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7/29/2019 662 - Rivista incontri mese di Marzo 2013
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Fondato nel 1948
Sped. in abb. postalecomma 20, lett. C,
Art. 2 - Legge 662/96Taxe perue -Tariffa riscossaTo C.M.P.
NOSTALGIA DI PRIMAVERA
FATEMI VEDERE I CAVALL
LETTERA DI UNA MADRE
INDIA: 55-1-13
Anno 65 n . 2 marzo 2013Benedici Signore
Signore, ancora per un annodammi la tua benedizione eabbi pazienza con me.Benedici le mie maniche sappiano accarezzare.Benedici i miei occhi perchguardino per vedere.Benedici le mie orecchieperch siano sempre aperteper chi ha bisogno.
Signore benedici la mia boccaperch parli semprea difesa dei poveri.Signore benedici il mio cuoreche sia generoso nel perdonare.Benedicimi o Signore perchtu possa disporre di me con tuttoquello che ho e con tutto quelloche da te ho ricevuto.
Le campanedella Pasqua,che suonano a festa,
portino gioiae speranza
NOSTALGIA DI PRIMAVERA
FATEMI VEDERE I CAVALL
LETTERA DI UNA MADR
INDIA: 55-1-13
7/29/2019 662 - Rivista incontri mese di Marzo 2013
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Periodico della Famiglia Cottolenghina e
degli ex Allievi e Amici della Piccola Casa
n. 2 marzo 2013Periodico quadrimestrale
Sped. in abb. postale
Comma 20 lett. C art. 2 Legge 662/96
Reg. Trib.Torino n. 2202 del 19/11/71
Indirizzo: Via Cottolengo 14
10152 Torino - Tel. 011 52.25.111
C.C. post. N. 19331107
Direzione Incontri
Cottolengo Torino
Direttore Onorario
Don Carlo Carlevaris
Direttore responsabile
Don Roberto Provera
Amministrazione
Avv. Dante Notaristefano
Segreteria di redazione
nuovo indirizzo mail
Redazione
Salvatore Acquas
Mario Carissoni
Collaboratori
Mauro Carosso
Fr. Beppe Gaido
Nadia Monari
Progetto grafico
Salvatore Acquas
Stampa
Tipografia GravineseCorso Vigevano 46 - TorinoTel. 011 28.07.88
La Redazione ringrazia gli autori
degli articoli, particolarmente quelli
che non riuscita a contattare.
Sommario
Il punto 3Don Roberto Provera
Via crucis 4-5Redazione
Una pazza idea a Manta, Ecuador! 6-7Alberto e Marco
Nostalgia di Primavera 8-9Mario Carissoni
Fatemi vedere i cavalli 10-11Dario Maurizio
Lamore di Cristo ci sprona 12-13Luca e Matteo
Come un avvoltoio sulla preda 14-17Fr. Beppe Gaido
Notizie dai fratelli 18-19Padre Lino Piano - Fr. Maurizio - I fratelli di Tachina
India: 55-1-13 20-23Don Roberto Provera
Le tre case 24-25P. Bartolomeo Milone
Lettera di un madre al figlio disabile 26-27Redazione
Una mensa sfama trenta poveriche vivono in citt 28-29Mauro Torselli
La visita del Ministro alla scuola Cottolengo 30Redazione
La festa della famiglia 31Avv. Dante Notaristefano
Benedici Signore 32Redazione
Incontri consultabile su:
www.cottolengo.orgentrate a cuore aperto
http://chaariahospital.blogspot.com/
Questa rivista ad uso interno della Piccola Casa Cottolengo
Insieme...
bello... possibile
3
il punto
di Don Roberto Provera
Cari Amici, permettetemi una confidenza personale: a me la matematica piace,bench i miei meccanismi intellettuali, data let, siano un po logori; ma nontemo di ammettere, e lo faccio con assoluta sicurezza, che odio unoperazione: la
divisione.Ovviamente qui non in gioco laritmetica, ma il Diavolo, parola greca che significail Divisore, colui che separa ci che unito e poi getta i brandelli di qua e di l.S, la divisione diabolica, non divina.Qualunque divisione. Politica (tanti partiti quante teste), economica (innumerevoliteorie, proposte, misure), internazionale, ecclesiale, intracomunitaria (anche nellecomunit religiose).Qual la radice della divisione? Legoismo, legocentrismo e tutti gli altri ego.Dove conduce la divisione? Alla rovina. Nessuna citt o famiglia divisa in se stessapotr restare in piedi (Mt 12,25).Esistono rimedi? Umani no, divini s. Lui, Ges, il Signore, ha abbattuto il muro di
separazione che divideva, ha fatto ditanti una cosa sola, un solo corpo.Ci significa che superare la divisione possibile. Grazie a Lui e con Lui siamoresi capaci di passare dallio al noi, da unpiccolo noi a un grande noi.La salvezza degli individui e delle istitu-zioni a qualunque livello non sta nelladivisione, ma nellunit, nella comunione.Crediamoci.E impegniamoci con tutte le nostre forzeper essere artefici di pace, di unit, dicomunione.Buona Pasqua a tutti voi, care Amiche ecari Amici.
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Ho fatto la Via Crucis ma il mio animo inquieto; lo stesso verbo che housato fare la Via Crucis ad apparir-
mi in tutta la sua impropriet. Fare la Via
Crucis? No, non possibile c qual-cun altro che ha fatto e fa ogni giorno pernoi la V ia Crucis. Allora, quale verbousare? Forse il verbo partecipare,oppure seguire la Via Crucis?Vengo scosso dalla grande ipocrisia concui viviamo le nostre pratiche religiose,dallindifferenza, dalla partecipazione
puramente emotiva. Davanti a noi la pi grande tragedia della storia dellumanit il Dio Uomo che processato, condannato, ucciso e il mesto corteo che porta al Calvario non va seguito stando affac-ciati alla finestra; necessario essere l sulla strada, confondendosi tra i personaggi presen ti. Personag-gi di un dramma cui non possiamo restare indifferenti perch lUomo portato a morire sulla Croce saril Risorto che ci doner la salvezza. Confonderci tra la folla rendendoci conto di quanto in ognuno deiprotagonisti di quel dramma si ritrovino i nostri comportamenti, il nostro modo di vedere le cose, il
nostro essere. in noi Pilato, e noi, con i nostri continui dubbi, in Pilato che continua a chiedere aGes: Tu sei Re?. E nella sua e nostra incapacit di scelte coraggiose si lav e si lava le mani Sonoanche tra la folla che, di fronte al bivio, urla un Barabba libero!, scegliendo la logica del mondo e nonquella dellAmore.Quanti soldati ieri ed oggi continuano a flagellare Ges, a mettergli la corona di spine, a
deriderlo Massacri, infamie, stupri sono sotto i nostri occhi. Eppure anche allora vi era una folla silen-
ziosa che non interveniva. Quel giorno, maledetto e benedetto, qualcuno caric della Croce la vittima
innocente quel Ges che non disdegn di cadere ben tre volte per dimostrare agli uomini che anche
un Dio, nella Sua umanit, pu cadere sotto il peso della sofferenza.
