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1968_01_gennaio

Date post: 25-Oct-2015
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Il Manifesto Special issue
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il manifesto Supplemento al n. 22 de ( ( i l manifesto)). Spedizione in abbonamento postale gruppo 1/70%

4 S O M M A R I O

LE CHIAVI DEL ’68. FINE DI UN’EPOCA

O APERTURA DI U N CICLO?

Rossana Rossanda

10 GENNAIO 1968. CRONOLOGIA

16 L’ITALIA SCOPRI’ GLI STUDENTI,

GIOVANI U N A VOLTA PERBENE

Marcello Flores

18 SPERANZE E FANTASMI

DI UN’ESPERIENZA RAPIDAMENTE CONCLUSA

Renato Curcio

21 L’IMPOSSIBILITA’ DI ESSERE NORMALE:

ADRIANO SOFRI E L’OCCUPAZIONE DI PISA

Rina Gagliardi

Swinging London, anni ’I

Per le immagini di questo primo fascicolo sul 1968 6 stata scelta una forma monografica, firmata da Mario Orfini. Fotoreporter negli anni ’60, ha fis- sato l’attimo immediatamente precedente allo scoppio, ma co- gliendo e seguendo la scintilla da lontano. Sono sue le uniche foto del- la morte di Giovanni Ardizzone, ucciso dalla polizia a Milano nel ’62. Sono di Orfini le foto - qui pubbli- cate - del primo spettacolo politi-

26 LA SCUOLA E’

U N INVESTIMENTO A RISCHIO Rossana Rossanda

30 LETTERA A U N A PROFESSORESSA.

MA RISPONDONO GLI STUDENTI Filippo Gentiloni

32 L’ESPERIENZA DI GORIZIA.

SIAMO TUTTI MATTI DA SLEGARE Maria Grazia Giannichedda

34 RASSEGNA STAMPA.

L’ANidO DEI TERREMOTI Pieriuigi Sullo

36

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co di Dario Fo e Franca Rame, ma anche quelle della swinging Lon- don, dei salotti radical-chic mila- cesi, e di Anita Pallemberg, in- quietante groupie dei Rolling Sto- nes. Eppoi l’occupazione della VOCI PER RICORDARE Berchet di Milano. Produce e gira un telefilm, poi si muove in bilico fra i ruoli diprodut- tore e regista. Porci con Ee ali, I l Pap’occhio sono creature sue. Con- vince Arbore a mettersi dietro la macchina da presa per la prima volta. Scopre Benigni.

PAROLE DA RICORDARE,

DI LIBRO IN LIBRO INTORNO ALLO STUDENTE

Paolo Virno

Coordinatore: Domenico Starnone. Redazione: Daniele Barbieri. Ricerche fotografiche: Sandro Occhipinti. La cronologia è a cura di Andrea Colombo

Hanno collaborato a questo numero: Guido Ambrosino, Gianfranco Capitta, Carla Casalini, Giuseppina Ciuffreda, Marco Contini, Massimo De Feo, Marco d’Eramo, Teresa De Santis, Tommaso Di Francesco, Marco Giusti, Armando Petrucci, Giaime Pintor, Sandro Portelli, Ro-

berto Silvestri, Caro1 Beebe Tarantelli, Paola Tavella Supplemento al numero 22 del manifesto. Direttore responsabile: Rina Gagliardi. Amministra- zione rivendite: il manifesto coop. editrice a r.1. Via Tomacelli 146 O0186 Roma. Tel. 06/6789567. Stampa So.Gra.Ro Via I. Pettinengo 39 Roma. Tel. 06/434541. Composizione e montaggio Co.La.Graf. Via Tomacelli 146. Tel. 06/6878372. Edizione fuori commercio, riservata ai lettori

e agli abbonati del manifesto

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GENNAIO 1 9 6 8 PAGINA 4 PARLARE DI UN MOVIMENTO, VENTI ANNI DOPO

Le chiavi del ’68. Fu la fine di un’epoca o l’apertura di un ciclo?

LA RIVOLUZIONE CULTURALE

Daile ((Decisioni in 16 punti)) del Comi- tatocentrale del Pcc, agosto 1966.

A proposito dei gruppi, dei comitati e dei congressi della rivoluzione cultu- rale. Numerose novità sono cominciate ad apparire nel movimento della rivolu- zione culturale proletaria. I gruppi e i comitati della rivoluzione culturale, maanche altre forme di organizzazio- ne, create daile masse in moltissime scuole o altri organismi, sono qualco- sa di nuovo e di grande importanza storica.. . La lotta condotta dal prole- tariato contro le idee, la cultura, gli mi e i costumi vecchi che abbiamo ereditato dalle classi sfruttatrici per millenni prenderà necessariamente un lungo periodo di tempo. Di conse- guenza, comitati, gruppi e congressi deila rivoluzione culturale non devo- no essere temporanei, ma organismi di massa permanenti chiamati a fun- zionare per lungo tempo. Essi sono i;tili non soltanto nelle istituzioni sco- lastiche e dello stato, ma anche, ed essenzialmente, nelle fabbriche, mi- niere, aziende, ne! quartieri deile cit- tà e nei villaggi. E necessario che si applichi un sistema d’elezione simile a quello della Comune di Parigi per elegere i membri dei gruppi e dei co- mitati, e i delegati ai congressi della rivoluzione culturale. Le liste dei can- didati devono essere proposte dal bas- so, dalle masse rivoluzionarie e dopo una vasta discussione, e le elezioni avranno luogo soltanto dopo che que- sta discussione sia ripetuta diverse volte. I1 popolo ha diritto a ogni momento di criticare i membri dei gruppi e dei comitati e i rappresentanti eletti ai congressi. Questi membri e rappre- sentanti possono essere sostituiti con nuove elezioni o revocati dalle masse, dopo le necessarie discussioni, se si rivelano incompetenti. I gruppi, comitati e congressi nelle scuole e università devono essere composti essenzialmente da rappre- sentanti di studenti e allievi rivoluzio- nari. ma comprendere alcuni rappre- sentantidiinsegnantie di lavoratori.

Rossana Rossanda

ra le molte domande che si sono fatte negli ultimi anni sul ’68, perlopiù astiose o retori- T che, una ci pare invece importante: i movi-

menti che vi appaiono e vi si moltiplicano sono in qualche continuità con le lotte del passato (qualcu- no afferma che i l ’68 ne rappresenta l’ultima gran- de espressione) o sono in rottura con esse? Come rottura i l ’68 è stato vissuto; Cours camarade, le vieux monde est derrière toi. E questo non può es- sere messo tra parentesi, chi in qualche modo vi partecipò non si sentì in serie a nulla, volle reinven- tare tutto. Ma non esime dal chiedersi fin dove fu realmente un separarsi e un innovare, se e su che cosa si innestava una discontinuità, e soprattutto se in essa si rivelava una sintomatologia che, al di là del momento eroico, sarebbe stata presente, si- gnificativa per i l futuro.

La domanda perciò non è accademica. Riguarda non solo i venti anni che sono trascorsi, ma l’oggi. puei che il manifesto tenta di fare - in dodici nu- meri mensili, come questo di 40 pagine, analisi, bi- bliografie, tentativo d’inserimento del movimeto nel quotidiano del vivere attorno ad esso, suggestioni, fonti - è una rivisitazione che faccia asse attorno a queste domande, e permetta una risposta meno sommaria delle violente accuse o delle patetiche no- stalgie con le quali i l ’68 sembra soltanto tornare alla memoria.

Non saremo in grado di dare neanche in dodici numeri se non una parte della documentazione, tan- to si addensarono in quei mesi eventi e riflessioni, azioni-reazioni-rielaborazioni; tuttavia chi ci seguirà, avrà in mano il bandolo dei molti gomitoli che con- corsero a quella trama, e potrà diversamente dipa- narli per una ricerca successiva. Che finora essa non ci sia stata la dice lunga sull’essere i l ’68 ancora materia conflittuale, non archiviata, non ((oggettiva- ta)), bruciante. Se brucia - e questa è già una pri- ma risposta alle domande che ci proponiamo - non era soltanto l’ultima e pittoresca fiammata d’un antico incendio. O almeno non soltanto questo. Tut- te le braci, in capo a meno di vent’anni, diventano fredde. Questa scotta, irrita ancora.

I precursori del ’68 Nuovo o vecchio, dunque: finale o anticipatore,

o più l‘una o più l’altra cosa. Certo non ingenuo, come oggi si usa dire, attri-

buendogli l’aggettivo di utopico, come a dire bene- volmente ((fuori dal principio di realtà)). Non è cu- rioso pensare questo di intere parti di società che si sollevano in quasi tutto l’occidente avanzato, con connotazioni simili, e in Cina? Tuttavia si dice: quel che è reale sarebbe, per una volta, irrazionale. Pa- rentetico. Una convulsione. Un sogno. Nulla, del pen- siero moderno sembra aiutarci, quando arriviamo ad alcuni momenti del passato recente, a ricordare la realtà del sogno, la non casualità del sogno, i l sogno come spia: ammesso che siano stati sogni, l’umanità ha sognato strani sogni in questo secolo, e. della sua seconda metà. i l più ((strano)) è certo questo.

Ed era comunque un sogno da svegli, di quelli che qualcuno ha scritto sono i più pericolosi: guar- datevi da coloro che sognano di giorno. Quando

nel 1964 nasce il sogno del radicalismo americano - da una veglia fatta di espansione, Vietnam e sco- perta del ((nero)) fuori dai termini emancipatori e paternalistici del passato - è una parte negata del reale che erompe alla coscienza. Quando nel 1965 i l primo documento dei «provos» olandesi turba le polizie di tutta Europa, non viene gettato sul tappe- to un problema - quello dell’altro ((sviluppo)) o dello zero growth, nel documento ((bianco)) - che sarb- be diventato portante nei verdi tedeschi molto più tardi, in Italia oltre vent’anni dopo, ed è destinato a regnare più che il presente? Nel documento, che diamo qui accanto, stupirà che i l massimo dell’an- tagonismo contro i l sistema e lo stato si esprima nella domanda n. 1: togliere la circolazione delle vetture dal centro urbano di Amsterdam. Oggi è facile vedere nel breve volantino gli elementi pre- corritori del ’68: i l linguaggio derisorio e parados- sale, i l radicalismo asperrimo, la persistente nega- zione del problema della contraddizione sessuale, e, soprattutto, l’affermazione del soggetto come sog- getto «ludico» - I’azzeramento della classe operaia nella logica del capitalismo industriale trascina con sé anche la fine di una comunità di obiettivi. Non più ((avere quel che hanno i ricchi))’ ma ((essere di- versa men t e)).

Gli uomini in catena -

I l 1968 più esteso o più penetrante - in Europa, negli Usa o in Cina - perde di vista, di quel «pro- votariato)), la domanda di base, e quando la ritrove- rà nell’ecologia e nell’ambientalismo essa non sarà accompagnata da, credo, nulla di tutto il resto, che è invece raccolto dai movimenti giovanili. Ed è in- trigante questo rapporto tra ((vecchio)) e ((nuovo)), fine e premonizione.

Intrigante e consapevole di esserlo. Sempre alle spalle, stavolta immediatamente, del ’68 in Europa stanno i l Vietnam e la questione nera e dell’impe- rialismo. Occorre mettere e e e perché, come ve- dremo nel prossimo fascicolo, non portano la stes- sa valenza, non vengono neanche del tutto assie- me: i l vietnamita non è i l nero, non è neanche il sud del mondo, è Davide contro Golia, molto di meno e molto di più. Ma intanto i l (mero)) d’Ameri- ca, differentemente dal vietnamita, si rivela un vol- to dell’irrealtà, del formalismo - Marcuse poi dirà, nella Critica della tolleranza, del pluralismo - del- la ((democrazia americana)). I passaggi stanno nel rendiconto che, su Quaderni Piacentini - la rivista certo non unica ma per molti versi la più significa- tiva del ‘68 innovatore - Giovanni Jervis fa del Convegno londinese sulla ((Dialettica della Libera- zione)), con i l passaggio Carmichael-Marcuse ( i l lea- der nero più rigido, Stokely Carmichael, e i l ramo ultimo dell’euromarxismo di Francoforte). Il filo di lettura va da ((Tutti gli uomini sono in catene)), ini- zio di due psichiatri londinesi Ronald Laing e David Cooper - Marcuse, Sweezy, Carmichael, Bateson, Ross, Specck, Allen Ginsberg e molti altri, alla ri- cerca di ((problemi-ponte)) fra culture per dar conto della ((impotenza dell’intellettuale)). Di fronte a che? L’istituzione repressiva del nero nella cultura libe- ra/, che ne mette in causa principi e definizioni, in- dividua nel ((riformista)) i l peggio, «colui che non

I PROVOS OLANDESI

Pubblichiamo brani del manifesto dei Provos, giugno 1965. F u tradot- to su «Carte segrete)), n. 2,1967.

.) I1 piano deile biciclette bianche leve farla finita col caos del traffico id Amsterdam. il centro cittadino leve essere chiuso al traffico deile nacchine private, e al loro posto do- :ramo circolare mezzi pubblici in luantità, che saranno biciclette bian- :he fornite dal comune (che appar- engono a tutti), tram gratuiti e elet- rotassì.

2) I1 piano deile ciminiere bianche do- vrà combattere l’inquinamento del- l’aria chiedendo ail’industria di: a) 3pplicare bruciatori di residui aii’in- krno deile ciminiere ; b ) non inquina- re l’aria con biossido di zolfo. Non si può permettere che la Mobil Oil s’i- stalli ad Amsterdam. 3 ) I1 piano dei poili bianchi trasforme- rà i nostri poliziotti da guardie che impugnano manganelli, in assistenti sociali. Così disarmato il corpo dipoli- zia di Amsterdam sarà responsabile [ii fronte al Consiglio comunale di Am- sterdam. 4 ) I1 piano delie case bianche com- prende: a) occupare, per abitarci, gli edifici vuoti come il Palazzo del Dam ; b) usare come abitazione, da parte del Consiglio comunale e degli stu- denti, case destinate aila demolizio- ne. 5 ) I1 piano deile donne bianche do- vrebbe segnare l’inizio deli’istruzione deile donne e ragazze sull’uso dei mezzi anticoncezionali. Si prevede l’apertura dispeciali consultori. 3 ) Deve scomparire il monumento ai generale vanHeutsz. 7 ) Si deve arginare lo spopolamento del centro cittadino. 3 ) Quando sarà finito il terrore auto- mobilistico nel centro deila città que- sto potrà diventare un centro «Lu- ciiekn: vi saranno permessi gli «hap- peningsn : Amsterdam sarà diventa- taunacittàdei divertimenti. 3 ) Dovrà dimettersi il sindaco van Hail, che tra l’altroe responsabile dei €oili interventi della polizia in questi iltimi tempi. LO) I1 Consiglio comunale dovrà pub- dicare settimanaimente un periodi- 20 comunale, nel quale informerà gli abitanti di Amsterdam sulle sue atti- vità e li renderà partecipi dei proble- mi dellalorocittà. Cos’è il Provotariato? Sono i Provos, beatniks, Penner, Halbstarken, teddy-boys, blousons noirs, Gammler, raggare, stiijagi, mangupi, studenti, artisti, criminali,

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Milano ’66, caso La Zanzara. Nell‘atrio del liceo Parini

asociali, anarchici e ban de bom- mers. Coloro che,non vogliono fare carriera, che non sopportano una vita regolata, che si sentono come fossero biciclette bianche su un’autostrada. Qui nelle giungle d’asfalto appestate di ossido di carboni0 di Amsterdam, Londra, Stoccolma, Tokio, Mosca, Parigi, New York, Berlino, Milano, VarsaviaeChicago. Il Provotariato è l’ultimo gruppo ri- belle dei paesi del benessere. I1 prole- tariato si è sottomesso ai suoi leader politici. Si è fuso col suo vecchio riva- le, la borghesia, formando un grande e grigio popolo di merda. Perché il Provotariatoè ribelle? Viviamo in una società uniforme di cattivo gusto. L’individuo creatore è un’eccezione. I nostri atteggiamenti ed i nostri consumi ci vengono pres- critti o imposti da «Big Bossem capi- talistio comunisti. Ma i Provos vogliono essere se stessi. Vogliono essere gli occupatori del tempo libero, in senso creativo, di do- mani! Basta con la Philips, basta con la Se- ven-up, Lexington, Daf, Persil, Pro- dent. i’iviamo in una società autoritaria. Le Autorità (cervello e mani del popo- lo di merda) stabiliscono ciò che deve succedere ; e non abbiamo quasi nes- suna influenza su tutto ciò. Noi orga- nizziamo happenings; l’happening è la nostra partecipazione agli aweni- menti, che le autorità cercano di to- glierci. Contro la nostra volontà le autorità si preparano a una guerra atomica. ~e autorità decidono della nostra V i t a

ha posto)) (in uno dei numeri dei Piacentini del ’68 fra i libri da non leggere è indicato Martin Luther King), connessa alla teoria «globale» della dialettica storica tra metropoli accumulatrice e rapinatrice e resto del mondo (Sweezy), e i l punto d’arrivo di Mar- cuse: i l capitalismo presente non è soltanto aggres- sivo verso l’esterno, è repressivo, omologante, schiac- ciante nella sua propria società. In questo senso ((tutti gli uomini sono in catene)) - né il modello delle società dell’est dice, sotto questo aspetto, alcuna parola di speranza. Così dal negro all’emarginato al folle (folle rispetto a quale misura di umanità?) dal mondo anglosassone viene, a ridosso del 1968, una visione spietata del sistema, che rivela la sua mostruosità non già dove è ancora in ritardo, e può attribuire i l persistere dell’ineguaglianza e delle mi- serie a un’insufficiente espansione, ma là dove è totalmente realizzato - nel cuore dell’impero e della sua apparentemente puritana cultura.

E’ una critica impietosa perché improwisamente sposta i luoghi della cattiva e della buona coscien- za: non sono più ((nemico)) i ricchi e potenti delle ((duecento famiglie)), ma l’intero mondo che ne con- divide i valori - i l tecnico e la tecnica, l’operaio e la fabbrica, la famiglia autocratica e la scuola for- matrice del consenso, l’intellettuale di fortuna e i l nero che spera di essere un giorno accolto a parità di diritti. E i portatori della buona coscienza sono, improwisamente, non più una classe di semplici e sfruttati, forse già dotata d’una sua alternativa mo- rale, come il marxismo - se non filologico, pratico - dei partiti socialisti e comunisti aveva racconta- to, ma i l frastagliato mondo dell’emarginazione, che nulla unisce se non la privazione di sé, e che di bisogno ne porta uno solo: quello di esistere. Se rivoluzione ci sarà mai nel mondo avanzato, saran- no costoro a farla - e con un gesto di violenza. I l tema è assai più disperato e concreto che nei

((provos)) di due anni prima. Concreto ma dispera- to: non c’è più progetto, se non rompere le catene.

Contro l’autorità accademica Nel colloquio di Londra sono dunque venuti con-

vergendo i vicoli ciechi della speranza progressista - nell’economia, nella scienza della società, nella psicanalisi, in ((menti)) collocate alla frontiera del pro- prio mondo, le sole in dialogo con il ((negato)), dal 38” parallelo nel sudest asiatico alla metropoli ca- pitalista. I l capitale è presente, anzi esteso come «si- stema)) di produzione, leggi, valori, che ti integra o ti schiaccia; la figura che doveva esprimere den- tro di sé, nella contraddizione materiale che I’attra- versa, la classe operaia, anello di saldatura di tutte le lotte fino ad allora, è invece scomparsa. Non im- porta più la contraddizione materiale, quando l’in- tegrazione è avvenuta nella visione di sé: basta que- ’ sto perchè il soggetto rivoluzionario cada. Quando questa tematica passa dalle roccaforti anglosassoni, che in verità di tradizione operaia non ne hanno più da un pezzo, alle roccaforti europee del movi- mento operaio e nel solo paese socialista che si domanda se non stia producendo ((una nuova razza di signori che pesano sulla schiena del popolo)), la Cina, lo spostamento è deflagrante: lo schema del- la rivoluzione, il soggetto e il fine cambiano.

Nessuno finora s’è preso la briga di spiegare co- me awenga che nel maggio 1966, poco dopo Ber- keley, assieme alla nascita dei fermenti contro da controrivoluzione globale)), una giovane intellettua- le appenda alla porta dell’università di Pechino i l primo manifesto a grandi lettere ((contro l’autorità accademica)) - come vocaboli e idee che rivelano I assunzione dello stesso schema, spostato dalla con- traddizione materiale dello sfruttato al dualismo che si spalanca fra chi detiene i l potere e chi no, chi

e dellanostramorte. Perciò il Provotariato e dunque ir urto conle autorità. L’istinto anarchico del provotariatc internazionale ha dato nuova ispira zione all’anarchia. Soprattutto il mo lrimento anarchico Provo nei Paesi Bassi si distacca dal Provotariato E tenta di annullare la coscienza di clas sedeiProvosdituttoilmondo. Che vuole l’anarchia? Collettivizzazione (Nessuna proprie tà privata, ma possibilmente molta proprietà comune ) ; Decentramento ( abolizione dello Sta ta, nel quale il Governopossiede quas tuttoilpotere) ; Smilitarizzazione (disarmo, nessunr gerarchia). Una nuova società composta da una federazione di comunità che siano i più autonome possibile, e nelle qual sia abolitalaproprietàprivata. .Nel periodo cibernetico avvenire il la voro dei politici dovraessere svoltodc ((computers)). in questa società tecnocratica decen tralizzata in piccole comunità dovri realizzarsilaveraDemocrazia. Ma il Provo dubita dell’awento dellz rivoluzione e dell’anarchia. Ma il Provo prende animo dall’anar chia: per noi e l'$ce concetto di so cietà accettabile. E la nostra armc ideologica contro i poteri totalitar che minaccianoil Provotariato. Se al Provotariato manca (ancora? la forza per attuare la rivoluzione, c rimane : la furba punzecchiatura. Lc nostra ultima occasione per colpire I( autorità nei loro punti vitali.

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GENNAIO 1 9 6 8 PAGINA 6 DAL SUDEST ASIATICO ALLA METROPOLI CAPITALISTICA

Una sfilata di Mary Quant a Milano, nel ‘6

DIALETTICHE . DELLA LIBERAZIONE

Dal resoconto del convegno lon- dinese ((Dialectics of Liberation)) di Giovanni Jervis in ((Quader- ni piacentini)) n. 32, 1967

Sotto il titolo ((Dialectics of libera- tion)) si e tenuto a Londra, dal 15 al 30 luglio 1967, un congresso per molti versi fuori del comune. Come oratori ufficiali hanno partecipato Herbert Marcuse, Paul Sweezy, Lucien Goldmann, Stokely Carmi- chael, nonché Gerassi, Goodman, Henry, Bateson, Speck, Petrovic, Hajek, e i due psichiatri londinesi cui va il merito principale dell’ini- ziativa e dell’organizzazione, Ro- nald Laing e David Cooper. (... ) Vale la pena tradurre il manifesto programmatico. ((Tutti gli uomini sono in catene. Vi è la schiavitù della povertà e della fame: la schiavitù della sete d i potere, della spinta al prestigio so- ciale, al possesso. Oggi, un regno di terrore viene perpetrato e perpe- tuato su vasta scala. Nelle società opulente, esso è mascherato: qui, i funciulli vengono condizionati da una violenza chiamata amore ad assumere la loro posizione come eredi dei frutti della terra. Ma in questo processo i giovani sono ri- dotti a poco più che punti ipotetici in un sistema la cui disumanizza- zione è totalmente coordinata Per

detiene la cultura e chi no, chi usa dell’uno e del- l’altra per riprodurre formazioni inuguali, poteri ine- guali, emarginazioni e cancellazioni di identità. La signorina Nieh Yuan tsu e i suoi sei compagni non hanno certamente notizia del dibattito americano né qualcuno ha insegnato loro quella forma di espressione diretta; che è l’attacco alla gerarchia per via non formale e che darà luogo all’esplosione del- le scritte murali. I suoi precedenti stanno piuttosto nel dibattito al vertice del Pcc, nella ((circolare del 16 maggio)) ancora non nota; ma sta di fatto che le tesi {(antistataliste di Mao)) sono ascoltate e ripre- se in quella forma inusuale, rottura dei tabù e delle regole, non fra gli operai e neppure fra i soldati a piedi scalzi, ma fra gli studenti dell’università Pei- ta. Mao risponderà loro, dalla posizione carismatica e non formale che detiene, i l 1’ giugno: ((E’ i l ma- nifesto della Comune di Parigi degli anni ’60 di que- sto secolo, che vedrà nascere una forma del tutto nuova di struttura di stato)). E per tutta la fase avan- zante della ((rivoluzione culturale)) le guardie rosse saranno studenti, una marea di studenti, che inne- scheranno poi a Shanghai la più antica classe ope- raia di quella sorta di continente, e che parleranno il linguaggio antiistituzionale, derisorio, fortemente soggettivista dei loro coetanei in Europa e negli Stati Uniti. E non conta molto che, a differenza di loro, abbiano un punto di riferimento potente: esso, Mao, è punto di riferimento in quanto simbolo dell’anti- stituzionalità, dell’anti-partito che si è fatto potere.

Sulla Cina ritorneremo perché, quando le univer- sità italiane parleranno quel linguaggio, in Cina il Congresso tenterà di segnare un passo indietro, una regolamentazione della corrente che esplode - sa- remo in aprile di quell’anno. Intanto sono acquisiti due punti di rottura che si formano ed esplodono in «punti alti)) del sistema mondiale, e che tali si possono definire non per i livelli del reddito ma per

una forma di acculturazione avanzata e cosciente d’una discordanza acuta fra l’idea di ((democrazia)) o dei ((diritti)) nel capitalismo e nel socialismo, e la realtà d’un dilagare di poteri omologanti: lo spo- starsi della contraddizione dalla sfera dell’economia a quella della politica, e la presa in mano di sé di ((soggetti diretti)). -

I1 rifiuto dei movimenti operai -

A loro volta, quando questi si disegnano e svi- luppano in Italia o in Francia, è difficile sostenere che sono stati ((formati)) da Berkeley, o dal Conve- gno di Londra, o dalla Monthly Review o da Pechi- no. Le immagini inizialmente più vicine sono i l Viet- nam e Che Guevara: e sono, in qualche misura, immagini più semplici - eroi di lotte di liberazio- ne. I piccoli e soli contro i l grande e potente; ma né i l Che né zio Ho avrebbero capito Nieh Yuon- Tsu, né i ((provos)) né i l teschio con la feluca che simboleggerà la cultura trasmessa nelle lotte di Pa- lazzo Campana. I f i l i che i l 1968 raccoglie in Euro- pa - dove sembra realmente prendere i l suo no- me quell’ondata di rivolta - sono molti e diversi; ma il segno che solo l i unifica è l’irrompere sulla scena d’una gioventù studentesca, che poi dilaghe- rà «nel sociale)) e riprenderà un contatto indiretto con le punte operaie, e che sposta la grande con- traddizione dallo sfruttamento al potere.

Questo è così nuovo che tutti i movimenti operai tradizionali, i partiti e le istituzioni le saranno con- trari: essi si sentono investiti come potere in fieri, anche quando sono partiti di lotta, e non solo per ragioni diplomatiche e di politica estera; Fidel Ca- stro nel maggio 1968 lascerà senza risposta I’appel- lo che gli viene dal maggio francese. Una chiave per la lettura del 1968 è certamente questa; è cer- tamente inerente a fenomeni sociali di perdita d’i-

il resto, il terrore non è maschera- to. Esso si chiama tortura, freddo, fame, morte. I l mondo intero è ora una unità irriducibile. Le proprie- tà del sistema mondiale globale ci forzano a sottometterci, come a fatalità, al Vietnam, alla fame del terzo mondo e così via. In un conte- sto globale, la cultura è contro d i noi, l’educazione ci rende ,sch.iavi, la tecnologia ci uccide. E nostro dovere contrapporci a tutto ciò. Dobbiamo distruggere le illusioni che abbiamo acquisito su ciò che siamo, chi siamo, dove siamo. Dobbiamo combattere la nostra pretesa ignoranza su ciò che acca- de, e la nostra conseguente man- canza d i reazioni nei confronti di ciò che rifiutiamo di conoscere. Oggi conosciamo ciò che accade solo attraverso il filtro di rnenzo- gne sociaialmente sanzionate, ma ciò che è non è il limite di ciò che è possibile. Ci incontreremo a Lon- dra sulla base di una vasta gamma di conoscenze specifiche. Le dia- lettiche della liberazione iniziano con il chiarimento della condizione attua le )). Fin dal programma, ma anche dal- la scelta degli oratori, risultava implicito il tentativo ambizioso di cercare un discorso comune, o una serie di problemi-ponte, fra le istanze rivoluzionarie e la critica culturale; o forse, più precisamen- te, fra il rifiuto di un sistema capi- talista ((totalizzante)) e la presa di coscienza delle false problemati- che soggettive dei suoi membri (...).

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Vovembre ’65. Serata in onore di James Baldwin (a destra) nel salotto di Giangiacomo e Inge Feltrinelli (a sinistra). C‘è anche Fernanda Pivano (al centro)

dentità gerarchica della cultura (la miseria della mas- sa studentesca, non più terreno d’eiite), è sicura- mente un passare dei soggetti dal gregarismo del Che fare?, dall’essere cioé identificati da un’elabo- razione e guida politica esterna, all’azione diretta dell’individuo collettivo che nella sua condizione so- ciale vede il riprodursi d’una soggezione oppressi- va, un principio di morte ((storica)).

Dawero difficile negare che queste percezioni non volgano diritto nei nodi delle società dell’est e del- l’ovest, e su scala e con una rapidità d’intreccio e comunicazione che non ha precedenti. La stessa co- municazione diventa ((altra)), propria, gestita diretta- mente nella forma del manifesto, della scritta lan- ciata a tutti da un muro, dell’intervento anonimo in mezzo a tutti, dell’assemblea e del viaggio .- ci si sposta perché il mondo è unificato dalla co- mune presenza. Per almeno dieci anni le capitali più o meno rivoltose saranno invase dal giovane che si sposta come può, non solo (altro sarà i l viag- gio in Oriente, alla caduta delle speranze e alla ri- cerca d’un senso), con pochi mezzi perché la sua casa è dovunque, e tutti i ((suoi)) lo riconoscono e gli aprono la porta.

Questo ((soggetto)) è nuovo, perché socialmente non è mai esistito prima e perché porta una co- scienza di sé che non è figlia della coscienza ope- raia, nè progressista. Questo punto è intollerabile, culturalmente parlando, in Italia e in Cina, cioé nei due paesi dove la classe operaia ha avuto e conser- vato il maggior ruolo nell’antagonismo e nelle lot- te. Finché queste awengono, infatti, è difficile ve- derne un limite ideologico o negli obiettivi: i l con- flitto ha in sé un potenziale inequivocabile. Così il ’68 avrà in Italia la più grande e lunga estensione, vivrà l’elaborazione più complessa, passerà le sue parole d’ordine di mano e anche le problematizzerà.

Non pensiamo tanto per i tentativi di aggancio

i )

marxiano che propila e, credo, soltanto in Italia ven- gono compiuti. Una gioventù studentesca politica- mente più colta e in presenza d’una serie di fer- menti anche nel sindacato dopo la fine degli anni ’50, sviluppa tre ordini di ragionamenti: il ’68 stu- dentesco come estensione della lotta operaia degli anni ’60 (è la posizione di ((Contropiano)) a Venezia, abbastanza isolata); la natura mercificata della cul- tura nel capitalismo avanzato, e quindi 1’universit.à come produttrice di merce (Trento), che unifica in uno schema marxiano i diversi soggetti; il farsi del- la scuola da formatrice a formatrice di ((forza lavo- ro)) qualificata, in corrispondenza alle nuove esigen- ze dello sviluppo, proletarizza ((oggettivamente)) gli studenti (Pisa).

I1 mai avvenuto prima A distanza di anni tutte e tre le impostazioni ap-

paiono assieme vere e insufficienti a definire il aes- santottismo)). E certa una conseguenzialità non sol- tanto temporale tra il conflitto sociale italiano e la rivolta studentesca, tanto è vero che varrà, solo pae- se al mondo con la Cina, l’impatto inverso, dagli studenti agli operai (come esamineremo nel ((caso italiano)) in uno dei prossimi numeri); è certo che l’analisi della culturdmerce è esatta, anche se tota- lizzante; è certo che lo studente non si vive più co- me parte d’una classe dirigente, ma come sposses- sato e quindi, anche, forza di lavoro in formazione. E tuttavia sia i tempi sia gli accenti variano, da ope- rai a studenti; sia le tesi di Università negativa sono costrette a uscire da sé in un’analisi che va oltre ((ce che varrebbe un ghetto d’oro in un mondo di merda)), come la celebre battuta di Mauro Rosta- gno), e infine la ((forza di lavoro in formazione)) sa- rebbe risultata rapidamente eccedente. I l discorso americano, cinese, torinese e francese dello studen-

te come oggetto d’un condizionamento al potere, terreno di introiezione di una cultura del dominio, il prevalere della questione del politico e del potere sull’antica questione sociale dello sfruttamento, so- no i detonatori più forti e diffusi anche in Italia, intridendo i l movimento anche là dove I’elaborazio- ne delle ((tesin o dei documenti è diversa. Lo spo- stamento sul soggetto e la sua ((diversa qualità)) è determinante.

Anche per la natura illimitata della sua radicalità. Già a febbraio del 1968 un testo di Elvio Fachinel- li, psicanalista milanese, va oltre la denuncia della psichiatria alternativa (emarginazione del folle co- me del nero o del proletariato) per analizzare l’io rivoltoso. i/ desiderio dissidente, anch’esso uscito sui ((Quaderni Piacentini)) e testo recepito fortemente come autointerpretazione, parte dalla rottura di con- tinuità come ((uccisione del padre)) - e tocca diret- tamente i l sentire di sé d’una gioventù che rifiuta quel che ha alle spalle non in quanto esclusione ma in quanto promozione. Mai awenuto. Ma con- notante d’un desiderio illimitato di ((andar oltre)); che non può che definirsi come ((non essere)) questo o quello, temere ogni sia pur conquistata tappa come cristallizzazione e istituzionalità, dunque principio non vitale, di morte. Questa tesi legge l’impossibilità dello studente di fermarsi, darsi nuove strutture o piatta- forme: in quelle settimane, l’occupazione di Palazzo Campana viveva il suo ((no)) alla piattaforma, diffe- rentemente da altri atenei, come poi i movimenti di tutti gli atenei avrebbero rifiutato ogni forma di aggregazione strutturata - desiderio ((fermato)), ne- gazione del dissidio, autorità di ricoagulazione. Og- gi si rimprovera agii studenti quello di cui ebbero coscienza subito, nella loro fase montante, che l i avrebbe condotti alle contraddizioni accettate del pri- mo convegno di Milano e poi a quelli di giugno e settembre a Venezia, dopo aver fatto saltare quel-

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GENNAIO 1 9 6 8 PAGINA 8 UN SOGGETTO NUOVO, NON FIGLIO DELLA COSCIENZA OPERAIA

IL DESIDERIO DISSIDENTE

Dai ((Quaderni piacentini)), n. 33 del 1968.

Ciò che sta dietro, per questi giova- ni (sottolineo questi) è un’immagi- ne o un fantasma di società che, mentre promette una sempre più completa liberazione del bisogno, nello stesso tempo minaccia una perdita dell’identita personale. Cioé abbina un’offerta di sicurezza immediata a una prospettiva inac- cettabile: la perdita di sé come progetto e desiderio. La liberazio- ne dal bisogno sembra anzi avere come sua condizione la rinuncia al desiderio ( .. . ) . Poniamoci le domande classiche del Questore, del Rettore, deiGeni- tori, nonché dei facenti funzione : «che cosa vogliono?)) e ((chi li co- manda?)). Ce ne daremo le stesse risposte : ((non si sa cosa vogliono)), ((vogliono l’impossibile)), e insie- me : «non si sa chi gli mette in testa certecose)). (...). C’è dunque l’unione di un impossi-

le organizzazioni giovanili comuniste e socialiste (o meglio Psiup) che pure s’erano mosse confusamen- te negli anni precedenti in questa direzione di radi- calità, scontrandosi duramente con i partitilpadri.

Anche questa coscienza d’una impossibilità di fer- marsi fu il 1968. Fortini scriveva che la fine di ogni sciopero è una conferma del sistema, altri intellet- tuali si definivano per negazione del progressismo, spostavano il fuoco su di esso (i libri da leggere e da non leggere, e da non leggere era tutto ciò che non diceva l’impossibilità di avanzare senza rot- ture; la ((canaglia socialdemocratica)); i l nero non- violento). E tuttavia si tratta assai più d’un bisogno di esorcizzare l’integrazione dentro di sé, che una predicazione dell’atto violento per.« Per che cosa? I l soggetto del desiderio dissidente si scopre, non senza qualche felicità e narcisismo; ognuno ha den- tro di sé tutte le potenzialità, veuillez I’impossible. Negare il progetto perché affermarsi ((in rivoluzio- ne» è tutta la realtà - una rivoluzione che, più che scontrarsi, vuole affermarsi negando la negazione. Non si pone mai questioni di strategia offensiva; non è una guerra né di movimento né di posizione: vuole crescere infinitamente su di sé, nella doppia coscienza che questo è i l massimo dell’antagoni- smo, lo sdoppiarsi d’un mondo che non parla più lo stesso linguaggio. La sfida a ((riportare l’ordine)) sarà lasciata all’altro. L‘occupazione è presa di spa- zi già propri, usarne è una possibilità senza pro- gramma, perché presto saltano i programmi predi- sposti, mescolare disciplina, discipline ed esperien-

- . _ _ . ~~~

Emigranti italiani alla stazione di Ginevra nel ’6

ze - riprendere in mano tutta la propria vita, sen- za più permettere che sia divisa.

Questa è una rottura, un «mai awenuto prima)). Forse nei grandi momenti di lotta anche in passato il soggetto montante ha sentito in sé una forma di compimento e di gioia che prescindeva dall’o- biettivo da raggiungere; ma deve averlo vissuto co- me uno stato d’animo, un momento esistenziale. Qui, di fronte a un sistema awolgente e senza var- chi, la ((rivoluzione)) torna, dallo scontro, all’io, al- l’essere contro e diversamente, al vivere i l muta- mento.

L’uscita da sé

Questo è i l ’68 allo stato nascente, un’illimitata sco- perta dell’io e delle sue negazioni storiche, politi- che, esterne, miserevoli. Accusato di ugualitarismo, mai nessun movimento fu meno gregario: i l collet- tivo era per esistere come persona nuova, ciascuno con tutta la sua parte di verità - non tutta la veri- tà, ma sua e incancellabile. Anche la scoperta del- l’altro diventava, così, un’awentura, non un appiat- timento d’identità. Non a caso gli slogan nascevano dallo stare insieme e le loro parole - quelle del maggio, le più scevre di ((contaminazioni)) da altre esperienze di lotta - furono parole mai usate in politica. La fantasia al potere. L’amore, la sessuali- tà, i l piacere diventavano, come suonava una scrit- ta a lungo rimasta sui muri dell’aula magna dell’u- niversità di Roma, la stessa cosa della rivoluzione;

bile e di un quasi anonimato; la tensione verso l’avanti si unisce, nel gruppo, a una situazione pres- soché paritaria. Ma c’è una cosa che non si vede di solito, appunto perché è radicalmente nuova. Ed e la necessità di questo rapporto per la sopravvivenza del gruppo stes- so. In modo dapprima irriflesso, poi sempre più consapevole, il gruppo ha messo in moto la dialet- tica del desiderio. Ciò che era ri- chiesto ieri ed e concesso oggi, non basta più; chi offre viene a sapere che la sua offerta, anche se accet- tata, sarà seguita da un’altra ri- chiesta. Dunque ciò che conta non e la meta, non è la proposta in sé, più c meno «reale»; il gruppo impara sempre meglio che essenziale per la sua sopravvivenza non è Z’ogget- to del desiderio, ma lo stato di desi- derio. E perché questo permanga, bisogna perdere l’illusione di un’incarnazione definitiva del de- siderio: il desiderio appagato è morto come desiderio, e alla sua morte fa seguito la morte del grup- PO. Infatti, il modo meglio codificato di appagare il desiderio del gruppo è quello di incarnarlo nella figura del leader. Qui non importa se si tratti di una persona o di un valore.

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PAGINA 9 GENNAIO 1 9 6 8 LA COSCIENZA DELL’IMPOSSIBILITÀ DI FERMARSI

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Milano, maggio ’66. Primo raduno nazionale dei capelloni

Nel momento in cui il leader tende ad esaurire in sè il desiderio collet- tivo, il gruppo cambia carattere. Da gruppo di desiderio, come po- tremmo chiamarlo, tende a farsi gruppo di bisogno. E questo richia- ma allora all’interno del gruppo tutti i problemi che la sua costitu- zione intendeva appunto risolvere. Per agire sul presente, la spinta verso il futuro deve dunque valersi di capi in statu nuscendi. La prati- ca delle decisioni e proposte d’azio- ne sempre prese in comune, eliden- do quasi del tutto la figura rappre- sentativa, sia essa patente o «la- tente)), non e un’cesigenza demo- cratica)). E l’intuizione della condi- zione di base necessaria per il so- pravvivere e l’estendersi di questo

A una società che offre la soddisfa- zione del bisogno, esso oppone un perenne NON BASTA. Diventa così una cerniera di passaggio: trasforma quelli che entrano a far- ne parte e li restituisce all’esterno come germi vitalmente pericolosi.

. tipo di gruppo.

un atto di unità e di uscita da sè, un abbraccio con l’((altro)). E’, questa, un’esile situazione della co- scienza e del movimento, per quanto siano le sco- perte, gli sguardi folgoranti su di sé e attorno a sé, che permette. Che non potesse durare, come tale, più di qualche mese, è owio. Ma in questo passaggio che cosa distruggeva e che cosa creava?

Se, come dicono taluni, fu l’ultima grande rivolta contro l’esistente, i l capitale, i l ((sistema)), fu anche una rivolta che non conobbe nessuna delle tattiche della guerra, quando si tratta di strappare metro per metro all’awersario e in qualche misura si parla il suo stesso linguaggio. Da allora il ((soggetto rivolu- zionario)), almeno in Europa, non potrà essere io stesso: né nella composizione sociale - né nella coscienza di sé dei soggetti - le grandi lotte ope- raie avranno una soggettività e una cultura che dal- la fabbrica le riporta al ((meccanismo)) del sistema. Ma, come vedremo, questo è quel che il ’68 conse- gna al 1969 e agli anni seguenti.

