+ All Categories
Home > Documents > 30 ORRIERE DELLA ERA D OMENICA 18 MARZO 2012Tuttavia il Diavolo di Rocco dominò l Europa schierando...

30 ORRIERE DELLA ERA D OMENICA 18 MARZO 2012Tuttavia il Diavolo di Rocco dominò l Europa schierando...

Date post: 10-Mar-2020
Category:
Upload: others
View: 0 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
1
«M e ’mbriago perché no go squadra». Era la pri- mavera del 1973. E l’al- larmata confidenza di Nereo Rocco all’amico Gianni Brera, durante una cena annaffiata più del solito dal buon vino, suonava esagerata. Il Milan ac- cusava un calo rispetto a qualche mese prima, ma resta- va primo in classifica ed era in finale di Coppa delle Coppe. A dispetto di quanto si diceva sul difensivismo di Rocco, i rossoneri si apprestavano a stabilire il re- cord di reti per il campionato a sedici squadre (alla fine sarebbero state 65) e avevano disputato quella che è tut- tora la partita con il maggior numero di gol nella storia della Serie A (Milan-Atalanta 9-3, 15 ottobre 1972). Rocco tuttavia si vantava di conoscere i suoi ragazzi meglio dei loro padri: li aveva forgiati o rigenerati (era specialista nel recuperare giocatori ritenuti in disarmo) uno per uno, con i metodi bruschi e paterni che, assie- me all’origine triestina, gli avevano procurato il sopran- nome di Paròn (padrone). Dopo un’annata al vertice, la spia della benzina segnava rosso fuoco. La finale euro- pea di Salonicco, contro i poderosi inglesi del Leeds, fu una battaglia disperata, in mezzo al fango, e anche un mezzo furto: il Milan segnò al terzo minuto con un cal- cio da fermo di Luciano Chiarugi e si chiuse a riccio per il resto del match, portando a casa il trofeo grazie alle parate di Villiam Vecchi e a un arbitraggio piuttosto ge- neroso. Quattro giorni dopo, sul campo di Verona, fu una catastrofe: la squadra rossonera, esausta, subì cin- que gol dai gialloblù e perse lo scudetto — sarebbe sta- to il decimo, quello della stella — all’ultima giornata, scavalcata dalla Juventus. Era il 20 maggio 1973: per una carognata del destino, il giorno del sessantunesimo compleanno di Rocco. Era nato nel 1912, figlio di un macellaio e suddito del- l’impero asburgico. Il nonno si chiamava Ludwig Rock, viennese trapiantato in riva all’Adriatico, poi il cogno- me era stato cambiato sotto il fascismo. Pochi come lui rappresentano Trieste, che gli ha intitolato lo stadio inaugurato nel 1992 e quest’anno dedica varie iniziative al suo centenario: Rocco simboleggia l’anima più popo- lare e schietta della città, ma anche la sua vocazione in- ternazionale, dato che è stato il primo (e per lungo tem- po il solo) allenatore italiano di club a vincere in Euro- pa. Il secondo, prima della rivoluzione di Arrigo Sacchi, è stato il suo fedele allievo Giovanni Trapattoni. Espansivo, corpulento (qualcuno lo paragonava all’o- mino dei pneumatici Michelin), allo stadio teneva il cappello sempre calcato in testa. Di lui nella memoria collettiva sono rimasti soprattutto gli aneddoti curiosi, l’ironia istintiva, l’umanità travolgente. Dice tutto il no- mignolo Paròn, ormai proverbiale per i veneti burberi, ma dal cuore grande: così veniva chiamato ad esempio Giulio Nascimbeni, tifoso rossonero e storico capo del- la redazione cultura del «Corriere». Il bel libro Nereo Rocco di Gigi Ga- ranzini (Mondadori) è una miniera in- finita di testimonianze sugli scherzi, le abbondanti libagioni, le battute sa- laci (a volte fin troppo) sempre rigoro- samente in dialetto triestino. La più celebre resta la risposta a un cronista che, alla vigilia di Padova-Juventus, gli disse: «Vinca il migliore». «Ciò, sperem de no», replicò il Paròn, che allenava i veneti. Ma Rocco non è solo colore, niente affatto. È anzi doveroso sottolineare il suo valore come tecni- co, perché realizzò alcuni piccoli mira- coli calcistici. Arrivò secondo al debut- to da allenatore in Serie A nel 1947-48 con la Triestina, inventando il ruolo del libero; fece del Padova un piccolo protagonista degli anni Cinquanta, terzo in classifica nel 1957-58; vinse con il Milan nel 1963 la prima Coppa dei Campioni mai conquistata da una squadra italiana. Ma il capolavoro fu il ritorno in rossonero nel 1967, do- po una parentesi al Torino. La società di via Turati non aveva allora le enormi risorse poi investite da Silvio Berlusconi e neppure più quelle, notevoli, che in precedenza aveva elargito An- drea Rizzoli. Il presidente era un giovanissimo Franco Carraro, subentrato al padre Luigi morto da poco. E la campagna acquisti fu modesta, addirittura si concluse con un saldo attivo di 500 milioni. Arrivarono due atleti ritenuti bolliti, Saul Malatrasi e Kurt Hamrin, più il por- tiere Fabio Cudicini, che la Roma aveva ceduto al Bre- scia. Si aggiunse a torneo iniziato il ventenne