Mi rivedo, rabbrividendo, nel gesto di appoggiare
la croce sulle spalle di qualcuno pi debole, una
croce che oggi pu assumere molte forme ma,
perch tremiamo al pensiero di appoggiare la
croce sulle spalle di Ges e contemporaneamen-
te la scarichiamo sulle spalle del fratello? La
Mamma, silenziosa anche nella sofferenza pi
grande, si avvicina ad accarezzare il volto del
Figlio la stessa Santa carezza della povera infeli-ce verso il figlio moribondo per fame, freddo o
violenza. Un uomo, il Cireneo, si carica sulle spal-
le la Croce per alleggerirne il peso a Ges e
vedo le folle di profughi terrorizzati, affannati che
bussano alle nostre porte. E tu, Simone di Cirene,
dove sei? Immagino di prendere la Tua Croce e
sento tutto il suo peso; eppure la Tua Croce,
non la mia. Io la porto solo per un breve tratto di
strada eppure anche solo per questo breve tratto
sento il tanfo di morte che compagna di tanti
diseredati; forse questo breve aiuto giustificher il
ben pi mio durevole benessere, la mia agiatezza,
la mia salute? Simone tu sei tra i tanti volontari
che sono l a dare una mano Tra la folla avanzauna donna, la Veronica, che offre un sollievo
senza speranza asciugando il volto di Ges
sudore, lacrime e sangue lasceranno unimpronta
indelebile del Volto Santo, dono immenso,
ricompensa di un atto di amore. E le mani dellaVeronica possono essere le nostre mani , il suotelo il nostro cuore, quando ci accostiamo agliammalati senza speranza cui possiamo offriresolo il calore di una mano o il conforto di unapreghiera sussurrata insieme. Nel nostro cuorerimarr limpronta del volto di Ges. VedoGes che spogliato delle vesti e rifiuto diimmedesimarmi nellatto di farlo ma riaffiorano
alla mente le immagini di folle di uomini edonne derubati di tutto, anche della di-gnit Ges inchiodato sulla Croce commer-cio di organi, fosse comuni Ormai Ges haiscelto di morire, noi abbiamo fatto la nostraparte, tutto quanto hai detto stando l in altosulla Croce sono parole e atti di un Dio. Tumuori in croce e questo non voglio accettarloperch so bene chi ti ha condannato, chi ti ha
frustato, chi ti ha inchiodato sul legno. Allorfurono in pochi ma oggi sono in molti a volertseppellire, in molti cerchiamo di rotolare la grosa pietra sul sepolcro. Sei scomodo perch Tuo messaggio scomodo, perch guardarti icroce ci riporta al nostro modo di vivere. Eppurho visto come oggi possiamo svolgere il nostr
ruolo avendo come riferimento sempre e sol
Te. Ho capito che il messaggio che proviene dalVia della Croce non un messaggio di condann
per i nostri errori ma bens unincitazione vers
quellAmore di cui la Tua Croce la bandiera.
Tu, morendo come Uomo, ci hai donato commamma la Tua Mamma, hai perdonato i ladroni ed i tuoi carnefici e dallalto della Crocproietti su di noi la luce della Resurrezione. Cguida a guardare verso lAlto e noi , come il centurione, possiamo solo dire: QuestUomo veramente il Figlio di Dio!
ViaCrucisSei scomodo perch
il Tuo messaggio scomodo,perch guardarti in croce
ci riporta al nostro modo
di vivere.
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spiritualit
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Unidea quella di Suor Mary in Manta.Unidea martellante, che con un grandesalto di fede e laiuto della Provvidenza
diventata realt: una Fondazione sanitaria inuno dei barrios pi poveri di Manta, LosGeranios. Guardate le case: poco pi chebaracche, qualcuna con un muro, tutte con untetto di lamiera, la maggior parte delle famiglieche vive in condizioni di estrema povert.Proprio pensando a queste famiglie, ai loroanziani e ai malati che non hanno possibilit dicurarsi, gli ultimi tra gli ultimi, Suor Mary, conlaiuto delle altre Suore della missione (SuorVenus e Suor Donata) hanno creato questomiracolo di Provvidenza. Suor Mary unin-
fermiera, lunica infermiera della Fondazione,che si improvvisata tuttofare in una struttu-ra complessa e completa, che ospita circa 50 tramalati terminali e anziani indigenti. Un solomedico: il dottor Cristhian, giovane e molto bril-lante, che presta anchegli servizio nellaFondazione come medico tuttofare, gestendoanche situazioni di emergenza: proprio questolo scenario che noi, Marco e Alberto, volontari
trattenere, ma ancora una volta traspare la consapevolezza che essi, almeno, hanno riconqustato la dignit di esseri umani.Aveva ragione, Suor Mary, in quella supazza idea, che giorno per giorno, anche trmille difficolt, prende forma, vive e cresc
Aveva ragione, e noi volontari ne siamo testimoni oculari: una testimonianza che non possiamtenere per noi, una testimonianza, speriamcontagiosa, di coraggio, di amore per Signore declinato nella cura della vita e dellpersona umana, perch il Signore non dimentica nulla di ci che fatto nella persona dpoveri (San G.B. Cottolengo).
cottolenghini in missione, abbiamo trovato arri-vando qui a Manta in quel 19 Novembre.Entriamo in quella che sembra unoasi nel deser-to ( questa limpressione che si ha arrivando aLos Geranios) e siamo immediatamente cata-pultati in mezzo a unemergenza medica: Marco,assistente sanitario, si mette subito a disposizionedel dottore per aiutarlo a curare una signora conun grave edema polmonare, preparandola perun elettrocardiogramma ... eh s, anche questa unemergenza qui, perch la maggior parte delpersonale composto di figure equiparabili allenostre OSS, senza una competenza infermieristi-ca specifica, e Suor Mary fa quello che pu, inca-strando le sue molteplici attivit ...
Qui la Provvidenza d sempre una mano, e uti-lizzando i suoi semi si ottengono sempre buonifrutti: tanti aiuti da benefattori di ogni dove,molti dallItalia, altri dalla popolazione localeche comunque molto sensibile a queste opere.Ad esempio, ci racconta Suor Mary, il capanno-ne delle attivit ricreative per i pazienti, intera-mente finanziato da una famiglia del posto conun lascito, stato costruito in tempi brevissimi
Una
pazzaidea
a Manta,Ecuador
Unapazza
idea
testimonianze
di Alberto e Marco (volontari del Cottolengo di Manta, Ecuador)
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(circa tre mesi) anche grazie allin-tervento volontario di architetti eingegneri che hanno permesso dicontenere i costi di realizzazione,altrimenti proibitivi. Ancora unavolta, le persone giuste al momen-to giusto!Quante volte la parola provvi-
denza stata pronunciata equante volte qui, in questangolodi terra dimenticato, essa si realiz-za nelle sue opere: assistenza aimalati, certo, ma anche lavoro perla gente del luogo, la possibilitper loro di crescere anche comepersone, maturare un rapportocon i malati che inevitabilmente condiziona,in senso positivo, la vita quotidiana nelle lorofamiglie.Unopera missionaria a 360 gradi, che coinvol-ge gli aspetti sanitari, umani e cristiani: cammi-nando per i padiglioni della Fondazione (dove
non manca una cappella per pregare e per lamessa del gioved) sincontra la serenit sul voltodi persone che ora non si sentono pi sole,uomini e donne (finalmente! Senza alcunaltraetichetta) che si illuminano quando ricevono iltuo buenos dias!, regalandoti sorrisi disarmanti.Certo, c anche tanta sofferenza nelle cameredei malati terminali, le lacrime non si riescono a
a Manta,Ecuador
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Una pioggerellina, fine e delicata, pian pianoha sciolto le poche tracce rimaste dellulti-ma neve che linverno ci ha donato; genna-
io passato, poi febbraio scorre via rapido, eccomarzo e nellaria i primi segni di primavera.Giornate con pi ore di luce, aria tiepida,azzurro e festa in cielo, risveglio nella natura ein tutti, il desiderio di scuotersi, respirare a pienipolmoni laria fresca e stimolante di giornateinebrianti. Voglia di andare, di cercare una ven-tata di libert, di mettersi quasi in competizionecon uccelli che volano felici. Giorni in cui desi-deri fuggire dalla citt, perch qui vedi la natu-ra mortificata, ben che ti vada trovi erbe deltipo coraggioso, che si accontentano di un semeportato dal vento, di qualche granello di terra,che va a posarsi tra intonaci scrostati o negliinterstizi dei muri e rivendicando il loro dirittoalla vita, germinano piccoli poveri fiori, che
