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A ciaval

Date post: 17-Mar-2016
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Description:
Andrea Lanzi
70
del geografo Andrea Lanzi A ćiaval Documentario sui cavalli della val Badia nell’incantevole cornice delle dolomiti ladine A cavallo
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Page 1: A ciaval

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del geografo Andrea Lanzi

A ćiaval

Documentario sui cavalli della val Badia nell’incantevole cornice delle dolomiti ladine

A cavallo

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del geografo Andrea Lanzi

Ricerca realizzata grazie all ’aiuto di molte famiglie della Val Badia

A ćiaval

Testi, foto e filmato in DVD

del geografo Andrea Lanzi

musica di Benedikt Valentin

A cavallo

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La bella chiesa di Pliscia dove ha inizio la nostra storia

2 km

NAl Plan de Mareo

La Pli

Burnec-Brunico

Fanes

Anpezo-Cortina d’Ampezzo

Fodom-Livinallongo

Gardëina

Longega

Antermëia

La Val

San Martin

Longiarü

Badia

La ila

San Ciascian

Pliscia

Pederü

Sennes

CalfoschCorvara

Gardenaccia

Putia

Val BadiaCarta topogra�ca

Val de Mareo

Val Gardena

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La bella chiesa di Pliscia dove ha inizio la nostra storiaLa bella chiesa di Pliscia dove ha inizio la nostra storia

2 km

NAl Plan de Mareo

La Pli

Burnec-Brunico

Fanes

Anpezo-Cortina d’Ampezzo

Fodom-Livinallongo

Gardëina

Longega

Antermëia

La Val

San Martin

Longiarü

Badia

La ila

San Ciascian

Pliscia

Pederü

Sennes

CalfoschCorvara

Gardenaccia

Putia

Val BadiaCarta topogra�ca

Val de Mareo

Val Gardena

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Conclusi i lavori mattutini della stalla,

ho sempre qualche decina di minuti

da dedicare a Tommy (1) il pony di

Pliscia (2), la piccola frazione di poche

stalle, case e famiglie che si trova nella

parte bassa della val Badia, a qualche

chilometro da Al Plan de Mareo, il

centro turistico di riferimento della

zona. Appena messa mano alla paglia

per rifare il giaciglio alle mucche,

Tommy comincia a nitrire (4) con tono

crescente perchè sa che è il momento

di uscire in passeggiata. Preso il

guinzaglio, fissatolo alla cavezza, libero

il Tommy che mi segue con la voglia

pazza di partire al galoppo per scaricare

l’adrenalina che ha in corpo. Tommy

infatti è uno stallone con gli attributi

e il carattere molto vivace. Ricevendo

qualche strattone e morso percorro la

salita che porta alla chiesa di Pliscia (3),

a detta del decano della vallata, il luogo

di culto più antico della Val Badia. A

pochi metri dalla piazzetta esterna

alla chiesa appoggio il guinzaglio sulla

sua schiena poderosa, mollo la presa e

lascio che Tommy corra all’impazzata.

Una potenza impressionante con tanto

di criniera e coda al vento e zolle di

terreno che volano come proiettili

tutt ’intorno. Corsa che dura pochi

secondi e si conclude tra il portone della

chiesa e l’antica casa del sacrestano dove

finalmente può assaporare erba fresca

(5) e grattarsi a piacere contro la legnaia

che cigola e sussulta ad ogni colpo.

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Quando alle sei del mattino, Berto il

campanaro di Pliscia, inizia a suonare

l’ave maria con la campana, ha inizio la

mia giornata. Conclusa la prima serie

di rintocchi, esco velocemente dal letto

e tempo altre due serie di scampanate

concludo la mia meditazione mattutina.

Quindi mi affaccio alla finestra che dà

a mezzogiorno e mi gusto il Sass del

Putia (1) e l’abitato di Rina. Raggiunto

poi il soggiorno che guarda a levante mi

rifaccio gli occhi con la Valle di Mareo

(2) e con tutti i rilievi montuosi che

fanno da corona all’abitato di Al Plan,

nel pianoro in fondo alla vallata. Nel

mezzo dei prati del versante solivo della

vallata, vicino al centro abitato di La

Pli (3) fa capolino la chiesa di Curt (4).

Oltre modo stimolato da tanta bellezza

del creato, faccio fagotto e parto alla

volta dell’Alta Badia con l’obiettivo di

realizzare uno studio sugli usi e costumi

dei cavalli e dei cavalieri della Val Badia.

Un viaggio attraverso i luoghi e le

stagioni che mi vedrà in primavera tra

gli allevamenti di cavalli norici che si

trovano a sinistra della vallata, risalendo

il corso del torrente Gadera, in estate

a San Ciascian per tutto il periodo

della fienagione ed in autunno in alta

Badia per studiare i cavalli avelinesi. La

ricerca si clonclude nel grazioso abitato

di Calfosch dove vive Reina, la giovane

avelinese campionessa di bellezza della

Provincia di Bolzano.

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FurciaPliscia

Brach

La Pli

Curt

Al Plan de Mareo

Longega

Rina

N

500 mBurnec-Brunico

Alta Badia Sennes-Fanes

Val de MareoCarta topogra�ca

Val de Mareo

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Lasciato l’abitato di Pliscia, percorrendo

la strada panoramica in direzione di La

Pli, si incontra la frazione di Brach,

nota per il bel castello (1), un tempo

residenza del gran Bracun, il mitico

cavaliere che in tempi passati dominava

l’intera vallata. Nel castello oggi vive la

famiglia di Jan (2), un giovane contadino

che vanta oltre ad una bella stalla di

vacche da latte, il più esteso campo di

cereali di tutta la Val Badia. La val de

Mareo, ovvero la valle dove ci troviamo,

gode di una quota (1200 m.s.l.m) e di

un’esposizione al sole favorevole alla

coltivazione dell’orzo, della segale ed

anche del frumento. Con i grani del

frumento Jan produce un’ottima farina

integrale con cui proprio in questi

giorni preparo il mio pane senza lievito.

Buonissimo. Da un mese al di fuori della

stalla è presente un fiocco rosa, perchè

è nata una bellissima puledra (3). La

mamma, di nome Noemi, è una cavalla

norica, di grossa stazza che Jan utilizza

con frequenza nei lavori del bosco.

Ad una coppia di ruote collegate alla

collana aggancia parecchi tronchi che

trascina lungo le strade forestali fino a

casa. Una cavalla tranquilla che risponde

bene ai comandi e resta perfettamente

immobile al momento del carico o di

qualsiasi altro preparativo al lavoro. In

fase di tiro è forte, dimostra grazia nei

movimenti e ha modi di fare gentili.

