MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
In Giappone trasmissioni in 8K dal 1 dicembre
Google Pay in Italia Come funziona e con quali banche 03
39
Panasonic FZ950 TV per utenti “cult”
42
Mavic 2 e Macbook Editing in alta quota
47
Xiaomi Mi Band 3 Vale più del prezzo
IN PROVA IN QUESTO NUMERO
34
Ecco come nasce il Folletto Abbiamo visitato la fabbrica Siamo stati nella sede di Vorwerk e in fabbrica un viaggio affascinante fatto di storia, tecnica, visione e innovazione. Ecco com’è andata
17
Tutte le novità Apple e cosa invece non ci hanno dettoL’erede di iPhone X è Xs; Xs Max è la versione con display grande da 6,5”; Xr è coloratissimo Watch 4 è più grande e totalmente rinnovato
Rete 5G, le frequenze “pregiate” a Iliad, TIM e Vodafone 04 09
Calcio su Internet, ancora problemi Siamo pronti per lo streaming?Fioccano in tutto il mondo i disservizi sulle piattaforme di streaming a causa della crescita del pubblico. Forse non è ancora ora di dire addio al “vecchio” broadcasting
06
Le nuove GoPro 7 costano meno ma le novità sono poche
59
Hyundai Kona Electric La prova su strada
25
iOS 12 è arrivato Conviene aggiornare?
36
Termostati smart Quanto si risparmia?
32
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MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
di Gianfranco GIARDINA
Tu chiamale se vuoi… elezioni: Giulio
Rapetti, in arte Mogol, è il nuovo
presidente di SIAE. Succede a
Filippo Sugar e segna un ritorno a una
carica prettamente autoriale e di chiara
fama, dopo il mandato di Gino Paoli del
2013. E Mogol, che sulle parole ha co-
struito la propria celebrità, ha deciso di
sfoderarne di durissime per presentarsi
agli associati: “Siamo in guerra: si sta
attentando al diritto d’autore - ha detto
Mogol riferendosi alla normativa sul dirit-
to d’autore in discussione al Parlamento
europeo - . Responsabili sono le multina-
zionali piene di miliardi. Ma spero tanto
che vinceremo: loro hanno i miliardi e
fanno attività di lobbying, noi abbiamo
ragione”. Insomma, Mogol, che è sem-
pre stato un personaggio schivo, non è
che in questo frangente la tocchi proprio
piano. Per lo meno questa volta l’obiet-
tivo delle invettive non è il concorrente
Soundreef ma lo strapotere delle lobby
dei colossi della rete. D’altronde il tono
un po’ sopra le righe si inserisce perfet-
tamente nel nuovo corso di SIAE, ben
più esposto ed aggressivo ora che sem-
bra aver perso una parte del consenso
istituzionale che ne ha sempre accom-
MERCATO SIAE torna ad assegnare la carica di presidente a un personaggio popolare
Mogol eletto nuovo presidente della SIAEIl consiglio sembra in continuità con le ultime gestioni del direttore generale Blandini
pagnato l’operato. Ma di certo, nei con-
fronti con le istituzioni e l’opinione pub-
blica, avere come presidente un autore
celebre, che ha scritto pezzi memorabili
della musica italiana, è una fattore chiave
per il successo delle mozioni di SIAE. Al
fianco di Mogol opereranno come consi-
glieri altri volti noti, almeno agli operatori
del settore: primo fra questi l’ex enfant
prodige Salvatore Nastasi, genero di
Giovanni Minoli, per anni funzionario del
Ministero dei Beni Culturali dalla carriera
fulminea e dal curriculum lunghissimo, ultimamente approdato, con l’appoggio
di Matteo Renzi, presso la presidenza
del Consiglio come Commissario per
Bagnoli; peraltro Nastasi diversi anni fa
era direttore generale Spettacoli dal Vivo
del Ministero dei Beni culturali proprio
quando l’attuale direttore generale di
SIAE Gaetano Blandini lo era del settore
cinema: le cronache del tempo li dava-
no come inseparabili. Con Nastasi, sullo
scranno da consigliere c’è anche Rober-
to Razzini, Managing Director di Warner
Chappell Music Italiana, molto vicino alle
posizioni delle ultime gestioni SIAE; e
poi Claudio Buja, presidente di Universal
Music Ricordi Publishing e anche presi-
dente di Emusa (associazione degli edi-
tori musicali), che recentemente invece
aveva criticato certi atteggiamenti stiz-ziti di SIAE nei confronti di Soundreef, pur rimanendo, nella dialettica tra le due
società, apertamente schierato dalla par-
te dell’ex monopolista. Chiude la lista Fe-
derico Monti Arduini, meglio noto come
Il guardiano del faro e celebre negli anni
‘70-80. A presiedere invece il consiglio
di sorveglianza è stato chiamato Andrea
Purgatori, autore e conduttore TV, do-
cente di sceneggiatura e che in passato
ha già rivestito altre cariche in SIAE.
Un consiglio che sembra in continuità
con le ultime gestioni del direttore ge-
nerale Gaetano Blandini (salvo proba-
bilmente un monito di Buja a riporre la
katana) che pare più saldo che mai alla
guida della gestione di SIAE di fronte alle
sfide della liberalizzazione.
di Massimiliano DI MARCO
I taliansubs ha comunicato che cesserà
di creare sottotitoli in italiano, specifi-
cando nella lettera di annuncio, pub-
blicata sul suo sito ufficiale, che “questo
accade a seguito di segnalazioni di utilizzi
impropri e illeciti da parte degli organi di
controllo”. Quelli di Italiansubs sono (o
meglio, erano) alcuni dei sottotitoli più
popolari in rete; la loro assenza è un duro
colpo per tutti coloro che guardano serie
TV e film in streaming in lingua originale.
Molte di queste serie TV e film, inutile
nasconderlo, erano di dubbia provenien-
za, soprattutto le Serie TV che molti sono
soliti scaricare in anticipo rispetto all’uscita
italiana. È proprio nell’ottica del contrasto
alla pirateria che FAPAV, federazione di
MERCATO La comunità sul web “piange” l’addio di Italiansubs dalla scena dello streaming
Italiansubs chiude. Gli editori: “Ci danneggiavano”FAPAV celebra la decisione: “La sottotitolazione viola il diritto d’autore e danneggia le aziende”
cui Anec, Anem, Anica, Mpa e Univideo
sono soci permanenti, guarda con favore
alla decisione di Italiansubs, nota anche
come “Itasa”. “La Federazione per la Tu-
tela dei Contenuti Audiovisivi e Multime-
diali apprezza la condotta dei gestori di
‘Italiansubs’ e dell’intera loro community
che hanno compreso le motivazioni del-
la richiesta, spiegandole ai propri utenti”
scrive la federazione in una nota.
“La sottotitolazione - aggiunge FAPAV
- non autorizzata delle opere, infatti, dan-
neggia fortemente tutte quelle aziende
che investono per produrre film e serie
televisive e i cui ricavi, derivanti dallo
sfruttamento economico dell’opera, sono
determinanti per continuare a produrre
contenuti di qualità sul mercato italiano
ed internazionale.”
“La traduzione non autorizzata, e relativa
messa a disposizione online dei sottoti-
toli realizzati, incide negativamente sia
sull’audience televisiva sia sul numero
delle visioni dell’opera in streaming o
download sulle piattaforme legali che ne
detengono i diritti di sfruttamento. Spesso
tali traduzioni, inoltre, riguardano opere
non ancora distribuite sul nostro mercato”
secondo FAPAV. Da qui la richiesta inviata
a Italiansubs, che l’ha accolta cessando
totalmente la sua attività.
Chiusi CB01 Altadefinizione, Eurostreaming e Guardaserie Ma stanno già tornando Chiusi dalla Guardia di Finanza alcuni tra i portali più popolari per la visione di contenuti illegali in streaming Ma stanno ritornando con un dominio leggermente differente di Candido ROMANO
Altadefinizione, Eurostreaming, CB01 e Guardaserie sono siti il-legali, dato che ospitano film e serie TV non di loro proprietà. I quattro siti sono sono stati chiu-si dalla Guardia di Finanza a due anni dalla maxi-operazione che portò all’oscuramento di altri 152 siti web pirata che offrivano link il-legali per vedere anche partite di calcio. Si parla di lauti guadagni provenienti da questi contenitori di link per la visione illegale, de-cine di migliaia di euro al mese, grazie alla pubblicità online e i banner estremamente aggressivi che si trovano in siti del genere. Diciamo che è una sorta di “con-tratto” stipulato tra chi mette onli-ne illegalmente questi contenuti e chi li guarda gratuitamente, che si aspetta un’invasione di pubblicità e X rosse da cliccare ovunque. Il problema della pirateria online è decisamente esteso: il 37% della popolazione adulta guarda conte-nuti illegalmente su internet, per un danno per l’economia italia-na di oltre un miliardo di euro. Il problema è che alla fine tornano sempre, la storia si ripete. Guar-daserie, CB01 ed Eurostreaming sono già tornati online, ma con un dominio leggermente differente, immaginiamo con una localiz-zazione estera per continuare a tornare online anche dopo un possibile blocco dei DNS. Quan-to tempo passerà prima che torni anche Altadefinizione?
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MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
di Massimiliano DI MARCO
Vodafone, Wind Tre e Fastweb. Sono
questi i tre operatori migliori per
velocità media di download della
linea fissa in Italia secondo l’analisi di
nPerf, compiuta su oltre 255mila test tra
l’1 gennaio e il 30 giugno. Eolo, invece, la
spunta nella sfida della latenza, superan-
do ampiamente operatori più popolari.
Il test non riguarda la velocità massima
raggiungibile dagli operatori né la co-
pertura, bensì quale sia l’effettiva velo-
cità media in Italia; un dato che, quindi,
dipende non soltanto dall’infrastruttura
fisica, ma anche dall’abbonamento atti-
vo sulla linea dell’utente, magari ancora
legato a un’offerta vecchia. Ecco spiega-
to, quindi, il quinto posto di TIM, che con
una velocità media di download di 44
Mbps è dietro anche a Wind Tre (55,55
Mbps), operatore che solitamente, quan-
do vengono analizzate le prestazioni
della rete mobile e fissa, si ritrova dietro
sia a Vodafone sia a TIM.
MERCATO Un’analisi di nPerf compiuta su oltre 255mila test tra l’1 gennaio e il 30 giugno
ADSL e fibra: a Vodafone il premio velocitàEolo vince per la latenza; TIM delude forse a causa del suo pubblico con vecchi abbonamenti
Vodafone, come
detto, è l’operato-
re che ha ottenuto
il risultato migliore
con una media in
download di 59,13
Mbps. La media na-
zionale, invece, è di
49,34 Mbps secon-
do i test analizzati
da nPerf.
La classifica cambia di poco se viene
analizzato il dato della velocità in upload:
al primo posto resta Vodafone (26,40
Megabit al secondo), seguita da Tiscali
(25,25 Mbps), Fastweb (24,80 Mbps),
Wind Tre (17,85 Mbps) e poi TIM (11,53
Mbps); la media nazionale, invece, è di
17,42 Mbps. Eolo (2,96 Mbps) e Linkem
(2,10 Mbps) sono gli ultimi in classifica.
Un po’ a sorpresa è Eolo l’operatore
che propone la latenza media inferiore:
36,02 ms, ben al di sotto della media
nazionale di 42,48 ms secondo il test di
nPerf. Seguono TIM (39,25 ms), Vodafo-
di Roberto PEZZALI
Google Pay è arrivato anche in Ita-
lia: chi possiede una delle carte
compatibili con la piattaforma di
pagamento di Google può pagare ogni
cosa, dalle applicazioni con un semplice
click agli acquisti sui siti web fino ad arri-
vare, ovviamente, agli acquisti in negozi
ed esercizi commerciali. Tutto sfruttando
esclusivamente lo smartphone (Android
e iOS), e quindi senza estrarre la carta di
credito. Diciamo subito che la differen-
za principale tra un dispositivo Android
e un iOS è la possibilità di acquistare in
negozio via POS, possibilità al momento
esclusiva dei terminali Android. Google
Pay è semplicissimo da usare e dispone
di diversi livelli di sicurezza: per pagare le
applicazioni o su web basta un click, per
pagare con lo smartphone basta appog-
giare quest’ultimo sopra un POS che ac-
cetta acquisiti contactless digitando, per
MERCATO L’Italia è il 21esimo Paese nel mondo ad accogliere il sistema di pagamento di Google
Google Pay in Italia, ecco come funziona Basta scaricare l’app, associare una carta (di un istituto “compatibile”) e il gioco è fatto
acquisti superiori ad
una certa cifra (25
euro), un pin di sicu-
rezza. Ovviamente
prima è necessario
scaricare l’app su
un terminale com-
patibile (gli smar-
tphone Android de-
gli ultimi 3 o 4 anni),
associare la carta
emessa da un istituto di credito “compa-
tibile” e il gioco è fatto. Google promette
massima sicurezza grazie a un sistema
di token che implica che le informazioni
sulla transazione non vengano condivise
con l’esterno; inoltre, l’azienda garantisce
che i dati non verranno mai usati a fini
pubblicitari e, per incentivare l’uso del
suo sistema, lo offre gratuitamente sia ai
commercianti che agli utenti finali. Usare
Google Pay non costa nulla, dunque. Pay
è una piattaforma completa, che va oltre
la memorizzazione e l’emulazione della
carta di credito: nel “wallet” si possono in-
fatti memorizzare carte d’imbarco, biglietti
del cinema e carte fedeltà dei negozi, ri-
cevendo anche sconti, promozioni e pre-
mi. Per le partnership parliamo di grandi
gruppi quali Autogrill, Leroy Merlin, Mc
Donald, Bennet e altri. Ovviamente molti
si aggiungeranno nei prossimi mesi. Tra
le banche supportate dal circuito Widiba,
Mediolanum, Hype, N26 e Nexi, in arrivo
Poste Italiane e Carta BBC.
ne (39,25 ms) e Fastweb (40,19 ms). Ulti-
missima, invece, Linkem con 84,93 ms.
In merito ai risultati del test sulla latenza
e al trionfo di Eolo, però, nPerf fa un di-
stinguo. “Tuttavia, è necessario relativiz-
zare questa bella prestazione rispetto al
numero inferiore di abbonati per questo
operatore” ha dichiarato in merito a Eolo.
“Vogliamo inoltre sottolineare che Eolo è
l’unico operatore di questo barometro
che dispone di un server per gli utenti di
nPerf. Mentre Telecom Italia e Vodafone
hanno valori di latenza molto buoni ri-
spetto alla rispettiva quota di mercato.”
Amazon sotto indagine UE “Ruba” clienti ai suoi venditori aggiustando i prezzi L’azienda userebbe i dati dei venditori terzi per proporre prezzi più competitivi sui propri prodotti. Amazon è partner o concorrente? di M. D. M.
Questa volta sono le pratiche com-merciali di Amazon a essere al centro dell’indagine dell’antitrust europeo. In particolare il commis-sario europeo per la concorrenza, Margrethe Vestager, vuole avere maggiori informazioni riguardo alla raccolta dei dati a opera dei venditori su Amazon, dati che poi la stessa Amazon usa, magari, per mettere a puntino le proprie strate-gie di vendita. Sarebbe questo du-plice ruolo di partner-concorrente l’aspetto della piattaforma online che la Commissione Europea vuole chiarire. A oggi, però, non è ancora stato ufficialmente aperto un caso. “Stiamo raccogliendo informazioni sulla questione - ha spiegato Ve-stager in una conferenza stampa - e abbiamo inviato molti questio-ni ai rivenditori per comprendere appieno la situazione. Siamo an-cora in una fase preliminare e non abbiamo formalmente aperto un caso. Stiamo provando ad assicu-rarci di avere il quadro completo”. Lo shopping online è un mercato estremamente delicato. Google è stata multata dalla Commissione Europea nel 2017 perché a Google Shopping, il comparatore di prez-zi, veniva dato maggiore spazio rispetto ai servizi di terze parti; i risultati di Google Shopping, infatti, apparivano subito sotto alla barra di ricerca, un atteggiamento che, secondo l’antitrust europeo, non dava spazio ai concorrenti.
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MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
di Massimiliano DI MARCO
I liad, TIM e Vodafone. Sono questi i
tre operatori che si sono aggiudica-
ti fino al 2037 (con la possibilità di
proroga fino al 2045) i blocchi delle fre-
quenze a 700 MHz per la rete 5G per un
investimento totale di oltre 2 miliardi di
euro. Queste frequenze non saranno le
prime a essere disponibili per costruire i
servizi attorno al 5G, in quanto potranno
essere usati dagli operatori di teleco-
municazioni soltanto dal 2022, quando
il passaggio delle emittenti televisive
allo standard DVB-T2 lascerà spazio
su questa banda. Le prime frequenze a
essere disponibili per il 5G, il 31 dicem-
bre di quest’anno, saranno le quelle a
26 GHz e 3,7 GHz.
“Dopo la sesta tornata di rilanci si è
chiusa la procedura di gara per la ban-
da 700 FDD per i blocchi generici con un
introito totale di 1.363.436.396,00 euro
a cui si aggiunge il blocco riservato già
aggiudicato alla società Iliad Italia S.p.A.
per un importo pari a 676.472.792,00
euro” ha fatto sapere con una nota il
ministero dello Sviluppo economico. Se-
guendo le linee guide dell’Autorità per
le garanzie nelle comunicazioni (Agcom)
a Iliad era stato riservato un blocco da
MERCATO Iliad, TIM e Vodafone si sono aggiudicate le frequenze a 700 MHz, le più pregiate
Rete 5G: i 700 MHz a Iliad, TIM e Vodafone Lo Stato supera l’obiettivo minimo di guadagno: 2,8 miliardi. Si passa ai 3,7 GHz e ai 26 GHz
700 MHz al prezzo minimo (676 milioni,
appunto) in quanto nuovo operatore e
poiché i lavori per la realizzazione del-
la sua infrastruttura di rete sono ancora
in via di sviluppo. Restano a mani vuote
Fastweb, Wind 3, Open Fiber e Linkem,
operatori ammessi alla gara, ma che non
hanno fatto alcuna offerta per la banda a
700 MHz. Le frequenze a 700 MHz sono
particolarmente ghiotte e ritenute “no-
bili” poiché sono in grado di penetrare
all’interno degli edifici e di superare gli
ostacoli con maggiore facilità rispetto a
quelle con lunghezze d’onda più corte.
Risulta ancora aperta, invece, la proce-
dura per l’assegnazione della 700 SDL
e appare vivace la competizione sulla
banda 3700 MHz. L’ammontare totale
delle offerte vincenti a conclusione della
prima giornata ha già superato, com’era
prevedibile, l’obiettivo minimo di 2,5 mi-
liardi di euro che il Governo si era posto
come obiettivo di guadagno. A seguito
dei rilanci, infatti, il totale è salito a oltre
2,8 miliardi di euro, con un incremento
di 345 milioni di euro rispetto alle offerte
iniziali. “Con questo importante risulta-
to TIM amplia la propria disponibilità di
frequenze prioritarie per i servizi 5G; il
nuovo spettro si aggiunge, infatti, ai 20 +
20 MHz che TIM ha nelle bande a bassa
frequenza 800 MHz e 900 MHz, che già
garantiscono la fornitura di servizi UBB
per una copertura della popolazione di
oltre il 98%” è stato il commento di TIM
a seguito della prima giornata.
Amazon Prime Now arriva a Roma: consegna entro un’ora Consegne entro un’ora a pagamento oppure gratuite in due ore superato un certo limite di spesa di M. D. M
Amazon Prime Now, il servizio di spedizione “ultraveloce” già introdotto da Amazon a Milano, sbarca anche a Roma. Dalle 8 a mezzanotte, 7 giorni su 7, circa i prodotti acquistati vengono consegnati entro un’ora diretta-mente al piano dell’abitazione (nelle zone di Roma in cui è di-sponibile questo servizio) o “in una finestra a scelta di due ore”. Il tutto ha un prezzo: 7,99 euro per la consegna in un’ora o gra-tuito per la finestra di due ore per ordini superiori a 50 euro. Quest’ultima condizione entrerà in vigore soltanto dal 2019; fino alla fine del 2018 per usufruire della spedizione gratuita in due ore basterà un ordine superiore ai 25 euro.Il servizio Amazon Prime Now è disponibile in “alcune zone selezionate di Roma”; è possibi-le verificare quali siano dal sito primenow.amazon.it inserendo il proprio CAP per sapere se la consegna ultrarapida è disponi-bile nell’area di residenza speci-ficata. “Siamo orgogliosi di rende-re disponibile Prime Now anche ai nostri clienti Prime di Roma. Grazie all’importante accordo con Pam Panorama, i clienti hanno la possibilità di scegliere tra oltre 8.000 prodotti di uso quotidiano, tra cui anche i freschi, che posso-no essere consegnati direttamen-te a casa al piano entro un’ora o in finestre di due ore” ha dichiara-to Mariangela Marseglia, Country Manager di Amazon.
di Roberto FAGGIANO
Sono cambiate Le offerte di abbona-
mento per Sky sul digitale terrestre.
L’offerta valida fino al 30 settembre
in apparenza sembra conveniente, pre-
vede infatti un ulteriore sconto di 5 euro
al mese a parità di pacchetti offerti rispet-
to all’offerta precedente, ma leggendo
meglio le nuove condizioni ci sono altre
novità assai meno convenienti. Il prezzo
di 29,90 euro al mese vale solo per un
semestre perché comprende uno sconto
sul pacchetto Sport. Dopo i primi sei mesi
invece il pacchetto torna a prezzo pieno
e quindi il costo mensile (se si desidera
mantenere il pacchetto) passa a 39,90
euro al mese. Inoltre il vincolo di abbo-
namento per usufruire dell’offerta passa
MERCATO Nuova promozione Sky sul DTT: le tariffe super convenienti durano solo i primi sei mesi
Sky sul DTT: offerta da 24 mesi con risparmioLa nuova promo non convince del tutto: aumenta il vincolo e si spende meno solo nel 2° anno
da 12 a 24 mesi. Brutta sorpresa anche
sulle cosiddette spese di attivazione che
passano da 29 a 39 euro una tantum. Nel
primo anno quindi si spende la stessa ci-
fra della promo dello scorsa stagione e,
a fronte del vincolo di 24 mesi, si inizia a
risparmiare 5 euro al mese nel secondo
anno. Al tutto bisogna sempre aggiun-
gere gli 80 euro per cam e tessera per
chi non era già abbonato a Mediaset Pre-
mium. L’offerta Sky per il digitale terrestre
è pratica per chi non ha il satellite ma se
si guarda a cosa offre rispetto all’offerta
“premium” via satellite non è poi così
conveniente. Per completezza, diciamo
che il vincolo è “flessibile” e permette di
lasciare il pacchetto Sport dal 7° mese in
poi passando a un canone di 29,90€.
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MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
di Massimiliano DI MARCO
S ì alla link tax e all’upload filter. Cioè quegli stessi
articoli 11 e 13 inseriti nella nuova direttiva euro-
pea sul diritto d’autore che nei mesi scorsi sono
stati al centro di un aspro dibattito, che aveva avuto
come risultato il rinvio della decisione di un paio di mesi. La seduta del 12 settembre del Parlamento Eu-
ropeo ha votato favorevolmente alla direttiva (438 sì e
226 no, mentre 39 si sono astenuti), di fatto dando il via
libera verso la sua adozione nei Paesi membri. Nella
seduta sono state approvate alcune minime modifiche
al testo originale, principalmente legate a quali siti sa-
ranno coinvolti dalla direttiva.
Upload filter: vietati anche i selfie allo stadioL’articolo 13 riguarda l’upload filter. Le principali piat-
taforme di hosting saranno obbligate a verificare che
il contenuto che dev’essere caricato, per esempio un
video o un’immagine, abbia una regolare licenza; in
caso contrario, non può essere caricato. Da tale obbli-
go è esclusa Wikipedia, in quanto enciclopedia online,
così come piattaforme open source o, più in genera-
le, senza scopo di lucro. Si tratta di un’operazione di
verifica decisamente grande e molto simile al Content
ID di YouTube: i contenuti, infatti, saranno confrontati a
quelli presenti all’interno di un archivio condiviso di file
(audio, video e testo) protetti dal diritto d’autore.
Il Content ID di YouTube è l’esempio lampante del moti-
vo per cui l’upload filter causa tanta preoccupazione: è
estremamente fallace, poiché tale procedimento viene
fatto attraverso un algoritmo automatico. Pensare che
ci siano centinaia o migliaia di persone che ogni giorno
monitorano ogni singolo contenuto caricato, infatti, sa-
rebbe folle. Con una modifica al testo originale, il Par-
lamento Europeo ha approvato che tale obbligo valga
soltanto per le piattaforme più grandi che ospitano
“significative quantità” di contenuti caricati ogni giorno
e che li “promuovono”; escluse, invece, le “micro e pic-
cole imprese”. Tale filtro ai contenuti è stato proposto e
approvato per proteggere il lavoro creativo e per dargli
il giusto compenso. Sotto la superficie, però, l’upload
filter rischia di travolgere tantissimi contenuti innocenti
in virtù della protezione del diritto d’autore.
L’applicazione della direttiva, inoltre, è molto ampia e,
per esempio, sarebbero vietati anche i selfie allo sta-
dio, in quanto sarebbero catalogati come fotografie
non approvate agli eventi sportivi. È proprio l’applica-
zione tanto generica che ha fatto discutere, perché la
direttiva ingloba anche immagini e video che non fan-
no male a nessuno. Salvi, invece, “meme” e parodie e
anche i contenuti condivisi con il consenso dell’autore,
categoria nella quale entrano anche le ricerche scien-
tifiche, per esempio.
SOCIAL MEDIA E WEB Il Parlamento Europeo nella seduta del 12 settembre ha approvato il testo della direttiva sul copyright
L’UE ha approvato la direttiva sul copyright Sì a upload filter e link tax. E ora cosa succede?Stretta sui contenuti pubblicati senza licenza e “tassa” per motori di ricerca e piattaforme online che usano i titoli dei giornali
Link tax: per il titolo dell’articolo il motore di ricerca deve pagareAnche la link tax ha fatto molto discutere. In sostanza
significa che applicazioni che aggregano le notizie,
motori di ricerca e piattaforme online debbano paga-
re una “tassa” (da qui il nome dell’articolo) alle testate
giornalistiche per gli “snippet” (pezzetti di titolo o di
sommario, per esempio) che appaiono in anteprima
sui loro servizi. Tale “tassa” dev’essere concordata tra
la piattaforma online e l’editore.
L’unica modifica proposta e approvata rispetto al testo
originale aggiunge il permesso di contenere “parole
individuali” dell’articolo originale all’interno dei link.
Ciò significa che se un motore di ricerca o un’applica-
zione terza non paga il proprietario di un articolo sta
violando il suo diritto d’autore.
Sarà interessante valutare la reazione dei diretti inte-
ressati. Quando nel 2014 la Spagna tentò una simile
strada, Google chiuse News, il suo servizio che aggre-
ga le notizie di blog e giornali. Il risultato? Il traffico ai
siti crollò.
L’UE: “Più creatività e nuovi modelli di business”“Il nostro obiettivo per questa riforma”, hanno spiega-
to Andrus Ansip, vicepresidente per il Digital Single
Market, e Mariya Gabriel, commissario per la Digital
Economy e Society, “è di portare benefici tangibili ai
cittadini, ricercatori, insegnati, scrittori, artisti, giorna-
listi e istituzioni culturali europei e contribuire al po-
tenziale per una maggiore creatività e contenuti chia-
rendo le regole e adattandole al mondo digitale. Allo
stesso tempo, miriamo a salvaguardare la libertà di
parola e assicurarci che le piattaforme online - tra cui
7.000 piattaforme online europee - possano sviluppa-
re nuove e innovative offerte e modelli di business”.
Dall’altra parte della barricata, però, gli stessi creatori
dei contenuti, lo scorso giugno, avevano inviato una lettera all’attenzione di Antonio Tajani, presidente
del Parlamento Europeo. Nel testo veniva scritto che
“se l’articolo 13 fosse stato in vigore quando i protocol-
li e le applicazioni base di internet venivano sviluppati,
è improbabile che sarebbe esistito come lo conoscia-
mo oggi”. Tra questi anche Tim Berners Lee, il papà
del World Wide Web, e Jimmy Wales, fondatore della
Wikimedia Foundation.
Ora che succede?Con il voto odierno, essenzialmente, il Parlamento Eu-
ropeo ha “aperto le danze”. Nei prossimi mesi, infatti,
la Commissione Europea, il Consiglio Europeo e il Par-
lamento Europeo discuteranno della direttiva e valute-
ranno emendamenti che, potenzialmente, potrebbero
ridimensionare le preoccupazioni rispetto agli articoli
11 e 13, i più ambigui. Questa riunione dovrebbe tenersi
all’inizio del prossimo anno.
Inoltre non bisogna dimenticare che stiamo parlando
di una direttiva europea. Ciò significa che ogni Paese
membro dell’Unione Europea potrà decidere in quale
modo applicarla al proprio territorio. L’Italia, insomma,
valuterà secondo quali criteri trasformarla in legge, il
che significa che nel nostro Paese la direttiva europea
potrebbe essere applicata diversamente rispetto alla
Germania o alla Spagna, per esempio. Lo spirito della
direttiva, comunque, dev’essere mantenuto intatto; lo
spazio di manovra, quindi, è comunque limitato in me-
rito al “taglia e cuci” a disposizione di ciascun Stato
membro.
torna al sommario 6
MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
di Roberto PEZZALI
Con questo messaggio Sky si è scu-
sata con coloro che hanno avuto
disservizi ieri durante le partite di
Champions: “Sky si scusa con i clienti
che hanno avuto disservizi suSky Go e
Now Tv. Ieri sera durante le partite di
Champions League alcuni nostri clienti
hanno riscontrato problemi con i ser-
vizi in streaming, Sky Go e Now Tv, su
device mobili e desktop.Ci scusiamo
sinceramente per questo disservizio.
Ci siamo immediatamente attivati per
cercare di risolvere il problema con la
massima rapidità ma purtroppo non sia-
mo riusciti a rispristinare per tutte le per-
sone coinvolte una visione regolare nel
corso delle partite.Le piattaforme SkyTv
via satellite, digitale terreste e via fibra
non sono state impattate dal problema.
Stiamo individuando tutti i clienti che
ENTERTAINMENT Sky Go e Now TV hanno avuto qualche problema tecnico e molti utenti non sono riusciti a vedere la partita
Sky Go e Now TV in tilt durante la partita di Champions Utenti furiosi, ma c’è anche chi non ha avuto problemiSky si è scusata dei disservizi con una lettera, ma gli utenti sono inferociti e applaudono i servizi di streaming illegali
hanno subito questo disagio e ci scu-
seremo individualmente con ognuno di
loro. Nel corso della giornata forniremo
ulteriori informazioni sui siti Sky.it/skygo
e Nowtv.it”
Il numero di utenti che hanno avuto il
disagio non è ancora quantificabile, per-
ché c’è anche chi è riuscito a vedere la
Juventus su Now TV con qualità impec-
cabile e senza la minima interruzione, sia
da Xbox sia da Now TV Stick.
Un evento fortuito, e ancora non si è ca-
pito bene cosa sia successo, ma un altro
episodio che non fa altro che accrescere
la diffidenza dei consumatori verso le
piattaforme di streaming per gli eventi
“live”: più che il prezzo, ormai si è capito,
quello che tutti chiedono è affidabilità.
di Gianfranco GIARDINA
I l 2018 verrà ricordato con l’annus
horribilis dello streaming. Chi non
l’aveva ancora capito, ora ha scoper-
to che la distribuzione di contenuti via
rete, soprattutto se live e molto seguiti
come il calcio, crea un traffico crescente
via via che crescono gli spettatori, fino
a “spaccarsi”. Il broadcasting classico
si regge su uno stream solo che serve
tutti gli spettatori; lo streaming invece ha
bisogno di un flusso per ogni spettato-
re e quindi al crescere degli spettatori
diventa inevitabilmente più vulnerabile.
Se poi la popolarità del mezzo cresce
più che proporzionalmente rispetto alle
infrastrutture, allora sono guai.
Guai che sono capitati a inizio stagione
a DAZN, coinvolta da disservizi e lamen-
tele per una qualità di visione ritenuta
da molti non sufficiente: dopo qualche
tentennamento di troppo, DAZN si è scu-
sata e ha adeguato la propria infrastrut-
tura, mitigando i problemi, non ancora
ENTERTAINMENT Fioccano in tutto il mondo i disservizi sulle piattaforme di streaming a causa della grande crescita del pubblico
2018, annus horribilis dello streaming: colpa di chi la fa facileLo streaming è perfetto per la visione on demand, ma non è ancora ora di dire addio al broadcasting terrestre e satellitare
Una partita, o un evento live, non pos-
sono tollerare ritardi o problemi: tutto
dev’essere perfetto, e solo la perfezione
può dare soddisfazione al cliente. E leg-
gendo i commenti degli utenti inferiociti
sembra che gli unici servizi a non tradire
mai siano quelli illegali. Un messaggio
che non deve assolutamente passare.
del tutto risolti. Guai in salsa streaming
che hanno riguardato anche Sky, con i
servizi streaming Sky Go e NowTV che
nel turno di debutto della Champions
League sono andati “sott’acqua”, con im-
possibilità per molti utenti ad accedere
al servizio e relative scuse arrivate dopo
qualche ora. Non va meglio Oltralpe: è
notizia di queste ore che RMC Sport,
l’emittente sportiva francese del gruppo
di SFR, ha messo a segno una doppietta
di disservizi: dopo aver sperimentato dei
problemi con la Premier League dome-
nica scorsa, è andata in blocco anche
con la Champions di martedì. Anche in
questo caso scuse di rito e promesse
di rimediare al più presto con correzioni
importanti all’infrastruttura. E così via: gli
ultimi mesi sono costellati di casi in tutto
il mondo in cui lo streaming ha deluso le
aspettative.
Anche nel caso francese, la responsabi-
lità dei disservizi è stata indicata nell’im-
pennata degli utenti, soprattutto degli
iscritti “last minute” che avrebbero preso
in contropiede i tecnici
e il dimensionamento
dell’infrastruttura. Effetti
collaterali dello strea-
ming, che non sem-
brano essere confinati
alla pur imperfetta rete
italiana.
Un problema non solo
tecnico ma anche di co-
municazione: è utopisti-
co e quasi disonesto “vendere” lo strea-
ming come una modalità di visione che
possa soppiantare oggi (e magari anche
domani) le tecniche di broadcasting più
classiche. Lo streaming è perfetto, e anzi
necessario, per la visione on demand
(che però non è sincrona e concentrata
su una piattaforma); ma per gli eventi
live, lo streaming sembra per ora più una
soluzione “di fortuna” per permettere a
chi è temporaneamente lontano da casa
di vedere la partita, più che il modo in cui
avremmo sempre voluto vedere il cal-
cio, come dicono gli slogan. Essere un
po’ più realisti da questo punto di vista
forse ci farebbe sembrare meno “cyber”
ma sarebbe molto utile per non creare
aspettative altissime destinate poi a
schiantarsi miseramente su un criptico
errore #90-23-qualchecosa che rende
impossibile la visione della partita. Dis-
servizi che, tra l’altro, minano alla base la
reputazione della rete e dei nuovi servizi
digitali sull’utenza despecializzata e che,
se reiterati, sono destinati a trasformarsi
in pregiudizi. Insomma, levate il marke-
ting dalla stanza dei bottoni e rimettetici
gli ingegneri: ve ne saremo grati.
torna al sommario 7
MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
di Matteo SERVADIO
L a nuova scommessa di OnePlus si
chiama OnePlus TV. Ad annunciarlo
è lo stesso amministratore delegato
Pete Lau sul forum ufficiale dell’azien-da, come spesso è accaduto nel recente
passato per le grandi e piccole novità di
OnePlus. Lau cita quattro ambienti nella
vita quotidiana delle persone per spie-
gare dove OnePlus intende ora dirigere
la sua attenzione: la casa, il posto di la-
voro, il tragitto casa-lavoro e la mobilità.
OnePlus TV porterà l’azienda all’interno
della sfera domestica, in una mossa for-
se inaspettata, ma niente affatto inusuale
per un marchio già presente da anni sul
mercato smartphone. I dettagli in merito
alle funzioni e alle specifiche tecniche di
OnePlus TV sono piuttosto scarsi al mo-
mento. Nel post si legge che internamen-
te il prodotto viene chiamato OnePlus TV,
ma contestualmente è stato indetto un
contest per decidere il nome commer-
ciale del prodotto. L’annuncio ci dice poi
sostanzialmente solo che si tratterà di
un prodotto di fascia alta, con un design
premium e un’esperienza audiovisiva di
qualità. In seguito, Pete Lau ha rilasciato
ulteriori dichiarazioni a Business Insider
India, che ci raccontano qualcosa di più
sul prodotto non ancora svelato.
In particolare Lau spera che OnePlus
ENTERTAINMENT OnePlus TV è la novità dell’azienda, realtà affermata del mercato smartphone
OnePlus TV è la nuova scommessa Smart TV con assistente virtuale nel 2019Preannunciate alcune caratteristiche ma per vedere qualcosa bisognerà aspettare il 2019
TV possa essere lanciata nel 2019, con
aggiornamenti software che attiveranno
gradualmente nuove funzionalità; il sup-
porto software, inoltre, dovrebbe essere
garantito per i successivi 5 anni. Il primo
modello, insomma, sarà supportato uffi-
cialmente almeno fino al 2024 se queste
tempistiche venissero confermate.
“Questo dovrà essere un percorso che
procede passo dopo passo. Non sarà
qualcosa di perfetto, assolutamente
completo e rivoluzionario dall’inizio.
Quindi non possiamo tenere le aspetta-
tive alte troppo presto,” ha dichiarato il
numero uno di OnePlus sempre a Busi-
ness Insider.
Come detto difficile parlare di specifiche
al momento, ma trattandosi di un fla-
gship TV è difficile aspettarsi qualcosa
di inferiore al 4K HDR. Di certo c’è che
sarà uno smart TV; lo stesso Lau oltre a
parlare di un dispositivo più smart e me-
glio connesso agli smartphone, ammette
che OnePlus è in trattativa con i grandi
player del mercato per supportare un
ecosistema domestico connesso. Possi-
bile, quindi, la presenza di un assistente
virtuale; ancora presto, però, per dire se
si tratterà di Google Assistant o di Ama-
zon Alexa, che arriverà in Italia entro la fine dell’anno. Un dettaglio aggiuntivo,
infine, riguarda la fotocamera che sarà
installata su OnePlus TV, un dettaglio de-
stinato ad accendere le preoccupazioni
sulla privacy. L’A.D. di OnePlus, in ogni
caso, assicura che l’azienda è attenta a
questo aspetto e sta già preparando una
soluzione.
di Franco AQUINI
L a Wireless Speaker and Audio Asso-
ciation (WiSA) ha annunciato WiSA
Ready, un nuovo programma di
certificazione per dispositivi come TV e
console da gioco, oltre a un trasmettitore
USB abilitato alla trasmissione di audio
HD wireless multicanale.
Di cosa si tratta, WiSA è un protocollo di
trasmissione audio wireless di alta quali-
tà fino a 8 canali. Per poterne usufruire
bisogna che sia la sorgente (il trasmetti-
tore) che gli speaker wireless siano com-
patibili con il medesimo standard.
ENTERTAINMENT WISA ha lanciato un nuovo programma di certificazione per i dispositivi audio
Certifica “WISA Ready”: audio wireless HD per tutti? Una chiavetta USB permetterà la trasmissione di audio fino a 8 canali senza latenza
UEFA, in arrivo una piattaforma on demand Pericolo per i broadcaster?La UEFA sta lavorando alla sua piattaforma on-demand, sarà pronta presto. Quali sono i piani e cosa ne pensano i broadcaster tradizionali? di Emanuele VILLA
Guy-Laurent Epstein, direttore marketing dell’UEFA, annuncia lo sviluppo di una piattaforma OTT dedicata al calcio europeo. La piattaforma in questione non ha ancora un nome e non è pronta, ma i lavori procedono e - suppo-niamo - sarà disponibile a breve. I dettagli sono scarsi ma qualche punto fermo c’è: la piattaforma non è pensata per andare in diret-ta concorrenza con i broadcaster cui la stessa UEFA ha già ceduto i diritti di trasmissione. Al momen-to, dunque, la piattaforma on-de-mand della UEFA non trasmetterà le partite delle due competizioni pregiate (Champions ed Europa League). I contenuti saranno dun-que backstage, dietro le quinte, allenamenti, highlights, interviste e le competizioni femminili che solitamente vengono vendute ai broadcaster ma non hanno di sicuro la medesima visibilità dei maschili. UEFA non è il primo ente sportivo globale a produrre una propria piattaforma OTT: basta ci-tare la Formula 1 e l’NBA League Pass per farsi un’idea, ma è an-che vero che nel calcio sarebbe un’operazione pressoché inedita e non è detto che, una volta esau-rito l’attuale ciclo dei diritti TV, un ‘UEFA pass’ possa dare accesso a tutte le competizioni maggiori. Altri 9,90 euro da aggiungere al budget mensile?
