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ANNO V | #051| GIOVEDI’ 29 MAGGIO 2014 COM VISIONI / ENRICO GALASSO La ricetta anticrisi di un big: Coca-Cola In un momento di particolare difficol- tà per il sistema economico, la mul- tinazionale ha elaborato una vision che in- tende trasferire al mercato; una strategia sempre innovativa e al passo con i tempi 20 6 3 8 10 12 18 mARkEtpLACE SCENARIO COmpANy mEdIA LINk Smart Panel integra Auditel Csr Online Awards Italy: ecco i risultati Il mais Bonduelle in promozione Amazon contro Hachette, è guerra La Rai si porta fuori da YouTube Fra Publicis e Omnicom l’affare non si fa più!
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ANNO V | #051| GIOVEDI’ 29 MAGGIO 2014COM

VISIONI / ENRICO GALASSOLa ricetta anticrisi di un big: Coca-Cola

In un momento di particolare difficol-tà per il sistema economico, la mul-

tinazionale ha elaborato una vision che in-tende trasferire al mercato; una strategia sempre innovativa e al passo con i tempi

20

63 8 10 12 18mARkEtpLACE SCENARIOCOmpANy mEdIA LINk Smart Panel integra Auditel

Csr Online Awards Italy: ecco i risultati

Il mais Bonduelle in promozione

Amazon contro Hachette, è guerra

La Rai si porta fuori da YouTube

Fra Publicis e Omnicom l’affare non si fa più!

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COM

COVER STORY

Era la fine di luglio del 2013, nemmeno un anno fa: la sta-tunitense Omnicom Group e la francese Publicis, rispetti-vamente al secondo e al ter-zo posto tra le maggiori so-cietà pubblicitarie nel mondo, annunciano la sigla di un accor-do di fusione alla pari. Un’inte-sa clamorosa, destinata a dare vita a una nuova entità da 35,1 miliardi di dollari di capitaliz-zazione di mercato e quasi 23

miliardi di fatturato. Una bom-ba per il mercato. Un’operazio-ne che ridefinisce gli equilibri nel panorama internazionale della comunicazione commer-ciale. Roba da film. La nuova società, informava un nota con-giunta, avrebbe preso il nome di Publicis Omnicom Group e sa-rebbe stata inizialmente guida-ta dagli amministratori delegati delle due aziende. In una secon-da fase, il cui inizio era stato fis-

sato dopo trenta mesi dalla de-finizione dell’accordo, il ceo di

Publicis, Maurice Levy, avreb-be assunto la carica di presiden-

te non-esecutivo, mentre quello di Omnicom, John Wren, avreb-

I retroscena dI un mancato accordo. PublIcIs e omnIcom hanno gettato la sPugna

Siamo spiacenti, l’affare non si fa più!non se ne fa PIù nIente: quando tutto sembrava PresagIre alla defInItIva costruzIone dI una holdIng InternazIonale da 130 mIla dIPendentI e oltre 35 mIlIardI dI dollarI dI fatturato, Il colPo dI scena fInale e la rInuncIa congIunta al merger. tra statI unItI e francIa Il corto cIrcuIto resta semPre dIetro l’angolo. anche nella comunIcazIone

be mantenuto il ruolo di am-ministratore delegato. I trenta mesi non sono ancora passati dall’estate 2013. Ne sono trascor-si meno di dieci. E l’affare non si fa più. Tutto saltato. Fine dei giochi. Come un fulmine a ciel sereno, all’inizio del mese - pre-cisamente l’8 maggio e a Borse europee e americane rigorosa-mente chiuse -, è rimbalzato su-gli schermi dei pc di migliaia di redazioni in tutto il mondo il co-municato ufficiale sulla rinun-cia, di comune accordo, delle

di daniele Bologna e aureliano roio

stesse Publicis Groupe e Omni-com Group al merger annun-ciato l’anno prima, che avrebbe portato alla creazione del super-gruppo. Tra i motivi ci sarebbe-ro le numerose difficoltà di ordi-ne fiscale che hanno prolungato oltre i tempi previsti le operazio-ni, soprattutto da parte delle au-torità fiscali olandesi, paese che avrebbe dovuto ospitare l’hea-dquarter di Publicis Omnicom Group. Ma non sono mancati neppure disaccordi tra gli exe-cutive sui futuri ruoli a causa delle diverse culture aziendali. Da un punto di vista tecnico, in particolare contabile, una socie-tà avrebbe dovuto acquisire l’al-tra per procedere con la fusione. Tale tecnicismo ha rappresenta-to un fattore di divergenza nel-le trattative tra i vertici delle due aziende al pari dei ritardi nell’ot-tenere, come detto, le autoriz-zazioni antitrust, soprattutto in Cina. Dato che l’accordo è mu-tuo, nessuna delle parti pagherà la termination fee di 500 milioni di dollari. Nella nota erano con-tenute anche le dichiarazioni di Maurice Lévy, chairman and chief executive officer di Publi-cis Groupe, e John Wren, presi-dent and chief executive officer di Omnicom Group: «I proble-mi che ancora restavano da su-perare, oltre alla lentezza del processo, hanno creato un livel-lo di incertezza pregiudizievo-le per gli interessi di entrambi i gruppi e i loro dipendenti, clien-ti e azionisti. Abbiamo così deci-so congiuntamente di procedere su percorsi indipendenti. Natu-ralmente resteremo concorren-

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le nozze ImPossIbIlI tra golIa e golIa!

