La terra tremaanno 2014 panico,
voLuttà,pasti cosmici
a dieci anni daLLa morte di Gino veroneLLi ch’accadde iL 29 novembre 2004.
stassentire.
iL cibodeGLi artisti
fare a pezziun discorso
10 anni.Incontrare Veronelli Gino, uah, leggerlo, ascoltar-lo, studiarlo, valutarne le opinioni, le scelte, riguardare alla sua storia, ai suoi viaggi è stato per noi stendersi sotto il globo celeste di un planetario e cominciare a osservarle le rappresentazioni del cie-lo e scoprire d’un colpo una parte di universo grande. Fame di conoscenza che chiamava altra fame ci animava, ingorda e spudorata. Fame di cono-scenza ci anima ancora.Gli anni sono volati. 10 sono moltissimi. Nel bene e nel male siamo andati avanti, sulle nostre gambe ab-biamo percorso le strade e il tempo e Gino l’abbiamo incontrato ancora numerose volte, nelle contraddizioni, nel piatto, nella bottiglia, a Santo Stefano, nella paccia-da, nei sorsi d’olio. Con lui altri, certo. Ora ripensando alla nuova edizione ritorniamo a quel giorno distesi sul pavimento a pensare di stelle. All’inizio.
Se a Gualtieri chiedete a qualcuno di Antonio Liga-bue la frase che sentirete pronunciare più spesso su di lui è che “cambiava un quadro per un piatto di mine-stra”.Frase spesso pronunciata dalle persone più anziane con un misto di nostalgia e di rammarico per il quadro per-so.Un “arte” del baratto che sarà una costante in tutta la sua vita, anche quando avrà successo e disponibilità economiche. Ligabue non solo barattava emozioni,ma sostituiva alla moneta il suo “equivalente generale”: il quadro.Bello immaginare una società che usa l’arte per gli scambi.Ma cosa mangiava Ligabue?“Quando lo andavamo a trovare all’Ospedale gli porta-vamo sempre dei dolci, di cui sapevamo che ne era golo-so”, ci riferiscono i figli di Vandino Daolio.A Cesarina, l’amore della sua vita, non faceva mai man-care le paste che poi mangiavano assieme. Quando pranzava all’Osteria non si perdeva di certo i cappelletti e le tagliatelle che preparava la madre di Cesarina. Ac-compagnate sempre da una buona bottiglia di lambru-sco, certamente a fermentazione naturale, di cui am-mirava estasiato la schiuma che faceva nel versarlo nel bicchiere.Sul letto di Ospedale quando Cesare Zavattini gli chiese cosa desiderava,rispose “un piat ad pastasòta”.Carne poca, quasi mai.Ciò che colpisce è però la sua predilezione per le uova all’occhio di bue, al burro, che mi riportano al grande enogastronomo Luigi Veronelli, che ordina al grande cuoco Luigi Carnacina il suo piatto migliore: e questi gli porta due uova altegamino.“Quando aprirai il ristorante “- mi disse Veronelli- “non mettere forti ricarichi sulle bottiglie,ma se cucinerai un uovo appena uscito dal culo di una gallina, sappi che quello non ha prezzo”.E così feci.
A Gino Veronelli non sarebbe piaciuto essere commemorato. Lo diceva spesso che avrebbe voluto che fossero le sue idee, non la sua persona, a rimanere attive nel ricordo, e soprattutto nelle pratiche quoti-diane. Lo diceva riferendosi a Benedetto Croce, che altrettanto spesso citava, a sproposito, forzandolo a sé, come maestro del pensiero anarchico.Nemmeno a chi pensò, collettivizzò e diede vita al mo-vimento t/Terra e libertà/critical wine, a cui Veronelli prese parte attiva e propositiva negli ultimi anni della sua vita, sarebbe piaciuto e piacerebbe entrare nel di-spositivo reazionario del ricordo.Le parole d’ordine di quel movimento nuovo e dirom-pente nel mondo del vino, se mai ce ne sono state, era-no provocazione e sobillazione.L’interesse per il cibo, il vino e tutta la cultura mate-riale, che generò tale movimento, era semplicemente una scusa.Alle compagne ed ai compagni che cominciarono a di-scuterne insieme non interessava immergersi in una folta schiera, oggi ancora più affollata e miseranda, di parlatori e ciarlatani che andavano (e vanno) cian-ciando sul buon salame della tradizione antica, sulla cipolla garantita da avamposti di tutela, su formaggi sopraffini affinati in grotte neolitiche e venduti a 80 euro il chilo. O che gareggiano con le pignatte dentro, per dirla con Veronelli, mammativvù. Il discorso intor-no a una materia prima o a un prodotto trasformato dall’uomo, che gira vorticosamente su se stesso e su se stesso si avviluppa arrivando a soffocare ogni signifi-
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di Simonetta Lorigliola
de La Terra Trema