WiSA ha deciso di lanciare la certifica-
zione per tutti i dispositivi compatibili. Si
parla principalmente di TV, console da
gioco e PC. Questi dispositivi sorgente
verranno abilitati con un dongle USB,
ovvero una chiavetta che permetterà al
dispositivo di trasmettere l’audio senza
fili agli speaker compatibili. Il dispositivo
connesso con la chiavetta potrà così tra-
smettere audio HD a bassa latenza fino a
otto canali, ovvero dalle configurazione
2.0 al 7.1. La chiavetta in questione sarà
in vendita nell’ultimo trimestre del 2018,
quindi decisamente a breve. Una certifi-
cazione dei dispositivi è sicuramente un
ottimo passo in avanti per rendere l’au-
dio senza fili di qualità uno standard. La
speranza è che ora i produttori cominci-
no a integrarlo almeno all’interno dei TV,
senza necessità di collegare antiestetici
dongle esterni.
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MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
di Emanuele VILLA
L’alleanza tra Netflix e Sky, annuncia-
ta qualche mese fa, sta per dare i
primi frutti nel Regno Unito: gli uten-
ti Sky Q potranno, a partire da novembre,
usufruire di un pacchetto Ultimate On
Demand che integrerà per 10 sterline in
più rispetto ai profili già in essere, l’abbo-
namento base di Netflix, quello (tanto per
capirci) con 2 stream contemporanei e la
qualità HD. A questo verranno aggiunti
gli Sky Box Sets, di modo tale da rendere
l’offerta interessante rispetto al prezzo di
vendita “stand alone” di Netflix: in tutto
gli spettatori inglesi risparmieranno cir-
ca 3 sterline al mese. La novità non è di
sicuro la possibilità di riunire più servizi
insieme, ma il fatto che Netflix sarà “in-
tegrato” in Sky Q e nei servizi Sky: non ci
sarà solo un’app con cui accedere ai vari
Stranger Things, Better Call Saul e affini,
ma i film, le serie e i documentari Netflix
saranno integrati nel servizio Sky Q e nel-
la sua interfaccia. Saranno “mescolati” a
quelli Sky, per dirla meglio, di modo tale
che l’utente si debba limitare alla ricerca
del contenuto senza preoccuparsi se
questo si trovi su una piattaforma piut-
tosto che sull’altra. Inoltre, il servizio Net-
flix sarà parte integrante del pacchetto
ENTERTAINMENT Chi sceglie il servizio congiunto di Sky e Netflix ottiene un piccolo sconto
Netflix e SKY Q, in UK si parte a novembre Nel nostro Paese arriverà solo nel 2019Non è solo un’operazione commerciale: il catalogo Netflix sarà integrato dentro Sky Q
Ultimate on Demand di Sky, per cui verrà
pagato direttamente nella fattura Sky. Per
un (ulteriore) sovrapprezzo sarà possibile
usufruire del pacchetto Netflix Premium,
quello con 4 stream contemporanei e
qualità Ultra HD. Chi non pagherà il ser-
vizio Ultimate on Demand potrà comun-
que accedere all’app Netflix con le sue
credenziali: i contenuti saranno visibili su
Sky Q ma non integrati nella piattaforma:
se nel primo caso il costo di Netflix andrà
sull’abbonamento a Sky, in quest’ultimo
un utente continuerà a pagare Netflix
con le attuali modalità.
L’emittente satellitare (e non solo, ormai)
ha diffuso altri dettagli su disponibilità e
pacchetti, ma trattandosi di un’offerta ri-
servata al mercato UK la cosa ci interessa
fino a un certo punto. La certezza è che
nel Regno Unito il servizio partirà a no-
vembre, ma in Italia dovremo attendere
fino al 2019 (non meglio specificato) per
poterne usufruire. Arriverà, comunque,
questo è certo, con modalità simili a
quelle previste per l’UK, che resta sem-
pre un modello da seguire per Sky Italia
ma non da copiare. L’ìmpostazione sarà
questa, ma prezzi e modalità potrebbero
cambiare.
Sta invece arrivando su Sky Q Spotify:
questione di settimane, poi si potrà ascol-
tare la musica sul TV tramite Sky Q.
di Massimiliano DI MARCO
A partire dall’1 novembre il numero
di dispositivi (TV, smartphone, ta-
blet) attraverso la quale vedere
contemporaneamente i contenuti di TIM
Vision verrà ridotto da 6 a uno soltanto.
Una diminuzione molto drastica e certa-
mente anacronistic. E se un solo dispo-
sitivo attivo alla volta è un compromes-
so difficile da mandare giù, la seconda
novità che colpirà la piattaforma dall’1
novembre è probabilmente peggiore
per gli utenti TIM: anche sotto rete TIM
ENTERTAINMENT Rimodulate le condizioni del servizio di TIM Vision, purtroppo in peggio
TIM Vision cambia ma in peggio: dall’1 novembre per i clienti TIM il traffico non sarà più inclusoUn solo dispositivo attivo per volta e il traffico dati non sarà più compreso ma conteggiato
da mobile verranno consumati i GB
inclusi nel proprio traffico dati.
A oggi gli utenti abbonati a TIM
Vision con un piano tariffario TIM
per smartphone o tablet possono
infatti godere di tutti i contenuti
della piattaforma in mobilità sen-
za consumare il traffico; discorso
diverso per tutti gli altri operatori
mobile. Un “bonus” per chi sceglie(va)
TIM sia per la linea fissa sia per quella
mobile, che però verrà meno tra poche
settimane.
Alla base della decisione di modificare
unilateralmente queste condizioni del
servizio, TIM parla di “esigenze tecni-
che e gestionali correlate a mutamenti
delle politiche commerciali relative al-
l’offerta TIM Vision”.
DAZN scontato per gli utenti Sky, prorogata l’offerta fino al 31 ottobreLa promozione di Sky viene prolungata in un momento delicato Gli utenti DAZN stanno finendo il mese di prova gratuita e devono decidere se iniziare a pagare di M. D. MSky ha deciso di prorogare fino al 31 ottobre l’offerta, riservata esclusivamente ai suoi abbonati, di comprare un ticket DAZN di 9 mesi a prezzo scontato: 69,99 euro anziché 89,91 euro. Scadrà, insomma, lo stesso giorno in cui scadranno le offerte per il ticket mensile di DAZN (riservato agli utenti Sky da almeno un anno) e per il ticket trimestrale. A meno di ulteriori proroghe. Non si tratta, comunque, della stessa identica offerta proposta nelle scorse set-timane. Prima dell’inizio del cam-pionato, infatti, il prezzo scontato per un ticket di 9 mesi di DAZN era di 59,99 euro anziché 89,91 euro. Questa “seconda versione”, insomma, include un aumento di 10 euro, ma rimane comunque vantaggiosa per gli utenti Sky che volessero prolungare di 9 mesi il suo abbonamento a DAZN. Ricor-diamo che l’offerta è destinata agli utenti Sky, ma non a quelli di Now TV. Il ticket di 9 mesi - così come il ticket mensile e quello trimestrale - va ad aggiungersi al mese di prova gratuita destinati ai nuovi abbonati DAZN; chi sot-toscrivere per la prima volta l’ab-bonamento a DAZN, insomma, usufruire del servizio per 10 mesi, di cui uno gratis. L’offerta sul ti-cket di 9 mesi per DAZN viene prorogata in un momento molto delicato: tanti utenti che hanno sfruttato il mese di prova gratuito per testare il servizio di DAZN ora stanno valutando se proseguire l’abbonamento pagando la tariffa mensile.
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MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
di Gianfranco GIARDINA
Trasmissioni 8K regolari: non parlia-
mo di fantascienza o di un futuro
lontano, ma della fine di quest’an-
no. All’IBC, la fiera del broadcasting di
Amsterdam, NHK, l’emittente naziona-
le giapponese, ha presentato lo stato
dell’arte del proprio progetto Super
Hi-Vision. La lunga strada che NHK ha
intrapreso nel lontano 2005 con le pri-
me sperimentazioni di riprese e proie-
zioni in 8K, sta giungendo finalmente a
compimento: il 1 dicembre di quest’an-
no, infatti, l’emittente inaugurerà l’inizio
delle trasmissioni regolari in 8K. Un
canale solo, diffuso via satellite, per il
momento; ma questo debutto resta un
fatto significativo proprio nel momento
in cui Samsung ha bruciato le tappe e
introdotto i nuovi QLED 8K che arrive-
ranno entro ottobre.
La scelta di NHK è duplice: da tempo
produce contenuti in 8K finalizzati agli
schermi giganti per ambienti pubblici
(la grande pietra miliare fu la proiezio-
ne pubblica degli eventi principali del-
le Olimpiadi di Londra); ora però NHK
considera adeguato anche trasmettere
in risoluzione 8K a casa degli utenti,
per la visione su un TV, seppur grande
schermo. “Riteniamo che la grande dif-
fusione di TV 8K, almeno in Giappone,
avverrà nel 2020 - ci ha detto un rap-
presentante allo stand all’IBC -. In questi
anni abbiamo messo a punto il proces-
so produttivo e ora siamo pronti, anche
grazie ai contenuti già realizzati, a par-
tire con un canale regolare”. NHK ha
anche allestito diversi OBVan adeguati
alle produzioni 8K, che possono esse-
re fatte con discreta snellezza anche in
esterna e non solo in studio.
NHK ha anche tenuto a sottolineare
come le produzioni 8K dell’emittente
abbiamo riguardato anche l’Europa:
un fantastico documentario sul Louvre
(Louvre: the Ethernal Beauty), uno sulla
Sagrada Familia di Barcellona; riprese
TV E VIDEO All’IBC di Amsterdam NHK ha annunciato l’accensione di un canale regolare in 8K
In Giappone trasmissioni 8K dal 1 dicembreI giapponesi stimolano la diffusione dello standard in vista delle Olimpiadi di Tokyo del 2020
di spettacoli della Vienna Philarmonic
Orchestra e del Mariinsky Ballet russo;
come anche le riprese del campionato
del recente mondo di calcio, sempre in
Russia.
NHK trasmetterà via satellite - dicevamo
-, anche perché ci vuole un canale broa-
dcast che possa reggere agevolmente
il bitrate di 100 megabit/sec necessario
per il flusso 8K. A casa dell’utente do-
vrà esserci un apposito ricevitore o, in
prospettiva, dei TV con il tuner specifico
già integrato.
Ma non si tratterà solo di contenuti in ri-
soluzione 8K con gli altri parametri con-
venzionali. I giapponesi, se fanno una
cosa, la fanno bene e quindi ne hanno
approfittato per spingere anche il frame
rate a 120Hz, oltre che il colore a 12 bit,
anche se non è chiaro se questi para-
metri verranno attivati sin da subito.
Il risultato, pur visto sul non perfetto
TV Sharp, l’unico 8k commercialmente
disponibile oggi, è entusiasmante: un
dettaglio e una fluidità mai vista insie-
me. La filiera di produzione che utilizza
NHK, grazie a particolari videocame-
re Hitachi, è in grado di riprendere a
240 fps, funzione importantissima per
lo slow motion.
Sempre in fiera, l’emittente ha mostra-
to un server in grado di memorizzare
quattro ore consecutive di riprese alla
massima qualità 8k a 240 fps per met-
terla a disposizione di eventuali ralenti
che dovessero servire a margine di una
diretta sportiva.
Insomma, il messaggio è chiaro: il Giap-
pone si sta preparando per le più me-
morabili Olimpiadi televisive di tutti i
tempi, quelle che nel 2020 si terranno
proprio a Tokyo.
Infinity + DAZN a 13,99€ al mese Intrattenimento a prezzo scontatoLa nuova offerta streaming combinata consente di avere a disposizione i contenuti di entrambe le piattaforme al prezzo di 13,99€ al mese di Gaetano MERO
Infinity e DAZN uniscono le for-ze e presentano la prima offerta congiunta che consentirà agli abbonati di godere di entrambe le piattaforme al prezzo di 13.99€ al mese anziché 17.99€. Sottoscri-vendo Infinity + DAZN si potranno guardare film, serie TV ed eventi sportivi su 4 schermi contempora-neamente (ma attenzione, 2 con Infinity e 2 con DAZN) in qualità HD e il cinema con definizione 4K su TV. Un balzo in avanti per la streaming TV del Gruppo Me-diaset che colma così l’assenza di contenuti sportivi rispetto ad altri network.Più che noti, ormai, i contenuti di DAZN: la piattaforma di casa Per-form dà accesso in live streaming e in esclusiva a 114 partite della Serie A TIM, tre per settimana (qui un calendario più dettagliato). A ciò si aggiungono tutte le partite della Serie BKT, inclusi i playoff e i playout, di cui 10 partite ogni settimana saranno un’esclusiva DAZN. Se si è già abbonati ad In-finty l’abbonamento potrà essere modificato aggiungendo l’opzio-ne DAZN. Per accedere ad ognu-na delle piattaforme bisognerà utilizzare le app ufficiali rispettive. I nuovi abbonati potranno godere della visione gratuita per i primi 30 giorni, il rinnovo potrà essere di-sattivato in qualsiasi momento.
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Ci sono capacità evolute, come l'intelligenza artificiale, che possono rendere uno smartphone straordinario nei gesti di tutti i giorni:per esempio capire la luce, riconoscere una voce a distanza, distinguere i soggetti ad ogni inquadratura per regalarti la foto perfetta. Tutto questo è LG G7 il nuovo smartphone di LG che offre un’esperienza unica in un corpo dal design speciale, maneggevolee leggero. LG G7, Mente Smart in Corpo Speciale.
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MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
di Roberto PEZZALI
YouTube Kids arriva in Italia. Ma
non è YouTube, è un servizio to-
talmente diverso. E Gregory Dray,
Director, Head of Kids/Family and Edu-
cation EMEA di YouTube ce l’ha ribadito
più volte nel corso di un lungo incontro
per spiegarci i dettagli della nuova app.
Che non è lo stesso YouTube Kids lan-
ciato negli altri paesi ma un prodotto
totalmente italiano che vive di conte-
nuti e di partnership locali con conte-
nuti esclusivi e originali per bambini del
nostro Paese. Per chi non la conosce,
YouTube Kids è la versione di YouTu-
be che Google propone a un pubblico
giovanissimo, dai 3 ai 10 anni circa. Ma
rispetto all’app per i grandi, la versione
Kids integra contenuti originali caricati
su YouTube e selezionati accuratamente
da un algoritmo e da un team di revisori,
oltre a contenuti video che arrivano da
partnership specifiche. Nelle categorie,
gestite con una interfaccia grafica pen-
sata apposta per i più piccoli, si posso-
no quindi trovare tutte le puntate dei
Lego Ninjago, le Winx, Masha e Orso,
cartoni animati di tutti i tipi classificati a
seconda della fascia di età. Un prodotto
misto quindi, da una parte un servizio di
streaming che punta trasformare YouTu-
be Kids in una sorta di TV per bambini
dal palinsesto libero, dall’altra contenuti
di YouTube che però vengono verificati
usando anche l’intelligenza artificiale
per controllare che siano sicuri e adatti
al giovane pubblico.
YouTube Kids avrà anche una serie di
contenuti scelti e curati da alcuni enti
scientifici. Il Museo della Scienza e del-
la Tecnica, ad esempio, creerà liste di
contenuti con indirizzo scientifico ed
educativo.
YouTube Kids, disponibile per iOS e
ENTERTAINMENT YouTube Kids è una piattaforma video con contenuti adatti ai giovanissimi
YouTube Kids arriva nel nostro PaeseCartoni e contenuti sicuri per i più piccoliLa piattaforma è gratuita, promette divertimento, intrattenimento e massima sicurezza
Android, supporta sia Chromecast che
i video a 360°, utilissimi in ambito edu-
cativo, e per chi è iscritto a YouTube
Premium anche il download. Inoltre,
per chi usa Family Link, la piattaforma
di Google che permette a un genitore
di gestire e controllare lo smartphone
di un bambino, Kids diventerà il player
di YouTube predefinito. YouTube Kids è
pensata non solo per i bambini ma an-
che per i genitori, che potranno da una
sezione di gestione, protetta da pin,
gestire alcune opzioni fondamentali. Si
può ad esempio disattivare la ricerca,
lasciando disponibili solo i contenuti
che i curatori delle liste propongono, si
può impostare un timer che lascia attiva
l’applicazione solo per un determinato
periodo di tempo e si può anche sce-
gliere quali contenuti rendere disponi-
bili ai figli e quali no. Kids non memo-
rizza dati sensibili, tuttavia permette di
creare profili che serviranno, in base
all’età dei bambini, a suggerire i video
più adeguati: un ragazzo di 9 anni dif-
ficilmente apprezzerà i Teletubbies,
mentre potrebbe essere affascinato dai
documentari su Marte, sullo spazio e sul
pianeta Terra.
Essendo totalmente gratuita, Youtube
Kids ha bisogno della pubblicità per so-
stenersi, anche in virtù della presenza di
numerosi partner che forniscono conte-
nuti gratuiti. Gregory Dray assicura che
comunque la pubblicità sarà controllata
sia nella creatività sia nel tipo, che non
ci saranno pubblicità né di cibo né di
bevande e che soprattutto le pubblicità
non saranno cliccabili, per evitare quin-
di che un bambino possa abbandonare
l’ambiente sicuro.
Youtube Kids è già disponibile, e l’ab-
biamo provata rapidamente apprezzan-
do la grafica giocosa e divertente che
accompagna i più piccoli nell’esplora-
zione dei video. Per chi ha un bambino
YouTube classico non ha più ragione di
esistere: YouTube Kids è decisamente
un prodotto più adatto.
Il peso dei server “schiaccia” Plex Cloud Il servizio chiude a novembreTroppi problemi tecnici e servizio incostante Plex Cloud sarà chiuso nei prossimi mesi “Ci concentreremo sulle funzioni principali e aggiungeremo nuovi contenuti” assicura Plex di Massimiliano DI MARCO
Il servizio Plex Cloud cesserà l’at-tività il 30 novembre. L’azienda ha annunciato di aver preso questa decisione a seguito dei vari pro-blemi tecnici seguiti all’attivazio-ne del servizio, che permette agli utenti di accedere ai propri file multimediali archiviati su uno spa-zio cloud terzo, come OneDrive o Google Drive. Gestire i server, però, era diventato troppo com-plesso per Plex, che ha deciso di chiudere totalmente Plex Cloud. “Abbiamo preso la difficile decisio-ne di cessare il servizio Plex Cloud dal 30 novembre 2018” ha annun-ciato Plex. “Cessare il supporto ci permetterà di concentrarci sul miglioramento delle funzionalità principali, aggiungere nuove fun-zioni e contenuti”. Il servizio cloud, avviato nel 2016, permetteva agli utenti di caricare film e foto su un archivio cloud e poi trasmetterli in streaming a un proprio dispositivo, senza dover configurare un server privato. I contenuti multimediali ar-chiviati non saranno ovviamente toccati. Poiché sono caricati su un servizio cloud terzo rispetto a Plex, la disattivazione di Plex Cloud non coinvolge minimamente i file che un utente ha archiviato sul proprio spazio cloud, qualunque esso sia: resteranno lì dove sono e l’utente potrà continuare ad accedervi.
Goditi in pieno relax i tuoi weekend fuori città. Con i ricevitori satellitari HD di Humax, certificati tivùsat e tivùon, avrai la certezza di non perderti neanche un istante dei tuoi programmi preferiti. Ovunque tu sia, grazie al satellite, potrai accedere a decine di canali gratuiti in HD.
Non partire senza Humax e tivùsat.
Per maggiori informazioni sui prodotti Humax:www.humaxdigital.com/italywww.tivusat.tv
Goditi in pieno relax i tuoi weekend fuori città. Con i ricevitori satellitari HD di Humax, certificati tivùsat e tivùon, avrai la certezza di non perderti neanche un istante dei tuoi programmi preferiti. Ovunque tu sia, grazie al satellite, potrai accedere a decine di canali gratuiti in HD.
Non partire senza Humax e tivùsat.
Per maggiori informazioni sui prodotti Humax:www.humaxdigital.com/italywww.tivusat.tv
torna al sommario 12
MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
di Roberto PEZZALI
Chi vuole capire veramente cosa sia l’HDR do-
vrebbe guardarsi la puntata finale di Jack Ryan:
le sirene delle ambulanze, i neon in ospedale,
le luci e ogni elemento della scena riesce a sfruttare il
vantaggio della dinamica estesa. Jack Ryan può piace-
re e non piacere, ma è sicuramente uno dei contenuti
sui quali la presenza dell’HDR può far la differenza, e
nel caso del contenuto Amazon Original l’HDR è dav-
vero fatto bene. Ryan, uscito a fine agosto, ha però
una particolarità: è il primo contenuto ad essere di-
sponibile sia in versione Dolby Vision sia in versione
HDR10+ ovviamente sui TV compatibili.
Nel primo caso il Dolby Vision funziona senza proble-
mi sugli OLED Sony e sugli LG 2017 e 2018, mentre
per l’HDR10+ la riproduzione viene attivata con televi-
sori QLED Samsung e OLED Panasonic.
L’HDR10+ nasce per offrire una alternativa royalty
free al Dolby Vision, proprietario, e offre più o meno
le stesse possibilità, quindi gestione della luminosità
scena per scena o frame by frame grazie ai metadati
dinamici e luminosità fino a 4000 nits. In realtà il Dolby
Vision è superiore all’HDR10+ sulla carta, arriva infatti
a 10.000 nits e 12 bit di profondità colore (HDR10+ si
ferma a 10 bit) ma se pensiamo ai televisori attuali e ai
contenuti possiamo dire che i due sistemi si equival-
gono, anche perché tutti i master HDR vengono fatti
oggi a 1000 nits.
Si vede meglio Dolby Vision o HDR10+ ?In questi mesi ci siamo chiesti se l’HDR10+ è davvero
una alternativa al Dolby Vision, se si vede altrettanto
bene e se la differenza con l’HDR10 classico è visibi-
le, e Jack Ryan ci offre l’occasione per un confronto
prendendo ovviamente TV OLED come termine di
paragone. Il Panasonic FZ950 che stiamo provan-
do è stato aggiornato all’ultima release software
del 28 agosto, quella che dovrebbe portare in dote
l’HDR10+: l’applicazione Amazon Prime Video riporta
“HDR” ma tendiamo a credere che si tratti comunque
della versione più moderna. Il TV LG invece riconosce
senza problemi il segnale Dolby Vision e lo riproduce
come tale. Il Dolby Vision dovrebbe funzionare anche
ENTERTAINMENT La nuova serie TV Amazon Prime è la prima disponibile sulla piattaforma di streaming in Dolby Vision e in HDR10+
L’HDR10+ è bello (quasi) come il Dolby Vision La prova con Jack Ryan su Amazon PrimeLe differenze su un TV ben calibrato sono davvero minime e si possono apprezzare solo se il master è perfetto
sui Sony A1 e AF9, ma non ne abbiamo conferma, e
anche sulla Apple TV, ma da quest’ultima siamo riusci-
ti ad ottenere solo un normale HDR10.
Dopo qualche puntata e un paio d’ore di visione delle
scene più rappresentative ci rendiamo conto che tra
LG e Panasonic non ci sono affatto differenze apprez-
zabili: l’HDR10+ rende effettivamente come il Dolby
Vision.
La gestione delle scene è praticamente identica: an-
che con una luminosità del quadro bassa, entrambi i
sistemi HDR riescono a spingere forte solo in alcune
zone senza alterare l’equilibrio del quadro.
Le differenze apprezzabili sono legate più al singo-
lo televisore che al sistema HDR utilizzato: l’FZ950
sembra avere un picco di luminosità leggermente più
elevato di quello dell’OLED LG e, in alcune scene par-
ticolarmente buie, sembra quasi che l’HDR10+ possa
rendere meglio del Dolby Vision.
L’immagine è più incisiva, i neon riescono quasi a dare
fastidio da quanto sono luminosi, i rossi sono più vividi
e i riflessi sulla carrozzeria delle auto, minuto 19 del-
l’episodio 8, decisamente più realistici.
Purtroppo qualche scena buia è stata “aggiustata” in
fase di editing dal colorist, alzando un po’ la luminosi-
tà di base per evitare che TV di scarsa qualità potes-
sero avere problemi con basse luci o dettagli affogati,
e in questo caso chi davanti ad un OLED si aspet-
terebbe una scena nerissima, si trova alcune scene
dove il nero è un griglio molto scuro che non riesce a
nascondere del tutto gli artefatti di compressione, co-
munque presenti. La qualità, trattandosi di uno strea-
ming, è comunque più che buona.
Meglio HDR10+ o Dolby Vision? Entrambi sono meglio
dell’HDR10 normale, questo è certo, ma dobbiamo
tenere conto che già l’HDR è una tecnologia che ha
senso solo se utilizzata su un TV di fascia alta. Su TV
marchiati HDR da poche centinaia di euro l’unica dif-
ferenza è una luminosità più elevata, ma l’effetto wow
non è affatto garantito.
Se l’HDR è già difficile da apprezzare, HDR10+ e Dol-
by Vision lo sono ancora di più. Siamo davanti a due
tecnologie dove le differenze sono apprezzabili solo
se il master è perfetto e i due TV sono perfetti. Condi-
zioni queste che non potranno mai essere rispettate,
un po’ perché la maggior parte dei contenuti, se non
tutti, arriva ormai da piattaforme in streaming e un po’
perché i TV per quanto ottimi non arrivano a 4000 nits
e non hanno pannelli a 12 bit.
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MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
di Emanuele VILLA
P roseguono i lavori in seno al con-
sorzio IMAX Enhanced: dopo aver
annunciato la certifica, con tanto di
supporter ma avarizia assoluta di speci-
fiche tecniche, è ora la volta di presenta-
re i primi prodotti che la esporranno con
orgoglio. Facendo parte del consorzio
insieme a Marantz, Denon e a produttori
di contenuti quali Sony Pictures e Para-
mount, Sony (Electronics) è certamente
in prima linea. Non per niente i primi TV
certificati IMAX Enhanced saranno suoi
e apparterranno - come prevedibile - alla
fascia alta della propria gamma: in parti-
colare parliamo degli OLED delle serie
A1, A8F e A9F, che in Italia si chiamano
A1, AF8 e AF9: quest’ultimo, in partico-
lare, è stato recentemente presentato a
livello globale e appartiene alla Master
Series di Sony. Questi TV verranno a
breve venduti con tanto di bollino IMAX
Enhanced. All’interno dei TV “enhan-
ced” non mancheranno inoltre alcuni
LCD di alta gamma, e in particolare il
nuovissimo Z9F (da noi ZF9), presentato
pochi mesi fa insieme al flagship OLED
TV E VIDEO Il consorzio IMAX Enhanced ha annunciato i primi dispositivi che potranno vantare la certifica IMAX Enhanced
TV Sony OLED, in arrivo la certificazione IMAX Enhanced Un valore vero o si tratta solo dell’ennesimo bollino?Continuano a mancare i riferimenti tecnici della certificazione: passo in avanti o ennesima trovata di marketing?
AF9. Oltre a un discreto elenco di proiet-
tori, tutti di fascia alta.
Passo avanti o ennesima trovata di marketing?Come anticipato, i dettagli tecnici sulla
certifica mancano quasi del tutto. Si sa
che i prodotti avranno una modalità di
visione/ascolto IMAX Enhanced e che
l’audio sarà codificato in una variante
di DTS:X, ma nulla di più approfondito.
Inoltre, nonostante DTS faccia parte del
consorzio e il supporto DTS:X sia fonda-
mento base dello standard, al momento
non è supportato dai TV in questione.
Due possibili le strade: rendere tale vin-
colo obbligatorio unicamente per ampli-
ficatori, soundbar e dispositivi nati per
la riproduzione musicale, o aggiornare
i TV Sony a DTS:X. Onestamente spe-
riamo che questa modalità ottimizzata
di visione/ascolto porti benefici tangibili
agli spettatori, ma fino alla prova diretta
non possiamo pronunciarci: la possibi-
lità che si tratti dell’ennesimo bollino
dai benefici pratici discutibili non può
essere esclusa. Ma, ripetiamo, solo una
prova scioglierà ogni dubbio.
Tornando alla cronaca, dall’altra parte
dell’Oceano arrivano notizie anche sui
sintoampli che verranno aggiornati a
IMAX Enhanced, inizialmente a marchio
Denon e Marantz. In particolare, di De-
non verranno aggiornati AVR-X4500H,
AVR-X6500H e AVC-X8500H: il primo
e il top di gamma 8500H sono già di-
sponibili in Italia e verranno aggiornati
col “classico” update firmware, anche
se permane qualche dubbio di natura
tecnica. Nella comunicazione ufficiale,
infatti, il consorzio ha annunciato l’uso
di una “variante” di DTS:X, della quale
non sono trapelate indiscrezioni.
Ora, sotto coi film. Ma anche qui non
mancano i dubbi: oltre ai Blu-ray Ultra
HD, la cui presenza è pressoché scon-
tata, quali formati di streaming verranno
adottati? E quali piattaforme ne bene-
ficeranno? Sospendiamo il giudizio in
attesa di notizie certe.
di Gaetano MERO
L unedì 17 settembre Apple ha reso
disponibile tvOS 12. Tra le novità più
attese di tvOS 12 c’è il supporto alla
tecnologia audio surround Dolby Atmos,
disponibile sul modello 4K di Apple TV.
Il Dolby Atmos è in grado di gestire in
modo dettagliato i suoni durante la vi-
sione dei contenuti avvolgendo così lo
spettatore. Un’icona indicherà la dispo-
nibilità del formato durante la navigazio-
ne tra i titoli in catalogo.
Apple ha assicurato che i film acquista-
ti precedentemente su iTunes saranno
aggiornati gratuitamente per supportare
Dolby Atmos. Con tvOS 12 arriva anche
la funzione “zero sign-on”, un’evoluzione
del “single sign-on”. Il nuovo sistema uti-
TV E VIDEO Lunedì 17 settembre Apple ha reso disponibile la nuova versione di tvOS
Apple TV: con tvOS 12 arriva il Dolby Atmos tvOS12 porta su Apple TV anche nuove funzionalità dedicate alla gestione dei contenuti
lizzerà informazioni riguar-
do alla rete e alla posizione
dell’utente per effettuare
autonomamente l’accesso
con alcuni operatori di TV
via cavo.
Un modo per avere a di-
sposizione i contenuti subi-
to, senza dover inserire le
proprie credenziali. Attual-
mente, però, l’unica emit-
tente che supporterà l’op-
zione è l’americana Charter
Spectrum; allo stato attuale,
insomma, l’Italia è sprovvista di questa
funzione. Migliorata la compatibilità con
controller di terze parti e totalmente rin-
novato il parco screensaver, grazie alle
immagini ottenute in collaborazione con
la NASA. L’ultima versione di tvOS pro-
mette, infine, una maggiore integrazione
con iOS 12: nel centro di controllo appari-
rà per impostazione predefinita il teleco-
mando per gestire Apple TV.
Estratto dai quotidiani onlinewww.DDAY.it
Registrazione Tribunale di Milanon. 416 del 28 settembre 2009
e
www.DMOVE.itRegistrazione Tribunale di Milano
n. 308 del’8 novembre 2017
direttore responsabileGianfranco Giardina
editingClaudio Stellari, Alessandra Lojacono
EditoreScripta Manent Servizi Editoriali srl
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MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
di Roberto PEZZALI
D a qualche mese i possessori di
OLED Sony sono alle prese con
una fastidiosa funzione che in de-
terminate condizioni rovina la visione.
Qualcuno parla di bug, ma non è un bug:
è semplicemente un sistema che per-
mette di risparmiare il pannello quando
vengono rilevate immagini statiche per
circa un minuto. Gli OLED sono sensibili
al burn-in, soprattutto se la luminosità è
elevata, e Sony con l’aggiornamento al
Dolby Vision ha introdotto anche un nuo-
vo sistema di protezione proprio per evi-
tare che, con determinati giochi in Dolby
Vision e HDR, loghi e interfacce grafiche
restassero impresse con le sessioni di
gioco prolungate. Non è un caso che i pri-
mi ad accorgersi del problema siano stati
proprio i giocatori, con God of War in HDR
su PS4 Pro che spinge il TV dopo qualche
minuto a ridurre il livello della luminosità di
picco rendendo l’immagine più scura (qui un video che mostra il problema). Un
TV E VIDEO Alcuni possessori di TV OLED Sony lamentano repentini abbassamenti di luminosità
TV Sony OLED e luminosità “ballerina” Problema risolto, anche se non del tuttoSony ha risolto solo parzialmente: una soluzione definitiva potrebbe non arrivare mai
comportamento questo che si ripropone
anche in altre condizioni, dalle partite di
calcio ad altri eventi sportivi (qui un video
Sony con un aggiornamento ha cercato
di minimizzare il problema, e da quanto
abbiamo visto ci è riuscita: l’intervento
dell’algoritmo che abbassa la luminosità
è molto meno aggressivo e graduale,
anche perché ora controlla se la lumino-
sità della scena globale è tale da poter
creare, dopo svariate ore, una sovraim-
pressione sul pannello. Se prima riduceva
a la luminosità a prescindere dalla scena
l’algoritmo, secondo quando abbiamo
visto, ora la riduce solo se l’immagine è
davvero luminosa. In moltissime condizio-
ni di visione, abbiamo provato con diversi
spezzoni e giochi, il problema può ritener-
si risolto quasi del tutto ma con qualche
modalità, ad esempio un HDR dinamico
con una luminosità di picco elevata, il TV
Sony potrebbe scegliere di ridurre un po’
la luminosità del quadro.
Difficile pensare che l’azienda possa
intervenire ulteriormente con un nuovo
aggiornamento, anche perché più che un
difetto questa è una funzione per salva-
guardare il pannello, e in Sony sono molto
attenti a queste problematiche. Qualcuno
potrebbe anche dire altri produttori che
usano lo stesso pannello non adottano
soluzioni simili, ma solo il tempo ci dirà
se erano necessarie. Basta pensare, ad
esempio, che Sony e Panasonic hanno
scelto di tenere la luminosità dell’OLED a
700 nits circa, mentre Philips sulla ultima
serie ha spinto il pannello a 1000 nits. Ci
arriverebbero anche gli OLED Sony, ma
hanno preferito non esagerare. Avranno
fatto bene?
di Franco AQUINI
N etflix sembra non conoscere limiti:
ora vuole certificare anche la cate-
na di produzione dei contenuti.
Ecco dunque il nuovo stemma Netflix
Post Alliance Technology. Un logo non più
adatto al mercato consumer, ma decisa-
mente orientato al settore professionale.
I produttori di dispositivi che utilizzeranno
questo logo collaboreranno infatti a stret-
to contatto con Netflix per avere accesso
al supporto, alla roadmap tecnologica e
agli aggiornamenti di Netflix. Un tratto di-
stintivo per i produttori che potranno così
fregiarsi di una certificazione, ma anche
sicurezza in più per chi deve acquistare
dispositivi e software per la produzione e
per la post-produzione di contenuti. Uti-
lizzando prodotti con il logo Netflix PTA
si potrà avere la certezza di rispondere ai
più recenti e stringenti standard qualitati-
TV E VIDEO Netflix Post Technology Alliance è il logo della nuova certificazione di Netflix
Netflix ora certifica videocamere e software Avvisati i produttori: con i dispositivi certificati la pubblicazione su Netflix è più semplice
vi richiesti dalla piattaforma (e di conse-
guenza avere più facilità nell’accesso alla
pubblicazione sul catalogo del colosso
dello streaming).
Fondamentalmente il programma è ri-
volto a quattro categorie di prodotti: vi-
deocamere, sistemi di editing, software
di color correction e encoder IMF (Inte-
roperable Master Format, un sistema col
quale Netflix può gestire i formati dei
diversi paesi con un solo master). I mar-
chi che possono vantare il logo sono per
ora nomi grossi dei rispettivi settori come
Adobe, Avid, Canon, Panasonic, Red Digi-
tal e molti altri.
L’elenco completo dei dispositivi attual-
mente certificati è disponibile sulla pa-gina ufficiale.Netflix lo scrive chiaramente: non si
aspetta l’adozione del logo da parte di
tutti i dispositivi coinvolti nella produzione
di contenuti video. Sarebbe impossibile,
ovviamente, oltre che inutile per disposi-
tivi come le lenti, i cui metadati possono
essere incorporati in quelli della videoca-
mera.
C’è comunque da notare come ormai il
logo Netflix, qualsiasi esso sia (quindi a
maggior ragione quest’ultimo legato alla
produzione e post-produzione) nobilita
il dispositivo più di qualsiasi altro logo o
certificazione. Sui nuovi dispositivi pre-
sentati ai vari eventi o fiere ormai il logo
Netflix pesa decisamente di più di quello
di una grande casa di produzione.
Evolution Kit 2018 in Italia a novembre Nuova vita per i vecchi TV SamsungSamsung ha prodotto un nuovo Evolution Kit che porterà sui TV dal 2012 al 2015 tutte le funzionalità smart e le novità introdotte sui nuovi modelli di Roberto PEZZALI
Il regalo che fa Samsung a chi gli ha dato fiducia in questi anni è enorme: Evolution Kit, il sistema lanciato nel 2011 per combattere l’obsolescenza nei TV, torna. A no-vembre, sul negozio online di Sam-sung, sarà possibile acquistare an-che in Italia a 299 euro il SEK-4500, la versione più recente e aggior-nata di Evolution Kit. Il SEK-4500 permetterà a tutti coloro con TV Samsung HD o 4K modelli 2012 – 2015 di avere, semplicemente cambiando il box connessioni, l’ultima versione della piattaforma Smart Tizen con tutte le app ag-giornate, da Netflix a Amazon Pri-me Video. Non solo: Evolution Kit 2018 integra anche il tuner, quindi su modelli privi di decoder HEVC arriverà anche il tuner DVB-T2 e HEVC che permetterà di ricevere i canali Ultra HD come quello Rai. Ci saranno anche un nuovo teleco-mando, ingressi HDMI aggiornati, un player multimediale più evoluto e tutte le funzionalità che oggi si trovano acquistando una Smart TV Samsung serie Q. Evolution Kit 2018 sarà compatibi-le con i TV Full HD serie ES8000, ES7000, F8000, H8000 e con I TV UHD serie S9, F9005, S9W, S9, S9B, HU9000, HU8700, HU8500, HU7200, HU7000, JS9500 e JS9000.
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MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
di Roberto FAGGIANO
S ta per arrivare nei negozi la nuova
serie stereo 800 di Denon, che si
colloca esattamente nel mezzo
dell’attuale gamma stereo. Si tratta di
tre componenti - amplificatore, lettore
CD e network player che vanno a for-
mare un sistema di tutto rispetto per
potenza e versatilità ma con un prez-
zo ancora molto accessibile. Nessuna
novità nell’estetica ma molta sostanza
all’interno e possibilità di inserirsi in un
sistema muliroom Heos. Ecco in detta-
glio i nuovi componenti.
L’amplificatore integrato PMA-800NE
ha una potenza di 2 x 50 watt RMS
(8 ohm, THD 0,07%), sezione digitale
con ingressi coassiale e ottico, ingressi
di linea e phono MM/MC, presa cuffia,
modalità analogica per spegnere il cir-
cuito digitale, modalità source direct
per eliminare i circuiti di tono e telaio
irrobustito. Scendendo nei dettagli tec-
nici troviamo l’amplificazione Advanced
High Current con transistor discreti
e telaio irrobustito per un peso di 7,5
kg. La circuitazione digitale completa-
mente isolata sfrutta il convertitore D/A
HI-FI E HOME CINEMA Denon lancia la serie di elettroniche 800: ampli, lettore CD e network player
Denon serie 800, per chi non dimentica l’impianto stereo a componenti separatiRapporto qualità/prezzo e versatilità sono molto interessanti. E c’è pure un nuovo giradischi
sfrutta un integrato Texas PCM 5141 da
192 kHz/24 bit.
Il lettore CD DCD800NE utilizza il pre-
gevole circuito AL32 Plus già usato nei
modelli superiori, con un eccellente
convertitore Texas PCM 1795 da 192
kHz/32 bit, utilizzabile non solo con i
compact disc ma anche tramite l’ingres-
so usb frontale per chiavette di memoria
e hard disk; mancano invece gli ingressi
digitali per altre sorgenti. La meccanica
è realizzata in modo tale da minimizzare
le vibrazioni che potrebbero influenzare
la corretta lettura dei dischi.
Il network player DNP800NE consente
di accedere ai contenuti musicali della
rete ed è già predisposto per i maggio-
ri servizi di streaming musicale, inoltre
è compatibile con il sistema multiroom
Heos e potrà essere utilizzato anche
con i comandi vocali di Amazon Alexa.
I collegamenti senza fili comprendono
wi-fi, bluetooth e Airplay 2 . La sezione
di conversione D/A è praticamente la
stessa del lettore CD, quindi di ottimo
livello e già pronto per i migliori formati
musicali disponibili, fino al DSD 5,6 MHz.
Non è possibile collegare sorgenti digi-
tali esterne ma l’uscita è sdoppiata su li-
nea a livello variabile e fissa. Sul frontale
c’è la presa cuffia e la manopola per il
volume. I tre nuovi apparecchi sono tutti
dotati di telecomando e sono disponibili
in versione argento oppure nera.
I prezzi di listino sono di 549 euro per
l’amplificatore e il network player, men-
tre il lettore CD si ferma a 449 euro.
