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2004-3

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2004-3
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A A mici di Gesù Crocifisso Rivista del Movimento Laicale Passionista “Amici di Gesù Crocifisso” Maggio - Giugno 2004 Anno V n°3 Ripartire da Cristo: Gesù Signore e Salvatore La Passione dello Spirito Santo Il santo fratello del Fondatore Due Cuori: un solo Amore. La Famiglia a immagine del Padre Lettere di S. Paolo della Croce ai laici Luigi Rocchi: un uomo per gli altri Notizie e Testimonianze
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AAmici di Gesù Crocifisso Rivista del Movimento Laicale Passionista “Amici di Gesù Crocifisso”

Maggio - Giugno 2004Anno V n°3

RRiippaarrttiirree ddaa CCrriissttoo:: GGeessùù SSiiggnnoorree ee SSaallvvaattoorree

LLaa PPaassssiioonnee ddeelllloo SSppiirriittoo SSaannttoo

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NNoottiizziiee ee TTeessttiimmoonniiaannzzee

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“Gesù è il Signore”è la più antica e concisaformula della fede cristiana: “Se confesserai con la

tua bocca che Gesù è il Signore e crederai con il tuocuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai sal-vo” (Rm 10,9).

Il nome ineffabile di Dio rivelato a Mosè,“Jaweh”, fu tradotto con “Kyrios” in greco e in ebrai-co con“Adonai” , cioè “Signore” , per cui nel linguag-gio biblico il titolo di Signore equivale a Dio. Il NuovoTestamento attribuisce il titolo di “Signore” anche aGesù riconoscendolo così come Dio. Gesù stesso si dàtale titolo in modo esplicito nell’ultima cena: “Voi michiamate maestro e signore e dite bene, perché io losono” (Gv 13,13). Il titolo di “Signore”, riferito a Ge-sù, ricorre più di 500 volte nel Nuovo Testamento!

Questo titolo esprime il rispetto e la fiducia di colo-ro che credono in Gesù. Nell’incontro con Gesù risor-to, sulla bocca di Tommaso diventa poi atto di fede e diamore incondizionato: “Mio Signore e mio Dio!” (Gv20,28). Da quel momento diventa anche il grido pienodi speranza e di fiduciosa attesa dei primi cristiani:“Maranatha” : Vieni, Signore! (1Cor 16,22). È ancheil titolo più comune con il quale ci rivolgiamo a Gesùall’inizio e al termine di ogni preghiera.

Attribuendo a Gesù il titolo divino di Signore, leprime confessioni di fede affermano che la potenza,l’onore e la gloria dovuti a Dio Padre convengono an-che a Gesù, perché egli è di “natura divina” (Fil 2,6) eche il Padre ha manifestato questa signoria di Gesù ri-suscitandolo dai morti ed esaltandolo nella sua gloria.Paolo apostolo apre e chiude le sue lettere quasi sem-pre “nel nome del Signore nostro Gesù Cristo”.

La signoria di Gesù:Gesù è Signore per natura, perché è Dio, è il creatoree tutto è stato fatto per mezzo di Lui.

È Signore per conquista, perché è il salvatore, ve-nuto a salvare e non a dominare; ci ha riscattati a caroprezzo, con il suo sangue. È un signore che regna dallacroce: “Quando sarò elevato da terra, attirerò tuttia me” (Gv 12, 32).

Vi sono molti a pretendere il titolo di “signore”.Scrive San Paolo: “In realtà, anche se vi sono... moltidei e molti signori, per noi c’è... un solo Signore Ge-sù Cristo” (1Cor 8, 5-6).

Oggi ci sono molti falsi signori: signori che cerca-no il predominio, il potere, la propria gloria, l’arricchi-mento personale. Sono i potenti di questo mondo, i fal-si idoli delle masse di tutte le età, coloro che hanno inmano tutte le leve del potere e indirizzano i gusti e lementalità secondo il loro tornaconto, cercando di di-ventare i padroni assoluti delle coscienze e per questocercano di cacciare Cristo dalla società: “Non voglia-mo che costui regni su di noi”(Lc 19,14).

Gesù è un Signore che regna con l’amore: ha da-to la prova d’amore più grande, dando la vita per noi.

Gesù è un Signore che si fa servo per amore:“Non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianzacon Dio, ma spogliò se stesso, assumendo la condi-zione di servo” (Fil 2. 6-7). “Il Figlio dell’uomo nonè venuto per essere servito, ma per servire e dare lasua vita in riscatto per molti” (Mt 20,28).

La lavanda dei piedi degli apostoli nell’ultima cenane è un esempio mirabile.

Conseguenze della Signoria di Gesù:Gesù è unico Signore. Signore totale, di tutto il no-

stro essere: o tutto o nulla, anima e corpo, pensieri, paro-le e azioni, perché solo così assicura il nostro vero bene.Con Lui non si può essere a mezzo servizio.

Vuole essere messo la primo posto, al centro della vi-ta. Non basta portare una croce al collo o dire un certonumero di preghiere: “Non chiunque mi dice: Signore,Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa lavolontà del Padre mio che è nei cieli”(Mt 7,21). E ag-giunge con chiarezza: “Nessun servo può servire a duepadroni: o odierà l’uno e amerà l’altro oppure si affe-zionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servi-re a Dio e a mammona”(Lc 16,13)

Il compromessoè la tentazione più comune e peri-colosa: mettere insieme il Signore e il mondo. Occorreuna scelta decisiva, come chiese Giosuè al suo popolonella pianura di Sichem: “Se vi dispiace di servire ilSignore, scegliete oggi chi volete servire... Quanto ame e alla mia casa, vogliamo servire il Signore.... Ilpopolo disse a Giosuè: Noi serviremo il Signore”(Gs 24, 15.21).

Se senti sinceramente che Gesù è il tuo unico Si-gnore, ringrazia Dio. È l’esperienza più gioiosa eprofonda della vita cristiana. Significa che nessuno perte è importante come Gesù. Significa che hai capito estai vivendo il programma concreto che come Amici cisiamo dato per accogliere pienamente Gesù come “Si-gnore”: “conoscere, amare, seguire Gesù”, cioè “vi-vere in Cristo, con Cristo, per Cristo”.

P. Alberto Pierangioli

Amici di Gesù Crocifisso

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Ripartire da Cristo: Maggio 2004Gesù è Cristo Signore

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Gesù è il Salvatore atteso per millenni dagli uo-mini. In particolare erano gli Ebrei ad attendere

un salvatore promesso da Dio; ma nonostante le preci-sazioni dei profeti, essi aspettavano un salvatore po-tente, che li liberasse dal dominio dei Romani. Gesùnon fu riconosciuto, fu rifiutato e condannato, perchési comportava contro le loro aspettative.

Il nome che “Gesù” riceve dal Padre indicagià la sua missione di “salvato-r e” . Appena nato, gli angelidanno il grande annunzio ai pa-stori: “Oggi vi è nato nellacittà di Davide un salvatore,che è Cristo Signore” (Lc 2,11).Il vecchio Simeone abbraccia ilbambino Gesù e loda Dio perché “isuoi occhi hanno visto la salvezza”(Lc 2,30).

Tutta la vita di Gesù fu un continuoimpegno per compiere la missione rice-vuta dal Padre di portare la salvezza sul-la terra. Egli completa gli interventi li-beratori di Dio dalle schiavitù d’Egitto edi Babilonia e dona una salvezza totale.Nel suo ministero rivela gradualmente que-sto compito, liberando la gente dallemalattie, dalla fame, dalle paure, co-me prova della liberazione dal pec-cato, dalla Legge e dalla morte.

La salvezza totaleGesù guarisce lebbrosi, ciechi,

sordi, muti, storpi, risuscita i mor-ti: dona la salvezza fisica come se-gno della salvezza interiore, dellasalvezza totale. Per questo guarisce ilparalitico: “Perché sappiate che il Fi-glio dell’uomo ha il potere sulla ter-ra di rimetter e i peccati: io ti dico,esclamò rivolto al paralitico, alza-ti, pr endi il tuo lettuccio e và a ca-sa tua” (Lc 5,24).

Dona la salvezza a Zaccheo, cheera perduto dietro al denaro: “Oggi lasalvezza è entrata in questa casa, perché anch’egli èfiglio di Abramo; il Figlio dell’uomo infatti è venu-to a cercare e a salvare ciò che era perduto”(Lc19,9-10. Dona la salvezza al peccatore pentito che infondo al tempio: “si batteva il petto dicendo: O Dio,abbi pietà di me peccatore” (Lc 18, 13). Sulla croce,dona la salvezza immediata al buon ladrone: “Oggisarai con me nel paradiso” (Lc 23,43).

La civiltà della morteApparentemente siamo nell’era del benessere e

della vita. L’uomo cerca di trovare la salvezza con lesue forze. La scienza fa grandi progressi. Si scopro-no medicine contro mali una volta incurabili. In po-co tempo la vita media dell’uomo è stata raddoppia-

ta. Si sogna di sconfiggere la morte. Si po-trebbe essere felici, ma non è così. Si debella unamalattia e subito ne sorge un’altra peggiore a diffu-sione planetaria. L’uomo non riesce a trovare la verasalvezza e allora va alla ricerca di surrogati: salvez-ze solo umane, alienazioni, false religioni, come

l’onnipotenza della scienza e del progresso, falseideologie, falsi profeti, successo, droga, alcol,

sesso, satanismo, spiritismo, magia, sette diogni genere. Ce n’è per tutti i gusti, mamanca la vera salvezza. Le conseguenze so-

no sotto gli occhi di tutti: paura, ango-scia, disperazione, suicidi, violen-ze, terrorismo... La nostra sta di-ventando la civiltà della morte.