de La Terra TremaAl nostro big bang. BANG! Alla seduzione dello sguardo a quella volta stellata che fu varcare una soglia, a caderci nelle storie enormi di donne e di uomini che lì dentro si svolgevano. Un lavoro di ricerca e analisi ele-vato a potenza che ogni volta s’apriva a nuovi passaggi. A voi.Vignaiole e vignaioli che l’avete conosciuto e frequen-tato, contadine/i, amiche/i che l’avete amato, sgridato, sfidato; cuori infranti, occhi e papille, vi chiediamo: mettete mano alla penna, dita alla tastiera, buttate giù di stomaco, di panza, il vostro pensiero al Big Bang Gino se lo è stato, se no, scriveteci un ricordo, non un tribu-to, parole, considerazioni sulla vostra storia e Lui. Il (G)astronomo.È un invito da condividere, se riterrete, è un invito a scrivere di Gino ma principalmente è un invito a torna-re alle riflessioni ai temi di Gino, alle strade che si sono aperte, che abbiamo aperto insieme in questi 10 anni, senza di lui, un invito a ribadire che altre vorrebbero chiuderli certi passaggi. È un invito a parlare di agricol-tura, di vitico(u)ltura, di T/terra, di semi della terra e di resistenza territoriale, di agricoltori e di agricoltrici, di vini e i di vignaioli/e; di resistenze, cibo, cucina, saperi e i sapori condivisi, di economia e di devastazione (am-bientale, economica, sociale) fuori/dentro questo cielo stellato.
10 anni.Elaboro una teoria sull’enogastronomia che sta avve-nendo/che verrà.Per prima cosa. Ho da decidere. Ciò su cui vale la pena concentrarsi. Riguarda me? Le tavole ben disposte che ho incrociato? Le cucine che ho gustato, i vini assaggia-ti, le storie dei produttori, vignaioli che ho incontrato, dei contadini, uomini e donne che ho ascoltato nei rac-conti di lavoro, lotta e conquista? Riguarda la t/Terra? Il rispetto che le è dovuto? Le coniugazioni culinarie di un territorio? Riguarda umori e luce? Riguarda que-sto? Riguarda qualcosa che è più lontano? Qualcosa che combatto e fronteggio? Chef, premiazioni, gagliardetti, menù appesi agli ingressi dei ristoranti? Destinazioni negli scaffali degli ipermercati? Padiglioni di cemento ed esposizioni universali?Mi incastrarono in una vendita di prodotti tipici ro-magnoli per 15 giorni dentro uno dei più grandi Iper qui in Romagna. Mi era appena nato un bimbo, era la prima volta che facevo il babbo e quindi forse era l'ora
anche di non fare più tanto il patacca ma dissi di no. Passarono 5 mesi, mi ricontatta un negozio di prodotti tipici e alla fine dico OK. Finito tutto, scopro dopo qual-che giorno che la storia era sempre la stessa di quella del primo contatto! Porcavacca!! Va bè, è andata, la-scio stare, ma vado a vedere i miei biscotti. Li trovo a fianco di prodotti pseudoromagnoli, prendo paura, mi rattristo pesantemente, non dormo di notte e proprio una notte mia moglie mi dice, così per dire, sarebbe da ricomprarseli tutti! Idea immensa! Da spatacco! Qualche giorno dopo arrivo all'Iper con il mio furgo-ne, cerco i miei biscotti, su 120 confezioni ne avranno vendute 10 e so chi le ha comprate! Prendo un pacco e vado in una delle 50 casse, chiedo il prezzo e rispondo-no 6,90! Bene, li compro tutti!! Comincio piano piano a svuotare lo scaffale, uno per uno li appoggio in quei carrelloni immensi, intanto la cassiera ha chiamato la sicurezza, mi si affianca un tipo in divisa con pistolone e mi chiede: "Mi scusi, ma cosa sta facendo?" "Niente,
a me piacciono un casino questi biscotti e me li compro tutti!!" allora ne chiamano un altro, così ne avevo uno a destra e uno a sinistra, e mi chiedono spiegazioni un po' più dettagliate, gli faccio notare che sull'etichetta c'era scritto Marziali, e Marziali ero io, quindi io mi ri-porto a casa tutto, li pago, mi fate la fattura e voi con-tinuate a vendere i vostri biscotti di sempre, non i miei! Mi sono ricomprato quasi 700 euro dei miei biscotti, passati alla cassa uno per uno e poi quando è passato l'ultimo e ho pagato il tutto con la carta di credito, ho preso quel pacco e l'ho dato alla cassiera e le ho detto: "Tò, questo te lo regalo io! Av salot ma tot!”Daniele Marziali, fornaio, 2013Non chiudo. Enogastronomia mi rimane parole aper-ta a declinazioni, malleabile, al miglior convenire delle volte e oggi, con certezza, suona come vessillo commer-ciale a livelli alti, altissimi, oltre che ampi, globali:Confermati, intanto, gli obiettivi già raggiunti e quelli da raggiungere. Fino a questo momento, i rivenditori ufficiali dei biglietti Expo 2015 hanno acquistato 5 mi-lioni di tagliandi, di cui un milione per il solo mercato cinese. Da qui alla fine dell’esposizione, il 31 ottobre del 2015, l’idea è