Novità anche in tema di giradischi con il
modello DP400, disponibile anche nella
versione DP450 USB con uscita usb per
le registrazioni. Si tratta di un modello
minimalista e molto compatto, largo
come le elettroniche e con una origina-
le cover senza cerniere. La trazione è a
cinghia e lo stop automatico a fine disco
è escludibile. Il bracco a S è già com-
pleto di testina MM e non manca il pre
phono RIAA, sempre escludibile se si
usano amplificatori con ingresso phono.
La finitura è in un elegante nero laccato.
I prezzi vanno dai 500 euro del DP400
ai 600 euro del DP450USB.
L’amplificatore integrato PMA-800NE
Il lettore CD DCD800NE
Il network player DNP800NE
Sonos introduce il supporto a IFTTTI dispositivi Sonos diventano più automatizzati con il servizio IFTTT Al momento è ancora in fase beta e ha solo una piccola lacuna: non può essere la componente “if” ma soltanto l’azione attivata dal comando di Massimiliano DI MARCO
Sonos si aggiunge alla lista dei dispositivi che supportano l’au-tomazione di IFTTT (If This Than That). Per ora con un limite: il dispositivo Sonos può soltanto essere l’azione attivata dal co-mando e non può, invece, essere usato come input per una secon-da azione. Il supporto è ancora in fase beta e c’è tutto il tempo di ampliare le funzioni di automazio-ne legate a IFTTT. Cosa significa per gli utenti Sonos? Per esem-pio possono configurare IFTTT in modo tale che se viene ricevuta una telefonata sullo smartphone, la riproduzione dell’audio dell’al-toparlante Sonos viene automati-camente messa in pausa. Oppure far partire l’ascolto automatica-mente quando vengono accese le luci di casa (che devono essere anche loro smart). Come detto, però, per ora i dispositivi Sonos non possono non possono esse-re usati come “interruttore” per far partire una seconda azione in un altro dispositivo. Per esempio, non è ancora possibile impartire un comando attraverso il quale se viene avviata la riproduzione di un brano da un altoparlante Sonos, allora il telefono passa in modalità silenziosa.
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MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
di Roberto FAGGIANO
Sennheiser lavora alacremente da
qualche anno sul suo sistema di
registrazione e riproduzione bi-
naurale Ambeo, auricolari e microfoni
adatti ai nuovi registi che ormai usano
più facilmente lo smartphone rispet-
to a cineprese e videocamere. Dalla
sperimentazione è uscito un sistema
di registrazione già in commercio. Per
dimostrarne le potenzialità è stato com-
missionato un piccolo film di circa 7 minuti, realizzato dalla regista Roxanne
Benjamin utilizzando esclusivamente
un iPhone e il sistema di registrazione
binaurale Ambeo. In Final stop la pro-
tagonista si vede minacciata da uno
sconosciuto che la segue sull’autobus e
in strada in un crescente clima di terro-
re. Ascoltando l’audio del film con una
coppia di auricolari (un modello qual-
siasi, non servono gli Ambeo), si viene
trasportati nel clima del film.
La registrazione è in effetti molto ac-
curata nel mettere i suoni esattamente
da dove provengono e fedele pure nel
HI-FI E HOME CINEMA Un breve filmato dimostra la qualità della registrazione binaurale Ambeo
Sennheiser stupisce con il suono binauraleLa clip demo è stata realizzata con un iPhone e il sistema di registrazione Ambeo Smart Headset Il risultato è un filmato che ci mette al centro esatto dell’azione, nei panni della protagonista
ricreare distanze ed echi coincidenti
con le immagini. Più confuso il finale a
sorpresa. Il filmato è comunque la dimo-
strazione di come i moderni film maker
possano raggiungere risultati quasi pro-
fessionali anche dal punto di vista della
colonna sonora, aspetto sinora molto
trascurato rispetto alla qualità delle im-
magini. La tecnologia binaurale utilizza-
ta nel sistema Ambeo di Sennehiser ha
lo scopo di fornire al cervello le stesse
informazioni che gli arriverebbero da
una situazione reale e il compito del
sistema di registrazione Ambeo è pro-
prio quello di catturare rumori e voci nel
modo più vicino a quello naturale.
Per la riproduzione al momento ci sono
gli auricolari, ma alla recente IFA di
Berlino Sennheiser ha mostrato anche
un’inedita soundbar con tecnologia Am-
beo, dimostrando che la casa tedesca
ha molte ambizioni per il suo progetto
e lo vuole portare verso un livello di
ascolto ancora superiore.
di Gaetano MERO
M otorola ha annunciato l’arrivo sul
mercato italiano dello smartpho-
ne Motorola One. Il dispositivo
è basato su Android One, una versione
stock del sistema operativo targato Goo-
gle che garantisce aggiornamenti e patch
di sicurezza mensili per almeno tre anni.
Motorola One si colloca nella fascia me-
dia di mercato, è dotato di display LCD
da 5,9 pollici con risoluzione HD+ e rap-
porto 19:9 che copre buona parte della
superficie lasciando giusto lo spazio, al-
l’interno della famigerata “tacca”, per la
capsula auricolare e per una fotocamera
da 8 MP. Il retro scocca in policarbonato
nasconde una fotocamera con doppio
sensore da 13 MP, dotata di flashLED, e
il sensore delle impronte per lo sblocco.
Trattandosi di un dispositivo Android One
MOBILE Debutta in anticipo sul mercato italiano il Motorola One, sarà disponibile a breve
Motorola One in Italia: Android stock e AI a 299 euro Motorola One ha schermo 5.9’’, supporta Android One e le funzionalità AI di Google Lens
sono disponibili le funzionalità di Google
Lens e dell’Intelligenza Artificiale. Scat-
tando una foto ad un luogo di interesse,
ad un’opera famosa o al proprio piatto
preferito, Google fornirà informazioni in
merito rendendo l’esperienza interattiva.
Sono disponibili le modalità portrait, cine-
magraph e time-lapse, in più l’utente può
disporre di spazio illimitato per l’archivia-
zione di foto ad alta risoluzione tramite il
servizio Google Foto.
Cuore dello smartphone è il processo-
re Snapdragon 625 di Qualcomm, un
octa-core da 2GHz, presenti 4GB di
RAM e 64 GB dedicati all’archiviazione
interna espandibili tramite microSD. A
bordo è presente inoltre una batteria da
3.000 mAh che grazie alla tecnologia Tur-
boPower può garantire 6 ore di autono-
mia dopo appena 20 minuti di ricarica.
Completano la scheda tecnica i moduli
Wi-Fi a/b/g/n/ac, Bluetooth 5.0, GPS, NFC,
il supporto alle reti LTE. Degna di nota la
presenza del jack da 3,5mm e della porta
USB di tipo C per la ricarica e la connes-
sione dati. Il sistema operativo con cui
verrà distribuito sarà Android 8.1, ma è
già stato annunciato l’aggiornamento ad
Android Pie.
Motorola One sarà disponibile a breve in
Italia al prezzo consigliato al pubblico di
299,99 €.
Pioneer, ecco i Blu-ray senza compromessiDue nuovi lettori Blu-ray ai vertici della categoria Il top di gamma LX800 mette nel mirino Oppo. Prezzi da 1.000 a 2.500 euro di Roberto FAGGIANO
Pioneer lancia due lettori Blu-ray di altissimo livello, l’UDP-LX500 e il UDP-LX800. Il nuovo top di gam-ma LX-800 è un lettore universale audio/video che punta soprattutto agli appassionati audio. La sezione di conversione digitale/analogico utilizza per ogni canale il convertito-re ESS Sabre ES 9026 Pro da ben 768 kHz/32bit, in grado quindi di trattare ogni segnale e file musica-le fino ai DSD 11,2 MHz, con uscite stereo normali e bilanciate. Il tutto accompagnato da componentisti-ca selezionata e con un telaio so-vradimensionato, pesante 14,5 kg. Per la sezione video troviamo la doppia uscita HDMI, compatibilità Ultra HD, HDR 10, Dolby Vision e impostazioni separate per TV LED, OLED e videoproiettori. Il modello UDP-LX500 è sempre un lettore universale capace di legge-re praticamente ogni supporto, ma è semplificato nel telaio e nella cir-cuitazione rispetto al fratello mag-giore. Tuttavia può sempre vantare un eccellente convertitore D/A AKM 4490 da 768 kHz/32 bit per trattare ogni tipo di file fino ai DSD 11,2 kHz. La sezione video è com-patibile con Dolby Vision e HDR 10. Tra le uscite troviamo ancora la doppia HDMI mentre i connettori audio sono solo quelli classici rca. I prezzi ufficiali italiani non sono noti ma le quotazioni europee parlano di 999 euro per l’UDP-LX500 e 2.500 euro per l’UDP-LX800. En-trambi i modelli dovrebbero essere disponibili entro il mese di ottobre.
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MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
di Emanuele VILLA
N essuna sorpresa ma la sostanza c’è anche que-
sta volta. Non è comparso né un prodotto rivo-
luzionario né una ‘one more thing’ stratosferica,
ma il passo avanti anche questa volta si sente. L’anno
scorso siamo rimasti con qualche punto di sospensio-
ne: la linea “classica” di iPhone raggiungeva il n.8, il
n.9 misteriosamente saltato e compariva un affasci-
nante iPhone X, con il suo look diverso dal passato, la
scocca posteriore in vetro, la ricarica wireless, il display
OLED, il Face ID, il design “tutto schermo”, l’assenza di
pulsanti fisici e svariate altre cose. Restava il “solito”
problema: un prezzo molto elevato che face dubitare
sulla reale ‘presa’ del modello innovativo, quanto meno
ai volumi che si si aspetta da Apple.
Oggi, con un anno in più sulle spalle, non possiamo
che testimoniare la nuova vittoria della Mela, che si
presenta al consueto appuntamento annuale reduce
da ottimi risultati nelle vendite di iPhone X, con un ti-
tolo azionario che vale 60 dollari in più, cioè un +40%,
e con uno Store in più in Italia: quello di Milano, che ha
fatto sfoggio di sé in apertura di presentazione. Non
deve stupire, quindi, che l’azienda abbia deciso di te-
nere fede alla linea X sviluppandone una gamma inte-
ra, un tris di prodotti che si fondano sul successo del
capostipite ma ne estendono il più possibile il target:
iPhone Xs, iPhone Xs Max e iPhone XR, cui dedichiamo
un articolo a sé.
A parte i nomi che creeranno non poca confusione
nell’utente non-appassionato (iPhone ’n’ e iPhone ’n’
Plus erano decisamente più facili da ricordare), non
MOBILE Apple svela i nuovi iPhone: l’erede diretto di iPhone X è Xs, la versione “gigante” con display da 6,5’’ è iPhone Xs Max
iPhone Xs e Xs Max: Apple fa crescere iPhone XIl design non cambia ma la nuova generazione di iPhone ha più potenza che si traduce in una migliore funzionalità
c’è stato nessun terremoto: visto che il 2018 è l’anno
del perfezionamento della linea ’S’, il fatto che i nuovi
telefoni si chiamino iPhone Xs e iPhone Xs Max non
deve stupire più di tanto. Piuttosto, ci si domanda come
mai Apple abbia usato il suffisso ‘Max’ anziché il col-
laudatissimo ‘Plus’, ma durante la conferenza abbiamo
ottenuto la risposta: il nuovo iPhone Xs da 6.5’’ è più
grande di tutti gli Phone Plus del passato e per questo
si chiama Max.
iPhone Xs e Xs Max Le novità sono dentro la scoccaPer il resto, tantissime conferme e poche sorprese
rispetto ai rumor degli ultimi giorni: lo smartphone
“base” della nuova linea è iPhone Xs, un telefono che
parte da iPhone X e lo aggiorna senza stravolgerne il
progetto, mantenendo cioè il display OLED da 5,8’’ con
2436×1125 pixel a 458 ppi e supporto HDR (HDR10 e
Dolby Vision), l’immancabile notch che tanto ha fatto
discutere nei mesi scorsi e il Face ID, altro marchio di
fabbrica in quel di Cupertino. Il modello Xs Max, inve-
ce, è dedicato a chi vuole massimizzare l’area utile del
display: nonostante le dimensioni della scocca siano
analoghe a quelle di un qualsiasi iPhone Plus da 5,5
pollici, Xs Max può vantare un display Super Retina da
6,5’’, anch’esso OLED come Xs e anch’esso con 458
ppi.
Al di là dell’ingresso di un modello in finitura Gold, le
novità sono tutte dentro la scocca: i tagli di memoria
sono di 64, 256 e 512GB, mentre il livello di protezione
passa da IP67 a IP68 e questo significa poterlo immer-
gere in fino a 2 metri in acqua. Troviamo speaker più
potenti e molto altro, ma soprattutto è stato aggiorna-
to il cuore del progetto, il SoC che non solo ‘alimenta’
tutte le funzionalità dell’apparecchio ma ne permette
anche di nuove. Il nuovo SoC si chiama A12 Bionic ed
è stato in assoluto l’argomento su cui si è insistito di
più in sede di conferenza: A12 è il primo chip a 7 nano-
metri a uscire sul mercato e, a detta di Phil Schiller, in
assoluto il più potente mai montato in un smartphone.
Alla base del progetto vi è una CPU a sei core, compo-
sta da 4 core orientati all’efficienza per le operazioni di
routine (che offrono performance fino al 15% superiori
rispetto ad A11) e 2 alle performance, laddove l’incre-
mento prestazionale raggiunge anche il 50% sulla ge-
nerazione passata. Rinnovata anche la GPU, un Quad
Core che offre prestazioni grafiche superiori, e il Neural
Engine, che passa da un’architettura a 2 core a una a
8 core, è responsabile delle operazioni relative all’in-
telligenza artificiale e può raggiungere i 5.000 miliar-
di di operazioni al secondo dai 600 miliardi di A11. Un
miglioramento che sarà percepito facilmente da tutti
sarà la rapidità di sblocco con Face ID, merito di A12 L’inizio della presentazione di Tim Cook ha avuto come protagonista il nuovo Apple Store di Milano Piazza Liberty segue a pagina 18
Goditi in pieno relax i tuoi weekend fuori città. Con i ricevitori satellitari HD di Humax, certificati tivùsat e tivùon, avrai la certezza di non perderti neanche un istante dei tuoi programmi preferiti. Ovunque tu sia, grazie al satellite, potrai accedere a decine di canali gratuiti in HD.
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MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
e di algoritmi perfezionati, e l’apertura delle app: sarà
possibile percepire un 30% di velocità in più grazie ad
A12 e ad iOS12. Nelle intenzioni di Apple, i benefici di
A12 sono pervasivi: durante la presentazione sono stati
mostrati esempi tratti da videogame ad altissima risolu-
zione e con fantastici effetti di luce, ma non è mancata
anche la dimostrazione di app di realtà aumentata e,
soprattutto, le applicazioni di A12 Bionic sul terreno del-
lo scatto fotografico e della ripresa video.
Qui, l’aggiornamento hardware rispetto a iPhone X va
indagato ulteriormente rispetto alla sola presentazio-
ne: il comparto fotografico è annunciato come novità,
anche se entrambe le fotocamere principali restano da
12 mpixel. Cambia il sensore della fotocamera gran-
dangolare, che può contare su pixel di dimensioni più
grandi (1.4μm) e anche l’apertura della fotocamera con
teleobiettivo, cosa che dovrebbe determinare un mi-
glioramento della resa in condizioni di scarsa luce. Vie-
ne introdotta una modalità Smart HDR, che fonde in un
unico scatto svariati scatti con esposizione differente,
e la possibilità di variare la profondità di campo dopo
lo scatto realizzando quello che sembra - ma chiara-
mente sarà necessaria una prova - un effetto bokeh
realistico.
Infine, confermata la funzionalità Dual SIM, che consi-
ste nella possibilità di sommare una eSIM a una SIM
normale, mentre in Cina verrà commercializzato il mo-
dello con doppio slot per la SIM. Per quanto concerne
la batteria, l’indicazione è relativa, cioè data in relazio-
ne ad iPhone X: il modello Xs dura 30 minuti in più con
una carica completa, Xs Max 90 minuti in più. Ultimo
discorso, ma non meno importante, è quello della di-
sponibilità e dei prezzi: iPhone Xs e iPhone Xs Max
saranno disponibili in Italia dal 21 settembre.
Per quanto riguarda i prezzi, come da previsione sono
elevati: partiamo da 1.189 euro di iPhone Xs da 64GB
e da 1.289 euro per chi preferisce la versione Max. In
entrambi i casi stiamo parlando delle versioni base
da 64GB: chi vuole di più deve spendere 1.359 euro
(256GB) e 1.589 euro (512GB) per iPhone Xs oppure
1.459 euro (256GB) o 1.689 euro (512GB) per iPhone
Xs Max. Restano in gamma iPhone 7 e 8 e le rispettive
versioni Plus, che vengono proposti in USA a partire da
499 e 599 dollari e sull’Apple Store italiano da 549 e
719 euro, sempre considerando le versioni base.
MOBILE
Apple fa crescere iPhone Xsegue Da pagina 17
di Franco AQUINI
I n seguito al famoso Battery Gate, Apple ha offerto il cambio della bat-
teria degli iPhone a un prezzo deci-
samente scontato: 29 euro. Un prezzo
a tempo determinato, però, visto che il
termine per approfittare del prezzo spe-
ciale scatterà il 31 dicembre di quest’an-
no. Ancora pochi mesi per approfittare
dello sconto quindi. E poi?
Secondo la pagina ufficiale Apple,
dall’1 gennaio 2019 entreranno in vigo-
re i nuovi prezzi che comprenderanno,
ovviamente, anche i nuovi arrivati iPho-
ne Xs, Xs Max e l’outsider iPhone XR:
i prezzi saranno di 69 euro per tutti i
nuovi modelli.
Tutti gli altri, ovvero quelli che hanno
beneficiato dello sconto a 29 euro, pas-
seranno a 49 euro. Si tratta dei model-
li iPhone SE, iPhone 6, iPhone 6 Plus,
MOBILE C’è tempo fino al 31 gennaio per sfruttare l’offerta “battery gate” e cambiare la batteria al prezzo speciale di 29 euro
Tra 4 mesi il cambio batteria dell’iPhone tornerà a prezzo pienoUn aumento consistente ma non esagerato per gli standard di Apple. I costi della sostituzione della batteria erano stati ridotti dopo le polemiche sul rallentamento “imposto” agli utenti per non penalizzare l’autonomia dei dispositivi meno recenti
iPhone 6s, iPhone 6s Plus, iPhone 7,
iPhone 7 Plus, iPhone 8, iPhone 8 Plus
e iPhone X. Tutti gli altri non citati pas-
seranno invece a 89 euro.
Prezzi in aumento Ma c’era da aspettarseloUn aumento largamente atteso, visto
che il costo di 29 euro era decisamente
inferiore anche rispetto ai prezzi prati-
cati dai centri di assistenza non ufficiali.
Si tratta, comunque, di un aumento con-
tenuto e tutto sommato ancora “umano”
per gli standard Apple.
Un po’ meno contenuto per gli ultimi
modelli, dove tuttavia potrebbe incide-
re la costruzione dello smartphone e di
conseguenza il tempo necessario alla
sostituzione. Difficile pensare che sol-
tanto la diversa capacità della batteria
possa giustificare una maggiorazione di
20 euro.
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MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
di Massimiliano DI MARCO
U n nome un po’ inatteso, ma nessun’altra sorpre-
sa. iPhone XR è il volto del modello “economi-
co” della gamma 2018 di smartphone Apple. Il
prezzo più basso rispetto a iPhone Xs e Xs Max - i
due modelli da 5,8 e 6,5 pollici - lo posiziona come
erede diretto di iPhone 8. Ma le somiglianze finisco-
no qua; iPhone XR rappresenta il compromesso tra il
design di iPhone X e un prezzo più abbordabile (pur
ampiamente all’interno della fascia alta del mercato)
lasciando soltanto iPhone SE a simbolo dei preceden-
ti “melafonini”.
L’estraneo con pannello LCD Benvenuto Liquid RetinaNella nuova gamma di Apple, iPhone XR è l’unico che
integra un pannello LCD, laddove sia iPhone Xs sia
Xs Max presentano un più accattivante e moderno
OLED. Qualche compromesso, d’altronde, andava fat-
to per non alzare il prezzo, ma lo schermo di iPhone
XR, che vanta una diagonale da 6,1 pollici, promette
sulla carta di garantire una qualità superiore rispetto a
iPhone 8. Il pannello Liquid Retina ha una risoluzione
di 1792 x 828 (326 ppi). Nonostante la diagonale dello
schermo, le dimensioni generali sono inferiori a quelle
di iPhone 8 Plus. Il primo compromesso, oltre all’uso
del pannello LCD, è l’assenza del 3D Touch, tecnolo-
gia introdotta con iPhone 6S. Al suo posto Apple parla
di haptic touch, ma una nuova generazione con carat-
teristiche in meno fa sempre storcere il naso. Anche
perché come esempi delle possibilità offerte dall’hap-
tic touch, Apple ha parlato di lanciare facilmente l’app
Fotocamera e la torcia dalla schermata di blocco; ben
poca cosa. Il design a “tutto schermo”, in ogni caso, si-
gnifica l’addio al tasto fisico Home che ha affiancato la
gamma iPhone per anni e l’introduzione delle stesse
gesture di iPhone X, Xs e Xs Max. Per esempio, uno
swype verso l’alto per tornare alla Home, oppure uno
swype verso il basso dal lato sinistro per “evocare” il
Centro di controllo.
Un solo sensore per la fotocameraCome la doppia fotocamera è stata prerogatica della
linea “Plus” per alcuni anni, anche per quest’anno un
modello è rimasto orfano del secondo sensore. Tale
ruolo è di iPhone XR, che basa le proprie capacità fo-
MOBILE iPhone XR prende il DNA e il corpo di iPhone X e lo porta alla base della gamma. Prezzo più umano ma non low cost
Ecco iPhone XR, fratello minore ma non troppoSchermo LCD borderless, sei colori e qualche compromesso, principalmente per fotocamera e schermo. Arriva a ottobre
tografiche unicamente su un solo sensore da 12 me-
gapixel grandangolare, dotato di stabilizzatore ottico,
apertura f/1.8 e pixel più grandi.
Più che novità assolute, è l’introduzione nella base
della gamma di caratteristiche fotografiche che, fino
alla scorsa generazione, sono state prerogativa dei
modelli più costosi. La modalità Ritratto, per esempio,
entra nella base di gamma. Il controllo della profondi-
tà di campo - che permette di personalizzare l’effetto
bokeh nei primi piani - fa parte anche della dotazione
di iPhone XR. Un pacchetto che, aldilà dell’assenza
della lente per lo zoom ottico, soddisferà le esigenze
di tantissimi utenti, perdendosi poco rispetto ai due
modelli. Anche il Face ID, il sistema di riconoscimen-
to facciale introdotto con iPhone X, entra nella base
di gamma. Con la stessa configurazione hardware
TrueDepth degli altri due modelli. Sostituisce il lettore
d’impronte digitali, che era rimasto con iPhone 8 e 8
Plus, anche per Apple Pay, il sistema di pagamento
dell’azienda.
Sotto la scocca è (quasi) un iPhone XsE se schermo e fotocamera sono le due più rilevan-
ti differenze rispetto a iPhone Xs e Xs Max, iPhone
XR può godere di quasi gli stessi componenti interni.
Quasi, perché anche in questo caso qualche compro-
messo è stato fatto. Il System-on-Chip è lo stesso A12
Bionic dei “fratelli maggiori”. Si tratta del primo chip
al mondo con processo di produzione a 7 nanome-
tri, dotato di CPU a 6 core (di cui 4 core a efficienza
energetica e due ideati, invece, per occuparsi delle
operazioni più esigenti) e GPU a 4 core. Il Neural
Engine, cioè il componente dedicato alle operazioni
di apprendimento automatico (tra cui anche Animoji
e Face ID) introdotto con A11, passa a 8 core. Apple
promette che, grazie anche alle migliorie di iOS 12,
A12 Bionic permetta di aprire le applicazioni il 20%
più velocemente della precedente generazione di
SoC Apple.
I tagli di memoria saranno tre: 64, 129 e 256GB.
L’opzione da 512 GB è prerogativa di iPhone Xs e Xs
Max. L’autonomia, poi, è la grande promessa: un’ora
e mezza in più di iPhone 8 Plus. Anche iPhone XR
introduce nella gamma Apple il concetto di Dual Sim,
sebbene non sono entrambe in formato fisico: una,
infatti, sarà digitale. Presente, inoltre, la resistenza al-
l’acqua con certificazione IP 67 (iPhone Xs e Xs Max
arrivano invece a IP 68).
Coloratissimo alluminio Arrivano blu, giallo e coralloI tempi in cui un iPhone potevano essere comprato
soltanto in nero o in bianco paiono lontani guardando
iPhone XR. La sua scocca in alluminio, infatti, è dispo-
nibile in sei colori, molti dei quali inediti per la casa di
Cupertino, come giallo, corallo e blu. Opzioni che po-
trebbero ricordare i tempi dei Nokia Lumia, smartpho-
ne che puntarono molto sulle colorazioni sgargianti.
Arriverà sul mercato in ritardo rispetto a iPhone Xs e
Xs Max. I preordini partiranno il 19 ottobre, mentre la
commercializzazione è attesa una settimana più tardi,
il 26 ottobre. Il prezzo? 889 euro per il modello da 64
GB, salendo a 949 euro per 128 GB e, infine, a 1.059
euro per 256 GB di memoria integrata.
torna al sommario 21
MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
di Franco AQUINI
Apple Watch, dopo 3 generazioni sostanzialmente
uguali dal punto di vista estetico, è stato finalmente
rivisto anche sotto il punto di vista del design. Un di-
splay più grande, questa la novità più importante, che ha
permesso la realizzazione di una nuova interfaccia con
più applicazioni e strumenti a disposizione.
Uno schermo più grande, dicevamo, ma di quanto? 35%
sul modello più piccolo (che non è più da 38mm, bensì
da 40) e del 32% sul modello più grande (anche questo
passato dai 42mm ai 44). Una dimensione sensibilmente
maggiore che ha permesso di integrare tutta una serie
di nuove funzionalità sul nuovo WatchOS 5. A partire dal
quadrante Infograph, completamente configurabile. Sul-
lo schermo si possono avere ora più informazioni nello
stesso momento, con spigoli configurabili e in grado di
integrare informazioni provenienti da diverse app.
Allo stesso modo si potranno configurare, sempre sulle
Watch Faces, una sorta di widget per rimanere aggiorna-
ti in tempo reale, per fare un esempio, sui risultati della
propria squadra del cuore o su un titolo azionario. Non
mancheranno le Watch Faces dinamiche, con uno sfon-
do animato simile agli sfondi live disponibili su iOS, ma
con una grande differenza: Breathe, ad esempio, si ani-
ma coordinandosi col ritmo del respiro.
Sensori di nuova generazione per rilevare anche le caduteSotto un display totalmente rivisto non poteva che esserci
un nuovo processore. S4 è il nome, un SoC a 64bit dual-
core che promette il doppio delle performance rispetto
al predecessore. Potenza necessaria a raccogliere ed
MOBILE Apple Watch 4 si rinnova sotto tutti i punti di vista: design nuovo, display più grande e tanti nuovi sensori a bordo
Watch 4: più grande e fa l’elettrocardiogrammaNon solo rileva le cadute, ma è in grado di fare anche un vero elettrocardiogramma. Prezzi da 439 euro (versione GPS)
elaborare i dati provenienti da sensori più precisi, come
il nuovo giroscopio e accelerometro, 8 volte più veloci
e con la possibilità di rilevare una gamma più ampia di
movimenti. Sensori di nuova generazione che sono stati
impiegati principalmente in una nuova funzionalità: il ri-
levamento di una caduta. Se Apple Watch serie 4 rileva
una cad ta invia una notifica e se non riceve un input da
parte dell’utente entro 60 secondi, chiama un numero di
emergenza scelto dall’utente.
Infine c’è l’audio, più potente del 50% rispetto alla serie 3.
Un miglioramento che non è stato ovviamente pensato
per ascoltare la musica, bensì per le chiamate e per la
funzione Walkie-Talkie, che ora possono essere ascolta-
te meglio e in ambienti più rumorosi. Il microfono è stato
inoltre riposizionato per ridurre l’eco mentre si effettua
una chiamata.
Arriva l’ECG approvato dai mediciIl sensore ottico col quale Apple Watch rileva il battito
cardiaco è stato migliorato per essere ancora più preci-
so, ma attorno al sensore ottico c’è una grande novità: il
sensore per effettuare un elettrocardiogramma in 60 se-
condi. Il primo dispositivo consumer, dice Apple, in grado
di effettuare un vero ECG. Sarà vero? Per dimostrarlo sale
sul palco il presidente dell’American Heart Association, il
che dimostra che Apple sta lavorando seriamente per
trasformare Apple Watch in un dispositivo per l’e-heal-
th. Non a caso ha ricevuto la classificazione De Novo di
FDA, che classifica appunto i dispositivi medici particolar-
mente innovativi.I dati possono essere ovviamente scari-
cati nell’App Salute di iOS e condivisi col proprio medico
tramite un PDF, ma già da solo può fornire informazioni
importanti, come la diagnosi (prendiamola con le pinze)
di una fibrillazione atriale.
I prezzi? Il vero affare è Apple Watch 3Apple Watch 4 è disponibile nelle finiture silver gold, spa-
ce grey e gold stainless. In più ci sarà la versione Nike
con uno speciale cinturino in grado di riflettere la luce,
particolarmente utile per chi fa sport di notte. I prezzi sso-
no di 439€ per la versione GPS e 539€ per la versione
cellular (i prezzi si riferiscono ovviamente alla versione
più piccola da 40mm). La versione cellular, tra l’altro, in
Italia sarà esclusiva Vodafone.
In gamma rimarrà anche il precedente modello, Watch
serie 3 che verrà riposizionato a 309€. Certo il nuovo
modello ha tantissime nuove funzioni, ma a questo prez-
zo Watch 3 diventa decisamente il più attraente della fa-
miglia. Apple Watch 4 è già disposnibile in vendita anche
nel nostro paese.
torna al sommario 22
MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
di Massimiliano DI MARCO
I n meno di due ore racchiudere tutte le novità in
serbo non è facile; spesso sono appena accennate,
per lasciare spazio alle questioni più grandi. E con il
coloratissimo iPhone XR, ma soprattutto XS e XS Max
da presentare, Apple ha lasciato “non dette” molte
cose, che sono poi diventate più chiare una volta che
le acque si sono calmate. Dettagli hardware sui nuovi
top di gamma e novità nel catalogo smartphone sono
soltanto alcuni degli argomenti toccati appena o scar-
samente approfonditi da Apple. Oppure non trattati af-
fatto, lasciando un vuoto nella comunicazione di alcuni
prodotti.
iPhone SE se ne va iPhone 7 è il nuovo entry-levelNon c’è più spazio per il “piccolo” iPhone SE. L’erede
di iPhone 5s da 4 pollici è infatti stato tolto dal catalogo
ufficiale; è iPhone 7 l’attuale entry-level nel mondo degli
smartphone iOS.
In catalogo a un prezzo di listino di 549 euro, iPhone 7
è una proposta ancora oggi molto valida. Chi preferisce
smartphone compatti, però, è stato “tradito” anche da
Apple, che ora punta sugli schermi ampi. Dal catalogo
esce di scena anche iPhone 6s, originariamente lanciato
sul mercato nel 2015. Più scontata, invece, la dipartita di
iPhone X, totalmente sovrapposto da iPhone Xs.
Niente schermi a 120 HzDi 120 Hz nella frequenza di aggiornamento degli
schermi non c’è l’ombra. Allora cos’era quel riferimento
ai 120 Hz nell’immagine riepilogativa che Phil Schiller,
l’uomo marketing di Apple, ha mostrato durante la con-
ferenza? Chiariamo la questione. I nuovi iPhone ricono-
scono il tocco dell’utente a una frequenza di 120 Hz; lo
schermo, però, viene aggiornato con una frequenza di
60 Hz. I videogiocatori duri e puri, insomma, devono co-
munque far riferimento a Razer Phone se vogliono uno
schermo che stia al loro passo.
Il beneficio del riconoscimento del tocco a una frequen-
za più alta, in ogni caso, c’è: quando lo schermo si ag-
giorna - 60 Hz equivalgono a 16,6 millisecondi contro
i 8,3 millisecondi dei 120 Hz - avere già “bell’e pronta”
la registrazione dell’input in anticipo rispetto all’effettivo
aggiornamento dello schermo abilita animazioni più ra-
pide.
MOBILE Apple ha “dimenticato” alcuni prodotti durante la sua presentazione e ha lasciato “non dette” diverse novità
Apple, dove sono gli AirPods 2 e l’AirPower?Tra le novità dimenticate da Apple la base di ricarica wireless AirPower e la seconda generazione di AirPods, ma non solo...
Dov’è finito AirPower?In casa Apple la ricarica wireless non è più una novità.
iPhone XR, XS e XS Max la integrano, ma è stato iPho-
ne 8 a introdurla nel catalogo dell’azienda. Eppure, di
AirPower - la base per la ricarica wireless annunciata a
settembre 2017 - nemmeno una goccia di informazioni
all’evento Apple.
Il che lo rende, a un anno di distanza, il prodotto Apple
che più si sta facendo attendere, ma soprattutto l’unico
di cui non sappiamo niente rispetto alla commercializza-
zione. E dire che la gamma di dispositivi Apple compati-
bili è sempre più vasta.
La velocità di ricarica wireless di iPhone Xs e Xr è un segretoPer quanto l’intera nuova gamma di iPhone adotti, come
detto, la ricarica wireless, Apple non ha specificato a
quale velocità vengono ricaricati i nuovi telefoni attra-
verso la modalità senza fili. Qualcosa che Apple aveva
fatto già con iPhone 8, ma considerata anche l’assen-
za di novità per AirPower, le specifiche tecniche della
ricarica wireless per gli iPhone sono ridotti all’osso. Anzi,
sono totalmente assenti.
Le AirPods 2 si fanno aspettareInsieme ai nuovi smartphone iOS ci si aspettava che an-
che una seconda generazione degli auricolari AirPods
avrebbe trovato spazio durante la presentazione. Inve-
ce, siamo rimasti a mani vuote. Probabile che Apple ab-
bia posticipato l’annuncio delle AirPods 2 al probabile evento di ottobre, durante il quale saranno protagonisti
iPad e Mac.
HomePod, l’Italia resta orfana dello smart speakerL’assistente da salotto di Apple con Siri integrato, cioè lo
smart speaker HomePod, per ora non arriverà in Italia.
La casa di Cupertino amplierà la disponibilità del prodot-
to da ottobre, ma soltanto in Messico e in Spagna.
Nonostante, insomma, la disponibilità commerciale nel
Belpaese di Google Home e Home Mini e, entro la fine
dell’anno, anche di Amazon Echo, concorrenti diretti di
HomePod, Apple resta uno dei principali produttori che
ancora non propone uno smart speaker in Italia.
In acqua fino a 2 metri per mezz’ora solo per iPhone Xs e Xs MaxLa resistenza all’acqua è una “scoperta” recente per
Apple. iPhone Xs e Xs Max portano la certificazione
fino a IP 68, garantendo loro, in poche parole, la pos-
sibilità di restare in acqua fino a due metri di profondità
e per mezz’ora senza subire alcun danno. iPhone Xr, il
modello che in Italia costerà almeno 889 euro, si ferma
invece a IP 67: al massimo un metro di profondità per
30 minuti.
Elettrocardiogramma con Apple Watch 4? Solo negli Stati UnitiÈ una delle principali novità di Apple Watch Series 4: può
anche fare l’elettrocardiogramma ed è stato certificato
dalla FDA, la Food and Drug Administration statuniten-
se. Purtroppo per gli utenti italiani tale funzione, che in
ogni caso non sarà disponibile sin dal lancio, non sarà
disponibile al di fuori degli Stati Uniti. Servono certifica-
zioni specifiche in Europa; non è da escludere che nei
prossimi mesi qualcosa possa muoversi anche dalle
nostre parti.
torna al sommario 23
MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
di Massimiliano DI MARCO
U na delle principali novità di
iPhone Xs e Xs Max è la possibilità
di usare due SIM contemporanea-
mente. Una caratteristica che smartpho-
ne e cellulari offrono da anni, ma per il
mondo Apple è un concetto inedito. La
casa di Cupertino ha però scelto una via
differente: soltanto in Cina ci saranno
due slot fisici; nel resto del mondo, in-
vece, la seconda SIM sarà digitale, cioè
un eSIM. Piccolo problema: per iPhone
Xs e Xs Max, Apple evidenzia che sol-
tanto gli operatori di dieci Paesi in tutto
il mondo potranno proporre la possibilità
di usare la eSIM. Ovviamente tra questi
l’Italia non c’è, il che significa che per gli
utenti italiani il dual SIM dei nuovi iPho-
ne è assolutamente escluso. Gli utenti
italiani potrebbero fare affidamento sul
servizio internazionale GigSky, che offre
traffico dati anche in Italia. I prezzi, però,
sono molto alti per un utilizzo quotidiano:
10 dollari per un 300 MB per un giorno,
per esempio, oppure 20 dollari per 1 GB
per 15 giorni; tariffe “turistiche”, insomma.
Difficile pensare che un utente possa
valutare questa soluzione per l’uso quoti-
diano, perché avere un secondo piano di
questo genere verrebbe a costare molto
più che avere un unico piano tariffario
MOBILE I nuovi iPhone Xs e Xs Max introducono la funzionalità dual SIM nell’ecosistema Apple
iPhone Xs e Xs Max, il dual SIM è per pochiGli utenti italiani restano a bocca asciuttaLa seconda scheda dev’essere digitale (eSIM) e in Italia ancora nessun operatore la offre
più completo, magari con del traffico dati
dedicato per l’estero. D’altro canto Apple
non è nuova a introdurre nei suoi dispo-
sitivi funzionalità che inizialmente sono
limitate (oppure addirittura limitanti), dalla
rimozione del jack da 3,5 mm in favore
della porta Lightning e del Bluetooth per
l’audio fino all’assenza dello slot per le
schede SD nei suoi MacBook, per citare
due casi molto recenti. ’avvento dell’eSIM
su iPhone Xs e Xs Max - che affiancano
Apple Watch Series 3 e 4 nell’adozione
di questo formato - potrebbe, però, rap-
presentare lo slancio commerciale per
una più estesa diffusione delle SIM digi-
tali. In Italia Vodafone è l’unico operatore
supportato per Apple Watch Series 3 e 4,
ma il suo nome non compare nella lista
di quelli supportati per iPhone Xs e Xs
Max. I vantaggi di una eSIM rispetto a una
SIM normale sono presto detti: non serve
nessuna scheda SIM fisica e, in più, si può
passare da un operatore all’altro molto
facilmente. Il che, ovviamente, sembra
andare in contrasto con il giro d’affari de-
gli operatori di telefonia tradizionali, il cui
obiettivo è di tenersi ben stretto l’utente.
Motivo per il quale, negli Stati Uniti, l’An-titrust ha avviato un’inchiesta nei con-
fronti di Verizon e AT&T per verificare se
hanno ostacolato, insieme all’associazio-
ne GSMA, la diffusione delle eSIM per
non danneggiare il proprio modello di
business.
di M. D. M.
Cinque euro al mese. È quanto coste-
rà la promozione Vodafone One-
Number, che permette di abbinare
la eSIM di un Apple Watch Series 4 con
la SIM dell’iPhone collegato per usare la
connessione dati di Apple Watch Series
4. Questa funzione in Italia viene offerta
per ora unicamente da Vodafone: il piano
tariffario incluso sulla SIM dell’iPhone col-
legato (iPhone 6 o più recente) viene con-
diviso con Apple Watch, senza bisogno di
un secondo numero di telefono.
MOBILE Vodafone ha comunicato i dettagli dell’offerta OneNumber per iPhone e Apple Watch 4
Con Vodafone stesso numero su iPhone e Watch 4L’offerta ha un costo di 5 euro al mese con 5 GB in regalo per chi l’attiva entro il 14 ottobre Per chi acquista il servizio entro 6 mesi dal lancio i primi 3 mesi sono completamente gratuiti
L’offerta Vodafone OneNumber
sarà attiva già dal 21 settembre,
giorno di uscita di Apple Watch
Series 4 in Italia. Per chi acquista il
servizio entro 6 mesi, i primi 3 mesi
sono completamente gratuiti. L’of-
ferta ha un costo di 5 euro al mese
e a chiunque attivi Vodafone One-
Number entro il 14 ottobre vengono
offerti 5 GB in più al mese da utilizzare su
entrambi i dispositivi. Un modo per sop-
perire (abbondantemente, aggiungiamo)
al traffico dati aggiuntivo derivato dalla
connessione dati di Watch Series 4, fun-
zione che può essere usata, per esempio,
per ricevere le notifiche o per usare le
mappe anche quando l’orologio non è
connesso all’iPhone; in totale autonomia,
insomma.
