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SaTuRa 8-2009.pdf · 2010-03-07 · 71 FUMETTO SERGIO ALGOZZINO: andante, con brio ... Che il...

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Abbonamenti versamento sul conto corrente bancario: Banca Intesa IBAN: IT37 G030 6901 4950 5963 0260 158 intestato a SATURA ASSOCIAZIONE CULTURALE ANNUALE EURO 20,00 SOSTENITORE EURO 50,00 Anno 2 n° 8 Quarto trimestre Autorizzazione del tribunale di Genova n° 8/2008 In copertina Pier Giulio Bonifacio, Senza titolo, 2009, matita e tecnica mista su cartone, cm. 25x22 SATURA è un trimestrale di Arte Letteratura e Spettacolo edito dall'Associazione Culturale Satura Proprietà letteraria riservata. È vietata la riproduzione, anche parziale, di testi pubblicati senza l'autorizzazione scritta della Direzione e dell'Editore Corrispondenza, comunicati, cartelle stampa, cataloghi e quanto utile per la redazione per la pubblicazione vanno inviati a: SATURA associazione culturale, piazza stella 5/1 16123 Genova Le opinioni degli Autori impegnano soltanto la loro responsabilità e non rispecchiano necessariamente quella della direzione della rivista Tutti materiali inviati, compresi manoscritti e fotografie, anche se non pubblicati, non verranno restituiti SaTuRa Trimestrale di arte letteratura e spettacolo Redazione Sandra Arosio, Giorgio Bárberi Squarotti, Milena Buzzoni, Manuela Capelli, Vico Faggi, Gianluigi Gentile, Rosa Elisa Giangoia, Mario Napoli, Mario Pepe, Giuliana Rovetta, Stefano Verdino, Guido Zavanone Redazione milanese Simona De Giorgio via Farneti,3 20129 Milano tel.: 02 74 23 10 30 e-mail: [email protected] Direttore responsabile Gianfranco De Ferrari Segreteria di Redazione Rita Di Matteo Collaboratori di Redazione Milena Antonucci, Silvia Barbero, Barbara Cella, Maura Ghiselli, Susanna Rossini, Serena Vanzaghi Editore SATURA associazione culturale Amministrazione e Redazione SATURA piazza Stella 5, 16123 Genova tel.: 0102468284 cellulare: 338-2916243 e-mail: [email protected] sito web: www.satura.it Progetto grafico Elena Menichini Stampa Sorriso Francescano Via Riboli 20, 16145 Genova
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Anno 2 n° 8Quarto trimestreAutorizzazione del tribunale di Genova n° 8/2008

In copertina Pier Giulio Bonifacio, Senza titolo,2009, matita e tecnica mista sucartone, cm. 25x22

SATURA è un trimestrale di ArteLetteratura e Spettacolo editodall'Associazione Culturale SaturaProprietà letteraria riservata. È vietata la riproduzione, ancheparziale, di testi pubblicati senzal'autorizzazione scritta della Direzionee dell'Editore

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Le opinioni degli Autori impegnanosoltanto la loro responsabilità e nonrispecchiano necessariamente quelladella direzione della rivista

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di arte letteratura e spettacolo

RedazioneSandra Arosio, Giorgio Bárberi

Squarotti, Milena Buzzoni,Manuela Capelli, Vico Faggi,

Gianluigi Gentile, Rosa Elisa Giangoia,

Mario Napoli, Mario Pepe, Giuliana Rovetta, Stefano Verdino,

Guido Zavanone

Redazione milaneseSimona De Giorgio

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Direttore responsabileGianfranco De Ferrari

Segreteria di RedazioneRita Di Matteo

Collaboratori di Redazione Milena Antonucci, Silvia Barbero,

Barbara Cella, Maura Ghiselli, Susanna Rossini, Serena Vanzaghi

EditoreSATURA associazione culturale

Amministrazione e RedazioneSATURA piazza Stella 5, 16123 Genova

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Progetto graficoElena Menichini

StampaSorriso Francescano

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sommario

03 Rime e ritmi da Carducci a MontaleGiorgio Bárberi Squarotti

20 A ritmo di ConteStefano Verdino

26 TRE POESIELa solitudine di DioOndaAlbaVincenzo Anania

28 Manzoni lettore di SacchettiDavide Puccini

32 QUATTRO POESIEPER W. A. MOZARTLaudate dominumDanze tedescheAve verum K. 618Die Zauberflöte K. 620Davide Puccini

34 DUE POESIE Tutto quello che amammo ora è sepoltoFredde mattine di novembre, giàGiuseppe Rosato

35 UNA POESIAFinti affettiViviane Ciampi

36 TRE POESIEGuardando in quel nienteIl ViaggioOspitiIvana Tanzi

38 L’amnistiaGuido Zavanone

40 Taccuino di senectuteVico Faggi

44 Uno scrittore e la sua città: Jean-Claude IzzoGiuliana Rovetta

51 Cromatismi danteschiRosa Elisa Giangoia

57 Genova e Palermo tra disordine e bellezzaMilena Buzzoni

60 Tecnica antica e immagine del mondoRenato Chiarenza

62 PROSPEZIONILeggevo Bilenchidi Vico FaggiAnnalucia Lomunno o dello stiledi Vico FaggiUn poliziesco atipicodi Vico FaggiOltre il naufragio della libertàdi Rosa Elisa Giangoia

65 INTERVISTA

PIER GIULIO BONIFACIOSandro Ricaldone

71 FUMETTO

SERGIO ALGOZZINO:andante, con brio Manuela Capelli

76 RUBRICA

GenovaMario PepeMilanoSerena Vanzaghi

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RIME E RITMI DA CARDUCCI A MONTALE

di Giorgio Bárberi Squarotti

Il Congedo delle Rime nuove del Carducci è una vigorosa e satirica di-chiarazione di poetica, in nome del poeta, quale deve essere e quale non deveessere. Il testo fu iniziato nel 1873 e concluso nel 1887; e, nel 1877, fra l’unae l’altra data, egli scrive un’altra proclamazione di poetica intitolata Alla Rima;ed è di impostazione del tutto diversa, in quanto è una specie di riassunto distoria della poesia in rima, a partire dai canti popolari e poi nell’epica francesedella Chanson de Roland, nella lirica occitanica, nella forma poematica dellaCommedia di Dante. Contemporaneamente rispetto a questa apertura delleRime nuove (e il titolo è tecnicamente significativo), proprio nel 1877 il Car-ducci incomincia a comporre le Odi barbare, dove la rima è cancellata a fa-vore del puro ritmo d’eco classica. Alla rima è giustamente allora collocatacome premessa e dichiarazione programmatica della raccolta di versi che ilCarducci pubblica nel 1887; ma appare a quel punto del suo itinerario poeticocome congedo all’idea di poesia tradizionalmente lirica e narrativa, per unasperimentazione radicalmente alternativa, senza più rima, ed è un’aperturatecnica da cui, negli anni successivi, uscirà fuori la poesia puramente ritmata(c’è la Laus vitae dannunziana come risultato subito clamoroso, ancora negliultimi due anni dell’Ottocento), fino al verso libero che i Futuristi inventano edistribuiscono in Italia e per il mondo, fino a diventare la forma più diffusadella poesia del Novecento e oltre (più frequentemente ridotta al semplice “acapo” al di fuori di ogni attenzione per il ritmo).

[...cotinua...]

Giorgio Bárb

eri Squaro

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ontale

3R I M E E R I T M I D A C A R D U C C I A M O N TA L E

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A RITMO DI CONTE

di Stefano Verdino

Cominciamo con leggere due poesie, la prima, che è l’apertura dell’Ultimoaprile bianco (1979), il primo libro, ormai storico di Giuseppe Conte:

Aprile che ritorna e che consuma neigiardini di ginestre e di acanti, neivoli di passeri invisibili e nei calendariaprile che sgretola che versa dalle tiepide

foci le nuove nuvole - sullesue carte antiche ridisegnale rotte per le mille chiglie dorate - chesi posa in questa piega della cadente

Europa su scalinate bianche palmizi e acquitrini,chemescola i ricordi e i desideri, fu detto, e dàil mal di capo. Ma ora flotte muovo-no senza aver mai toccato porti, alzano

vele galeoni volanti, non sanno chebandiera battono: sconosciuti traversanonon hanno più piedi del vento, degli scirocchi lepiazze, le automobili in sosta, i palazzi in

fila le porte dei caffè aperte i pome-riggi i volti degli uomini e cupolegrige: i cani abbaiano dai cancelli.

[...cotinua...]

Stefano Verdino A ritmo di Conte

20 A R I T M O D I C O N T E

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TRE POESIE

di Vincenzo Anania

LA SOLITUDINE DI DIO

Stanco di parlare a se stesso, Dio creòl’universo per avere interlocutori.Ma la fierezza per l’opera compiutapresto si mutò in tristezza, poi checolloquio non ottenne con le stellené con piante e animali, che pur grationorandolo con getti di fuoco, profumi e cantiil Verbo dell’Eterno non compresero.E anche l’uomo Lo deluse, troppo simile a Lui, ma succube di un serpente.

Dio che dialogo ancora cerchi e sempreTe ritrovi, il Tuo monologo, consentiche da te ci distinguiamo, dismettiquando vorrai il manto dell’Eterno,con il linguaggio di noi morituriraccontaci le Tue avventure, trionfied errori, chiedi pure consiglio:come figli Ti ascolteremo e loderemo.Ma Tu rispondi alle nostre domande.

[...cotinua...]