«E’ stato tutto un nostro piano: perché non organizzare un mega fallimento con protagonisti due giganti?Così anziché la solita acquisizione “golia-contro-davide”, abbiamo pensato a “golia-contro-golia”: Il matrimo-nio impossibile». Mentre il mondo è ancora impegna-to a chiedersi come possa essere naufragato un pro-getto di fusione per cui, la sola parte di due diligence, è costata 10 mesi e 100 milioni di dollari, la risposta più efficace giunge dalla agenzia indipendente france-se Fred&Farid attraverso una video-parodia che rac-conta la case history Publicom. La storia inizia con due finte mail recapitate rispettivamente a Maurice Levì e John Wrein. «Caro Maurice, non sono insensibile al tuo charme gallico e ho sempre amato le french fries… penso che dovremmo sposarci e fondere i nostri gruppi in un colosso da 35 miliardi»; «Caro John, potresti pen-sare che sono un “francese matto”, ma ho sempre am-mirato la creatività di G.W.Bush nel vincere le elezio-ni…e il gelato al bacon!»….

COVER STORY

ti, ma con un grande rispetto gli uni per gli altri». Colpo di scena. Tra le questioni che restano sul tavolo dopo il fallimento del deal sono i conti da pagare: secon-do le ricostruzioni fornite dalla stampa specializzata americana, alla fine del 2013 Omnicom ave-va speso per questioni legate al merger 41,4 milioni di dollari e altri 7 milioni nel primo quar-ter, mentre il conto di Publicis ammontava a 52 milioni di dol-lari nel solo 2013. Commentan-do la notizia Martin Sorrell, ceo di Wpp - la holding numero uno del mondo -, ha spiegato che il fallimento del merger tra le due big company non fermerà, co-munque, il processo di conso-lidamento all’interno del mer-cato pubblicitario, suggerendo che verosimilmente Interpublic Group possa venire acquisita da Dentsu Aegis Network e Havas completamente assorbita in Vi-vendi. E nel commento rilascia-to a CNbc, il top manager ha de-finito letteralmente il merger «dettato dall’ego». Publicis Om-nicom, dunque, avrebbe dovuto trovare registrazione registrata in Olanda, ma le sedi principa-li sarebbero state confermate a Parigi e New York, con relativa quotazione borsistica sui listini azionari della capitale francese e della metropoli americana. An-cora Sorrell, meno du un anno fa, era stato, però, buon profeta. Dall’alto dei suoi 15,9 miliardi di dollari di fatturato, aveva com-mentato così la notizia: «Il tem-po ci dirà se le culture delle due aziende si integreranno bene e se i loro clienti e i loro talenti

ne trarranno beneficio. Si tratta - aveva aggiunto - di una transa-zione molto coraggiosa, intra-prendente e sorprendente».

Publicis e Omnicom hanno dato vita al colosso mondiale della pubblicità.Il gruppo francese numero tre al mondo e il suo rivale Usa, attual-mente numero due, hanno deci-so di fondersi mettendo in piedi un organismo denominato Pu-blicis Omnicom Group, una me-ga-società dal valore di mercato combinato di 35 miliardi di dol-lari, partecipata alla pari al 50% dalle due preesistenti e che sarà quotata a Parigi e New York. E ora, che succede? Avviene che le corse del turbo-capitalismo, an-che nel microcosmo pubblicita-rio, non si fermano mai. Forse l’accordo sfumato è già dietro le spalle. Almeno in chiave opera-

tiva. Non è un caso che la stessa Omnicom Media Group ha an-nunciato proprio la scorsa setti-mana di aver finalizzato un ac-cordo pubblicitario con Twitter del valore di 230 milioni di dol-lari nei prossimi due anni e fo-calizzato sull’advertising mobi-le. Secondo quanto riportato dal quotidiano economico-finan-ziario The Wall Street Journal, i termini dell’intesa prevedono l’integrazione della piattaforma di programmatic advertising di Omnicom Group, denomina-ta Accuen, con MoPub, ovve-ro il mobile ad exchange com-perato nello scorso settembre da Twitter. Oltre al blocco del-le tariffe pubblicitarie e all’ac-cesso privilegiato all’inventory di MoPub per le centrali di Om-nicom, l’accordo garantisce alla holding anche la possibilità di un “first look” ai nuovi formati

oltre a opportunità pubblicitarie sviluppate dal social network. Comprendendo il possibile ac-cesso ai dati di Twitter con fi-nalità di “ricerca”, come poi ha fatto sapere il vertyice di Omni-com. «Questo è il primo accordo che abbiamo fatto sul lato mobi-le ad exchange con una holding - ha sottolineato presidente delle global revenue di Twitter, Adam Bain -. E’ davvero fantastico per noi, perché ora avremo inser-zionisti di alta qualità nell’ad exchange». Ma Twitter non è l’unico social a stringere accor-di di questo tipo. All’inizio del mese, il suo principale compe-titor Facebook ha firmato un’in-tesa simile niente meno che con Publicis Groupe, la “sposa” mancata di Omnicom, del valo-re di centinaia di milioni di dol-lari, e alcune fonti dicono in-torno ai cinquecento. Il colosso francese dell’advertising e la cre-atura di Mark Zuckerberg han-no siglato un accordo plurien-nale, focalizzato sulla creazione congiunta di prodotti pubblici-tari customizzati all’interno di Facebook, ma anche nella con-trollata Instagram. E sempre secondo i termini dell’accor-do, Publicis avrebbe accesso ai dati degli utenti di Facebook. Il deal sarebbe, per ora, limitato al Nord America, anche se le due aziende avrebbero già in agen-da ulteriori confronti finalizzati a un’espansione globale dell’in-tesa. Tornando alla clamorosa rottura tra Publicis e Omnicom rimane da ricordare che le cro-nache di questi mesi avevano in qualche modo insistito sui rap-