L’Europa dice basta alle SIM con servizi pre-attivati a pagamentoUna sentenza della Corte di Giustizia Europea definisce i servizi a pagamento già attivi sulla SIM come “fornitura non richiesta”. AGCM dovrà ora decidere come intervenire di Gaetano MERO
La Corte di Giustizia Europea ha emesso una sentenza significati-va per il settore delle telecomuni-cazioni italiano e il comportamen-to degli operatori nei confronti dei clienti. L’ordinanza ha stabilito che la vendita di SIM con servizi preattivati costituisce una pratica del tutto scorretta verso gli uten-ti, definendola come “fornitura non richiesta”. Il riferimento è da attribuire, in particolar modo, agli SMS a pagamento che avvisano il cliente circa la reperibilità di un numero occupato o non raggiun-gibile e delle chiamate ricevute in assenza di rete. Servizi attivati di default e diventati a pagamento nel corso degli anni, che l’utente deve disattivare dopo l’acquisto di una SIM se non intende usu-fruirne. La prassi è quindi lesiva del primario diritto degli utenti a ricevere un’informazione traspa-rente su ciò che acquistano, affer-ma Federconsumatori. La Corte EU ha inoltre stabilito che l’Ente preposto per emettere sanzioni nei confronti degli operatori è l’Antitrust e non AGCOM. La que-stione è poi finita sul banco della CGUE che ha ridefinito in modo chiaro i compiti degli organi di controllo. Resta da capire come interverrà ora AGCM.
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MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
di Roberto PEZZALI
Sul sito Apple dedicato agli iPho-
ne Xs e Xs Mac c’è una comoda
tabella che mette a confronto i
nuovi modelli con quelli già sul mercato.
Se scegliamo l’iPhone X e scorriamo la
tabella fino alla parte “fotografia” sem-
bra di trovarsi davanti a due prodotti so-
stanzialmente identici. Huawei, al termi-
ne del keynote di Apple, ha ringraziato
scherzosamente l’azienda di Cupertino
per non aver rivoluzionato affatto la fo-
tocamera.
Anche per molti utenti, quella che è da
sempre una delle funzioni più apprez-
zate degli iPhone, ovvero la possibilità
di realizzare foto di ottima qualità, non
è stata rivoluzionata ma solo migliorata
con l’aggiunta di qualche funzione lega-
ta al machine learning. C’è lo smart HDR,
c’è la gestione del blur con simulazione
del diaframma, ma niente che altri pro-
duttori non abbiamo già implementato
sui loro smartphone. Lo Smart HDR, ad
esempio, funziona in modo più o meno
simile al sistema che rende ancora oggi
i Pixel 2 di Google eccellenti per qualità
e naturalezza dello scatto. E la gestione
dello sfuocato, magari con una precisio-
ne minore, lo hanno ormai quasi tutti i
top di gamma con modalità ritratto.
Tutte qui le novità in campo foto del-
l’iPhone? In realtà no, perché sulla foto-
MOBILE La nostra analisi basata sui puri numeri della fotocamera dell’iPhone Xs Max
La fotocamera di iPhone Xs è migliorata molto più di quanto Apple ci ha raccontatoGrandangolo più spinto, sensore più grande, tempo di posa più alto e sensibilità maggiore
camera dei nuovi iPhone ci sono tante
cosa che Apple non ha detto. Abbiamo
in mano l’iPhone Xs Max e la prima cosa
che abbiamo voluto fare è stato proprio
verificare cosa cambiava tra l’iPhone X
e l’iPhone Xs sotto il profilo puramen-
te tecnico. Parleremo di numeri, ma in
questo caso i numeri possono avere
un impatto significativo sul risultato. Il
primo numero è 26mm: rispetto alla fo-
tocamera dell’iPhone X quella dell’iPho-
ne Xs è più grandangolare, cattura un
a porzione in più di quadro e talvolta
questi 2 mm possono fare la differenza,
soprattutto sulla foto di paesaggio.
Stiamo parlando ovviamente di focale
equivalente, perché la lunghezza focale
reale è di 4.25 mm. Un altro numero che
dice poco, ma se si calcola che la lun-
ghezza focale di un iPhone X è di 4 mm
si capisce che il sensore dell’iiPhone Xs
è più grande. Di quanto? Del 32% circa,
e Apple infatti spiega che ogni singolo
pixel è da 1.4μm, 0.2μm in più rispetto
alla generazione attuale. Il sensore do-
vrebbe essere anche più spesso.
Il cambio di sensore ha portato anche
a diverse migliorie a livello di sensibilità
e di lettura. Richiamando con un picco-
lo programma scritto ad hoc i valori di
maxISO, minISO, maxExposureDuration
e minExposureDuration, vediamo come
Apple ha migliorato questo nuovo sen-
sore sotto molti aspetti, più di quanto ha
fatto passando da iPhone 7 a iPhone 8.
La sensibilità minima passa da 22 ISO a
24 ISO ma è quella massima che più in-
teressa: sul sensore principale si passa
da 2112 ISO a 2304 ISO. Una differenza
notevole per un sensore così piccolo,
che dovrebbe portare ad un livello di
rumore più basso a parità di luce. Non
è solo il sensore principale ad essere
diverso ma pure quello della fotocame-
ra “tele” ha una sensibilità maggiore: da
1200 iso si passa a 1440 iso.
Un altro cambiamento significativo è
il tempo di esposizione massima: oggi
l’iPhone, cosa che pochi sanno, aveva
un tempo di esposizione massima di
1/3”, pochissimo rispetto a quanto per-
messo da una fotocamera classica. Tut-
te le app di terze parti che consentivano
di scattare a 2 secondi, 5 secondi o an-
che 10 secondi lo facevano prendendo
tanti scatti da 1/3” e sommandoli tra di
loro: più di 1/3” di posa l’iPhone fino ad
oggi non riusciva a gestire. iPhone Xs
espone fino a 1 secondo, e questo per-
metterà maggior flessibilità durante gli
scatti notturni con le app di terze parti.
Quella di base, infatti, non ha come sap-
piamo modalità manuale.
I miglioramenti ci sono, e sono più di
quanto Apple ha effettivamente raccon-
tato. Gli smartphone, con i loro sensori
piccoli, soffrono soprattutto con poca
luce e nelle situazioni ad elevata dina-
mica, come i controluce spinti. La mi-
gliore sensibilità, unità allo Smart HDR,
dovrebbe migliorare la situazione an-
che se la concorrenza ora è tanta. C’è
il P20 Pro di notte fa miracoli, e c’è il
Pixel 3 in uscita: il Pixel 2 è ancora oggi
lo smartphone da battere sulle foto in
molte situazioni, e il Pixel 3 dovrebbe
fare ancora meglio.
Nelle prossime settimane inizieremo a
scattare un po’ di fotografie con l’iPho-
ne Xs per vedere se i numeri, migliora-
ti per ora sulla carta, portano davvero
vantaggi reali in fase di scatto.
Ecco come nascono gli sfondi dinamici del nuovo Apple WatchIn un video, Apple mostra il procedimento di creazione delle nuove Watch Faces dinamiche che si rifanno a quattro diversi elementi: Acqua, Fuoco, Vapore e Metallo. Per la realizzazione la società si è avvalsa di un team di esperti in effetti speciali di Gaetano MERO
Apple sembra proprio non vo-ler lasciare nulla al caso, anche quando si tratta degli sfondi del nuovissimo Apple Watch. Con l’ultima versione del siste-ma operativo sono stati introdotti quattro nuovi quadranti dinamici che che prendono il nome di al-trettanti elementi: Acqua, Fuoco, Vapore e Metallo. Per ottenere un effetto estremamente realistico Apple ha scelto di non avvaler-si della computer grafica per la realizzazione delle animazioni, i video sono difatti stati realizza-ti in studio utilizzando sostanze naturali. Come è possibile osser-vare dal filmato dietro le quinte, pubblicato da CoolHunting, un team di esperti di effetti speciali ha combinato le diverse sostanze ottenendo risultati sorprendenti.“Di sicuro sarebbe stato più eco-nomico creare dei render 3D – ha dichiarato Alan Dye, Vice Presi-dente User Interface Design di Apple - ma questo è ciò che ren-de Apple speciale. Lo sforzo di fare qualcosa di concreto potreb-be essere notato da pochi ma è certamente visibile e palpabile da tutti”.
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MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
di Massimiliano DI MARCO
Apple ha reso disponibile iOS 12
(qui il nostro approfondimento) e
i primi riscontri in merito sono posi-
tivi. L’ultima versione sembra infatti aver
rinvigorito le prestazioni e l’autonomia di
dispositivi meno recenti, come iPhone 6
e 6s, che con iOS 11 erano usciti un po’
abbattuti. Apple ha lungamente eviden-
ziato i miglioramenti alle prestazioni che
sono stati introdotti con iOS 12 e sembra
che questa volta non ci siano state mez-
ze fregature.
Conviene aggiornare a iOS 12 iPhone 5s, 6 e 6s?Erano soprattutto gli utenti iPhone 5s,
iPhone 6 e iPhone 6s quelli più intimoriti
dall’idea di aggiornare a iOS 12. Natura-
le, infatti, che le ottimizzazioni funzioni-
no a dovere sugli hardware più recenti
(soprattutto iPhone 7, 8 e X, insomma),
mentre non è mai scontato che lo stesso
effetto positivo possa essere riscontrato
sui dispositivi meno recenti. Lo ha dimo-
strato iOS 11, che su iPhone 5s, 6 e 6s
ha avuto un impatto negativo sia nella
velocità di apertura delle applicazioni sia
nell’autonomia del dispositivo, entrambe
calate in modo tangibile. Tutto ciò sem-
bra, secondo le prime testimonianze, un
ricordo del passato: le segnalazioni degli
utenti che, a seguito dell’installazione
dell’aggiornamento a iOS 12 con il pro-
prio iPhone 6 o 6s, hanno visto “rinasce-
re” il proprio iPhone sono molte. Parliamo
di qualche decimo di secondo in meno
rispetto a iOS 11, ma nell’economica del-
lo “zapping” tra un’applicazione e l’altra
ogni giorno possono fare la differenza.
Il timore dell’obsolescenza programma-
ta - ossia di un calo programmato delle
prestazioni voluto dai produttori per
spingere a comprare più frequentemen-
te l’hardware - sembra svanito.
MOBILE Con iOS 12 Apple aveva promesso prestazioni migliorate anche sui “vecchi” dispositivi
iOS 12 è arrivato, conviene aggiornare?I primi riscontri sono positivi: molte le segnalazioni di smartphone e tablet “rinati” con iOS 12
iPad mini 2 era il più a rischio Con iOS 12 prestazioni miglioriC’era timore anche per iPad Mini 2, 3 e
4, i tablet iOS entry-evel; anche in questo
caso il rischio che un nuovo aggiorna-
mento potesse ridimensionare le presta-
zioni dei tablet, colpite da iOS 11, era un
pensiero ricorrente.
E anche in questo Apple aveva voluto
subito chiarire che no, non ci sarebbe-
ro stati peggioramenti; anzi, tutti i tablet
iOS supportati avrebbero registrato un
miglioramento tangibile nell’avvio delle
applicazioni: basta microscatti nelle ani-
mazioni di apertura, insomma.
A giudicare dalle prime reazioni anche
per gli iPad supportati da iOS 12- cioè
iPad Mini 2, 3, e 4, iPad Air e Air 2, iPad
Pro (10,5”, 12,9” e 9,7”), iPad (2017) - si
può dire che l’obiettivo è stato centrato.
L’apertura delle app è più veloce, ma un “miracolo” è impossibileBisogna chiarire una cosa. Sebbene
l’avvio delle applicazioni sembri essere
effettivamente migliorato dopo l’installa-
zione di iOS 12, chiedere a un iPhone 5s
le prestazioni di un iPhone X, per esem-
pio, è comunque eccessivo: il divario
hardware (tra il System-on-Chip A7 e
A11, insomma) è evidente. La differenza
si riscontra specialmente nell’utilizzo
di software particolarmente esigenti,
come i videogiochi 3D (non aspettatevi
che iPhone 6s faccia girare Fortnite alla
pari di un iPhone 8, per esempio).
Il fatto che iOS 12, però, migliori le pre-
stazioni è molto importante. Apple ne
ha parlato anche durante la presenta-
zione di iPhone XR, Xs e Xs Max e seb-
bene tale affermazione sia passata un
po’ in sordina assume grande rilevanza:
la casa di Cupertino vuole che iPhone e
iPad durino il più a lungo possibile. Una
posizione che, ovviamente, va in net-
to contrasto con quello che è sempre
stato il modello di business nell’elettro-
nica di consumo: far sì che gli acquisti
dell’utente siano regolari e che, magari,
spenda per il nuovo smartphone più
di quanto ha speso per quello prece-
dente. Apple ha discusso questa sua
volontà nel contesto del suo impegno
ambientalista: la minore frequenza del-
l’aggiornamento hardware, infatti, impli-
ca anche meno dispositivi da smaltire.
Escludendo tale discorso, però, l’idea
che Apple contrasti l’obsolescenza
programmata (ovviamente nei limiti di
quanto è possibile fare) è senz’altro un
fattore positivo.
In tal senso è evidente il vantaggio di
Apple potendo gestire in prima per-
sona sia il software sia l’hardware del
proprio ecosistema mobile. Impossibile,
infatti, pensare a una situazione simile
con Google e Android, considerata la
vastissima eterogeneità dei dispositivi e
delle interfacce utente, spesso piene di
applicazioni “doppioni”.
Apple aveva promesso fino al 40% di velocità in più all’apertura delle applicazioni con iOS 12
Tanti i dispositivi Apple compatibili con iOS 12: i più vecchi risalgono anche al 2013
iPad Pro 2018 in arrivo La conferma nascosta nel codice di iOS 12.1 betaIl rilascio di iOS 12.1 beta ha fornito indicazioni ben precise sull’arrivo quest’anno dei nuovi iPad Pro Arriveranno in autunno e avranno come previsto FaceID di Candido ROMANO
Il codice di iOS 12.1 beta ha rive-lato un indizio sul prossimo futuro dei nuovi iPad Pro. Nll’app Setup, quella utilizzata quando si configu-ra un nuovo dispositivo, uno svi-luppatore scavando nel codice ha trovato la stringa “iPad2018Fall”. Più chiaro di così non si può.La precedente versione dell’app, quella di iOS 12, includeva solo i riferimenti ai nuovi iPhone: ora l’app è stata aggiornata per per-mettere a chi probabilmente sta già provando i nuovi modelli di festire la migrazione dal modello attuale. Non ci ha affatto stupito l’assenza degli iPad dal keynote dello scorso 12 settembre, in cui sono stati presentati Apple Watch Series 4, iPhone XS, XS Max e XR. Apple è solita infatti separare gli iPad offrendo un palcoscenico adeguato: probabile quindi un evento a metà ottobre.Le ultime indiscrezioni parlano di un nuovo iPad Pro da 12.9 pollici con cornici sottilissime, niente tasto Home ma neanche notch, sblocco facciale con FaceID solo quando il dispositivo è in verticale, 4 GB di RAM e fino a 512 GB di memoria interna. La speranza, di molti, è quella di avere finalmente un bel display OLED calibrato.
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MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
di Franco AQUINI
M olti utenti di dispositivi Android re-
centi con a bordo l’ultima versione
del sistema operativo - Android 9
Pie - hanno lamentato un comportamento
anomalo del proprio dispositivo. Stando
a quanto riporta Android Police, questi
utenti hanno notato che sul proprio dispo-
sitivo era stato abilitato automaticamente
il risparmio energetico pur essendo la
batteria quasi del tutto carica. Inizialmente
si è pensato a un bug di Android 9, distri-
buito ufficialmente da poco tempo. Poco
dopo, al contrario, si è scoperto che non si
trattava di un bug, ma di una sperimenta-
zione di Google. A dirlo è stata l’azienda
stessa, che in un post su Reddit ha fatto
sapere che “un esperimento interno sul ri-
sparmio energetico è stato rilasciato per
errore a più utenti di quelli che erano in
programma”. In pratica, Google ha abili-
MOBILE Molti utenti di Android 9 Pie hanno lamentato l’attivazione automatica del risparmio energetico
Risparmio energetico con batteria al 99% Un bug? No, è stata Google di nascostoSi pensava a un bug, ma in realtà Google ha chiarito che si trattava di una sperimentazione
tato da remoto il rispar-
mio energetico a un
gruppo di utenti (non
si sa ancora quanto
esteso) senza chiedere
autorizzazione. Succes-
sivamente l’azienda ha
messo a posto le cose,
ripristinando il com-
portamento di default
dell’impostazione sul ri-
sparmio energetico. La cosa curiosa però
è un’altra. Il problema non è stato lamen-
tato soltanto dagli utenti degli smartpho-
ne Pixel, ma anche di altri marchi come
Nokia, OnePlus, Essential e molti altri con
a bordo Android Pie (anche in versione
beta). Il fatto che un’impostazione venga
forzata da remoto dal produttore del si-
stema operativo non è comunque un fatto
nuovo. Sia Apple sia Google hanno infatti
la facoltà, per questioni di sicurezza, di
forzare aggiornamenti o di modificare le
impostazioni dei propri dispositivi. Forse
a spaventare realmente è il fatto che sia
stato rilasciato a molti utenti comuni, “per
errore”, un qualcosa che era destinato ai
propri utenti interni. In questo caso, per
fortuna, era un’innocua impostazione del-
la batteria, ma se fosse stato qualcosa di
più importante?
di Matteo SERVADIO
Con l’annuncio ufficiale di Galaxy A7
(2018) il mercato è pronto ad acco-
gliere un nuovo dispositivo con più
di due fotocamere posteriori. È una prima
volta per Samsung, non per un settore
che può già vantare un rappresentante
illustre come Huawei P20 Pro - e che nei
prossimi mesi rischia di assistere al lancio
di molti altri smartphone con tripla came-
ra. Per quanto riguarda il Galaxy A7, Sam-
sung ha giocato un po’ di più con le linee:
l’A7 appare infatti piuttosto familiare con
lo schermo Super AMOLED da 6” FullHD+
e il retro in vetro. Ma le forme sono diver-
se dal modello dello scorso anno e quel
sensore di impronte incorporato nel tasto
di sblocco laterale è una variazione cu-
riosa per Samsung. Per il resto la scheda
tecnica racconta di uno smartphone con
processore Octa-core da 2,2GHz non di-
chiarato una batteria da 3300 mAh e con-
figurazioni di memoria da 4+64, 4+128 o
6+128 giga. Garantita l’espansione tramite
MOBILE Samsung ha annunciato ufficialmente il Galaxy A7 con tripla fotocamera posteriore
Il Galaxy A7 ha tre fotocamere, ma non sono troppe?Nei prossimi mesi potrebbero arrivare sul mercato altri smartphone con tre fotocamere
microSD fino a 512GB,
mentre sarà da vedere
quali tagli saranno of-
ferti dalle nostre parti.
Galaxy A7 sarà disponi-
bile anche dalle nostre
parti al prezzo di 349€,
a partire dal mese di
ottobre. Per quanto
riguarda le fotocame-
re, l’A7 monta un modulo principale da
24MP con ottica f/1.7, accompagnata da
un sensore di profondità da 5MP e un
grandangolo da 120 gradi con sensore
da 8MP e ottica f/2.4. È un tentativo di
Samsung di incastrare nel modulo foto-
grafico il maggior numero di funzionalità
possibile: c’è il Live Focus, che permette
di regolare l’effetto sfocato della foto; ci
sono le lenti ultra wide. Ci sono anche le
funzioni di ottimizzazione delle scene con
19 categorie che il Galaxy A7 è in grado
di riconoscere. Il trend è quello del “più è
meglio” che ha un esempio ben riuscito
nel P20 Pro di Huawei, ma a cui faranno
sempre da contraltare smartphone come
il Google Pixel 2 che con un sola camera
offre una delle migliori esperienze foto-
grafiche sul mercato.
Viene però domandarsi se valga la pena
avere smartphone con 3 o più fotocame-
re. Un interrogativo aperto per il momen-
to, perché gli smartphone multi-camera
non sembrano essere un fenomeno pas-
seggero: Huawei ha già pronto il Mate 20 Pro, mentre la stessa Samsung potrebbe
avere un colpo in canna con il prossimo
evento dell’11 ottobre. E anche il Nokia 9, apparso nelle foto diffuse in rete tempo
fa, incuriosisce.
Samsung esagera Galaxy A9 avrà 4 fotocamere Presentazione l’11 ottobreIn base a quanto trapelato online Samsung punterà tutto sull’aspetto multimediale, dotando il Galaxy A9 di ben quattro fotocamere di Gaetano MERO
L’11 ottobre Samsung illustrerà la nuova gamma di smartphone mid-range, successori della fortunata Serie A. Secondo le indiscrezioni, saranno almeno due gli esemplari sui quali si alzerà il sipario duran-te l’evento annunciato su Twitter: A9 (2018) e A7 (2018). L’evento Galaxy di ottobre potrebbe riser-vare delle sorprese: il più atteso è senza dubbio il modello A9 sul quale Samsung collocherà per la prima volta 4 fotocamere, dispo-ste in verticale sul lato posteriore. A conferma arrivano alcune im-magini online che rivelano inoltre maggiori dettagli sul form factor del dispositivo.L’A9 si mostra con un ampio di-splay leggermente curvo ai lati, tasto Bixby dedicato, sensore di impronte posto sul retro della scocca e l’immancabile jack per le cuffie da 3,5mm. Tre le colorazioni previste: nero, blu metallizzato e rosa metallizzato, come afferma-to dall’utente SamsungMobile.News. Il prezzo si aggirerà attorno ai 600 euro per il mercato euro-peo, alzando quindi l’asticella per la fascia media.Non sarà la star della serata ma sarà sicuramente presente il nuo-vo Samsung Galaxy A7, a cui dedi-chiamo un approfondimento.
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MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
di Gaetano MERO
OnePlus 6T sarà presentato al pub-
blico il prossimo 17 ottobre con un
evento ad hoc. A confermarlo è
stato lo stesso produttore attraverso uno
screenshot diffuso in queste ore in rete. Il
brand cinese proviene da un periodo for-tunato di vendite dopo il lancio, lo scor-
so maggio, del top di gamma OnePlus 6.
Il modello 6T in arrivo erediterà grossa
parte delle caratteristiche del suo prede-
cessore, riservando tuttavia alcune sor-
prese a livello hardware. Tra le novità più
attese figura il tanto chiacchierato senso-
re di impronte integrato nel display, una
feature ancora poco diffusa nel settore e
che OnePlus sperimenterà per la prima
volta. Proprio OnePlus ha sciolto ogni
dubbio accertando la presenza di tale
tecnologia, denominata Screen Unlock,
in uno scambio di email con il magazine
online Cnet: “sblocchiamo i nostri tele-
foni più volte al giorno e Screen Unlock
riduce il numero di passaggi per comple-
tare l’operazione. Aggiungendo questa
funzionalità ad altre opzioni di sblocco
del display, come Face Unlock, gli utenti
avranno la possibilità di selezionare la
tecnologia più efficiente in base al tipo
di utilizzo”. Il produttore ha inoltre preci-
MOBILE OnePlus 6T sarà presentato al pubblico il prossimo 17 ottobre con un evento ad hoc
OnePlus 6T arriva il 17 ottobre, tutto quello che sappiamo sul nuovo “flagship killer”Confermato il lettore di impronte sotto il display, ci sarà anche la terza fotocamera sul retro?
sato che lo Screen Unlock era già pronto
a fare la sua comparsa sul modello 5T,
tuttavia la tecnologia nei test finali non
sembrò abbastanza matura per offrire
un’esperienza fluida all’utente.
Con lo spostamento del sensore di im-
pronte sotto lo schermo, OnePlus ha
guadagnato spazio nella backcover sul-
la quale sarà collocata, secondo alcune
indiscrezioni, una terza fotocamera. Il
sistema a tre sensori per le foto potreb-
be dunque avvalersi ora di un obiettivo
grandangolare oppure di un obiettivo
dedicato al bianco e nero. Lo smartpho-
ne si presenterà 0,45mm più spesso
rispetto all’attuale OnePlus 6, un sacrifi-
cio obbligato per
ospitare le nuove
feature a bordo.
Ultima indiscre-
zione riguarda
ancora una volta il
display. Con l’ulti-
mo flagship One-
Plus ha “ceduto”
alla moda del notch sul display, con il
modello in arrivo la famigerata tacca po-
trebbe ridursi ulteriormente assumendo
un aspetto più arrotondato, simile ad
esempio al Wiko View 2 Pro. I prezzi
partiranno da 550 dollari, in linea con i
modelli della serie 6.
di Candido ROMANO
Sony Xperia XZ3 è stato presenta-
to recentemente all’IFA di Berli-
no ed è il nuovo smartphone top
gamma della casa giapponese. Costerà
799 euro e sarà disponibile in Italia dal
5 ottobre, con un nuovo design più sot-
tile. Può vantare di una scheda tecnica
di tutto rispetto, con schermo OLED
QHD+ in formato 18:9, Snapdragon 845,
4 GB di RAM, 64 GB di memoria interna
espandibili e fotocamera Motion Eye da
19 megapixel. Sony ha deciso di avviare
una campagna per spingere i pre-ordini
annunciando un bonus riservato a tutti
MOBILE Sony offre un interessante bonus a chi effettua il pre-order del nuovo top di gamma
Sony Xperia XZ3 arriva il 5 ottobre, con un regalo Con l’XZ3 in regalo un codice download del nuovo sparatutto online Call of Duty: Black Ops
gli appassionati di videogiochi. Coloro
che ordineranno lo smartphone in an-
ticipo dallo store ufficiale e rivenditori
aderenti all’iniziativa avranno in omag-
gio il nuovo gioco di Treyarch, l’atteso
Call of Duty: Black Ops 4, con un codi-
ce digitale da scaricare ovviamente in
versione PS4 dal 12 ottobre, giorno di
uscita. Maggiori informazioni sulla pa-
gina ufficiale: nelle condizioni di questa
promozione si sottolinea che quest’of-
ferta è rivolta ai residenti in Italia con età
maggiore di 18 anni. Il Sony Xperia XZ3
va ordinato tra il 31 agosto 2018 e il 5
ottobre 2018, mentre il termine ultimo
per richiedere il gioco è entro la mezza-
notte del 31 ottobre 2018. Call of Duty:
Black Ops 4 mette da parte per la prima
volta la campagna single player per fare
spazio alla nuova modalità Battle Royale
chiamata Blackout. Sarà necessario pos-
sedere un abbonamento a PlayStation
Plus per accedere al multiplayer online.
Tor, il paladino della privacy arriva su Android in versione alphaIl browser più popolare per navigare nel totale anonimato, Tor, è pronto per il Play Store di Massimiliano DI MARCO
Il browser Tor è disponibile per An-droid. Al momento soltanto come alpha - lontano, insomma, da una versione stabile . Di fatto nel Play Store sono già presenti vari brow-ser di terze parti che garantiscono il totale anonimato e la privacy, ma il browser Tor è l’unico ufficiale.Il principale limite della versione al-pha è la necessaria installazione di una seconda applicazione: Orbot, che serve a connettere il browser Tor all rete aggiungendo varie protezioni - tra crittografia e relay - per proteggere la navigazione dell’utente. In ogni caso l’obiettivo degli sviluppatori è di far sì che nel-la versione finale dell’applicazio-ne mobile, prevista per l’inizio del prossimo anno, Orbot non sia più necessario. Questa stratificazione della rete ha ovviamente un com-promesso: la velocità di navigazio-ne. Tor, come detto, deve aggiun-gere gli strati di crittografia e usare i relay per fare in modo che l’uten-te non sia tracciabile; ciò rallenta ovviamente l’elaborazione delle pagine, quindi non può fronteg-giare la rapidità di esecuzione di browser alternativi come Chrome, Safari oppure Firefox. D’altro can-to chi vuole usare Tor è disposto (o almeno dovrebbe) a sostenere questo compromesso.Non è in sviluppo una versione per iOS, ma gli utenti Tor che usano iPhone e iPad possono rivolgersi a Onion Browser, consigliato diretta-mente da Tor Project e sviluppato da Mike Tigas, per la navigazione anonima.
torna al sommario 28
MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
di Matteo SERVADIO
È lo spettro che in questi ultimi mesi
estivi ha accompagnato tutti i nuo-
vi smartwatch Wear OS (ex An-
droid Wear): il nuovo System on a chip
di Qualcomm dedicato agli indossabili.
Ora Snapdragon Wear 3100 è realtà
e nasce già con l’obiettivo di dare una
nuova spinta agli orologi smart con il
sistema operativo di Google. Quanto-
meno dal punto di vista dell’hardware,
visto che BigG ha già fatto la sua par-
te con il recente redesign di Wear OS, contestualmente a quello di Google
Fit. Ma torniamo allo Snapdragon Wear
3100, la nuova piattaforma di Qualcomm
si focalizza in particolar modo su un più
ridotto consumo energetico e fonda le
basi per un incremento di autonomia.
Queste promesse nascono soprattutto
da una nuova architettura che si com-
pone di un processore Quad ARM Cor-
tex A7, abbinato ad un co-processore
(QCC1110) che si prende carico di tutte
le operazioni low-power.
È proprio il co-processore il vero passo
in avanti del 3100 rispetto allo Snapdra-
gon Wear 2100, lanciato ormai due
anni fa. Le due piattaforme infatti con-
dividono il processore principale e al-
tre specifiche chiave; è il chip a basso
consumo che dovrebbe, nelle intenzio-
ni dell’azienda, fare tutta la differenza
nell’utilizzo quotidiano dei futuri smar-
twatch basati su questo hardware. Ciò
significa che non ci sarà ad aspettarsi
un incremento sostanziale in potenza,
ma piuttosto in efficienza.
Ecco allora che il co-processore ge-
stirà i sensori del watch e l’ambient
display, consumando 20 volte meno
MOBILE Qualcomm annuncia il SoC che ha l’obiettivo di rilanciare gli smartwatch Wear OS
Qualcomm promette nuovi smartwatch che consumano meno e che durano di piùSnapdragon Wear 3100, successore del 2100, è focalizzato su un minor consumo energetico
energia rispetto a quanto avrebbe
fatto il processore principale. Primo
grande cambiamento dovrebbe esse-
re il miglioramento dell’autonomia. La
nuova piattaforma infatti è progettata
per consumare meno in aree come la
localizzazione GPS, la gestione dei sen-
sori, il playback MP3 e i comandi vocali.
Secondo Qualcomm questo dovrebbe
tradursi in un incremento di autonomia
dalle 4 alle 12 ore rispetto al precedente
chip (compatibilmente con il dispositivo
e la grandezza della batteria).
Scaricando il processore principale di
alcuni task e affidandoli al co-processo-
re a basso consumo, l’azienda sarebbe
riuscita ad ottenere una migliore resa
anche in quelle che definisce “nuove
esperienze personalizzate”. Tra queste
un Ambient Display più ricco, funzioni
sportive rifinite e la cosiddetta “Tradi-
tional Watch Mode”. Con la Enhanced
Ambient Mode in particolare, Wear 3100
dovrebbe garantire un movimento più
fluido della lancetta dei secondi, miglio-
ri funzioni rapide (le live complication) e
luminosità migliorata. Il tutto con la di-
sponibilità di 16
colori diversi.
Molto interes-
sante è la moda-
lità tradizionale
che dovrebbe
fare esattamen-
te quello che il
nome suggeri-
sce: prolungare
in modo smisu-
rato l’autono-
mia, perdendo
gran parte delle funzionalità smart. Una
misura che può tornare utile quando il
livello della batteria è molto basso, ed
è un approccio che abbiamo già visto
implementato in vari modi sugli smar-
twatch (vedasi ad esempio i display
aggiuntivi di Ticwatch Pro e Casio Pro
Trek). In questo caso è una storia di-
versa, ma l’idea alla base è quella: se-
condo Qualcomm in questa modalità
uno smartphone con Snapdragon Wear
3100 dovrebbe ottenere una settimana
di utilizzo con solo il 20% di batteria. Il
compromesso è che Wear OS sostan-
zialmente si spegne, in favore di una
modalità basica che l’azienda immagina
soprattutto per quando si è in viaggio.
Da segnalare anche, come riportato da
The Verge, il fatto che ora le aziende
potranno gestire direttamente la lettura
di dati come la frequenza cardiaca, lad-
dove prima si affidavano agli algoritmi
progettati dalla stessa Qualcomm. Una
possibilità utile soprattutto per le socie-
tà che producono sportswatch. I primi
dispositivi con Snapdragon Wear 3100
dovrebbero arrivare entro fine anno da
brand come Fossil, Louis Vuitton e Mon-
tblanc; per gli smartwatch dalle grandi
aziende tech, tra cui lo stesso ipotetico
“Pixel Watch” di Google (che non sarà
lanciato con i Pixel 3 il prossimo 9 otto-
bre), si vedrà nei prossimi mesi.
Ciò che è certo è che nel prossimo fu-
turo Wear 3100 sarà il cuore della gran
parte degli smartwatch in arrivo sul
mercato. La piattaforma che, insieme ad
un Wear OS in continuo miglioramento,
dovrà rivitalizzare gli smartwatch ex An-
droid Wear.L’interfaccia rinnovata di Wear OS
New York Post Un Note 9 ha preso fuoco Samsung “Caso isolato, indaghiamo”Il giornale di Murdoch racconta la storia di una donna newyorkese il cui Galaxy Note 9 ha preso fuoco mentre era in ascensore Samsung sta indagando ma rassicura: “Nessuna altra segnalazione” di Emanuele VILLA
Il New York Post se ne esce con un titolo allarmante: “Una donna sostiene che il proprio Galaxy Note 9 sia andato a fuoco dentro la borsetta”. La storia è da film, una via di mezzo tra un thriller e un blockbuster d’azione: la donna sostiene che il Note 9 sia diven-tato “estremamente caldo” e per questo l’abbia riposto nella bor-setta. Ma c’è voluto poco prima di vedere un po’ di fumo uscire dalla stessa. La donna si sarebbe quin-di ustionata toccando il Note 9. Da qui la richiesta di un non ancora quantificato risarcimento dei danni nei confronti di Samsung US.Il New York Post chiude il pezzo sostenendo che Samsung, messa al corrente di ciò, non abbia rice-vuto nessuna altra segnalazione di incidente con Note 9 ma che stia indagando sulla vicenda. Quanto ci sia di verità (e quanto di “fake”) lo scopriremo quando verrà fatta luce sulla vicenda.L’associazione di questo even-to con il 2016, quando Samsung dovette ritirare migliaia di Galaxy Note 7 per frequenti casi di au-tocombustione, è immediata ma al momento anche infondata: un caso isolato, peraltro ancora sotto indagine, non significa nulla.
www.audiogamma.it
P5 Wireless.Abbiamo eliminatoil cavo ma il suonoè rimasto lo stesso.
P5 Bluethooth, musica in mobilitàsenza compromessi con 17 ore diautonomia e ricarica veloce perperformance allo stato dell'arte. Lasolita qualità e cura nei materiali diBowers & Wilkins adesso senza filigrazie alla nuova P5 S2 Bluetooth.
133_bw_P5w_pgp_ddy.qxp:- 19-09-2016 14:13 Pagina 1
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MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
di Roberto PEZZALI
M icrosoft ha lanciato Surface Go in Italia, prezzo
di partenza 459 euro. Per la prima volta il ta-
blet Surface diventa accessibile e si trasforma
da prodotto dedicato ad una utenza evoluta al perfetto
tablet di famiglia, destinato ai giovani che vogliono di-
segnare, giocare con Minecraft o imparare ad usare il
loro primo computer Windows, perfetto per chi vuole
un prodotto Windows super portatile e compatibile con
ogni app, non necessariamente quelle del Microsoft
Store e adeguato anche alle aziende che hanno appli-
cativi Windows leggeri e ne hanno bisogno in mobilità.
Abbiamo avuto modo di toccare con manu il nuovo Sur-
face Go: ottimo prodotto, degno della famiglia Surface,
con molti pregi e anche qualche difetto, che potrebbe
far propendere verso un prodotto di fascia più alta.
Perché comprare Surface GoLa qualità è quella di SurfaceNonostante sia il prodotto di ingresso della famiglia,
una famiglia “nobile”, Surface Go è costruito con lo
stesso livello qualitativo degli altri prodotti. La lega di
alluminio utilizzata è quella di Surface Pro, le cerniere
ci sono apparse robuste e con una tenuta ottima e le
finiture sono di altissimo livello. Se Microsoft ha dovuto
fare economia non l’ha certo fatta sotto questo punto
di vista: è solido come una roccia e dissipa benissimo
il calore.
Pesa poco più di 500 grammiIl peso è senza alcun dubbio il secondo dei punti di
forza di Surface Go: 522 grammi il solo tablet, anche
se si deve considerare che con la cover rigida dotata
di tastiera il prezzo è destinato a salire. Trattandosi co-
munque di un prodotto Windows completo è uno dei
tablet con sistema operativo Microsoft più leggeri e tra-
sportabili sul mercato. Tenerlo tra le man, merito anche
delle dimensioni, non stanca affatto.
Il prezzo è finalmente abbordabileSurface aveva tutto, tranne il prezzo. Ora ha anche il
prezzo, sebbene si debbano fare anche considerazio-
ni (che faremo) legate al costo degli accessori e alle
versioni. Ci sono infatti due modelli, uno da 4 GB di
RAM e 64 GB di memoria eMMC e uno da 8 GB di RAM
e 128 GB di storage veloce SSD. Inutile dire che tra i
due il primo a 459 euro è super appetibile, ma è il se-
condo, grazie al maggior quantitativo di memoria e allo
storage più veloce il prodotto più appetibile. E costa
619 euro.
Ha a bordo Windows 10S (e non)Chi sceglie Surface lo fa perché vuole Windows a bor-
do. Punto. Inutile fare confronti con gli iPad e gli altri
tablet: se è vero che su iOS c’è un numero enorme di
applicativi orientati anche alla produttività, il mondo
Microsoft ha una serie di utility e programmi che per
molti ancora oggi sono fondamentali. Se da una parte
applaudiamo a Windows 10S, che è più veloce e più
sicuro, dall’altra crediamo che la maggior parte delle
persone farà il passaggio alla versione “classica” pro-
prio perché si può installare di tutto.
Ha la penna e la tastieraLo schermo è un ottimo LCD con tecnologia PixelSen-
se da 1800 x 1200 pixel di risoluzione in formato 3:2,
e sotto lo schermo è presente lo stesso sensore che
permette di utilizzare la penna di Surface con le stesse
identiche prestazioni che si ottengono sui prodotti di
fascia più alta. E c’è anche la stessa cover tastiera, con
i tasti retroilluminati e un supporto rigido che facilita la
digitazione.
Perché non comprare Surface GoLa connettività è limitataC’è il jack audio, c’è uno slot microSD nascosto sotto
il supporto in alluminio e c’è pure un connettore USB
Type C, ma è troppo poco per un prodotto consumer.
Non diciamo che sarebbe servito l’USB classico, è giu-
sto che si vada verso la nuova connessione, ma alme-
no un paio di porte sarebbero state utili. Funziona la
dock, ma ha bisogno del connettore Surface Connect:
non si poteva fare tutto con USB Type C?
Le prestazioni potrebbero non essere sufficienti per tuttiIl processore utilizzato su Surface Go è un Intel Pen-
tium Gold 4415Y CPU con GPU integrata non è un brut-
to processore, anzi, ma non è ovviamente allo stesso
livello di Core i5 e Core i7 anche nelle versioni a basso
consumo. Su un prodotto come il Go forse la soluzione
Snapdragon sarebbe stata perfetta, ma probabilmente
Microsoft non aveva alcuna voglia di fare un dispetto
a Intel. Lo abbiamo provato con alcune applicazioni e
non abbiamo notato alcun problema, neppure nella
gestione di uno schermo con una risoluzione elevata,
tuttavia la presenza di Windows 10 potrebbe spingere
una persona a pensare che su Surface Go ci giri tutto,
anche i giochi.
PC Abbiamo giocato per qualche ora con il nuovo Surface Go, il tablet entry level della famiglia Surface di Microsoft
Surface Go, perché comprarlo e perché non farloSurface GO ha diverse frecce al suo arco: l’autonomia è ottima e pesa pochissimo, ma quello che più colpisce è il prezzo
segue a pagina 31
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MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
Beh, i giochi funzionano, ma non bisogna aspettarsi
miracoli da giochi che fanno uso intensivo di grafica
3D. Minecraft, nella sua semplicità, gira comunque più
che bene.
Lo schermo è un po’ piccoloSi chiama “Go” perché richiama la portabilità, e lo
schermo da 10” con speaker stereo ai lati sembra ade-
guato a questo prodotto. Tuttavia in qualche frangente
potrebbe sembrare piccolo, e si sente la mancanza di
una versione Go Max con uno schermo leggermente
più grande, un 11.6” o un 12.1”, soprattutto se qualcuno
pensa di prenderlo come soluzione tablet che possa
diventare anche un notebook in casa. Surface è anche
un notebook con la cover, ma con molti programmi
Windows spalmati su 1800 x 1200 pixel e su un 10” gli
elementi dell’interfaccia, come le icone e alcuni testi,
diventano davvero piccoli e difficili da interpretare.
Prezzi degli accessoriSurface Go costa 449 euro, ma come abbiamo scritto
è la versione da 619 quella che merita di essere con-
siderata. Tuttavia Surface non è Surface senza gli ac-
cessori, e Microsoft non offre nulla in bundle nemmeno
un adattatore. Ecco quindi che se preventiviamo 114.99
euro per Surface Pen, 129 euro per la cover tastiera e
39 euro per il mouse la cifra sin avvicina a 1000 euro
sul prodotto top. E a questo prezzo si compra un eccel-
so 2 in 1 Windows con prestazioni decisamente supe-
riori a quelle di Surface Go.