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Nata da solo un mese, Nadine (1)

cresce forte e sana grazie alle frequenti

poppate che alterna dai due capezzoli

di mamma Noemi (3), che approfitta

dell’abbondante pascolo primaverile per

alimentarsi e sostenere la produzione di

latte. Nadine invece corre attorno alla

mamma (2) e mostra grande interesse

per tutto ciò che la circonda. Quando

all’inseguimento di qualche farfalla od

incuriosita dal passaggio di qualche

pedone si allontana troppo, mamma

Noemi alza il capo da terra, scuote la

folta criniera che le scende sugli occhi

e nitrisce per richiamare la sua piccola,

che immediatamente la raggiunge al

galoppo. Con la situazione tornata

nuovamente sotto controllo Noemi

abbassa il capo e torna a brucare i fori del

tarassaco, al momento in piena fioritura

(3). Anche Nadine per imitazione ne

annusa e bruca qualche foglia. Nell’arco

di qualche mese infatti il latte materno

verrà meno e concluso lo svezzamento

anche Nadine si ciberà esclusivamente

di erbe. Nei prossimi giorni è previsto

il trasferimento di Noemi in un

allevamento dell’Alta Badia dove vive

un bello stallone di colore nero. A

breve infatti, dato che è già trascorso

un mese dal parto, Noemi (4) tornerà

nuovamente in calore e per quella

occasione è bene che lo stallone riesca a

fecondarla. Per i cavalli la stagione degli

amori è la primavera, e il tempo della

gravidanza è di undici mesi. All’esterno

della palizzata, Nala (5) controlla i

movimenti dei cavalli, abbaiando di

quando in quando in segno di festa.

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Raggiunto l’abitato di Al Plan, in

località Ciamaor, faccio visita ad Andrea

(1). Nella sua bella stalla di recente

costruzione, studiata appositamente

per le esigenze dei cavalli norici, sono

presenti alcuni recinti molto spaziosi.

Confortevole e bella alla vista, la

struttura ha un tetto in legno di pregevole

fattura e gode di ambienti molto

luminosi. Sebbene i cavalli trascorrano

la maggior parte del loro tempo nei

pascoli all’esterno, questa struttura

torna spesso utile in caso di maltempo, e

in funzione dei preparativi per qualche

lavoro o escursione (3). Al momento

nei Box sono presenti due stalloni di

nome Terry (diminutivo di terribile) e

Rebell (ribelle)(2). A differenza però di

quanto si possa immaginare dai nomi di

“battesimo” l’indole di questi cavalli è

molto tranquilla e socievole. Abituati

alla presenza delle persone, rimangono

perfettamenti immobili in attesa che

Andrea impartisca loro i comandi, a

seconda della situazione. Utilizzati in

inverno per trainare le slitte trasportano

ogni anno centinaia di turisti attraverso

le vie del paese e i magnifici boschi e

pianori innevati della valle di Mareo.

Nel resto dell’anno pascolano allo stato

brado: in primavera, nei boschi di pino

silvestre, in estate sull’altipiano di Fanes

ed in autunno nei pianori del fondo

valle.

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Causa il disgelo e le abbondanti piogge

primaverili, il sottobosco di questa pineta

è oltremodo umido. A terra, abbattuti

da mesi, aspettano di essere rimossi

alcuni tronchi di pino silvestre (1).

Lungo la strada di accesso alla proprietà

delle vistose impronte lasciate nel fango

fanno capire che alcuni trattori hanno

tentato l’avvicinamento ma per paura di

rimanere impantanati hanno fatto retro

marcia. Non rimane quindi che aspettare

il completo assorbimento dell’umidità

oppure restituire ai cavalli l’incombenza

che fino a cinquanta anni fa li vedeva

leader nei lavori forestali. Per lo più

d’inverno, quindi con il suolo ghiacciato

e i tronchi scortecciati, erano migliaia

i tronchi che decine di operai a cavallo

riuscivano a trascinare fuori dal bosco

(3). Tempi in cui il bosco rappresentava

una risorsa economica importante. Nel

caso odierno il trasporto dei tronchi

con i cavalli di Andrea si rivela indicato

per non sconquassare il sottobosco di

questa pineta e l’occasione giusta per

Rebell (2) e Terry (4) di fare un pò

di attività fisica. Sebbene non ancora

secco e tantomeno scortecciato, anche il

tronco più voluminoso e pesante viene

trascinato ed accatastato senza problemi

da questi cavalli nel pieno delle forze.

(5) Una trentina di tronchi e poche ore

di lavoro senza neanche provocare il

sudore a questi volenterosi aiutanti.

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Lasciata la Valle di Mareo, al crocevia

di Longega, comincio a risalire la Val

Badia lungo il fondovalle tortuoso che

costeggia il torrente Gadera. Raggiunto

il comune di San Martino, la vallata si

apre per un attimo, dando l’illusione

di essere già in Alta Badia ai piedi

dell’imponente sas dla Crusc. Così non

è, e la strada torna a richiudersi stretta

tra i ripidi rilievi boscosi e il torrente.

Ancora qualche chilometro e raggiungo

Pederoa, il crocevia che permette di

raggiungere con l’ultimo tratto di

strada in salita il comune di La Val (1).

Traducibile in lingua italiana come La

Valle (2), questo territorio è una vera e

propria valle trasversale alla Val Badia

e parallela alla valle di Marebbe. Con

andamento Nordest-sudovest possiede

una metà del territorio esposto a

settentrione dove sono concentrati i

boschi e un versante solivo dove sono

i prati e gli insediamenti abitati. Nel

fondo della vallata, nei pressi di Pederoa

il crocevia, sono invece concentrate le

attività artigianali. Da segnalare nella

frazione di Tolpei il campanile relitto

(3) dell’antico centro abitato di La Val e

discosta, solo qualche decina di metri, la

piccola chiesa dedicata a Santa Berbola

(4).

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N500 m

La ValCarta topogra�ca

San Martin

Pederoa

La Val

Biei

Santa Berbola

FanesAlta Badia

Val de Mareo-Burnec/Brunico

Longiarù

Lunz

Ciampei

Colz

Spescia

Aiarei

Tolpei

Armentara

Murin

Taela

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Giunto a La Val mi dirigo verso Taela

la frazione dove vive Paul. A poca

distanza dall’abitazione in cui abita

con la famiglia, lo vedo arrivare con il

trattore e gli blocco la strada con la mia

piccola utilitaria. Quindi salutandolo

gli chiedo di poter vedere le cavalle e

i puledri. Con un fuoristrada partiamo

alla volta di Murin dove troviamo i

cavalli all’interno di un recinto mobile.