che si riescano a piazzare altri 19 milio-ni di ticket. Il prezzo base è confermato a 39 euro, ma il biglietto medio – considerata la segmentazione e gli sconti previsti – si aggirerà intorno ai 22 euro. Proprio su questa cifra hanno fatto i conti gli organizzatori, che raggiungendo quota 24 milioni di ingressi contano di intascare ricavi per oltre 500 milioni di euro.Expo 2015 Contact, 2014Alimentazione, buon produrre, consumo sostenibile, qualità di vita/cibo/vino. Un bel parlare sommerso dal-lo slogan più ipocrita, impossibile, inaudito, straripante e falso Nutrire il pianeta, energia per la vita, a cui fa eco cemento invece che buone pratiche; un continuo co-struire e appaltare piuttosto che un minimo ragionare intorno alla questione quotidiana cibo.E allora la parole si fa grimaldello per scassinare, sus-sumere, scavalcare economie, fondi, bandi, territori, saperi e sapori, patrimoni di memorie e storie, seppur piccole, seppur locali:Leggendo sulle pagine del nostro giornale territoria-le (…) sono venuto a conoscenza di un’opportunità che sarà offerta al cuoco milanese Carlo Cracco per forma-re una scuola di cucina nella storica e splendida sede dell'ex Convento dell’Annunziata. Questa notizia mi ha profondamente amareggiato. Da lungo tempo profes-sionista affermato nel campo della ristorazione con il nostro pluristellato ristorante Antica Osteria del Ponte a Cassinetta di Lugagnano, e inoltre da sempre pre-sente e pronto a collaborare con pranzi benefici nelle varie occasioni nelle sedi abbiatensi e soprattutto im-pegnato fin dall'inizio a sviluppare e a dare valore alla nota manifestazione Abbiategusto divenuta ormai un grande appuntamento enogastronomico di prestigio, mi sono sentito tenuto all'oscuro da questa opportunità per la quale avrei potuto valutare la possibilità di par-tecipare al progetto, o dare un mio contributo di idee. (…) Mi sono sinceramente dovuto ripetere che la rico-noscenza non è di questo mondo.Ezio Santin, ristoratore, 2014Ma torno a me, a quel che mi riguarda e mi fa stare qui e per me enogastromia è cosa cara, salvezza, traccia, è soprattutto mangiarebere e riguarda ognuno diffusa-mente, esperienza con cui si ha a che fare, affare esi-stenziale, di vita e di morte. Una strada conosciuta nei dettagli anche minimi e percorsa ogni giorno:(…) Conosco il prestigio dei negozi di gastronomia per-ché mio padre ci andava prima di entrare in fabbrica per arrotondare e barattava fagiani cacciati con gros-si pezzi di Parmigiano Reggiano stagionato.Paolo Bellati, La Terra Trema, 2014Nell’ultimo anno la cucina popolare ha caratterizzato fortemente la propria ricerca gastronomica in quanto a sapori e materie prime. Piatti della tradizione me-diterranea e influenze etniche apportate dai collabo-ratori di origine straniera, per un modello che unisce spesa a km zero e ricette dal mondo, piatti elaborati e intramontabili panini con la salamella.Fiore all’occhiello della cucina è la relazione con i forni-tori dell’hinterland milanese, spesso giovani imprendi-
cante, e ogni sua possibile connessione con il mondo, è merdre gastronimique. E’ scarto semiologico. E’ asso-pimento sociale.t/Terra e libertà/critical wine lo ha fatto a pezzi. Ha scardinato i confini del buono, sfondando le porte del-le filiere produttive. Luigi Veronelli era in prima linea, scansando i numerosi nasi storti di chi diceva fosse uscito di senno, a mettersi coi pezzenti dei centri socia-li. Era il 2001. Nessuno o quasi utilizzava la parola fi-liera. Indagare le filiere, in ogni loro aspetto è uno stru-mento di libertà, si diceva. Si parte dalla terra, da come viene lavorata, con quali strumenti ed ausili, con quali concessioni all’agrochimica o all’ingegneria genetica (e ai loro lugubri custodi e accumulatori d’argent). Si passa poi alle trasformazioni, indagate in ogni loro singolo aspetto. Si arriva al lavoro e, infine, al prezzo e al meccanismo di offerta che porta al consumo.Tut-ti questi aspetti devono stare assieme per descrivere sinteticamente ed analiticamente la filiera. Tutti, fino a giungere al prezzo, il più ostico da denudare. Nessuno può e deve restare escluso, pena l’irrealizzabilità della filiera trasparente e, quindi, lo svuotamento di una sua sostanziale utilità per il produttore ed il consumatore che intendano scegliere una via virtuosa, ossia una fi-liera che realizzi l’amore totale per il buono: ambiente, terra, lavorazioni, persone, prezzo.Il libro manifesto del movimento t/Terra e libertà/critical wine, edito da DeriveApprodi nel 2004 (Sen-sibilità planetaria, agricoltura contadina e rivoluzione dei consumi, il sottotitolo) e le pratiche che lo accom-