nessuno mai degner di uno sguardo generoso.Allora via, verso le belle colline di cui tantoricco il Piemonte; ma non nei luoghi osannatiormai un po in tutto il mondo dai cultori delbuon vino e della buona tavola, ma l dove lavita agreste sta spegnendosi pian piano, inghiot-tita dalla voracit dei nemici di una natura sem-plice e rispettata. Ci arrampichiamo per sentie-ri sassosi, calpestando tracce lasciate dal passag-gio di carri agricoli e da vecchi scassati trattori;felici, pieni di ansiosa curiosit, sussultando aogni piccolo fruscio, provocato da piccole inno-centi lucertole, che sbucano tra le erbette appe-na spuntate, per andarsi a crogiolare nel teporedei primi raggi di sole, che filtra tra un ramo elaltro di alberi, che si stanno vestendo delprimo verde: pruni, cespugli di more, robinie,ciliegi selvatici; un tesoro di ricchezza naturale!Parallelamente al sentiero, scorre un piccolo rio,
che sta smaltendo lacqua dellultima neve espo-sta al sole; lungo i suoi margini, la dove il mantoverde ha coperto la terra, ecco che dimprovvisoappaiono macchie gialle di sorridenti primule;pi nascoste e meno esposte ecco le violette,delicate, profumo accattivante e malizioso; diffi-cilmente sfuggiranno alle seppur delicate mani-
ne di vezzose fanciulle, che ne faranno mazzetti,da serbare con cura, per le mamme, o per posar-li nelle mani dellamato per dare vita ad unprimo piccolo anello, di una catena che li unirper tutta la vita.Proseguiamo pian piano e arriviamo dinanzivecchie mura che circondano e proteggono unavecchia tenuta.Dietro un cancello arrugginito, sintravedonouna vetusta villa e poco pi lontani dei cascina-li, apparentemente abbandonati, protetti dasgangherati in parte imponenti portoni di legnoche portano i segni del tempo. Osiamo entrare eimprovvisamente ci appaiono dei tesori: giardiniluminosi, orti, fazzoletti di terra, protetti da stec-cati e muriccioli per separarne le propriet, chenascondono sotto la terra ben curata, essenzerigogliose in attesa di esplodere in tutta la lororicchezza, cos da soddisfare le necessit alimen-tari degli abitanti e sempre pi sovente, anchequelle di chi ha lasciato la casa paterna, attrattodalla citt.In questi recinti antichi, ci sono ben protetti deigerani, i fiori dei poveri, in vasi di terracotta e invecchie scatole di conserva, allineati lungo muridove il glicine in attesa di fioritura.Proseguendo oltre la tenuta, c quanto rimanedi un vecchio glorioso bosco; il suolo ormaiinvaso dalle graminacee, cespugli di biancospinoche hanno appena accennato alla fioritura,qualche lauro ceraso, caprifoglio e tanta edera,che cerca sopravvivenza arrampicandosi lungo itronchi di alberi gi in parte rinsecchiti, perdecretarne la fine.Non c solitudine o tristezza, tutto pieno divita, senti animali che si rincorrono tra i cespu-gli, uccelli che passano cinguettando da un
ramo allaltro, il soffio di un venticello che goddella sua libert, tutto il respiro della creazionantica. Proseguendo, arriviamo di fronte ad unpiccola edicola, sberciata ma con la sua cornicmuraria ben dipinta, bianca e azzurra e dentrouna piccola statuetta della Vergine di Fatima.Ci fermiamo e a bassa voce, in questa pac
meravigliosa, diamo inizio alla recita del Rosario; scorrono le Ave Maria e raggiungono piccolo rio lasciato a valle, che se ne fa tesoro le porter verso spazi dellinfinito.Intanto arrivano due giovani, con loro le violete appena raccolte, nelle mani del giovane chle aveva ricevute. Si fermano e si guardannegli occhi con incantevole purezza; si eranappena donati il loro primo anello e fatta unprima silenziosa promessa; ma non hanno dubbi, stendono le loro giovani mani verso ledicola e le violette si posano ai piedi della Madonnina che li guarda sorridente.Doner loro anelli ben pi profumati e preziosli serber nel suo cuore!
spiritualit
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Nostalgia di
PrimaveraTorniamo felici, il mondo rinasceed sempre pi bello, si rinnovae tutto quello che contiene,trova sempre nuova vita!
di Mario Carissoni
Nostalgia di
Primavera
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Dopo pi di ventanni di servizio in diversiambiti della Piccola Casa mi capita, neimiei momenti di riflessione consuntiva,
di sentirmi anche un po orgoglioso di apparte-nere in qualche modo, alla meravigliosa realtCottolenghina.In questa piccola citt nella citt, dove il verboamare viene coniugato in ogni manifestazio-ne possibile che esprima dedizione, servizio,sacrificio, fatica, e tanta, tanta dolcezza versotutti i Figli di un Santo che ha saputo precorre-re in maniera originale e carismatica, la strada
della carit e della promozione umana.Tuttavia, sembra impossibile ancora nei giorninostri, non mancano a volte ragioni di stuporequando dialogando con occasionali interlocuto-ri ai quali riferisco, con malcelata fierezza, delmio servizio di volontariato nel Cottolengo,di suscitare meraviglia condita da curiosi atteg-giamenti di ritrosia.Come, al Cottolengo? e poi di seguito: Che
bravo, io non me la sentirei, sei coraggioso! evia di queste affermazioni insolite.Quando chiedo ragioni di tale stupore, ottengoper risposta una sorta di pantomima con laquale cercano di fare la domanda; la voce siabbassa per il falso pudore e dopo un leggerobalbettio: Ma vero che al Cottolengo ci sonoancora quelli ma s, quelli brutti sa, quel-li un poco come dire anormali un popersone e un po come dire animalimagari con teste piccole o enormi magari unpo da cavallo ecco che lhanno detta, la
domanda.Ho provato a valutare con sufficiente carit lepersone da cui provengono i drammatici in-terrogativi: spesso rappresentanti di un cetomedio che dovrebbe esprimere un sufficientelivello di cultura e di informazione.Dopo un primo istante durante il quale devoreprimere sentimenti non del tutto pacifici versolinterlocutore, mi controllo e rispondo che s,
certo che ci sono e che anzi, il mio servizio proprio quello di preoccuparmi che non man-chino mai biada, fieno e paglia per lalimenta-
zione e per la pulizia delle stalle .Mi accorgo dal cambiamento di faccia, di averprovocato controversi stati danimo: prima lostupore verso la quasi conferma dellesistenzadegli innominabili, poi si fa strada la convin-zione che li sto prendendo, un po tanto, in giro,malgrado abbia cercatodi rispondere loro il piseriamente possibile.Anzi, per rincarare ladose, con un po di cini-smo calato sul disagiodella poveretta (s, per-ch il pi delle voltesono donne) la informoche da qualche tempo sidiscute di mettere fuo-ri dalla Piccola Casa,una pi esauriente car-tella tipo piccola fatto-ria del Cottolengo(fuori, ho detto, pensan-do tra me e me, perch
si sappia dove si trovano ganimali)A questo punto capisco chil gioco, non voluto ma provocato dallincredibile ignoranza che impedisce allleggende metropolitane dmorire dignitosamente,
stato sufficiente per far capre lassurdit di tale mentalt che rimane poveramentattaccata ai pregiudizi, e asi dice e quasi alle paurche nel tempo passato (hanno caratterizzato Cottolengo, come luogdove ci vuole coraggio entrare, dove basta dircottolengo per divulgar
tutto il peggiore possibile della condizionumana.Recuperato il dialogo corretto e pi caritatevol
cerco di far capire che proprio vero, che peentrare come si deve, al Cottolengo, ci vuolcoraggio, s ma dellAmore.
Le porte sono aperte, chi ha il coraggio vengama senza sella sulla testa: condivideremo lbiada della fraternit e lerba della speranza
Fatemivederei cavalli
Il coraggio dellAmore
di Dario Maurizio
testimonianze
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testimonianze
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Charitas Crhisti urget nos (Lamore diCristo ci sprona), 2 Cor. 5,14. Questa lafrase che ha accompagnato noi, seminari-
sti di prima e seconda teologia, nella nostraesperienza alla Piccola Casa della DivinaProvvidenza di Torino, conosciuta dai pi conil nome di Cottolengo. Per dieci intensi giorni,dal 4 al 14 settembre, con il nostro vicediretto-re don Gianbattista, abbiamo condiviso pre-ghiera e servizio con i volontari (tra cui unaltro gruppo di seminaristi) e le suore presentinella struttura.
