 1388% della goal line inizialmen-
te prefissata. Se state valutando di farci
un pensierino, alla fine della campagna
Carbo salirà di prezzo e l’attesa sarà più
lunga, dato che i backers avranno diritto
di precedenza, con consegne previste
per aprile 2019. Carbo è la tipica mini
BICI ELETTRICA Carbo è una eBike pieghevole e leggerissima che sta spopolando su Indiegogo
Carbo, la eBike pieghevole, è un successoIl suo punto forte è l’estrema leggerezza, grazie al telaio in fibra di carbonio: peso totale 12.9 Kg
bici da città, che si ripiega con meccani-
smi del tutto simile ad altri prodotti della
stessa categoria. Il suo punto forte però
è l’estrema leggerezza, grazie al telaio
in fibra di carbonio, con peso totale di
12.9 Kg. Carbo è anche progettata con
cura, con tutti i componenti facili da
smontare per essere riparati o sostituiti.
Inoltre è possibile
scegliere tra di-
versi modelli in
base alle proprie
esigenze. Si par-
te dal modello
base definito Mo-
del C, che preve-
de un rapporto
fisso a catena,
dal costo di 1.049
euro. Si passa poi alla versione mul-
ti-speed, chiamata appunto Model S,
che per 1.136 euro aggiunge il cambio
a 7 velocità con componenti Shimano.
Infine, per una manutenzione ridotta al
minimo, è possibile acquistare Model X,
con trasmissione a cinghia. Costo 1.486
euro. Completano la dotazione, freni a
disco, display smart con connettività
Bluetooth, sella con luce posteriore, e
la batteria a scomparsa integrata nel
tubo sella. Le opzioni possibile poi sono
molte, da una seconda batteria, a quella
ridotta trasportabile anche in aereo, fino
all’integrazione nel tubo principale del
telaio, oltre ad una borsa da trasporto
apposita. Per chi fosse interessato è
possibile visionare il tutto sulla pagina dedicata.
di Massimiliano ZOCCHI
I n alcuni Stati Europei il bollo auto viene
calcolato diversamente dal meccani-
smo utilizzato in Italia. Anziché sulla
potenza del veicolo, si basa sulle emis-
sioni e i consumi di una vettura, dichia-
rati in fase di omologazione. Il Ministro
dell’Ambiente Sergio Costa sembra si
sia lasciato sfuggire che la sua idea per
il futuro sia proprio questa. Chi inquina di
più pagherebbe di più quindi, anche se
per ora nulla di ufficiale. Le indiscrezioni
sono partite in occasione dell’incontro
per il piano di miglioramento dell’aria nel-
la nostra Capitale. A gennaio 2019 partirà
TRASPORTI L’effetto sulle tariffe sarebbe una sorta di bonus-malus come per le assicurazioni
Ministro Costa: bollo auto, più inquini più paghiSpunta l’ipotesi alternativa di tassare i carburanti, anche se per ora nulla di ufficiale
il blocco dei diesel Euro 3
a Roma, proprio come già
avvenuto in altre località
del nord. Il nuovo bollo po-
trebbe vedere la luce già
nel 2019, ed essere appun-
to basato sulle emissioni di
CO2 delle varie motorizza-
zioni. In questo modo però
si penalizzerebbe chi usa
poco l’auto, e non è detto
che quindi possa inquinare di più rispetto
a chi ha un mezzo più nuovo ma molto
più utilizzato. Spunta quindi nuovamente
l’ipotesi di trasferire la tassa sulle accise
dei carburanti. In questo modo ogni auto-
mobilista non dovrebbe più pagare una
tassa annuale, ma pagherebbe semplice-
mente in base all’utilizzo, in una propor-
zione perfetta tra inquinamento prodotto
e accisa al rifornimento.
Volkswagen ha registrato le sigle da I.D.1 a I.D.9: via i nomi dei prototipi, 4 modelli ancora segretiVolkswagen ha registrato in Europa i nomi I.D. con numerazioni da 1 a 9. Saranno forse questi le sigle per la produzione di serie. C’è spazio per modelli non ancora presentati di M. ZOCCHIDopo le recenti dichiarazioni del CEO Herbert Diess sulla capacità produttiva del gruppo Volkswagen, arriva un’altra notizia originaria-mente lanciata dal sito VW Vortex. Sembra che Volkswagen abbia registrato in tutta Europa i marchi per le sue auto elettriche, da I.D.1 fino a I.D.9. Questo ovviamente suggerisce che una volta entrati in fase di produzione, i prototipi visti finora potrebbero perdere i loro caratteristici nomi in favore di una nomenclatura più semplice. Addio quindi a CROZZ, BUZZ e VIZZION. L’unica vettura che manterrebbe il nome è la compatta simile alla Golf, da sempre conosciuta sem-plicemente come I.D. La quantità di nomi registrati suggerisce anche che potrebbe esserci spazio per altri veicoli non ancora presentati e forse già pronti in qualche cassetto nella sede Volkswagen. Le vetture infatti finora sono quattro, con la riedizione dell’iconico pulmino de-clinata in due configurazioni.Al momento non ci sono notizie su una eventuale registrazione dei marchi anche negli Stati Uniti, la-sciando aperta la strada a possibili diversificazioni.
SHHH. È ARRIVATALA PRIMA JAGUARCOMPLETAMENTEELETTRICA.
JAGUAR I-PACE 100% ELETTRICA
Autonomia di 470 km*. Ricarica fino all’80% in 40 minuti**. Design rivoluzionario e aerodinamico. Trazione integrale AWD.
400 CV per raggiungere i 100 km/h in 4,8 secondi. Zero emissioni. Elettrica, ma Jaguar al 100%.
jaguar.it
WLTP Consumi fino a 21,2 kWh/100km. WLTP Autonomia fino a 470 km. *I dati relativi all’autonomia sono calcolati su modelli di serie su un percorso standardizzato. L’autonomia massima può variare a seconda delle condizioni del veicolo, della batteria e della strada, e può essere influenzata dalle variabili ambientali e dallo stile di guida. **Usando colonnine di ricarica rapida da 100kW. I tempi di carica effettivi possono variare a seconda delle condizioni ambientali e delle caratteristiche dell’infrastruttura di carica.
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MAGAZINEn.22 / 183 DICEMBRE 2018
di Massimiliano ZOCCHI
D opo diversi anni sul mercato, la
Renault Zoe continua ad essere
una delle auto elettriche di mag-
gior successo. Ottimi risultati cavalcati
dalla casa francese il più possibile, dap-
prima con la nuova batteria con autono-
mia raddoppiata (qui la nostra prova), e poi con una manciata di versioni spe-
ciali, edizioni limitate o più equipaggia-
te, senza andare in realtà a modificare
molto. Squadra che vince non si cambia,
si dice. Avremo la possibilità di guidare
e testare a dovere l’ultima versione del-
la compatta elettrica, denominata Zoe
R110. Dopo i primi chilometri percorsi
possiamo fare una prima valutazione.
La nuova sigla non indica solo nuovi
AUTO ELETTRICA Prima valutazione dell’ultima versione della compatta elettrica Zoe R110
Renault Zoe R110: con un nuovo motore e un nuovo colore sembra un’altra autoOltre a un nuovo colore, porta in dote un motore più brillante, con potenza che sale a 80 kW
colori e finiture,
ma soprattutto un
nuovo motore, con
potenza che sale
a 80 kW, 12 in più
del precedente.