Protetta da un secchio c’è la batteria che

trasmette le piccole scosse elettriche

ad intermittenza. Lo alza, spegne il

dispositivo ed entriamo tra i cavalli che

ci raggiungono al galoppo per festeggiare

il nostro arrivo. Salutate le cavalle si

mette ad armeggiare con i paletti e i fili

mettendo a loro disposizione una nuova

porzione di prato (1). In pochi minuti

il nuovo recinto è pronto e le cavalle e i

puledri hanno a disposizione nuova erba

e fiori da consumare per la merenda. Ad

ogni pasto, Paul raggiunge il pascolo

e ripete queste operazioni mettendo a

disposizione dei cavalli sempre limitate

estensioni di terreno (2). In questo modo

impedisce loro di sprecare l’erba, dato

che quando la calpestano, o la sporcano,

poi la rifiutano. Conclusi i lavori

rimaniamo a guardare i cavalli mentre si

alimentano e si asciugano al sole dopo

un’ intera mattinata di pioggia.

Quest ’anno Nora e Dora hanno

partorito due puledri. Un maschio

ed una femmina di nome Nadia (3),

risultata il giorno della marchiatura, la

più bella puledra norica della Val Badia.

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Il rintocco di campana proveniente dal

vicino campanile ricorda a Paul tutta una

serie di impegni presi per la giornata.

Dando una rapida occhiata all’orologio

mi informa che da un quarto d’ora

sono passate le dieci e che nel primo

pomeriggio è atteso con una cavalla e

il carro funebre a Pederoa, nel fondo

della vallata. Con passo deciso avvicina

le cavalle, le afferra per le cavezze e con

al seguito i puledri che seguono liberi

raggiunge la stalla grazie ad una serie

di passaggi attraverso i prati del paese.

Mentre Paul lega le cavalle con corde

agli anelli di ferro cementati nella parete,

chiedo se posso rendermi utile in qualche

modo. Massaggiando pensieroso la folta

barba per qualche secondo mi incarica

di lustrare i finimenti (1-2). Mi mette

quindi a disposizione delle spazzole, gli

stracci, il grasso per il cuoio e il lucido

per le parti cromate. Lui invece con la

spazzola e un nebulizzatore contenente

sapone liquido lucida il pelo di Nora

(3-4) che immobile si lascia fare.

Liberi di muoversi a piacere, senza per

altro mai allontanarsi troppo, i puledri

esplorano il territorio e di quando in

quando si avvicinano alle madri per

poppare o per reclamare la loro parte di

spazzola(5). Concluso il trattamento di

bellezza lasciamo al sole sia le cavalle

che i finimenti e chiamati da Angela

raggiungiamo la cucina dove ci aspetta

un ottimo pranzo a base di gnocchetti

agli spinaci.

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Concluso l’ottimo pranzo, con ancora in

bocca il gusto del caffè, raggiungiamo

il campo santo con l’automobile.

All’interno di una speciale rimessa

troviamo un piccolo carretto a due

assi di colore azzurro che serve per il

trasporto delle bare (3). Lo spingiamo

all’esterno, lo leghiamo al traino

dell’automezzo e lo portiamo a casa.

Mentre io lucido il carro che ha forme

semplici e robuste, Paul applica a Nora

la cavezza, la collana ed il sellino con

sottopancia, sottocoda e braga. Tenendo

Nora per la cavezza raggiunge il carro, la

posiziona tra le stanghe che alza e fissa

alla collana. Quindi collega le tirelle al

bilancino, srotola le redini, imparte un

colpetto secco che fa muovere Nora che

tira il carro con le tirelle ma gira per

mezzo delle stanghe. Salutato il piccolo

gruppo di amici e parenti accorso

per l’occasione, si allontana da casa

percorrendo velocemente le vie del paese

diretto all’abitazione del defunto (1-2).

Ben vestito, con la cavalla e i finimenti

luccicanti al sole, Paul contribuisce ogni

volta che gli è possibile a mantenere

viva una tradizione molto sentita in Val

Badia. Un servizio pubblico che assieme

a quello delle campane suonate a mano in

occasione del corteo funebre, valorizza

la persona mancata ed impone alla

processione un ritmo e una maestosità

speciale, quella del cavallo. Più volte poi

parlando di questo tema con gente del

posto ho percepito l’apprezzamento e il

desiderio, ognuno per se, di raggiungere

il campo santo proprio con questo

mezzo di trasporto.

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Lasciato l’abitato di La Val e la zona

produttiva di Pederoa, in direzione di

Badia, percorro l’ultimo tratto di strada

incassata tra il torrente e il bosco fino

alla galleria. Dopo i tornanti, la valle

si apre in tutta la sua bellezza con il

Gardenaccia ad occidente (1) e il Sas

dla Crusc ad oriente (2). Un panorama

incantevole dove le rocce dolomitiche di

colore chiaro spiccano per contrasto al

verde dei prati e dei boschi di conifere.

Il primo centro abitato che si incontra

lungo la via è Pedraces, sede del comune

di Badia. Appena discosto oltre il

torrente si trova (1) la chiesa di San

Linert che è sede del decanato della

Val Badia. Appena più in quota c’è il

santuario di Oies, la località natale di

Santo Ojep Freinademetz, sacerdote e

missionario che è riuscito ad amare la

Cina, vivendo come un cinese tra i cinesi.

Oltrepassato l’abitato di Pedraces balza

subito agli occhi l’estesa frana (3) che

nell’autunno del 2012 ha sconquassato

parte del territorio e ha obbligato

all’evacuazione decine di famiglie, senza

però causare vittime. Lasciata la frana e

gli escavatori al lavoro per rimodellare il

territorio colpito dallo smottamento, si

raggiunge La ila. A questo importante

bivio, svoltando a sinistra si ha la

possibilità di raggiungere San Ciascian

ed Anpezo. Proseguendo diritti, si

raggiungono invece Corvara e Colfosco

e tramite due valichi i territori di Fodom

e di Gardëina.