L‘elemento di discontinuità è, dunque, a nostro awiso travolgente. Esso tritura quegli elementi di progressismo - ottenere gli stessi diritti finora go- duti da pochi - che ha caratterizzato tutte le lotte di classe e le lotte di liberazione. Ormai si parla d’altro. Questo ((altro)) è così diverso che dopo il 1968 tutto si può dare, da parte della classe domi- nante, fuorché una ((rivoluzione passiva)), l’accetta- zione indolore dentro i l proprio congegno di quei nuovi portati, di quelle nuove domande, spuntate della loro carica negatrice. L‘infinita dissidenza non

ha posto. Che, da allora, parta una crisi epocale del modo di essere del sistema economico e politi- co, degli apparati dello stato e degli stessi partiti e dei movimenti, è certo; crisi nel senso che la pos- sibilità di scambio si andrà disgregando. Ci saran- no grandissime latenze, i movimenti taceranno a lungo; ma @ella loro lingua non si parla insieme. Questo mina, credo dalle fondamenta, i l principio di rappresentanza.

I1 mutamento dello scenario Resta un’ultima osservazione, per questa prima

chiave di lettura: quanto di questa messa in causa totale scontasse, come limite ma anche come pos- sibilità, una «tenuta espansiva)) e quindi nelle forme della democrazia povera, ma intanto assicurata, del sistema e dello stato. I l ’68 è figlio della certezza della società democratica e affluente. A essa dice no. Quando questa, come Proteo, e per la prima volta dal dopoguerra, gli cambia sotto le mani le carte del gioco, facendosi restrittiva e privandosi di quella ((tolleranza repressiva)) della quale s’era ve- duto l’autoritarismo, si verificherà - in tutto il mon- do, negli anni ’70, - non solo una stretta del mo- vimento, ma come una sua impreparazione e sor- presa; e questo è rivelatore di quanto, come awer- sario, aveva tuttavia assunto in continuità. La deri- sione che investì d e magnifiche sorti e progressive)) di quello che fu chiamato i l meocapitalismo)) o la coesistnza, cadde assieme con l’uno e con l’altra. Lo scenario è cambiato.

Per di più, la sua stessa esistenza ?iventa fonte di contagio, giacché %mostra che la tensione utopica :osi organizzata e la sola possibili- ;a efficace di negazione di questo ?resente. ( . . . ) . [l richiamo al ((principio di realtà)) viene scambiato per un richiamo all’ordine, vale a dire alla realtà che una certa società incarna e . pretende assoluta. Quando poi la società si considera totale, e pre- tende di abbracciare ogni possibile realtà, ogni possibile forma di bene, ciò che la negaviene conside- rato e trattato come inesistente o cattivo. Ma l’ostinata ((obiezione d’inco- scienza)) del desiderio, che si esten- Ce dal ((sogno)), da,ll’«astrattezza», fino all’agire ((folle)) e ((fuori delle regole)), chiarisce la scarsa realtà di questa pretesa realtà assoluta. La colpevolizzazione del futuro, cioé dello slancio verso di esso, pa- lesa così alla luce del sole le sue radici conservatrici.

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GENNAIO 1 9 6 8 PAGINA 10 CRONOLOGIA. LUNIVERSITÀ RIBOLLE

GENNAIO MOVIMENTO ITALIA CRONACA CRONACA ESTERA POLITICA ITALIANA

Lunedì Sgombrato a fine dicembre dalla polizia Pa- lazzo Campana a Torino. Un gruppo di cat- tolici del dissenso è fermato e dununciato mentre prega per la pace in piazza San Pie- tro la notte di san Silvestro.

Il bandito sardo Antonio Sais ucciso dalla polizia a Orgosolo; latitante,cercava di rag- giungere la casa dei genitori per passare Capodannoinfamiglia.

Ridotto da tre a due anni il servizio militare nell'Urss. Maria Madre di Dio 1

~

Ondata di freddo in tutto il paese; neve in Sicilia. Arrestati a Milano direttore responsabile e redattore capo della rivista pomo ((King)).

Chris Barnard pratica a Città del Capo il secondo trapianto di cuore (dopo il primo esperimento del dicembre '67). Il paziente bianco è Phil Blaiberg; il donatore è Che Haupt,mulatto. (Blaiberg ha firmato I'auto- rizzazionea usare un cuore(tnon-bianco)).)

Il Vaticano precisa di non aver richiesto I'in- tervento della polizia. Destituito l'ispettore presso la Santa sede. Gli operai della Stifer- ,fabbrica di Pomezia occupata da 22 giorni, manifestano sotto la Confindustria a Roma.

Il dittatore boliviano Barrientos -a Zurigo per cercare aiuti contro la guerriglia- si dichiara pronto a scambiare la libertà deli'intellettua- le francese Régis Debray (arrestato in Boli- via) con quella di Huberto Matos, detenuto a Cuba.

1 Giovedì Giornata di lotta nel Meridione contro la Un'inchesta Gallup rivela che il 45 per cento scarsità d'acqua. degli iscritti ai sindacati Usa e la maggioran- Rettifica del Vaticano; reintegrato I'ispetto- za dei reduci sono contrari alla guerra nel re destituito. frode per uso di materiale scadente), Vietnam. Ingiunzione di sgombro per gli operai della Manifestazioni anti-Usa a Stoccolma e

Kinshasa. Stifer.

Rinviati a giudizio 22 fra privati e funzionari Incis e del genio civile per lo scandalo del villaggio olimpico a Roma (tutti accusati di

S. Ermete

Venerdì Cento studenti sospesi dagli esami per un anno a Palazzo Campana.Molti-non sospe- si restituiscono i tesserini e si dichiarano responsabili deli'occupazione di dicembre. Firmato il contratto degli stata1i:l'aumento minimoèdi 10.000 lire. Italia,

Scarcerato Elio Juliano, ex-dirigente della squadra mobile di Sassari, accusato d'aver costretto un imputato a confessare una ra- pina mai commessa. Sostituito l'ambasciatore statunitense in

Negli Usa è lanciato un appello per la libertà di Morton Sobell, condannato a 30 anni di carcere nel processo che si concluse con la condanna a morte dei Rosenberg.

S. Amelia 5 Sabato Epifania N.S. 6 Ultimo giallo da prima pagina degli anni '60:

l'assassinio del conte Cesare d'Acquarone a Acapulco e l'arresto della suocera Sofia Bassi.

A New York manifestazione pacifista di donne. Annullata la visita del vicepresidente Usa Humphreyin Etiopia dopo proteste. Barbra Streisand e Julie Christie donne peg- gio vestite del '67.

S'awicina la ripresa del processo contro Scalfari-Jannuni per le rivelazioni (su ((L'E- spresso))), a proposito del (cgolp)) progetta- to dal generale De Lorenzo nell'estate '64, confermate proprio in dicembreda numero- se testimonianze.

Sette e sei in condotta per gli studenti medi torinesi che hanno partecipato alle manife stazioni didicembre.

Trapianto di cuore anche negli Stati uniti, a Palo Alto: il paziente si chiama Mike Kaspe- rak. nedel Psu (PsiePsdialloraunificati). Incriminato per assassinio il fondatore del Black Panther Party, Huey Newton.

Il Pci insiste per un'inchiesta parlamentare sul Sifar (i servizi segreti); incerta la posizio-

Lunedì A Torino prima assemblea dei rappresen- tanti delle università in lotta.

Arrestato a Cagliari Nino Cherchi, uno dei piu importanti (con Graziano Mesina e Giu- seppe Campana) latitanti della Barbagia.

Processati a Mosca quattro dissidenti arre- stati mesi prima durante un volantinaggio: Ginsburg, Galanskov, Dobrovlski e Vera Lazkova. Il processo si svolge a porte chiu- se.

Alla direzione del Psu, Lombardi attacca Nenni a proposito del comportamento del partito nel caso Sifar. Riprende alla Camera la discussione sul pro- getto di riforma universitaria (la 23141, pre sentatodal ministro Gui.

S. Massimo m. 8 Due studenti, un assistente e un professore denunciati a Napoli per l'occupazione del- l'università nel maggio '67.

Nuova ondata di maltempo; nevea Roma. La navicella spaziale Surveyor arriva sulla Luna da dove trasmette immagini alla Terra. Nuovo trapiantodicuorea New York. Un sedicenne condannato a morte negli Usa per parricidio.

((L'Unità)) pubblica i piani del Sifar per I'oc- cupazione della Rai nel luglio '64, Comincia al Senato il dibattito sulla legge elettorale regionale; Msi e Pli annunciano l'ostruzionismo.

Mercoledì Riapertura delle università: occupati (e subi- to sgombrati dalla Ps) Palazzo Campana e la facoltà di chimica a Padova. Gli studenti del Centro sperimentale di cine- matografia decidono di continuare lo scio- perochedura dal 13dicembre.

Trentun intellettuali sovietici nondissidenti chiedono che le sedute del processo a Gin- sburg e agli altri siano rese pubbliche. Il giorno prima, la stessa richiesta costa I'arre- sto all'ex-generale Grigorienko. Muore Luis Block, l'ultimo paziente con il cuore nuovo.

La Dc è battuta in Parlamento su un comma della legge sul divorzio che permette lo scio- glimento civile anche dei matrimoni religio- si.

I 1

Battesimo di Gesù O

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GENNAIO 1 9 6 8 PAGINA 1 1 CRONOLOGIA. ONDATA DI FREDDO IN ITALIA

NORD SUD MUSICA CINEMA E TEATRO w

Johnson, presidente Usa, annuncia misure economiche per sostenere il dollaro: essen- zialmente riduzioni degli aiuti e degli investi- menti all'estero.

Scambi di colpi d'artiglieria fra israeliani e giordanisulledue rivedel fiume Giordano.

((Billboard)) scrive che per la prima volta in. Usa le vendite di Ip hanno superato quelle dei45giri (193milionicontro 187).

((Via dalla pazzafolla»di Schlesingermiglior filmdeli'annoin Usa. A Roma,il Nuovo Olimpia annuncia: 365 film non-commerciali all'anno(si inizia con Fellini,Antonioni e Bergman).

Tre minuti di pubblicità in più al giorno sui canalitv. Sul primo,ciclosul westernclassico.

In Grecia, scarcerati e messi agli arresti do- miciliari tre generali che il 13 dicembre '67

Nello Yemen dove la guerra civile dura or- mai dal '@- ,i monarchici assediano la capi-

Durante le feste, fra i più visti: ((Gangster story))(2 oscar), «Nick manofredda»(l Calindri). Minacanta Derla pasta Barilla.

Fra i Caroselli: ((Non t'arrabbiare)) (Cynar-

avevano appoggiato il ((contro-golpe)) del re Costantino contro i colonnelli fascisti (ai poteredall' aprile '67).

tale Sana'a. oscar), ((Blow up», ((Bella di giorno)), «Ja- mes Bond Casinò Royale)), ((Quella sporca dozzina)), ((Si vive solo due volte)), ((Questi fantasmi)) ((1 a relininsm

Johnson ripristina la Commissione per il controllo delle attività antiamericane, re- sponsabile dellacaccia allestreghe)). Riprendea Praga il plenum del Ccdel Pcc; lo scontro è fra stalinisti (Novotny) e riimisti (Dubceke Cemik).

Riprendono i bombardamenti Usa sul Nord Vietnam: colpiti i sobborghi di Hanoi. Fidel Castro annuncia il razionamento del petrolio, ad uso pubblicoe privato, a Cuba.

Si apprende che è morto Bert Berns, autore di ((Twist and Shout)), uno dei bianchi che più hannoinfluenzatolascena R8Besoul.

Incassi italiani '67: ((Bella di giorno»(l miliar- do800 milioni) in testa; superano il miliardo (Cera una volta)) , «Il tigre)), «Dio perdo- na,io no», ((La resa dei conti)), (tBlowup»èa 600 milioni, «La Cina è vicina)) a !36 e ((Edipo re» a 548 milioni.

Il Nord Viitnam si dice pronto a negoziati, previa fine dei bombardamenti; il segretario distato Usa,Rusk, èevasivo. Respinto dai repubblicani yemeniti l'assedio contro Sana'a.

((Cinema 60)) pubblica la sceneggiatura di ((La cinese)) di Godard; «Filmcritica» dedica una sezione alla guerra in Vietnam; il colletti- vo della rivista ((Ombre rosse)) sospende le pubblicazioni e partecipa all'occupazione di Palazzo Campana a Torino.

Dubcek sost.m*cce Novotny alla segreteria del Pcc. Robert Kennedy e McCarthy, candidati d e mocratici alla presidenza, sono per I'interru- zionedei bombardamentisul Vietnam.

Sei ore di colpi d'artiglieria fra Giordania e Israele. Te1 Aviv annuncia che per la prima volta un gruppo di guerriglieri palestinesi è penetrato in Israele partendo dal Libano.

Disco dell'anno proclamato (a 9 mesi dall'u- scita)c(Bob Dyian'sGreatest H'ts)).

Bilancio sui libri di cinema del '67: fra i più importanti ((1 cineasti)) di Sadoul, ((Storia del cinema)) in 4 volumi editi da Vallardi, la con- clusione di «La storia generale del cinema)) di Sadoulh gennaio esce d'estetica del mito)) di Dorfies.

Tra i servizi di «Tv 7)) (la perla della Rai anni- ,601, inchiesta sulla scuola dell'obbligo: ((bocciareo non bocciare)).

Si apre a L'Avana il congresso culturale internazionale, presenti 440 intellettuali di tutto il mondo. abbinata alla lotteria di capodanno. Mino Croce.

Dalida vince, davanti a Rita Pavone e Clau- dio Villa, la trasmissione ((Partitissiman,

A Rapallo, si conclude il XIVfestival dedica- to ai cineamatori: vince ((Sotto il monte)) di

Finisce ((Partitissima)), presentata da Alber- to Lupo, dopo che le accuse di plagio for- mulate da un presentatore avevano messo in forse l'ultima puntata.

Il premier israeliano Levi Eshkol a colloquio con Johnson nel Texas.

I guerriglieri del Fln attaccano una base Usa vicino a Da NangAiprendendo un appello del papa, 18 vescovi sudvietnamiti chiedo- no la finedei bombardamenti sul Nord.

Referendum di San Francisco Kmpx, sta- zione underground Usa: Dyian presidente, Joan Baez,segretario di stato, George Har- rison, ambasciatore all'onu, i Grateful Dead ministri della Giustizia, il (tre)) dell'Lsd Ow-

Abruzzese scrive per ((Contropianon un saggio su cinema e politica, in forte polemi- ca con i tentativi conciliatoriifraartee lotta di classe (((l'unico cinema politico del momen- toè la sacia,interna al capitale,di 007))).

Altri Caroselli: BornbardoneSan Pellegrino («seee...vuoi bere un prodotto genui- no...))), l'ispettore Rock(bril1antina Linetti) perde il suop brascciodestrodopo 11 anni.

sley Stanley ministro del Commercio.

A Roma,proiettato a tarda notte -dopo un la listadisinistra. nuk, l'ambasciatore Usa in India, Chester c - dibattito- «Acid» di Giuseppe Scotese,

filmsulla droga bloccatodalla censura.

Elezioni municipali a Bastia in Corsica: vince Arriva in Cambogia, per colloqui con Siha-

Bowles. Attentati nella striscia di Gaza'occupata dal giugno '67,contro israeliani. Rappresagliedi IcrapIp I","",...

L , .....,-- Il governo belga invita gli Usa a cessare i bombardamenti in Vietnam

L'agenzia di informazioni del Pathet Lao, organizzazione rivoluzionaria laotiana, de- mM!u- '\r Y oko Ono. fra ali altri). I nchbnl rit-nwn dza Inhncnn acciri ira~inni ci i - ni inria inri ircinni CI id\ibtnarnhP nel I nns

Il cineclub romano Filmstudio inizia a pro- arammare il New American cinema (rVl@kas

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gli aiuti militari.. i-# ; A Palazzo Campana nasce un nucleo di studenti-cineasti per usare strumenti audio- visivi nelle lotte.

Arrestato in Grecia il dirigente della sinistra Spiros Karas. Rude Pravo, quotidiano del Pcc, accusa (senza nominarlo) Novotny per le violazioni

Van Thieu, presidente del Sud Vietnam, annuncia che per il Tet (capodanno lunare alla fine di gennaio) sarà osservata una tre- gua disole48ore.

Il regista Antonioni annuncia l'inizio delle riprese di ((iabriskie Point)) chesi gioverà del rock acido dei Pink Floyd, Kaleidoscope, Grateful Dead, Young Blood.

Sul secondo tv,sette dibattiti intitolati ((Il '68 nel mondo)) su Gran Bretagna, America latina, Rf t e Est Europa, Cina, Medio orien- te, Francia, distensione Usa UrsS. dei diritti costituzionali sotto la sua gestione.

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GENNAIO 1 9 6 8 PAGINA 12 CRONOLOGIA. TERREMOTO IN SICILIA

GENNAIO MOVIMENTO ITALIA CRONACA CRONACA ESTERA POLITICA ITALIANA

La polizia interrompe un'assemblea a Pado- va e annota le generalità di tutti i partecipan- ti; per protesta, in serata occupate cinque facoltà.

Scontri all'università di Madrid; chiusa fino al primo marzo la facoltà di Scienze polii- che. A Washington, la polzia cerca di entrare nell'ambasciata cubana per arrestare Rap Brown, unodei leader del Black Power.

Rinviato all'ultimo minuto il consiglio dei ministri che dovrebbe decidere dell'inchie sta parlamentare sul progetto golpista del Sifar.

A Padova gli studenti chiedono le dimissioni del rettore Ferro; mozione di sfiducia del consiglio di facoltà di scienzeverso il rettore.

A Madrid, cariche di cavalleria contro gli studenti. necomposta da tregenerali. AI processo di Mosca contro ((i 4 ~ , accolte tutte le richieste del pm: condanne da sette a un anno.

L'inchiesta Sifar affidata a una commissio-

S. Ilario 13 Sabato

Sgomberata l'aula magna di Palazzo Cam- pana. Due giornate nazionali di mobilitazione sin- dacale per l'aumento delle pensioni.

Muore a Napoli l'editore Tommaso Pironti, amico di Eduardo De Filippo e editore della ((Smorfia)).

Trovato in Guatemala il cadavere di Rogelia Cruz Martinez, miss Guatemala, militante comunista sequestrata dagli squadroni della morte. Scontri fra studenti e polizia a Madrid: 30 arresìi.

AI processo Sifar-«L'Espresso)),citati i mini- stri Andreotti e Taviani,De Martino e alcuni alti ufficiali. Viene letto (censurato però in 70 punti) il rapporto Manes.

Terremoto in Sicilia: oltre300 morti, decine di migliaia di senzatetto la cui situazione - per le disfunzioni nei soccorsi- diventerà nei giorni seguenti ancor più drammatica.

In Guatemala,ritrovati i corpi di 7 contadini trucidati dall'organizzazione fascista Mano bianca. In Venezuela, occupate le terre dei latifondi- sti per protesta contro la mancata attuazio- ne della riforma agraria.

Ratificatealla Cattolica di Milano leespulsio- ni di Capanna, Pero e Spada; immediata protesta a San Pietro degli studenti della Cattolica di Roma.

I coniugi egiziani Bebawi, accusati d'aver ucciso un connazionale a Roma nel '64, condannati a 22 anni in appello (erano stati assolti in primo grado).

Scontri a Tokio fra polizia e Zengakuren (l'organizzazione degli studenti rivoluziona- ri) in partenza per Sasebo, per manifestare contro l'arrivo della portaerei nucleare Usa, Enterprise.

15 !"&o abate

Lezioni interrotte e scioperi ((bianchi)) a Pa- lazzo Campana. Sospesa l'occupazione a Padova. della mobilesassarese. zionali; il rettore Muggeridge si dimette. Chiuso a Roma il Centro sperimentale di cinematografia; gli studenti si riuniscono al ((Filmstudio 70)).

Grappone, vicequ.estore di Sassari, è incri- minato per gli stessi reati di Juliano, ex-capo

All'università di Edimburgoglistudentichie- dono la distribuzione gratuita di anticonce-

Respinto in Usa l'appello per la libertà di Morton Sobell. i

A Torino, 2 studenti fermati, denunciati 57 (occupazione e violenze) e 170 (occupazio- ne); cortei di protesta. A pisa occupato -e sgomberato in serata - Palazzo Sapienza.

Mercoledì S. Antonio abate 17

Gli studenti di Edimburgo rinunciano alla loro richiesta e il rettore ritira le dimissioni. Violentissimi scontri fra Zengakuren e poli- zia a Sasebo, in Giappone.

Alla commissione Dfesa della Camera, Dce Psu votano per il rinvio della discussione sull'inchiesta parlamentare sul Sifar. Si cer- ca un accordo che eviti la crisi fra i partiti d governo.

La ps blocca l'occupazione di Palazzo Cam- pana. Sit-in di protesta ( e sciopero degli assistenti) alla Cattolica di Milano. Occupa- to Palazzo Sapienza a Pisa. Cariche della ps contro invalidi e mutilati al centro di Roma.

Scioperi in quasi tutte le università spagno- le. Un morto negli scontri fra poliziaestudentia Brema (Rft). A Sasebo,«assedio)) degli Zengakuren in- torno alla base militare Usa.

Sgombrata nella notte la Sapienza; assem- blea di universitari e medi a Fisica occupata; la polizia sgombera anche Fisica. Sciopero nazionaledeidipendenti delle case editrici.

Il maltempo rende gravissima la situazione dei senzatetto in Sicilia. L'arcivescovo di Napoli vieta il culto di «Ma- ria la sposa)) (ignoto scheletro esposto fin dal dopoguuerra a Torre Annunziatal.

Nuovi scontri a Brema: oltre 50 autobus incendiati, 100arresti. L'Enterprise arriva a Sasebo,ma si ferma al largo. Rilasciata dopo 30 giomi la cantante pacifi- sta Joan Baez.

Alla Camera, interpellanza dc sull'interven to della polizia nelle università.

Sabato S. Sebastiano

Incontro fra rettore, studenti e professori a Palazzo Campana. Caricata dalla ps una manifestazione di stu- denti medi a Pisa.

Arrestato per peculato continuato e altri reati l'ex-sindaco dc di Roma, Petrucci; mandati di cattura anche per due ex-dirigen- ti del comitato romanodella Dc.

Ore di scontri all'università di Madrid. Scio- pero dei minatori nelle Asturie contro 4.000 licenziamenti. Attori e artisti a New York contro la guerra: Paul Newman, Jane Woodward, Henty Belafonte, Leonard Bernstein fra gli altri.

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GENNAIO 1 9 6 8 PAGINA 13 CRONOLOGIA. LA POLIZIA A PALAZZO CAMPANA

NORD SUD MUSICA CINEMA E TEATRO nl

. Rivelate le conclusioni dell'inchiesta sull'in- cidente del Tonchino (che nel '64 (cgiustifi- c ò ~ l'intervento Usa in Viitnam): i'attacco contro 2 navi Usa fu inventato dall'ammini- strazione Johnson.

Sciopero di 3.500 lavoratori dell'acqua e dell'elettric'kà a Saigon contro i salari ridot- ti.. L'inviato di Johnson in Cambogia, Bowies, dichiara che gli Usa non intendono invadere la Cambogia per inseguireivietcong.

Condanna definitiva per due episodi del film «Le bambole)), firmati da Bolognini e Risi.

Bundy, vice-segretario di stato Usa, in aper- to contrasto con Bowies, rivendica di nuovo il diritto delle forze armate americane di

Israele espropria alcune aree vicine al Muro del pianto, nella zona araba di Gerusalemme (occupata nella guerra del '67). . sconfinare in Cambogia. Arrestatia Lima (Perù) 150esponenti comu- nisti, fra cui il segretario del partito Jorge del Prado.

Esce a Roma ((La calda notte dell'ispettore Tibbs)) di Jewison , protagonista un ispetto- :e nero interpretato da Sidney Poitier. Il film ha vinto nel '67 (anno dell'esplosione della rabbia nera nei ghetti) 5oscar.

Si conclude a L'Avana il Congresso cultura- le internazionale con l'appello a sostenere le lotte di liberazione. 5.000 portuali e 400 tassisti in. sciopero a Saigon, in solidarietà con i lavoratori dell'e lettricità.

Disco d'oro per ((Strange Daym di Jim Mor- rison/Doors; il gruppo californiano sta inci- dendo ((The Unknown Soldier)) contro la guerra del Vietnam.

Carmelo Bene presenta a Roma ((Arden of Feversham».Sono in toumée ((La signora è da buttare)) (Fo-Rame), ((Non solnon ho visto,se c'ero dormivo)) (I Gufi), ((Marat Sade)) (Piccolo teatrodi Milano).

Il nuovo show del sabato sera sul primo à ((Gala perJohnny Dorelli)).

Una bomba rudimentale scoppia a Belfast senza farevittime.

Guerriglieri palestinesi sparano alcuni colpi di mortaio sul porto di Eilath in Israele.

Cineclub e sezioni diffondono documentari del terzo mondo come ((Hasta la victoria siempren (Cuba), ((Il giovane combattente)) (Vietnam), ((Memoria de cangacao)) (Brasi- le), ((Camillo Torres)) (Colombia)

Il senatore Mansfield, leader della maggio- ranza al Senato Usa, chiede la sospensione dei bombardamenti in Viitnam. E la prima volta che dai vertici dello stato si prende posizione contro Johnson.

Concluso al Cairo il direttivo dell'0lp (di cui In Italia escono i nuovi«caliiorniani)x Flower Un effimero cineclub romano (((Il porcospi- non fa ancora parte AI Fatah, il gruppo di Pot Men, Jimi Hendrix nonché l'inglese Eric no))) recupera l'avanguardia storica, apren- Arafat). Burdon. do le programmazioni con Dziga Vertov

q (l924)eClaudeJutra(1966).

Nuova fascia oraria fra le 12 e le 14 in tv: la principale innovazione è il tg (notizie com- mentate in studio da sei giornalisti coordina- ti da Piero Angela).

Alla camera dei comuni inglese, il primo ministro laburista Wilson propone drastiche riduzioni delle spese militari esociali e chiede la fiducia. Kekkonen eletto per la terza volta presiden-

Usa e Urss presentano a Ginevra uno sche ma di trattato sulla non-proliferazione nu- cleare. La Camera dei comuni inglese vota la fiducia a Wilson; per protesta, 24deputati laaburisti s'astengonoed escono dall'aula.

t

Due soldati statunitensi uccisi in Guatemala in un attentato.

te della Finlandia. I ~~ ~~ ~ I ,

I l discorso di Johnson sullo ((stato dell'unio- Esce a Roma ((La cinese»di Godard. Cinque ne» non parla nè del Viitnam nè delle misu- ragazzi formano una comune a Parigi: uno re a difesa del dollaro (il bilancio militare è si suicida, uno rientra nel Pcf, una ((proleta- anivatoa77,Z miliardi didollari). Intemi). RaviShankar. ria»scopre la contraddizionefemminile, una

((studentessa)) prepara attentati e un attore legge Brechte Racinedi porta in porta.

Nel circuito off arrivano i film della rivoluzio- ne culturale cinese: ((L'orienteè rosso)), «La linea di demarcazione)), «La guem sotterra- nea)), ((Grandi vittorie del pensiero di Mao TseTung)) (sulla prima atomica della Cina).

35 pene capitali chieste al Cairo nel processo per la cospirazione dell'agosto '67 (fra gli imputati,gli ex-ministri della Difesa e degli

Proclamato lo stato d'allerta in Guatemala.

Per ((Playboy)) e ({Village Voice)) i Beatles miglior gruppo '67. Per ((Playboy)), miglior cantante Petula Clark, miglior strumentista

1 i

Gli israeliani impongono il coprifuoco 24 ore su 24 nella striscia di Gaza. In Guatemala, ucciso un latifondista, diri- gente della destra; il capo della polizia sfug- geaunattentato.

Iniziano a circolare i filmati sulle lotte Usa: ((We shall march again)) di Lipton sulla gran- de manifestazionedel '&a BerkeleyectMar- velousgun)) di Giovanni Vento.

Fra i Caroselli arriva NEI Merenderon, mentre Noschese imita la gente per strada, Dappor- to spiega agli amici come si conquistano le donne e si annuncia il ((Cant'Arrigoni)) che ospita i cantanti amati dai giovani.

Cliiord, uno dei più intransigenti falchi di Washington, succede a McNamara come ministrodella Difesa. Esplosione nucleare sperimentale sotterra- nea nel deserto del Nevada.

Nonostante le ripetute assicurazioni, forze Usa e sudvietnamite sconfinano in Cambo- gia.

Esce a Roma ((Trans Europe Express)) di Robbe Grillet.

Va in onda la prima commedia musicale realizzata appositamente per la tv italiana (il testo è di Scarmicci e Tarabusi, gli interpreti Dorellie Lojodice).

I 25 deputati laburisti astenutisi nella vota- ione sulle proposte di Wilson vengono so- spesi dal gruppo parlamentare.

Attacchi del Fln in tutto il SudVietnam. La Turchia è il primo paese della Nato a riconoscere la Grecia dei colonnelli.

Woody Guthrie -morto pochi mesi pri- ma- commemorato con un grande con- certo a New York (Pete Seeger, Richie Ha- vens, Judy Collins, Arlo Guthrie, The Band e Bob Dylan).

Repliche alla Scala per ((Egmont)), musiche di Beethotlen, testo di Goethe, regia di Vi- sconti.

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GENNAIO 1 9 6 8 PAGINA 1 4 CRONOLOGIA. OCCUPAZIONE E REPRESSIONE

GENNAIO MOVIMENTO ITALIA CRONACA CRONACA ESTERA POLITICA ITALIANA

Domenica S. Agnese 21 Lo studente pisano Riccardo Di Donato,

vicesegretario dell'lntesa (associazione d e gli studenti cattolici) riceve un mandato di lamentazione dei rapporti di lavoro nel setto- Usa. sta parlamentaresul Sifar. comparizione per l'occupazione della Sa- pienza.

Assemblea generale degli attori di cinema teatro e tv, a Roma, per chiedere una rego-

re.

A Sasebo scontri per molte ore. Un gruppo di Zengakuren riesce a entrare nella base

A Madrid, Letterechiusa per 15giomi. A 3 settimane dal trapianto, Kasperak muo- re.

Segreteria e direzione Psu: De Martino si schiera contro Nenni e a favore dell'inchie-

Lunedì In Groenlandia cade un B-52 con 4 bombe Ss. Gaudenzio e Vinc. studentieprofessoria Pisa. direttore responsabile e redattore capo del atomiche disinnescate; frenetiche ricerche

per rintracciaregli ordigni.

Occupata l'università di Lecce. Sciopero di Condannati a sei mesi con la condizionale

periodico porno c(King». n Di Donato incriminato dalla magistratura di Firenze. Manifestazioni e occupazioni in tut- ta la Toscana e a Lecce. Occupato e sgom- berato Palazzo Campana che il rettore chiu-

Negli ultimi giorni 1O.ooO terremotati hanno abbandonato la Sicilia; oltre 16.000 ancora in tendopolie ripari prowisori.

Alla Saviem di Caen (Francia) un corteo interno autonomo paralizza il lavoro e pro- clama sciopero a oltranza; il 20, i sindacati avevano dichiarato un'ora e mezzo di scio-

La Dc respinge ogni ipotesi d'indagine par- lamentare sul Sifar. Rinviato ancora il dibat- titoalla Camera, per dare il tempoa Dce Psu diaccordarsi.

Martedì S. Emerenziana 23 dea tempoindeterminato. pero, ritenuta insuffcientedagli operai.

Anche il segretario del comitato romano della Dc incriminato nelle indagini sull'am- ministrazione Petrucci. gresso. sull'istituzione delle Regioni.

Un picchetto di 400 operai durante la notte alza alla Saviem una barricata davanti all'in-

Lo scrittore catalano anti-franchista Comin condannatoa 16mesi.

Continua al Senato, in un'atmosfera sem- pre più tesa, l'ostruzionismo della destra

Giovedì Convers. di s. Paolo

Occupazioni a Firenze, Siena e Lworno; chiusa la Sapienza. Sciopero di tutte le fabbriche a Pomezia contro i 21 licenziamenti della Stifer. Alla Fanad di Chieti uno sciopero sindacale pro- lungato dagli operai.

Venerdì Ss. Tito e Timoteo

A Pisa, incriminato anche lo studente Um- berto Carpi. Riaperta la Sapienza. A Milano sciopero degli studenti medi e occupazione del liceo Berchet. Sciopero alla Gnutti di Brescia contro i licen- ziamenti politici.

Nuove scosse di terremoto in Sicilia. Polizia e crumiri smantellano le barricate alla Saviem; molte fabbriche scioperano, scon- trifinoasera. Chiusa a oltranza Scienze a Madrid. Arrestati 5 razzisti in Usa per l'omicidio di un leader afroamericano.

AI processo Sifar, Andreotti eTaviani (all'e- poca ministri della Difesa e degli Interni) affermano che nel '64 non si verificò nulla d'anormale.

A Caen manifestazione cittadina; il corteo sfonda i cordoni sindacali e assalta la prefet- tura: scontrifinoa tarda notte.

La direzione Psu si spacca: vincono nennia- ni e socialdemocratici disposti a sacrificare l'inchiesta pariamentare per salvare il gover- no. Fra gli astenuti anche De Martino.

A Nanterre (Francia) glistudentiespongono le foto degli agenti infiltrati; la polizia le stac-

poliziotti. A Madrid arrestati nelle loro case 120 stu- denti.

AI processo Sifar letto un rapporto che rive la il numero degli schedati dai servizi segreti:

-.. ca e gli studenti reagiscono attaccando i 19.000.

Incriminatia Siena2studenti. Manifestazione a Cagliari per l'arresto del segretario della Camera del lavoro (per un blocco stradale del novembre '67).

27 zabt:gela Merici

Domenica S. Valerio v. 28

L'ambasciata Usa a Copenaghen dichiara che i frammenti delle 4 atomiche sono dispersi in mareesui ghiacci. 5 operai condannati ( e 1 espulso dalla Fran- cia ) per i fatti di Caen .

A Pisa, per entrare a Lettere bisognerà esibi- re il libretto. Occupate a Firenze tre facoltà. A Siena manifestazioni contro le denunce. Sciopero generale in Sardegna. 80.000 lavoratori (enti locali, telefoni, gom- ma, ecc) inizianogli scioperi.

Bloccati alla frontiera svizzera i treni di emi- granti dalla Sicilia.

Creato in Spagna un corpo di polizia specia- linato nella repressionedegli studenti. Nel giro di una settimana sono scomparsi un sottomarino israeliano e unofrancese.

Dibattito alla Camera sul Sifar; l'onorevole Anderlini legge alcuni passi censurati del rapporto Manes in cui vi sono i nomi dei deputati Pci di cui era previsto l'arresto. AI Senato d'ora in poi sedute dalle 8 alle 24 per aggirare l'ostruzionismo Pli-Msi.

Mercoledì A Firenze cariche della polizia contro un corteo di studenti;occupate tutte le facoltà. 8 denunce a Torino. Sospesa l'occupazione a Lecce. Il 31 manifestazione a Firenze; il rettore D e voto si dimette per protesta contro la poli- zia.0ccupata a Trento Sociologia.

Il 31, Spadolini nuovo direttore del ((Corriere della Sera)). Roberto Rossellini nominato commissario del Centrospenmentale. Cinque assessori dc a Torino si dimettono accusando il sindaco Grosso di ((collusione con i comunisti)).

A Barcellona, salta in aria il monumento alla Condor (responsabile del bombardamento di Guernicaì. 15.000 operai in sciopero a Caen. Nell'Sds tedesco secessione delle donne che denunciano la condizione d'inferiorità delle militanti.

Il 31 il presidente del consiglio Moro respin- ge l'inchiesta sul Sifar; Psu e Pn cedono. La sinistra Psu dichiara che vota la fiducia solo per ((disciplina)), Pertini annuncia che non parteciperà al voto.

S. Giovanni Bosco

S. Martina 31 Martedì

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I '

GENNAIO 1 9 6 8 PAGINA 15 CRONOLOGIA. 'AVVOCATO, CHE FORZA' TRIONFA A CAROSELLO

NORD SUD MUSICA CINEMA E TEATRO Tv

Nel Sud Vietnam, attaccata la base Usa di Khe Sanh; I'assediodurerà alcuni mesi. In Israele tre partiti (Rafi, Mapai e Adhut Haavoda) si fondono, formando il Labour Party.

~~ ~

Il partito laburista inglese ritira la sospensio- ne dei 24deputati. Elezioni politiche in Danimarca, a causa del disgregarsi della coalizione di sinistra vitto- riosa nel '66.

Il generale Westmoreland ordina I'evacua- zione della città di Khe Sanh; rimane asse- diata la basemilitarestatunitense. I

Gli Usa riconoscono la Grecia dei colonnelli. Catturata dalla marina nordcoreana la nave- spia statunitense Pueblo. Inviati a Khe Sanh altri 3.000 marines; per alleggerire la pressione, gli Usa impiegano 200aerei.

In scena al Quirino di Roma ((La monaca di Monza)) di Testori, regia di V i i n t i . A Mila-

Nuovo show della domenica pomeriggiosul primo con il ((volto nuovo)) Paolo Villaggio.

Fra i Caroselli: ((Awocato, che forza)) (té Ati), Gin0 Cervi e il personaggio animato Sorbolik (Vecchia Romagna) e il cavallo bianco della vidal.

'y\ I-:-' I#,s\p ; -..

Nelle elezioni danesi, sconfm socialdemo- cratica (4%), vittoria di liberali e conserva- tori. Il primo ministro Otto Krag si dimette.

Gli Usa inviano navi da guerra e la portaerei nucleare Enterprise verso le coste nordoco- reane.

Con incredibile tempismo, esce in Italia la cover di ((Let's Go to San Franciscox si chiamadnno»e la propongono i Dik Dik.

1 $' 1

I distributori Usa premiano come miglior film straniero ((La guerra è finita)) di Alain Resnais

Fra i Caroselli gran successo per ((Mister XN con l'eroe mascherato che salva la figlia dnlln sriien7iatn A la fnrmiila i y ~ ~ ~ t a dei Di- xan. . ..

A

In Grecia, un decreto legge permette alla giunta militare di far dimettere tutti i funzio- nari legati al re.

Per una possibile azione contro la Corea del Nord, richiamati in Usa 14.000 riservisti; il governatore della Califomia, Reagan invita a riprendersi con la forza la Pueblo e due senatori chiedono l'uso delle armi nucleari.

Pubblicato il primo Ip di Mina per la sua neonata casa discografica Pbu: fra i brani ((La canzone di Marinella)) di De André e ((Besamemucho)).

In una conferenza stampa alla radio nordco- reana, il comandante della Pueblo ammette le at t iv i i spionistiche. Nel Sud Vietnam, inizia la tregua d'una setti- mana proclamata dal Fnl per il Tet (capo- danno lunare); la tregua Usa èdi36ore.

Arriva in Italia Paul Anka per incidere «Con gli occhi aperti)); parteciperà subito dopo a Sanremo con «La fadalla impazzita)) di Mo- gole Battisti.

Scarcerato ad Atene il compositore comu- nista Mikis Theodorakis che dichiara di non voler lasciare la Grecia.

Arrestato a Cuba il dissidente di sinistra Annibal Escalante, già esiliato nel '@e riam- messo nel '&; con lui vengono imprigionati

In Italia Louis Armstrong: Sarà la grande attrazione del feti- va1 di Sanremo.

altri7, fracui2membridel Cc.

Van Thieu annulla le 36 ore di tregua per il Tet. Stato d'allarme per le navi Usa di fronte alle coste nordcoreane. Su ((Granma)), giornale del Pc cubano, il rapportodi Raul Castro contro Escalante.

Escono a Roma ((Gli occhi della notte)) di Terence Young, ((Diabolik)) di Mario Bava e ((Contoalla rovescia)) di Robert Altman.

Parte la nuova serie di ((Orinonti della scien- za e della tecnica)) (a cura di Giulio Macchi): con il nuovo ((L'approdo)) (relegato alle 23),«Tv 7)) e ((Verso il futuro)) (di Sanna e Barbera) sono i fiori all'occhiello del giomali- smo Rai anni '60.

A Roma ((prima)) per ((Via dalla pazza folla)) di John Schlesinger.

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$

«Settevoci», presentato da Pippo Baudo, replica dopo il successo del '67 (in onda alle 12.30 di domenica sul primo, con bis alk 22.15sulsecondo).

Paolo Poli è denunciato a Venezia per vili- pendio alla religione per «Rita da Cascia)) di Ida Omboni.

Sul primotv, Bamard partecipa a un dibatti. to sui trapianti con Valdoni e Stefanini: qua. si uno ((scoop)).

-~ I

Arrestati molti antiiascisti in Grecia. Il 31, Jugoslavia e Rf-t riallacciano le relazioni diplomatiche interrotte 10anni prima.

Improwisa offensiva nordvietnamita e Fln. Un commando suicida vietcong occupa l'ambasciata Usa a Saigon. Il 31 prosegue l'offensiva: 48 attacchi a città e basi, liberata l'antica capitale Hue,dove viene nominato un governo di liberazione.

«Rita da Cascia»èvietatoa Milano. A Roma,ai Satiri, ((Poesia a teatro 2)) con testi di Balestrini, Kerouac, Neruda, Gin- sberg, Enzenberger, ecc. In tournnée ((Napoli giorno e notte)) di Pa- troniGriffi.

((ieri e oggi)) (secondo tv) -specialinata ir nostalgie- rimpiange i Beati =...che non s sono ancorasciolti.

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GENNAIO 1 9 6 8 PAGINA 16 UNA FACOLTA’ DIETRO L’ALTRA, TUTTE OCCUPATE

ali studenti, giovani una volta perbene

OCCUPAZIONI Il 1967 delle università

Occupazioni e agitazioni universitarie sono in atto già nel 1966. In quest’anno è occupa- ta più volte la facoltà di architettura di Napo- li, la cui università è punto di confluenza di tutto il meridione. La neofacoltà di sociolo- gia di Trento per tutto il 66-67 funzionerà poco o niente: ci sarà sciopero a oltranza che bloccherà l‘attività accademica( nel gennaio febbraio 1966 viene occupata per diciotto giorni: gli studenti chiedono che la laurea sia professionalmente riconosciuta). Nella primavera del 1966si tenta di occupare l’università di Roma dopo un‘aggressione fascista nel corso della quale muore caden- do dalle scale lo studente d’architettura Paolo Rossi. Agli inizi del ‘67glistudenti di Pisa occupano la Sapienza. Nello stesso periodo tocca alla facoltà di architettura di Milano (26febbraio) e entra in agitazione Torino. Segue il 19 aprile l’occupazione della facoltà di architet- twa di Venezia. Dal 22 al 28 giugno è occu- pata di Torino . Il 4 novembre tocca ancora alla facoltà di architettura di Napoli. E il 17 novembre è il turno dell’università cattolica di Milano. L’anno infine si chiude con I’oc- cupazione di Palazzo Campana, sede delle facoltà umanistiche, il27 novembre.