Una delle cose che pi colpiscono coloro chearrivano al Cottolengo la campana, chescandisce con i suoi rintocchi ogni quartodora della giornata (iniziando dalle cinque delmattino) e ogni ora intona il Te Deum perricordare che ogni momento del giorno dono del Signore e guidato dalla SuaProvvidenza. E anche noi elevavamo come le
note delle campane, la nostra lode a Cristo,affidandogli la nostra giornata di mattino eriponendo nella Sue mani il nostro vissuto nellapreghiera serale. Proprio nella preghiera, io,Luca (seminarista in teologia) ho vissuto inmodo profondo e autentico un aspetto dellavita del cristiano: la Carit, il servizio caritate-vole non mi ha distratto dalla preghiera, anzi stata proprio la preghiera a darmi ogni giornola forza di vivere appieno il servizio senzarisparmiarmi, ma donando tutte me stesso. Lapreghiera stata un elemento fondamentale di
questa esperienza che mi ha accompagnatodallinizio alla fine.Ogni volta che avete fatto queste cose a unosolo di questi miei fratelli pi piccoli, lavetefatto a me. (Mt.25,40) Sono state queste paro-le che mi hanno accompagnato durante tutto ilperiodo di servizio vissuto presso la PiccolaCasa, e proprio con questa consapevolezza ho
cercato di farmi il pi possibile strumentonelle mani del Signore, affinch potessi diven-tare testimone vivo del suo grande amore; piio cercavo di essere testimone vivo,pi il Signore parlava al mio cuoreattraverso le persone affidatemi.Mi difficile (quasi impossibile) espri-mere quanto lo sguardo di personeche non parlano e spesso non vedonomi ha dato e trasmesso.Il servizio richiestoci non comportavauna formazione infermieristica, piut-tosto una grande umanit, cera chie-
sto di far compagnia ai malati, aiutar-li a mangiare e animare un po le lorogiornate rendendole pi allegre.Stare con loro, un piccolo servizio chevissuto con fede e amore suscita gran-de gioia in tutti, sia chi riceve questeattenzioni, sia chi le offre. Si arrivavaa sera distrutti, ma io provavo una
Lamoredi Cristo
ci sprona
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di Luca e Matteo
Il mettersi al servizio dellultimo, del malato, di chida solo non pu nulla, come ha fatto Ges, miha aperto gli occhi e mi ha dato nuova forza edentusiasmo per continuare il mio personale cam-mino di conversione e di abbandono nelle suemani paterne.
grande gioia e un forte entusiasmo ad impegnarmi sempre dpi, a mettere nelle mani deSignore la giornata successiva, donare tutto il mio tempo a quele persone alle quali mi ero affezionato e nel volto delle quavedevo il volto di Cristo sofferente.Lesperienza presso la Piccolcasa della Divina Provvidenza visuta questestate mi ha scosso dalinterno, la sua intensit ha susctato in me molte domande sullvita e sul mio modo di vivere questo grande dono che Dio ci hfatto, inoltre ha rafforzato in mla fede e lo spirito di dedizione.Il mettersi al servizio dellultimodel malato, di chi da solo non punulla, come ha fatto Ges, mi haperto gli occhi e mi ha dat
nuova forza ed entusiasmo per continuare mio personale cammino di conversione e dabbandono nelle sue mani paterne.
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accompagnatrice. Al piccolo non posso direniente, perch non in g rado neppure di capiredove si trova. Penso tra me e me: non che nonlo vogliamo ricoverare dai Buoni figli, ma civuole anche un po di protocollo. Se ora bastaabbandonare un handicappato in ospedale per-ch automaticamente passi poi nel gruppo deinostri deboli mentali, sono davvero fregati: non
bisogna assolutamente creare dei precedenti,altrimenti in un mese ci riempiamo fin sopra itetti. Minerpico su per il sentiero facendo unafatica immane. Mi tornano alla mente momentidella mia giovent, quando, zaino in spalla, sca-lavo il Monviso o il Chaberton... allora mi pesa-va di meno; ora ho il fiatone e le gambe mi tre-mano. Alla mia destra la collina continua a sali-re, tra macchie di boscaglia, campi coltivati emodeste abitazioni di legno con il tetto in lamie-ra. Alla mia sinistra c un dirupo appena crea-to dalle recenti precipitazioni. In fondo ad unpiccolo canyon un torrente stagionale scorreimpetuoso con le sue acque di color marronescuro. La vista bellissima e si perde verso loriz-zonte in colline che sinseguono allinfinito. Ora tutto verdissimo e la vita rigogliosa. Riga-gnoli dacqua scorrono gi per i campi in disce-sa, quasi come arterie e vene che portano nuovavita alle zolle appena rivoltate e ormai popolatedai virgulti dei nuovi raccolti.Arriviamo in vista di una casa in condizioni discre-te. Dovrebbe essere qui,dico a Gatwiri. Vedi chepoi non stavano cos male;non erano cos poveri!.Invece, una vecchietta cidice che dobbiamo conti-nuare un po, accerchiarelappezzamento dellamagione che si trova difronte ai nostri occhi, e poiscendere a mezza costasulla collina. Ancora unpiccolo sforzo, mi dicoansimando. Ci che vera-mente mi toglie il respiro
testimonianze
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Da pi di tre mesi abbiamo un piccolopaziente di dieci anni circa, abbandonatonel reparto pediatrico. handicappato
mentale grave. Non cammina, ed totalmenteincontinente. Ci era stato portato dai parentiper un ciclo di fisioterapia. Avevano promessoche sarebbero venuti a vederlo regolarmente,ma poi, subito dopo il ricovero, sono scompar-si tutti quanti. Qualche volta vedevamo deibambini piccoli che passavano fugacementedurante lorario di visita; se provavamo a chie-dere loro notizie dei genitori, ci ripetevanosempre la stessa cantilena: Atakuja kesho
(cio: verr domani).Ora per il vaso colmo. Dopo tre mesi mi sentoin cuore il diritto di richiamare loro il dovere del-lonest, e, senza neppure rendermi conto appie-no, mi rivesto di stucchevole paternalismo.Decido di portare a casa il paziente, che, in effet-ti, non sta assumendo alcuna terapia: semplice-mente ogni giorno fa la fisioterapia.
non lultima discesa, anche se ripida; invecquello che mi trovo davanti: una capanna di fangcon il tetto di paglia. Nessun pavimento, se non lnuda terra. Ad accoglierci una donna giovane memaciata, dagli abiti logori e stracciati.Appena mi vede, accenna un sorriso imbarazzato. Non ci aspettava. tutta sporca e non hnulla da offrirci. , infatti, appena tornata dall
shamba (il campo). Mi dice di lasciare il bambno sotto una pianta di mango carica di frutgrossi e rubicondi, e poi inizia a inzaffirarsi peprepararci qualcosa.Gatwiri, dille di non preoccuparsi perch noprendiamo nulla! Chiedile solo se posso vederlinterno della capanna.Passano alcuni minuti che a me sembrano eterni. Guardo la collina in silenzio; vedo un fachetto che volteggia leggero senza muovere ali di un millimetro... probabilmente aspettuna preda ignara, per poi piombarsi su di lei ipicchiata. Midentifico un po con quel rapaceprovo una morsa allo stomaco.
Gatwiri mi chiama dopo un attimo: Ha dettche siamo i benvenuti.Entro abbassando leggermente la testa per nopicchiare sullo stipite della porta. Ce una sostanza, con pavimento in terra battuta e tetto dpaglia. La camera divisa in due parti da untenda, che comunque lascia intravvedere upovero giaciglio dietro di essa. Al centro u
Mi faccio accompagnare da Gatwiri, durante lapausa pranzo, sperando di fare molto in fretta:infatti, casa sua non distante pi di due chilo-metri. Prendiamo lambulanza e ci incamminia-mo. La strada asciutta, nonostante ci sianograndi pozzanghere, in seguito allacquazzonedella notte scorsa.Raggiungiamo in fretta il torrente Mariara, al dil di Chaaria market. Attraversiamo il pontesenza problema, ma subito dopo ci rendiamoconto che parte della strada crollata a causa diuno smottamento: non ci rimane che proseguirea piedi. Quanto mancher?, chiedo a Gatwiri. Circaun chilometro, ma la strada in salita. Decidodi parcheggiare lambulanza, e di prendere il pic-colo sulle spalle. Il sole ora caldissimo, e imme-diatamente goccioloni di sudore cominciano asbocciare dalla mia fronte e a calarmi inesorabi-li sugli occhi. Il dado tratto. Si continua,ripeto a me stesso prima ancora che alla mia
di Fr. Beppe Gaido
Comeunavvoltoiosulla predaIo non sono mai in grado di giudicaregli altri, e tutte le volte che tentodi farlo, sbaglio rovinosamente.