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Badia-La ilaCarta topogra�ca

N

500 mPedraces

BadiaOies

Frana con nicchia di distacco

La ila

San Ciascian

Costadedoi

Suracianins

Fanes

Corvara-Calfosch

Burnec-Brunico

Fistì

Colz

San Linert

Rüdiferia

Sas dla Crusch

Sompunt

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Giunto a San Linert in Badia mi dirigo

al maso Colz per fare visita a Martin

e alla sua famiglia. Senza preavviso

suono il campanello e all’uscio si

affaccia proprio lui con un sorriso

accomodante. Invitato ad entrare nel

soggiorno rimango a bocca aperta dato

che il legno riveste tutto l’ambiente

a cominciare dal pavimento fino ad

arrivare al soffitto. Bellissima è anche

la stube, classica struttura in muratura

a forma di parallelepipedo, sormontato

da un lettino pensile su cui sdraiarsi

nelle fredde giornate invernali. Un

ambiente prestigioso che fa immaginare

l’importanza avuta da questa residenza

sin dai tempi passati. Seduti al tavolo

dove fa bella mostra di sé un crocefisso

di scuola gardenese sistemo il computer

e guardiamo le fotografie realizzate

durante la mia esplorazione da Pliscia

a La Val. Conclusa l’esposizione del

materiale fotografico chiedo a Martin

di poter vedere le sue cavalle. Così

raggiungiamo la stalla e le facciamo

uscire nel cortile (1). Al seguito delle

madri ci sono anche i puledri (2) che

appena all’aperto partono al galoppo

rincorrendosi lungo tutta l’estensione

del recinto. Le madri invece dopo essersi

ruzzolate a terra per grattare la schiena

con ripetuti capovolgimenti, si rialzano

e scuotendosi fanno cadere a terra il

pelo che sono riuscite a rimuovere.

Rassettate a dovere cominciano a

brucare le erbe ancora bagnate da un

recente acquazzone. Martin posa in

compagnia di Kira (3), una puledra di

circa due anni.

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Lasciato il maso Colz, mi dirigo verso

la frazione di Fistì. Causa però la frana

scesa nell’autunno del 2012, che ha

sconquassato la strada panoramica che

collega Badia a San Ciascian, devo

tornare sui miei passi fino a Pedraces

e raggiungere La ila. Al bivio, per

San Ciascian, dopo il ponte, imbocco

la strada che la protezione civile ha

predisposto per raggiungere Fistì. Una

direttissima che per qualche minuto mi

fa sognare di essere pilota alla Parigi-

Dakar, il giorno dopo un bel acquazzone.

Raggiunta la frazione incontro Erich

e subito gli chiedo di Noemi, la bella

cavalla di Brach che è da poco arrivata

da lui. Assieme andiamo a vederla, e alla

mia domanda se ha raggiunto la fase

riproduttiva, dice di no. La portiamo

comunque nel piazzale e liberiamo anche

Taunus (1-3), lo stallone che Erich ha

acquistato in Austria, per offrire un

servizio di fecondazione a tutti quelli

che possiedono delle cavalle.

Taunus viene avvicinato a Noemi

(2) perchè verifichi se è arrivato il

momento dell’accopiamento. In pochi

secondi, grazie all’olfatto, lo stallone

percepisce che la cavalla non è ancora

ricettiva e giradosi torna per suo conto

all’interno della stalla. Ripensando a

quanto successo provo a cercare dei

riscontri di quanto appena accaduto

nel comportamento di Noemi e noto le

orecchie tese all’indietro come a difesa,

e sotto la coda tenuta bassa e stretta alle

cosce l’assenza delle classiche secrezioni

filamentose tipiche del momento

dell’accoppiamento.

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Primo piano dello stallone Taunus Vulcan XVII

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Nella stalla dove lasciamo Noemi,

rivedo anche la puledra Nadine che

ha accompagnato la mamma in questa

trasferta in Alta Badia. Ritrovatesi si

avvicinano subito l’una all’altra e la

piccola si mette a poppare un pò di

latte mentre muove il codino in segno

di festa. Nella stessa stalla, incontro

anche le due cavalle nere che Erich ha

utilizzato durante la stagione invernale

per trasportare i turisti da La ila a

Corvara, lungo il corso del torrente.

Servizio effettuato con una carrozza

nera con bordature rosse che dispone di

sci per slittare sulla neve e di quattro

ruote abbassabili per muoversi in strada.

Adesso che la neve è ormai un ricordo, mi

fa piacere ritrovarle madri con a fianco

i rispettivi puledri. Erich le prende

per la cavezza le fa uscire dalla stalla

incaricandomi di portarne una. Quindi

ci incamminiamo verso il pascolo con

sullo sfondo il Gardenaccia (1) e il centro

abitato di La ila e il Sass Songher (2). I

puledri seguono scalpitando per la gioia.

Raggiunto il recinto lasciamo libere

di pascolare le madri mentre i puledri

si lanciano al galoppo inseguendosi a

vicenda e fermandosi ogni tanto per

brucare insieme erba fresca (3). Vedere

i puledri così allegri e vivaci mi fa

ricordare le parole di Erich quando mi

diceva che a lui piace tenere lo stallone

per allevare i puledri che aiuta a fare

nascere sacrificando anche il sonno in

caso di complicazioni durante il parto.

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Avvertito da Erich che l’indomani è

atteso a Larzonei per lavorare alcuni

terreni con l’aratro, lo saluto e mi

ripresento il giorno successivo prima del

sorgere del sole. Caricata sul camion Esta

partiamo alla volta di Fodom. Lasciata

la frazione di Fistì, attraversiamo San

Ciascian e risaliamo i tornanti che

portano al Passo Valparola e Falzarego.

Al bivio scendiamo a Fodom passando a

poca distanza dal castello di Andraz. Al

bivio di Cernadoi svoltiamo in direzione

di Colle Santa Lucia e dopo qualche

chilometro seguiamo le indicazioni per

Larzonei (1), una piccola frazione di

poche case e famiglie a circa 1700 metri

di quota. Ogni anno in questo periodo

un gruppetto di amici attende l’arrivo di

Erich, desiderosi di coltivare il terreno

come da tradizione (2-3). Tenendo

Esta per la cavezza, Erich raggiunge

l’estremità inferiore del campo. Io

invece vengo incaricato di prendere

l’aratro che si trova nei pressi della

legnaia. Un’aratro antico perfettamente

conservato, come posso giudicare

dal grasso che unge gli ingranaggi e

dalla pittura con cui è stato verniciata

l’impugnatura. Spingendolo con agio

come fosse una carriola, mi avvicino ad

Erich e alla cavalla. Collegato quindi

l’aratro al bilancino e il bilancino alle

tirelle provenienti dalla collana, con

ripetuti viaggi avanti ed indietro, viene

percorsa tutta la superficie del terreno

in modo da rovesciare tutte le zolle del

terreno.

