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Sandra Burchi
FrancoAngeli
Ripartire
da casaLavori e reti
dallo spazio domestico
GriffQuaderni
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Informazioni per il lettore
Questo file PDF una versione gratuita di sole 20 pagine ed leggibile con
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QUADERNI GRIFF
Doppia presenza. Lavoro intellettuale e lavoro per s il libro che inauguravanel 1981 la collana dei Quaderni del GRIFF, gruppo di docenti e ricercatrici
nato nel 1973 presso la Facolt di Scienze politiche di Milano e coordinato da
Laura Balbo.
La figura della doppia presenzafemminile, insieme descrittiva e interpretativa
della condizione delle donne adulte nella modernit, diventava in quegli anni un
punto di riferimento nel dibattito sociologico e politico italiano.
Da allora, sono stati pubblicati nella collana dei Quaderni 40 volumi, in un per-
corso che, pur muovendosi nello spazio che oggi si definirebbe degli studi di
genere, ha mantenuto nel tempo un taglio non separatista, e attento al confronto
con soggetti non accademici attivi nella societ italiana.Oggi, in un contesto locale e globale radicalmente modificato rispetto al passa-
to, la collana si ripropone ai lettori in una veste rinnovata.
Quaderni pi agili nel formato, meno centrati sulla ricerca empirica e pi sulla
innovazione dei concetti e dei temi con cui guardiamo alla esperienza quotidiana
degli attori sociali, femminili e non solo, in un mondo che cambia rapidamente.
Con un deciso spostamento dello sguardo dalla ricerca sulle donne, a quel che
la intelligenza di donne pensanti e di uomini attenti pu portare al dibattito
pubblico, con un taglio interdisciplinare aperto al contributo di giovani autrici e
autori, e di chi sa che nel mondo siamo in molti, diversi e interdipendenti.Le aree del vivere al centro del nostro interesse saranno quelle dellintreccio tra
cura e lavoro nelle economie contemporanee; dei processi di apprendimento
lungo il corso di vita; delle nuove domande di cittadinanza che emergono nella
con-vivenza urbana; dellimpatto delle biotecnologie sulle relazioni tra i generi e
le generazioni; delle rappresentazioni e autorappresentazioni del corpo e della ses-
sualit. Questi ambiti del vivere sono oggi investiti da profondi cambiamenti. E
dalla ricerca ricchissima anche a livello internazionale di nuove narrazioni,
concetti e vocabolari che aiutino a interpretarli, in uno sforzo di sprovincializza-
zione dei linguaggi correnti in cui la voce che nasce dallesperienza femminile
pu essere, oggi come allora, un potente motore di innovazione.
I nuovi Quaderni Griff si propongono di contribuire a questa impresa di innova-
zione culturale, nella consapevolezza della necessit di continuare a imparare
che d il titolo al primo volume della nuova collana.
Direzione:Lorenza Zanuso
Comitato di Redazione: Giuliana Chiaretti,Marina Piazza,Lorenza Zanuso.
Comitato Scientifico:Laura Balbo, Sociologa;Bianca Beccalli, Universit degli
Studi di Milano, Francesca Betto, Universit degli Studi di Siena; AlessandraBocchetti, Saggista; Massimo Bricocoli, Politecnico di Milano; Sandra Burchi,
Universit degli Studi di Pisa;Marco Deriu, Universit degli Studi di Parma; Sil-
via Gherardi, Universit degli Studi di Trento;Paolo Jedlowsky, Universit della
Calabria; Salvatore La Mendola, Universit degli Studi di Padova; Carmen Lec-
cardi, Universit degli Studi di Milano-Bicocca; Simonetta Piccone Stella, Uni-
versit di Roma La Sapienza;Anna Rollier, Universit degli Studi di Milano.
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I lettori che desiderano informarsi sui libri e le riviste da noi pubblicatipossono consultare il nostro sito Internet: www.francoangeli.ite iscriversi nella home page
al servizio Informatemi per ricevere via e.mail le segnalazioni delle novito scrivere, inviando il loro indirizzo, a FrancoAngeli, viale Monza 106, 20127 Milano.
