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A Casa Comanda Mio Figlio

Date post: 23-Mar-2016
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In questo libro, gli autori presentano una serie di consigli pratici e biblici utili a quelle madri e a quei padri desiderosi di crescere i propri figli nel timor di Dio.
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DayOne L I V I N G I N A F A L L E N W O R L D AIUTO ! ADI Media A CASA COMANDA MIO FIGLIO Paul e Karen Tautges Consulente editoriale: Dott. Paul Tautges
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9 788889 698495

ISBN 978-88-89698-49-5ADI MediaServizio Pubblicazioni delle “Assemblee di Dio in Italia”

Via della Formica, 23 - 00155 RomaTel. 06 2251825 - 2284970 - Fax 06 [email protected] - www.adi-media.it

Purtroppo, la nostra società pullula di genitori la cui vita è tuttaconcentrata sui figli. Una semplice passeggiata in un centrocommerciale o in un negozietto locale è già sufficiente a rivelarequesta triste verità. Il quasi incessante piagnisteo dei bambiniindisciplinati induce la persona attenta a chiedere: “Ma di chi è laresponsabilità?”. In questo libro gli autori presentano una serie diconsigli pratici e biblici, utili a quelle madri e a quei padridesiderosi di crescere i propri figli nel timor di Dio.

Paul e Karen Tautges sono genitori di dieci figli. Paul è unpastore, insegnante biblico e autore di numerosi libri cheattengono a temi riguardanti l’assistenza spirituale nei vari ambitidella vita. Sua moglie Karen è una brava casalinga e insegnante.Insieme vivono nella città di Plymouth, nel Wisconsin, U.S.A.

€ 4,50

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A CASACOMANDAMIO FIGLIOPaul e Karen Tautges

Consulente editoriale: Dott. Paul Tautges

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AIUTO!

A CASA COMANDAMIO FIGLIO

Paul e Karen Tautges

Consulente editoriale: Dott. Paul Tautges

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INDICE

Introduzione 5

1 I tristi risultati dell’educazione tutta centrata sul proprio figlio 7

2 Stai crescendo un Caino? 19

3 Coltivare piante e scoccare frecce 31

4 Le sette leggi della sculacciata 39

Conclusione 57

Spunti per la riflessione personale 59

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Titolo originale:“Help! My Toddler Rules the House”© Day One Publications 2010Published by Day One PublicationsRyelands Road, Leominster, HR6 8NZ

Edizione italiana:“Aiuto! A Casa Comanda Mio Figlio”© ADI-MediaVia della Formica, 23 - 00155 RomaTel. 06 2251825 - 06 2284970Fax 06 2251432Email: [email protected]: www.adi-media.it

Servizio Pubblicazioni delleChiese Cristiane Evangeliche“Assemblee di Dio in Italia”

Gennaio 2011 - Tutti i Diritti Riservati

Traduzione: A cura dell’Editore - M.P.

Tutte le citazioni bibliche, a meno chenon sia indicato diversamente, sono trattedalla Bibbia Versione Nuova Riveduta - Ed. 1996Società Biblica di Ginevra - Svizzera

Stampa: Produzioni Arti Grafiche - Roma

ISBN 978 88 89698 49 5

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INTRODUZIONE

“Non ce la facciamo più. Siamo intenzionati a por­tare nostro figlio da uno psichiatra!”, esclamò

Caleb mentre sua moglie, Susie, annuì spossata (1).Questi nuovi membri della comunità vennero a casa

nostra a trovare me e mia moglie, un giovedì sera, per­ché dissero che avevano bisogno di un consiglio a causadi alcuni problemi in famiglia. Durante la nostra chiac­chierata, saltò fuori che il comportamento del loro fi­glioletto di tre anni li aveva ridotti allo stremo. Era lui acomandare in casa! Restammo ad ascoltarli da che si se­dettero sul sofà del soggiorno. Poi cominciammo a spie­gar loro i principi biblici sull’educazione dei figli, l’im­portanza dell’ubbidienza che devono mostrare, e i di­versi significati di correzione così come descritta nellaParola di Dio, la Bibbia. Dopo che insieme decisero divoler applicare con coerenza quanto avevamo loro inse­gnato, pregammo e se ne tornarono a casa.