porti tra i vertici delle due me-gastrutture, principalmente tra i due amministratori delegati, John Wren di Omnicom e Mau-rice Lévy di Publicis, che si sa-rebbero via via deteriorati arri-vando a scontri su questioni di una certa rilevanza come la lo-calizzazione della sede e i nuovi incarichi dirigenziali, a partire dal ruolo di direttore finanzia-rio. Le parti si sarebbero alla fine rese conto dei troppi ostacoli da superare e dell’eccessiva lentez-za dell’operazione. E nell’inte-resse della clientela avrebbero infine deciso di porre fine all’ac-cordo che avrebbe portato alla creazione di una multinazionale da 130 mila dipendenti, capace di spodestare la leader britanni-ca Wpp e, soprattutto, di fron-teggiare l’avanzata dei nuovi at-tori digitali come Google. Nove mesi dopo, allora, non se ne fa più niente. È un fallimento per certi versi imbarazzante, perché i due protagonisti, nel frattem-po, hanno speso molte energie per spiegare come quell’opera-zione fosse necessaria, anzi in-dispensabile, creatrice di po-sti di lavoro e di nuove sinergie transatlantiche. E allora, se la fusione era così fondamenta-le, cosa è successo per man-darla a monte? Semplicemen-te, come già evidenziato, Wren e Lévy non sono riusciti a met-tersi d’accordo su dettagli non di poco conto, come “Chi com-pra chi? Quale sede sociale? Chi comanda? Un primo intoppo è stato rappresentato dall’impos-sibilità di stabilire la sede fiscale ad Amsterdam, come volevano i

quI soPra, la sede newyorkese della holdIng mondIale omnIcom. e nella PagIna Precedente, I due ceo sulla terrazza della sede ParIgIna dI PublIcIs

francesi, ma un ruolo determi-nante sembra averlo giocato la battaglia degli ego tra Wren e Lévy, che si sono messi a litiga-re sull’organigramma e sui nomi dei direttori. Lo ha precisato, con un po’ di perfidia, l’avversa-rio Sorrell. Una fusione epocale, che avrebbe dovuto inaugura-re una nuova era nella collabo-razione tra Francia e Stati Uni-ti, è tramontata, magari, per

una questione di principio sul-la scelta del direttore finanzia-rio: il capo di Omnicom preten-deva che fosse un proprio uomo, Randy Weisenburger, mentre il manager di Publicis insisteva per Jean-Michel Etienne. Pu-blicis, poi, è più piccola ma an-che più redditizia di Omnicom, e per questo Lévy voleva ottene-re una certa preponderanza nel-la governance . .

clIcca sull’ImmagIne Per conoscere la verItà su PublIcIs-omnIcom

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MARKETPLACE

e’ arrIvato Il momento dI avere a dIsPosIzIone un altro strumento IntegratIvo

Adesso gli Auditel non bastano piùsI chIama smart Panel, un InnovatIvo sIstema dI rIlevazIone che Passa dalle Poco PIù dI mIlle famIglIe del monItoraggIo tradIzIonale alle dIecImIla del nuovo camPIone

di MassiMo Masi

Nell’era dei big data, Sky ha deciso che le informazio-ni messe a disposizione dal “vecchio” Auditel non ba-stano più. E che è arrivato il momento di avere a dispo-sizione un altro strumen-to non alternativo, ma inte-grativo. Il risultato è Smart Panel, sistema di rilevazio-ne che passa dalle poco più di mille famiglie dell’Audi-tel alle diecimila del nuovo campione. Non è solo una questione di numeri, ma di qualità dell’indagine. Smart Panel rileva anche i consu-mi tipici dell’era digitale, ov-vero streaming, on demand e consumo che passa da tv a tablet. Per Sky si tratta di Sky Go, Sky On Demand e Sky Online, oltre alla moda-lità di utilizzo della Guida Tv e dei servizi interattivi: aspetti che Auditel non con-templa o lo fa solo in par-

te. La premessa è che circa il 90% dei ricavi di Sky arri-va dagli abbonamenti, il re-sto dalla pubblicità. Il 60% degli abbonati ha un deco-der MySky - che permette di gestire tempi e flussi del-la programmazione -, ol-tre 2 milioni su 4,75 milio-ni di abbonati usano SkyGo e un milione i servizi on de-mand. «Per una tv a paga-mento l’affidabilità dei dati di ascolto è fondamentale per definire la linea edito-riale e perfezionare l’offerta - spiega Andrea Mezzasal-ma, head of audience rese-arch and insights di Sky Ita-lia -. Con Auditel abbiamo canali da cinquemila tele-spettatori che vengono ri-levati da un solo meter». Mezzasalma illustra alcuni esempi. Nel caso della serie tv “House of Card”, il grafico Auditel mostra un calo con-tenuto tra prima e seconda puntata e poi un crollo alla