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FrancoAngeli
Ripartireda casa
Lavori e reti
dallo spazio domestico
Sandra Burchi
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Copyright 2014 by FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy.
Lopera, comprese tutte le sue parti, tutelata dalla legge sul diritto dautore. LUtente nel momento in
cui effettua il download dellopera accetta tutte le condizioni della licenza duso dellopera previste e
comunicate sul sito www.francoangeli.it.
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Indice
Premessa
1. Lavorare a casa, lavorare in rete
Da qui dentro, da qui fuoriUn passo indietroDentro loggiInterni iper-connessiEccedenti
2. Storie
Anna. Dal nomadismo domestico al coworkingLora. Tempi liquidi tra i palettiVirginia. Un cervello e bastaMonica. Unimpresa tutta per sGianna. La serra rivoluzionariaFrancesca. La vita su un tornioLysa. Lavorare in quattro posti diversiMarina. Casa pi viaggiGaia. Lavorare da casa progettando interniEnrica. La rete del circo
3. Il dentro, il fuori, il webSpazi dentroSpazi fuoriSpazi web
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4. Liberare il tempo, trovare una misura
Troppo tondo. Quando il tempo non si mette inriga
Un misuratore automaticoDare forma al tempo
5. Corpi al lavoro
Il corpo assenteCyborg con ritornoTroppo concentrateMuoversi: una contro-disciplina
6. Esercizi di organizzazione
Organizzato un corpo vivoUnorganizzazione incorporataUnorganizzazione tabellareGeografie organizzativeIl tempo degli altri
7. Professionalit artigiane
Lidentit, un gioco di rimandiUn lavoro ben fattoProdurre/autoprodurre
8. Economie sostenibili?
Orgoglio e pregiudiziNegoziare lequilibrio
9. Un modello allo studio
Smartwork
Conclusioni
Ripartire da casaRiferimenti bibliografici
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Premessa
Che fai?
Corro.
Io ti vedo ferma.
E io ti dico che sto correndo.
Claudia Bruno
Oggi molte donne tornano a lavorare a, o da, casa.Flessibili, precarie, indipendenti, con alti titoli di studio especializzazioni tradizionali o inedite si trovano nella po-sizione di consulenti, collaboratrici, free lance, partita iva apercorrere un andirivieni fra organizzazioni di lavoro formalie luoghi privati (e domestici) della produzione. Trasferire unufficio o un laboratorio fra le mura di casa comporta un ac-cumulo di mansioni e pu rivelarsi particolarmente complica-to sia dal punto di vista materiale che simbolico, tuttavia tie-ne aperta una possibilit evidente: quella di non rinunciare allavoro.
Questo strano ritorno a casa ha rappresentato ai miei oc-chi un effetto importante della de-standardizzazione gene-
rale del mondo del lavoro a cui ho deciso da tempo di dedi-carmi attraverso una serie di indagini e di riflessioni (Burchi,2008, 2009, 2013a, 2013b). In questa ricerca ho voluto esplo-rare il problema partendo sempre dai racconti sulla descrizio-ne e lallestimento dello spazio fisico in cui si svolge material-mente e quotidianamente il lavoro, ipotizzando che conoscerei pensieri che guidano nel praticare un adattamento cos forte-mente performativo, fosse il modo migliore per individuare la
ri-edizione contemporanea di una esperienza nota nel lavorofemminile, anche della storia recente. Daltra parte parlare diun ritorno servito a mettere laccento su qualcosa che facilepercepire come inquietante, un arretramento nel percorso che
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avrebbe liberato le donne dal loro confinamento nello spaziodomestico. Anche per questo si rivelato interessante prenderead esempio le biografie lavorative di donne che avendo punta-
to su studio e formazione non avevano nei loro obiettivi la pro-spettiva tradizionale dello stare a casa, donne che, pur pas-sando molte ore della settimana nella loro postazione di lavorodomestica, continuano a non pensarsi a casa, ma in una zonadi transito di quellandirivieni dentro-fuori intorno a cui co-struita la loro esistenza.
