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Italian TC Phoenix Review
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Anno II - Mensile - Dicembre 2006 Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Milano
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Anno II - Mensile - Dicembre 2006Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Milano

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CM&PS

PROJECT STUDIO

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Un compressore valvolare basato sulla variazione continua del Mu ha alcune caratteristiche proprie che lo distinguono

da tutti gli altri anche nelle applicazioni. La curva di compressione è di tipo soft knee, sempre molto gentile e rotonda, e i circuiti valvolari apportano al suono quello che comunemente è chiamato calore della valvola. In altre parole c’è una modifica dell’equalizzazione, con bassi più corposi, i medi sono più omogenei e densi, e le alte tendono a perdere d’asprezza. Si perde qualcosa nel microdettaglio, ma si guadagna tantissimo in piacevolezza del suono. In realtà le cose non sono mai così nette e lo vedremo anche su Phoenix.Ci sono infatti almeno tre elementi da tenere in considerazione: l’impiego o meno di trasformatori in ingresso e in uscita, l’integrazione di un circuito di gain nello stadio iniziale, e il livello di saturazione delle valvole con l’introduzione della tipica distorsione valvolare. La riduzione del gain di questo tipo di compressori non è mai elevata, per i limiti intrinseci delle valvole, tanto che sul Phoenix è riportato un fondo scala di 20 dB, praticamente impossibile da raggiungere. Al massimo si raggiungono i 15 dB.

I prodotti di Thermionic, in particolare Phoenix ed Earlybird 2, sono stati recentemente utilizzati da Peter Katis per Interpol, da Prodigy in “Always Outnumbered, Never Outgunned”, e sull’ultimo CD di Madonna, dove il Phoenix è stato spalmato un po’ ovunque. La lista potrebbe continuare...

HARDWARE

Le tre unità rack servono quasi più a dissipare il calore delle valvole che non a contenere i circuiti, i quali sono in realtà divisi da un piano. Sul lato superiore trovano posto le valvole, i controlli, i due VU Meter, non retroilluminati, il trasformatore per l’alimentazione (un bel Sowter) e due trasformatori per i segnali in ingresso. Il lato inferiore accoglie la rimanente parte dei componenti, tutti saldati a mano, senza alcun operazionale inserito o visibile e i due altri trasformatori per l’uscita. Phoenix è fatto così: è un progetto molto classico, esente da componenti integrati dall’inizio alla fine, e senza circuiti stampati.Le connessioni sono ridotte a due ingressi e due uscite bilanciate XLR. Non c’è possibilità di inserire un side-chain esterno.

THERMIONIC THE PHOENIXIl compressore valvolare delle meraviglie

Tra le tecnologie impiegate dai costruttori di compressori valvolari, la più rara ma anche la più ricercata

per dolcezza e calore è basata sul Mu variabile delle valvole, la stessa

impiegata su un certo Stereo Variable Mu di Manley Labs e, anche se non

importato e con aspetti tecnici differenti, su ES-8 di Pendulum Audio.

Il terzo della lista è in prova questa mese. Benvenuti a The Phoenix, un

altro progetto del veterano Vic Keary.

di Luca Pilla

Fig. 1 Le feritoie per raffreddare le valvole. Fig. 2 Il piano superiore con le valvole e i trasformatori.

NEL

CD R

OM

ESEMPI ESCLUSIVI

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THERMIONIC THE PHOENIX

Il pannello di controllo è semplice: ogni canale dispone di controllo di gain, tempo di attacco, tempo di rilascio e soglia di intervento. Tre switch consentono il bypass completo dell’unità e l’attivazione del Link tra i canali per la compressione, dove quello che comprime di più guida anche la compressione dell’altro. Due controlli di Trim permettono di ridurre il livello d’uscita. Non c’è, e non ci può essere, un controllo di rapporto di compressione. La ratio è infatti stabilita dalla soglia e dal livello del gain. Più il compressore lavora, più aumenta il rapporto di compressione, che passa da 1.2:1 a 5:1. I tempi di attacco vanno da 4 a 120 ms, quelli di rilascio da 60 ms a 2.2 secondi. Le specifiche sono notevoli per essere un valvolare. L’unità in prova è giunta con le relative misure che vi riportiamo nel box relativo.

