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6. Abuso e dipendenza da sostanze · 39 L'uso di sostanze psicotrope può essere causa di disturbi...

Date post: 13-Aug-2020
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36 La presa in carico dei pazienti aggressivo-violenti in S.P.D.C. 6. Abuso e dipendenza da sostanze
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La presa in carico dei pazienti aggressivo-violenti in S.P.D.C.

6. Abuso e

dipendenza da sostanze

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L'abuso di sostanze psicotrope si associa, non casualmente, a diversi quadri psicopatologici, che si esprimono spesso in comportamenti violenti auto o eterodiretti. (Manna et al. 1998; 2000; 2001a)

Un’indagine epidemiologica condotta negli Stati Uniti d'America su 20.291 soggetti ha evidenziato che circa il 37 % degli alcolisti e circa il 53 % dei tossicodipendenti presenta una comorbidità psichiatrica, che va dalla schizofrenia alla depressione, dai disturbi d'ansia alla personalità antisociale. (Regier et al., 1990)

Un considerevole numero di studi sostiene l'associazione tra disturbi di personalità, disturbi dell'umore (soprattutto bipolare) e sviluppo di una tossicodipendenza.

(Blatt et al. 1984)

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Secondo alcuni studiosi, l'abuso di sostanze stupefacenti può considerarsi, in alcuni casi, come una sorta d’automedicazione per il controllo di sintomi psichiatrici disturbanti, inclusa l’impulsività e l’aggressività esplosiva. (Vaillant, 1988)

Alcuni studi su soggetti dipendenti da sostanze stupefacenti hanno rilevato la presenza di diverse diagnosi psichiatriche in percentuali variabili dal 80% al 93%. (Khantzian & Treece, 1985; Rounsaville et al. 1986)

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L'uso di sostanze psicotrope può essere causa di disturbi del comportamento violento e/o di malattia mentale, come nel caso delle psicosi indotte da amfetamine o da cocaina.

E', quindi, evidente che, se la presenza di un

disturbo del controllo degli impulsi può essere un fattore di rischio per la tossicodipendenza è altrettanto ovvio che l'abuso di sostanze psicotrope può alterare l'equilibrio psichico, inducendo quadri francamente patologici, caratterizzati, spesso da grande impulsività e da comportamenti francamente violenti.

(Manna et al. 1998; 2000; 2001a)

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L'uso di sostanze potrebbe essere considerata una forma d’automedicazione, in una sotto-popolazione di soggetti già portatori di disturbo comportamentale, franco o latente, prima dell'uso di sostanze, con effetti di problematico ed instabile compenso clinico, dopo l'uso di sostanze ad effetto sedativo.

Al contrario, in soggetti con una specifica vulnerabilità psicobiologica l'uso di determinate sostanze potrebbe slatentizzare disturbi comportamentali, più o meno compensati e non evidenti prima dell'uso di droghe, con effetti disadattivi clamorosi ed esiti, talora, irreversibili.

E’ forte la relazione esistente tra disturbi del comportamento con aggressività impulsiva ed uso di sostanze psicotrope.

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L’ambiente clinico è sicuramente

indicato per esaminare i tratti

comportamentali costanti ma non per

valutare i tratti comportamentali

episodici, secondo Gardner e

Cowdry (1989).

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In uno studio su 128 carcerati violenti, Merikangas (1981) ha enucleato tre fattori principali alla base del comportamento aggressivo:

1. il fattore pulsionale (drive),

2. la suscettibilità allo stimolo (soglia),

3. la capacità d’inibizione della risposta (controllo).

Alti livelli pulsionali, bassa soglia di reazione e incapacità d’inibire la risposta aggressiva erano tutti fattori associati a più frequenti atti di violenza.

Era, talora, evidente una suscettibilità patologica che induceva a rispondere in modo aggressivo anche a minacce minime.

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Nei pazienti aggressivi frequentemente sono

presenti epilessia, anomalie bioelettriche

cerebrali e altri segni di danno cerebrale.

Simili anomalie sono state evidenziate da

Andrulonis et al. (1981) nel loro campione

di pazienti affetti da DBP, costituito in

prevalenza da giovani maschi, con

episodico disturbo del controllo degli

impulsi, rappresentato, soprattutto, da

aggressività impulsiva.

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Applicando il suo modello di

“information ­ processing” per l’aggressività, Huesman (1988) sostiene l’ipotesi dell’esistenza di stili di comportamento aggressivo

(copioni comportamentali)

acquisiti nell’infanzia e tendenti a resistere ad ogni cambiamento.

La teoria conosciuta come “information ­ processing” ha ricevuto conferme anche sul piano neuro-fisiologico.

(Bolino et al., 1993; 1994; Manna 1994)


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