Vincenzo Anania Tre poesie

26 T R E P O E S I E

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Davide Puccini Manzoni lettore di Sacchetti

28 M A N Z O N I L E T T O R E D I S A C C H E T T I

MANZONI LETTORE DI SACCHETTI

di Davide Puccini

Che il Manzoni durante l’elaborazione dei Promessi sposi, a partire giàdalla prima stesura del romanzo, il Fermo e Lucia, abbia avuto presente ancheil Trecentonovelle di Franco Sacchetti, o ne abbia in qualche misura tenutoconto, può risultare a tutta prima un’affermazione sorprendente, data la diver-sità di carattere dei due narratori, sulla quale non c’è davvero bisogno diinsistere. Basti pensare, per dirne una, all’argomento boccaccesco e alla com-piaciuta trivialità di tante novelle del Sacchetti di contro agli scrupolimoralistici del Manzoni, che si vieta di parlare d’amore per paura di turbarequalche coscienza: non proprio il diavolo e l’acqua santa, perché anche il Sac-chetti è, a modo suo, profondamente religioso, ma poco ci manca.

Eppure, a una rilettura dell’opera sacchettiana, il nome del Manzoni siaffaccia più volte alla mente. Intanto, due celebri espressioni manzoniane sem-brano trarre origine proprio dal testo del Sacchetti. Una, nell’Introduzione alromanzo, è “di piccol affare”, sulla cui data di nascita si può essere abbastanzaprecisi. Infatti nella prima introduzione al Fermo e Lucia contemporanea allastesura dei primi due capitoli troviamo ancora “persone meccaniche e di bassacondizione”1, mentre nella seconda introduzione rifatta da ultimo compare ilpressoché definitivo “gente meccaniche et di piccol affare”2. Se di influenzasacchettiana si tratta, dunque, essa è divenuta operante poco dopo il 17 set-tembre 1823, che com’è noto rappresenta il limite cronologico posterioreapposto dall’autore stesso sull’autografo del Fermo e Lucia. Nel Trecentono-velle l’espressione torna ben tre volte: LXIII 1, CLXV 6, CLXVI 2, nel primo enel terzo caso nella grafia “di picciolo affare”, nel secondo proprio “di piccolaffare”3.

[...cotinua...]

1 Le citazioni sono tratte da Tutte le opere di Alessandro Manzoni a cura di A. Chiari e F. Ghisal-berti, vol. II, tomo I, I promessi sposi (1840); tomo II, I promessi sposi (1825-27); tomo III, Fermo e Lucia,Milano, Mondadori, 1954. Ci riferiamo ai Promessi sposi con capitolo e pagina della suddetta ed., al Fermoe Lucia con tomo, capitolo e pagina. Il passo cit. è a p. 3.

2 Ed. cit., p. 9. Fin dalla ventisettana (p. 1), il Manzoni ritocca l’”et” in “e”, facendolo precederedalla virgola probabilmente per avvicinarsi all’interpunzione seicentesca.

3 Cfr. F. Sacchetti, Il Trecentonovelle, a cura di D. Puccini, Torino, Utet, 2004. Sarebbe ovviamenteimportante sapere di quale edizione del Trecentonovelle il Manzoni si sia eventualmente servito. Nellasua biblioteca ce n’è una del 1832 che, se conferma l’interesse per il Sacchetti, appare troppo tarda peressere la fonte effettiva di tale correzione. D’altra parte molti libri del Manzoni sono andati perduti neicontinui spostamenti da Milano a Brusuglio e viceversa, e sostituiti con ciò che era reperibile sul mercato.Devo queste informazioni alla cortesia del prof. Giorgio Cusatelli.

4 Esistono tre edizioni con la stessa data, di cui due contraffatte, che differiscono per minimi par-ticolari tipografici. L’esemplare di quella autentica in nostro possesso, reperito sul mercato antiquario,reca l’indicazione “Crusca” in un cartiglio di pelle verde incollato sul dorso di entrambi i volumi (doveviene indicato anche il reale luogo di stampa): si tratterà di copia appartenente alla biblioteca privata diun accademico o di un bibliofilo collezionista di “testi di Crusca”.

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Q U AT T R O P O E S I E32Davide Puccini Quattro poesie QUATTRO POESIE

PER W. A. MOZART

di Davide Puccini

LAUDATE DOMINUM(da Vesperae solennes de confessore K. 339)

Quando verrà il momento di lasciaremi piacerebbe l’accompagnamentodi queste note per rasserenarecon il loro sublime innalzamentoil recente doloredelle persone care:e gli angeli si fermano a ascoltarequasi facendo festaprima di presentare quel che restaalla misericordia del Signore.

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DUE POESIE

di Giuseppe Rosato

Tutto quello che amammo ora è sepoltoun angelo lo veglia ma di pietrae vederlo sorridere è prodigiose qualche volta accadasolo chiudendo gli occhi, contro il sole.Nel vuoto della luce che ne restal’assenza si rassegna, s’appattugliacon tutte l’altre cose che non sono.

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Giuseppe Rosato Due poesie

34 D U E P O E S I E

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UNA POESIA

di Viviane Ciampi

FINTI AFFETTI

Je n’arrivais jamais à me sentir totalement

innocent des malheurs qui arrivaient.

Céline

Non ci giurerei sono sinceranon ci giurerei ma era l’albae non so chi parlasse nella stanzaper il chiasso del Rodano.Il vaso dei fiori qualcuno lo aveva spostatodi questo sono certa,il profumo si allontanavaaveva riempito meravigliosamente il mio angoloin precedenza.

Ora le ombre si muovevano pianouna soltanto si avvicinò sussurrandomi qualcosa vicino all’orecchiosenza toccarmi.Smisi di respirare come in uno strano dormire.Allora la voce si fece nitida: regalami un fioreti mostro il mare.

E io in bilico sulla finestra.

Vivian

e Ciam

pi Una p

oesia

35U N A P O E S I A

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TRE POESIE

di Ivana Tanzi

GUARDANDO IN QUEL NIENTE

Una luce? cosa dirgli che sia?che si accende si spegnesi muove – lui dice – nel parco…Vicino? Una sigaretta tra maniche parlottano pianoLontano? Il fanale d’una biciclettache scorre al di là del filaredei pioppi sul nastrod’asfalto del viale…

Ma lui che saogni giorno di piùquel che le cose non sonoha preteso una spiegazionedocumentata.Allora finalmenteportata per mano a guardare in quel nientedove guardano sempre i bambinianch’io l’ho rivisto il perdutomiracolod’una lucciola.(1982)

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Ivana Tanzi Tre poesie

36 T R E P O E S I E

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Guido Zavanone L’am

nistia

38 L ’ A M N I S T I A

L’AMNISTIA

di Guido Zavanone

Per la Repubblica di San Sulpizio l’amnistia era una necessità. Più di tre anni erano trascorsi dall’ultimo provvedimento di clemenza; e

gli uffici giudiziari traboccavano di procedimenti penali, l’incubo dei reati “pre-scritti” e delle scarcerazioni oltre i termini – insidie disseminate lungo il percorsodella carriera – affannava il sonno dei giudici, le prigioni rigurgitavano di dete-nuti, meravigliati ed inquieti per il ritardo del decreto. Di giorno in giorno lasituazione s’aggravava e il Ministro della Giustizia ne aveva fatto il punto, dichia-rando in piena assemblea: “Ormai per trovare un posto nelle carceri, occorreprenotarlo un anno prima”, frase alla quale aveva consegnato la sua fama.

Ma altre non meno serie ragioni rendevano indilazionabile il provvedi-mento. E basterà accennare ai processi in corso nei confronti di alti funzionarigovernativi, per lo più vittime di leggi antiquate che non consentivano agliamministratori dello Stato di mettere liberamente le mani sul pubblico denaro(mortificando così quello spirito d’iniziativa che è un poco il connotato dellaburocrazia): dietro ai quali funzionari si profilavano confusamente, nella luceindecisa delle aule giudiziarie, le figure benedicenti (in gergo amministra-tivo:autorizzanti) di alcuni benemeriti uomini politici, in carica o in attesafiduciosa di reincarico. In siffatti processi, sia l’assoluzione che la condannapotevano essere cagione di scandalo grave per i cittadini e un colpo bassovibrato alle Istituzioni. L’amnistia invece, eutanasia silenziosa di reati ingom-branti, ne avrebbe cancellata in fretta ogni traccia, coperto “il dedotto e ildeducibile” con la sua ombra discreta.

Responsabilmente dunque il Governo era all’affannosa ricerca di un’oc-casione alla sua clemenza.

Ma era tempo di magra: non un decennale, o ventennale, o trentennalesia pure, - di vittoria o di rivoluzione o di restaurazione – che si degnassericorrere; non scoperte da celebrare; non concordati da solennizzare; il Presi-dente della Repubblica godeva di una salute di ferro: come pure, a Diopiacendo, il vecchio leader della Chiesa nazionale.

Non si poteva che recriminare l’occasione perduta quando era stato pro-clamato santo un pio cappuccino che, da solo, aveva fatto più miracoli di SanFrancesco, Sant’Antonio e tutti gli altri Santi messi insieme. È certo che i san-sulpiziani, nel loro fondo così devoti, non avrebbero recriminato, a qualunquepartito appartenessero, se non foss’altro per scaramanzia.

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Vico Faggi Taccuino di senectute

40 TA C C U I N O D I S E N E C T U T E

TACCUINO DI SENECTUTE

di Vico Faggi

1. SCOPRIRE PAUL CELAN

Fu proprio nella libreria Di Stefano a Genova che acquistai le poesie diPaul Celan, Mohn und Gedachtnis (Papavero e memoria). Il problema per me,ora, è capire come mai mi decisi ad acquistarle, dato che di Celan, allora(subito dopo il 1990), io non sapevo nulla, e la mia conoscenza della linguatedesca era più che modesta. Eppure da quel libro mi sentii attratto o addirit-tura catturato, e volli farlo mio, e leggerlo e studiarlo.