terza. La stessa rilevazione fatta da Smart Panel indica, invece, una curva più armo-nica, con una dispersione minore: «Un dato molto più simile a quello che ci sarem-mo potuti aspettare da una serie come questa», com-menta il manager. C’è poi la pubblicità. Secondo Sky, dai dati Auditel risulterebbe che su cento spot sui canali Sky e Fox, 39 non sarebbero visti da nessuno. «E questo ci dà grossi problemi con i clienti» sottolinea Mez-zasalma. Con Smart Panel gli spot a quota zero visio-ne scendono a 8. L’installa-zione dei nuovi set-top-box in tutta Italia è in corso e il nuovo monitoraggio sarà operativo da luglio 2014. Ai diecimila che hanno firmato il consenso informato e ac-cettato il nuovo “scatolotto” in casa, Sky dà un compen-so di 50 euro una tantum in buoni di acquisto che arri-

vano sei mesi dopo. L’azien-da non dà un’indicazione dei costi, ma dice che sono “limitati”. Il set-top-box è prodotto da Eureka, la solu-zione tecnologica è interna e diversa da quella adotta-ta in Inghilterra da BSkyB; e oltre all’uso del telecoman-do è in grado di monitorare quando il decoder è acceso ma la tv è spenta. L’azienda spiega, dunque, la soluzio-ne come risposta a una ne-cessità interna, ma non è un mistero che dal suo arrivo in Italia abbia spinto su una modernizzazione dell’Audi-tel basata su esigenze diver-se dai competitor. Sky, però, fa parte anche del comitato tecnico dell’Auditel. E conti-nuerà a farlo. I tecnici del-la pay tv spiegano, infat-ti, che il nuovo strumento «non deve essere l’anti-Au-ditel; a nessuno fa como-do che ci siano due diver-si standard sul mercato». È per questo che i nuovi dati verranno messi a dispo-sizione della stessa Audi-tel. Probabilmente verran-no mostrati anche ai centri media. «C’è molto interesse - chiude Mezzasalma -, ma su questo non abbiamo an-cora preso una decisione».

andrea mezzasalma

Anno 2016, forse prima. La scena è questa: una persona si sveglia. Pensa di fare co-lazione. E desidera uno yo-gurt. Così, si avvicina alla porta del frigorifero, am-mirando il suo futuristico display da 7 pollici; e men-tre si sta per aprire la por-ta, sullo schermo compa-re la reclame di uno yogurt cremoso, leggero, nutrien-te. La scena termina con la persona sconsolata: una volta aperta la porta del fri-gorifero ha scoperto che lo yogurt… era finito. La pub-blicità sul display, allora, non era apparsa per caso: una videocamera interna aveva segnalato la mancan-za dello yogurt al software incaricato di gestire il frigo-rifero e quest’ultimo lo ha memorizzato nella propria

“lista della spesa”, invian-dola via internet. In buona sostanza è quel che dobbia-mo aspettarci dall’evoluzio-ne commerciale dell’Inter-net of Things, quell’insieme di elettrodomestici e appa-rati domestici che, grazie a un collegamento a internet, cambieranno la nostra vita. Il caso più eccellente, al mo-mento, è Nest, un produt-tore di termostati “smart”, cioè collegati a internet per consentire all’utente, per esempio, di regolare la tem-peratura di casa dal proprio smartphone. Nel gennaio scorso Google ha acquistato Nest per 3,2 miliardi di dol-lari, mettendosi in prima li-nea proprio nel prometten-te mercato dell’Internet of Things. Un enorme com-parto che, in base alle ci-fre elaborate da Gartner, nel 2020 genererà entrate

per circa 300 miliardi di dol-lari. Un settore nel quale Go-ogle entrerà grazie agli appa-recchi, ma soprattutto con le soluzioni software. Potrebbe diffondere l’utilizzo di un si-stema operativo di proprietà, magari derivato da Android, all’interno degli elettrodome-stici del prossimo futuro. E a quel punto, Google potrebbe cogliere l’occasione per atti-vare un sistema pubblicita-rio, del tutto simile a quanto fa con AdSense già ora. In una lettera il cui contenuto è tra-pelato nei giorni scorsi, con mittente Google e destinata-ria la Securities and Exchan-ge Commission, il colosso di Mountain View, tra le al-tre questioni, ne affronta una molto particolare: “Ci aspet-tiamo - scrivono da “BigG” - che la definizione di “mobile” continui a evolversi. Fin tan-to che sempre più apparecchi “smart” guadagneranno po-sizioni di mercato. Per esem-pio, tra alcuni anni, noi e altre aziende potremo offrire servi-zi pubblicitari e altri contenu-ti su frigoriferi, cruscotti per auto, termostati, occhiali e orologi, solo per citare alcune possibilità”. Una dichiarazio-ne d’intenti piuttosto esplici-ta, quindi, che mette nero su bianco quello che alcuni intu-ivano già da tempo: qualsia-si elettrodomestico dotato di display, e collegato a internet, rappresenterà il più ambito degli strumenti pubblicitari. Con ipotesi di sviluppo del si-stema davvero sconfinate.

google Pensa a soluzIonI da “Internet of thIngs”