Pierino Prati, che vinse la classifica dei cannonieri alla sua pri- ma vera stagione in Serie A, 1967-68, mentre il Milan conquistava scudetto e Coppa delle Coppe. Seguirono nel 1969 la Coppa dei Campioni e l’Intercontinentale. Tutto (o quasi) merito di Rocco: fu impareggiabile nel motivare i giovani e rilanciare i veterani, dando la prio- rità alle doti caratteriali. Prima che ai calciatori, guarda- va agli uomini, Si è molto parlato di «catenaccio» del Paròn, di una filosofia all’insegna del «primo non prenderle». E di certo i giovanottoni del suo Padova (i famosi «manzi») marcavano a uomo, senza complimenti. Anche nel Mi- lan aveva predisposto quella che chiamava «linea Magi- not», peraltro ben più solida dell’originale. Tuttavia il Diavolo di Rocco dominò l’Europa schierando sempre tre attaccanti — Hamrin, Prati e Angelo Sormani — an- che in casa del leggendario Manchester United. In più c’era il talento cristallino, ma non certo dedito alla co- pertura, del pupillo prediletto di Rocco: Gianni Rivera. Per lui stravedeva, era disposto persino ad accapi- gliarsi con Brera. Nella godibilissima conversazione tra i due (ora in parte disponibile su YouTube) filmata da Gianni Minà a casa di Rocco, naturalmente davanti a parecchie bottiglie di quello buono, il Paròn difende Ri- vera con toni quasi estasiati. In italiano sembra non tro- vare i termini adatti, che certo gli sarebbero venuti ben più facilmente in triestino. Parla di «fantasia», poi di «arte», alla fine, un po’ esitante, arriva a dire «genio». Fu anche per affetto verso Rivera che Rocco accettò di tornare nel 1977 a prendere in mano un Milan allo sbando per disastri societari ed errori tecnici. Lo salvò dalla retrocessione e per giunta si aggiudicò la Coppa Italia, particolarmente gradita ai tifosi perché vinta in una finale tutta milanese a San Siro contro l’Inter. Poi rimase in rossonero dietro le quinte, ma venne tradito dall’amore per il vino. Una brutta broncopolmo- nite si sommò agli effetti di un’incipiente cirrosi ed eb- be il sopravvento su di lui il 20 febbraio 1979, tre mesi prima del suo sessantasettesimo compleanno. La sorte, ancora una volta maligna, gli tolse così la soddisfazione di festeggiarlo assieme alla stella del decimo scudetto, quella che gli era sfuggita nel fatale pomeriggio di Vero- na, conquistata dal Milan il 6 maggio 1979. Nessuno l’aveva meritata più di lui. © RIPRODUZIONE RISERVATA di ANTONIO CARIOTI Il pessimo compleanno di Nereo Rocco a Verona { 20.05.1912-20.05.1973 Dal 15 maggio al 31 luglio si tiene a Trieste la mostra multimediale «Nereo Rocco. La leggenda del Paròn», dedicata al grande tecnico, nel centenario della nascita. È un itinerario interattivo, ricco di oggetti personali, testimonianze, appunti, foto e filmati. La rassegna, realizzata dall’associazione Regola d’arte su impulso del Comune di Trieste e della Regione Friuli Venezia Giulia, sarà allestita al Magazzino 26 Porto Vecchio di Trieste. Il percorso è affidato alle cure di Gigi Garanzini, che ha dedicato al Paròn una biografia uscita nel 1999 da Baldini e Castoldi e riproposta in versione aggiornata da Mondadori nel 2009. Per informazioni: www.mostranereorocco.it Nella foto: Rocco con i suoi allievi Rivera e Trapattoni di Giovanni Russo I racconti di Giovanni Picardo, Pietre del Sud (Stamperia del Valentino) fondono passato e presente: le memorie dell’ultimo brigante e il fuoco intellettuale di Giordano Bruno; i minatori italiani soffocati dallo scoppio in una miniera in West Virginia; i ritratti di Annarella, la generosa prostituta del Vomero, e di «Lupo di strada» o «Cocco», personaggi di paesini solitari. Storie che tengono viva la memoria di una realtà che altrimenti andrebbe perduta. V ITA E M IRACOLI DEL P ARÒN D’ E UROPA Percorsi La data Luci a Mezzogiorno Ritratti di un tempo che fu La battuta più famosa Alla vigilia della partita tra Padova e Juventus, un cronista lo salutò dicendo: «Vinca il migliore». E lui, che allenava la squadra veneta, rispose: «Ciò, sperem de no» La provincia e la metropoli Con la Triestina inventò il ruolo del libero e nel 1947-48 arrivò secondo in Serie A. Poi vinse tutto a livello internazionale con un Milan che non aveva certo le risorse di Berlusconi Ricorre a maggio il centenario del grande allenatore del Milan, che lo stesso giorno — 61 anni dopo — perse all’ultima giornata la stella del decimo scudetto. Fu accusato di fare catenaccio, ma schierava tre punte più Rivera e fu il primo italiano a conquistare la Coppa dei Campioni i R RR R RR 30 LA LETTURA CORRIERE DELLA SERA DOMENICA 18 MARZO 2012
Transcript
Page 1: 30 ORRIERE DELLA ERA D OMENICA 18 MARZO 2012Tuttavia il Diavolo di Rocco dominò l Europa schierando sempre treattaccanti Hamrin,PratieAngeloSormani an-che in casa del leggendario