E ovviamente si
sentono, soprat-
tutto nello spunto
iniziale dove la
già scattante Zoe
sembra ancora più rapida e leggera.
Nessuna sorpresa per l’autonomia,
sempre attestata a 400 km massimo,
ma più realisticamente circa 300. Ap-
pena iniziata la nostra prova, al 100% di
carica il cruscotto indicava 375 km, che
come sempre a seconda della velocità
e delle accelerazioni calano più o meno
velocemente. In ogni caso il nuovo mo-
tore nonostante la potenza maggiore
non sembra avere consumi più alti.
La nuova Zoe si distingue soprattutto
per il colore appena introdotto, un viola
mirtillo che la caratterizza molto ma che
non appare esagerato. Sfumature viola
riprese anche nei dettagli degli interni,
rigorosamente scuri e all’apparenza più
eleganti nelle finiture, grazie anche ad
accorgimenti come il tessuto su parte
delle portiere. Comoda l’aggiunta per
gli occupanti dei sedili posteriori del
poggiatesta centrale. Resta invece
optional il bracciolo portaoggetti tra i
sedili anteriori. Infine un dettaglio sul
nuovo R-Link, ora compatibile anche
con Android Auto, ma purtroppo non
con Apple CarPlay. Non appena avre-
mo sviscerato tutti i particolari e l’avre-
mo messa alla frusta vi proporremo la
nostra prova completa.
500 elettrica, pronta la versione Barchetta, modificata e migliorataGianfranco Pizzuto, noto imprenditore del mondo delle auto elettriche, è pronto a lanciare un altro progetto della sua Scuderia-E: la versione Barchetta della Fiat 500 elettrica
di M. Z.
Avevamo già parlato di Gianfran-co Pizzuto e della sua nuova av-ventura, Scuderia-E. Pizzuto è un imprenditore di lungo corso nel mondo dell’automotive, in parti-colare per quanto riguarda le auto elettriche. Dopo la bella ma sfortu-nata parentesi con Fisker Karma, ha deciso di fare ciò che mamma Fiat non voleva fare: importare le 500e americane, modificarle, mi-gliorarle, e rivenderle ai clienti ita-liani e europei. Ora questo proget-to sta per arricchirsi di un nuovo tassello, misto tra storia, design, e un pizzico di follia. Scuderia-E vuo-le presentare a un evento a Mon-tecarlo la versione Barchetta della 500 elettrica. L’immagine per ora è solo un rendering, ma il risultato fi-nale non dovrebbe differire molto. Sulla Barchetta verrà fatto lo stes-so tipo di lavoro che Scuderia-E già ha fatto sulle versioni standard. La batteria verrà modificata per portarla a standard odierni, con 44 kWh di capacità per circa 300 km di autonomia reali, e la ricarica dal misero 6 kW in sola AC verrà potenziata con connettore CCS Combo fino a 100 kW in DC. La 500e Barchetta non sarà un’auto per tutti, ma nemmeno un sogno impossibile. Ne verranno prodotti 99 esemplari, con hard top in fibra di carbonio come optional, al prez-zo di 49.000 euro.
di M. Z.
C ’è una motorizzazione che si sta
facendo largo ancor più dell’elettri-
co puro, grazie alla sua versatilità:
l’ibrido plug-in. Le auto ibride ricaricabili
offrono i vantaggi dell’elettrico sulle trat-
te brevi, e l’autonomia del motore endo-
termico quando necessario. Per le auto
sportive invece il sistema plug-in può
essere sfruttato per aumentare le presta-
zioni, mantenendo un livello di emissioni
inquinanti più basso. il CEO di Lamborghi-
ni, Stefano Domenicali, durante un’intervi-
sta con Automotive News, ha confermato
che questo è proprio quello a cui sta pen-
sando la casa italiana.
Quindi non mere speculazioni, ma una
conferma ufficiale direttamente dal ma-
nagement che il futuro di Lamborghini è
con l’ibrido plug-in, in un primo momento
AUTO IBRIDA La prima ibrida, Aventador, in arrivo nel 2021, sarà seguita dalla Huracan
Lamborghini, in arrivo una Aventador ibrida plug-inLa conferma arriva dal CEO: le ibride ricaricabili sono il prossimo futuro di Lamborghini
con la nuova Aventador,
in arrivo nel 2021, segui-
ta poi dalla Huracan.
“Probabilmente ini-zieremo nel 2021, con la nuova Aventa-dor che aggiungerà un motore elettrico al V-12. La stessa cosa accadrà alla famiglia dei V-10, dalla Huracan in poi. Un modello plug-in è l’unico modo per mantenere le performance e il suono del motore Lamborghini ed anche abbassare le emissioni” Stefano Domenicali, CEONon si tratta della prima occasione in cui
si parla dei motori PHEV in casa Lambor-
ghini. Anche con la Urus, il primo SUV
della casa, è stato chiaro fin da subito
che i piani per una versione plug-in erano
già stabiliti.” Significa quindi che tutte le
vetture Lamborghini diventeranno ibride?
Difficile dirlo al momento, ma con i limiti di
emissioni che diventano ogni anno sem-
pre più restrittivi, la probabilità è effetti-
vamente alta, pena il rischio di non poter
omologare le vetture in alcuni Paesi.
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MAGAZINEn.22 / 183 DICEMBRE 2018
di M. ZOCCHI
N egli ultimi anni qualcuno era arri-
vato a definirlo il re dell’automo-
tive moderno, grazie ai grandi
risultati ottenuti, che hanno portato
l’alleanza Renault-Nissan ad essere il
primo gruppo al mondo, e al colpaccio
dell’acquisizione di Mitsubishi Motors.
Ora però il successo di Carlos Ghosn
sembra destinato a precipitare a causa
di gravi accuse da parte delle autorità
giapponesi.
Sembra che il manager di origini brasi-
liane, presidente dell’alleanza e anche
amministratore delegato, sia sotto ar-
resto dopo una indagine alla quale la
stessa Nissan sta collaborando. A Gho-
sn vengono imputate false dichiarazio-
ni circa i suoi compensi, oltre a una non
meglio precisata “cattiva condotta”, di
cui lo accusa Nissan stessa. Nei guai
AUTO ELETTRICA Le autorità nipponiche gli contestano false dichiarazioni sui suoi compensi
Colpo di scena in Giappone: arrestato Ghosn, Presidente di Renault-NissanNissan lo accusa di aver utilizzato risorse aziendali per scopi personali e di “cattiva condotta”
è finito anche Greg
Kelly, un altro mana-
ger del gruppo.
Secondo le prime
notizie circolate dal-
le agenzie di stampa
giapponesi, Ghosn
avrebbe “segnalato
gli importi del com-
penso sui titoli azio-
nari alla Borsa di To-
kyo in una quantità inferiore all’importo
effettivo, al fine di ridurre l’ammontare
totale divulgato sulla remunerazione”.