Questa ricerca nata parlando con donne di varie et dai 29 ai 49 anni e diverse esperienze professionali. Le die-
ci donne che sono le protagoniste di questo libro hanno fornitoattraverso i racconti del loro lavorare, e del loro lavorare a ca-sa, gli elementi centrali per formulare un discorso teorico. So-no state selezionate sulla base di alcune caratteristiche comuni:lalta scolarizzazione e il percorso professionale non standardad alto contenuto cognitivo e/o imprenditivo. Tutte usano unospazio di lavoro ricavato nella propria abitazione, allinterno
della casa o appena oltre la soglia, come nel caso di unartigia-na e di un imprenditrice agricola, due tipi di esperienze che di-cono molto delle trasformazioni in corso nel mondo del lavoro,di cui si cercato di rendere conto.
Le loro storie sono state individuate come esemplari, quasiidealtipiche capaci di dare informazioni su una continuit digenerazioni che comincia a passarsi il testimone di una condi-zione lavorativa complessa e poco conosciuta. Sono donne con
et diverse che appartengono alla stessa lunga generazione e sisono inserite nel mondo del lavoro negli ultimi ventanni. Al-cune hanno cominciato a lavorare negli anni in cui la flessibi-lit cominciava a imporsi, ma prima che diventasse, come perle generazioni immediatamente successive, un fenomeno cheha assunto la forma di precariet di massa e che si incrociato,negli ultimi anni, con la crisi economica, rendendo le condizio-ni di lavoro e di contesto ancora pi difficili.
Nella ricerca, dunque, sono state coinvolte le sperimentatri-ci delle prime forme di flessibilit e quelle che hanno trovatola precariet come una condizione quasi naturale, se non comeuna norma.
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Le prime, seguendo il processo di iniziale affermazione del-la flessibilit, hanno speso i loro titoli di studio, tendenzialmen-te alti, e le loro specializzazioni, tradizionali o innovative, in
rapporti di lavoro modellati da leggi recenti o in fase di elabo-razione. cos che si sono trovate a svolgere una professione,rendendosi capaci di coglierne le opportunit e dichiarandosidisponibili ad assumerne tutti i rischi.
Le pi giovani si sono affacciate al mondo del lavoro quandotutti questi cambiamenti erano gi andati a regime e molte diesse, nonostante la pi giovane et (29-35 anni), hanno scel-
to lattuale posizionamento lavorativo a partire dalla considera-zione di altre esperienze gi sperimentate o, allopposto, comestrategia demergenza in seguito allarrivo di un figlio o di unaproposta di collaborazione inaspettata.
La casa ha rappresentato e continua a rappresentare per mol-te di loro, un luogo in cui lavorare, in cui preparare quel lavoroche va fuori, verso datori di lavoro diventati committenti, clien-ti, a volte finanziatori. Le esperienze di tutte sono colte in un
punto dintersezione tra gli esiti di questi processi e lavvio disperimentazioni e adattamenti praticati come risposte non so-lo individuali.
Per contare su alcuni elementi di continuit e coerenza tuttele storie sono state individuate facendo riferimento a un territo-rio, quello in cui vivo, identificabile con la citt di Pisa e alcu-ni centri limitrofi.
Per la presenza di istituzioni universitarie differenti, un Ate-neo e due scuole deccellenza, Pisa una citt che offre unaformazione qualificata ma conserva le caratteristiche di un pic-colo centro sia dal punto di vista delle abitudini sociali che diquelle economico-produttive. Caratteristiche ben leggibili an-che attraverso le biografie qui raccolte in cui convivono spinteverso il cambiamento e linnovazione e il radicamento in dina-miche sociali consolidate e fortemente controllate. Le donne in-
tervistate hanno tutte con ununica eccezione una laurea intasca e vari percorsi post-laurea, dottorati, master, specializza-zioni, molte delle quali conseguite presso le istituzioni univer-sitarie pisane. Solo le diplomate in Belle Arti si fono formate
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in altre citt, Carrara e Firenze, ma per vita e lavoro non hannomai smesso di riferirsi a Pisa.