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Page 36: A ciaval

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Terminata l’aratura del primo campo

carichiamo la cavalla Esta (3) e

l’aratro sul camion e raggiungiamo

un’altra proprietà nella zona più alta

della frazione. In questo campo (1-

2) è abitudine del contadino seminare

oltre alle patate anche l’orzo che serve

per creare la rotazione delle colture.

Raggiunta l’estremità inferiore del

campo agganciamo l’aratro alle tirelle e

cominciamo ad arare il terreno. Durante

l’aratura non è richiesta molta forza

ma una certa precisione e destrezza al

fine di incidere un solco il più possibile

orizzontale al versante ed omogeneo in

fatto di quantità di terra rivoltata. Più

faticoso è invece il cambio di direzione

(4) perchè quando si arriva alla fine del

campo bisogna alzare di peso l’aratro

e seguire il movimento del cavallo

mettendo in posizione il bilancino per il

ritorno, ribaltare il vomere (2) ed evitare

che le tirelle finiscano tra le gambe del

cavallo. Al di là della migliore tecnica

per affrontare questi lavori con il minore

sforzo è stato utile poter assistere alle

tecniche antiche di lavorazione dei

terreni scoscesi perchè mi sono accorto

che l’aratura con il cavallo è pratica e

sbrigativa. Appena terminato il lavoro

e sistemati gli attrezzi è sceso un

bell’acquazzone che ci siamo goduti dall’

interno di casa gustando dell’ottimo

salame di cervo per antipasto, seguito

da un’ottima pasta al ragù, bistecche ed

insalata novella.

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Tutte le volte che raggiungo San Ciascian

(1) è per me motivo di gioia perchè i

molti mesi trascorsi in paese come

allevatore prima ed aiuto casaro dopo,

mi hanno permesso di conoscere gente

e luoghi che ormai mi sono cari. Ottima

è stata anche l’accoglienza ricevuta

dalla comunità che gravita attorno

alle iniziative organizzate dalla chiesa,

soprattutto in occasione delle principali

feste religiose. Molto stimolanti sono

state anche tutte le omelie che ho

ascoltato del parroco Einrich e che mi

rammarico di non poter più seguire

da quando ho lasciato il paese. San

Ciascian, il patrono dei maestri e degli

scrittori, accusato da Diocleziano

di aver tentato di infondere la fede

cristiana ai propri allievi, è raffigurato

all’interno della chiesa (2-3) proprio

mentre viene martirizzato, per mano dei

suoi scolari con gli stiletti che usavano

per scrivere sulle tavolette. Molto bella

è anche una statua della madonna con

i capelli rossi e il nasino all’insù che

viene mostrata solo in occasione di

alcune processioni. Interessante è anche

la lettera incorniciata di Santo Ojep

Freinademetz scritta dal nord Europa

durante una delle sue prime esperienze

da emigrante. Caratteristico infine di

questo edificio sono le panche molto

ravvicinate tra loro che costringono

i partecipanti alle funzioni a stare

contemporaneamente seduti ed in

ginocchio. I forestieri di passaggio che

ignorano questo particolare, assumendo

altre posizioni, rischiano di stare ancora

più scomodi.

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San CiascianCarta topogra�ca

N

500 m

Fistì

Burnec-Brunico

Corvara-Calfosch

La ila

San Ciascian

Dlira

Suracianins

Rüdiferia

Armentarola-Passo Falzarego

Costadedoi

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La grande scoperta che ho fatto a San

Ciascian presso la casa di Berto e della

sua famiglia, durante il tempo della

fienagione, è che fare fieno a ritmo di

cavallo è facile e divertente. Sveglia alle

sei, breve meditazione, toeletta e subito

in stalla per foraggiare Pina con una

bracciata di fieno d’alta quota. Quindi

pulizia del letame, striglia e spazzola,

paglia sul fondo ed un abbraccio finale

attorno al collo di Pina per ascoltare

i rumori della masticazione e cercare

di fissare nelle narici l’odore acre del

pelame. Cambiato d’abito, e ben lavato,

faccio colazione a base di latte, pane

di segale e tante altre bontà che di più

non si può neanche immaginare. Quindi

dopo le previsioni del meteo che Berto

guarda sempre con interesse si decide

sul da farsi nella giornata. Mentre

Berto si avvia in stalla per slegare

Pina e portarla all’abbeverata (3), lavo

i denti, preparo lo zaino, calzo gli

scarponi e raggiungo Berto che ha già

sistemato la collana al collo di Pina (1),

ha posizionato il sottocoda (2) e piano

piano si dirige verso il fienile (4-5).

Spalancato il portone, prendo la forca e

spingo attraverso la botola il fieno che

servirà da cena a Pina. Quindi mi fermo

per godere la scena. Vedo Berto entrare

nel fienile tenendo Pina per la cavezza.

Raggiunto il carro sistema la cavalla

tra le stanghe, le solleva da terra e le

aggancia agli anelli della collana. Quindi

collega le tirelle al bilancino e srotola le

lunghe redini in cuoio che aveva avvolto

la sera con altrettanta maestria ed esce

in retro marcia.

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Uscito dal fienile, Berto (3) colloca il

pacco dei lenzuoli sul carro all’altezza

della ruota, tende una corda attorno

al carro, per impedire di farli scivolare

durante il viaggio e si siede sui lenzuoli

stessi. Quindi, manovrando le briglie,

invita Pina a partire gridando “iiiiii”.

Fermandosi ogni tanto durante il

viaggio, per fare tirare il fiato alla

cavalla, si supera un dislivello di più

di cento metri e giunti ad un prato al

limite del bosco, gridando “eeeeee”,

invita Pina a fermarsi. In questo prato,

a più di 1700 metri di quota, nei giorni

addietro abbiamo falciato sia con la falce

a mano sia con la falciatrice. Ora che

il fieno è completamente essicato non

rimane altro da fare che trasportarlo

all’interno del fienile. Addette a

rastrellare e a riempire i lenzuoli di

fieno, sono le figlie di Berto, che con

semplici gesti portano avanti il grosso

del lavoro. Io e Berto invece, afferriamo

ogni lenzuolo gonfio di fieno lo alziamo

da terra e lo carichiamo sul carro con

un lancio sincronizzato. Completato il

carico lascio a Berto la responsabilità

di legarlo con le corde (1-2). Quindi

scendiamo lentamente le ripide vie che

ci separano dal fienile (4), azionando

il freno a manovella che si trova nel

lato sinistro del carro. Conclusa la

discesa, tolto il blocco che ostacolava

il movimento alle ruote, entriamo con

tutto il carro all’interno del fienile (5).