Fatti quindi che non coinvolgono le
case costruttrici di cui è al comando,
se non che, da un’indagine interna di
Nissan, è emerso anche che il mana-
ger avrebbe utilizzato risorse aziendali
per scopi personali, oltre a cattiva con-
dotta in diverse circostanze. Il gruppo,
che lo scorso anno aveva superato
Volkswagen per volume d’affari, ora
piomba in una improvvisa crisi, tanto
che in borsa è subito calato di diversi
punti, oltre il 12%. Carlos Ghosn, come
prevedibile, rischia anche il posto:
avrebbe lasciato la guida nel 2022, ma
pare che dal Giappone sia già arrivata
una richiesta ufficiale per il suo licen-
ziamento in tronco.
di M. ZOCCHI
Sono tante le aziende che stanno
sviluppando tecnologie per realiz-
zare batterie allo stato solido. Ci
sono esperti del settore come LG Chem,
outsider come Dyson (che le vuole usare
sia per aspirapolveri sia per automobili),
ma ancora nessuno ha annunciato di es-
sere pronto alla produzione di massa.
Una startup cinese ha rotto gli indugi,
dichiarando di aver aperto la prima
linea di produzione, che porterà ad una
produzione su larga scala. Si tratta di
Qing Tao Energy Development Co, una
BATTERIE La rivoluzione delle batterie allo stato solido non sembra essere più così lontana
Batterie allo stato solido, in Cina una start-up è già pronta alla produzione su larga scalaUna startup cinese avrebbe aperto la prima linea di produzione investendo 144 milioni di dollari
spinn off dell’Università
di Tsinghua, forse la
migliore nel panorama
tecnologico cinese. La
linea di produzione si
troverebbe nella città di
Kunshan, nell’est della
Cina ed è stata realizzata
con un investimento pari
a 144 milioni di dollari.
Nell’esempio qui sotto
riportato (non si tratta di una batteria per
il settore automotive) si comprende per-
ché le batterie allo stato solido siano così
importanti. La sostituzione degli elettroli-
ti liquidi con quelli solidi porta
con sé due vantaggi fonda-
mentali. Il primo è la riduzione
della pericolosità e il secondo
è la riduzione dello spazio
necessario, aumentando
quindi la densità energetica.
Nan Cewen, a capo di Qing
Tao, ha affermato che la loro batteria
raggiunge una densità energetica di 400
Wh/kg, un ottimo valore rispetto ai 250
Wh/kg delle celle al litio più moderne.
Il problema da superare resta ancora la
produzione di massa, dato che la linea
inaugurata è in grado di fornire circa 100
MWh all’anno, che corrisponderebbe a
sole 2.000 automobili elettriche ad am-
pia autonomia. Senza economie di scala
inoltre il prezzo potrebbe restare a lungo
poco competitivo.
Nissan annulla il lancio di Leaf e-Plus: i problemi di Carlos Ghosn mettono in crisi il progettoA soli due giorni dagli eventi di lancio programmati, Nissan ha annullato la presentazione della Leaf ad alte prestazioni. Prima bisogna risolvere i guai interni di M. Zocchi
Dopo il lancio, circa un anno fa, della nuova Leaf con design rinno-vato e batteria da 40 kWh, era atte-sa la presentazione del modello ad alte prestazioni Leaf e-Plus, la cui principale caratteristica sarebbe la batteria da 60 kWh, per pareggiare la concorrenza, e la gestione termi-ca dell’accumulatore, correggen-do un errore di progettazione del modello base. Nissan ha annullato gli eventi che erano in program-ma il 28 novembre a Yokohama e Amsterdam, senza indicare una probabile nuova data. La decisione è strettamente correlata con i pro-blemi legali del boss dell’alleanza Nissan-Renault, Carlos Ghosn, re-centemente arrestato e sotto il fuo-co incrociato dei consigli di ammi-nistrazione delle aziende coinvolte. Nissan non vuole che un annuncio comunque ritenuto importante sia offuscato da questioni puramente amministrative e non tecniche. Ol-tre a questo è stato reso noto che i membri dell’alleanza avranno un incontro per decidere come muo-versi in un prossimo futuro. Questo perché Ghosn è stato rimosso dai suoi incarichi in Nissan e Mitsu-bishi, mentre pare che Renault abbia per il momento rimandato la decisione, generando confusione tra gli alleati. Bisogna inoltre con-siderare che Ghosn è visto quasi come un padre per la Nissan Leaf. Quanto si dovrà dunque attendere per vedere la Leaf da 60 kWh? Re-sterà comunque un prodotto desti-nato ad arrivare nel 2019?
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MAGAZINEn.22 / 183 DICEMBRE 2018
di Massimiliano ZOCCHI
Anche su DMove vi abbiamo se-
gnalato i problemi di alcune Tesla Model 3 dopo il recente calo delle
temperature nel Nord America. In alcuni
casi le maniglie si congelano, così come
i finestrini, impedendo l’accesso in auto.
Per questi ed altri motivi Tesla sta pre-
parando l’ennesimo aggiornamento
software che risolverà alcuni intoppi per
i clienti e renderà più confortevole salire
in auto la mattina. Sono diverse le novità
che potrebbero arrivare, tramite il mecca-
nismo dell’aggiornamento OTA, a partire
da un nuovo sistema di precondiziona-
AUTO ELETTRICA Sono diverse le novità che potrebbero arrivare tramite aggiornamento OTA
Tesla si prepara all’inverno: l’aggiornamento software con nuove funzioni di riscaldamentoDopo i problemi segnalati a causa del tempo rigido, Tesla prepara diverse nuove opzioni
mento della batteria, così da farla
rendere al meglio anche nei climi
più rigidi, anche durante la ricarica.
Rispondendo ai messaggi dei fan
su Twitter, Elon Musk ha confermato
che arriverà anche la possibilità di
preriscaldare i sedili tramite l’app per
smartphone. Anche l’esperto redat-
tore di electrek.co, Fred Lambert, ha
provato a dare un suggerimento al CEO,
chiedendo un comando da app per dire-
zionare l’aria calda sui finestrini, per scon-
giurare il blocco della portiera. Non è raro
che Musk risponda direttamente, come in
questo caso, anche se si è limitato a con-
siderarla una “buona idea”, senza con-
fermarne l’arrivo. Resta da sottolineare
il cambio di paradigma introdotto ormai
anni fa da Tesla, con la possibilità di mo-
dificare le prestazioni del veicolo tramite
aggiornamenti software. Ancora nessuna
casa ha raggiunto questo livello di elasti-
cità, e i problemi risolti da Tesla tramite
questa pratica non si contano più.
di Massimiliano ZOCCHI
Con un evento dedicato nella el-
egante cornice di Londra, Jaguar
Land Rover ha presentato la nuo-
va Range Rover Evoque. Pur mantenen-
do il carattere del vecchio modello, lo
stile e la dotazione migliorano, segno di
una maturità completa per una vettura
da sempre molto amata (e premiata).