«Me ’mbriago perché nogo squadra». Era la pri-mavera del 1973. E l’al-larmata confidenza diNereo Rocco all’amicoGianni Brera, duranteuna cena annaffiata più

del solito dal buon vino, suonava esagerata. Il Milan ac-cusava un calo rispetto a qualche mese prima, ma resta-va primo in classifica ed era in finale di Coppa delleCoppe. A dispetto di quanto si diceva sul difensivismodi Rocco, i rossoneri si apprestavano a stabilire il re-cord di reti per il campionato a sedici squadre (alla finesarebbero state 65) e avevano disputato quella che è tut-tora la partita con il maggior numero di gol nella storiadella Serie A (Milan-Atalanta 9-3, 15 ottobre 1972).

Rocco tuttavia si vantava di conoscere i suoi ragazzimeglio dei loro padri: li aveva forgiati o rigenerati (eraspecialista nel recuperare giocatori ritenuti in disarmo)uno per uno, con i metodi bruschi e paterni che, assie-me all’origine triestina, gli avevano procurato il sopran-nome di Paròn (padrone). Dopo un’annata al vertice, laspia della benzina segnava rosso fuoco. La finale euro-pea di Salonicco, contro i poderosi inglesi del Leeds, fuuna battaglia disperata, in mezzo al fango, e anche unmezzo furto: il Milan segnò al terzo minuto con un cal-cio da fermo di Luciano Chiarugi e si chiuse a riccio peril resto del match, portando a casa il trofeo grazie alleparate di Villiam Vecchi e a un arbitraggio piuttosto ge-neroso. Quattro giorni dopo, sul campo di Verona, fuuna catastrofe: la squadra rossonera, esausta, subì cin-que gol dai gialloblù e perse lo scudetto — sarebbe sta-to il decimo, quello della stella — all’ultima giornata,scavalcata dalla Juventus.