PARTECIPAZIONE L’apprendistato della retorica

Sembra che 20 anni non siano passati - o siano trascorsi invano - a leggere che, al decimo congresso Dc, il segretario Mariano Rumor deplorava già allora ((il distacco delle forze politiche della società)), un distacco che leaders d‘opinionee di partiti si ostinano anche oggi a scoprire ogni mattina con im- mutato stupore. Per gli studenti, la sola esperienza collettiva era stata quella delle lezioni tenute dai lumi- nari, nelle grandi aule a gradinata, dove i giovani chiedevano agli amici di tenere il posto o arrivavano con anticipo per non andareafinireincimaaIla«curvasud)). Così le assemblee furono non solo il primo momento in cui questi giovani si accostaro- no alla politica, ma anche la prima esperien- za collettiva non gerarchica: centinaia di pari tra loro che prendevano la parola. E le assemblee ripresero e capovolsero il model-

Marcello Flores

uando il 10-1 1 marzo 1968 si tenne all’Univer- sità statale di Milano, occupata, un convegno nazionale dei ((quadri)) delle lotte studentesche,

sembrò che finalmente si riuscisse ad unificare, sul terreno del dibattito politico, una lunga e intensa sta- gione di esperienze. Discussa, criticata, chiarita, la linea che era uscita vincente dal quel convegno e che aveva rappresentato la novità -ed anche l’ambiguità - del movimento delle occupazioni iniziato alla fine del ’67, era quella del ((potere studentesco)). L‘occupazione di Palazzo Campana a Torino il 27 no- vembre 1967 e l’agitazione in novembre e I’occupazio- ne i l 31 gennaio 1968 della facoltà di Sociologia di Trento non erano certo le prime né le uniche iniziative di lotta che i l movimento degli studenti aveva di recen- te sperimentato. Già nel febbraio ’67 era stata occupata la Sapienza di Pisa e nel novembre dello stesso anno anche la Cattolica di Milano aveva scelto la stessa forma di lotta.

Una voglia diffusa di presenza L‘esperienza di Torino e quella di Trento costituirono tuttavia i l centro «pratico», e anche d’elaborazione, che dette un carattere di novità e di rottura al movimento degli studenti, che ne permise in larga misura I’esplo- sione e massificazione. La lotta contro l’autoritarismo accademico costituì infatti i l terreno su cui fu possibile congiungere una nuova presa di co- scienza della propria realtà sociale, umana, politi- ca da parte degli studenti con una critica ampia e articolata della società contemporanea. Era, que- sto, i l terreno che permetteva di saldare le analisi economiche e di classe degli studenti (che erano state portate avanti da quelle avanguardie che già più non si riconoscevano negli sclerotizzati orga- nismi rappresentativi, come testimoniava I’espe- rienza pisana) con i mille rivoli di carica antagoni- sta, di tensione ideale e morale che esisteva, la- tente ma forte, in gran parte delle giovani genera- zioni fin dall’inizio degli anni Sessanta. La possibilità di partire dalla propria esistenza e dal proprio ruolo, di praticare concretamente un’esperienza di lotta e discussione, di crescita e di confronto, fu i l motivo del successo - rispetto ad altre posizioni - della lotta contro I’autoritari- smo e della parola d’ordine di ((potere studente-

C’era da tempo ormai, da mesi e da anni, una diffusa voglia di partecipazione e di presenza, tra i giovani. Che rifiutavano però, o che in alcuni casi accettavano senza alcun entusiasmo, la di- mensione politica istituzionale, anche quella più di sinistra. Poter far crescere un discorso forte- mente antagonista e contestatore non in astratto, ma a partire da sè, significò riconquistare la poli- tica. pensare di poterla trasformare, di farne una cosa nuova. Per questo, a dispetto delle critiche imbevute di classismo scolastico e di marxismo retorico che venivano fatte proprio dai gruppi già politicizzati (federazioni giovanili ma anche gruppi minorita- ri) , la lotta contro l’autoritarismo yuadagnò con- sensi, risultò più contestatrice e antagonista di qualsiasi documento e analisi ((rivoluzionaria)). Nelle occupazioni di Torino e Trento, ma presto anche in quelle di Milano e Genova, Venezia e

sco )).

Roma, Firenze e Napoli, non sempre fu vita facile per gli esponenti della Fgci e della Fgsi, e spesso neppure per i ((rivoluzionari)) professionali dell’o- peraismo, del trotskismo, del maoismo. Quelli che non furono emarginati ((ufficialmente)) si au- toemarginarono o si posero in posizione di attesa (e di futura rivincita); ma molti si ((sciolsero)) nel movimento trovando nella sua carica eversiva e nella sua quotidiana esperienza di lotta le ragioni per mettere a silenzio i propri dubbi ideologici o teorici. Non furono solo gli obiettivi dichiarati dal movi- mento (la lotta contro l’autoritarismo e contro la selezione) a favorirne lo sviluppo e a permetterne una sempre più vasta adesione. Fu i l movimento delle occupazioni in senso proprio (cioé fisico, organizzativo, esistenziale) a moltiplicare e ad esaltare quei contenuti, a farne i l nucleo forte di un discorso politico più globale. Queste occupazioni, intanto, non avvenivano in u n vuoto politico e sociale, ma in u n momento di grandi tensioni interne e internazionali: c’erano le lotte per le pensioni e le rivolte meridionali di Cutro e Isola Capo Rizzuto e c’era soprattutto una radicalizzazione, attorno al Vietnam, della lotta antimperialista, come avevano mostrato le due grandi e ((dure)) manifestazioni deìi’67 a Firenze e Roma. Ma le occupazioni costituivano anche I’invenzio- ne e la difesa d’uno spazio proprio, autogestito, che si voleva estraneo ai meccanismi di repres- sione e integrazione d’una società rifiutata d’istin- to nei valori e nelle promesse che prospettava. I l momento dell’occupazione era la scelta d’uno spazio di socializzazione, la possibilità di misurar- si e omogeneizzarsi con i propri pari, ma anche di sancire differenze e divisioni, era i l luogo fisico in cui veniva messa al centro la propria soggettività: come studenti e come giovani, individualmente e collettivamente.

~

Lottare insieme, vivere in comune I l discorso antiautoritario collegava - a partire dalla constatazione della propria vita quotidiana nell’Università - lo studente alla società tutta: e lo poneva in conflitto e critica contro tutta la società (dal professore al rettore, dal genitore al poliziotto, dal magistrato alla chiesa, dai mas- smedia ai partiti e al governo), utilizzando la criti- ca antiautoritaria e antiistituzionale che veniva dal movimento nero e dall’antipsichiatria, dalla guerriglia sudamericana e dalla musica rock. Era i l carattere totalizzante delle occupazioni, uno dei punti di forza su cui far crescere i l movi- mento. Esistenzialmente innanzitutto, creando una solidarietà generazionale che si basava sul fare esperienze simili, lottare insieme, vivere in comune. Non si può sottovalutare i l carattere di profondo collante emotivo costituito dal parteci- pare alle assemblee e dal fare picchetti, dall’inter- rompere le lezioni e dallo scrivere manifesti e volantini, dal cantare, mangiare, amoreggiare, discutere e litigare sul mondo intero, indignando. sdi e ribellandosi assieme, odiando e amandc assieme, scoprendo e creando simboli e miti E

altri rifiutandoli e distruggendoli.

Io delle lezioni accademiche: le aule a gradi- nate gremite, la sottiledistinzionesociale tra i primi banchi e gli ultimi, l‘invasione di quello spazio fino ad allora religiosamente vuoto tra sedili e cattedra, l‘orgoglio di prendere la parola dal luogo in cui la parola era stata tenuta dai baroni. Per una gioventù educata ai singoli gruppi, alle amicizie di classe, la dimensione assembleare - centinaia, mil- le, duemila studenti - era un salto di scala. La collettività era fattofisico. Un primo porsi corporeo della politica. Inoltre era un intrecciarsi di idee, letture (Marx, Marcuse, Reich più che letti, furono ((ascoltati)) in assemblea), era un apprendi- stato della retorica. Le assemblee contro la scuola erano esse stesse una scuola di rituali politici: prendere appunti dei vari interventi, scegliere il momento del proprio, imparare a distinguere le linee di attacco e di platea, il gioco delle fazioni. I dilemmi della democra- zia assembleare c‘erano già tutti, ma non contavano.

POLIZIA La paura del celerino

Tra il ’66 e il ‘67 erano state occupate molte facoltà italiane, ma solo il 19 dicembre ‘67 il ministro della pubblica istruzione Gui invitò autorità accademiche e magistratura a prendere prowedimenti contro le occupa- zioni. Così lo sgombero dell‘università da parte della potizia divenne fenomeno fami- lisrea moltecittà. Nel gennaio ’68 la polizia non aveva ancora assunto la fisionomia da falange macedone che sarebbe stata la sua negli anni successi- vi: ancora non erano stati introdotti i grandi scudi di plastica. Per la maggior parte degli studenti che par- tecipavano alle occupazioni, fino ad allora la polizia era stata un concetto astratto: I‘im- rnagine di una gazzella che sfrecciava a sire- na spiegata, il fotogramma di un telegiorna-- le sulla mafia siciliana o sul banditismo sar- do. Lapolizia, icommissariati, laschedatura appartenevano a un altro mondo, delle guardie e dei ladri, della delinquenza, lonta- nissimo dall‘universo degli aoristi greci, delle matricole, dei corsi. Con le occupazioni, migliaia e migliaia di ventenni di allora ebbero per la prima volta un contatto diretto con i poliziotti, li conob- bero, li trovarono di fronte come minaccia personale, li scoprirono come parte fino ad allora sconosciuta dellostatoedella società. Bastarono pochi giorni perché dal timore dello scritto di latino o di fisica si passasse alla paura del Quinto battaglione Padova della Celere.

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GENNAIO 1 9 6 8 PAGINA 17 STUDENTI. L’INVENZIONE E LA DIFESA D’UNO SPAZIO PROPRIO

quello che stabiliva la supremazia - provvisoria

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SERVIZIO D’ORDINE Bloccare i provocatori

loro che alla fine andavano alla votazione. Un altro insegnamento della politica: tenere un secondodi più dell’awersario. I servizi d’ordine studenteschi nacquero per

imitazione del movimento operaio organiz- zato. Leggendari erano allora i metalmecca- nici o gli edili dei servizi d’ordine sindacale e comunista. Da loro fu imitato l‘arsenale di bastoni portastriscioni, di spranghe e altri arnesi contundenti. Ancora, a imitazione del movimento ope mio, il servizio d’ordine nacque più per con- trollo interno che per difesa dall‘attacco esterno: suo compito era più bloccare i pro- vocatori, i rompitori di vetrine, i tiratori in- controllati di molotov che schierarsi contro. la polizia. Nel movimento studentesco il servizio d‘or- dine fu lento a organizzarsi, non ebbe mai struttura chiusa, divenne spesso il luogo di aggregazione degli studenti più impazienti, più autoritari, più violenti. A lungo andare il servizio d‘ordine divenne una parodia stu- dentesca della polizia. E, quando apparve- ro, i katanga divennero lo specchio risibile dei celerini. Il Katanga è una regione dell‘ex Congo belga in cui i mercenari bianchi com- batterono negli anni ‘60 una guerra di seces- sione. Nel servizio d‘ordine delle varie facoltà la guerra simulata e incruenta tra studenti e poliziotti, la metafora tutto sommato inno- cua della guerriglia uhana, fu interiorinata e acquistò un sembiante di realtà cheavreb- beavutolungastoria negliannisuccessivi.

MOZIONEDORDINE Il momento centrale delle assemblee

Le mozioni d‘ordine, in teoria puro prelimi. nare, erano invece momento centrale nelle assemblee studentesche. Stabilire ctl‘ordi. ne» di svolgimento era quasi più importante dell’obiettivo dell‘assemblea. In pochi mes fu digerita tutta una scienza delle alleanze, dell’alternarsi negli interventi, delle sotti. glieue nelle formulazioni. Maestri erano gl studenti iscriiialla Fgci o alla Fgsi, dell’llnu- ri, dei parlamentini studenteschi, che river- savano negli altri studenti la loro fresca scienza. All’improwiso una parte dell‘aula si vuota- va: era un gruppo che discuteva in un corri- doio la sua mozione d’ordine, stabiliva in che sequenza dovessero parlare ivari ragaz-

Si occupa /a facoltà di

-. architettura 5 a Roma, nel 1; ’66

Questo cemento costituito dall’occupazione non significava tuttavia un’autoghettizzazione, al con- trario. Affermando, con semplicità ma efficacia, di non voler creare ((un ghetto d’oro in una socie- tà di merda)), i l movimento studentesco si proiet- tava tutto all’esterno, pur crescendo, rafforzando- si e ampliandosi sul suo esistere dentro e contro l’istituzione universitaria e scolastica. Dal novembre ’67 al marzo ’68 i l movimento delle occupazioni si definisce e si precisa nei suoi orientamenti e strutture, e si prepara a dare alla sua lotta un carattere sempre più ((sociale)). Lo sviluppo geografico delle occupazioni, i l coinvol- gimento progressivo degli studenti fuori-sede e di quelli non frequentanti, l’impulso dato alle lot- te nei licei e negli istituti tecnici, la presenza e i l collegamento con le lotte operaie e popolari, sono momenti intrecciati e paralleli, momenti che garantiscono che non ci si chiuda all’interno in una lotta che non potrebbe essere che riformi- sta e cogestionale, momenti che permettono di continuare al di là della spirale occupazione/di- soccu pazioneloccu pazione innestata da I la pol i t i - ca repressiva dello stato. I controcorsi, le commissioni di lavoro, i Consigli in cui ci si è divisi, hanno costituito le strutture portanti delle occupazioni: i l momento in cui è avvenuta la crescita e la sensibilizzazione di mas- sa, la presa di coscienza, i l momento della pro- pria invenzione ((politica)), che si saldava all’espe- rienza esistenziale delle occupazioni come fatto fisico e quotidiano. Meno limpido era invece i l ruolo dell’assemblea, questo essenziale ma ambi- guo strumento di democrazia e di partecipazione, di rifiuto della delega e di riproposizione necces- saria d’una rappresentanza e d’una selezione poli- tica, questo luogo in cui libertà e sopraffazione, ingenuità e machiavellismo, generosità e meschi- nità, spontaneità e controllo si coniugavano e intrecciavano senza sosta (troppo spesso si di- mentica che la generazione del ’68 era la prima - in senso cronologico - generazione italiana nata in democrazia, una democrazia di cui essa voleva sperimentare limiti e possibilità senza vo- ler e poter far ricorso a una storia che sembrava, in proposito, insegnare solo barbarie ed errori). L’assemblea non era l’essenza dell’occupazione (che risiedeva in quanto si è detto più sopra) ma ne era l’elemento più importante, quello che avrebbe influito e informato le fasi salienti suc- cessive, quello che offriva l’immagine pubblica,

-d’una tendenza, d’una- parola d’ordine, d’una linea. La struttura stessa delle occupazioni e i l confluire nei dibattiti assembleari di posizioni diverse e mutevoli, di esperienze molteplici e di analisi e proposte politiche non univoche, crearo- no attorno al nucleo forte iniziale dell’antiautori- tarismo una sempre più estesa omogeneità. Que- sta omogeneità era data dal passaggio, u n pas- saggio consapevolmente cercato e avvertito, dal- la lotta contro la scuola alla lotta contro i l siste- ma, dal sentirsi isolati e combattuti da tutti (go- verno e partiti, giornali e magistratura, docenti e polizia, genitori e fratelli più grandi) ma anche forti e sempre più organizzati. Le interminabili discussioni contro gli obiettivi ((integrabili)), per la difesa dell’autonomia del mo- vimento, per l’allargamento e radicalizzazione delle lotte studentesche e per i l loro porsi nella prospettiva di una completa emancipazione so- ciale, condussero nella primavera del ’68 (accan- to a una riflessione s u quello che avveniva fuori del movimento) a curvare sempre più le occupa- zioni (che si ripetevano a catena, anche se non sempre con omogeneità di livelli) nel senso di farne una base operativa rivolta all’esterno. Sem- brò inevitabile che si creasse una drastica scelta fra i l privilegiare la base di massa attiva o la maggioranza assoluta degli studenti, fra i l soddi- sfacimento di immediate esigenze o i bisogni strategici del movimento, fra l’illusione di poter conquistare tutta la scuola o l’utopia di poter pesantemente influenzare tutta la società. I l convegno di Milano sancì la vittoria della linea del ((potere studentesco)) quando questa si avvia- va ormai ad esaurire i l proprio ruolo, perlomeno nelle sedi più grandi e dove più ampia e articolata era stata la lotta. I suoi stessi fautori si rendevano conto che si rischiava d’entrare in u n circolo vi- zioso in cui l’unico obiettivo era la crescita su se stessi. Rivolgersi verso l’esterno rappresentò la seconda fase (disomogenea anch’essa, lenta, con- traddittoria) del movimento degli studenti. Quel- la che vide ancora i l prevalere delle occupazioni ma fondate su strutture non più così ((interne)) come prima. Quella che si concluse poi, a sua volta, con i convegni di Venezia del giugno e del settembre 1968, dove la politica «nuova» e quella «vecchia» cercarono, conflittualmente, di trovare sbocco a una realtà che, ormai innescata, nessu- no sembrava più capace di orientare in modo coerente.

A questo proposito, atiche neisuoi momen- ti di ((massa)), il movimento del ‘68 fu sem- prefrutto di una minoranza, di poche perso- ne rispetto all‘enorme, silenziosa maggio- ranza dei pendolari che restavano nei comu- ni d‘origine, dei taciturni che restavano a casa ((per studiare)) o ((non avere guai)). I l fatto è che il vocabolario, la terminologia e quindi l’ideologia di quella minoranza fu I‘u- nica a parlareedivennegenerale.

NOTTE Fuori casa per la prima volta

Con quale indignazione i giornali di allora descrivevano, titillati, le ipotetiche sconcez- ze commesse dagli studenti nelle notti delle facoltà occupate! Secondo la stampa, la promiscuità regnava su indicibili orge che avrebbero profanato asettici laboratori, bi- blioteche di sacri testi, marmorei busti di defunti luminari. Certo è che per la maggior parte degli studenti, leoccupazioni notturne furono la prima notte fuori casa in città (e non nei campeggi, negli ostelli, nelle gite scolastiche). Furono assemblee fino alle ore piccole, se- minari di studio notturni, accanite discussio- ni. Sacchi a pelo dispiegati nei luoghi più improbabili. Furono certo anche flirt e di- mensioni inaspettate della sessualità: cor- teggiamenti a colpi di Guevara, seduzioni quartinternazionaliste, fascinazioni terzo- mondiste. Una sessualità che nulla aveva a che vedere con Gigliola Cinguetti, Rita Pa- vone, il ballo del mattone, gli amplessi nelle utilitarie in collina o in pineta. Ma quelle notti Universitarie furono, anche, per molti giovani italiani e molte italiane, la scoperta che un ragazzo e una ragazza po- tevano dormire in due sacchi a pelo vicini senza toccarsi: un impensabile per i giornali borghesi, un inauditoper una società in cui il codice penale considerava una moglie adul- tera se era trovata sola in una stanza con un uomo (anchesevestiti).

Marco d’Eramo

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GENNAIO 1 9 6 8 PAGINA 18 TRENTO, FACOLTÀ DI SOCIOLOGIA

Speranze inedite e remoti fantasmi di un’esperienza rapidamente conclusa

1. La storia scrive sempre i l presente. Questa è la sua nascosta perfidia. Un gioco di parole: nient’altro che una stringa di scrittura. O meglio, tante e diverse scrit- ture quanti sono gli scrittori in servizio. Scritture diver- se nel presente. Diverse dal passato. Rispetto alle quali, in ogni caso, i corpi vivi di un tempo, oppongono un impenetrabile silenzio. E vero anche questo, tuttavia: il presente si può interro- gare. Può porre e porsi domande. E , forse, proprio nel clivaggio tra l’infinità della domanda e l’impossibilità della risposta, vivono in metamorfosi perenne le parole della storia. D’altra parte c’è un pregiudizio diffuso. Sento e risento dire che già tutto si è detto. Dopo la pietà ... anche curiosità l’è morta. Ecco, proprio questa mi sembra la sfida. Ridare alla curiosità I’eros e la vita. 2. Interrogarci sul ’67 e dintorni richiede il rispetto di una condizione basilare: la rinuncia ai luoghi comuni. E i luoghi comuni entro cui sono stati imbozzolati quegli anni sono spesso detti e arcinoti: la rivolta fallita; il ‘fraintendimento di una rivoluzione; l’uccisione sim- bolica dei padri. Mi muoverò subito altrove. In un luogo.più inquieto che si chiama trame. Perché proprio questo mi sembra sia stato quel frangimento sociale che ho vissuto allora. Niente di simile a un progetto, ma piuttosto un trauma; un’esplosione del consueto e delle prospettive probabili che a partire da esso ognuno di noi s’era immaginato. Stato di comuni- cazione esplosa: non una ((rivoluzione politica)) ma una metamorfosi radicale di ogni forma di relazione in atto.

L’ambiguità di quegli anni A pezzi I’androcentrismo millenario. In briciole l‘autorità dell’accademia. E basta col carcere-fa- miglia. Per non parlare dell’arcaica morale ses- suofobica. ((Sesso è bello)) e uffa-che-barba tutte le parole di chi s’ostina a negarlo. Inedite speranze, dunque, dopo un tremendo ven- tennio postbellico che aveva inchiodato la società italiana a una ricostruzione impastata di bassi salari, valori desueti e senza fantasia. Ma anche fantasmi inveterati! In un paese saturo d’ideologia, com’era allora l‘Italia, le suggestioni e i sensi di colpa per una ((rivoluzione borghese)) mai tentata e per una ((ri- voluzione proletaria)) incompiuta, covati entram- bi in decenni di nostalgie, ambizioni e delusioni post-fasciste, cercarono lo spazio per u n ultimo sabba. Fu u n ballo in maschera. E u n banchetto canniba- lico. L‘atroce ambiguità di quei ((magnifici anni)) è tut- ta qui: nel ritorno mascherato di matrici e stratifi- cazioni culturali del passato: e nello sbranamento dei desideri liberati, delle speranze inedite, che le impreviste e secolari gole hanno perpetrato. 3. Come tanti altri ero andato a Trento a seguito d’una scelta coraggiosa operata dai promotori dell’università di Sociologia: l’apertura delle iscri- zioni anche agli studenti che provenivano dagli istituti tecnici. Come tu t t i gli altri e per alcuni anni . non immaginai neppure che questa scelta avesse per così dire scavato. sotto i pilastri genti-

Renato Curcio

liani di un’università ancora tutta elitaria, una voragine catastrofica . Eccitato dai suoi successi, i l neocapitalismo ita- liano degli anni ’60 si pavoneggiava in ambiziosi progetti. Assorbito dalla narcisistica esplorazione delle sue tendenze, esso non prestava attenzione ai primi e sinistri scricchiolii. Eppure, proprio nell’anno in cui s’inaugurava a Trento una facoltà del futuro, a Torino, in piazza Statuto, s’era pre-. sentata senza farsi annunciare una nuova ed enig- matica figura: l’operaio massa. 4. Che a Trento, nella seconda metà degli anni ’60, ci si desse da fare per ottenere il riconosci- mento della laurea in sociologia piuttosto che in Scienze politiche e sociali a indirizzo sociologico, era forse un po’ ((corporativon ma non certo stra- vagante. C’erano da abbattere radicatissimi pre- giudizi antisociologici diffusi nella cultura italia- na dall’idealismo crociano, C’era soprattutto da valorizzare, contro i l progetto Maranini Miglio di riforma della facoltà di Scienze politiche, la diffe- renza qualitativa d’una nascente categoria profes- sionale. Insomma, con tutto l’orgoglio pionieristi- co di chi s’avventura in una professiona nuova, già nel gennaio-febbraio del ’66 s’incominciò a lottare. 5. Poichè, come ho detto, le storie sono tante quanti sono coloro che le scrivono, eviterò gene- ralizzazioni. Dirò invece che, in seguito all’inevi- tabile coinvolgimento corporativo, mi toccò in sorte di venire eletto in quello che allora si chia- mava Orut (Organismo rappresentativo universi- tario trentino). Buffo destino! Immagine riflessa dei partiti politici, questi mi- croparlamentini studenteschi erano infatti giunti ai loro ultimi giorni. Mano a mano che cresceva la lotta, una fetta sempre più ampia di studenti mo- strava in tutti i modi di non gradire affatto la ((delega)) e i l modello istituzionale al quale essa s’ispirava. E così, mentre lo slogan ((rifiuto delle delega)) occupava tutto lo spazio sonoro, a qual- cuno balenò l’idea di ((occupare l’università)). Era i l gennaio del 1966. Quando al tramonto del giorno fatidico mettemmo piede nell’atrio della facoltà e invitammo i bidelli a uscire, i l loro sguardo attonito espresse nel migliore dei modi lo sbigottimento che nei giorni seguenti avrem- mo letto sui giornali. Occupammo l’università per diciotto giorni e si trattò, per i tempi, di un gesto sacrilego. Che quel luogo fosse, per consuetudine secolare, conside- rato un ((tempio)) fino ad allora era fuor di discus- sione. Anche la borghesia allevava i suoi chieri- ci ... Ora mi sembra questo: in quei diciotto giorni dei primi mesi del ’66 insieme all’Orut, alla delega, alla sacralità dell’università, andò in frantumi an- che u n mito: quello del sociologo come ancella del potere. Non che allora tutto ciò mi fosse chiaro. L’effetto ((stella nera)) riuscì per un po’ di tempo ancora a mascherare le cose. 6. Nel giugno del ‘66 ci fu i l riconoscimento del titolo di laurea. Nella ripresa autunnale, tuttavia, la febbre dell’occupazione ricominciò a salire. Nell‘ottobre-novembre ’66 ci riappropriammo

dell’università per diciassette giorni e questa vol- ta per elaborare un mostro)) piano di studi. AI riguardo ci sono molti documenti e non starò qui a spendere altre parole su un problema che peraltro segnò uno scontro con l’Accademia mai risolto. Voglio dire, però, che fu proprio in questo scontro che, insieme ad altri, anch’io cominciai a dubitare sull’efficacia del ((dialogo)). E in questa occasione iniziarono anche le prime discussioni che portarono molto presto al ((Manifesto per una università negativa)). 7 . All’epoca di questi fatti in altre parti del mondo non mancavano certo le inquietudi- ni. Nelle università americane, per esempio, gli studenti avevano incominciato a lottare contro la guerra in Vietnam. «Stop the war in Vietnam)), «Stop the war in Viet- nam)). Questo grido cominciò a percorrere i f i l i della comunicazione che unisce tutti i popoli del mondo. Che esso da Berkley rimbalzasse nelle infuocate assemblee trentine era in un certo sen- so obbligatorio. Bastava la sociologia per creare la parentela. Ma una parentela ambivalente. Le- gata ai modelli culturali degli indirizzi americani, per le autorità che in gran segreto avevano elabo- rato i l piano di studio. Solidale con gli appelli del Free speech movement, per la massa degli stu- denti.

I rivoli di mille rabbie I l ’67 fu l’anno in cui la solidarietà col popolo del Vietnam e con gli studenti americani che si batte- vano contro gli arruolamenti sovradeterminò tut- te le preoccupazioni corporative. Quando poi giunsero le notizie sui quattro studenti uccisi dal- la Guardia nazionale nel campus di Berkley, la saldatura fra problemi locali e solidarietà interna- zionali raggiunse i l colore rosso del sangue. Di questo, mi sembra, ci si dimentica troppo spesso. Degli studenti picchiati e uccisi, voglio dire. Come se questo choc non avesse innescato una rete di connessioni folgoranti che in breve tempo incendiò le università tedesche, francesi, italiane e via elencando. A Trento occupammo per l’ennesima volta I’uni- versità. Ma questa volta si trattò di un’occupazio- ne tutta politica. E non a caso conoscemmo i l bastone della polizia! Era la prima occupazione ((per i l Vietnam)) che si registrava in questo paese. Fu la prima occupazione universitaria sgombrata dalla polizia dopo molti secoli! Nell’ottobre dello stesso anno, quando dalle mon- tagne boliviane giunse inattesa la notizia della morte del Che, sembrò u n po’ a tutti naturale rilanciare anche il suo grido nelle strade. A ((Stop the war in Vitnam)) si fece così seguire ((primeiro la lucha, y la conscienza despues)). Alla fine del ’67 i rivoli di mille rabbie e insoddi- sfazioni trovarono i l modo di confluire in un uni- co grande fiume. Un fiume che ruppe gli argini di una società istituzionalmente rigida ed arcaica. E che, non trovando - almeno in questo paese - fasce sociali capaci di una qualsiasi mediazione, dilagò in ogni direzione. 8. Quando sui muri dell’università apparve la scritta ((non vale la pena di trovare ufi posto in

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- ” y . % .- L’UN IVERSITA’ AUTORITARIA, SELETTIVA, MANIPOLATIVA

1 - w-

questa società, ma di creare una società in cui valga la pena di trovare un posto)), i fantasmi dell’ideologia s’erano già conquistati un grande spazio. Può darsi che allora, delle scritture di cui questi fantasmi ci facevano dono, noi avessimo biso- gno. Certo è che, di tutte le cose ((sacre)) del passato, furono proprio le loro scritture a (centra- re in gioco)) con le nostre domande. Nella danza delle assemblee, finite le lusingké della seduzione neo-capitalistica, ci si cominciò a chiedere: perche studio? come mai io posso stu- diare e la maggior parte degli uomini no? a cosa mi serve questo tipo di studio? a chi serve? L’università cominciò a essere definita, a buon di ritto s’ i n t end e, ((autoritari a )), ((se I et t iva 1) , ((mani - polativan. I l disagio reale d’una condizione stu- dentesca ormai sospesa tra due epoche si con- densò nello slogan: ((non vogliamo mangiare alla vostra tavola. Vogliamo rovesciarla)). Rovesciare-creare: fra queste due polarità, anche la figura professionale del sociologo finì presto sotto i denti della critica. E si cominciò ad avan- zare l’ipotesi dell’antiprofessionista: I’antisociolo- go, I’antipsichiatra, ... Una figura anomala, dispo- sta a sottrarsi a quei ruoli di controllore sociale per essa previsti dai programmatori del neo-capi- talismo. Disposta ad affiancarsi -come si diceva allora - ((non episodicamente alle forze antago- nistiche della società)). Immaginato come ((militante collettivo)) e come ((intellettuale collettivo)), I’antisociologo avrebbe dovuto dimostrare la possibilità di fare ((critica)) senza separarsi da I I a .((pratica )).

9. Naturalmente le discussioni tese a stabilire se

gli studenti fossero o meno una ((classe rivoluzio- naria)) e se i l periodo che si stava vivendo fosse o meno rivoluzionario, divisero e unirono la massa studentesca. A Trento, comunque, l’influenza della cultura operaista, secondo cui gli studenti dovevano essere considerati figure sociali interne alla clas- se operaia, non fu mai dominante. L’idea che prevalse fu piuttosto quella di considerare gli studenti una ((categoria sociale)) trasversale alle classi. Non una classe. Di conseguenza, pur essendo apprezzata nella sua differenza specifica come ((lotta sociale anticapitalistica)), la rivolta studentesca non venne mai candidata ad assume- re un ruolo sostitutivo della lotta operaia. Nè, del restof3 fatto che tutto l’occidente capitalistico fosse investito da questa rivolta, ci portò mai ad affermare che la situazione fosse, per così dire, rivoluzionaria. Forse anche per i buoni e frequenti rapporti con I’Sds di Rudy Dutchke, fu sempre una prospettiva di ((lunga marcia attraverso e contro le istituzio- ni» ad avere la meglio su altre impostazioni. Una marcia, come si pensava allora, di disgregazione, distruzione, r iqua I i f icazione. ((Si tratta di conservare la struttura dell’istituzio- ne rovesciandone la funzione. Non più fabbrica di laureati pavloviani da inserire supini nel sistema, ma fabbrica di militanti, teoricamente armati, praticamente sowersivi, in grado oggi d’iniziare la lunga marcia, domani di continuarla nell’istitu- zione specifica in cui verranno immessin. Ecco qua: l’elaborazione iniziata tra i l ’66 e i l ‘67 nell’università negativa, raggiunge, con l’ultimo grande esperimento del laboratorio trentino -

l’università critica, nell’autunno del ’68 - la sua dassicità)). E in questo compimento fiorisce I’u- topia. 1 O. Extraparlamentare e post-partitico. Con que- ste parole si sono voluti connotare alcuni aspetti essnziali della lunga marcia immaginata. Posta dalla rottura con l’organismo rappresentati- vo unitario, la questione del ((rifiuto della delega)) si precisò con gli anni nel rifiuto d’ogni canalizza- zione parlamentare e partitica delle lotte. Si ri- vendicava una partecipazione d i ret ta , m i I i ta n te, in prima persona. Una presenza senza mediatori nel processo decisionale: alla preparazione, all’e- secuzione, al risultato di c!ò che si andava facen- do. Fu per questo che a Trento, nella seconda metà del ’68, ci ritrovammo tutti fuori dai gruppu- scoli, sette, organizzazioni e partiti. Alla ricerca d’una nuova forma della comunicazione e dell’a- gire politico: questo fu senz’altro un grande so- gno! E tuttavia, le mille esperienze assembleari - strutturate, organizzate, ecc. - non riuscirono a risolvere i l problema. Anzi. Sul fatto che la struttura assembleare, comunque intesa, fosse in definitiva ((repressiva)) e ((fascistizzante)), furono spesi milioni di parole. Ma all’invenzione d’un nuovo modello di comuni- cazione tra ogni compagno e gli altri del suo gruppo di lavoro, tra ogni gruppo di lavoro e gli altri all’interno d’uno stesso settore, tra ogni set- tore e tutti gli altri settori, tra l’insieme determi- nato dei settori e l’assemblea generale .... non ci arrivammo mai. Uno scacco. Indubbiamente. Una sconfitta che portò acqua al mulino dei fantasmi. I quali, con la pazienza atemporale che gli deriva dall’essere

Si occupa la facoltà di architettura a Roma, nel ‘66

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GENNAIO 1 9 6 8 PAGINA 20 LA MISERIA ECONOMICA, POLITICA, SESSUALE

L‘UNIVERSITÀ NEGATIVA

I1 movimento per un’università negativa si formò a Trento nel corso delle occupazioni di So- ciologia.. Nel documento - di cui pubbli- chiamo ampi stralci - che de- finisce l’Università negativa si parte dal tentativo di chiarire «il concetto scientifico marxista di ’ ’Totalità sociale”)). «Noi abbiamo individuato - scrivono infatti nella parte con- clusiva - l’università negativa come luogo d’integrazione poli- tica e analisi critica dell’uso de- gli strumenti scientifico-tecnici proposti dallo strato intellettua- le della classe dominante nelle nostre università.

Le premesse sulle quali si fonda il movimento per l’università Nega- tiva sono le seguenti: a L’università può costituzional- mente tollerare due soli tipi di di- scorsi, quelli che mantengono in Lltima analisi lo status quo e quelli che sostengono la necessita di mu- tamenti così radicali da essere del tutto irrilevanti in un immediato prevedibile futuro. b ) Se l’insoddisfazione, la prote- sta, la contestazione si svolgono settorialmente, nell’ambito di ca- nali istituzionalizzati, con stru- menti politicamente castrati (poi- ché hanno un intervallo di movi- mento rigidamente imposto con nietodi autocratici dall’ammini- strazione ), con le forze con le quali ci si scontra sono decisamente im- battibili. Tali forze sono oggi, di fatto, in gra- do di calcolare il costo di una situa-’ zione conflittuale e di pianificarne la ((spesa)).

scrittura, riproposero per i nuovi problemi le più antiche e consolidate soluzioni. Fu così che l’in- capacità di fare un passo avanti si trasformò in molti passi indietro. 1 1 . A ben vedere però non mancarono scintillan- ti intuizioni. Fra tutte questa: la rivoluzione politi- ca - almeno nell’occidente metropolitano - do- veva essere ridimensionata a funzione d’una più complessa rivoluzione sociale e antropologica. Quale fosse la miseria economica, politica e ses- suale di ciascuno studente lo sapevamo bene. Per esperienza diretta. E quanto questa ((miseria cor- porale)) incidesse nel funzionamento pratico delle strutture di movimento che via via si andavano progettando, lo si scopriva giorno dopo giorno. Per questo le riflessioni sulle incongruità, spesso clamorose, delle forme della coscienza studente- sca e per estensione di quella proletaria, rispetto alla collocazione dei soggetti nei rapporti sociali oggettivi, accompagnarono l’intera esperienza. L’attenzione ai processi d’incorporazione delle forme-pensiero, dei modelli di comportamento e di sensibilità dominanti fu molto accesa fin dai controcorsi del ’67. Ma è nel ’68 che, in seguito ai seminari autogestiti - sui Manoscritti del ’44 del giovane Marx, su Storia e coscienza di classe del giovane Lukacs, su Eros e civiltà del vecchio Mar- cuse, sulla Rivoluzione sessuale di Reich, e sulla ((rivoluzione culturale)) delle Guardie rosse - pre- cisammo l’idea secondo cui I’imborghesimento ideologico, i l (cmenscevismo interiore)), come pure l’«io-debole)) e i l ((corpo miserabile)), proma- navano da precise istituzioni. Naturalmente da ciò tirammo anche una precisa conclusione. Se per sciogliere le corazze della ((falsa coscienza)) e del ((falso corpo)) occorreva incidere sull’apparato istituzionale preposto alla loro riproduzione - parlamento, partiti, chiesa, stampa, sindacati, esercito, scuola, famiglia - ... beh,’ allora, l’«azione esemplare)) era proprio la desublimazione ideale per un’effettiva ((politica corporale)). Non era questo che insegnavano i l Che, Huey Newton e le stesse rivolte studentesche di Berk- ley, Parigi e Berlino? Ma sì: la ((propaganda armata))!

Non va inoltre dimenticato il rap- porto organico tra amministrazio- ne e capitale (statale-o privato), rapporto che per la sua intima co- stituzione impone le forme auto- cratiche di cui si fa cenno sopra. Da quanto abbiamo detto, discen- de: 1) la necessità di un rifiuto delle forme e degli istituti tradizionali con cui si è espressa la contestazio- ne del movimento studentesco sino ad oggi ; 2 ) l’impostazione di un nuovo tipo di lotta che si svolga contempora- neamente nell’università - preva- lentemente a livello ideologico - e nelle organizzazioni antagonisti- che di classe a livellopolitico. Quest’affermazione è relata al convincimento che non vi è opposi- zione tra politica universitaria e lotta di classe. Non ha senso, a no- stro avviso, parlare di ((politica universitaria)) ; si deve parlare di politica tout-court, ma politica vuol dire, in ultima analisi, lotta di classe, e lotta .di classe significa lotta differenziata, condotta con strumenti differenziati a diversi li- velli. Va da se , di conseguenza, che la

Non un pensiero che premesse contro la realtà, ma una realtà capace di premere contro i l pensie- ro. Fu questo che chiamammo: utopia operante. Fat- ti di realtà alternativi all’ordine esistente che, svi- luppando una politica corporale, promuovessero una rivoluzione pienamente sociale. E portassero in essa la massima gaiezza. 12. L’università critica fu certamente, di tutto ciò che chiamiamo Utopia operante, una dimostra- zione clamorosa. Una potenzialità di rapporti lie- vitanti, comunicazioni esplose, dispute ideologi- che, eros e lotte che in qualche modo resiste al logorio e al disincanto degli anni. E tuttavia con l’estate del ’69 la lunga (ctranse co I I e t t i va )) d e I Mo v i mento studentesco a n t i a u t o r i - tario trentino s’esaurì. Ci fu un ((risveglio)). Una presa d’atto. Una diaspora. Come in ogni altra ((tra n se )) trionfò I ’ i m pe r m a ne n za . Un a c h i u su r a senza resti. Una discontinuità radicale. Un ridi- mensionamento dell’Utopia operante in fuoco di memoria. Non però una memoria reducistica o celebrativa. Nient’affatto. Che anzi, col passar degli anni, sono le domande inquietanti a trionfa- re. E proprio in questo ((saper ancora suscitar domande)), io credo, sta i l senso più profondo di quell’esperienza irrimediabilmente conclusa. Esperienza ancora tutta viva proprio perché defi- nitivamente morta. Esperienza che resta operan- te come la sua Utopia, nei corpi di chi l’ha attra- versata, tenendo vivo I’eros e i l desiderio. ((L’uomo nuovo, i l rivoluzionario del XXI secolo sono frutti che devono ancora maturare sull’albe- ro genealogico della sinistra rivoluzionaria euro- pea )). Ecco, queste parole che scrivevamo in piena ((transen forse sono ancora oggi da esplorare. Nel frattempo vent’anni di conflitto durissimo, anche armato, più che alle ((speranze inedite)) hanno dato corpo ai remoti fantasmi. E, a cose fatte, essi ci stanno alle spalle esauriti anch’essi e muti, come un gigantesco punto interrogativo. Dov’è mai finita l’energia liberata dall’esplosione sociale del triennio ’67-69? Hanno vinto i fantasmi? O, forse, giunti infine alla luce, sono proprio essi a essere stati sconfitti?

lotta di classe deve assumere nel- l’università forme specifiche e svi- hpparsi principalmente a livello ideologico e della sperimentazione scientifica. Non capire questo vuol dire permettere alle diverse forme che assume l’ideologia borghese - positivismo, empirismo, tecnici- smo apolitico -di trionfare indi- sturbate. Ma la validità di questo tipo parti- colare di intervento all’interno del- l’università risiede imprescindi- bilmente nello stretto ed indissolu- bile legame con la pratica politica di classe condotta sulla base della teoria rivoluzionaria marxista- leninista tendente all’eversione dello stato e alla trasformazione delle attuali istituzioni repressive i? forme democratiche e sociali- ste. L’amministrazione parte dal se- guente presupposto: il potere sia- mo noi. Questo presupposto sta al fondo di ogni pensiero che viaggi per la mente tanto del presidente ciell’amministrazione che dell’ulti- mo burosauro. Esso si concreta inoltre in una prassi che ripropone la dicotomia noi-voi, dove il «noi» ha tutti i diritti, e il ((voi» tutti i do-

veri. Importante è qui sottolinear( come il ((noi» si presenti sempre nella sua forma storica concreta come blocco solidale : potere politi- co-economico della classe domi- nante -amministrazione dell’uni- versità ; mentre il ((voi non può pro- porsi, se non in forma ultramedia- tal‘ come strato sociale solidale con le classi subalterne. Tale prassi va scardinata. Tale dicotomia e inac- cettabile. L’università è, a nostro vedere, un subsistema sociale formato da stu- denti, assistenti, incaricati, docen- ti, amministratori, dialetticamen- te relato tanto aila società civile che alla società politica. Tutte queste forze devono parita- riamente concorrere alle decisioni vitali (e non) che concernono l’an- damento didattico ed amministra- tivo dell’università. L’Università Negativa deve agire per la realizzazione di quest’ulti- mo modello, ossiaper una effettiva autogestione da parte di tutte le forze sociali che confluiscono nel- l’università; ma è oltremodo evi- dente, dopo quanto in precedenza affermato, che ciò non può essere realizzato nell’ambito delle strut-

ture socio-economiche di una for- mazione capitalista. Dice un documento del Free Speech Movement : ((. . .il movi- mento studentesco, retto da ca- strati politici, è una frode cui si permette di agire dentro i limiti imposti con metodi autocratici dal- l’amministrazione e perciò la sua funzione costituzionalmente codi- ficataè di servire al mantenimento dello status quo». Noi non riconoschmo alcuna auto- rità agli organkmi rappresentati- Vi. Essi sono l’immagine riflessa nello specchio deformante del democra- ticismo piccolo-borghese del ver- ticalismo parlamentare svincolato dalle masse e connivente, indiret- tamente o direttamente, col potere costituito, che opprime, per mezzo dei servi sciocchidell’amministra- zione, il movimento studentesco ce1 suo insieme. Riconosciamo invece come ((10- cus)) effettivo del potere studente- sco solo l’assemblea strutturata di facoltà. Parliamo di Assemblea Struttura- ta e non di assemblea generale. I due concetti infatti sono differenti: il primo comprende il secondo ed esprime un’interpretazione del- l’assemblea fondata sui seguenti momenti : a) Assemblea d i corso: consente una maggiore omogeneità e quindi una maggiore partecipazione dei singoli membri alla discussione e al processo di formazione delle de- cisioni. b ) Assemblea generale: locus del potere studentesco che raccoglie le istanze delle assemblee di corso, le discute e ne affida la elaborazione specifica o la realizzazione ai Col- lettivi intercorso. c ) Collettivi intercorso formati per autocandidatura, non per voto assembleare, che lavorano su ar- gomenti specifici di natura politi- ca, ideologica, scientifica o sinda- cale.