Slegato il carico ed avvolte le corde,

sollevo i lenzuoli dal carro, li slaccio e

li scarico.

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La cosa che più mi ha colpito quando

sono entrato nel fienile di Berto, per la

prima volta, è stato il pavimento. Decine

di tavole di larice poggiate sulla struttura

in tronchi squadrati del fienile, che

partendo dal ponte di accesso fino alla

zona più interna, portano scalfite sulla

superfice migliaia di piccole incisioni

simili a quelle lasciate dal punteruolo.

Queste incisioni sono prodotte dai

continui passaggi del cavallo che agli

zoccoli porta quattro ferri, a cui il

maniscalco ha applicato dei ramponi

di acciaio. Ferri (1) che, dopo circa tre

mesi, tendono a staccarsi dalle unghie

con il rischio di essere persi durante

il cammino. E’ successo così che un

pomeriggio mentre eravamo a rastrellare

ho sentito un grido di gioia. Natalie, la

nipotina di Berto, esultante mostrava il

ferro che Pina aveva perso tempo prima

senza che venisse più ritrovato. Per un

cavallo da tiro che si muove sulle strade

sterrate è importante che i ferri siano

ben saldi agli zoccoli. Così ogni giorno

prima di partire, Berto controlla le

zampe di Pina, le corde, i finimenti (2-

4) e i lenzuoli (3). Concluso lo sfalcio

dei prati attorno a casa e caricati gli

attrezzi da lavoro (5), raggiungiamo un

prato sito in Armentarola. Nel mezzo

della proprietà c’è un fienile con annesso

ripostiglio dove scarichiamo gli attrezzi.

Per pranzo ci sediamo al tavolo e dai

frigoriferi portatili a nostra disposizione

estraiamo cibi e bevande che potrebbero

sfamare un’ intera compagnia di artiglieri

di montagna.

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Ben rifocillati, ci alziamo da tavola e con

i lenzuoli e i rastrelli ci incamminiamo

verso il fieno che ben essicato aspetta di

essere raccolto ed ammassato nei piccoli

fienili che si trovano nella proprietà.

Con il prezioso aiuto delle figlie di

Berto, cominciamo a rastrellare il fieno.

Alla base di ogni mucchio sistemiamo

i lenzuoli che hanno cucito ai quattro

angoli due cordini e due picchetti

che ancoriamo al terreno. Quindi si

spinge il fieno nel mezzo del tessuto,

si inseriscono i cordini negli occhielli

dove sono i picchetti, si tira e si legano

il lenzuoli. Sistemati i lenzuoli sul carro

osservo Berto fissare il carico. Stende la

prima corda sotto il carro, nel verso più

lungo, ne pesta col piede un’estremità e

con un lancio fa passare l’altra estremità

sopra i lenzuoli. Quindi la inserisce in

un dispositivo di legno (1-2-3-4) che

permette di tendere la corda e di legarla

senza farla retrocedere. Con una seconda

corda, ripetendo la stessa procedura,

fissa il carico anche lateralmente.

Srotolate le redini fa partire il cavallo

e scendendo per il prato raggiunge un

piccolo fienile di legno dove scarica i

lenzuoli appoggiandoli sulle spalle (5).

All’interno del fienile, camminando in

lungo e in largo sul fieno, sono io che

svuoto i lenzuoli e comprimo il fieno

con il mio calpestio, facendo attenzione

quando il fienile è colmo di non

collezionare qualche bernoccolo contro

le travi del tetto.

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Nelle giornate piovose non si può tagliare

l’erba perchè l’acqua la rovinerebbe.

Berto però non si ferma, torna ai fienili

più isolati per svuotarne il contenuto

(1-2-3) e trasportarlo con ripetuti

viaggi fino al fienile di casa dove ha la

stalla. Calato di volume e di peso grazie

alla completa disitratazione delle erbe,

Berto riesce a caricare nei lenzuoli una

elevata quantità di fieno, con il risultato

che ogni lenzuolo può venire a pesare

parecchie decine di chili. Quando tutti

i lenzuoli sono pronti e non c’è rischio

di essere colti dalla pioggia durante il

ritorno a casa, allora Berto prepara Pina

per il trasporto applicandole al collo la

collana e i restanti finimenti (4). Dopo

avere agganciato le stanghe del carro agli

anelli della collana ed aver teso a dovere

le tirelle, sistema il primo lenzuolo

vicino alla cavalla e il secondo sul fondo

del carro. Il terzo invece guadagna il suo

spazio tra i primi due con un lancio ben

assestato. Quindi sistema il quarto e il

quinto e tra questi ultimi il sesto. Dato

che i lenzuoli colmi di fieno sono molto

pesanti e voluminosi lascio immaginare

che abilità e forza siano richieste per

questo genere di lavoro (5). Il carico

deve infatti essere ben distribuito sul

carro in modo che il grosso del peso

vada a gravare sulle ruote anzichè sulle

stanghe o addirittura sul retro. Montati

anche noi sul carico partiamo alla volta

di casa godendo del passo costante di

Pina e di un tramonto che con le sue

luci illumina di colori stupendi le belle

montagne che ci circondano.

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L’estate trascorsa a San Ciascian in

casa di Berto mi ha insegnato a vivere

la fienagione ed in generale la vita

con un’altra velocità. Per anni infatti

ho dovuto rincorrere i trattori e

movimentare in brevi periodi di tempo

grandi quantità di foraggio. Lavoro

frenetico, fisicamente impegnativo, che

non mi ha mai dato tempo e modo di

coltivare i rapporti umani. In compagnia

di Berto, della sua famiglia e della

cavalla Pina (3) ho invece trascorso delle

splendide giornate di lavoro che oltre al

fieno mi hanno permesso di viaggiare

con la fantasia, grazie ai racconti multi

lingua di Berto, che come me, per molti

anni durante la sua gioventù è stato

emigrante ed ha lavorato in molte

aziende agricole del centro Europa. La

permanenza in casa di Berto per tutto il

periodo della fienagione mi ha inoltre

permesso di godere della bellezza delle

Dolomiti (1-2) che spesso sul fare della

sera si illuminano di luci spettacolari.

Oltre ai trasporti con il cavallo, molto

bello è stato anche poter tagliare con

la falce a mano un prato molto ripido

che da dieci anni non veniva curato,

contribuendo in prima persona alla

cura del paesaggio. Per trasportare il

fieno, dal prato alla strada più vicina,

ho pensato bene di farmi portare da

casa una portantina (4) che utilizzavo

in Slovacchia quando lavoravo sugli

alti monti Tatra. Così attrezzato, ho

trasportato 36 lenzuoli senza particolare

fatica (5).