OPERATIVITÀ

C’è molto da dire su Phoenix, a dispetto dei pochi controlli. La soglia di intervento, quando posta su 11, esclude di fatto il compressore ma mantiene attivo lo stadio di gain. Entrando a +24 dBu il gain provoca una distorsione udibile oltrepassando il valore 7, fino a distorcere completamente il suono, in senso valvolare. Avrete già capito che prima ancora che un compressore, Phoenix può essere usato per inserire il suono della valvola nel segnale audio, riscaldando da subito anemiche e sterili tracce digitali. Assieme al gain lavora il controllo di soglia: più si incrementa il gain più bisogna anche aumentare la soglia, perché in caso contrario aumenta la compressione. Giocando con questi due controlli si possono ottenere miriadi di variazioni: con un gain basso si lavora con un suono molto pulito e basta diminuire la soglia per aumentare la compressione. Viceversa è possibile colorare pesantemente il suono aumentando il gain, introducendo così fini modifiche sul colore del suono fino a distorsioni evidentissime,

e riducendo di conseguenza la soglia. La riduzione del gain appare infatti estremamente piacevole fino a circa 6 dB, dopo di che appare un suono schiacciato tipico di altri compressori. Più si comprime più cambia anche la colorazione del suono, con una perdita di ambiente evidente e di dettagli, che sono invece esaltati sotto i 6 dB. Prendere un compressore di

questo tipo serve per dare densità al suono, senza sentirlo schiacciato, e per avere quella patina che rende tutto molto più piacevole. Non a caso il Vairable Mu di Manley è uno dei compressori più utilizzati in fase di mastering. C’è comunque da sottolineare come i VU Meter siano solo una traccia da considerare fino a un certo punto. La loro estrema lentezza potrebbe far pensare a interventi assenti del compressore, quando invece gli impulsi sono regolarmente trattati. Su un compressore di questo livello vi potete anche scordare di osservarli e lavorare, finalmente, solo con le vostre orecchie.

IN PROVA

The Phoenix è arrivato nello stesso momento in cui stavamo lavorando su diverse produzioni, compresa la classica. Eravamo molto curiosi di sentire come potesse suonare su qualsiasi genere di materiale e così è stato. Abbiamo cominciato con alcune tracce di chitarra e siamo riusciti a tirare fuori una bella porzione d’attacco incrementando la presenza di medio basse. In questo caso abbiamo impiegato un tempo piuttosto alto (intorno ai 5) e un tempo di rilascio sui 5, con una riduzione di soli 2 dB. Lasciando inalterati i tempi, variando in proporzione il gain e la soglia siamo stati in grado di aggiungere o togliere armoniche ed equalizzazione valvolare.

Test passato a pieni voti. Su una traccia stereo orchestrale, registrata con due Royer R122 e un GML 8302 su un Tascam DV RA-1000 a 44/16, il Phoenix è stato utile per equilibrare i livelli per ascolti meno sopraffini e, sempre con un massimo di 6 dB per i picchi più alti, ha permesso di ottenere un suono più pieno e meno digitale, lisciando qualche spigolo del Tascam (non è un Prism o un Apogee...).Siamo passati ai bassi: il controllo sulle medie e sulle alte è stato prevedibile, mentre sulle basse è stato aggiunto più peso che, in paio di casi, ha richiesto l’intervento dell’eq per rimodellare la traccia originale. Conoscendo a priori il comportamento del Phoenix è facile adattare l’equalizzazione iniziale. Phoenix non ha toccato l’inviluppo generale del suono, come accade su compressori non all’altezza del lavoro o su molti plug-in. Abbiamo usato Phoenix anche sulla voce e siamo rimasti entusiasti dei risultati, perché ha acquistato una rotondità e una pastosità invidiabili,

LE MISURE DELL’UNITÀ IN PROVARisposta in frequenza a 0 dB di compressione: 11 Hz- 83 kHz -1 dBRisposta in frequenza a 8 dB di compressione: 4 Hz - 99 kHz -1 dBDistorsione a 0 dB di compressione: 0.029% a 1 kHz, 0.021 a 100 HzDistorsione a 8 dB di compressione: 0.19% a 1 kHz, 0.18% a 100 HzRapporto segnale rumore a 0 dB di compressione: 103.5 dBLivello massimo d’uscita (distorsione 1%): +24.5 dBValvole: ingresso 2x Siemens PCC85, uscita 2x RFT ECC81, detector Mullard CV4025

Fig. 3 Il piano inferiore è occupato dai circuiti saldati a mano.

