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A mia madre De Moro Lucia - Centro di Cultura · PDF filel’espansione del culto e le...

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A mia madre De Moro Luciadonna di fede e maestra di vita

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MARIANGELA TONIOLO

SAN MARTINO DI TOURSSTORIA E MEMORIA

Celebrazione di San Martino di Toursnelle Liturgie occidentali antiche

Centro di Cultura MarianaRoma 2011

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PREMESSA

La scelta di questo mio studio è stata dettata dauna pluralità di motivi, da quello più propriamenteculturale, a quello più intimo e affettivo. Infatti, lachiesa titolare del mio paese è dedicata fin dalmedioevo a San Martino di Tours: la festa dell’11novembre è stata sempre ed è tuttora celebrata congrande solennità liturgica e folkloristica, col suonoprolungato delle campane, con la celebrazione dellaMessa e il panegirico del Santo, con la sagra paesanaconclusiva di una stagione. È naturale che questeimmagini paesane, col contorno di tanta gente cono-sciuta o anche venuta appositamente dai paesi vici-ni, si sia impressa nella mia memoria e nel cuore concolori indelebili. E ogni volta che entro in chiesa, labella pala sovrastante l’altare maggiore, con quel-l’uomo a cavallo che essa raffigura, mi richiamacostantemente il suo nome: San Martino! L’anticonostro paese, i nostri vecchi, le generazioni del pas-sato e quelle di oggi, sono stati educati alla venera-zione del Santo, e a implorarne la protezione celeste.

Mi è sorto dunque il desiderio di conoscernemeglio la vita, e specialmente l’importanza che haavuto il suo culto. Era mio desiderio conoscerne

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l’espansione del culto e le motivazioni storichedella rinomanza, che san Martino ebbe in tuttol’Occidente: visitando infatti la Francia, rimasi col-pita dai tanti luoghi che portano il suo nome. Mi èparso cosa assai bella congiungere insieme, neilimiti delle mie possibilità, una ricerca sulla suafigura quale tramandata dai documenti più antichi,e sulla celebrazione del Santo nei formulari di alcu-ne antiche liturgie dell’Occidente.

È di quest’ultimo periodo, pre- e post-conciliare,l’attenzione privilegiata al fatto liturgico, la ricercasistematica delle fonti d’archivio, la edizione criticadi testi delle antiche liturgie, non ancora completa-mente ultimata, il moltiplicarsi di studi su unavasta gamma di campi, come appare dalle principa-li riviste liturgiche internazionali e dai sussidiscientifici sull’argomento. La riforma liturgica volu-ta dal Vaticano II ha messo in atto un cantiere diricerche e di ricercatori. Ovviamente, un posto dirilievo hanno avuto i formulari della Messa e laLiturgia delle Ore.

Anche nel campo della storiografia hanno cam-minato di pari passo le ricerche: la rivisitazionedelle vite dei Santi, molti dei quali tolti dalCalendario generale e lasciati eventualmente acommemorazioni locali, secondo una gamma di cri-teri, tra cui la storicità delle fonti e la sicurezza deidati trasmessi, sui quali si celebravano fino a ieri le

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memorie, e quindi l’attenzione alla critica storica eai dati certi, per continuarne la venerazione; e inol-tre il criterio dell’importanza che rivestono pertutta la Chiesa alcune figure di Santi, come propo-sta evangelica da imitare oltre che da celebrare. Diqui la continuità della loro memoria o l’inserzionedi nuove memorie nel Calendario generale dellaChiesa romana e di altre Chiese occidentali.

La figura di san Martino, anche dopo la restau-razione dei principali libri liturgici sotto Paolo VI, èrimasta nella sua primitiva bellezza, tanto nellaMessa come nell’Ufficio divino.

I corsi di Storia ecclesiastica e di Liturgia pressol’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Milano mihanno invogliata a percorrere una pista insieme sto-rica e celebrativa: un confronto cioè attento e analiti-co tra ciò che le fonti storiche antiche trasmettono diMartino di Tours e ciò che – recepito dalle Liturgie –fu proposto come messaggio e catechesi ai fedelinelle principali celebrazioni liturgiche dell’antichità.

Lo spazio di tempo che mi sono prefissata nellaricerca rimane entro i limiti del primo millennio. Misono così dedicata innanzitutto ad individuare leliturgie più antiche che facessero memoria diMartino.

La ricerca mi ha portata immediatamente versol’area visigotica e gallicana, che ha influito sullealtre liturgie dell’Occidente.

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Naturalmente, mi sono resa subito conto, dallaprima stessa raccolta dei testi, della diversità dei ritie degli elementi che li contraddistinguono, comepure della diversa utilizzazione delle fonti storiche.Infatti, anche restando solo ai formulari della cele-brazione eucaristica, si avverte immediatamenteuna diversità di supporto culturale e cultuale, chediversifica gli stessi testi eucologici non solo nelleparole, ma nelle prospettive: cosicché la stessa sto-ria, narrata dai documenti, è diversamente riletta eriproposta nelle diverse aree liturgiche. Non è statoun cammino facile quello che ho percorso, anche perla difficoltà di trovare in loco i sussidi generali e leedizioni specialistiche. Diverse volte ho dovutoaccedere a biblioteche specializzate, per attingeretesti e fonti, per documentare l’elaborazione, perrivedere più volte, con attento esame, i risultati rag-giunti.

Ecco allora, in breve, l’itinerario da me percorso.Ho raccolto innanzitutto una bibliografia fonda-mentale, che mi permettesse di conoscere il Santo emi introducesse alla sua celebrazione. Ho notatocon mia sorpresa che molto si è scritto e si scrivedella storia di Martino, e si discutono anche conposizioni opposte i suoi dati biografici, ma che tut-tora manca uno studio scientifico delle celebrazioniliturgiche del Santo, così avvincenti e significative,che colpiscono alla prima lettura, e lo hanno non

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solo valorizzato, ma fatto conoscere ed amare inOccidente, tra i semplici fedeli, tra i Vescovi e negliOrdini monastici. Così, dopo aver raccolto unampio schedario di fonti liturgiche antiche, la piùparte edite in questi ultimi anni con documentazio-ne critica e referenza costante ai manoscritti usati,ho dovuto necessariamente limitare il campo del-l’analisi: perché di Martino parlano i sacramentari,i lezionari, gli antifonari, gli omeliari e in generetutta la sequenza liturgica di una celebrazione festi-va; ne parlano i libri delle celebrazioni cattedrali, eancor più quelli delle celebrazioni monastiche. Èrisaputo, infatti, ed è ancor oggi affermato con pro-babilità critica, che l’inno Iste Confessor sia statocomposto proprio per Martino.

In tanta vastità di campi, di liturgie e di testiliturgici, ho necessariamente ristretto l’analisi aglielementi più costitutivi, cioè ai formulari della cele-brazione eucaristica e alle proposte liturgiche piùarcaiche, provenienti dall’area visigotica e gallica-na. Qui infatti Martino ha vissuto ed operato; quiha lasciato la sua eredità spirituale; qui è stata persecoli sperimentata la sua presenza taumaturgica;qui il popolo ha sentito di avere in lui un protettorein cielo, un “padre“ e un “patrono“ nelle complessevicende storico-politiche che hanno segnato lasocietà delle Gallie, nel momento del suo evolversiper diventare una presenza storica e un baluardo

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difensivo della cristianità: così lo hanno pregato,così lo hanno celebrato. È normale che, come peraltre celebrazioni e strutturazioni liturgiche, anchenel caso di Martino la memoria si sia poi conse-quenzialmente estesa anche in altre aree, soprattut-to romano-gallicane o italico-settentrionali, com-presa l’ambrosiana.

Non ho dunque potuto considerare tutto ilmateriale, proveniente dai vari libri liturgici: nonmi sarebbero bastati né il tempo né le forze. Eppuresarebbe estremamente utile che qualcuno fra glistudiosi di liturgia affrontasse il tema “Martino”:credo infatti che esso possa in futuro illuminare nonsolo la celebrazione e i suoi momenti, ma anche lefonti e la loro derivazione. Accostando i testi litur-gici dei formulari martiniani, non si può non porsidelle domande a monte: Da dove provengono? chili ha composti? quando sono stati composti? qualine sono i canali di trasmissione? ecc. Perchéanch’io, in settore ristretto, ho dovuto prima inter-pellarmi su questi forti interrogativi, e cercare didarne una risposta soddisfacente, ricorrendo aparalleli testuali e confronti storici. Credo sia que-sto uno dei meriti latenti di questo lavoro, senzapretesa di dare una risposta definitiva, proponendopiuttosto piste di ricerca a chi è più competente dime in materia.

Ho dunque circoscritto lo spazio dell’indagine a

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prima del secolo VIII, e relativamente soltanto ai“Sacramentari” (talvolta impropriamente chiamati“Messali”), cioè ai testi riservati al celebrante nellasanta Messa: testi che rivestono fino ad oggi un’im-portanza primaria, e sono quindi primario oggettodell’attenzione di chi li compose e di chi li celebra.

E tuttavia non ho voluto sottacere la memoria diMartino non solo nelle parti variabili della Messa,ma nella stessa lista delle commemorazioni: ilcosiddetto, in termine romano, “Communi can tes”. Lìcompare solo il nome, almeno in alcune aree e inalcuni tempi: ma ciò è indice della grandezza rico-nosciuta del Santo, degno di essere annoveratonelle liste ufficiali degli Apostoli e dei grandiMartiri. Alcune liturgie, di ambiente gallicano eispanico, intermezzano la sua “memoria” nei varimomenti della Prece eucaristica, così come soglionofare per le altre solennità, quasi per rendere il Santopresente nel tempo più sacro in cui l’assembleacelebra i divini misteri.

Mi sono avvalsa con grande vantaggio del-l’esperienza del Prof. Ermanno M. Toniolo, che hasaputo indicarmi sapientemente sia il metodo dellaricerca delle fonti, sia quello dell’analisi critica deitesti latini delle liturgie antiche da me considerate.Alcune opere storiografiche esistono in buona tra-duzione italiana: ne ho, all’occasione, riportato laversione. Altre e solo in modo parziale sono tradot-

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te in lingua francese: a queste traduzioni mi sonoispirata nel tradurre brani dall’originale latino. Itesti liturgici, invece, composti in lingua latina, nonhanno avuto finora una traduzione nelle linguemoderne. Tanto i testi liturgici come quelli storicipresentano non poche difficoltà di comprensione edi interpretazione: ho cercato di coglierne il sensopiù esatto e di tradurlo. Tuttavia, poiché il latino,specialmente liturgico, è denso e conciso ed usa ter-mini ed espressioni non facili ad esser tradotti,quasi sempre ho optato per la trascrizione in testo oin nota dell’originale. Tanto più che i testi gallicaniriportano termini ed espressioni latine a volte condesinenze sbagliate o inesistenti, a volte con vocalispostate, e ciò dimostra l’attenzione dei nuovipopoli della Gallia più al senso globale, che a quel-lo sintattico e letterale. A volte – ed è stata la diffi-coltà maggiore! – questi stessi formulari hanno frasispezzate, e tradiscono una incapacità linguistica,per cui l’interpretazione è divenuta ardua: diversa-mente dai testi visigotici, che conservano l’eleganzastilistica del tipo retorico agostiniano.

La lettura e l’analisi dei formulari antichi delleMesse di San Martino mi hanno aperto un nuovoorizzonte, offrendomi una inaspettata visione dellacomunità ecclesiale dei secoli VI-VIII celebrante,con ricchezza inaudita di motivazioni, San Martino,il quale emerge come figura gigantesca, per santità

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e per fama, dai secoli che vengono chiamati – inquesto caso a torto – “oscuri”, e che invece manife-stano una vitalità di fede, un impatto culturale, unafecondità nella creazione letteraria e liturgica dav-vero sorprendenti. Io, che amo molto la storia, hoscoperto, nell’incontro con i testi biografici e cele-brativi di San Martino, un aspetto segreto di essa:personaggi, sentimenti, eventi che si intrecciano perl’attualità propria di ciò che è l’umano vivere e sen-tire; un balzo nel tempo alla riscoperta di ciò chealtri uomini hanno saputo esprimere con la vita:una santità eminente in Martino, una fede viva e avolte sofferta della comunità ecclesiale riunitaattorno all’altare, con le sue debolezze, i suoi timo-ri, le prove, ma anche con la gioiosa certezza che ilcammino umano è accompagnato e sorretto daun’altra comunità, quella gloriosa dei Santi – i cri-stiani adulti –, che resi simili a Cristo nella morte enella gloria, ora possono intercedere e sorreggere ifratelli ancora pellegrini nel tempo.

Proprio perché è vita, la celebrazione di SanMartino supera il limite temporale dei secoli e sipresenta attualissima. Anche noi oggi abbiamobisogno di guardare i luminosi fari che sono i Santi,perché squarcino la tenebra del mondo odierno conil loro esempio di vita e ci consolino, con la forzadella loro testimonianza, nel desolato deserto spiri-tuale nel quale spesso siamo costretti a vivere.

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Mi auguro che questo lavoro, compiuto entroambiti necessariamente ristretti, e che a distanza ditempo dalla sua prima composizione ora do allestampe a onore di San Martino, sia di stimolo adaltri, più competenti di me, per intraprendere unostudio serio e sistematico di tutte le fonti liturgicheantiche, e metterne in luce la ricchezza dei contenu-ti e delle proposte, valide anche per l’uomo d’oggi.

Velo d’Astico (VI), 11 novembre 2011,festa di San Martino.

Mariangela Toniolo

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BIBLIOGRAFIA

Suddivido la Bibliografia in due parti, secondoil duplice argomento cui si rivolge la mia ricerca:fonti e studi che riguardano la storia, fonti e studiche riguardano la memoria di S. Martino.

I. – FONTI STORICHE

1. Fonti della vita di Martino

SULPICIUS SEVERUS, Vita Martini. Edizione critica: Vita san-cti Martini episcopi et confessoris, a cura di C. HALM,Cor pus Scriptorum Ecclesiasticorum Latinorum (=CSEL) 1, Vindobonae 1866, pp. 109-137. Edizionecorrente: Sulpicii Severi de Vita beati Martini LiberUnus, Patrologia Latina (= PL) a cura di J.-B. MIGNE,Paris 1844-1864 (2ª ediz. 1879), t. 20, coll. 159-176.

SULPICE SÉVÈRE, Vie de saint Martin, édition critique, tra-duction française et commentaire par J. FONTAINE, 3voll., Sources Chrétiennes (= SC) 133-135, Paris 1967(il testo critico latino, con traduzione francese affian-cata: SC 133, pp. 247-345). È questa l’ultima edizione critica del testo. Tuttavia,J. Fontaine è anche il miglior conoscitore della tradi-zione martiniana, il critico fra tutti più attento ai pro-blemi storici, filologici e spirituali che la Vita diMartino pone ad ogni studioso. L’amplissima intro-duzione che premise all’edizione del testo critico (SC133, pp. 7-243), e più ancora i due volumi che la com-mentano paragrafo per paragrafo (SC 134-135), di -

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mostrano la sua competenza sopra ogni altro sull’ar-gomento.

SULPICIO SEVERO, Vita di Martino. Testo critico a cura di JANW. SMIT, ripreso dalla edizione di J. FONTAINE, in SC133, pp. 247-345, traduzione italiana di L. CANALI, Vitadi Martino. Vita di Ilarione. In memoria di Paola (Fonda -zione Lorenzo Valla, collana “Vite dei Santi”, vol. IV, acura di Ch. MOHRMANN), Arnoldo Mondadori Editore,2ª ed., [s. c.] 1983, pp. 1-67; introduzione storico-criticadi Ch. MOHRMANN, pp. VII-LXI. Mi sono servita diquesta traduzione nel citare i testi.

SULPICIUS SEVERUS, Chronicorum libri ii. Edizione critica:Sulpicii Severi Chronica, a cura di C. HALM, CSEL 1,Vindobonae 1866, pp. 1-105. Edizione di J.-B. MIGNE,ripresa da edizioni anteriori, riviste e corrette: Sulpi -cii Severi Chronicorum quae vulgo inscribuntur HistoriaSacra libri duo, PL 20, coll. 95-160.

Dei due libri delle Cronache di Sulpicio non esisteancora una traduzione italiana; in francese, ne è statopubblicato un piccolo brano a cura di P. MONCEAUX,in “Lettre de Ligugé” 174 (1975), pp. 49-50.

SULPICIUS SEVERUS, Epistulae iii. Edizione critica a cura diC. HALM, CSEL 1, Vindobonae 1866, pp. 138-151 (letre lettere non hanno titolo a sé stante; seguono laVita di Martino). Edizione curata da J.-B. MIGNE, ri -pre sa da edizioni anteriori, riviste e corrette: SulpiciiSeveri Epistolae Tres, PL 20, coll. 175-184. Le tre lettere di Sulpicio sono state tradotte in france-se da J. FONTAINE, in “Lettre de Ligugé” 174 (1975),pp. 38-49.

SULPICIUS SEVERUS, Dialogorum libri ii. Edizione critica:Sulpicii Severi Dialogi, a cura di C. HALM, CSEL 1,Vindobonae 1866, pp. 152-216. Edizione curata da J.-B. MIGNE, ricopiando edizioni

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anteriori, riviste e corrette: Sulpicii Severi Dialogi, PL20, coll. 183-222. Da rilevare che fra l’edizione di C. HALM e quella diJ.-B. MIGNE corre una differenza nel numerare iDialoghi di Sulpicio: in CSEL figurano due, il primodei quali suddiviso in due parti; in PL sono esplicita-mente riferiti come tre. Una parziale traduzione francese del testo, a cura diP. MONCEAUX, in “Lettre de Ligugé” 174 (1975), pp.51-93.

PAULINUS NOLANUS, Epistulae. Edizione critica: SanctiPontii Meropii Paulini Nolani Epistulae, a cura di G. DEHARTEL, CSEL 29, Vindobonae 1894; interessano Sul -picio, e il nostro argomento, spec. le Epistulae 11, 22-24, 27-32, ibid., pp. 60-73, 154-223, 238-301. Edizionecurata da J.-B. MIGNE: PL 61, coll. 153-436.

PAULINUS PETRICORDIAE, De Vita sancti Martini EpiscopiLibri VI, a cura di C. PETSCHENIG, CSEL 16/1, Vin -dobonae 1888, pp. 1-159. Edizione a cura di J.-B.MIGNE: PL 61, coll. 1009-1072.

PAULINUS PETRICORDIAE, Versus de Orantibus, ibid., p. 165.Edizione di J.-B. MIGNE: PL 74, col. 673.

GREGORIUS TURONENSIS, Historiarum libri X (= HistoriaFrancorum). Edizione critica: Gregorii Episcopi Turo -nensis Libri Historiarum X, a cura di B. KRUSCH e W.LEVISON, Monumenta Germaniae Historica (= MGH),Scrip torum Rerum Mero vingicarum, I, 1, 2ª ed., Han -noverae 1951 (nuova edizione fototipica 1965). Restaugualmente valida, e certo più accessibile, l’edizionecurata da T. RUINART, S. Georgii Florentii Gregorii Epi -scopi Turonensis Historiae Ecclesiasticae Fran corum libridecem, ripresa interamente da J.-B. MIGNE, PL 71,Parisiis 1879, coll. 159-572.

GREGORIO DI TOURS, La storia dei Franchi, a cura di M.

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OLDONI, testo latino e traduzione italiana, 2 voll.,Fondazione Lorenzo Valla - Arnoldo Mondadori Edi -tore, [s. c.] 1981. Questa edizione bilingue ritrascrive il testo criticoedito in MGH, non quello edito in PL 71, come hopotuto personalmente verificare. Per comodità quin-di mi riferirò generalmente a questa edizione, e allatraduzione italiana di M. Oldoni.

GREGORIUS TURONENSIS, Miraculorum libri viii. Edizionecritica: Gregorii Episcopi Turonensis Miraculorum LibriVIII, a cura di B. KRUSCH, MGH, Scriptorum RerumMerovingicarum I, 2, Hannoverae 1885, pp. 484-820.Edizione ugualmente buona e più accessibile, prepa-rata da T. RUINART, Sancti Georgii Florentii GregoriiEpiscopi Turonensis Libri Miraculorum, riprodotta daJ.-B. MIGNE, PL 71, Parisiis 1879, coll. 705-1150.

Di questi otto libri dei miracoli, quattro sono intera-mente dedicati ai miracoli operati da San Martino.Gregorio infatti nel libro I, in 107 capitoli, narra «Lagloria dei beati Martiri»; nel libro II, in 50 capitoli,racconta «La passione, i miracoli e la gloria» di S.Giuliano martire; nel libro III, in 112 capitoli, descri-ve «La gloria dei beati Confessori». I libri IV-VII sonodedicati ai miracoli di S. Martino, e portano il sotto-titolo: Sancti Georgii Florentii Gregorii EpiscopiTuronensis De miraculis sancti Martini Episcopi LibriQuatuor. Edizione corrente: PL 71, coll. 913-1010. Illibro VIII, che reca il sottotilolo Vitae Patrum, in 20capitoli, descrive la vita di alcuni Beati. I quattro libri dei miracoli di S. Martino vengonoindifferentemente indicati come «De miraculis» op -pu re «De virtutibus» sancti Martini.

VENANTIUS FORTUNATUS, Vita Martini. Edizione critica:Venantii Honorii Clementiani Fortunati Opera Poetica, acura di F. LEO, MGH, Auctores Anti quissimi, IV, 1, 2ª

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ed., Berolini 1961, pp. 293-370. Edizione corrente: DeVita sancti Martini Libri Quatuor, a cura di MICHE LAN -GELO LUCHI, Romae 1786, testo riprodotto da J.-B.MIGNE in PL 88, 363-436.

VENANZIO FORTUNATO, Vita di San Martino di Tours, tradu-zione, introduzione e note a cura di G. PALERMO, CittàNuova Editrice, Roma 1985 (sola traduzione italiana).

ANONYMUS, Laudatio sancti Martini. Edizione: A. MAI,Nova Patrum Bibliotheca, I, Roma 1852, pp. 500-501.Nuova edizione critica: B.M. PEEBLES, An Early «Lau -datio Sancti Martini»: A Text completed, in Saint Martinet son temps (Analecta Anselmiana, 46), Roma 1961,pp. 237-249 (testo latino: pp. 245-248).

ALCUINUS, Scriptum de Vita sancti Martini Turonensis. Edi -zione: PL 101, coll. 657-662.

ALCUINUS, Sermo de transitu sancti Martini. Edizione: PL101, coll. 662-664.

2. Studi principali sulla vita di Martino

BABUT E. Ch., Saint Martin de Tours, Paris 1912.

BOGNETTI G. P., Santa Maria di Castelseprio (Fon dazioneTreccani degli Alpini per la storia di Milano), Milano1948. Alle pp. 31-38 riporta una lettera di Nicezio diTreviri alla regina Closinda.

CHELINI J., Alcuin, Charlemagne et St. Martin de Tours, in“Revue d’Histoire de l’Eglise de France” 47 (1961),pp. 19-50.

CICCARESE M. P., «Vita Martini 7»: tra miracolo e visione del-l’aldilà, in «Augustinianum» 24 (1984), pp. 227-233.

DELEHAYE H., Saint Martin et Sulpice Sévère, in “AnalectaBollandiana” 38 (1920), pp. 5-136.

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FONTAINE J., Vérité et fiction dans la chronologie de la “VitaMartini”, in St. Martin et son temps, «Studia Ansel -mia na» 46 (1961), pp. 189-237.

FONTAINE J., Martin (saint), in «Dictionnaire de Spiri tua -lité», t. X, Beauchesne, Paris 1980, coll. 687-694.

FONTAINE J., Sulpicio Severo, in Dizionario Patristico e diAntichità Cristiane, a cura dell’«Institutum Patristi -cum Augustinianum», vol. II, Marietti, Casale Mon -ferrato 1984, coll. 3333-3336.

GOBRY I., Les Moines en Occident, t. II, De saint Martin àsaint Benoît, Fayard, [s. c.] 1986.

GRIFFE É., St. Martin et le Monachisme Golois, in St. Martinet son temps. Mémorial du XVIe centenaire des débuts dumonachisme en Gaule, “Studia Anselmiana” 46 (1961),pp. 1-25.

GRIFFE É., La Gaule chrétienne à l’époque romaine, t. I, Desorigines chrétiennes à la fin du IVe siècle, Paris 1964.

HUBERT J., La basilique de Martin le Confesseur, in “Revued’Histoire de l’Eglise de France” 47 (1961), pp. 215-221.

LAHACHE J., Martino, vescovo di Tours santo, in “Biblio -theca Sanctorum”, a cura dell’Istituto Giovanni XXIIIdella Pontificia Università La teranense, Città NuovaEditrice, vol. VIII, Roma 1967, coll. 1248-1279.

LECOY DE LA MARCHE A., St. Martin, 2ª ed., Tours 1890(testo a cui si richiamano tutti gli altri studiosi per lasua completezza quanto a storia, leggenda, culto,iconografia, folklore).

LIVERANI M., Martino, vescovo di Tours, santo. V. Ico no grafia,in «Bibliotheca Sanctorum», a cura dell’Isti tutoGiovanni XXIII della Pontificia Università La te -ranense, Città Nuova Editrice, vol. VIII, Roma 1967,coll. 1279-1291.

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Martino di Tours santo, a cura di V. MONACHINO - E. JOSI -E. BATTISTI - P. TOSCHI, in «Enciclopedia Cattolica», t.VIII, Città del Vaticano 1952, coll. 228-232.

MONCEAUX P., Saint Martin, Paris 1926.

II. – FONTI LITURGICHE

1. Fonti delle antiche celebrazioni di S. Martino

Come ho già detto nella Premessa, escludo dal presen-te elenco tanto le antiche fonti liturgiche (il Sacra menta -rium Veronense, il Sacramentarium Ge lasianum Vetus, il Mis -sale Francorum, il Missale Gallicanum Vetus), che non hannoalcun riferimento a S. Martino, quanto le orazioni, le anti-fone, gli inni, le preghiere ed altro eventuale materialeliturgico, riservato all’Ufficio divino. Mi limito dunque aisoli formulari eucologici usati nella celebrazione della Mes -sa nelle antiche liturgie dell’area gallicana, visigotica, am -bro siana e romana. Per una conoscenza critica di tutto ilmateriale liturgico antico, con riferimento alle edizioni e aimanoscritti, e aggiornata riferenza agli studi liturgici, èindispensabile consultare l’opera monumentale di KLAUSGAMBER, Codices Liturgici Latini Antiquiores (Spicilegii Fri -bur gensis Subsidia, 1), 2ª ed., 2 voll., Universitäts verlag,Freiburg 1968; e il suo aggiornamento recente: KLAUSGAMBER, Codices Liturgici Latini Antiquio res/Sup plementum,a cura di B. BAROFFIO - F. DELL’ORO - A. HÄNGGI - J. JANINI- A. M. TRIACCA (Spi ci le gii Friburgensis Subsidia, 1A), Uni -versitäts verlag, Frei burg 1988.

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1.1. Libri liturgici gallicani

MOHLBERG L. C., Missale Gothicum (Vat. Reg. lat. 317) (=Rerum Ecclesiasticarum Documenta. Series maior.Fontes V), Casa Editrice Herder, Roma 1961, pp. 112-113: «Missa sancti Martini episcopi».

LOWE E. A., The Bobbio Missal. A Gallican Mass-Book (Ms.Paris. Lat. 13246), London 1920, pp. 108-110: «Missasancti Martini episcopi».

1.2. Libri liturgici ispanici

FÉROTIN M., Le Liber Mozarabicus Sacramentorum et lesManuscrits Mozarabes (= Monumenta EcclesiaeLiturgica, vol. VI), Paris 1912, coll. 395-400: «Missa inOrdinatione sancti Martini episcopi»; coll. 464-469:«Missa de obitu sancti Martini».

JANINI J., «Liber Missarum» de Toledo, t. I, Instituto deEstudios Visigótico-Mozárabes, Toledo 1982, pp. 316-320: «Missa in Ordinatione sancti Martini Episcopi»; pp.370-375: «Missa de obitus sancti Martini».

1.3. Libri liturgici ambrosiani

PAREDI A., Il Sacramentario di Ariberto, in «Mi scellaneaAdriano Bernareggi» (Mo nu menta Bergomensia I),Ber gamo 1958, pp. 332-334: «III Idus [Nov.]. Depositiosancti Martini episcopi. Missa in Vigilia. Mane adMissam».

PAREDI A., Sacramentarium Bergomense. Manoscritto delsecolo IX della Biblioteca di s. Alessandro in Colonna inBergamo (Monumenta Bergomensia, VI), Bergamo

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1962, pp. 39-41: «XI die mensis Novembris. DepositioSancti Martini episcopi», p. 366: «De sancto MartinoMissa in Vigilia».

HEIMING O., Das Sacramentarium Triplex. Die Hand schriftC 43 der Zentralbibliothek Zürich (Corpus Ambro sia -no-Liturgicum I), Münster Westfalen 1968, pp. 249-251: «Eodem die. Natale sancti Martini episcopi»

HEIMING O., Das Ambrosianische Sakramentar von Biasca(Corpus Am bro siano-Liturgicum II), Münster West -falen 1969, pp. 2-3: «XI die mensis Novembris. Depositiosancti Martini episcopi».

Mi sono basata su queste fonti fondamentali dellaLiturgia ambrosiana antica. Ho consultato anche il«Sacramentario di S. Simpliciano» nella edizione curatada J. FREI, Das Ambrosianische Sakramentar D 3-3 aus demmailändische Metro po li tankapitel (Corpus Ambrosiano-Li -turgicum III), Münster 1974: esso però non conserva testisu S. Martino, perché il manoscritto è acefalo e inizia solocon l’Epifania.

1.4. Libri liturgici romani

DESHUSSES J., Le Sacramentaire Grégorien. Ses principalesformes d’après les plus anciens manuscrits, vol. I (Spici -legium Friburgense 16), Éditions Univer sitai res,Fribourg 1971.

DESHUSSES J., Le Sacramentaire Grégorien. Ses prin ci pa lesformes d’après les plus anciens manuscrits, vol. II (Spi -cilegium Friburgense 24), Éditions Universi tai res,Fribourg 1979.

DESHUSSES J., Le Sacramentaire Grégorien. Ses princi pa lesformes d’après les plus anciens manuscrits, vol. III (Spi -

23

cilegium Friburgense 28), Éditions Universi tai res,Fribourg 1982.

Questa accuratissima edizione, che procede connumero progressivo dei testi in tutt’e tre i volumi, haraccolto nel modo più critico le fonti finora sparsedel Sacramentario Gregoriano nelle sue varie forme,supplementi e addizioni, con l’inclusione anche delleMesse di Alcuino. Molti sono i testi che riguardanoMartino; non è necessario indicare le pagine dei trevolumi, perché la numerazione è progressiva. Ciòvale anche per i volumi seguenti.

MOHLBERG L. C., Das fränkische Sacramentarium Gela -sianum in alamannischer Überlieferung (Codes Sangall.Nº. 348. St. Galler Sakramentar Forschun gen I (Litur -giegeschichtliche Quellen, Helft 1/2), Münster inWestfalen 1918 (2ª edit. 1939), pp. 202-203: «Eodemdie. Natale sancti Martini episcopi».

DUMAS A., Liber Sacramentorum Gellonensis, Corpus Chri -stianorum. Series Latina (= CCL), 159A, Turnholti1981.

HEIMING O., Liber Sacramentorum Augustodunensis, Cor -pus Christianorum. Series Latina (= CCL), 159B,Turnholti 1984.

SAINT-ROCH P., Liber Sacramentorum Engolismensis. Ma -nuscrit B.N. Lat. 816. Le Sacramentaire Gélasien d’An -goulême, Corpus Christianorum. Series Latina (=CCL), 159C, Turnholti 1987.

MOELLER E., Corpus Benedictionum Pontificalium, CorpusChristianorum. Series Latina (= CCL), 162, 162A,162B, 162C, Turnholti 1971.

MOELLER E., Corpus Praefationum, Corpus Chri stianorum.Series Latina (= CCL), 161, 161A, 161B, 161C, 161D.

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Queste due ultime opere complessive, che raccolgo-no in modo critico rispettivamente i prefazi e le bene-dizioni pontificali, seguono l’ordine numerico pro-gressivo; le userò in appendice agli altri testi.

2. Studi generali e specifici

Poiché lo studio sulle fonti liturgiche di S. Martino èquasi nullo, raccolgo insieme nell’elenco bibliograficodegli studi tanto le opere che riguardano le linee genera-li delle varie liturgie, a cui mi sono ispirata, quanto ipochi articoli specializzati.

AA. VV., Anamnesis. 2. La Liturgia, panorama storico genera-le, Marietti, Casale 1978.

AA. VV., Anamnesis. 6. L’Anno liturgico: storia, teologia ecelebrazione, Casa Editrice Marietti, Genova 1988.

AUGÉ M., Le feste del Signore, della Madre di Dio e dei Santi,in AA. VV., Anamnesis. 6. L’Anno liturgico: storia, teolo-gia e celebrazione, Marietti, Genova 1988, pp. 221-259.

CATTANEO E., Il culto cristiano in Occidente. Note storiche,Edizioni liturgiche, Roma 1978.

GAMBER K., Codices Liturgici Latini Antiquiores (SpicilegiiFriburgensis Subsidia 1), 2ª ediz., 2 voll.,Universitätsverlag, Freiburg 1968.

GAMBER K., Codices Liturgici Latini Antiquio res/Sup ple -mentum. Ergänzungs- und Register band unter Mit -arbeit von B. BAROFFIO-F. DELL’ORO-A. HÄNGGI-J.JANINI-A. M. TRIACCA (Spicilegii Friburgensis Sub si -dia 1A), Uni ver sitätsverlag, Freiburg 1988.

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Come ho già detto più sopra, questa è un’opera indi-spensabile di consultazione di tutte le fonti liturgichelatine antiche, manoscritte ed edite, con aggiornatabibliografia di tutti i lavori critici testuali e interpretati-vi di ciascuna di esse: una «Clavis» o repertorio gene-rale, come opere analoghe di patrologia e di agiografia.

JOUNEL P., Luoghi della celebrazione, in «Nuovo Dizionariodi Liturgia» a cura di D. SARTORE e A. M. TRIACCA,Edizioni Paoline, Roma 1984, pp. 783-799.

JOUNEL P., Santi, Culto dei, in «Nuovo Dizionario diLiturgia», op. cit., pp. 1338-1355.

LAMBERT A., La Fête de l’«Ordinatio sancti Martini». Ses ori-gines, sa doctrine, dans la Liturgie Wisi go thique, in «Re -vue Mabillon» 26 (1936), pp. 1-27.

MORIN G., Sur la provenence du Missale Gothicum, in «Re -vue d’Histoire Ecclésiastique» 77 (1941), pp. 24-30.

NEUNHEUSER B., Storia della Liturgia, in «Nuovo Di ziona -rio di Liturgia», op. cit., pp. 1450-1478.

NOCENT A., Libri liturgici nella storia della Liturgia, in AA.VV., Anamnesis. 2. La Liturgia, panorama storico genera-le, Marietti, Casale 1978, pp. 137-145.

NOCENT A., Storia dei libri liturgici romani, in AA. VV.,Anamnesis. 2. La Liturgia..., op. cit., pp. 147-183.

Nuovo Dizionario di Liturgia, a cura di D. SARTORE e A. M.TRIACCA, Edizioni Paoline, Roma 1984.

OURY M., Formulaires anciens pour la Messe de Saint Mar -tin, in «Études Grégoriennes» 7 (1967), pp. 21-40.

PINELL J., Liturgie locali antiche (origine e sviluppo), in«Nuovo Dizionario di Liturgia», op. cit., pp. 776-783.

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PINELL J., La liturgia gallicana, in AA. VV., Anamnesis. 2. LaLiturgia, panorama storico generale, Marietti, Casale1978, pp. 62-67.

PINELL J., La liturgia celtica, in AA. VV., Anamnesis. 2. LaLiturgia..., op. cit., pp. 67-70.

PINELL J., La liturgia ispanica, in AA. VV., Anamnesis. 2. LaLiturgia..., op. cit., pp. 70-88.

PINELL J., Libri liturgici gallicani, in AA. VV., Anam nesis. 2.La Liturgia..., op. cit., pp. 185-190.

PINELL J., Libri liturgici ispanici, in AA. VV., Anam nesis. 2.La Liturgia..., op. cit., pp. 190-201.

RIGHETTI M., Manuale di Storia Liturgica. I. Intro duzionegenerale. II. L’Anno liturgico nella storia, nella messa,nell’ufficio. III. La messa. IV. I sacramenti. I sacramenta-li, 3ª edizione, Milano 1969.

SCICOLONE I., Libri liturgici, in «Nuovo Dizionario di Li -turgia», op. cit., pp. 701-713.

TRIACCA A. M., Ambrosiana, Liturgia, in «Nuovo Dizio -nario di Liturgia», op. cit., pp. 16-52.

TRIACCA A. M., La Liturgia ambrosiana, in AA. VV., Anam -nesis. 2. La Liturgia, panorama storico generale, Marietti,Casale 1978, pp. 88-110.

TRIACCA A. M., Libri liturgici ambrosiani, in AA. VV., Anam -nesis. 2. La Liturgia..., op. cit., pp. 201-217.

TRIACCA A. M., Teologia dell’Anno liturgico nelle Li tur gie oc -cidentali antiche non romane, in AA. VV., Anamnesis. 6.L’Anno liturgico: storia, teologia e celebrazione, Marietti,Genova 1988, pp. 307-366.

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SIGLE E ABBREVIAZIONI

BS = «Bibliotheca Sanctorum», a cura dell’IstitutoGiovanni XXIII della Pontificia UniversitàLateranense, Città Nuova Editrice, vol. VIII,Roma 1967.

CCL = Corpus Christianorum. Series Latina.

CSEL = Corpus Scriptorum Ecclesiasticorum Latinorum,Vindobonae 1866 ss.

MGH = Monumenta Germaniae Historica, Scriptores re -rum Merovingicarum.

PL = J.-B. MIGNE, Patrologiae Cursus Completus. Se -ries Latina, Parisiis 1844-1866.

SF = GREGORIO DI TOURS, La Storia dei Franchi, acura di M. OLDONI, 2 voll., Fondazione Lo -ren zo Valla - Arnoldo Mondadori Editore, [s.c.] 1981.

Visigotico = Missa de obitu[s] sancti Martini, edizione: J.JANINI, Liber Missarum de Toledo (Instituto deEstudios Visigótico-Mozárabes), t. I, Toledo1982, pp. 370-375.

Vita = SULPICIO SEVERO, Vita di Martino. Testo critico acura di JAN W. SMIT, ripreso dalla edizione diJ. FONTAINE, in SC 133, pp. 247-345, traduzioneitaliana di L. CANALI, Vita di Martino. Vita diIlarione. In memoria di Paola (Fon dazio ne Lo -renzo Valla, collana «Vite dei Santi», vol. IV, acura di Ch. MOHRMANN), Arnoldo Monda doriEditore, 2ª ed., [s. c.] 1983, pp. 1-67.

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Capitolo primo

FONTI STORICHE E PROFILO BIOGRAFICO

Nel quadro generale del mio lavoro, e nella fina-lità storico-liturgica che mi sono prefissa, la biogra-fia di S. Martino ha certo una sua importanza: nonperò in ogni dettaglio, meno ancora se si dovesseentrare nella soluzione di problemi tuttora apertifra gli storiografi del Santo circa le date della nasci-ta, del battesimo, del servizio militare, o circa i suoiitinerari e le sue permanenze nelle varie regionidell’Occidente. Interessano primariamente al mioscopo quei “fatti” che sono alla base della “memo-ria” liturgica: naturalmente, essi compongono o lafiligrana sottesa della vita del Santo che la comme-morazione liturgica ricorda, o soprattutto caratte-rizzano alcuni momenti della sua esistenza o nerivelano la sua attuale presenza celeste. Di qui lanecessità di comporre un profilo biografico diMartino, che sia come la naturale cornice entro laquale si situa tanto la storia quanto la memorialiturgica.

Importanza primaria invece assumono le fontistoriche, tanto della vita quanto dei miracoli di

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Martino: quelle fonti alle quali le varie liturgie, neivari tempi e luoghi, si sono ispirate per celebrarlo.

Per questo, presenterò in due punti distinti, dap-prima le fonti storiche secondo la loro cronologia e illoro valore documentario; poi un profilo biograficodel Santo, desunto dalle biografie presentate daglistu diosi più accreditati, ma in costante correlazionealle fonti più antiche.

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I. – FONTI STORICHE

Col termine «fonti» voglio innanzitutto intende-re i “testi scritti”, cioè le fonti “scritte” che sono lareferenza costante di chiunque voglia sapere e direqualcosa di esatto circa Martino. Non voglio esclu-dere con questo le testimonianze archeologiche eiconografiche; ma, senza farne un diretto oggettodella mia ricerca, le incorporerò di volta in volta,secondo la necessità, nello sviluppo tematico.

Non è stata e non è cosa facile individuare tuttele “fonti scritte”, che riguardano Martino, e determi-narne di volta in volta il valore storico e l’influssoliturgico. Si tratta prima di tutto di codificarle secon-do l’antichità e l’importanza che l’antichità ha datoad esse. Tra gli studiosi di critica, continua la discus-sione sul valore da attribuire a ciascuna fonte, spe-cialmente con attenzione al “dato storico” che essevogliono trasmettere, ma con intendimenti che nonsempre sono “storici” nel senso moderno del termi-ne: la loro ottica primariamente non è quella di scri-vere una sequenza cronologica di date e di fatti, madi proporre una figura. E tuttavia, per quanto io sap-pia, nessun critico di Martino ha ancora rapportatola “storia” alla “memoria”, analizzando come idiversi dati trasmessi vengano accolti o tralasciatidalle composizioni liturgiche. È in quest’ottica che io

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vorrei presentare le fonti, partendo dalle più antichee costitutive. La mia indagine si ferma al secolo VIII,momento importante della nuova rielaborazioneliturgica romano-gallicana.

1. Sulpicio Severo

Nacque verso il 360 in Aquitania, morì intornoal 420. Formato alla scuola di Ausonio e dei profes-sores di Bordeaux, si convertì all’ascetismo diMartino per influsso dell’amico Paolino di Nola edella suocera Bassula e ne divenne il propagandistazelante e geniale. Lo conobbe personalmente, negliultimi anni della vita del Santo; ne fu conquistato,ne divenne il difensore convinto e l’ardente imitato-re, tanto che egli stesso, nella sua tenuta diPrimuliacum presso Tolosa, costituì un asceterio, chelo impegnò tutta la vita. Paolino di Nola gli indiriz-zò una lunga lettera, piena di poesie epigrafichedestinate agli edifici religiosi innalzati da Sulpicio aPrimuliacum.

Egli è il rappresentante tipico di quella aristo-crazia gallo-romana, convertita all’evangelismoradicale ed esigente dell’ascetismo monastico checontesta in modo sano i vescovi «mondani» dellachiesa delle Gallie.

L’essenziale dell’opera di Sulpicio consiste in un

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trittico consacrato a S. Martino, abbondantementecopiato e diffuso nel Medioevo latino, e anche nelmondo greco, perché lo storico del V secoloSozomeno inserì nella sua Storia ecclesiastica un rias-sunto degli scritti di Sulpicio. Questo trittico com-prende la «Vita Martini», probabilmente finita nel397 prima della morte di Martino, tre «Epistulae» etre libri di «Dialogi», che completano la «Vita» e nedocumentano la grande diffusione. Son queste leopere principali di Sulpicio nei confronti diMartino. Non interessano che in un solo punto ilnostro argomento i due libri delle «Cronache» cheegli compose, abbracciando la storia sacra dallacreazione del mondo fino ai suoi tempi: essi tutta-via sono come lo sfondo ad orizzonte universaleper la sua esaltazione dell’ascetismo martiniano.

1.1. La «Vita di Martino»

È l’opera fondamentale di Sulpicio: «Capo -lavoro nel doppio senso della cronologia e dellaqualità letteraria, della biografia ascetica ed episco-pale nell’Occidente latino, la Vita Martini è un bril-lante manifesto del più antico monachesimo latino,attraverso i fatti e le gesta di un monaco vescovo,taumaturgo ed evangelizzatore, maestro spiritualee confessore della fede. Bisogna dire che la VitaMartini fissa per lunghi secoli i tratti di un certo

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modello cumulativo della santità cristiana integra-to con i modelli antichi, così come li avevano pre-sentati, in particolare, il NT, gli Atti e Passioni, laVita di Cipriano, le traduzioni latine della Vita diAntonio scritta in greco da Atanasio. La ricchezzadella cultura letteraria paleocristiana di Sulpicio siadatta così all’ideale di vita che fu, storicamente,quello di Martino: guardia imperiale divenuto sol-dato di Cristo, apostolo delle campagne, testimonedella fede ortodossa e delle esigenze evangeliche,di volta in volta perseguitato dagli ariani e daivescovi mondani, pastore formato da Ilario alleresponsabilità dell’evangelizzazione, infine media-tore dell’ascetismo monastico da lui già conosciutoa Poitiers e Milano».1

La «Vita di Martino» si apre con una epistoladedicatoria al carissimo amico Desiderio, al qualeanche Paolino di Nola invia una lettera; si estendeper 27 capitoli, in ordine cronologico, con pauseinterpretative personali dei fatti che racconta. Iniziacon l’infanzia di Martino, termina narrando il suoincontro col Santo, già vescovo di Tours e ormaiprossimo alla morte, e ne traccia un profilo spiritua-le bellissimo, che sarà come un modello ideale per

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1 M. SIMONETTI, Sulpicio Severo, in Dizionario Patristico e diAntichità Cristiane, vol. II, a cura dell’Institutum PatristicumAugustinianum - Roma, Marietti, Casale Monferrato 1984, col.3334.

gli asceti di Gallia e d’Italia, a partire dalla fine delsecolo IV.

Esula dal nostro campo entrare nella complessi-tà dei problemi che la Vita di Martino ha suscitato:problemi che sono stati amplissimamente affrontatie discussi dal migliore studioso attuale di Martino,J. Fontaine.2

1.2. Le «Tre Epistole»

Furono composte da Sulpicio dopo la morte diMartino, con diverso intento. La prima, AdEusebium presbyterum, è una forte apologia dellafigura ascetica e della potenza taumaturgica diMartino contro le calunnie di alcuni, che mettevanoin dubbio la verità delle cose narrate. La seconda,Ad Aurelium diaconum, è una specie di orazionefunebre di Martino, o meglio, un panegirico diMartino considerato come “martire”, e già interces-sore in cielo presso il Signore. Nella terza, AdBassulam socrum suam, descrive i particolari dellamorte e i funerali di Martino, non inclusi nella«Vita», presentandoli come un trionfo.

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2 Si veda specialmente la sua particolareggiata introduzio-ne all’edizione della Vita di Martino, ....SC 133-135, Paris 1967-1969.

1.3. «Dialoghi»

Sulpicio compose i libri dei Dialoghi intorno al404. Le edizioni li trasmettono in due o tre libri:alcune infatti suddividono in due il primo libro.L’intenzione di Sulpicio era sostanzialmente apolo-getica: voleva difendere se stesso e Martino contro icalunniatori e gli increduli. Per questo completa lenotizie su Martino, da lui considerato nella gloriaceleste, soffermandosi con testimonianze documen-tabili sulle virtù ascetiche e taumaturgiche delSanto e descrivendo alcuni miracoli da lui compiu-ti in vita.

Queste tre opere di Sulpicio Severo sono la fonteprimaria di quasi tutte le informazioni su Martino,che i testi liturgici recepiranno e trasmetteranno.

Che cosa pensare di esse, dal punto di vistadella critica storica? I maggiori conoscitori diMartino propendono per il valore “storico” dei rac-conti di Sulpicio: una storia, ovviamente, narratacon intento agiografico ed ascetico.

Dal punto di vista dell’analisi letteraria, cosìscrive J. Fontaine:

«Criticata in termini radicali e positivistici all’iniziodel XX sec., la storicità dei fatti riferiti da Sulpicionelle sue opere martiniane richiede una prudenteanalisi letteraria che segua le tappe della percezionedei fatti: lettura, da parte dello stesso Martino, della

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propria esperienza; costituzione di tradizioni orali incui l’immaginazione gallo-romana ha svolto unruolo capitale e oggi difficilmente decifrabile; infineil virtuosismo personale di un biografo che scriveall’indirizzo di un certo pubblico letterato, aristocra-tico, un po’ elitario, se non da cenacolo».3

Riprendendo l’argomento, sulla base degli studidi J. Fontaine, così Ch. Mohrmann ipotizza le pistesolutive della critica interpretativa:

«Il problema della veridicità oggettiva e soggettivadella narrazione di Sulpicio è molto più complesso diquanto non ritenessero Babut, Delehaye e altri.Fontaine ha il merito di avere indicato nuove stradeper la valutazione della storicità dell’opera. Ma nonsi può dimenticare che certi problemi [...] possonotrovare la loro soluzione definitiva solo su un terre-no che non è più quello della filologia, ma soprattut-to della storia delle religioni, della spiritualità, ecc.».4

Aggiungo, da parte mia, che tra queste piste èda privilegiare quella celebrativa delle Chiese anti-che, non ancora studiata e valutata dai critici.