Due domeniche dopo, Caleb e Susie si avvicinarono anoi all’ingresso della sala culto e annunciarono trionfan­ti: “Abbiamo un altro figlio, ora!”. Caleb descrisse i cam­

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1. Questi nomi sono fittizi, sebbene il racconto sia basato su una sto riavera.

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biamenti che stavano osservando nell’attitudine e nelcomportamento del loro bambino da quando avevanocominciato ad applicare fedelmente i principi bibliciche gli erano stati spiegati. Avevano iniziato a conside­rare la Bibbia come rivelazione di Dio e, perciò, autore­vole per la propria famiglia. E stavano già vedendo comela sua applicazione avesse comportato delle profondedifferenze in casa.

Presumiamo che tu abbia comprato questo libricinoperché qualcuno che conosci o tu stesso ti trovi ad af­frontare la difficile sfida dell’educazione dei figli in unmondo in rovina e hai bisogno di un po’ d’aiuto. Que stoo puscolo contiene un consiglio fondamentale che ab­biamo dato a molte coppie nel corso degli anni, comenel caso di Caleb e Susie. Crediamo e preghiamo che tupossa trovare l’aiuto che cerchi, insieme all’incoraggia­mento, attraverso i suggerimenti pratici contenuti inque ste pagine.

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La famiglia è centrale nell’educazione dei figli, per­ché rappresenta la struttura primaria per la crescita

e la sicurezza del bambino. Mai come oggi il mestieredel genitore è così difficile, ma è assolutamente necessa­rio essere capaci di svolgere il proprio ruolo nel modogiusto. La genitorialità, ovvero quel processo dinamicoattraverso il quale si impara a diventare genitori capacidi prendersi cura dei figli e di rispondere in modo suffi­cientemente adeguato ai loro bisogni, rappresenta unelemento fondamentale sia per lo sviluppo del fanciullonella sua personalità individuale sia in quello della fami­glia nel suo insieme.

Purtroppo, la nostra società pullula di genitori la cuivita è tutta concentrata sui figli. Una semplice passeg­giata in un centro commerciale o in un negozietto loca­le è già sufficiente a rivelare questa triste verità. Il quasiincessante piagnisteo dei bambini indisciplinati inducela persona attenta a chiedere: “Ma di chi è la responsabi­lità?”. Gli autori di questo libricino non sono i soli ad es­sere preoccupati per questa «epidemia». Diversi anni fa,

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I tristi risultati diun’educazione tutta

centrata sul figlio

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il nostro quotidiano locale dedicava quasi un quarto dipagina a un articolo della Associated Press dal titolo: “Edai, e dai, e dai, ti prego! L’assillo è diventato una regolaper molti giovani” (1). L’articolo commentava i risultati diun sondaggio commissionato dal Center for a New Ame ­ri can Dream (Centro per un Nuo vo Sogno Americano),che “promuove un consumo responsabile di risorse ebeni”. In altre parole, il Centro era preoccupato per ilpotere che i pubblicitari esercitano sulle giovani menti esperava di “persuadere il Con gres so ad approvare leggiche limitassero ulteriormente la pubblicità indirizzataalla fascia dei fanciulli”. Ma è davvero questa la risposta?Abbiamo bisogno di più leggi che regolino il mercatopubblicitario? Non è piuttosto come voler mettere unabenda a un osso rotto? Esiste una soluzione migliore?Probabilmente la risposta è quella di tornare a fondarsisu una delle pietre fondamentali dell’educazione: eser­citare l’arte di essere genitori secondo i principi di un’au ­torità divinamente delegata, cioè secondo quanto stabi­lito nella Parola di Dio.