Fig. 4 Un particolare dei due trasformatori in ingresso.

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stampate poi in digitale dal convertitore.La vera sorpresa è arrivata sul bus stereo: abbiamo ripreso i pezzi che avevamo provato per lo speciale G Compressor e siamo rimasti impressionati dal calore introdotto, che ha spazzato via rigidità e sapore digitale. Anche qui sono bastati veramente pochissimi dB per fare la differenza. In tutti i casi anche l’ambiente subisce il trattamento cosmetico del Phoenix, con il risultato che gli ambienti diventano più chiusi e meno profondi, ma sono ancora molto piacevoli. C’è un certo schiacciamento del panorama tridimensionale, ma è anche il bello della valvola

e di migliaia di dischi basati su questo suono.L’unico neo sono le serigrafie del pannello. Avremmo preferito avere indicazioni più precise sulla posizione dei controlli, come accade per esempio su Summit DCL 200. L’assenza del side-chain non è così importante per un compressore così gentile e delicato, anche se sarebbe stata gradita. I due VU Meter sono una indicazione di massima della compressione. Meglio

andare a orecchio... Sul CD abbiamo inserito una serie di esempi di quello che si può ottenere con Phoenix e pochi dB di compressione. Crediamo non ci sia bisogno di commenti ulteriori.

CONCLUSIONI

Per anni il marketing ci ha venduto valvole dicendoci che avrebbero scaldato il suono. Quasi sempre sono state bufale e un po’ più di riscaldamento nella stanza. Questa volta abbiamo trovato qualcosa che il suono lo scalda e lo affina davvero! La cosa impressionante di Phoenix è la facilità con cui si arriva a questo risultato. Si perde qualcosa in iperdettaglio ma si guadagna tantissimo in attrattiva del suono e dei colori. È indicato prima di tutto per il bus stereo ma anche per il trattamento gentile delle voci e degli strumenti acustici. In puro tracking è forse un po’ limitato, proprio per la sua curva dolce, quando si

GABRIELE CERLINI E L’ESPERIENZA SU THE PHOENIXHo aggiunto di recente il Thermionic The Phoenix all’arsenale del mio project studio; la cosa non è sfuggita all’onnisciente Luca Pilla, curioso sulle motivazioni che hanno spinto un produttore di musica Dance verso questa scelta. La prima impressione su questo compressore è stata che qualunque segnale passasse attraverso le valvole del Phoenix, anche se non regolato per una effettiva compressione, ne uscisse “migliorato”, trovando posto più facilmente nel mix. Si tratta di quello che gli americani definiscono Mojo, cioè quel “non so che” piacevole che può ricordare la leggera saturazione del nastro analogico. Aumentando la compressione, la musica cambia e il Phoenix si scatena in tutta la sua efficacia e calore. Questo “calore” è esattamente la caratteristica principale e adorabile del Phoenix; sulle voci soliste e i backing vocal è pura magia, migliore di macchine eccezionali come il Distressor o il Summit DCL 200 con cui l’ho confrontato. Crea uno “spazio” intorno alle voci, credo saturando leggermente le medio-basse frequenze. A volte fin troppo, ma basta bilanciare con un tocco di EQ sui 3kHz per ottenere la perfezione. Sul brano che sto ultimando in questi giorni ho applicato ben 8-10 dB di compressione ad una voce maschile, senza artefatti sgradevoli. Un altro uso ideale per il Phoenix nell’ambito Dance è la