Gli incontri si sono svolti a casa delle intervistate, qualche
volta anche via Skype, ma in nessun caso si trattato di un so-lo appuntamento. Ho cercato di incoraggiare una narrazionestratificata in cui stessero insieme la descrizione dello spazio fi-sico dedicato al lavoro, la storia di quello spazio (progettato dasempre, conquistato lentamente, imposto dalla necessit), con leriflessioni e i pensieri sugli agi e i disagi che il lavorare in quel-lo spazio comporta.
Tutti i materiali raccolti nel corso delle conversazioni sono
stati condivisi e ridiscussi, resi anonimi con gli aggiustamentinecessari e trasformati da intervista a racconto in prima per-sona. Tutte hanno parlato di s, del loro lavorare, del loro con-testo di vita, del loro mondo. Trasformare lintervista in unracconto in prima persona ha accompagnato il processo di ela-borazione, ha permesso di tenere aperto il confronto e ha am-plificato la consapevolezza dellesperienza narrata. Per questo le
storie fanno parte del corpo del libro, per il processo attraversocui hanno preso forma, rappresentano uno step dellelaborazio-ne, per me che le pensavo come base per un ragionamento te-orico e per lintervistata che rivedeva e interpretava la propriaesperienza.
Le storie che state per leggere raccontano quindi il lavo-ro per come diventato nelle esperienze di un gruppo di don-ne che ha pensato di usare la propria casa come una risorsa,
non come un luogo in cui tornare ma come un luogo dal qua-le ripartire.Il libro si articola in tre scansioni. Nel primo capitolo, di
carattere introduttivo, il tema del libro collocato in un conte-sto teorico di riferimento, nel secondo, sono riportate le inter-viste in forma di storia. Nella terza parte (dal capitolo 3 al ca-pitolo 9), i materiali raccolti sono letti attraverso il prisma dialcune parole chiave che da sempre raccontano e interroga-
no il pensiero sul lavoro e in particolare sul lavoro femminile:spazio, tempo, corpo, denaro, identit, autonomia e, infine, or-ganizzazione.
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Desidero ringraziare soprattutto chi si lasciato coinvolgere in questaricerca raccontando di s.Ma non finisce qui. Un ringraziamento sincero va a chi a varie ripre-se e in differenti momenti ha discusso con me il progetto e i risulta-ti di questa ricerca: Paola Bora, Teresa Di Martino, Alessandra Gissi,Melanie Gliozzi, Sylvia Greenup, Monica Massari, Beatrice Meo-ni, Fedele Ruggeri, Sandra Rumori, Caterina Satta, Marica Setaro,Elisabetta Tarquini, Maria Luisa Venuta. Un grazie particolare va aClaudia Bruno e a Gabriele Tomei per le varie, generose, letture. Ma-rina Piazza, Lorenza Zanuso, Giuliana Chiaretti e, per altri versi, An-na Romei hanno reso tutto pi concreto.Ci sono poi tutti quelli che mi hanno supportato diversamente e quo-tidianamente: Franco e Graziella, prima di tutti, Mara, Valeria, Mar-
gherita e Andrea, fondamentali durante le mie trasferte milanesi.Simone, Sebastiano e Cecilia hanno saputo cosa dire e cosa fare inpi di unoccasione.Questo libro dedicato, inevitabilmente, a mia madre.