Non stiamo dicendo che ogni genitore, indistinta­mente, deve credere che la propria autorità procedadall’Alto al fine di essere un “buon genitore” agli occhidella società. Ma ci aspettiamo questo almeno dai geni­tori credenti, che fanno della Bibbia la propria regola difede e di condotta. In ogni caso, sembra che, in fondo,ogni persona – credente e no ­ sia piuttosto contrariata

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1. Martha Irvine, sta in “The Sheboygan Press”, 18 giugno 2002.

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dall’idea di un bambino che domina sui genitori. Di fat­to, abbiamo fortemente bisogno, oggi, di un tipo d’inse­gnamento orientato specificatamente proprio verso igenitori, affinché possano comprendere che, in un certosenso, Dio ha delegato parte della Sua autorità proprio aloro, e lo ha fatto esclusivamente in vista del benesseredei figli: il punto è che i genitori devono esercitare que­sta autorità, senza remore e senza sentirsi antiquati. Al ­lo stesso modo, però, i genitori non devono abusarne,per ché, attualmente, quasi tutto ciò che interferisce conl’apparente e immediata soddisfazione di un capriccio è,per certi versi, travisato e considerato come una formadi “abuso”.

In ogni caso, i genitori hanno seriamente bisogno diessere consapevoli che la cosa più giusta e amorevoleche possano fare per i propri ragazzi è quella di assume­re responsabilmente il proprio ruolo di conduttori dellafamiglia. Sono loro che devono avere il controllo. I figlidevono essere educati anche con dei “no!”. Betsy Taylor,il direttore esecutivo del su menzionato centro, che hala sua sede nello stato del Maryland, lo conferma: “Fon ­da mentalmente”, dice, “è responsabilità del genitoreimpostare al meglio i limiti d’azione dei propri figli e at­tenersi ad essi”. “Quando si arriva all’assillo”, recita il sucitato articolo, il 55% dei giovani intervistati dichiara diriuscire “di solito a ottenere dai propri genitori quantorichiede”. Inoltre, il 60% di loro ammette di poter “ma­nipolare i propri genitori su ‘cose piccole’ prima di ini­ziare con quelle grandi”. Marian Salzman, direttore stra ­

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tegico di un’agenzia pubblicitaria, dichiara che “i figlisono ormai il fulcro portante di molte famiglie moder­ne” e che convincere loro significa assicurarsi una fettasignificativa di mercato. È assolutamente vero!

I giovani intervistati vanno dai dodici ai diciassetteanni, ma “gli esperti dicono che la ‘strategia dell’assillo’è una tecnica affinata ben prima di quell’età”. Sono unpo’ riluttante ad ammetterlo, ma almeno in questo casogli esperti hanno proprio ragione. I segnali, piuttostoim barazzanti, di genitori tutti concentrati sui figli nonco minciano a manifestarsi nei negozi d’abbigliamento a12 o 13 anni, iniziano a vedersi quando sono ancora piùpiccoli! Infatti, i genitori mostrano la loro morbosa at­tenzione nei confronti dei propri figli prima ancora chela culla sia smontata e portata in soffitta. Per il genitoretutto assorbito dal figlio, il mondo ruota solamente at­torno a questo piccolo batuffolo di gioia. Questo tipo dipersone ragiona più o meno così: “Non possiamo andarequa perché altrimenti s’interrompe l’ora del pisolino delpiccolo Bobby”. “Non possiamo andare là perché allapiccola Sally non piacerebbe quel cibo”. “Se facciamoquello o quest’altro, Joey può agitarsi”. “Se stasera uscia­mo, Julie farà passare alla babysitter dei momentacci”. Ecosì via. Sembra che ogni volta che il piccolo pianga, ab­bia inizio una nuova crisi familiare. Si scatenano tensio­ni e manifestazioni d’insofferenza tra coniugi.