Davanti al frigorifero: ecco che parte lo spotIl PrImo caso: nest, Produttore dI termostatI “smart”

di luca anelli

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COM PANY

Parte la nuova PromozIone bonduelle. obIettIvI: sell out, engagement, vIralItà e fIdelIzzazIone

L’eCouponing per l’ingrediente “top” di tutte le estati: è il maissarà on aIr Per un mese, fIno al 1° luglIo. l’oPerazIone Prevede l’erogazIone dI un buono sconto da 0,50 centesImI Per la confezIone da 3 scatolette da 150 grammI

di Pietro castagna

Parte il 1° giugno la nuova promozione Bonduelle de-dicata al mais, l’ingredien-te “top” dell’estate. Obiet-tivi: sell out, engagement, viralità e, soprattutto, fi-delizzazione. Per raggiun-gerli, Bonduelle ha scelto di lanciare una campagna di buoni sconto digitali at-traverso il Coupon Net-work di Kiwari, first mover dell’eCouponing in Italia. On air per un mese fino al prossimo 1° luglio, la pro-mozione prevede l’eroga-zione di un buono scon-to da 0,50 centesimi per la confezione da tre scatolet-te di mais da 150 grammi

l’una. «La campagna svi-luppata da Bonduelle di-mostra come il nostro Cou-pon Network rappresenti un innovativo sistema di customer acquisition e un’occasione per fare bran-ding, ma anche un valido strumento per supportare il sell out stagionale come nel caso del mais durante l’estate - commenta Mar-co Rivosecchi, presiden-te di Kiwari -. La flessibili-tà della nostra piattaforma, infatti, permette ai brand e alle insegne di imposta-re strategie commerciali e di marketing plasmate ad hoc in base alle specifiche esigenze». «Abbiamo inse-rito l’eCouponing all’inter-

no del marketing mix stu-diato per il nostro mais con l’obiettivo di rendere sem-pre più accessibile il gu-sto e la qualità Bonduelle ai consumatori - dichiara Lavina Dell’Orto, product manager divisione conser-ve e surgelati di Bonduel-le -. Sicuramente uno stru-mento di fidelizzazione, dunque, ma anche una re-

ale opportunità per acqui-sire nuovi clienti, raggiun-gendoli attraverso la rete di siti, portali e blog del Cou-pon Network Kiwari, ca-ratterizzato da un’ottima visibilità e da un elevato traffico di utenti unici al-tamente targettizzati. Un modello innovativo di di-stribuzione che permet-te di raggiungere milioni di lead profilati». Gestiti in completa sicurezza e con il massimo controllo attra-verso la piattaforma pro-prietaria BuonMercato e il portale Sconty.it, gli eCou-pon Bonduelle verranno distribuiti da tutto il Cou-pon Network Kiwari. Oltre alle consolidate collabora-zioni con Risparmiosuper.it, Scontomaggio.com e Al-femminile.com, il più im-portante network italiano dedicato ai buoni sconti di-gitali stampabili è ulterior-mente potenziato con la nuova partnership siglata con dimmicosacerchi.it.

who’s who: breve ProfIlo dI kIwarIKiwari è una società italiana, con sedi a Milano, Londra e Madrid, leader dal 2000 nello sviluppo e fornitura di piattaforme per il digital marketing e vanta un’espe-rienza senza paragoni nella fornitura di strumenti e servizi di email, couponing, bu-siness intelligence e Crm in un’ottica evoluta di profilazione e conoscenza della cu-stomer base volta ad arricchire il dialogo con clienti e prospect. Dal 2004 Kiwari è leader in Italia nell’eCouponing, innovativo canale di distribuzione di buoni sconto digitali stampabili direttamente dai consumatori, gestito attraverso la piattaforma proprietaria BuonMercato. In questi anni Kiwari ha distribuito decine di milioni di eCoupon per grandi aziende e catene della Gdo. Nel dicembre del 2013 ha dato vita al più importante network italiano dedicato ai buoni sconto digitali stampabili, che partendo dal portale Sconty.it si estende una rete di siti partner ad alto traffico.

I benefIcI delle verdure come mIssIonAzienda familiare creata nel 1853, Bonduelle è oggi le-ader mondiale delle verdure. Privilegiando innovazio-ne e visione a lungo termine, il Gruppo si caratterizza per la diversificazione tecnologica e geografica; le sue verdure, coltivate su più di 115.000 ettari, sono com-mercializzate in 100 paesi, con varie marche, in tutti i canali di distribuzione e in tutte le tecnologie: conser-va, surgelato, pastorizzato, disidratato e fresco pron-to al consumo. Bonduelle è un’azienda responsabi-le e riconosciuta per la sua specifica mission: rendere accessibile al più gran numero possibile di famiglie e individui i benefici di un’alimentazione nella quale le verdure ricoprono un ruolo fondamentale. Bonduelle nasce, come detto, nel 1853 quando Louis Bonduelle e Louis Lesaffre creano una distilleria di cereali e di gi-nepro a Lille. Nel 1926 l’azienda agricola situata a Voe-styne comincia la coltivazione di piselli e sono destinati all’inscatolamento. Nel 1957 l’azienda decide di insca-tolare piselli e carote e nel 1968 si inizia a produrre anche verdure. Poi, nel 1980 Bonduelle acquista Ma-rie-Thumas, azienda belga conserviera di verdure. Si diffonde in Italia, Germania e Belgio. In Italia Bonduel-le produce nei suoi stabilimenti di Battipaglia, in Cam-pania, e San Paolo d’Argon, in Lomabrdia. A giugno del 2013, ultimo dato disponibile, i collaboratori del grup-po sono più di 15 mila, di cui 450 in Italia.