Lo riapro, a distanza di troppi anni, e con sorpresa scopro che tra le suepagine c’è qualcosa di mio: un foglietto con un tentativo di traduzione e unanota critica apparsa su “Resine”, anno 1992. La nota si intitola, con molta pre-sunzione, Per leggere Paul Celan, e parla dei “labirintici percorsi del suolinguaggio”. È chiaro, è inconfutabile che il mio interesse per il poeta era vivis-simo, anche se poveri erano gli strumenti ermeneutici a mia disposizione.

Ma vediamo il tentativo di traduzione, del quale avevo cancellato ognimemoria. La poesia è senza titolo, il primo verso dice “So bist du denn gewor-den”. Ecco la mia versione delle tre quartine:

Così sei diventata, dunque, quale mai ti avevo conosciuto;il tuo cuore palpita dovunquein questa terra di fontane, dove

bocca non beve, non tratteggianessuna forma l’ombra, e doveacqua zampilla verso lo splendoree splendore come acqua spumeggia.

Tu in ogni fontana zampilli,oscilli in ogni splendore.Tu hai inventatoun gioco che sarà dimenticato.

[...cotinua...]

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Giuliana Rovetta Uno scrittore e la sua città: Jean-Claude Izzo

44 U N O S C R I T T O R E E L A S U A C I T T À : J E A N - C L A U D E I Z Z O

UNO SCRITTORE E LA SUA CITTÀ: JEAN-CLAUDE IZZO

di Giuliana Rovetta

“Sono spesso gli amori segreti

quelli che dividiamo con una città”

Albert Camus

Se per rappresentare Marsiglia si pensa alla figura di Jean-Claude Izzo,nato in un quartiere simbolo della città vecchia, ma di origini catalane perparte di madre e italiane dal lato paterno, è proprio perché nella connotazionepositivamentemeticcia della sua origine e della sua impostazione culturale sicolloca la perfetta aderenza all’atmosfera che fa di Marsiglia un avampostomediterraneo dai tratti inconfondibili. Figlio d’immigrati, cresciuto nei vicoliche s’inerpicano verso la basilica di Notre-Dame de la Garde, la Bonne-Mère deimarsigliesi, Izzo s’impregna da subito di odori (“une odeur âcre, un mélangede pisse, d’humidité et de moisi” in questo caso, ma anche di profumi d’aglioe salsedine, d’anice e menta) che lo ricondurranno sempre verso le radici dellasua appartenenza alla grande città portuale, equivoca e complessa, e ai carat-teri tipicamente identitari della sua storia personale: infanzia popolare, scuolesenza blasone, teppismo giovanile, immersione nel crogiuolo di vite disomo-genee che animano le vie urbane e collinari, tra orizzonti illuminati da un’ab-bagliante luce quasi magrebina e oziose chiacchiere in compagnia di un pastise di qualche amico. Questa è la Marsiglia che vive, gli occhi persi davanti almare, di aspettative e di miseria, di traffici e sogni sospesi come le barche or-meggiate nel Vieux Port.

Già nell’immaginario ottocentesco Marsiglia era grouillante cioé bruli-cante, ma soprattutto poussièreuse, e quindi sporca, almeno nelle parole di unviaggiatore non facile all’entusiasmo come Dickens, che tuttavia ne loda, in oc-casione di un suo viaggio nel 1844, il panorama che si coglie dalle alture “surcette belle Méditerranée” e sulle creste calcaree appena sfiorate dalle luci deltramonto. A sorprenderlo è il caleidoscopio di colori, la varietà dei personaggi:“Per le strade vi erano marinai stranieri di ogni nazionalità in camicia rossa, blu,color camoscio, fulva o color arancio; con copricapo rosso, blu, verde; con unagran barba o completamente senza barba; con turbante turco, cappello da piog-gia all’inglese, o berretto napoletano…” e le donne, sulla porta di casa, tutte in-distintamente pelavano e affettavano cipolle dentro scodelle per la zuppa.

[...cotinua...]

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CROMATISMI DANTESCHI

di Rosa Elisa Giangoia

Il mondo dell’al di là che Dante ci presenta nella Commedia è tripartito,il che costituisce un’acquisizione nuova della cultura teologica della sua gene-razione per quanto riguarda la condizione delle anime nell’al di là, ma èinteressante notare che questa tripartizione ha un rilievo notevole anche alivello cromatico: l’Inferno è buio, il Purgatorio, avvalendosi dell’alternarsi delgiorno e della notte, può disporre dei colori terrestri, mentre in Paradiso tuttii colori sembrerebbero annullarsi nel crescendo di quella luminosità che sicarica di profonde valenze di ordine teologico. Questo vuol anche dire che perDante i colori appartengono al tempo e quindi al finito, in quanto durerannoquanto la vita sulla Terra e il tempo dell’espiazione purgatoriale, mentre ineterno ci saranno soltanto il buio e la luce.

All’inizio dell’Inferno, come ben sappiamo, Dante si perde in una selvaoscura (I, 2), il che significa che non vi splende il sole, come sottolineerà piùavanti (v. 60), che è immagine del bene e di Dio. Anche se cupa per la man-canza di luce, la selva, in quanto tale, doveva comunque essere verde, il coloredella Speranza, come si vedrà nel Purgatorio (XXIX, 124-125), ragion per cuilo smarrirsi nella selva oscura ha già in sé un elemento di speranza di posi-tiva soluzione della vicenda, all’inizio apparentemente negativa e drammatica,come poi appunto si vedrà dalla svolta che ben presto i fatti prenderanno.

Entrato nell’Inferno, Dante si troverà in un mondo senza luce, un mondobuio, in cui la mancanza di luminosità è, come dicevamo, simbolo della priva-zione della presenza di Dio. Il concetto è ribadito più volte. Infatti, per indicarel’ambiente dell’Inferno, il poeta parla di buia campagna (III, 130), di buia con-trada (VIII 93), di valle buia (XII 86), di luoghi bui (XXIV 11). Anche le acquedello Stige sono scure ( L’acqua era buia assai più che persa; /e noi in compa-gnia dell’onde bige, / entrammo giù per una via diversa VII, 103-105) etutt’intorno simile è il paesaggio (le maligne piagge grige VII, 108). Ancora nelPurgatorio Dante ricorda la profonda notte / che sempre nera fa la valleinferna (I, 44-5). Dobbiamo, però, notare che il forte interesse per il realismotipico di Dante fa sì che nell’Inferno, pur giocando tutto sull’oscurità, venganousati vari aggettivi per indicare questa condizione, facendo ricorso anche adaltri campi sensoriali.

[...cotinua...]

Rosa Elisa G

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GENOVA E PALERMO TRA DISORDINE E BELLEZZA

di Milena Buzzoni

Lunedì 2 novembre 1998. Cattedrale di Palermo.La mattinata è dedicata a un defunto “eccellente”. Una folla di curiosi e

autorità riempie l’ampio spazio prospiciente la cattedrale. Dentro, è il caso didirlo, “un silenzio di tomba” accompagna il sollevamento del coperchio impe-riale. Protagoniste per pochi minuti, le carrucole, i cigolii lievi, rispettosi, iltonfo secco del distacco. Il passato diventa presente, i secoli si accartoccianoe fanno di lui, ancora una volta, un uomo “moderno”. Nella confusione deicorpi che mal si distinguono dalle vesti, dagli ornamenti, dalla corona perchéil tempo ha steso su tutto la sua garza opaca e polverosa, appare finalmenteil piccolo cranio di Federico II e di colpo tutto si attualizza. La stessa arca diporfido rosso, liscio, monumentale, sembra fatta per scavalcare i secoli; la sualinea è modernissima nella grave sobrietà delle forme. Viene voglia di disto-gliere lo sguardo da quell’esile corpo e correre fuori a verificare la suapresenza nelle pieghe misteriose, negli inebrianti chiaroscuri di Palermo. Unodegli aspetti più marcati di questa città, ancora oggi, è proprio il chiaroscuroche, forse non a caso, il siciliano, caravaggesco Novelli ha così bene espressonelle sue tele: il sole che accende le tinte di cieli brillanti, di mari bianchi, dipiante gigantesche, di facciate chiare, normanne, gotiche, neoclassiche, rinun-cia alla luce e accetta la sconfitta nelle ombre dei ficus-magnolia e nelle piegheantropomorfe dei loro tronchi, nelle superfici barocche annerite dall’abban-dono e ornate dai nastri funebri delle ringhiere arrugginite, nei cortiliprofondi, nelle stradette che si spartiscono la città vecchia, nei neri cavalli delPoliteama e del Teatro Massimo. La presenza dell’imperatore è garantita pro-prio dall’armonia dei contrasti, dalla concordanza di luci e ombre, dallafusione di stili diversissimi che, pur mantenendo la propria fisionomia, noncreano dissonanze, ma contribuiscono ad un unico disegno di straordinariabellezza.

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TECNICA ANTICA E IMMAGINE DEL MONDO

di Renato Chiarenza

È opinione comunemente accettata che scienza e tecnica siano stretta-mente congiunte. Non deve meravigliare quindi che i pensatori del IV sec. a.C.prendano spunto per le loro indagini cosmologiche dalle conoscenze tecnichedell’epoca.

Può invece apparire insolito che la riflessione dei filosofi presocraticimuova dall’osservazione di macchine elementari come la ruota del vasaio odil forno conosciuto dagli ionici, uno tra i più antichi impianti diffuso nell’areamedio-orientale e mediterranea.

Sorprendenti analogie strutturali rivelano i forni usati dai Filistei del XIIe XI secolo a.C. con quelli etruschi.

Le ingenue spiegazioni dei presocratici erano una sfida lanciata alle cosedel cielo: ma da quelle intuizioni prese l’avvio il pensiero occidentale per giun-gere alla scienza ed alla filosofia moderne.