Memorie eMMC non all’altezzaLa scelta di utilizzare memorie eMMC non è una scelta
di qualità: con una velocità di lettura e scrittura ridotta
questo tipo di memoria ci aspettiamo di trovarla su un
tablet Android entry level non su un Surface. Inoltre
sono 64 GB, ma con Windows e Office installati lo spa-
zio per l’utente disponibile è di circa 35 GB e questo
obbliga il possessore di Surface ad appoggiarsi alla
card microSD come unica possibilità di espansione.
Il prodotto che mancavaSurface Go era il prodotto che mancava alla famiglia
Surface per staccarsi l’etichetta di dispositivo business.
Go non è business, Go è adatto a tutti: può essere usa-
to in azienda come in casa, va bene per i più giovani
ma anche per lo studente universitario che ha bisogno
di determinati applicativi. Il prezzo di ingresso è davve-
ro buono, ma bisogna calcolare che la versione entry
è limitata per via delle memorie e che non ci sono gli
accessori. Surface Go in versione “full” costa quasi 900
euro, e a questo prezzo è facile guardarsi attorno e tro-
vare qualcosa di altrettanto valido.
PC
Microsoft Surface Gosegue Da pagina 30
di Massimiliano DI MARCO
Sono bastate poche dall’attivazione
di Nintendo Switch Online e gli
hacker hanno già trovato il modo
di manipolare il catalogo dei giochi NES
inclusi nell’abbonamento per poter ag-
giungere manualmente altri giochi. Il mo-
tivo per cui hackerare il servizio sia stato
tanto facile è presto detto: l’emulatore
alla base del catalogo NES di Nintendo
Switch Online funziona allo stesso modo
di quello integrato nel NES Classic Mini,
a sua volta bucato molto rapidamente.
L’utente DevRin ha anche pubblicato un
video su YouTube dell’operazione, filma-to che potete trovare qui.Alcuni hacker hanno dimostrato di esse-
re riusciti a inserire giochi che non sono
attualmente presenti nel catalogo di Nin-
tendo Switch Online, come Battletoads
e Kirby’s Adventure, sfruttando alcuni
buchi nel sistema. L’archivio che include
i vari giochi NES ufficialmente presenti,
infatti, li elenca senza alcun tipo di oscu-
ramento ed è già stato pubblicato online;
GAMING Le protezioni del servizio a pagamento Nintendo Switch Online sono durate poche ore
Nintendo Switch Online già hackerato Giochi NES aggiunti in pochi minutiGli hacker hanno trovato un modo per aggiungere altri giochi NES non presenti nel catalogo
secondo quanto dichiarato dagli hacker
tale archivio può essere manipolato a
piacimento, inserendo ulteriori giochi.
Per ora, l’unico limite sembra essere
la copertina dei giochi aggiunti, non
modificabile. Ciò significa che i giochi
NES aggiunti vengono inseriti “sotto” la
copertina di uno dei giochi ufficialmen-
te disponibili nel catalogo di Nintendo
Switch Online. Ciò è comunque possibile
soltanto sulle Switch già modificate. Una
modifica che, considerate anche le re-
centi protezioni anti-pirateria aggiunte, può significare vedere il proprio account
online bandito. Uno degli hacker che ha
dimostrato la falla dell’archivio dei giochi
NES di Nintendo Switch Online - chia-
mato “KapuccinoHeck” - ha dichiarato a
Kotaku che “non consiglierei a nessuno
di farlo in quanto sono venuto a sapere
che molti dati dell’app vengono inviato
a Nintendo e ci sono anche diversi con-
trolli sulla legittimità [del software] che
avvengono in modo casuale”.
GAMING
Playstation Classic in versione mini a 99 euroSony ha ufficializzato la prossima uscita di Playstation Classic, la versione mini della classica console. Arriverà sul mercato europeo il 3 dicembre al costo di 99,99 euro e comprenderà la console (fino all’80% più piccola nel volume generale), due controller originali e venti titoli. La console avrà un’uscita HDMI abilitata alle risoluzioni 480p e 720p e una porta microUSB per collegare un alimentatore che però, è bene specifi-carlo, non sarà incluso nella confezio-ne. Un’operazione simile a quella di Nintendo, dunque, che ha riproposto la versione NES e SNES in “sala mini” con grande successo. Il catalogo dei giochi potrà variare in funzione del mercato. La console uscirà infatti in Giappone, Nord America e Europa. C’è da sottolineare inoltre che il catalogo integrato è “bloccato”; non si potrà, insomma, accedere a qual-che negozio online per acquistare ulteriori giochi. Allo stesso modo non si potrà utilizzare accessori originali come le memory card.
torna al sommario 32
MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
di Massimilano DI MARCO
P er tornare a crescere, GoPro ri-
sponde aggiungendo un’ulterio-
re proposta al suo catalogo: alle
nuove Hero 7 Black e Silver, quindi,
ecco che si aggiunge un ulteriore mo-
dello economico, Hero 7 White. I mo-
delli compatibili con il 4K diventano
due (Black e Silver, appunto), mentre i
compromessi di Hero 7 Silver e White
sono legati principalmente al frame
rate più basso dei video registrati e
all’impossibilità di rimuovere la batte-
ria. Da Hero 6 Black a Hero 7 Black
le novità paiono minime. La domanda,
quindi, sorge spontanea: conviene ag-
giornare?
Video verticali per il pubblico mobile Ma è poca cosaUna delle novità che coinvolge l’intera
gamma di Hero 7 è la possibilità di re-
gistrare video in verticale, così da po-
terli vedere senza troppi sforzi dallo
smartphone. Una novità per strizzare
l’occhio ai più giovani in un momento commerciale in cui il marchio GoPro è in forte calo; onestamente, però, è
ben poca cosa.
Esclusivamente per Hero 7 Black
GoPro promette una stabilizzazione
video migliorata - chiamata Hyper-
Smooth - che come meccanismo è
simile alla sospensione cardanica:
meno “balzelli” e maggiore stabilità;
questa la promessa. Le possibilità di
registrazione della Hero 7 Black, mo-
dello che anche quest’anno rappre-
senta il top della gamma, restano le
stesse: in 4K a 60 FPS, in 2,7K a 120
FPS e in Full HD a 240 FPS per un
“super slow motion”. La videocamera
GoPro top di gamma adotta anche un
sensore da 12 Megapixel e permette
di trasmettere i propri video in diretta
attraverso Facebook; questa funzione
è esclusiva del modello Black. Può,
inoltre, essere collegata a un microfo-
no esterno tramite un adattatore, non
incluso. La batteria è rimovibile, un’al-
tra caratteristica assente nei modelli
Silver e White.
Hero 7 Silver scende di qualche gradi-
no. Il sensore passa a 10 Megapixel e
la risoluzione 4K non va oltre i 30 FPS;
VIDEO CREATIVO GoPro vuole tornare a crescere con le nuove action cam Hero 7 in tre modelli
GoPro 7: costano meno ma le novità sono pocheIn un momento di crisi GoPro rilancia con tre modelli di Hero 7: Black, Silver e White Chi possiede già una Hero 6 Black si chiede: conviene aggiornare al nuovo hardware?
supporta anche
la registrazione a
1440p e Full HD
a 60 FPS. La Hero
7 White, com’è
prevedibile, è il
modello base e
registra a una ri-
soluzione massi-
ma di 1080p a 60
FPS. Tutti e tre i
modelli sono im-
permeabili all’ac-
qua fino a 10 me-
tri di profondità,
gestibili attraverso i comandi vocali e
integrano Wi-Fi e Bluetooth.
Conviene aggiornare da Hero 6?Rispetto alla generazione preceden-
te, Hero 7 Black parte da un prezzo
di listino inferiore: 429,99 euro anzi-
ché 569,99 euro, il prezzo a cui ven-ne lanciata Hero 6 Black lo scorso anno.
A conti fatti la novità più importante
del nuovo modello Black rispetto al
precedente, dicevamo, riguarda la
promessa di una migliore stabilizza-
zione video, caratteristica che, se fos-
se confermata alla prova dei fatti, fa-
rebbe gola soprattutto ai più esigenti.
Hero 7 Silver (prezzo: 329 euro) va
essenzialmente a sostituire nel listino
Hero 5 Black, videocamera che regi-
stra video in 4K a 30 FPS. Anche in
questo caso, però, viene da chiedersi
chi sia il pubblico prescelto: la Hero 5
Black ha un sensore da 12 Megapixel,
laddove la Hero 7 Silver scende a 10
Megapixel, e ha già caratteristiche
come l’impermeabilità all’acqua fino
a 10 metri di profondità e lo schermo
touch da 2 pollici. Un plus di Hero 7
Silver che molti potrebbero trovare
interessante sta nella registrazione
Full HD a 240 FPS, il doppio di quanto
permesso da Hero 5 Black.
La differenza sostanziale tra Hero 5
Black e Hero 7 Silver, insomma, sta nei
contenuti, ossia la possibilità di regi-
strare video anche in verticale.
La Hero 7 White, infine, è la proposta
economica, a 219,99 euro, che po-
trebbe fare gola agli “iniziati” delle
action cam.
Sesso senza censure: il primo videogioco arriva su SteamNegligee: Love Stories sarà il primo gioco su Steam con contenuti sessuali espliciti e senza alcuna censura di M. D. M
Si chiama Negligee: Love Stories. Questo gioco - un romanzo gra-fico interattivo - avrebbe potuto passare quasi inosservato nel-l’enorme catalogo di Steam, se non fosse che è il primissimo gio-co con contenuti sessuali espliciti che sarà pubblicato sulla piatta-forma senza alcun tipo di cen-sura. Si tratta di un passo avanti molto importante per Valve, il produttore di Steam, che ha re-centemente cambiato le proprie politiche rispetto ai contenuti nei videogiochi che vengono pubbli-cati su Steam. Videogiochi dai contenuti sessua-li espliciti possono essere validati a una condizione: non devono essere classificabili come “troll”. Se il sesso all’interno del gioco è inserito in un contesto che viene ritenuto coerente, insomma, vie-ne dato il nulla osta. “Agli sviluppatori di giochi con contenuto violento o sessuale viene ora richiesto di descrivere il contenuto del gioco” ha spiegato Valve sul blog ufficiale. “La pre-sentazione del contenuto costi-tuisce un contesto importante e, dando agli sviluppatori la possibi-lità di descrivere e spiegare che cosa c’è dentro il proprio gioco, i clienti avranno maggiori informa-zioni a disposizione per la ricerca dei prodotti e la loro valutazione prima dell’acquisto”.Nello specifico di Negligee: Love Stories, che presenta quattro storie che scorrono parallele, ciò significa che lo sviluppatore ha dovuto specificare che “include dialoghi con temi sessuali, in-terazioni sessuali e nudità e at-traverso di esse illustrazioni che includono nudità, svestimenti e interazioni sessuali”.
GoPro Side by Side
torna al sommario 33
MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
di Gianfranco GIARDINA
C ome oramai d’abitudine, i prodotti Adobe della
suite Creative Cloud vengono costantemente
aggiornati con piccole e grandi innovazioni,
senza più seguire il ritmo delle cosiddette “major
release”. Così IBC, la fiera del Broadcasting che si è
svolta ad Amsterdam, è l’occasione buona per Ado-
be per presentare una serie di migliorie ai propri
prodotti destinati al mondo dei creativi video.
Character Animator crea il pupazzo con la tua facciaUna delle novità più interessanti della suite Ado-
be Creative Cloud riguarda Character Animator, il
programma che, basandosi sulla cattura di imma-
gini e suoni da una webcam, anima un volto di un
pupazzo in grafica. Il sistema, già ben funzionante,
aveva una carenza rilevante: i preset disponibili
sono comunque limitati e costruire i materiali gra-
fici di base per un nuovo personaggio è tutt’altro
che banale. Adobe è quindi intervenuta per ren-
dere lo strumento più facilmente fruibile anche in
contesti occasionali aggiungendo, grazie alla fun-
zione Characterizer, la capacità di costruire un mo-
dello da un volto reale. In pratica il sistema chiede
di inquadrare il soggetto nella webcam e di fargli
pronunciare alcune parole o fare alcune espres-
sioni. Character Animator rielabora il tutto e crea
quindi un modello utilizzabile come se si trattasse
di uno dei personaggi di base del sistema: comodo
e veloce.
Per restare sempre sulle novità riguardanti
Character Animator, sono stati migliorati i movi-
menti e le modifiche al volo apportabili alle posi-
zioni del personaggio ed è stata introdotta la mo-
dalità Magnets in grado di creare dei movimenti
fluidi, per esempio di un braccio, che cercano di
raggiungere, seppur con la latenza di un movimen-
to naturale, un punto in movimento indicato con il
mouse dall’utente.
VIDEO CREATIVO Adobe aggiorna la sua suite Creative Cloud con qualche innovazione interessante e piccole migliorie
Suite Adobe Creative Cloud a tutto video Migliora la gestione del colore e restauro audioIn occasione della fiera del Broadcasting di Amsterdam (IBC) Adobe rinnova i propri prodotti della suite video Le novità più importanti riguardano soprattutto la color correction e il grading oltre al Pannello audio di Audition
Premiere Pro migliora la color correctionPremiere Pro resta lo strumento centrale della sui-
te Adobe di produzione video e, ovviamente, in
concomitanza con IBC ha ricevuto diversi piccoli
ma importanti aggiornamenti. Quello che ci pare
più rilevante è il nuovo motore di color correction:
il nuovo filtro Lumetri Color infatti ha una serie di
controlli più completi e nel contempo più facili da
usare, che permettono una regolazione nettamente
migliore delle tinte secondarie, fattore che era un
po’ il tallone d’Achille dell’attuale filtro.
Infografiche e restauro audio anche senza uscire da Premiere ProSempre in Premiere, ora è possibile utilizzare un
preset di grafica animata anche collegato a un file
excel per creare un’infografica in movimento: prima
era necessario elaborare il tutto in After Effects per
poi inserire l’elemento in montaggio in Premiere
Pro. Sempre nell’ottica di rendere più snello il lavo-
ro, è stato migliorato il pannello Audio Essenziale Intelligent Audio Cleanup
di Audition e Premiere Pro, introducendo anche dei
tool di restauro basati su intelligenza artificiale: gra-
zie all’addestramento del sistema fatto da Adobe
sul motore Sensei, Audition è ora in grado di rimuo-
vere in maniera facile riverberi e rumori di fondo,
operazione che il sistema è in grado di operare au-
tonomamente, senza complesse configurazioni dei
filtri e anche senza uscire dal programma di editing
video. Sono state migliorate anche le capacità di
trattamento dei video immersivi a 180 gradi (sempre
più utilizzati) in Premiere Pro e After Effects.
Adobe Character Animator CC
Selective Color Grading
Infographics Templates
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MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
di Emanuele VILLA
Se in Italia chiedi a qualcuno il nome di un aspi-
rapolvere ti risponde “Folletto”, o in alternativa
“il” Folletto. Magari non lo usa da un po’, proba-
bilmente l’ha ereditato dalla nonna perché funziona
ancora, sta di fatto che da noi è quasi impossibile non
conoscere il Folletto. E’ l’aspirapolvere “bianco e ver-
de”, quello che non si trova in negozio, quello che ha
gli agenti che ti suonano il campanello nella speranza
(che spesso va a buon fine, abbiamo capito) di ottene-
re un appuntamento, una dimostrazione del prodotto
a casa tua e infine una vendita.
Il fatto che il Folletto sia ancora l’aspirapolvere per an-
tonomasia è quasi anacronistico: in un 2018 dominato
dal mercato globale, dall’e-commerce, dalla produzio-
ne decentrata a basso (e bassissimo) costo, pensare
che l’azienda tedesca (Vorwerk) sia ancora a condu-
zione familiare dopo 130 anni, produca in Germania
dove il costo del lavoro è notoriamente elevato e - so-
prattutto - che a livello commerciale continui a basarsi
sulla classica rete di agenti che vendono porta a porta
ci pare incredibile. O meglio lo è il fatto che un’azienda
impostata in questo modo continui a macinare numeri
impressionanti: l’anno scorso solo in Italia sono sta-
ti venduti 860.000 pezzi per 421 milioni di fatturato.
Dato ancor più impressionante, una famiglia italiana
su tre ha un Kobold (nome originale dell’aspirapolvere
Vorwerk, che da noi è “Folletto”) in casa.
Una famiglia italiana su tre ha il FollettoQuando Vorwerk ci ha invitati per un tour della sede
storica di Wuppertal, una cittadina di 300.000 abitan-
ti a 30 Km da Dusseldorf, non ci siamo fatti sfuggire
l’occasione. Volevamo capire come fosse organizzata,
cosa producesse in Germania e - soprattutto - come
sia riuscita a rimanere sulla cresta dell’onda per tut-
to questo tempo mantenendo un forte legame con
la sua tradizione. Arrivati in Germania, di fronte alle
classiche presentazioni con numeri, dati e prospetti-
ve, la cosa che ci ha sorpreso di più non sono tanto i
SMARTHOME Siamo stati nella sede tedesca di Vorwerk, l’azienda che produce l’aspirapolvere di una famiglia italiana su tre
Come nasce il Folletto. Abbiamo visitato la fabbrica dello storico aspirapolvere VorwerkVorwerk vende il Folletto e il Bimby ancora con il vecchio sistema: per comprarli bisogna prenotare una dimostrazione a casa
famosi 860.000 prodotti venduti in un anno, ma il fatto
che questi non si trovino in un centro commerciale, in
una grande catena, non si possano acquistare online
e non ci siano neppure nell’e-commerce dell’azienda:
Vorwerk vende online i robot aspirapolvere, la lavave-
tri e tanti accessori, ma se si vuole il Folletto o il Bimby,
altro cavallo di battaglia, bisogna prenotare una dimo-
strazione a casa. Non ci si stupisce a questo punto che
il 94% del fatturato dell’azienda provenga dalla vendi-
ta diretta, il 5% dai negozi fisici del brand e appena l’1%
dall’online. Anche questo è anacronistico, ma funziona
ancora. E bene.
Pierluigi Pecchia, consigliere delegato di Vorwerk,
ci spiega che sono due i motivi per cui l’azienda ha
sempre proposto il Folletto tramite vendita diretta e -
supponiamo - non ha nessuna intenzione di modifica-
re il suo modello di business così particolare: il valore
della dimostrazione a casa, che per un aspirapolvere è
fondamentale, e anche una sorta di “protezione” della
forza vendita, che in Italia ha superato i 4000 agenti.
Ed è davvero curiosa questa cosa: un meccanismo
di vendita associato al passato viene applicato a un
presente in cui le persone non sono mai a casa e no-
nostante questo sta ancora generando risultati enor-
mi. Anzi, questo e la bontà del prodotto sono esatta-
mente i segreti del successo di cui parlavamo sopra.
Soprattutto in Italia: l’altra curiosità che ci fa piacere
condividere è che il 53% di tutti i Folletto (che al di
fuori dei nostri confini si chiama Kobold) è venduto in
Italia. Perché il Folletto è l’aspirapolvere della nonna,
è quello indistruttibile, è quello del 1960 che usiamo
ancora oggi: insomma, è quello di cui ci fidiamo. E
alla fine Vorwerk a livello globale fattura questa cifra:
2.906.097.069 euro.
Nella sede Vorwerk, tra passato e futuroNonostante i numeri da mercato globale, Vorwerk è
un’azienda tedesca e produce in Germania nella stes-
sa città che le ha dato i natali: Wuppertal. L’aria che si
respira è particolare: c’è un enorme stabilimento dove
avviene buona parte della produzione, due grossi
palazzi in costruzione che serviranno per ampliare la
fabbrica e ospitare la divisione ricerca e sviluppo, e poi
un fiume in mezzo.
Sì, un fiume in mezzo: il Wupper, da cui Wuppertal. E
questo le dà un fascino particolare: parte della produ-
zione è su una sponda del fiume, parte sull’altra e ci
sono piccoli ponti che collegano gli stabilimenti dove
nascono il Folletto e il Bimby.L’aspirapolvere Vorwerk si è sempre chiamata Kobold in Germania. Ma in Italia è sempre stato il Folletto (che poi è la traduzione di Kobold).
La fabbrica è distribuita sulle due sponde del fiume Wupper, che dà il nome alla citta.
In questo palazzo in costruzione sorgerà la nuova divisione ricerca e sviluppo.
segue a pagina 35
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MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
Questo perché la fabbrica, che si somma a quelle atti-
vissime di Parigi e Shanghai (e anche alla nostra di Ar-
core in provincia di Milano, dove si producono acces-
sori), si è dovuta adeguare alle richieste del mercato
ed è cresciuta moltissimo uscendo di fatto dal proprio
perimetro originario. Il fatto di avere una struttura par-
ticolare non ha però intaccato in alcun modo la sua ef-
ficienza: parlando solo dei Folletto, ogni giorno questo
stabilimento produce 2.000 esemplari finiti, imballati e
pronti per la vendita. Girando un po’ in prossimità della
fabbrica intravediamo pure un bosco: la differenza con
le spianate di cemento tipiche delle zone industriali è
evidente e anche questo contribuisce a quel sapore
tradizionale tipico di questa azienda.
Due passi nella storia, il museoNella sede centrale di Vorwerk a Wuppertal è presen-
te un museo che ripercorre la storia di questo marchio:
andiamo dai primi esemplari di aspirapolvere (che nes-
suno sapeva cosa fosse) in metallo e bachelite fino ai
modelli moderni, passando per la rivoluzione del desi-
gn targata 1960 che li fece diventare gli aspirapolvere
“bianchi e verdi” che tutti conosciamo.
Ci sono apparecchi entrati nella storia ma anche cose
abbastanza bizzarre come la macchina per la pulizia
dei cavalli oppure i primi esperimenti del Thermomix
che da noi si chiama Bimby.
Tra statori, rotori e stampe a iniezioneQui a Wuppertal si producono principalmente il Follet-
to e il Bimby, fiori all’occhiello dell’azienda, anche se il
Bimby (che fuori dall’Italia si chiama Thermomix) è rea-
lizzato pure in Francia, vicino a Parigi. Ci spiegano che
c’è una separazione importante tra gli stabilimenti: da
un lato si producono i motori, dall’altro si realizzano i
prodotti finiti con stampaggio delle plastiche e assem-
blaggio finale.
In una breve visita guidata abbiamo assistito - per
sommi capi, logicamente - alla produzione del motore
del Bimby: il livello di automazione ci è parso molto
elevato e il rumore sotto controllo.
Qui ovviamente si parte dai classici coil di acciaio di
produzione Thyssenkrupp da cui vengono realizzati
i due elementi fondamentali del motore elettrico: lo
statore, che deriva da un un’unica lamiera d’acciaio
per massimizzarne la durata nel tempo, e il rotore. Lo
statore, ovvero l’insieme delle parti fisse, nel caso del
Bimby è il risultato di un pacco di 60 lamierini che vie-
ne fatto passare in una macchina che inserisce, fissa e
avvolge i conduttori (cioè i fili di rame). Ci dicono che
la macchina per l’avvolgimento impiega circa 1 minuto
a statore: ne vediamo quattro in azione e deduciamo
che ne venga prodotto uno ogni 15 secondi.
Parallelamente viene creato il rotore in acciaio, che è la
parte che nel Folletto gira fino a 60.000 giri al minuto.
Qui ci spiegano che la difficoltà non è tanto la produ-
zione quanto l’equilibratura: con le debite proporzioni,
il concetto è simile a quello delle ruote delle auto, solo
che qui per equilibrare il rotore non si aggiunge mate-
riale (le classiche pinzette che tutti hanno visto sulle
proprie ruote) ma si toglie. Il livello di tolleranza allo
sbilanciamento è estremamente più basso rispetto a
una ruota di un’auto: parliamo di 2.000 volte inferiore
(nelle aspirapolvere è di 0,1 g/mm).
Alla fine, statore e rotore vengono accoppiati e nasce
il motore, che è immediatamente soggetto a un’infinità
di test da cui dipende non solo la sua capacità di fun-
zionare (ci mancherebbe altro), ma soprattutto la sua
durata nel tempo. Se il Folletto della nonna funziona
ancora, deduciamo che queste macchine facciano
bene il proprio mestiere.
Per quanto riguarda, invece, il discorso della produ-
zione del prodotto finito, ci rechiamo nel secondo
stabilimento che è preceduto da enormi silos (saran-
no 30 metri di altezza, circa) che ospitano i granulati
plastici fondamentali per i componenti dei prodotti,
motori esclusi. Ci viene spiegato che tutta la produ-
zione si avvale del principio di stampo a iniezione
gestito da un’enorme macchinario dal costo ingente
(tra i 250.000 e i 300.000 euro) che funge un po’ da
“perno” dell’intero processo.
Per farla molto breve, il materiale plastico che arriva
dai silos viene fuso e iniettato ad altissima pressione in
uno stampo, che rimane chiuso fino alla solidificazione
del componente. Qui il concetto, ci spiegano, è far sì
che il prodotto sia composto dal minor numero di pez-
zi: un aspirapolvere ne ha meno di 40 e questo incide
tantissimo sulla durata e sull’affidabilità del prodotto.
Questa fase porta via 1 minuto a singolo componente:
il fatto che la fabbrica sia molto efficiente deriva pro-
prio dal fatto che il prodotto ne ha ben pochi al suo in-
terno. La produzione dei componenti plastici è a ciclo
continuo mentre l’assemblaggio, per il quale ci sa av-
vale in larga parte di lavoro manuale, è organizzato su
due turni. Gli addetti all’assemblaggio sono distribuiti
in diverse postazioni che seguono una disposizione a
“U” per far sì che le varie tappe della lavorazione siano
fisicamente vicine tra di loro e le persone possano an-
che interagire. Nella stessa catena troviamo la fase fi-
nale, quella del test che si basa ovviamente sull’esame
dei dati provenienti dalla scheda elettronica dell’appa-
recchio. In tutto, limitandoci ai Folletto, da Wuppertal
escono circa 2.000 prodotti finiti al giorno.
Il futuro: robot, tecnologia e magari un cordlessEsaurita la visita alla fabbrica c’è stata la tradiziona-
le presentazione dei prodotti della linea Folletto. Qui
ci dilunghiamo di meno visto che i prodotti sono già
sul mercato italiano: durante la demo sono state di-
mostrate le capacità del sistema Folletto VK220 S e
dei suoi accessori. L’apparecchio è infatti studiato per
gestire le necessità di pulizia e igiene dell’intera casa
e, grazie al collegamento di vari accessori, può gesti-
re pavimenti di ogni tipo, tappeti, divani, materassi e
via dicendo. L’apparecchio è abbastanza silenzioso e,
giudicando da quello che abbiamo visto, efficiente e
versatile: ha ancora il sacchetto e il filo, ma il primo è
considerato un tratto distintivo e un “plus” dell’appa-
recchio in termini di efficienza ed igiene rispetto alle
soluzioni senza sacco. Per quanto riguarda il futuro,
l’azienda intensificherà molto i suoi sforzi in ambito di
ricerca e sviluppo, per cui è presumibile un forte inve-
stimento in tecnologia nei prossimi mesi/anni. Secon-
do il Dr. Hendrik Wehr, Senior Vice President Produzio-
ne, un importante trend tecnologico su cui l’azienda
investe e investirà sono i robot: in effetti il mercato è
già rilevante ma tutt’altro che saturo o sovraffollato. Le
soluzioni sono sempre più smart e intelligenti ma non
c’è limite a ciò che la tecnologia possa fare in questo
ambito: qui una forte divisione R&D può veramente
fare la differenza.
Infine, abbiamo parlato anche di algoritmi e di intelli-
genza artificiale, temi cari a Vorwerk come a chiunque
produca un dispositivo che si muove da solo, per giun-
gere a un altro trend che coinvolge l’intera industria: il
cordless. VK200 S è un prodotto a filo: toglierlo assi-
curando buona autonomia e nessun sacrificio di effi-
cacia potrebbe essere un passo avanti importante. Ma
qui in casa Vorwerk, di fronte a una domanda diretta,
si sta un po’ sul vago: l’impressione è che potrebbe
uscire qualcosa di nuovo a breve, ma al momento non
è nulla più di una sensazione di chi scrive. Dal canto
nostro, staremo (come sempre) a vedere.
SMARTHOME
Come nasce il Follettosegue Da pagina 34
Fasi finali con assemblaggio e test dell’apparecchio.
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MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
di Massimiliano DI MARCO
L’autunno sta arrivando e insieme a esso anche la
necessità di gestire il riscaldamento dell’abita-
zione. Magari facendolo in modo più semplice e
intelligente. I termostati start hanno praticamente “ini-
ziato” tanti utenti all’approccio di smart home e a oggi
restano i dispositivi più gettonati per chi vuole rendere
un po’ più intelligente e digitale la propria quotidianità,
interagendo anche da remoto attraverso le applicazio-
ni mobile. La maggior parte dei produttori di termostati
smart è uniformata rispetto al risparmio promesso sui
costi in bolletta: circa il 35% rispetto al consumo attua-
le. Ovviamente sono stime molto generali ed è difficile
dare un riferimento preciso che sia valido per tutte le
persone; il risultato finale, infatti, dipende dall’uso del-
la caldaia antecedente all’installazione del termostato
smart e delle proprie abitudini. Senz’altro - e questo è
un dato di fatto - i termostati smart garantiscono una
gestione del riscaldamento comoda, rapida e intelli-
gente, complice il supporto ad assistenti virtuali come
Siri per iOS e Google Assistant per Android (tanti sono
compatibili anche con Amazon Alexa, assistente che,
però, ancora non è disponibile in Italia). Bisogna poi
considerare anche la possibilità di impostare delle con-
figurazioni predefinite che coinvolgano anche gli altri
apparecchi per la smart home: basta un comando vo-
cale per attivare contemporaneamente, per esempio,
una serie di dispositivi smart (lampadine, altoparlanti,
etc) non appena torniamo a casa o quando stiamo per
andare a dormire, seguendo uno schema che l’utente
ha precedentemente ideato e salvato.
I termostati si assomigliano nelle funzionalità e condi-
vidono il supporto a iOS e Android, soprattutto nelle
caratteristiche base offerte dalle rispettive applicazioni
mobile. Le differenze principali, invece, si riscontrano
nel prezzo e nel design, ma in alcuni casi il produttore
ha pensato a servizi extra riguardanti alla gestione del
riscaldamento, per esempio aggiungendo informazioni
utili a valutare la necessità di un’eventuale manuten-
zione
SMARTHOME I termostati intelligenti stanno invadendo il mercato. Sempre più proposte, anche da aziende italiane
Guida ai termostati intelligenti: chi può installarli quanto si risparmia e quali sono i modelli miglioriPromettono agli utenti di risparmiare sulla bolletta e di semplificare la gestione del riscaldamento. Sarà davvero così?
Parla un installatore: “Reale risparmio con le testine elettroniche”Perché usare un termostato smart? Il principale mo-
tivo, che è poi quello che spinto dai produttori stes-
si per sponsorizzare questi dispositivi, è il risparmio,
come detto stimato attorno al 35% rispetto ai consumi
precedenti all’installazione dell’apparecchio.
Ma la stima del 35% di risparmio è credibile? Abbiamo
parlato direttamente con un installatore di termostati
smart, che ci ha fornito alcune indicazioni utili a ca-
pire il fenomeno. Sebbene sia difficile parlare di un
riferimento che possa essere affidabile per l’etero-
geneità delle abitazioni e delle utente, una stima più
credibile è attorno al 20-25% di risparmio rispetto ai
consumi della caldaia antecedenti all’installazione
del termostato smart. Il grosso del risparmio, in ogni
caso, deriva dalla presenza delle testine elettroniche
sulle termovalvole dei caloriferi. Una configurazione
di questo tipo, dove cioè in ogni stanza è presente un
monitoraggio della temperatura, è quella ideale per
poter realmente risparmiare.
“Tante persone hanno già un cronotermostato in
casa, magari posizionato in soggiorno. Si tratta, però,
di una stanza vicina alla cucina e che quindi viene
riscaldata molto facilmente” specifica l’installatore,
chiarendo un dettaglio importante nell’installazione.
“Se ci sono 24 gradi in soggiorno, per esempio, ciò
significa che nelle altre stanze, specialmente quelle
più lontane, ce ne sono meno. Senza una testina elet-
tronica è difficile avere un riferimento e il solo termo-
stato in soggiorno non è un indicatore affidabile”.
Appartamenti, ville e condomini Il termostato smart è utile a tutti?Lo abbiamo già detto e lo ripetiamo: fare un discor-
so generico che valga per tutti non è facile; anzi, è
impossibile. Detto ciò il beneficio dell’utilizzo di un
termostato smart è trasversale: dai condomini con
impianto centralizzato fino a chi vive in un apparta-
mento indipendente, tutti possono risparmiare con il
termostato smart.
“Anche in un condominio centralizzato poter gestire
da remoto la temperatura delle singole stanze dà
dei benefici in bolletta” riferisce l’installatore. “Sicura-
mente è una soluzione migliore rispetto, per esempio,
a un termostato basilare con un semplice interruttore
‘acceso’ o ‘spento’”.
Al di là dell’importante risparmio in bolletta, l’autono-
mia del dispositivo nella gestione del riscaldamento e
la possibilità di controllarlo da remoto sono comodità
su cui chiunque, a prescindere dalla struttura della
propria casa, può fare affidamento.
Quanto costa l’installazione?Ok il risparmio in bolletta e l’applicazione per smartpho-
ne, ma quanto costa installare un termostato? Partiamo
con l’installazione del solo apparecchio, quindi senza
le varie testine elettroniche da applicare alle termo-
segue a pagina 37
torna al sommario 37
MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
valvole dei caloriferi. In questo caso parliamo di circa
70-80 euro di spesa. C’è di più: a meno di situazioni
particolarmente eccezionali, l’installazione di un termo-
stato smart può essere effettuata anche dall’utente in
modo indipendente; nessuna spesa per l’installazione,
in questo caso, oltre a quella per il dispositivo stesso.
“Sono tanti - ci è stato detto - i clienti che comprano il
termostato smart e poi lo installano da soli”. Ciò vale
soprattutto per quei termostati smart che possono
sfruttare un supporto da tavolo; così facendo non serve
tirare i fili della corrente, per esempio, per il posiziona-
mento del termostato sulla parete e il dispositivo può
essere appoggiato su qualsiasi superficie piana.
La spesa complessiva aumenta, ovviamente, qualora
l’utente decidesse di installare le testine elettroniche
per avere un beneficio più completo. Se l’utente ha già
le termovalvole sui caloriferi, allora il costo dell’inter-
vento di un installatore è di circa 150-160 euro e l’ope-
razione richiede al massimo tre ore.
Discorso diverso nel caso in cui nell’abitazione non
fossero già presenti le termovalvole e, quindi, servis-
se un intervento dell’idraulico per adattare l’impianto
di riscaldamento. In tal senso la spesa per l’installazio-
ne di un termostato smart, delle testine elettroniche e
delle termovalvole può arrivare a toccare i 460 euro
IVA esclusa. Anche le tempistiche si allungano e può
volerci una giornata intera.
Tado V3+Il Kit V3+ è l’ultima versione del sistema intelligente per
il riscaldamento di Tado, presentata in occasione del recente IFA 2018. Le grandi novità sono sopratutto
software. Oltre che gestire in autonomia la temperatura
e l’operatività della caldaia, infatti, il termostato compie
delle regolari valutazioni sullo stato della caldaia; nel
caso in cui identificasse qualche malfunzionamento, il
sistema permette di programmare l’assistenza annuale
o richiedere un preventivo per la riparazione.
Il design resta lo stesso della versione V3, caratteriz-
zata da uno schermo LED, che mostra la temperatura
presente in casa, e dalle frecce tattili per la modifica
manuale della temperatura.
L’automazione della gestione del riscaldamento è
un’ulteriore caratteristica del termostato smart di Tado.
Per decidere se spegnere o accendere la caldaia, in-
fatti, “spia” gli utenti della casa, sfruttando la posizione
registrata dallo smartphone: se gli abitanti stanno tor-
nando a casa, Tado si occupa si accendere la caldaia;
viceversa, se non c’è nessuno, la spegne.
La versione V3+ è già in vendita anche in Italia al prez-
SMARTHOME
Termostati intelligentisegue Da pagina 36
zo di 129,99 euro per il solo termostato intelligente o
di 199,99 euro se si vuole anche l’internet bridge in
dotazione. Collegare più termostati Tado in casa, inol-
tre, permette di monitorare le singole camere per una
gestione multi-stanza efficiente.
Nest Learning ThermostatQuando si parla di termostati intelligenti Nest è sempre
stata l’azienda più chiacchierata. Fondata dall’ex Apple
Tony Fadell e successivamente acquisita da Google,
unisce stile e funzionalità in uno dei prodotti più ricer-
cati in questa categoria.
L’apprendimento automatico delle abitudini è la sua
principale funzione. Per esempio, dopo alcuni giorni
consecutivi in cui impostiamo la temperatura in casa a
20° C per la colazione sempre alle 7 del mattino, Nest
imparerà ad adattare automaticamente la temperatu-
ra a quell’ora. Allo stesso modo, Nest sfrutta i propri
sensori e quelli integrati negli smartphone collegati
tramite l’applicazione per identificare se gli abitanti
stanno uscendo oppure, al contrario, stanno rientrando
in casa. Il termostato di Nest è inoltre compatibile con
Jenn-Air, il forno intelligente dell’azienda. Gli utenti che
usano entrambi i dispositivi riceveranno notifiche sullo
smartphone, per esempio, se Nest rileva che, nono-
stante non ci sia nessuno in casa, il forno è rimasto ac-
ceso. La terza generazione costa 249 euro e permette
di selezionare il colore dell’anello tra quattro opzioni:
rame, nero, acciaio inossidabile e bianco.
Honeywell Lyric T6 e T6RPer l’Italia Honeywell propone due versioni del suo
termostato T6: il primo modello, venduto a 199 euro,
dev’essere collegato via cavo al ricevitore, a sua volta
collegato con un cavo alla caldaia; il secondo (il T6R),
proposto a un prezzo di listino di 249 euro, è invece to-
talmente Wi-Fi. Per entrambe le versioni l’alimentazione
è cablata e non basata su pile alcaline; questo è il princi-
pale svantaggio della gamma T6 di Honeywell rispetto
ai concorrenti in quanto obbliga l’utente a posizionare il
termostato vicino a una presa di corrente.
Immancabile l’applicazione per Android e iOS tramite
il quale gestire da remoto il termostato, la compatibilità
con gli assistenti virtuali Siri, Google Assistant e Ama-
zon Alea; anche il design risulta piacevole con un ampio
schermo touch LCD attraverso cui gestire manualmente
l’apparecchio. Supporta vari ecosistemi di automazione,
tra cui Apple HomeKit, Google Home e IFTTT.
NetatmoRispetto agli altri termostati intelligenti Netatmo ha due
caratteristiche che lo rendono molto interessante: ha
uno schermo a inchiostro elettronico (e-ink) e un prez-
zo di 179 euro, inferiore sia a Nest sia a Tado.
Nonostante il prezzo più basso il termostato Netatmo
non esclude nessuna delle funzioni che ci si aspetta da
un prodotto di questo tipo. Tramite Auto-Adapt il termo-
stato imposta la temperatura interna a seconda di quel-
la esterna; dall’applicazione e attraverso Siri o Google
Assistant Netatmo può essere regolato da remoto,
impostando la temperatura in qualsiasi momento; la
funzione Auto-Care, infine, verifica eventuali anomalie
nel funzionamento del termostato. Con le valvole ter-
mostatiche intelligenti, poi, viene attivato il rilevamento
automatico delle finestre aperte: il termostato spegne
automaticamente il riscaldamento, così da evitare spre-
chi di energia. È inoltre personalizzabile tramite alcune
cornici colorate fornite all’acquisto; un tocco in più che
farà piacere a chi vuole coniugare il colore del termo-
stato al resto dell’arredamento.
BeSmart, l’italianoBeSmart è il termostato intelligente dell’italiana Riello. Il
prezzo del solo termostato è di 89 euro, che sale a 189
euro di listino con l’aggiunta della Wi-Fi Box, senza la
quale il termostato non riesce a comunicare con l’appli-
cazione per smartphone iOS e Android; è ovviamente
possibile usarlo senza l’applicazione, perdendo però
tutti i vantaggi di un termostato intelligente e, soprattut-
to, gestibile da smartphone. Il punto debole è senz’al-
tro il design del prodotto, estremamente convenzio-
nale (per non dire vecchio). Ci sono poi alcuni limiti
nell’applicazione stessa, che essenzialmente fornisce
unicamente la possibilità di controllare il termostato
da remoto, ma non offre particolari servizi aggiuntivi,
come potrebbe essere un monitoraggio periodico dei
consumi. In tal senso BeSmart è qualche passo indietro
rispetto a prodotti come Tado e Nest.