marco rIvosecchI

Il fondatore louIse bonduelle

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Sono stati pubblicati ieri i risul-tati della sesta edizione dello stu-dio CSR Online Awards Italy, pri-mo monitoraggio approfondito in Europa sulla comunicazione online della responsabilità socia-le e della sostenibilità. La ricerca ha valutato le maggiori cento so-cietà quotate in Europa, mentre in Italia ha valutato come le cen-to maggiori società impegnate nel nostro Paese - comprese venti non quotate in Borsa - utilizzano i canali online per comunicare la propria CSR. Tra le aziende ita-liane valutate, trenta non pubbli-cano un report di sostenibilità e trentadue, pur avendo un bilan-cio, non pubblicano nella pro-pria sezione di sostenibilità nem-meno le informazioni di base. Le restanti aziende italiane valuta-te all’interno della ricerca tengo-no testa alle controparti europee in termini di approfondimento dei contenuti, mentre sono par-ticolarmente deboli nell’utiliz-zo dei social media e nel coin-volgimento degli stakeholder sui temi chiave della sostenibili-tà. La ricerca è stata condotta da Lundquist, società di consulen-za strategica specializzata nella comunicazione corporate onli-ne. La metodologia di valutazio-ne è profondamente cambiata ri-spetto al passato e si basa su sette

pilastri, definiti sulla base delle esigenze dei professionisti del-la CSR raccolte all’interno di un questionario. Quest’anno hanno partecipato 350 esperti da 44 Pa-esi diversi. La ricerca ha valutato non solo cosa viene comunicato in termini di contenuti (Concre-te, Exhaustive) ma anche come viene comunicato (User-frien-dly, Distinctive), dove le infor-mazioni vengono posizionate (Integrated) e se la comunicazio-ne è continuativa e coinvolgente (Ongoing e Social). Tra le ottan-ta società quotate considerate, il 38% non pubblica alcun bilan-cio di sostenibilità e tra questi ri-entrano alcuni nomi importanti come Luxottica, Mediaset, Me-diobanca, Prada e Tod’s. Que-sto dimostra che anche grandi aziende italiane non sono pron-te per rispondere alla nuova re-golamentazione europea che prevede la pubblicazione di in-formazioni non finanziarie per le aziende oltre i 500 dipenden-ti. Altre 32 aziende sono state escluse dalla valutazione fina-le perché non presentano online informazioni di base come dati sulle performance, obiettivi, co-dice etico e politiche sulle risorse umane, politiche di fornitura, in-dicazioni sulle linee guida segui-te dall’azienda (tipo Global Com-pact) e contatti. Barilla, Holcim Italia e Ferrero sono state le uni-

quanto valgono le cento maggIorI socIetà quotate In euroPa

Chi è più responsabile?PubblIcatI I rIsultatI dello studIo csr onlIne awards Italy

di Marianna Marcovich che aziende non quotate a rien-trare nella valutazione completa. La maggior parte delle aziende italiane è ancora ferma in una comunicazione “copia e incolla” dal bilancio. Poche aziende ita-liane cercano metodi innovativi per presentare online le proprie politiche ed iniziative di soste-nibilità. In generale, la comuni-cazione online rimane statica e focalizzata sulla disclosure. Tele-com Italia, con 65,5 punti su 100, passa in prima posizione mentre Gruppo Hera (62,75), scende al secondo posto seguito da Snam (61) e Eni (59,5).

la “toP ten” In ItalIa1 Telecom Italia (65,5/100)2 Gruppo Hera (62,7)3 Snam (61)4 Eni (59,5)5 Enel (50,2)6 Fiat (48,5)7 Cnh Industrial (48)7 Edison (48)9 Intesa Sanpaolo (47,2)10 Terna (46,5)

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KeywordsBusiness Success Awesome Winning Inspired Office Energised

High-five Cannes Lions Festival Creativity 15 - 21 June Pumped

Business #15-21/06/2014

By: Max OppenheimModels: Benjamin Palmer, Chairman, The Barbarian Group, New York; Chloe Gottlieb, Executive Creative Director, R/GA, New York

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ME DIA

la battaglIa “antI amazon” tra statI unItI, francIa e germanIa

Braccio di ferro con gli editori: guerra del libroda una Parte Il colosso statunItense del commercIo elettronIco, dall’altra una grande fIrma dell’edItorIa euroPea come hachette