pagnarono, nonché i numerosi interventi pubblici di Veronelli, dicevano tutto questo. E molto di più.Il cibo, il vino e tutti i prodotti della terra o della tra-sformazione agivano in un unico scenario in cui gli at-tori, con la stessa responsabilità e lo stesso piacere di esserci, erano i produttori e i consumatori, uniti dalla scelta per la filiera totalmente trasparente. Ecco per-ché venne coniato il termine co-produttori ad indicare una linea di fuga da ruoli imposti dall’incorruttibile economia di mercato. Tagliare le intermediazioni per diventare co-produttori. La filiera diretta è la seconda intuizione geniale del movimento, realizzata da subi-to con gli eventi dedicati ai vignaioli e alle produzioni alimentari (Verona, Brescia, Milano, Genova, Sarzana, Venezia, Torino, Monopoli, Lario, Jesi…) e con i mer-cati autogestiti da produttori e consumatori, ovvero co-produttori, che avvengono in molti centri sociali e piazze della penisola.E che ancora oggi in molti di questi luoghi continua-no ad esserci, vivi e frequentati. La sperimentazione macchinica del movimento cadde sui centri sociali, che esprimevano anche le persone che il movimento felicemente animavano. Spazi franchi da cui gettare nelle realtà urbane una formula (ormai) sconosciuta:
i mercati autogestiti. Da non confondersi con i blandi mercati della terra (e dintorni) che copiosi seguirono, spesso basati sull’apparato istituzionale e sulle logiche di controllo di certificazioni, appartenenze, etichette a garantirne eterologamente la «qualità».«Qualità» era uno dei termini di cui t/Tl/cw si fece acerrimo nemico poiché totalmente svuotato di ogni senso e foglia di fico dell’industria alimentare e della sua rete di distribuzione e promozione.Piuttosto si parlava di bontà, unita a libertà ed autoge-stione, che andavano di pari passo con trasparenza to-tale (la filiera) e autocertificazione ovvero, e qui Luigi Veronelli era in primissima fila, con «l’atto di respon-sabilità individuale» di ogni produttore che dichiaras-se apertamente le sue pratiche agricole e/o produttive. Nacquero le schede di autocertificazione, strumento semplice per mettere in contatto diretto produzione e consumo, anche in assenza fisica del produttore. Lo strumento ebbe successo ed è oggi ancora utilizzato in molte realtà che in mille differenti rivoli hanno molti-plicato ed evoluto le esperienze di t/Tl/Cw.Strumento provocatorio, la scheda, che denuncia la certificazione tradizionale ed i suoi rischi. Molti obiet-tarono che fosse inabile a stare sul mercato poiché
Io non ho avuto la fortuna di conoscerlo… ma proprio in una notte stellata, di quelle che il sonno non ne vuole sapere di arrivare, allora mi alzo dal letto… accendo RaiStoria (l’unico canale per me esistente!) e tutto d’un tratto mi scappa fuori Veronelli insieme ad Ave Ninchi e parlano del Bustreng*!!! sarà un caso? saranno state le stelle? sarà stato un segno di contatto tra me e la Terra Trema? non lo so, però forte la cosa… e soprat-tutto perchè lui in quella trasmissione del 75, confermava perfettamente le mie parole, quello che sono riuscito a raccogliere in questi anni di R.Esistenza Bustrenghiana, contro ogni cazzata volante, contro ogni speculazio-ne campanilistica, contro ogni boiata di produzione intensiva… il tutto tornava alla perfezione!! Quella notte, non so, ma avevo acceso il Rec al registratore… e quella trasmissione l’ho conservata e lanciata al mondo inte-ro!! un’abbraccione grosso bella gente… siete sempre bellissimi!!*Tra i dolci tipici della tradizione romagnola, il “Bustreng” (Bustrengo o Bostrengo in italiano) è il più famoso. Buonissimo, con un sapore delicato, il “Bustreng” è un dolce povero ma ricco. Torta allegra e piena di fantasia, nata dall’usanza contadina di recuperare il pane raffermo e tutta la frutta e gli altri ingredienti a disposizione, con l’arrivo dei primi freddi delizia i palati tra bassa Romagna e alte Marche.“Questo è il Bustreng dell’alto pesarese, di Apecchio… in quelle zone, molte ragazze, ora nonnissime che io ho conosciuto più di 10 anni fa, andavano a far la stagione nelle risaie del nord, e tornavano con pochi soldi e molto riso, e quindi lo utilizzavano in svariati modi, tra cui il Bustreng… ecco perchè è diverso dal mio che è solo di pane! ma la struttura e il contenuto umano e spirituale è lo stesso! baci!!!”