Il compito del missionariopoi quello di mettersia servizio dellagente, senzainsegnareniente, senzagiudicare,senza umiliare.
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Mi viene da piangere. Mi sento uno stupido, epoi dico a Gatwiri: Torniamo in ospedale.E lui lo lasciamo qua?Certo che no! Aiutami a rimettermelo sullespalle. Lo teniamo in ospedale finch si far unposto dai Buoni Figli. D alla madre che non sipreoccupi, e che venga a trovarlo tranquillamen-te, perch un buon samaritano lo troveremo sen-zaltro.A questo punto la mamma rimane paralizzataper un momento; non fiata e guarda a terra per-ch non sostiene il mio sguardo. chiaramente commossa ma nonsa cosa dire.Mi aiuta a caricarmi il piccolosulle spalle e poi mi accompagnamentre, ansimando, riprendo lasalita verso lambulanza.Sono stato veramente stupido.Ho voluto dare una lezione, einvece ancora una volta ne horicevuta una dura come una fru-stata.Io non sono mai in grado di giu-dicare gli altri, e tutte le volte chetento di farlo, sbaglio rovinosa-mente.Il compito del missionario poi quello di mettersi a servizio della
gente, senza insegnare niente, senzgiudicare, senza umiliare.Ho fatto un altro errore madornale, mso che sbagliando che simpara e cresce.Mi sono preso un pugno nello stomacche mi fa ancora male, ma vogliaccettare gli insegnamenti che Dio mha dato oggi attraverso questa donnminuta e illetterata che ancora mi cammina a fianco e accarezza ripetutamente il suo Njiru.Mi guardo attorno: la natura selvaggiil solleone, il caldo tremendo mi ripotano a pensare a quanto dura la vit
dei poveri.Noi che abbiamo la corrente elettrica, lautomobile e il telefonino, non possiamo neppure immaginare cosa significhi essere vedova, con tre bambini piccoli, in una capanna di fango e paglia, cercare tutti i giorni qualcosa da mettere sutavolo dei tuoi pargoletti.Che il Signore perdoni la mia superficialit e maiuti a calarmi profondamente nella vita dpoveri, per imparare a capirli, a giustificarli e aamarli ogni giorno di pi.
tavolo e due sedie. Sulla mensa un pentolone conun po di ugnali (polenta) ancora fumante. Dove dormirebbe il bambino?.La mamma indica alcuni cartoni in un angolodel pavimento, e sussurra con voce tremante: l che dormiva prima che lo portassimo in ospe-
dale. Non ho alternative!Dove tuo marito? morto in un incidente alla cava delle pietreormai 4 anni fa. Era pagato a giornata, per cuinon portava a casa molti soldi. Non siamo mairiusciti a costruire una nuova abitazione dilegno. Lui, Njiru, il nostro primogenito. natocos per un travaglio prolungato a domicilio.Non avevamo soldi per andare in ospedale a par-torire. Anche le altre due bambine pi piccolesono nate qui in questa capanna. Normalmentesono le donne del villaggio che vengono ad aiu-tarmi, quando iniziano le contrazioni: sonomolto buone, ma non sono dei medici e a volte
le cose possono anche non andare per il meglio.Quando mio marito mancato, ero incinta dellapi piccola. Ti ho portato Njiru in ospedale per-ch non ce la faccio pi a seguirlo. Sta diventan-do pesante, e non riesco pi a caricarmelo sullaschiena mentre vado nei campi a lavorare, oquando mi reco al mercato a vendere il mango.Lasciarlo a casa da solo anche un problema:una volta ha avuto le convulsioni, e la sera lho
creduto quasi morto nella sua urina enelle bave che ancora uscivano dalle suelabbra.Te lho portato e poi sono sparita perchnon ho soldi per pagare lospedale: comeavrei fatto a chiederti di ricoverarlo daiBuoni Figli, quando non riuscivo neppu-re a coprire le spese delle medicine che
gi gli avevate somministrato.Non ho veramente trovato la forza divenire a parlarti. Per mandavo le bam-bine, e sapevo che Njiru era accudito estava bene. Ora, se me lo lasci a casa,non so davvero che cosa far. Noi riu-sciamo a mangiare solo perch mi pren-dono nei campi a giornata. Mi pagano
100 scellini il giorno. Se lui a casa, non potrcerto fare la bracciante nella shamba di qualchepadrone... Poi un silenzio imbarazzante cala tra di noi.Solo le due bimbe continuano a essere contente edivertite dal fatto di vedere un bianco nella loro
capanna. Corrono avanti e indietro a piedi nudi,e si ripetono lun laltra: Mzungu, Mzungu.Gatwiri non parla. Io guardo il soffitto di paglia,e, attraverso la porta aperta, riesco a scorgere ilbimbo handicappato sotto lalbero di mango. Inun brevissimo flash back mi torna in mente lav-voltoio che plana nel cielo pronto a colpire.
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Redazione
Padre Lino Piano
Ringraziamo riconoscenti P. Lino Piano peressere stato con noi il giorno 10 Settembredurante la sua visita in Ecuador.
Si familiarmente intrattenuto con noi, ascol-tando i nostri problemi, le nostre aspirazioni, lenostre paure e le nostre speranze. Dopo una visi-ta allAsilo e un saluto agli ospiti si fermato a
pranzo con noi. Grazie caro Padre Lino per latua paterna attenzione e per le tue parole.Un grazie va anche allamico e volontario Luigiche accompagnava il Padre e un augurio specia-le al nuovo missionario Don Emilio che iniziala sua avventura missionaria in terra ecuatoria-na. Domenica scorsa ha gi celebrato la SantaMessa allAsilo per gli anziani.
Ti siamo vicini, carissimo don Emilio perchsappiamo che gli inizi non sono mai facili e sappiche quando vuoi riposarti un po qui a Tachinac sempre un posto per te, perch sappiamo chela Parrocchia di Santa Marianita una grandeParrocchia cittadina e non una realt facile,con tanto lavoro da svolgere.
I Fratelli di Tachina
Un grazie ai fratelli
Vogliamo ringraziare di cuore i confratelliche in questi ultimi mesi sono venuti qui aTachina. Anzitutto fr. Albert che stato con
noi tre mesi. Ci ha aiutato molto, soprattutto adassistere e medicare i pi gravi. Tutte le mattinelavava e medicava Julio Cesar con pazienza eamore encomiabili. Grazie carissimo fratello
per questa bella testimonianza. Stai sicuro chedal Paradiso Julio Cesar non mancher dinter-cedere per te. Dal 16 al 23 Luglio abbiamoaccolto fra noi il nostro Superiore Generale, fra-tel Giuseppe Meneghini. Con lui abbiamo con-diviso dei bei momenti di dialogo e fraternit:abbiamo parlato delle nostre gioie e dei nostriproblemi, del difficile momento economico chestiamo passando e della nostra intenzione dicontinuare a servire i pi poveri, quelli che lealtre Istutuzioni rifiutano perch troppo poverio ammalati. Anche a te carissimo fratelGiuseppe il nostro grazie per il tuo ascolto, latua comprensione e il tuo amore di padre. In
questi mesi abbiamo qui fra noi fr. Simon, unaltro fratello in formazione che arrivato con fr.Giuseppe e si fermer fino a met Ottobre.Anche fr. Simon sta vivendo una full immer-sion in questa realt ecuatoriana.Per noi cheviviamo qui sempre una gioia poter accoglie-re questi nostri fratelli pi giovani. Ci portanounondata di sano entusiasmo e ci spronano adessere sempre pi autentici servi dei poveri.
Fr. Maurizio
Lettera da Tachina
Con riconoscenza vogliamo ringraziare PierlDina per il loro servizio svolto qui a Tachin20 Settembre al 10 Ottobre.