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3 J. FONTAINE, art. cit., col. 3334.4 Ch. MOHRMANN, Introduzione alla Vita di Martino. Vita di

Ilarione. In memoria di Paola (Fondazione Lorenzo Valla, collana“Vite dei Santi” a cura di Christine Mohrmann, vol. IV),Arnoldo Mondadori Editore, 2ª ed., [s. c.] 1983, p. XVIII.

2. Paolino di Nola

Più che una fonte propriamente detta per lecelebrazioni liturgiche, Paolino di Nola riveste unvalore di testimonianza storica sia per Martino cheper Sulpicio Severo. Li ha personalmente conosciu-ti ambedue. Nacque in Aquitania intorno al 355, danobile famiglia senatoria; studiò a Bordeaux nel cir-colo del famoso retore Ausonio, dove strinse amici-zia con Sulpicio; ricevette il battesimo verso il 390,e si convertì alla vita ascetica insieme con la moglieTarasia. Da Martino ancor vivente ebbe la grazia diriacquistare la vista, come racconta lo stessoSulpicio nella Vita di Martino.5 Trasferitosi a Nola inCampania, già sacerdote, nel 395, mantenne corri-spondenza epistolare con le maggiori personalitàcristiane del tempo.

Scrisse alcune Lettere, in risposta a SulpicioSevero. Importante l’Epistula 32, nella quale dimostrala sua personale stima e venerazione per S. Martino,che – scrive – «mediante una perfetta imitazione diCristo, portò l’immagine dell’uomo celeste», diven-tando egli stesso «anima celeste».6 In questa Lettera

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5 Vita, 25, 4.6 PAOLINO DI NOLA, Epistula 32, 15. CSEL 276: «Recte enim in

lodo refectionis humanae Martinus pingitur, qui caelestis homi-nis imaginem perfecta Christi imitatione portavit, ut deponenti-

Paolino invia a Sulpicio alcuni epigrammi in versi dacollocare nei nuovi edifici da lui costruiti aPrimuliacum. Nel battistero Sulpicio aveva fattodipingere l’immagine di Martino. Paolino ne dettòl’iscrizione, che resta come documento di un primoculto a Martino.

3. Paolino di Périgueux

Non si hanno molte notizie della vita di questopoeta del V secolo, spesso confuso nella stessa anti-chità col più noto Paolino di Nola. Nacque intornoall’anno 400. L’opera più nota di Paolino è il poemaagiografico De vita sancti Martini episcopi libri sex,composto, forse per essere letto in pubblico, su invi-to di Perpetuo, vescovo di Tours,7 il quale gli sugge-rì di mettere in versi l’opera martiniana di Sulpicio edi aggiungervi anche la versificazione di un suoopuscolo sui miracoli compiuti da s. Martino dopo lamorte. Così traspare dal Prologus dell’opera, indiriz-zata a Perpetuo, e dal libro sesto, che interamente

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bus in lavacro terrenae imaginis vetustatem imitanda caelestisanimae occurrat effigies».

7 Perpetuo fu il sesto vescovo di Tours, secondo l’indica-zione del suo successore, lo storico Gregorio di Tours, HF 10,31, 6, PL 71, coll. 565-566. Di lui parlerò specialmente nel capi-tolo secondo, quando tratterò del culto di Martino e della suaBasilica, ricostruita da Perpetuo.

dipende dallo scritto che il vescovo di Tours gliaveva inviato.8 Paolino compose così un poema di3622 versi, seguendo da vicino nei primi cinque librila trama storica di Sulpicio Severo, ma con ampollo-sità retorica. Compose pure una iscrizione di 25versi, intitotala De orantibus,9 da collocare nellanuova basilica di S. Martino costruita da Perpetuo,esaltando in essi la molteplicità dei prodigi compiu-ti ininterrottamente dal Santo.

Proprio a motivo del libro sesto del suo poemae di questa iscrizione in versi, Paolino funge daanello di congiunzione storica fra Sulpicio Severo egli scrittori che seguirono; ed è anche testimone delculto tributato al Santo. Purtroppo, il testo diPerpetuo sui miracoli di S. Martino non è giuntofino a noi; lo conosciamo solo attraverso l’opera diPaolino.

4. Gregorio di Tours

Gregorio di Tours nacque intorno al 538 a Cler -mont-Ferrand da famiglia di origine romana. Fuvescovo di Tours dal 573 alla morte, avvenuta nel594. Fu molto addentro alle complicate vicende

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8 PAOLINO DA PÉRIGUEUX, De Vita sancti Martini episcopi, pro-logus, CSEL 16, pp. 17-18; liber sextus, ibid., pp. 138-159.

9 Ibid., p. 165.

della Gallia merovingia. Benché non avesse potutoricevere un’istruzione secondo le scuole romane delpassato a motivo delle invasioni barbariche, non siastenne dallo scrivere, e scrivere anzi molte opere,soprattutto storiche. Fu storico e scrittore di noncomuni qualità. Ci sono rimaste due opere princi-pali: Miraculorum libri viii, di contenuto agiografico,e Historiarum libri X, comunemente chiamatiHistoria Francorum. In quest’ultima opera raccontaspecialmente l’origine del regno dei Merovingi e laloro conversione, soffermandosi in particolare suClodoveo. Mette in forte risalto la lotta accanita deire Merovingi contro i Goti ariani. Ma in tutte questevicende, quasi in filigrana, egli vuole mostrare lapresenza e la potenza che S. Martino dispiega dallasua Basilica di Tours, centro religioso della Galliadel tempo. Degli otto Libri dei miracoli, quattro sonointeramente dedicati a narrare i prodigi operati daS. Martino: essi vengono anche chiamati De virtuti-bus sancti Martini.

L’opera di Gregorio di Tours è indubbiamente,per importanza e influsso, la seconda fonte storicadei dati e dei fatti riguardanti Martino. Egli certo si èservito della documentazione d’archivio di Tours,specialmente di quella trasmessa da Perpetuo, inparte versificata da Paolino di Périgueux quanto aimiracoli di Martino. Interessante specialmente ilCalendario liturgico della Chiesa di Tours, da lui

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copiato da un manoscritto di Perpetuo e trascrittonella Storia dei Franchi,10 di eccezionale valore per ilnostro argomento.

5. Alcuino

Alcuino (Albino Flacco Alcuino) nacque vicino aYork intorno al 735: ivi ricevette un’educazionemolto profonda dall’arcivescovo Egberto, erededella cultura ivi trasmessa dai monaci evangelizza-tori dell’Inghilterra, e specialmente dal VenerabileBeda. Fattosi monaco benedettino, fu ordinato dia-cono verso il 780 e inviato a Roma dall’ArcivescovoEanbold. Al suo ritorno, incontrò a Parma Car -lomagno, che lo ingaggiò al suo servizio. Egli desi-derava che Alcuino si occupasse della riforma lette-raria in Francia. Così, alcuni anni più tardi, gli affi-dò la scuola del Palazzo reale, che accompagnava ilRe nei suoi trasferimenti. Desideroso di vivereappieno la sua vita monastica, Alcuino chiese di riti-rarsi a Fulda; ma Carlomagno non glielo permise, enel 796 lo nominò abate di San Martino di Tours. Daallora divenne maestro e guida nella riforma deimonaci di Tours. Ivi rimase fino alla morte, che locolse il 19 maggio 804.

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10 GREGORIO DI TOURS, Historia Francorum, X, 31, 6. OLDONI,pp. 595-599.

L’opera di Alcuino è nota soprattutto in campoliturgico: grande influsso ebbero infatti le messecomuni e votive che compose, le orazioni e le bene-dizioni: il suo Sacramentario attinge a quello «grego-riano» ormai divulgato al tempo di Carlomagno, ead altre fonti più antiche.

Interessano direttamente il nostro argomento,accanto alla produzione liturgica, una lettera cheAlcuino indirizzò ai monaci di S. Martino di Toursprima di divenirne l’abate,11 e due brevi scritti sullavita di S. Martino: un opuscolo, intitolato Scriptumde Vita sancti Martini Turonensis,12 e un’omelia sulsuo transito: Sermo de transitu sancti Martini.13

Alcuino, persona dotta, non indulge a retorica, macita le fonti antiche sicure, con tale precisione che,istituendo un confronto ad esempio fra l’Epistola IIIdi Sulpicio e il Sermo di Alcuino, si potrebbe ricosti-tuire qualche frammento originario della Lettera diSulpicio nella parte a noi giunta carente dalla tra-smissione dei codici, ma presente come elemento inalcune celebrazioni liturgiche.

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11 Epistola 23, Ad Fratres sancti Martini Turonicae Civitatis,PL 100, coll. 176-178. La scrisse intorno al 795: in essa lodaMartino come insigne esempio dei monaci e loro protettore interra e in cielo.

12 Edito in PL 101, coll. 657-662.13 Edito in PL 101, coll. 662-664.14 HF I, 36.

II. – VITA DI MARTINO

1. Nascita e fanciullezza

Secondo le informazioni di Gregorio di Tours14 egli ultimi studi di Elie Griffe15 e Jacques Fontaine,16

Martino nacque nel 316/17 a Sabaria, città fortifica-ta, alla frontiera dell’Impero Romano d’occidente,centro importante della Pannonia inferiore (oggiSzambatkely). Suo padre era un tribuno militareche, per amore del dio della guerra Marte, chiamòsuo figlio Martino, cioè piccolo Marte. La fanciullez-za di Martino trascorse però in Italia, a Pavia, doveil padre era stato trasferito in una nuova guarnigio-ne. Qui ricevette l’educazione tipica dei fanciulliromani, figli di militari, seguendo verosimilmente ilcorso regolare degli studi classici, «senza giungeretuttavia a quegli studi che noi chiameremmo supe-riori, perchè giovanissimo a 15 anni entrò nell’eser-cito».17 Ma già in quegli anni, forse proprio frequen-tando la scuola, Martino ebbe modo di conoscere il

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14 HF I, 36.15 E. GRIFFE, La Gaule chrétienne à l’époque romaine, I, 2ª ed.,

Paris 1964, pp. 203 ss.16 J. FONTAINE, Verité et fiction dans la chronologie de la Vita

Martini, in Saint Martin et son temps (Studia Anselmiana 46),Roma 1961, pp. 189-...

17 BS, Col. 1249.

cristianesimo, venendo subito conquistato dal fasci-no di questa nuova religione dal volto umano eppursublime, tanto che «a dieci anni, contro il volere deigenitori, si rifugiò in una chiesa e domandò didiventare catecumeno».18 I suoi genitori infatti eranopagani e il padre, come si desume dell’ostilità versola condotta del figlio19 era tenacemente legato alculto dell’impero e ben deciso a determinare il futu-ro del figlio: sognava per lui una brillante carrieramilitare. Non era questo il desiderio di Martino cheaspirava piuttosto al servizio di Dio, «sempre prote-so verso le celle degli eremiti o verso la Chiesa».20

Tuttavia il suo animo buono accettò il volere delpadre.

2. Il soldato e il cristiano

A quindici anni Martino prestò il solenne giura-mento militare, giacchè ciò era previsto dalla legisla-zione vigente, riguardo ai figli dei veterani, maancor più perché forzato dall’autorità paterna. Entròdunque, con il grado di circitor,21 nella militia aeque-

47

18 Vita 2,3.19 Vita 2, 5.20 Vita 2, 4.21 Così annota JAN W. SMIT, Commento alla «Vita Martini», in

Vita di Martino. Vita di Ilarione. In memoria di Paola, (FondazioneLorenzo Valla, collana “Vite dei Santi”, vol. IV, a cura di CH.

stris, con doppio soldo, avendo anche la facoltà ditenere con sé uno schiavo. Martino trascorse tre anninella militia prima di diventare cristiano compor-tandosi «come un candidato al Battesimo e come unascoltatore non sordo ai precetti del Vangelo».22 Egliinfatti trattava il suo schiavo come un fratello, erapieno di benignità, di pazienza verso i commilitoni,frugale, umile, integro dai vizi che solitamente avvi-luppano gli uomini d’armi. Martino era un giovaneesemplare; si allenava dunque a divenire quel «sol-dato di Cristo»23 che solo più tardi compiutamentesarà, compiendo fin d’ora, da catecumeno, le opereproprie del cristiano: «soccorrere gli sventurati,nutrire i bisognosi, vestire gli ignudi».24

3. Il Battesimo

Martino si trovava allora nell’importante guar-nigione romana di stanza nella Belgica Secunda, pro-

48

MOHRMANN), Arnoldo Mondadori Editore, 2a ed., [s.c.] 1983, p.261: «Se potevano disporre di due buoni cavalli, oppure di uncavallo e di uno schiavo, i figli dei veterani erano autorizzati amilitare con il grado di circitor, il penultimo della militia aeque-stris. Agli scholares invece era permesso di avere con sé piùschiavi.

22 Vita 2, 8.23 Vita 4, 3.24 Vita 2, 8.

prio nella città di Amiens. Qui, in un inverno parti-colarmente rigido, gli si offrì l’occasione di operarenon secondo il criterio dell’egoismo e della stoltez-za, proprio dei molti (come Sulpicio rileva bene),25

ma seguendo quell’impulso interiore di chi è con-dotto da Dio. Senza esitare, diede metà del suomantello al povero che chiedeva di essere aiutato.Sappiamo che questo fatto determinerà la iconogra-fia martiniana per secoli, ma già prima aveva deter-minato la decisione di Martino. Infatti, dopo ilsogno nel quale il Cristo stesso gli si presentavavestito del suo mantello e proferiva le solenni paro-le: «Martino che non è che un catecumeno mi hacoperto con questa veste»,26 si affrettò a ricevere ilsacramento della rigenerazione, il Battesimo dei cri-stiani. Era il 334 e Martino aveva 18 anni.27

Dopo il Battesimo, diventa difficile stabilire lacronologia della vita di Martino, seguendo SulpicioSevero che «dichiara che il giovane ufficiale rimaseancora per due anni nell’esercito, ma è quasi certo

49

25 Cfr. Vita 3, 1-2.26 Vita 3, 3.27 Scrive Christine Mohrmann: «Fino a questo punto, se si

seguono le informazioni di Sulpicio partendo dalla data dinascita indicata da Gregorio di Tours, il corso degli avvenimen-ti non si scontra con difficoltà cronologiche. Non è così per ilperiodo seguente» (Vita di Martino..., op. cit., introduzione, p.XX).

che la sua permanenza fu più lunga... Secondo lericerche più recenti... pare si debba giungere alla con-clusione che Martino rimase ufficiale nelle alae scho-lares per circa vent’anni. Se Sulpicio calcola in dueanni la permanenza del suo maestro spirituale nellealae, si tratta di un errore o più verosimilmente di unpretesto per non aggravare quella che allora eraun’irregolarità canonica per una elezione episcopa-le».28 Si sa che a quell’epoca c’erano molti pregiudizisul servizio statale e militare, diffusi tra gli ambientiascetici ed ecclesiastici, si era perciò sfavorevoliall’ammissione nel clero di persone che avevanomilitato nell’esercito. Sulpicio, avvocato di professio-ne, volle difendere il suo santo dalle critiche dei con-temporanei, lasciando nel vago la cronologia deglianni che Martino trascorse nella militia.

«Martino desiderava sottrarsi al servizio milita-re, ma una volta arruolati nella guardia imperialenon si poteva lasciarla né rapidamente né facilmen-te».29 A trettenerlo nel servizio militare c’era unlegame di amicizia con il suo tribuno, che gli avevapromesso di ritirarsi dal mondo alla scadenza dellasua ferma. Martino dunque proseguì il suo serviziomilitare «benchè soltanto di nome»30 venerato con

50

28 BS coll. 1251-1252.29 BS col. 1252.30 Vita 3, 6.

grande affetto dai commilitoni, ammirati dalla suavirtù, infatti «si sarebbe creduto non soldato, mamonaco».31

4. Il congedo

Il 356 per Martino fu un anno decisivo perché siavvicinava il momento di attuare il progetto che daanni maturava nel suo cuore: lasciare il servizio del-l’imperatore, finalmente libero da ogni vincoloumano, servire soltanto il suo Signore; essere un verosoldato, non più di Cesare, ma di Cristo, come loerano i monaci.

Nel 355 il Cesare Giuliano era stato incaricato diarrestare le avanzate dei barbari nelle Gallie. Perciònei primi mesi del 356 egli si apprestava a radunaretruppe romane nella città dei Vangioni32 (Worms).Questo era il tempo propizio a Martino per presenta-re la sua richiesta di congedo dal servizio militare.

51

31 Vita 2, 7.32 Scrive JAN W. SMIT, Commento alla «Vita Martini», in Vita di

Martino..., op. cit., p. 263-264: «Gli avvenimenti descritti si riferisco-no al periodo compreso tra l’invasione dei barbari del 352 e il con-trattacco di Giuliano del 356... La campagna di Giuliano contro gliAlamanni e i Franchi, narrata per esteso da Ammiano Marcellino,fu un’operazione di rastrellamento che, partendo da Parigi dovel’imperatore risiedeva, si spinse fino oltre il Reno. Da AmmianoMarcellino sembra che i barbari, tra l’altro, avessero occupatoWorms».

Cogliendo l’occasione di una distribuzione didonativi ai soldati, come era consuetudine, presso iromani, prima di ingaggiare la battaglia, Martinodisse al Cesare «finora ho militato ai tuoi ordini per-mettimi ora di militare al servizio di Dio. Riceve ildonativo chi fa proponimento di combattere per te;io sono soldato di Cristo: combattere non mi è leci-to».33

Nonostante l’ira del Cesare, contrariato dallarichiesa di Martino, questi rimase fermo nel suo pro-posito e infine, aiutato dal Signore, lasciò il serviziodella cavalleria inperiale. Martino aveva allora qua-rant’anni, era un uomo maturo che stava per finireuna carriera durata venticinque anni (dal 331 al 356).Lo Studioso J. Fontaine ha mostrato come questa cro-nologia “lunga” renda più plausibile tutto il raccon-to della carriera militare di Martino.34

5. Incontro con Ilario di Poitiers

Quando Martino giunse a Poitiers nel 356, Ilarioera vescovo di questa città da qualche anno,35 ma giàla sua fama di controversista nella lotta agli ariani si

52

33 Vita 4, 3.34 J. FONTAINE, Vérité et fiction..., op. cit., pp. 198-....35 BS col. 1255, che cita l’opera di Ilario di Poitiers De

Synodis, PL 10, col. 545.

era diffusa nelle chiesa della Gallia e Martino certa-mente aveva avuto notizie della grande fede di que-st’uomo santo, perciò, pieno di ammirazione, decisedi recarsi da lui per essere iniziato al servizio di Dioa cui aspirava ardentemente. Qui «rimase per qual-che tempo»,36 divenendo discepolo di Ilario. Questi,già profondo conoscitore della Sacra Scrittura tra-smise a Martino l’amore per la Parola di Dio medi-tata e imparata. «Alla scuola di Ilario Martino visseuna vita di perfezione nel servizio attivo dellaChiesa. Già nel 356 egli ricevette una prima forma-zione tra i presbiteri di Poitiers, dove poteva esiste-re una vita cenobitica, come quella di Vercelli, pres-so il vescovo Eusebio».37 A quell’epoca non c’eraancora il divieto esplicito per gli ex-militari riguar-do agli ordini sacri (370), ma Martino nella sua umil-tà non accettò il diaconato che Ilario più volte glioffrì. Divenne perciò esorcista, un incarico piùumile, di solito poco ambito.

6. Viaggio in Pannonia

Dopo alcuni mesi di permanenza a Poitiers,Martino ebbe un sogno premonitore, riguardo aisuoi vecchi genitori, ancora pagani. Sembrandogli

53

36 Vita 5, 1.37 Cfr. DS, t. X, col. 688.

questo un segno della volontà di Dio, partì con ilconsenso di Ilario alla volta della Pannonia «conl’animo mesto, avendo assicurato ai fratelli di dove-re affrontare molte avversità».38

Si intuisce la tristezza di Martino che lasciavaun maestro a cui si era legato con tanta amicizia,che piangendo lo supplicava di ritornare.

Attraversò le Alpi e qui cadde in mano ai bri-ganti, ma confidando nella misericordia di Dio «chesi manifesta nelle prove della vita»,39 riuscì ad otte-nere la conversione di uno di loro. Dopo aver supe-rato Milano, ebbe inizio per Martino quella serie diincontri e di lotte con lo spirito del male che dove-va caratterizzare tanta parte della sua vita, sia comemonaco sia in qualità di vescovo. Qui Martinocomincia davvero una nuova milizia, a servizio diCristo, contro le forze del male che in modo svaria-tissimo lo tormenteranno; qui eserciterà ancor piùla sua tempra di soldato, ormai teso ad estendereun altro impero, quello del Signore Gesù. Gli si pre-sentò dunque il diavolo che con baldanza disse:«dovunque andrai e qualunque cosa tenterai, trove-rai il diavolo davanti a te».40 In quest’occasioneviene evidenziata la familiarità di Martino con la

54

38 Vita 5, 3.39 Vita 5, 5.40 Vita 6, 2.

Sacra Scittura quale potenza è la Parola di Dio!Prendendola dunque come suo scudo proclamò: «IlSignore è il mio sostegno, non temerò che cosapossa farmi l’uomo».41 A quelle parole il demoniofuggì.

7. Lotta contro il paganesimo e l’arianesimo

Giunto nella sua patria, in Pannonia, con l’ar-dente desiderio di portare alla luce della verità i suoigenitori, riuscì a convertire sua madre, mentre ilpadre, l’antico uomo d’armi fedele al culto degli dei,rimase irremovibile nel paganesimo. Martino cri-stiano esemplare, attirò molti a Cristo e iniziò pro-prio nella sua regione quella nuova militia per pro-pagare il Regno di Dio. Il suo santo maestro Ilariobene lo aveva preparato a queste battaglie, perciòMartino non esitò «a rintuzzare con fierissima ener-gia la fede corrotta dei vescovi»,42 giacché l’eresiaariana avanzava come una mareggiata, diffonden-dosi ovunque e «soprattutto nell’Illirico».43 Martino,uomo coraggioso, che aveva in Dio il suo sostegno,sopportò tutto. Fu maltrattato, battuto con verghe,cacciato dalla città. S’avviò allora verso la Gallia,

55

41 Cfr. Sal. 117, 6.42 Vita 6, 4.43 Vita 6, 4.

tornando da Milano, dove ebbe notizia che Ilario erastato esiliato in Frigia dagli eretici ariani, dopo ilconcilio di Béziers del 356, al quale aveva imposto lasua volontà l’imperatore Costanzo.44 A Milano loattendevano altri spirituali combattimenti; infatti ilvescovo allora era Aussenzio, tenace sostenitore del-l’arianesimo, designato alla carica vescovile dallostesso imperatore.45 Martino allora si fermò aMilano, dando inizio a quel sogno della vita che daanni teneva nell’animo: essere monaco al pari diquegli eremiti che illuminavano da tempo la Chiesain Oriente. Il monachesimo già albeggiava inOccidente con Eusebio di Vercelli e con la perma-nenza di Atanasio a Treviri, ove si divulgò la famadel grande Antonio eremita d’Egitto.

Martino conosceva l’arma sicura contro ogniforma di male, ma specialmente contro quello dello

56

44 Cfr. BS col. 1256.45 Annota JAN W. SMIT, Commento alla «Vita Martini», in Vita

di Martino..., op. cit., p. 267: «Auxentius: “Aussenzio”: un arianooriginario della Cappadocia, nel 355 fu nominato dall’impera-tore Costanzo vescovo di Milano. In tale veste divenne il prin-cipale sostenitore dell’arianesimo in Occidente. Non riuscironoa farlo allontanare né gli interventi di Ilario di Poitiers pressoValentiniano nel 364-365, né l’attacco sferratogli da Atanasionel 369. Aussenzio continuò a occupare la sua sede vescovilefino alla morte, avvenuta nel 373 o nel 374. Tuttavia come suosuccessore fu eletto Ambrogio: evidentemente la sua influenzasui fedeli non doveva essere troppo grande».

spirito, quale l’eresia e l’incredulità: l’arma cioè dellapreghiera incessante. Si ritirò dunque «in eremitag-gio».46 Qui fu accanitamente perseguitato da Aus -senzio che vedeva in lui un pericoloso oppositore eforse più ancora l’esemplare evangelico che avrebbeattirato il popolo, perciò «più volte oltraggiatolo, fecescacciare dalla città Martino».47

8. Martino monaco

Martino non si turbò a tale evento, ma docilmen-te accettò le circostanze avverse, decidendo di ritirar-si in un luogo deserto a continuare l’esperienza ere-mitica intrapresa. Si fermò dunque nell’isolaGallinaria «in compagnia di un prete, uomo di gran-di virtù».48 Era il 360 quando Ilario tornava dall’esi-lio, rientrando a Roma e Martino avutane notizia siavviò verso la città, ma non trovò il suo maestro;allora lo raggiunse a Poitiers, dove Ilario lo accolse«con ogni affettuosità».49

Qui ebbe inizio la terza esperienza eremitica diMartino, quella di Ligugé, che sarà il primo veromonastero della Gallia e dell’Occidente. Sulpicio

57

46 Vita 6, 4.47 Vita 6, 4.48 Vita 6, 5.49 Vita 7, 1.

nar ra che Martino «stabilì una cella d’eremita nonlontana dalla città».50 «Ilario possedeva ad alcunemiglia da Poitiers una villa e permise al suo chiericodi ritirarvisi. Laggiù Martino visse come un monaco,ben presto circondato da discepoli ed evangelizzan-do coloro che abitavano nei dintorni. Questa fu l’ori-gine del monastero di Ligugé, il più antico conosciu-to in Europa. Probabilmente al tempo di Martino viera in questo luogo un centro per la preparazione dicatecumeni e forse anche un battistero campestre.Recenti scavi hanno rivelato infatti l’esistenza di unavilla gallo-romana del secolo IV e quindi di un mar-tyrium più tardivo.

Gregorio di Tours parla di quest’ultimo nel rac-conto del suo pellegrinaggio a Ligugé».51 «Se Sul -picio non ci informa sulle relazioni di Ilario e diMartino nei sette anni in cui Martino visse presso ilvescovo di Poitiers, possiamo tuttavia supporre checi siano stati contatti più o meno stretti nei qualiIlario avrà dato il contributo maggiore. La posizio-ne sociale del vescovo di Poitiers, la sua cultura, laprofondità del suo ingegno, quale si manifesta nellesue opere, lo rendono per molti aspetti superiore

58

50 Vita 7, 1.51 J. COQUET, Les édifices religieux du Haut Moyen-Age à l’ab-

baye de Ligugé, in “Revue Mabillon”, 45 (1955), pp.....; citato inBS, col. 1257.

all’antico uomo d’armi che fa esercizio di praticheascetiche. Benchè Martino avesse condotto vita d’a -scesi già prima del secondo soggiorno a Poitiers, ela sua fondazione di Ligugé somigliasse molto, ini-zialmente, alle celle di Milano e della Gallinaria, c’èmodo di credere che Ilario influenzò la spiritualitàascetica di Martino».52

9. Martino monaco-taumaturgo

In modo ammirevole il Signore manifestò la suapresenza ed approvò agli occhi di tutti il suo mona-co Martino, concedendogli il carisma dei miracoli.Proprio a Ligugé ebbe inizio quella straordinariaattività taumaturgica che tanto attirò le folle deisemplici attorno a Martino, in tutta la Gallia. Uncatecumeno del monastero di Ligugé venne risusci-tato dopo tre giorni dalla morte e così pure unpovero schiavo di un notabile, in una casa poco lon-tana dell’eremo di Martino. È lecito chiedersi conquali mezzi Martino operasse tali prodigi. Una solaè la risposta: non con gli accorgimenti umani e per-ciò magici; ma solo con la pregheira umile e inten-sa, avendo «tutto l’animo concentrato nello Spirito

59

52 Ch. MOHRMANN, Introduzione alla Vita di Martino..., op.cit., p. XXIV.

Santo».53 Viene spontaneo il raffronto con episodisimili narrati nella Scrittura. Conosciamo infatti chePietro e Paolo durante la loro missione evangelizza-trice operavano miracoli, risuscitando perfino imorti (cfr. At 9, 40-41 e At. 20,9-12); in questo modosi realizzava la parola di Gesù (cfr. Mc 16, 17-18) cheaveva promesso segni straordinari a testimonianzadel suo nome potente. Come non scorgere allora inquesto secolo IV, nella persona di Martino, il conti-nuatore degli Apostoli? Anch’essi «predicaronodap pertutto mentre il Signore confermava la Parolacon i prodigi che l’accompagnavano» (Mc 16, 20). ESulpicio, cogliendo con finezza tale somiglianzadice che «da questo momento, per la prima volta larinomanza dell’uomo beato risplendette; così chiera già da tutti ritenuto santo, fu anche ritenutopotente e veramente simile agli Apostoli».54

10. Martino monaco-vescovo di Tours

Già nel 367 era morto il grande Ilario, l’Atanasiod’occidente, da tutti ammirato per la sua fermezzanella fede e la profonda conoscenza delle cose diDio e Martino, memore dei suoi insegnamenti ri -mase a Ligugé, continuando la sua vita umile e a -

60

53 Vita 7, 3.54 Vita 7, 7.

scetica, che durava già da sette anni. Dopo qualcheanno anche nella città vicina mancò il vescovo e«quando i cristiani di Tours furono chiamati a sce-gliere un nuovo pastore, per sostituire Liborio cheera morto nel 371»,55 vollero che Martino governas-se la loro Chiesa. Sulpicio descrive l’elezione diMartino come un trionfo: «In mirabile modo un’in-credibile moltitudine, non solo da quel borgo, maanche dalle città vicine si era radunata per recare isuoi suffragi. A tutti un’unica volontà, i medesimidesideri; il medesimo sentimento: Martino era ilpiù degno dell’episcopato; fortunata la Chiesa cheavrebbe avuto un tal vescovo».56 Eletto per acclama-zione di popolo, Martino non potè sottrarsi e fuconsacrato vescovo di Tours, il 4 luglio del 371.57

Alcuni tuttavia, tra i vescovi convocati, si oppone-vano alla sua consacrazione, non ritenendo che ilsuo aspetto esteriore fosse onorevole per la caricaepiscopale; ma «il Signore rendeva gloria a se stes-so nella persona di Martino».58 L’incarico episcopa-le non turbò né inorgoglì il nostro santo che «perse-verava con assoluta fermezza ad essere l’uomo ches’era mostrato in precedenza. La medesima umiltà

61

55 Cfr. HF, X, 31.56 Vita 9, 2-3.57 H.F. II, 14.58 Vita 9, 7.

nel suo cuore, la medesima povertà nel suo abito; ecosì pieno d’autorità e di grazia, compiva il suoufficio episcopale, tuttavia in modo da non trala-sciare la condotta e le virtù monastiche».59

11. Martino vescovo missionario

Dal 371 la storia di Martino è quella del suo epi-scopato, durato ben ventisei anni (dal 371 al 397).Da questo preciso momento «egli risponde alla ric-chezza delle sue molteplici vocazioni, che devecerto alla formazione ricevuta da Ilario, ma anche,senza dubbio, al suo proprio genio spirituale,sapendo trasporre nella militia Ecclesiae le esperien-ze della militia Caesaris... Questa spiritualità ricchis-sima non rinnega nulla del suo passato: la suapastorale di vescovo sarà dunque militante e altempo stesso monastica».60 Martino iniziò un’inten-sa opera missionaria fuori dalla città di Tours, nellecampagne, ben conoscendo, per la sua passataesperienza militare, quale fosse la situazione dellepopolazioni galliche. «Nel IV secolo soltanto laProvenza e in genere le coste del Mediterraneoerano solidamente evangelizzate, così come la valle

62

59 Vita 10, 1-2.60 Cfr. J. FONTAINE, Martin (saint), évêque de Tours, in DS, X,

Beauchesne, Paris 1980, col. 688.

del Rodano. Il rimanente della Gallia possedevacomunità cristiane isolate e quelle delle città princi-pali: l’autorità del vescovo era limitata dai bastionidella città. Le campagne inoltre, erano spesso divi-se in grandi poderi coltivati da coloni e schiavi...C’erano soltanto dei borghi (vicus) in cui, forse, lapopolazione era in piccola misura simile a quelladelle città minori».61

Martino si adoperò con energia e coraggio ecce-zionali: in lui traspariva la fierezza e la forza del-l’antico ufficiale dell’esercito. Ma era il suo zelo peril Regno di Dio, per la causa di Cristo che lo spinge-va ad agire. Non temette l’ostilità dei pagani né ipericoli per la sua vita.62 Sempre fiducioso nell’aiu-to divino intraprese e continuò quell’opera di evan-gelizzazione per la quale si sentiva insignito dalmandato episcopale. Per anni lottò contro il paga-nesimo delle campagne galliche, soccorso sempredal carisma dei miracoli che Dio gli concedeva.Alcuni fatti narrati dal Sulpicio63 sono emblematicidel suo ministero e del carisma taumaturgico: unpino sacro si abbatté altrove mentre Martino alzavail segno della salvezza; il fuoco, appiccato al tempiopagano, si arrestò vicino alla casa senza danneg-

63

61 BS col. 1264.62 Cfr. Vita 13, 1; 14, 3; 15, 1-3.63 Si veda Vita 12, 5; 13, 1-8; 14, 1-2; 14, 6-7; 15, 3.

giarla; il coltello di chi lo stava per ferire sfuggì dimano; la turba che conduceva al sepolcro un paga-no si arrestò; un intero villaggio rimase impietritomentre Martino abbatteva il tempio e le statue deglidei. Questi ed altri – che Sulpicio dice di tralasciare– sono segni della forza dello Spirito che ovunqueconduceva il santo vescovo.

Nei luoghi visitati da Martino veniva erettosempre il segno di Cristo, là dove da secoli eranoadorati gli idoli «che non sapevano neanche aiutarese stessi».64 «Infatti dove egli aveva distrutto templipagani, subito, nello stesso luogo costruiva chiese oromitaggi».65

12. Le armi dello spirito

Nonostante queste azioni, che alla nostra sensibi-lità moderna sembrano esagerate e quasi violente,contro una forma di credenza diversa dal Cri stia -nesimo, Martino usava altre armi per ottenere la con-versione dei pagani: la preghiera, l’esempio, la parola.

Infatti Sulpicio dice che «con santa predicazionecosì mitigava gli animi dei pagani, che essi stessi,rivelata loro la luce della verità, abbattevano i pro-

64

64 Vita 14, 7.65 Vita 13, 9.

prio templi»;66 e ancora: «là per tre giorni vestito delcilicio e coperto di cenere, in continui digiuni e ora-zioni pregava il Signore, affinché la virtù divinadistruggesse quel tempio».67 Ma soprattutto «grazieai suoi miracoli e al suo esempio il nome di Cristodiventò così forte, che là non si trova più alcunluogo che non sia pieno di Chiese e di eremi ingrandissimo numero».68

Martino fu vescovo dall’animo grande e dalcuore intrepido, per questo non temeva di spezzarele abitudini del clero delle Gallie piuttosto chiusonelle città. Sulpicio annota: «Invero prima diMartino pochissimi, anzi quasi nessuno in queipaesi aveva ricevuto il Cristo».69

13. Martino vescovo fondatore di parrocchie rurali

«Vi sono nella diocesi di Tours alcune parroc-chie la cui origine risale sicuramente a Martino.Quella di Vicus Ambatiensis (Amboise), che eradiretta dal prete Marcello e dove Martino avevacominciato a distruggere un tempio pagano,70 quel-

65

66 Vita 15, 4.67 Vita 14, 4.68 Vita 13, 9.69 Vita 13, 9.70 Dial. III, 8.

la di Condate (Candes-sur-Loire) dove cercò di ri -conciliare fra loro alcuni membri del clero; la par-rocchia di Claudiomagus, posta “sui confini dei Bi -turigi e dei Turoni”71 e che probabilmente è l’odier-na Cliom... Martino fondò altre comunità cristianerurali (la cosa è nota ma non si possono precisare inomi)».72

Martino si recava regolarmente nelle comunitàcristiane della sua diocesi.

«Ogni anno infatti egli visitava regolarmente le par-rocchie, viaggiando semplicemente a dorso d’asino,in barca e talvolta a piedi, ma sempre accompagnatoda una scorta di monaci e di chierici... Lavoravasoprattutto ad incoraggiare i sacerdoti, a guidarli nelloro compito, a incitarli nella lotta contro l’idolatria eanche a ristabilire la pace.73 Nel corso dei suoi viaggiMartino fondava monasteri per coloro che eranodesiderosi di vivere secondo il suo esempio (in gene-re piccoli monasteri che nelle campagne del centrodella Gallia erano focolai di vita cristiana).L’evangelizzazione della Gallia rurale nel IV e Vsecolo deve molto a queste comunità ascetiche mar-tiniane. Martino fondò anche alcuni monasteri fem-minili».74

66

71 Dial. II, 8.72 BS col. 1264.73 Cfr. Dial. III, 8; Ep. III, 6-9.74 BS col. 1264.

14. Martino apostolo della caritàe difensore della giustizia

L’azione pastorale del vescovo Martino si esteseun po’ dovunque nel Centro e Nord delle Gallie,come ci attesta Sulpicio. Lo troviamo infatti aLevroux,75 nel paese degli Edui (Autun),76 più volte aTreviri,77 attraverso il Lussemburgo,78 a Candes,79

dove muore. A muoverlo sono lo zelo pastorale, lasua ardente carità e l’amore per la giustizia.Combatterà tutta la vita contro la superstizione el’idolatria, contro il male e la miseria, contro l’ingiu-stizia o le disgrazie immeritate. Non lo fermerannoné la fatalità delle cose, né il volere degli uomini. Inogni occasione era presente la potenza di Dio che inMartino operava miracoli. Dice Sulpicio: «La graziadelle guarigioni era in lui così potente che quasi nes-sun infermo si recò da lui senza recuperare subito lasalute».80 Ebbe pietà di quel povero schiavo che si eratolto la vita e lo risuscitò,81 si mosse a compassione diquel padre di famiglia che a Treviri lo supplicava per

67

75 Vita 14, 3.76 Vita 15, 1.77 Vita 16, 2; 20, 1-2; Dial. III, 2.78 Dial. III, 13.79 Ep. III, 6-9.80 Vita 16, 1.81 Vita 8, 2.

la sua fanciulla malata e la guarì;82 nella medesimacittà liberò un servo del proconsole che satana tortu-rava «con sofferenze mortali».83 Liberò la città daltimore di un’invasione dei barbari;84 a Parigi si com-mosse alla vista di un lebbroso e baciandolo lo tolsedal suo male. Si impietosì dei contadini a Sens edevitò la grandine ai raccolti.85 In un altro borgo risu-scitò un bambino.86

1) Carità. La straordinaria carità che animavaMartino si manifestò anche nella pietà per i peccato-ri. Sulpicio riferisce che «contestando il diavolo,Martino aveva ribattuto fermamente che le antichecolpe erano emendate da una migliore condotta divita e che per misericordia del Signore si dovevanoassolvere dai peccati coloro che avessero desistitodal peccare».87 Altrettanto grande fu il suo cuore nelperdonare gli avversari. Non rendeva a nessunomale per male perché «tanta pazienza assunse comedifesa da tutte le ingiurie da poter venire impune-mente oltraggiato, anche dagli ultimi chierici, lui cheera il sommo sacerdote, né perciò li destituì dalla

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82 Vita 16.83 Vita 17, 1-2.84 Vita 18, 1-2.85 Dial. III, 7.86 Dial. II, 4.87 Vita 22, 4.

loro funzione o li respinse, per quanto dipese da lui,dal suo affetto».88

2) Giustizia. In ogni occasione Martino si compor-tò con coraggio ed energia impareggiabili tanto che losi potrebbe paragonare ai profeti d’Israele che nontemevano di denunciare le ingiustizie, nemmeno aire. Martino «protettore dei deboli, non esitava adaffrontare gli alti funzionari e lo stesso imperatore perricordare loro i propri doveri ed incitarli alla giusti-zia».89 Si ricordano a questo proposito l’incontro conil tiranno Avitianus a Tours, per distoglierlo dal pro-posito di uccidere alcuni prigionieri politici, la visitaall’imperatore Valentiniano I a Treviri90 e il viaggioancora nella stessa città presso l’imperatore Massimodove «si notava una vergognosa adulazione da partedi tutti e con degenere debolezza la dignità sacerdo-tale si era abbassata alla condizione di clientela delsovrano. Unicamente in Martino sussisteva ancoral’autorità degli Apostoli. Infatti, anche se dovetterivolgere suppliche al sovrano in favore di alcunepersone, egli esigeva piuttosto che pregare, e, malgra-do le insistenti richieste, si astenne dalla mensa di lui,dichiarando di non poter assidersi alla tavola di chi

69

88 Vita 27, 2.89 BS col. 1265.90 Dial. II, 3.

aveva tolto ad un imperatore la sovranità, all’altro lavita».91 Evidente allusione all’uccisione dell’impera-tore Graziano avvenuta a Lione nel 383 e a Valen ti -nia no II a cui era stato tolto il trono imperiale.

Martino dimostrò di essere un vescovo forte,consapevole che il potere civile non deve immi-schiarsi nelle questioni religiose e, tanto meno amotivo di queste infliggere la pena capitale. Questofu il caso di Priscilliano, vescovo di Avila, giustiziatoa Treviri dall’imperatore Massimo nel 385. Martino apiù riprese protestò presso l’imperatore, cercando dievitare l’uccisione dei priscillianisti,92 poiché sembra-va che certuni avessero colto il pretesto del priscialli-nismo per fare un processo alla vita ascetica. SulpicioSevero scrive in proposito: «Solo gli occhi erano giu-dici: uno era dichiarato eretico soltanto in base al suopallore e alla povertà degli abiti, non già in base allesue credenze».93

15. Martino vescovo-asceta e maestro

Il biografo Sulpicio attesta che Martino davescovo era rimasto, non solo interiormente, maanche esternamente un monaco, come lo era a Li -

70

91 Vita 20, 1-2.92 Chron. II, 50; Dial. III, 11.93 Dial. III, 11.

gugé: «Compiva il suo ufficio episcopale, tuttaviain modo da non tralasciare la condotta e le virtùmonastiche».94

Per questo proprio nelle vicinanze di ToursMartino volle dare avvio a un grande monastero,simile alle Laure dei monaci della Siria, in modo daavviare anche altri alla vita di ascesi e allo studiodella Scrittura. Risulta chiaro dalla descrizione chene fa Sulpicio, che Martino visse a Marmoutier inmodo diverso dalla maggioranza degli ecclesiastici,seguendo un preciso richiamo interiore: servire Diosignificava prima di tutto testimoniarlo con la vita el’esempio, quasi ritornando alla primitiva comunitàcristiana descritta dal libro degli Atti (At 2, 44).Infatti «nessuno possedeva lì alcunché di proprio,tutto era messo in comune. Non era lecito comprareo vendere nulla com’è abitudine di molti monaci,nessun’arte era esercitata, eccettuato il lavoro deicopisti... Raro a ciascuno l’uscire di cella, tranne cheper recarsi al luogo di raduno per la preghiera.Prendevano il cibo tutti insieme, passato il tempo deldigiuno...».95 Questo luogo chiamato Majus Mo na ste -rium diventerà una vera scuola di ascetismo e unvivaio di chierici e di vescovi. Sulpicio che lo avevavisitato annota: «Molti si erano astretti a questa vita

71

94 Vita 10, 2.95 Vita 10, 6-7.

di umiltà e di ascesi; molti di loro in seguito li abbia-mo veduti vescovi. Infatti, quale città o chiesa nonavrebbe desiderato per sé un sacerdote uscito dalmonastero di Martino?».96 Da questo luogo di pre-ghiera e di ascesi partiva Martino per i suoi viaggimissionari e qui ritornava, sempre accompagnato daun gruppo di monaci. Egli sapeva unire in modo sin-golare la vocazione anacoretica con quella cenobiticae missionaria. Nella biografia troviamo delineata lasua figura con poche significative parole: «Se le suegesta poterono in qualche modo essere espresse conparole, la sua vita interiore e l’ascetica condotta quo-tidiana, e l’anima sempre tesa al cielo, nessunadisquisizione mai varrà ad esprimerli».97

16. Martino contro Satana

Martino come uomo di Dio e vero soldato diCristo sostenne una lunga e dura lotta contro ilmaligno che gli si presentava «nelle diverse formedella nequizia».98 Egli sapeva riconoscerlo sottoqualsiasi apparenza, fosse quella degli dèi Mercurioe Venere o quella più ingannevole del Cristo impe-ratore, ma «contro di lui Martino sempre impavido

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96 Vita 10, 8-9.97 Vita 26, 2.98 Vita 21, 1.

si proteggeva con il segno della croce e con l’ausiliodella preghiera».99

San Martino trascorse la sua vita intento al servi-zio di Dio, nella preghiera, nelle veglie, nei digiuni,in continua meditazione delle Sacre Scritture, aven-do sempre «sulle labbra il Cristo»100 e con il cuorepieno di amore, di pace e di misericordia – comeafferma il biografo Sulpicio Severo –. E la sua esisten-za spesa per il Cristo era come una fiaccola posta sulmonte, che avrebbe illuminato i secoli.

17. La morte di Martino

Dopo una lunga carriera militare (331-356), undecennio trascorso a Ligugé (360-371) e ventiseianni di episcopato, la vita di Martino volgeva al ter-mine. Aveva ormai superato l’ottantesimo anno dietà, quando, in un mattino d’autunno del 397,Martino si recò nella parrocchia di Condate (Candes)per mettere pace tra alcuni chierici in lite tra loro.Partendo si sentì stanco e presentì la sua prossimafine.101 Dopo aver pacificato gli animi, si apprestavaa ritornare a Tours, ma la febbre lo assalì e si sentì

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99 Vita 22, 1.100 Vita 27, 1.101 Cfr. Ep III, 6.

stremato. Si fece stendere su un letto di cenere e lìtrascorse il tempo in preghiera. I suoi discepoli losupplicavano di rimanere con loro. Martino si rivol-se al Signore con le parole che erano segno della suaabituale sottomissione a Dio: «Signore – disse – ionon rifiuto il lavoro, se tu mi comandi di montare laguardia al tuo campo... ma se ora hai considerazio-ne della mia tarda età, la tua volontà, Signore, è perme un bene». Infine aggiunse: «Il seno di Abramosta per accogliermi» e spirò dolcemente. Era l’8novembre del 397.

Il suo corpo fu condotto navigando sulla Loirafino a Tours. Le esequie ebbero luogo fra un immen-so concorso di popolo venuto da ogni parte e perfi-no dalle città vicine. Alla testa del corteo procedeva-no duemila monaci e religiose. Tutti accompagnaro-no il morto vescovo fino al cimitero del sobborgodove fu deposto tra i suoi fedeli, in una semplicissi-ma tomba, come egli aveva desiderato e dove benpresto sarebbe sorta una basilica».102 Era l’11 novem-bre del 397.

Da allora Martino sarebbe diventato il santo piùamato e popolare dell’occidente.

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102 BS coll. 1270-1271.

Capitolo secondo

IL CULTO DI SAN MARTINO

I. – MARTINO TRA I SANTI

Prima di passare alla presentazione dei formu-lari liturgici antichi della festa di S. Martino – cosache farò nei prossimi due capitoli –, credo doverosopresentare una breve sintesi sul culto che Martinoebbe subito dopo la morte, a prolungamento dellavenerazione che lo accompagnò da vivo; e sullemolteplici espressioni che ebbe il suo culto.

Il caso di Martino di Tours, monaco e vescovo,ha sollecitato la coscienza cristiana nella revisionedei suoi metodi tradizionali di apporre qualcunonell’albo dei santi in cielo. La sua vita evangelicasulla terra, e i miracoli che compì da vivo e dopomorte, aprì il “sentire della Chiesa” – pastori e fede-li – a un nuovo stile di santità: quello degli asceti edei vergini.

In questa prima parte del capitolo mostreròinnanzitutto il passaggio dal culto dei martiri aquello dei santi, e il posto di Martino tra i confesso-ri; poi, a continuazione, parlerò della venerazioneche Martino ebbe fin da vivo.

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1. Dal culto dei martiri al culto dei santi

Sebbene il culto dei martiri si possa allacciareall’antichissimo culto dei defunti, presente nelmondo antico esso tuttavia offre caratteristichepeculiari che lo differenziano essenzialmente daquello. Il culto dato ai martiri è propriamente cri-stiano per le finalità e per il modo diverso in cui siesprime rispetto al culto pagano dei defunti:

«È anzitutto un culto che ha per soggetto una comu-nità di credenti e non solo una cerchia di parenti; ètutta la famiglia dei fratelli nella fede che avvolge ilmartire della propria venerazione.