Gesù continua a salvareEppure Gesù continua a essere l’u-nico salvatore, l’unica speranza di

salvezza, continua a salvare permezzo della sua Chiesa. Oggi più

che mai valgono le parole di Pietrodavanti al Sinedrio, dopo la guari-gione dello storpio: “Nel nome diGesù Cristo il Nazareno costui vista innanzi sano e salvo... In nes-sun altro c’è salvezza; non vi è in-fatti altr o nome dato agli uominisotto il cielo nel quale è stabilitoche possiamo essere salvati” (At 4,

10.12).La salvezza di Gesù riguarda l’uomo

totale, anima e corpo: è redenzione, libe-razione, perdono, santificazione, pace, li-bertà, riconciliazione con Dio e tra gli uo-

mini. Gesù salva le anime dal potere di

satana, liberando dal peccato originalee personale e riconciliando con Dio.

Gesù, con la sua morte e risurrezio-ne, salva dalla paura della morte, ria-prendo le porte del cielo.

Salva dall’angoscia della malattia,del dolore, dando loro un significato: non è

venuto a spopolare gli ospedali, ma a popolarli dellasua presenza e del suo amore, perché “egli si è carica-to delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri do-lori” (Is 53,4). Salva dall’odio, dalle lotte di classe,dalla miseria e dalla fame, ricordando che siamo fra-telli e che i beni di questo mondo sono di tutti e vannodivisi fra tutti.

Essere salvati significa ricevere il dono di entrarecon Cristo in comunione con Dio che è vita e fa vive-re. Nella fede superiamo ciò che si oppone alla vita: leschiavitù del peccato, della sofferenza e della stessamorte, perché seguendo Gesù risorgiamo con lui. Go-dendo della libertà dei figli partecipiamo alla vita delPadre, per entrare infine nella sua eredità che è la vitaeterna.

P. Alberto Pierangioli

Amici di Gesù Crocifisso

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Ripartire da Cristo: Giugno 2004Gesù è il Salvatore

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Non può condividere il peccato del rifiuto, ma condi-vide le conseguenze del peccato, cioè il dolore e lamorte.

Essendo amore che si dona per amore, per amorecontinua donarsi travalicando la barriera del rifiuto, econdivide la nostra sorte devastata dal peccato. NelFiglio crocifisso si dona come perdono, che è il super-dono.

Dunque nella definizione Dio è amore va esplicita-to questo aspetto: amore che si dona, e donandosi

assume anche il dolore. Dio è anche dolore.Come non è sufficiente dire che Dio ama,

ma bisogna dire che è amore, perché inlui tutto è pienezza e atto puro e non

agire in divenire, così non è suffi -ciente dire che Dio soffre, ma che èdolore, come suprema perfezionedel suo amore.

Poiché il Dio-comunicatore-di Dio è lo Spirito Santo, egli èimmediatamente ferito da ognirifiuto di Dio da parte del pec-cato umano e da ogni grido didolore che sale dall’umanitàsofferente come conseguenzadel peccato.

Proviamo una descrizionepiù articolata di come il doloreentri in Dio nella persona dello

Spirito Santo.

1. Dolore dello Spirito per la“separazione” del Figlio dalPadre

Secondo Gv 19,28, lo “spirare” di Gesùsulla croce indica anche la momentanea riconsegna

dello Spirito al Padre da parte del Verbo incarnato. Al -lo scopo di diventare peccato per salvare i peccatori,2Cor 5,21, e di diventare maledetto per riscattare imaledetti, Gal 3,13, Gesù spinge la sua kenosi fino al-l’ultimo abisso, consegnando al Padre lo Spirito, vin-colo eterno d’amore tra i due.

Questa lacerazione ineffabile per amore del genereumano fa entrare in Dio un dolore che ferisce tutte etre le Persone. Lo Spirito Santo ne è trafitto per primoin quanto è lui il vincolo dell’unità d’amore tra Padre eFiglio. Colui che è l’unità dei due, è strappato dall’u-nione fra i due perché il Figlio va a navigare nel bara-tro del peccato per ripescare i peccatori.

Anche se osiamo parlare di questo squarcio nell’u-nità dell’amore trinitario, noi non potremo mai capirecome il dolore entri nell’amore senza intaccarlo, maportandolo al culmine della sua identità.

2. Dolore dello Spirito per la propria “sepa-razione” dal FiglioRiconsegnato al Padre perché Gesù possa morire

da peccatore e da maledetto, lo Spirito Santo non solovede separati Padre e Figlio di cui egli è l’unità, ma si

Amici di Gesù Crocifisso

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D io è amore. È la sintesi che l’apostoloGiovanni formula al culmine della sua

maturità di cristiano, 1Gv 4,8.Questa rivelazione significa che Dio Padre è

amore, perché è la fonte di tutto: della Trinità, della vi-ta, degli esseri, dei valori. Significa che anche DioFiglio è amore, perché accoglie tutto dal Padre e glirisponde con la stessa pienezza d’amore che riceve.Significa infine che anche Dio Spirito Santo è amore,perché procede dall’amore tra il Padre e il Figlio, ela sua identità consiste nell’essere l’amore chei due si scambiano.

Sant’Agostino ci ha lasciato una sin-tesi dottrinale abbastanza chiara diquesto mistero oscuro: il Padre ècolui che ama, il Figlio è colui cheè amato, lo Spirito Santo è l’amorecon cui si amano. L’Amante,l’Amato, l’Amore. Per questonel linguaggio cristiano Amore èdiventato una specie di nomeproprio della terza persona dellaTrinità.

Dio Amore che si donaMa dire che Dio è Amore

non basta. Il contenuto di questarivelazione dev’essere esplicitatonei suoi aspetti essenziali, altri-menti la definizione, isolata in sestessa, può essere una magnificafilosofia, o magari teologia, ma in-sufficiente a farci percepire quello cheDio ha inteso comunicarci.

All’af fermazione Dio è amore bisognaimmediatamente aggiungere: egli ha dato sestesso per noi, cfr Gv 3,16 e Gal 2,20.

La rivelazione del mistero trinitario ci dice che Dioè dono di sé ad intra, cioè circolazione eterna e infinitad’amore fra le tre persone. La rivelazione del misterodella salvezza ci dimostra che Dio è dono di sé anchead extra.

Nella creazione la Trinità effonde bagliori di sétraendo dal nulla tutto ciò che esiste. Nella redenzioneil Padre non solo ama il mondo, ma dona se stesso almondo perché gli consegna tutto ciò che possiede, ilFiglio. Il Figlio ama il Padre e l’umanità fino a donaresé stesso per la nostra salvezza. Lo Spirito Santo comu-nica all’umanità l’amore del Padre e del Figlio che è lasua stessa persona divina. Lo Spirito è sempre il comu-nicatore di Dio: nella Trinità tra il Padre e il Figlio; nel-la redenzione e santificazione tra Dio e l’umanità.

Lo Spirito Santo trafitto dal dolor eNel comunicarsi alla creatura, angelica e umana,

Dio incontra il rifiuto dell’amore. Ma la sua bontà in-finita e la sua misericordia non gli consentono di elim-inare gli ingrati, come avverrebbe nei rapporti tra noicreature. Piuttosto, egli accetta di far entrare in sé, nel-l’ambito trinitario, le conseguenze di questo rifiuto.

Pensiero passionista - Maggio - Giugno 2004LA PASSIONE DELLO SPIRIT O SANTO

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trova a sua volta separato dal Figlio uomo, con cui èintimamente unito dal momento dell’Incarnazione.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica così descrivel’ unità tra il Figlio e lo Spirito nell’opera della reden-zione umana: “Quando il Padre invia il suo Verbo, inviasempre il suo Soffio: missione congiunta in cui il Figlioe lo Spirito Santo sono distinti ma inseparabili”, 689.

“Missione congiunta” da cui lo Spirito di sente dis-giunto e strappato nel momento supremo. Sempre in-sieme e inseparabili, lo Spirito è in qualche modo di-velto da questa unità al culmine dell’opera. Compagniinseparabili in ogni palpito e in ogni parola, ora unomuore e l’altro non può accompagnarlo fino a quel-l’abisso. Con questo l’amore non resta spezzato, ma siperfeziona come solidarietà nel dolore

Lo Spirito non s’è incarnato, ma ha reso possibilel’incarnazione. Non ha parlato né fatto miracoli, ma èl’ispiratore delle parole di Gesù e l’energia dei suoimiracoli. Non muore sulla croce, ma è l’amore checonduce Gesù a dare la vita per l’umanità, compiendoil piano salvifico del Padre. Non soffre nel modoumano in cui soffre Gesù, ma soffre nel modo divinodella Trinità: il dolore per la creatura amata che fal-lisce perché non ha compreso l’amore.

La Trinità è una e inseparabile nell’eternità. Restaunita nel Figlio anche mentre questi è incarnato neltempo. Ma sente in qualche modo questa unità in-frangersi nel momento in cui il Figlio sceglie di pas-sare dalla parte dei peccatori per morire con loro e perloro.

Il Figlio muore nella sua umanità. Il Padre e loSpirito non possono morire perché non si sono incar-nati, ma restano uniti e solidali nell’amore. Amore chenon possiamo non chiamare anche dolore, o dolorosoamore.

Lo Spirito Santo è la porta per la quale questo do-lore entra nella Trinità. Infatti in quanto Dio-comuni-catore-di Dio egli è la potenza tanto dell’amore cheunisce il Padre e il Figlio, quanto dell’amore che li sp-inge a separarsi per amore.