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GENNAIO 1 9 6 8 PAGINA 2 1 IL MOVIMENTO STUDENTESCO PISANO

L’impossibilità di essere normale. Adriano Sofri e l’occupazione di Pisa

Rina Gagliardi

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erchè Pisa? Ma per quelle Tesi della sapienza che, nel bene e nel male, contribuirono a farla, la P storia del ’68. Ma per quel ((magico)) incrociarsi

di idee e generazioni che, forse, solo una piccola città con molta storia e altrettante pretese poteva favorire. Dice Adriano Sofri, che di quel biennio fu il leader indiscusso ancorchè ((occulto)): ((Dal punto di vista ideologico, il ’68 pisano fu importantissimo. Ma se il ’68 fu soprattutto la ribellione degli studenti contro un sistema di studio stupido e autoritario, il nostro movi- mento è stato, in un senso preciso, marginale)). Domi- nato da una sorta di ossessione operaista? «Da una forte connotazione classista. Dall’idea che gli studenti altro non sono che una componente del proletariato - ((forzalavoro in formazione)), come diceva il nostro vec- chio amico Gian Mario Cazzaniga che quindi han- no da combattere per il salario, per migliori condizioni di studio e di vita, e così via. Sì, le Tesi della sapienza hanno I’economicismo, come tratto dominante)).

Luglio ’66. Il Cantagiro sbarca al sud

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Ma proviamo a raccontarla, quella notte (freddissima) tra il 1 0 e 1’11 febbraio del 1967 - battesimo del fuoco per un pugno di ventenni o, se preferite, vero tournant di vita. L‘occupazione della Sapienza fu un punto d’arrivo, come spesso succede. A Pisa, come a Trento e a Torino, in quell’invemo si occupavano le facoltà: si occupavano resistendo, in massa, fino alla fine delle assemblee e rivendicando, in disordine, quel che si poteva - la liquidazione di quei parlamentini per cui votava non più del dieci per cento del corpo studente- sco, l’apertura illimitata degli istituti e delle biblioteche, l’aumento dei presalari, una didattica un po’ più demo- cratica - seminari e lavoro di gruppo, insomma, più che esami. Occupare voleva dire: siamo noi, I’assem- blea, a decidere come e che cosa funziona d’ora in poi. E ((noi)) eravamo studenti per lo più nuovi di zecca - matricole, second’anno al massimo -assistiti da qual- che vecchio ex-ugino.

L‘occupazione aveva i suoi rituali ((iniziatici)). Uno stri- scione, per prima cosa, veniva messo fuori dal portone, Facoltà occupata (e pochi giorni dopo spuntava anche, sempre, una bandiera rossa, almeno nelle facoltà più (ceversive)), che a Pisa erano Lettere e Fisica). L‘assem- blea eleggeva un suo comitato esecutivo, un gruppetto di non più di quattro-cinque persone: allo stesso tempo la direzione politica e il factotum organizzativo. Poi, si procedeva al suggello fisico degli istituti - anche a evitare danni e furti -, ai turni di presenza, ai picchetti dell’ingresso, col compito di sorvegliare e, soprattutto, spiegare a tutti ((gli obiettivi della nostra lotta)). La quale viveva, in realtà, in una vera e propria assemblea permanente, in esperimenti di didattica al- ternativa, nel disordinato fluire di ((messaggeri)) prove- nienti da altre facoltà e altre sedi, che portavano ad ogni momento le ((notizie)), nell’approvigionamento di cibo (carne in scatola) e sacchi a pelo per quei pochi che rimanevano a presidiare anche la notte. E, soprat-

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ILTEMPO DELLA PIENEZZA E DELLA SPERANZA

!E TESI DELLA SAPIENZA

:1 brano che segue 6 estratto dalle (Tesi della Sapienza)) dell’univer- jità di Pisa. Analizza la figura so- :iale dello studente

1 ) Nella società a capitale socializ- zato il piano, inteso come centraliz- zazione dello sviluppo e predeter- minazione di esso a lungo termine, appare fondamentale per la con- servazione ed evoluzione equili- bratadel sistema. 2 ) Possiamo distinguere per como- dità analit,ica due livelli a cui il pia- no si realizza e si esprime : a ) sul piano politico come pro- grammazione della disponibilità della forza-lavoro; b ) sul piano tecnico-economico come combi- nazione ottimale delle risorse nel loro utilizzo possibile. ( .. . ) . 4 ) La scuola si configura a questo livello come il luogo di produzione della forza-lavoro qualificata e rientra come costo sociale nel ciclo di produzione allargata del capita- le. 5) Lo studente si definisce pertanto come forza-lavoro nel processo di qualificazione e si definisce come figura sociale subordinata non solo nel rapporto che necessariamente intrattiene con la sua futura collo- cazione salariale nel processo pro- duttivo, ma nella sua attivita uni- versitaria in cui la divisione capi- talistica del lavoro intellettuale lo definisce immediatamente in ter- mini di esecutore di processi men- tali e di esperienze predeterminati e parcellizzati. ( .. . ) . 7) Nella misura in cui la condizione

tutto, nella nervosa attesa della repressione. L‘idea di un’occupazione nazionale della Sapienza - un bell’edificio quattrocentesco nella parte vecchia del- la città, dominato da un grande cortile - maturò per quell’insopprimile esigenza di ((unificare il movimen- to)), di fornirgli perfino fisicamente una sede comune, di produrre, possibilmente, qualche idea organica di più. ((In verità)) dice Sofri «in quell’occupazione si svol- sero tre giochi molto diversi tra loro: quello della vec- chia Ugi - arrivarono trafelati, a dirci che eravamo pazzi - che, se dio vuole, fu totalmente estromessa; quello del movimento che, ancora, non aveva deciso di rompere con i partiti e le istituzioni; e quello nostro, del movimento che nasceva con un approccio romantico, fortemente soggettivista, il movimento, insomma, che voleva agire prima di compiere una rigorosa analisi di classe)). Sì, non è facile spiegare questo connotato, in tempi, come gli attuali, di yuppismo perbenista. Se c’è qualcuno che le sta buscando, là bisogna andare, e se c’è una battaglia giusta in corso, non ci si può sottrarre: così le ((avanguardie di massa)) degli studenti, qualche centinaio di giovani e giovinette, accorsero in massa a presidiare il Tempio del sapere accademico, già occu- pato da un’èlite di ((rappresentanti)) di tutte le facoltà d’Italia. Come avevano fatto di fronte al sacrale portone chiuso? Semplicissimo: uno studente di legge, uno qualsiasi, sapeva dove stavano le chiavi. E le aveva prese.

Finito il tempo delle complicità In realtà, nei ((disegni)) iniziali, partoriti in incontri ((riser- vati)) alla Casa dello studente, la Sapienza doveva esse- re un’occupazione di stampo abbastanza tradizionale - Pisa ne aveva avute più d’una negli anni ’60, tutte gestite dalla vecchia Interfacoltà. Doveva essere, cioè, una riunione di lavoro e di riflessione sull’università, e doveva ((soltanto)) produrre un controprogetto di rifor- ma - un’analisi sulla figura sociale dello studente, un’ipotesi sul rapporto tra ricerca e didattica. Ma si trasformò in un evento sessantottino: con alcune deci- ne di ragazzi che rimasero, tutta la notte,fhi dormendo per terra chi rotolandosi in coperte miljtari rimediate chissà come, ad aspettare la polizia, che non arrivava. Arrivò, finalmente, alle cinque - del mattino, e disoccu-

pò «di forza)), ma con grande gentilezza, previa scheda- tura, fotografie, moderate perquisizioni. Si rompeva, clamorosamente, una tradizione secolare, che voleva le ((forze dell’ordine)) fuori dai recinti -sacri, appunto - dell’Università. La ragione, formale, di tanto intervento era la Conferenza nazionale dei Rettori che si teneva a Pisa giust’appunto, quell’l 1 febbraio. La ragione so- stanziale era un’altra: era finito, almeno per il momento il tempo della complicità «tra le mura)) dell’accademia. Gli ((scherzi)) dei giovani non erano più tollerabili. Anzi, non erano più, nient’affatto, degli scherzi.

Quando Sofri contestò Togliatti ~~ ~~

La città, s’intende, ci mise molto a capire quel che stava succedendo. Agli studenti era abituata: nel senso preciso che li ospitava, da una vita, offrendo alloggi a caro prezzo a giovani meridionali, sardi, greci, arabi e, per il resto, radicalmente ignorando l’esistenza di un’al- tra città - ad alta intensità di tradizione letteraria, scientifica, e anche politica. Fu o no questa Pisa, incar- nata dalla Scuola Normale Superiore, a fare da levatri- ce al nuovo movimento? Con Sofri rievochiamo un episodio abbastanza celebre, appunto, della sua vita di normalista (per la verità presto espulso con la motiva- zione che ((portava donne in camera))) - che, in città, diventò quasi una leggenda. Nel ’64 Togliatti tenne una conferenza alla Scuola Normale - secondo un’abitudi- ne consolidata della scuola di apertura agli intellettuali e ai politici di maggior prestigio. Il dibattito finì per concentrarsi sul tema della legittimità democratica del Partito comunista - e Togliatti ricordò che anche un importante colonnello americano aveva dovuto am- mettere la ((piena affidabilità)) del Partito nella tempe- sta del ’48, quando tutti davano per certa la sua volontà ((rivoluzionaria)) ed (teversiva)), Fu a questo punto che Sofri prese la parola, interrompendo i l clima un po’ paludato della riunione, e se ne uscì con un’osservazio- ne sarcastica sulla buonafede del colonnello Usa: e Togliatti non solo non l’apprezzò, ma andò su tutte le furie, gridando: «ci provi lei, allora, a fare la rivoluzio- ne!)). DiAdriano. «E io, chissà, lo presi sul serio)). E tutti, per anni, la prima cosa che sapevano di lui era proprio questa: aveva contestato, nientemeno, che Palmiro Togliatti.

immediata dello studente se cor- rettamente analizzata immediata- mente rimanda alla sua condizione futura di lavoratore intellettuale, si pone come problema centrale della sindacalizzazione della cate- goria il rapporto fra piano capitali- stico e disponibilità della forza- lavoro, e pertanto si ha una imme- diata saldatura f r a contrattazione sindacale e processo di formazione della coscienza politica. 8) Non e possibile infatti analizzare un qualsiasi momento dell’attività universitaria, dalla programma- zione capitalista della ricerca alla centralizzazione autoritaria del- l’amministrazione, dal nozionismo 6isgregato e formale della didatti- ca alla mistificazione dell’autono- mia come espressione più o meno rozza di integrazione del dissenso, senza che venga immediatamente investito il tema del potere decisio- nale, della sua natura dispotica e centralizzata nella società capita- lista e delle sue articolazioni più o meno mistificate a livello universi- tario. 9) Questo è in effetti il senso più rilevante e positivo delle recenti lotte studentesche : la contestazio- ne dell’organizzazione universita- ria del potere come contestazione globale del sistema, l’individuazio- ne nella divisione capitalista del lavoro del tema di fondo su cui or- ganizzare la discussione e la rivol- ta. I1 rifiuto delle forme rappresen- tative di organizzazione come fun- zionali al sistema che viene com- battuto, l’affermazione delle assemblee e del collettivo come unico organo valido e deliberante, mostrano come la discussione del movimento abbia ormai raggiunto la saldatura corretta fra azione sindacale e politica, individuando nel tema del potere operaio, come prospettiva rivoluzionaria di una

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GENNAIO 1 9 6 8 PAGINA 23 I GIOVANI RIBELLI DEL MONDO PISANO i

nuova organizzazione sociale, il senso e il fondamento della propria azione collettiva. ( . .. ). Natura e funzione del movimento studentesco 1) 11 movimento studentesco riven- dica il controllo degli studenti sulla propria formazione ; analizza e contratta la condizione studente- sca in rapporto alla situazione sto- rica determinata in cui essa si si- tua e all’uso che ne viene fatto nel- l’attuale fase dellosviluppo capita- listico. 2 ) Lo studente è forza lavoro in fase di qualificazione ; l’organizzazione dello studente nell’attuale fase del- lo sviluppo capitalistico -con la trasformazione della tradizionale divisione tra lavoro manuale e in- tellettuale in divisione fra funzioni sociali tecno-esecutive, a cui va riferita la parcellizzazione del la- voro intellettuale, e funzioni socia- li politico-direzionali in cui si in- trecciano coordinamento tecnico e sorveglianza dello sfruttamento - tende ad unificare i vari livelli di subordinazione sociale e permette quindi una corretta, analisi del pro- cesso di oggettiva proletarizzazio- r,e dello studente. 3) Questo processo di proletarizza- zione tende sempre più a rove- sciarsi anche sui livelli medi dell’i- struzione tecnica, esso assorbe il settore professionale e, pur espan- dendosi notevolmente per le esi- genze di qualificazione del merca- to del lavoro, permane in una situa- zione penosa di scarsa efficienza tecnico-professionale e di non de- finizione giuridico-normativa dei titoli prodotti. I1 settore umanisti- co si unifica anch’esso e tende ad adeguarsi alle nuove esigenze di forza intellettuale del mercato ca- pitalistico proiettandosi verso il di- ploma universitario, anche se in questo settore il carattere classi-

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Ma era la Scuola Normale, nel suo insieme, a formare un ((cenacolo)) politico-culturale, che spingeva molti giovani intellettuali ad awenturarsi in territori scono- sciuti, o comunque non ufficiali. Fu alla Scuola Norma- le, racconta Sofri, che venne Raniero Panzieri a offrire quella ((nuova)) lettura di Marx (era appena uscito il numero dei ((Quaderni rossi)) che pubblicava il Fram- mento sulle macchine) e, soprattutto, l’idea dell’inchie- sta operaia come strumento di conoscenza e allo stes- so tempo di trasformazione. Furono, ancora, alla Nor- male le prime ((notizie)) sui Grundrisse, lo strutturali- smo, i lavori di Macluhan, i seminari di Francesco Orlando su Proust riletto in chiave psicoanalitica. Ha contato, tutto questo, fino alle Tesi della Sapienza?, ((Molto. Come molto hanno contato altre figure cittadi- ne non accademiche - un Luciano Della Mea, sociali- sta ribelle, con un tratto di serio populismo e una grande vocazione a frequentare giovani, a trasmettere, in qualche modo, la memoria storica del movimento operaio - un Sebastiano Timpanaro, intellettuale &o- pardiano)) appartato ed ((eretico)). Così come hanno contato i gruppi, cenacoli più piccoli che cementavano idee e vite comuni, e costruivano quella solidarietà generazionale senza la quale non nasce nessun movi- mento)). A Pisa non ci fu la paura di finire minoritari, di rompere con le sicurezze istituzionali: c’era, piuttosto, una sovrabbondanza di idee che cominciava a soffrire della propria impotenza pratica.

L’esuberanza della volontà Adriano Sofri diventò un leader per questa ((esuberan- za della volontà)): per una sorta di imperativo morale ad agire, a cambiare il mondo - anche senza sapere, in partenza, che cos’è un ciclostile e come si fa un volantino. E trasmise questa istanza, per mimesi, per contagio, per entusiasmo, a una massa di giovani che imparavano il gusto del ((ribellarsi è giusto)). I l ’68 a Pisa nacque dall’incontro, anzi dalla fusione di questo grup- po di intellettuali sofisticati - qualcuno con un passato politico vero e proprio, tutti con nessun presente politi- co - con i l disagio dei ragazzi venuti da fuori. ((Parlia- mo di Cesare Moreno, il sessantottino più tipico del movimento pisano. Veniva dal sud, studiava fisica, stava male, mangiava male, come tutti. Poi, due eventi

Can tagiro

cambiarono la sua vita: lesse la Lettera a una professo- ressa (lui era cattolico) e s’innamorò di una bella ragaz- za della Valtellina, Carla Melazzini, che già militava nel ((Potere operaio)), una di buona fasmiglia, che se n’era andata dalla scuola Normale disdegnando i troppi pri- vilegi che quella scuola offriva. Diventò un leader d’as- semblea: parlava con un linguaggio semplice e trasci- nante - fuori dai gerghi dei partiti e, allora, dal futuro gergo del movimento. Scrisse un opuscolo, Relazione sulla scuola, che comincia così, la scuola italiana è scuola di classe due volte -una vera rottura anzitutto linguistica)).

Lo rifarei, tale e quale Poi, ci fu la stazione occupata - marzo ’68, poco dopo i fatti di Valle Giulia, con gli studenti romani venuti a dare man forte. ((Perchè volemmo lo scontro? Nient’af- fatto per stupida volontà di vendetta, o per bisogno di menar le mani. Ma per quel senso di solidarietà ((asso- luta)) che reggeva il movimento: due dei nostri erano finiti in carcere, e noi dovevamo difenderli, dovevamo far qualcosa)). Poi, quell’altro mitico incontro tra gli studenti e gli operai - alla Saint Gobain con trecento minacce di licenziamenti, e giornate e giornate di ma- nifestazioni, cortei, scontri. ((In quell’anno il Pisa era in serie A, e il campionato cominciava con una partita assai attesa, con la Roma, forse. Alla vigilia, nel cuore della notte, riuscimmo con immane fatica a entrare nello stadio, e a divellere una porta - anima di ferro e base rafforzata da iniezioni di cemento. I l giorno dopo, i giornali scrissero che i l gesto vandalico poteva avere due sole spiegazioni: o erano stati gli invidiosi tifosi livornesi o erano stati gli studenti che volevano così esprimere la loro solidarietà con la lotta Saint Gobain. E affermare anche una commistione affatto inedita tra la politica e il sacro tempo libero dedicato al calcio)). A Pisa il 68 finì in un giorno ufficiale di festa - quel 31 dicembre davanti alla Bussola, con i carabinieri che

. spararono all’impazzata (e un ragazzo, Soriano Ceccan- ti, ne ha portato le conseguenze per il resto della vita). Furono - questo è certo - due anni indimenticabili. O bisogna dire, al contrario, che sono stati solo anni perduti? Dice Adriano Sofri: ((In realtà, lo rifarei, tale e quale. Non è stato solo giusto: è stato molto bello)).

;6. 1 carabinieri per arginare i fans

sta e privilegiato dello studio ten- derà più a lungo apermanere. Questa contradditorietà e incer- tezza dello sbocco professionale comporta una situazione di anta- gonismo potenziale delle masse nella amministrazione e nei meto- di didattici, 4) I1 movimento studentesco ha come controparte la classe bor- ghese storicamente dominante ; questo dominio di classe si manife- sta attraverso una serie di media- zioni (che vanno dal piano Gui alle circolari dei rettori) che tuttavia sono espressione, anche se in ma- niera talvolta contraddittoria, di un piano organico del capitale. 5) I1 movimento, attraverso le lot- tc!, si confronta in prima istanza con queste espressioni mediate. Le esperienze di lotta sono la compo- nente fondamentale della matura- zione del movimento e della forma- zione di avanguardie politiche al suo interno. 6 ) Le avanguardie assumono la di- rezione politica tendendo a colle- gare tra loro e generalizzare i di- versi momenti di lotta; nella misu- ra in cui questo processo di genera- lizzazione viene portato avanti cre- sce il livello di coscienza politica del movimento. 7 ) I1 movimento maturando pro- gressivamente demolisce sistema- ticamente le argomentazioni con cui le autorità burocratiche e acca- demiche mediano il piano della classe borghese e soprattutto indi- viduano obiettivi di lotta sempre

8 ) Giunto a questo grado di matu- razione politica seguendo il meto- do di una costante verifica nelle lotte della propria analisi teorica, il movimento riconosce nella clas- se borghese la propria controparte e si organizza in sindacato studen- tesco.

più avanzati - .

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GENNAIO 1 9 6 8 PAGINA 24 L’OCCUPAZIONE DI PALAZZO CAMPANA

Fu così divertente, una festa. Ma per il rettore eravamo del Kgb

((Quaderni piacentini)) n. 33, 1968

1967 ROVENTE

Il 1 febbraio 1967 si tiene l’Assemblea generale degli studenti a Palazzo Cam- pana. E‘ approvata la seguente mozio- ne:(tL’assemblea degli studenti in scio- pero dell‘università di Torino, consta- tando: l‘assoluta inefficienza del piano di riforma governativo in cui gli studen- ti continuano ad essere esclusi da ogni posizione di responsabilità nella gestio- ne dell‘Università; che non viene rico- nosciuto da parte del Governo il diritto degli studenti a una retribuzione in quanto lavoratori intellettuali; decide: di iniziare una nuova fase più avanzata di agitazioni per bloccare I’approvazio- R e del d.d.1. governativo; di sviluppare nelle prossime settimane una vasta azione di massa nelle Facoltà volta a contestare la struttura autoritaria del- l‘università; di riunire nelle prossime settimane le assemblee di Facoltà per individuare obiettivi articolati e specifici di lotta; e nel caso che le nostre richie- ste non vengano accolte di proclamare cccupazione delle Facoltà)).

9 febbraio 1967, ore 10. Ancora assemblea degli studenti: al centro del- ’la discussione l‘approvazione da parte della Camera dei deputati della legge finanziaria, considerata insufficiente per fronteggiare i problemi dell’univer- sità. Inoltre l’assemblea è contraria alla costituzione dei ((dipartimenti)), previ- sta dal piano Gui. L’Ugi propone I’oc- cupazione dell’università. Votazione. Proclamata l’occupazione di Palazzo Campana. Ore 20,50: la polizia entra a Palazzo Campana su invito del rettore. Sgom- bero: 81 studenti denunciati.

10 febbraio, mattino: fallisce per I’op- posizione della polizia un corteo diretto verso il rettorato. Si convoca I’assem- blea all‘istituto di Fisica. Occupazione. Ore 13: sgomberata Fisica, nuove de- nunce. Ore 16,OO: assemblea generale in un’aula del Politecnico (6-700 perso- ne). Si decide d‘occupare l’istituto di Fisiologia (l’occupazione durerà fino al 12 febbraio).

13 febbraio: viene occupato di nuovo Palazzo Campana.

15 febbraio: nasce il fronte unico di tutte le componenti universitarie, il co- siddetto comitato permanente, che comprende studenti, professori incari- cati, assistenti e alcuni docenti di ruolo.

16 febbraio: è sospesa l’occupazione di Palazzo Campana su richiesta del rettore Allara. L‘indomani, il senato ac- cademico si dichiara non competente a

Ila riapertura dell’anno accademico (1 O gen- naio), grazie alla ((Stampa)), c’è stata un’assem- blea gigantesca. Siccome noi avevamo ribadito

una serie di mozioni (che avremmo rioccupato, che avremmo fatto ricorso alla disobbedienza civile, che non accettavamo le decisioni del rettore, che eravamo fermamente convinti a mandare avanti l’agitazione) la ((Stampa)) ci pigliava in giro di cendo che non eravamo più di cinquanta o cento. Il giorno 10, si presentano mille persone alla nostra assemblea, divisa in due aule perché non stavamo tutti in una, e votano all’unanimità per la rioccupazione (35 voti contrari su mille circa). E si rioccupa, con molta gente nuova, tra l’altro perché delle facoltà erano state occupate prima che iniziasse la vita accademica, ad esempio Magistero: le matricole e tutta un’altra serie di persone, quindi, che non si erano mai fatte vedere. Appena votata l’occupazione, molte però sono andate a casa, a mangiare, molte altre sono uscite quando s’è sparsa la voce dell’arrivo della polizia e quando sono arrivati i carabinieri eravamo rimasti trecentocinquanta circa e con questi finalmente abbia- mo attuato la resistenza passiva. Siamo stati trasportati fuori con un pò di violenza, un’operazione durata non poco tempo, e che ha fatto un certo chiasso. Il primo mese dell’occupazione, insomma, aveva lasciato il suo segno. I l giorno dopo, contrariamente alle aspettative di tutti, le autorità accademiche non hanno fatto la serrata, hanno lasciato Palazzo Campana aperto e han- no ricominciato le lezioni come se niente fosse succes-

Abbiamo riconvocato l’assemblea, stavolta c’erano solo trecento persone circa. E con queste, di nuovo, la dirigenza si mette a rimorchio dell’assemblea, attende che l’assemblea esprima la sua volontà e decida cosa fare, sapendo che non c’era assolutamente nulla da fare se non rioccupare. Finché prende l’iniziativa uno studente e propone un corteo per rioccupare tutte le aule in cui si tenevano lezioni, la proposta passa a maggioranza soprattutto dietro incitamento di uno stu- dente-lavoratore che sostiene che bisogna impedire gli esami - e questo è importante perché uno dei problemi più dibattuti e difficili nel periodo precedente alle vacanze di Natale, era se interrompere gli esami oppure no. Si diceva che questo non era tanto grave, tranne che per gli studenti lavoratori. Invece il primo studente lavoratore che si è sentito ha sostenuto che bisognava interrompere gli esami, perché gli studenti lavoratori perdono tante di quelle sessioni che perder- ne una in più non fa molta differenza. L‘importante è far sentire che siamo forti, ecc. Abbiamo dunque deci- so di fare l’occupazione bianca, con un corteo attraver- so Palazzo Campana, ed invadere le aule.

SO.

La verginità del professore È cominciata così una seconda fase di lotta contro l’autoritarismo accademico. Invece di analizzare il pote- re manipolatori0 delle autorità accademiche sugli stu- denti in astratto, si è passati direttamente alla prassi cercando di liberarsi completamente dalla soggezione rispetto alle autorità accademiche. Si è entrati nelle aule, si è reagito di fronte ai professori, si è rifiutato di mostrar loro i tesserini, contestando anche politica- mente il loro operato e la loro mancanza di posizioni, e così via. I professori si sono dimostrati delle persone talmente squalificate sul piano politico e culturale, assolutamente incapaci come erano di dare delle rispo-

ste, che l’azione si è trasformata in una specie di farsa, tanto che la tensione politica si è un pò allentata, e l’occupazione è diventata una festa. Questo è stato in parte accettato dal comitato di agitazione, che in un volantino del giorno dopo inneggiava al divertimento che l’occupazione comporta, cercando però di spiegare le ragioni di questo divertimento: la liberazione dalla soggezione dell’autorità. Comunque l’elemento principale di quei giorni era lo spettacolo. Si potrebbe citare un mucchio di esempi e di reazioni: dalla frase di Passerin d’Entrèves ((La lezio- ne è un fatto naturale, come l’ostrica produce la perla il professore fa lezioni)), ai soliti rimproveri di essere nazisti, ecc. (varianti: ((io sono stato a Dachau)), ((ho fatto il partigiano)), ((ho pagato di persona)), ((non cedo)) o ((cedo alla violenza))...). Oppure il ((professore demo- cratico)) che tenta di rifarsi una verginità dicendo agli allievi: ((ma voi non sapete che cosa Allara pensa di me!)); risposta degli studenti: ((noi sappiamo che cosa noi pensiamo di lei)). E ancora: ((io sono un pub- blico ufficiale e devo fare lezione)); ((se mi togliete la ricerca io sparo)); fino alla gran battuta finale del Rettore Allara: ((il controspionaggio mi aveva avvertito, degli agenti russi si sono infiltrati tra di voi!)).

Storia dell’occupazione bianca L’occupazione bianca è andata avanti giovedì, venerdì e sabato. Venerdì mattina e sabato matti- na è avvenuto lo scontro con Allara che ha chia- mato per due volte la polizia facendoci buttar fuori dall’aula in cui faceva lezione, la prima volta perché quelli che erano entrati per chiedere i l contraddittorio, non essendo riusciti a ottenerlo, si son messi ad applaudire ogni volta che lui apriva bocca, la seconda volta perché alcuni tene- vano i l cappello in testa e non se lo toglievano in sua presenza. La polizia è stata lì mezz’ora a chie- dere invano di toglierci i l cappello, alla fine ci ha portati via. Le persone che frequentavano erano pochissime, tranne alla facoltà di magistero, dove c’era la particolare situazione dell’inizio dei corsi, e dove i l contraddittorio aveva dunque un senso di risveglio dei tiepidi e dei nuovi allievi. Dopo le prime volte questo tipo d’azione non serviva, innanzitutto perché quelli che frequenta- vano erano estremamente pochi, non più di cen- tocinquanta persone, in genere allievi incalliti e ormai irrecuperabili; in altri casi perché dopo i primi dibattiti, continuavano a far lezione solo pochissimi professori completamente squalifica- ti, con tre o quattro allievi in tutto ... Nonostante questo, soprattutto a Magistero, sono state recu- perate all’agitazione con quest’azione un centi- naio di persone circa, permettendoci di mantene- re gli effettivi (considerando che alcuni via via si erano stancati della lotta, o avevano da preparare esami, ecc.). C’è stata infine la riunione del comitato di agita- zione di domenica 14, in cui è stato detto che questo tipo di azione non poteva venir continua- to, sia perché stanca quelli che la fanno, sia per- ché non c’era più gente da recuperare, almeno fino a che non fossero finiti gli esami e fino a che le facoltà scientifiche non avessero ripreso le loro attività. Ma si è deciso di continuare I’occupazio-

trattare le questioni proposte da parte studentesca e ne rimanda l‘esame ai consigli di facoltà. 18 febbraio: constatata I’indisponibili- tà da parte del senato accademico, vie- ne ripresa l‘occupazione. Ore 20: su invito del senato accademico, la polizia interviene nuovamente per sgomberare Palazzo Campana. Inoltre il senato ac- cademico delibera la serrata di Palazzo Campana, in vigore fino al 25 febbraio.

27 febbraio: riapre Palazzo Campana. L‘assemblea generale vota la sospen- sione dell’occupazione a partire dalle ore 24, riservandosi di optare in futuro per ulteriori forme di lotta.

10 maggio: c’è l’assemblea ad Archi- tettura. Con 127 a favore, 5 contrari e 16 astenuti viene votata l‘occupazione. Tre giorni dopo la polizia sgombera la facoltà di Architettura. Il rettore ne or- dina la chiusura ((fino a quando i giova- ni dimostreranno di non volere altri in- cidenti)). Dopo quasi un mese di serrata riapre la facoltà di Architettura che vie- ne rioccupata.

Tra il 22 e il 28 giugno 1967 comincia- no le trattative fra studenti, assistenti (che avevano iniziato le agitazioni pri- ma dell’intervento degli studenti) e il consiglio di facoltà sotto la mediazione del dottor Floridi, ispettore del ministe- ro. Stesura del ((documento Floridi)) che permette la smobilitazione dell‘oc- cupazione.

Il 23 dicembre di nuovo assemblea. elet- to il consiglio di coordinamento studente- sco in rappresentanza di tutte le facoltà e dei gruppi politici ufficiali (Agi, Ugi, Intesa). Fissata l’occupazione di Palaz- zo Campana per il giorno 27. Nella set- timana che segue vengono organizzati i controcorsi autogestiti suddivisi, se- condo la tradizionale struttura, per fa- coltà: Storia, Filosofia, Lettere, ((analisi sociale)). Il controcorso di Storia si divi- de in ((Vietnarn)) e ((America Latina)).

Il 27 al termine di un‘assemblea, viene decisa l’occupazione. Due giorni dopo alcuni studenti estranei all‘occupazione (fascisti?) capeggiati dal rettore Allara, entrano a Palazzo Campana per fare lezione. Scontri con gli occupanti. In seguito agli scontri del giorno prima, si svolge un referendum sull‘opportunità o meno di continuare l‘occupazione. Vincono i sì per 815 a 418. L‘occupazio- ne continua. Nel corso del mese di di- cembre prendono il via e si sviluppano i controcorsi, secondo un progetto più articolato di quello originario. Fra que- sti: Vietnam, America latina, Filosofia (Marcuse), Filosofia della scienza, Scuola e società, Pedagogia e dissen- so, Cinema e società, Sviluppo capitaii- stico in Italia dopo il 1960, Psicoanalisi e repressione sociale.

I! 27 dicembre la polizia sgombera Pa- lazzo Campana.

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PAGINA 25 GENNAIO 1 9 6 8 LIBERI DALLA SOGGEZIONE ALL’AUTORITA’

CONTRO L‘UNIVERSITÀ

I1 brano che segue e estratto da ((Contro l’università)) di Guido Via- le, ((Quaderni piacentini)) n. 33, 1968.

La radici dell’autoritarismo acca- demico, come tutte le forme di po- tere autoritario, non risiede soltan- to in una serie di strutture istituzio- nali ed economiche, ma risiede so- prattutto e in primo luogo nel con- senso da parte di coloro che il pote- re subiscono. L’Università e orga- nizzata in modo da creare e conser- vare questo consenso, cioé in modo da mantenere gli studenti in uno stato di passività e di divisione re- ciproca. E questo che intendiamo dire quando affermiamo che la di- dattica autoritaria è una forma di violenza esercitata sugli studenti. Finché gli studenti protestano per qualche giorno o finché criticano e sghignazzano in forma individuale alle spalle dei professori ( e tutti gli studenti lo fanno), questo e perfet- tamente sopportabile e non cam- bia le cose. Se un’occupazione 6 fatta solo per protestare, e gli stu- denti non elaborano forme di colle- gamento e di unificazione, dopo un po’ si rendono conto che stanno perdendo tempo, che prima o dopo ci si logora e ci si stufa, e quando l’agitazione cessa le cose tornano come prima. Ma se gli studenti sanno organiz- zarsi e imparano a discutere, essi riconquistano la loro autonomia e individuano rapidamente i veri problemi. Mentre l’aspetto istituzionale del potere accademico è il risultato dell’analisi tradizionale e ormai in parte scontata che il movimento studentesco ha fatto dell’universi- tà, il secondo aspetto, quello per cui l’autoritarismo si radica nel consenso autoperpetuantesi che la scuola e l’università riescono ad imporre agli studenti attraverso la frantumazione delle loro istanze collettive e mediante la manipola- zione dei singoli studenti ormai iso- lati di fronte all’apparato repressi- vo, è un elemento in gran parte movo che è emerso dalle discus- sioni nelle commissioni ed in assemblea. La denuncia del carattere barona- le delle università italiane e stata condotta a più riprese da parecchi settori dello schieramento «di sini- stra)), dall’cEspresso)) all’Ing. Martinoli (non dal Pci, il quale in-

~ - /va Zanicchi e Ornella Vanoni litigano al festiva1 di Sanremo del ’6;

ne bianca e si sono avuti ancora scontri con Get- to, la marcia indietro di alcuni assistenti che dopo averci dichiarato la loro solidarietà si prestavano a controllare i tesserini per conto dei professori alle varie lezioni, Bobbio e Martinucci arrestati dalla polizia per aver rifiutato di esibire i l tesseri- no, non essendo tenuti a farlo (a partire dal primo giorno dell’occupazione bianca i commissari era- no dappertutto: giravano per le aule, frequentava- no le lezioni, prendevano appunti, conoscevano tutti i nostri movimenti, ci informavano dove era- no le riunioni delle assemblee quando si arrivava in ritardo, ecc.). I l giorno dopo, un’assemblea di cinquecento per- sone ha votato per la trattativa e i l corteo al po- meriggio. I l corteo ha rimesso in piedi I’agitazio- ne: c’erano tra millecinquecento e duemila perso- ne, che, partite abbastanza fiacche, si sono via via scaldate confluendo in serata in due assemblee (per ragioni di spazio), che hanno accettato la sospensione dell’agitazione violenta, ottenendo dal rettore la soppressione della attività didattica fino a sabato 20, la possibilità di utilizzare palaz- zo Campana per le assemblee, e l’allontanamento della polizia dall’università. L’incontro di sabato 20 è stato più un processo che non un incontro o uno scontro. I professori pensavano che in un’assemblea molto vasta e poco qualificata avrebbero potuto fare molto più facilmente i loro discorsi e le loro manipolazioni. Ma ormai i l concetto di autorità era stato abbon- dantemente dissacrato, e l’assemblea si è tramu- tata in un vero e proprio processo che, prelimi- narmente ad ogni discussione punto per punto sulla carta rivendicativa, ha affrontato i l proble- ma di fondo: l’autoritarismo accademico. Dopo

alcune penose gaffes di Allara, i l dibattito si e

sviluppato su due linee: da una parte le precise dichiarazioni degli studenti, dall’altra la reazioni del corpo accademico, interlocutorie (e nei pro fessori ((democratici)) piene di riconoscimenti, cu però si è opposta una richiesta precisa: passare decisamente dalla nostra parte, e finirla con i ((sì ma...))) ma generalmente insufficienti proposte d alcuni docenti, e isterico smarrimento di altri. L’assemblea era molto divertente, ed ha dimo strato se ancora ce n’era bisogno i l disorienta mento e la poca forza reale dei docenti di fronte i un movimento di base. Insomma, i l movimento s è chiaramente affermato come una forza politici che è in grado di portare avanti le proprie istanzc e la propria linea. Le condizioni alle quali si detto di poter arrivare a trattative sono state rias sunte nel fatto che non intendiamo smontare l i nostra agitazione e disperdere la nostra forza

Possiamo accettare di arrivare a trattative soltar to se, oltre a rinunciare al ricatto dei provved menti disciplinari, si riconosce la necessità d parte nostra di organizzarci all’interrìo dell’un versità (e l’assemblea come unica organizzazion valida), di lottare e di impedire i l funzionamentc normale dell’università perché non possiamo rite nere i(normale)) il funzionamento attuale. Alle trl richieste i l rettore e i l senato accademico hannc risposto di no. Così abbiamo rioccupato e siamc stati cacciati di nuovo. Ma ora l’agitazione h’ assunto un carattere permanente e si riorganizzi in gruppi più vasti, con un grosso lavoro in dire zione delle facoltà scientifiche, delle medie e del la provincia, ed è pronta anche a scontri frontal più rilevanti.

vece si è perfettamente inserito in questo meccanismo, ne condivide le responsabilità di gestione, vi ha collocato dentro una serie di pedi- ne -docenti e si e sempre impegna- to in un lavoro di copertura politi- co-ideologica dei docenti cosid- detti democratici. Vedi come esempio limite il numero di «Con- tzmporaneo)) del 5-1-68, in cui si intervistano presidi e professori dell’Università di Bari, dando assolutamente per scontato il ruo- lo (democratico)) e ((progressista)) che l’università può assolvere per il solo fatto di esistere). Gli stru- menti istituzionalizzati del potere accademico sono stati brevemente riassunti nel documento iniziale dell’agitazione : Le autorità accademiche dispon- gono di numerosi strumenti per controllare gli studenti; elenchia- mone alcuni: - innanzitutto le aule e le sedi uni- versitarie da cui si arrogano il di- ritto, in base ad una legge del T.U. fascista, di cacciare gli studenti quando questi occupano 1’Univer- sità; - fondi destinati agli istituti ed alle ricerche che permettono loro di imporre gli argomenti che essi preferiscono senza consultare gli studenti, che in ultima analisi sono gli unici destinatari dell’insegna- mento universitario ; - il metodo poliziesco di controlla- re le frequenze, di prendere prov- vedimenti disciplinari, di interro- gare gli studenti agli esami con metodi più simili a veri e propri interrogatori che ad una libera di- scussione tra docente e discenti su àrgomenti che avrebbero dovuto venire approfonditi insieme ( . . . ) ; - il sistema di cooptazione dei pro- fessori, i quali vengono scelti da altri professori sulla base di criteri insindacabili: nepotismo, identità di vedute politiche, correnti filoso- fiche o culturali, sottogoverno, po- sizione nel mondo dell’industria; - il sistema di scelta degli assi- stenti i quali spesso vengono co- stretti a fare i lacché o gli autisti dei professori fino a quando non hanno assimilato completamente l’autoritarismo accademico e indi- spensabile per diventare professo- ri; - le borse di studio e il presalario che vengono assegnati o sulla base hsindacabile di certi professori, o sulla base della media conseguita agli esami, il che e lo stesso; - la posizione di forza negli enti paragovernativi, come il Cnr, le varie commissioni consultive per la riforma della scuola, le direzioni dei partiti politici, le quali permet- tono ai professori di imporre rifor- me funzionali ai loro interessi di casta.