L’anniversario di lui viene celebrato non nel gior-no della sua nascita, ma nel giorno in cui ha subito lamorte per Cristo; questa morte ha realizzato una pie-nezza di vita: è il vero natale, quello dell’ingressonella santa Gerusalemme... i cristiani non rinnegaro-no alcuno degli usi familiari che circondavano lamorte, solo evitavano quelli che testimoniavano unaconcezione della sopravvivenza incompatibile con lapropria fede. Questa si trova espressa con vigoresulle pareti dei cimiteri e nelle iscrizioni funerarie:fede nella risurrezione e nella vita eterna in Cristo,certezza che la morte segna il termine dell’esodopasquale inaugurato col battesimo... Senza rinuncia-re ai banchetti funebri e alle libagioni sulle tombe,essi preferivano celebrare l’Eucaristia nei cimiteri, inoccasione delle esequie. In luogo dei lamenti ritualielevavano canti di speranza con inni e salmi».1

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1 P. JOUNEL, Santi (culto dei), in Nuovo Dizionario di Liturgia,

Sappiamo che i cristiani si riunivano nella sereni-tà e nella gioia per celebrare l’anniversario dei mar-tiri, con il desiderio di divenire loro imitatori.Conosciamo anche le motivazioni tipicamente cri-stiane che suggeriscono la venerazione per i martiri.Ecco a questo riguardo la splendida testimonianzadei fedeli di Smirne circa il loro martire e vescovoPolicarpo:

«Noi veneriamo Lui che è il Figlio di Dio e degna-mente onoriamo i martiri come discepoli e imitatoridel Signore per l’amore immenso al loro re e maestro.Potessimo anche noi divenire loro compagni e condi-scepoli!... Policarpo... fu un martire celebre e tuttidesiderano imitare il suo martirio...».2

Il Concilio Vaticano II attesta la lunga tradizionedella Chiesa riguardo alla venerazione dei martiri:

«Che gli Apostoli e i martiri di Cristo i quali con l’ef-fusione del sangue avevano dato la suprema testi-monianza della fede e della carità, siano con noistrettamente uniti in Cristo, la Chiesa lo ha semprecreduto e li ha con particolare affetto venerati».3

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a cura di D. Sartore e A.M. Triacca, Edizioni Paoline, Roma1984, pp. 1338-1339.

2 Questo testo del Martirio di Policarpo, in italiano, si trovain: I Padri Apostolici a cura di A. QUACQUARELLI, Città NuovaEditrice, 5a ed., Roma 1986, p. 170.

3 CONCILIO VATICANO II, Costituzione dogmatica sulla Chiesa«Lumen Gentium», n. 50.

Noi sappiamo che

«in principio la Chiesa diede culto soltanto ai marti-ri i quali, con il sacrificio della loro vita, avevano rag-giunto una speciale unine col Cristo morto e risorto.Poi, in seguito, finita l’epoca delle persecuzioni, sirenderà culto anche ad altri personaggi illustri... Pervalutare adeguatamente questo progressivo allarga-mento del concetto di martire, bisogna non perderedi vista l’idea chiave della santità cristiana, che siampliò certamente, ma affondò sempre le sue radicie la sua autentica giustificazione nel martirio, comeperfetta assimilazione al Cristo morto e risorto,“essendo il martirio il più grande atto di amore essocostituisce la via più nobile alla santità”... Sappiamoche alla fine del IV secolo... il Santorale era partico-larmente ricco: nella Depositio Martyrum romana del354 si leggono più di 50 nomi di martiri e 12 Papihanno il loro anniversario indicato nella DepositioEpiscoporum».4

2. I confessori

Finite le grandi persecuzioni si cominciò a vene-rare altri insigni personaggi che potevano esser imi-tati perchè anch’essi avevano realizzato una somi-glianza con Cristo, in una forma di testimonianzasimile al martirio. Si potevano considerare degni divenerazione anche i non martiri; ciò è dovuto al

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4 M. AUGÉ, I santi nella celebrazione nel mistero di Cristo, inAA.VV., Anamnesis. 6. L’anno liturgico: storia, teologia e celebrazio-ne, Marietti, Genova 1988, pp. 252-255.

fatto che questa loro testimonianza eminente disantità affondava le sue radici nell’idea di martirio.Scrive Adrien Nocent:

«Già durante le persecuzioni i cristiani tenevano adonorare coloro che, avendo patito per Cristo, eranosopravvissuti a sofferenze e tormenti. Per Ippolito diRoma, chi è stato torturato ma non è deceduto costi-tuisce un esempio così fulgido di Cristo che non habisogno di essere ordinato sacerdote in quanto lo ègià di fatto... La comunità cristiana teneva quindi avenerare coloro che avevano confessato la loro fede eli considerava come dei martiri... Se Ippolito, mortoin esilio nel 235 probabilmente nelle miniere di saledi Olbia, se papa Cornelio, esiliato a Civitavecchia emorto nel 253, erano venerati dalla loro comunitàcome martiri, perché non ritenere, come fecero iPadri del deserto, che anche la vita ascetica fosse unasorta di martirio in tempo di pace?».5

E riguardo alla venerazione che si cominciò adare anche a vescovi eminenti il Nocent aggiunge:

«I vescovi, è vero, furono sovente martirizzati, ma siebbe anche la tendenza ad onorare la loro memoriain quanto capi delle Comunità, esempi e modelli».6

È ancora il Concilio Vaticano II che esprime ilmotivo per cui nella Chiesa sono stati venerati non

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5 A. NOCENT, La celebrazione delle feste dei santi e il suo svilup-po, in AA.VV., Anamnesis. 6. L’Anno liturgico..., op. cit., pp. 51-52.

6 Ivi, p. 52.

solo i martiri, ma anche altri discepoli di Cristochiamati “santi” perché glorificati in cielo e divenu-ti nostri intercessori presso Dio:

«La Chiesa ha inserito nel corso dell’anno anche lamemoria dei martiri e degli altri santi che, giunti allaperfezione con l’aiuto della multiforme grazia diDio, e già in possesso della salvezza eterna, in cielocantano a Dio la lode perfetta e intercedono per noi.Nel loro giorno natalizio infatti la Chiesa proclama ilmistero pasquale realizzato nei Santi che hanno sof-ferto con Cristo e con Lui sono glorificati; propone aifedeli i loro esempi... e implora per i loro meriti ibenefici di Dio».7

«A causa della loro più intima unione con Cristo, ibeati rinsaldano tutta la Chiesa nella santità, nobilita-no il culto che essa rende a Dio qui in terra e in molte-plici maniere contribuiscono ad una sua più ampiaedificazione. Ammessi nella patria e presenti alSignore, per mezzo di Lui, con Lui e in Lui non cessa-no di intercedere per noi presso il Padre, offrendo imeriti acquistati in terra. La nostra debolezza quindi èmolto aiutata dalla loro fraterna sollecitudine».8

3. Martino «Confessore» nel culto dei Santi

Un esempio tipico del culto dato ai Santi è quel-lo di Martino di Tours. Egli sembra essere uno dei

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7 CONCILIO VATICANO II, Costituzione sulla Sacra Liturgia«Sacrosanctum Concilium», n. 104.

8 Lumen Gentium, n. 49.

primi santi non martiri venerati nella Chiesa, con iltitolo di “Confessore”. I motivi della sua venerazio-ne sono:

a) la vita ascetica;b) la testimonianza di fede contro eretici e paga-

ni;c) la virtù taumaturgica che lo rende simile agli

Apostoli.

Queste specifiche motivazioni per il culto dato aMartino sono espresse in modo chiarissimo dalleLiturgie Visigotica - Gallicana - Romana e Ambro -siana.

Dai formulari della Liturgia Visigotica, che piùoltre presenterò, con ampia analisi, risulta evidenteil posto che la Chiesa dà a Martino, in forma ufficia-le, chiamandolo “confessore”, cioè testimone diCristo. Lo dirà confessore a motivo della sua vitapenitente. Ecco quindi la valorizzazione della vitaascetica, da parte della Chiesa, che viene assimilataora al martirio.

Dai testi eucologici della Liturgia Visigotica eGallicana risulta anche che Martino può essere con-siderato martire perché con la volontà desideravadiventarlo, ma non poté esserlo di fatto perché leoccasioni di martirio in concreto gli mancarono.Ricordo soltanto un episodio significativo:

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«Frattanto, i barbari invasero le Gallie e il CesareGiuliano, concentrato l’esercito presso la città deiVangioni, prese a distribuire un donativo ai soldati;com’è consuetudine, venivano chiamati per nome,uno per uno, finché si giunse a Martino. Allora, rite-nendo che fosse la circostanza opportuna per chiede-re il congedo – infatti pensava che non avrebbe ser-bato integra la libertà, se avesse accettato il donativosenza continuare il servizio – disse a Cesare: “Finoraho militato ai tuoi ordini, permettimi ora di militareal servizio di Dio. Riceva il donativo chi fa proponi-mento di combattere per te; io sono soldato di Cristo:combattere non mi è lecito”. Allora, a queste parole,il tiranno si adirò grandemente, esclamando che luirifiutava il servizio militare per timore della batta-glia, che si sarebbe svolta il giorno dopo, non già acausa della sua convinzione religiosa. Ma Martino,intrepido, reso anzi più fermo nel suo proposito daltentativo di spaventarlo, disse: “Se ciò è attribuito aviltà, e non alla mia fede, domani mi porrò inermedavanti alla schiera, e in nome del Signore Gesù, pro-tetto non dallo scudo o dall’elmo, ma dal segno dellacroce, penetrerò sicuro tra i reparti dei nemici”. Lo sifece dunque afferrare e trascinare in prigione, perchétenesse fede a quanto aveva detto e fosse oppostoinerme ai barbari. Il giorno dopo, i nemici mandaro-no ambasciatori di pace, offrendosi di consegnare sestessi e tutte le loro cose. Chi potrebbe dunque dubi-tare che questa sia stata davvero una vittoria di quel-l’uomo santo, a cui fu concesso di non essere manda-to inerme in battaglia? E sebbene il Signore nella suabontà avrebbe potuto salvare il suo soldato anche trale spade e i dardi dei nemici, tuttavia, affinché i suoisanti sguardi non fossero oltraggiati anche dalla

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morte di altri, soppresse la necessità del combatti-mento. Infatti Cristo si sentì costretto ad offrire infavore del suo soldato soltanto una vittoria nellaquale, sottomessi i nemici senza spargimento di san-gue, nessuno avesse a morire».9

Martino è riconosciuto “Confessore” nellaLiturgia Gallicana, Romana e Ambrosiana, special-mente per un aspetto della sua vita assimilabile aquello del martire: la testimonianza della sua fedecattolica di fronte ai pagani e agli eretici.

Tutta la vita di Martino vescovo è caratterizzatada quest’ansia di far conoscere il Cristo, di testimonia-re che è il Figlio di Dio; lo mostrerà con l’instancabilezelo evangelizzatore e con la potenza dei miracoli.

Il vescovo Gregorio di Tours descrive la straor-dinaria personalità di Martino con queste parole:

«A quel tempo, allora, sorge la nostra luce e la Galliaè illuminata da nuovi raggi di chiarore, perché inquesto periodo cominciò a predicare nelle Gallie ilbeatissimo Martino: ed egli proclamando alle gentiche il Cristo, Figlio di Dio attraverso i suoi moltimiracoli era il Dio vero, sovvertì l’incredulità deigentili. Così Martino distrusse i templi, oppressel’eresia, edificò chiese e, splendendo di molte altrevirtù, ridonò la vita a tre morti per celebrare il titolodella sua gloria».10

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9 Vita, 4, pp. 15-17. 10 SF I, 39, op. cit., vol. I, pp. 60-61.

La potenza dei miracoli presenti in S. Martinoviene recepita dalla liturgia che lo esalterà e lo diràsimile agli Apostoli. Solamente la potenza di Dio,può operare prodigi e colui nel quale il Signore vuolemanifestarsi: in questo caso Martino. Perciò laChiesa gli ha reso pubblica testimonianza di santità.

4. Martino era riconosciuto santo già da vivo

San Martino ebbe grandissima fama di santitàquando era ancora in vita, per questo a lui accorreva-no le folle attratte dalla sua bontà e dei suoi miracoli.

Questa rinomanza viene espressa da SulpicioSevero, nella biografia del santo. Egli ha saputo deli-neare con accortezza il crescendo della fama diMartino vescovo, e taumaturgo; fama che dallaTurenna era giunta fino a Treviri, la capitale dell’im-pero e attraverso le città della Gallia, visitate dalsanto (Parigi-Chartres-Sens-Vienne), si era estesa inAquitania fin dove Sulpicio soggiornava, pressoTolosa, nella tenuta di Primuliacum.11

È proprio la rinomanza della santità di Martino,unita ai miracoli portentosi e frequenti che fa accor-rere Sulpicio a Marmoutier, superando le fatichedel lungo viaggio, per vedere Martino.

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11 Cfr. CHRISTINE MOHRMANN, Introduzione alla Vita di Mar -tino..., op. cit., p. XIII.

L’incontro con il santo determinerà il cambia-mento di vita del brillante avvocato di Tolosa, ini-ziandolo così ad una vita cristiana più impegnata,che egli continuerà in forma ascetica, nel coeno-bium di Primuliacum dopo la morte della moglie edi Martino.

Anche Sulpicio dunque, come Paolino da Noladel resto, che aveva ricevuto dal santo la guarigio-ne degli occhi, e da questi era stato elogiato per ilsuo coraggioso distacco dalle ricchezze, si fa pelle-grino ai luoghi dove vive ed opera Martino, finchéquesti è ancora in vita. Così grande è l’ammirazio-ne per la santità di quest’uomo che si sentirà spintoad usare il suo talento di scrittore per far conosceree tramandare la grandezza del vescovo Martino,che tanto entusiasmo suscitava tra la popolazionedelle Gallie.

Di lui la gente parlava come di un santo, tale loriteneva già quando stava in eremitaggio a Ligugé.Questa fama di santità e di miracoli si accrebbequando da vescovo visitò borghi e città, risanando imalati, convertendo alla fede, difendendo la giusti-zia; continuò fino alla sua morte e proseguì neltempo. Sulpicio afferma che: “il Signore rendeva glo-ria a se stesso nella persona di Martino”12 e che

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12 Cfr. Vita, 9, 7, pp. 28-29.

“Martino mostrava in se stesso il Cristo operante,che, in ogni occasione, glorificava il suo santo”.13

4.1. La gente accorreva da Martino per chiedere guari-gioni e soccorso nelle avversità

Il popolo era ben consapevole che solo un uomodi Dio poteva operare simili miracoli; ecco alcunitesti significativi:

«[Verso Chartres]... appena attraversammo un borgopopolato da molti abitanti, una folla enorme venneverso di noi. Era composta soltanto da pagani, poi-ché nessuno in quel paese conosceva un cristiano.Ma alla notizia del passaggio di un uomo così poten-te, tutta la campagna di era riempita fin da lontano,di gente che affluiva da ogni parte... ora mentre unamoltitudine incredibile ci attorniava, una donna pre-sentò al santo il suo bambino appena morto.Portando il corpo inanimato sulle braccia stese dice-va: “Sappiamo che tu sei amico di Dio. Ridonamimio figlio, perché è il mio unico”... Martino presenelle sue braccia il corpo del morticino. Davanti agliocchi di tutti si inginocchiò. Dopo aver finito la pre-ghiera, si alzò e rese alla madre il bambino tornatoalla vita».14

Spesso San Martino veniva chiamato affinché li -berasse la gente dalle varie difficoltà. Sulpicio lo

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13 SULPICIO, Dial., III, 10, CSEL 1, p. 208. 14 SULPICIO, Dial., II, 4, CSEL 1, p. 185.

racconta:

«Una zona del paese dei Senones [Sens] ogni annoera devastata dalla grandine. Spinti da questa enor-me calamità che li affliggeva, gli abitanti chiesero ilsoccorso di Martino: gli mandarono una delegazioneguidata da un uomo stimato, l’anziano prefettoAuspicius, i cui possedimenti erano di solito danneg-giati, percorsi da temporali più terribili che altrove.Martino si mise a pregare e liberò completamentetutta la regione dal flagello che spesso la minacciava.Durante i vent’anni in cui visse ancora [Martino]nessuno in quei luoghi soffrì per la grandine».15

Si ricorreva a Martino di persona o per lettera,16

spesso si inviavano a lui ampolle d’olio perché lebenedicesse, per fugare le malattie,17 oppure sistrappavano frange dal suo mantello.18 Per vedereun uomo così straordinario si veniva anche da lon-tano:

«Se elogio la virtù di questa vergine [che si era rin-chiusa in una cella per condurre vita austera] non lofaccio per diminuire il merito di quelle che, per vede-re Martino sono venute spesso da regioni lontane».19

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15 SULPICIO, Dial., III, 7, CSEL 1, pp. 204-205.16 Cfr. SULPICIO, Dial., III, 14, CSEL 1, p. 212.17 Cfr. SULPICIO, Dial., III, 3, CSEL 1, p. 200.18 Cfr. Vita, 18, 5, p. 45.19 SULPICIO, Dial., II, 12, CSEL 1, pp. 194-195.

4.2. I vescovi stessi riconoscevano l’autorità e il potere diMartino

Quando a Chartres venne condotta al santo ve -scovo una fanciulla muta perché la guarisse:

«Martino, per deferenza verso i vescovi che casual-mente erano allora al suo fianco, Valentino Evittricio,dichiarò che una tale impresa era al di sopra delle sueforze; ma ai suoi colleghi più santi di lui, niente sareb-be stato impossibile. Costoro al contrario, unirono leloro commosse preghiere a quelle del padre e suppli-carono Martino di fare ciò che da lui si attendeva».20

A Treviri venne chiamato a guarire una fanciul-la paralitica, mentre Martino era in Chiesa, qui ivescovi lo sollecitarono, consapevoli del suo cari-sma straordinario.

«Martino rimase stupefatto da quella voce sconvolta[quella del padre della fanciulla] e tentò di schermir-si dicendo... che non era degno che Dio manifestasseper suo mezzo un segno della propria potenza... infi-ne spinto ad andare dai vescovi che l’attorniavano,discese alla casa della fanciulla».21

Nel difficile momento che la chiesa di Gallia eSpagna attraversò, durante la crisi priscillianista, ivescovi riuniti a Treviri presso l’imperatore temeva-no l’autorità e la fermezza di s. Martino:

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20 SULPICIO, Dial., III, 2, CSEL 1, p. 200.21 Vita, 16, 4-6, p. 40-41.

«L’ostinazione di Teognito... si armava dell’autoritàdi Martino; non si doveva lasciar entrare un taleuomo tra le mura di Treviri. Ormai egli non era piùsolo il difensore degli eretici, ma il loro vendicatore[dopo la morte di Priscilliano]».22

4.3. Le autorità politiche lo riconoscevano uomo santo elo temevano

Sulpicio Severo attesta la stima e la deferenzache gli stessi imperatori mostravano a Martino:

«Massimo [imperatore], malgrado la sua parzialità eservilismo verso alcuni vescovi, sapeva bene cheMartino superava tutti per fede, santità e potenza».23

«[Massimo] faceva chiamare spesso Martino e lo rice-veva nel suo palazzo, venerandolo e onorandolo.Tutte le sue convesazioni vertevano sulle cose presen-ti, su quelle future, sulla gloria dei fedeli e sull’eterni-tà dei santi».24

Perfino il crudele “comes” Avitianus si rabbonì erilasciò i prigionieri, avendo riconosciuto la santitàdi Martino:

«Avitianus... ordinò ai servi di correre presto ad apri-re le porte affinchè il servo di Dio non soffrisse diuna mancanza di rispetto... poi disse [a Martino] a

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22 SULPICIO, Dial., III, 12, CSEL 1, p. 210.23 Ivi, p. 210.24 SULPICIO, Dial., II, 6, CSEL 1, p. 187.

causa dell’affronto che ti è stato fatto la collera divi-na avrebbe potuto consumarmi...».25

Lo stesso imperatore rese onore a Martino:

«Valentiniano [I] avendo saputo che Martino chiede-va cose che egli non voleva accordare, ordinò che glifossero chiuse le porte del palazzo... l’orgogliosoprincipe... suo malgrado si alzò davanti a Martino eabbracciò a lungo colui che prima aveva disprezza-to... ammetteva ora di aver avvertito l’effetto dellapotenza divina [per opera di Martino]».26

4.4. I monaci vengono formati sull’esempio di Martino

La vita di Martino è esempio costante per i suoimonaci, specchio nel quale possono e debbono rive-dere se stessi, specialmente su quattro aspetti carat-terizzanti della sua vita evangelica: la povertà, lapreghiera, la penitenza, la carità.

4.4.1. Martino povero

La povertà volontaria di Martino, amata e testi-moniata fino al momento in cui morì, impressionòpositivamente tutto il monachesimo occidentale.Egli amava esser povero, né mai volle accettare

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25 SULPICIO, Dial., III, 4, CSEL 1, p. 202.26 SULPICIO, Dial., II, 5, CSEL 1, p. 187.

donativi che lo distogliessero dal suo rigido tenoredi vita. Ecco le parole di Sulpicio:

«Liconzio... portò come offerta a Martino cento libbred’argento. Questo denaro il sant’uomo non lo accet-tò né lo ricusò. Ancor prima che avesse toccato lasoglia del manastero, il santo lo destinò subito alriscatto dei prigionieri. Alcuni fratelli gli suggerironodi tenerne una parte per le spese del manastero dovei monaci avevano appena di che mangiare e moltimancavano del vestito. Ma Martino rispose: “Toccaalla Chiesa nutrirci e vestirci; noi non dobbiamoaccumulare nulla per i nostri bisogni”».27

Anche Valentiniano volle offrire a Martino deidonativi:

«Ma il santo, come sempre, guardiano della suapovertà, rifiutò tutto».28

Questa caratteristica di S. Martino verrà rilevatada Severo che la porrà come coronamento della vitasanta di Martino:

«Martino povero e modesto in terra, entra ricco incielo».29

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27 SULPICIO, Dial., III, 14, CSEL 1, p. 212.28 SULPICIO, Dial., II, 5, CSEL 1, p. 187.29 SULPICIO, Ep. III, 21, CSEL 1, p. 151.

4.4.2. Martino orante

L’orazione incessante, l’orazione interiore, l’ora-zione del si lenzio, è la caratteristica fondamentaledella vita ascetica di Martino:

«Com’è costume dei fabbri ferrai, che nell’intervallodel loro lavoro, per un certo sollievo dalla fatica per-cuotono la loro incudine, così Martino mentre sem-brava fare qualcos’altro, senza posa pregava».30

«Sapendo che la sua salvezza non stava affatto nellafuga, ma nel Signore, prese l’armatura della fede edella preghiera».31

«...appena ebbe preso lo stendardo della croce e learmi della preghiera, il fuoco si allontanò».32

«... ed essendosi per alquanto tempo sprofondato inpreghiera...».33

4.4.3. Martino penitente

Accanto all’orazione ininterrotta, che è propriadel monachesimo orientale e di Martino, notadistintiva di tutta la sua vita, anche nella carica epi-scopale, fu la penitenza: esercizio senza inutili ec -

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30 Vita, 26, 4, pp. 64-65.31 SULPICIO, Ep. I, 13, CSEL 1, pp. 140-141.32 Ivi, p. 141.33 Vita, 7, 3, pp. 22-23.

cessi di ciò che avvicina l’uomo a Dio, distaccando-lo dalle preoccupazioni terrene: si tratta soprattuttodi digiuni, tanto cari all’ascesi monastica, di veglieoranti, accontentandosi di prendere il sonno neces-sario steso sul cilicio; si tratta anche di impegnaretalvolta una catena di sacrifici per ottenere graziespeciali dal Signore, a favore dei bisognosi. Lo sot-tolinea più volte Sulpicio:

«Martino aveva preso l’abitudine di dormire sulnudo suolo, coprendolo con un semplice cilicio».34

«Martino ricorse alle armi familiari: si avvolse nelcilicio, si coprì di cenere, si astenne dal cibo e dallabevanda, pregò senza tregua notte e giorno».35

«Quella perseveranza, intendo dire quella giustamisura nell’astinenza e nei digiuni quella capacità divegliare e di pregare, quelle notti trascorse allo stes-so modo dei giorni...».36

4.4.4. Martino infiammato di carità

La carità è l’anima delle sue virtù; è la forza ispi-ratrice della sua azione apostolica. Si tratta prima ditutto di una carità soprannaturale, protesa a con-durre alla conoscenza di Dio i pagani, operosa per

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34 SULPICIO, Ep. I, 10, CSEL 1, p. 140.35 SULPICIO, Dial., II, 5, CSEL 1, p. 186; Ep. III, 14, CSEL 1, p.

149.36 Vita, 26, 2, pp. 62-63.

disintossicare dall’eresia gli ariani; e di una caritàche potremmo definire “umana”, perché intensa-mente sollecita degli immensi bisogni che urgevanoi popoli delle Gallie, in un momento storico social-mente difficile. Eccone alcuni frammenti daSulpicio Severo:

«Giammai null’altro nel suo cuore se non l’amore, senon la pace, se non la misericordia...».37

«... [Martino] doveva liberare dei prigionieri, farrichiamare alcuni esiliati e far restituire i beni confi-scati».38

«Il povero... lamentandosi di esser stato dimenticatodal chierico, piangeva e gridava dal freddo. Subito ilsanto, senza esser visto dal mendico, si tolse, da sottoil paramento liturgico, la tunica, coprì il povero e locongedò».39

Di questa carità di cui era animato dava l’inse-gnamento oltre che l’esempio ai suoi monaci:

«[Martino] aveva scorto una pecora, per caso, tosatadi recente. “Ecco – disse Martino – una che ha messoin pratica il precetto evangelico. Essa aveva due tuni-che, ne ha dato una a chi non l’aveva. È quello cheanche voi dovete fare».40

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37 Vita, 27, 2, pp. 64-65.38 SULPICIO, Dial., II, 7, CSEL 1, p. 188.39 SULPICIO, Dial., II, 1, CSEL 1, p. 181.40 SULPICIO, Dial., II, 10, CSEL 1, pp. 191-192.

Le folle accorrevano finché Martino era in vita,e lo accolsero numerose anche al momento dellamorte tanto che il suo funerale verrà celebrato comeun trionfo: tale lo descrive Sulpicio, così lo presentaGregorio di Tours e Alcuino, seguendo la tradizio-ne di Tours; diventerà un momento celebrato anchenelle varie liturgie: ispanica, gallicana, ambrosiana,romana.

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II. – LUOGHI DI CULTO

La liturgia è certamente una privilegiata espres-sione di culto; essa però è intimamente legata a luo-ghi, a tempi, a persone, a gesti, a simboli, che la ren-dono veicolo di unità dell’assemblea che celebra edi esperienza religiosa e trasfigurante del sacro. Diquesto vasto e vario contesto liturgico vorrei parla-re brevemente, prima di introdurmi nei formulariliturgici, partendo dai luoghi, per passare alle varieespressioni di culto.

1. Tolosa – Primuliacum

Nei pressi di Tolosa, e precisamente a Pri mu lia -cum, sorse un primo luogo di culto a S. Martino nel-l’asceterio di Sulpicio Severo, dove si cercava diimitare la vita dei monaci di Marmoutier, sull’esem-pio del santo. Dagli scritti di Severo ricaviamo noti-zie circa il gruppo di chierici e diaconi che si incon-travano a Primuliacum, uniti nel medesimo amoreper S. Martino. Essi lo venerarono subito dopo lasua morte, continuando a mantenere l’atteggiamen-to di stima e di venerazione che per lui avevanoquando era ancora in vita. Sulpicio ha profondaconsapevolezza della sublimità dell’esempio diMartino e della sua autentica santità.41

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41 Cfr. SULPICIO, Ep. II, 7-8; 16-18; CSEL 1, pp. 143; 145.

Per questo diffonderà la conoscenza e l’amoreper il santo con gli scritti, che incontrarono tantafortuna. Tuttavia, da vero discepolo di Martino,Sulpicio non si accontentò di scrivere la biografiaper esaltarne le virtù; egli stesso nella sua tenuta diPrimuliacum costruì un battistero e nelle stanze del-l’asceterio fece dipingere l’immagine di Martino.

Siamo agli inizi del V secolo [Sulpicio muore nel420 c.]. Comincia dunque, a pochi anni dalla morte diMartino, quell’esaltazione della sua vita e delle sueopere, che era cominciata già prima della morte eproseguirà nei secoli, attraverso il culto pubblicodella Chiesa.

Il culto di venerazione e di imitazione cominciamolto presto in Gallia, giacché a pochi anni dallascomparsa del santo si edificano in suo onore cap-pelle e si dipinge la sua effigie. Questo è segno dellatrasposizione del suo ricordo in un regno diversoda quello della pietà familiare che, fin dall’antichi-tà, poneva le immagini dei defunti scolpite sui sar-cofagi. Il ricordo di Martino diventa una “memo-ria” da perpetuare agli altri come segno di una real-tà nuova: quella del regno celeste in cui Martino ècollocato, quello della gloria di Dio che avvolge isuoi amici nella beatitudine eterna.

Anche Paolino da Nola ci dà testimonianzadella sua venerazione per S. Martino. Infatti pro-prio lui scriverà nella lettera 32, all’amico Sulpicio

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Severo, un epitaffio da porre sulle pareti del batti-stero di Primuliacum, in modo che fosse letto quan-do i battezzati uscivano dal fonte battesimale.Questi i versi di Paolino:

«Ablutis quicumque animas et membra lavacris,Cernite propositas ad bona facta vias.

Adstat perfectae Martinus regula vitae,Paulinus veniam quo mereare docet.

Hunc peccatores, illum spectate beati;Exemplar sanctis ille sit, iste reis».42

Un secondo epitaffio, scritto da Paolino immedia-tamente dopo i versi sopra riportati, forse come alter-nativa di scelta per Sulpicio, dice:

«Dives opum Christo, pauper sibi pulchra SeverusCulmina sacratis fontibus instituit....

Et quia caelestes aulam condebat actus,Qua renovarentur fonte deoque homines,

Digna sacramentis gemina sub imagine pinxit,Disceret ut vitae dona renatus homo.

Martinum veneranda viri testatur imago,Altera Paulinum forma refert humulem,

Ille fidem exemplis et dictis fortibus armat,Ut meriti palmas intemerata ferat;

Iste docet fusis redimens sua crimina nummis,Vilior ut sit res quam sua cuique salus».43

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42 PAOLINO DI NOLA, Epistola 32, 3, CSEL 29, p. 277.43 Ivi, pp. 277-278.

2. Tours

Il culto di S. Martino ebbe a Tours il suo centroprincipale di diffusione, per diversi motivi.

1) La città di Tours infatti fu la sede episcopale delSanto, dove visse e operò e per oltre un ventennioesercitò il suo ministero. Si legge nella Storia deiFranchi:

«Il Santo Martino è ordinato vescovo durante l’otta-vo anno di Valente e Valentiniano... Martino occupòla carica per ventisei anni, quattro mesi e diciassettegiorni...».44

Martino fu un vescovo dalla forte personalitàche lasciò una profonda traccia di sé e della suaopera evangelizzatrice nella Turenna. Infatti ancoranel VI secolo Gregorio di Tours nomina espressa-mente le chiese fatte costruire da Martino che eranodiventate il nucleo attorno al quale palpitava la vitacristiana delle parrocchie visitate assiduamente dalsanto.45

Grande fu l’opera missionaria di Martino chemise le solide basi al cristianesimo in molte partidella Gallia. Proprio a Chartres una moltitudine siconvertì dopo il miracolo che venne tramandato da

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44 SF X, 31 (III), op. cit., vol. II, pp. 590-593.45 Cfr. SULPICIO, Ep. I, 10, CSEL 1, p. 140.

Sulpicio e che già era rimasto nella tradizione dellachiesa di Tours significativamente.46

«Allora tutta la moltitudine elevò al cielo alte grida,proclamando che il Cristo era Dio. Infine tutti, agruppi, cominciarono a precipitarsi alle ginocchiadel santo, chiedendo con fede che li facesse diventa-re cristiani. Senza tardare, in mezzo alla campagnadov’erano, Martino impose loro le mani e li “fece”tutti catecumeni. Volgendosi a noi diceva che si pote-va anche in piena campagna “fare” i catecumeni,giacché proprio lì si faceva di solito la consacrazionedei martiri».47

2) A Tours era iniziata la vita monastica in formaorganizzata. Proprio a Marmoutier [Majus mona-sterium] nelle vicinanze di Tours, S. Martino avevadato avvio a quel grande movimento monastico,primo nella Gallia, che doveva recare innumerevolifrutti di santità alla chiesa, offrendole sacerdoti evescovi che, alla scuola del santo si erano preparatispiritualmente e culturalmente nello studio dellesacre dottrine.48

3) Ma soprattutto a Tours si venerava il sepolcrodi Martino. A Tours Martino viene sepolto in unasemplice tomba e non in cattedrale, come invece era

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46 Cfr. SF I, 48, op. cit., vol. I, pp. 72-77.47 SULPICIO, Dial., II, 4, CSEL 1, p. 185. 48 Cfr. Vita, 10, 4-9, pp. 28-31.

avvenuto al suo predecessore Littorio,49 cattedraleche avrebbe dovuto accogliere anche il vescovoMartino che in essa era stato consacrato50 e in quellastessa egli aveva fatto deporre il corpo del primosanto di Tours Catiano51 che aveva patito persecuzio-ne al tempo dell’imperatore Decio;52 in questa dun-

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49 Gregorio di Tours nella Storia dei Franchi X, 31 (II), op. cit.,vol. II, pp. 590-591 afferma che: «Nel primo anno dell’impero diCostante è ordinato vescovo Littorio. Proveniva dal popolo diTours ed era molto religioso. Egli fece costruire la prima chiesaall’interno della città di Tours, quando ormai erano già molti icristiani. Dalla casa di un senatore egli fece costruire la primabasilica. Durante il suo tempo il santo Martino giunse nelleGallie a predicare. Littorio rimase per trentatré anni e poi se neandò nella pace. Fu sepolto nella suddetta basilica, oggi chia-mata con il suo nome».

50 SF X, 31 (XVIII), op. cit., vol. II, p. 606-607: «Dician nove -si mo vescovo io, Gregorio, davvero indegno. Trovai la chiesadella città di Tours, nella quale il beato Martino e gli altri sacer-dote del Signore furono consacrati all’ufficio del pontificato,abbattuta e distrutta da un incendio, e nel diciassettesimo annodella mia ordinazione io la dedicai, dopo averla ricostruita inproporzioni più ampie e alte».

51 SF X, 31 (III), op. cit., vol. II, pp. 592-593: «(Martino) tra-sferì il corpo del beato Catiano e lo seppellì a fianco del sepol-cro del santo Littorio in quella predetta basilica che portava ilsuo nome».

52 SF X, 31 (I), pp. 588-591: «Il vescovo Catiano fu inviatoqui dal papa di Roma durante il primo anno dell’impero diDecio. In questa città risiedeva allora una popolazione di paga-ni dedita all’idolatria, e Catiano fece convertire alcuni di questial Signore grazie alla sua predicazine. Frattanto, però eglidoveva nascondersi dalla persecuzione dei potenti, perché

que Martino avrebbe potuto essere onorato con undegno sepolcro.

Si può pensare con ragione che Martino, comevolle morire povero su un giaciglio53 abbia deside-rato avere una tomba altrettanto modesta. L’umiltàcaratterizza la sua morte come aveva caratterizzatola sua vita e di conseguenza anche il suo sepolcro.

2.1. La «parvula basilica» del vescovo Brizio

Martino “fu sepolto a Tours, nel luogo doveadesso è venerata la sua tomba”,54 scrive Gregoriodi Tours. Ma sappiamo che al suo tempo la tombaprimitiva del santo era incorporata nella grande

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sempre più spesso, quando lo rintracciavano, quelli lo copriva-no di insulti, di calunnie, e come ho già detto, con i pochi cri-stiani converititi da lui, celebrava in segreto nelle cripte e neinascondigli il mistero della solennità del giorno della domeni-ca.... Egli rimase in questa città con tale ufficio precisamente aquanto dicono, cinquant’anni, poi morì nella pace e fu sepoltonel cimitero del villaggio che era quello dei cristiani. Dopo dilui la sede episcopale rimase vuota per trentasette anni».

53 SULPICIO, Ep. III, 14-15, CSEL 1, p. 149: «Costringeva lesue membra vacillanti a servire lo spirito, rimanendo disteso suun così nobile letto: sulla cenere e il cilicio. E siccome i suoidiscepoli lo pregavano di permettere che si ponessero sotto ilsuo corpo almeno alcune povere coperte: “No -disse- un cri-stiano non deve morire che sulla cenere e nel cilicio: se vi lascioun esempio diverso, ho peccato”».

54 SF X, 31 (III), op. cit., vol. II, pp. 592-593.

Basilica, fatta edificare dal vescovo Perpetuo nellaseconda metà del V secolo.55 Dalle notizie traman-dateci ugualmente da Gregorio sappiamo che latomba di Martino fu luogo di venerazione fin daiprimi anni dopo la sua morte, giacché lo stesso suc-cessore di Martino, Brizio, decise di costruire unachiesa proprio sopra la tomba del santo.

«Brizio... fece costruire una piccola basilica (basili-cam parvulam) sopra il sepolcro del beato Martino equi anch’egli fu sepolto.... Gli anni del suo episcopa-to furono quarantasette. Morì e fu sepolto in quellabasilica che egli aveva fatto erigere sopra il corpo delsanto Martino».56

Questa notizia di Gregorio sembrerebbe pocoimportante, ai fini dello studio sulle celebrazioni ecioè del culto dato a S. Martino, ufficialmente nellaChiesa. Invece a mio modesto avviso, le pocheparole di Gregorio sono un documento importanteche può addirittura essere addotto come confuta-zione per quegli studiosi, come il Babut che,seguendo unicamente il sentiero della critica lette-raria, hanno creduto poter distruggere il fondamen-to storico del culto di Martino. Jacques Lahacheriguardo al culto di Martino dice:

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55 Cfr. SF II, 14, op. cit., vol. I, pp. 140-141.56 SF X, 31 (IV), op. cit., pp. 592-595.

«Dopo la morte, il culto di Martino naturalmenteebbe il suo centro a Tours. Alcuni studiosi hannocontestato l’inizio di tale culto subito dopo la mortedel santo, fissandolo invece verso il VI secolo, dopola lenta diffusione del libro di Sulpicio Severo. Lescoperte archeologiche recenti fanno giustizia diqueste opinioni tendenziose... [Martino] venne ono-rato come un vero santo sin dal giorno in cui sullasua tomba fu elevato un santuario. Sappiamo chequesto santuario fu costruito dal suo successoreBrizio e l’erezione di una grande Basilica assicurò ifasti dei pellegrinaggi».57

La testimonianza dell’archeologia è moltoimportante perché stabilisce il luogo dove fu sepol-to San Martino e quello della Basilica del V secolo,continua infatti il Lahache dicendo:

«Gli scavi effettuati sul luogo dell’antica Basilicarivelarono i ruderi sovrapposti di tre chiese: quellagotica del secolo XIII, quella romanica di Erveo equella costruita nel 903. Pare che in due gruppi dimura sovrapposte si possano riconoscere le due suc-cessive collocazioni della tomba di Martino da tantidalla Basilica di Perpetuo e dalla cappella primitivaqueste vestigia sono custodite in una cripta dell’at-tuale Basilica».58

Analizzando ora le testimonianze letterarie diGregorio di Tours e confrontandole con i risultati

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57 J. LAHACHE, Il culto di Martino, in BS, col. 1272.58 Ivi, col. 1273.

ottenuti dall’archeologia possiamo dire che il vesco-vo Gregorio, che scriveva le notizie riguardanti ilsepolcro di Martino e la Basilica su di esso costruitanella prima metà del V secolo, diceva la verità, davauna notizia sicura. Del resto sappiamo che egli usavaalcuni documenti d’archivio della chiesa di Tours: siaper elencare i vescovi in successione cronologica, siaper rilevare e tramandare ai fedeli le opere da essicompiute, con particolare attenzione alle chiese daessi costruite. Ecco la sua annotazione circa il vesco-vo Brizio e l’edificazione del primo luogo di cultopubblico in onore di San Martino:

«Dunque, morto presso la città di Tours il beatoMartino uomo grande e incomparabile intorno allacui virtù molti volumi sono conservati presso di noi(de cuius virtutibus magna apud nos volumina retinen-tur), gli successe nel vescovato Brizio».59

Gregorio di Tours precisa, con attenzione alledate storiche relative alle nomine imperiali, il tempodell’ordinazione episcopale di Brizio: «Bri zio è ordi-nato vescovo durante il secondo anno di Arcadio e diOnorio, quando questi regnavano insieme».60 E con-tinua narrando le vicende complesse dell’Episcopatodi questo vescovo poco amato dalla gente di Tours:«Nel trentatreesimo anno dell’Episcopato gli fu

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59 SF II, 1, op. cit., vol. I, pp. 86-87.60 SF X, 31 (IV), op. cit., vol. II, pp. 592-593.

imputato dai cittadini di Tours il crimine di adulterioe fu espulso».61 Allora il vescovo chiamerà a testimo-ne della sua innocenza la potenza taumaturgica diMartino:

«Così quello [Brizio] per dar soddisfazione al popo-lo, mise sotto la tunica alcune braci ardenti e strin-gendole a sé si diresse presso il sepolcro del beatoMartino insieme alla folla: gettate davanti al sepolcrole braci infuocate, ecco che la sua veste apparve intat-ta da bruciatura... [ma] Brizio è trascinato via... per-ché si adempisse così la frase del santo [Martino]“Sappi che durante l’episcopato dovrai sopportaremolte avversità”... Intanto Brizio si diresse dal Papanella città di Roma e piangendo e lamentadosi dice-va: “Giustamente soffro queste cose, perché ho pec-cato contro un santo di Dio e l’ho chiamato delìro edebete e non ho creduto, vedendoli, ai suoi miracoli”...Allontanatosi poi da Roma, dopo sette anni con l’au-torità di quel papa [Sisto III] decide di tornare aTours».62

Ancora Gregorio precisa ciò che fece il vescovoBrizio in onore di San Martino:

«Egli fece costruire una piccola Basilica (basilicamparvulam super corpus beati Martini) sopra il corpodel beato Martino e qui anch’egli fu sepolto».63

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61 Ivi, pp. 592-593.62 SF II, 1, op. cit., vol. I, pp. 88-91.63 SF X, 31 (IV), op. cit., vol. II, pp. 594-595.

Dalle date raccolte nel II e X libro della Storia deiFranchi risulta che l’edificazione della piccola chiesasul sepolcro del santo è avvenuta verso il 437 circa.Siamo quindi nella prima metà del V secolo, a soliquarant’anni dalla morte di Martino. Questo fatto èimportante ai fini del culto, almeno per tre motivi:

1) Una chiesa è un luogo di preghiera, di venera-zione; inoltre la “parvulam basilicam” non è stata co -struita da un privato o semplice fedele, bensì da unvescovo con piena autorità.

2) Con la edificazione di un luogo di culto pub-blico sulla tomba, si vuol riconoscere che Martino èun membro importante della Chiesa anzi un santo ilcui corpo è degno di venerazione: non si potrebbecapire altrimenti un simile edificio.

3) Il vescovo Brizio si farà seppellire accanto aMartino in questa Basilica e dopo di lui Eustochio egli altri vescovi, non in cattedrale.

Penso si possa affermare che se i vescovi dopoMartino furono sepolti nella sua Basilica [in quelladi Brizio dapprima e poi in quella più grande diPerpetuo] volevano in qualche modo essere vicini alui, averlo come protettore ed intercessore, amiconel momento di presentarsi al giudice divino.Poiché da quella Basilica egli continuava ad effon-dere sui fedeli grazie innumerevoli (Qui cum virtutesassiduas ad sepulchrum eius fieri cerneret) «vedendo

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che presso il sepolcro di Martino si compivano fre-quenti miracoli»64 allo stesso modo avrebbe po tutoottenere misericordia per chi non si poteva forsepresentare davanti a Dio ricco di virtù e con una vitaillibata, come Martino.

Sull’esempio di molti cristiani che, fin dai primisecoli, si facevano seppellire accanto alla tomba diun martire, i vescovi di Tours si fecero seppellireaccanto a San Martino forse perché ritenuto simileai martiri.65

L’uso di seppellire i vescovi nella Basilica di SanMartino e non nella cattedrale, conferma l’impor-tanza che questa ebbe fin dalla prima metà del seco-lo V e la superiorità sulla chiesa Cattedrale di Toursdove essi però venivano consacrati.66

Ciò che sorprende di più riguardo alla costruzio-ne del primo edificio di culto per Martino è il fattoche sia proprio Brizio, l’immediato successore diMartino a costruire la prima chiesa sulla sua tomba.Infatti dalle notizie di Sulpicio67 e da quelle riportate

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64 SF II, 14, op. cit., vol. I, pp. 140-141.65 Riscontriamo presso i Papi l’uso di farsi seppellire accan-

to alla tomba di S. Pietro, come testimonia la cripta di S. Pietroin Vaticano.

66 Cfr. SF X, 31 (XVIII), op. cit., pp. 606-607.67 SULPICIO nei Dialoghi III, 15, CSEL 1, p. 231, annota che:

«Brizio sembrava furibondo, come un folle riversò su Martinomille ingiurie. Questo era dovuto al fatto che il giorno primaera stato rimproverato dal suo vescovo».

da Gregorio,68 Brizio è un discepolo “sui generis”diremmo oggi “un contestatore” che si ribellava alsuo vescovo [Martino] quando da questi venivaripreso e poco credeva al potere taumaturgico delsanto. Proprio questo suo scetticismo darà prova cheper edificare una cappella sul sepolcro di Martino c’èstato un motivo di serietà, non di credulità. ForseBrizio si sarà convinto della santità del suo maestrodopo aver riconosciuto un intervento miracoloso diMartino in suo favore, proprio avvenuto sulla tombae davanti agli occhi dell’intero popolo di Tours?Forse avrà riflettuto sugli avvenimenti spiacevoli cheMartino ancor prima di morire gli aveva predetto eper gratitudine o riparazione Brizio avrà edificatoquella Basilica? Queste ipotesi sono possibili. Resta ilfatto comunque che un luogo di culto pubblico fuelevato per onorare il sepolcro di Martino che tuttiritenevano santo, a pochi anni dalla sua morte.

2.2. La grande Basilica costruita dal vescovo Perpetuo

I santi, quanto più si distinguono per rinoman-za, tanto più attirano i devoti. S. Martino, come ho

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68 Gregorio, sembra voler evidenziare il carattere irascibilee un po’ difficile di Brizio in contrasto con quello equilibrato diMartino. Nella sua Storia dei Franchi, II, 1, op. cit., vol. I, pp. 86-87, riferisce: «Questo Brizio, giovane e nella prima età, quandoancora viveva il santo, gli tendeva molte insidie perché spessoera da quello rimproverato di seguire i suoi capricci».

già rilevato era stato circondato da fama e venera-zione fin da vivo, ma non bastò. Il Signore, che vieneglorificato nei suoi santi, volle continuare ad effon-dere attraverso di lui, dal suo sepolcro, grazie copio-se ai fedeli che ivi si raccoglievano a pregare confede. Il Signore volle glorificare Martino continuan-do a concedere grandi miracoli alle folle. I miracolisono i segni che comprovano la potenza e la presen-za di Dio nei suoi santi. Secondo le testimonianze diGregorio di Tours e di Nicezio di Tre viri69 le follevenivano in pellegrinaggio sulla tomba di Martino eottenevano guarigioni e grazie molteplici.

Il motivo che spinse il vescovo Perpetuo succes-sore di Martino, a costruire una grande basilica fucerto l’afflusso di pellegrini sempre maggiore, quan-to più numerosi erano i prodigi e le grazie che si rice-vevano sulla sua tomba.

Un secondo motivo è dovuto alla venerazione,alla devozione, all’amore che cresceva verso la per-sona di Martino, ritenuto “Santo”. Perciò la Basilicadiventa un segno di onore e insieme attestazionepubblica da parte dei membri della Chiesa – vesco-vi e fedeli – della grandezza di Martino, tanto santoe tanto amico di Dio da operare ancora, come avevafatto in vita, grandi miracoli.

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69 G. P. BOGNETTI, Santa Maria di Castelseprio, (FondazioneTreccani degli Alpini per la storia di Milano), Milano 1948, pp.31-38.