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MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
TEST Abbiamo provato il nuovo top di gamma OLED Panasonic: qualità dell’immagine superba, ma non è ancora il TV perfetto
Panasonic FZ950, un sogno per gli appassionatiQualità dell’immagine al top, ma poca cura in alcuni dettagli e l’impressione di un TV datato, soprattutto per l’interfaccia utente
di Roberto PEZZALI
P anasonic ha sempre avuto una eccellente fama
nel mondo dei TV: dai plasma passando per gli
LCD di fascia alta fino ad arrivare ai recenti OLED
la casa di Osaka non ha mai sbagliato un colpo, almeno
sotto il profilo della qualità. Eppure il mercato non sem-
pre ha premiato Panasonic: se da una parte i televisori
sono apprezzatissimi dagli appassionati, dall’altra mol-
te persone preferiscono modelli più trendy e di design
come i Sony o gli LG. La serie FZ950, che abbiamo
provato in questi mesi, non invertirà questa tendenza:
con un approccio molto giapponese gli ingegneri della
gamma Viera si sono preoccupati più della parte qua-
litativa, cercando di migliorare ulteriormente le presta-
zioni di un TV già eccelso, che della parte estetica e
funzionale. L’FZ950 infatti ricalca più o meno le linee
dell’EZ1000 dello scorso anno, con la base che fun-
ziona anche come soundbar ottimizzata da Technics
e un pannello OLED prodotto sempre da LG, lo stes-
so che usano tutti. Panasonic però aggiunge un filtro
frontale di sua realizzazione, un processore HCX di ul-
tima generazione e una serie di piccole migliorie nella
gestione di questo pannello come le LUT dinamiche.
Ad un prezzo di 2.999 euro l’FZ950 è il modello top,
ma qualcuno potrebbe ben pensare di rinunciare alla
soundbar spendendo 2.499 euro, 500 euro in meno,
e prendendo l’FZ800. Questi due modelli sono identici
sotto il profilo della qualità video e differiscono solo per
l’audio e per i telecomandi: vale la pena spendere di
più per la soundbar? Ve lo diciamo tra poco.
Design troppo classico e finitura migliorabiliL’FZ950 non è certamente il più bello dei TV OLED:
Panasonic ha cercato di curare l’estetica, ma i TV Sony
sono obiettivamente un’altra cosa. Più che altro a col-
pire non è tanto il design molto “Panasonic” quando la
cura di dettagli su alcuni particolari che probabilmente
per gli stessi ingegneri non sono così fondamentali.
Il retro in plastica con finitura pelle sembra quasi incom-
piuto, grezzo per certi aspetti, segno che Panasonic ha
preferito concentrarsi su altro.
Quando a gennaio siamo andati alla presentazione
ufficiale dei nuovi televisori l’azienda effettivamente
ci aveva spiegato di aver lavorato soprattutto per rag-
Panasonic TX-55FZ950ELA QUALITÀ È ALTISSIMA. PANASONIC HA UN QUALCOSA IN PIÙ 2.999,00 €L’FZ800 e l’FZ950 sono probabilmente i due TV che si vedono meglio tra tutti quelli oggi disponibili sul mercato. Tutti gli OLED sono eccellenti, ma se non consideriamo quella piccola nicchia di super appassionati che cerca anche il pelo nell’uovo un OLED vale l’altro sotto il profilo della resa video. Consigliamo così di scegliere il TV guardando anche ad altro, al design, alle funzionalità e al prezzo, perché è sempre più difficile apprezzare differenze qualitative che sono appena percepibili. Chi ha occhio per l’immagine si renderà comunque conto che i TV Panasonic FZ, come gli EZ, hanno un qualcosa in più rispetto agli altri OLED, un qualcosa che neppure le misure e le calibrazioni riescono a trasmettere. Sarà l’eredità dei plasma, sarà nel DNA dell’azienda ma l’FZ800 ci ricorda molto la Coca Cola, con un ingrediente segreto che la rende unica e diversa da tutte le altre bevande. Simili, anche molto, ma mai così fedeli. Dettagli, che poche persone riescono a cogliere, ma che rendono di fatto questo TV per naturalezza, resa degli incarnati e cromia il modello che meglio riesce ad appagare chi guarda solo alla pura qualità d’immagine. Tra FZ950 e FZ800 è da preferire quest’ultimo: i telecomandi del modello top sono più belli, ma la soundbar non suona così bene da valere la differenza. Inoltre è bene ricordare che ci troviamo davanti ad un modello che solo un utente molto appassionato riesce ad apprezzare e gestire in tutta la sua completezza: la quantità di opzioni e funzioni regolabili fa sembrare l’FZ950 più un monitor professionale che un televisore. Ma anche qui c’è chi si esalta per questo: meglio regolare ogni piccolo aspetto che non poter intervenire su nulla.
Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo
9 8 7 7 7 88.1COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEQualità d’immagine eccezionaleMoltissime regolazioni possibili
Le tante opzioni e la LUT dinamica complicano la calibrazioneLa soundbar non suona da Technics e non c’è la gestione del DTSIl design dell’interfaccia è preistorico
lab
video
giungere la miglior qualità possibile, ma se in futuro
Panasonic vuole diventare un po’ più d’appeal forse
è bene tenere due gamme di OLED, una destinata ad
un pubblico consumer con meno opzioni, regolazioni e
sofisticazioni e una destinata invece a quella nicchia di
utenti che amano Panasonic da una vita proprio perché
non guardano ai fronzoli ma alla sostanza.
L’ideale sarebbe una via di mezzo, perché le plastiche
sono ad esempio un po’ cheap, il telecomando del-
l’FZ800 è qualcosa di inconcepibile per un prodotto
di questa fascia e fortunatamente l’FZ950 ha in dota-
zione due unità, una piccola con touch e una classica
coperta in alluminio e retroilluminata.
Quest’ultima è comodissima, chiara quanto basta e,
seppur con la classica impostazione storica dei teleco-
mandi Panasonic, molto pratica.
Oltre alla finitura un po’ economica del retro, l’aspetto
che pochi potrebbero digerire è una scarsa flessibili-
tà dei connettori HDMI: come Sony anche Panasonic
mantiene la brutta abitudine di dare solo due porte
HDMI, la 1 e la 2, capaci di gestire segnali HDR Ultra
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MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
HD a 12 bit e 60 Hz; le altre due porte, la tre e le quat-
tro, sono limitate ai 30 Hz e arrivano a 60 Hz solo con
segnali a 8 bit. Numeri che a qualcuno potrebbero in-
teressare poco, ma se si considerano Sky Q, una Apple
TV 4K e una Xbox già iniziamo a stare stretti. Le porte
poi non gestiscono segnali DTS, tutti lo chiedono da
tempo e Panasonic non ha ancora fatto nulla per venire
incontro agli appassionati.
Sempre sul tema porte due connessioni sono ango-
late, quindi non creano problemi con installazione
a muro, le altre due sono invece piatte e con il TV a
parete qualche problema di troppo c’è, servono cavi
particolari.
Le app ci sono, ma la Smart TV è tutt’altro che godibilePanasonic ha scelto lo scorso anno di prendere in cari-
co lo sviluppo della piattaforma smart creata da Mozilla:
Firefox TV è diventata così My Home Screen e sui TV
del 2018 arriva alla versione 3.0. Le differenze rispetto
allo scorso anno sono minime e siamo sempre davanti
ad un sistema on top a quello della TV. Qui Panaso-
nic sembra rimasta indietro di dieci anni: la differenza
tra i menu a schermo del glorioso plasma PV60, anno
2006, e quelli di questo FZ960 non è poi così marcata:
la guida TV e il menu di impostazioni, ricchissimo, sem-
brano quasi il televideo per l’impostazione grezza.
L’interfaccia Smart è un qualcosa che viene caricato
sopra la piattaforma TV, probabilmente gestita da un
altro processore: se LG e Samsung con WebOS e Tizen
riescono a dare l’idea di un qualcosa di totalmente inte-
grato e moderno, Panasonic con la sua interfaccia e My
Home Screen sembra limitarsi al compitino.
Difficile dire se ci sono ancora sviluppatori esterni a
Panasonic che lavorano attivamente per portare le loro
app su questa piattaforma, ma sicuramente l’azienda ci
investe e le app che servono ci sono tutte. C’è Netflix,
C’è DAZN, c’è Amazon Video e ci sono Chili, Infinity e
tutte le altre app di streaming che servono. Non è la
piattaforma più veloce al mondo, non è la più bella da
vedere ma le app ci sono a funzionano.
Sintonia lenta ma efficaceLe operazioni di sintonia dei canali tv si aprono con un
inedito menù che invita a scegliere lo standard deside-
rato tra antenna satellite e cavo, curiosamente il siste-
ma T2 è distinto da quello attualmente utilizzato in Italia.
Poi si passa al satellite dove viene chiesto se vogliamo
seguire l’elenco Tivùsat o se preferiamo un’imposta-
zione standard, bisogna anche selezionare il numero
di cavi collegati sui due disponibili. Utile la presenza
di un doppio slot per cam, si potranno Quindi usare
contemporaneamente la cam di Tivùsat e quella per
Premium o Sky dtt. Nonostante la preferenza indicata
per Tivùsat il tv inizia a verificare i satelliti disponibili e
inizia poi finalmente la sintonia vera e propria. Il tv in-
dica un pessimistico tempo di ricerca di ben 30 minuti,
ma per fortuna ne servono una decina in meno; siamo
comunque nella categoria dei tv “lenti”, ripagati però
dal riconoscimento di tutti i canali disponibili. Viene
subito rispettata la numerazione di Tivùsat e bastano
pochi secondi per il riconoscimento della card, senza
nessun problema di impuntamenti durante lo zapping.
Il tv invece sembra quasi bloccarsi quando incontra un
canale in definizione 4K e servono parecchi secondi
per ottenere le immagini. Tutto molto più rapido con i
canali via antenna e sempre con eccellente sensibilità,
situazione ideale per chi deve fare i conti con impianti
condominiali datati e con rara manutenzione. Rapido il
caricamento di RaiPlay.
Soundbar “Tuned by Technics”, ma …Per riprodurre l’audio la dotazione prevede una vera
soundbar separata, collocabile sulla base di supporto
da tavolo o fissata a parete, un diffusore vero e proprio
con connettore proprietario da inserire sotto al televi-
sore, arricchita dal logo Technics, celebre marchio au-
dio del gruppo Panasonic. In entrambi i casi bisogna
osservare come le modalità di fissaggio siano piuttosto
complesse, specie se il tv è collocato a parete: bisogna
armarsi di pazienza e leggere bene le istruzioni per tro-
vare la posizione di fissaggio tramite viti e adattatore.
Il risultato alla fine è esteticamente gradevole, con un
diffusore largo quanto il tv e che sembra quasi separa-
to dall’apparecchio. Ricercando le specifiche tecniche
però scopriamo una realtà piuttosto modesta: si tratta
di un diffusore stereo a due vie con potenza di 4 x 20
watt e nulla più, niente subwoofer e niente rinforzo per
i dialoghi. Nessun cenno sulla tecnologia impiegata per
gli altoparlanti o altri dettagli che giustifichino l’impiego
del marchio Technics. Dal versante dei controlli tro-
viamo il consueto equalizzatore e poche varianti DSP
oltre a un effetto surround per cinema e sport. Quindi
passiamo all’ascolto con qualche perplessità, anche se
perlomeno ci aspettiamo un suono da soundbar, senza
i soliti microscopici altoparlanti che diffondono verso
il retro o verso il basso. Il primo ascolto ci lascia molto
perplessi: l’impatto è piuttosto importante, anche sen-
za alzare troppo il volume, però sembra di ascoltare
un buon diffusore bluetooth, di quelli che tendono ad
arrotondare sin troppo la gamma medio bassa. Alzan-
do il volume la resa diventa dura e poco gradevole (e
non stiamo superando un terzo del valore massimo).
Un beneficio arriva dal surround Cinema che offre ef-
fettivamente una buona apertura rispetto al fronte del
tv, benefici che si apprezzano maggiormente con i film
dotati di colonna sonora multicanale. Nessuna notizia
invece del colpo allo stomaco, i bassi profondi non ci
sono proprio ed è inutile cercarli con l’equalizzatore
TEST
Panasonic TX-55FZ950Esegue Da pagina 39
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MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
perché si peggiora la situazione. Quindi l’audio del tv è
adatto ai normali programmi televisivi e nulla più, forse
sarebbe stato meglio non citare Technics.
Misure e calibrazione fanno poco L’immagine è già superDare un giudizio su questo Panasonic FZ950 non è
affatto facile, perché siamo davanti ad un TV che è
stato progettato per poter soddisfare quella nicchia di
persone che conoscono alla perfezione ogni termine
legate alla qualità e si pongono anche mille questioni
e problemi prima di investire per l’acquisto. Per il 99%
degli utenti l’FZ950 è un televisore eccezionale come
sono eccezionali tutti gli OLED: anche se il menu offre
una quantità di opzioni regolabili alcune delle quali pro-
babilmente esagerate e incomprensibili anche a colo-
ro che si reputano esperti, basta selezionare una delle
due modalità “Pro” per avere una eccellente base di
partenza per guardare un contenuto cinematografico
come Hollywood lo ha fatto. Pro 2 è l’impostazione da
noi preferita per la visione in sala nera: è già più che
buona senza la necessità di dover intervenire con lo
strumento, ma volendo si possono andare a limare sui
colori sfruttando Calman in modalità manuale o auto-
matica. E’ altamente probabile che chi sceglie Panaso-
nic lo fa per le possibilità che il meno offre, e quindi ha
intenzione di rivolgersi ad uno specialista per cercare
di tirar fuori il massimo dal pannello. Come vedremo
poi però non sempre si ottiene un risultato perfetto.
Il pannello riflette più o meno come gli altri OLED, non
tantissimo, mentre per quanto riguarda la luminosità
l’FZ950 con il suo picco di 745 nits ci è sembrato alli-
neato agli altri TV OLED provati ultimamente.
Tolto il 99% degli utenti resta quell’1% che invece esige
il massimo: abbiamo aspettato un po’ a finalizzare la
prova di questo televisore perché volevamo prima di
tutto attendere il software che abilitava l’HDR10+, e in
secondo luogo aspettavamo che Panasonic andasse a
correggere qualche piccolo problema di gioventù.
In una versione preliminare del firmware infatti il TV
non si comportava benissimo nella zona “near black”,
qualche controllo ci è sembrato impreciso e soprattutto
in fase di riproduzione di alcuni contenuti si avvertiva-
no microscatti diversi da quelli classici dovuti al 24p.
L’HDR10+ è arrivato, la soluzione definitiva a quelli che
inizialmente potevano sembrare problemi no.
La prima cosa che ci ha insegnato questo TV Panasonic
è che calibrare un TV sarà sempre più difficile: i model-
li dello scorso anno avevano infatti una LUT fissa, ma
volendo era possibile sull’EZ1000 caricare una LUT de-
dicata che andasse a correggere il segnale, operazio-
ne questa indispensabile per chi usata l’EZ1000 come
monitor da studio. Quest’anno Panasonic ha inserito
un sistema di LUT dinamiche che utilizza il processore
HCX: quest’ultimo legge la scena, misura le condizioni
di luminosità e applica una LUT correttiva dedicata sce-
gliendola tra un numero imprecisato di tabelle memo-
rizzate. Questo vuol dire che quello che leggiamo dai
grafici e anche dai vari pattern che solitamente gli ap-
passionati usano per misurare o regolare un televisore
non corrisponde poi a quella che è la realtà, e questo
vale soprattutto sui mezzitoni e sulle bassissime luci.
Se una scala di grigi può dar l’impressione che il TV
stia mangiando dettagli sulle basse luci, magicamente
guardando alcune clip da blu-ray Ultra HD o da Ama-
zon Prime Video questi dettagli emergono. Meridian è
un corto di Netflix poco compresso e pensato proprio
per spremere al massimo il TV: regolando il televisore
utilizzando i classici pattern abbiamo raggiunto quella
che ci era sembrata una impostazione un po’ strana,
ovvero abbiamo dovuto sacrificare un po’ di nero per
poter far emergere dettagli sulle basse luci che altri-
menti avremmo perso, almeno a giudicare dai pattern.
Invece, anche senza sacrificare il nero, quei dettagli che
i pattern davano già per spacciati sulla clip reale erano
visibili, con un’ottima gestione del near black. La stanza
totalmente nera che usiamo per le prove
aiuta molto, e più di una volta abbiamo
preferito di gran lunga l’impostazione
Pro 1 o Pro 2 di Panasonic a quella da noi
modificata che, pattern a schermo, sem-
brava più corretta. Sembrava, ma non lo
era. Questo potrebbe causare un po’ di
mal di testa al purista: da una parte Pa-
nasonic gli offre una quantità enorme di
opzioni di regolazione per raggiungere
l’immagine migliore, dall’altra però par-
te di queste regolazioni non sembrano
poi portare necessariamente al risultato
sperato.
TEST
Panasonic TX-55FZ950Esegue Da pagina 40
L’ideale sarebbe poter attivare una modalità “calibra-
zione” che disattiva totalmente la gestione automatica
delle LUT, permettendo di raggiungere la perfetta cali-
brazione di base del pannello.
La qualità di visione che si ottiene con l’FZ950 è co-
munque altissima, e l’immagine ha quel qualcosa in
più che restituisce un senso di naturalezza che altri
prodotti, magari migliori in laboratorio, non hanno. Con
segnali 4K il processore sembra lavorare egregiamen-
te, nulla da invidiare ai processore Sony che restano
ancora superiori sull’upscaling dei segnali. L’unica cosa
da segnalare sono rarissime perdite di fotogrammi che
abbiamo avvertito guardando Jack Ryan in HDR10+: un
saltino di frame appena percepibile, che si avverte però
soprattutto nelle scene dove c’è un oggetto in primo
piano che si muove rispetto al secondo piano statico.
Una persona che corre su uno sfondo fisso, una testa
che si gira, una macchina che passa: il TV non mostra i
classici artefatti che altri processori generano in queste
situazioni, ma talvolta tende a perdere un frame. A noi
è successo solo in HDR e solo con le app interne al
TV, e l’impressione è che ci troviamo in una condizione
dove il processore interno è spremuto al massimo e,
come accade alle GPU dei videogiochi, il frame salta
per impossibilità di elaborazione. Ma è solo una sup-
posizione. Ci ha convinto a pieno l’HDR10+, che ci è
parso come abbiamo già scritto davvero simile al Dolby
Vision nella gestione della luminosità: i 750 nits che
questo FZ950 riesce a esprimere in modalità HDR non
saranno tantissimi sulla carta, ma l’impressione è che
una luminosità più elevata potesse anche dare fastidio.
Jack Ryan è una vera gioia per gli occhi, altri contenuti
invece sembrano decisamente meno godibili.
Dal punto di vista dell’immagine ci troviamo davanti
ad un televisore quasi perfetto, uno dei migliori che ci
siamo mai capitato di vedere. La resa è molto simile a
quella dell’EZ1000, ma l’FZ950 ha un qualcosa in più,
qualcosa che grafici e misure non riescono a raccon-
tare ma che occhi ben allenati riescono a cogliere. Se
da un lato della bilancia c’è una qualità superlativa e la
possibilità di andare a regolare ogni parametro possi-
bile, dall’altra c’è la difficoltà e la competenza richiesta
per andare a scavare nei menu di un TV che non è
certo destinato a tutti. Chi lo acquista per la qualità, per
giocare, per guardare lo sport o per vedere contenuti
Ultra HD HDR, non resterà deluso.
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MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
TEST Abbiamo portato il drone DJI e il Macbook Pro a 2.000 di altezza per metterli alla prova realizzando un video professionale
DJI Mavic 2 Pro e Macbook Pro 2018 in prova Editing e color grading sul campo ad alta quota Mavic 2 Pro è il drone di DJI capace di riprendere clip 4K ad ampia dinamica grazie alla registrazione D-Log 10 bit Il Macbook Pro 2018 di Apple è una workstation portatile nata proprio per fare editing e color correction in mobilità
di Roberto PEZZALI
Quando ci sono arrivati in ufficio il nuovo
Macbook Pro, la versione con processore In-
tel Core i9 e con 4 TB di disco (9.000 euro) e il
Mavic 2 Pro, ultimo nato in casa DJI, abbiamo capito su-
bito che i due prodotti erano legati da un solo destino.
Prodotti di questo tipo sono molto difficili da provare a
fondo, perché il comportamento cambia a seconda della
condizione e dell’obiettivo che uno si pone. Il Macbook
Pro, ad esempio, potrebbe essere perfetto per chi svi-
luppa o fa musica, ma per chi effettua color correction
o editing con un software specifico una determinata
configurazione potrebbe non andare bene, e lo stesso
Mavic 2 Pro potrebbe comportarsi egregiamente con fil-
mati HDR ma trovarsi in difficoltà con il 4K a 30p D-Log.
Stiamo facendo esempi, ma quello che vogliamo dire è
che dare un giudizio complessivo su prodotti per uso
semi professionale non è né facile né possibile, perché
non è il prodotto ad essere adatto a tutti i professioni-
sti ma sono i professionisti a scegliere il prodotto più
adatto a loro. La prova che abbiamo fatto è tutt’altro che
convenzionale, ci siamo posti l’obiettivo di realizzare un
video di qualità professionale in 4K, con tanto di color
grading realizzato usando DaVinci Resolve e editing in
Adobe Premiere, tutto in mobilità. Siamo partiti zaino in
spalla per un’escursione in montagna con all’interno il
Macbook Pro completamente carico, il Mavic 2 Pro con
due batterie al 100%, il telecomando e i cavi necessari
per scaricare le foto e i video dal drone e dalle fotoca-
mere. I testi, le foto, i video della prova e il video realizza-
to con il drone sono stati realizzati all’aria aperta, tra una
pausa e l’altra sul nostro percorso.
Mavic 2 Pro: sensore da 1” in un drone quasi tascabileIl Mavic 2 Pro è il modello di punta della coppia di droni
presentati di recente da DJI. Chi ha intenzione di acqui-
starli si sta sicuramente chiedendo se sia meglio sce-
gliere il Pro, quello che stiamo usando noi, o lo Zoom, e
in questi giorni un’idea ce la siamo fatta. Lo zoom è più
affascinante, merito soprattutto di quella coppia di fun-
zioni dedicate che DJI ha preparato per il modello con
ottica 2x, ma in fin dei conti il drone è una foto/videoca-
mera e quello che più interessa è la qualità di ripresa.
Ecco perché al momento il 70% degli ordini è indirizzato
al modello Pro piuttosto che a quello Zoom, alle persone
interessa di più il sensore da 1” e 20 megapixel con lenti
Hassleblad (capace di 14 stop di dinamica) del piccolo
sensore con zoom 2x dell’altro modello. È proprio la
qualità del sensore che abbiamo voluto provare: abbia-
mo registrato 20 minuti di video in formato HEVC 3840
x 2160 a 29.97p. La scelta dell’HEVC è stata necessaria:
solo usando il codec HEVC si riesce a sfruttare il formato
D-Log a 10 bit. Fortunatamente DJI ha rilasciato la LUT
da utilizzare per il grading usando un software di color
correction, e abbiamo scaricato proprio il file ufficiale
per correggere i nostri filmati. Il drone è leggermente
più pesante del Mavic Pro e anche più grande, qualche
centimetro, ma nello zaino con le gambe piegate non dà
affatto fastidio e ingombra quanto una bottiglia da 1 litro
d’acqua. Il gimbal, elemento prezioso, viene protetto da
un piccolo guscio plastico che è un po’ fastidioso da
mettere e togliere, si deve fare attenzione. Le differenze
tra il modello nuovo e il vecchio Mavic Pro riguardano
anche le batterie, che non sono compatibili, il caricabat-
terie e il telecomando che è stato leggermente rivisto.
DJI ha pensato bene di ritagliare delle piccole asole per
ovviare al problema degli smartphone con il notch, e
ogni riferimento all’iPhone è puramente casuale: le che-
le che tengono lo smartphone non coprono i sensori di
luminosità e non causano lo spegnimento dello scher-
mo, cosa che succede invece saltuariamente con il tele-
comando del Mavic Air. Passando al volo e all’autonomia
con le due batterie che ci siamo portati appresso abbia-
mo realizzato prima circa 23 minuti di volo, e successiva-
mente siamo arrivati a 29 senza considerare l’allerta per
il basso livello che interviene al 20% circa. A voler stare
sicuri, con la batteria completamente carica e un po’ di
vento (circa 5 nodi), il Mavic 2 Pro vola per 25 minuti:
rischiando di arrivare con la batteria completamente a
terra probabilmente si toccano i 30, noi abbiamo toccato
i 29 minuti ma il drone era già sopra di noi a pronto ad
atterrare. Il Mavic 2 Pro vola più a lungo del Mavic Pro.
Due note su silenziosità e distanza: il Mavic 2 Pro ci è
parso più silenzioso del Mavic Air e del Mavic Pro, ma
non di tanto, e la distanza massima raggiungibile con un
buon collegamento tra telecomando e drone è di 5 km
circa. La prova sulla distanza l’abbiamo fatta in un altro
contesto, ma possiamo dire che grazie a OcuSync 2 la
distanza di trasmissione è aumentata di 800 metri circa
e il segnale ci è parso più stabile. Ricordiamo sempre
che gli 8 km di distanza con video a 1080p pubblicizzati
da DJI riguardano la modalità FCC, che si attiva auto-
maticamente fuori dall’Europa. In modalità “CE”, funzio-
namento standard in Italia, la portata è ridotta a 5 km.
C’è un trucchetto per usare la modalità FCC anche in
Italia, ma utilizzandolo si sfruttano illegalmente frequen-
ze radio non autorizzate. Funziona decisamente bene
l’APAS, il sistema di rilevamento ostacoli attivo basato sul
machine learning. Le fotocamere e i sensori più grandi
del Mavic 2 Pro permettono di scovare anche ostacoli
insidiosi, tuttavia non ce la siamo sentita di provare a
segue a pagina 43
lab
video
Mavic 2 Pro e Macbook Pro La videoprova
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MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
TEST
DJI Mavic Pro 2 e Macbook Pro 2018segue Da pagina 42
vedere se riusciva a rilevare i cavi dei tralicci elettrici.
Questa modalità è utile se si usa l’active track, ovvero
se si chiede al Mavic di seguire un soggetto, mentre si
deve fare attenzione a quando si usa la modalità Sport,
quella a velocità elevata, perché i sensori laterali ven-
gono disattivati. Qualche nota sulle modalità di ripresa:
abbiamo registrato in D-Log a 10 bit applicando prima
alcune LUT standard e successivamente la LUT prepa-
rata da DJI. La registrazione è decisamente flessibile, e
volendo si può intervenire anche sul field of view (FOV).
Il sensore da 20 megapixel può essere usato in due mo-
dalità, la prima dove l’intero sensore cattura l’immagine
che viene poi down-scalata a 4K e una dove viene usato
solo un crop del sensore, la porzione centrale, con un in-
grandimento pari circa a 2x. Uno zoom digitale a tutti gli
effetti, non sfruttabile però in fase di ripresa: o si sfrutta il
sensore pieno e si ottiene una ripresa equivalente circa
a un 23mm (grandangolo molto ampio), o si usa il campo
ristretto, che è equivalente a un 35 mm. DJI, oltre al gim-
bal, utilizza anche uno stabilizzatore d’immagine sul sen-
sore che lavora in digitale e, da quando abbiamo visto,
svolge il suo compito egregiamente. Tre i punti deboli: il
primo è l’incompatibilità delle batterie con il vecchio mo-
dello, il secondo è l’impossibilità di registrare in 4K a 60p
e per ultimo registrando il D-Log ci è parso di scorgere
una leggera distorsione dovuta alla lente, probabilmen-
te da correggere. I punti di forza sono tantissimi: vola
bene, è veloce, ha autonomia e una quantità di funzioni
infinita. DJI ha corretto praticamente tutti i difetti, anche
minori, che venivano imputati al Mavic Pro: il gimbal, che
arriva addirittura a +30° di inclinazione rispetto alla linea
dell’orizzonte, non viene ostacolato affatto dalle ventole
che non sono mai nel quadro. E soprattutto il sole non
crea alcun effetto strobo. Il prezzo? 1.499 euro non sa-
rebbero tanti se DJI fornisse insieme anche un paio di
batterie e una custodia, invece a questo prezzo oggi il
Mavic 2 Pro viene venduto nella versione base.
MacBook Pro 2018: è il software a fare la differenzaIl Macbook utilizzato per la nostra prova è la versione
più potente che si può acquistare sul sito Apple: proces-
sore da 2,9 GHz Intel Core i9, 4 TB di SSD interno, 32
GB di RAM e Radeon Pro 560X 4096 MB come scheda
video discreta affiancata alla scheda integrata. Come
abbiamo già scritto anche per il MacBook Pro, come per
ogni computer, non è possibile dare un giudizio defini-
tivo perché molto dipende da come lo si usa e da che
software si utilizzano abitualmente. Oggi abbiamo usato
soprattutto Adobe Premiere con Lumetri come plugin
per la correzione del colore e per l’editing oltre a Da Vin-
ci Resolve per la color correction, software che tuttavia
conosciamo meno bene dell’applicativo Adobe. Usando
entrambi ci siamo resi conto di come il software della
Blackmagic sia decisamente più ottimizzato della suite
Adobe: nel primo caso non solo il consumo di batteria è
sensibilmente ridotto, ma anche il carico sul processore
è inferiore a parità di lavorazione. Premiere, ma anche
Photoshop che abbiamo utilizzato per sviluppare i file
RAW della prova scattati con la Sony a6000, non solo
spinge le ventole del Macbook Pro al massimo regime
in fase di encoding, ma tende anche a prosciugare la
batteria molto rapidamente. Giusto per dare un’idea, 30
minuti di lavoro con Resolve corrispondono a poco più
di 10 minuti di lavoro con Premiere: scegliere il software
giusto, per lavorare in mobilità, fa la differenza. Nono-
stante il processore i9 e i 32 GB di RAM, in Premiere ab-
biamo anche avuto problemi a esportare la clip in HEVC
e la visione in tempo reale della time line, con qualche
transizione e la color correction, è tutt’altro che fluida.
Spostandoci al Mac vero e proprio possiamo dire che
il trackpad ampio del Macbook è comodissimo, e la ta-
stiera ha finalmente un giusto feedback soft che rende
la digitazione più confortevole. Non abbiamo avuto pro-
blemi di disturbo lavorando all’aperto, ma crediamo che
gli sviluppatori, lavorando spesso in open space, possa-
no apprezzare la silenziosità della nuova tastiera. Buono
l’audio, decisamente corposo, e efficace il TrueTone del
display: pensavamo che la variazione della temperatura
colore dello schermo potesse creare qualche problema
durante il ritocco della foto o la color correction, invece
l’intervento è leggero, quasi impercettibile, ma prezioso.
Lo schermo invece, luminosissimo in condizioni di luce
standard, soffre un po’ la luce del sole: l’interfaccia è vi-
sibile, si riesce a lavorare bene, ma il filtro antiriflesso
fa emergere ditate, polvere e anche la sagoma dei tasti
che inevitabilmente a laptop chiuso toccano lo schermo.
Per evitarlo si deve tenere costantemente lo schermo
pulito, magari frapponendo un panno tra schermo e ta-
stiera, ma per chi lavora soprattutto in ambienti esterni
non è facile. Continua a non convincerci la Touch Bar:
con Resolve è stato fatto anche un lavoro più che eccel-
so, inserendo sulla barra interattiva quasi tutti i comandi
utili andando così a creare una sorta di mini-console per
il color grading, ma alla fine le shortcut sono più comode
e intuitive, soprattutto per un professionista. La Touch
Bar inoltre in condizioni di luce difficile non è sempre
visibile. Spesso ci siamo trovati a criticare l’assenza di
porte USB classiche, ma il Mavic 2 Pro ha una porta USB
Type C e solo usandolo si capisce quanto è importante
spingere perché si abbandoni al più presto il vecchio
USB: basta il cavo del caricabatterie per collegare tra di
loro le periferiche, senza neppure preoccuparsi del lato
di inserimento. Le porte USB dovrebbero essere velo-
ci, ma le memorie interne del Mavic 2 non sono tra le
migliori in termini di velocità, quindi per scaricare 6 GB
di filmati RAW servono circa 3 minuti. Non è colpa del
Macbook, qui era DJI a dover far meglio. Bella e como-
da la custodia in pelle, se non fosse per la cucitura che
copre la porta USB: bastava un centimetro in meno per
riuscire a mettere via il Macbook con l’USB Type C attac-
cata, cosa che facilitava sia la ricarica sia l’eventuale rica-
rica di un iPhone collegato. Un dettaglio questo che non
è da Apple. Nel complesso ci hanno colpito la batteria, la
qualità dello schermo e la potenza. La batteria se usata
con i software giusti garantisce una buona dose di ore
anche con lavorazioni professionali, se si scelgono suite
poco ottimizzate invece dopo meno di 2 ore e 30 minuti
lascia a secco. Final Cut al posto di Premiere ci avrebbe
garantito il doppio delle ore di lavoro, e la stessa diffe-
renza tra Premiere e Resolve fa capire quanto l’ottimiz-
zazione è fondamentale. La qualità dello schermo, se
parliamo di fedeltà, è eccellente, e anche la luminosità:
non è quella di uno smartphone ma per essere un 15” si
difende bene. Va tenuto costantemente pulito, perché lo
strato antiriflesso è implacabile nel mettere in evidenza
i difetti. La potenza c’è, anche se probabilmente la ver-
sione Core i9 è eccessiva: saremmo curiosi di vedere
le differenze con il Core i7 con le stesse clip lavorate
oggi, crediamo non sia tale da giustificare il maggior
esborso economico. Tra le cose da rivedere il sistema
di dissipazione: non si possono sempre usare software
Apple e software ottimizzati, e appena si usa qualcosa
che sforza un po’ il Macbook diventa rovente, soprat-
tutto nella parte posteriore. Appoggiato sopra le gambe
non diciamo che scotta ma la sensazione è quella, tante
volte abbiamo dovuto frapporre la cover. Cover che, per
quello che costa, ha un difetto non da poco: non si può
caricare il Macbook una volta inserito, tutto per colpa di
una cucitura più lunga di 1 cm. Dettaglio fastidioso.
lab
video
DJI Mavic 2 ProIl filmato del Mavic 2 Pro
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MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
segue a pagina 45
TEST Abbiamo avuto l’opportunità di fare un po’ di scatti a Taormina con il nuovo 24mm F/1.4 di Sony durante il lancio europeo
La prova della nuovo Sony 24mm F/1.4 GM Il grandangolo che strizza l’occhio a ritratti e video Sony ha presentato un supergrandangolo per le proprie mirrorless full frame, che estende i propri ambiti di utilizzo Con una missione ben chiara in mente: garantire la massima nitidezza su tutto il quadro. Ecco la nostra prova
di Gianfranco GIARDINA
O ramai quello delle mirrorless full frame è il seg-
mento del mercato foto più al centro delle no-
tizie delle ultime settimane, con gli annunci di
Nikon e Canon e altri in arrivo a Photokina di Colonia
tra qualche giorno. Sony che questo segmento lo ha
inventato, detiene oramai la leadership in maniera ab-
bastanza stabile e ha superato addirittura la quota del
50% a livello continentale con le sue macchine “forti”,
come la A7 e la A7R mark III. A questo punto la mossa
di Sony, seppur tattica, è quella di calcare la mano là
dove gli avversari sono meno credibili: le ottiche. Sony
negli anni ha allestito un parco ottiche per il proprio
attacco E sicuramente importante, con circa 30 model-
li di cui 7 della prestigiosa serie G Master (identificata
dalla sigla GM); non certo lo stesso possono dire Nikon
e Canon che sono sbarcate in questo segmento da po-
che settimane e per i loro nuovi attacchi hanno solo
tre obiettivi nativi, problema certamente mitigato dalla
disponibilità di adattatori per le ottiche reflex, ma non
del tutto risolto. Per questo Sony ha scelto di lanciare
una nuova ottica prime della serie G Master, l’ottava: si
tratta di un 24mm dall’apertura eccellente di F/1.4, lumi-
nosissima quindi e adatta a scatti a tempi molto ridotti
anche in condizione di scarsa illuminazione. Un’ottica
da panorama, ovviamente; ma anche da interni, soprat-
tutto laddove ci sia la presenza di persone e il rischio
del mosso dei soggetti sia alto. Ma - come scopriremo
nel nostro test - si tratta anche di un’ottica inaspettata-
mente adatta per i ritratti e, grazie ad alcune accortez-
ze progettuali, anche alla ripresa video.
Grandissimo dettaglio, anche agli angoliUna fotocamera full frame offre alla luce una superficie
sensibile enorme e quindi è adatta a catturare ottima-
mente scene anche non completamente illuminate; ma
d’altro canto, richiede ottiche molto valide perché non
ci siano, nei punti più lontani dal centro, aberrazioni,
vignettature e perdite di dettaglio. Questa ottica 24mm
parte con le premesse migliori: l’appartenenza alla clas-
se G Master garantisce per l’utilizzo delle migliori tec-
nologie di coating e finiture superficiali delle lenti più
accurate possibili; anche il fatto di non essere un’ottica
zoom ma di avere focale fissa aiuta in tal senso. Non
a caso per Sony la risoluzione catturabille con questa
lente è la prima caratteristica da sottolineare, un fatto-
re chiave soprattutto se si scatta con i 42 megapixel
della A7R. Ma non solo risoluzione: la grande apertura
massima del diaframma (F/1.4) offre un effetto bokeh
(la “pasta” del piano fuori fuoco) ben gestito, malgrado
la corta focale non favorisca la sfocatura degli sfondi;
la qualità del bokeh è poi ulteriormente migliorata da
un diaframma a 11 lamelle contro i 7 di quelli conven-
zionali. Inoltre - promette Sony - la nitidezza del piano
a fuoco è eccellente anche alle grandi aperture, il che
consente da un lato di giocare con un fuoco e selettivo
dall’altro di non accettare compromessi sull’incisione
del soggetto. A proposito di messa a fuoco, su questo
24mm è stata implementato un nuovo motore Direct
Drive che guadagna in velocità (3x), in accuratezza e -
cosa importantissima per il video - anche in silenziosità.
Il fuoco minimo dichiarato nella presentazione è di 24
cm, ma dobbiamo dire di essere riusciti agevolmente a
mettere a fuoco anche a distanza più ridotte; si tratta
quindi di un dato che merita qualche altro approfon-
dimento.
Più nitido, leggero e compatto della concorrenzaSony, durante la presentazione, ha mostrato una chart
comparativa di confronto tra i diagrammi MTF del 24mm
Sony e di quelli, pari apertura, di Canon, Nikon e Sigma.
L’analisi dei diagrammi mostra una nitidezza nel centro
del fotogramma decisamente migliore nell’ottica Sony;
ma soprattutto un moderatissimo degrado agli angoli,
cosa che invece, secondo i diagrammi, accade in ma-
niera abbastanza marcata con gli altri modelli. Malgra-
do ciò, l’ottica Sony batte ampiamente Canon, Nikon e
Sigma in termini di pesi e dimensioni: il nuovo 24mm
F/1.4 è un obiettivo compatto e leggero, visto che, con
i suoi 445g, è di circa due etti sotto il peso della con-
correnza; in termini dimensionali, ha un diametro di
75mm contro gli 83-85 degli altri contendenti. Insom-
ma un progetto eccellente che, finalmente, mette la
qualità della classe G Master anche su ottiche di peso
e dimensioni contenute. Questa è una delle caratteri-
stiche che più ci piacciono di questa ottica: mettere in
condizione il fotoamatore di girare con un kit compatto
e leggero senza per questo dover arretrare sul fronte
della qualità. Ma il peso contenuto è anche un buon
viatico per l’utilizzo video, soprattutto per chi monta la
macchina su stabilizzatore. La focale corta, con poche
distorsioni, aiuta ovviamente il video marker; come an-
che la ghiera fisica dei diaframmi che può anche scor-
rere fluida, evitando gli stop, condizione necessaria per
una correzione dell’esposizione operata direttamente
sulla camera durante una ripresa video. Grazie a un
selettore posto sul fianco dell’ottica, si può far sì che la
ghiera dei diaframmi si muova invece a scatti di un 1/3
di stop, modalità preferita probabilmente dai fotoama-
tori. La disponibilità della nuova ottica 24mm di Sony è
attesa per la fine di ottobre; il prezzo consigliato non è
per tutti: 1.600 euro.
lab
video
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MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
TEST
Grandangolo Sony G Mastersegue Da pagina 44
La prova: ottica piccola, leggera e versatile. E soprattutto cristallinaAbbiamo avuto una mezza giornata nei dintorni di Taor-
mina (dove si è tenuto il lancio europeo) per provare
l’ottica e fare un po’ di scatti. La macchina utilizzata è
una A7R mark III, capace quindi con la sua risoluzione
super, di mettere alle corde l’ottica. Nel nostro kit ave-
vamo anche un’altra ottica G Master, uno zoom 24-70
F/2.8, con la quale fare anche qualche confronto.
Qui di seguito pubblichiamo alcuni scatti della giornata
con i dati di scatto e le nostre considerazioni. Lo scatto
è avvenuto in RAW, sui quali è stato fatto uno sviluppo
neutro con Adobe Lightroom. Il meteo non ci ha aiutato
ad avere una situazione in cui esaltare il dettaglio, con
una certa foschia persistente. Ma è stato interessante
provare a scattare sia con il nuovo 24mm che con lo
zoom 24-70, entrambi G Master, alcuni panorami da cui
estrapolare dei particolari per valutarne il dettaglio.