“preamplificazione” dei suoni generati dai plug-in software; basta una leggera compressione e questi suoni perdono la loro durezza caratteristica e si siedono assai meglio nel mix. Mi capita, verso la fine del mixaggio, di “passare” tutta la traccia di un plug-in (ma anche del mio Studio Electronics SE1-X se è per quello!) attraverso le valvole del Phoenix, registrandola in audio per poi riassegnare alla macchina i vocals. Andando un po’ over the top con il controllo Gain, entra in gioco la distorsione, tipicamente valvolare, che può piacere o meno. Il compressore è un po’ lento (infatti le “s” e le “t” sparano un po’ rispetto a macchine più veloci come il Distressor) e perciò non me lo fa preferire al SSL nell’uso sul mix bus; probabilmente è questione di genere musicale. Però ho sperimentato con ottimi risultati la tecnica di registrare in audio tutto il mix tranne la batteria (voci, synth, effetti) passandolo attraverso il Phoenix, poi mixare la traccia ottenuta con la batteria… fantastico! Attenzione però: se avete trattato pesantemente una traccia (la voce) col Phoenix, un secondo passaggio attraverso la stessa macchina potrebbe svelare un po’ di distorsione indesiderata. Infine, la macchina è esteticamente meravigliosa: quegli enormi VU Meter e le valvole a vista fanno fare “oh” anche ai non “addetti ai lavori”!

Fig. 5 Le connessioni.

Fig. 6 I due trasformatori d’uscita.

SCHEDA THERMIONIC THE PHOENIX

• Livello massimo d’uscita: +24 dB a 10 kOhm• Gain massimo: +30 dB• Distorsione armonica totale: migliore di 0.09% a 1 kHz, 0.11% a 100 Hz• Rumore: -95 dB• Risposta in frequenza: 0/-1dB 12 Hz fino a 60 kHz• Impedenza d’uscita: 600 Ohm

Distributore:Funky Junk Italy srl,via Pollaiuolo 15,20159 MilanoTel 02-69016229www.funkyjunk.itPrezzo: € 3.200 + IVA

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THERMIONIC THE PHOENIX

vuole stravolgere un suono. Al contrario chi cerca un compressore che non si faccia sentire e dia una bella colorazione naturale e calda sulla singola traccia, trova in Phoenix il compagno perfetto. Le fasi di attacco del suono sono sempre gestite in modo prevedibile ed è facile tirare fuori la pacca da qualsiasi suono. Pensiamo per esempio ai

chitarristi acustici ed elettrici, che quasi sempre si riconosco in questi colori.Al termine del test non abbiamo dubbi: Phoenix ha un destino roseo. Si parla molto di sommatori, ma per un prezzo simile è possibile chiudere la partita con un Phoenix e ridonare al mix stereo o alla singola traccia quel calore, quella densità e

quella crema a cui eravamo abituati dall’analogico di razza e dai nastri magnetici, portandosi a casa anche un compressore di grandissima qualità. Se è la valvola che state cercando, intesa nel migliore dei suoni, Phoenix deve essere vostro. Se è il suono digitale che vi ossessione, Phoenix è l’antidoto!

QUATTRO CHIACCHERE CON… VIC KEARYCome sapete dietro a Thermionic c’è un big dell’audio professionale come Vic Keary. Lo abbiamo contattato per avere alcune sue opinioni sui prodotti e sull’audio in generale.

Vic, hai cominciato a costruire outboard alla fine degli anni ’50 e hai vissuto la storia dell’audio professionale. Dopo 50 anni, cose ne pensi della qualità dell’hardware di questi ultimi anni?Ho cominciato a costruire appena prima del 1952. La qualità del suono registrato ha toccato un picco quando nel 1960 Ampex e Philips commercializzarono il primo registratore a 30 ips a valvole. La qualità è peggiorata nel momento in cui le valvole sono state sostituite da componenti a stato solido, e il suono diventò più duro e meno naturale. Le recenti innovazioni nella registrazione digitale sono comparabili a quelle dei primi registratori a nastro a 30 ips, specialmente quando si usano le valvole nel primo stadio della registrazione.