Amazon ha intensificato il brac-cio di ferro con gli editori. Que-sta è l’accusa: ostacola l’acqui-sto dei loro libri, ne ritarda la spedizione. Succederebbe ne-gli Usa con i libri di Hachet-te; e in Germania con quelli di Bonnier Media Group, uno dei maggiori editori tedeschi. Tatti-che di guerriglia, che hanno su-scitato molte critiche, ma anche pungenti analisi: il timore, che si sta diffondendo, è che il gi-gante si stia comportando come un monopolista del libro - for-te della sua quota di mercato - e cominci a adottare metodi defi-niti, da alcuni editori, “estorsi-vi”. L’origine della contesa sono

le negoziazioni sui prezzi degli eBook. Amazon vorrebbe una quota maggiore per sé e ridurre il prezzo al pubblico; alcuni edi-tori, tra cui appunto Hachette e Bonnier, si stanno opponendo a queste richieste. Fatto sta che Amazon starebbe penalizzan-do i libri di Hachette in vario modo, come hanno segnalato numerosi osservatori: ha tolto il pulsante di prevendita su mol-ti titoli dell’editore, ha aumen-tato il prezzo su altri oppure li ha messi in minore evidenza sul proprio sito. Un’altra tattica - secondo la ricostruzione de-gli editori - sarebbe rallenta-re la spedizione del libro. Fino-ra il gigante dell’ecommerce ha sempre respinto ogni richiesta

di seBastiano Zeri

una veduta sPettacolare dI un magazzIno amazon

di commento sui fatti. «Siamo determinati a proteggere il va-lore dei nostri autori e il nostro lavoro, di pubblicazione, distri-buzione e marketing» ha detto, invece, Sophie Cottrell, vice pre-sidente Hachette. The Author’s Guild, l’organizzazione degli autori americani, considera “il-legale” quanto fatto da Amazon e sta cercando elementi per pro-cedere a una denuncia ufficiale alle autorità antitrust per azio-ni anti competitive. «Le nostre leggi antitrust attuali non per-mettono agli editori di reagire - ha detto, invece, Christian Russ, avvocato tedesco specializza-to in norme sull’editoria -. Gli editori tedeschi sono costret-ti ad accettare queste richieste perché non possono “rompere” con un’azienda che fa il 50% del mercato», ha aggiunto. Sempre che le leggi non cambino. O che non ci sia una qualche presa di posizione da parte del governo. Cosa che è più probabile avven-ga in Europa che negli Usa. Pro-prio la Francia, inoltre, ha pro-dotto di recente una legge che vieta ai negozi online di offrire spedizioni gratuite oltre al 5% di sconto sui libri, il massimo consentito nel Paese. La batta-glia sembra ancora agli inizi e con esiti - anche politici - del tutto imprevedibili. La vicenda sembra confermare, infatti, i ti-mori che alcuni esperti stanno ripetendo da tempo, incentra-ti sul pericolo che Amazon, una volta acquisito uno straordina-rio potere sul mercato, possa comniciare a utilizzarlo per fare il bello e il cattivo tempo.

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SOCIEtàPagare la droga del figlio (2 volte)Un venture capitalist (e pa-dre di due figli adolescen-ti) si scaglia contro il Gover-no UE che vuole l’inclusione nel conteggio del Pil di ca-tegorie economiche come la spesa-Paese per la dro-ga o per la prostituzione.

SOCIAL mEdIA Come usare Vine per il tuo brand Probabilmente molti non tro-vano particolarmente attra-enti i minivideo da sei secon-di che caratterizzano Vine. Ma se abbiamo “limitato” la no-stra comunicazione ai 140 ca-ratteri di Twitter perché non provare con video di Vine?

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LINKItALIAN jObUn milione per sette foto (free)Accurata ricostruzione della vicenda legata alla campagna Enit per Expo2015, realizzata dall’agenzia Pomilio Blumm che consta di sette immagini royalty free e costa un milio-ne di euro. Proprio il caso di dire: benvenuti in Italia.

SOCIAL mEdIALinkedIn, sette milioni in Italia«Non ci trasformeremo in una classica agenzia di lavoro». A meno di tre anni dall’apertu-ra degli uffici italiani a Milano, LinkedIn festeggia il traguar-do dei 7 milioni di iscritti nel nostro Paese. E infatti, il so-cial, punta agli studenti.

hEALth tEChNOLOGIESUno smartphone per il diabeteTra i nuovi sistemi di control-lo delle variabili legate alla cura del diabete, “Dario” è un dispositivo tascabile che rende accessibile da mobile e in tempo reale i dati sulla glicemia, la conta dei carboi-drati e l’attività fisica.

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LINKStAmpA 3dIn attesa del teletrasporto...Una elegia della stampa 3D fatta da un millenial che si è costruito da solo la sua pri-ma stampante ben 12 anni fa. Per tutti coloro che cre-dono ancora che l’impatto di questa tecnologia sullo sce-nario futuro sarà marginale.

bRANd mARkEtNGIl rebranding più segreto di sempreCon ogni probabilità non se n’è accorto nessuno, ma il brand più famoso al mon-do ha appena modificato il proprio logo: Google, infatti, ha appena spostato la “G” a destra di un pixel e la “l” di un pixel in basso e a destra.

SOCIAL FOOtbALDove si possono vedere i Mondiali Interessante iniziativa di Pin-terest che ha deciso di sfrut-tare i Place Pin - con la col-laborazione degli utenti - per dare visibilità ai locali e alle piazze italiane in cui sarà pos-sibile guardare le partite dei prossimi Mondiali di Calcio.

VIdEO wARLa Rai si porta fuori da YoutubeLa Rai ha deciso di scioglie-re l’accordo con YouTube si-glato nel 2008. Dal 1° giu-gno i 40 mila video che la tv pubblica aveva sul proprio canale della piattaforma di video streaming di Google dovranno essere cancellati.