La Range Rover Evoque diventa anche
eco-chic, con un occhio di riguardo per
la sostenibilità. Per la prima volta è pro-
gettata per l’elettrificazione, con la ver-
sione mild hybrid già disponibile, e con
l’annuncio inatteso che una variante
ibrida plug-in arriverà entro 12 mesi, nel
2019. L’unità elettrica scelta per il mild
hybrid è quella a 48 volt, con batteria
posta sotto il pianale per immagazzina-
re l’energia dissipata nelle decelerazio-
ni. Oltre a questo dettaglio, a velocità
inferiori a 17 km/h, quando il conducen-
te frena, il motore si spegne per mini-
mizzare le emissioni. Ma la sostenibilità
parte ancor prima, dalla fabbrica. JLR
ha lavorato per ridurre drasticamente
le emissioni di diossido di carbonio, fino
ab abbassarle del 46% rispetto ai livelli
misurati nel 2007. L’attenzione all’am-
AUTO IBRIDA Jaguar Land Rover ha presentato la nuova Evoque. Debutterà anche la plug-in
Range Rover Evoque, sempre più tecnologia e sostenibilità. Evoque PHEV arriverà nel 2019Cresce la dotazione tecnologica e l’attenzione alla sostenibilità. Nel 2019 arriverà anche il modello PHEV
biente è sottolineata anche dai materia-
li utilizzati per Evoque, in cui possiamo
trovare fino a 33 kg di materiali naturali
o riciclati. Anche la dotazione tecnologi-
ca migliora, come nel caso del Ground
View, che rende il cofano invisibile, o lo
specchio retrovisore che integra un di-
splay HD nel quale vengono visualizza-
te le riprese della videocamera poste-
riore. L’infotainment migliora, con tutte
le novità del sistema di bordo introdotte
nelle auto più recenti del gruppo, oltre
all’integrazione di Apple Car Play e An-
droid Auto. In Italia è già possibile ordin-
are la nuova Evoque, inizialmente solo
in versione quattro ruote motrici, con
prezzi a partire da 44.500 euro.
Per un modello in cui il motore elettrico
ha un ruolo più consistente dovremo at-
tendere il 2019, quando arriverà anche
il modello PHEV, ovvero ibrida ricarica-
bile. Da un’infografica diffusa dalla casa
scopriamo che la batteria di trazione
sarà da 11.3 kWh, un valore discreto
ma che nel 2018 appare un po’ sotto
le aspettative. L’autonomia in modalità
solo elettrica non è ancora nota, ma dif-
ficile che possa andare oltre i 40-50 km.
Evoque PHEV comunque sarà a tutti gli
effetti una all-wheel-drive, grazie a posi-
zionamento dei due motori sui due assi.
Ecco le caratteristiche:
- batteria 11.3 kWh
- all-wheel-drive
- motore anteriore: 1.5 L, 3 cilindri ben-
zina da 147 kW
- motore posteriore: elettrico da 80 kW
e 260 Nm di coppia
Ecco Everus VE-1, l’elettrica di Honda che costa solo 25.000 dollariHonda, insieme al partner GAC, ha presentato in Cina una elettrica con discreta autonomia e prezzo super, grazie agli incentivi di M. Zocchi
Da tempo Honda ha siglato una partnership con GAC per pro-durre auto in Cina, e cavalcare la grande richiesta di veicoli elet-trici. Proprio a questa categoria appartiene l’auto appena presen-tata al Ghangzhou Auto Show, Everus VE-1.Si tratta di un crossover dalle dimensioni simile alla Honda HR-V, piuttosto nota alle nostre latitudini, e con un prezzo deci-samente aggressivo, l’equivalen-te di 25.000 dollari. Abbastanza conveniente considerando che si tratta di una vettura elettrica, anche se è giusto dire che in par-te il prezzo è ribassato grazie ai forti incentivi del Governo cinese che stanno spingendo fortissimo le vendite di auto elettriche. Sul fronte tecnico, Everus VE-1 ha una batteria da 53.6 kWh, una capacità a metà strada tra i vec-chi modelli e le top di gamma attuali con circa 60 kWh, che gli permette di percorrere fino a 340 km per singola carica. Il motore ha una potenza di 120 kW e una coppia di 280 Nm. La produzio-ne dovrebbe partire entro la fine dell’anno ma non ci sono notizia circa una possibile commercializ-zazione anche in occidente.”
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MAGAZINEn.22 / 183 DICEMBRE 2018
di Massimiliano ZOCCHI
Anche Kia rispetta le promesse, e
dal Salone di Los Angeles presenta
la nuova Soul, declinata come il
modello precedente anche in versione
100% elettrica come Soul EVi. La vettura
mantiene il tipico design, strano ma origi-
nale, ma cresce sotto tutti gli altri punti
di vista, sia come autonomia sia come
tecnologia a bordo.
La nuova Soul è targata MY2020, quindi
le vendite dovrebbero iniziare per la fine
del 2019 e per questo motivo è ufficial-
mente un prototipo. Per la stessa ragio-
ne non gode ancora dei dati omologativi
sulla percorrenza per singola carica, ma
è facile ipotizzare che possa arrivare a
circa 500 Km. Questo perché è equipag-
giata con la stessa batteria da 64 kWh
che già abbiamo visto su Kia Niro EV e
su Hyundai Kona EV (qui la nostra pro-va), con i medesimi risultati.
Altra importante novità è l’abbandono
dello standard di ricarica asiatico, il CHA-
deMO, a vantaggio del Combo CCS,
che permetterà a Soul di raggiungere
potenze di ricarica più elevati e sfruttare
AUTO ELETTRICA Dal Salone di Los Angeles scopriamo anche la nuova Kia Soul EV
Nuova Kia Soul EV, batteria da 500 Km e guida assistita ai massimi livelliEredita la batteria da 64 kWh di Niro e Hyundai Kona. Le vendite dovrebbero iniziare per la fine del 2019
i nuovi network europei e americani in
grande crescita. Kia ha deciso di puntare
forte anche sulla tecnologia a bordo. Tro-
viamo un display da 10.2” touchscreen,
compatibile anche con Apple CarPlay
e Android Auto, oltre a sistemi audio di
buon livello, con il migliore allestimento
che dovrebbe avere un impianto Har-
man/Kardon con 10 speaker a amplifica-
tore dedicato, oltre alla ricarica wireless
per smartphone e sedili riscaldabili.
Anche le tecnologie di guida assistita
sono più che complete. La lista di quello
che Kia Soul avrà in dotazione con il pac-
chetto completo è piuttosto lunga:
- Traction control
- Electronic stability control
- Hill-start assist control
- Monitor pressione gomme
- Allerta pedoni
- Advanced Driver-Assistance Systems
- Forward Collision Warning (FCW)
- Forward Collision-Avoidance Assist
(FCA)
- Lane Departure Warning (LDW)
- Lane Keeping Assist (LKA)
- Driver Attention Warning (DAW)
- Smart Cruise Control
- Blind Spot Collision Warning (BSW)
- Rear Cross-Traffic Collision Warning
Come anticipato la produzione partirà in
Corea il prossimo anno e il prezzo verrà
comunicato più avanti con l’avvicinarsi
della data di commercializzazione.