Il padre della filosofia occidentale fu un tecnico, meglio un “tectite”:Talete. L’ingegnere Talete dunque; sì, perché quando la nativa Mileto (VI sec.a. C.) si alleò con il re Creso contro i Persiani, egli, il più famoso tra i milesi,riuscì con grande abilità a deviare le acque del fiume Halys. La tradizione videnella figura del primo filosofo l’uomo eclettico che dall’ombra delle piramidipoté misurarne l’altezza, che seppe prevedere l’eclisse del 28 maggio del 585a.C. e, assommando in sé sapere e saggezza, divenne uno dei sette savi del-l’antica Grecia.

Anche l’aneddotica si è sbizzarrita nel dipingere questo personaggio leg-gendario. Vittima della sua filosofica distrazione, Talete per scoprire le vie delcielo finì col cadere in un fosso suscitando l’ilarità di una servetta trace, che lorimproverò dicendogli di badare anzitutto a guardare dove metteva i piedi interra, prima di volere esplorare il cielo. Ma Talete è pure l’abile uomo d’affari cheriesce a procacciarsi la ricchezza per avere saputo prevedere un abbondante rac-colto di olive ed essersi quindi accaparrati tutti i frantoi del paese.

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Renato Chiarenza Tecnica antica e immagine del mondo

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LEGGEVO BILENCHIdi Vico Faggi

Leggo sul Corriere (22 ottobre 2009) unanota di Paolo Di Stefano dedicata a RomanoBilenchi: “uno dei grandi scrittori del ‘900purtroppo spariti dalla memoria dei lettori”.Non dalla mia memoria. E subito mi mettoalla ricerca, nella mia biblioteca, dei suoilibri, ma la fatica, mi costa ammetterlo,approda ad un esito deludente. Di tutte leopere che ho letto, una soltanto è presente,Mio cugino Andrea (1943), silloge di raccontiche non sono il meglio dello scrittore.L’opera che più ho amato è il romanzo Con-servatorio di Santa Teresa, nel quale miimbattei, nel 1941, per puro caso (o meglioper un caso fortunato). Fu a Pavullo, inestate. Leggevo molto, a quel tempo, ma inpaese non c’era una vera e propria libreria.Scovai il libro da un cartolaio, lo sfogliai, miincuriosii. Ma è curioso il fatto che, dopoaverlo comprato, mi recai al bar, giocai acarte con un amico, segnai i nostri punteggisull’ultima pagina (bianca) del libro. Nonscandalizzatevi, non avevo altra carta su cuiscrivere; e che l’anima di Bilenchi mi per-doni.A casa, poi, mi dedicai al romanzo, chesubito catturò la mia attenzione. Quellepagine, scopersi, erano per me affascinanti.Ci trovavo un viaggio nella memoria dell’in-fanzia, l’immersione nel flusso di coscienza,una sensazione di vissuto, il recupero diantichi turbamenti. E il tutto detto conammirevole purezza di scrittura.Cercai, e lessi, altri libri di Bilenchi, ma nes-suno mi parve degno di confronto con quelcapolavoro. E infine mi imbattei nel Bottonedi Stalingrado, che fu una grande delusione.Correva l’anno 1972. Com’era lontano, e per-duto, l’autore del Conservatorio…***Cerco conferme, e conforto, nelle parole deicritici che considero più autorevoli. E subitomi viene in mente Barberi Squarotti, il qualemenziona, sin dal suo primo approccio, Mar-cel Proust. Ed ecco che la memoria mi siapre. Prima di Bilenchi, ricordo, avevo letto

il tomo iniziale della Recherche, subendoneuna forte suggestione. Ed era proprio questache perdurava al momento dell’incontro colConservatorio.Bàrberi Squarotti, nei suoi giudizi, non hadubbi: Bilenchi “raggiunge il risultato piùalto” precisamente in tale romanzo. E sulBottone di Stalingrado il critico non esita acriticare il suo “impianto vagamente reali-stico” e i suoi “momenti un po’ troppopatetici”. Pollice verso.***Scelgo, per un’altra verifica, Giulio Ferroni, ilquale del Conservatorio scrive: “La prosa diBilenchi sa qui illuminare in modo perfettoil legame della condizione infantile con unnon sapere, con l’attesa di qualcosa che èfuori dello sguardo e della comprensione…”L’aggettivo “perfetto” suona al mio orecchiocome un avallo al mio antico giudizio diapprendista lettore in cerca di maestri.

ANNALUCIA LOMUNNO O DELLO STILEdi Vico Faggi

Annalucia Lomunno è riuscita a vincere unadifficile e quasi impossibile scommessa:costruire con materiali di scarto e di risultaun edificio di tutto rispetto, vale a dire unromanzo di gradevole e non vana lettura,che suscita e trattiene l’attenzione del let-tore. E cominciamo con il linguaggio, anteomnia con la sintassi, di cui diamo subitouno specimen: “C’è una luce verde dentro ilcielo. Antonia Veloce riflette e conclude. Sisente una palla, una palla di rabbia. Dura epiena di sale. I riccioli sembrano unti, dicolpo brutti e appiccicosi. Privi di vita e dicolore, tristi e smunti”. Periodi ultraveloci,sintassi di grado zero, soggetto e verbo epredicato, e il verbo può anche latitare e cosìpure il soggetto.

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Vico Faggi Leggevo Bilenchi

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PROSPEZIONI Letture di Vico Faggi e di Rosa Elisa Giangoia

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PIER GIULIO BONIFACIO di Sandro Ricaldone

Frazionata in gruppi legati a poetiche divergenti, la scena pittori-ca italiana dei primi anni Cinquanta presentava nel solo ambito del-la ricerca non figurativa (contrastata, nel suo insieme, dal conte-nutismo ideologico dei neo-realisti) una grande varietà di opzio-ni, saggiate talvolta con entusiasmo ancora ingenuo (è il caso del-l’astrazione postcubista originariamente seguita dai giovani roma-ni di “Forma 1” come dell’esplosione informale dei “nucleari” mi-lanesi), talaltra con rigore schematico da parte dei neo concreti delMAC.; praticate con l’impulso di una maturità subitamente acqui-sita (quale si ravvisa nella vicenda materica di Burri) o sulla scor-ta dell’aspirazione ad oltrepassare i limiti del quadro, propugna-

immagine 89, acrilici su cartone, 1989, cm. 21,7x21,6

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ta da Fontana e dagli Spazialisti. È inun simile contesto – conosciuto diret-tamente attraverso le frequentazionidegli ambienti milanesi e torinesi (le-gate anche agli studi di architettura),del melting pot cosmopolita di Albiso-la – che Pier Giulio Bonifacio si acco-sta alla pratica della pittura. Il suo ap-proccio si delinea però inusuale. Sen-za toccare gli estremi di un BarnettNewman, per il quale la crisi moraleconnessa al secondo conflitto mondia-le avrebbe costretto il pittore a ripar-tire da zero, dal graffito, “come se lapittura non fosse soltanto morta, maaddirittura mai esistita”, Bonifacio la-scia decantare, nel lavoro, le impres-sioni ricevute sino a far emergerequel tratto specifico che, pur attraver-so caratterizzazioni di tempo in tem-po differenti, ne contraddistinguel’opera. Un tratto, se si vuole, elemen-tare, che vediamo dispiegato già ne Il

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senza titolo, acrilici su carta, 1982, cm. 65x100

senza titolo, acrilici su carta, 1991, cm. 30x21

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porto di Savona, un disegno del 1953dove s’affaccia una tensione lineare,energetica più che descrittiva (analo-ga in certo qual modo a quella che siravvisa negli scritti di Constant perNew Babylon), pronta ad abbandona-re il pretesto rappresentativo per de-finirsi come struttura. Benché il rife-rimento ad una spazialità esistenzial-mente esperita torni di quando inquando ad affiorare (nelle più tarde se-quenze degli “interni” e delle “fine-stre”), il senso di questa evoluzione ri-sulta confermato dai lavori realizzatifra il 1955 e il 1963, in cui l’accentuar-si della formalizzazione geometricanon mira al raggiungimento di unequilibrio compositivo mediante ladistribuzione di figure e di massecromatiche nel piano, ma vuol contri-buire piuttosto ad instaurare una piùnitida articolazione costruttiva, ca-

pace di assumere all’interno di unoschema unitario un dato di comples-sità. È però agevole avvertire come i ri-svolti riflessivi e, si potrebbe dire, pro-gettuali che rendono la pittura, per Bo-nifacio, “strumento di pensiero” nonsiano la risultante d’un algido calcola-re valori e interazioni di forma. Dietrola severità dell’immagine rilevata daAngelo Savelli sta infatti una sensibi-lità acuta per la componente germina-le del segno, per la sua flessibilità si-mulatoria e persino per la complicazio-ne barocca che – se talora esplode invarianti “eretiche”, identificabili nei la-vori “dall’andamento decisamente or-ganico” (Meneguzzo) del ‘78/’79 onella fase di marcato gestualismo at-torno alla metà degli anni ’80 – rima-ne comunque leggibile anche nelle ope-re di più rigoroso impianto razionale.L’ordine viene quindi a porsi, nella ri-

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senza titolo, acrilici su cartone, 1995, cm. 60x80

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cerca di Bonifacio, non come deduzione da un a priori formale ben-sì in termini di processo, accidentato e interminabile; è avvicina-mento ostico (“ogni ordine è una tortura” – scrive Canetti nella Pro-vincia dell’uomo – “ma l’ordine che stabiliamo noi stessi lo è piùdi tutto”), mai esaurito, piuttosto che perfezione raggiunta. Di unatale disposizione testimoniano la simmetria ed il persistente riget-to dell’ortogonalità (rintracciabile persino nei pezzi di intonazio-ne minimalista – grandi sagome monocrome, modellate geometri-camente in obliquo – prodotti fra il 1980 e il 1981); l’impiego, an-che nei più controllati lavori ultimi, dove si radicalizza la riduzio-ne della gamma cromatica, ristretta al grigio ed al nero, al biancoed al rosso, di stesure qua e là rarefatte, da cui traspare, secondouna casualità attentamente governata, la vibrazione del fondo. Od,anche, l’irregolarità impercettibile, l’accennata smarginatura di ta-luni elementi lineari, definiti ricoprendo lo spazio circostante, conun mettere per levare che – in certo modo – “consente all’artistadi costruire il vuoto in pittura” (Conti), di isolare, nell’insieme dei

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senza titolo, olio e tecnica mista su tela, 2003, cm. 80x100

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possibili, il segno apportatore di significato. Se dunque – al di làdi una ricostruzione propriamente linguistica – il percorso di Bo-nifacio si svolge nel tentativo di superare il dualismo che Musil iden-tifica nel vedere “ora con gli occhi della ragione, ora con quegli al-tri occhi…”, l’approdo non può consistere in una mera adesionealla sintassi oggettiva ed autosufficiente del concretismo, di cui puresubisce il fascino. La fessura, il cuneo, la linea spezzata (quella sor-ta di ronciglio che tanto sovente si scopre nei suoi quadri) assur-gono ad un valore d’emblema, riverberano nella loro presenza geo-metrica elementare la figura del tramite sottile di giunzione fra ani-ma ed esattezza, fra universale e singolare.