A seguire qualche scatto effettuato con l’ottica 24mm.
I ritagli a confronto rivelano un microcontrasto leggermente migliore sull’ottica a focale fissa, come era lecito attendersi, con una capacità di entrambe le ottiche di risolvere correttamente tutti i 42 megapixel della macchina. Il dettaglio resta ottimo anche ai lati, con un piccolo vantaggio a favore del 24mm nella gestione della grande luminosità ambientale (il cielo molto chiaro) che attenua meno i contrasti.
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Lung. focale: 24.0 mm -Tempo di posa: 1/125 - Apertura: 10 ISO: 100 - Bilanciamento del bianco: Auto
Lung. focale: 24.0 mm -Tempo di posa: 1/160 - Apertura: 10 ISO: 100 - Bilanciamento del bianco: Auto
Lung. focale: 24.0 mm -Tempo di posa: 1/2500 - Apertura: 1.4 ISO: 100 - Bilanciamento del bianco: Auto
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MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
TEST
Grandangolo Sony G Mastersegue Da pagina 45
L’obiettivo Sony, inaspettatamente, diventa anche un divertente strumento da ritratti; ovviamente non da primissimo piano, ma molto interessanti per scatti che offrano, oltre al soggetto, anche elementi e “sapori” dello sfondo, pur sfuocato.
Le nostre conclusioni: il 24mm reinventato. Il grandangolo diventa il nuovo normaleNon è un’eresia dire che un fotoamatore potreb-
be uscire per una “battuta di caccia” fotografica
con il solo 24mm F/1.4, come se si trattasse di
un nuovo 50mm. Ovviamente, per comporre al-
cune immagini è necessario avvicinarsi molto al
soggetto, ma l’assenza di aberrazioni, l’ottima ni-
tidezza e soprattutto le trascurabili deformazio-
ni, unite alla capacità di creare un bokeh molto
buono, rendono quest’obiettivo indicato anche
per i ritratti a mezzo busto o a figura intera. Se
si cerca una profondità di campo più elevata,
come è indicato nei panorami con un primo
piano ben presente, basta chiudere il diafram-
ma e si porta a casa il risultato; ma l’apertura 1.4
consente negli ambienti scuri di contenere gli ISO e con
questi anche il rumore dell’immagine. Se poi si scatta
con la stessa macchina utilizzata da noi, la A7R da oltre
42 megapixel, la possibilità di fare dei crop pur rima-
nendo con buona risoluzione e ottimo dettaglio, risolve
quasi completamente il limite della focale cortissima su
determinate composizioni e quando non ci si può avvi-
cinare più di tanto al soggetto. Vista la compattezza e
la versatilità, questa ottica rischia, in un corredo di buon
livello, di risultare la lente più utilizzata, dato che alla fine,
funziona bene sia per i panorami che per molti ritratti e
La profondità di campo è comunque ben modulabile: in questi due scatti (del tutto non interessanti dal punto di vista artistico) l’esempio di come l’autore può decidere il da farsi. Resta quindi libera la possibi-lità di tenere il primissimo piano e lo sfondo anche entrambi a fuoco, cosa praticamente impossibile con focali lunghe, anche alle massime chiusure.
La grande velocità di scatto aiuta molto in condizioni difficili, come in barca, dove il mosso è dietro l’an-golo: in questo ritratto fatto durante una navigazione, abbiamo scattato senza fatica a mano libera con un grado di incisione sui punti a fuoco decisamente interessanti.
Ovviamente con i panorami questo 24mm si sente a casa propria: difficile sbagliare, anche perché i soggetti non vicini finiscono per essere tutti ben a fuoco anche con l’apertura ampia.
Le foto in interni, poi, sono proprio il lavoro di quest’ottica. In una chiesa davvero molto buia, abbiamo catturato a mano libera alcuni dettagli la cui resa ci è parsa eccellente.
Il nuovo 24mm F/1.4, ovviamente, è destinato a dare grandi soddisfazioni nella fotografia nottur-na. Gli scorci che abbiamo catturato a mano libera sono nitidi e caldi.
per la street photography. La sua luminosità, poi, rende
questo 24mm il compagno ideale anche per la fotogra-
fia di interni o notturna. Insomma, Sony ha reinventato
il 24mm, che sveste i panni del supergrandangolare
deformante e impara a leggere la realtà in maniera più
analitica e imparziale. Uno sguardo sulla realtà che pesa
sulle tasche del (povero) fotoamatore per 1.600 euro: un
prezzo per una focale fissa che può prendere in consi-
derazione solo chi è disposto a investire nel proprio cor-
redo dai 5.000 euro in su. Gli altri possono comunque
desiderarlo: almeno quello è gratis.
Lung. focale: 24.0 mm - Tempo di posa: 1/1250 - Apertura: 1.4 ISO: 100 - Bilanciamento del bianco: Auto
Lung. focale: 24.0 mm -Tempo di posa: 1/30 - Apertura: 16 ISO: 400 - Bilanciamento del bianco: Auto
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MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
TEST Abbiamo trascorso una settimana con Mi Band 3 dopo un anno di Fitbit Charge 2: due prodotti diversi, ma adatti al loro target
Xiaomi Mi Band 3, vale più di quello che costa Mi Band 3 ha un look economico e non gli si può chiedere troppo ma è un buon prodotto, adatto ad uno sportivo casual
di E. VILLA, V. R. BARASSI
Che non si possano mettere sullo stesso piano
due fitness tracker di cui uno costa il triplo del-
l’altro è ovvio. Però se hai indossato per un anno
Charge 2 di Fitbit (tra l’altro ora superato dalla versione
3) e poi passi a Mi Band 3, è chiaro che qualche para-
gone lo fai. E, a prescindere da considerazioni sogget-
tive, il responso si riassume in due righe: Mi Band 3 non
sarà così bello, robusto, col cinturino curato o smart,
ma vale anche più di quanto costa. Quindi è un buon
prodotto: ecco, magari non è bellissimo da vedere e ha
un look evidentemente economico, ma per 29,90 euro
di listino quello che fa è piacevole.
Mi Band 3 è un piccolo tracker ovale che si inserisce
nell’apposito cinturino morbido in gomma disponibile
in più colori: dire che non ci si rende conto di averlo
addosso è riduttivo. E’ piccolo, leggero, ci si dimentica
di lui: ci si fa la doccia, lo si porta al mare, in piscina
senza problemi (qui vince su Charge 2), ci dà l’idea di
essere molto resistente agli urti anche se qui - since-
ramente - non l’abbiamo messo alla prova scaraven-
tandolo da un’auto in corsa.
Sul look si può fare di meglioA differenza di Charge 2, che occupa la fascia alta di
mercato, Mi Band 3 appartiene alla linea economica,
e si vede: costa poco e fa tanto. Ma se lo dovessimo
giudicare solo dal look, non lo possiamo considera-
re il più bello del lotto: è piccolo, ovale, con cinturino
sottile in gomma, fine. Probabilmente sarebbe stato
possibile renderlo un po’ più trendy e attraente con
piccole ed economiche modifiche estetiche: un moti-
vo sul cinturino, uno spessore un po’ maggiore e via
dicendo. Più che altro è il cinturino ad essere decisa-
mente “basic”: tra 6 mesi vedremo se ha resistito o se
saremo già al terzo ricambio. Anche perché Mi Band 3
è per lo sportivo occasionale, per l’utente “casual”: chi
fa sport con costanza e intenti agonistici usa un’ap-
parecchiatura diversa; Mi Band 3 è per chi lo vuole
portare sempre con sé e ogni tanto valuta i passi, la
qualità del sonno, i battiti del cuore e lo attiva di fron-
te a una routine un po’ più impegnativa per tenerne
traccia. Insomma, avrebbe potuto essere più bello,
pur tenendo in considerazione il costo.
Sulla facilità d’uso, invece, niente da dire: basta un tap
sul display e poi alcuni swipe a sinistra o destra per
imparare a usarlo in un attimo. Il pulsante (o meglio,
Xiaomi Mi Band 3PRIMA IDEA INTERESSANTE PER NATALE? 29,99 €are un giudizio su un dispositivo da 29 euro non è mai facile e, per forza di cose, il fatto che costi così poco è un primo grande punto a favore. Se poi fa - bene o male - anche tutto quello che promette la questione diventa ancor più interessante poiché di veri punti deboli questa Mi Band 3 non ne ha: non sarà perfetta nel contare i passi, ma sotto tanti aspetti non delude le attese. Registra bene il sonno così come la frequenza cardiaca, permette di visualizzare le notifiche in maniera decente e la batteria dura un’infinità; è impermeabile, è compatibile con Android e iOS e il fatto che alle spalle ci sia una grandissima community è solo un bene. Certo, non è uno smartwatch ma non vuole neppure esserlo. Fa praticamente tutto quello che fanno le smartband che costano il doppio o anche il triplo; acquistandola non ve ne pentirete.
Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo
8 7 6 9 8 98.0COSA CI PIACE COSA NON CI PIACERaporto qualità/prezzoSemplicità d’usoCompletezza di funzioni
Design migliorabileCinturino troppo leggeroScarsa visibilità display alla luce del sole
lab
video
l’avvallamento) nella parte bassa del display è sen-
sibile e viene impiegato per attivare il display come
fosse un tasto fisico: formalmente Mi Band 3 non ha
nessun pulsante né sopra né ai lati, a differenza dei
Charge di Fitbit. Il libretto d’istruzioni in decine di lin-
gue serve davvero a poco. Qui lo si indossa, si scarica
l’app, si fa il pairing bluetooth e il gioco è fatto.
Mi Band 3 nella routine quotidiana Tutto bene, meno le notificheConsiderato il fatto che l’autonomia è di circa 20 gior-
ni (ottimo in relazione al Charge 2, che però effettua il
monitoraggio costante delle pulsazioni), Band 3 va te-
nuto sempre al polso; non siamo infatti di fronte a un
prodotto che si usa solo quando ci si allena. Il display
non è di tipo “always on” per cui per leggere l’ora o
attivare una funzionalità è necessario il movimento o
la pressione.
Dal canto suo, il piccolo display OLED monocromatico
svolge bene il suo compito: data la finalità, non c’è
bisogno di ampia capienza o tratti raffinati per mostra-
re il numero dei battiti del cuore, l’ora o i gradi della
segue a pagina 48
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MAGAZINEn.184 / 1824 SETTEMBRE 2018
TEST
Xiaomi Mi Band 3segue Da pagina 47
temperatura esterna. Piacevole la completezza di fun-
zioni: a parte la solita conta dei passi e lo studio (au-
tomatico) delle fasi di sonno, si può attivare il cardio
frequenzimetro manualmente, osservare il meteo del
luogo in cui ci si trova, avviare un allenamento per-
sonalizzato e via dicendo. In più ci sono le notifiche,
unica cosa per la quale abbiamo impressioni contra-
stanti: ottima la vibrazione che ci avvisa di telefonate
in arrivo ed eventuali messaggi, ma è davvero arduo
leggerne in contenuto su uno schermo così piccolo.
Diciamo che, in linea di massima, la notifica è utile per
raggiungere lo smartphone in tempi brevi e leggere
il messaggio.
Sull’autonomia non si esprimiamo in modo definitivo
ma di sicuro non rappresenterà mai un problema: cari-
carlo completamente da zero (in dotazione è presen-
te il cavo con la basetta di collegamento ma non la
spina, per cui lo si può per esempio collegare a una
USB del PC) impiega circa 90 minuti, per scaricarlo
invece si parla di settimane, anche se dipende molto
dall’uso che se ne fa. C’è infatti molta differenza tra
un semplice monitoraggio di passi e fasi di sonno e
l’uso costante della funzione cardio in allenamento. In
ogni caso, dopo una settimana è ancora qui in attività
e dopo un giorno ha consumato circa il 6%, il che lo
allinea con i dati dichiarati dal produttore.
Mi Fit: un’app pratica e semplice da usareGiudizio positivo sull’app Mi Fit, semplicissima da usa-
re e completa di tutto il necessario: certo, mancano
guide al fitness o il diario dell’alimentazione con tanto
di calorie dedotte automaticamente, ma quello che
serve c’è ed è spiegato bene.
L’app registra il tipo di attività in automatico (cammi-
nata lieve, veloce, attività leggera), registra i passi con
buona affidabilità e li traduce in distanze percorse, ca-
lorie bruciate ecc. Qualora però ci si imbarchi in una
vera sessione di allenamento, allora bisogna selezio-
nare l’attività a mano: questo fa partire la registrazio-
ne e anche la memorizzazione dell’attività cardiaca,
che invece in condizioni normali viene rilevata solo a
richiesta. Nel caso di attività all’aperto (come un per-
corso in bici) viene registrato anche il percorso sulla
mappa facendo affidamento sul GPS dello smartpho-
ne collegato: Mi Band 3 non ha nè GPS nè Wi-Fi. Ma è
normale per 29,90 euro di listino.
di Franco AQUINI
Con iOS 12 è possibile utilizzare app
di navigazione di terze parti, ora
è possibile utilizzare Google Maps
al posto delle mappe di Apple. Una no-
vità importante perché lascia la libertà
all’utente di poter scegliere quale navi-
gatore utilizzare e perché le mappe di
Google Maps obbiettivamente sono un
passo avanti.
Come aggiungere Google Maps a CarPlayCarPlay è incluso in iOS e riceve quindi
degli aggiornamenti legati a quelli del si-
stema operativo di iPhone: più che un app
è una sorta di ambiente virtuale creato
quando si connette lo smartphone al si-
stema dell’auto, sul quale viene riproposta
una interfaccia semplificata e car friendly.
Le app non sostituibili, almeno fino ad ora,
erano quelle considerate “di sistema”, tra
cui Apple
Mappe. iOS
12 permette
di scavalcare
questo osta-
colo apren-
do la porta
all’arrivo di
altre app di
MOBILE Con l’ultimo aggiornamento dell’app, è possibile utilizzare Google Maps sul sistema Apple. Lo abbiamo provato
Google Maps è arrivato su CarPlay, ecco come funzionaLe opzioni di Google Maps su CarPlay sono state ridotte all’indispensabile per garantire una maggior sicurezza in auto
navigazione su CarPlay. Con iOS 12 arriva
così l’aggiornamento di Google Maps che
include il supporto a CarPlay. L’app ovvia-
mente non sostituisce Apple Maps, ma si
affianca nella schermata Home.
Con la ricerca vocale di Google cambia tuttoL’esperienza di Google Maps su CarPlay,
a differenza dell’app vera e propria, è
molto più “asciutta”. La sicurezza in auto
viene prima di ogni cosa, per questo le
opzioni sono state ridotte all’osso. Sulla
schermata è presente soltanto l’icona
delle impostazioni e quella del micro-
fono. Oltre, ovviamente, al tasto per se-
lezionare la destinazione. Con la prima,
l’icona delle impostazioni, si hanno a di-
sposizione soltanto le opzioni relative al
percorso (evita autostrade, nord in alto,
ecc.), mentre con il microfono si potrà
cercare un indirizzo o un’attività vocal-
mente. Su quest’ultima funzionalità c’è
da dire una cosa: la prima è che la ri-
cerca vocale è interna a Google Maps
e non utilizza Siri. “Scontato”, dirà qual-
cuno, ma la ricerca dei luoghi è proprio
uno dei punti deboli delle mappe di Ap-
ple. Non avendo a disposizione l’enor-
me database di attività di Google (e tan-
tomeno un motore di ricerca altrettanto
efficiente) è chiaro che poter utilizzare
la ricerca nelle mappe di Google è assai
più semplice e veloce.
È l’app di navigazione perfetta? Quasi...Google Maps è un grosso passo in avan-
ti per la navigazione in auto e gli utenti
Android lo sanno bene. È dunque l’app
perfetta? Qualcuno direbbe di no, anche
perché all’appello manca un’altra app
(sempre legata a Google) molto amata
dagli utenti: Waze. L’arrivo è imminente,
anche questa app era stata infatti annun-
ciata durante il Keynote WWDC 2018,
tanto che qualcuno si è già spinto nel-
l’installazione tramite sistemi alternativi.
Waze, tra l’altro, è già presente in diver-
se auto tramite i sistemi di infotainment
proprietari come il Sync 3 di Ford. Facile
quindi che a giorni ci sarà la possibilità di
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MAGAZINEn.17 / 1824 SETTEMBRE 2018
AUTO IBRIDA Durante l’investor day il successore di Marchionne traccia il futuro della Ferrari
Camilleri: “Nel 2022 il 60% di Ferrari ibride” Per Ferrari all’orizzonte tanti nuovi motori ibridi e un modello SUV: si chiamerà “Purosangue”
di Massimiliano ZOCCHI
C’era curiosità per una delle prime
uscite pubbliche del nuovo AD
di Ferrari, Louis Camilleri, eletto
dopo la scomparsa di Sergio Marchion-
ne. L’occasione è arrivata durante l’inve-
stor day Ferrari in cui Camilleri è interve-
nuto per descrivere il piano industriale
2018-2022.Colpisce la dichiarazione di
Camilleri riguardo i motori: entro la fine
del piano, ovvero il 2022, la previsione
è che circa il 60% delle Ferrari saranno
spinte da motori ibridi, segno che anche
il Cavallino per sottostare alle nuove nor-
mative e aumentare le prestazioni non
può più prescindere dalla parte elettrifi-
cata del powertrain. E una delle vetture
con i nuovi motori potrebbe essere pro-
prio il tanto rumoreggiato SUV del Caval-
lino, che Camilleri ha svelato si chiamerà
Purosangue, ma che come lui stesso ha
chiarito non sarà un vero Sport Utility ma
quasi una nuova categoria, per non sna-
turare troppo l’anima Ferrari. Oltre all’ibri-
dazione massiccia dei motori arriverà an-
che un nuovo propulsore a 6 cilindri che
verrà affiancato ai classi 8 e 12 cilindri.
AUTO ELETTRICA La Taycan, la prima elettrica di Porsche, sfrutterà un innovativo sistema di carica
Porsche Electric Pit Stop, la ricarica più veloce La Porsche Taycan sarà la prima vettura con ricarica a 800 volt invece dei soliti 400 volt
di M. Z.
Come tutti i brand del gruppo
Volkswagen, anche Porsche sta
sviluppando la sua strategia per
elettrificare la flotta. La Taycan sarà la
prima espressione di questa strategia
e rappresenterà una novità importan-
te in tutto il panorama poiché sarà la
prima vettura ad avere un circuito di ri-
carica a 800 Volt al posto dei canonici
400 Volt
La casa ci offre un primo sguardo e una
prima spiegazione di come intende
creare questa speciale rete di ricarica,
in grado praticamente
di dimezzare i tempi
di attesa necessari. Il
sistema è modulare
ed è formato da un
primo componente
denominato FlexBox,
un trasformatore con
un picco di 36 kilovol-
ts, al quale è collega-
to il PowerBox, che
converte la corrente
alternata in corrente
continua. Si continua poi con il Coo-
lingBox, che fornisce raffreddamento
liquido per le colonnine e l’elettronica
di potenza, e ovviamente la colonnina
stessa.
Nonostante questi componenti, come
si vede nell’immagine in apertura siano
decisamente voluminosi, sono proget-
tati per essere posti fino a 200 metri di
distanza l’uno dall’altro, e ulteriori 100
metri prima di giungere alla colonnina.
In questo modo agli occhi del cliente
finale le stazioni di ricarica appariran-
no eleganti e minimali, nonostante ci
sia invece una massiccia presenza di
componentistica, ma opportunamente
nascosta alla vista.
Porsche ha anche svelato i suoi piani
per le location senza i necessari requi-
siti di potenza elettrica disponibile che
si chiamarà ChargeBox. Nel sistema
sarà incorporata una batteria di accu-
mulo tra 70 e 140 kWh, così da imma-
gazzinare parecchia energia nei tempi
morti, e poi erogarla durante la ricarica
con potenze fino a 320 kW.
Aston Martin Rapid E Doppio motore e accelerazione brucianteAston Martin conferma ulteriori dettagli tecnici della nuova Rapid-E Si parla di doppio motore e di una batteria da 65 kWh di Alessandro CUCCA
Rapid-E, la prima auto 100% elet-trica di Aston Martin la vedremo sul mercato nel 2019, e mentre vanno avanti i preparativi per la realizzazione della nuova fabbri-ca a St. Atham, in Galles, ecco che iniziano ad arrivare ulteriori dettagli su questo sogno a zero emissioni.Si parla, ad esempio, di una bat-teria da 65 kWh che sarà realiz-zata utilizzando un’architettura a 800 Volt e ben 5600 celle cilindri-che modello 18650. Questa batte-ria potrà essere caricata a 100 kW e oltre, garantendo alla Rapid-E un’autonomia di oltre 320 km se-condo il ciclo WLTP.
Aston Martin ci ha mostrato anche uno schema del sistema propulso-re che adotta due motori, per una velocità massima di circa 250 km/h e la capacità di schizzare da 0 a 100 in poco meno di 4 secondi.Numeri di tutto rispetto per un’au-to sportiva degna di James Bond che verrà prodotta inizialmente in edizione limitata di 155 unità con la prima consegna prevista per l’ultimo trimestre del 2019.Il prezzo? Top secret.
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400 CV per raggiungere i 100 km/h in 4,8 secondi. Zero emissioni. Elettrica, ma Jaguar al 100%.
jaguar.it
WLTP Consumi fino a 21,2 kWh/100km. WLTP Autonomia fino a 470 km. *I dati relativi all’autonomia sono calcolati su modelli di serie su un percorso standardizzato. L’autonomia massima può variare a seconda delle condizioni del veicolo, della batteria e della strada, e può essere influenzata dalle variabili ambientali e dallo stile di guida. **Usando colonnine di ricarica rapida da 100kW. I tempi di carica effettivi possono variare a seconda delle condizioni ambientali e delle caratteristiche dell’infrastruttura di carica.
SHHH. È ARRIVATALA PRIMA JAGUARCOMPLETAMENTEELETTRICA.
JAGUAR I-PACE 100% ELETTRICA
Autonomia di 470 km*. Ricarica fino all’80% in 40 minuti**. Design rivoluzionario e aerodinamico. Trazione integrale AWD.
400 CV per raggiungere i 100 km/h in 4,8 secondi. Zero emissioni. Elettrica, ma Jaguar al 100%.
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WLTP Consumi fino a 21,2 kWh/100km. WLTP Autonomia fino a 470 km. *I dati relativi all’autonomia sono calcolati su modelli di serie su un percorso standardizzato. L’autonomia massima può variare a seconda delle condizioni del veicolo, della batteria e della strada, e può essere influenzata dalle variabili ambientali e dallo stile di guida. **Usando colonnine di ricarica rapida da 100kW. I tempi di carica effettivi possono variare a seconda delle condizioni ambientali e delle caratteristiche dell’infrastruttura di carica.
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MAGAZINEn.17 / 1824 SETTEMBRE 2018
AUTO ELETTRICA Dal 2020 sarà Samsung a fornire batterie per le auto elettriche di Jaguar
Jaguar-Samsung, accordo per 5 GWh di batterie Con l’accordo tra Jaguar e Samsung stimate oltre 55.000 I-Pace prodotte in dodici mesi
di Massimiliano DI MARCO
Jaguar e Samsung hanno raggiun-
to un accordo di notevole impor-
tanza: una fornitura annuale di
batterie, prodotte da Samsung SDI, per
un totale di 5 GWh. Considerato che
la I-Pace di Jaguar integra una batte-
ria da 90 kWh, significa non meno di
55.000 auto elettriche in un anno, un
bel passo avanti nel volume della pro-
duzione rispetto a oggi.
L’accordo, per il momento, non è anco-
ra ufficiale. La notizia è stata riportata
da Korea Times, che aggiunge che
Samsung ha battuto la concorrenza di
altri produttori, tra cui anche LG Chem
e Panasonic, per un contratto con Ja-
guar e che l’accordo entrerà in vigore
dal 2020. La fornitura, inoltra, riguarda
anche il prossimo veicolo elettrico di
Jaguar.
C’è di più: le batterie fornite da Sam-
sung SDI avranno una forma cilindrica
“21700”. Questo tipo di batterie è at-
tualmente usato soltanto da Tesla e da
qualche startup, laddove i produttori
più tradizionali preferiscono le batterie
a forma piatta. Sono batterie da 21 mm
di diametro e 70 mm di altezza, con
una capacità del 50% superiore alla
tecnologia delle batterie 18650.
AUTO ELETTRICA Hyundai e BMW, insieme ad altri, hanno investito oltre 20 milioni di dollari sullo sviluppo della nuova batteria
Hyundai e BMW investono sulla batteria allo stato solido La batteria allo stato solido può generare una potenza tre volte superiore alle batterie in litio e ha un costo inferiore
di MARCO MIKHAIL
U na batteria allo stato solido in
grado di generare una potenza
tre volte superiore alle batterie
in litio. Ad annunciare la nuova tecno-
logia, considerata più performante e si-
cura di quelle attualmente presenti sul
mercato, è Solid Power, la start up nata
dal programma di ricerca sullo svilup-
po dei pacchi batterie dell’Università
del Colorado. Il progetto ha ricevuto
attestati di stima da Samsung, A123 Sy-
stems ed altre compagnie che hanno
deciso di investire oltre 20 milioni di
dollari per lo sviluppo della tecnolo-
gia; nel settore automobilistico, invece,
sono state BMW e Hyundai a scom-
mettere sul successo di questo nuovo
sistema di batterie.
A confermare la partnership con la casa
automobilistica tedesca è Dug Cam-
bpell, fondatore della start up ameri-
cana: ”L’innovazione delle batterie allo
stato solido continuerà a migliorare i
veicoli elettrici. La collaborazione con
BMW è un’ulteriore validazione dello
sviluppo di questa nuova tecnologia,
che sarà in grado di elettrificare ogni
settore”.
La start up ha annunciato di essere
riuscita a creare una batteria allo sta-
to solido incorporando l’alta capacità
dell’anodo metallico nelle batterie in
litio, creando così una cella allo stato
solido in grado di generare un’energia
fino a tre volte superiore alle classiche
batterie in litio. Grazie ai numerosi in-
vestimenti ricevuti, la compagnia ha
reso noto che sarà in grado di rendere
disponibile la tecnologia già dalla fine
del 2018, ma che bisognerà aspettare
metà del prossimo anno affinché sia
pienamente operativa.
Tra le migliorie che dovrebbe appor-
tare questa batteria allo stato solido
rispetto agli ioni di litio c’è l’eliminazio-
ne del liquido infiammabile e corrosivo
dell’elettrolita. Inoltre, secondo la com-
pagnia il pacco batterie avrebbe un co-
sto inferiore rispetto a quello attuale, in
virtù del fatto che i costi di sicurezza
verrebbero minimizzati e il pacchetto
di raffreddamento eliminato.
Ad investire su queste batterie di ultima
generazione c’è anche Dyson, la com-
pagnia inglese produttrice di aspira-
polveri, che ha acquistato per circa 90
milioni di sterline Sakti3, la start up che
aveva già creato una batteria allo stato
solido con una densità energetica da
400Wh/kg. Dyson si è messo in testa
di creare un veicolo elettrico destina-
to ad una fascia di consumatori medio
alta, e per testare le prestazioni delle
vetture ha acquistato recentemente un
campo di aviazione in Inghilterra, dove
costruirà un percorso ad hoc riservato
alle prove dei mezzi a zero emissioni.
CAR SHARING
Record Car2Go 500.000 iscrittiCar2Go, prima società al mondo di car sharing, festeggia un nuovo record in Italia dove raggiunge l’importante traguardo di 500.000 iscritti. Questo traguardo arriva grazie a un incremen-to del 30% rispetto al 2017 e porta l’Italia al secondo posto nel mercato europeo, dietro solo alla Germania dove gli iscritti sono poco più di 950.000. Car2Go sostiene questa cre-scita con una flotta nel bel paese tra le più importanti d’Europa con all’attivo ben 2.300 automobili circolanti. Solo a Milano, per fare un esempio, in cinque anni ben 198.000 clienti hanno percorso poco più di 41 milioni di km, utilizzando circa 900 automobili diverse. Numeri che dimostrano come l’Italia abbia recepito bene questa nuova forma di mobilità e dove il fenomeno continua a crescere in doppia cifra. Cresceranno così le auto disponibili a Milano, Torino e Roma, mentre a Firenze per ora è previsto solo un rinnovo del parco attuale.
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WLTP Consumi fino a 21,2 kWh/100km. WLTP Autonomia fino a 470 km. *I dati relativi all’autonomia sono calcolati su modelli di serie su un percorso standardizzato. L’autonomia massima può variare a seconda delle condizioni del veicolo, della batteria e della strada, e può essere influenzata dalle variabili ambientali e dallo stile di guida. **Usando colonnine di ricarica rapida da 100kW. I tempi di carica effettivi possono variare a seconda delle condizioni ambientali e delle caratteristiche dell’infrastruttura di carica.
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MAGAZINEn.17 / 1824 SETTEMBRE 2018
RETE DI RICARICA Nel parcheggio dei nuovi punti vendita Lidl spuntano i punti per la ricarica
Lidl: colonnine in tutti i nuovi punti vendita Il modello di colonnina utilizzata sembra essersi standardizzato con la scelta di Swarco
di Massimiliano ZOCCHI
Chi possiede un’auto elettrica lo
sa bene, in questa prima fase del
mercato in cui la rete di ricarica
pubblica è ancora a macchia di leopar-
do, spesso i punti di ricarica offerti da
centri commerciali ed altre attività ricet-
tive sono oro colato. Recentemente tra
queste una in particolare si sta distin-
guendo ovvero Lidl, la catena di origine
tedesca ormai molto popolare anche in
Italia. In un primo momento solo alcu-
ni punti vendita offrivano la possibilità
di ricaricare veicoli elettrici durante la
spesa, forse più a causa di regolamen-
ti comunali locali. Ora invece sembra
proprio che l’azienda abbia inaugurato
una propria linea guida sull’argomento,
ed in ogni nuovo punto vendita (ed an-
che in alcuni di quelli ristrutturati) sono
presenti una o più colonnine di ricarica.
Siamo stati all’inaugurazione del nego-
zio di Busto Arsizio, in provincia di Va-
rese, per verificare il ripetersi di queste
condizioni.
Come ci aspettavamo infatti la colonni-
na è in bella mostra proprio nel punto
più vicino alla strada, con due posti
dedicati, con tanto di segnaletica de-
dicata e inequivocabile. L’altra novità è
che ora il modello di colonnina utilizzata
dall’azienda sembra essersi standar-
dizzato, con la scelta che è ricaduta
su Swarco. Si tra di una colonnina con
doppia presa Tipo 2, in grado di eroga-
re fino a 22 kW in AC, anche se in al-
cuni casi si segnala la potenza limitata
a soli 11 kW. Saranno felici i possessori
delle poche vetture in grado di ricarica-
re velocemente con questo standard,
ad eccezione dei clienti di Cremona e
Bologna, dove Lidl ha deciso di instal-
lare addirittura delle colonnine fast mul-
tistandard. Come avviene solitamente
in questi casi, la ricarica è offerta dal-
l’esercizio commerciale, che nel caso
specifico si avvale anche di un impianto
fotovoltaico da 50 kWp, rendendo di
fatto l’energia immagazzinata nell’auto
100% green.
RETE DI RICARICA Stazioni di ricarica fast ambulanti che possono essere prenotate tramite app
Nasce E-GAP, la ricarica mobile on demand Il servizio partirà entro fine 2018 a Milano con i primi 10 mezzi, per poi espandersi in altre città
di M. Z.
E -GAP è un innovativo servizio di
ricarica per veicoli elettrici, basato
su mini van che sono delle vere e
proprie colonnine fast ambulanti e che
possono essere richiesti via app o web
proprio nel momento e nel luogo del
bisogno. Il progetto è stato presentato
a Milano, con la presenza anche del-
l’Assessore Marco Granelli, e proprio
Milano sarà la “città pilota” dove il si-
stema verrà sperimentato entro la fine
dell’anno.
Dopo circa due anni di progettazione
e ricerca, il lavoro di oltre 70 professio-
nisti trova finalmente un’applicazione
pratica nel sempre più affollato settore
green legato alla mobilità. A differenza
di altre realtà però E-GAP è 100% italia-
na, nata dall’idea di un gruppo di ma-
nager e imprenditori esperti nella Green
Economy, insieme a MetaSystem, un
gruppo specializzato in ricerca, svilup-
La Brebemi pronta al test dei filo-camion elettriciL’autostrada Brebemi è pronta a sperimentare il trasporto tramite camion elettrici alimentati come i filobus. Potrebbe partire un piano nazionale di M. Z.
L’autostrada Brebemi potrebbe essere protagonista di un impor-tante esperimento per il trasporto tramite camion elettrici alimentati alla maniera dei più noti filobus. Lo ha annunciato lo stesso Presidente di A35 Brebemi, Francesco Betto-ni, durante l’European Truck Festi-val. In collaborazione con i partner Scania e Siemens è pronto il pro-getto per creare la linea elettrica sospesa per un tratto di 6 km per i test preliminari. Nel caso i risultati siano positivi si procederebbe alla totale elettrificazione della A35, ol-tre a promuovere il commercio dei veicoli adatti al nuovo sistema.I veicoli sperimentali di Scania hanno un motore elettrico che si alimenta direttamente dalla linea sospesa sopra la corsia di marcia, a 600-750 Volt, col pantografo di collegamento che si alza fino a 5.5 metri di altezza. Una volta giunti in prossimità dello svincolo, i “filo-camion” possono sganciarsi e funzionare tramite una batteria al litio o anche con motore a com-bustione. In un panorama italico solitamente in ritardo sulla mobilità sostenibile si tratta certamente di una sorpresa che una volta tanto ci pone tra i primi Paesi a voler speri-mentare qualcosa di diverso. Non solo, si troverebbe anche una ra-gion d’essere ad una infrastruttura più volte additata come inutile.
po e produzione di elettronica.
Come detto, entro fine 2018 il servizio
partirà a Milano con i primi 10 mezzi, per
poi espandersi in un prossimo futuro
in altre 9 importanti città: Parigi, Roma,
Berlino, Londra, Stoccarda, Madrid, Am-
sterdam, Utrecht e Mosca.
I veicoli utilizzati sono ovviamente a
propulsione elettrica, per evitare la con-
traddizione di un mezzo a combustione
per ricaricare uno elettrico, e se all’inizio
la richiesta potrà essere bassa per via
dei pochi mezzi elettrici circolanti, si sti-
ma che il numero crescerà rapidamente
fino ad arrivare a un numero compreso
tra i 2 e i 5 milioni entro il 2030. In attesa
della partenza del servizio è possibile
scaricare l’app per iOS o Android.
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Autonomia di 470 km*. Ricarica fino all’80% in 40 minuti**. Design rivoluzionario e aerodinamico. Trazione integrale AWD.
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WLTP Consumi fino a 21,2 kWh/100km. WLTP Autonomia fino a 470 km. *I dati relativi all’autonomia sono calcolati su modelli di serie su un percorso standardizzato. L’autonomia massima può variare a seconda delle condizioni del veicolo, della batteria e della strada, e può essere influenzata dalle variabili ambientali e dallo stile di guida. **Usando colonnine di ricarica rapida da 100kW. I tempi di carica effettivi possono variare a seconda delle condizioni ambientali e delle caratteristiche dell’infrastruttura di carica.
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MAGAZINEn.17 / 1824 SETTEMBRE 2018
AUTO ELETTRICA Da San Francisco Audi ha finalmente svelato la versione di produzione di e-tron, la sua prima auto elettrica
Con e-tron Audi entra alla grande nel mondo elettrico Due motori e una potenza totale di 300 kW per una accelerazione da 0 a 100 in 5.7 secondi. Prezzo in Europa da 79.000 euro
di Massimiliano ZOCCHI
D opo mesi e mesi di anteprime, immagini, video
e prototipi mostrati in molteplici occasioni, fi-
nalmente Audi ha tolto i veli dal SUV e-tron e
per l’occasione ha scelto il Graham Civic Auditorium
di San Francisco. Ora sappiamo quando potremo
vedere la prima Audi elettrica per le strade e il suo
prezzo: si parte dal secondo trimestre 2019 con un
prezzo base di 74.800 dollari, che in Europa saran-
no 79.900 euro. I primi esemplari però saranno per
chi ha da tempo preordinato e saranno marchiati
“Edition One” ed avranno un costo più alto, 86.700
dollari. Ci sarà poi un allestimento intermedio de-
nominato Prestige per 81.800 dollari. Le specifiche
tecniche, molte delle quali rivelate per la prima volta
ufficialmente, non saranno diverse nei diversi allesti-
menti. Confermata la batteria da 95 kWh costituita
da 36 moduli che incorporano celle al litio nel forma-
to pouch (a sacchettino). Il peso dell’accumulatore è
ovviamente considerevole, circa 699 kg, ma è allog-
giato lungo tutto il pianale per sfruttare al massimo
l’architettura della trazione elettrica. Per la prima
volta conosciamo anche l’omologazione WLTP che
è di 400 km per singola carica.
Audi è coinvolta in diversi progetti per network di
ricarica, come Ionity, e quindi vuole sfruttare al mas-
simo le colonnine moderne e potenti. E-tron sarà
quindi la prima vettura elettrica di serie a suppor-
tare la potenza di ricarica di 150 kW grazie alla qua-
le potrà recuperare l’80% dell’autonomia in soli 30
minuti. Audi ha scelto di fare di più anche dal punto
di vista della ricarica in corrente alternata e casalin-
ga, proponendo un caricatore AC da 11 kW, che nel
corso del 2019 potrà anche arrivare a 22 kW come
optional. Per la ricarica casalinga ci saranno invece
due opzioni. Il caricatore Compact, per potenze fino
a 11 kW (rare in Italia ma più frequenti in altri Paesi
anche in ambito domestico) e il caricatore Connect,
che oltre a supportare fino a 22 kW sarà anche in
grado di interfacciarsi con sistemi smart e impianti
fotovoltaici. Conclude l’offerta anche una wallbox
con cavo integrato marchiata Audi.
Audi ha voluto anche un occhio di riguardo per la
sicurezza, a partire dalla batteria, della cui perico-
losità oggi si parla spesso. Le celle al litio sono in-
globate in una struttura di supporto
in grado di dissipare l’energia di un
ipotetico urto. Sicurezza ovviamen-
te anche alla guida. Non di parla
di guida autonoma, che forse sta
passando un po’ di moda facendo
tornare tutti con i piedi per terra,
ma su e-tron ci sono tutti gli ADAS
di ultima generazione. Troviamo
infatti l’Adaptive Cruise Assist che
può gestire freno, acceleratore e
sterzo, Crossing Assist, Rear Cross
Traffic Alert, Lane Change War-
ning, Exit Warning e Park Assist.
Più avanti nel 2019 Audi renderà disponibili anche il
Parking Pilot e il Remote Garage Pilot. o spirito tec-
nologico di una vettura rivoluzionaria come questa
è anche ripreso dall’equipaggiamento degli interni.
Come già visto nel concept abbiamo un doppio di-
splay da 10.1” e 8.6”. La strumentazione è riprodot-
ta dal display con risoluzione Full HD e volendo è
disponibile anche l’optional dell’Head up Display.
Esordio anche per gli specchietti virtuali, realizzati
con videocamere e display all’interno delle portie-
re, utili ad abbassare la resistenza aerodinamica,
bel giocattolino che in Europa costerà 1.400 euro.
Qualche cenno anche sulle pure prestazioni. E-tron
è dotata di due motori, che la rendono a tutti gli ef-
fetti una Audi Quattro, ma senza collegamento tra i
due assi. Il picco totale di potenza è di 300 kW per
una accelerazione da 0 a 100 in 5.7 secondi. Entram-
bi i motori però non erogano tutto ciò che possono
costantemente, al posteriore 25 kW sono riservati al
boost mode, stessa cosa per il motore frontale che
ne riserva 10 kW. Come in tutte le elettriche è pre-
sente un efficiente sistema di recupero energetico,
gestibile con leve al volante per regolare l’intensità
della decelerazione.
SHHH. È ARRIVATALA PRIMA JAGUARCOMPLETAMENTEELETTRICA.
JAGUAR I-PACE 100% ELETTRICA
Autonomia di 470 km*. Ricarica fino all’80% in 40 minuti**. Design rivoluzionario e aerodinamico. Trazione integrale AWD.
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MAGAZINEn.17 / 1824 SETTEMBRE 2018
AUTO ELETTRICA Audi vuole coprire ogni segmento di mercato con nuove auto elettriche
Audi, dopo e-tron altri 12 modelli elettrici Annunciata la realizzazione di 12 veicoli elettrici Audi, saranno realizzati a partire dal 2025
di MARCO MIKHAIL
D opo la presentazione in grande
stile del SUV e-tron, al Graham
Civic Auditorium a San Francisco,
Audi ha annunciato la produzione di
12 veicoli elettrici che saranno realizzati
a partire dal 2025. La casa automobili-
stica tedesca ha intenzione di dar vita ad
una serie di modelli che possano coprire
ogni segmento di mercato.