r.esistenza bustrenGhiana
di Daniele Marziali
disegni di Andrea Rossi
tori agricoli, che garantiscono ingredienti di altissima qualità. Una scelta in linea con le tendenze della risto-razione contemporanea più illuminata, che garantisce il giusto equilibrio dei prezzi grazie ad un’offerta varie-gata e a ricette che sappiano qualificare tagli di carne o prodotti di stagione considerati “poveri”.(…) Grazie all’apertura quotidiana, la struttura è spes-so il primo luogo di approccio del frequentatore del-lo spazio, quasi un punto informativo. La vocazione sociale e multiculturale del progetto-cucina, di chi vi lavora continuativamente o saltuariamente è da oltre vent’anni uno dei dati caratterizzanti e di primo impat-to con il centro. Qui si viene per un consiglio, in cerca di aiuto, per un piatto caldo, per conoscere i servizi di assistenza esterni o interni al centro.Cucina Pop, Leoncavallo spa, 2012Ragiono ancora. Sui luoghi di contatto, sullo spazio che l’accoglie. Se enogastronomia è gemito di piacere, se ri-guarda un rapporto sensuale tra geografie e corpi, se è legge del ventre che governa, se è azione e non (solo) lógos, se è nèmó, regola nello spazio di un morso dove avviene allora?Non bagno mai le piante, mi aspetto che la vite si au-togestisca.Marco Chinazzo, vignaiolo, 2005Autogestire rapporti, nella natura delle cose, la vite con l’acqua, la vite con l’uomo, l’uomo con l’uomo, autoge-stire rapporti di scambio, non delegare, non perdersi il momento del confronto.Perché non riesco altrove, non nei bistrot, né nei luo-ghi dell’eCommerce, non attraverso un portale on line potrai corrompermi, neanche in adorazione religiosa di un Padre Bio.Enogastronomia mia, enogastronomia del quotidiano, esperienza materiale, se sei nel pomodoro, nella zucca di un orto che conosco, nel sapore narciso, nello scam-bio clandestino, nell’apertura curiosa della bocca, se hai il coraggio del sapore fuor di regola, se sei assaggio di terra, di piogge, di venti, sole ardente sui grappoli, se sei gioia di un raccolto, sapere di un lavoratore, di una lavoratrice, se sei la passione, il patire, la pazienza. Eno-gastronomia, stai qui. Non andare via.Un pianeta della massa pari a circa un terzo della Terra viene inesorabilmente attirato verso una stella nana bianca, che lo disintegra e lo ‘fagocita’, liberan-do nell’atto finale di questo pasto cosmico una notevole quantità di raggi X. A ricostruire la scena dell’evento, avvenuto nell’ammasso globulare NGC 6388 che si tro-va nella Via Lattea, a circa 40.000 anni luce da noi, è stato un team di ricercatori guidato da Melania Del Santo (…).Inaf, 2014Questo sei per me, infinito pasto cosmico, energia pura ed enorme, enogastronomia, stai qui. Non andare via.Ti devo. Ho praticato cibi, vini, persone che te, parola, hanno portato in alto; ne ho ricevuto, scossa, fremito, per l’odore di terra, per il pensiero alla storia, per i toni delle voci e lo scambio di sguardi. Mi hai portato qui, su questa terra tremula, mi hai insegnato che c’è un sa-pore diverso per il conflitto, sapore di vittoria su tutto nonostante tutto (e tutto sta per reddito, analfabetismo, esperienza, malaeducazione miei).Che le rivoluzioni falliscano, che finiscano male, non ha mai fermato la gente, non ha mai impedito che la gente diventasse rivoluzionaria. Si mischiano cose del tutto diverse. Le situazioni in cui l’unica via d’uscita per l’uomo è diventare rivoluzionario…Anche qui, ne stia-mo parlando dall’inizio, è la confusione tra «divenire» e «storia». Se la gente diviene rivoluzionaria… Gilles Deleuze, Abecedario, 1988Se diverrai, se giàssei, alti cibi di un dehors o vino libero tra gli scaffaliSe ami scoprire nuovi sapori, cibi e bevande di alta qualità, Eataly ha selezionato per te proposte che ti permetteranno di vivere un'esperienza davvero unica. Scegli la proposta che preferisci, da regalare o rega-larti. In ogni cofanetto troverai inoltre il libro delle 100 ricette della tradizione della cucina italiana, con prefa-zione di Oscar Farinetti.Eatinerari, 2014enogastronomia mia, mi manchi già, non mi avrai.