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Conclusa la fienagione, per qualche

settimana mi sono trasferito al maso

Rudiferia, dove abita Carlo e la

sua famiglia. La quota superiore ai

1700 metri e le prime gelate arrivate

contemporaneamente ai fenomeni di

alta pressione, con giornate limpide

e notti stellate, ha richiamato i colori

dell’autunno: il marrone dei coni di

abete (1), il rosso dei ciliegi (4) e

l’ingiallire di alberi e prati sotto il

castello Cloz a La ila (5). Occupazione

tipica dei contadini in questo periodo

è la concimazione dei prati. Una vera

è propria corsa contro il tempo per

riuscire a svuotare le letamaie e le vasche

dei liquami prima dell’arrivo della

neve. Grazie ad alcuni giorni di tempo

favorevole, abbiamo proceduto prima di

tutto a distribuire il letame solido con il

transporter (3), quindi con una pompa

che funziona contemporaneamente

anche da miscelatore abbiamo aspirato

il liquido dalle vasche e lo abbiamo

cosparso sul terreno grazie ad una serie

di tubi. All’estremità di questa lunga

condotta forzata è presente una lancia

simile a quella dei pompieri, in grado

di spruzzare a vari metri di distanza

il liquido (4). Uniche avvertenze da

tenere a mente quando si lavora con

il liquame sono: non spruzzare contro

vento e tenere sempre la bocca e gli

occhi socchiusi, caso mai un grumo di

paglia dovesse bloccare il getto e creare

una fuoriuscita improvvisa di liquido in

tutte le direzioni.

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Domenica 3 novembre 2013, a Badia,

ho avuto il piacere di ammirare la bella

sfilata di carri trainati da cavalli che

viene organizzata ogni anno in questo

periodo. Nonostante le previsioni del

tempo ascoltate alla radio non fossero

incoraggianti, alle 10 del mattino ero

già sul ponte di Pedraces che aspettavo.

A distanza di poche decine di minuti

hanno cominciato a sfilare bellissime

carrozze trainate da cavalli con in testa la

statua di San Linert (1) che, ogni anno in

questa occasione, viene tolta dall’edicola

che si trova vicino alla canonica per

essere portata in processione per le vie

del paese. Numerosi corpi bandistici

della vallata, marciando al seguito delle

carrozze, hanno allietato la festa con le

musiche del repertorio tradizionale e

le foggie e i colori delle proprie divise.

Tra i tanti cavalli sfilati, a parte qualche

eccezione, i più erano di razza norica ed

haflingher. Nella prima parte di questa

ricerca fotografica ho dato visibilità

quasi unicamente alla razza norica, ora

darò maggiore attenzione alla razza

haflingher (2), caratterizzata da una

corporatura più snella, da un manto

marrone chiaro e da coda e criniera

bionda. Questa razza è conosciuta nel

resto d’Italia con il nome di avelinese,

perchè la località di origine è Hafling,

nota da qualche decennio anche con

il toponimo Avelengo, nei pressi di

Merano.

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Erich trasporta sul carro il simbolo del comune di Badia

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Con il suono delle trombe (1) ha avuto

inizio la bella sfilata (2) che da Pedraces

si è snodata lungo le vie del paese fino

alla chiesa di San Linert, dove con

un cambio di direzione, le carrozze

sono ritornate sui propri passi fino a

raggiungere il palco delle manifestazioni.

Oltre ai gruppi bandistici e folcloristici

(3) accorsi da tutta la vallata, a dorso

di cavallo sono stati accompagnati alla

sfilata anche le maggiori autorità. Prima

fra tutte il decano della Val Badia (5).

Quindi il sindaco a dorso di una bella

cavalla norica tenuta alla cavezza da

Daniel (6). Sulla carrozza di Paul (4) ha

trovato posto una piccola delegazione

di donne provenienti da Anpezo, tra

cui Elsa Zardini, il presidente dei ladini

delle dolomiti, che scesa dalla carrozza

mi ha confidato di essersi divertita

moltissimo in compagnia del simpatico

cavalliere.

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Il giorno precedente la sfilata di San

Linert (1), la Provvidenza mi ha fatto

incontrare Klaus che al maso Sompunt

alleva vacche di qualità grigia alpina ed

un nutrito gruppo di cavalle haflingher.

Appena arrivato in azienda ho assistito

alla decorazione della carrozza di colore

nero con bordature rosse. Si tratta di un

doppio assi di recente costruzione, con

timone centrale, peso e misure contenute

e dotato di un moderno sistema di

gomme e frenatura idraulica simile a

quello delle automobili. Ai lati della

carrozza in compagnia della moglie,

utilizzando dei cordini di colore nero,

sono state ben fissate delle ghirlande

composte da una base di rami d’abete

ed alcuni fiori rossi (3-4). Terminati gli

addobbi della carrozza e vestita la tuta

e gli stivali, Klaus ha accompagnato

all’esterno della stalla Elisabetta che

ha lavato grazie ad un potente getto

d’acqua vaporizzata che ha eliminato la

forfora dal pelame. Quindi con la striglia

e la spazzola ha accomodato la coda e

la criniera e le ha messo in groppa la

coperta termica per asciugarla. In ultimo

ha anche medicato una escoriazione

della zampa (2), applicando prima un pò

di tintura di iodio ed infine una benda.

Entrambe queste operazioni vengono

compiute tra le gambe della cavalla,

che, completamente a suo agio tra le

mani di Klaus, non si è mai mossa dalla

posizione di riposo.

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A La ila, il giorno precedente la sfilata

di San Linert, ho avuto la grande

occasione di fare visita a Reinhold che,

in compagnia della figlia Elisabeth,

ho trovato nel pieno dei preparativi

per la sfilata. Come in una catena di

montaggio mentre lui lavava il pelame

la figlia asciugava e districava i nodi

delle bionde criniere dei loro cavalli

haflingher (1-2). Una fattrice di nome

Carola, una puledra di circa due anni

ed un puledro (3) nato in primavera

che, assicura Reinhold, avrebbe tutte le

carte in regola per diventare un ottimo

stallone, se solo trovasse la persona

giusta, desiderosa di allevarlo. Un

particolare molto interessante che mi è

capitato di notare in questa azienda è che

Reinhold quando prepara il fieno sotto il

porticato del fienile, con un’innaffiatoio

lo spruzza sempre con dell’acqua, prima

di farlo scendere attraverso la botola,

all’interno della stalla. In questo modo

lo ravviva e crea meno polvere.