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senza titolo, matita e tecnica mista su cartone, 2009, cm. 23x21

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PIER GIULIO BONIFACIO

Nasce a Genova nel 1930,dove risiede e opera. Dopo glistudi classici studia Architet-tura al Politecnico di Milano, ein seguito a quello di Torinodove segue pure corsi di Sce-nografia ed entra in contattocon gruppi culturali, di varieconnotazioni socio-politiche,attivi per l’arte visiva e la let-teratura, anche di respiroextranazionale.Le prime partecipazioni amostre sono del 1952/53, aTorino e a Milano. A Torinonel 1953 vince il Primo Pre-

mio di disegno alla esposizione della Promotrice di Belle Arti e nello stesso annoa Milano viene premiato alla Galleria del Naviglio dove espone con L. Cremonini, G.Dova e altri.Successive frequentazioni con artisti del MAC.Visita spesso Albisola dove si interessa di ceramica e conosce Fontana, Jorn, Luz-zati e altri artisti, soprattutto milanesi, in quel giro di anni pressoché stanziali adAlbisola.1969: in pittura abbandona ogni riferimento anche parzialmente figurativo per unlavoro basato sull’analisi dell’Astrattismo Storico, ed in seguito anche del Minima-lismo, senza tuttavia dimenticare determinate formulazioni derivategli dagli studidi Architettura, sia in senso specificamente strutturale che come progettualità del-l’invenzione.1972: allestisce uno studio di pittura a Genova dove approfondisce tematicheancora più personali esclusivamente nel campo dell’astratto. Da allora prosegue, dapprima in Italia e poi più frequentemente all’estero e in parti-colare in area di cultura tedesca, l’attività artistica e quella espositiva. Principalmentein Germania, da anni, opera in contatto con artisti concreti e per questa via ha strettorapporti con centri ed istituzioni per l’arte contemporanea.Dal 2005 si evidenzia nel suo lavoro un intento di nuova ricerca come approfon-dimento dello studio del segno che, con differenti modalità ma nello stesso ambitodelle ricerche citate, lo conduce a una diversa interpretazione del linguaggio gra-fico come espressione più movimentata e meno rigorosamente progettuale.Dagli anni 70 prosegue anche un’attività saggistica e letteraria vicina al suo lavoro diarte visiva che ad oggi consta di parecchio materiale in parte inedito.

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SERGIO ALGOZZINO: ANDANTE, CON BRIO di Manuela Capelli

Non può prescindere da un riferimento musicale un titolo su SergioAlgozzino, fumettista (e non disegnatore di fumetti!) che, letterariamente,orchestra ogni sua vignetta. Fil rouge della sua produzione, la musica entraed esce dalle sue opere, mentre lui si trasforma di volta in volta in ascolta-tore, musicista, illustratore di libretti musicali, e creatore di fumetti a tema.Classe ’78, Algozzino vanta nella sua pur giovane storia, esperienze – signi-ficative - da colorista, scrittore e saggista. Nonché, divulgatore. Negli anni, lo vediamo passare dalle pagine di Fandango (Panini Comics) chelo accolgono nel 2000, alla collaborazione con Red Whale a Spider-Gek, lastrip creata insieme a Manlio Mattaliano, pubblicata ogni mese sulle paginedell’Uomo Ragno (una striscia umoristica che ha per protagonisti lemascotte animali dei supereroi della Marvel). Ma è il 2007 l’annodella svolta, con la pubblicazione – in Francia - del primolibro completo, Pluie d’été per l’editore LesHumanoides Associés, edito in italianonel 2008 dalla 001 Edizioni,con il titolo “Pioggiad’estate”.Lo stesso anno incui realizza per leedizioni Beccogiallo,l’omaggio a Faber daltitolo “Ballata per DeAndré”, graphic noveldai toni dolceamari, concui Algozzino rende ilsuo ultimo, personalissi-mo saluto al cantautoregenovese. Un fumetto cheè quasi un testo teatrale, sulcui palco di vignette salgonoi protagonisti di alcune dellecanzoni più famose di DeAndré: Bocca di rosa, Tito,Marinella, il bombarolo, il giu-dice, il gorilla.Ma Algozzino è anche… ironia.In Francia, infatti, pubblica men-silmente sulle pagine del LaunfestMag delle edizioni Soleil le striscedi Epictete, le avventure di un canescritte da Guillaume Bianco, di cuinel 2009 esce il primo volume mo-nografico. L’uomo saggio che si na-

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sconde dietro l’autore si rivela invece nella pubblicazione “Tutt’a unTratto – Una storia della linea nel fumetto”, edita nel 2005 da Tunué,dove Algozzino tratteggia l’itinerario percorso dalla “linea”, elemen-to fondante del fumetto in quanto linguaggio grafico-narrativo, in oltreun secolo di storia di letteratura disegnata.Fra le sue interpretazioni, lo vediamo anche insegnante presso laScuola del Fumetto di Palermo e fondatore del portale didattico Ki-nart (www.kinart.it), il primo sito italiano che pubblica gratuitamen-te Tutorial di professionisti del fumetto. Proprio in uno di questiè lui stesso a raccontare la realizzazione di una piccola storia a fu-metti ispirata al testo di una canzone, per la rivista “Mucchio sel-vaggio”. Vedere la nascita del progetto – dallo storyboard alla scel-ta dei pattern (per The Musical box dei Genesis) - è come entrarenell’atelier e osservarlo al lavoro. Che è poi il principio del suo ul-timo lavoro, il graphic novel “Comix show”, storia di Andrea, al-ter ego dell’autore, alle prese con un’impellente scadenza. Nel frattempo, la musica torna a chiamarlo per la realizzazione deidisegni del video Mr. Man del gruppo dei Joy Cut: un video anima-to, sorto dai disegni realizzati per il libretto. Del resto, per lui, lamusica “è la più grande esperienza multimediale cui si possa aspi-rare, ed è lì, sotto gli occhi, anzi le orecchie, di tutti: rimane attac-cata alle ossa, ha il potere di rievocare non solo ricordi, parole oimmagini, ma anche odori”.Lo stesso effetto che Algozzino è riuscito a ricreare nelle paginedi “Ballata per Fabrizio De André” che, diventando sempre più chia-re come il tratto che incornicia le tavole, evocano la presenza delloro autore: nei quattro atti dell’opera, infatti – l’incontro, la ve-glia, il funerale, il commiato – emerge in sordina quello che è sta-to giustamente chiamato “un manifesto della poetica di De André”.Appassionato da sempre del cantautore-poeta, Algozzino hascelto l’originale approccio del suo lavoro ispirandosi a una strut-tura che aveva potuto già amare “in un numero di Ken Parker conprotagonisti i vari eroi del fumetto, la conclusione di Sandman, conla carrellata di personaggi riuniti per l’occasione. Trovata la chia-ve, fu abbastanza semplice definirne la struttura. I dialoghi e la sce-neggiatura, invece, hanno avuto una gestazione più tormentata”.Dialoghi brevi, incorniciati dalla linea grafica tremolante che è or-mai il segno distintivo dell’autore, una tecnica sorta per caso perun episodio di Epictete in cui si supponeva che Algozzino si fos-se rotto il polso. Una linea che rende perfettamente lo spaesamen-to di questi “personaggi in cerca d’autore” nello scoprire che il loro,di autore, non potrà più dar loro voce. Dialoghi brevi, dicevamo,ma intensi, nati dall’ascolto, ogni volta nuovo, della discografia diDe André: perché la magia della musica è proprio far scaturire ognivolta un’emozione.Lo stesso effetto prodotto da un altro genere di musica, il suonodella Pioggia d’estate, rapida e improvvisa, ma indimenticabile: comei ricordi del libro omonimo in cui Algozzino fa un tuffo nel pas-sato: dal Commodore 64 ai Transformer si apre un mondo in cui

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tutti si possono rispecchiare, perché i suoi ricordi sono ricordi diuna generazione e, in questo senso, diventano universali. Un mon-do narrato con quello stile intimistico – umoristico che a volte fasorridere, a volte rende malinconici: l’auto-fiction che, tantoamata in Francia, ha fatto sì che proprio i nostri cugini transalpi-ni stampassero la prima edizione.Ma Algozzino è amore per Palermo, per l’Italia, ed è l’edizione de-dicata ai suoi conterranei che ha voluto arricchire con uno dei suoisogni di bambino, come si vede nel libro: oltre a due nuovi episo-di, ha infatti inserito un’introduzione e, soprattutto, un backsta-ge con alcuni storyboard e matite, ovvero il suo bisogno di divul-gazione. Una qualità da approfondire.Tu insegni alla scuola del fumetto di Palermo, ma hai anche fon-dato il portale Kinart, che raccoglie tutorial di vari fumettisti, di-sponibili per chiunque gratuitamente. Perché per te la divulgazio-ne è un aspetto così importante? Non ho frequentato una Scuola del Fumetto, e tutto quel che so l’hoconquistato con fatica, rubando informazioni quando potevo, rom-pendo le scatole a tutti i professionisti che trovavo in giro, o andan-doli a cercare quando iniziai a frequentare le mie prime fiere del fu-