inadatta alle logiche di import-export o di grande di-stribuzione. Obiezione insensata: la dimensione delle produzioni coinvolte non prevedeva, per costituzione e per scelta, una vendita spersonalizzata e sconfinata. Anche i sassi sanno che le certificazioni servono pre-valentemente ai grandi gruppi, per cui è impossibile gestire ogni informazione e contatto con chi acquista, se non in forma di marketing. Non è piccolo è bello contro la mostruosità del grande. Sono semplicemen-te due differenti esistenze, due opposti approcci on-tologici alla t/Terra e alle relazioni che essa genera e contiene.C’è chi dice, da qualche anno, che oggi questi temi non siano più attuali poiché c’è stato chi ne ha svuotato la potenza disarmante, disinnescandoli. Forse è così.E’ certamente vero che t/Tl/cw si sciolse in una accesa assemblea di tutte le realtà che ne fecero parte. Atto terribile, per alcuni, ma sanificante poiché ha genera-to immunità da ogni apologia possibile.Eppure pensare di consegnare questa cultura materia-le e sua cassetta degli attrezzi ad altre mani ed anche a potenti organizzazioni soltanto perché ne utilizzano, oggi ed ampiamente, spunti e lessico, sarebbe un atto doppiamente mortifero.Veronelli sosteneva che è centrale, sempre, festeggia-re la vita. E, citando Charles Fourier, diceva anche che la felicità, unica meta massima concepibile di ogni individuo e di ogni società, andava pensata non tanto affidandosi alle calcolate pratiche analitiche, pur im-
portanti, quanto piuttosto all’aperta immaginazione. Il patrimonio immaginativo e la dirompenza di t/Tl/cw sono morti con la sua fine?Luigi Veronelli ha sepolto con le sue ceneri le sue idee di una gastronomia liberata?Ci restano soltanto inerti ricordi?Negli ultimi eventi veronesi t/Tl/Cw aveva trasformato il proprio nome in Terre ribelli/Critical wine. Ribellio-ne. Rivolta. Parole via via sempre più impronunciabili e impresentabili. Eppure in grado di divenire pratiche dirompenti, oggi più di ieri. Non le rivolte di sparuti gruppi autoreferenziali. Ribellarsi è altro. E’ in ogni atto quotidiano, in ogni parola scambiata con chiunque. E’ nella ricerca di nuo-ve parole e nuovo senso per una gastronomia che non può essere lasciata in mano a chi ne sta dilapidando meticolosamente ogni connessione alla comunità, al piacere sociale. Non è vero che cibo e vino vanno ab-bandonati perchè sono temi ormai infruttuosi per il mutamento. La tavola va riapparecchiata oggi. A beneficio comunitario Va riapparecchiata non ricor-dando il passato e utilizzando le stoviglie della nonna divenute trendy. In tavola oggi ci va una veronelliana (da Veronelli, oltre Veronelli) cassetta degli attrez-zi che può servire ad una sola cosa: nuovo utilizzo e nuove dirompenze enogastroniche. E che siano magari brutte, sporche e cattive. Purché vadano dappertutto. E dimostrino che la tavola apparecchiata è, material-mente, bene comune. Miccia. Innesco. Futuro.