SOCIAL mEdIA E CENSuRAL’Iran cita ZuckerbergUn giudice iraniano ha chie-sto a Mark Zuckerberg di presentarsi in un tribunale nel sud del Paese. Il fondato-re di Facebook dovrà rispon-dere davanti a una corte alle denunce di diversi utenti per violazione della privacy.

INFRAStRuttuREBanda ultralarga, Italia in ritardoLa copertura in banda lar-ga “di base” tutto sommato c’è. Ma gli italiani che la uti-lizzano restano sempre po-chi o comunque inferiori ri-spetto alla media europea. E’ quanto risulta dal Digital Scoreboard 2014 dell’Ue.

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La ricetta anticrisi di Coca-Cola consi-ste in un mix attento tra un’offerta com-merciale accattivante e conveniente per il consumatore, il cui potere d’acquisto non sembra in risalita, e la promozione di va-lori che emergono nell’attualità, ma che di fatto sono da sempre legati al brand, ov-vero quelli sociali e ambientali. Riteniamo fondamentale ribadire l’importanza di uno stile di vita che sia il più possibile sano e attivo. Nell’anno in cui si stanno per gioca-re i Mondiali di calcio brasiliani intendia-mo valorizzare al massimo la trentenna-le partnership proprio con Fifa, non solo in comunicazione ma anche nei punti ven-dita. Sono già in commercio oltre 70 mi-lioni di lattine collezionabili per suppor-tare la passione dei tifosi, a cui si associa un piano completo di azioni promoziona-li per la distribuzione italiana che è stato imperniato su più di 30 mila punti di ven-dita e con un coinvolgimento diretto e per-

sonalizzato dei clienti, per un totale di ol-tre 2 mila PoS. I valori sono espressi nella comunicazione e concretizzati in iniziative di sostegno a chi questi valori li incarna. I campioni del calcio, infatti, sono capaci di ispirare comportamenti positivi, di riba-dire quanto sia importante l’attività fisica per ognuno di noi. L’impegno di Coca-Co-la, dunque, va ben oltre l’attività di spon-sorizzazione e si concretizza in numero-si progetti locali, come Coca-Cola Cup, giunta alla terza edizione, che quest’anno coinvolgerà in un progetto ludico-educati-vo oltre 150 mila ragazzi delle scuole se-condarie di secondo grado in Veneto, Lom-bardia, Lazio, Campania e Sicilia. Dall’altro lato, poi, c’è l’ambiente, con un’attenzione particolare che per Coca-Cola parte diret-tamente dagli stabilimenti, dove gli inve-stimenti tecnologici mirano a ridurre dra-sticamente il Pet e limitare i consumi idrici nell’arco del processo produttivo.

vIsIonIdi Matteo dedè

coca-cola sfrutta a fondola rIcetta antIcrIsI

Enrico Galassoricopre attualmente le funzioni di country sales director di coca-cola hbc italia. sempre nella stessa azienda, dove ha fatto ingresso nel gennaio del 2012, era stato incaricato, in precedenza, di gestire l’attività di customer sales director. la sua carriera è lunga e prestigiosa: il manager, prima di coca-cola hbc era impegnato all’interno del gruppo ferrero, dove era entrato nel maggio del 2004. nella big company piemontese è stato prima group customer manager e poi group customer director, per quasi tre anni. ancora prima un’altra esperienza manageriale di alto livello, sempre nell’azienda dolciaria, in qualità di business development manager e successivamente group marketing director. prima dell’arrivo in ferrero ha svolto funzioni manageriali anche in bain & company. nella fase iniziale dell’attività professionale ha avuto l’incarico di market planning e poi key account manager in procter & gamble. ha studiato all’università “tor vergata” di roma

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sPazIo a... 5 gIugno - camPus bovIsa, vIa durando 10 @ mIlanoattIvIamocI!

assocom e school of management del PolItecnIco dI mIlano InsIeme Per InvestIgare sulla comunIcazIone

La velocità con cui i fenomeni accadono nella rete, grazie alle costanti innovazioni tecnologiche, le op-portunità che i big data offrono al mondo della comu-nicazione, l’affermazione di nuovi modelli di business anche all’interno di questa industry: sono gli aspet-ti più evidenti di una realtà che va affrontata con con-sapevolezza e dinamismo. E proprio questi saranno i diversi temi affrontati nel corso dell’evento organiz-zato da AssoCom presso il Politecnico di Milano. In questa occasione, il professor Giuliano Noci presen-terà i risultati della ricerca “Verso un nuovo ecosiste-ma della comunicazione”, commissionata dal Centro Studi AssoCom alla School of Management del Poli-tecnico di Milano. Un’approfondita ricerca che è sta-ta volta alla comprensione delle dinamiche in corso nell’ecosistema della comunicazione, della riconfigu-razione dei modelli di business dei singoli attori nel medio periodo e del ruolo delle associazioni nel mu-tato contesto attuale e prospettico. Il lavoro d’indagi-ne si è basato su oltre 50 interviste, un sondaggio di opinione su oltre 700 professionisti della comunica-zione e una survey validativa su oltre 50 aziende inve-stitrici in advertising e 100 agenzie di comunicazione italiane. Il convegno si svolgerà il 5 giugno 2014 alle ore 9:30, presso l’Aula Carlo de Carli del Politecnico di Milano - Campus Bovisa, in Via Durando 10.

l’aula carlo de carlI, dove sI svolgerà Il meetIng

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