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metto. Sono ancora convinto che uncammino individuale ti faccia apprezza-re meglio quello che impari, perché lofai con le tue forze, ma bisogna anchesaperlo prendere nel modo giusto, e unascuola riesce ad accelerare notevol-mente i tempi di apprendimento. Ma di-pende tutto da te, sempre. In adolescenza avrei sognato un porta-le come Kinart, dove potere andare a farele mille domande che avevo in testa, eringrazio tanto tutti gli autori che comeme credono nel progetto e che ogni gior-no aiutano qualche disegnatore in erba.Sotto lo stesso punto di vista si posso-no inserire i “dietro le quinte” che rea-lizzi alla fine di alcuni tuoi lavori? Unaforma di divulgazione?Quella è più una conseguenza del mioamore viscerale per il fumetto, che finda piccolo mi ha sempre portato a di-segnare vignette e non illustrazionisingole, così, alla fine di una storia, midivertivo a rilegarla, aggiungere una in-troduzione, a volte una finta pagina del-la posta e l’immancabile backstage,perché era quello che amavo trovare inun fumetto quando lo acquistavo, anchese in realtà non c’era quasi mai. Fa par-te della mia continua voglia di conoscen-za del mezzo.Pioggia d’estate è una sorta di autobio-grafia: torni indietro nel (tuo) tempo.Come per molti scrittori, anche in lette-ratura, un inizio classico. Non si è maitroppo giovani per ricordare il passato?Pioggia è per me una autobiografiapiegata ai miei voleri: non ho l’età perpermettermi di raccontare chissà cosa,dunque gioco su quelle piccole cose cheabbiamo in comune tutti (il liceo, i video-giochi, i cartoni animati, i luoghi che tihanno segnato, il mare, i giocattoli...), chenon metteremmo mai in una biografiaufficiale ma che ci portiamo dietrogiorno dopo giorno, e che amiamo ricor-dare insieme agli amici. E’ soltanto unamia visione delle cose, senza imporminella memoria di nessuno, cercando solo

di stimolare emozioni e ricordi sopiti.Fumetto e cinema: quali sono i tuoi ri-ferimenti in questo campo, che permolti fumettisti è un’ispirazione impor-tante? E, da un punto di vista più tec-nico, ritieni che ci siano inquadratureche sono ormai parte del tuo modo didisegnare più di altre? Con cui rendimeglio la tua visione del mondo? Fumetto e cinema sono fratelli, si annu-sano fin dalla nascita e si influenzanovicendevolmente. Amo il cinema e an-cor più, ultimamente, le serie tv, che han-no un linguaggio ancora più vicino al fu-metto seriale. Non credo di avere delleinquadrature preferite, ma sono unfanatico dei “tagli” delle vignette, di quel-lo che si sceglie di inserire, da lì il mioamore per artisti del calibro di Alex Toth.Sempre a proposito dei rapporti con lealtre arti, ho letto sul tuo blog che “èsbagliato giudicare i fumetti utilizzan-do, come si è soliti, i parametri della pit-tura moderna. Per asserire infatti cheil fumetto ha una sua dignità è neces-sario sdoganarlo dai continui parago-ni”. E utilizzare canoni propri, deduco.Quali potrebbero essere, secondo te?Io dico che il fumetto è un’arte a par-te, l’arte del fumetto, per l’appunto, edè quindi sbagliato giudicare un fumet-to in base ai parametri della pittura, equindi riconoscere se un disegnatoreè più artista di un altro solo in base aquello. L’arte del fumetto è molto dipiù, noi che la pratichiamo lo sappia-mo bene, ma se noi stessi ci ostiniamoa distinguere graphic novel da fumet-ti seriali, dividendoli, facciamo già ungrosso errore: ci sono numeri di DylanDog che meriterebbero un posto in li-breria ben più che certi volumi carto-nati e ben presentati.Disegno umoristico e disegno realisti-co: fra i due generi ti muovi senza dif-ficoltà. Tu hai una preferenza fra i ge-neri? Credo di no, fra l’altro nelle storie chescrivo mischio volentieri, narrativamen-

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te, tutti e due i generi. Questo, credo,dipende dal mio amore per il fumettogiapponese, che riesce a inserire mo-menti demenziali in storie a volte se-rissime, anche cambiando modo di di-segnare in quella stessa vignetta. Te-zuka è un altro maestro assoluto.“Io so che della sua infanzia ricorda-va soprattutto la casa di sua nonna”:nella Ballata è Angiolina a pronuncia-re questa frase che mi ha fatto venirein mente i tuoi continui riferimenti atua nonna. Gli affetti, il mare, l’amoreper la propria terra… non c’è solo lamusica a legarti a De André. No, il legame con De André è moltopiù profondo, mi rispecchio in mol-te delle sue idee, di conseguenza amola sua musica, non so cosa viene pri-ma in effetti, ma di certo non mi fer-mo solo all’ascolto di una sua canzo-ne. In questo, realizzare Ballata mi haaiutato molto a focalizzare tuttoquel che amo di lui.Ho letto che “Nuvole” è stata il primoalbum che hai ascoltato di De André:un significativo preludio di questotuo incontro con Faber. Oltretutto lacanzone omonima recita “Certe voltesono bianche e corrono e prendono laforma dell’airone o della pecora o diqualche altra bestia ma questo lo ve-dono meglio i bambini che giocano acorrergli dietro per tanti metri”. Anchei fumettisti lo vedono?Noi fumettisti viviamo di fantasia, e dideformazione della realtà, anche il fu-metto più realistico è comunque un’in-terpretazione di quello che ci accadeintorno, non sarà mai un documenta-rio freddo e impersonale.La lavorazione: per te viene prima la pa-rola o il disegno? Hai detto che Piog-gia d’estate è un libro in cui “ho scrit-to tantissimo, pure troppo, ci sono al-cune tavole strabordanti di testo e di-dascalie, ma non toglierei una virgola”.Quanto ti impegna, nella realizzazio-ne, la scelta del linguaggio?

Devono essere di pari passo, Pioggia hatanto testo ma non avrei potuto fareBallata in quel modo, diciamo che di-pende dalla storia e dal tipo di fumet-to che sto realizzando. Generalmentenon decido nulla, mi lascio trascinaredalla storia, dai personaggi e il linguag-gio verrà da sé.Nomini spesso la Passione che ti gui-da. Passione deriva dal latino “pa-tior”, soffrire. Una condizione che si su-bisce, un’emozione che è più forte dinoi… Sei un fumettista romantico (nelsenso storico-artistico del termine,ndr)?Ho paura di sì. Mi muovo solo seguen-do la mia passione, che in primis è peril fumetto ma che in realtà è per unmucchio di cose... sono carico di pas-sione, il che è veramente una sofferen-za, perché difficilmente riesco a dire dino a qualcosa che mi piace, e, appun-to, sono davvero tante le cose mipiacciono...Per concludere, quali strade ti farà se-guire ancora la tua “linea”?Non lo so, il che è un dramma ma nel-lo stesso tempo è un sollievo. L’annoprossimo potrei trovarmi a scaricarecartoni da un camion, è un lavoro dif-ficile da sostenere con costanza, maho tante storie che vorrei raccontare,e qualcosa, prima o poi, uscirà fuori.

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GENOVA

OTTO HOFMANNLa poetica del Bauhaus

Visitare la mostra di OttoHofmann a Palazzo Ducale (finoal 14 febbraio 2010), se ci sisente accompagnati dall’artistasignifica anche fare incontrialquanto fuori del comune: peresempio, percepire i bisbigli dialcuni personaggi – assai più checompagni di strada di Hofmann,anzi, decisamente un’altra cosa –che con il loro staresilenziosamente lì, un po’ indisparte, si fanno comunquepresenza. Hofmann dapprima ciimmobilizza sui territori e neglispazi che predilige, quelliinnegabilmente suoi; e a seguireci riprende, ci atterra; mentremetabolizziamo senza fatical’esperienza; e la cosa si ripete,quasi con ogni opera. È uncolloquiare fluido, scandito,sobrio, quasi al limitedell’udibilità interiore. Bene diceGianni Martini parlando dei suoianni ’30 parigini: “In questi anniè testimone diretto dellaevoluzione del surrealismo,(altra) ricerca verso cuimanifesterà una sintoniaespressiva non tanto neicontenuti, quanto nella modalitàdi raffigurazione di unaspazialità (appunto!)immaginaria”. E ancora benequando parla di “unarappresentazione metafisicadello spazio”. Nella mostra hopotuto notare, che bisbigliavanotra il pubblico, dapprima PaulKlee, poi Kandinskij e altri chemi è parso di riconoscere.