Rivian esce dall’ombra per stupire: R1S è il SUV elettrico a 7 posti anti-TeslaRivian è la sorpresa del Los Angles Auto Show, con un pick-up prima e un SUV poi, entrambi elettrici, spettacolari e dalle specifiche sbalorditive di Marco MIKHAIL
La start-up americana Rivian ha lanciato il SUV completamente elettrico destinato a competere a livello mondiale per prestazioni ed estetica. R1S può essere dotato di un pacco batterie da 105 kWh a 180 kWh che garantiscono un’au-tonomia di oltre 600 Km. R1S è un SUV a sette posti che a livello di misure può essere comparato alla Tesla Model X. Tecnicamente, il veicolo ricorda molto l’R1T, il pick-up a zero emis-sioni presentato da poco. Le due vetture, infatti, sono dotate di una piattaforma a skateboard sulle quali sono montati 4 motori elet-trici, ciascuno in grado di erogare una potenza di 147 kW. Inoltre, il veicolo può essere dotato di tre differenti pacchi batterie: da 105 kWh, 135 kWh e 180 kWh. Sia la versione SUV che quella pick-up potranno essere ricaricate a 160 kW nelle infrastrutture ultra fast e verranno equipaggiate con un ca-ricabatterie AC a bordo da 11 kW.Il SUV R1S, inoltre, avrà videoca-mera integrata, il radar, e un GPS accoppiato con mappe ad alta de-finizione. A livello di hardware, la vettura monta “Level 3”, il sistema che permette a chi guida di toglie-re le mani dal volante assicurando la corretta direzione della vettura.Rivian ha anche confermato il prezzo, dopo aver aperto i preor-dini: 72.500 dollari, con consegne previste nel 2020.
di A. SPIGNO
U n’automobile come fonte di ener-
gia? Con il nuovo progetto Nissan
Energy e una Nissan Leaf, è possi-
bile. Nissan ha presentato, infatti, un inno-
vativo progetto che permette ai possessori
di una Leaf non solo di ricaricare il battery
pack della propria vettura, ma anche di
immettere nella rete elettrica (Smart Grid)
l’energia in eccesso accumulata, permet-
tendo di alimentare la propria casa/ufficio
o, addirittura, di venderla nei momenti di
maggiore richiesta da parte dei distribu-
tori elettrici nazionali o locali: l’obiettivo
finale di questo progetto é quello di ri-
durre la domanda di energia elettrica
nei momenti di picco permettendo ai
singoli proprietari del mezzo di immettere
l’energia elettrica inutilizzata della Leaf
AUTO ELETTRICA Un progetto che consente di immettere l’energia elettrica inutilizzata nella rete elettrica
Con Nissan Energy, la Leaf diventa una fonte di energiaCon il progetto, Nissan punta a inserire la nuova generazione di Leaf all’interno delle Smart Grid
all’interno della rete elettrica. Altre Case
Automobilistiche giapponesi stanno lavo-
rando a qualcosa di simile, ma limitandosi
a qualche sporadico test. “Nissan Energy
permetterà ai nostri clienti di utilizzare le
auto elettriche non solo per guidare, ma
anche parte di molti altri aspetti della loro
vita” afferma il Vice Presidente Esecutivo
di Nissan, Daniele Schillaci. “Nella nostra
visione, vogliamo cambiare il modo in cui
le automobili sono integrate nella società
e Nissan Energy trasforma questa visio-
ne in realtà”. Nissan Energy verrà svilup-
pato, per ora, negli USA, in Germania e in
Giappone con tre progetti pilota. Durante
la presentazione negli USA, è stato mos-
trato un prototipo del sistema realizzato in
collaborazione con Fermata Energy, che
ha dimostrato come, in un contesto urba-
no, l’investimento nell’acquisto di questo
tipo di automobili può essere ammortiz-
zato con la vendita di energia elettrica
immessa nella Smart Grid: un software è
in grado di calcolare quanta energia liber-
are dal battery pack, riservando la giusta
parte che verrà, successivamente, utiliz-
zata per la guida della vettura. Nissan si
sta preoccupando che questo continuo
scambio di energia non influisca nega-
tivamente sul rendimento della batteria,
ma per ora non ci sono dati che rivelino
un degrado di questo tipo.
SHHH. È ARRIVATALA PRIMA JAGUARCOMPLETAMENTEELETTRICA.
JAGUAR I-PACE 100% ELETTRICA
Autonomia di 470 km*. Ricarica fino all’80% in 40 minuti**. Design rivoluzionario e aerodinamico. Trazione integrale AWD.
400 CV per raggiungere i 100 km/h in 4,8 secondi. Zero emissioni. Elettrica, ma Jaguar al 100%.
jaguar.it
WLTP Consumi fino a 21,2 kWh/100km. WLTP Autonomia fino a 470 km. *I dati relativi all’autonomia sono calcolati su modelli di serie su un percorso standardizzato. L’autonomia massima può variare a seconda delle condizioni del veicolo, della batteria e della strada, e può essere influenzata dalle variabili ambientali e dallo stile di guida. **Usando colonnine di ricarica rapida da 100kW. I tempi di carica effettivi possono variare a seconda delle condizioni ambientali e delle caratteristiche dell’infrastruttura di carica.
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MAGAZINEn.22 / 183 DICEMBRE 2018
di Massimiliano ZOCCHI
M ercato delle auto elettriche ed
ibride plug-in sempre in crescita
in Germania, dove in pratica ogni
mese vengono messe su strada il 50%
delle auto elettriche totali circolanti nel
nostro Paese, per un confronto decisa-
mente impietoso. Ottobre si è chiuso con
una crescita anno su anno del 6%, pari
a 5.386 immatricolazioni. Nel dettaglio,
3.390 messe in strada si riferiscono ad
auto completamente elettriche, mentre il
restante 1.996 riguarda le ibride plug-in,
altrimenti dette PHEV.
AUTO ELETTRICA Mercato delle auto elettriche e plug-in in crescita ad ottobre in Germania
Auto elettriche in Germania: la Golf elettrica comanda, Renault Zoe insegueLa regina locale, la eGolf, comanda la classifica delle più vendute, dietro la francese Zoe
di M. Z.
N elle cronache recenti Sono Mo-
tors ha fatto spesso parlare di sé,
per via del suo prototipo di auto
elettrica, la Sion, che ha un importante
dettaglio che la differenzia da tutte le al-
tre: la capacità di ricaricarsi con energia
solare.
L’auto infatti è ricoperta di pannelli foto-
voltaici su ogni superficie possibile, con-
sentendo così di guadagnare fino a 30
km al giorno di autonomia senza bisog-
no di ricarica. Per il resto è una normale
auto elettrica, con presa per la ricarica
alle colonnine, e normale batteria agli
ioni di litio. Proprio quest’ultimo compo-
nente però sta causando dei grattacapi
agli ingegneri di Sono, come risulta chi-
aro da una recente dichiarazione:
“La situazione è cambiata radical-mente: scandali emissioni, blocchi
AUTO ELETTRICA La startup tedesca annuncia che il costo delle batterie non è sceso come previsto
Sono Motors si scontra con la dura realtà: Sion, l’auto a energia solare, costerà più del previstoProprio la batteria agli ioni di litio della Sion sta causando dei grattacapi agli ingegneri di Sono
La continua crescita ha portato a un tota-
le, per i primi 10 mesi del 2018, di 55.527
auto elettrificate, che sfiorano il 2% di
share in Germania. Tra i modelli più ven-
duti ci sono sia auto 100% elettriche, sia
ibride, con la “classifica” dominata dalla
eGolf, la cui popolarità non accenna a
diminuire. Di seguito i numeri delle im-
matricolazioni:
• Volkswagen eGolf: 784
• Renault Zoe: 609
BMW 225xe Active Tourer: 504
• BMW i3: 426 (306 BEV e 120 REX)
• Smart fortwo electric drive: 402
Le grandi attese Jaguar I-Pace e Hy-
undai Kona Electric hanno invece to-
talizzato rispettivamente solo 22 e 78
immatricolazioni. Dall’inizio dell’anno le
protagoniste sono sempre eGolf e Zoe,
con la compatta francese che però è in
testa con 4.369 esemplari contro i 4.356
dell’elettrica di casa Volkswagen.