Penso che se la piccola chiesa (“parvulam basili-cam”) di cui parla Gregorio, costruita dal vescovoBrizio, fosse stata unicamente una cappella funera-ria, non sarebbe stato necessario ingrandirla, anziabbatterla per edificarne una di maggiori propor-zioni, cosa che invece Perpetuo ritenne doverosofare. Queste le parole di Gregorio di Tours:

«... Perpetuo... abbattuta la basilica che prima di lui ilvescovo Brizio aveva costruito sotto il santo Martino,ne fece erigere un’altra più grande di struttura mira-bile, nella cui abside trasferì il beato corpo di quelvenerabile santo».70

Gregorio, riguardo ai prodigi che ancora al suotempo avvenivano sulla tomba di Martino, annota:«Anche nel tempo presente egli si manifesta ancoraattraverso molti miracoli»,71 precisando che questoera stato il motivo della costruzione di quel luogodi culto grandioso che destava la sua ammirazionee la sua gioia:

«Intanto presso la città di Tours, defunto Eustochionel diciassettesimo anno del suo sacerdozio, è ordina-to, quinto dopo il beato Martino, Perpetuo. Ed eglivedendo che presso il sepolcro di Martino si compi-vano frequenti miracoli (assiduas) pensò inadatta pertali miracoli, giudicandola piccola la cella che erastata fabbricata sopra il corpo del santo. Dopo averla

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70 SF X, 31 (VI), op. cit., vol. II, pp. 594-595.71 SF X, 31 (III), op. cit., vol. II, pp. 592-593.

rimossa fece costruire una grande Basilica proprio làdove ancor oggi rimane, distante dalla città cinque-centocinquanta passi. La basilica misura in lungocentosessanta piedi, in largo sessanta, ha un’altezzafino al soffito di quarantacinque piedi; trentadue fine-stre nell’area dell’altare, venti nella navata; quarantu-no colonne; in tutto l’edificio le finestre sono cinquan-tadue le colonne centoventi; gli ingressi sono otto, trenell’abside e cinque nella navata... Poiché il soffittodella primitiva cella di sepoltura era stato decoratocon un’opera pregevole il vescovo Perpetuo pensòche fosse sbagliato far deperire quell’opera e fececostruire allora un’altra Basilica, in onore degli apo-stoli Pietro e Paolo, dove integrò quel soffitto».72

Un terzo motivo, più importante che condussealla costruzione della suddetta Basilica è dovuto aldesiderio di porre il corpo di Martino in luogo emi-nente, degno della sua santità. Il vescovo Perpetuofece dunque trasportare il corpo del santo dalla pic-cola tomba, nell’abside della nuova, grande Basilica.

Quale immensa gioia, quale tripudio per il popo-lo di Tours nel giorno della Traslazione! Che latomba di S. Martino fosse protetta e valorizzata daun sontuoso edificio costituiva motivo di vanto perl’intera diocesi. Un’eco di questa gioia rimane nelformulario della messa che ci è pervenuto dallaChiesa di Angoulême. Questo avvenimento fu cosìimportante per la Chiesa di Tours – giacché destava

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72 SF II, 14, op. cit., vol. I, pp. 140-143.

nei fedeli il ricordo dei prodigi operati da Dio perloro nella persona di Martino – che ne perpetuerà lamemoria attraverso le celebrazioni liturgiche.

Gregorio di Tours, interprete della tradizionelocale, descrive con ricchezza di particolari ilmomento solenne della traslazione del corpo diMartino, evidenziando la potenza taumaturgica cheproprio in quell’occasione si era manifestata: ilmiracolo singolare di una presenza angelica a con-ferma della santità di Martino.73

2.3. Importanza storica e religiosa della Basilica

La Basilica di Martino nel pensiero di Gregorio èqualcosa che ingigantisce sempre di più, per il ruoloche assume, nella vita ecclesiale della diocesi diTours e dell’intera Gallia nel V-VI secolo. Egli scorgein essa non solo il fulcro delle molte celebrazioniliturgiche dell’anno, ma anche il punto di riferimen-to del popolo e dei regnanti durante le vicende poli-tiche dei movimentati e crudeli secoli V e VI, chevidero contrapporsi e lottare condottieri Franchi e reVisigoti e Burgundi.74

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73 Cfr. GREGORIO DI TOURS, De miraculis Sancti MartiniEpiscopi Libri Quatuor, I, 6, PL 71, coll. 919-920.

74 Queste notizie si ricavano da molti passi della Storia deiFranchi di Gregorio di Tours, nei libri II-III-IV-IX.

Proprio attorno alla Basilica di S. Martino si vienecreando faticosamente, tra lo scatenarsi di passioni edi odi fratricidi, il regno dei Franchi Merovingi. Sututti domina sì Clodoveo, celebrato come eroe nazio-nale da Gregorio e difensore della fede contro gliAriani, ma più di ogni altro San Martino che, dallaBasilica di Tours, effonde la sua prodigiosa forza, lasua costante protezione sul popolo dei fedeli e guida,attraverso il sentimento primitivo del “tremendum”gli animi bellicosi dei bar bari che non oserannoattaccare il territorio del beato Martino. Infatti leg-giamo nella Storia dei Franchi:

«Un giorno Clodoveo così parlò ai suoi: giudico assaigrave che questi ariani Visigoti occupino una partedelle Gallie. Andiamo con l’aiuto di Dio e, dopoaverli sconfitti, riduciamo questa regione sotto ilnostro dominio. Queste parole piacquero a tutti:mosso l’esercito, Clodoveo si diresse a Poitiers. Colàsoggiornava Alarico. Ma poiché una parte dei nemi-ci stava attraversando il territorio intorno a Tours, inrispetto al beato Martino Clodoveo emise un edittosecondo il quale nessuno in quella regione dovevaosare prendere come nutrimento altro che erba eacqua... il re disse: “Come potrà esserci speranza divittoria, se offendiamo il beato Martino?”... Anzi lostesso re mandò nunzi alla santa Basilica con il mes-saggio: “Andate e forse riceverete da quel sacroluogo un auspicio di vittoria”. Così, date loro offerteda portare nel luogo santo, disse “Se tu, o Signore misarai d’aiuto e se tu hai stabilito di affidare alle miemani questa popolazione infedele e che sempre ti ha

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odiato, degnati di fare in modo che io sappia, all’in-gresso della Basilica di S. Martino, se tu ti degnerai diessere benevolo verso il tuo servo”... Il primicerioall’improvviso intonò quest’antifona: “O Signore, tumi hai cinto di forza per la guerra”... Sentendo ilcanto, rendendo grazie al Signore e promettendo votial beato confessore, gli inviati lo annunciarono felicial re... Frattanto il re Clodoveo si scontrò con il reAlarico nella piana di Voullié... Ma poiché i Goti,secondo l’abitudine, s’erano volti alla fuga, il reClodoveo con l’aiuto di Dio ottenne la vittoria...Dopo che Clodoveo... ebbe ucciso il re Alarico...mandò suo figlio... Questi ridusse sotto i poteri disuo padre tutte le città dai confini dei Goti fino aiconfini dei Burgundi».75

Proprio Clodoveo si lancerà all’attacco degli ere-tici Ariani, con l’aiuto che le sembra venire dallaBasilica di S. Martino. E in questo grandioso edificioegli verrà ad incoronarsi con le insegne del potereregio, dopo aver sottomesso i Goti ad Angoulême.76

Anche il feroce re Clotario (verso il 544), figlio diClodoveo, avrà timore del potere di S. Martino.Riferisce ancora Gregorio:

«Il re Clotario aveva stabilito che tutte le chiese delregno versassero al fisco la terza parte dei loro reddi-ti... Il beato Ingiurioso [vescovo di Tours], rifiutandocon coraggio, si astenne dal sottoscrivere con questeparole, “Se tu vuoi togliere i beni di Dio, il Signore in

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75 SF II, 37, op. cit., vol. I, pp. 186-193.76 Cfr. SF II, 38, op. cit., vol. I, pp. 192-193.

poco tempo ti toglierà il regno, perché è ingiusto chesiano i poveri, che dovresti sfamare con le tuedispense, a riempire invece le tue dispense con il lorocontributo!”. E, adiratosi contro il re, se ne andòsenza neanche salutarlo. Il re però, scosso e timorosodella virtù del beato Martino, gli mandò dietro unamissione con offerte, supplicando perdono e casti-gandosi per quello che aveva commesso, chiedendo-gli contemporaneamente di pregare in suo favorel’assistenza del beato vescovo Martino».77

La Basilica di Martino dunque è come un faroche attrae gli animi non solo del popolo, ma di queire Merovingi tanto feroci, autori di continue ven-dette, e li placa. Fra tanti odi e violente passioni, c’èancora un luogo dove trovare sicurezza e pace: laBasilica di S. Martino.

Qui la regina Clotilde, moglie del defuntoClodoveo, ricca di pietà e di dolcezza, finirà i suoigiorni, dopo aver pregato e ottenuto dal Santo chela pace regni sui suoi figli.78

3. Luoghi di culto a Martino in Europa

S. Martino fu il santo più venerato e popolared’Occidente. Lo attestano le numerose chiese a lui

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77 SF IV, 2, op. cit., vol. I, pp. 286-287.78 Cfr. SF III, 28, op. cit., vol. I, pp. 262-263; e IV, 1, pp. 286-

287.

dedicate, sparse in tutta Europa, i paesi che portanoancor oggi il suo nome, le corporazioni e i mestieriche nel Medioevo lo avevano come protettore, lefeste che si celebravano e si celebrano in suo onore.Jacques Lahache riferisce:

«Vi sono in Francia tremila e seicentodue parrocchiededicate a Martino e celebri abbazie come Ligugé e St.Martin du Canigou. In Ungheria suo paese natale,oltre cento chiese e villaggi portano il nome di SanMartino nonché l’illustre arci abbazia diPannonhalma. In Italia sono dedicate a Martino moltechiese tra cui, a Roma San Martino ai monti, fondatadal Papa Simmaco presso le terme di Traiano e restau-rata da San Carlo Borromeo, di cui era chiesa cardina-lizia. San Benedetto ha consacrato a Martino uno deglioratori da lui elevati a Monte Cassino; a Napoli fudedicata una chiesa a S. Martino in tempi molti anti-chi. A Palermo sorge l’abbazia di San Martino alleScale dovuta al Papa San Gregorio Magno.

In Inghilterra e in Germania molti santuari portano ilsuo nome, molte abbazie tedesche, per esempio quel-la di Beuron, sono dedicate a Martino».79

Sappiamo anche che esistevano anticamenteraffigurazioni in alcune chiese dell’Italia, ce lo atte-sta Venanzio Fortunato nel secolo VI dicendo:

«Se ti è accessibile la via verso Padova, dirigiti allacittà: qua ti prego, bacia i sacri sepolcri della beata

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79 J. LAHACHE, Il culto di Martino, in BS, col. 1276.

Giustina, nelle cui pareti vedrai raffigurate le gesta diMartino... Indi, dirigiti con molto piacere verso lacara città di Ravenna: andando in giro per le venera-bili cattedre dei santi, venera la tomba del nobile mar-tire Vitale, e del mite Ursicino, beati sotto ugualesorte. Bacia ancora le soglie del caro Apollinare, diste-so a terra supplice, e corri per tutti i templi; va’ allacappella di Martino, questo santuario dove per il suointervento il Creatore mi ridiede appunto la vistanella quale più non speravo: a colui che concesse ildono, ti prego, recita almeno delle preghiere. Dove viè l’eminente basilica di Paolo e Giovanni, qui vi è unaparete su cui è dipinta l’effigie del santo: si è tentati diabbracciare la pittura, non fosse altro che per la dol-cezza del colore. Sotto i piedi del giusto, la parete hauna finestra elegante: vi è vicino una lampada... Imiei occhi non si sono dimenticati del dono del santo,poiché la guarigione sicura della vista mi ritornadavanti agli occhi, e io mi ricorderò di ciò fino a quan-do conserverò la vista e la salute. Più pronto con l’af-fetto, ti prego, vai poi in cerca degli amici: se parleraicon i miei compagni di studio, tu con la devozionemeriterai il perdono: a costoro io offro questo argo-mento, perché con parole armoniose cantino splendi-di carmi per le gesta di Martino...».80

È interessante notare che la Basilica del Salvatore(oggi Sant’Apollinare Nuovo) innalzata da Teo dori -co a Ravenna agli inizi del VI secolo quando passò ai

118

80 VENANZIO FORTUNATO, Vita di San Martino di Tours, tradu-zione, introduzione e note a cura di G. PALERMO, Città NuovaEditrice, Roma 1985, pp. 153-154.

cattolici dopo l’editto di Giustiniano, venne dedicataa San Martino,81 il vescovo di Tours che aveva stre-nuamente combattuto contro gli eretici.

Nella navata centrale di questa Basilica, sullasplendida parete musiva che rappresenta il corteodei martiri, splende tra l’oro dei mosaici la figura diSan Martino, posto a capo del corteo, ma vestito colmantello nero del monaco e recante per primo lacorona del martire.

Questa bellissima immagine di Martino dà testi-monianza del posto di rilievo che la sua persona ela sua opera avevano anche nella chiesa ravennate:se la Basilica viene dedicata a Martino dopo la scon-fitta degli ariani ostrogoti (VI secolo) e se il santo èritenuto degno di essere venerato tra i martiri, que-sto sta ad indicare che la liturgia celebrante Martinomartire si era diffusa dalla Gallia fino all’esarcato diRavenna. Perciò è soprattutto attraverso la festaliturgica della Chiesa che si diffonde il culto diMartino.

Nei secoli dell’alto medioevo e specialmente dalXII secolo l’iconografia esalterà San Martino, concicli figurativi rappresentanti episodi caratteristicidella sua vita in molte chiese e cattedrali d’Europa:sono da ricordare il soffitto dipinto della chiesa di S.Martino a Zillis in Svizzera, gli affreschi della chie-

119

81 Ravenna Felix, Longo Editore, Ravenna 1977, p. 5.

sa di S. Martino a Vicq (Berry), le vetrate a Tours,Chartres, Bourges e Beauvis, Le Mans, Auxerre eYork.

Notevole la facciata del Duomo di Lucca dedica-to a S. Martino, gli affreschi famosi di SimoneMartini nella chiesa inferiore di S. Francesco adAssisi; opere scultoree nella cattedrale di Chartres ein quella di Ratisbona, bassorilievi a San Martino diValenza e nella chiesa omonima di Valladolid. Daricordare ancora l’opera di Nino Pisano al San Mar -tino di Pisa. Un frontale del trecento provenientedalla chiesa di San Martino a Liegi ci presenta ilsanto che rende visita all’imperatore Valentiniano.Altre opere d’arte riguardanti momenti della vita omiracoli di San Martino si trovano a Vich (Ca talo -gna) a Moissac e nella collegiata di Tudela (Navarra).

Tra le opere pittoriche del 400/500 si possonoricordare la grande pala della cattedrale di Treviglioe il polittico del Carpaccio nella cattedrale di Zara.Sono poi famose le tele di El Greco e di A. Van Dick(nel castello di Windsor). È inoltre da ricordare ilmosaico absidale della Basilica ambrosiana a Mi -lano, originariamente del secolo X (rifatto nel l’800)che rappresenta il corpo di San Martino deposto nelsarcofago e vegliato da Sant’Ambrogio assistito dadue chierici.

San Martino oltre che nelle opere di pittura e discultura è rappresentato in pregevoli esecuzioni delle

120

arti minori quali le miniature, (Sacramentario diFulda e Passionario di Stoccarda sec. X, Menologio diBasilio II nella Biblioteca Vaticana sec. X), gli arazzi(Angers e Montpézat), i ricami (Islandese del secoloXIII, al museo di Cluny di Parigi e catalano delMuseo Episcopale di Salsona-Aragona).82

È da notare che tutta l’iconografia martinianariprende i motivi espressi da Sulpicio nelle sueopere su San Martino. Sarebbe impossibile qui enu-merare le molte altre chiese minori dedicate alsanto, in Italia e in Europa; ciò potrebbe essereoggetto di una ricerca specifica. A me basta averesemplificato brevemente l’irradiazione del culto diquesto santo che tanto fama ebbe in Occidente.

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82 Cfr. M. LIVERANI, Martino, vescovo di Tours, santo. V.Iconografia, in BS, coll. 1279-1291.

III. – ESPRESSIONI DI CULTO

Ritengo importante accennare almeno ad alcuneespressioni del culto di Martino nell’antichità, secon-do la loro importanza nell’intera area cristiana occi-dentale. Esse sono:

1. Il nome di Martino nel Canone Romano e nelleLitanie dei Santi;

2. Il calendario liturgico di Tours e l’origine dellefeste liturgiche di Martino;

3. I pellegrinaggi.

1. Martino nel Canone e nelle Litanie

1.1. Martino nel Canone

Il «Canone» è la parte più sacra della Preceeucaristica antica. Il Rito Romano giunse ben prestoa fissarne la struttura in modo rigido (canone =regola), lasciando libertà compositiva soltanto nel-l’apertura della Prece eucaristica, cioè nei «prefazi».Le altre Liturgie occidentali, usando della libertàcreativa dei primi tempi, introdussero anche nel“Canone” delle parti variabili.

Il «Communicantes» che fa le commemorazionidegli Apostoli e dei Martiri all’interno del Canone,registrò alcune inserzioni locali di Santi particolar-mente venerati. Anche S. Martino venne incluso

122

nelle commemorazioni dei Santi. Ne abbiamo unaprima testimonianza, dai documenti a noi giunti, inun frammento del Missale Gallicanum Vetus, chericorda le intercessioni in questo modo:

«... Mariae genitricis Domini nostri Iesu Christi,Ioannis Baptistae et Praecursoris Domini nostri IesuChristi, Stephani, Petri, Pauli, Ioannis, Iacobi,Andreae, Philippi, Thomae, Bartholomaei, Matthaei,Iacobi, Simonis, Iudae, Matthiae, Genesii,Symphoriani, Baudilii, Victoris, Hilarii episcopi etconfessoris, Martini episcopi et confessoris, Caesariiepiscopi».83

Immediatamente si avverte l’attenzione portatasui martiri locali: Genesio, Sinforiano, Baudilio,Vittore; e sui primi grandi vescovi gallicani: Ilario,Martino, Cesario. A Martino, come a Ilario, vienedato il titolo di “vescovo e confessore”.84

Nel Communicantes di altre famiglie liturgicheposteriori il nome di Martino si affianca ad altri

123

83 Edizione critica: L. C. MOHLBERG, Missale GallicanumVetus, Herder, Roma 1958, pp. 92-93: Das Fragment aus der RegelAurelians.

84 Siamo indubbiamente dinanzi alle prime testimonianzeliturgiche gallicane. Ciò si rende ancor più manifesto dalMissale Francorum, composto a Poitiers tra il VII e l’VIII secolo,secondo l’opinione dei critici, benché esso includa nel santora-le soltanto la Messa di Ilario, non quella di Martino, natural-mente per ragioni locali (cfr. L. C. MOHLBERG, MissaleFrancorum, Herder, Roma 1957, pp. 21-22: Orationes et preces innatale sancti Helarii).

grandi Padri ed Asceti. Ad esempio, in diversimanoscritti che trasmettono la forma più antica delSacramentarium Gregorianum, edito da J. Deshusses,troviamo:

«Communicantes et memoriam venerantes...Cosmae et Damiani, Hilarii, Martini, Augustini,Gregorii, Geronimi...».85

Singolare, per la vicinanza geografica a Tours eper i motivi nazionali che lo ispirano, il Sacra men -tario di Angoulême. Eccone il Communicantes:

«Communicantes et memoriam venerantes...Cosmae et Damiani, Dionisii, Rustici et Eleutherii,Helarii, Martini, Agustini, Gregorii, Hieronimi,Benedicti et omnium sanctorum tuorum...».86

Anche nella Missa Canonica della Liturgia Am -bro siana, testimoniata dal Sacramentarium Bergo -mense e dal Sacramentario di Ariberto, il Commu ni -cantes registra Martino nella lunga lista dei Martirie dei Santi:

124

85 J. DESHUSSES, Le Sacramentaire Grégorien, t. I, Fribourg1971, p. 88, in apparato. Il ricordo di Martino ritorna anche nelLibera nos, quaesumus, Domine, dopo il Pater noster, sempre nellatrasmissione del medesimo gruppo di codici antichi delSacramentario gregoriano, denominato “Hadrianum ex authenti-co” (ivi, pp. 91-92, in apparato).

86 Liber Sacramentorum Engolismensis. Manuscrit B. N. Lat.816. Le Sacramentaire Gélasien d’Angoulême, a cura di PATRICK

SAINT-ROCH, CCL 159C, p. 257.

«... Ambrosii, Simpliciani, Martini, Eusebii, Hilarii etIulii».87

Non è tuttavia di poca importanza il fatto che ilnome di Martino sia presente, sia pure in un piùristretto numero di codici, nel Communicantes delSacramentario Gregoriano, divulgato in tutta l’areagallicana e romana.

1.2. Martino nelle Litanie dei Santi

Le cosiddette «Litanie dei Santi» sono un gene-re di preghiera dei fedeli molto antica e popolare.Sembra siano state coniate a Roma al tempo di papaGregorio Magno, tra la fine del VI secolo e gli inizidel secolo VII.

«Come altri formulari liturgici, le Litanie dei Santihanno compiuto un lungo itinerario circolare: parten-do da Roma verso la fine del secolo VII, esse giungo-no nelle Isole britanniche e in Irlanda, dove incontra-no grande favore; poi nel secolo VIII passano nelleGallie e nei Paesi germanici, dove hanno un notevolesviluppo; infine, variamente arricchite, tornano aRoma verso il secolo X-XI, epoca in cui l’Urbe accoglienei suoi libri liturgici molti elementi transalpini».88

125

87 A. PAREDI, Sacramentarium Bergomense. Manoscritto delsecolo IX della Biblioteca di S. Alessandro in Colonna in Bergamo(«Monumenta Bergomensia» VI), Bergamo 1962, p. 213.

88 Suppliche Litaniche a santa Maria, Curia Generalis OSM,

Il nome di Martino ricorre nelle Litanie dei Santi,ancora assai primitive, che il Liber SacramentorumGellonensis introduce nella liturgia battesimale delSabato Santo;89 figura nelle Litanie dei Santi dellaliturgia battesimale del Liber Sacramentorum Augusto -dunensis;90 poi nelle posteriori Litanie dei Santi deivari tipi di Sacramentario Gregoriano,91 e anche nellaLiturgia ambrosiana.92 Il suo nome rimane nell’elencoufficiale fino ad oggi.

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Roma 1988, pp. 28-29. A questa edizione di 12 schemi di litaniedella Vergine Maria è premessa un’amplissima e documentataintroduzione critica (pp. 13-125). In merito alla forma litanicaantica in genere e alle Litanie dei Santi in specie, vengono cita-ti, fra altri studi di valore: P. DE CLERCK, La «prière universelle»dans les liturgies latines anciennes. Témoignages patristiques ettextes liturgiques, Münster Westfalen 1977; F. DELL’ORO, La«preghiera universale» nelle liturgie latine antiche, in «RivistaLiturgica», 67 (1980) pp. 683-726.

89 Liber Sacramentorum Gellonensis, a cura di A. DUMAS, CCL159, pp. 332-333.

90 Liber Sacramentorum Augustodunensis, a cura di O. HEI -MING, CCL 159B, pp. 66-68.

91 Cfr. J. DESHUSSES, Le Sacramentaire Grégorien. Ses principa-les formes d’après les plus anciens manuscrits, t. III, Editions Uni -versitaires, Fribourg 1982, pp. 140, 165, 285, 288, 292.

92 Cito, come esempio: A. PAREDI, Sacramentarium Bergo men -se..., op. cit., p. 156.

2. Calendario di Tours e Feste di Martino

Adrien Nocent, spiegando l’importanza deicalendari al fine di conoscere lo svolgimento delculto in una chiesa locale dice:

«... Il più caratterizzato localmente è certo il calenda-rio, la cui importanza per la Liturgia locale non puòessere ignorata, tanto più che la presenza di questostrumento del ciclo liturgico si riscontra in buonaparte degli altri libri liturgici, come Sacramentari,Messale, Breviari, Antifonari e Lezionari.

Lo studio del calendario è inoltre importante nonsoltanto per la storia del culto... ma è utile anche perdeterminare il luogo di utilizzazione di un determi-nato libro liturgico. Il calendario infatti, posto di soli-to al principio del manoscritto, ci offre molto spessouna lista di santi che già da sé costituisce una pista diricerca per identificare la chiesa locale... il calendariopuò offrire anche indicazioni utili a stabilire l’evolu-zione liturgica verificatasi in un certo luogo e a unacerta epoca, a proposito, per esempio dell’introdu-zione di una celebrazione o di una festa.

Il più antico calendario liturgico romano è quello inuso al tempo di papa Melchiade, morto nel 314; essoci è noto attraverso gli estratti conservatici dalCronografo... redatto al tempo di papa Damaso... chepotrebbe anzi risalire fino al 336... Si tratta del giornocommemorativo della morte e del luogo di sepolturadei papi e del giorno e luogo di culto dei martirisepolti o venerati a quel tempo a Roma...

Tutta una serie di calendari, a partire dal sec. VIII, ci

127

forniscono una testimonianza preziosa per il cultodelle Chiese locali».93

Nel libro decimo della Storia dei FranchiGregorio di Tours ci presenta, nel VI secolo unimportante documento che risale, secondo la suatestimonianza all’epoca di Perpetuo: si tratta delcalendario dei tempi e delle feste liturgiche celebratea Tours. Con precisione sono segnalate le festività deisanti locali, il luogo in cui devono essere celebrate ei digiuni o le veglie che ad esse si accompagnano.

È interessante notare che in questa lista di mar-tiri e di santi locali Martino ha un posto di premi-nenza; infatti in suo onore si celebrano due feste:una dopo la festività dei santi Pietro e Paolo, e unaseconda tra la festa di Littorio, predecessore diMartino, e il Natale del Signore.

Mi sembra doveroso presentare questo docu-mento così importante:

«Viene poi ordinato Perpetuo... egli stabilì come(qualiter) i digiuni e le veglie dovevano essere rispet-tati durante l’intero arco dell’anno e ancora oggipresso di noi si conserva scritto l’ordine di questedisposizioni che è il seguente:

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93 A. NOCENT, Storia dei libri liturgici romani, in AA. VV.,Anamnesis. 2. La liturgia..., op. cit., p. 171.

Digiuni:

Dopo la Pentecoste il quarto e il sesto giorno dellasettimana fino alla natività di san. Giovanni.

Dalle Calende di settembre fino alle Calende di otto-bre, due digiuni alla settimana.

Dalle Calende di ottobre fino alla deposizione delsignore nostro il santo Martino (domni Martini), duedigiuni alla settimana.

Dalla deposizione del signore nostro il santo Martinofino al Natale del Signore, tre digiuni alla settimana.

Dal giorno natale del santo Ilario fino alla metà difebbraio, due digiuni alla settimana.

Veglie:

Natale del Signore, nella cattedrale.

Epifania, nella cattedrale.

Natale di san. Giovanni, presso la basilica del signo-re Martino.

Anniversario dell’episcopato di san Pietro, presso lastessa basilica.

Il sesto giorno delle Calende di aprile, per la resurre-zione di nostro Signore Gesù Cristo, presso la basili-ca del signore Martino.

Pasqua nella cattedrale.

Giorno dell’ascensione, nella basilica del signoreMartino.

Giorno di Pentecoste, nella cattedrale.

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Passione di san. Giovanni, nel battistero della basilica.

Natale dei santi apostoli Pietro e Paolo, presso la lorobasilica.

Natale del santo Martino, presso la sua basilica.

Natale del santo Sinforiano, presso la basilica delsignore Martino.

Natale del santo Littorio, presso la sua basilica.

Altro Natale del santo Martino, presso la sua basilica.

Natale del santo Brizio, presso la basilica del signoreMartino.

Natale del santo Ilario, presso la basilica del signoreMartino».94

Osservando questo calendario locale ho notatoche sono pochi i santi celebrati nella chiesa di Tours,eccettuati Pietro e Paolo e Giovanni Battista. Fra tuttiS. Martino ha notevole importanza infatti:

1) Per lui vengono riservati due giorni di festa nelciclo liturgico.

2) Alcuni tempi liturgici si calcolano fino alla suadeposizione o partendo da essa: «Dalle Calende diottobre fino alla deposizione...». «Dalla deposizio-ne... fino al Natale del Signore...».

3) Alcune grandi festività dell’anno si celebranoproprio nella sua basilica: «Anniversario dell’epi-scopato di S. Pietro... giorno dell’ascensione...».

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4) Il vescovo Perpetuo indicando con accurataprecisione le date riferite nel calendario si esprimecon il termine “Natale”. Si sa che nella comunità cri-stiana questo termine indicava il giorno della mortedei santi considerato il loro vero nascere poichéentravano nella beatitudine di Dio.

Considerando l’elenco delle feste compilato dalvescovo Perpetuo, si notano due date riguardantiMartino ugualmente chiamate con il termine“Natale”. Io suppongo che questo termine nel pensie-ro di Perpetuo voglia significare semplicementegiorno di festa, solennità da celebrare in Cattedrale onella Basilica di S. Martino a Tours.

Le date precise relative alle feste celebrate inonore di S. Martino le ricaviamo dal testo diGregorio di Tours:

«La solennità di questa Basilica è consacrata da unatriplice commemorazione: cioè la dedicazione deltempio, la traslazione del corpo del santo e l’ordina-zione del suo Episcopato. E quest’ultima va osserva-ta il 4 luglio; la deposizione, invece, sapete bene ches’osserva il giorno 11 di novembre.Se voi celebrerete con fede queste ricorrenze, merite-rete nella vita presente e nel futuro i patrocini delbeato vescovo».95

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94 SF X, 31 (VI), op. cit., vol. II, pp. 594-599.95 SF II, 14, op. cit., vol. I, pp. 140-143.

Dal testo di Gregorio si ricava che sono due lefeste principali allora celebrate in onore di S.Martino: il 4 luglio e l’11 novembre.

2.1. 4 luglio: festa della consacrazione di Martino,patrono

A Tours si celebrava in questo giorno, presumi-bilmente dal quinto secolo, una grande festa patro-nale molto solenne, divenuta particolarmente illu-stre per le tre commemorazioni che in essa converge-vano, come risulta dal testo di Gregorio di Tourssopra riportato.

Possiamo immaginare il giubilo e la gioia deifedeli, possiamo capire la fede che animava allora iTuronesi, dato che per celebrare i tre grandi avveni-menti della loro storia religiosa (dedicazione – consa-crazione episcopale – traslazione di Martino) si pro-traevano i giorni di festa: dal 3 all’11 luglio! Addi -rittura le celebrazioni liturgiche avevano formularipropri. Ci sono pervenute infatti, nel SacramentarioGregoriano, le Messe composte per quest’occasio-ne.96 Esse sono:

1) una messa per la vigilia, seguita da un ufficionotturno (in vigiliis in nocte);

132

96 J. DESHUSSES, Le Sacramentaire Grégorien, t. II, op. cit., pp.308-312.

2) una messa che ricorda l’ordinazione episco-pale e la traslazione del corpo di S. Martino;

3) una messa seguita dai vespri;

4) una messa per l’ottava che conclude le cele-brazioni di questa prima grande festivitàmar tiniana.

Possiamo inoltre affermare con una certa fonda-tezza che questa festa di luglio divenne una solenni-tà a carattere nazionale. Ciò è confermato dal formu-lario eucaristico nei Gelasiani dell’VIII secolo, perve-nutoci da Angoulême: tra le bellissime orazioni chericordano i tre momenti celebrati, convergenti nellabasilica ed esaltanti il “magnum patronum”, ce n’è unache conclude la Messa indicandone la specificità: è lasolenne benedizione sul popolo davanti al re eall’esercito riunito con lui:

«Deus inenarrabilis auctor mundi... tu praesenteminsignem regem hunc cum exercitu suo, intercessio-ne beati Martini episcopi et confessoris, uberi bene-dictione locupleta et in solium regni firma stabilitateconnecte...».97

Il 4 luglio dunque radunava non solo i Turonesi ei fedeli delle chiese vicine, per celebrare solennemen-te S. Martino, ma il re stesso che veniva a chiedere laprotezione del santo, seguendo una lunga tradizio-

133

97 Liber Sacramentorum Engolismensis, a cura di P. SAINT-ROCH, op. cit., pp. 278-279.

ne, iniziata già da Clodoveo che proprio in S. Mar -tino a Tours era stato incoronato re dei Franchi.

2.2. 11 novembre: Transito e Deposizione di S. Martino

L’11 novembre aveva grande importanza per laChiesa di Tours. Questa era la data che segnava ilpassaggio di Martino dal secolo presente alla cittàceleste, il giorno in cui avendo concluso un camminodi ascesi e di apostolato, riposava nella sua città, trai fedeli che lo avevano sempre amato e venerato. Iltrionfo del suo funerale descritto molto bene daSulpicio Severo98 e ricordato da Gregorio, non soloaveva lasciato un ricordo che si perpetuava nella tra-dizione dei Turonesi, ma aveva dato inizio a un cultodel santo così profondo e duraturo, da venire benpresto diffuso in tutta la Gallia ed anche in altreregioni.

L’11 novembre diventerà la festa più conosciutae celebrata in Occidente, per S. Martino. GiàNicezio di Treviri la chiamerà la festività di Martino(pro festivitate sua, quod undecima dies facit november)99

e così la ricorderà la liturgia Romana e Ambrosiana= III Idus Novembres.

134

98 Cfr. SULPICIO, Ep. III, 18, CSEL 1, pp. 150-151. 99 G. P. BOGNETTI, Santa Maria di Castelseprio, op. cit., pp. 31-

38.

È noto che questa festa di S. Martino si arricchìdi moltissime colorazioni locali e stagionali, datoche essa coincideva con la fine dell’autunno e nelMedioevo divenne festa patronale per molte corpo-razioni. Questo giorno venne anche chiamato “esta-te di S. Martino” poiché la fantasia popolare colle-gava all’emblematico gesto di Martino, del mantel-lo diviso a metà, l’apparire di un pallido solenovembrino quale segno della sua benevolenza eprotezione.

La sua origine, però, è propriamente religiosa etale rimane nella celebrazione liturgica: essa è la“memoria,” celebrata sempre con solennità dallaChiesa, di due grandi eventi: il Transito e laDeposizione di Martino avvenuti in luoghi diversi,ma unificati nella celebrazione ecclesiale perchéespressione di un’ unica grande realtà. Martino erasanto, aveva lasciato il mondo dopo aver vintoSatana e il male ed era entrato nel regno di Dio trai Martiri e gli Apostoli, perciò, poteva con maggiorpotenza continuare a proteggere la sua chiesa diTours ed intercedere per quanti venivano piangentialla sua tomba.

Il “Transitus” e la “Depositio” verranno perpe-tuate nelle liturgie occidentali fino ad oggi.

135

3. Due testimonianze liturgiche:l’inno «Iste Confessor» e la prima omelia

Fra le molte testimonianze di culto a S. Martinoche i secoli ci hanno tramandato, credo non si possaomettere un cenno a questi due generi letterari litur-gici: l’innografia e l’omiletica.

3.1. L’inno «Iste Confessor»

Anselmo Lentini, riguardo a quest’inno, cosìannota:

«Autore ignoto. Secolo VIII. Metrico. Saffico. Suoleritenersi che l’inno sia stato composto proprio inonore di S. Martino; ma non si potrebbe qui citarealcuna testimonianza certa... Le sue strofe generiche,eccetto la 3ª, gli son valse perché fosse per molti seco-li adottato per il Commune di tutti i santi non apo-stoli o martiri. Ma proprio la 3ª strofa lo rendevaassolutamente inadatto, poiché non si può applicarecertamente a tutti...».100

Merita riportarlo per intero in lingua latina, nellaricostituzione del testo compiuta dallo stesso An sel -mo Lentini, sulla scorta di edizioni e di codici:

Iste confessor Domini sacratus,festa plebs cuius celebrat per orbem,

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100 Te decet Hymnus. L’Innario della «Liturgia Horarum», acura di A. LENTINI, Poliglotta Vaticana, Roma 1984, p. 235.

hodie laetus meruit secretascandere caeli.

Qui pius, prudens, humilis, pudicus,sobrius, castus fuit et quietus,vita dum praesens vegetavit eiuscorporis artus.

Ad sacrum cuius tumulum frequentermembra languentum modo sanitati,quolibet morbo fuerint gravati,restituuntur.

Unde nunc noster chorus in honoremipsius, hymnum canit hunc libenter,ut piis eius meritis iuvemuromne per aevum.

Fermando l’attenzione sulla 2ª e 3ª strofa, ci siaccorge che l’anonimo compositore ha voluto tra-durre in verso il ritratto di Martino, quale emergedagli scritti di Sulpicio Severo, e sottolineare le gra-zie che continuamente il Santo effondeva dal suosepolcro su ogni tipo di malati.

3.2 . La prima omelia su S. Martino

I codici la trasmettono col titolo di «Laudatio san-cti Martini». Fu edita, nel secolo scorso, dal cardina-le A. Mai nel 1852; fu recentemente e con miglioreapparato critico edita da B. M. Peebles. È un testomolto interessante sia dal punto di vista storico che

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cultuale. La datazione dell’omelia, secondo i critici,non va oltre il secolo VI: è dunque anteriore dialmeno due secoli al sermone di Alcuino su Mar -tino. Solo a complemento di questo capitolo sulculto, quasi come appendice, credo interessante tra-scrivere per intero il testo latino.

SERMO IN LAUDE SANCTI MARTINI

1. Laetemur in Domino, fratres dilectissimi, omni lae-titia spiritalis gaudii, quos omnipotentia divinae maiesta-tis egregii sui confessoris, nostri quoque praecipui pasto-ris, iocunditate laetificat annuae sollemnitatis. Haec estetenim dies in qua sancta ecclesia catholica, longe latequeper orbem diffusa, multiplici exultatione tripudiat, eiusrecolendo festum, cuius exemplis et verbis participem seesse cognoscit supernorum civium. Haec est toto orbeveneranda dies, in qua gloriosus Dei Martinus antistes deterris migravit ad florigeras paradisi sedes. Haec est,inquam, dies praeclara, dies sancta, dies splendida, dieshominibus celebrabilis, angelis collaudabilis, in qua bea-tus Martinus tamquam miles emeritus, post plurima labo-ris sui certamina caelestis militiae conscriptus, perennisvitae lauro gaudet feliciter coronandus.

2. Tanti igitur patroni, fratres karissimi, omnis aetas,omnis sexus, omnisque condicio, laetantibus animis, totacum devotione, plena alacritate, directa cordis intentio-ne, magnificando gloriosa sollemnia celebremus, cele-brando magnificemus, de quibus et Christi fideles in ter-ris et sancti omnes congratulantur in supernis. Licetautem nostra magnificatione non egeat, quem omnipo-

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tens Deus apud se aeternaliter magnificatum retinet,obsequio tamen piae devotionis condelectatur benigni-tas proprii pastoris. Merito ergo haec dies magnificatur,haec sancta sollemnitas ab omni christiano pie recolitur,quae tantis virtutibus roboratur, tantis miraculis honora-tur. Hic namque pastor beatissimus quantis in mundoclaruerit insignibus, liber eius uitae indicat, qui tammirandis signorum descriptionibus effulget. Quae scili-cet eius virtutum praeclara opera ita sunt per mundi spa-tia dilatata, ut propter sui excellentiam nulli rationabilicreaturae credantur esse incognita.

3. Unde, gloriose Dei Martine pontifex, laudis tuaepraeconia nobis famulis tuis tantum memorasse sufficiat,ut qui ad recolenda tuae festivitatis gaudia convenimus,tuae praesentiae non indevoti assistamus. Accipe igitur,pater dulciflue, accipe servorum tuorum laudes quas offe-rimus, suscipe nostra quae tibi fundimus desideria, atqueea in conspectu pii Redemptoris repraesenta, et inde nobissupernae gratiae propitiationem reporta. Tu enim iam incaelesti paradiso cum eo exultas, tanto liber a corruptionequanto absolutus carne: tu inter multitudines sanctorummedius recumbis, tanto ab inquietudine extraneus quantocontemplatione Dei vicinior factus. Nos autem qui adhucin hoc exilio peregrinamur, corporis corruptione grava-mur, malignorum hostium insidias patimur, variisqueincessanter calamitatibus urgemur, tanto tuo adiutorioindigemus quanto his malis quotidie nos angustiari gravi-ter ingemiscimus. Et ideo, quia in nobis nihil dignum,nihil tuis laudibus congruum invenire possumus, tehumiliter petimus, ut ex dono tuae pietatis accepta sintvota nostrae laudationis, quae non vox effundit protervased conscientia devota. Tua ergo nobis pietas succurrat, utqui nostris criminibus totiens Creatorem offendimus, abeo veniam non iudicium sentiamus. Et quia paupertatis

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amator in infantiae tempore diviso clamidis indumentomeruisti in paupere Christum uestire, tua benignissimaintercessione vestiti nuptiali veste, inter conviuas superniregis mereamur accumbere. Qui etiam signo crucis, nonclipeo protectus aut galea, te promisisti hostium cuneospenetrare securum, tuae protectionis auxilium nobisimpende, ut impetus adversariorum securi valeamusirrumpere omnemque eorum virtutem te duce superare.Cui quoque post Apostolos tanta collata est gratia, uttrium mortuorum suscitator merueris fieri, nos tuis ora-tionibus a morte animae suscitatos ac ab omni vitiorumcontagione purgatos, sanctae Trinitatis fideli confessionefundatos facias esse pariter et perpetuae felicitatis consor-tes.

4. Beatam siquidem Romam dixerim, cui concessasunt duo magna luminaria, Petrus scilicet et Paulus, perquos de tenebris infidelitatis mereretur ad lumen redireveritatis. Non dissimiliter quoque Turonorum civitatemconstat esse beatam, quae tanti patris praedicationeinstrui, insuper et corporali praesentia, Deo largiente,potuit insigniri. Beati parentes qui tam admirabilemgenuerunt prolem: beati nihilominus Turonicae sanctaesedis incolae, quibus datum est tam reverendum praesu-lem habere. Felix terra quae hunc in ortum protulit, feli-cior quae hunc ad caeli palatium sui intercessorem prae-misit. Felix igitur civitas Turonensis, quae tanti pastorisirradiata doctrinis, ac per ipsius almifluum corpus caputeffici meruit totius Gallicae regionis. Per cuius meritumet benedictionis imbrem, non solum irrigantur menteshominum, sed etiam terra adiacens accumulatur fertili-tate fructuum. His vero omnibus felicior atque sublimiorille credendus est locus qui ipsius est sacratissimi corpo-ris tumulo tam gloriose decoratus. O quam felices illi quihuic famulari, huius assistere mererentur celebritati, rec-

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titudine iusti, simplicitate puri, sanctimonia mundi, inte-rius et exterius omni religione perfecti. Denique beati quihunc in carne videre praesentem, credidere praedican-tem. Multo autem beatiores qui omnia quae de eo scrip-ta sunt sequi et imitari prompto corde studuerint.

5. Ad te tandem, o pastor optime, qui nobis, Deosaluti nostrae prouidente, donatus es proprie, oculosdirigimus intentionis nostrae, ut hoc tuum sanctum ovilequod tibi ad serviendum assistit quotidie, omnem quo-que monastici ordinis gregem ac utriusque sexus promi-scuam multitudinem qui tuis sacris sollemniis festinatinteresse, inter huius viae et vitae varietates continuedigneris gubernare, contraque ignita diaboli iacula pro-tegere et defensare, post mortem carnis in caelestibusHierusalem impetres cum fructu iustitiae sine fine gau-dere. Adiuvet ergo, tuis suffragantibus meritis, omnipo-tens Deus ad vitam desiderium nostrum, qui pro nobisin morte dedit unicum Filium suum, per eundemDominum nostrum, cui aequus honor, virtus eadem,cum Spititu Sancto permanet per cuncta saecula saeculo-rum. Amen.101

Questa antica «Laudatio» dipende in modo mani-festo, nei dettagli storici, da Sulpicio Severo, e forse,in qualche elemento, da Gregorio di Tours o da fontituronensi del V secolo. Ma è importante soprattuttoperché testimonia una diffusione del culto diMartino oltre i confini delle Gallie. L’ora tore anzi osa

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101 B.M. PEEBLES, An Early «Lau datio Sancti Martini»: A Textcompleted, in Saint Martin et son temps (Analecta Anselmiana,46), Roma 1961, pp. 245-248.

affermare che a nessuna creatura saranno ormaiignote le famose virtù taumaturgiche di Martino: «...eius virtutum praeclara opera ita sunt per mundispatia dilatata, ut propter sui excellentiam nullirationabili creaturae credantur esse incognita».

4. I pellegrinaggi

Il tema del pellegrinaggio è intimamente con-giunto con i luoghi di culto. Pellegrinare alla TerraSanta, come attesta il Giornale di Viaggio di Eteria nelIV secolo, o pellegrinare alle tombe degli Apostoli(Roma, Compostella, ecc.), era ritenuto uno degliatti di culto più meritori. Il pellegrinaggio, quand’èautentico, nasce da una fede sincera, si svolge inpovertà, sacrificio e preghiera, manifesta un’esplici-ta volontà di onorare i Santi, oltre che di ottenereper loro intercessione le grazie necessarie, corpora-li e spirituali.

Anche il sepolcro di Martino divenne ben prestomèta di molti pellegrinaggi, da ogni parte d’Eu -ropa. Christine Mohrmann, nella prefazione allaVita di Martino, scrive:

«Pochi santi, nell’Europa Occidentale, e non solo inFrancia, hanno goduto di una popolarità tanto gran-de. Fin dal quinto secolo, la tomba di Martino aTours fu meta di un pellegrinaggio molto frequenta-to. Nella seconda metà del quinto secolo San

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Perpetuo, vescovo di Tours (morto nel 491), compo-se, come testimone oculare, una raccolta di undicimiracoli postumi, operati da Martino a Tours. Lacittà entrò presto nel numero dei più importanti cen-tri di pellegrinaggio, insieme a Gerusalemme eRoma. Ma a diffondere il culto del santo fu soprattut-to il re Chlodwig, che, cent’anni dopo la sua morte,lo proclamò patrono dei re e del popolo deiFranchi».102

Nel suo articolo su Martino di Tours, JacquesLahache riferisce che:

«Il giorno di Pasqua gli abitanti della città di Toursfacevano lungo la Loira un pellegrinaggio aMarmoutier. Dal secolo V i pellegrinaggi ebberogrande voga: si riportavano dalla tomba le fiale di“olio di benedizioni” attinto alle lampade votive, cherisanava gli ammalati. Un vaso di tal genere fu sco-perto nell’Ovest della Francia nel secolo XIX. Su diesso si legge la seguente iscrizione: “Divi MartiniAntistitis balsamum oleum pro benectione” [Lecoyde la Marche, p. 454-458].... I luoghi martiniani furo-no quindi meta in Occidente di grandi pellegrinagginon meno di Roma e di S. Giacomo di Compostela.Vennero a Tours molti regnanti e cinque papi tra cuiUrbano II».103

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102 Ch. MOHRMANN, Introduzione alla Vita di Martino..., op.cit., p. XV.

103 J. LAHACHE, Martino, vescovo di Tours, santo. II. Culto, inBS, col. 1276.

Importante è la testimonianza del Vescovo diTreviri Nicezio che in una lettera alla reginaClosinda104 (verso il 565 circa) esalta il potere tauma-turgico di Martino e la sollecita a mandare i suoi sud-diti in pellegrinaggio a Tours in occasione della festi-vità annuale che si faceva in onore del santo, l’11novembre, mettendo in parallelo questo luogo diculto con altri molto famosi quali Roma o Efeso cheperò non erano di utilità ai Longobardi di Alboino acausa della mancanza di fede essendo questi ariani.Nicezio di Treviri105 dice espressamente:

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104 Gregorio di Tours, nella Storia dei Franchi, IV, 41, op. cit.,vol. I, p. 368-371, riferisce: «Il re dei Longobardi, Alboino cheaveva sposato Closinda, figlia del re Clotario, abbandonata lasua regione, si diresse in Italia con tutta la gente longobarda».Massimo Oldoni alla nota 126 (vol. I, p. 585), dice che siamonell’anno 568.

105 Cfr. G. P. BOGNETTI, Santa Maria di Castelseprio, op. cit., pp.31-38.

«Hic, si iubet ad domnumMartinum pro festivitatesua, quod undecima diesfacit november, ipsos mit-tat et ibi, si audent, aliquidpraesumant, ubi caecoshodie inluminare conspici-mus, ubi surdis auditum etmutis sanitatem recipere».

«Questi, se lo vuole, mandi isuoi stessi sudditi a San Mar -tino, in occasione della suafestività che si celebra il gior-no 11 novembre, e lì se faran-no attenzione vedranno qual -cos’altro, lì dove oggi vedia-mo i ciechi riprendere la vi -sta, dove i sordi ricevono l’u -dito e ai muti viene data lasalute...».

Nella seconda metà del secolo VI, il celebre poetalatino Venanzio Fortunato scrivendo ai suoi compa-gni di studio nominando il libro che egli aveva scrit-to in versi sulla vita di S. Martino attesta quantofosse divulgato il culto del santo nelle Gallie. Questele sue parole:

«Offro questo argomento perché con parola armo-niosa cantino splendidi carmi per le gesta di Martinoe con chiaro ingegno compongano versi da diffonde-re per l’Oriente: è valutato per i meriti, né abbisognadi questi versi quell’uomo radioso la cui popolaritàtrionfante e la fama conquistano le vie del mondo,raggiungendo campagne, percorrendo i mari, bril-lando nei cieli distribuendo alla gente mirabili medi-cine per elemosina: egli ottiene tutti i doni servendoil suo Signore; e perciò Cristo ha il nome, Martino lagloria».106

I pellegrinaggi continueranno a Tours, sebbenele vicissitudini storiche abbiano spesso sconvolto ilfamoso luogo di culto e di unità nazionale.Nonostante gli incendi ad opera degli invasoriNormanni, la Basilica di S. Martino fu sempre rico-struita più grande e più bella a testimonianza del-l’amore e della venerazione dei Turonesi e dell’inte-ra Gallia.