Un’ accortezza che la dice lunga sulla

grande esperienza che Reinhold ha

accumulato nell’allevamento di cavalli e

nella conduzione delle slitte, dato che

sin da ragazzo, prima della costruzione

degli impianti di risalita, ha avuto spesso

l’occasione di accompagnare i turisti

fino in alta quota per permettere loro

una bella sciata fino al fondo della valle.

Durante la sfilata Reinhold siede sulla

bella carrozza dell’amico Florian (4).

Conclusa la manifestazione posa in

compagnia di suo fratello Erich (5).

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Conclusa la toelettatura di Carola e

dei suoi puledri partiamo alla volta

della stalla di Erich, il fratello di

Reinhold, dove ci attende una bella

cavalla haflingher da pettinare. Lavata

in mattinata, quando la raggiungiamo è

già asciutta e pronta per l’acconciatura

che Elisabeth ha in mente di realizzare.

Dalla voluminosa cassetta degli attrezzi

che porta al seguito, estrae striglie,

pettini, forbici ed una piccola busta

contenente centinaia di piccoli elastici

di colore bianco. Districati i nodi e

suddivise le ciocche della criniera

comincia un’impegnativa decorazione a

forma di scacchiera (2-3) che come si

può notare ha come legante principale

proprio i piccoli elastici che devono

essere avvolti su loro stessi. Quindi

passa alla decorazione della coda

incrociando le ciocche che ha diviso

con il pettine e blocca con un elastico.

Anche se un elastico dovesse rompersi

Elisabeth sostiene che non sarebbe

compromessa la solidità della sua opera.

Il giorno della sfilata infine colloca

proprio alla base della treccia una bella

composizione floreale (3) realizzata con

rami di abete bianco ed altre essenze

stagionali. In sfilata Elisabeth monta

Carola (1) precedendo di pochi metri il

padre seduto sopra una carrozza trainata

da due imponenti cavalle noriche.

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Lasciato l’abitato di La ila, proseguo

in direzione di Corvara (2) che si trova

nella zona più interna della vallata. La

densa foschia che sin dalle prime ore

del giorno avvolge il Sassongher (3)

sta velocemente diradandosi facendomi

intuire che nel giro di poche ore il

cielo diventerà terso. Quando ecco in

lontananza scorgo a bordo della strada

una figura inconfondibile con in mano

una paletta bianca e rossa. Le distanze

si accorciano rapidamente e ancora

prima che venga alzata metto la freccia

per fermarmi. Fortunatamente tutto è in

regola e la persona con cui ho a che fare

assume comportamenti accomodanti.

Dopo i saluti riparto e finalmente riesco

ad arrivare a Corvara. Come è mio solito

raggiungo la chiesa nuova e vado a fare

visita al Santissimo. Dopo non molti

minuti ritorno all’ automobile e provo a

telefonare a Thomas. Lui risponde e mi

avvisa che se voglio lo posso raggiungere

al fienile. Riconoscente al Signore che

ha favorito l’incontro parto e in pochi

minuti sono a Calfosch (1). Thomas è

proprio in fienile e dopo poco tempo

ha già concluso i suoi lavori. Con il

computer lo introduco al progetto che sto

realizzando ed è in fase di ultimazione.

Facendo mente locale a tutta la serie

di impegni e lavori in arretrato che ha

da terminare, mi propone se voglio fare

subito le fotografie di cui ho bisogno.

Lanciando un rapido sguardo al profilo

delle montegne noto che la foschia è

svanita e ringraziando estraggo dalla

tasca la piccola macchina fotografica

per realizzare il servizio.

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3

Calfosch

Corvara

La ila

Passo Gardena

Fodom/ Livinallongo

1 km

Corvara- CalfoschCarta topogra�ca

N

Piza da Pisciadù

Sassongher

Sas Ciampac

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Raggiunti dalla figlia (1) facciamo

uscire dalla stalla due cavalle a cui

applichiamo la sella inglese. Quindi ci

dirigiamo verso il vecchio fienile (2) dove

sostiamo per alcuni scatti e ritorniamo

alla stalla (3) che meglio di altri posti

domina il paese di Calfosch e le belle

montagne sullo sfondo che solo di

primo mattino sono in parte rischiarate

dai raggi solari. Ecco il motivo del

toponimo che ricorda letteralmente

colle fosco. Riaccompagnate le cavalle

in stalla liberiamo le puledre (4) che

inseguendosi corrono per il cortile

dell’azienda fino a che, scorti gli ultimi

ciuffi d’erba disponibili, si mettono a

brucare (5). Tra queste belle puledre la

più grande, di circa due anni, è Reina la

campionessa di bellezza della Provincia

di Bolzano.

Al termine di questa ricerca ringrazio:

-tutte le famiglie che mi hanno aiutato

a realizzare questa ricerca, lasciandomi

fotografare i loro cavalli; - l’associazione

Freiwillige Arbeitseinsätze che ha

garantito la copertura assicurativa al

mio lavoro volontario presso le aziende;

- i volontari dell’Uniun Ladins Val

Badia che incentivano la ricerca sugli

usi e costumi ladini in val Badia; - i miei

genitori e i parenti che mi accolgono

sempre volentieri quando ritorno a

casa dai miei viaggi di ricerca; - Mario

Baruffi che ha curato il testo in lingua

italiana; - Madem.it per l’impaginazione

grafica ; - zio Enzo per i programmi del

computer; - Willy per la videocamera; -

Benny per le musiche.

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Thomas posa in compagnia di Reina la campionessa di bellezza della Provincia di Bolzano.

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ćiavaliers tla Val Badia

DVD documentar

dl geograf Andrea Lanzi

Musiga de Benedikt Valentin

Thomas posa in compagnia di Reina la campionessa di bellezza della Provincia di Bolzano.

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Ricerca realizzata grazie all ’aiuto di molte famiglie della Val Badia

Geograf Andrea Lanzi | Via Paolo VI, n° 18 | 25033 Cologne (BS) | Tel. 030 715577

Dalla prima pagina del libro:

“Conclusi i lavori mattutini della stalla, ho

sempre qualche decina di minuti da dedicare

a Tommy il pony di Pliscia, la piccola

frazione di poche stalle, case e famiglie che

si trova nella parte bassa della val Badia, a

qualche chilometro da San Viglilio, il centro

turistico di riferimento della zona. Appena

messa mano alla paglia per rifare il giaciglio

alle mucche, Tommy comincia a nitrire con

tono crescente perchè sa che è il momento di

uscire in passeggiata. ... “


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