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1. Lavorare a casa, lavorare in rete
Da qui dentro, da qui fuori
Da qualche anno raccolgo storie di case, di quelle case incui si muove un lavoro femminile composito, rivolto ancheallesterno, richiesto e offerto dal/al mercato. Mi sono accor-ta che avevo voglia di fare questa ricerca quando ho comincia-to a rendermi conto che, intente a muoversi sul crinale di unmondo del lavoro che cambia (che cambia violentemente, ridu-cendo spazi, opportunit, diritti), molte donne oggi sono alleprese con lavori portatili, spesso svolti in ambienti informa-li, spesso svolti proprio a casa. Mi ha attratto verso queste ca-se-ufficio e case-laboratorio la curiosit che si ha verso luoghied esperienze poco conosciute e la fiducia che proprio in que-
sti luoghi-interstizio, guardati con il gusto di unosservazionedi dettaglio, minuta e stratificata, si possano leggere i segni dicambiamenti in corso.
Sono partita dallosservazione degli spazi di lavoro, dal lorofarsi e disfarsi negli ambienti della casa, quegli stessi ambien-ti pensati per vivere, svegliarsi, vestirsi, incontrarsi, mangia-re, riposarsi e tutte quelle pratiche che ripetendosi accompa-gnano lo svolgersi dei giorni. Ho guardato a questa operazione
quotidiana di allestimento di uno spazio (e di un tempo) desti-nato al lavoro come allinvenzione di uno spazio terzo, nsolo casa n solo lavoro, la base di un progetto, di unidea, illuogo di transito di unidentit professionale che si costruisce
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in maniera non convenzionale, itinerante, apolide (Ciccarel-li, 2011). Guardata meglio, direi quasi con affetto, questa ope-razione di allestimento mi sembrata lesito di quel fare gene-
rativo che hanno le donne quando usano la strana libert cheproviene loro dal praticare i margini (lespressione di bellhooks). Spesso non si tratta, infatti, di una trasformazione ge-ometrica dello spazio, di una razionalizzazione dei metri qua-drati, ma di una vera e propria trasformazione: una stanza due ambienti, un tavolo due tovaglie, una trasformazione che costruzione di uno spazio non dicibile, non previsto. Questacapacit dello spazio di contenere e dare forma a bisogni di-
versi, di reinventare se stesso per rispondere a necessit e de-sideri articolati, mi ha incoraggiato nellipotesi di andare oltrelimmagine consolidata dal senso comune della casa come luo-go privato e deprivato. Mi sono chiesta se oggi la casa trasfor-mata in luogo di lavoro non rappresenti anche unopportuni-t, un sito di resistenza (lespressione ancora di bell hooks)per competenze, abilit e idee che il mercato del lavoro, co-
s com, non in grado di valorizzare. Mi sono chiesta, cio,se la capacit di costruire spazi in cui far abitare il lavoro den-tro le mura di casa non corrisponda alla capacit di inventarespazi abitabili anche nel mondo del lavoro, un modo per forza-re limiti e chiusure.
Le donne che ho incontrato, a cui ho chiesto di aiutarmi adescrivere una sorta di fenomenologia del lavorare a casa, siriconoscono e sono molto coinvolte in quello che fanno, si sen-
tono posizionate in un dentro-fuori che individuano e nomi-nano con esattezza. Si tratta di un andirivieni costruito consa-pevolmente, che serve a organizzare fasi e attivit diverse e cheha caratteristiche legate al tempo presente: un dentro iperco-nesso (non solo via tecnologia) a quel fuori complicatissimoin cui il lavoro segue traiettorie in continua metamorfosi, fracrisi strutturali e cambi di paradigma.
Mi ha colpito trovare in queste case abitate dal lavoro una
pluralit di esperienze e di professionalit. Molte, come ov-vio, sono quelle legate alluso del computer e delle nuove tecno-logie, dispositivi ormai familiari che ingombrano poco le stan-ze offrendo infinite possibilit.
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Tutte usano il computer. Alcune come le grafiche, le pro-fessioniste del web e quelle che si occupano di comunicazio-ne e ricerca ne fanno un uso pi intensivo e tecnico, le altre
lo usano per gestire la propria rete di contatti o per commer-cializzare prodotti e servizi. Ma non solo intorno al computerche si sviluppano professionalit. Negli spazi di casa possibi-le trovare chi organizza un laboratorio artigiano almeno percominciare o, appena oltre la soglia, una coltivazione a chilo-metro zero.