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106 VENANZIO FORTUNATO, Vita di San Martino, op. cit., p. 154.

Capitolo terzo

ANTICHI FORMULARI DI SAN MARTINO

I. – LE LITURGIE OCCIDENTALI

In questo terzo capitolo, dedicato ai formulari litur-gici antichi di S. Martino, seguo un mio ordine logico,secondo l’esigenza dell’argomento che svolgo. Le cele-brazioni liturgiche di Martino sono nate ovviamente inambiente locale, ambiente merovingio e gallicano, anchese molto presto sono state accolte negli altri riti liturgici.

Presento dunque innanzitutto un breve scorcio sullagenesi liturgica antica; quindi, seguendo le varie fami-glie liturgiche, riporto i formulari eucologici di Martinoche esse contengono.

Ripeto quanto ho accennato nella premessa introdut-tiva della tesi: che cioè non è mia intenzione, né potreiaverne lo spazio, di riprodurre ed analizzare anche altrielementi che compongono la celebrazione, in particolarele antifone e le letture. Per quanto riguarda le antifonedella celebrazione liturgica di Martino, è stato già pub-blicato un articolo, sia pur sintetico, da parte del liturgi-sta G. Oury, al quale rimando.1

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1 G. OURY, Formulaires anciens pour la Messe de Saint Martin,in «Etudes Grégoriennes» 7 (1967), pp. 21-40. In quest’articolol’A. esamina prima le antifone delle liturgie romana e romana-franca nei testi di canto della Messa, sia della celebrazionecomune a tutto il gruppo liturgico, sia delle varie celebrazionispeciali soprattutto monastiche; quindi presenta un quadrodelle antifone delle altre liturgie occidentali non romane: laliturgia mozarabica e quella ambrosiana. L’articolo si presentacome un inventario estratto dagli Antifonari. Per quanto riguar-da gli antifonari, oggi disponiamo della preziosa raccolta di R.

1. – Genesi liturgica in Occidente

Non diversamente dall’Oriente, l’Occidente latino haassistito ad una ricca fioritura liturgica lungo i secoli dellasua storia: non dovunque identica né con le stesse caratte-ristiche di stile e di contenuti, ma certamente abbondantee non ancora completamente esplorata. Col passaggiodalla lingua greca al latino come lingua liturgica nel seco-lo IV a Roma, si venne a creare una Liturgia tipicamentelatina, con sue note proprie e inconfondibili; e contempo-raneamente, tra il IV e il V secolo, tutto l’Occidente fu per-vaso da un’ondata di creatività che diede origine allagrande e importantissima famiglia liturgica occidentale,rispondente ad ambienti, a culture e a sensibilità moltodiverse da quelle orientali. Le forme più tipiche in cui siconcretizzò la nuova fioritura occidentale, che dal secoloIV si estese fino almeno al secolo XI, sono: la liturgia roma-na, col suo influsso determinante non solo sull’Italia, masu tutta l’area occidentale; la liturgia ambrosiana, ispani-ca, gallicana e celtica. La nobiltà di forma e di contenuti, lachiarezza e l’incisività dell’espressione linguistica, l’affla-to umano e l’attenzione ai momenti storico-religiosi che sirifrangono continuamente nell’orazione liturgica, accantoall’elevazione dello spirito in Dio, fanno di questo immen-so patrimonio latino un’altissima testimonianza di fede edi vita, naturalmente secondo le peculiarità stilistiche eculturali di ogni area liturgica.

I testi che vengono composti, anche se di grandevalore estetico, non sono testi letterari, ma tipicamenteliturgici: seguono dunque le norme della preghieracomunitaria e pubblica, che trasmette in forma linguisti-ca nobile i contenuti sicuri della fede professata, con

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J. HESBERT, Antiphonale Missarum Sextuplex, Bruxelles 1935; ID.,Corpus Antiphonalium Officii: I. Manuscripti «Cursus romanus»; II.Manuscripti «Cursus monasticus»; III. Invitatoria et Antiphonae; IV.Responsoria, versus, hymni et varia, Roma 1963-1970.

metodo assertivo più che induttivo, fatto anche di sim-boli e gesti sacri, che formano il contesto dell’azionesacra e delle celebrazioni. È solo in questo contesto oran-te che si può cogliere tutta la pregnanza espressiva deitesti, spesso frammentari e brevi, che aprono, accompa-gnano e chiudono ogni azione liturgica, con riferimentiindubbi alla storia, ma con primaria attenzione allamemoria, e a ciò che essa attualizza e trasmette.

In questo contesto ha luogo e assume significato lapresenza di Martino nel culto di Cristo e dei Santi.2

2. – La Liturgia Gallicana

Per capire il valore autoctono del rito gallicano, ènecessario sapere che esso, come il rito ispanico, si formòper effetto di un particolare fenomeno storico. Così lodescrive Jordi Pinell:

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2 Indispensabile sussidio per ogni ricerca critica è il reper-torio generale dei testi liturgici antichi, editi e manoscritti, conl’indicazione delle fonti e delle edizioni, preparato da KLAUSGAMBER, Codices Liturgici Latini Antiquiores (Spicilegii Fri bur -gensis Subsidia 1), 2ª ediz., 2 voll., Friburgo 1968; opera ag -giornata e completata in KLAUS GAMBER, Codices Liturgici LatiniAntiquiores/Supplementum. Ergänzungs- und Register bandunter Mitarbeit von B. BAROFFIO - F. DELL’ORO - A. HÄNGGI - J.JANINI - A.M. TRIACCA (Spicilegii Friburgensis Subsidia 1A),Friburgo 1988. – Storia ampia e ragionata della Liturgia: M.RIGHETTI, Manuale di storia liturgica: I. Introduzione generale; II.L’anno liturgico nella storia, nella messa, nell’ufficio; III. La messa;IV. I sacramenti. I sacramentali, Milano 1969 (3.a ediz.). – In que-sta mia ricerca, come panorama generale, mi sono so prattuttoservita di tre opere, con le voci rispettive che esse contengono:Nuovo Dizionario di Liturgia a cura di D. SARTORE e A.M.TRIACCA, Edizioni Paoline, Roma 1984; Anamnesis. 2. La Litur -gia. Panorama storico generale, Marietti, Casale 1978; eAnamnesis. 6. L’Anno liturgico: storia, teologia e celebrazione, CasaEditrice Marietti, Genova 1988.

«Il fenomeno storico che produsse la nascita del ritogallicano e del rito ispanico consistette inizialmente inun tentativo di realizzare nei propri ambienti e con ipropri mezzi qualcosa di simile a ciò che era avvenutonella Liturgia di Roma del sec. V. La produzione sugrande scala – quale avveniva a Roma – di testi variabi-li per la celebrazione eucaristica... fu intesa comeun’esplosione di creatività eucologica, che suscitò intutto l’Occidente un certo senso di emulazione. Si for-marono quindi le prime scuole eucologiche della Galliae della Spagna, che in un primo momento dovetteroessere strettissimamente collegate tra di loro.Si trattava di una quasi imitazione del fatto romano...,ma nel proprio ambiente e con i propri mezzi. Così, siail rito gallicano che l’ispanico restarono lontani dallastruttura della messa romana dei sec. V-VI, perchérimanevano fedeli ad un’altra struttura, quella anticaloro propria, proveniente dall’Africa latina, e che ora-mai costituiva una parte importante del loro patrimo-nio liturgico».3

Il rito gallicano ha delle sue particolarità, sia di stilecompositivo che di struttura liturgica.

La peculiarità più rilevante del rito gallicano è il suosistema di comporre la prece eucaristica con testi eucolo-gici variabili. Imitando da lontano ciò che era avvenutonel rito romano, gli autori gallicani composero, per i varitempi e feste dell’anno liturgico, formule per la orazioneintroduttiva della Messa, per la colletta, per le orazioniPost nomina (cioè dopo i dittici) e Ad pacem (al bacio dipace), e anche per la Contestatio, che corrisponde al prefa-zio romano.

Quanto alle peculiarità di stile, anche dall’analisi deiformulari di S. Martino, si avverte una eterogeneità di

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3 J. PINELL, La liturgia gallicana, in AA. VV., Anamnesis. 2. LaLiturgia, panorama storico generale, Marietti, Casale 1978, pp. 63-64.

fonti raccolte insieme, non sempre con logicità, anche secon vivacità; e una decadenza linguistica, naturale inpopoli barbari, dove ormai grammatica e sintassi latinavenivano usate più ad orecchio, che secondo i casi.

I più antichi documenti che abbiamo sui testi liturgi-ci gallicani sono della metà del sec. VII. I libri liturgici delrito gallicano antico (sec. VII-VIII) sono praticamentedue: il Sacramentario e il Lezionario. Il Sacramentariogallicano, nel quale sono evidenti forti influssi romani, ciè stato parzialmente trasmesso da alcuni frammenti dicodici, e soprattutto dai seguenti «Messali»: MissaleGothicum, Missale Gallicanum Vetus, Missale Francorum,Missale Bobiense.4

La Messa di S. Martino si trova soltanto nel MissaleGothicum e nel Missale Bobiense, di cui riporto i testi.

MISSALE GOTHICUM

Missa sancti Martini episcopi

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Summi sacerdotis tui patrisnostri Martini episcopihodie deposicione<m> cele-brantibus tribue nobis,Domine, ut sicut commemo-racionem eius devotissimecolimus, ita et opus fideliterimitemur: per.

Colleccio. Deus, qui sanctamnobis diei huius sollempni-

Signore, a noi che celebria-mo la deposizione del tuosommo sacerdote nostropadre Martino, concedi che,come devotissimamente nericordiamo la memoria, cosìfedelmente ne imitiamo leopere. Per.

Colletta. Dio, che ci hai con-cesso la santa solennità di

4 Edizione critica: L. C. MOHLBERG, Missale Francorum,Roma 1957; ID., Missale Gothicum, Roma 1957; ID., MissaleGallicanum Vetus, Roma 1958; E. A. LOWE - A. WILMART - H. A.WILSON, The Bobbio-Missal. A Gallican Mass-Book, London 1920.I testi dei formulari di S. Martino li ho ricavati da queste edi-zioni.

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tatem praedicandi ac uene-rabilis sacerdotis tui deposi-cione Martini episcopi prae-stare dignatus es, tribue,quaesomus, ut quod nostrisobtinere praecibus non pos-sumus, ipsius meriamurobtinere suffragiis: per.

Post Nomina. Auditis nomi-nibus offerentum, fratreskarissimi, omnipotentis Deiininnarrabilem misericor-diam supplices postulemus,ut nomina nostra, qui inhunc celeberrimum diem inhonorem sancti antestitis suiMartini offerimus, benedice-re et sanctificare ipso suffra-gante dignetur et quod illiconlatum est ad gloriam,nobis quoque proficiat adsalutem: per.

Ad pacem. Inclina, auremtuam ad praeces familiaetuae et da pacem, quam per-manere iugiter praecepisti,illut etiam specialiter prae-stare digneris, ut parem cari-tatem teneamus, quam pon-tifex tuus Martinus in hocsaeculo te opitulante meruitobtenere: per.

Immolacio. Dignum etiustum est, nos te, DomineDeus noster, in laudibussancti Martini honorari. Quisancti spiritus tui dono suc-

questo giorno in memoriadella deposizione del tuoglo rioso e venerabile sacer-dote, il vescovo Martino,con cedi, ti preghiamo: ciòche non possiamo ottenerecon le nostre preghiere, lomeritiamo di ottenere per lasua intercessione.

Post Nomina. Dopo aver uditoi nomi degli offerenti, fratellicarissimi, imploriamo suppli-ci l’inenarrabile misericordiadi Dio onnipotente, perché inostri nomi, di noi che lioffriamo per questo giornoceleberrimo in onore del suosanto antistite Martino, sidegni per sua intercessione dibenedirli e santificarli, e ciòche è stato offerto per la suagloria, giovi anche alla nostrasalvezza: per.

Ad pacem. Porgi l’orecchioalle preci della tua famiglia edona quella pace, che haicomandato rimanga sempre;e inoltre in modo specialedegnati di concederci di con-servare quella stessa carità,che col tuo aiuto il tuo ponte-fice Martino ha meritato diottenere in questa vita: per.

Immolacio. È cosa degna egiusta, Signore Dio nostro,che ti onoriamo nel lodaresan Martino. Egli, acceso daldono del tuo Santo Spirito,

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census ita in ipso tyrociniofidei perfectus, ut Christumtexisset in pauperem etuestem, quam egenus acce-perat, mundi Dominus in -duisset.

O filex largitas, qua divini-tas operitur! O clamides glo-riosa divisio, qua militemtexit et regem! Inaestimabiledonum est, quod vestireDeum meruit deitatis. Dignehuic confessionis tuae prae-mium commisisti. DigneArrianorum non subiacuitferitate. Digne tanto amoreMartinus persecutores tor-menta non timuit securus,quia tanta erat gloriacio pas-sionis, ut per quantitatevestis exiguae et vestireDeum meruit et videre. Oanimi imitanda benignitas!O virtutum veneranda po -tencia! Sic egit suscepti pon-tificatus officium, ut per for-mam probabilis vitae obser-vanciam exegerit discipli-nae. Sic apostolica virtutesperantibus contulit medici-nam, ut alios supplicacioni-bus, alios visu salvaret.

fu così perfetto nello stessotirocinio della fede, che vestìCristo nel povero e quellaveste, che un povero avevaricevuto, la indossò il Si -gnore del mondo.

O elargizione felice, con laquale si copre la divinità! Ogloriosa divisione del man-tello, che vestì insieme il sol-dato e il Re! È dono inestima-bile, che egli abbia meritatodi vestire Dio nella sua divi-nità. Degnamente a co stuihai concesso il premio dellatua confessione. De gna men -te non soggiacque alla ferociadegli Ariani. Degnamente,[infiammato] da così grandeamore, Mar tino non temetteimpavido i tormenti dei per-secutori, perché era cosìgrande [in lui] la gloria delpatire, che con un pezzo diuna piccola veste meritò siadi vestire Dio che di vederlo.O benignità d’a nimo da imi-tare! O potenza veneranda divirtù! In tal modo compì l’uf-ficio dell’e piscopato ricevu-to, da condurre, attraverso latestimonianza di una vitavirtuosa, un tenore di peni-tenza. In tal modo, conpotenza apostolica, portòrimedio a quanti lo sperava-no, da salvare alcuni con lasua supplica, altri con leapparizioni.

MISSALE BOBIENSE

Missa sancti Martini episcopi

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Haec tua, Domine, veneran-da potencia, cui cum linguanon supplet meritis exorare,operibus sancti Martini teopetulante mereamur imita-ri: per Christum Dominumnostrum.

Tale è la tua veneranda po -ten za, o Signore: non ba stala lingua per supplicartidegnamente; possiamo dun-que meritare di imitarla, coltuo aiuto, per le opere di sanMartino: per Cristo nostroSignore.

Sanctum in mirabilibus,mirabilem Deum in sanctissuis et confessoris sui Mar -tini: ut cuius venerabilemdiem celebramus meriamureius esse participes.

Hic vir, quem adnumeran-dum apostolis, martiribusadgregandum, proxima itain rem tempora protulerunt.

Dubium enim non est ut sitmartyr in celo, qui fuit con-fessor in saeculo, cum scia-mus non Martinum marti-rium, sed martirium defuit-se Martinum.

Oremus. Qui in tanto Dominipotuit aequare virtutis,dignetur in tribulacionedefendere, qui potens fuitmortuos suscitare.

[Lodiamo] il Dio santo nellesue meraviglie, mirabile neisuoi santi e nel suo confesso-re Martino: affinché possia-mo meritare di aver partecon colui, di cui celebriamoil giorno venerabile.Quest’uomo, che tempi vici-ni al nostro hanno prodotto,degno di essere annoveratotra gli apostoli, e aggregatoai martiri.Non v’è dubbio infatti chesia martire in cielo, egli chefu confessore sulla terra,appunto perché sappiamoche non venne meno Mar -tino al martirio, ma il marti-rio a Martino.

Preghiamo. Colui che a talpunto poté esser simile alSignore nella potenza, sidegni di difender(ci) nellatribolazione, lui che fu poten-te nel risuscitare i morti.

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Collectio. Deus cuius persummum antistitem et con-fessorem tuum Martinumfulgoris tui lumen effulsit,cuius hodie felicem transmi-gracionis celebrantes cle-menciam tuam, supplicesexoramus, ut aeclesiamtuam conversantem in tribu-lacione dignetur defendere,cui a te satis larga pietateconcessum est etiam mor-tuos suscitare.

Post Nomina. Largam DeiPatris omnipotentis miseri-cordiae, fratres karissimi,deprecimur, ut intercessionesancti ac beatissimi antesti-tes sui Martini, cuius hodier-na die officium commemo-racionis inpendimus, eiusinterventum per misericor-diam Domini indulgentiamconsequi meriamur.

Ad Pacem. Exaudi, Domine,precis nostras, quas in sancticonfessoris et sacerdotis epi-scopi tui Martini commemo-racione deferimus. Et prae-sta ut sicut ille in conspectutuo, qui tibi digne meruitfamulari, clarus semperextetit, ita eius nos supplica-cio in bonis actibus adiovit.Per.

Contestatio. Vere dignum etiustum est, omnipotens

Colletta. O Dio, per mezzodel tuo sommo pontefice econfessore Martino rifulse laluce del tuo fulgore. Noi, cheoggi ne celebriamo il felice[giorno] del transito implo-riamo supplici la tua clemen-za: si degni difendere la tuachiesa che vive nelle tribola-zioni, egli che ottenne da te,per (tua) larghissima benevo-lenza, di risuscitare anche imorti.

Post Nomina. Fratelli carissi-mi, supplichiamo la grandemisericordia di Dio Padreonnipotente, perché per l’in-tercessione del santo e beatis-simo suo pontefice Martino,di cui oggi compiamo l’uffi-cio della commemorazione,col suo intervento e per lamisericordia del Signore,meritiamo di ottenere il per-dono.

Ad pacem. Esaudisci, o Signo -re, le nostre preci, che [ti] pre-sentiamo nella commemora-zione del santo confessore esacerdote, il tuo vescovoMartino; e concedi che, comeegli fu sempre glorioso al tuocospetto, meritando di ser-virti in modo degno, così lasua supplica ci aiuti nel com-piere buone a zioni. Per.

Contestatio. È veramentedegno e giusto, Dio onnipo-

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Deus, te in Martini tui laudi-bus honorari, qui SanctiSpiritus tui donum succen-sus, ita in ipso tirocinio fideiperfectus inventus est, utChristum texisset in paupe-rem, et vestem quam aege-nus acceperat mundi Domi -nus induissit.

O filex largitas, in qua divi-nitas operitur. O clamidesgloriosa divisio quem mili-tem texit et regem: instima-bile donum est, quod vestireDeum meruit deitatis. Dignehuic confessioni tuae pre-mium conmisisti. DigneArrianorum non subiacuitferitate. Digne tantumamore Martinus persecuto-ris tormenta non timuit,securus quia tanta est glori-ficacio passionis, ut perquantitate vestes exiguit,vestire Christum meruit etvidere. O anime imitandabenignitas. O virtutum ve -ne randa potencia: sic egitsusceptis pontificatus offi-cium, ut per furmam proba-belis vitae observanciamexegerit discipline.

Sic apostolica virtute spe-rantibus contulit medicina,ut alius supplicacionibusalius viso salvarit.

tente, onorare te lodando iltuo Martino, che infiammatodal dono del tuo SantoSpirito, già nel tirociniodella fede [= catecumenato]fu trovato così perfetto, davestire Cristo nel povero, ela veste che il mendico a -veva ricevuto la indossasseil Signore del mondo.O felice elargizione, dellaquale si coprì la divinità! Odivisione gloriosa del man-tello, che vestì il soldato e ilre: è dono inestimabile, avermeritato di vestire Dio [nellasua] divinità. Degnamente acostui hai concesso il premiodella tua confessione. Degna -mente egli non soggiacquealla ferocia degli ariani. De -gna mente Martino, [acceso]da così grande amore, nonpaventò intrepido i tormentidel persecutore: è tanto gran-de infatti la gloria della [sua]passione, che con una piccolaparte di veste, meritò vestireCristo e di vederlo. O longa-nimità d’animo da imitare! Opotenza di virtù da venerare!Compì [in modo] così [esem-plare] l’ufficio dell’episcopa-to ricevuto, che con lo stile diuna vita comprovata condus-se un tenore di penitenza.Con potenza apostolica, con-ferì rimedio a chi l’attendeva,in modo da salvare chi con lesuppliche, chi con l’appari-zione.

3. – La Liturgia Ispanica

Nella Spagna, al tempo del regno dei Visigoti, si formòuna splendida e completa liturgia, che si suole chiamare«visigotica» o «mozarabica», o più propriamente «ispani-ca»: ciò a motivo dei vari centri di irradiazione (entro e aldi là del regno visigotico) e anche per l’uso del rito e il suoampliamento eucologico che dal secolo VI si estende finoalla sua soppressione, avvenuta sotto il pontificato diGregorio VII (1073-1085), quindi oltre il tempo della domi-nazione visigotica. Tuttavia, i testi più belli e significativison quelli composti al tempo della massima espansionevisigotica: allora il rito ispanico era celebrato in tutta lapenisola e anche nella Gallia Narbonese vicina ai Pireneiorientali.

Per quanto riguarda la struttura della celebrazioneeucaristica, la liturgia ispanica si presenta con forti carat-teristiche proprie, anche se fece sue alcune peculiaritàromane. I formulari eucologici della Messa constanogeneralmente di nove testi: un’orazione di monizioneiniziale, chiamata missa, seguita da un’altra orazione,detta alia; e poiché nel rito mozarabico i Dittici oCommemorazioni del Santi (Nomina) come pure lo scam-bio della Pace, precedono la Prece eucaristica, due ora-zioni accompagnano questi momenti: post Nomina e postPacem. Segue il prefazio, detto inlatio (testo variabile,come nel rito romano, e spazio privilegiato per la procla-

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Haec tua es[t], Domine,veneranda potencia, cuicum lingua non suppleat,meritis exorat, per ChristumDominum.

Questa, o Signore, è la tuaveneranda potenza: percolui cui non basta la lingua[per pregarti], con i meritiegli impetra, per Cristo Si -gnore.

mazione dei contenuti teologici delle feste); altre dueorazioni, una post Sanctus, l’altra post Pridie rompono lafissità del canone; vi sono poi altre due orazioni primadella comunione: al momento del Padre nostro (ad oratio-nem dominicam) e quando il sacerdote benedice il popolo,elevando il Calice e l’Ostia (benedictio). Esistono inoltreorazioni finali, chiamate completurie, tanto per la Messacome per l’Ufficio divino.

I formulari per la celebrazione eucaristica sono rac-colti nell’antico Liber manuale, simile al Sacramentarioromano, e perciò edito col nome di Liber mozarabicusSacramentorum, o nel posteriore libro plenario chiamatoLiber misticus (cioè «libro misto»), che integra i formularieucologici con i testi delle antifone e degli inni, fornendoun repertorio completo per la celebrazione eucaristica.

Peculiarità ispanica della Liturgia delle Ore sono spe-cialmente le Orazioni salmiche, le Orazioni dopo le antifo-ne, le Orazioni dopo i responsori, usate soprattutto neigiorni festivi: sono raccolte nel Liber Orationum festivus,completato per i giorni feriali e le collette salmiche dal LiberOrationum psalmographus.

Con linguaggio meno conciso di quello liturgico roma-no, anzi, con eleganza quasi retorica che risente molto l’in-flusso africano, i testi ispanici intendono proporre e farvivere intensamente il mistero che celebrano. Anche nelcaso di un Santo, come Martino, attingendo alla storia eispirandosi alle forme letterariamente belle di SulpicioSevero, amano far partecipare l’assemblea al rito, quasiscenografandolo davanti ai fedeli con un intreccio mirabi-le di contrappunti. Per questo, oltre che per motivi di anti-chità, ho scelto di analizzare a fondo, nel capitolo quartodel mio studio – a confronto tra storia e memoria – proprioil formulario della Messa mozarabica per il giorno dellamorte di S. Martino.

In questo terzo capitolo, dunque, mi limito a riporta-re il formulario della Messa per la consacrazione diMartino (sacratio Martini), il 4 luglio, dal Liber Manuale o

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Liber Mozarabicus Sacramentorum o – come ora meglio sichiama – Liber Missarum di Toledo. Di questo formulariogià è stata fatta una diligente analisi dal liturgista A.Lambert, il quale colloca con accurato studio delle fontistorico-liturgiche questo formulario tra i testi dell’anticaliturgia visigotica, che da formulario locale nel secolo VIIentrò a far parte della collezione unitaria liturgica delregno visigotico, forse sotto l’influenza del re Wamba.5

Sarebbero da esaminare, certo con vivo interesse, anchele orazioni festive di S. Martino, contenute nel LiberOrationum festivus6 oggi meglio conosciuto col nome diOracional Visigótico; ma ciò esula dall’ambito che mi sonoprefissa.

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5 A. LAMBERT, La fête de l’Ordinatio Sancti Martini». Ses origi-nes, sa doctrine dans la Liturgie Wisigothique, in «RevueMabillon» 26 (1936), pp. 1-27; alle pp. 2-11 affronta in modoampio e documentato il problema della data, dell’ambiente sto-rico e del luogo di composizione della Messa per l’Ordinazionedi S. Martino, nella quale – rileva – non si fa cenno alcuno allatraslazione del corpo, né alla dedicazione della basilica diMartino a Tours: mentre di questi elementi del sec. V troviamotraccia negli altri documenti dipendenti dalla liturgia gallicana(basti ricordare il Sacramentario Gregoriano, e tra i Gelasianidel secolo VIII, il Liber Sacramentorum di Angoulême, che ripor-terò più appresso).

6 Edizione critica dei testi: H. FÉROTIN, Le Liber MozarabicusSacramentorum, Paris 1912; J. JANINI, Liber Missarum de Toledo yLibros místicos. I, Toledo 1982; J. VIVES - J. CLAVERAS, OracionalVisigótico, Barcelona 1946. – Articoli di carattere generale: J.PINELL, Le Liturgie Occidentali. 3. La Liturgia ispanica, inAnamnesis. 2. La Liturgia. Panorama storico generale, Marietti,Torino 1978, pp. 70-88; ID., Storia dei libri liturgici latini non roma-ni. 2. Libri liturgici ispanici, I, pp. 190-201 (con bibliografia).

DAL «LIBER MANUALE»O «LIBER MOZARABICUS SACRAMENTORUM»

Missa in ordinatione sancti Martini episcopi

Missa. Meritorum rectissimum iudicem ac munerum abun-dantissimum largitorem Deum ac Dominum nostrum, dilectis-simi fratres, pro hac beatissimi senioris nostri Martini episcopiet confessoris sui annua sollemnitate, seposita necessitatumnostrarum cura, laudemus. Cuius ineffabilis gratia atque iusti-tia tam memorabilem sancti sui fecit gloriam, quam memoriamgloriosam: ut solitarie vite cursus huius multitudinis merereturoccursum. Nunc iste honor mittit in publico, quod tunc illelabor egerit / in secreto: illud seculi contemptum, hoc populi (f.180c) ostendit officium. In hac devotione nunc patuit, quod inilla contritione tunc latuit. Hos gaudiorum fructus fusa lacry-marum semina colligebant. Hoc nostri temporis lumen illiincurvati diu cineres protulerunt; hec illi squalores ornamentamercati sunt. Qui abdicatis voluptatibus mundum sibi volunta-rius clausit, continuatis orationibus celum sibi clausum aperuit.Hec iusto divina equitate decreta retributio est: ut qui mortifica-te carnis vivus subiit sepulturam, beate eternitatis securus vivatin gloria, et in vita, qua noluit habere generalem usum, specialepossit prestare suffragium. Contemnens esse promicuus, sitPatronus: de cuius sanctitate quantum potest esse quod credi-mus, de qua tantum est quod videmus.

Quid ibi utatur in premiis, cui hic tantum offertum in votis,quia claritate ipse potiatur, cuius tantum viventibus interces-sione prestatur: quam illic palmam ubi eam quesivit invenit,qui hanc pompan etiam hic ubi eam contempsit accepit. Indebonorum / omnium (f. 180] largitorem Dominum exoremus, utqui illi tot dona contulit gratiarum, nos eius meritis sordibusablui faciat peccatorum. Amen.

Alia. Mirabilis in sanctis tuis, Domine virtutum, exaudisupplices tuos, et peccatoribus nobis beatissimi Martini episco-pi et confessoris tui patrocinia largire. Ille enim per confessio-nis gratiam meruit coronam virtutum; nos eius suffragiis, tedonante, veniam peccatorum nostrorum consequi mereamur.Amen.

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Post Nomina. Deus, qui confessorem tuum Martinum eremisecreta sectantem populis dedisti Pastorem, ut de hiis plebesedoceret in pubblicum, que te conloquente didicerat in secre-tum: has hostias ob solemnitatem corone eius oblatas gratie tuerespectu sanctificans, et sacrificantibus veniam, et sepultisrequiem largire beatam. Amen.

Ad Pacem. Ecce, Domine, festo Cathedre confessoris tuiMartini sanctissimi uberius gratulamur: dum hanc diem, quoipse in sacerdotium adscitus est, prona devotione excolimus. Isquippe, dum caterbas aufugeret hominum, presul effectus estpopulorum: ut qui iam / motus [f. 181a] carnis compresserat indeserto, evectu gratie utilius in populo perficeretur salvando.Quo pacis, cuius in deserto avidus fuerat adsequutor, post lar-gius exsisteret prerogator.

Ex hoc igitur tuam, pie Deus, exoramus clementiam, utquidquid doctrine eius permanebit ex lumine, te opitulante nosimpleamus in charitate. Amen.

Inlatio. Dignum et iustum est, equum et salutare est nos tibigratias agere, omnipotens Deus, et tanti muneris largitoremdebitis obsequiis honorare: ut in laudem sanctorum tuorum lau-dem tuam loquatur os nostrum. Qui nobis venerandum pignusin summo sacerdote tuo Martino, quasi quoddam eminentissi-mum culmen sanctitatis ac iustitie, et instituere et indulgeredignatus es: vel ad peccatorum nostrorum intercessionem atqueremedium, vel ad vite sacerdotalis exemplum.

Qui inter ipsa beate vite sue primordia etiam sub armismilitie secularis, iam sacerdos anime sue factus, totum se Deoiudici consecravit et tradidit. Vere probatissimus Dei miles etbellator egregius, celestis militie sacramenta Christo adspiran-te promeruit. Cuius bonus odor vite bonaque iustorum ope-rum fama magnis insuper est aucta virtutibus; et quamvis eamvir beatus totis viribus occultare voluerit, toto tamen orbe dif-fusa est. Latebat quidem in eo voluntas ambitionis ignara, sedplena pietatis anima divino splendore radiata fulgebat. Latebathumilitatis studio et innocentis conscientie secreta pietate con-tentus, sed diu latere non potuit, que, iustitie lux et conversatiosancta prodebat.

Captus itaque vir deo plenus, et in sacerdotio consecratus,angelicis continuo aecclesiam inlustravit officiis. Inluminatur

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latibolum, dum lumen occulitur, quia non occasione exercendepotestatis suscepit principatum sacerdotii, sed formam servi sesuscepisse cognovit; ipsius domini et salvatoris formaturexemplo, ut maneret in eo divine electionis intemerata libertas.

Quia sacerdotium, si recte ex dei amore suscipitur, non estdominatio putanda, sed servitus, et obsequium potius quampotestas. Merito nutibus suis miracula tanta famulantur: ceco-rum oculis lumen infudit, demones ex obsessis corporibuseffugavit, debilium membris reddidit sanitatem, et orationesua meruit mortuos suscitare: quia solus soli deo vacans, nondiebus, non noctibus a conloquiis dei et oratione cessabat.

O beatum virum naturam seculi respuentem, qui perdiversos generose anime motus, diversos meruit habere trium-phos! Insignis mundi contemptor, et eximia nostri seculi gloria,maior semper merito quam iudicio, angelorum comes, consorsapostolice dignitatis. Vestigiis Christi semper inherens, omnesmotus omnesque affectus in Christi cruce confixit; ante mor-tuus seculo, quam nature.

Hec est mors pretiosa sanctorum, ista est corona iustitie,hec est omnium palma virtutum. Hec sunt gaudia, quibusecclesia mater exultat; hiis hostiis divinitas eterna placatur. Talipeccatores tui, omnipotens deus, intercessore gaudemus, etgratias agimus tibi, domine deus noster, qui talem aecclesiaetuae prefecisti pontificem, talem instituisti nostris temporibusadvocatum, qui placitas tibi hostias humilitatis et contriti cor-dis possit offerre. Per Iesum Christum filium tuum, cui meritoomnes angeli atque archangeli, throni, dominationes et pote-states, hunc hymnum dulci modulatione proclamant, ita dicen-tes: Sanctus.

Post Sanctus. Vere sanctus, vere benedictus dominus nosterIesus Christus filius tuus, qui est coniator coronarum et coronasacerdotum; qui huic confessori suo Martino et previa honorimeritorum dona contribuit, et subsequum eius meritis culmensacerdotale donavit, provehens eum in populis sacerdotem,quem mundi probaberat desertorem, quo eius ruinam predi-cans sustentaret, cuius ne obrueretur aufugerat servitutem. *Per Christum dominum.

Post Pridie. Deus, qui confessorem tuum Martinum et meri-torum et honoris corona ditasti: has oblatas hostias spiritu

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benedictionis tue ditifica, et oblatores, vel pro quibus offerun-tur, perlustra gratia consueta, ut in hac die tui confessoris, quaidem commissi gregis curam suscepit, nos expiemur a conta-gione delicti. Amen.

Ad Orationem dominicam. Deus, qui olim in hoc die beatis-simum confessorem tuum Martinum et confessionis gloria etsacerdotii consecrasti corona: eius interventu virtutum nosdecore circumda, eoque suffragante nostra deleantur facinora,cui potestatem solvendi contulisti peccata; ut emaculatis con-scientiis, ad te proclamemus e terris: Pater noster.

Benedictio. Christus dominus, qui dudum in isto die confes-sorem suum Martinum mortuum mundo pastorem preelegit inseculo, sua vos gratia mortificet a delicto. Amen.

Quique illum cathedra sublimavit honoris, vos non puniatpro peccatis. Amen.

Ut illo celesti regno post transitum potiamini, cuius idemclaves in sacerdotio preelectus accepit. Amen.

4. – La Liturgia Ambrosiana

La Liturgia ambrosiana, così appunto chiamata dalnome del vescovo più illustre, sant’Ambrogio, e perchécertamente Ambrogio ha in essa lasciato una sua forteimpronta eucologica e innografica, ha percorso diversefasi di sviluppo: dalla sua prima redazione, sul finire delsecolo IV e nel secolo V, alla sua codificazione nei secoliVI-VII, alla sua ri-codificazione ampliata durante lariforma carolingia nei secoli IX-X, nella quale si avverteun notevole influsso delle altre liturgie occidentali (itali-co-romana, celtica, visigotica, longobarda, carolingia),una specie di contaminazione che tuttavia non ha soffo-cato la sua originaria peculiarità. Appartengono al seco-lo IX i più antichi manoscritti liturgici, i quali tuttaviaricopiano spesso manoscritti anteriori; ai secoli IX-XII

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testi che mostrano, accanto agli influssi accolti, una fasein atto di cristallizzazione, di definitiva codificazione.

Gli antichi manoscritti liturgici ambrosiani compren-dono vari libri: Sacramentari, Lezionari, Evangeliari,Antifonari, ecc., molti dei quali ancora inediti. Allo scopodella mia tesi, interessa un solo libro liturgico: ilSacramentario.

Fra i Sacramentari editi ha certo un posto di rilievo ilSacramentarium Bergomense del sec. IX, che si presenta noncome un «libro puro», riservato esclusivamente al cele-brante, ma sullo stile di un «libro plenario», che includeanche antifone, salmodie e letture bibliche: scritto aMilano per una chiesa cattedrale, che seguiva l’uso litur-gico ambrosiano. Ho tuttavia consultato e messo in paral-lelo, per la più genuina trasmissione antica dei codiciambrosiani, il Sacramentario di Ariberto, il Sacramentariodi Biasca e il Sacramentarium Triplex di Monza.

Per la comprensione dei formulari di S. Martino cheriproduco, e la loro collocazione nella celebrazione eucari-stica, bisogna ricordare che il rito ambrosiano ha in comu-ne con quello romano l’antifona d’ingresso (ingressa),l’orazione iniziale (oratio super populum), il canto fra le let-ture (psalmellus), il canto al Vangelo (cantus), l’orazionesulle offerte (oratio super oblata), il prefazio (praefatio), l’an-tifona alla comunione (transitorium), l’orazione dopo lacomunione (oratio post communionem). Proprio del ritoambrosiano sono: il canto dopo il vangelo, l’orazione checonclude la liturgia della Parola (oratio super sindonem), ilcanto alla frazione del pane (confractorium).7

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7 Edizioni critiche: A. PAREDI, Sacramentarium Bergomense.Manoscritto del secolo IX della Biblioteca di s. Alessandro in Colonnain Bergamo, Bergamo 1962. – Studi sulla Liturgia ambrosiana: P.BORELLA, Il rito ambrosiano, Morcelliana, Brescia 1964; ID., LaMessa ambrosiana, in M. RIGHETTI, Manuale di storia liturgica. III. LaMessa, Milano 1966, pp. 615-676; A. M. TRIACCA, La Liturgiaambrosiana, in AA. VV., Anamnesis. 2. La Liturgia. Panorama storico

Per quanto riguarda i reciproci influssi tra la liturgiaambrosiana e quella gallicana, anche nel caso della festa diS. Martino – come più sotto cercherò di dimostrare – nonva mai dimenticato il criterio-base che, come filo condut-tore, è stato così fortemente indicato da A. M. Triacca:

«Innanzitutto la matrice profonda in cui la Liturgiaambrosiana si radica è l’antiarianesimo. Infatti nel suosorgere (sec. IV-V), nel suo svilupparsi (sec. VI-VII) enel suo stabilizzarsi (sec. VIII-IX) la Liturgia ambrosia-na ha sempre dovuto lottare contro l’arianesimo: siastato esso l’arianesimo puro (sec. IV-V) o l’arianesimobarbarico (sec. VI-VII), o gli epigoni dell’arianesimo(sec. VIII-IX). Ci sembra più che importante per lo stu-dio delle fonti liturgiche ambrosiane tener presente laquestione ariana. Così gli influssi della Liturgia ambro-siana su altre e di queste su quella hanno sempre qual-che riferimento alla lotta contro l’arianesimo...Quel che è certo è che nel sec. VIII si hanno reazioniufficiali contro l’eresia come viene testimoniato da unsermone contro gli ariani composto da Natale, vescovodi Milano al tempo di Liutprando (712-744), e solo conla metà del secolo VIII l’arianesimo cessa in pratica diesistere nei maggiori centri abitati dove un clero ormaigeneralmente ortodosso regge il popolo di Dio. In ognicaso si deve ammettere che il forte «cristocentrismo»,così tipico della Liturgia ambrosiana, è un riflessoappunto dell’antiarianesimo nel quale ha avuto originee s’è sviluppato il fondo eucologico ambrosiano tantonella sua prima e seconda redazione (sec. IV-V e VI-VII), quanto nella revisione che subì posteriormente eforse perfino nella sua terza redazione (sec. IX-X), alme-no per quel tanto che il redattore dell’epoca si riferisceai modelli più primitivi.

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generale, Marietti, Torino 1978, pp. 88-110; ID., Libri liturgiciambrosiani, ivi, pp. 201-217; ID., Ambrosiana, Liturgia, in NuovoDizionario di Liturgia, Edizioni Paoline, Roma 1984, pp. 16-52(con ampia bibliografia).

Una parte di questi elementi cristocentrici e antiereticifiniranno con riapparire come altrettanti fili conduttorianche nelle redazioni palesemente carolingie dellaeucologia ambrosiana, come abbiamo altrove già dimo-strato.Ovviamente questa visuale costituisce anche un ele-mento metodologico di somma importanza per com-prendere da una parte un certo isolazionismo dellaLiturgia ambrosiana nei riguardi di quella romana e,nello stesso tempo, per comprendere come gli influssidella Liturgia ambrosiana possano essere maggiormen-te documentabili sulla Liturgia di quelle regionidell’Occidente, dove esisteva un simile o analogo pro-blema di purezza della fede, come avvenne nell’ambitoispano-visigotico e nella Francia meridionale».8

Sarà illuminante, sulla scia di questo principio indi-viduatore, il confronto in sinossi che farò del principaletesto ambrosiano di S. Martino (il prefazio) con i testiparalleli della liturgia gallicana anteriore e posteriore aCarlo Magno e alla riforma di Alcuino.

Nella trascrizione dei testi, considerate le lacune cheinteressano proprio la Messa di Martino, che ordinaria-mente è all’inizio o alla fine dei codici, seguo l’ordinedelle orazioni del Sacramentario di Ariberto, secondo latabella delle concordanze preparata da Giuseppe Fassi.9

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8 A. M. TRIACCA, La Liturgia ambrosiana, in AA. VV., Anam -ne sis. 2. La Liturgia, panorama storico generale, Marietti, Casale1978, pp. 92-93.

9 G. FASSI, Concordanze dei Sacramentari Ambrosiani e Ro -mani, in A. PAREDI, Sacramentarium Bergomense, op. cit., pp. 384-385.

III ID. NOV. DEP. S. MARTINI EP.

Missa in Vigilia

Omnipotens sempiterne Deus, misericordiam tuam supli-ces exoramus, ut nobis per intercessionem sancti antistitis tuiMartini propitius ac placatus nostra peccata indulgeas. Et glo-riam primae resurrectionis tribuas, et a secunda morte defen-das. Per.

<Super Sindonem>. Da quaesumus omnipotens Deus, beatisacerdotis et / confessoris tui Martini meritis, immensae nos tuae pie-tatis misericordiam consequi, quatenus eius intervenientibus preci-bus, nostra queant deleri facinora. Per.

<Super Sindonem>. Praesta quaesumus, Domine, ut sicutdivina laudamus in sancto Martino confessore tuo atque ponti-fice magnalia, sic indulgentiam tuam piis eius precibus asse-quamur. Per.

<Super Oblata>. Suscipe quaesumus, Domine, hec munerade tua tibi largitate dicata. Ut intercedente pro nobis beatoMartino confessore tuo atque pontifice fidelium mentes exerce-ant. Quatenus temporalibus adiuti praesidiis, ad promerendapraemia conferantur eterna. Per.

<Praefatio>. VD. Aeterne Deus. Qui ut infidelitatis tenebrasprofugares, divini verbi luce perspicuum ac miraculis corru-scantem, beatum Martinum in partes occiduas direxisti quiprofani eroris destruat templa ac vexilla erigat pietatis. Hicsuscitat mortuos, ab obsessis corporibus seva excludit demo-nia, ac variis laborantes langoribus salutis remedio sublevat, utquos culpae caligo in mortem praecesserat, hos gratia revoca-ret ad vitam. Per Christum.

<Post Communionem>. Deus qui nos in commemorationebeati Martini sacerdotis tui atque pontificis gratia potiore letifi-cas, concede propitius ut et per sancta que sumsimus, et eiuspro nobis intervenientibus meritis, pertingere ad gaudia aeter-na mereamur. Per.

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<Ad Vesperas>. Omnipotens sempiterne Deus, sollemnita-tem diei huius propitius intuere. Et ecclesiam tuam intercessio-ne beati Martini pontificis atque confessoris tui, continua faccelebritate gaudere, omniumque in te credentium vota perfice.Per.

<Alia>. Deus qui conspicis quia ex nulla nostra virtute sub-sistimus, concede propitius, ut intercessione beati Martini con-fessoris tui, contra omnia adversa muniamur. Per.

<Alia>. Deus cuius cultui deputatur quicquid sanctis eiushonoris inpenditur, intenta oratione poscimus, ut hunc diemquem sancti et praecipui viri Martini episcopi illustrat excessio,celebrem nobis et posteris indulgeat. Tribuatque ut cuius uene-ratores sumus et imitatores esse mereamur. Per Dominumnostrum Iesum Christum filium suum cum quo beatus vivit.

Mane ad Missam

SUPER POPULUM. Exaudi domine populum tuum totatibi mente subiectum: et beati Martini pontificis supplicationecustodi: ut corpore et corde protectus quod pie credit appetatet quod iuste sperat optineat: per.

SUPER SYNDONEM. Adesto quaesumus domine plebituae et intercessione beati sacerdotis et confessoris tui Martiniconfidenter tribue consequi quod sperare donasti: per.

SECRETA. Beati sacerdotis et confessoris tui Martini quaesu-mus domine nobis pia non desit intercessio, quae et muneranostra conciliet et tuam nobis indulgentiam semper obtineat: per.

PRAEFATIO. UD aequum et salutare: Nos te omnipotensdomine, in beati sacerdotis et confessoris tui Martini laudibushonorare: Qui sancti spiritus tui dono repletus ita in ipso tyro-cinio fidei perfectus inventus est, ut Christum texisset in pau-pere: et veste quam egenus acceperat mundi dominum induis-set: O felix largitas, quam divinitas operatur. O clamidis glorio-sa divisio, quae militem texit et regem; inaestimabile donum

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est quod vestire meruit deitatem: Digne huic confessionis tuepremia contulisti: digne ei Arrianorum subiacuit feritas: dignetanto amore martyrii, persecutoris tormenta non timuit secu-rus: Quanta putamus erit glorificatio passionis quando parsclamidis sic extitit pretiosa? Et quid erit pro oblatione integricorporis recepturus, qui pro quantitate vestis exiguae, et vesti-re deum meruit et uidere? O animi imitanda benignitas. O vir-tutum veneranda potentia: Sic egit suscepti pontificatus offi-cium, ut per formam probabilis vitae observantiam exigeretdisciplinae: Sic apostolica virtute sperantibus contulit medici-nam: ut alios supplicationibus alios visu salvaret: Haec tua estdomine virtus et gloria: Per Christum dominum nostrum.

POST COMMUNIONEM. Summentes domine gaudiasempiterna de participatione sacramenti et de festivitate beatiMartini confessoris tui suppliciter deprecamur, ut quae sedulaservitute te donante gerimus, dignis sensibus tua munera trac-temus: per.

5. – La Liturgia Romana

Anche a Roma, come in Oriente, si assiste a partiredal secolo IV a una progressiva fioritura di testi liturgici.È il momento in cui, accanto alla Prece eucaristica, sicominciano a fissare per iscritto, inizialmente senza unvero scopo ufficiale, i formulari della liturgia.10

Appaiono così i primi “schemi liturgici”, che i litur-gisti chiamano «libelli», scritti di volta in volta, secondole ricorrenze e le occasioni, senza un progetto organico e

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10 Bibliografia. Per una visione globale, rimandiamo aimanuali di liturgia. Per una prima visione sintetica, si consulti:A. NOCENT, Storia dei libri liturgici romani, in AA. VV., Anamnesis.2. La Liturgia. Panorama storico generale, Marietti, Torino 1978,pp. 129-183; I. SCICOLONE, Libri liturgici, in Nuovo Dizionario diLiturgia, Edizioni Paoline, Roma 1984, pp. 701-713.

senza l’intenzione di essere un vero e proprio libro litur-gico. Ne conserviamo un tipico ed unico esemplare nelcosiddetto Sacramentarium Leonianum o SacramentariumVeronense cioè in un codice della biblioteca capitolare diVerona, trascritto probabilmente verso la fine del secoloVI o inizi del VII, il quale raccoglie una serie di questilibelli rinvenuti e copiati dall’amanuense a Roma: essiappartengono per lo più a papa Leone, con aggiunte deipapi Gelasio e Vigilio. Siamo dinanzi alle orazioni litur-giche più antiche, che verranno riprese dai libri liturgiciposteriori.11 Ovviamente, in questi primitivi «libelli» nonc’è la memoria di Martino.

Veri e propri libri per l’uso liturgico si formano aRoma a partire dal secolo VII. Tra essi ha un posto di pri-vilegio il Sacramentario che è il libro del celebrante, e con-tiene le formule eucologiche per l’Eucaristia e i Sa cra -menti riservate al Vescovo o al Presbitero. Tale, ad esem-pio, è il «Sacramentario Gelasiano Antico», conservato inun codice della Biblioteca Vaticana, trascritto verso il 750,da altro codice anteriore. È suddiviso in tre libri e contie-ne: il proprio del tempo, il proprio dei Santi, i formulariper le domeniche ordinarie, con il canone della Messa.12 S.Martino non figura in esso. Figura invece negli altri duetipi di Sacramentari: quello «Gregoriano» e quello oggisoprannominato «Gelasiano del secolo VIII».

a) Il Sacramentario Gregoriano È il più conosciuto edivulgato. Esso fonde insieme le feste dei Santi con itempi dell’anno. Contiene vari formulari eucologici. Itipi principali di tale Sacramentario, secondo la classifi-cazione proposta dai liturgisti, sono almeno due: il

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11 Bibliografia: Edizione critica: L. C. MOHLBERG - L. EIZEN -HOFER - P. SIFFRIN, Sacramentarium Veronense, Roma 1956.