dei diesel e cambia-menti climatici, hanno enormemente aumen-tato la pressione su politici e case automo-bilistiche per puntare alla e-mobility. Questo ha portato ad un au-mento della domanda del mercato EV e anche al fatto che il prezzo delle celle al litio non è diminuito come atteso. Per questa ragione attendiamo un prezzo per la batteria della Sion di circa 9.500 euro”.In un primo momento la batteria da 35
kWh con cui la Sion dovrebbe essere eq-
uipaggiata sarebbe dovuta costare circa
4.000 euro, portando così il costo totale
della vettura a 20.000 euro. Questo au-
mento porterebbe quindi la vettura oltre
una certa soglia psicologica, precisa-
mente a 25.500 euro. A onor del vero
resterà sempre la possibilità di acquistare
solo la vettura, scegliendo la formula del
noleggio per la batteria, spendendo im-
mediatamente quindi solo 16.000 euro,
ma anche in questo caso Sono Motors
sarà probabilmente costretta a rivedere
le tariffe mensili al rialzo per coprire i
costi di produzione dei pacchi batteria.
Sempre ammesso che il costo finale
venga effettivamente confermato e
non subisca altri aumenti.
General Motors punta sull’elettrico ma dice addio alla Volt, la migliore ibrida di sempreParte una grande ristrutturazione all’interno di General Motors, con nuovi fondi direzionati all’elettrico e la chiusura di diversi stabilimenti. Si chiude la produzione della Volt di M. Z.
Nonostante il successo della Chevrolet Bolt (importata in pochi esemplari come Opel Ampera-e in Europa) le cose per General Motors non vanno come previsto e partirà nel breve periodo una ristrutturazione aziendale per ri-direzionare gli asset in maniera differente. Punto fermo di questa operazione è l’elettrico, con nuovi fondi a disposizione dello sviluppo dell’architettura elettrica di nuova generazione. Progetto su cui do-vrebbero essere basati diversi mo-delli futuri della casa americana, a partire da un crossover e probabil-mente anche da un SUV, segmenti sempre più rilevanti nel mercato globale. A fare le spese di questo cambio di tendenza sarà la Chevy Volt, auto dal discreto successo (negli Stati Uniti) e da molti consi-derata la migliore ibrida plug-in di sempre. L’auto fu importata anche in Europa nella sua prima versione, sia con marchio Chevrolet (che poi abbandonò il vecchio continente) sia con marchio Opel, come Am-pera. Il modello nuovo invece è rimasto un’esclusiva americana. Si tratta di una ibrida plug-in, ma con batteria discreta da 18.4 kWh, in cui il motore termico serve da grosso range extender, con la trazione che resta sempre relegata al mo-tore elettrico. Va da sé che l’auto-nomia in elettrico è sempre stata la migliore della categoria, dichiarata in 85 km, ma possibile anche sfio-rasse i 90. La produzione dovreb-be interrompersi a marzo 2019.
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MAGAZINEn.22 / 183 DICEMBRE 2018
di Massimiliano ZOCCHI
N ella prestigiosa location della
sede ACI di Milano, Waze ha
messo in mostra le ultime novità
della sua piattaforma di navigazione
social. Per chi non lo sapesse, Waze
unisce le funzionalità di un normale na-
vigatore satellitare, alla versatilità del-
le informazioni che arrivano in tempo
reale da tutti gli utenti e membri della
community. Non solo, chiunque può
anche proporre modifiche alla mappe
qualora riscontrasse un errore, così da
rendere disponibile a tutti l’eventuale
correzione.
Da pochi giorni Waze è ufficialmente
supportata anche all’interno di Apple
CarPlay, il sistema della casa di Cu-
pertino di mirroring per automotive.
Così è sufficiente collegare il proprio
iPhone con il cavo USB per ottenere
una versione ottimizzata di Waze sui
generosi schermi degli infotainment
odierni. In particolare abbiamo potuto
provare il sistema a bordo di vetture
Volkswagen, La Troc e la Polo GTI.
Non una collaborazione casuale per
questa serata speciale, in quanto
Volkswagen e Waze hanno appena si-
glato una collaborazione che porterà
puntatori del navigatore personalizzati
con le auto storiche del gruppo tede-
sco. Si parte con il primo Maggiolino,
disponibile da novembre 2018 per un
periodo di tempo limitato, al quale poi
seguiranno altri modelli come l’iconico
Bulli T1 e la Golf GTI. Gran parte dei
modelli Volkswagen offre già l’integra-
zione con Apple CarPlay (e anche An-
droid Auto) così da rendere possibile
l’utilizzo di Waze. Sulla più piccola Up!
invece c’è un comodo supporto per
utilizzare direttamente lo smartphone.
INFOTAINMENT Waze va alla grande ed ora è compatibile anche con Apple CarPlay
Waze, arriva l’integrazione Apple CarPlay e le icone personalizzate VolkswagenParte anche la collaborazione con Volkswagen per i puntatori con auto storiche del gruppo
Un’altra ottima novità che abbiamo
testato è l’introduzione del player
audio ufficiale di Waze. Direttamente
nell’app è possibile selezionare un
servizio musicale (non più solo Spotify)
e ascoltare i propri brani preferiti du-
rante la navigazione. Al momento non
è possibile richiamare la riproduzione
musicali con i comandi vocali, ma po-
trebbe essere un’aggiunta futura. Per
il resto resta il solito e versatile Waze,
ma ottimizzato per sfruttare il maggio-
re spazio a disposizione sui display di
bordo. Sono più semplici così anche
le segnalazioni di traffico bloccato o
modifiche alla viabilità, appunti che
vengono tutti verificati da una schiera
di volontari che mantiene sempre le
mappe corrette e aggiornate.