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ENNAIO 1 9 6 8 PAGINA 26 LE POLITICHE DELL’ISTRUZIONE NELLA SOCIETA’ DEL BENESSERE

La scuola è un investimento a rischio. I1 capitale umano fa bancarotta

Rossana Rossanda

4nita ’allenberg e 9 1 1 Wyman 31 festiva1 di Zannes del ‘67

1) Herbert Marcuse: L‘uomo a una dimensione, L ’ideologia della società industriale avanzata, 1964, trad. it. Einaudi, Nuovo Politecnico, 1967.

2) Guy Debord: La società dello spettacolo, 1967, trad. it. Di Donato, Dissensi, 1968.

a novità più sconcertante del 1968, rispetto alla tradizione delle lotte operaie, è lo stu- dente. Lo studente come soggetto politico d’u-

na totale rimessa in causa del sistema ((demo- crat ico)) .

Altre volte era accaduto (e accadrà lo stesso an- no ancora in Messico) che le leve studentesche era- no state protagoniste di rivoluzioni, ma antimperia- liste - cioè per la liberazione del loro paese, do, appunto, democratiche, contro I’autocrazia. Era uno studente Julio Antonio Mella; studenti i primi che si levarono negli anni ’50 all’Avana contro Batista; come studenti o intellettuali erano stati gli uomini del risorgimento italiano. Lo studente, il colto era - nell’altro e nel nostro secolo - il portatore d’u- na domanda di libertà, politica e di riforma sociale,

3) cf. per la famosa inchiesta del 1962: W. G. Runciman: Ineguaglianze e coscienza sociale, L ’idea di giustizia sociale nelle classi lavoratrici, Londra 1966, trad. ita. 1972, Einaudi, Paperbacks, Torino.

candidato non solo a battersi fino alla morte per averla, ma a governarla poi. Classe dirigente nuova in fieri. La lunga diffidenza che accompagna nel mo- vimento comunista lo studente o l’intellettuale sta in questo, malgrado il Che fare? di Lenin e la ri- sposta, che esso dà a un ruolo dell’intellighentzia. E’ cf% per Lenin i l nuovo intellettuale serve per tra- smettere i l sapere dell’ingiustizia e la possibilità di liberarsene, negando nella sua (dirà Gramsci) orga- nicità con la classe operaia la sua figura naturale d’innovatore ((borghese)); superando non solo le sue idee di paternalistica riforma, ma la collocazione so- ciale che in partenza lo rende partecipe d’un sapere e d’un potere gerarchico. Stare con il proletariato, al suo servizio, è un cambiare di classe, di stato; significa non essere più l’intellettuale in quanto tale.

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GENNAIO 1 9 6 8 PAGINA 27 LA NOVITA’ PIU’ SCONCERTANTE: LO STUDENTE

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Milano, nel ‘68

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GENNAIO 1 9 6 8 PAGINA 28 IL SAPERE COME FATTORE DI SVILUPPO

SCUOLA Lo studente prima del 1968

Della scuola in genere è diff icile avere buona memoria. Di quella ereditata dal fascismo - la scuola di ogni ordinee grado -come si dice - dalle elementari all’università tra gli anni quaranta e gli anni sessanta -la memoria è pessima. Pessima ancor più, forse, per tutti quelli che allora, con sforzi notevoli e un‘u- miliazione dietro l’altra, costituirono la prima generazione che rompeva con la tradizione familiare del lavoro manuale o legato al pic- colo commercio o a quello del personale subalterno impiegatizio e cominciava il per- corso accidentato verso il diploma o addirit- tura (pochissimi)la laurea. Tutto costava una fatica spropositata. Innanzitutto I‘acquisizione del galateo sco- lastico: non si mangia in classe, non si fa pipì quandoscappa, si parla solo se interrogati, il corpo va correttamente disposto nel banco e fuori, sull‘attenti se il maestro interpella, a riposo quando si è interrogati, in piedi e a mani congiunte per la preghiera ad inizio e a chiusura di giornata, in piedi sull‘attenti per il saluto se in classe entra qualche autorità: con il bidello o il personale di segreteria, uniche persone che perstatus non meritano yuell‘atto d’omaggio. Poi bisognava fare i conti con I’acquisizione della lingua ufficia- le, continuamente disturbata dal dialetto che, per non essere derisi, si continuava a usare fuori delle aule, con gli amici, in fami- glia, in genere nella vita privata e pubblica. Infine c‘era la lenta acquisizione di un mo- dello di vita futura che presupponeva la can- cellazione della povertà culturale di prove- nienza: cioè delle proprie ((vergognose)) ori- gini culturaliesociali. Raramente gli sforzi di integrazione veniva- no premiati. Ore di studio si risolvevano in poche domandine e mediocri risultati: dalle elementari all’università c’era sempre qual- cuno che faceva meglio. Ogni interrogazio- r.e come ogni esame comportava una ten- sione mortale: essa, se andava bene, costi- tuiva la prova che gli dei inawicinabili - maestri, professori, baronie universitarie - avevano deciso di cooptarti, anche se con qualche manifestazione di fastidio per il tuo accento, per le tuelacune, peri tuoiabiti, per le tuescarpe. Nel tempo dello studio inoltre doveva entra- re precocemente il lavoro, non foss‘altro che per seguitare a studiare: lezioni private ad altri che stavano intanto compiendo lo stesso accidentato percorso; o una miriade di altri lavoretti (dal venditore di libri a rate al conto del punteggio sulle schedine del toto- calcio) che fruttavano poche lire ma neces- sarie. Il percorso scolastico era così un per- corso d’angoscia, fatto della paura di non farcela o dell’incubo di essere o scoprirti ((inadeguato)). E la ratifica del successo sco- lastico veniva solo molto parzialmente vis- suto come una cosa che t’eri guadagnato: c‘erano messaggi non immediatamente verbalizzabili che tendevano a convincerti chesi trattava d‘unaconcess!oneelargita, di un dono benevolo non del tutto meritato o comunque ottenuto soprattutto grazie alla tua disposizione a una diligente obbedien- za.

1) cfr. per le .ivolte e novimenti studenteschi )rima del 1968 iegli Stati uniti, 3 Berlino, in Francia, in America latina e in India il volume collettaneo curato e introdotto da Seymour M. Lipset: Studenti e politica, Londra. New York 1967, trad. ita. Bari, De Donato, 1968, e Gli studenti e la nuova sinistra in America, con i documenti più rilevanti, prefazione di Michael Cohen e Dennis Hale, Boston 1967, trad. ita. con introduzione di Noam Chomski, Bari, De Donato, 1968. Cf. anche Noam Chomski: I nuovi mandarini, New York 1967, trad. it. 1968, Einaudi, Torino.

Ma non è questo che awiene nel 1968: lo stu- dente non soltanto non si nega come soggetto ri- voluzionario, ma afferma di esserlo in quanto stu- dente. In diverse zone calde dirà di essere, anzi, il solo rivoluzionario, gli operai e i loro partiti avendo introiettato la filosofia del progressismo industriale, cioè d’una promozione nel sistema dato: queste pa- role, che Castro ripete al Congresso Culturale della Avana nei primi giorni del 1968, erano già state dette nel 1964 da Marcuse (i), pronunciate più vol- te dai situazionisti (2), enunciate ripetutamente in Inghilterra (3) e riscoperte in Italia nelle tesi della Sapienza e nelle tesi trentine di Università negativa. Lo studente era il nuovo proletariato, perché più del proletariato privato di sé nella massificazione d’una cultura senza sbocco, della cui ((miseria)) in senso proprio erano immagini gli atenei stracolmi, più studenti che libri, le città universitarie pullulanti di giovani senza awenire - fine visibile del desti- no dell’intellettualità come classe dirigente nuova. Lo studente è la contraddizione che scoppia a me- no di vent’anni dall’acculturazione diventata proces- so mondiale; tra I’alfabetizzato e il potere si scava lo stesso solco che, un tempo, fra il potere e I’anal- fabeta.

Questa immensa folla di ((miseri)) e coscienti di esserlo non è la sola formatrice delle rivolte univer- sitarie; forse neppure la più diffusa (4). Ma costitui- sce certo il dato sociale che più determinatamente ribalta la tesi progressista, diffusa negli anni Cin- quanta e Sessanta - appena riprende l’espansione e poi con le indipendenze octroyéesé ai paesi terzi - per cui la crescita economica sarebbe stretta- mente dipendente dalla quantità di ((saperi)) diffusi nella forza di lavoro.

5) La tesi è esposta in Fred Hirsch, I limiti sociali allo sviluppo, Esompiani, Milano 1981 pp. 50-60

61 Gli atti sono pubblicati da Laterza, Bari 1969.

I saperi e la crescita economica Questa tesi anglosassone (5) è largamente ripre-

sa in Italia ancora nel 1966167. Nel Convegno Uni- versità di oggi e società di domani del novembre 1967 (6), essa viene riassunta da Gino Martinoli e Giuseppe De Rita, sulla base della precedente pro- duzione Svimez e Censis (7): l’Italia ha un ((gapn di competenze, definite muove scienze scientifiche e sociali)) che frenano la sua espansione. Le muove scienze)) sono sia la sociologia, che ha avuto la pri- ma istituzionalizzazione, dopo il «pollice verso)) cro- ciano, con la formazione dell’Università di Trento, sia l’economia che nelle divisioni per facoltà in Ita- lia non esiste se non come parte delle facoltà di Statistica e di Giurisprudenza, sia le acquisizioni scientifico-tecnologiche legate a un’idea non ancora circolante del management.

Rispetto alla crescita demografica e alla presunta crescita economica, il gettito normale della scuola italiana appare: a) complessivamente scarso per la

all‘improwiso un paio di occhiali che rove- sciarono la richiesta di una più efficiente formazione in ribellione contro la subalterni- tà cheessaassecondava.

ELEMENTARI 32 in prima, 19 in quinta

chi di grano duro gli indisciplinati; umiliava- no e premiavano lo spirito e il corpo a parole e a bacchettate sul dorso della mano; sele- zionavano spietatamente dalla prima alla quinta, servendosi poi come prova del nove dell‘esame di terza elementare e di quello della licenza (dopo la legge del 1955, le ele- mentari saranno divise in due cicli, un bien- Rio e un triennio ma con la stessa funzione selettiva della precedente ripartizione in triennio e biennio). Ma la mortalità scolasti- ca è elevatissima. La scuola di Barbiana (Lettera a una professoressa) che esamine-

7) Essenzialmente: Svimez, Mutamenti della struttura professionale e ruolo della scuola, 1962, Censis, Le strutture formative al 7975, Collana del Centro europeo dell‘ Educazione, Roma, Palombi, 1966, e la ricerca condotta a F. Forte per la Shell: La domanda di laureati al 1980, 1966.

quantità elevata di ((mortalità)) ai livelli superiori (Gi- no Martinoli osserverà che l’((azienda università)), che licenzia non oltre il 7% degli immatricolati, è quel- la a più bassa produttività del paese); b) orientato classicamente verso la formazione umanisticolgiuri- dica, alimentando - anzi sovralimentando il terzia- rio e l’apparato dello stato, a scapito d’una accultu- razione dell’apparato produttivo. Si tratta dunque di meglio orientare la scuola di base, da portare da otto a dieci anni (a otto era stata portata agli inizi degli anni Sessanta con l’istituzione della scuola del- l’obbligo gratuita e unitaria fino al 14’ anno) in mo- do da dare una formazione multidirezionale e pla- stica, che non blocchi gli accessi futuri; e di riordi- nare interamente gli studi superiori verso una pre- valenza delle scienze scientifico-sociali, strettamen- te legate, e ordinate in modo da fornire una preparazione che sia di carattere tecnicolpratico (i diplomi da conseguire o al 18’ anno o durante i corsi universitari brevi, o più semplici), più com- plesso (le vere e proprie lauree) e di ricerca (I’istitu- zione dei dottorati).

I1 primo sussulto degli studenti

8) Cfr le relazioni di maggioranza Ermini, di minoranza R. Rossanda, di minoranza Valitutti sui relativi progetti di legge per la riforma dell‘università, archivio della camera dei deputati, 1967. In quella circostanza la relazione di sinistra subordina ogni quantificazione al ((modello di sviluppo economico)) e in ogni caso si pronuncia oltre che per la totale autonomia universitaria fin nei dipartimenti, per la collocazione in serie e non in parallelo dei tre gradi di diploma, laurea e dottorato, temendo una divisione sociale rigida dei ruoli.

La sterzata avrà le sue conseguenze immediate nel dibattito sulla riforma universitaria, dove si con- trappongono essenzialmente un progetto del gover- no, alquanto tradizionale, e un progetto comunista, che si oppone sia alla vecchiezza della legge Ermi- ni - la famosa 2314 - sia all’ipotesi della Svimez, che considera fondata su un’estrapolazione dei fab- bisogni di competenze superiori per la crescita eco- nomica, da processi di sviluppo capitalistico più li- neare e più lento, come awenuto in altri paesi (8).

Più generalmente, l’idea d’un ((sapere)) diffuso e polidimensionale come fattore di sviluppo econo- mico, e non soltanto come diritto civile in una so- cietà arretrata, aveva segnato tutto il decennio ’60: era al fondo del piano Saraceno e dei dibattiti sullo stato dell’istruzione (9). Ma la contabilizzazione di- retta ‘del ((laureato come produttore)) entra in Italia con forza dopo il 1966. Alla sua base sta la convin- zione che la fase espansiva del ciclo è in piena cre- scita e che si tratta essenzialmente di aggiornare su di essa la forza lavoro, qualificandola. La tesi resta internazionale, malgrado che nel 1964 la pri- ma rivolta dell’Università di Berkeley e un sussulto degli studenti in varie zone mondiali indicasse una sorta di controtendenza: non esplicitata come tesi (((Non è vero che l’attuale sviluppo ci darà questi sbocchi, non è vero che la crescita li promuoverà))), ma rivolta a esprimere una protesta d’altra natura, sostanzialmente sui diritti civili, e a indicare il farsi . degli studenti promotori delle minoranze oppresse ed essi stessi ((minoranza oppressa)), marginalizza- ta. Vedremo, quando studieremo più dappresso il

èandata riducendofinoa restringersi al4per erano i maestri o i professori di scuola media cento. ad arrotondare così il loro miserabile stipen-

dio. In prima media, nel 1955/56, approda- va poco meno della metà dei licenziati dalle elementari: 9 ragazzi, stando all’esempio fatto dalla scuola di Barbiana. Gli altri dieci finivano o a lavorare o nell‘inferno della scuola d‘awiamento: 39 ore settimanali di lezione, selezione elevatissima, unico sboc- co gli istituti tecnici e in seguito i professio- nali; l’università per sempre preclusa. La scuola media inferiore operava con du-

Le cose non andavanomeglio per i 19 ragaz- rezza non minore. Forte segregazione ses-

MEDIA La selezione di classe

Il ’68, forse, «fu fatto)) solo in minima parte da questo nuovo studente pronto a piegarsi e insieme continuamente a disagio: caso mai appoggiò le richieste di modernizzazio- ne «da sinistra)) che lo precedettero. Ma quell‘anno germogliò anche SU quest’accu- mulo di umiliazioni e ipocondrie cui diede

rà il percorso d‘una classe-tipo di 32 ragazzi zi che se l‘erano cavata e avevano preso la suale: le classi miste erano rare. Le ragazze Vediamo allora la scuola tra gli anni 40 e gli nei cinqueanni dell’obbligoelementare mo- licenzaelementare. Per chivoleva provarela sempre in grembiule. I maschi coi pantaloni anni60. strerà che in quinta nearrivanosolo 19e che via dellascuola mediaera previstounesame corti o alla zuava. Lo scoglio era costituito Nelleelementari in linea di massima i maestri la selezione discrimina brutalmente in base d’ammissione; ci ci si preparava privata- dal latino ( isoldi per le lezioni privateveniva- e le maestre erano quelli del ventennio: di- all’origine sociale e alla collocazione econo- mente, in parallelo con la frequenza della no strizzati via come gocce di sangue dalle stribuivano in premio ai migliori coccarde mica della famiglia. D’altra parte all‘inizio quinta elementare. La preparazione privata famiglie proletarie e piccolo-borghesi e in tricolori; mandavano in ginocchio su thic- deglianni Sessanta I’evasionedell’obbligosi era owiamente a pagamento e in genere genere finivano nelle tasche di amici-colle-

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GENNAIO 1 9 6 8 PAGINA 29 NEORIFORMISMO E CRITICA DELLA SCUOLA

9) Vedi i risultati della Commissione parlamentare di inchiesta presentati nel 1964. Anche il programma per lo sviluppo economico per il quinquiennio

annesso al disegno di legge 2457, riecheggia anni baldanzosi, pur tenendo conto della famosa nota aggiuntiva del 22 maggio 1962, che aveva gettato alquanto acqua fredda sui bollori del centro-sinistra in formazione.

1965-1969,

10) Trad. it. Serge Mallet, La nuova classe operaia, 1967 e nuova edizione con un saggio sugli avvenimenti francesi del 1968, Einaudi, Torino, 1967 e 1970.

11) ((Partisansn, ottobre - dicembre 1967, numero 34, Pedagogie: education ou mise en condition?, A cura di E. Copperman.

movimento americano, come i moti del 1964 a Ber- keley siano intrecciati dal pessimismo marcusiano della formazione wnidimensionale» dell’uomo, per cui la cultura non lo libera ma lo omaloga, esatta- mente come i l lavoro industriale, spostando sulla maginalità il solo soggetto «libero», e collocando in essa la massa studentesca; e dai primi e più forti movimenti neri, nonché dalla coscienza crescente della ((vergogna)) per l’impresa degli Stati Uniti nel Vietnam. AI momento in cui John F. Kennedy par- la di muova frontiera)) la gioventù acculturata ne contesta i l senso, e si radicalizza.

Lo sviluppo è malthusiano

In modo analogo la guerra di liberazione algeri- na aveva lavorato sui giovani francesi, il cui movi- mento - anzi ((un)) movimento molto diverso dal 1968 - è tuttavia messo in circolo negli anni ’60. Esso si collega alla cattiva coscienza del terzomon- dismo europeo, alle ipotesi d’una integrazione cre- scente della classe operaia e comunque d’una va- riazione nella composizione di classe (sulla quale furono decisivi gli studi di Serge Mallet su La nou- velle classe ouvrière (10) e i numeri speciali di Les Temps Modernes, per i quali André Gorz riportava soprattutto la critica della sinistra italiana già in odo- re di fronda, sindacale e politica, contro I’integra- zione neocapitalistica). I l numero di Partisans del 1967 (I 1) dedicato a Education ou mise en condi- tion? mette sul tappeto i l tema che sarà fondamen- tale nel maggio e in Italia: l’istruzione non come ((promozione)) e comunque dei rampolli delle classi privilegiate - come avevano dimostrato gli studi degli althusseriani Boudieu e Passeron (cfr. Les hé- ritiers,) che avevano suscitato non poca eco nel di- mostrare la funzilme di immobilismo invece che di mobilità sociale della scuola (12) -, ma come ((edu- cazione al I’adeguamento, al I’ob bedienza, al I’int roie- zione)). E ((scuola e famiglia)), suona l’introduzione della rivista di Francois Maspero, sono le cinghie di trasmissione della ((sottomissione sociale)). I l nu- mero di ((Partisans)), nasce nell’estate del 1967 e esce in autunno, quando le università italiane sono in movimento é quelle francesi assolutamente fer- me. Ha più eco in Italia che in Francia.

Nell’aprirsi, il movimento degli studenti immedia- tamente prima del 1967-1968 appare dunque com- posto da: a) una visione neoriformista sulla necessi- tà di modernizzazione, e in questo senso di relativa liberalizzazione (in Italia tutte le componenti studen- tesche organizzate, e soprattutto la Fuci e la sua direzione dell’Unuri); b) una critica nascente al ruo- lo di ((moderni condizionatori)) offerto dall’istruzio- ne inferiore e superiore, critica che diventerà sem- pre più esplosiva, perché è quella che più si sposa

ghi il cui nome veniva suggerito al genitore Uall‘insegnante che constatava con brutti voti I‘impreparazione dell‘allievo). O dalla lingua arcaica dei libri di testo e dei classici, lontanissima dal parlatodei ragazzi.

FORMAZIONE Le previsioni dello Svimez

~

Ma alla fine degli anni ‘50 l’Italia del capitale sente il bisogno della scolarizzazionedi mas- sa. Fa progetti di modernizzazione, vuole darsi strumenti idonei allo sviluppo di cui sta godendo i profitti. Nel 1961, l’Istituto per lo sviluppo del mezzogiorno (Svimez) pubbli-

ca un’indagine commissionatagli due anni prima dal ministro Medici relativa all‘evolu- zione del mercato del lavoro e quindi alla formazione professionale nel quindicennio 1960m1975. I dati Svimez (e poi Censis) in- fluenzeranno fortemente le scelte politiche e culturali degli anni ‘60. Lo Svimez preve- deva un tasso di sviluppo medio del reddito nazionale del 4,5 per cento annuo. Da que- sta ipotetica crescita progressiva deduceva la necessità d‘una mano d’opera scolariua- ta, professionalmente qualificata. Nel 1975 gli occupati sarebberostati 21.260.000 con- tro i 18.650.000 con spostamenti dall’agri- coltura verso l’industria e i servizi. In paralle- lo i 500.000 dirigenti e tecnici del ‘59 nel quindicennio seguente sarebbero diventati 1.200.000. I quadri intermedi, che erano 1.800.000 sarebbero cresciuti fino a 4.500.000. Il personale qualificato subalter-

12) Cf. Anche ((Prospettive)) numero 14, Education et sociètè, Puf, Parigi, 1967 In ’

vista d’una riforma dell‘insegnamento fra gli altri Jean Claude Passeron, Laurent Schwartz, Alain Touraine.

13)Cfr Margareth Rowntree: I giovani come classe, in ((Problemi del Socialismo)) numero 28-29, 1368

14) Poco dopo il 1968, la tesi della scuola come investimento capitalistico sarà sostituita dal tema della dissociazione tra titolo di studio e professionalità a livello di massa. Il sapere torna ad essere proposto come ((bene in sèn. Per l’arco di mutamenti nell’ottica internazionale delle classi dirigenti sulla funzione ((produttiva o no» della scuola, cfr P.H.Coombs: Crisi mondiale del1 ‘educazione, problemi presenti e futuri, traduzione e commento di Gin0 Martinoli, Censis novembre 1981, che va dal 1967 agli anni ‘80.

ai messaggi di soggettivismo rivoluzionario prove- nienti su scala mondiale; c) una rivisitazione, che ha le sue radici in un marxismo non dedotto dai partki comunisti, ma piuttosto dalla scuola di Fran- coforte, della cultura come industria e merce, che non si assimila all’ipotesi b) ma le corre in paralle- lo, aggregandosi più in alcuni movimenti che in altri.

Nessuna di queste forme di radicalismo e rifiuto tuttavia mette in causa il teorema d’un capitalismo che nella sua crescita trascina con sé più bisogno d’istruzione, più competenze, praticamente offre più lavoro e più qualificato all’infinito, per cui analfabe- tismo e sottocultura darebbero ((intralcio)) al suo svi- luppo. Ne critica piuttosto le analisi e la finalizza- zione. Sono gli studi di due americani (13), che per primi bocciano questo pilastro portante. Non è vero, essi affermano, che questo sviluppo porta con sé più bisogno d’istruzione: questo sviluppo è, cultu- ralmente e sotto il profilo dell’occupazione, malthu- siano, non sa che farsene di una gioventù che la acculturazione rende non rassegnata e allora la infi- la in due vicoli ciechi: i l prolungamento degli studi fino ad una crescita esponenziale dei tempi e della frequenza universitaria; e la guerra. Sono, scuola e guerra, due ((industrie)) di blocco dei giovani, nel- la loro massa inutili, e quindi potenzialmente ri- voltosi.

Non un ritardo, ma un frutto Questa tesi era stata accennata in Italia dalla si-

nistra comunista per quanto riguardava la ((scuola come parcheggio)): nel discutere, nel corso del 1967, la famosa legge di riforrna universitaria 2314 il grup- po comunista mise in questione tutte le estrapola- zioni di fabbisogno costruite dalla Svimez e poi dal Censis. Un’analisi longitudinale dell’espansione ne- gli anni ’60 già dimostrava che il sistema italiano «non beveva)) competenze nel numero, pur esiguo, con cui gli erano fornite. Il primo piano di sviluppo per il quinquennio bloccava ad esempio a 90.000 il fabbisogno di medici, e per molti anni, mentre le facoltà di medicina stavano assorbendo un nu- mero assai più imponente di nuovi iscritti ogni an- no (14).

La ((miseria)) degli studenti era insita nello svilup- po capitalistico, non era un ritardo ma un frutto. Tuttavia questo tema non sarà mai dominante in Italia. I l movimento degli studenti del 1968 ha an- cora dietro di sé e davanti a sé l’ipotesi d’una espan- sione che lo vuole, ma lo vuole ((condizionatore so- ciale)) o ((fornitore di merce)); forza di lavoro aliena- ta e redditizia. Senza un collegamento con le anali- si del 1968, il tema esploderà invece in forme radi- calissime nei «precari)) del 1977. Ma in mezzo stanno la crisi del ‘74 e la ristrutturazione.

no sarebbe balzato da 5.000.000 a ignoranza o la scadente preparazione (Eva- 11 .000.000. E i lavoratori generici - risto Breccia, GLi insegnanti bocciati, Nistri 11.000.000milioninel’59 -sarebberocalati Lischi 1957). Poi si passa a qualche cauta a4.800.000. apertura: nel 1958, tra le polemiche per via

dell’ingresso della temuta ((politica)) nella scuola, viene introdotto l’insegnamento dell‘educazione civica. Nel 1960 i program- mi di storia vengono aggiornati: è possibile parlare della liberazione e della resistenza Le nuove agli studenti, ma con cautela, in modo non «di parte)). Parallelamente arriva qualche immatricolazioni - facilitazione: negli stessi anni (1958) l’esame di maturità viene ritoccato: le prove scritte

Sull‘onda dello sviluppo economico degli non hanno più valore eliminatorio e viene anni ‘50 e delle previsioni che se ne ricavano abolita la versione dall’italiano in latino allo il processo di modernizzazione investe, scientifico. dunque, con cautela anche la scuola d‘ogni Primi sommovimenti anche per la liberaliz- ordine egrado. Innanzitutto si comincia a dir zazione degli accessi all’università. Nel 1961 male degli insegnanti: alla fine degli anni gli studentidei tecnicimanifestano peresse- cinquanta si awia la polemica sulla loro re ammessi ai politecnici. Nello stesso anno

UNIVERSITÀ

c‘è la ((piccola liberalizzazione)): i diplomati degli istituti tecnici sono ammessi alle facol- tà relative alla loro specializzazione e gli stu- denti del liceo scientifico possono accedere a tutte le facoltà, tranne Lettere e Filosofia. Infine, tra polemiche, dibattiti estenuanti, grida d’allarme per il crollo deil’apparato formativo dovuto alla sparizione del latino dalla media inferiore, nel dicembre del 1962 viene varata la media unica, compimento del dettato costituzionale dell’estensione dell’obbligo a quattordici anni. Del resto la scuola media era letteralmente esplosa: nel 1947 aveva 531.000 iscritti. Nel 1958h59, malgrado la selezionesempre durissima, gli iscritti sono 1.150.000. Nella scuola media superiore gli iscritti sono già nel 1966-67 circa 1.200.000. L‘edilizia scolastica, già precaria, è ormai assolutamente insufficien- te. L‘università è investita, a sua volta, da una cospicua crescita delle immatricolazioni fin dall’inizio degli anni 60. Nel 1955% i diplo- mati di scuola media superiore sono 66.800: al primo anno si iscrivono 4O500 studenti, il 60,7 per cento. Nel 1961-62 i diplomati sono 102.600: al primo anno si iscrivono 65.200 studenti, il 63,5 per cento. Ma nel 1964-65 i diplomatisonodiventati 113.300egli iscrit- ti al primo anno sono 86.400, il 76, 2 per cento. Diquesti ultimi, 26.300 hanno l’abili- tazione tecnica, 40.300 hanno la maturità ( di cui 1 1.800quella scientifica, 27.900 quel- la classica), 18.400I’abilitazionemagistrale.

UNIVERSITÀ Prima delle occupazioni :

Il boom diventa del resto visibilissimo se si esamina il decennio 1956-57- 1966-67. Nel 1956-57 gli studenti universitari erano com- plessivamente 212.400. Nel 1966-67 gli studenti universitari diventano 425.500. Le immatricolazioni sonooltre 14O.O00,20.000 più dell’anno precedente. Le grandi univer- sità sono in pieno caos. Le segreterie so- vraccariche sono assediate dagli studenti alla caccia di informazioni e certificati estati- ni d‘esame. I cattedratici sono assoluta- mente insufficienti: gli ordinari (2.075 nel 1923, quando gli studenti era dieci volte di meno) sono in tutto 3.000. Le aule dove si tengono le lezioni ((più quotate)) sono stra- colme: la voce del barone si sente appena, distante in fondo al pozzo. Gli ((appunti)) vanno a ruba: si studia su quelli e sui libri dei ((baronali)). Le ((firme di frequenza)) si otten- sono a pagamento attraverso i bidelli: fre- quentare infatti, in quella bdgia, risulta spesso inutile o impossibile, in specie nelle facoltà più affollate; una buona percentuale dei neoimmatricolati poi lavora o abita in provincia D‘altro canto tutto ciò che affascina o inte-

ressa i giovani è fuori delle scuole e delle Università : lostudioèpenitenza onecessità, tra l‘altro sempre meno premiato social- mente ed economicamente contro ogni previsione capitalisticegovernativa: I‘occu- pazione a livelli alti o medioalti tende infatti nel corso degli anni sessanta restringersi. Ma ciò che i politici propongono per modifi- care la situazione appare soltanto elusivo. La 2314 non toccava l’ordinamento in facol- t i e istituti dell’università, parlava di diparti- mento ma in maniera estremamente limita- tiva, le concessioni alla gestione democrati- ca dell‘università non toccavano affatto il potere dei baroni o le loro libereattività fuori dell‘università.

Domenico Starnone

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GENNAIO 1 9 6 8 PAGINA 30 DON MILANI E LA SCUOLA DI BARBIANA

Lettera a una professoressa. Ma a rispondere sono gli studenti A

LA PROSA DI BARBIANA

Pubblichiamo un brano dell’inter- vento di Franco Fortini su Lette- ra a una professoressa, apparso su ((Quaderni piacentinin n. 3, 1967, interessante per la segnalazione delle matrici dello ((stile Barbiana)).

L’arte 6 veduta(in Lettera a una pro fmsoressandr) come mossa da una negazione, da un odio; la veri- tà che ne esce è ((mano tesa» e spec- chio e proposta di cambiamento (il ((nemicon sono gli altri, la vita, te stesso.. . ) , quindi non e negazione reale e intera ma collaborazione ( e in questo si distingue dalla prassi e dall’aut .aut del discorso scientifi- co...). Ma va rilevato soprattutto che ((opera d’arte)) ha qui anche il suo etimo medievale, artigiano; e che è riferita esplicitamente alla costruzione del libro di cui si parla. Nell’intento dell’autore esso è ((mano tesa al nemico perché cam- bi» ed e ((opera d’arte)). Si chiari- sce qui, fino in fondo, il carattere letterario, nel miglior senso della parola, di questolibro. Esso è opus rhetoricum, come uno Specchio di Vera Penitenza o il Quaresimale di Bernardino da Siena. E cade qui cpportuno dire che il rovescio dei più forti esiti di questa prosa sta in certi molto sgradevoli effetti d’eco (accenti che debbono aver tradito -mi dice chi l’ha conosciuto - l’uomo Milani, immune di retorica dei sentimenti e della missione) ; eco, voglio dire, del cattolicesimo di destra, toscano, degli Anni Venti e anche dopo, da «orno salvatico)) e da ((Cento pagine di poesia)), con nomi autentici e meno autentici, certo Tozzi, certo Soffici, esalta- zione della durezza contadina, del- la lingua soda, eco a sua volta di certo Péguy e di certo Bloy, ultimo rivolo della contestazione antibor- ghese e antidemocratica, su su fino a De Maistre. Ultimo? Chi, come me, non ha fatto che mettere in guardia, con se stes- so, i propri amici dall’inganno sto- rico che riducesse la rivoluzione alla eredità democraticoyiacobi- na e poi positivistica del marxi- smo, e poi dalla sua filiazione ine- vitabile, l’eurocentrismo operai- stico, dovrebbe riconoscere e rico- nosce infatti nell’accento di un li- bro come questo il timbro d’una nuova lega metallica, risonante, come scrive Fachinelli, ai quattro angoli del mondo, nella volontà, entusiastica o ironica, di unire atti- mo e illimitato, fraternità e felici- ta, rifiuto del consumo e consumo

Filippo Gentiloni

Caro Giorgio, stiamo correggendo ora le bozze della Lettera a una professoressa. L’autore è ((Scuola di Barbiana)). L’editore Libreria Edi-

trice Fiorentina. I l prezzo circa 500 lire. La desti- nataria è all’apparenza una professoressa, ma i l libro è inteso per i genitori dei ragazzi bocciati e vuol essere un invito a organizzarsi. ... )). Così scriveva don Lorenzo Milani, già gravemente am- malato, all’amico Giorgio Pecorini, i l 7 aprile 1967. I l libro uscì, infatti, nel maggio ’67, un mese prima della morte di don Milani (26 giu- gno). I l ’68, che del libro sarebbe stato I’amplifica- tore, era alle porte. Quale è stato i l vero rapporto fra la scuola di Barbiana e i l ’68? Oggi, a distanza di-venti anni, la nostra vista rischia di risultare annebbiata: gli elementi del panorama si sovrappongono, cause ed effetti s’intrecciano, la cronologia sfugge. Non c’è dubbio, comunque, che del nostro ’68 don Milani fu uno dei profeti. a un livello elevatis- simo, in compagnia di pochi altri: Marcuse, forse, probabilmente anche Basaglia. Precisando, però, almeno due elementi di un panorama ormai lon- tano: che, prima di tutto, i l ’68 nostrano era figlio d’una situazione internazionawle nella quale s’in- seriva con un volto specifico; e, in secondo luogo, che i l ’68 non è tanto un arco di 365 giorni quanto una storia che precede quel 1 gennaio e segue quel 31 dicembre. Lettere a una professoressa dunque, con le sue novità e ricchezze ma anche le sue ambiguità, divenne uno dei testi sacri di un movimento che

aveva fatto proprio della scuola (partendo dall’u- niversità ma toccandola ben presto tutta) uno dei suoi nodi centrali. La scuola di Barbiana rimase, dopo la morte di don Milani, una specie di santua- rio ideale per i l pellegrinaggio verso l’utopia. A due livelli, se così si può dire, semplificando. Come modello da imitare, prima di tutto. Che nascessero, dovunque, dieci, cento, mille Barbia- ne, così come si auspicavano dieci, cento, mille Vietnam. Si pensi a tutta la lotta politica, più che pedagogica, per la scuola a tempo pieno e i l do- poscuola; si pensi a imitazioni illustri, come la scuola 725 guidata da don Roberto Sardelli alla periferia di Roma. Barbiana faceva veramente scuola. Ma la faceva anche a un livello più profondo, tipicamente sessantottesco. Aveva fatto capire i l nesso fra la scuola e i l classismo: lo aveva non soltanto illustrato, ma sbattuto in faccia a tutti. La scuola non era né indifferente, né neutrale (non lo era neppure la scienza): la scuola era di classe e costituiva lo strumento principe del pote- re, più e meglio dei soldi e delle polizie, con cui era, comunque, strettamente collegata. Una le- zione essenziale che i l ’68 raccolse (non soltanto, s’intende, da Barbiana) e fece propria, e cercò di trasmettere e di applicare. Con enormi difficoltà, qualche vittoria e molte sconfitte. I l potere, infat- ti, era anche disposto - forzatamente -a conce- dere assemblee, controcorsi, doposcuola, ecc. come la miniriforma Gui stava a dimostrare: ma si chiudeva a riccio su una scuola che avrebbe

~i se stessi:((perché anche io ti amo, o Eternità)). Eppure - eppu- re sente di dover dire che qui, in questo libro e probabilmente in molti dei movimenti e dei momenti che oggi corrono il mondo, c’è o al- meno prevale un aspetto dell’au- tentica passione religiosa e rivolu- zionaria: l’aspetto della mazio- ce)), del ((popolo scelto)), della ((cit- tà dei santi)). Quanto più si insiste sul momento del «tutti», più si pri- vilegiano i poveri, gli oppressi, gli «idioti», insomma gli eletti. La «cultura» dei ((padroni)) appare come qualcosa che contamina, so- stanzialmente inutilizzabile (ba- sta notare come il discorso anna- spa, nelle sue analisi e proposte, quando si passa dalla Media Unica alle Magistrali: e peggio acca- drebbe se parlasse di altri tipi di scuole). Insomma, qui si separano gli uomini troppo e troppo poco: troppo, nella misura in cui non si vuol vedere che la ideologia domi- nante pervade tutto il linguaggio e con ne esenta il parlar comune (onde ogni docente e, per posizio- ne, bilingue e traslatore) ; troppo poco, perché la distruzione degli avversari è vista, amorevolmente e cristianamente, come una mano tesa per entrare nella square dan- ce della fraterna gioia non come un processo, molto concreto, di spo-

liazione, perdita di diritti e di privi- legi, immiserimento, umiliazioni, suicidi e fucilazioni. C’e, in fondo, un ottimismo disperato, quello di tutti i momenti catari della storia religiosa, di tutte le città assedia- te: ((Ho li testimoni qui a Firenze. Io conosco che questa mattina io sono pazzo.. . bisogna combattere contro duplice sapienza.. . contro duplice scienzia.. . credimi che il coltello di Dio verrà e presto)).

QUESITI PER DON MILANI

Nuovo impegno criticò «da sini- stra)) alcuni dei nodi della Lette- ra a una professoressa. Pubbli- chiamo un brano estratto dall’in- tervento di Gianfranco Ciabatti, n. 8, 1967.

1) Se in Parlamento, come nella scuola, come in tutto lo Stato, co- mandano i ricchi, come pensate che i poveri possano andarci, in Parlamento? Forse ottenendolo dal nemico in elemosina sulla mano tesa?

2) Ammettiamo che i poveri, una volta posseduta la parola (mentre gli ((arrivisti)) continuano a far quattrini), possano andare in Par- lamento in numero superiore a quello attuale. Non pensate che questo significhi imparare la «pa- rola)) del padrone e aggiungersi ad altri suoi servi, proprio come i po- veri che vanno all’Universita di- ventano uguali ai figli di papà? Al- trimenti, come pensate che i ricchi tollerino che i poveri diventino maggioranza contro di loro? 3) Ma ammettiamo che i poveri, con l’esercizio paziente della paro- la, diventino in un lontano futuro maggioranza autonoma in Parla- mento. Pensate che in questo caso i ricchi, padroni dellapolizia, dei ca- rabinieri e dell’esercito, cedano volontariamente queste armi in mano ai poveri? 4 ) Se i ricchi non si tirano da parte, ma gettano addosso ai poveri ( è sempre accaduto) i loro servi poli- ziotti e militari, cosa fanno i pove- ri? 5) Spiegateci infine cosa volete c3ire quando dite ((purtroppo mi hanno educato pacifista)) (p. 101). E una ambiguità e una raffinatez- za intellettuale (proprio da ricchi) che non si addice punto alla vostra condizione e alla coscienza che avete della vostra condizione.

I GIUDIZI SUI TEMI

I brani che seguono sono tratti da Lettera a una professoressa Editrice fiorentina 1967.

C’è una materia che non avete nemmeno nel programma: ar- te dello scrivere. Basta vedere i giudizi che scri- vete sui temi. Ne ho qui una pic- cola raccolta. Sono constatazio- rìi, non strumenti di lavoro. ((Infantile. Puerile. Dimostra immaturità. Insufficiente. Bana- le». Che gli serve al ragazzo di saperlo? Manderà a scuola il nonno, è più maturo. Oppure : ((Contenuto scarso. Concetto modesto. Idee scialbe. Manca la reale partecipazione a ciò che scrivi)). Allora e r a sba- gliato il tema. Non dovevate neanche chiedergli di scrivere. Oppure : ((Cerca di migliorare la forma. Forma scorretta. Stenta- to. Non chiaro. Non costruito be- ne. Varie improprietà. Cerca d’essere più semplice. I1 perio- dar e contorto. L’espressione rìon è sempre felice. Devi con- trollare di più il tuo modo di esprimere le idee». Non glie l’a- vete mai insegnato, non crede- te nemmeno che si possa inse- gnare, non accettate regole og- gettive dell’arte, siete fissati nel- l’individualismo ottocentesco. Finché si arriva alla creatura toccata dagli dei: ((Spontaneo. Le idee non ti mancano. Lavoro con idee proprie che denotano una certa personalità)). Ormai che ci siete metteteci anche ((Beata la mamma che t’ha par- torito)). Consegnandomi un tema con un quattro lei mi disse: ((Scrittori si nasce, non si diventa)). Ma in- tanto prende lo stipendio come insegnante d’italhno. La teoria del genio e un’inven- zione borghese. Nasce da razzi- s m o e pigrizia mescola t i insieme. Anche la politica piuttosto ch ar- rabbattarsi nel pensiero com- plesso dei partiti è più facile prendere un De Gaulle, dire che è un genio, che la Francia e lui. Così fa lei con l’italiano. Pieri- no ha il dono. Io no. Riposiamo- ci tutti: Pierino non importa che ripensi a quel che scrive. Scriverà libri come quelli che c’è in giro. Cin- quecento pagine che si potreb- bero ridurre a 50 senza perdere un concetto solo.

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PAGINA 3 1 GENNAIO 1 9 6 8 UNA LETTERA ORMAI RESPINTA AL MITTENTE

I POVERI SONO CRETINI

Voi dite d’aver bocciato i creti- ni e gli svogliati. Allora sostenete che Dio fa na- scere i cretini e gli svogliati nel- le case dei poveri. Ma Dio non fa questi dispetti ai poveri. E’ più facile che i dispettosi siate voi. Alla Costituente chi sostenne la teoria delle differenze di nasci- ta fu un fascista: ctL’on Ma- stroianni riferendosi alla paro- la obbligatorio osserva che ci so- no alunni che dimostrano una in- sufficienza di carattere organi- rio a frequentare le scuole)).