Era il 20 maggio 1973: per una carognata del destino,il giorno del sessantunesimo compleanno di Rocco.Era nato nel 1912, figlio di un macellaio e suddito del-l’impero asburgico. Il nonno si chiamava Ludwig Rock,viennese trapiantato in riva all’Adriatico, poi il cogno-me era stato cambiato sotto il fascismo. Pochi come luirappresentano Trieste, che gli ha intitolato lo stadioinaugurato nel 1992 e quest’anno dedica varie iniziative

al suo centenario: Rocco simboleggia l’anima più popo-lare e schietta della città, ma anche la sua vocazione in-ternazionale, dato che è stato il primo (e per lungo tem-po il solo) allenatore italiano di club a vincere in Euro-pa. Il secondo, prima della rivoluzione di Arrigo Sacchi,è stato il suo fedele allievo Giovanni Trapattoni.

Espansivo, corpulento (qualcuno lo paragonava all’o-mino dei pneumatici Michelin), allo stadio teneva ilcappello sempre calcato in testa. Di lui nella memoriacollettiva sono rimasti soprattutto gli aneddoti curiosi,l’ironia istintiva, l’umanità travolgente. Dice tutto il no-mignolo Paròn, ormai proverbiale per i veneti burberi,ma dal cuore grande: così veniva chiamato ad esempioGiulio Nascimbeni, tifoso rossonero e storico capo del-la redazione cultura del «Corriere».

Il bel libro Nereo Rocco di Gigi Ga-ranzini (Mondadori) è una miniera in-finita di testimonianze sugli scherzi,le abbondanti libagioni, le battute sa-laci (a volte fin troppo) sempre rigoro-samente in dialetto triestino. La piùcelebre resta la risposta a un cronistache, alla vigilia di Padova-Juventus,gli disse: «Vinca il migliore». «Ciò,sperem de no», replicò il Paròn, cheallenava i veneti. Ma Rocco non è solocolore, niente affatto. È anzi doverososottolineare il suo valore come tecni-co, perché realizzò alcuni piccoli mira-coli calcistici. Arrivò secondo al debut-to da allenatore in Serie A nel 1947-48con la Triestina, inventando il ruolodel libero; fece del Padova un piccoloprotagonista degli anni Cinquanta, terzo in classificanel 1957-58; vinse con il Milan nel 1963 la prima Coppadei Campioni mai conquistata da una squadra italiana.Ma il capolavoro fu il ritorno in rossonero nel 1967, do-po una parentesi al Torino.

La società di via Turati non aveva allora le enormirisorse poi investite da Silvio Berlusconi e neppure piùquelle, notevoli, che in precedenza aveva elargito An-drea Rizzoli. Il presidente era un giovanissimo FrancoCarraro, subentrato al padre Luigi morto da poco. E lacampagna acquisti fu modesta, addirittura si conclusecon un saldo attivo di 500 milioni. Arrivarono due atletiritenuti bolliti, Saul Malatrasi e Kurt Hamrin, più il por-tiere Fabio Cudicini, che la Roma aveva ceduto al Bre-scia. Si aggiunse a torneo iniziato il ventenne PierinoPrati, che vinse la classifica dei cannonieri alla sua pri-ma vera stagione in Serie A, 1967-68, mentre il Milanconquistava scudetto e Coppa delle Coppe. Seguirono

nel 1969 la Coppa dei Campioni e l’Intercontinentale.Tutto (o quasi) merito di Rocco: fu impareggiabile nelmotivare i giovani e rilanciare i veterani, dando la prio-rità alle doti caratteriali. Prima che ai calciatori, guarda-va agli uomini,

Si è molto parlato di «catenaccio» del Paròn, di unafilosofia all’insegna del «primo non prenderle». E dicerto i giovanottoni del suo Padova (i famosi «manzi»)marcavano a uomo, senza complimenti. Anche nel Mi-lan aveva predisposto quella che chiamava «linea Magi-not», peraltro ben più solida dell’originale. Tuttavia ilDiavolo di Rocco dominò l’Europa schierando sempretre attaccanti — Hamrin, Prati e Angelo Sormani — an-che in casa del leggendario Manchester United. In piùc’era il talento cristallino, ma non certo dedito alla co-pertura, del pupillo prediletto di Rocco: Gianni Rivera.