Abbiamo avuto anche la possibilità
di chiacchierare con alcuni di questi
“map editor”, che ci hanno spiegato
l’immane lavoro che c’è dietro la cor-
rezione delle mappe, il tutto fatto a
titolo completamente gratuito. Chiun-
que può effettuare una segnalazione,
ma spetta poi agli utenti più esperti
validare le modifiche, o indagare più a
fondo sulla questione, per evitare er-
rori che si rovescerebbero su tutti gli
utilizzatori. Ci sono addirittura diversi
livelli di “autorità” tra i volontari, fino
ad arrivare ai responsabili regionali o
anche nazionali. L’impatto di questo
servizio è stato evidente durante i re-
centi eventi di maltempo, situazione in
cui la community si è messa a servizio
della collettività. Secondo i dati forniti
da Waze, tra il 21 e il 30 ottobre 2018
c’è stato un notevole incremento del-
le segnalazioni sull’app, fino al +385%
fatto segnare dal Veneto, seguito dal-
la Liguria con +322%. Le tempestive
segnalazioni dei volontari Waze han-
no anche aiutato i mezzi di soccorso
a raggiungere le aree colpite. Esiste
anche la possibilità di consultare le
mappe live sulla pagina dedicata,
con le segnalazioni di strade chiu-
se, buche pericolose o tratti inagibi-
Canyon Neuron:ON, la eBike trail confortevole e potenteDopo la Spectral:ON, Canyon completa la gamma 2019 con Neuron:ON, una eMTB dedicata alle lunghe escursioni ma che non disdegna potenza e sportività di M. ZOCCHI
Canyon completa la gamma 2019 con la sorella minore della Spectral:ON, la Neuron:ON, più dedicata alle escursioni trail, puntando sul confort, anche grazie all’escursio-ne da 130 mm e ruote da 29”. Per la parte elettrica Canyon ha puntato sempre su Shimano e la serie Ste-ps E8000, con coppia da 70 Nm e batteria da 504 Wh. Per le taglie dalla M alla XL l’equipaggiamento prevede ruote da 29”, mentre i te-lai XS e S montano ruote da 27.5”. Grazie alla presa USB sul tubo prin-cipale si può collegare un faretto LED o caricare smartphone o GPS da escursione. La batteria è semi-integrata, consentendo la sostitu-zione rapida con una seconda uni-tà. Neuron:ON è disponibile in tre versioni. La 7.0 monta forcella Fox 34 Float Performance e ammortiz-zatore Fox DPS Performance, cam-bio Shimano XT 11 velocità e reg-gisella Fox Transfer Performance. Prezzo 4.299 euro. La versione 6.0 (anche in versione donna) monta sempre Fox, passando però alla forcella Float Rhythm, mentre per i freni si passa da Shimano XT a MT500. Prezzo 3.799 euro. Infine la Neuron:ON 5.0 (anche in versio-ne donna) per 3.299 euro monta sospensioni RockShox e freni Shi-mano MT500, mentre il reggisella è un Iridium Dropper Post.
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MAGAZINEn.22 / 183 DICEMBRE 2018
di Gianfranco GIARDINA
C ’è un’auto ibrida plug-in che è un po’ più plug-
in delle altre. Un veicolo che, molto più di altre
ibride, sa regalare le gioie della trazione pratica-
mente sempre elettrica, pur garantendo un’autonomia
che nessuna elettrica al momento si può permettere.
Si tratta del modello 2019 della Mitsubishi Outlander
PHEV, che abbiamo potuto toccare con mano e guida-
re in un test drive a spasso per la Franciacorta.
L’auto elettrica assistita da un motore termicoOutlander, già nelle versioni PHEV precedenti, ha ca-
povolto il paradigma dell’auto ibrida: non più un mo-
tore elettrico a supporto e compensazione di quello
endotermico, ma un motore endotermico che, se e
quando serve, dà una mano a quello elettrico, senza
partecipare quasi mai direttamente alla trazione. Infatti
l’Outlander PHEV si basa fondamentalmente su una
coppia di motori elettrici che possono però contare su
un pacco batterie ridotto rispetto ai mezzi esclusiva-
mente elettrici, poco sotto i 14 kWh.
A supporto della batteria arriva però il motore termico
da 2,4 litri a benzina in ciclo Atkinson (e quindi partico-
larmente efficiente) che, nella stragrande maggioran-
za dei casi, funziona solo da generatore per ricaricare
le batterie. Infatti, la trazione, fino alla velocità di 135
Km/h (quindi sempre, se si vuole rispettare il codice
della strada) è affidata ai due motori elettrici; il moto-
re termico si attiva o quando la carica della batteria
scende sotto un determinato livello o semplicemente
quando si richiede uno spunto particolarmente deciso
e la sola batteria potrebbe andare in difficoltà.
Solo alle più alte velocità, sopra i 135 km/h, almeno in
condizioni normali, il motore termico contribuisce di-
rettamente alla trazione (permettendo così il raggiun-
gimento della velocità massima di 175), il tutto senza
il cambio, neppure quello automatico. Praticamente
- per dirla con una grande semplificazione - è come
se il motore termico potesse innestarsi sulla trazione
REPORTAGE La versione 2019 della Mitsubishi Outlander PHEV sta per arrivare nei concessionari. La nostra prova in anteprima
Alla guida della Mitsubishi Outlander PHEV Il piacere dell’elettrico, l’autonomia del benzinaLa casa giapponese è riuscita a migliorare un progetto vincente, per un’ibrida plug-in che resta unica nel suo genere
solo “in quinta”: il motore elettrico porta il veicolo in
velocità e poi, solo allora, al numero di giri adeguato,
il motore termico viene innestato in parallelo a quel-
lo elettrico. Così si hanno tutti i vantaggi di un mezzo
elettrico senza averne i limiti.
Ovviamente si può decidere di ricaricare alla presa di
casa (circa 4 ore per il pieno) o alla colonnina (se è fast
25 minuti per un quasi pieno): sono disponibili infatti
sia una presa per l’alternata a bassa tensione che una
CHAdeMO per le colonnine fast. In questo modo, se i
percorsi sono limitati per esempio a un ambito cittadi-
no, è possibile circolare in puro elettrico e ricaricare
alla presa. Insomma, il benzinaio lo si va a trovare ogni
tanto per salutarlo, se è simpatico; altrimenti addio.
Le novità del modello 2019: motori, potenze, batterie
ed emissioni, tutto migliorato
La Mitsubishi Outlander è un SUV di successo che
non ha cambiato drasticamente il proprio design nel-
la nuova versione 2019: le novità sono nei dettagli,
come il musetto, il taglio dei fari anteriori, lo spoiler
posteriore e altri piccoli particolari. Per il resto, mi-
gliora la batteria - come dicevamo -, che cresce di un
1.8 KWh, ovverosia del 15%; cresce anche la potenza
del motore elettrico posteriore, che aggiunge 10 kW
arrivando a 95 CV mentre quello anteriore resta a 82
CV; il generatore migliora la propria erogazione mas-
sima di circa il 10% arrivando a 80 kW. E soprattutto
migliora l’efficienza del motore termico, malgrado il
passaggio da 2000 a 2400 di cilindrata. Il tutto fa sì
che la nuova Outlander riesce a rimanere sotto i 50 g
di CO2 al chilometro, attestandosi a 46. Questa carat-
teristica consente a questo mezzo, tra le altre cose, di
continuare a meritare l’accesso libero alle ZTL, per lo
meno nella maggior parte dei casi (non c’è uniformità
di comportamento da parte dei comuni). Anche per
questo, Mitsubishi si aspetta una grande crescita del-
segue a pagina 46
Mitsubishi Outlander PHEVLa prima guida
SHHH. È ARRIVATALA PRIMA JAGUARCOMPLETAMENTEELETTRICA.
JAGUAR I-PACE 100% ELETTRICA
Autonomia di 470 km*. Ricarica fino all’80% in 40 minuti**. Design rivoluzionario e aerodinamico. Trazione integrale AWD.
400 CV per raggiungere i 100 km/h in 4,8 secondi. Zero emissioni. Elettrica, ma Jaguar al 100%.
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MAGAZINEn.22 / 183 DICEMBRE 2018
le vendite dell’Outlander PHEV, che nei progetti, do-
vrebbero raddoppiare. E il declino del diesel iniziato
anche in Italia, come dimostrano i grafici presentati in
conferenza stampa, sembra anticipare questi eventi.