Anche un preside di scuola me- dia ha scritto: «La Costituzione purtroppo non può garantire a tutti i ragazzi eguale sviluppo mentale, eguale attitudine allo studio)). Ma del suo figliolo non lo direbbe mai. Non gli farà fi- nire le medie? Lo manderà a zappare? Mi han detto che que- ste cose succedono nella Cina di Mao. Ma sarà vero?

dovuto continuare a selezionare figli di ricchi e di potenti, mentre poteva anche prolungare i l par- cheggio per gli altri. Don Milani aveva messo i l dito sulla piaga e i suoi figli, un pò legittimi, un pò naturali, del ’68 avevano capito.

Ma, che fare? Lettera a una professoressa sottoli- nea che i l problema è politico, molto più che pedagogico: si ferma, però, al di fuori di quelle stanze del politico che don Milani considerava imprat ica bi I i , inevita bi Imente e irrimedia bi I men- te corrotte. Una mentalità un po’ clericale e molto cattolica lo portava a risolvere i problemi al livel- lo che gli era più congeniale e praticabile, i l socia- le. Per i l politico, diffidenza: anche se nella stanza dei bottoni arrivassero altri; i rossi (ricordate la celebre lettera a Pipetta) non sarebbero stati mi- gliori dei bianchi per i quali don Milani continua- va a votare, senza convinzione. Se la malattia lo avesse risparmiato, don Milani probabilmente non avrebbe amato i l ’68. Gli sa- rebbe apparso troppo legato a una categoria - non ((classe)) - anch’essa privilegiata, quella de- gli studenti. Studenti di città. Una lotta non tanto di poveri, quanto di corporazioni di privilegiati le une contro le altre. Perfino agli operai di Prato e Calenzano preferiva i contadini della montagna di Barbiana. Probabilmente avrebbe assuto posi- zioni simili a quelle che prese Pasolini, nostalgi- co, come lui, di un mondo arcaico e puro, senza ricchi, né stanze del potere. Del ’68, probabilmente don Milani avrebbe temu-

rany wavo partecipa alla «crociera beat)) su una nave dei Costa,

to quei Pierini, anche nascosti fra le pieghe della rivoluzione, che ((chiedono una fetta più grande di potere, come han fatto finora)). Eppure i l ’68, con gli anni che lo seguirono, accettò con slancio alcune delle lezioni della scuola di Barbiana e le diffuse: che la cultura non è neutrale, che la dis- criminazione di classe passa per la scuola, che chi parla meglio possiede più potere, che chi insegna rischia facilmente di trovarsi dalla parte dei pa- droni, anche se ha uno stipendio da fame. Le lotte degli anni ’70 portarono la scuola in primo piano, e la scuola per cui si lottava non era lontana dalla montagna di Barbiana. Poi, negli anni ’80, don Milani si è allontanato. Ma è proprio vero che nella scuola dell’obbligo non si deve bocciare? In una scuola sbracata, l’unica soluzione è la selezione. Così nella scuola torna dei nostri anni torna a dominare non l’utopia di un’eguaglianza giacobina, impossibile e datata, ma la realtà di un’efficienza pianificata e idealiz- zata, stile Confindustria. Non don Milani, ma Agnelli; Sylicon Valley più che Barbiana. Che i migliori siano riconosciuti come tali; che i ruoli corrispondano ai meriti; che gli insegnanti siano pagati meglio perché devono formare i manager di domani. La specializzazione ha le sue esigenze. Numero chiuso. Don Milani scende sempre più nella tomba, in quel minuscolo fazzoletto del camposanto di Barbiana; per ora non s’intravede nessuno - né riformisti né rivoluzionari, né co- bas né confederali - che abbia voglia di andare a tirarla fuori.

LODE DEL CELIBATO

La scuola a pieno tempo presu- me una famiglia che non intral- cia. Per esempio quella di due insegnanti, marito e moglie, che avessero dentro la scuola una casa aperta a tutti e senza orario. Gandhi l’ha fatto. E ha mesco- lato i suoi figlioli agli altri al prezzo di vederli crescere tanto diversi da lui. Ve la sentite? L’altra soluzione è il celibato.

E’ una parola che non è di moda. Per i preti la Chiesa l’ha capita circa mille anni dopo la morte del Signore. Gandhi l’ha capita, proprio in vi- sta della scuola, a 35 anni (do- po 22 di matrimonio). Mao ha additato all’ammirazio- ne dei compagni un operaio che s’è castrato (i «cinesi» italiani si vergognano a raccontarlo).

A voi vi ci vorranno altri mille anni per adottare il celibato.

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GENNAIO 1 9 6 8 PAGINA 32 L’ISTITUZIONE NEGATA Di FRANCO BASAGLIA

L-esperienza di uorizia. Siamo tutti matti da slegare

’istituzione negata. Rapporto da un ospedale psichiatrico, a cura di Franco Basaglia, viene pubblicato da Einaudi nel marzo 1968 e

proietta sulla società italiana in movimento e sul dibattito internazionale la solitaria esperienza del gruppo che sette anni prima aveva iniziato, nell’o- spedale psichiatrico di Gorizia, l’esperimento del- le porte aperte, l’abbattimento di grate e reti, l’abbandono della contenzione fisica dei malati e delle terapie da choc, la ((gestione comunitaria dell’istituzione)). L’impatto fu enorme: il libro - otto edizioni, tradotto in sei lingue -ha venduto a oggi in Italia sessantamila copie (un punto di paragone: Marcuse L’uomo a una dimensione ne ha vendute duecentoventi mila) e di queste cin- quantamila dal ’68 al ’72. I l rapporto con gli stu- denti fu diretto: Basaglia e i l suo gruppo invitati a discutere nelle università occupate (è in un’as- semblea di Bologna che Basaglia conosce Sartre, di cui era studioso appassionato), centinaia di giovani che vanno a Gorizia a vedere e a fare i volontari, mentre quotidiani e televisione scopro- no le vite dimenticate nei manicomi. Non fu un caso: i l rapporto con l’opinione pubblica e coi movimenti fu dal gruppo goriziano voluto e pre- parato, coerente e in gran parte necessario. L’anno precedente Basaglia aveva curato un volu- me -Che cos’è la psichiatria? - pubblicato dal- l’amministrazione provinciale di Parma. Quell’e- dizione ( i l libro fu ripreso da Einaudi nel ’73) esprime molto bene i l modo di muoversi, lo stile del gruppo. In copertina un disegno di Hugo Pratt, anzi un suo autoritratto in vesti manicomia- l i con su i l timbro ((pericoloso a sé e agli altri e di pubblico scandalo)) (etichetta del matto nella leg- ge del 1904, riformata nel ’78), una rappresenta- zione di Mariotti, allora ministro socialista della Sanità, che auspica una riforma legislativa, una prefazione di Fabio Visintini, cattedratico di neu- ropsichiatria a Parma, personaggio eccentrico ma non marginale nella psichiatria accademica, oggi vecchio signore giacobino ancora curioso del mondo che nella sua autobiografia (Memorie di un cittadino psichiatra, Esi, 1982) ricorda della visita a Gorizia (1965): ((l’impressione di assistere a una straordinaria scoperta terapeutica)) e di ((non aver provato alcuna curiosità professionale nei riguardi dei malati che partecipavano all’as- semblea generale)). Poi una relazione di Mario Tommasini, assessore comunista alla sanità. Infi- ne la scelta di cestinare i diritti d’autore all’«Asso- ciazione per la lotta contro le malattie mentali)) appena costituita a Firenze.

I1 percorso di Basaglia L’esperienza di Gorizia (disperante cupezza di provincia asburgica, un manicomio di ottocento letti sul cu.i muro corre i l confine con la Jugosla- via, l’amministrazione in mano a democristiani di memorabile ottusità) era certo isolata nel panora- ma della psichiatria italiana, almeno quanto la sua leadershp era inusuale. Basaglia v’era arriva- to dopo quattordici anni di clinica universitaria a Padova, quasi da solo sul filo di Minkowski e Binswanger (la Dasein Analyse), leggendo Hus- serl, Jaspers, Heidegger, Merleau-Ponty e Sar-

Maria Grazia Giannichedda

tre, ((antro po f eno m e n o I o g o )) i n un a ps i c h i atri a italiana biologistica e sonnaccbiosa, che aveva assorbito gli psicofarmaci, arrivati in Europa ne- gli anni ’50, ignorando del tutto le contempora- nee esperienze di critica del manicomio in Inghil- terra e Francia. Solo nella seconda metà degli anni ’60 qualcosa comincia a muoversi: un esperimento d’importa- zione della psichiatria di settore francese (Balduz- zi, psichiatra a Varese), l’impegno intelligente d’un presidente di provincia comunista (Rasimel- li, a Perugia), a Nocera Inferiore Sergio Piro (che ha in comune con Basaglia anche i l background culturale) e Mario Tommasini a Parma ( i l film documento della sua esperienza Matti da slegare di Marco Bellocchio e altri sarà negli anni succes- sivi un manifesto del movimento). Fino al ’67 i l gruppo goriziano mantiene canali di comunica- zione con alcune riviste istituzionali psichiatriche ma i suoi legami sono piuttosto con alcuni intel- lettuali, anch’essi eccentrici, di cultura marxista (l’amicizia con Gianni Scalia e la collaborazione alla rivista ((Che fare?)) e del giro Einaudi (di qui la politica di traduzione, negli anni successivi, di Goffman, Laing, Cooper, Caste1 etc.); i legami internazionali, più che coi francesi (la cultura psi- canalitica fece da barriera ai temi dell’istituzione e del ruolo sociale della psichiatria), furono con la community therapy inglese (Basaglia era stato nel ’61 a Melrose da Maxwell-Jones). A Gorizia arriva Giovanni Berlinguer e l’allora responsabile della cultura per i l Pci, Ferri. L’incontro con Paso- lini è del ’66.

I1 manicomio è violenza Nel 1967 Sergio Zavoli fa la prima inchiesta tele- visiva su Gorizia, « I giardini di Abele)), che contie- ne interviste ancora splendide ad alcuni ricovera- ti e un Basaglia già insofferente, che rovescia all’esterno un messaggio difficile che è i l loro punto di arrivo e i l punto di crisi. ((Siamo giunti a un momento che giustifica la messa in crisi di una situazione: la realtà manico- miale è stata superata - con tutte le sue implica- zioni praticoscientifiche - e non si sa quale potrà essere i l passo successivo: rinchiudersi nell’ambi- to istituzionale, con l’inevitabile involuzione d’un movimento che si fissa e si cristallizza, o tentare d’estendere la nostra azione alla discriminazione e esclusione che la società ha imposto al malato mentale. Come non risalire dall’escluso all’esclu- dente)). Ma ((come agire dall’interno d’un’istitu- zione su ciò che la determina e la sostiene?)). L’lstituzione negata si presenta così, e si capisce che fu forte i l fascino di un’esperienza che rifiuta «di dire qui si guarisce di più come Omo lava più bianco ma coinvolge I’interlocutore in questioni aperte e in azioni possibili, che parte dalla più sconosciuta e lontana periferia sociale e non solo denuncia i l sistema ma ne rovescia l’immagine. Sono centodiecimila all’epoca gli internati dei manicomi pubblici e privati (oggi trentamila, in condizioni non dissimili da quelle d’allora), più del triplo dei detenuti: ((ci sono limiti a quello che si può fare a un carcerato in prigione, non ci sono limiti al trattamento cui si può sottoporre un ma-

lato in manicomio)). La cronaca di quegli anni rovescerà sull’opinione pubblica storie e immagi- ni d’inaudita violenza, consumate dietro mura ormai familiari perché i manicomi sono stati assorbiti dal tessuto urbano e i l turnover dei rico- veri è cresciuto enormemente. Camicie di forza, nudità, sbarre e reti, letti ammassati in corridoi, celle di isolamento, ossessione di chiavi: un Mori- re di classe (libro fotografico di Carla Cerati e Gianni Berengo-Gardin, Einaudi 1969) di cui «si è complici; se non si agisce si distrugge)) questa Fabbrica della follia (libro denuncia sui manicomi di Torino pubblicato da Einaudi nel ’69 a cura dell’Associazione per la lotta contro le malattie mentali con gli studenti, che in quello stesso anno occuparono a Parma l’ospedale psichiatri- co). Ma I’lstituzione negata non fu solo la denuncia della violenza manicomiale: fu l’analisi della vio- lenza istituzionale, delle sue radici materiali, dei suoi fondamenti scientifici, delle sue ragioni poli- tiche, dei suoi meccanismi di riproduzione, dei nessi tra forme della segregazione e della tolle- ranza. Si trattò, credo, del primo libro nel quale l’intrico sapere-potere fu svelato sul quotidiano. Dalla lettura d’allora ho conservato vivissima l’impressione della parte documentaria - le in- terviste e soprattutto le assemblee di ricoverati, medici e infermieri - dove erano riconoscibili temi familiari al movimento (ingiustizia, disegua- glianza, ordine pubblico, democrazia, principio d’autorità, ...) che qui affiorano imprevedibilmen- te dal prezzo della Coca-cola allo spaccio, dai soldi spariti, le pulizie nei reparti, le gite, le medi- cine, i l consumo di birra: un banale quotidiano che resta nudo e crudo (si parla proprio della biri-a e delle gite, non è una scusa per parlar d’altro; non c’è, nascosto e svelato magari ex post, un «altro discorso))), ma risu!ta evidente che nel ba- nale quotidiano si giocano in realtà, davvero, de- mocrazia, eguaglianza, libertà.

L’escluso soggetto di lotta È certo che con l’Istituzione negata i l matto, I’c(es- CILISO», diventò uno dei soggetti in lotta, terreno dei discorsi che, fra ortodossie e dubbi, si dipana- vano su ((struttura e sovrastruttura)), sugli obietti- vi del ((prima)) e del «dopo», sul rapporto fra la generale lotta di classe e i diversi diritti e interes- si, su ((reclusi)) e ((sfruttati)) dentro i l manicomio (la contraddizione tra malati e infermieri) e fuori. (Tra l’altro, si trova traccia di quelle discussioni, che attraversarono anche i l movimento studente- sco, negli atti del convegno dell’istituto Gramsci ((Psicologia, psichiatria e rapporti di potere)) del giugno ’69, Editori Riuniti, ‘71). Ma con I’lstituzio- ne negata i l matto entra in scena in un modo che fu peculiare alla situazione italiana, dato i l modo con cui si pose i l personaggio centrale del libro, lo psichiatra-istituzione, smontato nei saggi pezzo per pezzo e giorno per giorno, in una rigo- rosa coscienza del potere del sapere, alla ricerca d’una propria liberazione che non può non passa- re per quella del malato: « i l rapporto terapeutico non agisce in realtà come una nuova violenza. nel momento in cui lo psichiatra ha i l mandato di

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GENNAIO 1 9 6 8 PAGINA 33 LE RADICI DELLA VIOLENZA ISTITUZIONALE

l

via Brera, 19%. Marco Re Poli, diretiore de La Zanzara, con un’amiw

Anita Pallenberg, rnusa dei Rolling Stones, a Cannes nel ‘67

curare i malati attraverso atti terapeutici che han- no l’unico significato d’aiutarli ad adattarsi alla loro condizione di oggetti di violenza?)). Ma allo- ra, ((se accettiamo questo mandato, non siamo noi stessi oggetto della violenza del potere che c’impone d’agire nella direzione da esso determi- nata? In questo senso la nostra azione istituziona- le non può essere che una negazione...)). Le radici di questo percorso sono molto indietro, e forse spiegano perché è stato allora ed é ancora così contraddittorio e difficile i l rapporto con i l partito comunista, o quantomeno con i suoi tec- nici ed amministratori (pur all’interno di un’al- leanza senza la quale la legge 180 sarebbe stata impossibile). ((Usciti dalla guerra (...), nel momen- to in cui ci s’accingeva a costruire qualcosa che tenesse conto dei bisogni e dei diritti di tutti i cittadini, ci si scontrava con la realtà della lotta di classe e con la conferma della divisione del lavo- ro che manteneva intatti i ruoli e le regole del gioco. In questo gioco ambiguo, dove la distanza tra ciò che si è e ciò che si vuole essere è anche subordinata all’impossibilità di agire e di trasfor- mare la realtà, l’intellettuale, figlio della borghe- sia, poteva prendere le parti della classe oppressa senza che questo gli richiedesse una messa in discussione dei valori cui automaticamente aderi- va sul piano della propria professionalità. (...) L’intellettuale o i l tecnico militante nei partiti di

. .* .... . .

a

così svolgere contemporanea- sinistra poteva mente una pratica professionale di segno oppo- sto alla sua attività politica: ingegnere di fabbri- ca, medico d’ospedale, giudice, psichiatra in ma- nicomio, insegnante, ciascuno confermava con la propria pratica professionale ciò che altrove ne- gava)). (Franco e Franca Basaglia, Crimini di pace, Einaudi, 1975).

L’istituzione negata e gestita Di qui la percezione di sé come ((funzionari del consenso)), la sensibilità alle trappole dell’ideolo- gia, la resistenza a porsi come modello positivo e concluso, la testarda volontà di restare dentro l’istituzione pubblica di massa, di non censurare i luoghi di segregazione anche quando risospinti alla periferia del sistema, la riproposizione del rapporto col malato come ((istituzione da deistitu- zionalizzare)). «Ci rifiutiamo di proporre la comu- nità terapeutica come un modello, una nuova tecnica risolutrice: l’unica possibilità che ci resta è di mantenerci ancorati al malato, di conservare i l legame del malato con la sua storia - che è storia di sopraffazione e violenza - mantenendo chiaro da dove esse provengano. Per questo ci costringiamo a continue verifiche (...) perchè solo la verifica delle contraddizioni della nostra realtà può salvarci dal cadere nell’ideologia ...)). Dunque

non l’uscita fuori dallo specifico, tout court nel mare del politico, non il trionfalismo piatto del ((buongoverno)) ma neppure i l doloroso narcisisti- co isolamento dell’(cantipsichiatrias (etichetta che i basagliani si trovarono addosso). Credo che qui stia la spiegazione del rapporto d’amore pieno di scontri e malintesi che quasi subito si creò col movimento degli studenti e si dipanò lungo tutti gli anni settanta, quando le ((esperienze esemplari)) costituirono fra le poche, e verso la fine uniche, ((sponde istituzionali)) dei movimenti giovanili. La seconda edizione dell’l- stituzione negata, sempre del ‘68, contiene un nuovo saggio, ((11 problema della gestione)). ((La nostra situazione non può che essere contraddit- toria: l’istituzione è contemporaneamente negata e gestita, la malattia è messa tra parentisi e cura- ta, l’atto terapeutico rifiutato ed agito)). (Segue la lettera di dimissioni di Franz Fanon, algerino, brillante psichiatra a Lione, poi nel manicomio di Algeri e infine nella resistenza). ((Fanon ha potuto scegliere la rivoluzione. Noi, per evidenti ragioni obiettive, ne siamo impediti. La nostra realtà è continuare a vivere le contraddizioni del sistema che ci determina, (...) consapevoli di ingaggiare una scommessa assurda nel voler far esistere dei valori mentre i l non-diritto, I’ineguaglianza, la morte quotidiana dell’uomo sono eretti a principi legislativi N.

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GENNAIO 1 9 - 6 8 PAGINA 34 RASSEGNA STAMPA. L’ANNO DEI TERREMOTI

Y

Il cardiologo Barnard

I1 1968 si apre con due notizie da prima pagina: il dottor Barnard, a Città del Capo, ha operato con successo un secon- do trapianto di cuore. I1 paziente è un dentista, sopravviver& a lungo, mentre il mondo fa il tifo per lui. I1 presidente Johnson annuncia restrizioni moneta- rie per difendere il dollaro, e Z’UnitÙ, il 4 gennaio, pubblica un preoccupato arti- colo intitolato: «Non verranno in Italia i turisti del dollaro)). Johnson lascia an- che capire che una trattativa con il Viet- nam del Nord e vicina. IZ Messaggero, in cronaca di Roma, pubblica il primo gen- naio il seguente titolo: ((Pacifisti ferma- ti in Piazza San Pietro)). Una cinquanti- na di cattolici, appartenenti per lo più al Movimento nonviolento e al Movimento per la riconciliazione internazionale, hanno intonato versetti della Bibbia in- torno alla mezzanotte e sono stati perciò fermati dalla polizia.

Gennaio ’68. La politica sgombera Palazzo Campana a Torino

I1 giorno dopo, 2 gennaio, la cronaca cit- tadina de La Stampa «apre» con questo titolo: ((Cosa vogliono gli studenti)). Nel- l’articolo si narra delle recenti vicissi- tudini degli ((studenti volonterosi)), quelli cioè che non approvano l’occupa- zione di Palazzo Campana e per i quali si fanno ((lezioni in locali di fortuna)). Ma, si chiede il cronista, chi sono gli agitati? ((Affermano di essere le squadre di pun- ta di una massa amorfa. I1 loro pro- gramma : ’Non più lezioni ed esami, ma ricerche collettive (seminari)’)). Si commenta: ((Non si può configurare uno ’sciopero’ di studenti, che non sono certo lavoratori)). Poco più sotto, si leg- ge questo titolo: «Due studentesse, 13 anni, violentate e sequestrate da tre ca- pelloni)). L’Unità fa un titolo sulla rac- colta di sangue per il Vietnam che e sta- ta organizzata a Firenze, e la prima pa- gina del quotidiano del Pci e dominata (e lo sarà per tutto il mese) dai bagliori dello scandalo Sifar: ci fu effettivamen- te, nel 1964, un tentativo di colpo di stato da parte dei carabinieri? E se sì, chi lo nasconde? Sul Corriere della Sera, Al- fredo Todisco scrive un articolo profeti-

co : ((Avanza nel silenzio ufficiale il pro- getto di raffineria sull’Adda». Sarebbe, afferma Todisco, un grave attentato al- l’ambiente e alpanorama.

La cronaca cittadina de La Stampa ha qualche particolare in più sulle studen- tesse violentate dai capelloni: il violen- tatore e un diciassettenne appena arri- vato a Torino dal sud; lo zio, che avreb- be voluto avviare il nipote a un qualche lavoro, interrogato risponde : si è messo a frequentare ((giovinastri)) e si è fatto crescere capelli lunghissimi, ((come una donna)). I1 diciassettenne, in realtà, ha vissuto due settimane con la tredi- cenne, dentro una casa abbandonata. La polizia ricerca il bruto, che si e dile- guato. Lo stesso giorno, in cronaca na- zionale, il giornale di Torino riferisce: ((Roma. Ritorna a scuola il bambino di 6 anni sospeso a novembre perché capel- lone)). I1 giorno dopo arriva come una bomba la notizia che il conte Acquarone

Il conte A cquarone

(o d’Acquarone, come preferiscono al- cuni) è stato misteriosamente assassi- nato ad Acapulco. I1 caso appassiona tutti, Z’Unitù commenta: le armi facili eei miliardari. Sul Corriere della Sera, Giuseppe Maranini. scrive, severo: ((Nessuno mi dica che lo scivolamento del potere nelle mani di incontrollabili e irresponsabili raggruppamenti e comi- tati che prendono direttive da forze estranee sia una forma di democrazia. I1 Corriere ha anche una pagina setti- manale denominata ((Tempo dei giova- ci)). I1 giorno 5 Alberto Sensini scrive un articolo intitolato, curiosamente, ((Cra- vatta sì, cravatta no»: ((Molte volte - scrive Sensini - al fondo di queste agi- tazioni che suscitano orrori o compiaci- menti esagerati, ci sono grossi problemi reali e non pretesti inventati per saltare un’ora di scuola)). In cronaca, si dà con- to dell’inchiesta sulla rivista King : «Al- tri tre incriminati per la rivista sexy)). Più avanti, si racconterà ((come nasce una rivista per soli uomini)). L’ Unitù ri- ferisce di una tavola rotonda organizza- ta dagli studenti torinesi; si cita un do- cumento che ha al centro il concetto di ((lavoro comune)).

I1 giorno 6 6 una data importante nella storia della Cecoslovacchia: quasi tutti i giornali annunciano il giorno successi- vo la destituzione (parziale) di Novotny e la nomina di Alexander Dubcek a se- gretario del partito. Solo Z’UnitÙ non ha la notizia in prima, ma il corrisponden- te, Giuseppe Boffa, commenta: «Un nuovo sviluppo della democrazia)) ( e al- tre analisi seguiranno nei giorni succes- sivi). €1 titolo de La Stampa è: «La cadu- ta di Novotny e uno scacco per 1’Urss)). In cronaca si intitola: ((80 studenti annunciano: ’Occuperemo’)). I1 Corrie-

re annuncia a sua volta: ((Barnard vuol fare su un negro il prossimo trapianto)), mentre in terza pagina l’inviato specia- le Gianfranco Piazzesi racconta ((11 sin- golare monopolio dell’oro)) sudafricano e la tremenda crisi che incombe sull’e- strazione del prezioso metallo. La cro- naca racconta come un operaio milane- se, forse lettore di King, ((marchiava la moglie con il segno di Zorro)). Guido Ari- starco scriverà, su La Stampa, qualche giorno dopo, un elzeviro contro la pub- blicità con allusioni sessuali : «La batta- glia culturale da condurre consiste so- prattutto nel promuovere la comparsa di film che aiutino l’uomo a liberarsi dai complessi erotici e di violenza in cui e imprigionato)).

La legge di riforma dell’università, la mitica 2314, striscia su una o due colon- ne nella parte bassa delle pagine inter- ne. I1 13 gennaio il giornale di Torino intitola: ((1 parlamentari non potrenno far lezione all’università)). La legge è stata quasi approvata dalla camera, poi tocca al senato. L’Unità, piuttosto dalla parte degli studenti, produce titoli indi- gnati: «In un cinema i corsi di medici- na» (9 gennaio) ; ((Mandato di compari- zione per due studenti e un docente a Napoli)) (10 gennaio) ; ((Denunciate alla camera le intimidazioni di Gui» (11 gen- caio; Gui era il ministro della pubblica istruzione). I1 giorno 13 esce un com- mento (in pagina interna, gli studenti sul giornale del Pci non vanno mai, per tutto gennaio, in prima pagina) di Ma- rio Ronchi, responsabile della pagina dell’attualità culturale : «E ’ una attiva e incisiva capacità critica nei confronti di un tipo di organizzazione economico-so- ciale, culturale e politica, insomma, che i giovani vogliono garantirsi)). Ronchi si augura un ((fruttuoso sbocco)) delle lotte studentesche. Sul Corriere della Sera Enrico Altavilla inizia un ((viaggio nelle coscienze)) dei giovani francesi; il titolo è: ((1 giovani francesi preferiscono la puntualità in ufficio alla protesta)). Un sacerdote dichiara: ((Esistono le pre- messe per una vera anarchia sessuale.

Ki

Calendario della rivista King

Se questa anarchia non entra nelle no- stre case, il merito è dei giovani)). Arba-

. sino, nel suo stile parallelo, scrive in un elzeviro che anche le mode possono essere inquietanti: ((1 gemellaggi otto- centeschi tra patriottismo risorgimen- tale e cabalette di mezzosoprani appaio- no forse meno bizzarri d’ogni accoppia- mento fra Mao e hippies?)). L’Unità pubblica una foto di Gina Lollobrigida vestita da ((figlia dei fiori)). La cronaca del Corriere conteggia: «Le ore di scio- pero scese da 78 milioni a 10 milioni)) (forse gli operai stavano prendendo lo slancio) e Antonio Cederna intitola: «A Milano sta maturando una coscienza ur- banistica)).

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GENNAIO -

Iò 1 9

CHE SCOSSE LE

Sfollate dopo il terremoto in Sicilia

I1 giorno 14 e domenica. E si inaugura la tradizione dei terremoti domenicali nel sud. La terra imbizzarrita frantuma la valle del Belice. I giornali del lunedi sot- tovalutano la cosa: ((Crolli, scene di pa- nico e feriti. Sospese le elezioni comuna- li a Gibellina)), è il titolo (fascia media di prima) di Stampa Sera. Ma subito ci si rende conto della catastrofe. E di quan- to siano abbandonati i sopravvissuti, so- pra e sotto i cumuli di mattoni. Già il 17 Nicola Adelfi scrive su La Stampa: ((Di- ciamo che i soccorsi in viveri e indu- menti non sono solleciti come vorrem- mo». «Fino ad ora soccorsi inesistenti)), scrive subito anche Cesare De Simone, sull’ Unità, che fa questo titolo premoni- tare: «E’ stata una strage)). L’inviatc del Corriere, Giovanni Russo, racconta la visita del presidente Saragat (in eli- cottero) : «A un uomo che urlava più de- gli altri, egli ha detto: ’Ma, insomma, sta facendo propaganda o parla di cose serie? Qui ci sono dei morti’)). Luci0 Ma- nisco, sul Messaggero, è più esplicito: «Le prime colonne di soccorso prove- Kienti da Trapani hanno raggiunto Mon- tevago 18 ore dopo la scossa più disa- strosa. Non esiste ancora un centro ope- rativo, un piano sia pure approssimati- vo di lavoro. Esistono, in compenso, al- cune camionette il cui scopo sembra essere unicamente quello di mantenere l’ordine pubblico)).

Nel frattempo, Mario Missiroli si e pro- nunciato sul Messaggero a favore del- l’incompatibilità tra la carica di parla- mentare e la docenza universitaria; il deputato comunista Rossanda ha riget- tato, in un intervento in aula, il progetto governativo di riforma universitaria (lo riferisce il giornale del Pc i ) ; ((Tempo dei giovani)), sul Corriere, ha pubblicato L;n articolo intitolato «I ragazzi d’affa- ri», dove si racconta come ((decine di migliaia)) di giovani di Usa, Iinghilter- ra, Canada, Francia ecc. «a 16 anni di- ventano azionisti delle imprese da loro stessi create)); Ciriaco de Mita ha fir- mato con altri deputati democristiani, racconta Z’Unità, una interpellanza per protestare contro le misure arbitrarie della polizia nei confronti degli studenti di Torino, Pisa, Firenze e così via, come il ritiro collettivo dei libretti universita- ri; sempre il giornale del Pci pubblica

6 8 REDAZIONI DEI GIORNALI

un articolo dell’inviato della Associated Press su una «vera battaglia tra polizia e studenti)) in Giappone. E I l Messagge- ro pubblica un gran titolo in prima: ((Profugo siciliano decapitato presso Tarquinia)). I1 poveretto e ra scomparso dal ((convoglio che conduceva i senza- tettoad Aosta)).

I tempi sembrano farsi più rapidi. Men- tre gli inviati de La Stampa distribui- scono direttamente ai terremotati, me- diante assegni (come si evince da una foto), il denaro raccolto con una sottos- crizione, il giornale di Torino se la pren- de con la macchina dei soccorsi, «un di- nosauro cieco e sordo)), e Vittorio Gorre- si0 invoca l’istituzione della Protezione civile: la legge, dice Gorresio, ci sareb- be già. La Stampa è l’unico giornale a pubblicare in prima, in gennaio, un edi- toriale sugli studenti e sull’università. Lo firma Aldo Visalberghi, che scrive: «La crisi dell’università e oggi anche una grave crisi di fiducia. Gli studenti e i docenti più giovani parlano, a torto o a ragione, di ’baronie’n. Ma è comunque tardi. Lo stesso giorno di quell’editoria- le, la cronaca di Torino parla dei ((disor- dini all’università)) . Sull’ Unità Alessan- dro Cardulli scrive da Pisa: «Come si è risposto a questi studenti? Con la sche- Catura e la cacciata a forza dalle sedi di studio, nel solito modo con cui l’Italia dei padroni risponde agli operai in lot- ta». La cronaca milanese del Corriere, il giorno 27, intitola allarmata: «Tumul- tuosa giornata neilicei. Incidenti tra po- lizia e studenti al ’Berchet’)). Ci si chiede come mai, visto che il «Berchet» ha fama di grande ((democraticità)). In fon- d o , il preside aveva solo punito col sei in condotta gli studenti che avevano ciclo- stilato e diffuso l’inchiesta del giornale della scuola, La Zanzara, sugli atteg- giamenti sessuali degli studenti. I1 vo- lantino del ((Berchet)) se la prende con

Manifestazione ((l’autoritarismo scolastico come a Milano espressione dell’autoritarismo politico- Per la ((i’anzara)) sociale)). A Roma, IZ Messaggero pub-

blica in cronaca una foto di studenti del- la cattolica andati a protestare in Piaz- za San Pietro (anche loro). Un ragazzo regge questo cartello: «Dio ci ha dato la libertà, la Cattolica ce l’ha tolta)). Sulla prima del giornale romano questo tito- lo: ((L’anziano profugo decapitato da un pirata)).

((11 1968 sarà l’anno di nascita dell’indu- stria nucleare italiana)). L’ottimistico titolo sovrasta, sul Corriere del 23 gen- naio, un articolo di Silvano Villani. Tre giorni prima, il quotidiano milanese aveva raccontato scandalizzato: cc’Ba- stonate a volontà’ sugli studenti di Bre- ma. Era questo l’ordine dato alla poli- zia)). Ma, il giorno prima ancora, la pa-

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Il caso Pueblo al1 ’On u

gina degli esteri era aperta da quest’al- tra notizia: ((Fomentrto dacastro il ter- rorismo in Guatemala)). La situazione internazionale si fa incandescente con la cattura, da parte dei nordcoreani, nella nave-spia Usa «Pueblo». Gli ame- ricani mandano la super-portaerei ato- mica Enterprise e Johnson manda un telegramma a Saragat. Gli studenti mandano se stessi in Sicilia a «dare una mano)), come racconta il ((Tempo dei Giovani)), supplemento del martedì del Corriere della Sera, Alberto Arbasino manda una corrispondenza ((culturale)) da Londra: «E il teatro, allora? Una controrivoluzione elegante e silenziosa sembra aver ristabilito l’ordine)), Z’Uni- tà manda in stampa una foto per dimo- strare come il Corriere abbia, in una inserzione pubblicitaria cinematografi- ca, messoimutandoniaEwa Aulin, pro- cace attrice svedese, il giornale del Pci manda ai suoi abbonati il volume con il carteggio tra Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, con prefazione di Giancar- lo Pajetta, un ignoto manda a ((Specchio dei tempi)), la rubrica di posta cittadina de La Stampa, una lettera per sfottere gli ((urnanisti)) in agitazione, mentre le scientifiche ((sono tranquille)) e il gover- no manda un messaggio ai terremotati : ((11 governo - intitola il Corriere - invi- ta i sinistrati a rimanere : ’Lavoro per tutti nella ricostruzione’)). ZZ Messagge- ro intitola in prima pagina: «Un cingo- lato avrebbe decapitato il profugo sici- liano)). I1 poveretto, cioè, sarebbe stato investito da un mezzo dell’esercito, poi dileguatosi.

Una notizia, il 25 gennaio eccita il mon- do del calcio: il giudice sportivo ha dato la vittoria a tavolino (0-2) al Cagliari, che, nella partita contro l’Inter, a San Siro, aveva dovuto rinunciare al difen- sore Longo, colpito al capo da una mone- ta da cento lire. L’on. Tullio Vecchietti, intitola IZ Messaggero, ((condanna il ci- nesismo e il castrismo)). Lo stesso gior- no, il Corriere pubblica questa notizia: ((’Franchi tiratori’ alla camera sul pro- getto di riforma universitaria)). Forse, socialisti del Psu, che peraltro, il giorno prima, avevano rinunciato alla com- missione d’inchiesta sul caso Sifar: ((11 pallone del colpo di stato - commenta soddisfatto il Corriere -s’e definitiva- mente sgonfiato)). L’Unità annuncia: ((Occupata l’università di Siena. Nuovo atto intimidatorioa Pisa». I1 rettore del- l’università di Torino indice, attraverso Lrr Stampa, un referendum tra gli stu- denti. Si svolgerà per posta. Ma, si legge il giorno dopo, d’azione di disturbo si estende alle facoltà scientifiche)). I1 giorno 31 tutti i giornali annunciano sor- presi: ((1 vietcong attaccano Saigon e le grandi basi americane)).

Pierluigi Sullo

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GENNAIO 1 9 6 8 PAGINA 36 DIZIONARIO DELLA MEMORIA

Parole da ricordare, voci per ricordare. Ventuno fili da intrecciare A

ANTIAUTORITARIO LA SOCIETA' SENZA OPPOSIZIONI

Antiautoritario il movimento studentescofu in tutti i paesi, ma là dovequestasua caratte- ristica fu meglioanalinataedivennecardine politico, fu la Germania. Ilquadro teoricoera stato fornito dai lavori dell'lstituto di ricerca sociale di Francoforte. I titoli di questi lavori, fin dagli anni '30, esplicitano l'intreccio dei vari campi in cui si realizzerà la dotta contro l'autoritarismo)): 1936: Max Horkheimer e altri, Studi sull'autorità e la famiglia; 1950, Theodor W. Adornoealtri, Laper- sonaliti autoritaria; fino al primo libro della seconda generazione francoforte- se, La sfera pubblica di Jurgen Haber- mas ( 1962).

tardo capitalismo ha trasformato la so- cietà in qualcosa di nuovo rispetto al tradizionale pluralismo delle democrazie liberal-borghesi. Vi è un'integrazione di tutti gli elementi che non lascia più spa- zio a effettive opposizioni: alla tradizio- nale classe dirigente della borghesia si sostituisce un apparato che domina tut- te le istituzioni - burocrazia, magistra- tura, polizia, esercito, grandi imprese, partiti, sindacati -. In questa fase auto- ritaria tutti i partiti sono omologati. Ma perché una tale società funzioni, l'indivi- duo deve diventare una personaliti au- toritaria: «Il rapporto degli individui con l'autorità richiesto dalle caratteristiche specifiche del processo lavorativo dell'e- t i moderna condiziona una costante cooperazione delle istituzioni sociali per la produzione e il consolidamento di tipi di carattere ad esso corrispondenti)) (Horkheimer). I l luogo sociale per eccel- lenza in cui si trasmette e si forma la personalità autoritaria (non solo che esercita, ma subisce consenziente I'au- torità) è la famiglia.

Da questo schema teorico discende che: 1) se possibilità c'è di spezzare la catena antiautoritaria del tardo capitali- smo, essa risiede nell'attacco al suo anello debole, l'università; 2) perché quest'attacco abbia successo, è neces- sario che si delinei una personalità non autoritaria; 3) questa personalità non au- toritaria può configurarsi solo in una cri- tica alla famiglia e in un comportamento nuovo del pubblico-privato: poiché ca- ratteristico del moderno è il compene- trarsi sempre più stretto tra pubblico e privato (Habermas); 4) la lotta antiauto- ritaria deve attaccare la ((sinistra autori- taria)) cioè la sinistra tradizionale; 5) la lotta antiautoritaria non può avere una struttura autoritaria, ma deve essere condotta da gruppi antiautoritari di base. Il leader studentesco Rudi Dutsch- ke dirà: ((Questi gruppi antiautoritari di base, queste avanguardie autonomina- tesi, si contraddistingueranno per il fatto di politicizzare le contraddizioni specifi-

L'analisi antiautoritaria ritiene che il '

che...)), e anche: ((Soltanto nella lotta, l'individuo autoritario, adattato e impo- tente nella sua struttura caratteriale e cella struttura del suo rapporto con la società ... può acquisire la capacità di concepire la società come trasformabi- le)).

Antiautoritario è quindi insieme un movimento rivoluzionario, un compor- tamento personale (per es. sessuale), un rifiuto della famiglia. Uno sguardo che svelò la miseria umana dell'autoritari- smo. E interessante notare che sull'uso della violenza da parte delle ((avanguar- die autonominatesi)), il movimento stu- dentesco tedesco entrò in polemica con uno dei suoi maitres 2 penser, Jurgen Habermas che Io accusò di ((fascismo di sinistra)) (1967). Interessante anche che in tutti i paesi occidentali i leader del movimento antiautoritario riassunsero in sé molte caratteristiche del capo auto- ritario che erano state descritte da Max Weber.

Interessante anche che i partiti della sinistra tradizionale, per quanto abbiano ripreso numerosi spunti del movimento studentesco, un passo si siano sempre rifiutati dicompiere: uno sguardo critico del proprio comportamento autoritario.

Marco d'Eramo

ASSEMBLEA PER LA SOVRANITA' DI BASE

Assemblea è parola della politica prece- dente al movimento del '68, ma in esso cambia significato o meglio cerca di tor- nare al senso originario delle rivoluzioni democratiche allo stato nascente, quella francese, quella della parte più di sinistra del 1789 francese e quella dei Soviet, secondo le quali «il popolo è solo sovra- non. Il 1968 demistifica la sovranità po- polare dichiarata e istituzionalizzata, non solo riprendendo l'idea marxista già propria del movimento operaio per cui cella società democratica non è demo- cratico il rapporto di produzione (di qui lo slogan «la democrazia si ferma davanti alla porta della fabbrica))), ma attraverso la denuncia del sistema di delega, per- manente, per il quale la base, il popolo vota, ma poi consegna la propria volontà in mani non sue e che non ne terranno conto. Ogni mandato non revocabile è dunque sacrificio all'autoritarismo e negazione del potere sovrano popolare. Se si aggiunga che questo potere manipolato al momento del suffragio dalle forze dei media o dagli interessi che le determina- no o influenzano, e poi dal sistema politi- co che immediatamente lo incanala, ne risulta che sia lo stato, nelle sue istituzio- Ei centrali e perifiriche, sia i partiti o i sindacati che si modellano su uno stato

moderno, negano di fatto la sovranità di base da cui pur dicono di trarre legittimi- tà.

Il movimento dunque rivendicherà tutio il potere all'assemblea, che diviene permanente e può darsi organi di pura direzione del dibattito, cioé precari efor- mati volta per volta,

I l nodo assemblea-struttura decisio- nale di lavoro si rivela molto presto, ma -salvo i movimenti che più ereditano dai gruppi di sinistra, dalle tradizioni di sinistra, i cui rappresentanti tuttavia si trovano sempre in difficoltà in ogni assemblea generale, non troverà solu-. zione teorica né in un richiamo alla de- mocrazia diretta (Rosa Luxemburg e Pannekoek, Tematica dei consigli) né nella pratica.

R. R.

AUTORITARISMO UN NODO TUTTO DA SCIOGLIERE

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E una parola che non ha storia politica prima del 1968. Non va infatti confusa né con autocrazia, cheèunsistema politico, nécon gerarchia che è un principio di autorità. Au- toritarismo è il modo di essere del sistema dominante, portato dai potenti e assunto anche dai non potenti sotto forma di inte- grazione: tutta l'odierna ha ammesso il prin- cipio che esiste una legittimazione dall'alto e dalla cultura e che nei tempi passa da chi domina a chi dominerà, e infine nei dominati come principio di ubbidienza.