Nell’amore ad intra le tre persone restano nellaloro unità eterna e inscindibile. Nell’amore ad extraesse vivono questo momentaneo squarcio all’unità perriportare dentro la stessa unità i peccatori che ne eranosfuggiti. L’umanità del Verbo è integrata nell’unitàtrinitaria con la risurrezione.

3. Dolore dello Spirito per la nostra sepa-razione da DioCome detto sopra, il nostro rifiuto di Dio colpisce

prima di tutto il Dio-Comunicatore-di Dio, cioè lo

Spirito Santo, dato che il Padre si donasempre per mezzo del Figlio nello SpiritoSanto.

Ancora una volta bisogna fare atten-zione a non pensare che il dolore in Diosia come nell’esperienza umana. Noisoffriamo perché delusi quando non ot-teniamo quel che vorremmo, o feriti quandol’amore che doniamo non è capito.

Dio non s’aspetta nulla da noi e il nostro rifiutonon intacca la sua dignità. Il suo dono è ciò di cui noiabbiamo bisogno per la nostra felicità e realizzazione.Dio si offre alla nostra libertà perché accettandolo di-ventiamo pienamente noi stessi e conseguiamo loscopo della nostra esistenza.

Rifiutando Dio, noi danneggiamo noi stessi perchérifiutiamo di diventare ciò per cui siamo fatti e resti-amo creature incompiute. Questa nostra scelta libera siriverbera in colui che ci ha creati per la felicità fino arenderci partecipi della sua stessa vita. Nel suo amoreper noi Dio risente di questo nostro fallimento, in unamaniera che nel nostro linguaggio umano stiamo chia-mando dolore.

Il quale non è solo per i nostri peccati, ma ancheper le conseguenze che dobbiamo sopportarne, cioè letribolazioni umane in tutte le forme, sino alla morte. Idolori fisici e morali dell’esistenza umana si riflettonoin Dio ogni volta che sono vissuti senza senso, cioècome distruzione dell’essere anziché come sua realiz-zazione nell’amore.

La teologia latina, che spiega le operazioni trini-tarie ad extra mediante il principio delle attribuzioni,non ci aiuta molto a capire l’angolatura sotto cui ogniPersona risenta del nostro dolore. Attribuzione infattisignifica che la Trinità agisce sempre insieme, ma leoperazioni sono “attribuite” ad una delle tre persone:la creazione al Padre, la redenzione al Figlio, la san-tificazione allo Spirito Santo.

La teologia orientale ignora questo principio, maha quello della pericoresi. Tale principio comporta nonsolo che tutte le operazioni sono delle tre le persone,ma anche che ciascuna delle tre persone si relaziona inmodo proprio ad ognuna delle operazioni. QuindiPadre, Figlio e Spirito Santo intervengono sia nellacreazione che nella redenzione e nella santificazione,ciascuno secondo la sua proprietà.

Questa spiegazione può aiutarci meglio a immag-inare come ciascuna delle tre persone possa accoglierein sé l’eco del nostro dolore, nell’amore con cuiseguono il nostro destino.

Gabriele Cingolani cp

Amici di Gesù Crocifisso

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PeregrinatioCrucis,

Macerata 4marzo 2004 Amici par tecipanti Corso animatori S. Gabriele,

28-29 febbraio

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Due cuori: un solo amore

Amici di Gesù Crocifisso

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Spiritualità del mese

Maggio: Dal Cuore della MadreMaggio, mese di Maria, la Mamma di Gesù, la nostra Mamma. Maria è nel cuore di ogni mamma e il suo

Cuore è in quello di Gesù. Non a caso le mamme si festeggiano in questo mese: devono essere come Maria eavere il suo Cuore.

La Madonna ha donato tutta se stessa a Dio perché compisse in lei la sua volontà, ed ha continuato a vivereper il Signore fino alla fine, dedicando ogni istante della sua vita a Gesù, il Figlio di Dio a lei affidato.

Il Cuore di Maria si è formato alla scuola di Gesù: lei è la prima discepola di Cristo, il modello del discepoloperfetto. Cerchiamo allora di entrare nel suo intimo per ascoltare le gioie, le trepidazioni, le sofferenze, l’amore concui ha amato e servito Gesù. Osserviamo con quanto tatto e quanta sapienza ha saputo intervenire nei momenti op-portuni e ritirarsi, nel silenzio e nell’ombra, quando era necessario. Il segreto che le ha permesso un così perfettocammino di fede, un così sicuro cammino di santità è tutto nell’unione intima e continua con Dio. Maria ascolta,medita e vive alla presenza del Signore. Lei ha concepito e cresciuto questo Figlio attraverso la preghiera e invitatutti noi, soprattutto le mamme, ad accompa-gnare i nostri figli con la preghiera. Nella Pre-sentazione al tempio, ci suggerisce che l’uni-ca via di salvezza è di offrire totalmente noistessi e i nostri figli a Dio, senza ma, senzafare progetti, ma di- sposti ad accoglierenella pace il disegno del Padre, qualunqueesso sia.

Ascoltiamo cosa San Paolo della Crocesuggeriva ad Agnese Grazi, e oggi dice anoi suoi figli spiritua- li: “Sacrifichi se stes-sa a Dio, nel Cuore purissimo di MariaSs.ma. Questo Cuore, che dopo il Cuore diGesù, è il Re dei Cuori, ha amato, edama più Dio, che tut- to il Paradiso assie-me. Desideri d’amare Dio, con il Cuore di questa Madre, e per farlo si getti in spirito in questo bel Cuore, edami il Sommo Bene con questo purissimo Cuore, con intenzione d’esercitare tutte le virtù, che esercitò Lei, maper far questo, ed avere l’ingresso nel Cuore Ss.mo della nostra gran Regina e Madre, bisogna farsi bambina,con la semplicità fanciullesca, con la vera umiltà, ed annichilamento di cuore”.

Giugno: Al Cuore del FiglioMaria ha amato e conosce il Cuore di Gesù come nessuna creatura potrà mai fare, nessuno meglio di lei ci

può condurre nell’intimità del suo Figlio. Il Cuore di Gesù è per noi il porto, il rifugio, il luogo dove possiamoabbandonarci ed amare Dio. Scrive ancora San Paolo della Croce “Quando si trova agitata, entri nel Cuore diGesù in spirito, in quella fornace di carità, e lasci che quel fuoco la penetri tutta, la bruci di Santo Amore. Stiariposata sulla Croce, e goda che questa sia il suo letto, ma lo consideri un letto tutto di fuoco e lasci andareogni cosa in cenere”.

Il Cuore di Gesù è infinito come infinito è l’amore che contiene. È un Cuore ferito, non tanto dai nostripeccati, ma dalla necessità di lasciare aperta per sempre la porta della salvezza. “Venite a me voi tutti che sie-te affaticati ed oppressi, ed io vi ristorerò” (Mt 11,28). Egli ci invita ad entrare nel suo Cuore per trovare pa-ce, per guarire le nostre ferite e ci chiede una cosa sola: amarlo senza riserve, senza guardare alle nostre debo-lezze, alle nostre miserie. Egli vuole che ci perdiamo nel suo Cuore per scoprire quanto è dolce, appagante, en-tusiasmante il suo amore.

Ascoltiamo cosa il nostro Padre fondatore ci consiglia per vivere da passionisti la festa di questi due Cuorinei mesi a loro dedicati, ma anche in ogni istante della nostra vita: “Non lasci di starsene nel Sancta Sancto-rum del Cuore purissimo di Gesù: l’ami con lo stesso suo Cuore; si lasci penetrare da un vivo dolore degli ol-traggi, che gli sono fatti in quell’adorabilissimo Sacramento, e li ripari con umiliazioni, adorazioni, affetti, lo-di, ringraziamenti. Nel Cuore di Gesù si compatiscono le Sue pene, e l’Anima si bagna tutta in quel Divin Ba-gno del Suo Sangue, che ha forza di far bruciare d’amore. Lasci che la povera farfalletta giri con gran libertàdi spirito attorno a quella Luce Divina, anzi la lasci tutta sommergere in quell’abisso di luce, di fuoco di ca-rità, e che s’incenerisca tutta. Sopra tutto non lasci di compatire il dolce Gesù col Cuore addolorato di MariaSs.ma, e di compatir Maria Ss.ma col Cuore addolorato di Gesù, e così fare un misto d’amore e dolore. Questidue Cuori Ss.mi sono due fornaci d’amore, anzi una fornace sola, e lei si butti in questo amoroso forno, affin-ché consumato tutto l’umido delle imperfezioni, diventi un pane mondo per la Mensa del Re della Gloria. Gesùla ricolmi della pienezza delle sue benedizioni. Amen”.

Maria Grazia

Due cuori: un solo amore

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zioni. La conosceva così bene e ne citava ipassi così adatti e con tale esattezza da far capiremolto bene che ne aveva un possesso pieno e la sapevain gran parte a memoria.

Era per tutti un consigliere prudente e sicuro. Lostesso Paolo lo elegge a sua guida spirituale e lo ha co-me valido aiuto nei momenti più burrascosi della vitadella congregazione e della fondazione delle monachePassioniste. Guidando Paolo si può dire che P. Giovan-ni Battista sia stato una vera guida anche per tutta lacongregazione nascente, un vero confondatore. Allasua morte Paolo dirà: “Sono restato orfano e solo,senza padre. Chi mi correggerà ora? Chi mi avvi-

serà dei miei difetti?”. La sua penitenza è ammirabile; maquanto è austero e intransigente con se

stesso, altrettanto è affabile e premu-roso con gli altri, come una madre

affettuosissima.È un apostolo zelante, degno

emulo del suo santo fratello,che accompagna nelle peregri-

nazioni apostoliche. Corag-gioso e schietto, non cono-sce rispetto umano. A uncardinale, vestito in modopoco ecclesiastico, arriva a

dire: “Mi sembra un mare-sciallo di campo!.