La terra tremavini e viGnaioLi autentici, aGricoLture periurbane, cibi e poesia daLLa terra
panico, voLuttà, pasti cosmici 28/29/30 novembre 2014
semi di resistenzaprima, durante e oLtre L’expo di miLano
ogni giorno cena a filiera zero nella Cucina Pop. e domenica anche a pranzo!
venerdì 28 novembreore 15 - 22Apertura stand, assaggi frontali e acquisti diretti
ore 19 DegustazioneCOCE ASSAIPEPERONCINI PICCANTIcon Paolo Rossi (Lu' Cavalire)
ore 22 Musica in ForesteriaSURGICAL BEAT BROS live
ore 22.30 Musica al BarettoVERONICA & ThE RED WINE SERENADER
ore 23 Musica in ForesteriaPRIMATI DEGENERATE PARTY live
ore 24 Musica in ForesteriaPOL G dj set sabato 29 novembreore 15 - 22Apertura stand, assaggi frontali e acquisti diretti
ore 17 IncontroSEMI DI RESISTENZAGrano saraceno in Valtellina con Patrizio Mazzucchelli (Raetia Biodiversità Alpine)
ore 18 Incontro*PASTIChE. CULTURA MATERIALE ALLA VERONELLICon Simonetta Lorigliola e Andrea Bonini (Seminario Veronelli)
dalle 18 in cortile/cucina/ingresso/fuoriUNCLE MIkE & ThE ROVING GAMBLERS livedalle 22.30 al Baretto
Ore 22.00 in ForesteriaDONPASTAARTUSI REMIxViaggio nella cucina popolareRicette e Racconti,Letture e Proiezioni
ore 23 Musica in ForesteriaRONIN live
ore 24 Musica in ForesteriaSTEFANO GhITTONI dj set
domenica 30 novembreore 13 - 20Apertura stand, assaggi frontali e acquisti diretti
ore 15 Bambini VIVAI PIANTAGRANE laboratorio a cura di Monica Gorza
ore 20 Premiazione LA RONCOLA D’ORO 2014
ogni giorno STAMPAMANOquattro anni di lastre, lettere, lenti.Mostra antologica di stampa seri/tipo/foto/grafica. a cura di Serileo, Officina tipografica Novepunti, Ca. os - Collettivo Camera oscura
Il programma nei dettagliè disponibile su laterratrema.org
proGramma La fiLiera direttadeLLa cucinaApicoltura Veca, Milano (MI): miele.Arioli, Ozzero (MI): zola.Assocanapa, Carmagnola (TO): farina di canapa.Aurora, Offida (AP): olio.Boschi, Verderio Superiore (LC): carne di manzo e di vitello.Cantalupo, Urgnano, frazione Basella (BG): verdure.Cascina Nerchi, Dernice (Alessandria): robiola.Cascina San Donato, Abbiategrasso (Mi): salsa di pomodoro.Cascina Selva, Ozzero (MI): formaggi, ricotta, panna, latte, uova, farina, pasta fresca, pane.Caseificio Gennari, Collecchio (PR): Parmigiano ReggianoCirenaica, Robecchetto con Induno (MI): carne di maiale, polenta.E.V.A. Eco Villaggio Autocostruito, Pescomaggiore (AQ): farro, zafferano e ginepro.Equo e Solidale: zucchero di canna, noci e spezie.Iacono Corrado, Noto (SR): capperi, pomodorini secchi e mandorle.L’Oca di Sant’Albino, Mortara (PV): coniglio e anatra.La Basia, Puegnago del Garda (BS): polenta.La Viranda, San Marzano Oliveto (AT): vino.Lu Cavalire, Fontanelle di Atri (TR): peperoncini piccanti e ceci.Nevola, Noto (SR): pistacchi.Oca e riso, Vigevano (PV): riso.Paganoni, Alpe Campello da Albosaggia (SO): bitto.Podere Casa Schizzati, Baganzola (PR): nero di Baganzola (prosciutto crudo).Quetzal, Modica (RG): cioccolato e cacao.Raetia Biodiversità Alpine, Teglio (SO): grano saraceno, patate blu di Svezia.Riber Navel, Ribera (AG): limoni e arance.Sole Etrusco, Cerveteri (RM): farina di canapa.Salumificio Moltoni, Chiuro (SO): bresaola.
La Roncola d’oro, ambito premio dell’enogastronomia italiana, verrà assegnato al vignaiolo o all’agricoltore che raccoglierà più votazioni dal pubblico durante i tre giorni.
vai aLLo stand info per votare!