I tuoi prodotti suonano benissimo. Ho provato l’Earlybird II e la risposta in frequenza era notevole per essere un prodotto valvolare. Sei riuscito a trovare il bilanciamento corretto tra la precisione dello stato solido e il suono caldo della valvola.

Quanto è stato difficile arrivare a questo risultato con questa qualità?La risposta è che si tratta solo di una questione di tempo per ottenere il bilanciamento giusto degli elementi. Il prototipo di Earlybird è stato costruito ben dieci anni fa.

Di sicuro c’è più spazio oggi per hardware di grande qualità con un’anima. Pensi che sia più facile costruire outboard valvolari con queste caratteristiche, piuttosto che con componenti a stato solido?Naturalmente sì, credo sia più facile arrivare a questo risultato con le valvole. Ci sono però progetti differenti che possono avere questa anima, come per esempio i primi prodotti di Neve, che avevano un suono tutto loro.

Sempre parlando di Earlybird 2, come sei riuscito a contenere la distorsione e il rumore delle valvole?Facile. Ottime valvole hanno un valore di distorsione e di rumore migliore dei componenti a stato solido. I trasformatori audio sono molto importanti e ho la fortuna di lavorare a contatto con Brian Sowter, della Sowter Transformers, per produrre la soluzione migliore per i nostri circuiti.

Veniamo al Phoenix. L’uso del Mu variabile è presente anche nel Variable Mu di Manley. Possiamo concludere che esiste un suono caratteristico dei compressori con Mu variabile?Ho sentito parlare molto del Manley ma non l’ho mai usato, quindi non so darti una risposta.

Lo stadio di gain del Phoenix è perfetto per passare da un suono aperto e pulito a un suono più distorto, sempre con il calore della valvola. Come lo hai realizzato? E ci sono similarità con lo stadio di gain di Earlybird 2?Lo stadio di gain è un doppio triode vari-mu, la cui distorsione aumenta proporzionalmente al livello. Lo stadio di uscita, sempre realizzato con un doppio triode in un circuito bilanciato, dispone di un trim che è posto alla fine di tutta l’elettronica. Quindi quando il livello d’uscita della valvola è molto alto, il trim permette di riportare

a un livello normale il livello d’uscita. Il trim d’uscita era inteso, nel progetto originale, per far lavorare il Phoenix anche a –10 dB, ma sempre più spesso è usato per gestire la distorsione, anche se questa non era la sua finalità. L’Earlybird II impiega lo stesso design, ma lo stadio valvolare d’ingresso è totalmente esente da distorsione. La distorsione generata su entrambi i modelli è quasi tutta a carico della seconda armonica, quindi è molto più musicale delle armoniche dispari prodotte dallo stato solido.

Puoi dirmi a che livello compare questa distorsione?C’è sempre un minimo di distorsione sebbene sia a un livello molto basso.

Esiste la possibilità di modificare in hardware il tempo di attacco e rilascio? Qualche volta avrei voluto avere un tempo di attacco migliore, ma credo che le valvole introducano alcuni cambiamenti nel tempo di attacco.Hai perfettamente ragione. Le valvole in uscita definiscono il limite del tempo di attacco. Abbiamo migliorato i tempi di rilascio negli ultimi modelli.

Quanto tempo hai impiegato per progettare e costruire Phoenix ed Earlybird 2?Ho costruito il primo compressore a Mu variabile nel 1964 e credo si possa definire il primo prototipo del Phoenix, ma l’ho lasciato così com’era per i successivi 30 anni, periodo in cui ho lavorato come sound engineer. Il prototipo di Earlybird è datato 1996. Ci vuole tempo per fare le cose giuste.

Dov’è possibile ascoltare il suono di Phoenix ed Earlybird 2?Phoenix e Culture Vulture sono stati usati molto negli album registrati negli Stati Uniti e in Inghilterra, da Diana Krall a Madonna, fino a Turin Breaks & Artic Monkeys. Per Earlybird 2 è ancora un po’ presto, essendo un progetto più recente.

Qual è il prossimo progetto di Thermionic?Abbiamo appena introdotto una versione mastering per Phoenix e abbiamo un sacco di idee, ma non voglio dire molto al momento.

Vic Keary nel suo laboratorio


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