12 Bibliografia: Edizione critica: L. C. MOHLBERG - L. EIZEN -HOFER - P. SIFFRIN, Liber Sacramentorum Romanae Aeclesiae ordinisanni circuli, Roma 1960.

«Sacramentario di Adriano», inviato da papa Adriano aCarlo Magno: in esso mancano alcune parti, che sonostate completate da un «Supplemento»; e il «Sacra -mentario Paduense» (così denominato perché conserva-to in un codice della biblioteca capitolare di Padova delsecolo IX).

Carlo Magno, nell’intento di continuare i tentativi diPipino per l’unificazione della Liturgia nei paesi franchi,chiese a Roma un sacramentario romano puro, incarican-do della cosa il monaco Paolo diacono. Il libro fu in effet-ti inviato, ma solo più tardi (785-786), e costituì il model-lo di una proliferazione di tali «Sacramentari Gregoria -ni», con varie aggiunte.13

b) I Gelasiani del secolo VIII, detti anche «Gelasianimisti». È una serie di Sacramentari chiamati «Gelasiani delsecolo VIII», che rifondono una struttura gregoriana contesti gelasiani:

«La caratteristica del gelasiano del sec. VIII sta nel fattoche, mentre la struttura è gregoriana, in quanto fonde iformulari del «tempo» con quelli dei «santi», i formula-ri stessi sono il più delle volte di origine gelasiana equesti comportano due orazioni prima della preghierasulle offerte. Avviene così che quando il formulario è diorigine gregoriana, esso viene ampliato per essereaccordato agli altri formulari provvisti di due orazioni.I formulari provengono in genere o dal Gelasiano anti-co o dall’Adriano, che è presente con 59 orazioni.Dei manoscritti finora conosciuti del gelasiano del sec.

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13 Edizione critica: J. DESHUSSES, Le Sacramentaire Grégorien.Ses principales formes d’après les plus anciens manuscrits (Spi -cilegium Friburgense 16), Friburgo 1971; ID., Le SacramentaireGrégorien, II (Spicilegium Friburgense 24), Friburgo 1979; ID., LeSacramentaire Grégorien, III (Spicilegium Friburgense 28), Fri -burgo 1982. Da questa edizione ho tratto i testi liturgici, chepresento.

VIII il più vicino alla prima redazione sembra esserequello di Gellone, subito seguito da quello di Angou -lême».14

Diversi di questi Sacramentari Gelasiani sono statirecentemente editi; merita ricordare, tra essi, il LiberSacramentorum Gellonensis, il Liber Sacramentorum Augu -sto dunensis (cioè di Autun), e di maggiore importanzaper il mio tema, il Liber Sacramentorum Engolismensis(cioè di Angoulême), che ha una sua messa propria perS. Martino.15

Riporterò i testi originali del Sacramentario Grego ria -no secondo l’edizione in tre volumi di J. Deshusses, piùsopra citata, con i rispettivi numeri progressivi postidall’Autore, il quale ha incluso nella sua edizione anche leMesse di Alcuino – votive, dei defunti e festive dei Santi –,che egli ha collazionato su 10 Sacramentari del secolo IX,originari di vari luoghi, primariamente di Tours.

Invece, i quattro più importanti «Gelasiani del seco-lo VIII», preferisco riportarli in sinossi.

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14 A. NOCENT, Storia dei libri liturgici romani, in AA. VV., Anam - nesis. 2 .La Liturgia..., op. cit., p. 156.

15 A. DUMAS, Liber Sacramentorum Gellonensis, CCL 159/159A(1981); O. HEIMING, Liber Sacramentorum Augustodunensis, CCL159B (1984); P. SAINT-ROCH, Liber Sacramentorum Engolismensis,CCL 159C (1987); L. C. MOHLBERG, Das fränkische SacramentariumGelasianum (Sacramentarium Gelasianurn Sangallense), Munster1939. Credo utile presentare in sinossi parallela questi quattrofondamentali Sacramentari del tipo «Gelasiano dell’VIII secolo»:così ognuno potrà immediatamente percepire la loro quasi iden-tità in tutte le orazioni.

DAL «SACRAMENTARIO GREGORIANO»

Pridie Idus Novembres id est XI die mensis NovembrisNatale sancti Martini

748. Deus qui conspicis quia ex nulla nostra virtute subsi-stimus, concede propitius ut intercessione beati Martini confes-soris tui contra omnia adversa muniamur. Per dominum.

749. Super oblata. Da misericors deus, ut haec nobis saluta-ris oblatio et propriis reatibus indesinenter expediat et abomnibus tueatur adversis. Per.

750. Ad completa. Praesta quaesumus domine deus nosterut quorum festivitate votiua sunt sacramenta eorum salutarianobis intercessione reddantur. Per dominum.

III Idus NovembresNatale Sancti Martini Confessoris

1688. VD aeterne deus. Cuius munere beatus martinusconfessor pariter et sacerdos, et bonorum operum incrementisexcrevit, et variis virtutum donis exuberavit, et miraculis coru-scavit. Qui quod verbis edocuit, operum exhibitione complevit,et documento simul et exemplo subditis ad caelestia regna per-gendi ducatum praebuit. Unde tuam clementiam petimus, uteius qui tibi placuit exemplis ad bene agendum informemur,meritis muniamur, intercessionibus adiuvemur. Qualiter adcaeleste regnum illo interveniente, te opitulante perveniremereamur. Per christum.

«MISSAE VOTIVAE ET PRO DEFUNCTIS»In honore Sancti Martini

1988. Sit domine beatus martinus confessor tuus atquepontifex, custos actuum nostrorum, et mala opera ac desideriamaligna quae nostra fragilitas superare non potest, eius piaintercessione tuaque benignitate annuente vincantur. Per.

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1989. SUPER OBLATA. Sacris altaribus hostias superpo-sitas, sanctus martinus quaesumus domine in salutem nobisprovenire deposcat. Per.

1990. PRAEFATIO. UD p. Ch. Te suppliciter exoramus, utaccepta sit tibi domine oblatio nostra, quam tibi offerimus detua largitate, pro peccatis atque offensionibus nostris et fide-lium omnium, ut indulgentiam consequi mereamur, qui es cla-ritas angelorum, creator omnium sanctorum et saeculorum,fides patriarcharum, divinitas prophetarum, electio apostolo-rum, corona martyrum et gloria confessorum, pater ac pastoranimarum, sanctificatio sacerdotum, sponsus virginum, casti-monia viduarum, dux peregrinorum, clementissimus paterorphanorum, prosperitatis largitor, in tribulationibus adiutor,in agustiis liberator, medicus animarum, resurrectio mortuo-rum, gloria et praemium vitae aeternae, dispensatorque meri-torum. Tibi domine clamant, laudant et benedicunt omnesangeli atque archangeli, throni et dominationes, virtutes, prin-cipatus et potestates, cherubin quoque et seraphin, qui non ces-sant clamare sine fine dicentes. Sanctus.

1991. AD COMPLENDUM. Existat quaesumus dominebeatissimus martinus perpetuus interventor, ut haec sacramysteria quae indignis manibus tractamus, non sint nobis adpoenam, sed sint fortitudo nostrae infirmitatis, et ad vitamcapescendam aeternam praeparatio salutaris. Per.

«MISSAE FESTIVAE DE SANCTIS»

V Nonas IuliiVigilia Sancti Martini Episcopi et Confessoris

3511. Concede nobis... venturam beati confessoris tuimartini

= n. 3144.

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3512. SUPER OBLATA. Accepta sit... beati martini confes-soris

= n. 3145.

3513. PRAEFATIO. UD. Deprecantes maiestatem tuam utpopulum convenientern ad beati confessoris tui martini festivi-tatem prospero effectu eius celebrare sollempnia tribuas, et pereiusdem patris nostri intercessionem ad aeternae beatitudinisgloriam pervenire mereamur. Per christum.

3514. AD COMPLENDUM. Praesta nobis aeterne largitoreius

= n. 3146.

3515. SUPER POPULUM. Benedictionis... martino ...suscipiamus

= n. 3147.

3516. IN UIGILIIS IN NOCTE. Omnipotens et misericorsdeus qui beatum martinum confessorem tuum atque pontifi-cem nobis aeternae salutis donasti doctorem ut perfectam ple-bem christo domino praepararet, da quaesumus ut omnes quiad eiusdem convenerunt sollempnitatem, protectoris nostriillius continuata intercessione ab omnibus liberentur adversis,ac secura mente tibi deo soli deserviant. Per.

IIII Nonas IuliiNatale Sancti Martini Confessoris

3517. Deus qui populo tuo aeternae salutis beatum mar-tinum ministrum concessisti, praesta quaesumus ut quem doc-torem vitae habuimus in terris, intercessorem semper haberemereamur in caelis. Per.

3518. Super oblata. Omnipotens sempiterne deus muneratuae maiestati oblata, per intercessionem beati martini confes-soris tui atque pontificis, ad perpetuam fac nobis proficeresalutem. Per.

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3519. Praefatio. UD. Qui mundum per sanctos doctores adverae fidei agnitionem illuminasti, de quorum societate beatusmartinus excellentius enituit, virtutum meritis copiosus efful-sit, signorum titulis clarius eluxit, et totius pietatis populo tuomagister emicuit. Alios caelestis doctrinae verbis erudivit, aliosreligiosae vitae exemplis roboravit. Ab omni quoque infirmita-tum molestia multos sanavit, quosdam vero a demoniacis spi-ritibus liberavit. Alios quoque morte praereptos sacris orationi-bus resuscitavit. Omnibus odor vitae factus ad salutem, utomnes ad aeternae beatitudinis gloriam revocaret.

Per christum.

3520. Ad complendum. Sacramenta salutis nostrae susci-pientes concede quaesumus omnipotens deus, ut beati martininos ubique oratio adiuvet, in cuius veneratione haec tuae obtu-limus maiestati. Per.

3521. Ad vesperos. Caelesti benedictione omnipotens paterpopulum tuum sanctifica, et beati martini confessoris tui atquepontificis festivitate gaudentem, per intercessionem eiusdemprotectoris nostri, fac nos in aeterna cura sanctis tuis gloriagaudere. Per.

Item Missa de Ordinatione Episcopatusatque Translatione corporis

3523. Omnipotens sempiterne deus qui in hac festivitateanniversaria, beatum martinum apostolicum virum innumerisvirtutibus declaratum, summum pontificem et magnum patro-num populo tuo ordinari voluisti, concede propitius ut apudmisericordiam paternae pietatis tuae meritis eius et intercessio-nibus adiuvemur. Per.

3524. Alia. Omnipotens et misericors deus qui inter cete-ra miracula sancti confessoris tui martini, etiam in die transla-tionis sacri corporis illius angelicam revelationem populo tuodemonstrasti, praesta nobis potentibus huius patroni suffra-gantibus meritis, ut ea quae sint tibi placita digno affectu acdevotis mentibus exsequamur. Per.

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3525. Super oblata. Beati martini confessoris tui dominenobis patrocinio suffragante, has oblationes offerimus divinaemaiestati tuae, deprecantes ut benigne clementerque suscipias,quae animabus fidelium defunctorum remedium et requiem,ac viventibus indulgentiam et salutem conferant sempiternam.Per.

3526. Praefatio. UD. Qui beatum martinum electum tibiantistitem valde magnificare dignatus es. Qui licet post patriar-chas et prophetas fuisse visus est, esse tamen summum patro-num et habere gratiam prophetiae donasti. Quemque innumerissignis et virtutibus manifestatum virum apostolicum similemfieri apostolis tuis voluisti. Hic namque caecis visum, surdisauditum, claudis gressum, mortuis etiam vitam restituit. Et ideo.

3527. Ad complendum. Deus qui populum tuum in deser-to quadraginta annis pane caelesti satiasti, et illis sitientibusfontem limpidissimum de petra produxisti, nos spiritalisaescis, corporis et sanguinis domini nostri Iesu christi satiatossempiterna protectione conserua. Per.

3528. Super populum. Protege quaesumus domine propi-tius dextera misericordiae tuae populum tota tibi devotionesubietum, quem interveniente beato confessore tuo martinobenedictione remuneratum ad aeternam vitam pervenire con-cedas. Per.

V Idus IuliiOctabas Sancti Martini

3532. Concede quaesumus omnipotens deus ut beatimartini confessoris tui frequentata sollempnitas ad perpetuampopulo tuo proficiat salutem, et quem saepius veneramur interris, semper habeamus patronum in caelis. Per.

3533. Super oblata. Haec oblatio domine quaesumus quamiterata sancti confessoris tui martini festivitate, tuae offerimusmaiestati, nobis prosit ad indulgentiam, ut per eam a nostris libe-remur peccatis, et sacris altaribus adstare digni efficiamur. Per.

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3534. Praefatio. UD. Laudem tuo nomine perpetuamdomine deus referimus, qui beatum martinum plebi tuae dona-sti doctorem. Cuius sacratissimis erudita est te verum cogno-scere deum doctrinis. Cuius intercessionibus tuam confiditmisericordiam consequi. Per christum.

3535. Ad complendum. Sacramenta domine deus quaesumpsimus, beato martino confessore tuo intercedente, abomni nos adversitate defendant, et perpetua tibi deo soli servi-re concedant. Per.

3536. Super populum. Omnipotens sempiterne deus quinos pia devotione sanctorum in hoc sacratissimum ovile con-gregasti, concede quaesumus eorum nos perpetua protectioneab omni adversitate defendi, atque cum eis aeternae uitae bea-titudine gaudere. Per.

«SACRAMENTARI GELASIANI DEL SECOLO VIII»III Idus Novembres

Natale Sancti Martini Episcopi

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Sacr. Engolism.

Deus qui con-spicis quia exnulla nostravirtute subsi-stimus, conce-de propitiusut, intercessio-ne beati Mar -tini confesso-ris tui, contraomnia adver-sa mu niamur.Per.

Sacr. Gellon.

Deus qui con-spicis quia exnulla nostrauir tute subsi-stimus, conce-de propitiusut, intercessio-ne beati marti-ni confessoristui, contra om -nia aduersam u n i a m u r.per dominum.

Sacr. August.

Deus qui con-spicis quia exnulla nostrauir tute subsi-stimus conce-de propitius utintercessionebeati Martiniconfessoris tuicontra omniaaduersa mu -niamur: perdominum.

Cod. Sang. 348

Deus, qui con-spicis quia exnulla nostrauirtute subsi-stimus, conce-de propitius,ut intercessio-ne beati Mar -tini confesso-ris tui, contraomnia aduer-sa mu niamur.Per.

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Omnipotenss e m p i t e r n eDeus, solem-nitatem dieihu ius propi-tius intuere, etec clesiam tu -am, interces-sione beatiMartini ponti-ficis at que con -fessoris tui,continua faccaelebr i tategaudere om -niumque in tec re d e n t i u mvo ta perficias.Per.

SECRETA.

Beati Martinip o n t i f i c i sq u a e s u m u sDomine nobispia non desitoratio, quae etmunera nostraconciliet, et tu -am nobis in -d u l g e n t i a msemper obte-neat. Per Do -minum no -strum.

IT. ALIA.

Omnipotenss e m p i t e r n edeus, solemni-tatem diei hu -ius propi(ti) usintuere, et ec -clesiam tuam,intercessionebeati martiniconfessoris tuiatque pontifi-cis, continuafac celebritategaudere, om -ni umque in tecre denc iumuo ta perficias.per dominumnostrum Ie -sum christum.

SCR.

Beati mar tinipontificis que-sumus domi-ne nobis pianon desit ora-tio, que et mu -nera nostraconciliet, ettuam nobis in -d u l g e n t i a msem per obti-neat. per.

Omnipotenss e m p i t e r n edeus sollemni-tatem diei hu -ius propitiusintuere et ec -clesiam tuamintercessionebeati Martinipontificis at -que confesso-ris tui conti-nua fac caele-britate gaude-re omni umquein te creden-tium uo ta per-ficias: per.

SUPER O BLA -TA.

Beati Martinip o n t i f i c i sq u a e s u m u sdomine nobispia non desitoratio. quae etmunera nostraconciliet et tu -am nobis in -d u l g e n t i a msem per obte-neat: per.

Omnipotenss e m p i t e r n edeus, solemni-tatem diei hu -ius propitiusintuere, et ec -clesiam tuamintercessionebeati Martinip o n t i f i c i satque confes-soris tui, conti-nua fac cele-britate gaude-re omnium-que in te cre-dentium uotaperficias. Perdominum.

SUPER OBLA-TA.

Beati Martinipontificis tuiq u a e s u m u sdomine piano bis non de -sit oratio, queet munera no -stra conciliet,et tuam nobisindulgentiamsemper obti-neat. Per do -mi num no -strum Iesum.

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VD. Te in beatiMartini Pon -tificis atquecon fessoris tuilaudibus ado-rare, qui sanctiSpiritus tuidono succen-sus, ita in ipsotirocinio fideip e r f e c t u sinventus est,ut Christumte xisset in pau -pere, et vestemquam egenusa c c e p e r a t ,mundi Do mi -nus in duisset;

digne ei arria-norum subia-cuit feritas,digne tantoamore marty-rii persecuto-ris tormentanon timuit.Quanta puta-mus erit glori-ficatio passio-nis, quandopars clamidissic extitit glo-riosa?Quid erit prooblatione inte-gri corporis re -cepturus, qui

PRAEFATIO.

UD. Te in beatimartini ponti-ficis atqueconfessoris tuilaudibus ado-rare, qui sanctispiritus tuidono succen-sus ita in ipsotirocinio fideip e r f e c t u sinuentus est,ut christumtexisset in pau-pere, et ue stemquam eginusa c c e p e r a t ,mun di do mi -nus in du is set.

Digni ei arria-norum subia-cuit feritas,digno tantoamore marty-rii persecuto-ris turmentanon timuit.Quanta puta-mus erit glori-ficatio passio-nis, quandopars clamidissic extetit glo-riosa.Quid erit prooblatione inte-gri corporis re -cepturus, qui

UD te in beatiMartini ponti-ficis atqueconfessoris tuilaudibus ado-rare. qui sanctispiritus tuidono succen-sus. ita in ipsotirocinio fideip e r f e c t u sinuentus est.ut Christumte xisset in pau-pere(m). et ue -stem quam e -genus accipe-rat, mun di do -minus induis-set.Digne ei Arria -norum subia-cuit feritas.Digne tantoamore marty-rii persecuto-ris tormentanon timuit.quanta pota-mus erit glori-ficatio. passio-nis quandopars clamidissic extetit glo-riosaquid erit prooblatione. in -tegri corporisrecepturus. qui

UD. Te in beatiMartini ponti-ficis atqueconfessoris tuilaudibus ado-rare, qui sanctispiritus tuidono succen-sus, ita in ipsotirocinio fideip e r f e c t u sinuentus est,ut Christumtexisset in pau-pere et uestemquam egenusa c c e p e r a t ,mundi domi-nus in duisset.

Digne ei Arria -norum subia-cuit feritas.Digne tantoamore marty-rii persecuto-ris tormentanon timuit.Quanta puta-mus erit glori-ficatio passio-nis, quandopars clamidissic extitit glo-riosa?Quid erit prooblatione inte-gri corporis re -cepturus, qui

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pro quantitatevestis exiguaeet vestireDeum meruitet videre?Hic tua estDomine vene-randa pote-stas, qui cumlingua nonsuppetit, meri-tis exoreris.Per Christum.

POST COM-MUNIONEM.

Tua, Domine,sancta sumen-tes, suppliciterdeprecamur,ut quorum ve -neramur conf e s s i o n e m ,praesidia sen-ciamus. Per.

SUPER PO PU -LUM.

Exaudi Do mi -ne populumtuum tota tibimente subiec-tum, et beati

pro quantitateuestis exigueet uestiredeum meruitet uidere.Hic tua estdomine uene-randa pote-stas, qui cumlingua nonsuppetit meri-tis exoreris.per christum.

P. COM.

Tua dominesancta sumen-tes, suppliciterdeprecamurut quorum ue -neramur con-f e s s i o n e m ,presidia sen-tiamus. perdominum no -strum iesumchristum.

SUPER POPU-LUM.

Exaudi domi-ne populumtuum tota tibimente subiac-tum, et beati

pro quantitateuestis exiguae.et uestiredeum meruitet uidere.Hic tua estdomine uene-randa pote-stas. qui cumlingua nonsuppetit mere-tis exoreris:per Christum.

POST COM-MUNIONEM.

Tua dominesancta sumen-tes suppliciterdepraecamuret quorum ue -neramur con-f e s s i o n e mpraesidia sen-tiamus: perdo minum no -strum.

SUPER POPU-LUM.

Exaudi domi-ne populumtuum totamente subiec-tum et beati

pro quantitateuestis exigueet uestiredeum meruitet uidere?Haec tua estdomine uene-randa pote-stas, ut cumlingua nonsuppetit, meri-tis exoreris.Per Christumdominum.

POST COM-MUNIONEM.

Tua dominesancta sumen-tes suppliciterdeprecamur,ut cuius uene-ramur confes-sionem, prae-sidia sentia-mus. Per.

AD POPU-LUM.

Exaudi domi-ne populumtuum tota tibimente subiec-tum, et beati

MESSA PROPRIA DEL SACRAMENTARIO DI ANGOULÊME

In Natale sancti Martini confessoris atque pontificis

IIII NONAS IVLII

Omnipotens sempiterne Deus qui in hac festiuitateanniuersaria sanctum Martinum apostolicum uirum innumerisuirtutibus declaratum ad toronicae ciuitatis episcopalem cathe-dram summum pontificem et magnum patronum populo tuoordinare uoluisti, concede propitius, ut apud misericordiampaternae pietatis tuae meritis eius et intercessionibus adiuue-mur. Per Dominum nostrum.

Adesto supplicationibus nostris misericors Deus, qui intercetera miracula sancti Martini meritum etiam in die translatio-nis sacri corporis illius angelica reuelatione populo tuo demon-strasti, praesta nobis petentibus huius patroni suffragantibusprecibus, ut ea quae tibi sunt beneplacita digno affectu acdeuotis mentibus exsequamur. Per.

SECRETA. Beati Martini confessoris tui Domine nobispatrocinio suffragante has oblationes offerimus diuinae maie-stati tuae, deprecantes ut benigne clementerque suscipias quae

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Martini ponti-ficis supplica-tione custodi,ut corpore etcorde protecti,quod pie cre-dedit appetat,et quod iustesperat obtine-at. Per.

martini ponti-ficis supplica-tione custodi,ut corpore etcorde protecti,quod pia cre-dedit appetat,et quod iustesperat obte-niat. per do -minum.

Martini ponti-ficis suppleca-tione custodiut corpore etcorde protecti.quod pia<e>crededit appe-tat et quodiuste speratobteneat: perdominum.

Martini ponti-ficis supplica-tione custodi,ut corpore etcorde protec-tus, quod piecredit appetat,et quod iustesperat obtine-at. Per domi-num nostrum.

et animabus fidelium defunctorum remedium et requiem, acuiuentibus indulgentiam et salutem conferant sempiternam.Per.

UD. Qui sanctum Martinum electum tibi ab infantiamagnificare dignatus es, cui licet post patriarchas et prophetasfuisse uisus est, esse tamen summus patronus et habere gra-tiam prophetiae donasti; quemque innumeris signis et uirtuti-bus manifestatum uirum apostolicum similem fieri apostolistuis uoluisti; hic namque cecis uisum, surdis auditum, claudisgressum, mortuis etiam uitam restituit; qui Christum ore,Christum in corde semper gestauit, qui pro integritate castissi-mi corporis cum uirginibus gloriam uirginitatis habere meruit,et pro Christo multas temptationes pacienter tollerando cummartyribus palmam martyrii consecutus est; merito ergo tibiDomine in huius sancti pontificis honore debitas grates referi-mus in hac annua festiuitate ordinationis eius in episcopatumeadem uidelicet die et translatione corporis illius de sepulchro,in qua etiam die dedicatio facta est magnificae basilicae, ubicorpus ipsius honorifice cum gloria requiescit. Et ideo cumangelis et archangelis.

POST COMMUNIONEM. Deus qui populum tuum indeserto quadraginta annis pane caelesti saciasti, et illis sicienti-bus fontem limpidissimum de petra produxisti, nos spiritali-bus aescis corporis et sanguinis Domini nostri Iesu Christisaciatos sempiterna protectione conserua. Per Dominumnostrum.

AD POPULUM. Protege quaesumus Domine propitiusdextera misericordiae tuae populum tota tibi deuotione subiec-tum, quem interueniente confessore tuo sancto Martino bene-dictione remuneratum ad aeternam uitam peruenire concedas.Per.

Item benedictio super regem et populum

Deus inenarrabilis auctor mundi, conditor generis humani,gubernator imperii, confirmator regni, qui ex utero fidelisamici tui patriarchae nostri Abrahae praelegisti reges saeculis

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profuturos, tu presentem insignem regem hunc cum exercitusuo, intercessione beati Martini episcopi et confessoris, uberibenedictione locupleta et in solium regni firma stabilitate con-necte. Visita eum interuentu illius sicut Moysen in rubo, Iosuein agro, Iesu Naue in prelio, Samuhel crinitum in tempio. Et illaeum promissione siderea hac sapientiae tuae rore perfunde,qua beatus Dauid rex in psalterio. Salomon filius eius te remu-nerante percepit e caelo. Sis ei contra acies inimicorum lurica,in aduersis gallea, in prosperis pacientia, in protectione cli-peum sempiternum. Et praesta ut gentes illi teneant fidem,proceres sui habeant pacem, diligant caritatem, absteneant se acupiditate, loquantur iusticiam, custodiant ueritatem et itapopulus iste pullulet coalitus benedictione aeternitatis, ut sem-per maneant tripudiantes et in pace uictores. Quod ipse prae-stare.

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Appendice

Due opere critiche, non globali ma parziali, sonoancora fonte dei testi eucologici di S. Martino: il «CorpusPraefationum» preparato da E. MOELLER su tutto il mate-riale liturgico reperibile, edito e inedito, relativo solo aiprefazi, con ampia introduzione, testo critico e accuratis-simo apparato, a convergenza con le edizioni e special-mente con i manoscritti. Quest’opera copre cinque interivolumi del Corpus Christianorum Series Latina.16 In ag -giun ta all’intero materiale dei diversi Sacramentari finqui da me riportati, il Moeller riferisce tre testi in più, cheritengo utile aggiungere al mio lavoro.

L’altra opera è il «Corpus Benedictionum Pontificalium»preparato ugualmente da E. MOELLER sull’intero materia-le liturgico occidentale, edito e inedito. Comprende quat-tro volumi nel Corpus Christianorum Series Latina.17 Di -verse sono le Benedizioni, che non sono state edite neidiversi Sacramentari: le riporto in questa appendice,secondo la indicazione dei manoscritti da cui il Moellerle ha desunte.

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16 EDMOND (EUGÈNE) MOELLER, Corpus Praefationum, CCL161, 161A, 161B, 161C, 161D, Turnholti 1980.

17 EDMOND (EUGÈNE) MOELLER, Corpus Benedictionum Pon -tificalium, CCL 162, 162A, 162B, 162C, Turnholti 1971. Ho ripor-tato qualcuna di queste benedizioni, al loro posto nei rispettiviformulari dei vari riti. Tuttavia, diverse Benedizioni Pon tificalinon sono incluse nelle edizioni specifiche dei Sa cra mentari.

DAL «CORPUS PRAEFATIONUM»

162. VD. Cuius munere beatus Martinus confessor magnus -que sacerdos, ita multifariis signorum titulis eluxit, ut in moredeificae pietatis trium suscitator mortuorum existeret. Poscatergo nobis, quaesumus, delictorum veniam, qui tantis apud tegloriosus effulsit praeconiis. Per Christum.18

219. VD. Deprecantes maiestatem tuam, ut populum con-venientem ad beati confessoris tui Martini festivitatem, prospe-ro effectu eius celebrare solemnia tribuas, et per eiusdem patrisnostri intercessionem, ad aeternae beatitudinis gloriam perve-nire mereamur. Per Christum.19

740. VD. <Primus gradus fuit, quando fossarius procuravitcoemete>ria. Alium quidem gradum <o>s<tiarius eccle>sia-rum Dei persistens. Tertius vero gradus clericati onus pervenit.Quartus autem gradus subdiaconati onus ascendit. In quaopera magna professus est, mortuos suscitavit, caecos inlumi-navit, surdos audire fecit, mutos loqui compellit, leprososmundavit. Quintus autem gradus diaconati onus ascendit.Sextus vero gradus presbyteri dignitatem suscepit, custo<s>magnus, tutela mundi, qui vigilando et orando rapaces luposdispersit. Cui dignitas adfuit epis<co>patum iam non dubita-vit, nisi virtus et gratia accrescet velociter. Ibi populus laudemDeo dicebat: O magno et mirabile digno Martino episcopo, cuimundus iste non pertinet, sed potius ad regna caelestia perve-nit cum gloria. Per Christum dominum.20

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18 In apparato: «III Id. Nov. Eodem die Natale sanctiMartini episcopi». L’editore E. MOELLER (CCL 161B, p. 78) indi-ca il codice da cui deriva il testo: NM 181, 7 (cioè: Le Havre,Bibl. Munic., ms 300 [XI S.): Missal of the New Minster (Win -chester]).

19 E. MOELLER, Corpus Praefationum, CCL 161B, p. 105, ponein apparato: In natale sancti Martini. E indica i codici: Tours 184(= Tours Bibl. Munic. ms. 184) et Paris B. N. lat. 9430 (IX s.):Sacramentario Gregoriano di S. Martino di Tours.

20 E. MOELLER, Corpus Praefationum, CCL 161B, p. 354, scri-ve: «III Id Nov. Natale sancti Martini». E cita il codice: Salz 326

DAL «CORPUS BENEDICTIONUM PONTIFICALIUM»

177: S. Genev. 144 :Benedictio in Natali sancti Martini (11 Nov.)

a. Benedicat vobis gloriosa et ineffabilis Trinitas, in cuiusvirtute beatus effulsit Martinus trium mortuorum suscitatormagnificus. Amen.

b. Resuscitet vos Deus de vitiorum sepulcris, qui illumapostolicis florere fecit miraculis. Amen.

c. Ut in cuius transitu virtutum occurrit exercitus, vosaeternis sedibus collocet idem angelicus coetus. Amen.

Quod ipse praestare dignetur, qui trinus et unus vivit etgloriatur Deus et regnat in saecula saeculorum. Amen.Benedictio.

469: Ora. Vis. 1191: III Idus novembres.In die sancti Martini ad vesperum benedictio (11 Nov.)

a. Christus Dominus, qui beatissimum Martinum confes-sionis decoravit honore, illam in vobis confessionem attribuat,qua exstinguat peccata. Amen.

b. Et qui per eum inopiam satiavit egentium, ipse per illumremuneranda vota suscipiat populorum. Amen.

c. Ut eodem intercedente, remunerentur vota fidelium,quo largiente debilitas refecta est egenorum. Amen.

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(= Sakramentar von Salzburg). Pone quindi come testo di refe-renza il Bo 582 (= Paris B. N. lat. 13246, Messale gallicano diBobbio del sec. VIII), con questa annotazione: «On remarqueral’anomalie qui place l’ostiariat entre le sacerdoce et l’épiscopat(Bo 582)». Les ordres mineurs de lecteur et d’exorciste, dans Bo,sont sans doute contenus dans le troisième degré: la cléricatu-re. Le parallélisme entre ces deus textes suggère l’origine galli-cane de cette préface».

583: Huesca 43: Santi Martini (benedictio /11 Nov /)

a. Conferat vobis Dominus viscera sincerae caritatis, quibeatum Martinum exuberare fecit operibus pietatis. Amen.

b. Et qui eum in universis fecit coruscare miraculis, vosillustres faciat bonorum operum, complementis. Amen.

c. Quatenus illuc eum sequi mereamini per viam regiam,quo ille vos praecessit per viam arctam et arduam. Amen.

811: Br 250:Benedictjo [sancti Martini episcopi /11 Nov.]

a. Deus, qui beato Martino pro incomparabilis vitae meri-tis et regale sacerdotium contulit et virtutibus eum atque mira-culis magnificavit, eius vos in sanctissima intercessione sibiconciliet, et tam moribus quam verborum institutis ad vitaminformet. Amen.

b. Doceat vos in suo praesule opera misericordiae etiamsupra fragilitatem amare, ut quod ille, adhuc catechumenusvestitum vidit parte suae clamidis, vos in novissimo coramhominibus et angelis iam non iudicem sed retributorem videa-tis. Amen.

c. Quatenus duplicatam reportantes Domini nostri pecu-niam talem de commisso rationem reddatis, ut inenarrabilegaudium Domini nostri cum fidelibus eius servis introeatis.Amen.

Quod ipse praestare dignetur.

937: Long. 63b:Sancti Martini episcopi et confessoris benedictio /11 Nov.

a. Deus, qui gloriosum antistitem Martinum quasi canticograduum ab imo provexit ad summa, concedat vobis in vallelacrimarum ascensionibus dispositis ad virtutem pertingerecomplementum. Amen.

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b. Tribuatque vobis spiritualis militiae triunphum per beatiMartini meritum et exemplum. Amen.

c. Ut quiquid in ipso sacerdotum gemma laudando recoli-tis, in vestrorum saginam spirituum et fructus operum conver-tatis. Amen.

Quod ipse praestare dignetur.

1294: Ora. Vis. 1201:In die sancti Martini benedictio ad Matutinum [11 Nov.]

a. Dominus Iesus Christus, qui linguam beatissimi Martiniet in sui nominis confessione victricem, et in adversarii invec-tione potentiorem fecit existere, os nostrum aperiat in confes-sionibus laudis suae. Amen.

b. Et qui illum abstinentiae fecit legibus gloriosum vos effi-ciat poenitentiae fructibus opulentos. Amen.

c. Ut eam pacem, quam ille continuo moriturus tenendampraedicavit discipulis, vos et nunc in spe, et post in re plenissi-me capiatis. Amen.

1476: Utrecht 98:De sancto Martino benedictio (11 Nov.)

a. Maiestas summae Trinitatis, cuius virtute beatusMartinus tres resuscitavit mortuos, ab aeterna morte vos prae-servare dignetur. Amen.

b. Et gratia Sancti Spiritus, qui ut globus igneus apparuitsuper caput eius, per quod divina bonitas plane patefecitipsum aequalis meriti fore cum apostolis, vobis in praesentivita donetur. Amen.

c. Ut ipsius interventu, qui sic numerum implevit confes-sorum, ut nec martyrum palmam amitteret, electorum consor-tium acquiratis per divinae donum pietatis. Amen.

Quod ipse praestare dignetur.

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II. – RILIEVI SUI FORMULARI

La vastità impensata dei testi eucologici da me rac-colti e presentati mi ha costretto a limitare la mia analisicomparata tra storia e memoria soltanto al formulariovisigotico della Messa dell’11 novembre di S. Martino. Etuttavia, dopo aver molto riflettuto, ritengo giusto farealcuni rilievi, tanto sotto l’aspetto liturgico, che storico.

1. – RILIEVO CRITICO SUL PREFAZIO AMBROSIANO

Mi ha immediatamente sorpreso la stretta somiglian-za del Prefazio ambrosiano di S. Martino, identico intutte le trasmissioni dei codici ambrosiani, con il gruppogallicano – rappresentato dal Missale Gothicum e dalMissale Bobiense – e con il gruppo dei «Gelasiani misti»o «Gelasiani dell’VIII secolo», la cui lezione ricorre iden-tica anche in altri Sacramentari derivati di Fulda e diBenevento.

Ho esaminato con molta attenzione l’edizione di E.MOELLER nel Corpus Praefationum più volte citato, e il suoapparato critico, così poderoso. Ma mi è parso che eglinon abbia sufficientemente ponderato – pur avendo tramano tutti i testi – il loro parallelo e le loro dipendenze.Egli infatti trascrive, al numero 459 della sua edizione,come «testo-tipo» il prefazio dei Gelasiani del sec. VIII,mettendo in nota, quasi fosse un «testo di confronto», levarianti della tradizione ambrosiana. Si accorge egli stes-so che i Gelasiani franchi hanno operato un raccorcia-mento del testo, rispetto ai testimoni gallicani più antichie a quelli ambrosiani. Scrive infatti:

«N.B.: La version gallicane, qui s’inspire de la Vita san-cti Martini 3, 6, 10 de Sulpice Sévère (CSEL 1, 113 ss.),représentée par Ambr, Bo, Go, Pr, a été écourtée et

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retouchée dans la version gélasienne franque des autrestémoins».21

La mia sorpresa non è che egli abbia introdotto nelsuo «Corpus Praefationum» il prefazio quale ricorre nellatradizione dei gelasiani misti: ritroviamo infatti questaredazione gelasiana anche nel Sacramentarium Triplex diZurigo, accanto al prefazio genuino della Alia Missaambrosiana.22 Mi ha invece meravigliato che non abbiariportato nel «Corpus Praefationum» come primario, il pre-fazio ambrosiano: lo indica abbreviato (prime e ultimeparole) al n° 608 della sua edizione,23 mentre riporta quel-le che egli ritiene «varianti o addizioni» in nota al prefa-zio gelasiano. Io credo che avrebbe dovuto procedere,caso mai, in modo inverso. Ritengo infatti che il prefazioambrosiano sia primario, e ci trasmetta quasi interamen-te (raccorciato appena alla fine) l’archetipo, dal qualedipende sia la primitiva famiglia gallicana sia la posterio-re famiglia gelasiana franca.

Per meglio far capire la mia ipotesi, riproduco infotocopia, accanto al testo del prefazio gelasiano misto,l’apparato critico di E. MOELLER; poi una mia sinossi trala redazione gallicana del Missale Gothicum e Bobiense,Gelasiani del sec VIII, tradizione Ambrosiana con rilievipersonali.

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21 E. MOELLER, Corpus Praefationum, CCL 161B, op. cit., p. 218.22 Edizione critica: ODILO HEIMING, Corpus Ambrosiano-Li -

turgicum. I. Das Sacramentarium Triplex. Die Handschrift C 43 derZentralbibliothek Zürich, Münster Westfalen 1968, pp. 249-251.

23 Ivi, p. 171 il testo; in apparato, p. 291, annota: «III. IdusNov. Depositio sancti Martini episcopi (Ambr.)»; e appressoindica le fonti: Ar 12, Berg 7, Bl 3, cod. D, O, Vr, D 3-3, 794, MAFer, p. 335, Z 2680. Sono i codici che io stessa ho potuto colla-zionare, rendendomi conto della loro consonanza perfetta.

1.1. Il Prefazio Gelasiano mistoe l’apparato critico di E. MOELLER24

459.25

VD: In 1beati Martini pontificis atque confessoris tui laudi-bus 2adorare. Qui sancti Spiritus tui dono 3succensus, ita in ipsotyrocinio fidei 4perfectus inventus est, ut Christum texisset in5paupere et vestem, quam egenus acceperat, mundi Dominus6induisset. Digne 7ei Arianorum subiacuit 8feritas, digne tanto

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24 E. MOELLER, Corpus Praefationum, CCL 161A, p. 125 (testodel prefazio gelasiano misto); 161B, pp. 217-218 (apparato criti-co). Riproduco nel corpo il testo del prefazio, in nota l’appara-to critico.

25 Apparato critico di E. MOELLER, Corpus Praefationum,CCL 161B, pp. 217-218 :

A 1477 Gell 1611 Monza 653.Vide VD 597: Nos te, Domine Deus noster, in laudibus sancti Martini...

Go 476 Pr 206, 3: contestatio.VD 608: Nos te, omnipotens Deus, in beati sacerdotis ... [Ambr.]Ar 12 Berg 7 Bi 3 cod. D, O, Vr D 3-3, 794 MA Fer, p. 335.Z z68o.VD 1492: Te in <beati> Martini pontificis...Arn 55 B 1009 Benev, fo 125 (no 183, p. 385) Bo 367 F 1426.Rh 930 S 1321 Z 2672.

VD. Aeterne Deus praem. Z 2672; VD. <Aequum Ambr> et salutarepraem. Ambr, F; Vere dignum et iustum est, omnipotens Deus praem. Bo;Dignum et iustum est praem. Go; Nos te, Domine Deus noster praem. Go,Pr; Nos te, omnipotens Domine praem Ambr; Te <omnipotens Deus, F>praem. Arn, Bo, F, Rh, S, Z 2672 1 beati ... tui] Martini tui Bo; beati sacer-dotis et confessoris tui Martini Ambr; laudibus sancti Martini Go, Pr 2adorare] honorare Ambr, Pr, honorari Bo, Go 3 succensus (repletusAmbr), ita <et add. Bi> 4 perfectus] om. Pr 5 paupere (pauperem Bo,Go, Pr) ... vestem (veste Ambr) ... Dominus (Dominum Ambr) 6 induis-set] o felix largitas, (quam Ambr> (in Bo) qua divinitas operitur (operaturAmbr)! O chlamydis gloriosa divisio, quae (quem Bo) militem texit etregem! Inaestimabile donum est, quod vestire Deum (om. Ambr) meruitdeitatis (deitatem Ambr)! Digne huic confessionis tuae praemium

amore 9martyrii persecutoris tormenta non 10timuit. 11Quanta,putamus, erit glorificatio passionis, 12quando pars c<h>lamydissic extitit 13gloriosa? Quid erit pro oblatione integri corporisrecepturus, 14qui pro quantitate vestis exiguae, et vestire15Deum meruit et 16videre? 17Hic tua est, Domine, venerandapotestas, qui cum lingua non suppetit, meritis exoreris.

Per Christum.

1.2. Sinossi delle varie redazioni

193

(praemia Ambr) commisisti (contulisti Ambr)! add. Ambr, Bo, Go, Pr 7ei Arianorum] Arianorum non Bo, Go, Pr 8 feritas] feritate Bo, Go; feri-tati Pr 9 martyrii] Martinus Bo, Go, Pr 10 timuit] securus add. Ambr,Bo, Go, Pr 11 Quanta(quia tanta Bo, Go, Pr) ... erit (est Bo; erat Go) glo-rificatio <eius add. Pr.> 12 quando ... recepturus] om. Bo, Go, Pr 13gloriosa?] pretiosa. Et Ambr 14 qui pro] ut per Bo, Go, Pr 15 Deum]Christum Bo 16 videre] O animae (animi Ambr, Go) imitanda benignitas!O virtutum veneranda potentia! Sic egit suscepti pontificatus officium,ut per formam probabilis vitae observantiam (observantia D 3-3) exege-rit disciplinae (disciplinam D 3-3). Sic apostolica virtute sperantibus con-tulit medicinam (medicina Bo), ut alios supplicationibus, alios visu(iussu Pr) salvaret add. Ambr, Bo, Go, Pr 17 Hic (Haec Ambr, Arn, F, S2,Z) tua est (tua Go), ... veneranda potestas (potentia Bo, Go, Pr), qui (ut F,S2; cui Bo, Go, Pr) ... suppetit (suppleat Bo; supplet Go), ... exoreris (exoratBo; exorare <operibus sancti Martini, te opitulante, mereamur imitariadd. Go>] Hic tua est, Domine, virtus et gloria, per Christum DominumAmbr; Haec tua, Domine, veneranda potentia, cui merito omnes angeli<et archangeli> non cessant clamare dicentes: <Sanctus> Pr.

GOTHICUM

Immolacio

Dignum etiustum est,

nos te, dominedeus noster, in

BOBIENSE

Contestatio

Vere dignum etiustum est,o m n i p o t e n sDeus,

te in Martini tuilaudibus hono-

GEL. VIII

Praefatio

VD:

In beati Martinipontificis atque

AMBR.

Praefatio

VD aequum etsalutare:

Nos te omnipo-tens domine in

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laudibus sanctiMartini hono-rari.

Qui sancti spi-ritus tui donosuccensus,

ita in ipso tyro-cinio fidei per-fectus,

ut Christum te -xisset in paupe-rem

et uestem,quam egenusac ceperat,

mundi domi-nus induisset.

O filex largitas,qua diuinitasoperitur!O clamides glo-riosa divisio,qua militemtexit et regem!

Inaestimabiledo num est,quod vestiredeum meruitdeitatis.

Digne huic

beati sacerdotiset confessoristui Martini lau-dibus honorare:

Qui sancti spi-ritus tui donorepletus

ita in ipso tyro-cinio fidei per-fectus inventusest

ut Christum te -xisset in paupe-re:

et ueste quamegenus accepe-rat

mundi domi-num induisset.

O felix largitasquam divinitasoperatur.O clamidis glo-riosa divisioquae militemtexit et regem

inaestimabiledonum estquod uestiremeruit deita-tem.

Digne huic

confessoris tuilaudibus ado-rare.

Qui sancti Spi -ritus tui donosuccensus,

ita in ipso tyro-cinio fidei per-fectus inventusest,

ut Christum te -xisset in paupe-re

et vestem,quam egenusacceperat,

mundi Domi -nus induisset.

rari,

qui Sancti Spi -ritus tui do -num succen-sus,

ita in ipso tiro-cinio fidei per-fectus inventusest,

ut Christum te -xisset in paupe-rem,

et vestemquam aegenusacceperat

mundi Domi -nus induissit.

O filex largitas,in qua divinitasoperitur.O clamides glo-riosa divisioquem militemtexit et regem

i n s t i m a b i l edonum est,quod vestireDeum meruitdeitatis.

Digne huic

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con fess ionistuae praemiumcommisisti.

Digne Arria no -rum non subia-cuit feritate.

Digne tanto a -more Martinuspersecutorestormenta nontimuit securus,

quia tanta eratgloriacio pas-sionis,

Ut per quanti-tate vestis exi-guaeet vestire deummeruit et vide-re.O animi imi-tanda benigni-tas!O virtutum ve -neranda poten-cia!

Sic egit suscep-ti pontificatusofficium, ut per

c o n f e s s i o n ituae premiumconmisisti.

Digne arriano-rum non subia-cuit feritate.

Digne tantumamore Mar ti -nus persecutoristormenta nontimuit, securus

quia tanta estg l o r i f i c a c i opas sionis,

Ut per quanti-tate vestes exi-guit,vestire Chri -stum meruit etvidere.O anime imi-tanda benigni-tas.O virtutum ve -neranda poten-cia:

sic egit suscep-tis pontificatusofficium, ut per

Digne ei Aria -norum subia-cuit feritas,

digne tanto a -mo re martyriipersecutor istormenta nontimuit.

Quanta, puta-mus, erit glorifi-catio passionis,

quando parsc<h>lamydis sicextitit gloriosa?

Quid erit prooblatione inte-gri corporis re -cepturus,

qui pro quanti-tate vestis exi-guae,et vestire Deummeruit et vide-re?

confess ionistue premia con-tulisti:

Digne ei Arria -no rum subia-cuit feritas:

digne tanto a -more martyriipersecutor istormenta nontimuit securus.

Quanta puta-mus erit glorifi-catio passionis

quando parsclamidis sicextitit pretiosa?

Et quid erit prooblatione inte-gri corporis re -cepturus

qui pro quanti-tate uestis exi-guaeet uestire deummeruit et uide-re?O animi imi-tanda benigni-tas.O uirtutum ue -neranda poten-tia.

Sic egit suscep-ti pontificatusofficium ut per

1.3. Rilievi sull’antichità del Prefazio ambrosiano

È manifesto che il testo della tradizione ambrosianacongiunge insieme in unità logica e progressiva tanto ciòche il Gothicum e il Bobiense e i Gelasiani del sec. VIII hannoconservato, quanto ciò che, in modo diverso, hannoomesso: cosicché il testo ambrosiano appare come fonda-mentale, e ci riconduce all’originale.

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formam proba-bilis vitae ob -servanciam e -xegerit discipli-nae.Sic apostolicavirtute speran-tibus contulitmedicinam,

ut alios suppli-cacionibus, a -lios visu salva-ret.

Haec tua,domine, vene-randa potencia,

cui cum linguanon suppletmentis exorare,operibus sanctiMartini te ope-tulante merea-mur imitari:

per Christumdominum no -strum.

furmam proba-belis vitae ob -servanciam e -xegerit discipli-ne.Sic apostolicavirtute speran-tibus contulitmedicina,

ut alius suppli-cacionibus a -lius viso salva-rit.

Haec tua est,Domine, vene-randa potencia,

cui cum linguanon suppleat,meritis exorat.

Per ChristumDominum.

Hic tua est,Domine, vene-randa potestas,

qui cum linguanon suppetit,meritis exore-ris.

Per Christum.

formam proba-bilis uitae obse-ruantiam exi-geret discipli-nae.Sic apostolicavirtute speran-tibus contulitmedicinam:

Ut alios suppli-cationibus aliosuisu salvaret.