Per sua natura è autoritaria la famiglia che riproduce ruoli già definiti e conside- ra deviante ogni comportamento che se ne distacca. Nel film Familylife (di Ken- neth Loach, 1972) emerge il tema, pro- prio dell'antipsichiatria inglese, che ogni distacco dalla norma di comportamento imposta induce il genitore a considerare il figlio «folle» e quindi a farlo impazzire attraverso I'introiezione della sua anor- malità (è interessante che I'antipsichia- t:ia di Easterson e Laing sfiora in perma- nenza la specificità sessuale dell'autori- tarismo familiare, ma privilegiando sem- pre la trasmissione dei ruoli sociali come asessuati). E autoritaria la scuola che trasmette un modello di disciplina socia- le e i principi di subalternità, travesten- doli da sapere accumulato negli anni e patrimonio intoccabiledell'umanità.

Dopo un inizio nel. quale l'autoritari- smo è denunciato soprattutto come sclerosi delle istituzioni e quindi viene parzialmente accettato anche dai media (prima intervista televisiva di Silvano Passetti dall'occupazione dell'Universi- tà Cattolica) in quanto bisogno da parte degli studenti di una scuola più aderente al mutamento culturale e sociale, l'auto- r:'tarismo rapidamente diventa insosteni- bile per ogni istituzione e si fa problema

per lo stesso movimentoquando tenta di darsi una qualsiasi formalitzzazione. L'autoritarismo è infatti «in noi)); in chiunquevoglia dichiarareaperta o chiu- sa un'assemblea, formare una presiden- za, impartire un insegnamento. Autori- taria è la passata cultura. Autoritario di- venterà il libro, che quindi verrà rifiutato. L'autoritarismo è dovunque e costitui- sce dunque un nodo per tutto il 1968; sarà sciolto soltanto in seguito nel ripen- samento politico deigruppi.

R. R.

IL GRIDO DI GINSBERG

Beat generation sono (ti ragazzi dei '50)) negli Usa, nati a cavallo della grandedepres- sione che seguì il '29, cresciuti nella guerra calda e fredda, con davanti agli occhi l'erro- re di Hiroschima e sulla testa la spada di Damocle dell'olocausto nucleare. La caccia al rosso e all'intellettuale del periodo mac- cartista, il diffondersi della psicoanalisi, della tecnologia, dell'automobile, di un molto re- lativo benessere non escludeva solo i neri, ma anche consistenti fasce di popolazione bianca. In questo contesto, nei primi '40, nasce I'hipster, I'esistenzialista Usa, nella versione ((fredda)), che ben si ritrova nella musica di Lennie Tristano o Miles Davis, non indiffe- renteal fascino dell'eroina e degli altri oppia- cei, e in quella «calda((, occhi spiritati, ener- gia inesauribile, inguaribile casinaro, più portato a socializzare anche attraverso l'al- cooleledrogheleggere. A questo filone, semplificando in maniera quasi oltraggiosa, appartengono i beat. Nel 1956 Allen Ginsberg pubblica Howl, (de- clamato 10 anni dopo da Oreste Scalzo- ne nel Beat '72 romano). Il suo grido rimbalza negli Usa da costa a costa, dan- do un'identità collettiva a quelle che fino ad allora erano state esperienze e sensi- bilità individuali e parcellizzate. L'epo- pea di quella generazione, che in auto- mobile si mise a percorrere le strade del nordamerica, alla scoperta d'un paese diverso da quello voluto dai potenti della politica e dai massmedia, è narrata da Jack Kerouac in On the road (Sulla stra- da). Con uno stile pervaso dai nuovi ritmi jazz di Charlie Parker, Dizzie Gillespie, Kerouac racconta di sé e dei suoi amici: Ginsberg, con l'inseparabile Peter Or- lovsky, Gregory Corso (autore di ((Bomb)), poesia pubblicata nel '%su un lungo volantino pieghevole), William Burroughs, il grande vecchio della com- pagnia, rotto a tutte le droghe, attraver- so le quali dipinge in The nakedlunch (il pasto nudo), un affresco lucidamente visionario e spesso profetico d'un mon- do piagato, in suppurazione, abitato da ectoplasmi che ormai s'esprimono con

brandelli di linguaggio, in continui f!ash - back chesi rincorronosenzafine; Carl Solomon, cui è dedicato Howl, Lawrence Ferlinghetti, l'editore del gruppo (City Light Books), e tanti altri. Ma l'((eroe» di On the road è Neal Cassa- dy, infanzia a Denver con il padrealcoliz- zato, tra i barboni della depressione, morto nel 1968accanto alle rotaie di una ferrovia, alla periferia di St. Miguel de Allende (Messico), per un mix di alcool e amfetamine. Nel '64 Cassady è alla guida dell'autobus dei Merry Pranksters (Gli allegri burloni) e dai beat si passa agli hippies. Un auto- bus completamente dipinto in stile psi- chedelico, con davanti il nome della de- stinazione: ((Furthur)) (traducibile ap- prossimativamentecon «oltre»). Sul tet- t3 un'orchestrina con chitarre e batteria, ai fianchi altoparlanti, nell'interno letti, cucina, frigorifero nel quale non manca- va mai aranciata corretta all'Lsd. E la comune itinerante di Ken Casey (Qual- cuno volò sul nido del cuculo). Non vio- lenza, flower power, comuni cittadine e agricole, fuga dalla famiglia e dalle istitu- zioni, allargamento della coscienza at- traverso derivati dalla canapa e allucino- geni, filosofie orientali, prime intuizioni ecologiste e primo ((femminismo)) di massa: nel giro di un decennio milioni di giovani, su entrambe le sponde dell'A- tlantico, si riconoscono nel ((movimen- to», gran calderone eterogeneo e coe- rente a un tempo. La liberazione sessua- le di Wilhelm Reich, Timothy Leary che, aiutato dai Weather Man, fugge dalla prigione dove deve scontare 30 anni per detenzionedi Lsd, I'acid- rockdei Grea- teful Dead, il Living Theatre, i provos olandesi, Re Nudo a Milano, il Dioniso club di Giorgio Celli a Roma, la Kommu- ne 1 di Berlino, i viaggi in India e Nepal, Io zen di Alan Watts, la mescalina di Henry Michaux etc. etc. etc.. Molte cose si mischiano esi moltiplicano.

Massimo De Feo

BRAIBANTI LE CATTIVE AMICIZIE

Chi era Aldo Braibanti? Un professore di liceo che ((sedusse dei giovani))? Il 14 luglio del 1968siconcludeil processoa suo carico, con una condanna per plagio che chiude una vicenda giudiziaria iniziata con l'esposto alla magistratura nel 1964 da parte del padre di un ragazzo di Fiorenzuola d'Adda, in pro- vincia di Piacenza. L'espressione ((sedurre giovani)) venne pro- posta da Umberto Eco per rendere subito esplicita la connotazione emotiva che aveva dominato le paroledi quel processo, finoalla sentenza: fino al punto da renderesuperflua per i magistrati una ricerca processuale sui «fatti». Un modello giudiziario che in anni

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GENNAIO 1 9 6 8 PAGINA 37 DIZIONARIO DELLA MEMORIA

successivi divenne tristemente diffuso per i grossi processi ((politici)) e che sperimentò nel caso Braibanti la propria efficacia. «Un caso - scriveva ancora Eco nel libro uscito nel 1969, Sottoilnomediplagio, incuiun gruppo di intellettuali analizzò e rimise sotto gli occhi di tutti le varie fasi del processo - non giudiziario, ma politico e civile, perché ha messo in opera alcuni meccanismi di pensiero e di comporta- mento che costituiscono una minaccia per ogni uomo libero)). Ossia quello fu, come scriveva in un altro libro Virginia Finzi Ghisi, «un processo di famiglia)). Così infatti Io vissero migliaia di ragazzi che con inquietudine angosciosa videro inscenare il processo ai cattivi maestri da parte di tutte lecomunità prescrittiveche a una a una salivano sul palcoscenico - la famiglia, i preti, gli psichiatri, e i giudici - con le stesse parole che avevano ossessionato tanti nella propria ricerca privata diautonomia di pensiero, di liber- tà, e materialmente inseguito le proprie fughe da casa. E videro quelle parole avere pubblico corso, e materializzarsi appieno, socialmente, e con consenso, quelle persecuzioni che nel contrasto con le proprie famiglie avevano in qual- che misura attribuito anche talora ai pro- pri fantasmi impegnati anch'essi nel conflitto. No, proprio materialmente, il padre di Giovanni Sanfratello aveva intentato processo contro il figlio, più che maggio- renne, che riteneva plagiato, stortato dal pensiero di un altro; figlio che aveva pre- levato aforza, dopo un agguatoc(difami- glia)), dalla casa in cui aveva scelto di vivere e lavorare col suo ex professore, e internato in manicomio. Figlio che aveva già reagito più volte alle indebite aggres- sioni della sua famiglia, invocando an- che l'intervento dei magistrati a garanzia dei propri normali diritti di cittadino adul-. to; figlio che invano dagli ospedali psi- chiatrici chiederà durante il processo ai giudici di essere ascoltato, Non vogliamo qui ricordare il percorso più che dignitoso della vita privata e intel- lettuale del professor Braibanti cheviene trascinato in giudizio come strega. Ri- portiamo invecealcune paroledel padre, che confermate dai preti, avallate dagli psichiatri, diedero inizio a tutte le altre frasi di quel mostruoso processo: Gio- vanni, dunque, ((a tutti dimostrava di- stacco e indifferenza)), ((non faceva più il segno della croce)), si ritraeva ((alle espansioni dei genitori)) e, segno rivela- tore, ((rifiutava soldi e indumenti)). D'al- tra parte preoccupato si era mostrato subitoancheil primospecialistadimalat- tie nervose da cui i genitori solleciti ave- vano portato il ragazzo appena saputo che non intendeva continuare gli studi. ((Grave capovolgimento di tutti i valori della vita)), era stata la diagnosi del pro- fessor Bergonzidi Parma.

Carla Casalini

CAMPUS LA RIVOLTA DI BERKELEY

La parola d'origine latina dovrebbe far pen- sarea qualcosa di bucolicoe, ineffetti, molti campus sono in spazi verdi e vasti, magari con antiche strutture falsogoti- che ad ospitarli. Le dimensioni (e le

leggi che li regolano) sono le più diver- se: a Berkeley, che era statale, negli anni '60, c'erano già oltre 70.000 stu- denti, mentre altrove erano ospitate poche centinaia di persone. Lo studente-tipo statunitense dunque nel momento in cui va all'università lascia la famiglia (spesso cambia anche città o Stato) perché nel campus oltre a studiare, mangiare, dormire, fare sport trova (o dovrebbe trovare) di tutto. Al- cuni campus sono abbastanza vicini a città, mentre altri (come la famosa uni- versità statale del Kent, dove la polizia uccise due studenti durante una prote- sta contro la guerra in Vietnam) sono separati, lontani. Nei campus la prima, sorprendente ((ri- volta)) fu nell'ottobre-dicembre 1964 contro l'autoritarismo accademico e la compromissione della ((Multiuniversi- ty» con i militari. Quando 5 studenti (fra quelli che non avevano obbedito all'ingiunzione di astenersi dal fare poli- tica) vengono puniti, scatta la prima occupazione di corridoi, scale, uffici amministrativi. Era il 30 settembre 1964. Il governatore della California or- dina l'intervento della polizia. Uno dei leader degli studenti, Mario Savio, al- l'arrivo dei poliziotti, chiede il permesso di salire su un'auto della polizia. Fra l'altro dice: ((Deponete tutti gli oggetti duri e o appuntiti, toglietevi anelli e orologi, allentate le cinture e le cravat- te, state molto vicini gli uni agli altri e abbandonatevi di peso, senza reagire con la forza appena afferrati dalla poli- zia. In caso di interrogatorio non dite nulla, solo nome e indirizzo e chiedete un avvocato)). Fu poi fatta una colletta per riverniciare il tettino dell'auto! Era un movimento che chiedeva so- prattutto libertà di parola, possibilità di usare l'università per attività politico- culturali. Uno degli slogan più scanda- losi fu ((Kern scopa)) (Kern era il retto- re) in un'epoca in cui in Usa il romanzo L'amante di Lady Chatterley era ancora vietato proprio perché compariva il ter- mi ne (( scopa re )) . A partire dalla ((seconda)) rivolta di Ber- keley (novembredicembre 19661, il mo- vimento comincia ad allargarsi agli altri campus. A Berkeley il clima è cambiato in peg- gio con l'elezione di Reagan nel '67 a governatore della California: il suo ((giuramento)) annunciava che avrebbe ridotto i fondi universitari del 10% e che avrebbe imposto una tassa annua di 400 dollari a ogni studente. Ma è l'aggravarsi della guerra vietnamita l'al- tro elemento di radicalizzazione: gli stu- denti di Berkeley protestarono perché la marina militare aveva aperto un uffi- cio di reclutamento dentro il campus e subito intervenne, con grande durezza, la polizia. Rispetto alla prima, isolata ((rivolta)) di Berkeley, stavolta il movi- mento è più grande, più radicale e si generalizza. Le occupazioni sono più mirate: negli uffici amministrativi si (tspulcia)) per scoprire affari loschi (con i militari o con la speculazione edilizia). Da Berkeley ad Ann Arbor, da Harvard a Yale a Chicaho, dai campus alle scuo- le medie il movimento individua nell'ag- gressione Usa al Vietnam il suo nemico principale, il punto su cui unire gli sfor- zi.

Caro1 Beebe Tarantelli

Una comune di artisti a Woodstock

COMUNI UNO SPAZIO CONTRO

Nelle occupazioni delle università immagi- nazione, sessualità, politica si esprimono fuori dagli schemi che regolamentano la famiglia e i gruppi di appartenenza sociale e religiosa. La vita quotidiana si dilata travol- gendo abitudini e difese: i giovani vivono un tempo denso di eventi che appartiene ad una intera collettività. L'esperienza vivifica la critica teorica che ha disvelato la natura autoritaria della famiglia, luogo in cui si scambiano ruoli ossificati, estimola la voglia divivereingruppoanchefuoridalleuniversi- tà . Nelle comuni del '68 confluiscono I'espe- rienza delle comunità hippie edelleaggrega- zioni religiose, cristiane e orientali, nate qualche anno prima. Con esse il movimento sperimenta aggregazioni familiari più ampie non repressive e tenta di prefigurare la nuo- va società per la qualesta lottando. Il senso della proprietà di persone ed oggetti viene messo in discussione, si cerca di vivere sen- za competizione sviluppando solidarietà e cooperazione. Se la famiglia è il luogo della necessità che immobilizza i suoi membri la comune è vis- suta come libertà salvatrice: i rapporti pos- sono essere autentici,perché si vive con compagni scelti e gli affetti e i rapporti ses- suali sono patti rescindibili in ogni momento tra persone non legate da dipendenza coat- ta. La comune è dunque uno spazio entro cui può crescere un progetto di vita personale più ricco di senso e di relazioni, dove il tempo non èscanditoda abitudini mortifere. Il biso- gno di esprimere la propria personalità in un contesto ampio che superi l'isolamento del- la famiglia borghese si salda con lo slancio utopistico chevuole dimostrare la possibilità di instaurare rapporti liberi e solidali, senza attendere il Paradiso o la realizzazione del sxialismo. La comune diventa allora co- munità esemplare, embrione della Nuova Società. Tra il 1965eil1973nenasconopiùdiduemila

comuni. Raccolgono il messaggio dei socia- listi utopistici de11'800 - Fourier, Saint Si- mon, Owen - e suggestioni contempora- nee assai diverse tra loro, come i kibbutz israeliani e le comuni agricole cinesi. Negli Stati uniti, soprattutto in California e nel New England, e in Nord Europa si occupano case sfitte, a volte interi quartieri, fabbriche abbandonate vengono riattate, ettari di ter- ra ospitano comunità variopinte. Il fenome- no arriva anche in Italia ma in forme più moderate. L'espansione si arresta alla metà degli anni 70. Per contraddizioni interne e mutamenti esterni. Si scopre la difficoltà di conciliare nella vita quotidiana esigenze per- sonali e responsabilità collettive, che i ruoli sono duri a morire, che vivere in comune richiede attenzione intensa ed impegno co- stante. Fuori è cambiato il clima politico. Spazi sociali si chiudono, tornano prepo- tenti valori che esaltano competizione, la famiglia nucleare riprendefiatoe ruolo. Mol- te comuni resistono, altre si trasformano. Il neo-femminismo ne rompe parecchie ma nefondadinuove, tuttedidonnee bambini. Si rafforzano invece esperienze anomale come Findhorn e l'Arca. Fondata nel 1963 nel nord della Scozia, Findhorn è concepitacome ((famiglia plane- taria )). L'Arca, nata nel 1966 in Francia ad opera di Lanza del Vasto, discepolo di Gandhi, ha come modello la tribù - e raccoglie famiglie e individui liberamenteassociati che pratica- no la nonviolenza, coltivano la terra in co- mune, regalano le eccedenze, rivalutano l'artigianato. La loro esperienza e quella dei giovani della Nuova Sinistra degli anni ses- santa viene raccolta dalle comunità che si sviluppano non solo in occidente, negli anni '80. Ispirate dal sapere ecologico e da una visio- ne spirituale, le comunità si definiscono del- la ((Nuova Era)) illuminata dalla costellazione dell'Acquario, portatrice secondo gli astro- logi di energie che stivleranno la fratellan- za tra gli umani. I suoi membri vivono una vita semplice, coltivano e meditano, e cer- canodidimostrarechea livellopraticosipuò avere tutto l'essenziale se si sa entrare in rapporto con le energie interne proprie e con quelledella natura.

Giuseppina Ciuffreda

DYLAN NASCITA DI UNA LEGGENDA

Dylan, Bob. ((Cantante, chitarrista, piani- sta, suonatore diarmonica, autoredi canzo- ni. Nato a Duluth, Minnesota, 24 maggio 1941)) (da Stambler e London, Encyclo- paedia of Folk, Country and Western Music). Si sentiva qualcosa nell'aria, i tempi stavano cambiando, all'inizio de- gli anni '60, Cresciuto ascoltando Little Richard e Chuck Berry, Hank Williams e Jimmie Rodgers, Bob Zimmerman s'innamora presto dell'immagine vagabonda degli Okies, gli eroi di Furore di Steinbeck, e di Woody Guthrie, un Okie autentico che aveva scritto le canzoni della generazio- ne prima della sua. Adesso queste me- morie si mescolavano con l'esempio va- gabondo dei beats e le strade del Green- wich Villagefrullavano il tutto. Dice I'en- ciclopedia: ((Scappò di casa non appena ebbe imparato a suonare la chitarra, ma fu subito ripreso. A 12 anni ci riprovò, senza successo. A 13, riuscì a sfuggire alle autorità e viaggiò con un circo per il Minnesota superiore, il North Dakota, il South Dakota)). Nulla di tutto questo è vero; ma è vero che intorno a Bob Dylan c'era qualcosa che faceva fiorire le leg- sende. Dylan prese la strada di New York, andò a trovare Woody Guthrie in ospedale, cantò nei club del Greenwich Village, fu scoperto da John Hammond (che tren- t'anni prima aveva ((scoperto)) Billie Holi- day, quindici anni dopo scoprirà Bruce Springsteen.. . 1, acclamato sul New York Times dalla penna autorevole di Robert Shelton, che un quarto di secolo dopo scriverà la sua bibliografia. E il 1961. La sua musica mette insieme il delta blues di Bukka White, l'intonazione na- sale country di Hank Williams, la tessitu- ra di armonica e chitarra di Woody Guth- rie (a sua volta imparata dai bluesmen vagabondi neri); e intreccia a questi mo- delli rurali una dose d'ironia, di gelo ta- gliente profondamente urbano, di sim- bolismo ereditato un po' di seconda mano e un po' in modo ispirato dalla grande poesia francese. In questo pae- saggio metropolitano sfigurato dal grot- tesco, i suoi testi aggrediscono il militari- smo, il razzismo, la banalità della cultura di massa, I'incuboatomico, la dura piog- sia che sta per cadere e contro la quale, dice nel suo momento più alto di rabbia e di onestà, sembra non esserci altra arma che la parola, gridata dalla cima delle montagne prima del disastro. Ma sono anni di grandi speranze, di mo- vimenti crescenti, di lotte intense spe- cialmente nel sud, per i diritti civili: quan- to c'è di generico o di solipsistico nella sua musica viene filtrato e ignorato dalla generosità di questa fase collettiva. Dy- lan non rispetta ortodossie, neanche quelle pacifiste: la sua Masters of War è la prima canzone, inquei tempi di figli dei fiori, che ammetta sinceramente l'odio per i ((signori della guerra)), il desiderio bruciante divederli mortiesepolti. Dylan comincia a sentirsi stretto nelle aspettative giovanili dei movimenti, nel- la rispettabilità liberaldi mezza età dell'e- stablishment progressista, nella sua im- magine stessa di menestrello vagabon- do. Non vuole parlare per le cause della

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sua generazione, vuole parlare per sé. «Ero molto più vecchio allora, adesso sono più giovane)), dice il suo quarto Ip: sempre più, i suoi temi sono i rapporti interpersonali, sempre meno i rapporti sociali: non la dura pioggia nuclearedella catastrofe collettiva, ma lo squallore or- dinario e quotidiano di ((Desolation R o w ~ . Nel 1965, a Newport, attacca la chitarra alla corrente: i vecchi amici poli- ticizzati si sentono abbandonati, un nuo- vo pubblico Io accoglie come una star. Like a Rolling Stone, Blonde on Blon- de, cambiano il linguaggio del rock, la sua voce si fa più morbida, più suaden- temente ironica, più ricca di sfumature di quella che aveva scandalizzato per la sua asprezza senza compromessi pochi anni prima. «Non c'è bisogno di un meteorologo per sapere dove soffia il vento)), dice adesso; «sta succedendo qualcosa, ma non sai che cos'è, vero, Mr. Jones?)). Nel 1960, Dylan sapeva il contenuto del vento, sapeva e indicava esattamente cosa stava succedendo, in che direzione stavano cambiando i tempi; adesso allude, ironizza, ma for- se non ne sa neanche lui molto più di Mr. Jones. Il suo disco del 1968 è John Wesley Harding; l'anno dopo scende al sud con Johnny Cash per incidere Nashville Skyline. Seguiranno crisi mi- stiche e crisi personali, evoluzioni stili- stiche e poetiche, dischi insignificanti e dischi belli. Ma i tempi sono cambiati, e non sono più i suoi. Una delle leggende fiorite attorno a Dylan è che abbia ripetutamente soste- nuto che tutte le sue canzoni ((impe- gnate)), contro la guerra, la bomba e il razzismo, erano finzioni: le faceva per compiacere un ambiente, per farsi ac- cettare da un contesto, ma non ci cre- deva. Per fortuna, ci credevamo noi.

DIZIONARIO DELLA MEMORIA

Sandro Portelli

FAMIGLIA L'OR I G I N E DEI MALI

Reprime, forma personalità adattabili ad or- dini autoritari, educa all'ipocrisia, trasmette la paura: la famiglia borghese è messa sotto accusa dalla critica corrosiva degli studenti. La loro analisi, nata nelle discussioni dei comitati che si formano nelle università, è alimentata dalle analisi sociologiche di Adorno e Horkeimer e dalla elaborazione degli antipsichiatri Cooper, Laing, Esterson che dall'inizio degli anni sessanta lavorano sulla schizofrenia e scavano nei rapporti pa- tologici che legano i membri della famiglia. Nelle università si leggono i vecchi testi di Reich, atti di accusa contro l'istituzione fa- miliare borghese. L'autoritarismo palese e I'inglobamento oc- culto di una società opulenta che tende ad assumere forme femminili-materne, spin- gono i giovani a sperimentare rapporti col- lettivi non sollecitati dalla dipendenza che consentano l'espressione di identità perso- nali non minacciate da violenza o da ricatti. Si cerca quindi di capire quali strutture e quali metodi educativi possanofarsviluppa- re esseri umani autonomi, capaci di espri- mersi in modo non competitivo. I kinderlaeden nascono a Berlino ovest all'i- nizio del '68, e l'asilo antiautoritario di Porta Ticinese a Milano inizia la sua attività nel gennaio '70. Gli asili tedeschi nascono per

iniziativa delle donne del movimento degli studenti: madri a tempo pieno non hanno più tempo né energie per il lavoro politico e accusano i loro compagni, che teorizzano società liberate, di scindere vita privata evita pubblica, anch'essi come i borghesi. Le ma- dri fondano il consiglio centrale per la libera- zione della donna, si riuniscono separata- mente, si organizzano per gestire i figli in comune. Il gesto non è ancora adesione al neo femminismo, che ha già prodotto i suoi primi manifesti negli Usa e in Italia, ma è la prima presa di coscienza tra le donne della Nuova sinistra destinata a travolgere le or- ganizzazioni nate dal '68. Nel 1987 la denun- cia verrà ripetuta, questa volta contro le femministeei Gruenen, dalledonnecon figli del movimento verde tedesco che lanciano un ((Manifesto delle madri)). Un controcor- so di pedagogia tenuto alla Statale nel 1968-69 è invece all'origine della breve storia dell'asilo milanese, gestito da genitori, studenti, assistenti sociali con la collabora- zione dello psicoanalista Elvio Fachinelli. Se Berlino è il polo ispiratore, l'esperienza italiana ha dietro di sé sperimentazioni di grosso rilievo come la scuola attiva della maestra Maria Mattoni a San Gersolè e la scuola critica di Mario a Lodi a Vho, la de- nuncia eclatante di Don Milani e della sua Lettera a una professoressa. Gli asili antiautoritari hanno percorsi simili: gli educatori oscillano tra il desi- derio di bambini felici e non repressi, anche in nome delle loro infanzie fru- strate, e un modello di educazione che non prescinda dalla lotta di classe. Le letture di Freud e Melanie Klein si alter- nano allo studio di Reich e Marx; le esperienze pedagogiche più note ven- gono discusse a fondo: Summerhill, la scuola fondata nel 1921 nel nord della Scozia da Alexander Neil!, e ancora operante negli anni '60, che ospita bambini e ragazzi fino a 16 anni, e gli asili creati a Mosca da Vera Schmit negli anni dal 1921 al 1924. Il giudizio Sulle due straordinarie esperienze è secco: . troppo di classe Summerhill, aperta solo a chi può pagare, troppo segnati dalla psicanalisi gli asili di Mo- sca. Entrambe vengono ritenute ((isole felici)) che rischiano di fare integrare i bambini o di renderli disadattati se tutta la società non cambia. Ideologia, psicoanalisi, spunti libertari movimentisti si mescolano nelle teste degli educatori sessantottini, alle prese con un compito troppo gravoso per una generazione ancora in cerca di identità e liberazione. Affrontano con generosità e impegno i problemi di li- bertà della generazione futura ma diffi- dano della felicità che non sia gioia n'elle lotte.

G. C.

GRAFFITI LA NUOVA COMUNI CAZION E

Con questo termine si sono definite e si intendono le scritte murali spontanee che movimenti politici o comunque di massa, gruppi più o meno organizzati di giovani o anche singoli hanno incominciato a esegui- re sulle superfici esposte degli edifici pubbli- ci e privati delle metropoli d'America, d'Eu- ropa e poi anche di altri paesi dagli anni Sessanta in poi. In censo estensivo sotto

questo termine si può comprendere tutta la produzione grafica dei movimenti studen- teschi e della nuova sinistra dal 1968in avan- ti, che però ha inclusoanche espressioni più tradizionali, dal manifesto al volantino, dal

I ciclostile allo striscionedi carta o di stoffa, al cartelloneecosìvia. Il fenomeno si manifestò in tutta la sua novi- tà e in tutta la sua imponenza soprattutto durante legiornatedalmaggio 1968a Parigi, ove ad opera degli studenti, e soprattutto di quelli dell'Ecole des Beaux Arts, venne pro- dotto un enorme numero di scritte murali che invasero praticamente tutto il Quartiere latino, e alcune migliaia di manifesti con testi e immagini, eseguiti con la tecnica della serigrafia secondo un modello codificato da Vasco Grasquet. Essenziale per la vita delle scritte alternative è la possibilità politica d'occupazione di unospazio pubblico espo- sto: un monumento, le mura dei palazzi che danno su una piazza, le mura esterne e interne di una scuola, di un'università, d'un carcere, d'una fabbrica e così via; in questo modo, attraverso l'occupazione di spazi ur- bani esposti di solito coperti dai messaggi del potere economico (pubblicità) o politico (manifesti, proclami, awisi, escrizioni so- lenni e così via), i movimenti contestativi hanno inteso non soltantofar pervenire una serie di messaggi politici all'opinione pubbli- ca e alle classi subalterne (funzione di con- troinformazione), ma anche segnare la pro- pria presenza fisica in determinate zone e contrapporsi ad altri tipi di scritte più o meno spontanee; sono ben note le ((guerriglie di scrittura)) scatenatesi fra gli anni sessanta e gli anni settanta fra gruppi della nuova sini- stra e gruppi neofascisti, con conseguenti cancellazioni e riscritturedi graffii. Le tecniche di esecuzione dei graffiti furono all'inizio molteplici; ma col tempo se ne im- porrà una, pratica perché rapidissima nell'e- secuzione, semplice e indelebile: quella con bomboletta a getto, già largamente usata dai giovanissimi di colore a New York (sui muri e sui vagoni della metropolitana) e in Cile dai sostenitori del governo di Allende. Ne derivò un forte rinnovamento della grafi- ca, chefinì per influenzareanchela pubblici- tà commerciale; anche la produzione grafi- ca parallela dei movimenti (manifesti, stri- scioni, ecc.) espresse forti novità grafiche, che sono poi divenute patrimonio comune

Alle prese con la denuncia dei redditi

del sindacato e di tutte le manifestazioni popolari di protesta, nellequali l'uso alterna- tivo della scrittura è rimasto ancora oggi strumento essenziale di identificazione e di comunicazione. Attualmente l'uso dell'occupazione di spazi pubblici, con scritte spontanee, eseguite con tecniche diverse (bombolette a getto, pennarelli più o menospessi, manifesti scrit- ti a mano), è diffusissimo e costituisce un mezzo d'espressione e di comunicazione privilegiato sia da movimenti politici giovani- li di natura contestativa (basti pensare all'u- so alternativo e di denuncia dei da-ze- bao in Cina o in alcuni paesi dell'America latina), sia da singoli oda gruppi di ragazzi in determinate realtà urbane, come nei quar- tieri periferici delle metropoli, nelle scuole, nelle metropolitane, nei pressi degli stadi e delle caserme, a volte con effetti grafico- figurativi di grande novità ed espressività, anche se assai diversi dai lontani (e ignorati) modelli sessantotteschi.

Armando Petrucci

ISOLOTTO IL DISAGIO CATTOLICO

«In Italia la contestazione religioso-eccle- siale si apre nel 1968, con il 'controquaresi- male' di Trento, seguito nel settembre dal- I'occupazionedella cattedraledi Parma, che provoca un'inattesa reazione a catena: il 22 settembre la comunità fiorentina dell'lsolot- to invia una lettera di solidarietà ai contesta- tori di Parma, sottolineando la necessità d'una scelta discriminante 'fra coloro che sono dalla parte del Vangelo dei poveri e coloro che servono due padroni, Dio e il denaro'. Si apre così la lunga vicenda dell'l- solotto)) (G. Martina, La chiesa in Italia negliultimitrent'anni). Una vicenda dav- verolunga: èancorainpiedi. Non era nata dal niente. La parrocchia del quartiere fiorentino dell'lsolotto - parroco don Mazzi - da anni operava nel quadro d'una chiesa (fiorentina e

non) impegnata alla realizzazione del Concilio Vaticano Il. Il contesto è ricco e variegato: i preti operai, nati in Francia negli anni '50, si stanno diffondendo an- che in Italia, a cominciare dal Piemonte; a Firenze Padre Balducci e la rivista Testi- monianze e preti della personalità di don Borghi e di don Rosadoni, poco lontano, don Milani e la scuola di Barbiana; a Pa- lazzo Vecchio, Giorgio La Pira. I comitati di base che nascono come funghi dopo il disastro dell'alluvione (autunno '67) mo- strano la fecondità d'una cololaborazio- ne fino a poco prima inconcepibile fra sinistra e cattolici. Nessuna meraviglia se la parrocchia del- I'lsolotto solidarizza con gli occupanti del duomo di Parma, cacciati dalla poli- zia. Ma il cardinale Florit, arcivescovo di Firenze, non è d'accordo: don Mazzi deve o ritrattare o dimettersi. La comuni- tà dell'lsolotto, cacciata dalla chiesa, ce- lebra la messa ogni domenica in piazza, mentre il vescovo nomina un nuovo par- roco. Nasce, sulla scia dell'lsolotto, il movimento delle comunità cristiane di base: una chiesa (taltra)), non un'c(a1tra chiesa)). Altra: cioédi base, povera, con- testatrice dei collegamenti fra Chiesa di vertice e potere democristiano. Pochi anni dopo (19731, le comunità alimente- ranno, sul piano politico, il movimento dei ((cristiani per il socialismo)), con un massicciotravasodivoti asinistra. L'lsolotto, intanto, diviene punto di rife- rimento nazionale e internazionale. Sol- tanto nelle domeniche della primavera del '69, ecco un elenco degli incontri: una delegazione di disoccupati della zona del Monte Amiata; alcuni rappre- sentanti della resistenza nera sud-afri- cana; gli operai della Vittadello che ave- vano occupata la fabbrica; studentigreci espagnoli, ecc.. Scriverà don Mazzi nel 1970: ((Vorrei che fosse capito che la nostra posizione nella Chiesa non dipende dallo scontro o dalla rottura con la gerarchia. Non è vero che la nostra esistenza sia legata a tutto ciò.. . Fin dall'inizio si è tentato di fare di questa sente una comunità, di creare l'unione, partendo dai più poveri. Se la gente che sta male non diventa il punto costante di riferimento, un vero chiodo fisso, rischia di essere 'dimenticata. ... Oggi non abbiamo più niente, eccetto una baracca e un ombrellone sotto cui mettiamo l'al- tare per la messa. Abbiamo però la no- stra unione. Non è poco. Del resto non siamo soli. Siamo collegati con tutte le esperienze di rinnovamento esistenti qua e là. Con loro e con tutti quelli che sono impegnati per la liberazione del- l'uomo, ci sentiamo in profonda comu- nione)).

Filippo Gentiloni

LEADER LE TESTE DEL MOVIMENTO ((Leader)) è la parola non pronunciata delle assemblee e dei movimenti. Non accettando strutture elettive formali, le assemblee vedranno nascere in quasi tutti gli atenei alcune figure carismati- che cui l'assemblea può dare o non dare fiducia, in cui si può sentire rap- presentata, ma che in nessun caso par- la in modo istituzionale. E il suo cari-

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sma che vale ed è concesso proprio in quanto non delegato e quindi revocabi- le. Bobbio e Viale a Palazzo Campana, Rostagno e Boato a Trento, Capanna a Milano, e via via altri e più tardi negli altri atenei - come nell’autunno Franco Russo tra gli studenti medi romani - saranno dei leader più o meno durevoli. Sospettata sovente è la figura del lea- der che viene già da un’esperienza poli- tica: ma per esempio a Roma le lea- dership sono più d’una, anche in cote- stazione fra loro, in quanto portatrici di diverse precedenti formazioni. Di fatto nell‘assemblee esse si rapporteranno quando non si formeranno: Paolo Flo- rys, Mordenti, Piperno, Scalzone, sia per il peso che hanno in diverse facoltà sia per quello che sanno esercitare nelle fasi di movimento.

Così il movimento del ‘68 non avrà mai un solo leader e mai in nessun momento un’istanza in qualche modo rappresentativa di tutti; ciascuno quan- do parla è circondato assieme da aspet- tstiva e da rischio.

E indicativo, e sarà una delle ragioni della nascita del femminismo negli anni succesivi, che nessun leader del 1968 è stato una donna, anche se la partecipa- zione femminile alle assemblee e ai mo- vimenti è altissima e combattiva. Più si forma un qualche carisma meno le donne parlano in assemblea; ci sarà anche qualche forma di adorazione del leader Tizio o Caio. Aggiunta al carat- tere energico della liberazione sessuale tutta al maschile che si esercita nelle facoltà occupate, come se fosse inesi- stente una sessualità o un desiderio femminile, rion che alla pratica di asse- gnare alle donne i lavori esecutivi -don- de la battuta ((angelo del ciclostile)), che irride al noto ((angelo del focolare)) - l’esperienza concreta dell’assemblea, dell‘autoritarismo e del ruolo inconfes- sato del leader sarà fondamentale nella presa di coscienza del nuovo femmini- smo, che quindi nasce dal 1968 ma come critica ai limiti della soggettività monosessuale del 1968.

R. R.

MUSICA iN VIAGGIO SULLE NOTE

Non fu tanto una musica ((diversa)) ad accompagnare gli anni ’60 e le piccole e grandi esplosioni che li caratterizzaro- no, quanto un diverso modo d‘usare la musica. E, seguendo le espressioni mu- sicali di quegli anni, è possibile intrave- dere quanto si muoveva socialmente, economicamente e nel costume, per grandi linee. E, sempre per grandi li- nee, risalite anche ai sommovimenti politici. Parliamo, è evidente, d’un uni- verso giovanile socialmente medio- alto. Parliamo cioé dei consumi cultu- rali nei paesi dell’occidente industrializ- zato. Ed è in questo universo che quelle (di- verse, e non poco, fra di loro) espres- sioni musicali vengono a costituire qua- si una metafora (o un riassunto) di altri e più ((visibili)) accadimenti. C‘è un primo filone musicale che, in quanto «sfonda», da conto d’un atteg- cjamento del tutto nuovo fra i giovani

adolescenti: è il filone della cosiddetta ((contro c u I t u ra )) a me r ica n a, q u e I I a che in letteratura è espressa da Kerouac - pacifista e vagamente anticapitalista - che trova i suoi cantori e musicisti in Bob Dylan e in una buona parte della musica che viene dalla West Coast. E sempre dall‘America arriva un secon- do filone che ha il suo centro più alto nel Greenwich, o comunque nella ((CUI- tura» che lì fermenta e da lì esce: adot- ta a suo modello la ((trasgressione)): il primo Lou Reed, i «morti celebri)), in testa Jim Morrison. Ma tutto il decennio è certamente se- gnato, oltre che accompagnato, dal nuovo pop inglese, quello dei Beatles e dei Rolling Stones. Gruppi (con i loro sottogruppi) che coprono - al ((cen- tre» e a ((sinistra)), si potrebbe dire - il bisogno d’una musica integralmente ((nuova)), cioé anti-adulta, una musi- ca ((generazionale)) come (e forse più fortemente di quello) era stato il rock- roll negli anni ’50. Un genere musicale dai precisi connotati, certo, ma soprat- tgtto un nuovo modo di fare musica, C’è poi, totalmente italiano, il fenome- no dei cantautori. La famosa ((scuola di Genova)) che tende a scalzare la canzo- netta classica sulla base della qualità dei testi. E questo proprio perché la senerazione che elegge i nuovi cantau- tori (Paoli, Tenco, Endrigo e gli altri) a suoi ((cantori)) ufficiali, è una genera- zione che rifà i conti con la parola e la pretende significante anche nelle can- zoni. L‘unica espressione musicale che si proponeva in assunto d’essere colonna sonora di quegli anni di grandi muta- menti, la canzone politica propriamen- te detta, sembra anche essere l‘unica che, in fondo, si modifica molto meno e, dunque, incontra molto meno suc- cesso (se si escludono alcune canzo- ni-slogan, leggi Contessa, che durano però il tempo di stretto uso). E questo a riprova che, in quegli anni di cambia- menti, anche la musica - pur copren- do un ruolo tutt‘altro che marginale - cambiava la sua funzione: e da colonna sonora quasi didascalica, diventava ric- ca musica di scena per uno spettacolo assai poco riducibile a schemi e parti fisse e, soprattutto, non più interpreta- to da protagonisti sempre uguali. E allora il termine di ((metafora)) degli anni ‘60 dato alla musica, non riduce affatto la portata e l’importanza storica di quel periodo: credo che invece l’ar- ricchisca, ne arricchisca, in una più ar- ticolata comprensione, la memoria, contribuendo a evitare che si guardi a quegli anni considerandoli un semplice e guidato processo di svecchiamento dei costumi o un’altrettanto semplice rivoluzione fallita.

Giaime Pintor

NEUTRO CQNTRO L’OGG ETTIVITA’

E la categoria per la prima volta messa radicalmente in causa dai movimenti, attraverso una fortissima estensione della critica marxiana all‘ideoiogia, e probabilmente, per trasmissione indi- retta o quanto meno in forma diversa

negli atenei più o meno marcati da una tradizione politica precedente.

Nulla è neutro, dice il ‘68, nel senso che nulla è storicamente indenne dal marchio di classe che porta. Non esiste l’umanità neutra di intesa, esistono i padroni e gli sfruttati, i governanti e i governati. Non è neutro il sapere, per- ché è stato prodotto dai dominanti per continuare a dominare. Non sono neu- tri neppure i valori effettivi consueti: sono anch’essi forme di manipolazione e di dominio. Non è neutro il linguaggio - già lo avevano detto e Io ripeteranno i critici dell’avanguardia -perché è intera- mente ereditato dalla forma di espres- sione della grande letteratura borghese e ne riflette ritmi e funzioni.

Nelle varie tecniche di mistificazione, quella del «neutro» è per il 1968 la più pericolosa, perché presuppone un mar- sine, una zona libera, un no mans land dove gli interessi non confliggono e servo e padrone hanno moduli comuni di intesa o di valore o di linguaggio. Invece questa pretesa comunità neu- trale è la forma attraverso la quale la sfera dominante apparentemente stac- ca da se stessa i concetti che esprime e li dichiara universali, validi per tutti. Il ‘68 diventc! inaccettabile per l‘ordine costituito non quando critica I’ineffi- cienza o anche alcuni aspetti autoritari dell’istituzione scolastica, ma appunto la natura ((universale)) e «neutra» del sapere, tutto delegittimandolo. Una spiegazione del grande silenzio della maggior parte degli insegnanti universi- tari sta in questo loro improvviso tro- varsi da cittadini politicamente conno- tati ma professionisti di una cultura o di una scienza in sé valide, importatori, anche quando come cittadini si sento- no all‘estrema sinistra, e somministra- tori di nozioni oppiacee rispetto alla creatività rivoltosa della storia e dei suoi soggetti immediati. Ci saranno an- che drammi, come il suicidio del pro- fessor Giovanni Getto.