Ha il dono delle estasi equello delle lacrime, chescendono abbondanti daisuoi occhi per la tenerezzadavanti al Crocifisso e per ladurezza dei cuori che non siaprono al suo amore. Nel1744 viene nominato supe-riore della nuova casa di Ve-tralla (VT); vi rimarrà pertutta la vita occupandosi del-

l’educazione dei giovani. Dal 1747 riveste ininterrotta-mente la carica di consultore generale. Come missio-nario apostolico percorre il Lazio, la Toscana, l’Um-bria, parlando agli uomini del suo tempo con la parolama soprattutto con l’esempio.

Nel luglio del 1765 si ammala di una malattia al-l’apparenza non grave, ma lui ha la sensazione chequesta lo porterà a morte; anche Paolo durante la cele-brazione della messa ha la rivelazione della morte im-minente del fratello. Lo assiste con cura e amorevolez-za. Il 27 agosto riceve il viatico; benedice il fondatoree la congregazione ed entra in agonia. Il venerdì 30 al-le ore 22 Giovanni Battista muore circondato dalla co-munità religiosa che canta la Salve Regina intonata dalfratello Paolo.

È in concetto di santità e tutti vogliono una reli-quia. Dopo la morte si parla di grazie e di miracoli ot-tenuti per intercessione di Giovanni Battista al solocontatto con oggetti a lui appartenuti.

È dichiarato venerabile da Pio XII il 7 agosto 1940.Francesco Valori

Amici di Gesù Crocifisso

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I l DNA, l’ambiente familiare e lo Spirito San-to sono stati una buona combinazione per i

due fratelli Paolo e Giovanni Battista Danei. Sonostati complementari nella costruzione dell’edificio del-la congregazione passionista. Voler stabilire poi chidei due sia stato più importante in quest’opera è comecercare di stabilire se siano più importanti le fonda-menta o le mura di un palazzo. Di certo Giovanni Bat-tista visse all’ombra del fratello. Pare che nella suaumiltà abbia pregato il Signore di rimanere nel na-scondimento sia in vita che dopo la sua morte e fuesaudito. La sua salma fu nascosta durante l’occupa-zione francese dello stato pontificio; il suo luogo rima-se segreto e ancora oggi non si sa dove sia sepolto.

Nasce ad Ovada il 4 aprile 1695, un annodopo Paolo, respira lo stesso clima fami-liare ed è con il fratello “un sol cuore eun’anima sola”; da giovane rischiadi affogare insieme al fratello nelfiume Tanaro, ma viene salvatomiracolosamente dalla Madon-na. Sicuramente pregano insie-me, fanno penitenza insieme,si consigliano e uniformanoil loro stile di vita; sono in-separabili.

Quando Paolo parte perRoma da solo per andaredal Papa a chiedere l’appro-vazione dell’istituto, Gio-vanni Battista gli dice: “V apure ma non potrai starené avere pace senza dime” e sarà vero. Il 28 no-vembre 1721 veste l’abitoda eremita come Paolo. Idue fratelli si ritirano nelRomitorio di Santo Stefanoa Castellazzo Bormida. Poivanno nel romitorio del-l’Annunziata sull’Argenta-rio, dove rimangono per pochi mesi. Si spostano aGaeta, Itri, Napoli, Foggia. Nel 1726 iniziano l’assi-stenza all’ospedale di S. Gallicano a Roma. Il 7 giu-gno 1727 sono ordinati sacerdoti nella basilica Vati-cana dal Papa Benedetto XIII.

Nel febbraio 1728 lasciano l’ospedale e tornano sulMonte Argentario nel romitorio di Sant’Antonio. Sonoprivi di tutto, completamente affidati alla provvidenzadi Dio, guidati dallo Spirito Santo. Sono due in uno.

Giovanni Battista dirige i lavori per la costruzionedella prima casa religiosa della congregazione vicinoal loro Romitorio. Cerca e scopre miracolosamenteuna sorgente d’acqua necessaria per il nuovo edificio;San Michele Arcangelo appare per proteggere la nuo-va costruzione da alcuni individui venuti di notte perdistruggerla. È un pilastro della congregazione ma rie-sce a rimanere sempre nell’ombra.

È un uomo di preghiera, pieno di virtù, colto, so-prattutto è profondo conoscitore e vero esperto dellaparola di Dio. La Bibbia è stata sempre suo nutrimentofin da giovane, l’oggetto quotidiano delle sue medita-

Fratello ed emulo del Fondatore:VenerabileP. Giovanni Battista Danei

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La famiglia è amore, come DioNata per una chiamata divina, una vocazione gran-

de, la famiglia, modellata sulla Parola di Dio e nutritadei suoi doni, è specchio sulla terra del misteroprofondo dell’essenza del suo creatore: l’amore. Lacomunità familiare, come la Chiesa di cui è cellula, ri-specchia in sé il mistero della Trinità, dove la perfettacomunione d’amore fa del Padre, del Figlio e delloSpirito Santo un unico ed indivisibile Dio.

Così l’amore che scaturisce da Dio ed investe glisposi nella grazia del sacramento nuziale, fonde le duepersone in un’unica carne, per cui Gesù ha potuto dire:“Non osi separare l’uo-mo ciò che Dio ha uni-to” . L’amore donato dal-la Trinità cementa ognigiorno di più la vita de-gli sposi e, se accoltonella fede e nella dispo-nibilità, purifica il loroamore umano aiutandolia sconfiggere i loro egoi-smi e ad aprirsi al donodella vita, dell’amiciziae della solidarietà. Natada Dio, la famiglia portaimpressa in sé l’impron-ta del Padre, i suoi carat-teri genetici: è un miste-ro d’amore e senz’amorenon vive!

Le caratteristiche del vero amoreSul fatto che l’amore è fondamento necessario del

matrimonio siamo tutti d’accordo; ma quando si cercadi chiarire cosa sia questo amore, l’unanimità si in-frange. Papa Paolo VI, nella lettera enciclica “Huma -nae vitae” del 1968, scriveva che l’amore coniugaledeve avere alcune caratteristiche essenziali: deve esse-re pienamente umano, totale, fedele, esclusivo e fe-condo.Tali caratteristiche si estendono poi alla vita ditutta la famiglia.- Amore pienamente umano. L’amore, realtà divina,è innestato nella dimensione umana da cui non può nédeve prescindere. L’amore quindi è, innanzitutto, unatto pienamente umano, da vivere con tutta la pienezzadella propria umanità. L’amore nell’uomo non è sem-plice istinto, trasporto, sentimento; è invece libero attodella volontà con cui una persona lega consapevol-mente la propria vita a quella di un’altra. Tale atto dilibera volontà sarà il primo baluardo a difesa della fa-miglia. Così essa sarà fondata sull’impegno, sulla do-nazione di sé che è sacrificio, sull’accoglienza dell’al-tro nei momenti belli e anche in quelli più difficili, neimomenti di carica come in quelli di stanchezza. E que-

sto vale per ogni componente della famiglia: genitori,figli e nonni.- Amore totale.Quando si ama una persona la si amain tutto. Tanto più l’amore coniugale e familiare deveessere un amore totale. Tutto tra gli sposi è comune,tutto in una famiglia è di tutti, perché unica è la vita diquesta in Cristo. Diceva Paolo VI: “ Chi ama il proprioconiuge non ama solo per quello che riceve da lui, malo ama per se stesso”, lieto solo di poter dare anche lavita alla persona amata, senza niente chiedere in cam-bio. L’amore non si può reggere sul calcolo. L’amorenon chiede mai; se autentico, cerca solo di donare.- Amore fedele ed esclusivo.Finché morte non ci se-

pari…Così intendo-no il proprio matri-monio gli sposi cri-stiani. Un amore da-to a tempo sa di cal-colo e di egoismo;un amore dato inprova è quanto di piùfalso esista. Se amo-re è morire per l’al-tro, allora comportadi per sé un abban-dono senza ritorno.La fedeltà è la provadell’amore. A voltepuò essere difficile, avolte eroica, ma èsempre possibile e,soprattutto, sempre

nobile e fonte di felicità per tutta la famiglia.- Amore fecondo. Se viene da Dio, che è fonte di vita,l’amore non può esaurirsi tra due persone e nemmenoall’interno della famiglia. Se l’amore è quello cristianonon può non essere aperto alla vita, intesa sotto ogniaspetto. E’aperto alla vita perché l’amore coniugale èper se stesso ordinato alla procreazione e all’educazio-ne dei figli, che sono il preziosissimo dono del matri-monio. E’proprio in questa accoglienza, piena di gra-titudine al Signore, che anche la vita sessuale dei co-niugi diventa alimento della loro unione profonda,senza cedimenti all’egoismo e al piacere spicciolo.L’amore coniugale è aperto alla vita perché si allargaverso tutti: i familiari per primi, gli anziani, i poveri, lealtre famiglie, la propria Parrocchia, la propria comu-nità sociale. Nell’amore autentico vissuto all’internodella famiglia ci sono spazio e calore sufficienti ad ac-cogliere tutti i fratelli.

Proprio alla scuola dell’amore attinto direttamenteda Dio, pienamente umano, totale, fedele e fecondo,crescono i nuovi cristiani, i figli, che imparano così adamare la vita senza egoismi, a donarsi senza cercarenulla per sé e a fondare la vita su valori eterni.