Davvero sono stati preziosi e dei grandi amici. Ue lavoratori.Pierluigi e Dina sono dei vecchi volontarnostro Cottolengo di Cuneo e per questo... sandati al sicuro.I nostri ospiti hanno goduto della loro presenzaloro servizio e tutti i giorni ci chiedono di loroInutile dire che li aspettiamo ancora qui fra noUn grazie particolare a Fratel Simon che statnoi tre mesi e che ha svolto un ottimo servizio,rendosi bene nella nostra piccola Comunit nostri ritmi di vita e lavoro, non sempre facili pgiovane in formazione. Davvero ha passaprova.... ottimamente!Per tutti e tre assicurata la nostra preghiera e la dei nostri ospiti.
I fratelli di T
Notizie dai
fratelli
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VAYALIPARAMBIL FRIBIN da sabato 19gennaio 2013 il cinquantacinquesimo sa-cerdote cottolenghino vivente. Insieme a donGiampiero ho avuto la gioia di prendere partedi persona alla Messa di ordinazione nella chie-sa parrocchiale di Santa Filomena a Koonam-mavu (poco distante da North Paravoor, doveha sede la comunit dei sacerdoti cottolenghini
intitolata alla Madonna del Rosario e il Cot-tolengo Seminary).Alle ore 10 iniziata la Messa presieduta dal-lArcivescovo di Verapoly, Sua Grazia FrancisKallarackal, che abbiamo accolto in un puntopoco distante dalla chiesa, dove labbiamo ac-compagnato preceduti da un corteo di motoci-clette con la bandiera del Vaticano. Sullautocon noi era salito don Fribin, che ci aveva atte-
so a casa sua per una breve preghiera.Bellissima e spaziosa la chiesa con gli addobbifloreali allestiti da alcune Suore cottolenghinevenute apposta da Cochin, e ampio il presbite-rio. Una ventina i sacerdoti concelebranti, fracui don Rexon e don Lijen, sacerdoti cottolen-ghini residenti presso la chiesa succursale diThannikuzhi (Paliyode). La liturgia, molto senti-ta dallArcivescovo e partecipata dai fedeli, eraspesso accompagnata da canto e da musica. A
quanto don Shony mi ha riferito, lArcivescovonellomelia in lingua malayalam, fra laltro, hadefinito i cottolenghini come la mano paterna eamorosa di Dio verso i poveri. I riti propri del-lordinazione si sono succeduti regolarmente,compresa limposizione delle mani da parte ditutti i concelebranti. Particolarmente graziose leotto bambine, che hanno espresso con delicatigesti delle mani, recanti lampade, fiori e incensi,
ladorazione al Per ipsum. Il pap e special-mente la mamma di don Fribin, in prima fila,erano visibilmente commossi. Conclusasi lacelebrazione sono state scattate molto fotoricordo, dapprima con lArcivescovo e poi con itanti presenti, fra cui la tante Suore cottolen-ghine, provenienti da tutte comunit presenti in
India, e i Fratelli cottolenghini.A questo punto la commozione ha lasciato ilposto alla gioia, che continuata durante ilpranzo offerto a tutti.Domenica 20 gennaio don Fribin ha celebratola Messa di ringraziamento in lingua malaya-lam nella medesima chiesa. Don Jobin lo assi-steva, don Shony, don Taj, don Giampiero, unaltro sacerdote indiano ed io abbiamo concele-brato con cuore colmo di gioia riconoscente.Deo gratias.
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Altro evento straordinario per la Piccola CasaGioved 17 gennaio, 185 anniversario della fondazione della Piccola Casa della DivinProvvidenza, alle ore 15,30 ha avuto inizio lcerimonia di inaugurazione del COTTOLEN
GO SOCIAL SERVICE CENTRE a NortParavoor. Questa iniziativa espressione dellCottolengo Educational & Charitable Societ(C.E.C.S.), il cui presidente don Taj, il superiore della comunit Madonna del Rosario, e cui economo don Shony, rettore del Cotolengo Seminary. Le attivit gi in atto deCECS sono: un laboratorio informatico peragazzi e ragazze diversamente abili e poveri e la preparazione, il doposcuola gratuito (tuitionper bambini e bambine poveri delle famigli
India: 55 -1-13
Non si tratta di una combinazione fortunata da giocare al Lotto,
ma sicuramente di una serie vincente nel mondo cottolenghino.
di don Roberto Provera
voci dallIndia
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Numero fortunato? Speriamo. Intanto ringra-ziamo la Divina Provvidenza che ha chiamatotredici simpatici tutti giovani a far parte delCottolengo Seminary. 7 stanno per il terminareil primo anno (o initiation), 2 la I classe di studisuperiori (corrispondente alla nostra I liceo), 3 laII classe e 1 il II anno di filosofia. Sono tuttiragazzi vivaci, allegri, ma anche disciplinati egentili. Il clima del Seminario sereno, gioioso.Alla domenica partecipano alla Messa in par-rocchia alle 6,30 e due a turno collaborano adistribuire il cibo allospedale a mezzogiorno.Congratulazioni vivissime al Rettore don Shony,e al Vice-Rettore don Jobin.Abbiamo avuto due bellissime occasioni distare un po pi a lungo con questi cari ragaz-
zi. Don Shony aveva programmato pevenerd 25 gennaio la visita alla St. MarySyro-Malabar Catholic Church, a Bharananganamuna (distretto di Kottayamdove sepolta la prima Santa Indianauna Suora Clarissa Francescana, SantAfonsa dellImmacolata Concezione (19101946), beatificata nel 1986 e canonizzat
nel 2008. Il luogo, pur molto frequentatdai fedeli, silenzioso e favorisce la preghiera (altre informazioni si possono trovare al sito alphonsa.net). Molto gentimente la mamma di don Shony ci ha osptato per il pranzo a casa sua.La seconda gradita occasione di stare coi seminaristi labbiamo avuta sabato 26
Don Fribin presiede la sua prima Messa ilingua inglese nel Cottolengo Seminary; lassiste don Jobin, concelebriamo don Taj, doShony, don Giampiero ed io; la Messa animata da canti in lingua inglese con accompagnamento musicale. Segue una speciale cena offe
ta a tutti i partecipanti (circa una sessantinacompresi alcuni Buoni Figli dei CottolengBrothers di Paravoor).
Best wishes to all of you, dear Seminarians and espcially to my bodyguards
Per concludere una massima di SantAlfonsabbastanza cottolenghina: To holiness througlowliness.
voci dallIndia
vicine, la distribuzione gratuita di cibo per ilpranzo della domenica ai malati dellospedalecivile di N. Paravoor. Si prevedono nuove atti-vit occupazionali per ragazzi e ragazze diffe-rentemente abili nel locale oggi inaugurato.Dopo il taglio del nastro e la benedizione dellocale, impartita dal Vicario generale della dio-cesi di Kottapuram, mons. Domenic Pinheiro,si sono alternati vari oratori. Don Shony harivolto a tutti un cordiale benvenuto; io ho i llu-strato limportanza del 17 gennaio per laPiccola Casa; don Chacko Puthenpurackal,biblista, ha presentato il primo libro di donShony dal titolo A living Exegesis: The cha-rism of the Founders and the inculturation ofthe consecrated life: la prima pubblicazionedella nuovissima Casa editriceCottolengo Publications. Sisono poi succeduti altri oratori,uomini e donne della politica, undottore hindu, che a quanto midicono ha elogiato lopera carita-tiva del Cottolengo. DonGiampiero ha inauguratolEducation Fund a favore di
ragazzi e ragazze in situazione dibisogno. Un senatore del Kerala,membro della Camera alta, haavviato il nuovo sito www.cot-tolengoindia.org, dove si posso-no vedere anche tutte le fotogra-fie e i filmati relativi allevento emolto altro. Don Xavier, il parro-
co della chiesa di s. G. B. Cottolengo a N. Para-voor, ha concluso questa parte culturale delmeeting, ringraziando tutti gli intervenuti.Dopo unopportuna distribuzione di cibo aipresenti, iniziata la parte ricreativa delleven-to con danze, recite, scenette, eseguite daragazzi, ragazze e personale del CECS.Meravigliosa la grazia delle danze, assordantela musica, scatenati i balli moderni Termineore 20,30. Un doveroso ringraziamento a donTaj, che si prodigato infaticabilmente perquesto evento, e ai ragazzi del Seminario, cheguidati da don Jobin, Vice-rettore, hanno pre-stato con generosit la loro opera per la prepa-razione dellevento (e poi anche per spreparareil tutto). Deo gratias.