Per lui stravedeva, era disposto persino ad accapi-gliarsi con Brera. Nella godibilissima conversazione trai due (ora in parte disponibile su YouTube) filmata daGianni Minà a casa di Rocco, naturalmente davanti aparecchie bottiglie di quello buono, il Paròn difende Ri-vera con toni quasi estasiati. In italiano sembra non tro-vare i termini adatti, che certo gli sarebbero venuti benpiù facilmente in triestino. Parla di «fantasia», poi di«arte», alla fine, un po’ esitante, arriva a dire «genio».

Fu anche per affetto verso Rivera che Rocco accettòdi tornare nel 1977 a prendere in mano un Milan allosbando per disastri societari ed errori tecnici. Lo salvòdalla retrocessione e per giunta si aggiudicò la CoppaItalia, particolarmente gradita ai tifosi perché vinta inuna finale tutta milanese a San Siro contro l’Inter.

Poi rimase in rossonero dietro le quinte, ma vennetradito dall’amore per il vino. Una brutta broncopolmo-nite si sommò agli effetti di un’incipiente cirrosi ed eb-be il sopravvento su di lui il 20 febbraio 1979, tre mesiprima del suo sessantasettesimo compleanno. La sorte,ancora una volta maligna, gli tolse così la soddisfazionedi festeggiarlo assieme alla stella del decimo scudetto,quella che gli era sfuggita nel fatale pomeriggio di Vero-na, conquistata dal Milan il 6 maggio 1979. Nessunol’aveva meritata più di lui.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

di ANTONIO CARIOTI

Il pessimo compleannodi Nereo Rocco a Verona

{20.05.1912-20.05.1973

Dal 15 maggio al 31 lugliosi tiene a Trieste la mostra

multimediale «Nereo Rocco.La leggenda del Paròn»,

dedicata al grande tecnico,nel centenario della nascita.

È un itinerario interattivo,ricco di oggetti personali,

testimonianze, appunti, fotoe filmati. La rassegna,

realizzata dall’associazioneRegola d’arte su impulso

del Comune di Trieste edella Regione Friuli Venezia

Giulia, sarà allestita alMagazzino 26 PortoVecchio di Trieste. Il

percorso è affidato alle curedi Gigi Garanzini, che ha

dedicato al Paròn unabiografia uscita nel 1999 da

Baldini e Castoldi eriproposta in versione

aggiornata da Mondadorinel 2009. Per informazioni:

www.mostranereorocco.itNella foto: Rocco con i suoi

allievi Rivera e Trapattoni

di Giovanni Russo

I racconti di Giovanni Picardo, Pietre del Sud(Stamperia del Valentino) fondono passato epresente: le memorie dell’ultimo brigante e ilfuoco intellettuale di Giordano Bruno; iminatori italiani soffocati dallo scoppio in una

miniera in West Virginia; i ritratti di Annarella,la generosa prostituta del Vomero, e di «Lupodi strada» o «Cocco», personaggi di paesinisolitari. Storie che tengono viva la memoria diuna realtà che altrimenti andrebbe perduta.

VITA E MIRACOLI DEL PARÒN D’EUROPA

Percorsi La dataLuci a Mezzogiorno

Ritratti di un tempo che fu

La battuta più famosaAlla vigilia della partita tra Padova e

Juventus, un cronista lo salutòdicendo: «Vinca il migliore». E lui,

che allenava la squadra veneta,rispose: «Ciò, sperem de no»

La provincia e la metropoliCon la Triestina inventò il ruolo dellibero e nel 1947-48 arrivò secondo

in Serie A. Poi vinse tutto a livellointernazionale con un Milan che non

aveva certo le risorse di Berlusconi

Ricorre a maggio il centenario del grande allenatore del Milan, che lostesso giorno — 61 anni dopo — perse all’ultima giornata la stella deldecimo scudetto. Fu accusato di fare catenaccio, ma schierava tre puntepiù Rivera e fu il primo italiano a conquistare la Coppa dei Campioni

i

RRRRRR

30 LA LETTURA CORRIERE DELLA SERA DOMENICA 18 MARZO 2012

Recommended