Maria Grazia

Amici di Gesù Crocifisso

III- Famiglia a immagine del Padre

Nota della Redazione:È questa la terza puntata sulla“Famiglia” , dopo “La Famiglia: la Chiesa abita qui” e “La Famiglia: UnaBibbia aperta”. Che ne pensate? Attendiamo le vostre reazioni, suggerimenti, esperienze, testimonianze, daparte delle coppie più giovani e delle coppie mature. P. A. P.

Famiglie degli amici di Civitanova

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Amici di Gesù Crocifisso

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Pubblichiamo la seconda parte delle sintesidella presentazione dell’opera in due vo-

lumi del P. Max Anselmi: “San Paolo della Croce:Lettere ai laici”, fatta da G. Bicocchi, sulla rivistapassionista “La Sapienza della Croce” (Roma, n. 2.2003), rinnovando l’augurio che tanti Amici possanoinvogliarsi a leggere le lettere di San Paolo dellaCroce per conoscere meglio la sua spiritualità.

L’aridità spirituale e la santa povertà di spiritoMi sembra anche molto importante la risposta di

Paolo a chi lamenta aridità spirituale, freddezza, tenta-zioni sulla preghiera, proprio nel momento del doloree della prova. Non è facile per noi accettare che “lecose del suo spirito non sono mai andate cosi bene”(p. 315) detto a chi è nell’aridità, e che il “nudo pati-re” sia la scala più diretta per arrivare a Dio. Ma èanche impossibile non dar ragione a Paolo quando“monotonamente” evidenziaa tutti che, se il Padre hatrattato così Cristo ed i suoiamici più cari, dovremmoconsiderare un privilegio lasofferenza e la prova, perchécosì veniamo davvero uniti aCristo e alla sua Passione, eaddirittura alla “sofferenzadi Dio”. Paolo ci insegna adaccogliere la sofferenza, laprova, la stessa “povertà dispirito” e l’aridità spirituale,come partecipazione allaPassione di Cristo.

È evidente la concentra-zione cristologica e passiolo-gica in S. Paolo della Croce,come in S. Paolo apostolo;ma essa non può essere considerata come limitativa.Nelle Lettere di S. Paolo della Croce troviamo spessoanche l’amore paterno e materno del Padre, e soprat-tutto una forte esperienza e dottrina dell’azione delloSpirito Santo.

“Aspetti l’aurea amorosa dello Spirito Santo”,scrive spesso. Paolo era convinto che ogni giornatadella persona spirituale doveva essere come la giorna-ta della Pentecoste e che di conseguenza l’effusionedello Spirito Santo doveva essere anche l’avvenimentocentrale di ogni giornata di chi voleva fare un realecammino spirituale.

La paternità spirituale

L’attualità maggiore delle Lettere ai laici è rappre-sentata dalla loro stessa consistenza numerica e dal lo-ro essere “lettere di formazione e di direzione spiritua-le dei laici”.

È davvero sorprendente scoprire che Paolo dellaCroce, secondo il compito degli esperti, avrebbe scrit-to più di “32.000 lettere”, anche se ne sono rimaste“solo” 2000, quasi una metàdelle quali indirizzate ailaici. Si può quindi ipotizzare che Paolo abbia inviate

ai laici circa 15.000 lettere, come “padrespirituale”. Non si può non restare davveroammirati dall’ampiezza di questa sua paternità e dallagenerosità di questo impegno di sé fino all’eccesso

Nelle lettere ai laici scopriamo il carisma della pa-ternità spirituale di Paolo. È una scoperta davvero af-fascinante per chi legge le sue lettere e riempie di no-stalgia chi ha sperimentato, per sé e per gli altri, i be-nefici effetti di una sapiente direzione spirituale daparte di un vero “padre spirituale”.

Oggi, la “direzione spirituale” è purtroppo quasiscomparsa dall’orizzonte, teorico e pratico, di granparte degli ecclesiastici e dei cristiani in genere. Lostesso termine è oggi bandito, e si parla semmai moltocautamente di “accompagnamento” spirituale, da “fra-telli” e non da “padri”: con una rinuncia al proprioruolo di guida, che è parte di quella più generale “ri-nuncia educativa” da parte della famiglia, della scuola

e della Chiesa, che ca-ratterizza il nostro tem-po e penalizza i giovaninel loro diritto all’edu-cazione.

Ed anche questo è unaspetto particolare diquella più generale crisidel “ruolo del padre” checaratterizza e penalizzala nostra società, dopo lapur doverosa emancipa-zione femminile.

Tuttavia, occorreonestamente anche rile-vare la grande prudenzadi Paolo della Croce nel-l’accettare le richieste didirezione spirituale, mo-tivata con la convinzio-

ne di una sua radicale indegnità. Cosi quando affermache “basta la direzione dello Spirito Santo”, o quandodichiara: “Non ho mai pensato di essere Direttore spi-rituale né suo né di verun altro, e se credessi di saperdirigere, crederci di essere un vero Lucifero in carne”.

Ma sono chiaramente espressioni dettate da umiltàe disprezzo di sé: come precisa in una lettera ad Agne-se Grazi: “Io ho dato tante repulse per la sua Direzio-ne, perché non mi fido di me”.

Il punto essenziale dell’insegnamento di S. Paoloin proposito è che la Direzione non deve essere deter-minata da motivi umani, ma deve essere conforme allavolontà di Dio.

Il ruolo centrale di Maria

Si prova poi grande gioia trovare nelle Lettere unaforte spiritualità mariana, vista sia come Addoloratache come Assunta, con un valore non solo devoziona-le, ma soprattutto teologale e mistico. Secondo il Cu-ratore delle Lettere, la stessa “Congregazione Passio-nista ha avuto origine, teologicamente e storicamente,dal Cuore addolorato di Maria SS.ma”.

II - Lettere ai laici di S. Paolo della CroceSono lettere indirizzate anche a me

Solennità della Passione, Parrocchia di S. Gabriele a Civitanova:Il parr oco Don Giancarlo Tomassini preside la Concelebrazione

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Continuo nelle Lettere è poi il riferi-mento al Sacro Cuore di Gesù e al cuo-re di Maria SS.ma, cosi come il riferi-mento alla Passione è quasi sempreaccompagnato da quello ai “dolori diMaria”. Dolcissimo ed originale è ilriferimento alla “Madre Bambina”,

ed al “Cuore di questa gran Bambina”conl’invito rivolto a noi tutti: “Per aver l’ingresso nelcuore SS.mo della nostra Gran Regina, e Madre Bam-bina, bisogna farsi pure bambini, con la semplicitàfanciullesca, la vera umiltà ed annichilimento di cuo-re” .

Molto bello è, infine, il riferimento alla “morte d’a-more” di Maria e alla sua “mor te mistica”.

La grazia del cuore ferito

Le lettere mi hanno aiutato a capire anche un altroaspetto essenziale: e cioè che la paternità spiritualenon è un’attività liberamente scelta, ma è anzitutto uncarisma, un dono gratuito del Signore; e soprattuttoche essa presuppone “la grazia del cuore ferito” .

Solo tale esperienza di grazia può dare quell’auten-tica “paternità spirituale”, che implica anzitutto farsicarico e assumere su di sé il peso e la responsabilitàdella persona, delle sue sofferenze, dei suoi problemi,dei suoi peccati, al solo scopo di servirla. Il punto es-senziale è l’atteggiamento spirituale di fondo, non ilcontenuto più o meno precettivo della Direzione Spiri-tuale.

S. Paolo della Croce, nelle Lettere, è spesso moltodirettivo e precettivo, sia sui comportamenti quotidia-ni, sia sulle grandi scelte, anche vocazionali, e non ar-retra certo di fronte all’assunzione di responsabilità:sia in positivo, come quando incoraggia e sostiene,con tenacia pluriennale, la validità di una vocazione alsacerdozio, come nel caso delle lettere a FrancescoAntonio Appiani, o chiede “obbedienza cieca”; sia innegativo, come quando nega validità ad alcune “rive-lazioni private”.

Né Paolo, pur nella sua generosità quasi illimitata,si fa scrupolo di negare la propria direzione spiritualequando non ne avverte la rispondenza alla volontà di-vina.

Il rispetto della libertà dell’altra persona è quindisostanziale, anzi caritativo e teologale, e non passacerto dal defilarsi, rispetto all’aiuto da dare nelle con-crete difficili scelte della vita.

Esso consiste al contrario proprio nel farsi caricodei problemi e delle sofferenze altrui e nell’avere ildono del “cuore ferito”, come assimilazione al Cuoretrafitto di Cristo.

E la devozione profonda al S. Cuore di Gesù èun’altra lezione importante delle Lettere.

L’ardito linguaggio dell’amore

S. Paolo della Croce, nelle Lettere più belle, non hapaura neppure dell’ardito linguaggio dell’amore, cheanzi usa liberamente, direi a piene mani. “In alcunelettere, tra le più belle, osa servirsi consapevolmentedell’intenso linguaggio dell’amore, come nelle letterealla ven. Lucia Burlini e ad Agnese Grazi.

Il carisma della paternità è inscindibile, secondoPaolo, dal cuore ferito, dalla “passione d’amore” versoDio e verso i fratelli. Paolo lo ha esercitato e continuaad esercitalo nelle sue Lettere per chi le leggerà.

“Il carisma della paternità è appunto uno dei donipiù belli che queste Lettere offrono a chi le leggeràcon l’intelletto d’amore” . Queste parole di P. Anselmimi hanno accompagnato e fatto da guida nella lettura,e spero che possa accompagnare e guidare tanti altri,laici od ecclesiastici, ad una lettura viva, partecipata efruttuosa.