Va ricordato che il 1968 attaca dura- mente il neutro ma come maschera del potere senza alcuna connotazione ses- suale. Il femminismo degli anni seguen- ti sposterà l’asse della sua contestazio-

Frank Zappa

ne contro il neutro dal dualismo padro- ne-sfruttato, potere-suddito, produzio- ne d’uso-produzione di merci, a quella como-donna. Non sarà un‘aggiunta come prima non si trattava di una di- menticanza, ma un cambiamento di ottica attraverso la quale la critica la neutro assume una valenza affatto di- versa. Il movimento del ‘68 nelle università

cercherà di abbattere la ((neutralità)) apparente della cultura soprattutto nei controcorsi, gestiti direttamente dagli studenti nelle facoltà occupate. Il tema della controcultura diventa un nodo scottante, giacché il rifiuto della tradi- zione codificata, anche quella come il marxismo dei movimenti sfruttati-op- pressi, obbliga a rifondazioni totali, non soltanto nel metodo dell‘insegnamento o della recezione, che tendono quindi a spostarsi sulla produzione immediata del soggetto singolo o dell‘assemblea. Con grande difficoltà di assestamento se non parziale. Questo sforzo è speci- fico di alcuni atenei (Palazzo Campana, Trento, Pisa) più di altri, nei quali la dialettica del movimento si fonda so- prattutto nello scontro con le autorità accademiche o no.

R. R.

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IL PERSONALE E‘ SEMPRE POLITICO

Slogan sessantottino a lungo rimasto nella cultura del post-sessantotto. Esso ha un ascendente del tutto diverso nel- le morali collettive del movimento ope- raio comunista e socialista degli esordi dove non circola la stessa locuzione, ma è diffuso il concetto , e significa che la determinazione dall’esterno (e preci- samente dal sistema di produzione) sul destino individuale è così forte che questo si realizza autonomamente sol- tanto nell‘identificarsi con I’ammissio-

ne di riportare la libertà per tutti in una società libera e uguale. Dunque nella politica. Il militante classico dell‘imma- ginario comunista non ha vita privata, o molto secondaria, rispetto all‘impe- gno pubblicc in quanto nel disegno collettivo stanno I’alfa e I’omega essen- ziali della sua persona. Ne La linea di condotta di Bertolt Brecht sta la forma tragicamente più perfetta di questa tesi, che nell’esistenza reale dei militan- ti - militanti perché in qualche modo soldati, guerrieri della guerra di classe - avevano naturalmente molto minori to- talità.

Lo slogan sessantottino la assume e ribalta. Sì, tutto è determinato dal si- stema, che non tanto sistema di pro- duzione, quanto sistema di gerarchie, dallo stato a!le istituzioni parziali come la famiglia e la scuola oppure totali come l’ospedale e il carcere. Ma dun- que, è altrettanto vero che ogni affer- mazione della persona che contesta la propria manipolazione o il proprio utiliz- zo ai fini della trasmissione e difesa dei rgoli consentiti, è anche essa politica in senso stretto, giacchè è denuncia e opposizione o addirittura antagonismo. L’io è politicità irriducibile, compressa e repressa. L’io filiale sa bene come in papà e mamma non parlino soltanto né soprattutto gli affetti, ma I‘introiezione dei ruoli che li ha già segnati e che pretendono di segnare nel figlio o nella figlia, nell’abito, nelle maniere, nella sessualità, nel linguaggio e più che mai nelle scelte del proprio avvenire. L‘io studentesco che rifiuta la scuola I‘acca- demico o l’esame è politico perché contesta in radice il criterio di misura del sapere tramandato, affermando che esso sta soltanto nella inviolabilità dei soggetti già oppressi. E politico l’occhio che vede la falsificazione cor- rente di valori, i quali dicono di aver l‘uomo al centro e hanno invece al cen- tro ilmeccanismo di ripetzione dei pote- ri.

L’affermazione dell’lo, dei suoi biso- gni, della sua verità sociale o personale è subito trasgressiva, quindi politica. La totalità del politico fonda la totalità del soggetto contestatore.

R. R.

ROSSI ROMA 27 APRILE 1966

Università di Roma, il 27 aprile del 1966. Gli studenti sono ancora quelli con la fac- cia di papà e gli occhiali. Eppure fanno politica: Unuri, Ugi e tante altre sigle di organizzazioni studentesch, che altro non sono se non spezzoni delle organizzazio- t i giovanili dei partiti, con cui però sono spesso in conflitto.

E‘ la primavera dei 1966. C’è una spe- cie di raduno fascista all’università, il cuo- re nero della Sapienza è sempre la fa- coltà di Legge. E’ presente lo squadrista Caradonna. C‘è un primo scontro nei viali davanti a Legge; ancora non compaio- no bastoni, volano calci, schiaffi. I fasci- sti risultano abilissimi a dare capocciate. C’è un ripiegamento dei giovani di sini- stra; i ((resistenziali)), come amano defi- nirsi perché hanno in comune il richia- mo alla Resistenza, si raggruppano a Let-

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tere. Arriva un commissario di polizia, per parlare con gli studenti. I giovani di Let- tere stanno seduti tutti intorno, e in pie- di assiepati; è la prima volta che gli stu- denti universitari di Roma si ritrovano in tanti, cercano tutti di vedere il commis- sario, di parlarci, per dirgli che i fascisti li stanno aggredendo. Un giovane, se- duto con gli altri, che ha preso più bot- te degli altri, sviene e cade dal muretto su cui è appollaiato. Si sente un rumore e un grido sordo. Poi sangue, sul punto dove Paolo Rossi, questo il nome del pri- mo morto ((diverso)) della sinistra, è ca- duto battendo il capo. ((Diverso)), per- ché fino ad allora si era trattato sempre, per i morti ammaaati nelle manifesta- zioni e dalla polizia, di operai, braccianti, contadini.

La rabbia è alle stelle. Si tenta un’oc- cupazione dell’università che fallisce an- che per l’intervento dei professori ((pro- gressisti)) e dei partiti di sinistra. La mo- zione di minoranza degli studenti auspi- cava fra l’altro «una università fondata sul principio dell‘autodeterminazione)). Ai funerali di Paolo Rossi terrà l’orazione fu- nebre il professore antifascista Walter Bin- t i , ma molti studenti, per protesta, non parteciperanno. Per la prima volta, molti studenti medi, manifesteranno per soli- darietà.

In questa vicenda è da scorgere un momento reale di radicalizzazione di tra- sformazioni profonde awenute nel ((cor- po)) dei giovani studenti universitari ro- mani. I segnali della politica erano arri- vati dalla cultura composita dei comuni- sti romani. Così gli universitari ((resisten- ziali)) hanno alle splle alcuni momenti significativi di presa di coscienza. Tutti, o quasi tutti, hanno vissuto, nei paraggi del dibattito politico delle sezioni comu- niste, la nascita a Roma dello Psiup. Ro- ma poi, con tanto di Parlamento, papa e istituzioni centrali del potere, è ancora una città del terzo mondo. Centinaia di migliaia di persone vivono nelle barac- copoli della periferia estrema, nei borghet- ti. Nel 1964 a Prima Porta il Tevere stra- ripa e sommerge una povera borgata, causando la morte di 14 persone. Qui, prima che neil’alluvione di Firenze o nel terremoto di Gibellina, intervengono nei soccorsi centinaia di giovani studenti uni- versitari, E nel 1964 c’è quasi una rivolta degli operai edili romani, con violenti scontri con la polizia. Nelle sezioni di si- nistra si respira un clima non domato, che è quello delle grandi battaglie in Con- siglio comunale contro la rendita urbana e i potentati economici della città; attiva è la generazione delle ((magliette a stri- scie)) della rivolta del luglio 1960 contro il governo Tambroni. Dalla lettura dei ro- manzi post-resistenziali, di Vittorini e Pa- vese, i giovani studenti arrivano ben pre sto a Pasolini. E basta a loro aprire le finestre di casa o raggiungere la più vici- r.a baraccopoli, per scoprire che non si tratta soltanto di letteratura, e che co- munque i testi di Una vita violenta e Ra- gazzi di vita, chiamano in causa anche loro. Comincia così un rapporto che alla fine del ‘68 diventerà forma organizzati- va con il Cab, il comitato agitazione bor- gate, diverso dalla più ideologica andata del movimento studentesco davanti ai cantieri edili.

Dal 1964 al 1966 e tutto uno svilup- parsi di movimenti sotterranei: nascono a decine i primi fogli liberi di quartiere, ciclostilati nelle sezioni del Pci; così co- me le prime scuole serali tenute da gio- vani universitari ad altrettanto giovani la- voratori, loro coetanei. In quegli stessi

anni i nuovi studenti universitari comin- ciano a partecipare alle primissime ma- nifestazioni per un lontano paese, aggre- dito dall’imperialismo Usa, il Vietnam, scoprendo nei primi cortei la partecipa- zione della gente più disparata (donne, sacerdoti, ecc.) e quanto largo fosse so- cialmente il contenuto della passione po- litica.

Tommaso Di Francesco

SDS RUDI IL ROSSO

«Non siamo più i soliti trenta sognatori. Al- l’università di Berlino c‘è un potenziale an- tiautoritarismo di cinquemila studenti)), di- chiarava Rudi Dutschke nel luglio 1967. Una schiera modesta, eppure oceanica rispetto alla conventicola che le aveva aperto la stra- da, il Sozialistischer deutscher Studenten- bund, la lega degli studenti socialisti tedes- chi. Lo Sds era nato come organizzazione uni- versitaria del partito socialdemocratico. Dopo il congresso di Bad Godesberg i rap- porti con gli studenti precipitarono, e nel novembre 1961 si decretò l’incompatibilità fra appartenenzaal partitoeallo Sds. Negli anni ‘60 gli ((studenti socialisti)) parte- ciparono alle campagne contro la bomba atomica e contro le ((norme d‘emergenza)), progettate dai democristiani per fronteggia- re eventuali minacce alle istituzioni. Nel 1966, con l’infittirsi dei bombardamenti americani sul Vietnam, si passa all’«azio- ne». Il 5febbraio cinque uova vanno a spiac- cicarsi sulla Casa dell’America: è uno scan- dalo per la«libera)) Berlino. Il primo dicembre dello stesso anno nasce la grande coalizione Cdu-Spd. AI Bunde- stag non c‘è più opposizione, e a Dutschke appare necessaria un’«opposizione extra- parlamentare)). Il vicepresidente americano Humphrey arri- va a Berlino nell‘aprile 1967. I burloni della Comune n. 1 preparano ((bombe al budi- COD. La polizia arresta 11 comunardi, pro- sciolti quando s’appura che proprio di budi- nisi trattava. La faccenda si fa drammaticamenteseria i12 giugno del ’67, durante la visita dello scià di Persia. Lo studente Benno Ohnesorg viene uccisoda un poliziottocon un colpo di pisto- la alla nuca. La morte di Ohnesorg segna il vero inizio dell’Ausserparlamentarische Opposition (Apo). La protesta divampa nel- lealtrecittà. Siformanogruppidic(controin- formazione)). Prende piede l’«università cri- tica)): nei seminari autogestiti si sperimenta «un ritorno al senso originario della scienza, come processo di autoliberazione)) (((Dutschke). Nel febbraio ’68, al termine d’un congresso internazionale sul Vietnam, in dodicimila manifestano con le bandiere rosse, che da anni non si vedevano a Berlino ovest. La gente grida agli studenti: ((Andatevene dal- l’altra partedel muro)). Da allora la R f t è cambiata. Pur tra riflussi e rotture, fino all’approdo verde, è rimasta presente una controcultura non più integra- ta nella mitologia politica anticomunista del- lo stato tedesco - occidentale. Dutschke, scrive la Bild, va fermato. L‘11 aprile 1968 un ragazzo neonazista, Josef Erwin Bachmann, gli spara tre colpi di pistola, due alla testa, uno alla spalla. Nonostante le lesioni gravissime,

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Dutschkesopravviveeimparadinuovoa parlare. Le pallottole si vendicano: il 24 dicembre 1979 Dutschke morirà in segui- toaunattaccoepilettico. All‘attentato il movimento reagisce im- potente e rabbioso. S’infiltrano ancahe provocatori: a Berlino un agente dei ser- vizi di sicurezza, Peter Urbach, distribui- sce bottiglie molotov. Il rogo dei furgoni della Bild fornisce finalmente il pretesto per varare le norme eccezionali per lo ((stato d’emergenza)). La Spd si piega. Nonostante imponenti marce di prote- sta, gli emendamenti costituzionali anti- sommossa passano il 30 giugno. E la fine del movimento. Nello Sds prevalgono i deninisti)). Le donne si ribellano e prendono a pomodo- ri in faccia i leader maschi ((portatori di strutture di dominio ossificate)). Il 21 marzo 1971 lo Sds si scioglie anche for- malmente, perché ((la lotta politica s’ap- poggia oggi sull‘asse centrale della lotta di classe e dell’organizzazione del prole- tariato)). Una lega ((studentesca)) non sembra avere più alcun ruolo da svolge- re.

Guido Ambrosino

SESSUALITA‘ IL SESSO LIBERATO

Nell’autunno del 1965, nella facoltà di Antony (nella periferia sud di Parigi), apparve un movimento studentesco per «la desegregazione sessuale nelle resi- denze)). Gli studenti ((impedirono mate-

’ rialmente che fosse costruito un posto di guardia davanti ai padiglioni femminili, tanto da indurre il rettore a chiamare la polizia e a far sgombare il terreno dai lavori. La crisi si protrasse per oltre tre mesi dopo la costruzione del posto di guardia finché un nuovo direttore delle residenze emanò nel gennaio ’66 un re- golamento più liberale che permetteva ai gioani e alle giovani di più di 21 anni di

B‘ c= > .‘ -

Rudi Dutschke

ricevere liberamente nelle proprie stan- ze, mentre i minori dovevano avere un permesso scritto dei propri genitori per usufruire dello stesso diritto)) (Massimo Teodori, Storia delle nuove sinistre in Europa f 1956-19761, il Mulino, Bologna, 1976, pag. 175).

Questo movimento per la disegrega- zione sessuale si diffuse in tutta la Fran- cia. Il problema sessuale divenne uno degli elementi della ((miseria dell‘am- biente studentesco)) per usare I‘espres- sione dell’lnternazionale Situazionista. Nel ‘67 al ministro della cultura francese che inaugurava la piscina dell’università di Nanterre, Daniel Cohn-Bendit chiese pubblicamente: ((Signor ministro, lei ha presentato un rapporto di 600 pagine sulla gioventù francese, ma non c’è una parola sui problemi sessuali. Perché?)) (il ministro consigliò Cohn-Bendit di tuffar- si nella piscina per rinfrescarsi le idee, e il futuro leader del maggio francese gli rispose paragonando i suoi argomenti a quelli hitleriani).

La novità quindi del movimento stu- dentesco occidentale non fu quella di proporre e praticare una liberazione ses- suale. La liberazione sessuale è stata in Occidente un processo di lunga durata che ha percorso almeno tutto il nostro secolo, collegato ad altre tendenze pri- marie, l’industrializzazione, il lavoro femminile, la struttura urbana, il venire meno della famiglia allargata. Tutti feno- meni che subirono un’accelerazione nel secondo dopoguerra. A queste grandi tendenze di fondo sisovrappose un nuo- vo costume che precede di gran lunga il ‘68: un atteggiamento più libero verso la sessualità è teorizzato e praticato dall’e- sistenzialismo francese cui si ricongiun- gerà I‘antipsichiatria britannica (il libro di Laing e Cooper dedicato a Sartre, Ragio- nee violenza), pernon parlaredelladiffu- sione di massa di nuovi modelli: non a caso Elvis Presley fu chiamato Elvis the Pelvisper il su omododicantare.

La liberazione sessuale fu quindi un processo più grande e più lungo del mo- vimento del ’68. Quel che catratterizzò il ’68 fu di considerare la liberazione ses- sua le un gesto politico.,

La base teorica era duplice. Da un lato

l‘analisi antirepressiva di Wilhelm Reich (La rivolzione sessuale, 1930; traduzio- ne italiana del 1966). Dall’altro lato il filone antiautoritario della scuola di Francoforte culminato nell’Eros e civil- tà di Herbert Marcuse.

Per il ’68 la sessualità è un versante, decisivo, della nuova libertà politica da conquistare e costruire. Altrimenti sa- rebbe incomprensibile, e forse ridicolo, il termine ((lotta per la liberazione ses- suale)).

Naturalmente i mass-media dell‘epo- ca videro solo l’aspetto di colore, sco- prirono all‘improvviso, negli studenti che occupavano le facoltà, questo pro- cesso che invece era di lungo periodo. In un certo senso il ‘68 fu quindi libera- zione sessuale soprattutto per i giorna- listi perbene, per i professori universita- ri quarantenni, per tutti coloro che di colpo scoprivano che fare all‘amore era possibile, molto più di quanto lo fosse per gli studenti che in questa liberazio- ne sessuale mettevano una carica poli- tica, di costruzione, di lotta. Un nuovo modo d‘intendere d’uomo nuovo)).

Quanto sia sopravvissuto di questa dimensione politica della sessualità, dopo che la liberazione da un lato è stata fagocitata dal consumismo ses- suale e dall‘altro è stata contrastata dal riapparire del ((peccato)) e delle ((puni- zioni divine)) (I’Aids), è difficile da dirsi. Forse aveva ragione Miche1 Foucault quando, nella Volontà di sapere (primo volume della Storia della sessualità, no- tava: ((Forse un giorno si stupiranno. Capiranno male come mai una civiltà con una tale vocazione a sviluppare immensi apparati di produzione e di- struzione, abbia trovato il tempo e I‘in- finita pazienza d‘interrogarsi con tanta ansietà su cosa ne è del sesso; sorride- ranno forse ricordando che quegli uo- mini che noi siamo stati credevano che c’è da quella parte una verità almeno altrettanto preziosa di quella che ave- vano già chiesta alla terra, alle stelle e alle forme pure del pensiero; saranno sorpresi dall’accanimento che noi abbiamo messo a fingere di strappare dalla sua notte una sessualità che tutto - i nostri discorsi, le nostre abitudini, le nostre istituzioni - produceva in piena luce e rilanciava con fracasso. E ci si chiederà perché abbiamo tanto voluto abolire la legge del silenzio su quella che era la più rumorosa tra le nostre preoccupazioni)).

M. d’E.

SIT DAI NERI AGLI STUDENTI

Sit-in (occupare uno spazio, da sedu- ti) in Italia fu usato al posto di manife- stazione o protesta. L’origine dell‘e- spressione è più specifica. Prima che dagli studenti di Berkeley, il sit-infu csato dai neri Usa per protestare con- tro le leggi che in alcur;i stati vietavano loro di sedersi in certi ristoranti, cine- ma, bar o autobus riservati ai bianchi. Iniziò, sembra, Rosa Parks su un auto- bus e sotto la guida del leader nonvio- lento Martin Luther King il movimento si estese: stand-in (stare in piedi) in cinema, piscine, luoghi di pattinaggio

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GENNAIO 1 9 6 8 PAGINA 4 1 DIZIONARIO DELLA MEMORIA

vietati ai neri; wade-in (guadare), cioé raggiungere a nuoto le spiagge seyre- gate; kneel-in (inginocchiarsi) per pregare nelle chiese da cui gli afroame- ricani erano esclusi. Ma si?-in significò più in generale aspettare l'arrivo della polizia seduti per terra, cantando, non opponendosi al- l'arresto però senza muoversi, facen- dosi portar via di peso (con le tecniche tipiche della nonviolenza derivate da Gandhi). Nel 1964, nella sola Berkeley, la polizia arrestò 800 sit-inners. Nelle università si faceva il teach-in: alcuni professori e studenti del Michi- gan chiesero di tenere assemblee sul Vietnam; i rettori le vietarono e allora le discussioni si tennero di notte, fino a che l'amministrazione universitaria non cedette. Anche questa pratica conob- be una notevole generalizzazione. Un'altra tecnica che gli studenti Usa ripresero dall'insegnamento gandhiano fu I'haunting (pedinamento ossessivo) che consisteva nel seguire vistosamen- te i funzionari ((compromessi)) con il Vietnam (o con qualche losco affare); lo scopo era pedinarne dieci per ((edu- carne)) mille, ricordando loro che tene- vano un comportamento immorale. Quando i dimostranti venivano arresta- ti, si consigliava loro d'usare la tecnica del jail-in, restare in prigione senza pagare la cauzione per pagare la libertà provvisoria, in modo da drammatizzare l'arresto (e in taluni casi sovraffollare il carcere oltre ogni sopportabilità). Altra ((scoperta)) del movimento stu- dentesco in Usa fu il ((picchetto)) (da- vanti agli uffici di reclutamento, ad esempio) che la tradizione americana non conosceva (o meglio aveva dimen- ticato, con quella tipica perdita di me- moria così caratteristica - a detta degli stessi statunitensi - della loro storia sociale/politica). Così, nel narrare l'in- venzione del ((picchetto)), del frapporre il proprio corpo a chiunque volesse rag- giungere un certo luogo (di lavoro, di addestramento militare, ecc.), in Usa si risale agli operai delle maglierie di Rea- ding (in Pennsylvania) nel 1957; questa tecnica ebbe, in Usa, nel 1964, anche una vittima illustre: un pastore prote- stante, Brucee Klunder, si sdraiò - durante una protesta -davanti a un apripista e rimase ucciso (pochi mesi fa, un veterano del Vietnam durante una protesta contro la guerra ha avuto la gamba amputata da un treno). Ovviamente queste tecniche erano sta- te inventate e tuttora usate dai lavora- tori europei; basta pensare alla più nota canzone delle mondine italiane «coi no- stri corpi sulle rotaie...)); per gli ameri- cani però fu a un tempo una scoperta, un fatto strabiliante e improvviso (an- che per la sua generalizzazione) e un ((successo)) nei confronti dell'opinione pubblica che vide in televisione i poli- ziotti scatenarsi contro studenti che non reagivano.

Daniele Barbieri

TEATRO LA SCENA IN RIVOLTA

Quando, nel giugno del '67, la ((generosità)) dell'0livetti ospita in un centro culturale del- l'azienda a Ivrea quelli che si riconoscono in un violento manifesto«per il nuovo teatro)), non è ancora chiaro st' SI arriverà agli stati generali del settore o, I ionostante qualche Romegià prestigioso, non rischi diessere un coro di lamenti, per quanto colorati, di una generazione che le cronache dei giornali hanno fino a quel momento registrato so- prattutto per le intemperanze (non tanto quelle spettacolari quanto magari quelle fi- siologiche) di Carmelo Bene. All'estero, in Europa come in America, una frattura profonda si è già prodotta: il Lwing Theatre di Julian Beck e Judith Malina ha squarciato la creativitàliberal ma ottimisti- ca del Village, buttando non solo l'ombra di orrori passati sull'entusiasmo vietna- mita del governo, ma il peso eversivo del corpo nella comunicazione sempre più atrofizzata nella parola e nel concetto. Su un versante parallelo Jerzy Grotows- ki si isola dal consenso forzato dell'est tirando lui una cortina impenetrabile

attorno al proprio laboratorio nella pro- vincia polacca. Solo nella London già tanto swinging il teatro della crudeltà di Peter Brook e Charles Marowitz vale loro, se non un unanime elogio, almeno l'accesso a qualche spiraglio istituziona- le. In Italia la situazione è, come si dice, più ((arretrata)): i teatri stabili che sono stati la punta della tradizionale cultura di sini- stra non sembrano nemmeno in grado di accorgersi della propria crisi (Strehler abbandonerà solo a '68 infiammato il Piccolo per portare in giro col suo Teatro Azione la Cantata del fantoccio lusitano di Peter Weiss, la cui Istruttoria, più an- cora che il Marat/Sade, ha rappresenta- to il massimo del teatro ((politico)) dato in Italia alle masse, solo un paio d'anni pri- ma). Il Living ha portato neglianni imme- diatamente precedenti degli spettacoli che sono risultati sconvolgenti, ma solo per i pochissimi che li hanno visti: Anti- gone o Misteries small pièces sono dati per associazioni elitarie in teatri piccoli come il romano Parioli; per Judith e Ju- lian non è ancora tempo di invadere stra- de, palasport o facoltà occupate dove la esplosiva politicità del loro lavoro trovi unosboccoadeguato. A Ivrea quelli chesognano il muovo tea- tro)) senza per altro avere tutti la stessa chiarezza di disegno, vanno in ordine sparso, convocati da un documento che

Paolo Poli e Maria Mon t i

qualche mese prima è stato pubblicato dalla rivista Sipario. Chiarezza e proget- tualità del documento stanno soprattut- to nei lati più esplicitamente politici. Non che manchi chiarezza nelle denunce e nelle richieste intrinseche al sistema e alla cultura teatrale in Italia, certo rispet- to ai diversi settori dello spettacolo, quel- lo teatrale sembra il primo, per costitu- zionali esigenze di sopravvivenza e digni-' t j , a denunciare I'insostenibilità di una situazione. ((La lotta per il teatro è qual- cosa di molto più importante di una que- stione estetica)). Così si apre il manife- sto, che passa a denunciare i mali costi- tutivi e quelli acquisiti della scena italia- na, il peso dei partiti e l'isolamento in campo internazionale. Si rifiutano lea- dership e autocandidature, si offrono solo contributi ed esperienze. Si rifiuta I'emarginazione e insieme I'integrazio- ne, per arrivare alla mozione conclusi- va:«ll teatro deve poter arrivare alla con- testazione assoluta eglobale)). Fra ifirmatari, che sono poi i protagonisti del convegno, Giuseppe Bartolucci, Ettore Capriolo e Franco Quadri; Cathy Berberian e Sylvano Bussotti, Carmelo Bene, Leo De Berardinis, CarloQuartuc- ci e Giuliano Scabia; Liliana Cavani, Mar- co Bellocchio, Aldo Trionfo e Luca Ron- coni.

Gianfranco Capitta

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ZANZARA IL TABU' DEL SESSO

Il 22 febbraio 1966, /I Corriere Lombardo annuncia a sei colonne ai lettori milanesi uno scoop: ((Suscita scandalo al Parini un'inchiesta pubblicata sul giornale de- glistudenti)). In realtà, La zanzara - così si chiama il c;iornaletto dell'istituto - non è ancora uscito, ma i (cpariniani cattolici)) (legati a Gioventù studentesca, il gruppo che più tardi filierà Comunione e Liberazione), alcuni professori e perfino un deputato del Pli già si sollevano. Nel Corriere lom- bardo si legge di ((pazzesche affermazio- ni di alcune studentesse)) a proposito di comportamenti sessuali prematrimonia- li, diantifecondativi, ecc.

Il direttore di La zanzara (Marco de Poli) e i due ((studenti modello)) autori dell'inchiesta (Marco Sassano e Claudia Beltrame Ceppi) vengono denunciati e processati perdirettissima.

Il 30 marzo 1966 il processo si conclu- de (fra scioperi nelle scuole milanesi e di qualche altra città) con l'assoluzione perchè i fatti contestati non costituisco- no reato.

L'inchiesta su La zanzara già allora non scandalizzò affatto i più che la lesse- ro (le copie del giomaletto si vendettero comunqueal mercato nero), ma I'intolle- rante e chiassosa minoranza bigotta tro- vò un suo valido rappresentante nel pub- blico ministero Oscar Lanzichefu effica- cemente ritratto su L'Espresso nell'arti- coi0 di Camilla Cederna di cui riportiamo alcunistralci: ((( . . .I Da una parte il presi- dente Bianchi D'Espinosa, sensibile allo spirito della Costituzione (. . .) dall'altra il pm Oscar Lanzi, definitosi da sè il rappre- sentante di un'era superata, appassio- nato parlatore e grande attore involonta- rio (...I da pubblico accusatore egli do- veva involontariamente trasformarsi nel miglior difensore degli imputati. ( . . . I Chiese che Claudia Beltramo, com'era successo ai suoi due compagni, venisse sottoposta alla visita medica (. . . I disse che 'in questo bosco, o meglio in questa giungla non si sentiva solo' perchè re- centemente il ministero della Pubblica istruzione aveva dichiarato immorale Il diario diAnna Frank (notizia poi smenti- ta-Ndr) e per il fatto che, a sua consola- zione, esistevano lontani precedenti: non era stata infatti la parte buona e morale della cittadinanza che nella cor- rotta Roma aveva mandato in esilio Ovi- dio per aver scritto un libro immorale?)). Camilla Cederna e gli altri giornalisti pro- gressisti sottolinearono in particolare questa frase del pm: ((La morale italiana crede all'illibatezza della donna che si sposa. E qui non pensate ai nordici e alla gente del Congo, che son spregiudicati esibizionisti. Da noi, se un uomo sposa cna donna che ha avuto esperienze pre- matrimoniali, ha il pudore di tenerlo na- scosto)). Quest'altra frase era forse an- cora più tipica. Annunciava Io spirito dei parrucconi anti 68: ((un'epoca di antife- condativi, di capelloni, di obiettori di co- scienza, di gente allergica agli inni della patria)). All'assoluzione, Lanzi commen- tò «Che vergogna! E proprio in tempo di quaresima)).

D. B.

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GENNAIO 1 9 6 PAGINA 42 IL SESSANTOTTO BIBLIOGRAFICO

Di libro in libro un percorso intorno a un nuovo soggetto: lo studente

Per cominciare, un richiamo al miglior libro uscito in occasione del decennale: Guido Viale, I l ses- suntotto. Tra rivoluzione e restau- ruzione, Mazzotta, Milano 1978. A leggerlo si capisce che le discon- tinuità sono intervenute solo dopo, effetto di anni recenti. Decennale sulfureo, ventennale idillico? Chis- sa, comunque il libro di Viale e uti- le pietra di paragone. In esso e contenuta una cronaca dettaglita della nascita del movimento stu- dentesco in tutte le principali città.

Nel corso degli anni ’60, si e avu- to un serrato dibattito sul ruolo della scuola nello sviluppo econo- mico. Si fa strada un punto di vi- sta specificamente capitalistico (non solo borghese, dunque) sul- l’istruzione. I testi più rilevanti: Svimez, Mutamenti della struttu- ra professionale e ruolo della scuo- la, 1962; Censis, Le strutture for- mative al 1975, Collana del Cen- tro europeo dell’Educazione, Pa- lombi, Roma 1966; Università e in- dustria: i giovani laureati nell’industria italiana, in ((Ricer- ca Shell)), n. 4, Genova 1964; sem- pre per la Shell, la ricerca condot- ta da F. Forte, La domanda di lau- reati al 1980, 1966; G.Martinoli, L’università come impresa, La Nuova Italia, Firenze 1967.

Una buona sintesi del dibattito Liternazionale dopo il ‘68 e conte- nuta in P. H. Coombs, Crisi mon- d k l e dell’educazione, problemi presenti e futuri, con un commen- to di G. Martinoli Censis novem- bre 1981.

Quanto ai lavori parlamentari, vanno menzionati: Relazione del- la Commissione di Indagine sullo Etato e Sviluppo della Pubblica Istruzione in Italia (1963) ; il Pro- gramma per lo sviluppo economi-

co per il quinquennio 1965-69, an- nesso al disegno di legge 2457; le relazioni di maggioranza Ermini, di minoranza Rossanda, di mino- ranza Valitutti sui relativi progetti di legge per la riforma dell’Uni- versità, Archivio della Camera dei Deputati, 1967.

Ancora nel pre-’68, e ancora su questioni strutturali, ecco alcuni significativi contributi della sini- stra francese: S. Mallet, La nuo- va classe operah, Einaudi, Tori- no 1967; il n. 39 di ((Partisans)), ottobre-dicembre 1967, titolato Pedagogie: education ou mise en condition?, a cura di E. Copper- man; ((Prospettive)), n. 14, Edu- cation et societe, Puf, Parigi 1967, con gli interventi di J. C. Passe- rin, L. Schwartz, A. Touraine.

Sulla preistoria del movimento studentesco, si veda: F. Catalano, I movimenti studenteschi e la scuola in Italia (1938-1968), I1 Saggiatore, Milano 1967. I libri che fanno vigilia sono noti: H. Marcu- se, L’uomo a una dimensione. L’i- deologia della società italiana avanzata, Einaudi, Torino 1967; Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, Editrice Fiorentina, Firenze 1967; l’opuscolo Della mi- seriu nell’ambiente studentesco, di matrice situazionista, elaborato al- l’università di Strasburgo, Libre- ria Feltrinelli, Milano 1967 (l’altro testo importante del situazionismo è: G. Debord, La società dello spettacolo, Dedalo, Bari 1968).

Ed ecco i testi del movimento, i suoi documenti, i momenti salien- ti d’una elaborazione teorica. Nel 1967, in gennaio, a Pisa, vengono presentate le Tesi della Sapienza, nate come documento congressua- le della sinistra Ugi. Saranno stampate in ((11 Mulino)), n. 45,

Paolo Virno

maggio-giugno 1967; e poi, in una seconda stesura, in ((Nuovo Impe- g n o ~ , n. 8, luglio 1967. Nell’aprile Ce1 ’67, in ((Quaderni Piacentini)), n. 30, esce il saggio di L. Bobbio, Le lotte nell’università. L’esempio d i Torino. Nel dicembre ’67, a cu- ra dei trentini (Curcio, Rostagno, ecc.) escono le Tesi sull’universi- tà negativa, in ((Lavoro politico)), n.* 2.

E siamo al ’68. Due libri che rac- colgono alcuni fra i più significa- tivi documenti delle diverse sedi del movimeto: Documenti della ri- volta universitariu, Laterza, Bari 1968; Università: 1 ’ipotesi rivolu- zionaria, Marsilio, Padova 1968. I saggi teorico-politici usciti in ri- vista: G. Viale, Contro l’universi- tà, in ((Quaderni Piacentini)), n. 33; M. Rostagno, Anatomia d i una ri- volta, L. Bobbio e G. Viale, La strategia del movimento, V. Rei- ser, Università e società, tutti e tre in ((Problemi del socialismo)) n. 35; O . Scalzone, Nel costo dei libri il prezzo del napalm e Condizione studentesca e logica rivoluziona- ria, rispettivamente in ((Quindici)) c. 8 e n. 10; Scienziato e violenza, documenti di docenti e ricercato- ri di Padova, in ((Quindici)) n. 10; Università come produzione d i merce, studi del movimento stu- dentesco di Trento, in ((Che fare?)) n. 3. Da ricordare ancora i seguen- ti opuscoli: M. Capanna, Movi- mento studentesco, crescita poli- tica e azione rivoluzionaria, Sape- re, Milano 1968; Contro la scuola d i classe, elaborato da ((11 Potere Operaio)) (pisano) , Libreria Feltri- nelli, Milano 1968; O . Scalzone, Studenti, partiti, elezioni politiche, Libreria Feltrinelli, Milano 1968, con l’invito al movimento a vota- re ((scheda rossa)).

Un posto a parte meritano le cronache locali, che registrano le specificità del movimento sede per sede. I l movimento studentesco a Roma: esperienm ed obiettivi, in ((Quaderni Piacentini)), n. 34; i do- cumenti degli studenti romani rac- colti ne I l libro bianco sul movi- mento studentesco, a cura di M. Barone; Università wxzttolka))?, a cura del movimento studentesco dell’Università Cattolica di Mila- no, Sapere, Milano 1968; Contro l’autoritarismo - Potere agli stu- denti, sul movimento a Torino, in- serto speciale di ((Quindici)), n. 7; M. Boato, L’esperienza d i Trento, in ((Iniziative di cultura, n. 3; Cro- rata d i otto mesi d i lotte studen- tesche a Napoli (dic. 1967-luglio 1968), a cura del seminario politi- co della facoltà di Architettura, in ((Quaderni Piacentini)), n. 36; V. Maschietto, Facoltà d ’architettu- ra d i Firenze: 85 giorni d i occu- pazione, in ((Quindici)), n. 10; P. Mita, Occupazione a Lecce, in ((Quindici)) n. 8; Miseria dell’uni- versità accademica, a cura del movimento studentesco di Bolo- gna, Edizioni Centro F r a F q o n , 1968; Università Cattolica, storia d i tre occupazioni, repressioni e serrate; in ((Relazioni sociali, n. 3-4; I lavoratori studenti, testi- monianze raccolte a Torino, intro- Cuzione di V. Foa, Einaudi, Tori- no 1969.

Uno sguardo d’insieme sul mo- vimento italiano e una prima in- terpretazione complessiva si tro- vano in: R. Rossanda, L’anno de- gli studenti, De Donato, Bari 1968; C. Oliva e A. Rendi, I l movimento studentesco e le sue lotte, Feltri- celli, Milano 1969; R. Zangrandi, Perché la rivolta degli studenti, Li-

breria Feltrinelli, Milano 1968; A. Viviani, Gli studenti: ieri, oggi, do- mani, Libreria Feltrinelli, Milano 1968; F. Spisani, Logica della con- testazione, Cappelli, Bologna 1968; P. Bellasi, Rivolta studentesca e campus universitari, prefazione di A. Ardigò, Franco Angeli, Milano 1968; G. Galli, La rivolta degli stu- denti, in ((11 Mulino)) n. 188; A. Asor Rosa, Note sulle tematiche antiistituxionali del movimento studentesco, in ((Contropiano)), n. 3; F. Fortini, Il dissenso e l’auto- rità, in ((Quaderni Piacentini, n. 34.

Le lotte degli studenti medi so- no documentate in: Contro la scuo- la d i classe. Le linee d i lotta degli studenti medi neUu elaborazione d i Torino, Milano, Trento, Genova, Modena, Bologna, Pisa, Siena, Marsilio, Padova 1968; Lotta stu- dentesca al liceo Einstein d i Mi- lano, Libreria Feltrinelli, Milano 1968; Occupazione del Parini, Mi- lano 5-8 marzo, Libreria Feltri- nelli, Milano 1968.

Sul movimento studentesco de- gli altri paesi, limitiamo la biblio- grafia a pochi titoli di carattere generale, rimandando l’approfon- dimento ai prossimi inserti. Per Stati uniti, Berlino, Francia, Ame- rica latina e India, si veda il volu- me di S. M. Lipset, Studenti e po- litica, De Donato, Bari 1968. Inol- tre: Gli studenti e la nuova sini- stra in America, scelta dei docu- menti più importanti del movimento Usa, introduzione di N. Chomski, De Donato, Bari 1968; N. Chomski, I nuovi mandarini, Ei- naudi, Torino 1968; per la Germa- cia, un’antologia di testi teorici, Per la critica dell’università, a cu- ra di C. Donolo, Einaudi, Torino 1968.

I LIBRI DI FINE 1967

Negli ultimi mesi del ‘67 gli assi portanti della saggistica nelle librerie italiane rispecchiano la situazione della cronaca internazionale. Molti libri sul Vietnam e sull’America latina, verso la quale I’iterese del pubblico si è ulteriormente accresciuto dopo la morte di Che Guevara in ottobre.

Sul Vietnam sono incircolazione: H. Sali- sbury, Rapporto da Hanoi, Mondadori, scritto dal i-edattore capo dell‘ctHerald Tribune)): Hanoi sotto le bombe, del giornalista comunista australiano W. Burchett, Editori Riuniti; B. Russell, Cri- mini nel Vietnam, Longanesi; G. Parise,

Due o tre cose sul Vietnam, raccolta di reportages usciti sull‘Espresso. Alla li- sta, ancora molto lunga, si aggiunge nel gennaio ’68 S. Ciuffi, Vietnam, Cul- tura.

A proposito di America latina sono in libreria, appena pubblicati o rieditati, molti testi di Guevara e dell‘intellettuale francese prigioniero in Bolivia Règis Debray.

Di Guevara: Sulla sierra con Fidel, Editori Riuniti; La guerra di guerriglia, in varie edizioni, le principali quella di Feltrinelli e con il titolo La guerra per bande, di Mondadori; l~opuscolo Crea- re 2, 3, molti Vietnam, anche questo in varie edizioni.

Di Debray: Rivoluzione nella rivolu- zione e America latina: alcuni problemi di strategia rivoluzionaria, entrambi di Feltrinelli. Dello stesso autore esce a fine gennaio Processo a chi?, Jaca

Per i classici del marxismo gli Editori Riuniti terminano in gennaio, con la pubblicazione del XXXI volume le Ope- re complete di Lenin. Feltrinelli pubbli- ca Scritti filosofici politici e militari di Mao Tse-Tung. Escono sempe a gen- naio due epistolari: B. Croce, Epistola- rio 1914-1935, Istituto italiano per gli studi storici e G. Salvemini, Lettere dall’America, gen. ‘44 - Estate ‘45, Il vol. del carteggio, Laterza.

Escono tra la fine di dicembre e gli inizi di gennaio: W.E. Leuchtenburg, Roosevelt e il New Deal, Laterza; V. Lanternari, Occidente e Terzo mondo; R. Hoffstadter, Società e intellettuali in America, Einaudi; L. Goldmann, L‘illu- minismo e la società moderna, Einaudi; R. Kennedy, Allo scoperto, Mondado- ri, raccolta di articoli del principale riva- le di Johnson nelle elezioni presidenzia- li ‘68.

Narrativa: M. Bulgakov, Cuore di cane, De Donato; M. Brod, Vita battagliera, Il Saggiatore, memorie della Praga ini- zio ,900 scritte dall‘amico e curatore delle opere di Kafka; E. Dhalberg, Vita da cani, Einaudi, romanzo del ’29 tra- dotto dopo il successo nel ‘67 di Mia madre Lizzie (edizione originale del ’59); M. G. Lewis, Il monaco racconta- to da A. Artaud, classico horror riscrit- to da Artaud; I. Calvino, Ti con Zero, Einaudi; H. Miller, Big Sur e le arance di Hieronymus Bosch, Einaudi. In oc- casione dello sceneggiato televisivo Avazini e Torraca ripropongono S . Pel- lico, Le mie prigioni.

Tra i libri di memorie e le biografie i principali sono F. Fellini, La mia Rimini, Cappelli e H.F. Peters, Mia sorella mia sposa, Ferro, biografia della scrittrice Lou Salomè che avrà molto più succes- so nella riedizione del ‘77, dopo la ri-

scoperta di Nietzsche. Per le pubblicazioni di arte e architet-

tura De Donato pubblica Il cavaliere azzurro di W. Kandinsky e F. Marc; da segnalare L. Grassi, Province del ba- rocco e del rococh, Ceschina e C. Brandi, Struttura e architettura, Einau- di.

Molto acceso il dibattito sullo strut- turalismo, anche perchè nel ’67 è stata completata con Il crudo e il cotto la pubblicazione delle principali opere di Lèvi-Strauss ed è uscita la traduzione di Le parole e le cose di Foucault. Gli Editori Riuniti pubblicano Critica dell‘i- deologia contemporanea, un attacco allo strutturalismo curato da Della Vol- pe. A. Bonomi, principale traduttore italiano di Merleau-Ponty, pubblica fsi- stenza e struttura. Saggio su Merleau- Ponty, Il Saggiatore.

Andrea Colombo

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