MILANO

KARINA BISCHChiaro di LunaGalleria FluxiaFino al 30 gennaio 2010

In occasione della sua personalemilanese, l’artista francese KarinaBisch ha deciso di utilizzare, comemedium di diffusione dellamostra, l’immagine che ritrae ilviso de L’inconnue del la Seine,una giovane ragazza dall’identitàsconosciuta che perse

matematico inglese che cercò dicostruire una macchina per ilcalcolo in ottone, Chiaseraridefinisce, utilizzando la stessastruttura, la funzione dellastessa macchina: da calcolatorenei progetti di Babbage adamplificatore musicale nellamente dell’artista. Chiasera, nellediverse sale, mette in luce ancheil processo di slittamentocreativo al quale è stata soggettala stessa struttura, riflettendo sucome il processo creativo, unavolta innescato, dia vita a diverseforme in base alle volontà delsuo creatore. Così, lo stessoBabbage che per il suocalcolatore si ispirò al telaio diJoseph Marie Jaquard, diventafonte d’ispirazione e punto di

partenza, a sua volta, per lacreazione della macchina perl’amplificazione musicaledell’artista italiano. Slittamentocreativo da un creatore all’altrodovuto anche alla presenza dierrori e imperfezioni,ugualmente utili però perridefinire la struttura delleschede perforate del telaio(fondamento di tutte e tre lediverse macchine). In questavisione, l’errore diventa partecostitutiva, generativa dell’opera,a dimostrazione che particolariprocessi creativi sembranocontinuamente nutrirsi delle lorostesse rovine.

misteriosamente la vita nelleacque della Senna a inizioNovecento. Questo fatto ispiròmolti intellettuali e artisti edivenne simbolo della BelleÉpoque francese oltre che di uncerto stile bohemien. Karina Bisch,riproponendo questa immagine-icona, ci fa riflettere sulsignificato che anche fatti minorio non storicamente rimarcabilipossono assumere in una cultura.Così, le installazioni presenti inmostra giocano sull’immagine esulla simbologia di un altrosignificativo personaggio: ilmalinconico eroe Pierrot.Partendo dalla sua ambiguitàcaratteriale che oscilla tra ilromantico e il grottesco erintracciandolo nelle decorazionidi ceramiche (come si usava sino aqualche tempo fa) la Bisch ricreaun ambiente su sua misura. Unamostra realizzata che prendespunto sia dal sentimento tragico-clownesco del personaggio, sia dalfamoso componimento PierrotLunaire di Arnold Schoenberg.

PAOLO CHIASERAHybrisGalleria Francesca Minini12 novembre 2009-09gennaio 2010

Il concetto della mostra di PaoloChiasera alla galleria FrancescaMinini si fonda essenzialmentesull’errore e sull’imperfezione.Partendo dal fallimentaretentativo di Charles Babbage,

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L’Inconnue de la Seine, CourtesyFluxia, Milano

Paolo Chiasera, Hybris, 2009

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FULVIO DI PIAZZADio franaAntonio Colombo ArteContemporaneaFino al 30 gennaio 2010

Per l’artista siracusano classe1969, Dio frana rappresenta laprima personale a Milano.Protagonista indiscussa delle teleè la Natura, nei suoi aspetti piùimperanti e più dettagliati. Ilgusto per la figurazione, baroccanell’elaborazione e quasifiamminga nella minuziosafattura, contraddistingue lapittura di Fulvio Di Piazza. Inquesto nuovo ciclo, composto dauna quindicina di lavori, l’artistaabbandona la descrizioneparticolareggiata dei sottoboschi(che caratterizzava le teleprecedenti) per dare spazio abrani in cui la Natura si rivelanella sua ampiezza, talvoltadrammatica. Una Natura che,satura e in procinto di uncollasso, sembra ribellarsi per poitrovare da questo arresto nuovaforza per reinventarsi. Glielementi essenziali - acqua,magma, terra, roccia - sisovrappongono e si intrecciano inqueste composizioni, dando vita adei paesaggi spiazzanti, comesospesi, aggrovigliati in unapallida luce di un sole offuscatodalle nubi.

LOTHAR HEMPELCafe KaputtGiò MarconiFino al 30 gennaio 201

“Café Kaputt è il luogo dove gliattori vanno quando lospettacolo è finito”. Così LotharHempel, in un’intervista

nel tempo vari media e linguaggi.In mostra, evento unico inesclusiva assoluta per l’Italia,viene particolarmente sottolineatoquesto aspetto: accanto ai recentidipinti di grandi dimensioniintitolati Infinity Net (che sipresentano come un continuumcon le tele dei primi anniSessanta), si trovano sculture eambienti creati attraversol’utilizzo di specchi, votati aformare una particolareinterazione di luce riflessa. Unutilizzo libero e trasversale deimezzi artistici che porta soventealla realizzazione di opere dinotevoli dimensioni, come nelcaso delle sculture checompongono il recente lavoroFlowers that Bloom at Midnight.Speciale chicca della mostra incorso è la riproduzionedell’installazione-sculturainterattiva Narcissus Garden,realizzata nel 1966 per la Biennaledi Venezia dall’artista giapponesecon l’assistenza di Lucio Fontana:una riproposizione checaratterizza in modo peculiarequesto evento in Italia.

LA MUSICA DEL CASOOMAGGIO A WILLY RONISForma. Centro Internazionaledi FotografiaFino al 10 gennaio 2010

Scomparso nel settembre del2009, Willy Ronis vieneomaggiato con una mostra cheraccoglie alcuni dei suoi piùtoccanti scatti. Amico di RobertDoisneau e Edouard Boubat,

effettuata da Emma Sterndefinisce la sua personale. Inbase alla sua concezione, quandosi dice “Io” è come se si entrassein un teatro, si prendesse unproprio ruolo e si iniziasse arecitare nel vasto impero delloshow business. Allontanandosi,seguendo la metafora, dalpalcoscenico, l’attore, avulso daqualsiasi concetto inerente almondo “spettacolo”, si trova inun’altra dimensione, forse piùconfusionaria ma sicuramentemeno meccanica. Non c’èbisogno di diversificare il ruolodi attore-spettatore poiché,dentro Cafe Kaputt, Hempel

invita ad essere entrambe leparti allo stesso tempo,assumendo un ruolo attivonell’interpretazione e creazionedi un significato che, nel suolavoro, viene formandosiattraverso frammenti,connessioni, segni e suonidell’ambiente circostante. Leinstallazioni, le sculture e icollages fotografici presenti inmostra ritraggono memorie edemozioni, pensieri, citazioni,formando una sorta di puntozero da cui niente e tutto èpossibile.

YAYOI KUSAMAI want to live foreverPadiglione ArteContemporanea27 novembre 2009-14febbraio 2010

La ricerca artistica di YayoiKusama, artista giapponese difama internazionale, ha sondato

Fulvio Di Piazza, Paesaggio in fiore,2009, olio su tela, Courtesy AntonioColombo, Milano

Lothar Hempel, Plakat; Magica, 2009,C-print mounted on aluminium,Courtesy Giò Marconi, Milano

Yayoi Kusama, Pumpkin, 2008

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Ronis ha tracciato un segno nellastoria della fotografia cheprivilegia i soggetti di strada eche proprio della strada fa ilprincipale palcoscenico su cuiregistrare ogni variazione dellavita quotidiana. Il suo bianconero ha raccontato, nel corsodegli anni, la vita non solo dellepersone comuni ma di un’interacittà, Parigi, dagli anni dellaguerra sino ai giorni nostri. Ilmestiere del fotografo, comesosteneva lo stesso Ronis, è unmestiere molto duro perchécostringe a non smettere mai diguardare, di osservare, dicercare, di farsi stupire:un’attitudine cui non ci si puòsottrarre e che spinge a fermarein uno scatto attimi irripetibili esignificativi.Le fotografie in mostra, oltre adescrivere autentici brani direaltà, rivelano la personalitàdello stesso Ronis, in cui l’ironiadel flaneur parigino e la gravitàda filosofo si compenetrano e sifondono tra il bianco e il nero.

MICHELE LOMBARDELLIGiunge una voce a qualcuno nel buioAMT | TORRI & GEMINIANFino al 29 gennaio 2010

“Giunge una voce a qualcuno nelbuio” è l’incipit di una delleprose brevi della maturità delloscrittore dublinese SamuelBeckett. Lombardelli sceglie dicitare una delle sue principali

di quel particolare tumultoartistico che avrebbe, in seguito,aperto la strada alle più arditeavanguardie italiane del primoNovecento. La mostra, curata daGiovanna Ginex e frutto dellacollaborazione proficua tra laGAM di Milano e la Banca diCredito Cooperativo dellaBarlassina, ospita ventitrecapolavori di Longoni, alcuni deiquali recentemente restaurati. Leopere del nucleo centraleesposte in mostra, dopo unaserie di nature morte, raccolgonotele dal carattere politico-socialein cui la tecnica divisionista dellascomposizione della pennellatain piccoli segmenti di colore eluce è destreggiatamagistralmente da Longoni.Dalle tele più socialmenteimpegnate si passa poi allegrandi opere di paesaggio in cuiil maestro, declinando in modopersonale la tecnica divisionista,

arriva a una particolareconsistenza materica dellatavolozza, indagando la luce e larifrazione delle atmosfere.

MARCELO MOSCHETATerra IncognitaGalleria Riccardo Crespi26 novembre 2009-23gennaio 2010

Nelle carte geografiche storichespesso ci si imbatte in espressionicome Hic sunt leones, per indicareun luogo pericoloso, oppure Terra

fonti d’ispirazione nel titolodella sua prima personale aMilano presso gli spazi dellanuova sede della galleria. Dipinti,serigrafie, fotografie, moquette,collage, vetro, disegni, ceramichee libri: le installazioni dell’artistacremonese si dipanano tradifferenti media, atti ariproporre brandelli o stralci dimemoria dell’artista stesso. Ladominante bicroma bianco/neroaccentua il concetto di buio chegià compare nella frase d’esordio

di Beckett presa in prestito daLombardelli: bianco-luce e nero-buio, un’accensione espegnimento a intermittenza incui ricordi e memorie prendonoforma o si disintegrano, cosìcome nella mente dell’artistaanche nella mente di ogniindividuo.