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Cera una volta un uomo piccolo come lapunta di un ago. Anzi, pi piccolo ancora.
Era piccolo, ma aveva una voglia matta dicrescere. Pensa, dopo 15 giorni da quandoaveva cominciato a vivere era gi 125mila voltepi grande. Incredibile. Eppure era vero!Luomo abitava in una casa fatta apposta perlui. Una casa strana che girava per la citt, cor-reva, si piegava anche fino a terra; di notte, poi,
si coricava e al mattino si alzava.La casa era bella e tiepida, ma aveva un grossodifetto; era tutta buia come un sacco chiuso. Ldentro non potevi vedere proprio niente; n for-
miche, n cavalli, n automobili.Basta, disse, finalmente un giorno luomo,dopo nove mesi passati nel sacco, basta, vogliouscire, voglio uscire. Si mise a spingere,spingere ed eccolo fuori dal sacco!Oh, finalmente posso correre, giocare, fare ilbagno, nuotare Altro che la casa di prima!Questa si che stupenda; qui c il sole, ci sonole piante, i fiori, la neve .Per ottantanni luomo, tutte le mattina, allarga-va le braccia e diceva sempre: Che bella que-sta terra!. Era felice e contento.
Per un giorno cominci a diventar triste.Vedeva che il sole tramontava e veniva la notte;le piante perdevano le foglie e diventavano co-me scheletri; i fiori diventavano fieno e la neve,fango. Allora si mise a sognare unaltra casadove vi fossero sempre gli alberi verdi, i fiori
rossi, la neve bianca e il sole splendente.Mentre stava pensando, mor.Tutti si misero a piangere.
Lui invece, pensa un po, rideva. Vien voglia dnon credere, eppure lui rideva, ridevaSfido io! Appena morto, gli si spalancarono porte di una casa dove cerano cose che non puoi immaginare. Un Pap buono che pi buonnon si pu, lo abbracci, una mamma bella chpi bella non si pu, una vera meraviglia, l
baci. Lo baci e lo prese per mano: Vieni giocare con noi! Vedi, qui tutto nuovo; la terr nuova, le stelle sono nuove. Vieni!.Luomo non capiva pi niente.Ma non sono morto, io?No, no, gli gridarono milioni di bocche; sevivo, vivo per sempre!.Pazzo di gioia, luomo si mise a correre, a facapriole nei prati che non finivano mai, sotto sole che non tramontava mai, in mezzo ai fioche non appassivano mai. Qui son proprio casa mia, gridava; a casa mia!.Cosi finisce la storia delle tre case. Storia verastoria mia e storia tua. Storia di tutti gli uominche camminano su questa terra e di tanto itanto guardano il cielo.(trovato in una chiesa di montagna)
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una storia vera
Le tre case
Storia vera;storia mia e storia tua.Storia di tutti gli uomini
che camminano su questa terrae di tanto in tanto guardano il cielo.
di P. Bartolomeo Milone
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S ei nato a m ezzogiorno di un venerd. Senza grandi clamori, alla svelta,senza farmi s offrire troppo. Avevi gli occhi chiusi, la lingua penzoloni,ti guardai e pensai: Com brutto!, ma non ebbi il coraggio di dirloe dissi: Com piccino! Le cose, col tempo non miglioravano.Tutti sapevano, intorno a noi, meno tuo padre ed io.Ci mandarono da un medico famoso. Quando tomai a casa, ti rimisinella culla, ti guardai e pregai: Signore, Dio da, Dio toglie: riprenditeloora: A che serve la sua vita inutile?. Perdonami figlio mio.Ti chiesi perdono allora, e ti ch iedo perdono ora, inutile la tua vita?Imparai che eri un figlio come gli altri, solo con problemi diversi.Quando dicesti mamma, piansi di gioia, anche se avevi tre anni. Quando,malfermo sulle gambe, mi corresti incontro, spalancai le braccia e fuifelice, anche se avevi pi di quattro anni. E minsegnasti la pazienza.Quando in quellepoca, nessuno ti voleva, n la scuola n la societ,impar a essere umile, sorridente, gentile perch qualcuno ti facesseuna carezza. E minsegnasti lumilt. Quando la gente cominci adaccorgersi di te e di quelli come te, cominciai a combattere, e lottoancora, perch tu fossi accettato. E minsegnasti a lottare.Quando infine le altre madri sognavano per i loro figli il primo postonella scuola, nella carriera, nella societ, io mi accontentavo dei tuoiprimi progressi. E m insegnasti a desiderare per i m iei figli la felicit,non la ricchezza, n il successo.
Lettera diuna madrealfiglio disabile
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E quando venne la zia ad abitare accanto a noi, inasprita dalle suedisgrazie, con un carattere impossibile e nsopportabile, sola per il vuotoche tutti i parenti le avevano creato intorno e incapace di star so la,ancora una volta la tua vita si mostr non utile ma necessaria: perventidue anni le facesti compagnia, giorno dopo giorno, sopportando il suodispotismo, a volte la sua prepotenza, volendole bene, ddolcendo i suoimomenti tristi, facendola sorridere per le tue uscite paradossali.Per ventidue anni desti uno scopo alla sua vita, un ritmo alle suegiornate, un perch ai suoi gesti. Inu tile la tua vita?Quando lei mor, ti riavemmo tutto per noi. Tuo padre ed io, conla maturit, avevamo conosciuto una tenerezza nuova, unintesa mairaggiunta prima, e tutti e tre pass ammo lultima vacanza felice allisoladElba, la pi bella di tutta la nostra vita.Poi la malattia, la morte di tuo padre. Quando tornai isperata dalcamposanto, trovai di nuovo te, a casa, tu che non sapevi niente, checapivi poco, ma ch e sentivi per quella misteriosa sensibilit che hai,che qualcosa di terribile era successo. E per te ho ricominciato primaa sopravvivere, poi, sia pure in tono m inore, a vivere: per te horicominciato a lavorare, a lottare. Tu sei la mia compagnia:se ho ancora una carezza, se qualcuno ancora mi abbraccia,se qualcuno ancora mi icorda che il bisogno di t nerezza non ha et,lo devo a te. Se riesco ancora a dare felicit a qualcuno, questosei tu, cui basta tanto, poco per ess ere felice. Inutile la tua vita?.La tua mamma.
Lettera diuna madrealfiglio disabile
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Nella Piccola Casa di Pisa nessuno dimen-tica le parole del Fondatore che scrivevadella sua opera come una cosa nata per
dare gloria a Dio attraverso azioni autenti-camente umane, quali sono lessere casa eluogo di accoglienza e riferimento delle per-sone in stato di bisogno.Ecco allora laltro servizio del Cottolengo perla comunit: la mensa dei poveri; vi si accededalla porta pi piccola, ma non meno impor-tante e funziona ogni giorno in collaborazio-ne con la Caritas diocesana, che si occupagestire la buona mensa attraverso il proprioCentro di Ascolto. La mensa distribuisce soloil pranzo ed per un numero massimo ditrenta persone. I pasti sono preparati dallacucina interna della Piccola Casa, distribuitiin vassoi personalizzati da volontari che sialternano, in numero di quattro al giorno, la
settimana comprese le domeniche e le altrefestivit. La mensa del Cottolengo provvede apreparare anche una decina di cestini per chi,e ve ne sono sempre, non si rivolto al Centrodi Ascolto Caritas per le pi diverse motiva-zioni, ma bussa ugualmente alla porta incerca di un pasto, che probabilmente, sarlunico della giornata. suor Elena Catte la coordinatrice dellamensa dei poveri del Cottolengo. Si presentacon la sua persona minuta, dice di essereanziana ma ti sorprende per lenergia con cuidirige il servizio: assegna i compiti ai volonta-ri per lo sporzionamento, accoglie le personenei locali, e invita con ogni delicatezza allapreghiera del Padre Nostro prima di inizia-re il pranzo ma precisa che si pu semplice-mente stare in silenzio, rispettando chi dialtra fede o di nessuna fede, perch ormai,
anche nellambito del servizio come la mensadei poveri, ci si confronta con la diversitdelle fedi e della cultura. Diversit checomportano di porre attenzione al tipo dicibo distribuito, per rispettare pienamente,dice suor Elena, le tradizioni delle personecui offerto.Fra queste persone vedi volti che non ti aspet-
ti: volti di donne e uomini giovani, non glianziani poveri o i barboni che si potrebbeimmaginare come utenti unici di questamensa.Suor Elena una responsabile della Caritas,ogni giorno anchessa impegnata a controlla-re i buoni di accesso alla mensa, tracciano ilprofilo di questi utenti: persone senza fissadimora; che hanno perso momentaneamenteil lavoro; in maggioranza stranieri, comunita-ri e no; gli italiani in numero via via crescen-ti: donne dellEst europeo che hanno perso il
Una mensa chesfama trenta poveri
che vivono in citt
di Mauro Torselli
notizie dal Cottolengo di Pisa
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lavoro come badanti o che sono appena arrvate e lo stanno cercando; alcuni alle spallcrisi famigliari ed economiche capaci di sconvolgere la vita; tutte persone cui offerto unpunto di ancoraggio dalla Caritas diocesana unaccoglienza fraterna e un pasto caldo in uambiente ordinato nella mensa della PiccolCasa.