La prova di guida: il mix idealeLa Outlander PHEV è un SUV da due tonnellate, non
una super-sportiva. E il motore elettrico non fa im-
pennare la macchina, ed è giusto così. I 10.4 secondi
per lo 0-100, infatti, non ci raccontano di un bolide,
ma i consumi sono eccellenti: (andando con batte-
ria carica) abbiamo percorso molti chilometri consu-
mando 2 l/100km. Resta poi tutto il gusto della guida
elettrica. L’autista può scegliere se guidare in puro
elettrico (ma con un massimo di 50 km di autonomia)
o utilizzare anche il motore termico per mantenere
non intaccato il livello della batteria o addirittura per
ricaricarla strada facendo. Se andando si affonda pe-
santemente il pedale dell’acceleratore, anche il mo-
tore termico va su di giri: lo fa solo per garantire ai
motori elettrici un’erogazione di corrente sufficiente
all’accelerazione richiesta.
La Outlander si guida facilmente; lo sterzo è morbi-
dissimo e l’impressione è quella di guidare un mez-
zo molto più leggero e maneggevole di un SUV. Del
SUV invece resta il punto di vista rialzato e una certa
scarsa visibilità della parte bassa attorno al veicolo:
una mancanza che può essere mitigata dal kit di vi-
deocamere a 360 gradi in dotazione al miglior alle-
stimento. Ottima la dotazione di elettronica di bordo,
anche del modello di ingresso: c’è il cruise control
adattivo, che funziona molto bene, potendo contare
sulla continuità della trazione elettrica. Ottimo anche
il circuito di rigenerazione della batteria in rallenta-
mento e frenata: si può scegliere tra 5 livelli di rige-
nerazione, che si può cambiare al volo anche gui-
dando grazie a due leve al volante. Non manca poi
la segnalazione sugli specchietti laterali dei veicoli
nell’angolo cieco, la frenata automatica e il sistema
di segnalazione di un eventuale salto di corsia in-
volontario. Manca invece - su qualsiasi allestimento
- il navigatore in plancia, cosa apparentemente cu-
riosa: “Direi che si tratta di una tendenza in atto - ci
ha detto Moreno Seveso, direttore generale di Mit-
subishi Motors Italia -. Meglio usare le app presenti
nello smartphone, alle quali oramai siamo tutti più
abituati”. Infatti tutte le Outlander PHEV 2019 hanno
a bordo sia Apple Car Play che Android Auto: “Così,
oltre ad usare il navigatore, possiamo anche usare
WhatsApp, ovviamente nella sicurezza dell’interfac-
cia vocale”. Interessante l’app utilizzabile sul display
principale che riassume tutte le statistiche di guida,
con particolare attenzione ai fattori elettrici.
Mentre affrontiamo le curve dolci della Franciacorta,
capiamo che questo Outlander è un veicolo deci-
samente bilanciato: in uscita da varianti e tornanti,
riparte leggero, senza perdere la traiettoria: si capi-
sce che il baricentro resta basso, complici i pacchi
batteria, come se non si trattasse di un SUV da due
tonnellate. Ogni tanto, quando entra in funzione il
motore termico, può sorgere un minimo di stranimen-
to: si percepisce che il motore non gira precisamente
ai giri e ai regimi della trazione. Tutto fila alla grande,
compresa l’usabilità: senza indicazioni specifiche e
senza leggere le istruzioni, ci si orienta bene e ci si
trova a proprio agio sin da subito. L’unica cosa che
non ci entusiasma - come dicevamo - è la visibilità
limitata nella zona bassa attorno alla vettura, a causa
delle struttura rialzata del SUV: in manovra, è possi-
bile colpire inavvertitamente qualche ostacolo se alto
circa mezzo metro, evenienza tra l’altro accaduta a
una macchina impegnata nel test drive.
Il bagagliaio è generoso, anche se il piano di carico
alto limita in qualche modo la capienza; un sottovano
permette di avere spazio per il cavo di ricarica, visto
anche che il cofano anteriore è occupato dal motore
termico. Alla fine del viaggio viene anche il momento
di fare una ricarica alla colonnina: la Outlander dispo-
ne di due prese: una Tipo 1 per la corrente alternata e
una CHAdeMO per la carica rapida in corrente conti-
nua: tutto facile e indolore.
I prezzi: si parte da 50.000 euroLa nuova Outlander PHEV, il cui modello d’ingresso
(che pur è molto accessoriato) ha un listino appena
sotto i 50.000 euro, costa poco e costa molto allo
stesso tempo. Costa poco, perché è un SUV elettri-
co con la dotazione aggiuntiva di un motore endo-
termico che funziona quasi soltanto da generatore,
praticamente un unicum sul mercato; costa molto
perché, rimanendo su auto tradizionali, 50.000
euro di budget aprono possibilità di tutto rispetto.
Va riconosciuto a Mitsubishi lo sforzo di aver molto
migliorato il veicolo ritoccando il listino solo margi-
nalmente, circa 2.000 euro. Il modello migliore, che
aggiunge molti optional, arriva al massimo a 55.000
euro. I primi esemplari arriveranno alle concessiona-
rie nel prossimo mese di dicembre, mentre le prime
consegne ai clienti avverranno a gennaio, insieme a
una campagna pubblicitaria di lancio. Vi lasciamo a
una breve intervista con Moreno Seveso, D.G. di Mitsubishi Italia:
REPORTAGE
Alla guida della Mitsubishi Outlander PHEVsegue Da pagina 45
A sinistra la presa Tipo 1 per corrente alternata, a destra la CHAdeMO per ricariche fast DC
SHHH. È ARRIVATALA PRIMA JAGUARCOMPLETAMENTEELETTRICA.
JAGUAR I-PACE 100% ELETTRICA
Autonomia di 470 km*. Ricarica fino all’80% in 40 minuti**. Design rivoluzionario e aerodinamico. Trazione integrale AWD.
400 CV per raggiungere i 100 km/h in 4,8 secondi. Zero emissioni. Elettrica, ma Jaguar al 100%.
jaguar.it
WLTP Consumi fino a 21,2 kWh/100km. WLTP Autonomia fino a 470 km. *I dati relativi all’autonomia sono calcolati su modelli di serie su un percorso standardizzato. L’autonomia massima può variare a seconda delle condizioni del veicolo, della batteria e della strada, e può essere influenzata dalle variabili ambientali e dallo stile di guida. **Usando colonnine di ricarica rapida da 100kW. I tempi di carica effettivi possono variare a seconda delle condizioni ambientali e delle caratteristiche dell’infrastruttura di carica.
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JAGUAR I-PACE 100% ELETTRICA
Autonomia di 470 km*. Ricarica fino all’80% in 40 minuti**. Design rivoluzionario e aerodinamico. Trazione integrale AWD.
400 CV per raggiungere i 100 km/h in 4,8 secondi. Zero emissioni. Elettrica, ma Jaguar al 100%.
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WLTP Consumi fino a 21,2 kWh/100km. WLTP Autonomia fino a 470 km. *I dati relativi all’autonomia sono calcolati su modelli di serie su un percorso standardizzato. L’autonomia massima può variare a seconda delle condizioni del veicolo, della batteria e della strada, e può essere influenzata dalle variabili ambientali e dallo stile di guida. **Usando colonnine di ricarica rapida da 100kW. I tempi di carica effettivi possono variare a seconda delle condizioni ambientali e delle caratteristiche dell’infrastruttura di carica.