Le esperienze prese in esame si innestano in un punto diintersezione fra gli esiti del processo di destandardizzazione
delle forme di lavoro e lavvio di pratiche e di sperimentazio-ni che partono come risposte, adattamenti e soluzioni transito-rie ma finiscono per individuare una strategia, non solo indivi-duale.
Porre attenzione a queste storie, parziali ed esemplari allostesso tempo, significa osservare il mondo del lavoro da un ver-tice ottico che permette di guardare dentro al progressivo sgre-
tolarsi del confine netto fra produzione e riproduzione, fra pri-vato e pubblico. Si tratta di un processo ambiguo che agito siadal neocapitalismo, nel tentativo di fagocitare sempre pi esten-sivamente la vita dei soggetti (su questo la letteratura, anche inItalia, vastissima), sia dai soggetti stessi come forma di resi-stenza e messa in gioco di pratiche e desideri.
Non solo. A partire da queste esperienze negli ultimi anni sisono avviate sperimentazioni che superano il livello individua-
le e propongono modi di lavorare alternativi. Basti pensare aicoworking (e non casualmente una delle donne qui intervista-te impegnata nella progettazione di uno di essi), o alle pri-me sperimentazioni di lavoro agile (smartwork), quel lavorarefuori ufficio e quindi anche da casa che promette vantag-gi e opportunit per singoli e imprese, una modalit flessibi-le di regolazione del lavoro subordinato sulla quale c una pro-posta di legge depositata in parlamento. Si tratta di esperienze
che coinvolgono uomini e donne ma che nascono con un for-te riferimento alle teorie e agli strumenti elaborati nellalveo diquellesigenza di lavorare diversamente (Balbo, 2008) che hacaratterizzato la presenza delle donne nel mondo del lavoro.
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Per questo nel volume le storie presentate sono storie di la-voratrici e per questo si fa riferimento a una genealogia di pro-blemi e di adattamenti che hanno una chiara rilevanza di gene-
re, che sono anzi segnati dalla differenza che ha caratterizzatola storia del lavoro femminile. Se oggi gli uomini sono costret-ti o desiderano rimodellare il loro essere e sentirsi lavora-tori e professionisti, immaginandosi forme alternative di ac-cesso o di presenza nel mercato del lavoro, possono farlo sulsolco di quanto pensato e chiesto concretamente dalle donnenel tentativo di incrinare il modello chiuso e totalizzante im-posto dallordine economico. Sarebbe interessante, in un futuro
non troppo lontano, verificare come gli uomini nel loro len-to mettersi alla prova con le necessit di conciliazione e com-binazione vita/lavoro si stanno misurando con unesperienzadel lavoro che si costruisce sempre pi in prossimit degli spa-zi di vita.