Nel cuore di Pisa, nel quartiere SantAntoniocontinua, dunque e si attualizza una storia inziata nel 1832 a Torino, che si riversa per lcontrade dItalia e nel mondo secondo i carsmi di San Giuseppe Cottolengo che, anchoggi, ci parlerebbe della Piccola Casa e dellsua sempre viva presenza di servizio e accoglienza in dipendenza del motto che egli stesso aveva scelto Caritas Christi Urget Nos (Cor. 5,14). la Carit di Cristo che ci spinge incontralluomo di ogni tempo e di ogni terra.
Una mensa chesfama trenta poveri
che vivono in citt
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notizie
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Domenica 9 dicembre 2012, come nei program-mi ormai consolidati della nostra Asso-ciazione, si svolta alla Piccola Casa la tradi-
zionale Festa della Famiglia. Nel salone sotto laChiesa Madre la partecipazione stata abbastanzasoddisfacente: cera il gruppetto dei fedelissimi, etra loro ovviamente anche la Vice Presidente AnnaTeresa e, come sempre, la diversamente giovaneOlga Lugnani con Cesira Magni.Il clima per non era dei migliori e sicuramentemeno gioioso del solito per le notizie piuttosto allar-manti sulle condizioni di salute del nostro insostitui-bile Tesoriere Beppe Mattiotto, costretto a letto nellacasa di Luino dopo un delicato ricovero ospedaliero.Per ragioni di salute mancava anche il presenzialistaTarcisio Di Gleria, indispensabile collaboratore pertutte le pi svariate esigenze. Lorganizzazione erastata quindi completamente curata con puntualirisultati, bisogna riconoscere dalla cubia d ferFranco Rosso e Tommaso Stringa. A risollevarelanimo dei presenti giungeva Padre Francesco
Gemello, le cui condizioni di salute residuo dellapermanenza in Kenia sembravano in effettimigliorate e veniva accolto da tutti con il solitocaloroso ed affettuoso applauso, memori della ripe-tutamente dimostrata vicinanza alla Associazioneprima come Padre della Piccola Casa e poi comeAssistente Ecclesiastico. Non riusciva invece adessere tra noi Don Carlo Carlevaris, Direttore ono-rario di Incontri, il periodico di cui si finiva perdiscutere registrando con piacere lunanimeapprezzamento non solo per la gradevole vestetipografica, ma soprattutto per i contenuti in lineacon i tempi, tanto che ci scappava anche un giudi-
zio ampiamente positivo per il Direttore responsabile Don Roberto Provera e, ovviamente, per gli infaticabili componenti della Redazione SalvatorAcquas e Mario Carissoni.Allo scambio degli auguri gli animi sembravanabbastanza rasserenarsi e la tradizionale fetta dpanettone, i cioccolatini e il bicchiere di spumantnon risultavano indifferenti, anche se continuavabbastanza accesa la discussione sulla data del prosimo convegno annuale che, tenuto conto anchdelle varie feste liturgiche dei mesi di maggio e giugno, a fronte di varie proposte, veniva poi fissata pedomenica 9 giugno 2013, come in altra parte degiornale ricordato.Il Presidente manifestava poi il suo rincrescimentperch nel convegno del 10 giugno 2012 non si erpotuto provvedere come ipotizzato fin dal dicembre 2011 al rinnovo degli organi statutari delAssociazione, da tempo scaduti, per assoluta e preoccupante mancanza di candidati. Il coro dei presenti proponeva comunque insistentemente di prose
guire con lattuale dirigenza, confidando che lDivina Provvidenza avrebbe poi finito per ritrovaresuggerire la soluzione idonea ad assicurare un futuralla nostra Associazione. Resta in ogni caso la speranza che il prossimo convegno del 9 giugno registruna crescente partecipazione nella consapevolezzche limportanza di quel momento nella vita dellAsociazione ci sproni ad essere presenti per quellbenefica pausa di riflessione necessaria a ricaricarcdello speciale Spirito Cottolenghino che deve costantemente caratterizzare la nostra vita quotidiana.In tal senso rivolgo a tutti un caloroso appello!
Dante Notaristefan
Eccoci pronti a parlarvi della straordinariamattinata del 17 dicembre, durante laquale si svolta la visita del Ministro
della Pubblica I struzione Francesco Profumo.Tutta la scuola lo attendeva in teatro: bambi-ni, insegnanti, segretarie, assistenti tutti.Ovviamente noi della redazione eravamo inprima fila, pronti ad annotarci tutto. IlMinistro stato accolto dagli applausi di tutti.Subito abbiamo cantanto lInno Nazionale equello della Scuola The world in union, ementre lo cantavamo scorrevano le immaginidi un video che raccontava proprio la nostrascuola. Poi alcuni degli alunni delle elementa-ri e medie hanno improvvisato un Consigliodei Ministri straordinario, al quale statoinvitato a partecipare anche il Ministro. Icompagni della scenetta sono stati bravissimi,si vede che frequentano il laboratorio di tea-
tro! Stefano che interpretava il PresidenteMonti era perfetto! Il Ministro stato moltodisponibile e ha riposto con interesse e moltaironia alle domande che alcuni ragazzi glihanno posto, pi o meno serie. Purtroppo lavisita stata meno lunga del previsto, manonostante fosse in ritardo Profumo ha impie-gato almeno 15 minuti per abbandonare ilteatro perch ha voluto salutare tutti, propriotutti! Era davvero disponibile. Per la primavolta nella storia un Ministro ha visitato unascuola paritaria, e ha scelto proprio noi lascuola del Cottolengo!
La visita del Ministroalla Scuola Cottolengo
a cura della Redazione
La visita del Ministroalla Scuola Cottolengo
La Festa della Famiglia
CONVEGNO ANNUALE DELLASSOCIAZIONE EX ALLIEVI E AMICI DEL COTTOLENGO - 9 giungo 2013
Programma: ore 10: ritrovo, ricevimento e saluti (cortile davanti alla Chiesetta Casa di Dio, via S. Pietro in Voncoli 9).Ore 11: Santa Messa celebrata da Padre Lino Piano. Ore 11,45: Assemblea, relazione del Presidente e conseguentediscussione. Ore 13: Pranzo sociale.Attenzione: indispensabile che gli ex allievi ed amici intenzionati a partecipare al pranzo facciano pervenire la loro pre-notazione entro il 6 giugno alternativamente a: Dante Notaristefano, via Crimea 6, 10133 Torino, tel. 011/6608499 -Anna Teresa Costamagna, via Garibaldi 48/A 12068 Narzole, tel. 0173/77092 - Franco Rosso, via Castelgomberto 40,10136 Torino, tel. 011/3115581.La conoscenza anticipata del numero dei partecipanti consentir una migliore organizzazione e un risparmio di spesa.La quota pranzo stabilita in 20,00.