Credo davvero che quella di aiutare molti di noi ariscoprire l’autentica “paternità spirituale” e a viverlacome gratuito carisma proveniente dal “cuore ferito”,possa costituire davvero la migliore “missione” chequesti due preziosi libri di “Letter e di formazione edi dir ezione spirituale ai laici” potranno svolgereverso tutti noi, laici, sacerdoti e religiosi.

Giuseppe Bicocchi

Amici di Gesù Crocifisso

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Solennità della Passione20-4-2004

Parrocchia di S. Gabrielea Civitanova

Solennità della Passione: Don Giancarlo benedice

i Crocifissi della Peregrinatioe l’Assemblea

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Amici di Gesù Crocifisso

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La crisi pr ofonda: Perché proprio a me?“Mia mamma mi ha insegnato che il Padre celeste

mi ama. Talvolta mi è accaduto, sui vent’anni, di sentir-mi provocato alla disperazione, ma subito mi riecheg-giava nell’intimo la parola semplice e ferma di mia ma-

dre: - Luigino, Ge-sù ti ama-.”

Luigi conoscebene la sua malat-tia e il suo decor-so: morire soffoca-to, quando l’iner-zia della cassa to-racica gli impediràdi respirare. Tutta-via non vuole mo-rire, anzi ha unagran voglia di vi-vere. La sua mag-giore ambizione èdi studiare per es-sere autosufficien-te. Ma con il pas-sare degli anni vasempre più perden-

do la sua autonomia, tanto che entra in un tunnel dioscurità e in una lunga crisi, durata almeno otto anni,proprio nel periodo più promettente della giovinezza.

Si pone il problema del perché la sorte si sia acca-nita proprio contro di lui. Non mancano momenti diforte scoraggiamento. A 19 anni si ferma definitiva-mente per tutta la vita: “crocifisso in carne ed ossa”per 28 anni. E’il momento più duro; si sente un ragaz-zo come gli altri, desideroso di formarsi una famiglia,addirittura numerosa. Si ribella alla sua sorte, gridache non è giusto, che non ha fatto del male a nessuno,che non merita di soffrire in quel modo così crudele,che Dio non può essere un padre se fa tanto soffrireuna sua creatura. Questo abbandono, quest’eclissi mo-mentanea di Dio indicano un passaggio dalla fede del-l’infanzia a quella adulta, che presuppone il rapportocon l’Altro.

Nel 1952, dichiarato inabile al servizio militare, siradica in lui sempre più l’idea di non essere come glialtri, di essere solo di peso, di essere un condannato amorte precoce per asfissia, proprio come i crocifissi.Ad evitargli gesti insani c’è costante l’amore eroicodella madre, con la sua fede semplice e convinta. Percontagio, tale fede si comunica allo stesso figlio, so-stenendolo anche nei momenti più duri, così che Lui-gino può almeno pregare insieme con la mamma e ifamiliari.

L’incontr o con il CrocifissoPer uscire dalla crisi si rivela decisivo l’incontro

con una persona che soffre più di lui: Giulio, che perl’artrite deformante è un “gomitolo umano”, ma che èmolto sereno e cerca di portare il suo piccolo contribu-to ai problemi degli altri. Da questa amicizia Luigi ca-pisce che il vero male per l’uomo non è la malattia, ma

la sterilità di certi dolori arrabbiati e pia-gnucolosi o pieni di invidia; e che la più grandedisgrazia è la chiusura nella propria sofferenza, perchérende incapaci di fare qualcosa per gli altri.

Così inizia il suo cammino di accettazione e di va-lorizzazione della propria malattia, dimenticando lesue sofferenze, per pensare a quelle degli altri. L’avve-nimento che darà la svolta definitiva alla sua vita è l’e-sperienza del colloquio con il Crocifisso, che lo investìcon la sua luce intensa e riempì il suo cuore di pace edi gioia. Inizia a pregare intensamente, mettendosicompletamente e per sempre nelle mani di Dio. I pel-legrinaggi a Loreto e a Lourdes saranno per lui espe-rienze forti e doni grandi di Dio per perseverare, congioia, nel Suo amore. Durante un pellegrinaggio a Lo-reto chiede alla Madonna di guarirlo dentro, di render-lo un uomo per gli altri, di dare uno scopo al suo sof-frire. La grazia di Dio, la preghiera, la devozione allaVergine, l’aiuto della mamma si fanno strada nel suoanimo e lentamente lo trasformano.

Sono uno che si è messo nelle mani di DioIn una lettera del 1974 Luigi si presenta ai molti

amici che gli scrivono: “Non voglio rattristare nessuno,anzi, mi piacerebbe ridare la gioia che Dio mi ha messodentro. Sarebbe ingiusto se la tenessi tutta per me… Hopensato che, quando si è una candela e si è destinati abruciare, è meglio ardere su di un altare che un unacantina. Non amo la croce per la croce. Ma, quandoc’è, bisogna farne un mezzo di salvezza, una fonte dimisericordia e di perdono. Non sono un eroe, né unsanto. Sono soltanto uno che si è messo nelle mani diDio, che crede nel suo amore e si lascia guidare. An-ch’io con la mamma dico:” Signore, ti ringrazio per lavita che mi hai dato. Non la meritavo affatto“.

Luigi comprende sempre più la necessità di porre ilsuo stato fisico nella luce di una fede fondata su GesùCristo, l’unico capace di dare un significato al dolore ealla malattia: “Quando il dolore mi ha ghermito mi so-no ribellato:”perché proprio a me?”. Poi mi sono det-to, rabbrividendo: “E allora a chi?”. Ho accettato,ma avevo paura, conoscevo la mia debolezza, e hodetto: Mio Dio, metterai Tu un peso di cinquanta chilisulle spalle di chi non regge neanche dieci? Penso al-lora che sosterrai il mio fragile passo. Se è così, Si-gnore del mio cuore, non temerò l’impegno che mi af-fidi”. (continua)

Coltorti M. G

3 - LUIGI ROCCHI: UN UOMO PER GLI ALTRI“Luigino, Gesù ti ama!”

Mamma Maria tiene in mano il crocifissodi fronte a cui nel 1957 Luigino ebbe un’estasi.

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La mia consacrazione perpetua a Dio

Come è evidente, non è semplice dire cosa si provinel presentare una domanda di ammissione alla pro-fessione perpetua, e meno ancora lo è descrivere i sen-timenti e gli stati d’animo di quel momento particola-re. Credo che sia un po’come descrivere l’emozionedi un giovane che domanda la mano della sua sposa o isentimenti che albergano nel suo cuore quand’è sul-l’altare: il cuore batte, e la testa è un turbine di idee,speranze e sogni aventi tutti il medesimo protagonista:la persona amata.

Così ho vissuto io quel giorno: con la testa e il cuo-re gonfi di gioia, emozione, amore a Gesù e ai fratelli.

Perché Cristo mi hachiamato, e mi hachiamato ad annun-ziare e testimoniareil suo amore. Eccoquindi spiegato an-che il mio cognomereligioso (che amolti suona strano ecomunque non tra-dizionale): dellosguardo delSignore. In esso èsintetizzata da unaparte il mio sentir-mi guardato edamato da GesùCristo, dall’altro ilmio sentirmi chia-mato a guardare ifratelli nello stessomodo, con lo stes-so sguardo d’amo-re. A voi che con-

dividete il nostro cari-sma, fratelli, domando la grazia delle vostre preghiereperché io possa sempre rispondere degnamente a que-sta mia missione. dall’altro il mio sentirmi chiamato aguardare i fratelli nello stesso modo, con lo stessosguardo d’amore.

Prima di concludere, vorrei dire un mio persona-lissimo grazie a Dio, per la mia famiglia che, oltre adavermi educato alla fede, mi ha sostenuto ed accom-pagnato in tutti i momenti salienti di questo camminodi sequela e di risposta alla mia particolare vocazionee che nel giorno della mia professione, seduta accantoa me, ha partecipato della mia gioia, della mia emo-zione, della mia commozione; per la mia parrocchia, imiei amici, i tendopolisti e tutti gli Amici di Gesù Cro-cifisso che hanno partecipato a questa cerimonia per-sonalmente o anche solo con la preghiera; per i mieiformatori, che mi hanno aiutato a rispondere più au-tenticamente al disegno di Dio sulla mia vita.

A voi che condividete il nostro carisma, fratelli,domando la grazia delle vostre preghiere perché iopossa sempre rispondere degnamente alla mia missio-ne e insieme continuare a prepararmi con impegno efedeltà agli ordini sacri.

C. Confratel Lorenzo cp

Amici di Gesù Crocifisso

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I l 13 marzo è stato per me un giornomolto importante: nella nostra chie-

sa di Morrovalle (MC) ho consacrato per sempre lamia vita al Signore nella Congregazione della Passio-ne.

Certamente in molti si chiederanno quali possanoessere state le emozioni, le sensazioni di quel giornoper me tanto particolare e in questo spazio cercherò didare loro risposta.

Di certo, la professione perpetua dei voti non vieneda un giorno all’altro, ma –in un certo senso– costitui-sce la meta (o “tappa”, secondo i punto di vista) di uncammino iniziato già diversi anni prima. Io sono en-trato in conventonel settembre1997: è stato al-lora che, in se-guito ai varieventi che hannosegnato la miavita, ho iniziato ilcammino che og-gi ha avuto que-sto particolare si-gillo.

Durante que-sto cammino, fat-to peraltro di pre-ghiera e discerni-mento (speciequest’ultimo conl’aiuto del padrespirituale e con-fessore, e dei reli-giosi che hannocurato la mia for-mazione), ho vis-suto momenti dal-l’intensità unica…

Ricordo per esempio quando, durante il periodo delpostulantato, il p. Alberto (allora direttore) ci insegna-va i primi rudimenti della meditazione passionistausando le meditazioni preparate per gli AGC (all’epo-ca ancora neppure rilegate…).