Al contrario, i padri e le madri che davvero amano ipropri figli non sono colpevoli di questa epidemia di in­dulgenza. Ad averne la colpa sono coloro che pensano di

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amare i loro figli, ma che in realtà amano molto più séstessi. Che cosa vogliamo dire? Il vero amore è lungimi­rante nei confronti della persona amata. Questo signifi­ca che è più amorevole dire a una persona una verità chefa male, piuttosto che stare a guardare silenziosamentela sua autodistruzione. È un gesto d’amore ancor piùgrande educare i propri figli a non giocare per la strada,piuttosto che lasciarli investire da un’auto. È più amore­vole dire “No!” agli avidi, piccoli figli per prepararli a vi­vere in un mondo ostile dove non tutto andrà come sivorrebbe, dove i propri capricci non saranno per nientesoddisfatti. I genitori saggi fanno questo, e non usano ipropri figli come una sorta di manto di protezione per­sonale, ma sopportano con fermezza inconvenientitemporanei (come punirli per gli scatti d’ira) perchécredono, a ragione, che i propri figli, un giorno, li ame­ranno proprio per non essere stati accondiscendenti,ma piuttosto inflessibili.

Purtroppo, in linea di massima, essere remissivi epermissivi è considerato oggi il modo normale di esseregenitori. Il sondaggio menzionato sopra rileva che “an­che quando i loro genitori dicono ‘no’, circa sei fanciullisu dieci continuano a lagnarsi in media nove volte”. Lostesso sondaggio “prova che il 10% dei ragazzi di 12, 13anni dice di chiedere ai propri genitori più di cinquantavolte le cose che hanno visto pubblicizzate in televisio­ne”. Gli addetti ai lavori lo definiscono il “fattore assil­lo”. In Italia, “ci sono circa 4,5 milioni di bambini tra i 3 egli 11 anni … che hanno una disponibilità di 800 milioni

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di euro. I bambini sono 3 mercati in uno: acquistano condenaro proprio, influenzano gli acquisti dei genitori, so­no i clienti di domani. I genitori hanno la tendenza anon dire mai No, a preservare i bambini dal sacrificio,dalla frustrazione …” (2). E le agenzie pubblicitarie conti­nuano a fare affidamento su questo elemento. Si stimache il “fattore assillo” sarà responsabile della produzio­ne, entro la fine del 2010, dell’equivalente di 40 miliardidi dollari di spesa per bambini dai 4 ai 12 anni. È sicura­mente un prezzo molto alto che genitori pigri e no do­vranno pagare. Ma cosa dicono le Scritture? La Parola diDio ci fornisce un consiglio affidabile contro questa ten­denza? Sì, certamente. Infatti, essa mette in guardiacontro una forma di genitorialità tutta concentrata suifigli, e lo fa per almeno tre ragioni.

L’educazione centrata sul figlio porta al disonore dei genitori

Quando i nostri figli assistono ai “capricci da centro com­merciale” di qualche altro bambino, molto spesso com­mentano così quella condotta riprovevole: “Papà, hai vistoche fa quel ragazzo?”; “Mamma, hai sentito cosa ha dettoquella ragazza a sua madre?”. Per non parlare dei veri epro pri insulti che bambini di scuola elementare rivolgono

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2. Chiara Mauri, docente Università Bocconi, MI. Sta in L’E spres so, 4novembre 2010 - Società, Baby Business, Piccoli Shopper Crescono,pagg. 168, 169. N.d.R.

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a madri sorridenti, pronte a giustificarli dicendo: “Beh, èsoltanto un bambino”. Quando questo accade, ricordia­mogli prontamente che quei ragazzi stanno facendo sol­tanto ciò che una negligente educazione ha permesso difar scaturire dal loro cuore peccaminoso. Per la scarsa fer­mezza nel far rispettare il primo, secondo, e terzo “no”, lamadre e il padre corrono il rischio di sentirselo ridire pernove volte, fino ad arrivare a una ribellione aperta. In altreparole, nonostante la vera colpa sia del figlio, la vergognapiù grande, a questo punto, ricade sui genitori, che do­vrebbero conoscerlo e amarlo abbastanza da educarlo acomportarsi come si conviene. È inevitabile la domandasilenziosa di chi assiste a certe scenate: “Cosa c’è che nonva nel genitore?”. Non è altro che la conferma del versetto:

“La verga e la riprensione danno saggezza,ma il ragazzo lasciato a sé stesso,fa vergogna a sua madre”(Proverbi 29:15)

L’educazione centrata sul figlio alimenta stili di vita autodistruttivi

Il peggior esempio di un’educazione centrata sul figlioche si trova nella Bibbia è la triste storia di Eli, sacerdoted’Israele. La storia di quella famiglia è un classico esem­pio di cosa succede quando un genitore ha troppo ri­guardo per suo figlio o sua figlia. Si produce un’inversio­ne di ruoli tra i più imbarazzanti: per la famiglia di Eli le

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conseguenze furono niente meno che mortali. L’av ver ­timento divino giunse al sacerdote per bocca di un uo­mo di Dio, il quale dichiarava che il giudizio del Si gnorestava per cadere su lui e sui suoi figli, perché Eli onoravaloro più del Signore stesso (cfr. I Samuele 2:29). Comerisultato, il suo sacerdozio sarebbe stato troncato (2:31)ed entrambi i suoi figli, Ofni e Fineas, sarebbero mortitragicamente nello stesso giorno (2:34). Soltanto pochigiorni dopo, il giovane servo di Eli, Samuele, fu sve gliatonel sonno dalla voce del Signore. Dio spiegò, “Io ho pre­detto [a Eli] che avrei esercitato i miei giudizi sulla suacasa per sempre, a causa dell’iniquità che egli ben cono­sce, poiché i suoi figli hanno attirato su di sé la maledi­zione ed egli non li ha sgridati” (I Samuele 3:13).

In seguito, Israele andò in battaglia contro i Filistei e su­bì una sconfitta totale. Morirono trentamila soldati, l’arcadel patto fu portata via e Ofni e Fineas morirono nello stes­so giorno, esattamente come Samuele aveva profetizzato(cfr. I Samuele 4:10, 11). Che tragica fine! Purtroppo, le con­seguenze non si fermarono con Eli. Sembra, infatti, cheSamuele abbia seguito il suo infelice esempio, perchéquando i propri figli crebbero essi “non seguirono le sue or­me, ma si lasciavano sviare dall’avidità, accettavano regali epervertivano il giudizio” (I Sa mue le 8:3).

Quale fu il problema? Eli non riuscì a dire no ai proprifigli e ad attenervisi. Cioè, rinunciò all’autorità conferita­gli da Dio per indirizzare i suoi figli nelle vie della giusti­zia. Quando venne a sapere del loro vergognoso compor­tamento auto indulgente, non reagì con il grado di severi­

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tà commisurato alla situazione (cfr. 2:12­17). Al contrario,egli permise che essi governassero la casa. La sua corre­zione sembrò uno schiaffetto sulle mani dei figli, mentreaccennava una sorta di blanda riprensione con le parole:“Non fate cosí, figli miei, poiché quel che odo di voi non èbuono …” (2:24). Questa reazione è tipica dei genitorisuccubi dei propri figli; incapaci come sono di esercitarela propria autorità di genitore, se la cavano con un “è me­glio ragionarci” che, in questo caso, non è altro che un pa­ravento per le proprie inadempienze. Essi temono la rea­zione dei loro ragazzi più di quanto temano Dio stesso.D’altronde, la genitorialità così esercitata richiede un usofermo dell’autorità divinamente delegata, e questo pro­prio per proteggere i figli dalla loro stessa stoltezza. Il pa­store Jim Newheiser ha ragione quando scrive: “Tra scu ra ­re la disciplina è tra le peggiori forme di violenza esercita­ta sui figli” (3). Essere genitore, d’altronde, significa “pren ­dersi cura dei propri figli” nei più diversi aspetti della loroesistenza e questo non può prescindere dall’esortarli, am­monirli, istruirli e disciplinarli.