La roncoLa d'oro
i shot the chef
vota
www.laterratrema.orgLa terra trema/foLLetto25603/LeoncavaLLo spazio pubblico autogestito
Ai contadini e alle contadine.Vi invitiamo il 21 e 22 marzo a partecipare con i vostri semi, le vostre narrazioni e le competenze a quelle che ci auguriamo diventino due grandi giornate di partecipazione e scambio con presenze nazionali e internazionali.Due giornate aperte al libero scambio di semi e di sapere, al confronto e all’approfondimentonella speranza che si possano sviluppare nuove progettualità, connessioni e relazioni per dar maggior forza a quello che già facciamo. Questa Terra è una, unica, coltiviamola bene.Per quanti, contadini, vignaioli, allevatori, orticoltori di campagna e di città, per quanti abbiano a cuore anche un vaso sul balcone, per quanti sentono il marrone sotto le unghie e vorrebbero, nelle situazioni più disparate, avvicinarsi alla Terra, sentirne il suo profumo, rivivere con il ciclo delle stagioni e del migrare degli uccelli.Per quanti della Terra vivono e ritengono che il cibo non sia una merce e la Terra non sia un supermercato, che l’agricoltura, il coltivare la Terra non sia un’attività estrattiva, che essere contadino comporti in sé un dovere di conservazione e di rispetto, oltre alla giusta percezione di un reddito dignitoso.Per tutte e tutti quanti, nelle campagne, nelle città, si riconoscano in un modo diverso, armonico, ecologico, naturale di rapportarsi alla Terra, noi chiamiamo a raccolta. Per costruire un forte, per quanto variegato, bio-diverso, egualmente arrabbiato nuovo Fronte degli Orti, urbani e periurbani. Chiamiamo a raccolta perché uniti siamo più forti, perché vogliamo conoscerci, scambiare idee, pratiche e saperi, perché vogliamo coltivare e condividere la buona semenza, vogliamo coltivare e condividere ogni co-noscenza.Chiamiamo a raccolta per discutere, confrontarci, con quanti, e sappiamo tanti, in Italia e fuori dall’Italia, si stringono forte alla Terra.Chiamiamo a raccolta perché dalla lotta per la Terra nasca una prospettiva di una liberazione che non metta al centro gli egoismi di mercato, le aspettative della finanza, ma i bisogni di chi lavora e di chi abita questa Terra.Chiamiamo a raccolta perché quello che ci prospetta l’Expo imminente “Nutrire il pianeta” è ipocrita vetrina del suo esatto contrario. Sbarcheranno in Europa e con contorno di foglie di fico interessate solo a mantenere il proprio status quo, le grandi corporation dell’agro-industria bio-tech più aggressiva ed assassina, perché ver-ranno a cianciare di nutrire il Pianeta le stesse multinazionali produttrici degli Agenti Orange e della Pioggia Gialla, verranno qui le stesse multinazionali che hanno inquinato e diserbato nel Vietnam, che continuano, con la produzione degli Ogm, ad eradicare uomini e biodiversità planetaria.Verranno qui e troveranno i pennivendoli ed i complici, gli utili idioti a tenere bordone.Verranno qui, ci troveranno pronti.Chiamiamo a raccolta per un nuovo Manifesto della Terra, per un’agricoltura sensibile alle foglie, ai bambini, ai cuccioli d’uomo e d’animale.Chiamiamo a raccolta, chiamiamo al raccoltoche dai nostri campi parta la rivolta.“Zappatori/trici senza padroni” vi invitiamo a partecipare il 21/22 Marzo 2015 ad un grande e condiviso mo-mento di incontro e di scambio al Leoncavallo s.p.a per ragionare insieme di biodiversità, di libera circolazione dei semi, delle genti e dei saperi.Coltiviamo, recuperiamo semenza, resistiamo nei nostri territori.La Terra Trema | Civiltà Contadina
Chiamata a raccolta.Manifesto per la TerraPer un’agricoltura contadina libera da OGM e da monopoli.Per una distribuzione dei prodotti della terra e del cibo diffusa e autogestita21-22 Marzo 2015, Milano.
Tra le evoluzioni del Critical Wine di Veronelli e dei Centri Sociali Autogestiti: La Terra Trema – Vini e vignaioli
autentici, agricolture periurbane, cibo e poesia dalla terra – progetto/evento ideato e realizzato dal Folletto25603
(spazio occupato e autogestito ad Abbiategrasso – Milano) e Leoncavallo s.p.a. insieme a centinaia di agricoltori, vignaioli, scrittori, enogastronomi, appassionati, resistenti, cittadini, paesani. Evento
simbolo è la tre giorni: La Terra Trema al Leoncavallo (fiera enogastronomica riconosciuta in Italia e Europa, realizzata in autogestione, senza sponsor, né patrocini,
negli storici spazi del Leoncavallo s.p.a. di Milano).
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