Ricordo il periodo del noviziato quando, col p.Francesco Guerra (allora maestro), abbiamo studiato ildiario spirituale di san Paolo della Croce e ne abbiamovisitato i luoghi significativi.

Ricordo il tempo dello studentato teologico, quan-do a Roma mi impegnavo a prepararmi in vista del mi-nistero e quando –durante quel periodo- ho avuto lamia prima esperienza di missione in provincia di l’A-quila. Ricordo la trepidazione e la voglia di fare. Ri-cordo il desiderio di conoscere per annunciare.

Ricordo oltre a tante belle esperienze, le meditazio-ni che ho fatte in questi anni su Gesù e sulla sua pas-sione. Ricordo gli impegni assunti durante le mie me-ditazioni e il profumo dei miei “mazzolini spirituali”.

Tante esperienze, tanti ricordi, una missione… e al-lora la consacrazione non è più una scelta ma una ri-sposta: una risposta all’amore di Dio che chiama.

Momento di festa di C. Lorenzo con i genitori, dopo la consacrazione

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Amici di Gesù Crocifisso

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I l 28 e 29 febbraio con un gruppo di circa 45amici, ci siamo trovati al Santuario di San

Gabriele, per il primo corso di formazione per gli ani-matori degli Amici di Gesù Crocifisso.

Il corso è stato organizzato dal nostro Assistente P.Alberto Pierangioli e dalla Presidente Piera Iucci. Ab-biamo avuto una discreta rappresentanza di tutte le fra-ternità delle Marche e di due dell’Abruzzo. Molta gioiae incoraggiamento ci ha dato anche la partecipazionedel Coordinatore nazionale del MLP, Franco Nicolò.

Relatore del corso è stato il P. Fernando Taccone.Nel primo incontro l’Assistente P. Alberto ha spie-

gato il perché di questo corso. Dall’invito del papa allachiesa universale “Pr endi il largo” nasce l’esigenzadi un’evangelizzazione non più ristretta al mondo ec-clesiastico, ma estesa a noi laici. Da qui anche la ne-cessità di ritrovarci insieme, per sostenerci con uncammino comunitario.

Aderire ad un cammino di fede significa prenderecoscienza che tutti siamo chiamati alla santità e all’im-pegno missionario; il movimento degli Amici di GesùCrocifisso ci aiuta additandoci la spiritualità di SanPaolo della Croce.

Come animatori, dobbiamo crescere personalmenteper aiutare i fratelli a crescere, dobbiamo imparare perinsegnare, formarci per formare; dobbiamo passare daun cammino individuale a un cammino comunitario,dall’impegno per la nostra vita all’impegno per laChiesa. È un traguardo ambizioso che richiederà tem-po ed energie e la necessità di ripetere questi incontri.Per la prima volta, come Amici di Gesù Crocifisso, ab-biamo davanti un cammino triennale. Dobbiamo darcialcune linee guida che ci aiutino ad attuarlo. Dobbia-mo accrescere la comunione tra noi, nei gruppi e tra igruppi e anche l’impegno e l’inserimento nella chiesalocale. Dobbiamo accentuare una radicalità di vita per-sonale e comunitaria.

Incontri-LaboratorioSono quindi iniziati i tre “Incontri–laboratorio”

guidati dal P. Taccone, seguiti con molto interesse e

molta partecipazione da tutti. Il relatore ha avuto ilmerito di coinvolgerci tutti: ha sapientemente illustratola figura dell’Animator e, la sua Formazionee il Me-todo da mettere in pratica con l’elasticità che ogni si-tuazione richiede.

1. Chi è l’Animatore degli AGC?Chi ha aderito agli AGC, ha chiaro in sé l’obbietti-

vo del Movimento e lo vuole condividere creativa-mente con altri.

Perché lo fa? Come battezzato sente che non puòtenersi dentro l’amore di un Dio che lo ama fino a sa-crificarsi sulla croce. Il carisma di San Paolo dellaCroce aiuta a uscire da una fede solo per me, spinge adare quel poco che si ha e accende il desiderio di aiu-tare gli altri ad approfondire e vivere la fede.

Come lo deve fare, per evitare apatia e scarsa par-tecipazione agli incontri? Con formazione e metodo.

2. La Formazione dell’animatore Per essere “animatore” non c’è bisogno di una pre-

parazione eccezionale, basta la formazione seria di ognicristiano di buona volontà, come è indicata anche dalnostro Statuto. Deve saper accostare le persone conmolta attenzione e delicatezza e deve sostenere il grup-po con l’esempio e con la sua preghiera personale.

Deve saper ascoltare, essere attento alle situazioniconcrete, amichevole, servizievole e paziente con tutti;deve ricordare gli incontri con inviti precisi e opportu-ni, avere sempre aggiornato l’elenco del gruppo.

3. Il Metodo riguarda le varie attività proposte dalloStatuto; ognuna di esse deve essere portata avanti conmetodo semplice e adatto alla composizione del grup-po. Per ogni incontro occorre preparare un sussidio an-che di un solo foglio. Cercare di coinvolgere tutti, dan-do a ciascuno un’incombenza particolare secondo lepreferenze e le attitudini. I malati devono essere aiutatia valorizzare l’apostolato della sofferenza.

L’incontro non superi l’ora e mezza di tempo. Nonsiamo riusciti a esaurire il programma proposto; ma cisiamo lasciati con l’impegno di ritrovarci ancora percontinuare la nostra formazione.

Letizia e Betta

Corso animatori: Il P. F. Taccone parla agli amici

Partecipanti Corso Animatoricon S. Paolo della Croce “innevato”!

Corso di formazione per AnimatoriS. Gabriele: 28-29 febbraio 2004

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Amici di Gesù Crocifisso

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Meditazione da un letto di ospedaleSola, in una cameretta di ospedale, ho modo di ri-

flettere e pensare alla mia vita. Apro il libro “Voi sietemiei Amici” e medito “Gesù abbraccia la Croce”.Gesù che soffre e offre tutti i suoi dolori per la nostrasalvezza mi fa capire quanto sia grande il suo amoreper me. È giunto il mio momento; anch’io dovrò darein cambio qualcosa per colui che ha dato se stesso insilenzio per me. Mi rivolgo a Lui con il cuore: “Signo-re, pietà, accetta con benevolenza le mie mancanze, lamia poca fiducia e soprattutto la mia paura”.

Vorrei tanto saper ascoltare i consigli di Gesù; vor-rei essere migliore, agire in modo giusto e saper ascol-tare con più impegno ciò che finora non sono riuscita afare. Capisco che il mio dolore è ben poca cosa, certa-mente non paragonabile a ciò che ha patito Gesù perme. Cerco rifugio nella preghiera, che mi dà forza e miaiuta a comprendere che questa è una prova permessadal Signore per rafforzare la mia fede. Non ho pauradel risultato, mi sentotranquilla. Il mio pen-siero va spesso a Giu-lio, mio marito e a tuttele sue sofferenze, primadi salire al Padre: il suoricordo e soprattutto ilpensiero di Dio mi aiu-tano a superare questomomento.

Il dolore, se accetta-to con amore e peramore, aiuta ad avvici-narci con più slancio eintensità a Dio, che havoluto che il proprio Fi-glio arrivasse a dare la vita per amore di tutti gli uomi-ni. Mi vengono in mente anche le parole di S. Paolodella Croce: “L ’amore insegna tutto, perché la Passio-ne con i suoi amarissimi dolori è opera di un amoreinfinito” .

La mia vita è cambiata radicalmente in poco tem-po. Mi sono risvegliata come da un incubo. Venire aconoscenza come una doccia fredda di essere affettada un tumore maligno allo stomaco mi ha sconvolta;ma con la stessa velocità mi sono ripresa e mi sono ri-volta a Gesù Crocifisso. Non ho chiesto grazie, ma laforza e il coraggio di sopportare il dolore e di accettar-lo con amore senza lamenti.

Ora sto meglio; mi mancano soltanto gli incontri inparrocchia e soprattutto i ritiri mensili a Morrovalle ele catechesi di P. Alberto. Anche se Gianni mi porta leregistrazioni, mi manca la presenza degli Amici, ilconfronto con loro e il loro calore umano. Adesso hoiniziato a comprendere l’importanza dell’amore a Ge-sù Crocifisso, al quale rivolgo spesso questa preghiera:“Aiutami e dammi ancora un po’ di tempo per co-noscerti meglio e amarti sempre più”.

Maria Teresa

Adesione eroica all’amore“Caro padre, negli ultimi mesi ho vissuto delle bel-

le esperienze spirituali, sono stata molto felice di averecosì vicino Gesù. Da quando conosco i Passionisti emi sono iscritta agli Amici di Gesù Crocifisso sono na-ti in me altri sentimenti e faccio cose che mi gratifica-no. Leggendo il libro “Voi siete miei Amici” ho capi-to alcune cose che prima mi era difficile capire, comel’orazione mentale. Cerco di diffondere le immaginettedi Gesù Crocifisso con la Promessa di Amore, per fareconoscere Gesù. Sono contenta di far parte degli Ami-ci di Gesù Crocifisso, perché finalmente posso direapertamente “Io amo Gesù”. Per molto tempo ho vis-suto la mia fede in segreto, perché vivo in mezzo apersone atee. Ma sono riuscita a riportare alla fede lemie sorelle e un mio fratello che stava diventando te-stimone di Geova. Sono vissuta sempre come una cro-cifissa in mezzo a tanti problemi, forse per questo ilSignore mi ha fatto conoscere gli Amici di Gesù Cro-

cifisso, anche se nellamia regione non vi so-no gruppi di Amici. A15 anni ho perso lamamma; ho dovuto oc-cuparmi della numero-sa famiglia, delle miesorelle e fratelli, di cuidue handicappati, sen-za un aiuto da nostropadre. Non ho fattonulla per me, ma hofatto qualcosa per Ge-sù, ho molto amato Ge-sù. Da quando ho inco-minciato ad amarlo, mi

sono interessata di conoscerlo meglio, leggendo libridi teologia, scrivendo di Lui e del mio cammino spiri-tuale. Mi è stato difficile capire e accettare la croce,specialmente le sofferenze e la morte di mia madre.Alcuni anni fa sentivo che Gesù volesse qualcosa dame e pensavo di diventare religiosa; ma non potevofarlo, per la situazione della mia famiglia. Allora hocapito che dovevo aiutare il prossimo, assistendo lepersone bisognose, anziani, handicappati, perché hocapito che c’era Gesù in loro. Ho scritto queste coseperché nessuno meglio di te può comprendere che co-sa siano i crocifissi, la sofferenza e l’amore per Gesù”.