Un passo indietro
Il posizionamento dentro-fuori in cui molte delle intervistatesi riconoscono, richiama lelasticit e la duttilit con cui le don-ne hanno risposto alle rigidit dellordine economico, sperimen-tando una partecipazione sempre difforme al modello proposto.Inutile ricordare che la storia del lavoro femminile una sto-ria poco lineare. Le storiche non esitano a parlare di una pre-cariet lunga secoli (Bellavitis, 2008) congiunta a una straordi-
naria abilit di adattamento, documentata dalle ricerche comecapacit di accaparrarsi occasioni di lavoro allinterno di si-tuazioni mutevoli negli spiragli che si sono aperti nelle diver-se epoche per sviluppare un ruolo attivo e produttivo. Il den-tro-fuori dunque rintracciabile come elemento ricorrente dellastoria del lavoro femminile, motivato da fenomeni di lungo cor-so ben intrecciati con le norme culturali, i rapporti fra i generie la loro costruzione nel tempo. Sullo sfondo di un sistema eco-
nomico regolato dallordine simbolico del lavoro strutturato eorganizzato, fonte di diritti e privilegi che mediavano e model-lavano le regole della cittadinanza, le donne hanno sempre do-vuto affrontare il problema di conciliare ritmi lavorativi e ci-
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cli biologici, spesso riuscendoci e altrettanto spesso scivolandoin una condizione di irregolarit che non ha voluto dire non-la-vorare. Questo lo sappiamo bene almeno dagli anni Settanta,
quando grazie al contributo della critica femminista agli studisul lavoro non solo si cessato di negare la partecipazione fem-minile al mercato, ma si smesso di considerare come unicalidea di lavoro disegnata, pensata, analizzata e concettualizzatasullesperienza e sul corpo maschili. Rimanendo al caso italia-no sappiamo che le donne attive nei movimenti politici del do-poguerra si sono mosse rivendicando il diritto al lavoro, cioil diritto di poter lavorare o di essere riconosciute nei luoghi di
lavoro come pari (Gissi, 2013). Gli anni Settanta del Nove-cento sono gli anni in cui si fa un passo avanti o a lato: sul-la spinta dei movimenti femministi il modello maschile di par-tecipazione al mondo del lavoro cessa di essere il riferimentounico. Questo divenne evidente anche nelle analisi sul lavoro:la crisi dei paradigmi classici della sociologia del lavoro (e dellafamiglia) portarono a mettere al centro della riflessione la spe-
cificit del lavoro femminile, aprendo cos a un processo di ri-definizione dellidea stessa di lavoro.Gli studi realizzati a partire da questa nuova ottica fecero
emergere, in contrasto con limmagine fortemente negativa do-minante, unimmagine del lavoro femminile pi ricca e com-plessa, nella quale trovarono spazio categorie descrittive e con-cettuali in grado di cogliere la partecipazione attiva delle donneal funzionamento della societ, anche nei suoi risvolti conflit-
tuali. Si pass cos dal considerare le donne soggetti doppia-mente esclusi dalla sfera sociale perch immerse nella fami-glia (in un lavoro tutto privato, considerato poco o per nienteproduttivo e sprovvisto di storicit), e perch collocate nei set-tori meno dinamici del mercato a soggetti capaci di mette-re in discussione le tradizionali dicotomie fra pubblico e pri-vato, lavoro e non lavoro, segnalando i nessi e le interrelazionioperanti. Una serie di figure e categorie che fanno ormai parte
quasi di un gergo sul lavoro delle donne, le dobbiamo a una sta-gione che nei vari passaggi fra movimento, ricerca, sapere, po-litica, ha prodotto e articolato un lessico capace di raccontare lastratificazione dei lavori necessari e di cui le donne sanno esse-
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re autrici. Negli anni Settanta, va ricordato, si sviluppato unenorme dibattito internazionale sul lavoro domestico che ha in-teressato studiose e donne attive nel movimento e nei colletti-
vi e che servito, pur se da prospettive diverse, a mettere in lu-ce il valore economico, il potenziale sovversivo e la complessitdi quel lavoro utile alla produzione della vita quotidiana. sul-la base di questo che si arrivati allinvenzione di coppie oppo-sitive come lavoro di produzione e lavoro di riproduzione edi categorie come lavoro di cura, lavoro di servizio, lavorofamiliare, tutte invenzioni lessicali che hanno avuto il ruolo dide-naturalizzare il fare femminile e di metterlo in rapporto con
la societ nel suo complicato avventurarsi nella modernit pirecente. La critica femminista al lavoro stata capace, seguen-do una spinta rivendicativa, di mettere in crisi lidea classica dilavoro, di mostrarne la parzialit e lastrattezza, proprio ponen-do in rilievo i contenuti di lavoro iscritti nellesperienza e nellebiografie delle donne (per una ricostruzione rimando a Baraz-zetti, 2007). Alcune categorie che usiamo oggi per raccontarele attuali mutazioni e trasformazioni del lavoro hanno una ra-
dice rintracciabile nel progetto femminista di espandere lideadi lavoro in modo da includere anche lesperienza delle donne.Categorie oggi molto in uso, come quelle di lavoro immateria-le e lavoro affettivo, hanno il loro punto di partenza nel con-tributo dato dalla critica femminista allidea classica di lavo-ro (Weeks, 2007), ed per questo che non si tratta di categoriepuramente descrittive ma con un forte portato politico e conflit-tuale che andrebbe recuperato.