Haec tua estdomine uirtuset gloria.

Per Christumdominum no -strum.

Che l’archetipo sia di origine gallicana o ambrosiana,non è mia competenza poterlo stabilire. Noto soltanto che,diversamente dalla tradizione visigotica, in tutt’e quattrole redazioni compare il ricordo della ferocia ariana. Ora, sequesto elemento è caratteristico dell’area ambrosianadalle origini fino al secolo IX, non sarebbe improbabile cheil testo primitivo sia stato composto in ambiente ambro-siano. Come, d’altra parte, e per motivi similari, potrebbeappartenere alle Gallie, nelle quali pure infieriva l’ariane-simo.

È certo comunque che l’archetipo è anteriore al Go -thicum e al Bobiense, anteriore quindi al secolo VIII nelquale furono composti i Gelasiani misti. Anch’essi hannoattinto, abbreviandola, alla stessa fonte.

Una sola lacuna, di poco valore del resto, rileviamonella tradizione ambrosiana: la finale, che congiunge ilprefazio al Sanctus: una finale conservata troppo diversanelle altre tre redazioni, linguisticamente non troppo feli-ce, difficile quindi da ricostituire quale doveva figurarenell’archetipo. Forse per tale motivo, o per la indecifrabilelettura del manoscritto originale, l’attuale prefazio ambro-siano l’ha elegantemente abbreviata.

III. – RILIEVI TRA STORIA E MEMORIA

L’insieme di questi formulari liturgici, presentati inquesto capitolo (nel prossimo capitolo commenterò ana-liticamente il formulario visigotico della Missa de obitu[s]sancti Martini) assume come memoria liturgica moltitratti della storia di Martino: sia di quella redatta daSulpicio Severo, che rimane fondamentale per tutte leliturgie, sia anche di alcune aggiunte e complementi chefanno capo alla tradizione di Tours, non tutta a noi per-venuta. Di quest’ultima, l’erede più importante èGregorio di Tours.

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Guardando complessivamente i testi, si notano alcunielementi che ricorrono quasi costanti.

Ne elenco alcuni.

1) È richiamato il fatto che la divina Provvidenzaabbia disposto che Martino, nato in Pannonia, cioè inOriente, venisse in Occidente, precisamente nelle Gallie,per portare la luce della fede e distruggere le tenebre delpaganesimo.

2) Importanza eccezionale, quasi-simbolo della suavita intera, è l’evento del povero di Amiens, al qualeMartino diede metà della clamide. Fatto importante nonin sé, quanto in ciò che costituì per lo stesso Martino,quando Cristo, nella notte, gli apparve in sogno vestitocome il povero: una assunzione al servizio di Cristo, ben-ché ancora catecumeno.

3) La forte resistenza di Martino davanti agli Ariani,riletta dai testi liturgici, eccetto i visigotici (in ambientiquindi profondamente segnati dalla lotta anti-ariana,come erano le Gallie e Milano), è vista già quasi un mar-tirio per la fede.

4) La vita ascetica e penitente, di incessante preghie-ra e di carità perfetta, ritorna come luogo costante neitesti liturgici: anche perché la liturgia è catechesi.

5) Il suo potere taumaturgico, per il quale venne assi-milato agli apostoli, e che tanto impressionò – lui viven-te – i testimoni oculari, e dopo la morte chiamò sulla suatomba da ogni parte folle di pellegrini, con la credenzia-le comprovata di moltissimi miracoli da lui operati, faparte ugualmente delle «costanti» liturgiche.

6) Viene celebrato anche il suo modo originale digestire l’ufficio episcopale, senza nulla togliere alla testi-monianza perfetta dl una vita evangelica, senza lasciarsimai insuperbire dagli onori, ma piuttosto sentendosimaggiormente spronato a servire i fratelli, mostrando

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così di essere una vetta di santità e di giustizia, unmodello da imitare da tutti i pastori.

7) Un tratto saliente ricorre ugualmente costantenella memoria liturgica: il suo transito; transito che coro-na con un atto eccelso di carità e di concordia un’interavita spesa nell’amore dei fratelli e della Chiesa, e insiemepresenta Martino nella veste del povero, del poveroLazzaro della parabola evangelica, che entra ricco nelseno di Abramo.

8) In ambiente soprattutto gallicano viene celebratala memoria della sua «deposizione», avvenuta l’11 no -vembre, giorno che poi sarà considerato come il “diesnatalis” di S. Martino. Di questa deposizione, con ciò chedi straordinario avvenne, oltre a Sulpicio, ne trasmettenotizia anche Gregorio di Tours.26

9) Tutte le liturgie ovviamente sono concordi nel rite-nere e celebrare Martino fra le schiere dei Santi in cielo;però con una attenzione particolare, rivolta non soloall’imitazione, ma più ancora all’intercessione.

10) La dedicazione della Basilica di S. Martino aTours fatta da Perpetuo, viene commemorata localmentedal Sacramentario di Angoulême.

199

26 SF I, 48, vol. I, pp. 72-77.

Capitolo quarto

IL FORMULARIO VISIGOTICO«Missa de obitus sancti Martini»

ANALISI COMPARATA TRA STORIA E MEMORIA

I. – ANTICHITÀ DEL VISIGOTICO

Fra i diversi formulari liturgici da me raccolti e osser-vati, ho notato con mia sorpresa uno stretto rapporto frastoria e memoria soprattutto nella «Missa de obitus sanc-ti Martini» della Liturgia mozarabica o visigotica. Questa«Missa» infatti sembra seguire passo passo il racconto diSulpicio Severo, pur nella varia articolazione dei mo -menti liturgici che compongono la celebrazione eucari-stica visigotica.

Ma quando fu composta questa «Missa»? A qualesecolo e momento storico della comunità visigotica essasi ravvicina? È una Messa originaria, o derivata?

A questi e altri interrogativi consimili ho cercatoinnanzitutto di dare una mia risposta, prima di assume-re il formulario come esempio tipico di convergenza trala storia vissuta e la memoria celebrata.

Presentando il Liber Mozarabicus Sacramentorum,edito criticamente da M. Férotin nel 1912,1 e nuovamen-te da J. Janini nel 1982,2 Klaus Gamber così scrive:

«Il manoscritto, che è un “manuale” o “liber Missarum”,è diviso in quattro parti... Questo corrisponde alla descri-

201

1 M. FÉROTIN, Le «Liber Mozarabicus Sacramentorum» et lesManuscrits Mozarabes, Paris 1912.

2 J. JANINI, Liber Missarum de Toledo y Libros místicos, t. I,Toledo 1982.

zione che un certo Felix fa sulla composizione di unSacramentario da parte di Giuliano vescovo di Toledo (†690): “Scripsit librum Missarum de toto circulo anni inquatuor partes divisum, in quibus aliquas vetustatis incu-ria vitiatas ac semiplenas emendavit atque complevit,alias vero ex toto composuit”.3 Parte di altri Sacramentariantico-ispanici precedenti alla redazione del LiberSacramentorum di Giuliano sono probabilmente contenutinei manoscritti nn. 305ss., che già sono dei veri messalicompleti (collegati con un breviario), come pure nelMissale mixtum... Altri manoscritti di Sacramentari antico-ispanici non ci sono pervenuti».4

Secondo questa ipotesi, condivisa dai critici, la«Missa de obitus sancti Martini» potrebbe risalire a questoGiuliano di Toledo, o a composizione a lui anteriore e dalui inclusa nel suo «Liber Missarum».

Io propendo personalmente per questa seconda ipo-tesi, che cioè il formulario sia anteriore a Giuliano e dalui inserito nell’insieme del Sacramentario mozarabico,almeno per i seguenti motivi, i quali fondano la sceltapreferenziale che io stessa ho fatto del formulario daanalizzare.

1. La dipendenza del «Missale Bobiense»dal formulario visigotico

Confrontando questo formulario visigotico con laMissa Sancti Martini Episcopi del Messale di Bobbio,5 horiscontrato non solo delle somiglianze, ma delle eviden-ti dipendenze del Bobiense dal Visigotico. Ora, secondo i

202

3 PL 96, col. 450.4 KLAUS GAMBER, Codices Liturgici Latini Antiquiores, 2ª edi-

zione, Freiburg 1968, pp. 196-197.5 Edizione critica a cura di E. A. LOWE, The Bobbio Missal. A

Gallican Mass-Book (Ms. Paris. Lat. 13246), London 1920, pp. 108-110.

critici di storia liturgica, il Messale di Bobbio, imparenta-to con la liturgia gallicana, può risalire al più tardi alsecolo VIII.

La dipendenza del Bobiense dal Visigotico si rilevatanto nell’orazione introduttiva, quanto nella contestatio(o prefazio). Ecco innanzitutto un confronto fra l’orazio-ne del Bobiense e il Post Nomina visigotico:

203

Bobiense

[Oratio]

a) Sanctum in mirabilibus,mirabilem Deum in sanc-tis suis

et confessoris sui Martini:ut cuius venerabilemdiem celebramus meria-mur eius esse participes.

b) Hic vir, quem adnumeran-dum apostolis, martiribusadgregandum, proximaita in rem tempora protule-runt.

c) Dubium enim non est ut sitmartyr in celo, qui fuitconfessor in saeculo, cumsciamus non Martinummartirium, sed martiriumdefuitse Martinum.

Visigotico

[«Post Nomina»]

a) Deus, qui mirabilis es insanctis tuis, cuius cultuideputatur quidquid ami-cis tuis honoris inpendi-tur: intenta oratione teposcimus,ut hunc diem quem sanctiet incomparabilis viriMartini inlustrat excessio,prosperum nobis et poste-ris in rebus nationum pro-pitiatus indulgeas, tribuas -que ut cuius veneratoressumus, imitatores efficimereamur.

b) Hunc etiam virum, quemcelicolis adnumerandummartyribus adgregatumetatis nostre tempora pro-tulerunt, iubeas auxiliumnostris ferre temporibus.

c) Dubium enim non est quodsit martyr in celo, qui fuitconfessor in seculo, quumsciatur non Martinummartyrio, sed martyriumdefuisse Martino.

Notiamo innanzitutto una sorprendente somiglianzatra i due testi, in particolare nella terza parte (“Dubiumenim non est”), dove le parole sono quasi identiche, salvodiversità terminologiche e di casi che dimostrano lasuperiorità linguistica del Visigotico.

Tuttavia, nel membro b) del testo possiamo rilevaresia la dipendenza del Bobiense dal Visigotico sia, forse, lanon esatta trasmissione dello stesso testo visigotico a noipervenuto. Ne dò gli esempi:

Confrontando i due testi tra loro, possiamo rilevareche nessuno dei due è perfetto: ambedue dimostrano ladipendenza da un prototipo arcaico. Per non protrarrel’analisi ad ogni termine, mi soffermo esclusivamentesulla frase centrale:

Il copista di Bobbio non ha saputo trascrivere le abbre-

204

d) Oremus. Qui in tanto Do -mini potuit aequare virtu-tis, dignetur in tribulacio-ne defendere, qui potensfuit mortuos suscitare.

d) Oramus te, Domine, utqui tantum potuit tuisequare virtutibus, utvitam mortuis redderet,dignetur etiam defuncto-rum spiritus consolare, acviventes in tribulationedefendere, qui potens fuitmortuos suscitare. Amen.

Bobiense

Hic vir,quem adnumerandum apo-stolismartiribus adgregandumproxima ita in rem temporaprotulerunt...

Visigotico

Hunc etiam virum,quem celicolis adnumeran-dummartyribus adgregatumetatis nostre temporaprotulerunt...

Bobiense

... proxima ita in remtempora protulerunt...

Visigotico

... etatis nostretempora protulerunt...

viazioni del manoscritto visigotico che aveva tra mano: loannota l’editore del testo, E. A. LOWE, indicando qualefosse la probabile lezione abbreviata del manoscritto, e lofa appoggiandosi all’attuale testo visigotico. Così scrive innota all’edizione del testo,6 riferendosi al Liber MozarabicusSacramentorum, nº 1002 dell’edizione di M. Férotin:7 «“itain rem”: probably a misreading of itati nre (= aetati nostrae);L. M. S. [= Liber Mozarabicus Sacramentorum], No. 1002,“quem ... etatis nostre tempora protulerunt”».

Il copista del Bobbiense trascrisse dunque: “ita inrem... tempora”, che non ha senso, mentre nel testo visigo-tico tramandato giustamente si legge: “etatis nostre tem-pora”. Si vede chiaramente la dipendenza del Bobbiensedal Visigotico arcaico, oggi perduto. E tuttavia il Bob -bien se ci conserva un elemento prezioso, che manca neltesto visigotico trasmesso: «proxima». Non si tratta infat-ti di tempi indeterminati: “etatis nostre tempora”, ma ditempi ravvicinati: “proxima etatis nostre tempora”, oppure– secondo l’indicazione soggiacente al Bobbiense e intui-ta dal Lowe –: “proxima aetati nostrae tempora”, “i tempivicini al nostro momento storico”.

L’archetipo visigotico perduto ci riconduce dunquead un periodo in cui potevano essere detti “vicini” itempi in cui visse Martino. Se fosse stato composto, adesempio, nei secoli VII-VIII, dicendo “proxima” i tempi incui visse Martino, altrettanto “proxima” potevano esseredetti i tempi dei martiri, che si chiusero agli inizi del IVsecolo. Ci troviamo perciò davanti a un testo primitivo,il quale afferma la prossimità del tempo tra Martino vis-suto e Martino celebrato.

Tentando una ricostituzione dell’archetipo, da cuideriva il Visigotico attuale e da cui dipende il Bobbiense,potrei ipotizzare il testo così:

205

6 E. A. LOWE, The Bobbio Missal..., op. cit., p. 109, nota 1.7 M. FÉROTIN, Liber Mozarabicus Sacramentorum..., op. cit., col.

465.

Archetipo visigotico (ipotesi)

«Hunc etiam virumquem apostolis adnumerandummartyribus adgregandumproxima etatis nostre temporaprotulerunt, iubeas auxiliumnostris ferre temporibus».

Ancor più evidente la dipendenza del Bobbiense dalVisigotico nel membro seguente dell’orazione, il punto c):

In questo membro notiamo la quasi identità verbaletra il Visigotico e il Bobbiense, salvo i casi più esatti nel-l’attuale Visigotico che nel Bobbiense: “Martinum marty-rio... martyrium Martino”. Tuttavia, anche nel Visigoticotrasmesso ricorrono delle correzioni al testo copiato dal-l’amanuense, le quali ci fanno intuire una difficoltà dilettura dell’archetipo, come risulta dall’apparato criticospecialmente di J. Janini.8 Da qui appare la dipendenzaletterale, con piccole varianti, del Bobbiense dall’archeti-po visigotico, intendendo per «archetipo» il testo perdu-to visigotico che fu in mano sia all’amanuense mozarabi-co sia al compositore del Bobbiense.

206

Visigotico

[Post nomina]

Dubium enim non estquod sit martyr in celoqui fuit confessor in seculo

quum sciaturnon Martinum martyriosed martyrium defuisse Mar -tino.

Bobiense

[Oratio]

Dubium enim non estut sit martyr in celoqui fuit confessor in saeculo

cum sciamusnon Martinum martyriumsed martyrium defuitse Mar -tinum.

8 J. JANINI, Liber Missarum de Toledo, op. cit., p. 372.

Concludendo il primo argomento, che avrei potutoulteriormente ampliare nella corrispondenza terminolo-gica e concettuale fra i due testi raffrontati, credo di poteraffermare che con l’archetipo visigotico siamo indotti arisalire a tempi molto vicini alla vita di Martino: VII seco-lo? VI secolo?...

2. Motivi di critica internaper l’arcaicità del formulario visigotico

Come subito mostrerò in maniera analitica, questoformulario della liturgia visigotica della messa di SanMartino è un’accesa perorazione alla causa del suo culto.Nessun altro formulario liturgico occidentale sente il biso-gno, come questo visigotico, di mostrare lecita e doverosala venerazione liturgica e pubblica tributata al Santo.

Il Post Nomina appena sommariamente considerato,tanto nella redazione visigotica, quanto nella derivazio-ne bobbiense, afferma perentoriamente che Martino è daannoverare tra gli apostoli, da aggregare ai martiri.

La Inlatio visigotica, inoltre, pone a stretto confrontoMartino con la categoria dei martiri e con ciò che essihanno operato e subìto, mostrando la vita di Martinouguale a quella dei martiri.

Siamo dunque a un momento determinante dell’evo-luzione del culto: da quello degli apostoli e dei martiri,che tutte le chiese registrano nei loro calendari, all’intro-duzione di nuove forme di santità ufficialmente accolte oda accogliere nelle chiese. Sembra, percorrendo la Inlatio– come farò –, di trovarci di fronte a una giustificazioneche la Chiesa visigotica fa di sé stessa, proponendo ilculto di San Martino o difendendone l’uso. Ora, questaappassionata difesa non avrebbe senso in tempi poste-riori, quando ormai nei calendari occidentali sono intro-dotti altri grandi nomi di santi non martiri, quali Ilario,Agostino, Ambrogio, Girolamo, Benedetto.

207

Un solo sguardo ai vari calendari delle chiese ci con-vince dell’arcaicità del testo visigotico il quale indubbia-mente tentava di aprire le porte al culto ufficiale, per unnuovo tipo di santità.

Per questi rilievi di critica interna, la messa di SanMartino sembra appartenere ai pezzi primitivi dellaliturgia visigotica.

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II. – LITURGIA VISIGOTICA

MARTINO: STORIA E MEMORIA NEL FORMULARIO VISIGOTICO

Come ho detto nella Premessa, non prenderò inesame tutti i libri e tutti i formulari della liturgia visigo-tica, ma solo il formulario della messa di s. Martinodell’11 novembre, e unicamente sotto l’aspetto di «storiae memoria», cioè evento storico e sua commemorazioneliturgica. Ometto nel caso specifico, di considerare ibrani delle letture, le antifone e i salmi (l’Ufficio, gli innie le orazioni). Certo, l’Oracional visigótico ha un immensovalore e per l’11 novembre (III idus novembres incipiuntorationes in die sancti Martini) ci conserva 12 testi eucolo-gici per i Vespri e il Mattutino.9

MISSADE OBITUS SANCTI MARTINI

Il formulario visigotico per il giorno della morte di S.Martino10 (così infatti si dovrebbe probabilmente ricosti-tuire il titolo: Missa de [die] obitus sancti Martini, perchéaltrimenti il testo originario visigotico, che si presentasempre corretto in lingua latina, qui accuserebbe, e pro-

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9 J. VIVES - J. CLAVERAS, Oracional Visigótico (= MonumentaHispaniae Sacra, Series liturgica, vol. I), Barcelona 1946, pp. 384-387.

10 M. FÉROTIN, Le Liber Mozarabicus Sacramentorum et lesManuscrits Mozarabes (= Monumenta ecclesiae liturgica, vol. VI),Paris 1912, coll. 464-469: «Missa de obitu sancti Martini»; J. JANINI,«Liber Missarum» de Toledo y Libros Místicos, t. I, Instituto deEstudios Visigótico-Mozárabes, Toledo 1982, pp. 370-375: «Missade obitus sancti Martini». Io ho seguito l’edizione di J. Janini,ancor più critica di quella del Férotin, nella quale, ad esempio, inluogo di «obitu», stando ai manoscritti, ricorre «obitus».

prio nel titolo, un errore di grammatica: de obitus invecedi de obitu)11 si presenta come formulario eucologico com-pleto in tutte le sue parti: orazione iniziale, seconda ora-zione in apertura della Messa, orazione dopo i dittici, ora-zione al bacio di pace, Inlatio, orazione dopo il Sanctus,orazione dopo il Pridie, orazione introduttiva del Pater,benedizione.

Seguirò, nell’analisi e nei rilievi, la sequenza eucolo-gica, prima commentando il testo liturgico, poi ritrovan-done le fonti storiche.

1. [ORATIO]

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11 Il termine dies è indicativo della memoria celebrata delgiorno, o anche della persona che viene celebrata. Ad es., «diessancte Marie» è il giorno commemorativo dell’Annunciazionee Maternità di Maria, la festa arcaica visigotica. Del resto, nellaOratio ad pacem, che esaminerò più avanti, si legge: «hodiernodie obitus memoriam facimus».

Inmensum praeclarumque,et omni laude dignissimumnomen Dei Patris omnipo-tentis, fratres carissimi, sup-pliciter exoremus, ut hodier-na sollemnia, que pro sanctiac gloriosissimi pontificis suiMartini evocationis venera-tione suscepimus, ipse sibicommendare dignetur. Tri -buatque, ut sicut illi hodier-no quondam die pro innu-meris abstinentie vel confes-sionis sue virtutibus celorumregna patefecit, nobis quoquepro innumerabilibus peccatisconsuetam misericordiamlar giatur. Amen.

Supplichiamo umilmente,fratelli carissimi, il nomeimmenso, magnifico, degnodi ogni lode, di Dio Padreonnipotente, perché egli stes-so si degni di rendere a sé gra-dita la solennità odierna, cheabbiamo iniziato nella vene-razione della memoria delsuo santo e gloriossimo pon-tefice Martino; e conceda che,come a lui un tempo in questogiorno aprì il regno dei cieli ingrazia delle sue innumerevolivirtù di astinenza ossia di“confessione”, anche a noielargisca la consueta miseri-cordia per i nostri innumere-voli peccati. Amen.

Primo rilievo: si nota in tutti i testi visigotici una fortesottolineatura tanto della maestà sovrana di Dio quantodel dono della grazia per il quale solo è concesso all’uomodi vivere secondo i divini precetti e di esercitare la virtù ingrado eroico fino al martirio. Teologia, questa, di fortesapore agostiniano, tipicamente africana e occidentale;grazia per la quale soltanto può essere raccomandabile egradita a Dio anche l’azione liturgica e il culto divino.

Secondo rilievo: Martino viene chiamato “santo e glo-riosissimo pontefice” di Dio (sancti ac glorosissimi pontifi-cis sui). Pontefice, nel linguaggio romano, indica il«vescovo». Martino viene detto pontefice cioè vescovo,ma vengono aggiunti due aggettivi che lo collocano nellasfera del culto: «santo e gloriosissimo». Santo e gloriososono termini della venerazione liturgica data ai campio-ni della fede: basti ricordare il Canone Romano per l’ag-gettivo «glorioso» dato alla Vergine nel V secolo e di«santo» dato agli apostoli e ai martiri.

Terzo rilievo: ricorre l’espressione confessionis sue.Martino dunque ha dato una testimonianza, una confes-sio per la quale sarà chiamato «confessore». Quale con-fessione? La confessione della sua vita ascetica nel testoconcisamente espressa con la frase: «pro innumeris absti-nentie vel confessionis sue virtutibus», dove l’ascesi o asti-nenza viene intesa come sinonimo di confessione: absti-nentie vel confessionis.

L’attenzione del compositore liturgico si porta imme-diatamente non su fatti esterni di martirio, ma sull’eser-cizio di innumerevoli virtù ascetiche condotto daMartino. «Illi... celorum regna patefecit». Entrò in cielo perle sue molte virtù, quali imponeva la abstinentia monasti-ca: virtù qui non meglio precisate.

Ma il fatto che egli sia «oggi già in cielo» consente aifedeli della terra di celebrare la sua solennità (hodierna

211

sollemnia) e di chiedere a Dio misericordia/grazia, sulmodello di come egli l’ha meritatamente ricevuta (altro-ve i testi chiederanno anche espressamente: “per sua in -ter cessione”).

Emerge dal testo la santità di Martino già gloriosissi-mo, considerato come pontefice di Dio, come esempioeccelso di ascesi o confessione, come già entrato nei cieli(a, b, c).

2. ALIA [ORATIO]

212

Eminentissimum nobis, om -ni potens Deus, hunc diemvenerabilem, ac plena admi-ratione dignissimum, sacer-dotis tui Martini transitusconsecravit.

Qui exutus corpore celumquod quesivit ex opere, inve-nit ex munere; qui saeculumcalcavit in vitiis, regnumtuum intravit in gaudiis, red-dens tibi animam qualemdederas, qualem feceras exlavacro, qualem tibi placeredixeras ex precepto.

Qui in pubescentis etatisexordia jam tibi in adolescen-tia senescebat, prius se per-fectione quam professionemonstrando, ut ante rem

Dio onnipotente, il transitodel tuo sacerdote Martino hareso sacro per noi questogiorno singolare e degno diogni lode.

Egli, spogliato del corpo,trovò come dono il cielo cheaveva cercato con le opere;egli che aveva calpestato ilmondo con i [suoi] vizi, entròcon gioia nel tuo regno, resti-tuendoti l’anima quale glie -l’avevi data, quale l’avevaresa il lavacro battesimale,quale avevi detto che ti sa -rebbe piaciuta osservando iprecetti.

Egli fin dagli albori della suafanciullezza, già dall’adole-scenza appariva maturo,mostrandosi perfetto ancorprima di impegnarsi ad

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sanctitatis impleret, quamspeciem religionis adsume-ret.

Qui in frigore pauperemvestiendo amore tuo caluit;et tibi vincebat miles alie-nus,et tibi militabat victorjam tuus, sic preveniente gra-tia conscientiam, ut nondumvideretur elotus, probareturadsumptus.

Dignus valde cui te pro mise-ricordia revelares, ut et tan-tum munus virtute cognosce-ret, et virtus remunerata pluscresceret, cui cooperante gra-tia tua hoc fuerit instituere,quod curare; et per abundan-tem quam per te faciebatmirabilium suorum diversi-tatem, magis familiare ha -buerit exemplis docere,quam litteris.

Qui in se crucis tue rigoresuscepto, ita tibi verus cultoradsisteret, ut laudis tue cau-sas vite meritis ampliaret;idoneus quippe cui te persacerdotii dignitatem ecclesiespem, populorum salutem,singularem quoque virtutemcommitteres familiarem.

esserlo [col battesimo], inmodo da compiere le operedella santità prima ancora diassumere gli obblighi dellavita cristiana.

Egli, vestendo un povero nelfreddo inverno, arse del tuoamore; e pur essendo militedi altri, vinceva per te, e perte militava, già tuo vincitore,in modo che, con la tua gra-zia che previene la coscienza,già si mostrasse da te assun-to, colui che ancora non risul-tava battezzato.

Degno davvero di ricevere latua misericordiosa rivelazio-ne, perché conoscesse con lavirtù una tale dignità, e lavirtù ricompensata ancor piùcrescesse in lui, per il quale –cooperando la tua grazia – fuidentica cosa istituire (unmonastero] che curarne la vi -ta; e con l’abbondante varietàdei prodigi che per tuo mezzooperava, ebbe a cuore di inse-gnare più con l’esempio checon lo scritto.

Egli, assumendo in sé l’auste-rità della tua croce, sarebbestato accanto a te come verocultore, e con i meriti dellasua vita avrebbe ampliato imotivi della [tua] lode: uomodavvero degno di ricevere incustodia da te, insieme con ladignità sacerdotale, la spe-

La memoria di Martino viene definita: «questo gior-no per noi eminentissimo – venerabile – degnissimo diogni ammirazione». Si tratta dunque di una festa solen-ne, non solo, ma principale ed eminentissima. Una gran-de festa degna appunto di tutta l’ammirazione.

L’oggetto della memoria è il «transitus» di S. Martinodefinito «sacerdote» di Dio (sacerdotis tui) cioè vescovo. Il«transitus» di Martino corona e premia una vita, introdu-cendo meritatamente in cielo, per dono di grazia, coluiche con le opere aveva sempre cercato il cielo.

214

Qui per arduum continentiefastigium, et amicum tue gra-tie blandimentum, futuro-rum prescius noveras in eomentem humilem, rem po -tentem.

Hic igitur, Deus, tuum precepopulum salvet, qui tibi pla-cuit opere, iustificetque pec-catores in vita, qui iustifica-tus pervenit ad gloriam.Inpetret ut a te non punia-mur de nostris, qui abs temeruit coronari de propriis.Amen.

ranza della Chiesa, la salvez-za dei popoli, e anche unasingolare e quasi connaturalevirtù [miracolosa]; (di rice-verla da te) che, conoscendoin anticipo le cose future,vedevi in lui – per mezzodell’ardua ascesi della conti-nenza e l’aiuto amichevoledella tua grazia – una menteumile, un’azione potente.

Salvi dunque, o Dio, il tuopopolo con le sue preghiere,lui che ti piacque con leopere, e renda giusti in que-sta vita i peccatori, lui chepervenne giustificato allagloria. Ci ottenga da te dinon essere puniti per lenostre azioni, lui che con leproprie meritò di essere da tecoronato. Amen.

È qui dove si inserisce il discorso della vita terrena diMartino che gli meritò tanta gloria, addirittura al mo -mento della sua morte. Con una serie di contrappunti, iltesto liturgico dipinge ciò che fece in vita, ciò che otten-ne in morte. Martino infatti:

reddens tibi animam

Viene dunque motivato ampiamente il santo in -gresso di Martino nelle gioie del cielo, inanzitutto conuno sguardo complessivo sulla sua vita terrena, sulla suainnocenza ricevuta, custodita, esercitata. Egli infatti hacalpestato il mondo con i suoi vizi e alla sua morte resti-tuì a Dio l’anima non solo come gliel’aveva infusanascendo, né soltanto come l’aveva resa (con la graziabattesimale) e cioè interamente innocente, ma soprattut-to quale aveva comandato si mantenesse per piacerGli,percorrendo cioè fedelmente la strada dei precetti divini.

Dopo questo sguardo complessivo che giustifical’affermazione dell’ingresso di Martino nelle gioie delcielo al momento del transito, il testo percorre le tappeprincipali della sua vita.

Inizia con una affermazione che pone Martinoquasi sugli altari fin da ragazzo, fin dall’età dell’adole-scenza (appariva davanti a Dio già maturo – iam tibi inadolescentia senescebat) non era ancora giunto al battesimoche mostrava con i fatti quello che poi si sarebbe impe-gnato ad essere con le promesse battesimali, in modo taleda testimoniare davanti a tutti con la vita santa gli impe-gni assunti.

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seculum calcavitin vitiis

regnum tuum intravitin gaudiis,

qualem dederas,qualem tibi placere dixeras ex precepto.

qualem feceras ex lavacro,

Questo scorcio su Martino fanciullo ha la sua docu-mentazione storica nel capitolo II della Vita Martini diSulpicio Severo. Egli scrive:

«Non ancora rigenerato in Cristo, egli [Martino] si com-portava già come un candidato al battesimo per le ope -re di carità: assistere i tribolati da malattie, soccorreregli sventurati, nutrire i bisognosi, vestire gli ignudi,nulla riservare a sé del soldo della milizia, fuorchéquanto servisse al sostentamento quotidiano. Già daallora egli era un ascoltatore non sordo ai precetti delVangelo, e non si curava del domani».12

Il testo liturgico visigotico traduce in preghiera il rac-conto storico, con delle pennellate sintetiche, in un rap-porto diretto con Dio (tibi senescebat) che fa ricordare l’in-fanzia di Gesù, il quale «cresceva in sapienza, età e graziadavanti a Dio e agli uomini» (Lc 2, 52).

L’orazione prosegue ricordando il fatto caratterizzan-te la vita di Martino, mentre ancora era soldato e iscritto alcatecumenato.

216

«Memoria»(Visigotico)

«Prius se perfectione quampro fessione monstrando, utante rem sanctitatis impleret,quam speciem religionisadsumeret».

«Storia»(SULPICIO, Vita, 2, 6-7)

«Trascorse quasi tre anni sottole armi prima del battesimo,integro tuttavia dai vizi, daiquali quel genere d’uominisuole essere avviluppato.Grande la sua benignità versoi commilitoni, mirabile la gen-tilezza, ma la pazienza e l’u-miltà oltre l’umana misura.Non è infatti necessario loda-re in lui la frugalità, come fu atal segno da lui praticata, chegià in quel tempo lo si sarebbecreduto non soldato, ma mo -

12 SULPICIO, Vita 2, 8.

Il testo liturgico non ricorda separatamente, per este-so la vita che Martino condusse da quindicenne, comecavaliere nella militia, ma con due tocchi la sintetizza:mostrandosi perfetto prima di farne la professione, com-piendo in concreto le opere di santità prima di assumer-ne l’impegno col battesimo.

Segue come terzo momento della «memoria»: l’ac-cenno al fatto caratterizzante la vita di Martino: il poverodi Amiens. È Sulpicio Servero che lo racconta. Il testoliturgico visigotico, con la solita incisività, ripresenta l’e-vento interpretando religiosamente i fatti. Sottolineainanzitutto che ci si trovava nel rigido inverno (in frigore)e che Martino vestì un povero (pauperem vestiendo): nondice come, non parla di mantello o di clamide: tutta l’at-tenzione si sposta sull’interiorità di Martino, potremmodire sul motivo che lo spinse a tale gesto. Il periodo infat-ti, in forma diretta, pone l’accento, con elegante antitesi,sull’animo di Martino che nel freddo inverno arse d’a-more divino per vestire un povero. L’ottica si sposta sullagrazia, quindi sull’amore che infiamma il cuore umanonel compiere azioni degne di Dio. Nessuno infatti puòcompiere azioni sante se la grazia di Dio non lo previenee non lo sostiene (preveniente gratia). Per questo, conti-nuando il contrappunto antitetico, il testo mostraMartino come già soldato di Cristo, benché ancora lega-to alla milizia terrena, ma soldato vittorioso, militante,che già gareggiava per il suo Signore (tibi militabat, victoriam tuus). Il racconto di Sulpicio Severo, più cronistorico,accenna anch’esso al movente spirituale che spinse Mar -tino a questo gesto famoso: lo chiama «vir Deo plenus»:quell’uomo ricolmo di Dio comprese che quel povero erariservato a lui.

217

naco. Per queste sue virtùaveva così strettamente av -vin to a sé tutti i commilitoni,da esserne venerato con mira-bile affetto».

Il testo liturgico nella sua brevità tratteggia l’avveni-mento in modo più eloquente e liturgicamente più vali-do, pur seguendo passo passo il racconto di Sulpicio;sposta l’attenzione dal fatto storico all’aspetto sopranna-turale: dal fatto all’evento. E ciò appare anche nella riso-nanza che il fatto ebbe su quanti ne furono testimonioculari. Narra Sulpicio che alcuni di essi, vedendo que-sto soldato così mal vestito, dopo aver dato metà dellaclamide al povero, si misero a ridere, altri capirono lalezione e si compunsero per non aver fatto cosa simile econ maggiori possibilità verso un povero.

Il testo liturgico, con una pennellata, si pone a legge-re le coscienze altrui, per mostrare Martino – certo per lagrazia che sempre previene le buone azioni dell’uomo –come già milite di Cristo, cioè come già battezzato, giàcristiano, già militante, comprovato dalle opere: e tuttoquesto ancor prima che egli fosse riconosciuto cristiano;già pubblicamente manifesto di appartenere a Cristo e diessere arruolato nella sua milizia, prima ancora di esserelavato nel battesimo.

È interessante il confronto diretto fra il breve testoliturgico e la Vita Martini di Severo.

218

«Memoria»(Visigotico)

«Qui in frigore

pauperem vestiendo,

«Storia»(SULPICIO, Vita, 3, 1)

«Così un giorno, non avendonulla indosso oltre alle armi eal semplice mantello di sol-dato, nel colmo d’un invernoche si irrigidiva più aspra-mente del solito, al punto chemoltissimi soccombevanoalla violenza del gelo, gliaccadde di incontrare sullaporta della città di Amiensun povero nudo. E poichéquesti pregava i passanti diaver pietà di lui, e tutti passa-

Senza il racconto storico di Sulpicio sarebbe un po’difficile trovare il significato del termine «conscientiam»del testo liturgico: «sic preveniente gratia conscientiam...»)Il contesto liturgico (videretur... probaretur), appoggiato alracconto di Sulpicio, ci dà la pista interpretativa: si trattadi una manifestazione ad altri, di una «consapevolezza»che gli astanti assumono di sé e di lui: capiscono per illu-minazione di grazia (preveniente gratia conscientiam) cheMartino compie già le opere proprie del cristiano, ben-ché sappiano che non lo è ancora.

Il quarto tratto – ancor più importante – del gestocompiuto è la visione che nel sonno ebbe Martino la notte

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amore tuo caluit;

et tibi vincebatmiles alienus,et tibi militabatvictor jam tuus; sic, preve-niente gratia conscientiam,ut nondum videretur elotus,probaretur adsumptus.

vano oltre senza curarsi dellosventurato, quell’uomo ricol-mo di Dio comprese che, sic-come gli altri si rifiutavanoad un atto di carità, quelpovero era riservato a lui.Ma che fare? Non aveva nul-l’altro che la clamide, di cuiera vestito; infatti aveva giàsacrificato tutto il resto in unauguale opera buona. E così,brandita la spada che avevaalla cintura, divise la clamidea metà, e ne donò al suo pove-ro una parte, dell’altra si rive-stì. Frattanto alcuni astanti simisero a ridere, poiché lo tro-varono indecoroso in quellaveste mutilata; molti tuttaviadi animo più saggio, si diede-ro a gemere profondamenteper non aver fatto nulla disimile, poiché possedendosenz’altro più di lui, avrebbe-ro potuto vestire quel poverosenza ridursi alla nudità.

seguente: Gesù gli appare in sogno vestito con quellaparte di clamide con la quale egli aveva coperto il pove-ro. Gli viene comandato di fissare attentamente il Signoree di riconoscerne la veste che aveva dato al povero.

Il resto del racconto, così affascinante, non viene rac-colto per intero dal testo liturgico, che si limita a rilevare ilgrado di santità raggiunto già da Martino, tale da merita-re – ovviamente sempre per misericordia e grazia di Dio –,che il Signore si rivelasse a lui, e per la sua virtù potesseentrare nella conoscenza, cioè nell’esperienza di un donocosì insigne; e d’altra parte, per questo premio ricevuto lasua virtù fosse ancor più impegnata a crescere.

L’attenzione della Liturgia è ancora una volta porta-ta su due angoli focali: da una parte, tutto è grazia esenza la grazia che misericordiosamente previene emisericordiosamente ricompensa con manifestazioni an -che straordinarie, nulla può ottenere l’azione umana; ed’altra parte il merito dell’uomo, cioè la sua virtù eserci-tata, lo rende degno di ricevere i doni della grazia e losospinge, dopo averli ricevuti, a collaborare sempre piùgenerosamente crescendo nelle virtù.

Anche qui metto a confronto i testi: il testo descritti-vo di Sulpicio e la rilettura liturgica.

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«Memoria»(Visigotico)

«Dignus valde cui te promisericordia revelares, ut ettantum munus virtute co -gnosceret, et virtus remune-rata plus cresceret».

«Storia»(SULPICIO, Vita, 3, 4-5)

«Dunque, la notte seguente,essendosi abbandonato alsonno, vide Cristo vestitodella parte della sua clamide,con la quale aveva coperto ilpovero. Gli fu ordinato diconsiderare attentamente ilSignore, e di riconoscere laveste che aveva donato.Subito dopo, udì Gesù direcon chiara voce alla moltitu-

* * *

Con un trapasso non cronologico né logico, ma inte-so a introdurre alla comprensione della santità di Mar -tino celebrata nel suo giorno festivo, il testo liturgicovisigotico continua con una sintetica proposta che ab -braccia tutta la vita di asceta e di vescovo, sempre conmarcata sottolineatura, lasciando l’iniziativa e la forzaoperante alla grazia di Dio. Ecco il testo:

«cui cooperante gratia tua hoc fuerit instituere, quodcurare et per abundantem quam per te faciebat mirabi-lium suorum diversitatem, magis familiare habueritexemplis docere quam litteris».

Siamo davanti a due aspetti fondamentali di S.Martino, monaco-vescovo: “instituere” e “curare”. “Insti -tue re” ha diversi significati, che trovano riscontro nell’o-pera di Martino: uno di tipo esterno, ma che comportaun insieme di elementi; ed è: costruire- erigere-istituire...

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dine di angeli che stavanointorno a lui: “Martino, ilquale ancora non è che uncatecumeno, mi ha copertocon questa veste”... A confer-mare la testimonianza di unacosì buona opera, [il Signore]non disdegnò di mostrarsi inquel medesimo abito che ilpovero aveva ricevuto indono. Ciò visto, il santissimouomo non si esaltò d’orgoglioumano, ma riconoscendo nel -la sua opera la bontà di Dio,mentre era in età di di ciottoanni s’affrettò a ricevere il bat-tesimo».

Si tratta cioè dell’azione promozionale di Martino, con laquale “istituiva” monasteri, li fondava materialmente espiritualmente, sottintendendo anche le “institutiones” onorme costitutive dei monasteri; ed erigeva chiese,demolendo i templi pagani.

Il secondo aspetto, che ha impressionato l’antichità, è ildono di “curare”, cioè di guarire, che da Dio gli era statoconcesso in tale misura e diversità, da sbalordire: «perabundantem quam per te faciebat mirabilium suorum diversita-tem...». È Dio che opera attraverso le meraviglie prodigio-se del Santo: “per te faciebat”. Il testo liturgico è nella pro-spettiva di una laus Dei; i prodigi da soli non bastano acelebrare un Santo; è Dio con la sua grazia e con i suoi doniche viene manifestato nei prodigi dei Santi.

Ma il testo ritorna subito e con preferenza alla vitainteriore di Martino, al suo stile che diventa esempio etestimonianza, anzi che si propone come il più alto e piùvero insegnamento, vera lettera scritta coi fatti e lettadagli occhi di tutti. Era questo il suo costante obiettivo.Si sente tra le righe l’insegnamento paolino:

«La nostra lettera siete voi, lettera scritta nei nostricuori, conosciuta e letta da tutti gli uomini. È noto infat-ti che voi siete una lettera di Cristo, composta da noi,scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Diovivente, non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carnedei vostri cuori» (2 Cor 3,2-3).

Nel contesto di Sulpicio e del periodo aureo dei Padriin cui visse Martino, periodo che vide la più grande fiori-tura di opere scritte da insigni dottori, quali ad esempioIlario suo maestro o Ambrogio suo contemporaneo,Martino che non lasciò nessuna opera scritta, neppuremonastica, sembra ai margini della cultura. Per questo iltesto liturgico sottolinea che insegnò quotidianamente conla vita e con gli esempi, non con gli scritti; che cioè scrissenei cuori dei discepoli e di quanti lo avvicinavano normedurature di vita cristiana, più che se le avesse trasmesse

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con i libri. Così scrive Sulpicio a riguardo del monasterocostruito da Martino: «Erano quasi ottanta discepoli chevenivano formati sull’esempio del beato maestro».13

E tuttavia non va dimenticato che, a differenza deimo naci d’Egitto, i monaci di S. Martino si dedicavanoalla cultura, copiando manoscritti e diffondendoli.

La seconda panoramica di questo testo visigoticoappena considerata, introduce alle tappe seguenti dellavita interiore e dell’azione pubblica di Martino.

1) L’asceta. Martino intraprende dopo il battesimouna vita di aspra penitenza, paragonata ad una crocifis-sione: “in se crucis tue rigore suscepto”. Ma l’ascesi perso-nale non viene mai dissociata nella pratica monastica dalculto divino, cioè dal dedicarsi ininterrottamente allalode di Dio e alla preghiera incessante: “tibi verus cultoradsisteret”: ancor prima di essere sacerdote e vescovocompiva il servizio di Dio nella lode incessante. Il testoliturgico probabilmente richiama due periodi della vitadi Martino: quando scacciato da Aussenzio si ritirò insolitudine con un prete nell’isola Gallinaria nutrendosisoltanto con radici di erbe,14 e quando, ritiratosi in romi-taggio a Ligugé, la sua fama si diffuse dovunque a talpunto che da tutti era ritenuto santo, potente per i mira-coli e uomo simile agli apostoli,15 così da essere stimatoda tutti degno della dignità episcopale. Ecco in breve latrama, mettendo a confronto la storia narrata da Sulpicioe i tratti proposti dalla liturgia.

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13 Vita, 10, 5, pp. 28-29.14 Vita 6, 5, pp. 20-21.15 Vita 7, 7, pp. 24-25.

«Memoria»(Visigotico)

«Qui in se crucis tue rigore

«Storia»(SULPICIO, Vita, 3, 4-5)

«... Da questo momento [cioè

Da notare tuttavia che il diffondersi della fama diMartino è legata nel racconto di Severo ai miracoli cheaveva operato, risuscitando i morti. Per il testo liturgico,più che i prodigi è la vita austera (vite meritis), è il suodedicarsi totalmente al culto divino che diffonde nontanto la sua fama, quanto i motivi per lodare Dio. Anchequi infatti l’attenzione liturgica non è rivolta al Santo, maa ciò che Dio opera nei Santi. Non è dunque soltanto lalode del Santo che si diffonde: attraverso la sua vita siampliano le occasioni di lodare Dio.

2) Il vescovo. Il testo liturgico mostra come in unsustrato, quasi in forma generale, chi dovrebbe essere e -levato all’ufficio episcopale, uno cioè che già abbia per-corso un itinerario austero di santità, si sia interamentededicato alla lode di Dio e con i meriti della sua vitaabbia riscosso tale credito presso il popolo da lodarne ilSignore. Perché attraverso la dignità sacerdotale è Diostesso che affida ad un uomo la speranza della chiesa, lasalvezza dei popoli e un potere singolare. Tale era Mar -tino: «idoneus quippe cui te ...». Sulpicio Severo ne descri-ve l’elezione, la Liturgia ne dà la motivazione e il signifi-cato.

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suscepto, ita tibi verus cultoradsisteret, ut laudis tue cau-sas vite meritis ampliaret».

il miracolo della risurrezionedi un catecumeno], per laprima volta la rinomanzadell’uomo beato risplendette:così chi era già da tutti rite-nuto santo, fu anche ritenutopotente e veramente simileagli Apostoli».

«Memoria»(Visigotico)

«Idoneus quippe cui te persacerdotii dignitatem ecclesiespem, popolorum salutem,

«Storia»(SULPICIO, Vita, 9, 1-4)

«Press’a poco nella medesimaepoca, era richiesto comevescovo di Tours; ma poiché

Ma più che lo sguardo degli uomini, che giustamen-te ammiravano le virtù di Martino era Dio – il solo che

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singularem quoque virtutemcommitteres familiarem».

non poteva essere facilmentestrappato dal suo eremo, untal Rusticio, cittadino appun-to di Tours, dando ad inten-dere una malattia di suamoglie, gettandosi alle sueginocchia riuscì a farlo uscire.Così, predisposte turbe di cit-tadini lungo il cammino, fuper così dire condotto sottoscorta fino alla città. In mira-bile modo un incredibile mol-titudine non solo da quelborgo ma anche dalle cittàvicine s’era radunata per reca-re i suoi suffragi. A tutti un’u-nica volontà, i medesimi de -sideri, il medesimo sentimen-to: Martino era il più degnodell’episcopato; fortunata lachiesa che avrebbe avuto untal vescovo. Un piccolo nume-ro tuttavia, e alcuni dei vesco-vi che erano stati convocatiper insediare il vescovo,empiamente si opponevanoasserendo ch’era personaggiospregevole, ed era indegnodell’episcopato un uomo dal-l’aspetto miserando, dal sor-dido abbigliamento, dallacapigliatura arruffata. Cosìstando le cose, il popolo, dipiù saggio sentire, irrise lafolla di costoro, che mentrebramavano vituperare l’illu-stre uomo, vieppiù ne rende-vano pubbliche le virtù».

preconosceva il futuro – che vedeva in lui con il concor-so simultaneo dell’azione immancabile e soave della gra-zia divina e dell’ascesi portata ad un vertice eroico, unanimo umile, una presenza potente.

Il testo liturgico compendia con sguardo sintetico lavita di Martino vescovo, non esaltato dalla carica assun-ta, ma sempre umile, di una umiltà conservata ed accre-sciuta col faticoso esercizio di una vita monastica nonmai interrotta, e d’altra parte corroborata e sostenutadalle consolazioni divine: potente dunque in opere, umi -le di cuore. Sulpicio ne traccia un profilo spirituale:

L’orazione si chiude con l’impetrazione rivolta a Dio,per mezzo di Martino. In tal modo essa si ricongiungeall’inizio, dove era stata espressa la glorificazione di S.Martino nella gloria dei cieli al momento del transito,gloria meritata con le opere. Ritorna infatti lo stesso ter-mine: “opere”. Opus nel contesto equivale a eserciziolaborioso d’ascesi, opere cioè di penitenza e di santità.

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«Memoria»(Visigotico)

«Qui per arduum continentiefastigium et amicum tue gra-tie blandimentum futurorumprescius noveras in eo men-tem umilem, rem potentem».

«Storia»(SULPICIO, Vita, 10, 1)

«Ed ora, di qual condotta evalore si sia mostrato dopoaver assunto l’episcopato,non è nelle nostre facoltàesporre compiutamente. Per -se verava infatti con assolutafermezza ad esser l’uomo ches’era mostrato in precedenza.La medesima umiltà nel suocuore, la medesima povertànel suo abito; e così, pienod’autorità e di grazia, compi-va il suo ufficio episcopale,tuttavia in modo da non trala-sciare la condotta e le virtùmonastiche».