M. Cristina

Gesù lo ha voluto

Quando ripenso a come ho conosciuto gli Amici diG. C. mi dico che Gesù stesso lo ha voluto. Una matti-na, nella mia chiesa di S. Gabriele a Giulianova LidoTe, notai il giornalino degli Amici che mi colpì subito;me lo portai a casa e lo lessi tutto d’un fiato. Mi piac-que tanto e lo feci vedere ad Anna e Carolina. Dopoalcuni mesi P. Alberto venne nella nostra chiesa in oc-

Testimonianze

Fraternità di Montecosaro

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pochezza. Un’altra cosa bella che ho capitoè che Dio si può pregare non solo ripeten-do un’infinità di preghiere, magari di cor-sa per dirle tutte, ma meditando la suaParola e stando in silenzio davanti a Luiperché ci parli. Ho imparato anche cheè giusto esprimere al Signore i nostri desi-deri, le necessità; ma che dobbiamo essere anche di-sposti ad accettare la sua volontà anche quando nonconcorda con la nostra. Ho imparato ad essere menoegoista con il prossimo, e tante altre piccole cose chemi aiutano a sentirmi meglio dentro. Ho ancora tan-tissima strada da fare nel cammino di santità che solol’infinita misericordia di Dio potrà concedermi.

Gianni

Dopo un triste periodo…ora sono feliceNel 1994 ho incontrato gli Amici di G. C. attraver-

so alcuni amici che mi hanno fatto conoscere P. Alber-to. Ho iniziato questo cammino di fede, aderendo allachiamata del Signore con tutta me stessa. Dopo un tri-ste periodo della mia vita, pregando, partecipando agliincontri e vivendo intensamente gli insegnamenti rice-vuti, riacquistai la gioia, la fermezza e la determina-zione che mi hanno risuscitata. Ho imparato come siprega, come ci si comporta, come si ama il nostroprossimo, perdonando sempre, senza riserve, senza re-criminazioni, senza risentimenti. Mi sono liberata ditutto; ora sono gioiosa, felice, vivo veramente una vitanuova. Ciò che riesco a fare per la parrocchia, per lemissioni, per il Movimento, ha riempito tutti i mieivuoti; ora mi sento bene e ho capito il grande amoreche Dio mi ha dato, mi dà e continuerà a darmi sem-pre. Ora considero il MLP“Amici di Gesù Crocifisso”come il mio vero cammino di santità. Ho compresoche non basta pregare, agire solo per noi stessi egoisti-camente; quello che il Signore mi ha insegnato attra-verso i Passionisti devo diffonderlo tra gli altri, se-guendo le regole, i consigli, gli insegnamenti forti ri-cevuti. Dobbiamo crescere, responsabilizzarci al mas-simo, perché il nostro cammino si rafforzi, per questoho messo al servizio del Signore tutta la mia vita.

Maria Luisa

Amici di Gesù Crocifisso

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casione della Pasqua. Mi presentai, gliene parlai e cosìmi iscrissi subito. Gesù ha ascoltato le preghiere delpadre, affinché nascesse anche qui un gruppo di Ami-ci. Spero tanto che questo gruppo cresca nel numero esoprattutto nell’amore e nella fede. Per il momento lecose fra noi Amici vanno bene. Questo gruppo ci uni-sce. Noto che anche quando ci incontriamo in altri po-sti ci teniamo a scambiarci saluti, consigli e anchequalche pensiero che riguarda il cammino. Io sonomolto soddisfatta. Ho iniziato da bambina, dietro l’in-segnamento delle suore, a percorrere la strada della fe-de. Poi ad un certo momento della mia vita ho pensatoche forse c’era troppa superficialità nelle mie azioni eche in fondo in fondo a Gesù non offrivo proprio nien-te. Ho provato a guardare nei vari gruppi e ho finitocol non capire più quello che dovevo o che potevo fa-re. Ma Gesù ha provveduto. Ho ritrovato nel camminodegli Amici l’incoraggiamento a riprendere il camminolasciato, con maggiore impegno, ma con la consapevo-lezza e la certezza che Gesù mi ama per quella che so-no, che apprezza i piccoli gesti, i sorrisi, i sempliciconsigli che riesco ad offrire. Tutto questo mi riempiedi una gioia profonda che mi aiuta a rialzarmi le trop-pe volte che cado. Chiedo a Gesù di aumentare la miafede, perché ne ho veramente bisogno e ringrazio il P.Alberto per quanto fa per me e per tutti gli Amici diGesù Crocifisso.

Santina

Vorr ei che venissero anche dei giovaniHo incontrato il MLPleggendo nella bacheca del-

la chiesa dei Passionisti a Recanati l’avviso di un in-contro che P. Alberto avrebbe fatto per spiegare cosafosse il MLP. Ci sono andato con mia moglie, poi cisono ritornato ed ho scoperto una cosa bellissima,perché con questo Movimento mi sono avvicinatoveramente al Signore. Il cammino del mio gruppo dicui indegnamente sono stato scelto come responsabi-le, non è sempre lineare: alcuni vengono senza grandiconvinzioni; altri hanno preso seriamente questocammino e cercano di fare tesoro di quanto appren-dono nei nostri incontri e nei ritiri mensili a Morro-valle. Non è facile fare capire l’importanza di questomovimento della spiritualità passionista ai più giova-ni, ma mi auguro che prima o poi ci si riesca. La miavita dopo l’incontro con gli Amici di G. C. sta cam-biando. Ho imparato a capire il valore della sofferen-za offerta a Dio ed anche nella fraternità ho qualcheesempio splendido che mi fa vergognare della mia

Amici partecipanti Corso animatoriSan Gabriele 28-29 febbraio

Peregrinatio Crucis, Macerata 22 marzo 2004

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Un grazie sincero a coloro che hanno inviato offerte per le spese di stampa.

Ricordiamo al Signore i nostri defunti:Zambon Morresi Antonia di Corridonia: 02-04-2004

VIII CONVEGNO NAZIONALE DEL MLPSantuario di S. Gabriele - Te: 27-30 maggio 2004.

Tema: “Il mistero pasquale nella vita del MLP”.Relatore: P. Gabriele Cingolani.

Per informazioni: Piera Iucci: Tel. 0733.814071. C. 339.162.6796.

Amici di Gesù Crocifisso

Un “cerino” come un farUn “cerino” come un faroo“Caro P. Alberto, l’Associazione “Amici di GesùCrocifisso” è una Sfida autentica e coraggiosa inuno stile che dona alla realtà della presenza per-sonale come membra viventi del Corpo Misticola soave presenza e azione in una convivenzaamichevole, con un unico programma che in-veste la vita: “Per me infatti il viver e è Cristo”(Ef 1,21). Auguro che gli “Amici” chiamati aconoscere, comprendere e vivere la “sapienzadella Croce” siano la vera “lampada chesplende in luogo oscuro” e siano dono di luce achi si è smarrito per vie oscure. Sono lieto di es-sere come un cerino acceso che si unisce allaluce delle tue attività”.

P. Paolo Maria Totaro

“V“V oi siete miei oi siete miei Amici” Amici” “Continuo a nutrirmi del suo libro “Voisiete miei Amici” , che considero convero stupore uno “scrigno” colmo dielementi, itinerari, percorsi per med-itare e partecipare col cuore e l’animaal mistero della Croce e dell’Amore diCristo: I pensieri di san Paolo dellaCroce poi mi entrano nell’anima comefrecce, con una forza tale e con unaluce divina uguali forse alle parole delSignore! Così anche le pratiche dellaVia Crucis e le meditazioni che mi ac-compagnano quotidianamente. Graziedi cuore e che il Buon Dio la benedicae la ricompensi”. Adriana Galliano

A M I C I N E W S

Maggio-Giugno 2004 – Anno V n. 3Aut. del Trib. di MC n. 438\99 del 17-12-1999Sped. Ab. Post. Art. 2 com. 20\c L.662\96 - MC Tecnostampa – Recanati - C. c. p. 11558624Dir. R. Tonino Taccone – Red. P. Alber to G. PierangioliP. San Gabriele 2 - 62010 Morrovalle MCT. 0733.221273 - C. 349.8057073 - Fax 0733.222394E-mail [email protected]://www.passionisti.org/mlp/amici

9 maggio: Ritiro a Morrovalle Ci ritroviamo insiemeanche per ringraziare il Signore per i 50 anni di sacer-dozio del nostro Assistente, P. Alberto Pierangioli.

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6 giugno: Ritiro a Morrovalle e Consacrazioni a Gesù Cro-cifisso: anima P. Gabriele Cingolani.


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