In Italia questo lavoro di rinominazione e concettualizzazio-ne cui proprio il GRIFF ha contribuito in maniera determi-nante1 ha coinciso storicamente con un periodo di imponente
1. Vedi gli importanti numeri di Inchiestapubblicati fra la fine degli an-ni Settanta e gli inizi degli anni Ottanta. Fra questi il n. 18, apr./giu. 1975,Speciale donna, sette articoli sulla condizione femminile a cura di Lau-ra Balbo e altre; n. 32 mar./apr. 1978 Doppia presenza e mercato del lavo-
ro femminile: una ricerca sulla condizione della donna nelle societ a capi-talismo avanzato a cura di Laura Balbo, Marina Bianchi, Lorenza Zanuso eElisabeth Wilson; n. 49/50 gen./apr. 1981, Donne e conoscenza, a cura diGiuliana Chiaretti e Franca Bimbi; n. 55/56 gen./mar. 1982 Pi facce, molteteste. La condizione della donna, a cura di Laura Balbo e Lorenza Zanuso.
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crescita di partecipazione femminile al mercato del lavoro. Se vero che molti studi indagavano il valore del lavoro extra-mer-cato, anche vero che molte donne grazie alla riforma della
scuola pubblica e di altri apparati della pubblica amministrazio-ne sono entrate a far parte stabilmente nel mondo del lavo-ro. Le categorie elaborate in quel periodo rispondono allesi-genza di comprendere cosa comportasse in termini di percorsidi vita e di organizzazione sociale il fatto che per la prima vol-ta in Italia (cos come in altri paesi occidentali) la maggioranzadelle donne vivesse come condizione normale quella di esse-re presente stabilmente e nel mercato del lavoro e nella fami-
glia. Listituzionalizzazione di quella che fu chiamata doppiapresenza femminile, e dunque una nuova divisione sessualedel lavoro, era in quella fase storica la caratteristica pi salien-te della societ capitalistica, una trasformazione profonda dellasociet di cui erano protagoniste proprio le donne. Scrive LauraBalbo a proposito di quella stagione:
Abbiamo descritto, dicendo doppia presenza, lesperienza del vivere
in ambiti e ruoli tradizionalmente definiti come differenti e separati,famiglia e lavoro, privato e pubblico; lessere soggetti di con-nessioni e di combinazioni inedite, dunque negoziare, inventare, im-provvisare. Riuscire a far convivere e funzionare identit e ruoli cheappartengono a mondi ancora in qualche misura segregati e contrap-posti(Balbo, 2008, p. 62).
Sebbene sia stato fatto notare che la dimensione della dop-pia presenza abbia progressivamente acquisito un carattere nor-
mativo, evocando una sorta di itinerario obbligato dellidenti-t femminile in bilico fra impegni professionali e responsabilitfamiliari (Leccardi, 2005, p. 107), nelloriginaria formulazio-ne di Balbo emergevano tratti diversi. Il passaggio semantico dadoppio lavoro a doppia presenza segnava uno scarto rilevan-te. Al di l degli aspetti gravosi del doppio lavoro, quello che sivoleva mettere in luce era lesito in termini di apprendimento,di creativit, di innovazione dellattraversamento quotidiano di
sfere diverse del vivere sociale. La capacit di esperire mondi ecodici differenti e di metterli in relazione come pratica assolu-tamente normale viene liberata dal carattere di ovviet e na-turalit per essere restituita come expertise esistenziale e socia-