L’educazione centrata sui figli è una sorta di rinuncia all’Autorità e alla Responsabilità conferiteci da Dio

Anche il re Davide si beccò l’acquazzone torrenziale disofferenza che spesso arriva quale risultato di una forma

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3. Jim Newheiser, Aprire i Proverbi (Leominster: Day One, 2008), 151.

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di educazione centrata e condizionata dai propri figli.Sul suo letto di morte gli giunse la voce che suo figlioAdonia “… mosso dall’ambizione, diceva: ‘Sarò io il re!’ Esi procurò carri, cavalieri, e cinquanta uomini che corre­vano davanti a lui” (I Re 1:5). Avremmo dovuto chiedercicosa aveva portato a questa condotta, se lo Spirito Santonon ci avesse dato il versetto successivo che lo spiega:“Suo padre non gli aveva mai fatto un rimprovero in vitasua, dicendogli: ‘Perché fai così?’” (I Re 1:6). Adonia fuun altro triste prodotto dell’eccessiva indulgenza di ungenitore. Non vogliamo dire con questo che la sua ribel­lione fu interamente colpa del re. Il figlio di Davide eraresponsabile delle proprie azioni. Ma ciò che è evidentedal testo è che Adonia non conosceva la virtù dell’auto­disciplina, virtù che solitamente si sviluppa grazie allelezioni che s’imparano dalla disciplina materna e pater­na. Una correzione fedele da parte dei genitori è uno de­gli strumenti più efficaci di Dio per lo sviluppo dell’au­to­controllo nell’indole dei figli.

Genitori, il nostro esempio del timore del Signore èdi grande importanza, ma non è sufficiente. Non lo fuper Eli, Samuele e Davide. Esso deve essere accompa­gnato dall’esercizio appropriato dell’autorità conferitacida Dio, in qualità di genitori. Questi tragici esempi illu­strano il fatto che i figli viziati spesso vivono il loro auto­compiacimento fino all’età della maturità. Genitori, viprego, cercate di far calare le statistiche! Per favore, ama ­te i vostri figli tanto da prepararli ad una vita di abnega­zione (che è la disposizione spirituale di chi rinuncia a

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far prevalere istinti, desideri, interessi personali), incul­cando loro dei sani principi, stabilendo i giusti limiti emantenendoli. Sebbene Dio ami i figli, Egli non ha maivoluto che tutto il mondo ruotasse intorno a loro. Viprego, dite no quando dovete. Vi prego, intendete dav­vero no quando lo dite. E vi prego, attenetevi alla vostrarisposta, a meno che la saggezza non vi induca a cam­biarla. Amate i vostri figli, abbiate cura di loro responsa­bilmente, educateli diligentemente, ma, soprattutto,non permettete loro di divenire il centro del vostro pic­colo universo.

DA MADRE A MADRE

Per rendere l’idea, vorrei fare un esempio molto semplicema, spero, significativo. Uno dei nostri piccoli, in modo parti­colare, ama chiedere incessantemente le cose. Può ancheessere soltanto un chewing­gum dalla mia borsetta. Se gli ri­spondo: “Devi aspettare”, lui subito me la chiede di nuovo, ioallora di solito gli rispondo: “No. Non puoi avere la gommaora. La mamma ha detto che devi aspettare, ma tu me l’haichiesta di nuovo”. Facendo così cerco di insegnargli l’auto­controllo. A volte, noi chiediamo al Signore alcune cose edEgli ci risponde che dobbiamo attendere per averle. Non c’èmomento migliore della fanciullezza per imparare ad aspet­tare pazientemente. Quando cresciamo e chiediamo a Dioun’automobile nuova, noi saremo più propensi ad accoglierela Sua risposta di “non ora”, se abbiamo già imparato questaimportante lezione sin dalla nostra fanciullezza.

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Paul e Karen Tautges sono genitori di dieci figli. Paul è unpastore, insegnante biblico e autore di numerosi libri cheattengono a temi riguardanti l’assistenza spirituale nei vari ambitidella vita. Sua moglie Karen è una brava casalinga e insegnante.Insieme vivono nella città di Plymouth, nel Wisconsin, U.S.A.

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