Se il primo veicolo elettrico targato
Audi, e-tron, è dotato di una batteria da 95 kWh e di due motori in grado di generare una potenza di 300 kW, ancora non si hanno informazioni certe
sulla versione sportiva, Sportback, che
verrà presentata l’anno prossimo. Ciò
che è sicuro, è che Sportback vanterà
la stessa piattaforma modulare del mo-
dello base. Entrambi i modelli potranno
supportare la potenza di ricarica da 150
kW, grazie alla quale i veicoli potranno
recuperare l’80% dell’autonomia in soli
30 minuti. Alla fine di quest’anno Audi,
in collaborazione con Porsche, presente-
rà l’e-tron GT, il coupè in grado di poter
competere, secondo i piani delle due
società, con Tesla Model S. Il design e
l’estetica ricorderanno lo stile Audi e po-
trà essere caricata nelle colonnine ultra
fast da 800 V che le due società stanno
programmando di installare per permet-
tere di velocizzare le operazioni di rica-
rica. La collaborazione con Porsche non
finisce qui: le due case automobilistiche
tedesche stanno lavorando per cercare
di produrre veicoli a zero emissioni per
ogni segmento di mercato, come spiega
Peter Mertens, manager nell’area svilup-
po di Audi: ’’Attraverso la partnership tra
il nostro dipartimento tecnico ed altri
brand vogliamo dar vita a sinergie che
possano diffondersi a livello globale e
che possano portare al successo dei
veicoli elettrici’’.
Oltre alla sinergia con Porsche, Audi sta
lavorando con Volkswagen alla realiz-
zazione di minicar a zero emissioni che
verranno vendute in Cina, paese dove lo
sviluppo di queste auto aumenta giorno
dopo giorno.
AUTO ELETTRICA DS presenta l’inedita versione elettrica E-Tense della DS3 Crossback
In arrivo la DS 3 Crossback 100% elettrica Debutterà al salone di Parigi, promette oltre 300 km di autonomia con una batteria da 50 kWh
di Alessandro CUCCA
Yves Bonnefont, CEO di DS Automo-
biles, il marchio premium del grup-
po PSA, ha annunciato che al pros-
simo Paris Motor Show verrà presentata
al pubblico la versione 100% elettrica
della DS3 Crossback.
Questo è quanto ha dichiarato: “DS 3
Crossback si adatta perfettamente alla
seconda generazione di DS: leadership
tecnologica e raffinatezza senza pari.
Con DS 3 CROSSBACK, DS Automobiles
scrive un nuovo capitolo della sua storia:
l’elettrificazione. Con la versione E-TEN-
SE, DS 3 CROSSBACK è 100% elettrica,
senza compromessi in fatto di stile e
vantaggi”.
La versione E-Tense avrà quindi un pro-
pulsore elettrico da 100 kW/136 hp, ali-
mentato da una batteria da 50 kWh che
trova posto sotto il pianale dell’auto. Per
la ricarica sarà presente un caricatore
interno capace di accettare fino a 11 kW,
mentre in corrente continua si potrà ar-
rivare a 100 kW. L’autonomia dichiarata
dalla casa è poco superiore ai 300 km
nel ciclo WLTP, mentre con il ciclo NEDC
DS promette di potersi spingere fino a
450 km. Le prestazioni velocistiche non
sono da prima della classe, dato che il
costruttore dichiara di poter andare da 0
a 50 km/h in 3.3 secondi, mentre per il
lancio da 0 a 100 km/h serviranno ben
8.7 secondi. Non ci resta che attendere
quindi il prossimo 4 ottobre, per vedere
dal vivo la nuova nata in casa DS e co-
noscere tutte le caratteristiche tecniche,
e sopratutto il prezzo e la data di con-
segna. Questa DS3 Crossback E-Tense
segna l’inizio dell’elettrificazione della
gamma DS che prevede entro il 2021
di lanciare 4 modelli 100% elettrici e 7 di
tipo ibridi plug-in.
Mercedes presenta Vision Urbanetic, la piattaforma del futuro per van e molto altroMercedes presenta una piattaforma universale su cui sviluppare una grande varietà di veicoli elettrici. Così immagina il trasporto del futuro di Massimiliano ZOCCHI
Sempre più costruttori immagina-no il futuro del trasporto urbano ricco di mini van a guida autono-ma, e tra questi ora si aggiunge anche Mercedes con il suo Vision Urbanetic. Dopo quindi diverse proposte come quella di Toyota, ecco un’altra piattaforma univer-sale, con propulsione elettrica ovviamente, in grado di cambiare forma e aspetto in base al servi-zio da svolgere. Vision Urbanetic ha una base in cui sono inclusi la batteria e il motore elettrico, sulla quale poi vengono montate diver-se scocche. Negli esempi riportati ci sono un cabinato per trasporto persone, fino a 12, oppure un car-go per merci o servizi di ristorazio-ne ambulante.Vision Urbanetic non solo è decli-nato in diverse forme, ma può an-che trasformarsi durante la gior-nata. Secondo il progetto infatti bastano pochi minuti per rimuo-vere un tipo di scocca e montarne un’altra, così che la stessa base possa avere funzioni diverse in base alle necessità. La guida com-pletamente autonoma fa il resto: mai più mezzi fermi in attesa di un autista, si cambia abito e si riparte. Qui un video di presentazione
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JAGUAR I-PACE 100% ELETTRICA
Autonomia di 470 km*. Ricarica fino all’80% in 40 minuti**. Design rivoluzionario e aerodinamico. Trazione integrale AWD.
400 CV per raggiungere i 100 km/h in 4,8 secondi. Zero emissioni. Elettrica, ma Jaguar al 100%.
jaguar.it
WLTP Consumi fino a 21,2 kWh/100km. WLTP Autonomia fino a 470 km. *I dati relativi all’autonomia sono calcolati su modelli di serie su un percorso standardizzato. L’autonomia massima può variare a seconda delle condizioni del veicolo, della batteria e della strada, e può essere influenzata dalle variabili ambientali e dallo stile di guida. **Usando colonnine di ricarica rapida da 100kW. I tempi di carica effettivi possono variare a seconda delle condizioni ambientali e delle caratteristiche dell’infrastruttura di carica.
SHHH. È ARRIVATALA PRIMA JAGUARCOMPLETAMENTEELETTRICA.
JAGUAR I-PACE 100% ELETTRICA
Autonomia di 470 km*. Ricarica fino all’80% in 40 minuti**. Design rivoluzionario e aerodinamico. Trazione integrale AWD.
400 CV per raggiungere i 100 km/h in 4,8 secondi. Zero emissioni. Elettrica, ma Jaguar al 100%.
jaguar.it
WLTP Consumi fino a 21,2 kWh/100km. WLTP Autonomia fino a 470 km. *I dati relativi all’autonomia sono calcolati su modelli di serie su un percorso standardizzato. L’autonomia massima può variare a seconda delle condizioni del veicolo, della batteria e della strada, e può essere influenzata dalle variabili ambientali e dallo stile di guida. **Usando colonnine di ricarica rapida da 100kW. I tempi di carica effettivi possono variare a seconda delle condizioni ambientali e delle caratteristiche dell’infrastruttura di carica.
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MAGAZINEn.17 / 1824 SETTEMBRE 2018
AUTO ELETTRICA Jaguar dimostra che l’autonomia dichiarata per la I-Pace è un dato reale
I-Pace, da Londra a Bruxelles con una carica L’autonomia residua era pari all’8%, il viaggio si è svolto passando attraverso l’Eurotunnel
di Massimiliano ZOCCHI
U na delle critiche spesso avanza-
te contro le vetture elettriche è
la non veridicità dell’autonomia
dichiarata dalla casa. Jaguar si mostra
molto sicura delle qualità della sua
prima auto elettrica, la I-Pace, e per
dimostrare che il dato riguardante i km
percorribili per singola carica non è solo
un dato sulla carta, ha organizzato un
viaggio tra Londra e Bruxelles.
Tunnel della Manica in mezzo ovvia-
mente, e non percorso tramite i treni
cargo, ma sulle sue ruote e grazie al-
l’energia immagazzinata nella batteria
da 90 kWh. Inutile confermare che il tra-
gitto è andato a buon fine, anche grazie
ai sistemi Eco Mode e Smart Climate,
che aiutano il guidatore a massimizzare
l’autonomia. Qui il video del viaggio. Partenza dalla South Bank di Londra
e arrivo nella storica Mons Des Arts di
Bruxelles. Al volante Stephan Boulter,
ingegnere Jaguar, non sembrava per
nulla stupito del risultato: “Per quanto
riguarda la fruibilità quotidiana, sappia-
mo che i clienti non amano scendere
a compromessi e per questo abbiamo
progettato il nostro SUV elettrico in
modo da offrire una straordinaria au-
tonomia per la vita di tutti i giorni. Per-
correndo i 369 chilometri che portano
da Londra a Bruxelles con una singola
ricarica e arrivando a destinazione con
una buona autonomia, abbiamo dimo-
strato come si possano coprire lunghe
distanze in assoluto comfort”.
La “buona autonomia” residua citata da
Boulter, come si vede alla fine del video,
è dell’8%, sufficiente per diverse deci-
ne di km, portando il totale a un dato
sensibilmente vicino a quanto dichia-
rato da Jaguar. Ma come funzionano le
ottimizzazioni energetiche di I-Pace? Gli
strumenti di bordo possono mostrare al
conducente i consumi dei vari sistemi,
e indicare l’autonomia che si potrebbe
ricavare disattivandoli. Anche il sopra
citato Smart Climate può aiutare a rag-
giungere destinazioni più lontane: tra-
mite i sensori delle cinture di sicurezza
individua quanti sono gli occupanti e
climatizza solo le aree intorno a loro.
Il tocco finale lo offre il sistema di na-
vigazione, che tiene conto anche della
tipografia del percorso per calcolare la
quantità di energia necessaria, propo-
nendo anche il percorso più efficiente.
Nel caso la destinazione sia troppo lon-
tana, il software propone una stazione
di ricarica sul tragitto. Questa prova
tuttavia dimostra che una ricarica in-
termedia è necessaria solo per tragitti
decisamente sopra la media.
AUTO ELETTRICA Un gruppo di appassionati ha realizzato un record di hypermiling con la Zoe
Record di percorrenza per Renault Zoe: 564 km I km percorsi sono stati 564.9, con un consumo di 7.9 kWh/100 km: valori di tutto rispetto
di M. Z.
L a Renault Zoe è una delle elettri-
che da sempre più vendute, so-
prattutto dopo il cambio di batte-
ria, passata a 41 kWh e che consente
una autonomia di almeno 300 km. Era
inevitabile quindi che anche la piccola
francese fosse prima o poi oggetto di
una prova di hypermiling, ovvero dei
tentativi di record di autonomia con
stile di guida particolarmente attento
e parsimonioso. Per l’occasione sono
stati gli specialisti di Caradisiac ad ot-
tenere un risultato notevole, ripreso
poi direttamente dall’account Twitter
ufficiale di Renault ZE. I km totali per-
corsi sono stati 564.9, con un consumo
di 7.9 kWh/100 km. Una piccola incon-
gruenza può essere il dato di consumo
energetico totale, fermo a 44 kWh,
ovvero più della capienza stessa del-
la batteria. Assumendo che la vettura
non sia ovviamente mai stata caricata,
possiamo ipotizzare che il dato sia do-
vuto a lunghi tratti di rigenerazione per
decelerazione, il che avrebbe consen-
tito di racimolare qualche kWh in più.
In ogni caso anche calcolando come
utilizzabili solo i 41 kWh dichiarati dal-
la casa, con questi consumi i ragazzi
di Caradisiac avrebbero superato i
500 km di percorrenza per singola
carica: un valore di tutto rispetto per
quella che spesso è considerata una
vettura poco più che urbana.
Accordo tra Google e l’alleanza Renault, Nissan, Mitsubishi A bordo Google Maps, Assistant e Play StoreImportante accordo tra il colosso dell’informatica e l’alleanza motoristica più grande al mondo per portare Android in milioni di veicoli di M. Z.
L’alleanza che comprende Renault, Nissan e l’ultima aggiunta Mitsu-bishi Motors, va a formare uno dei gruppi più importanti del mondo automotive, con oltre 10 milioni di veicoli venduti lo scorso anno. Il gruppo ha annunciato l’accordo con Google per una partnership tecnologica che porterà il sistema operativo Android a bordo. A parti-re dal 2021 il sistema sarà integrato nell’infotaiment su diversi modelli e marchi. In questo modo ci sarà una fruizione diretta di popolari applica-zioni del mondo mobile come Goo-gle Maps, l’accesso ad applicazioni automobilistiche presenti sul Play Store e il controllo vocale tramite Google Assistant. Per quest’ulti-mo non ci sarà solo la possibilità di effettuare chiamate o leggere messaggi in arrivo ma anche con-trollare funzionalità della vettura. L’integrazione non avverrà solo direttamente nei veicoli, ma anche nell’Alliance Intelligent Cloud, la piattaforma sicura per la gestione dei dat-i degli utenti, gli aggiorna-menti del software del veicolo e la diagnostica remota. Questa mossa rientra nel piano Alliance 2022, che oltre alle implementazioni tec-nologiche in senso stretto, prevede il lancio di 12 nuovi modelli 100% elettrici, l’integrazioni di sistemi di guida assistita e autonoma, con l’ambizioso traguardo di raggiun-gere quota 14 milioni di veicoli ven-duti entro la fine del 2022.
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400 CV per raggiungere i 100 km/h in 4,8 secondi. Zero emissioni. Elettrica, ma Jaguar al 100%.
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MAGAZINEn.17 / 1824 SETTEMBRE 2018
AUTO ELETTRICA Jaguar spinge sull’anima hi-tech delle sue vetture, questa volta per esaltare le possibilità dell’intrattenimento
Jaguar I-PACE senza limiti: ora remixa anche le canzoni per adattarle al tuo stile di guida Le auto della famiglia PACE sono ora in grado di realizzare (in tempo reale) remix di brani audio basati sullo stile di guida
di Emanuele VILLA
Quando Jaguar ha annunciato, qualche settimana
fa, la partnership con la cantautrice britannica
Dua Lipa - indiscutibilmente uno degli artisti
top degli ultimi anni - nessuno immaginava che ci fos-
se alle spalle un progetto tecnologico. Si sapeva che
l’artista si sarebbe esibita in un concerto esclusivo ad
Amsterdam il 3 settembre e che questo avrebbe dato
il via a un fitto appuntamento di eventi dedicati a ce-
lebrare l’unione, ma onestamente era difficile pensare
che dietro all’accordo si nascondesse anche l’innova-
zione tecnologica. Invece, all’evento di Amsterdam la
tecnologia è stata ancora una volta protagonista. Non
per dotare i mezzi della famiglia PACE, tra cui l’elettri-
ca I-PACE che abbiamo provato in pista in Portogallo
e poi sulle autostrade italiane, di ulteriori sistemi di as-
sistenza alla guida o di sicurezza proattiva, ma per per-
sonalizzare ai massimi livelli l’esperienza a bordo. Non
che ce ne fosse bisogno: tra il doppio touch screen
frontale (Touch Pro Duo) con quadranti dinamici, l’hot-
spot 4G integrato, la possibilità di interagire con smar-
tphone e Smart Watch a tutti i livelli, l’head up display
e - soprattutto - il display interattivo per il conducente
da ben 12,3’’, la famiglia PACE (e in particolare l’I-PACE
che abbiamo avuto il piacere di provare) è già una delle
vetture tecnologicamente più dotate in assoluto.
Si va oltre: l’auto ora remixa da sola le canzoniQuindi, a cosa “serviva” questa partnership tra Jaguar
e Dua Lipa dal punto di vista dei temi a noi cari? Servi-
va ad annunciare una nuova possibilità offerta dalla fa-
miglia PACE: il remix automatico dei brani audio (nella
fattispecie, si parte con la hit Want to di Dua Lipa) che
vengono personalizzati sulla base dello stile di guida
del conducente. Spieghiamo meglio: a seconda di
come il conducente guida I-PACE, viene realizzato un
remix personalizzato del brano, che poi ovviamente
può essere riprodotto tramite il sistema di bordo.
Ovviamente la tecnologia costituisce il fondamento di
un’esperienza del genere: all’evento ci è stato spie-
gato che i sensori di cui è dotata I-PACE registrano
un’infinità di dati durante la guida, in particolare quelli
relativi alla frenata, l’accelerazione, l’energia prodotta
dalla frenata rigenerativa, il consumo di energia elet-
trica, la velocità media di percorrenza e la direzione.
Registrando svariati set di dati con una precisione mil-
limetrica, l’auto è in grado di elaborare degli schemi
ripetitivi che corrispondono alle abitudini e allo stile di
guida di una certa persona: questi dati vengono invia-
ti in cloud grazie all’hotspot 4G di serie e il brano di
Dua Lipa (che sarà, ipotizziamo, il primo di una serie)
viene personalizzato e riprodotto a bordo.
In realtà, il sistema è ben più complesso di così: in par-
ticolare, dal solo brano Want to di Dua Lipa sono state
estratte 3.500 ‘variazioni’ audio, che vengono misce-
late in tempo reale tenendo conto dei dati di guida:
queste variazioni sono in grado di agire in modo im-
portante sullo stile, sul tempo, intensità e complessità
del remix. Risultato: oltre un milione di Want to diversi.
Ascoltali tutti è pressoché impossibile.
Per quanto non sia stato possibile effettuare una prova
“sul campo” dei diversi remix per valutarne la quali-
tà (ognuno ottiene il suo), confermiamo che la nostra
versione di Want to è molto diversa dall’originale, pur
senza snaturarlo. Il brano non viene semplicemente
accelerato, rallentato o un po’ modificato nell’arran-
giamento, ma può risultare davvero diverso dall’origi-
nale. Il tempo può cambiare, certo, ma anche lo stesso
genere potrebbe essere modificato andando dall’hip-
pop alla dance, dal pop al drum and bass. Poi è chiaro
che il risultato è soggettivo: può piacere o meno, ma
di sicuro l’impatto è importante. Due versioni persona-
lizzate di Want to possono sottolineare stati d’animo
diversi, ma soprattutto personalità differenti: c’è il pop
sostenuto per chi guida con brio, versioni più ‘orche-
stral’ per chi ama guidare in modo sereno e delicato e
via dicendo. Tutto dipende da come si guida. Le possi-
bilità sono quasi infinite: come dicevamo, all’evento ci
è stato comunicato che i remix possibili sono più di un
milione, il che rende immediatamente Want to il brano
più remixato della storia della musica. Ovviamente il
progetto e la collaborazione con Dua Lipa è il primo
step di una serie: Jaguar ha in progetto non solo di
dotare tutte le proprie vetture di questa tecnologia
musicale, ma di affinarla gradualmente e (magari) di
lavorare con altri artisti in futuro. Si inizia con un brano
molto famoso di un’artista internazionale ma l’idea è di
rendere il concetto di musica “personalizzata” un’al-
ternativa interessante e molto “tech” alla fruizione
tradizionale. Certo, l’iter non sarà così semplice per-
ché gli artisti non vedranno sempre di buon occhio la
possibilità di modificare i propri brani in milioni di istan-
ze diverse, ma vale la pena provarci perché i risultati
possono essere molto interessanti. Specie quando si
giungerà al remix in tempo reale ascoltato direttamen-
te in auto. Al momento, infatti, il remix viene effettuato
offline e “inviato” all’utente; quando l’auto remixerà in
tempo reale le canzoni che stiamo ascoltando, la rivo-
luzione sarà servita.
E chi non ha una Jaguar?Non tutti hanno la fortuna di possedere una Jaguar
della famiglia PACE, ma l’azienda vuole fare in modo
che la tecnologia di remix personalizzato non sia limi-
tata ai propri clienti ma accessibile a tutti i fan dell’ar-
tista britannica. Ecco perché ha messo a disposizione
di tutti un software che permette di remixare il brano
senza partire dai dati dello stile di guida ma da quelli
della propria “cronologia” di Spotify, piattaforma che
accomuna milioni di utenti e di fan di Dua Lipa.
Sulla base dei dati della musica che si ascolta (gene-
re, mood, tempo…), il sistema riarrangia Want to e la
propone personalizzata in tempo reale. Perché in ef-
fetti da ciò che si ascolta è facile desumere dati sulle
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Autonomia di 470 km*. Ricarica fino all’80% in 40 minuti**. Design rivoluzionario e aerodinamico. Trazione integrale AWD.
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MAGAZINEn.17 / 1824 SETTEMBRE 2018
proprie preferenze, non solo di genere, ma anche di
grinta, energia, stile e via dicendo.
Chi non ha un account Spotify ha un’ulteriore pos-
sibilità: tramite l’applicazione web presente al link
http://remix.jointhepace.com (accessibile sia tramite
desktop che dispositivo mobile) è possibile non solo
sincronizzare il proprio account Spotify ma anche otte-
nere la propria versione personalizzata di Want to an-
dando a ritmo mentre si tocca lo schermo dello smar-
tphone. Un metodo decisamente meno evoluto ma che
non tradisce il concetto di fondo: fornire un’esperienza
musicale personalizzata al 100%.
Siamo alla musica 2.0?Il concetto stesso di musica personalizzata sulla base
della proprie preferenze potrebbe essere il prossimo
passo della fruizione musicale. Poco importa che i dati
soggettivi vengano dedotti dalle sessioni di guida, dal-
le playlist che ci costruiamo o da come andiamo a tem-
po, il fatto di fornire ad ognuno una versione inedita di
un brano è qualcosa di fortemente innovativo.
Certo, affinché diventi uno standard ci sono diversi
scogli da superare: la resistenza dei musicisti, e poi
il fatto che sia sempre bello ascoltare un brano come
l’ha pensato e concepito l’artista
Ma d’altronde Jaguar non vuole cambiare il mondo: la
sua è una dimostrazione come la tecnologia, l’infinità
di sensori a bordo e l’elaborazione dei dati possano
avere ripercussioni importanti non solo sulla sicu-
rezza e la piacevolezza di guida, ma anche sull’en-
tertainment. E c’è riuscita alla grande: ora, mentre ci
comunicano che in una manciata d’ore Want to è stata
remixata 4.500 volte, non possiamo che attendere i
prossimi passaggi.
AUTO ELETTRICA
Jaguar I-PACE ora remixa le canzoni segue Da pagina 56
MOTORSPORT La seconda generazione di vetture Formula E sembra uscita da un film di fantascienza. Confermati i piloti
Panasonic Jaguar Racing presenta la nuova monopostoL’auto ha oltre 800 nuovi componenti. Arrivano la doppia batteria, più potenza, più velocità e il nuovissimo Attack Model
di Massimiliano ZOCCHI
I l team Panasonic Jaguar Racing è
prontissimo per la nuova stagione di
Formula E, e come primo segnale ha
confermato la coppia di piloti, Nelson Pi-
quet Jr e Mitch Evans. La quinta stagio-
ne è importantissima in quanto farà da
spartiacque per tutti per l’introduzione
della nuova monoposto e dei nuovi re-
golamenti. La squadra dunque ha colto
l’occasione per presentare la nuova vet-
tura con la nuova livrea, che riprende i
colori e i tratti degli anni precedenti.
Con la I-TYPE 3 Jaguar punta ad otte-
nere più spesso risultati positivi dopo le
buone indicazioni dello scorso campio-
nato, sfruttando più di 800 nuovi com-
ponenti, come il sistema di propulsione,
per la prima volta interamente sviluppa-
to in casa, o come l’inverter, il 10% più
leggero rispetto alla vecchia versione.
Per quanto riguarda le specifiche che
saranno comuni a tutti i team (lo ricor-
diamo, si corre ancora con una monopo-
sto fornita dall’organizzazione in cui le
squadre possono sviluppare solo alcune
parti) ci sarà un aumento della potenza
che passa a 200 kW con la possibilità di
salire a 225 kW in determinate situazio-
ni. Questo si traduce in velocità di punta
di 250 km/h e accelerazione da 0 a 100
in 2.8 secondi.
La batteria sarà ora sufficiente per copri-
re tutta la gara grazie ad una capienza
maggiorata dell’85% e non sarà quindi
più necessario il cambio vettura durante
il pit stop, tratto distintivo della Formula
E ma che ha sempre fatto discutere.
A livello regolamentare ci sarà un’altra
novità anticipata dal CEO Agag, ovvero
l’Attack Mode. Ci saranno aree della pista
opportunamente segnalate che se utiliz-
zate daranno diritto ai piloti ad utilizzare
un surplus di potenza per alcuni istanti,
quasi come in un videogioco. L’Halo, da
questa stagione presente anche in For-
mula E, verrà intelligentemente sfruttato
per questa novità: durante l’Attack Mode
dei LED posti sulla protezione di illumi-
neranno, facendo capire al pubblico chi
in quel momento sta utilizzando l’extra
potenza. Queste le parole dei piloti Pi-
quet ed Evans.
Nelson Piquet Jr: “Sono in Formula E sin
dal primo giorno e come pilota ho fatto
tanti progressi e tanti ne ha fatti la tec-
nologia. È davvero incredibile vedere
quanto velocemente siano cambiate le
cose. La Jaguar I-TYPE 3 è un animale
da strada, con le sue sfide e le sue com-
plessità. Il nuovo chassis è più largo e
più veloce rispetto alla precedente vet-
tura e quindi sarà interessante vedere
come si comporterà negli stretti circuiti
cittadini”.
Mitch Evans: “Quella passata è stata in
assoluto la mia migliore stagione, in cui
ho collezionato alcuni record persona-
li come il nostro primo podio ad Hong
Kong e la pole position a Zurigo. Il team
ha lavorato duramente per rendere la
Jaguar I-TYPE 3 immediatamente com-
petitiva, in modo da poter lottare per il
podio ad ogni gara. Durante la scorsa
stagione abbiamo mostrato molti se-
gnali positivi e abbiamo grandi aspetta-
tive per quella che inizierà a breve”.
Per l’occasione Panasonic Jaguar Ra-
cing ha rilasciato un simpatico video dove Nelson Piquet Jr effettua l’ormai
obsoleto cambio vettura e con suo stu-
pore si ritrova davanti la spettacolare
Gen2. Nel video si vede anche la Ja-
guar I-Pace preparata da gara, a ricor-
darci che in questa stagione esordirà
anche l’evento collaterale Jaguar I-Pace
eTrophy, che vedrà in pista solo I-Pace
sugli stessi tracciati di Formula E negli
stessi giorni di gara.
SHHH. È ARRIVATALA PRIMA JAGUARCOMPLETAMENTEELETTRICA.
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Autonomia di 470 km*. Ricarica fino all’80% in 40 minuti**. Design rivoluzionario e aerodinamico. Trazione integrale AWD.
400 CV per raggiungere i 100 km/h in 4,8 secondi. Zero emissioni. Elettrica, ma Jaguar al 100%.
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AUTO ELETTRICA Siamo andati a Oslo per provare la nuova Hyundai Kona Elettrica nella versione con 150 cavalli di potenza
Hyundai Kona Electric, la nostra prova su strada Curiosità e sensazioni su un’auto che ha davvero 480 km di autonomia e che si può ricaricare anche con una normale presa
di Roberto PEZZALI
L’eleganza e la grinta di un piccolo suv unita alle
virtù di un motore elettrico: Hyundai lancia la ver-
sione elettrica della Kona, e noi siamo andati a
Oslo, dove oltre il 20% delle autovetture è green, per
salire su quella che in questa fascia di prezzo è un auto
al momento unica sul mercato. Ispirata alla versione con
motore endotermico, cambiano solo alcuni dettagli, la
Kona elettrica ha un duplice obiettivo: conquistare i più
giovani e soprattutto far dimenticare l’ansia da ricarica.
Due le versioni, una con motore da 136cv e batteria da
39.2 kWh e una più spinta, quella da noi provata, con
motore da 204cv e soprattutto batteria da 64 kWh, con
nuove celle ad alta densità che assicurano secondo la
casa 482 km di autonomia in ciclo medio combinato.
Un dato che, come vedremo, non è poi così lontano da
quanto abbiamo potuto misurare su strada.
Il listino della nuova Kona è stato annunciato da poche
settimane: la versione base con batteria da 39.2 kWh
costerà 36.400, quella “long range” con la dotazione
standard 39.900 euro. Ci sarà anche una versione
Exellence con l’allestimento completo a 45.400 euro:
questo è l’esemplare da noi provato.
Paraurti inedito e calandra chiusaLa linea del modello elettrico è simile a quello del mo-
dello classico ma non identica. Hyundai infatti ha pen-
sato di regalare alla Kona Electric un look più aggres-
sivo e moderno con una calandra chiusa, gruppi ottici
su due livelli, un paraurti inedito e anche una sottile
cornice cromata. Qualche elemento migliorabile c’è: il
passaruota ad esempio è in plastica scura, cromatica-
mente scoordinato dal colore della carrozzeria.
Massima attenzione all’aerodinamica, che impatta ov-
viamente sui consumi: ai lati dei paraurti anteriori sono
state ricavate una serie di prese d’aria che riducono le
turbolenze nelle zone dei passaruota. L’auto sarà ordi-
nabile in 21 diverse combinazioni cromatiche ottenibile
mescolando le 7 finiture esterne (Chalk White, Dark
Knight, Tangerine Comet, Ceramic Blue, Pulse Red,
Acid Yellow e il nuovo Galaxy Grey) con le tre colorazio-
ni del tetto, Phantom Black, Dark Knight e Chalk White.
La vettura da noi provata e fotografata è la versione
con la finitura nuova, Galaxy Grey, un colore a nostro
avviso ben riuscito e caratterizzante.
Ricarica wireless, HUD e ottima abitabilitàNonostante le dimensioni non abbondanti la Kona è
comoda e spaziosa. Una persone alta 1.90 metri riesce
a guidare senza problemi e non ostacola neppure, ar-
retrando il sedile, chi sta seduto dietro. Spazioso anche
il bagagliaio: 2 valigie di medie dimensioni e due trolley
ci sono stati senza problemi.
Notevole il contenuto tecnologico all’interno: l’elemen-
to principale è la grossa console centrale, che a diffe-
renza di quello della versione endotermica è stato ridi-
segnato interamente. Il cambio shift by wire del motore
elettrico ha permesso di ricavare sotto la console un
ampio vano per riporre una piccola borsa o uno zaino,
e sulla grossa console sono presenti tutti i controlli che
permettono di gestire il funzionamento della vettura.
Le indicazioni al guidatore sono distribuite sui diversi
display: quello principale è uno schermo sagomato da
7” ad alta risoluzione con tutti gli indicatori necessari,
tachimetro, livello di carica della batteria, flusso di ener-
gia e modalità di guida. Questo schermo cambia colori
e grafica a seconda della modalità di guida seleziona-
ta. Praticissimo e piacevole da usare l’Head-up display
(HUD), quel piccolo sc fermo trasparente che mostra
le informazioni di guida proiettandole all’altezza dello
sguardo del conducente evitando di distogliere l’atten-
zione dalla strada. Lo abbiamo trovato davvero pratico,
luminoso, chiaro nelle indicazioni oltre che ovviamente
utile nel fornire informazioni come le indicazioni dal
navigatore, il rilevamento pedoni e veicoli e eventuali
Hyundai Kona ElettricaIl test drive
video
segue a pagina 60
SHHH. È ARRIVATALA PRIMA JAGUARCOMPLETAMENTEELETTRICA.
JAGUAR I-PACE 100% ELETTRICA
Autonomia di 470 km*. Ricarica fino all’80% in 40 minuti**. Design rivoluzionario e aerodinamico. Trazione integrale AWD.
400 CV per raggiungere i 100 km/h in 4,8 secondi. Zero emissioni. Elettrica, ma Jaguar al 100%.
jaguar.it
WLTP Consumi fino a 21,2 kWh/100km. WLTP Autonomia fino a 470 km. *I dati relativi all’autonomia sono calcolati su modelli di serie su un percorso standardizzato. L’autonomia massima può variare a seconda delle condizioni del veicolo, della batteria e della strada, e può essere influenzata dalle variabili ambientali e dallo stile di guida. **Usando colonnine di ricarica rapida da 100kW. I tempi di carica effettivi possono variare a seconda delle condizioni ambientali e delle caratteristiche dell’infrastruttura di carica.
SHHH. È ARRIVATALA PRIMA JAGUARCOMPLETAMENTEELETTRICA.
JAGUAR I-PACE 100% ELETTRICA
Autonomia di 470 km*. Ricarica fino all’80% in 40 minuti**. Design rivoluzionario e aerodinamico. Trazione integrale AWD.
400 CV per raggiungere i 100 km/h in 4,8 secondi. Zero emissioni. Elettrica, ma Jaguar al 100%.
jaguar.it
WLTP Consumi fino a 21,2 kWh/100km. WLTP Autonomia fino a 470 km. *I dati relativi all’autonomia sono calcolati su modelli di serie su un percorso standardizzato. L’autonomia massima può variare a seconda delle condizioni del veicolo, della batteria e della strada, e può essere influenzata dalle variabili ambientali e dallo stile di guida. **Usando colonnine di ricarica rapida da 100kW. I tempi di carica effettivi possono variare a seconda delle condizioni ambientali e delle caratteristiche dell’infrastruttura di carica.
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MAGAZINEn.17 / 1824 SETTEMBRE 2018
pericoli negli angoli ciechi. Nella console centrale tro-
va spazio anche un sistema di ricarica wireless Qi: lo
abbiamo provato sia con smartphone iPhone sia con
smartphone Samsung e funziona, sebbene non sia
affatto rapido: serve quasi un’ora per guadagnare un
20% di batteria. Più che una ricarica sembra un sistema
di mantenimento. Comodo il promemoria che ricorda,
a chi sta uscendo dall’auto, che c’è uno smartphone
in carica. Non mancano le porte USB e un ingresso
AUX-in.
Ci è piaciuto molto il sistema audio: l’auto elettrica è più
silenziosa, anche se la Kona soprattutto in superstrada
a circa 110 km/h non ci è parsa silenziosissima. L’assen-
za del rumore del motore probabilmente spinge il no-
stro orecchio a fare più attenzione ai rumori esterni.
La versione da noi provata aveva installato il Premium
Sound System prodotto da Krell: due tweeter da
20 mm, 4 woofer da 160 mm, uno speaker centrale da
100 mm e un subwoofer da 200 mm vengono pilotati
da un amplificatore da 45 Watt per ciascuno degli 8 ca-
nali e la resa è corposa, ben bilanciata e senza distor-
sioni avvertibili. Il sistema di infotainment rispecchia a
pieno quello che ci si attende da una vettura di questo
prezzo: schermo LCD touch capacitivo da 7’’, retroca-
mera integrata, bluetooth e soprattutto compatibilità
Apple CarPlay e Android Auto. Sulla versione da noi
provata era presente la versione “optional” del sistema
audio con schermo LCD da 8” LCD hi-res con mappe
3D, retrocamera, Apple CarPlay, Android Auto e siste-
ma integrato dati con servizi live su meteo, traffico, au-
tovelox e punti d’interesse.
Batteria riscaldata e raffreddata per la massima autonomiaIl motore della nuova Kona, nella versione da noi pro-
vata, ovvero quello da 150 kW, è elastico e scattante.
Per questa versione Hyundai dichiara una autonomia
di 482 km: non abbiamo percorso tutti questi chilome-
tri ma solo un tratto di 70 km con una guida piuttosto
allegra e i consumi ci sono parsi, almeno da computer
di bordo, allineati a quelli dichiarati.
Hyundai ha anche preso diversi accorgimenti per man-
tenere l’autonomia delle celle al litio costante in ogni
situazione: il nuovo pacco è integrato in un corpo in
alluminio che dispone sia di raffreddamento sia di ri-
scaldamento a liquido: sia in fase di carica sia in fase
di consumo le celle vengono mantenute ad una tem-
peratura costante di circa 28 gradi, evitando cos’ che
si surriscaldino in fase di carico o scarica oppure riscal-
dandole d’inverno quando la temperatura del pianale
già andare sotto zero.
La ricarica della batteria da 64 kWh, quella a lungo rag-
gio, avviene in circa 54 minuti utilizzando una stazione
di ricarica in corrente continua (DC) da 100 kW con una
ricarica fino arriva all’80% circa. Utilizzando il caricato-
re integrato in corrente alternata a 7.2 kW sono invece
necessarie 9 ore e 35 minuti per la versione da noi
provata e 6 ore e 10 minuti per la versione base.
La Kona si può ricaricare anche con una normale presa
domestica, ma il tempo di ricarica rischia di raddoppia-
re. Lo sportellino per la ricarica è inserito sul frontale,
e non è dotato di apertura automatica: va premuto a
mano.
Accelerazione bruciante e ottima tenutaL’accelerazione dichiarata è di 7.6 secondi da zero a
100: in modalità sport probabilmente il valore è reali-
stico, ma anche nelle altre modalità premendo a fondo
il pedale la coppia e la riserva di potenza del motore
elettrico si sentono. La velocità massima è limitata a
167 km/h, l’abbiamo spinta fino a 120 km/h senza alcun
problema se non un leggero aumento della rumorosità
percepita in abitacolo. Pratico il sistema shift by wire,
che permette di selezionare le modalità di guida tra-
mite dei pulsanti: l’adozione di questo sistema ha per-
messo di ricavare il vano sotto la console eliminando
parti meccaniche. Dietro al volante trovano spazio due
leve che assomigliano a quelle del cambio sequen-
ziale ma che non sono ovviamente un cambio: quella
sinistra regola l’intensità della frenata rigenerativa su
diversi livelli, e tenendo premuta la leva di sinistra si
può addirittura utilizzare il recupero come “freno”. Ab-
biamo impostato la frenata rigenerativa sul livello due,
trovandolo un giusto compromesso per percorrere
lunghi tratti senza toccare il freno ma semplicemente
alzando il piede dall’acceleratore.
Sicurezza in primo piano: c’è davvero tutto quello che serveFortunatamente non li abbiamo dovuti provare tutti,
ma il pacchetto di funzioni legate alla sicurezza pre-
senti nella nuova Kona è di altissimo livello e adeguata
ad una dotazione, quella “elettrica”, che nella gamma
Kona è sicuramente il modello più evoluto tecnologica-
mente. Kona Electric dispone sia di sistemi di sicurez-
za attiva sia dei sistemi di guida Hyundai SmartSense:
c’è il cruise control adattivo, c’è la frenata automatica
con riconoscimento di veicoli e pedoni, il mantenimen-
to della corsia, il rilevatore angoli ciechi, l’allarme per
eventuali urti posteriori e il rilevamento dei limiti di ve-
locità e di stanchezza del conducente.
Long range è la scelta obbligataL’elettrico è ancora un sacrificio economico: con
40.000 euro di listino la versione long range ha un ot-
timo rapporto qualità prezzo se paragonata alle altre
auto elettriche ma costa quasi quando due Kona base
con motore diesel.
Ci troviamo di fronte ad un’automobile davvero ben
costruita, con un ottima base tecnica e con una auto-
nomia dichiarata che corrisponde, km più km meno,
a quella reale di percorrenza. Tra le due versioni è
evidente che, visto il delta di prezzo ridotto, conviene
puntare su quella più potente e con più autonomia,
quasi 500 km che sono più che sufficienti per far spa-
rire ogni ansia da ricarica. La Kona è spaziosa, davvero
godibile da guidare, bella da vedere e ricca di conte-
nuto tecnologico e di sistemi di sicurezza attivi. Forse
con qualche piccolo ritocco estetico poteva essere au-
mentato il valore percepito: i passaruota in tinta avreb-
bero aiutato, ma anche una calandra leggermente più
elaborata.
AUTO ELETTRICA
Hyundai Kona Electric, la prova segue Da pagina 59
SHHH. È ARRIVATALA PRIMA JAGUARCOMPLETAMENTEELETTRICA.
JAGUAR I-PACE 100% ELETTRICA
Autonomia di 470 km*. Ricarica fino all’80% in 40 minuti**. Design rivoluzionario e aerodinamico. Trazione integrale AWD.
400 CV per raggiungere i 100 km/h in 4,8 secondi. Zero emissioni. Elettrica, ma Jaguar al 100%.
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WLTP Consumi fino a 21,2 kWh/100km. WLTP Autonomia fino a 470 km. *I dati relativi all’autonomia sono calcolati su modelli di serie su un percorso standardizzato. L’autonomia massima può variare a seconda delle condizioni del veicolo, della batteria e della strada, e può essere influenzata dalle variabili ambientali e dallo stile di guida. **Usando colonnine di ricarica rapida da 100kW. I tempi di carica effettivi possono variare a seconda delle condizioni ambientali e delle caratteristiche dell’infrastruttura di carica.
SHHH. È ARRIVATALA PRIMA JAGUARCOMPLETAMENTEELETTRICA.
JAGUAR I-PACE 100% ELETTRICA
Autonomia di 470 km*. Ricarica fino all’80% in 40 minuti**. Design rivoluzionario e aerodinamico. Trazione integrale AWD.
400 CV per raggiungere i 100 km/h in 4,8 secondi. Zero emissioni. Elettrica, ma Jaguar al 100%.
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WLTP Consumi fino a 21,2 kWh/100km. WLTP Autonomia fino a 470 km. *I dati relativi all’autonomia sono calcolati su modelli di serie su un percorso standardizzato. L’autonomia massima può variare a seconda delle condizioni del veicolo, della batteria e della strada, e può essere influenzata dalle variabili ambientali e dallo stile di guida. **Usando colonnine di ricarica rapida da 100kW. I tempi di carica effettivi possono variare a seconda delle condizioni ambientali e delle caratteristiche dell’infrastruttura di carica.