EMILIO LONGONIDue CollezioniGalleria d’Arte ModernaFino al 31 gennaio 2010

In una rubrica principalmentededicata all’arte contemporaneanel milanese quale intendeessere questa parte della rivistaSatura, citare Emilio Longonipotrebbe risultare nonpertinente. Eppure con questagrande rassegna dedicata almaestro lombardo vissuto acavallo tra Ottocento eNovecento, Milano celebra unodei protagonisti più importanti

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Willy Ronis, Vincent aéromodeliste,Gordes, 1952. Courtesy SuccessionWilly Ronis/Diffusion AgenceRapho/Contrasto

Michele Lombardelli, vedutadell’installazione, Giunge una voce aqualcuno nel buio, 2009, Courtesy AMT | TORRI & GEMINIAN

Emilio Longoni, L’oratore dellosciopero,1890-1891, olio su tela.Courtesy Banca di Credito Cooperativodella Barlassina

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Incognita, per indicare un luogoancora inesplorato. Espressionidesuete per l’uomo moderno che,sulle carte, ha esplorato ormaianche i più reconditi luoghi delpianeta. Che il trentatreenneartista brasiliano MarceloMoscheta si appropri per la suaprima personale in Italiadell’espressione Terra Incognitanon è un errore, né tantomeno unanacronismo fine a se stesso.Moscheta infatti, con la suaricerca artistica, rimanda a unanuova esplorazione di luoghi e didimensioni obiettivamente giàscoperti, consolidati nel sapereuniversale ma che vengonoripercorsi (e quindi riscoperti)

attraverso le esperienze personali.Partendo dalla concezione cheogni uomo ha i suoi luoghi, la suaTerra Incognita fisica o mentaleda esplorare, Moscheta cipresenta le sue scoperte, i suoiracconti di “viaggio”. Le opereinedite di un unico ciclo espostein mostre ricalcano il tema dellatrasformazione di qualcosa disconosciuto ed estraneo, inqualcosa di nuovo, personaleindividuale: così, ad esempio, conil collage realizza paesaggi fittizipartendo da cartoline storicheoppure con un’installazioneproietta una geografia alternativadella città di Milano. Ciò che siconosce notoriamente solo per vieindirette come documentazionigeografiche, diventa occasioni dipersonale e nuovareinterpretazione.

PAESAGGI VERBALIGalleria Ca’ Di Fra’26 novembre 2009-30gennaio 2010

Vincenzo Agnetti, AlighieroBoetti, Pier Paolo Calzolari,

dipinti dalla texture densa estratificata. Attraverso diversisoggetti e tematiche, Rahodescrive la realtà tranquilla dellaBahamas, con i tipici tetti delle

case, le bianche verande fiorite,con i suoi paesaggi marini e isuoi piccoli porti. Come in unasorta di giardino dell’Eden, ipersonaggi ritratti si muovonoall’interno di questi paesaggi ene godono ogni bellezza.Moderne scene di genere che siricollegano a una tradizione cheparte da Manet e dagliimpressionisti sino ai nostritempi. Lo sguardo dellospettatore è così portato adentrare nel quadro ed è invitatoa partecipare alla sensazione dipace e tranquillità in cui questiposti incantati trascinano.

UNITED ARTISTS OF ITALYFondazione StellineFino al 31 gennaio 2010

I volti dei più significativi artisticontemporanei, italiani estranieri, sono stati immortalatinei lavori fotografici dialtrettanto significativi maestridell’obiettivo degli ultimidecenni. Da Gabriele Basilico aGianni Berengo Gardin, da LuigiGhirri a Mario Giacomelli, daMimmo Jodice a Ugo Mulas aFerdinando Scianna e molti altri:le loro fotografie, ai finidell’esposizione, assurgono adessere una sorta di storia

Jospeh Kosuth, Anne e PatrickPoirier, Salvo: la mostra“Paesaggi Verbali” rendeomaggio a dei capisaldi italiani estranieri dell’arte degli ultimidecenni. Muovendosi tra ilConcettuale, la sperimentazionelinguistica e l’Arte Povera (inItalia), gli artisti in mostraesplorano, attraverso la lororicerca, le possibilità dell’oggettoartistico, sino ad arrivare, in certicasi, a una sorta di dissolvenzafisica in favore dell’idea, veraopera d’arte e concetto fondantedi ogni operato artistico.È l’idea che supporta l’opera,non il contrario. Approdando aquesta filosofia tramite diversestrade, gli artisti in mostra siconfrontano in un dialogo apertoin cui l’esemplificazionedell’operazione artistico-intellettuale alle masse nonrisulta immediata e dalla faciledecodificazione ma che faintuire un processo filosofico dinuova concezione dell’arte, siaesso legato al linguaggio o alsegno (Kosuth, Agnetti), sia essolegato a una processualità piùmanifesta ma altrettantoconcettuale (Arte Povera).

ALESSANDRO RAHONew PaintingsEffearteFino al 26 febbraio 2010

L’artista inglese Alessandro Rahopresenta, per gli spazi dellagalleria, una nuova serie di

Marcelo Moscheta, Terra Incognita,2009. Courtesy Galleria RiccardoCrespi, Milano

Vincenzo Agnetti, Aspettare-ProgettoPanteistico n° 1 Foglia, Fotografia escrittura su alluminio, 1972, CourtesyComposti della Ca’ di Fra’ – Milano

Alessandro Raho, Sandy Port, 2009,olio su tela. Courtesy Effearte, Milano

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dell’arte degli ultimi trent’anni,non scritta sui libri, bensìraccontata attraverso leimmagini dei suoi protagonisti.Fotografie che diventano ancheconoscenza della personalitàdegli stessi artisti ritratti,immortalati da più fotografi inatteggiamenti e scorcicaratteriali differenti. Se l’ideainiziale era quella diconcentrarsi solo su artistiitaliani, successivamente si èdeciso di esporre ritrattifotografici anche di personalitàcome Joseph Beuys, AndyWahrol, Robert Rauschenberg eSol Le witt che, oltre arappresentare colossi dell’arteinternazionale, hanno da sempreintrattenuto con l’Italia unparticolare legame.

APPUNTAMENTI MILANO

TWISTER.Dieci artisti per dieci musei.Prosegue il progetto Twister: ilavori site-specific degli artistiche hanno aderito al progetto direte fra dieci musei di artecontemporanea della Lombradiasaranno visibili sino al 31gennaio 2010 nei seguentiluoghi: Museo del Novecento aMilano, Villa e la CollezionePanza a Varese, FondazioneStelline di Milano, Galleria delPremio Suzzarai a Mantova, GAM

TAKAKO KIMURAZonca e ZoncaFino a fine gennaio sarà possibilevisitare la prima mostra in Italiadell’artista giapponese TakakoKimura. Attraverso un’esteticavivace e puerile, Kimura veicolaun concetto molto importantenella cultura giapponese: quellodell’appartenenza a un gruppo,del sentirsi in unione con gli altriper raggiungere assieme unobiettivo superiore di moralità.THE INNER SPACEThe Flat_Massimo CarasiLa mostra collettiva in corsopresso la galleria propone ilavori degli artisti EmmanuelleAntille, Michael Johansson eOliver Pietsch. Tema conduttoreè l’indagine dello spazio fisicoattraverso differenti possibilità eosservazioni: dalle muradomestiche al volume occupatodagli oggetti, sino all’area dellostesso schermo-video.

SERIE FUORI SERIETriennale Design MuseumPer gli amanti del design, fino al28 febbraio 2010 è visibile lamostra che illustra il paesaggiocontemporaneo del designitaliano. Dalla ricercasperimentale al mercato dimassa, l’esposizione raccoglieoggetti e complementi sia dimateriali artigianali che ditecnologie avanzate.

CHRISTOPHER MAKOSPolaroidsFino al 15 gennaio 2010, pressogli spazi di Photology, èpossibile visitare una serie dellenumerose polaroid scattate daChristopher Makos durante l’erapop e principalmente nellafactory di Andy Warhol. Scattiinediti che Photology hascoperto meno di un anno fanello stesso studio dell’artista.

Civica Galleria d’Arte Moderna diGallarate, GAMeC Galleria d’ArteModerna e Contemporanea aBergamo, MAM Museo d’ArteModerna e Contemporanea diGazoldo degli Ippoliti a Mantova,Museo Civico Floriano Bodini diGemonio a Varese, Museo d’artecontemporanea di Lissone ePremio Nazionale Arti VisiveCittà di Gallarate.

GABRIELE BASILICOSpazio OberdanLa mostra, dedicata al celebrefotografo e curata da R. Valtortae U. Zanetti, rimarrà aperta sinoal 31 gennaio.L’esposizione è divisa in duesezioni e raccoglie la serie dilavori Milano, Ritratti diFabbriche 1978-1980 e MoscaVerticale 2007-2008.

ITALO-AMERICANIGalleria Fonte d’AbissoFino al 23 gennaio 2010, lagalleria Fonte d’Abisso ospita lamostra dedicata all’arte tra USAe Italia nel periodo tra laricostruzione post-bellica e ilboom economico degli anniSessanta. Gli artisti protagonistiscelti dal curatore MarcoMeneguzzo: Afro, Burri, Cagli,Consagra, Donati, Dorazio,Marca Relli, Marini, Nivola,Pomodoro, Savelli, Scarpitta,Scialoja e Cy Twombly.

THE RUSTLE OFLANGUAGEGalleria FrancescaKauffmannRicci Albenda, Fikret Atay,Candice Breitz, Henry Chopin,Anne Collier, Mario GarciaTorres, Christian Marclay,Roman Ondàk, Yoshua Okon,Dan Perjovschi, John Stezaker,Lily van der Stokker: ecco gliartisti presenti alla collettiva, icui lavori sondano il vasto ecomplicato tema dellacomunicazione odierna sotto isuoi molteplici aspetti.

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Giorgio Colombo, Ailghiero Boetti,1970, Stampa ai Sali d’argento,Copyright Giorgio Colombo, CourtesyMassimo Minini

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FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI DICEMBRE 2009

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