Scrive Sulpicio:

«Aveva preso l’abitudine di dormire sulla nuda terra,stendendovi sopra soltanto un cilicio».16

Appunto perché egli è ora in cielo accanto a Dio, manon separato dalla Comunità che lo celebra sulla terra,dal popolo che ne fa la solenne memoria, egli può inter-porsi presso Dio per loro.

È interessante notare come vengano chieste attraver-so l’intercessione di Martino grazie quasi correlative alui. Si sa che i martiri sentivano come propria la città oveerano stati martirizzati e, come testimonia tra gli altriMassimo di Torino, avrebbero accolto essi i loro fedeli incielo per accompagnarli al Cristo; si sa che i vergini (epiù precisamente le vergini) avevano in Maria la loroceleste protettrice e Colei che un giorno le avrebbe con-dotte allo Sposo divino per le nozze eterne – così si espri-meva Ambrogio –,17 appunto perché sulla terra ne aveva-no imitato il tenore di vita. Si sa che i «confessori» inter-cedevano per i pubblici peccatori, perché fossero nuova-mente accolti e giustificati nella Chiesa. Su questa lineasi muove l’orazione visigotica nella sua parte conclusiva,articolata in tre distici:

«Hic igitur, Deus,

a) tuum prece populum salvet,qui tibi placuit opere,

b) iustificetque peccatores in vita,qui iustificatus pervenit ad gloriam.

c) Inpetret ut a te non puniamur de nostris,qui abs te meruit coronari de propriis.Amen».

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16 SULPICIO, Ep. I, 10, CSEL 1, p. 140.17 AMBROGIO, De virginibus 2, 16, PL 16, 210-211.

a) Il parallelo del 1º distico: prece - opere congiungeintimamente salvet - placuit la potenza dell’intercessore almerito del confessore: tanto più potente con la preghie-ra, quanto più a Dio grato con le opere. Può dunque sal-vare, oggi (nell’oggi che sta vivendo la comunità che locelebra) perché nel suo ieri piacque a Dio con le sueopere.

b) Il 2º distico osa chiedere, sulla linea dei confesso-ri che intercedevano per i lapsi e pubblici peccatori, cheMartino giustifichi mentre sono in vita (e cioè nel lorooggi) i peccatori, lui che pervenne giustificato alla gloria.

Ci si domanda in che senso venga inteso il verbo“iustificare” usato qui tanto all’attivo quanto al passivo:all’attivo per i peccatori (“iustificet”), al passivo (“iustifi-catus”) per Martino. Martino certo raggiunse la gloriaper essere stato giustificato e trovato giusto. Non va maidimenticato il binomio grazia-libertà, dono divino e cor-rispondenza umana, che i testi visigotici mettono semprein evidenza. Credo dunque che la petizione: “iustificetpeccatores in vita” si debba intendere in un duplice senso:1) ottenga loro la grazia che giustifica; 2) li renda graditia Dio con una risposta di vita giusta.

c) Il 3º distico contrappone antiteticamente ciò chela comunità orante ha compiuto di male a ciò cheMartino ottenne come corona con le sue azioni: «a te nonpuniamur de nostris – abs te meruit coronari de propriis».

L’impetrazione di Martino (inpetret) è sentita potentedavanti al Signore, il quale viene considerato come giustogiudice delle azioni umane. Meritamente il popolo sareb-be punito per i suoi peccati, così come meritamente Mar -tino era stato coronato per le sue opere: «coronato» allamaniera del martire che per Cristo aveva dato la vita.Anche per Martino c’è una giusta “corona”. Qui si sentel’eco delle affermazioni di Paolo: «Quanto a me, il miosangue sta per essere sparso in libagione ed è giunto ilmomento di sciogliere le vele. Ho combattuto la buona

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battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede.Ora mi resta solo la “corona” di giustizia che il Signoregiusto giudice mi consegnerà in quel giorno; e non solo ame, ma anche a tutti coloro che attendono con amore lasua manifestazione» (2 Tm 4, 6-8). L’impetrazione delSanto rende amico il giudice.

Concludendo: tre momenti della vita di Martinosostengono la speranza e la preghiera del popolo che locelebra: l’essere stato egli gradito a Dio durante la vitaper le opere, l’esser giunto giustificato alla gloria, l’esse-re stato coronato per i suoi meriti. In certo modo è tuttolo svolgimento del suo itinerario in Dio che viene com-pendiato in tre verbi: placuit - pervenit - meruit coronari. Edipendentemente la sua triplice azione dal cielo: salvet -iustificet - inpetret.

3. POST NOMINA

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Deus, qui mirabilis es insanctis tuis, cuius cultuideputatur quidquid amicistuis honoris inpenditur: in -tenta oratione te poscimus,ut hunc diem quem sancti etincomparabilis viri Martiniinlustrat excessio, prospe-rum nobis et posteris inrebus nationum propitiatusindulgeas, tribuasque utcuius veneratores sumus,imitatores effici mereamur.

Hunc etiam virum, quemcelicolis adnumerandummar tyribus adgregatum eta-

O Dio, mirabile nei tuoi santi,al cui culto è deputato ognionore tributato ai tuoi amici,con intensa preghiera ti chie-diamo che questo giorno, illu-minato dal transito del santoe incomparabile uomo Mar -tino, tu lo renda per tua mise-ricordia prospero a noi e aiposteri in ciò che riguarda lasocietà civile (lo stato); e con-cedi che diventiamo imitatoridi colui che veneriamo.

E quest’uomo, che i tempi delnostro periodo hanno prodot-to, perché sia annoverato fra i

Il Post-Nomina prosegue la petizione della OratioAlia, ampliando le prospettive. L’orazione si articola intre membri.

Nel 1° membro non più solo la persona di Martino,ma anche la festa di Martino, cioè il giorno consacratodal suo transito, per misericordia di Dio, può diventareapportatore di prosperità e di pace per l’oggi della comu-nità e per i posteri: «prosperum nobis et posteris... propitia-tus indulgeas».

Un secondo aspetto della petizione, che amplia leprecedenti prospettive, non pone più Martino in antitesicol popolo, ma in consonanza di esemplarità con i fedeliche lo venerano. È un distico sul tipo del parallelismosinonimico:

«tribuasque ut cuius veneratores sumus, imitatores effi-ci mereamur».

Siamo di fatto oggi – nell’oggi liturgico – suoi cultorimentre lo celebriamo; possiamo diventare, nell’oggi del -

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tis nostre tempora protule-runt, iubeas auxilium nostrisferre temporibus. Dubiumenim non est quod sit martyrin celo, qui fuit confessor inseculo, quum sciatur nonMartinum martyrio, sedmartyrium defuisse Martino.

Oramus te, Domine, ut quitantum potuit tuis equarevirtutibus, ut vitam mortuisredderet, dignetur etiamdefunctorum spiritus conso-lare, ac viventes in tribulatio-ne defendere, qui potens fuitmortuos suscitare. Amen.

cittadini del cielo aggregato aimartiri, comanda che portiaiuto ai nostri tempi. Non c’èalcun dubbio, infatti, che siamartire in cielo, colui chesulla terra fu confessore, men-tre si sa che non Martinovenne meno al martirio, ma ilmartirio a Martino.

Ti preghiamo, Signore, checostui che tanto poté egua-gliare i tuoi miracoli, da rida-re la vita ai morti, si degnianche di dare sollievo aglispiriti dei defunti, e difendanelle tribolazioni i vivi, luiche ebbe il potere di risusci-tare anche i morti. Amen.

la vita presente, suoi imitatori. Il culto d’imitazione è ilcentro e lo scopo del culto di venerazione. Martino per-ciò, celebrato per la sua vita, diventa esempio per le suevirtù.

Il 3º membro amplia ancora su due orizzonti l’inter-cessione del Santo: a) per gli spiriti dei defunti; b) per iviventi nelle tribolazioni della vita.

Per gli spiriti dei defunti si chiede che egli li consoli,per i viventi, che li difenda. Perché?

Il collegamento è ancora con la vita di Martino: ieri,nella sua esistenza storica, possedeva, partecipato dalSignore, un tale potere divino da restituire la vita ai morti.Per due volte il testo mozarabico ripete questa motivazio-ne, ribadendo tanto il fatto che egli abbia risuscitato deimorti, quanto il potere che aveva di risuscitarli.

Per questo Martino, oggi, può consolare gli spiriti deidefunti, egli che ebbe da Dio il potere di richiamarli allavita; e può difendere nelle varie tribolazioni i viventi,egli che, risuscitando i morti, soccorse i tribolati. Lo rac-conta Sulpicio nella Vita di Martino e nei Dialoghi nar-rando i fatti e indicando il potere divino concesso in quelmomento a Martino.

Nella Vita di Martino, Sulpicio Severo racconta:

«... In quel tempo gli si unì un catecumeno, desiderosodi formarsi sulle regole di vita d’un uomo così santo.Trascorsi pochi giorni, colto all’improvviso da malattia,quegli era travagliato dalla violenza della febbre.Proprio allora, per caso Martino era partito. Ed essendostato lontano per tre giorni, al suo ritorno ne trovò ilcorpo esanime: la morte era stata così improvvisa, chequello s’era dipartito dalle cose umane senza battesimo.Il corpo, esposto, era circondato dai fratelli afflitti, in -tenti a rendergli il triste offizio, quando Martino accor-se piangente e gemente. Ma allora con tutto l’animoconcentrato nello Spirito Santo, ordinò a tutti gli altri diuscire dalla cella in cui giaceva il corpo, e serrata laporta, si prosternò sulle membra esamini del fratello

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defunto. Ed essendosi per alquanto tempo sprofondatoin preghiera, avvertito per tramite dello Spirito che lavirtù del Signore era presente, sollevatosi un po’ e affis-satosi nel volto del morto, aspettava intrepido l’esitodella sua preghiera e della misericordia del Signore. Eraappena trascorso lo spazio di due ore, e vide il mortoriacquistare a poco a poco movimento in tutte le mem-bra, e palpitare nell’uso della vista con gli occhi dischiu-si. Allora, rivoltosi a gran voce al Signore rendendo gra-zie riempiva di grida la cella. Udito ciò, quelli che eranostati immobili fuori della porta subito irruppero dentro.Meraviglioso spettacolo: vedevano vivere chi avevanolasciato morto».18

Ancora in un’altra occasione si rese manifesto il po -tere taumaturgico di Martino nel risuscitare i morti, co -me narra appresso Sulpicio Severo:

«Poco dopo, mentre passava lungo il terreno d’un talLupicino, un notabile secondo il giudizio del mondo, fuaccolto dal luttuoso clamore d’una folla gemente. Adessa sollecitamente appressatosi, e chiesto che cosafosse quel pianto, gli fu spiegato che un povero schiavodi quelli della casa s’era tolto la vita impiccandosi. Sa -puto ciò, entrò nella piccola cella, dove il corpo giaceva,ed esclusane tutta la folla, disteso sulla salma per alcuntempo pregò. Ben presto, rianimato in volto, ma ancoralanguenti gli occhi, il morto si sollevò verso il volto diMartino; e con lenti sforzi cercando di alzarsi, afferratala mano del beato uomo si rizzò in piedi, e così insiemecon lui avanzò fino al vestibolo della casa, tra gli sguar-di intenti di tutta la turba».19

Da notare la tribolazione, la sofferenza, il pianto deipresenti ed anche il suo stesso pianto, per la morte delcatecumeno: «corpus in medio positum tristi maerentium

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18 Vita 7, 1-4, pp. 22-23.19 Vita 8, 1-3, pp. 24-25.

fratrum frequentabatur officio cum Martinus flens et eiulansaccurrit...».20

Sulpicio nota l’azione della grazia in Martino: «con-centrato con tutto l’animo nello Spirito Santo ... avverti-to per tramite dello Spirito che la virtù del Signore erapresente (per Spiritum Domini adesse virtutem)»

È indispensabile all’intelligenza del testo visigoticoporre l’accento su questa “virtus Domini” presente in Mar -tino e operante per mezzo suo. Per meglio capire la rilet-tura del racconto storico che la liturgia opera, pongo aconfronto i due testi:

Ricorre in ambedue i testi il termine “virtus”, che nonindica virtù come in altri passi, ma la “virtus Domini”,cioè la potenza del Signore operante. Più sopra, confron-tando il testo visigotico con quello del Missale Bobiense erilevando la dipendenza di quest’ultimo da un archetipovisigotico, ho potuto già indicare una parziale comple-mentarietà in qualche elemento fra il Visigotico a noipervenuto e il Bobiense. Ora, proprio nel caso della “vir-tus Domini” il Bobiense è più esplicito: «qui in tanto Dominipotuit equare virtutis», al posto di: «tuis equare virtutibus».In ambedue tuttavia Martino viene quasi elevato adessere simile nella potenza al Signore. È, in sostanza, ciòche rilevava già Sulpicio Severo nei Dialoghi:

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«Memoria»Visigotico

«qui tantum potuit tuis equa-re virtutibus, ut vitam mor-tuis redderet».

«Storia»(SULPICIO, Vita, 7, 3)

«Cum aliquandiu orationiincubuisset sensissetque perSpiritum Domini adesse vir-tutem...».

20 Vita, 7, 2, pp. 22-23.

«Vero discepolo di Cristo, gareggiava con i miracoli delSignore, i miracoli che il Salvatore dava come esempioai suoi Santi. Martino mostrava in se stesso il Cristooperante, il Cristo che in ogni occasione glorificava ilsuo Santo, e che conferiva a un solo uomo i doni di tuttele grazie».21

Sulpicio annota: «mediante lo Spirito, [Martino]avverte che la potenza del Signore è in lui presente». Ilracconto del miracolo in Sulpicio si conclude con la famache Martino ottiene non soltanto di Santo, ma di potentesimile agli apostoli; è la «potenza» che l’orazione visigo-tica sottolinea:

Il racconto di Sulpicio si conclude: «Così chi era datutti ritenuto santo, fu anche ritenuto potente (potens) everamente simile agli apostoli». Quindi il participio“potens” che la liturgia visigotica usa, forse lo riprendedal racconto di Sulpicio.

Si nota in Sulpicio Severo la assimilazione di Martinoagli apostoli; nel testo visigotico al Signore: «tuis equarevirtutibus». Sembrerebbe un paragone azzardato; nonbisogna tuttavia dimenticare, come più volte ho rilevato,che non è mai l’uomo che opera, ma Dio per mezzo del-l’uomo. Eguagliare dunque il potere del Signore, o forsemeglio i «miracoli» (virtutibus) del Signore, significa nonsolo averlo amico, ma presente e operante.

Su quest’identica prospettiva si muove il secondoracconto di un’altra risurrezione operata da Martino. Nei

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21 SULPICIO, Dial., III, 10, CSEL 1, p. 208.

«Memoria»Visigotico

«qui potens fuit mortuos su -scitare».

«Storia»(SULPICIO, Vita, 7, 7)

«Ut qui sanctus tam ab omni-bus habebatur potens et vereapostolicus haberetur».

Dialoghi Sulpicio racconta che mentre Martino parlavadel Signore a una folla di pagani

«una donna alla quale era appena morto il figlio pre-sentò con le mani tese all’uomo beato il corpo esanimedicendo: “Sappiamo che sei amico di Dio, restituiscimiil figlio perché è il mio unico”. La folla circostante siunì alla madre gridando ad alta voce la sua preghiera.Allora Martino, vedendo che per la salvezza dei pre-senti (come più tardi egli stesso ci diceva) poteva con-seguire la potenza del miracolo (consequi se posse virtu-tem) accolse nelle proprie braccia il corpo del defunto.Dopo aver piegato le ginocchia sotto gli occhi di tutti,finita la preghiera si alzò e restituì vivo il bambino allamadre».22

Il 2° membro dell’orazione Post Nomina conferma lepetizioni presenti nella prima e nell’ultima parte dell’o-razione e ne dà i motivi. Da una parte dice: «i tempi vici-ni a noi hanno prodotto quest’uomo: comanda dunqueche rechi aiuto ai nostri tempi». I motivi della fiduciosapreghiera poggiano sul fatto che Martino non solo sia giàin cielo, ma faccia parte fra i celesti delle schiere dei mar-tiri: per questo infatti i tempi a noi vicini lo hanno pro-dotto, perché fosse annoverato tra gli apostoli (MissaleBobiense), aggregato ai martiri. L’affermazione che Mar -tino faccia parte in cielo delle schiere dei martiri vienesuffragata dai fatti che egli ha vissuto sulla terra.

1. – Martino è considerato “martire in cielo”. Questaaffermazione si contrappone a ciò che di fatto fu sullaterra. Non chiuse infatti la vita col martirio, ma in cieloebbe il premio di martire. Dobbiamo innanzitutto notareche in questo breve testo liturgico “martyrium” vieneinteso in senso stretto, come morte cruenta, non comemartirio di vita. Dice infatti il testo che venne meno il

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22 SULPICIO, Dial., II, 4, CSEL 1, p. 185.

martirio davanti a Martino, non viceversa, perché Mar -tino non si sottrasse al martirio: la sua disposizione d’a-nimo lo rendeva pronto a versare il sangue per il Signore:

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«Memoria»Visigotico

«Dubium non est quod sitmartyr in celo, qui fuit con-fessor in seculo, quum scia-tur non Martinum martyrio,sed martyrium defuisseMartino».

«Storia»(SULPICIO, Ep. II, 7-12)

«Sebbene io sappia che non sideve fare lutto per un cosìgrande uomo, al quale, dopoaver vinto e trionfato sulmondo, è stata data la “coro-na della giustizia”, tuttavianon posso comandare a mestesso di non piangere...[Martino] è finalmente coro-nato con la “corona di giusti-zia” dopo aver definitiva-mente vinto il mondo e trion-fato sul secolo presente...Eccolo infatti riunito agliApostoli e ai Profeti. Non èinferiore a nessuno in questagloriosa assemblea dei giustie in modo particolare, comene ho l’esperienza, la fede ela certezza, tra coloro chehanno lavato le loro vesti nelsangue: ha raggiunto il lorogregge e tutto puro fa corteoall’Agnello che li guida.Giacché le circostanze presen-ti non gli hanno potuto assi-curare il martirio, non saràaffatto privato per questodella gloria del martire: poi-ché attraverso il desiderio e laforza d’animo egli avrebbepotuto e voluto esser martire.E se gli fosse stato possibile

Si apre con questa argomentazione il tema di Mar -tino martire e confessore: martire in cielo, confessoresulla terra.

Questo dittico elegante: «quum sciatur non martyriumdefuisse Martino», ci dà quasi l’istantantanea di alcuniavvenimenti occorsi al Santo. Sulpicio racconta, ad esem-pio:

«Riferirò pure che cosa accadde in un borgo degli Edui.Dove, mentre allo stesso modo demoliva un tempio,una folla inferocita di contadini pagani si gettò controdi lui. E tentando uno più ardito degli altri di colpirlocon la spada snudata, egli, gettato il mantello, offrì ilsuo capo scoperto a colui che stava per ferirlo. Il paga-no non esitò a colpire, ma, avendo sollevato troppo inalto la mano destra, crollò in terra supino, e, costernatodal timore di Dio, implorava grazia».23

Da questo, e altri momenti eroici occorsi al Santo, sicapisce come il “martirio di sangue” non sia stato temu-to da Martino, ma piuttosto sia, per divina provvidenza,a lui venuto meno: è martire perciò in cielo, benché nonmartire di sangue sulla terra.

2. – Martino è considerato “confessor in seculo”. Martinoè spesso chiamato “confessor” nelle orazioni visigotiche.

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combattere ai tempi diNerone e di Decio, nelle gran -di persecuzioni di allora...Marti no sarebbe spontanea-mente salito sul patibolo. [...]Sebbene non abbia sopporta-to tutto ciò, nondimeno haraggiunto la pienezza delmartirio, pur senza versare ilsangue».

23 Vita, 15, 1-2, pp. 38-39.

Confessores nell’antichità cristiana erano considerati colo-ro che, catturati in vista del martirio, non lo avevano difatto conseguito o per la cessazione delle persecuzionicruente, o perché morti non cruentemente, anche se inconseguenza di privazioni, di battiture, di incarcerazioneo di esilio.

Più tardi, terminate le persecuzioni cruente, eranoconsiderati “confessori” coloro che subivano persecuzio-ni da parte degli eretici; nel caso concreto di Martino,sono gli ariani. Così annota l’editore del Missale mixtumsecundum regulam Beati Isidori (s. VII), proprio in meritoal termine di “confessore” applicato a Martino:

«Sanctus Martinus passim in Martyrologiis et librisliturgicis confessor et episcopus nominatur, quibus inlocis vox “confessor” stricte sumitur, eo sensu quo abantiquis adhiberi consuevit, pro eo qui coram persecu-tore aut pagano, aut haeretico, fidem orthodoxam con-fessus erat; nam sanctus Martinus ob fidei catholicaeconfessionem ab Arianis saepe palam verberibus cae-sus, demum in exsilium pulsus, patria extorris factusest (Soz. lib. III, c. 3; Severus Sulpicius, in Vita S.Martini, cap. 6). Quare illi merito competit “titulus con-fessoris” stricto illo et rigoroso sensu quo sanctisHilario, Athanasio, Victricio, aliisque, ob exsilia et peri-cula fidei causa perpessa, tribuitur».24

In questa visuale potrebbero essere incluse le variepersecuzioni incorse da Martino da parte degli Ariani,che altri testi liturgici (gallicani, ambrosiani e romaniantichi) esplicitamente sottolineano. È ancora Sulpicioche nella Vita racconta questi fatti:

«Poi, avendo pullulato l’eresia ariana per tutto il mondoe soprattutto nell’Illirico, trovandosi pressoché solo arintuzzare con fierissima energia la fede corrotta deivescovi ed essendo stato sottoposto a numerosi maltrat-

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24 PL 85, col. 905.

tamenti – fu anche pubblicamente battuto con le verghee infine forzato ad uscire dalla città – ritornando inItalia, trovò la Chiesa travagliata anche nelle Gallie, acausa dell’allontanamento del santo Ilario, che la vio-lenza degli eretici aveva costretto all’esilio. E si stabilì ineremitaggio a Milano. E anche ivi Aussenzio, animato-re e capo degli Ariani, accanitamente lo perseguitò, epiù volte oltraggiatolo, lo fece scacciare dalla città».25

Siamo così davanti ad una prima interpretazione di“confessor” per il beato Martino. Vedremo che non è lasola, ma che si arricchirà di molti altri elementi, per cuila frase liturgica «confessor in seculo» diventerà carica disignificati specifici per Martino.

4. AD PACEM

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Multis coram te, Deus Pater,exultantes in laudibus, con-fessoris tui Martini hodiernodie obitus memoriam faci-mus, doctrine recolimus,operum memoramus. Quilicet totum vite sue cursumgloriosa decoraverit pace,finem tamen ineffabili carita-tis bono reddidit et probabi-lem, et inlustrem, quum vici-num sui cernens terminumfinis, pacem inter se discor-dantibus restituit clericis,quo ad eternam continuovocaturus hereditatem, e -xemplo Domini tenendamsuis pacem discipulis com-mendaret.

Esultanti davanti a te, DioPadre, con molte lodi in que-sto giorno celebriamo lamemoria del tuo confessoreMartino, ne veneriamo la dot-trina, ne ricordiamo le opere.Egli, benché avesse adornatotutta la sua vita con una pacegloriosa, rese tuttavia com-provata e illustre la sua finecol bene ineffabile della carità,quando, vedendo ormai pros-simo il termine della vita,ristabilì la pace tra i chiericitra loro discordi, per racco-mandare, con l’esempio delSignore, ai suoi discepoli –proprio quando stava peressere chiamato all’ereditàeterna – di mantenere la pace.

25 Vita, 6, 4, pp. 20-21.

Il momento della pace necessariamente collocaMartino e alcuni eventi della sua vita, nella comunità chelo celebra, al momento in cui si scambia la pace. La pre-ghiera richiama innanzitutto che cosa l’assemblea stacom piendo davanti a Dio con grande esultanza, con lodimoltiplicate: fa memoria della morte di Martino confes-sore di Dio, ne commemora gli insegnamenti, ne ricordale opere. Prosegue poi confrontando ciò che egli fecedurante la vita con quello che il popolo chiede che oggisi compia.

Martino infatti fu uomo di pace lungo il corso ditutta la sua esistenza. Così afferma il testo liturgico,richiamando alcuni tratti descritti da Sulpicio:

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Huius ergo viri suffragiispelle a nobis, Deus, quidquidiugulat pacem, quidquidsuscitat litem, quidquid divi-dit unitatem; et dona uteidem consortes simus inpremio, cuius hic dilectionisedocemur exemplo. Amen.

E dunque per l’intercessionedi quest’uomo, allontana danoi, o Dio, tutto ciò che ucci-de la pace, suscita liti, dividel’unità; e concedi che diven-tiamo compartecipi del pre-mio con lui, dal cui esempiod’amore siamo quaggiùistruiti. Amen.

«Memoria»Visigotico

«Qui licet totum vite sue cur-sum gloriosa decoraveritpace...».

«Storia»(SULPICIO, Vita, 27, 1-2)

«Nessuno l’ha mai visto incollera, nessuno turbato, nes-suno afflitto, nessuno in attodi ridere; fu sempre uguale ase stesso: il volto raggianted’una letizia per così direceleste, sembrava estraneoalla natura umana. Giammainull’altro era sulle sue labbrase non il Cristo; giammai nul-l’altro nel suo cuore se nonl’amore, se non la pace, senon la misericordia».

Martino è dunque descritto come uomo di pace e diamore, per tutta la vita. Ma c’è un avvenimento che vie -ne puntualmente commemorato dalla liturgia visigotica:l’evento di pace col quale si chiuse la sua vita, pocoprima di essere chiamato all’eredità eterna. Lo raccontaSulpicio Servero nella Epistola III ad Bassulam, dalla qualecertamente dipende il testo liturgico: esso tuttavia si aprecon una considerazione che illumina in retrospettiva lafigura del Santo: pur avendo cercato e coltivato la pace intutta la vita, rese comprovato e illustre il termine di essacon il bene inestimabile della carità. Sono i “tratti deisanti” che gli agiografi amano cogliere come punti-luceche illuminano da giusta angolatura il personaggio. Quisi tratta del bene ineffabile dell’amore, chiamato «ineffa-bili caritatis bono», dal quale procede anche la pace.

È normale che il testo liturgico proponga in un mo -mento preciso della celebrazione, qual è il bacio di pace,il dono inestimabile del vero amore (caritatis). Martinorichiama la comunità che lo celebra al suo esempio. C’èperò, in più, un elemento di estrema importanza che laliturgia evidenzia per mostrare Martino come perfettodiscepolo del Signore. Più sopra lo ha detto simile alSignore nella potenza, qui lo mostra simile nel suo esododal mondo. Cristo infatti, mentre usciva dal Cenacoloper andare alla morte, pregò perché tutti i discepoli fos-sero una cosa sola e avessero in sé stessi la sua pace. Que -st’avvicinamento di Martino al Signore, nel gesto colqua le si concluderà la sua vita, fa del santo l’imitatoreperfetto di Gesù.

Questi gli elementi propri della memoria liturgica, laquale poi raccoglie in sintesi i dati storici trasmessi daSulpicio, come mostra il seguente confronto:

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«Memoria»Visigotico

«... finem tamen ineffabilicaritatis bono reddidit et pro-

«Storia»(SULPICIO, Vita, 27, 1-2)

«Martino dunque conobbemolto tempo prima il mo -

Il testo liturgico, ricuperando un dato storico diSulpicio, che cioè Martino si recò a Candes non da solo,ma attorniato dai suoi discepoli come di consueto, lomostra in azione non soltanto per ricondurre alla pace ichierici tra loro discordi, ma nel lasciare come ultimotestamento ai discepoli la raccomandazione di mantene-re la pace.

L’orazione di conseguenza si chiude con una duplicepetizione: per l’oggi temporale e per il domani eterno.Chiede a Dio, oggi, la concordia della Chiesa e che allon-tani, per le suppliche di un così grande uomo, tutto ciòche uccide la pace, suscita liti, divide l’unità. Chiede, peril domani eterno dei fedeli, che siano con lui partecipi nelpremio, dopo averne seguito l’esempio di amore qui interra.

L’orazione visigotica sembra ampliare il racconto diSulpicio, con l’accostamento interessantissimo all’esem-pio del Signore (“exemplo Domini”), che non trova riscon-

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babilem, et inlustrem, quumvicinum sui cernens termi-num finis, pacem inter sediscordantibus restituit clericis,quo ad eternam continuovocaturus hereditatem, e -xem plo Domini tenendamsuis pacem discipulis com-mendaret».

mento della sua morte, edisse ai fratelli che era immi-nente la dissoluzione del suocorpo. Frattanto capitò u -n’occasione per far visita allaparrocchia di Candes: infatti,desiderando ardentementeristabilire la pace tra i chieri-ci di quella chiesa, che eranoin lite tra loro (clericis interse... discordantibus) benchénon ignorasse la prossimafine dei suoi giorni, non ricu-sò di mettersi in viaggio perun motivo di tale importan-za, stimando che avrebbeconcluso in modo degno lasua vita virtuosa, se avesselasciato la pace restituita aquella chiesa».

tro negli scritti di Sulpicio a noi pervenuti. Eppure,l’Epistola III di Sulpicio, forse, poteva contenere nellasua redazione originale anche l’accenno a Cristo, che inpiù momenti consegnò un mandato di pace ai suoi disce-poli. L’elemento storico di confronto lo ritroviamo negliscritti di Alcuino su S. Martino, nei quali egli mostra didipendere quasi letteralmente da Sulpicio. La liturgiavisigotica, anteriore ad Alcuino, dà ragione al codice dacui egli attingeva le sue notizie. Per completezza, credoutile riportare affiancati i due testi latini:

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SULPICIOEp. III, Ad Bassulam

«Martinus igitur obitumsuum longe ante praescivit,dixitque fratribus dissolutio-nem sui corporis imminere.Interea causa exstitit, quaCondatensem dioecesin visi-taret; nam clericis inter seecclesiae illius discordanti-bus, pacem cupiens reforma-re,

licet finem dierum suorumnon ignoraret, proficiscitamen istiusmodi ob causamnon recusavit:

ALCUINOSermo de transitu S. Martini

«Tunc autem causa illi evene-rat, qua necesse habuitCondatensem dioecesis suaevicum adire, ut clericis interse ecclesiae illius discordanti-bus pacem reformaret.

Et licet finem dierum suorumadfuisse non ignoraret, profi-cisci tamen ob istiusmodicausam non recusavit,

memorans illud evangeli-cum: “Beati pacifici, quo-niam filii Dei vocabuntur”,volensque pacem omnibusrelinquere, exemplo Dominiin die ascensionis suaeApostolis dicentis: “Pacemrelinquo vobis, pacem meamdo vobis. In pace vos dimisi,in pace vos inveniam”.

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bonam hanc virtutum sua-rum consummationem exi-stimans, si pacem ecclesiaeredditam reliquisset.

Ita profectus cum suo illo, utsemper, frequentissimo disci-pulorum sanctissimoquecomitatu, mergos in flumineconspicatur piscium prae-dam sequi, et rapacem inglu-viem assiduis urgere captu-ris. Forma, inquit, haec dae-monum est; insidiantur in -cautis, capiunt nescientes,captos devorant, exsaturari-que non queunt devoratis.

Imperat deinde potenti virtu-te verborum, ut eum cuiinnatabant gurgitem relin-quentes, aridas peterentdesertasque regiones: eo ni -mirum circa aves illas ususimperio, quo daemones fuga-re consueverat;

ita grege facto, omnes inunum illae volucres congre-gatae, relicto flumine montessilvasque petierunt, non sineadmiratione multorum,qui tantam in Martino virtu-tem viderent, ut etiam avibusimperaret.

Aliquamdiu ergo in vico illo,vel in ecclesia ad quam ierat,commoratus, pace inter cleri-cos restituta, cum jam regrediad monasterium cogitaret,

Cumque hac causa cumfamiliari discipulorum comi-tatu iter perageret, mergos influmine videt piscium multi-tudinem captantes, et dixit:Forma haec daemonum est.

Tunc illis potenti virtute ver-borum imperavit, ut eumgurgitem relinquentes, aridadesertaque appeterent loca.

Statimque mirum in modumomnes in una turba congre-gatae, relicto flumine, mon-tes silvasque petierunt. Etadmirati sunt, qui simul ade-rant, talem in Martino essevirtutem, ut etiam avibussive daemonibus imperaretper gratiam Dei.Cumque in illo vico, adquem ierat, paucis diebuscommoratus, pace inter cleri-cos restituta, jam regredi admonasterium cogitaret, viri-

Appare a prima vista la dipendenza quasi letterale ditutto il testo di Alcuino26 dalla Epistola III di Sulpicio.27

Ora, il testo visigotico che rielabora liturgicamente manon crea i dati storici e i riferimenti cronologici, sembraispirarsi manifestamente a un manoscritto più ampio diquelli che ci trasmettono il testo di Sulpicio delle nostreedizioni critiche, nelle quali – ripeto – manca ogni accen-no all’esempio del Signore che lascia la pace ai suoidiscepoli e li esorta a conservarla. Con ogni probabilità,il testo “in più” presso Alcuino doveva figurare inSulpicio, il quale è stato anche altrove molto attento adevidenziare i paralleli tra Martino e il Signore: ad esem-pio, per la “potenza” e i “miracoli”.

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viribus corporis coepit re -pente destitui: convocatisquediscipulis, indicat se jamresolvi».

bus corporis coepit repentedestitui; convocatisque disci-pulis, indicavit eis iam ades-se tempus resolvendi spiri-tum eius a corpore».

26 ALCUINO, Scriptum de Vita sancti Martini Turonensis e Sermode transitu sancti Martini, PL 101, coll. 657-664. Il testo che horiportato a confronto con Sulpicio è tratto dal Sermo de transitusancti Martini, coll. 662-663.

27 SULPICIO, Epistola III, Ad Bassulam socrum suam. Delleincertezze sulla trasmissione del testo nei manoscritti sono giàstate rilevate dall’editore veronense di PL 20, coll. 181-184: eglianzi, trovandosi tra codici discordanti, in un lungo brano haaccostato a colonna due diverse redazioni (coll. 183-184).Invece, C. HALM, editore del testo critico in CSEL 1, pp. 146-151,ha tentato una ricostituzione del brano discrepante, mettendo-ne ampio apparato in nota. Ciò tuttavia dimostra almeno unadiversa trasmissione del testo di Sulpicio. Non è dunqueimprobabile che qualche altra lacuna o addizione fosse presen-te nei codici che trasmettono il testo dell’Epistola III di SulpicioSevero, alla quale si ispirava il testo liturgico visigotico.

5. INLATIO

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Dignum et iustum est, vereequum et iustum est, nos tibigratias agere, Domine, sanctePater, omnipotens eterneDeus, in depositionis anni-versaria commemorationesancti Martini episcopi etcon fessoris tui.

Quem pro pietate tua et ser-vitute sua tam beatum labo-re, quam munere, inter sanc-torum omnium florentissi-mas legiones ac felicissimosmartyrum choros, et inlu-stres eminentium seniorumcathedras, dextri ordinis lo -cum tenere confidimus.

Quia bona arbor bonos fruc-tus facit, et bonus homo debono thesauro cordis suibona profert (cfr. Mt 7, 17; 12,35); quumque in eodem e -van gelio ipse docueris: “Exfructibus eorum cognoscetiseos” (Mt 7, 20).

Hunc ergo inter iustos iustenumerandum testantur factaper seculum, signa post tran-situm, opera dum vixit, mira-bilia post(quam) recessit;quum presertim ad unumsanctitatis culmen diversosmittat ascensus. Non una est

È cosa degna e giusta, è vera-mente cosa retta e giusta,rendere grazie a te, Signore,Padre santo, Dio onnipotenteed eterno, nella commemmo-razione annuale della depo-sizione di san Martino, tuovescovo e confessore.

Noi confidiamo che, tantoper la tua paterna bontà cheper il suo servizio, beatotanto per le fatiche sostenuteche per tuo dono, egli abbia ilsuo posto nella parte destra,tra le esuberanti legioni ditutti i Santi, tra i beatissimicori dei Martiri, e le cattedreillustri degli eminenti Ve -gliardi.

Perché l’albero buono produ-ce frutti buoni e l’uomobuono estrae dal buon tesorodel suo cuore cose buone,poiché tu stesso nel medesi-mo Vangelo hai insegnato:“Li riconoscerete dai lorofrutti".

Che infatti egli sia giusta-mente da annoverare fra igiusti, lo attestano i fatti dalui compiuti nell’esistenzaterrena, i miracoli dopo iltransito, le opere compiute invita, le meraviglie operatedopo la sua dipartita: poiché

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virtutum via, que glorie tueducit ad regnum.

Quid enim minus est crucemferre per tempora, quammortem subire per vulnera?Quid inferius est mundumvincere, quam gladium nontimere? Quum plus luctami-nis habeat diuturnitas cruci-fixi, quam celeritas interem -pti.

Quid supereminet, affectusmaturius consummatus,quam diutius custoditus?Non distat propter te mortifi-catus a mortuo, quum in u -troque sit gloriosum, et abutivelle quod placeat, et utinolle quod liceat. Pugnamsustinere sine defectu, ancoronam rapere sine metu?Propositum non mutare subspatio, an implere deside-rium sub momento? Par est,ut credimus, inlecebris nonad quiescere per rigorem,quam suppliciis non cedereper dolorem. Ubi equalis indilectione animus est, per-cussor deest fidei, non con-fessor. Voluit triumpharedum militat, qui militare nondestitit dum consummat.

davvero per molte strade siscala l’unica vetta della san-tità: non è infatti una soltantola via delle virtù che conduceal regno della tua gloria.

Cos’è infatti da meno: porta-re la croce per un tempo pro-lungato, o subire la mortecon le ferite? Cos’è inferiore:vincere il mondo, o nontemere la spada? Poiché com-porta maggiore lotta il per-durare crocifisso, che la bre-vità di essere ucciso.

Che cosa è più eminente: unamore più interamente con-sumato, o più lungamentecustodito? Non distano traloro colui che per te si è mor-tificato da colui che per te èmorto, essendo degno di glo-ria, nell’uno e nell’altro, siavoler rinunciare a ciò chepiace, sia non voler usare diciò che è lecito. Val più soste-nere la lotta senza venirmeno, o conquistare la coro-na senza timore? non mutareil proposito nella durata deltempo, o soddisfare il deside-rio in un solo momento? È lostesso, crediamo, non indul-gere alle seduzioni medianteil rigore, che non cedere aisupplizi a causa del dolore.Dove identica è la disposizio-ne d’amore, può mancare ilpersecutore della fede, non ilconfessore. Volle trionfare

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Inter carnales penas et spiri-tales insidias, laboriosius esthostem occultum superare,quam publicum, quia non sitlevius semper sperare quemcaveas, quam non formidarequem videas; iugiter in pro-cinctu providere cautelam,quam fortiter in congressuservare constantiam. Noninterest in angustia vivereserviturum, aut in pena defi-cere feriendum; quotidiedeclinare quod decipiat, autcum compendio ambirequod finiat. Postremo inagone martyrum et dex-truendam fidem, hoc semperproponitur quod horreat; hicetiam quod delectat. Ibi tor-menta terrori; hic etiam blan-dimenta discrimini. Ibi homonititur expugnare per amara;hic diabolus inlaqueare perdulcia. Ibi mors securitatemprestat; hic securitas mortemfacit. Ibi aliene ire impietas;hic proprie nature mobilitasinimica est.

militando, colui che noncessò di militare fino allafine.

Nel confronto tra le pene delcorpo e le insidie dello spiri-to, è più laborioso vincere ilnemico occulto che quellomanifesto, perché non è cosapiù lieve aspettare semprecolui che devi evitare, chenon temere colui che vedi;continuamente sull’attentiprovvedere la difesa, checonservare virilmente lacostanza nel pubblico com-battimento. Non importa cheuno viva servendo fra le tri-bolazioni, o che soccombaferito nel dolore; che ognigiorno rifiuti ciò che ingan-na, o ambisca ciò che in unistante conduce alla fine.Infine, nel combattimento deimartiri, (e nelle persecuzioni)per distruggere la fede, ven-gono sempre proposte coseche spaventano, qui invecean che ciò che piace; ivi i tor-menti per atterrire, qui anchele blandizie per ingannare.Ivi l’uomo si sforza di farcadere con strumenti amari,qui il demonio di irretire concose dolci; ivi la morte donasicurezza, qui la sicurezzaproduce morte; ivi l’empietàdell’ira altrui, qui è nemica lafluttuabilità della proprianatura.

La Inlatio corrispondente al Praefatio della liturgiaromana, è indubbiamente il testo eucologico più impor-tante nei formulari visigotici: momento e luogo dove siespone in ampiezza e con concetti e termini propri la teo-logia della festa che si celebra.28

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Sed in his omnibus nihil sibisine adiutorio tuo adrogethu mana fragilitas. Tuis mu -neribus debet unusquis quedeputare quod vicit, quia tuisviribus portavit uterquequod pertulit. Horum tuverus arbiter, Deus, quospropter te nos supplices tuiquesumus, ut sicut illi tibiaccepti, ita nos illis merea-mur esse suscepti. De quibushoc nobis sufficit credere,quod una amoris tui causaper diversa merita, discretovel fine vel tempore, feliciterafflicti, veraciter probati, po -tenter prediti, clementeradsumpti, et equaliter sintbeati. Per Dominum nostrumIesum Christum, cui (meri-to).

Ma in tutto questo nullarivendichi a sé la fragilitàumana senza il tuo aiuto: cia-scuno deve attribuire ai tuoidoni quello che vince, perchétanto l’uno che l’altro [il mar-tire e il confessore] sopportòcon le tue forze quello chesubì. Di entrambi tu, o Dio,sei il vero giudice, di coloroche noi nel tuo nome pre-ghiamo, affinché, come essi tifurono graditi, così noi pos-siamo essere a loro accetti. Diessi ci basta credere questo:che per l’unico motivo deltuo amore, con meriti diversi,anche se con diversa fine e intempi diversi, furono gioio-samente afflitti, veracementeprovati, potentemente dotati,misericordiosamente assunti,ugualmente beati. Per ilnostro Signore Gesù Cristo, acui (giustamente).

28 È celebre, fra le molte, la Inlatio della Missa de NativitateDomini, nella quale viene istituito, con profondità di dottrina,un intenso parallelismo fra Maria e la Chiesa, ambedue vergi-ni, ambedue madri dell’unico Cristo (Capo e Corpo, secondo ladottrina dei Padri latini) che è insieme “partus Marie, fructusecclesie”. Quest’ultima, come Sposa immacolata, offre al suo

Anche nel caso della festa di Martino la Inlatio è piùteologica che storica: riprende temi patristici e, come diconsueto, li propone con un linguaggio letterariamenteperfetto, ricco di antitesi, di assonanze e di rime, di inter-rogativi e risposte, quasi per coinvolgere l’assemblea cheascolta e renderla partecipe e consapevole del misteroche si celebra nella festa.

Per comodità, tenendo conto della struttura del testoe del ritmo col quale veniva certo cantato o proclamato,possiamo ripartire la Inlatio in diversi blocchi, che mipermetto di riportare per intero, ciascuno a suo luogo,ma solo nel testo latino, sul quale ho steso il mio com-mento.

1. «Dignum et iustum est, vere equum et iustum est,nos tibi gratias agere, Domine, sancte Pater, omnipo-tens eterne Deus, in depositionis anniversaria com-memoratione sancti Martini episcopi et confessoristui».

La Inlatio si apre con la clausola comune al rito visi-gotico: «Dignum et iustum est», nella quale viene innanzi-tutto enunciato l’oggetto della festa: è la memoria annua-le della deposizione di S. Martino vescovo e confessoredi Dio (confessoris tui). Il cenno è importante dal punto divista storico. Infatti, il titolo della messa farebbe suppor-re che si stia celebrando il giorno della morte (missa deobitus) ugualmente la [Oratio] Alia ricorda che il transitodi Martino («sacerdotis tui Martini transitus») ha resosacro questo giorno venerabile; così anche la [Oratio] PostNomina afferma che la «excessio Martini» rende gloriosoquesto giorno festivo, e anche la [Oratio] Ad pacem in

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Sposo divino i Martiri come rose, i Vergini come gigli, comeviole i Penitenti. Si veda l’edizione in J. JANINI, «LiberMissarum» de Toledo y Libros Místicos, t. I, Instituto de EstudiosVisigótico-Mozárabes, Toledo 1982, pp. 40-41.

modo chiarissimo testimonia che si sta celebrando lacommemorazione del giorno della morte di Martino(«Martini hodierno die obitus memoriam facimus»); ugual-mente il Post Pridie ricorda che in questo giorno il beatis-simo presule Martino è stato commemorato per il suotransito glorioso («glorioso transitionis evocatus est obitu»);così pure la prece Ad orationem dominicam lascia intende-re che si tratta del dies natalis del Santo, il quale, sciolta lacompagine corporale, è stato collocato nella pace celeste(«soluta carnali compage celesti collocasti in requie»); infine,lo esprime la stessa Benedictio, la quale attesta che Dio hamirabilmente glorificato S. Martino nel suo transito («intransitu»).

Solo la Inlatio fra tutti i testi, parla di «depositionisanniversaria commemoratione»: commemorazione annualedella deposizione. L’11 novembre infatti non è il giornodella morte, ma quello della sepoltura. Così raccontaSulpicio Severo riguardo al Transito:

«Dopo aver ristabilito la pace tra i chierici, pensavaormai di ritornare al monastero, quando all’improvvisole forze fisiche cominciano ad abbandonarlo. Convocaallora i suoi fratelli [monaci] e dice loro che sta permorire. Oh, davvero allora ci fu grande dolore e cordo-glio fra tutti; c’è una domanda sola tra i piangenti:“Padre, perché ci abbandoni? a chi ci lasci desolati? Ilupi rapaci aggrediranno il tuo gregge; e chi ci difen-derà dai loro morsi, se il loro pastore è percosso? Noisappiamo bene che il tuo desiderio è Cristo; ma le tuericompense sono riservate a te e non diminuiranno, sesaranno state ritardate. Abbi pietà piuttosto di noi chetu abbandoni”.Egli allora, commosso da questi pianti, traboccante dicompassione come sempre provava nel Signore, in que-sto modo rispose ai presenti in pianto: “Signore, se sonoancora necessario al tuo popolo, non rifiuto la fatica: siafatta la tua volontà”. Naturalmente posto tra la speran-

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za e l’amore, quasi direi che dubitò che cosa preferire:poiché non voleva né lasciare questi, né essere separatopiù a lungo da Cristo. Tuttavia, non lasciando nulla alsuo desiderio o alla propria volontà, si abbandonò com-pletamente alla volontà e al potere di Dio. Non è forsevero che l’avresti visto esprimersi con queste sempliciparole: “È pesante la battaglia che combattiamo nelcorpo, Signore, ed è già abbastanza ciò che fino ad oggiho sostenuto; ma se ora mi comandi di rimanere ancorain battaglia a difesa del tuo campo, non mi rifiuto e nonmi scuserò per la vacillante età; adempirò l’incarico chemi assegni finché tu stesso lo comanderai, militerò sottole tue insegne. E sebbene per un veterano sia desidera-bile il congedo dopo il servizio militare, il mio coraggioresta vittorioso sugli anni e non vuole cedere alla vec-chiaia. Ma se hai compassione della mia età, è un beneper me, Signore: sia fatta la tua volontà. Questi, delresto, per i quali ho timore, li custodirai tu stesso”.O uomo indicibile, non vinto dalle fatiche né paurosodella morte, che non volle cedere né dall’una né dall’al-tra parte, che non ebbe paura di morire né ricusò divivere!E così, sebbene la violenza della febbre lo tormentasseper parecchi giorni, tuttavia non cessava dal servizio diDio: pernottando in veglie e orazioni, costringeva gliarti ormai spossati a servire lo spirito, riposando su uncosì nobile giaciglio, nella cenere e nel cilicio. E siccomei suoi discepoli lo pregavano di permettere che siponessero sotto il suo corpo almeno alcune poverecoperte: “No – disse – non è lecito, o figli, che un cristia-no muoia se non nella cenere e nel cilicio. Se vi lascias-si un esempio diverso, sentirei di aver peccato”.Frattanto, tenendo gli occhi e le mani sempre rivolte alcielo, non allentava lo spirito invincibile dalla preghie-ra. E siccome i presbiteri che si erano allora radunatiattorno a lui lo pregavano di dar sollievo al suo poverocorpo, mutando posizione: “Lasciate – disse – lasciate,fratelli, che io guardi il cielo più che la terra, affinché lo

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spirito, seguendo ormai il suo cammino, si diriga versoDio”.Dopo queste parole vide drizzarsi vicino a sé il diavolo.“Perché – disse – mi stai a lato, o bestia crudele? Nontroverai nulla in me, o disgraziato. Mi accoglie il seno diAbramo”. Pronunciando queste parole, rese la suaanima.Alcuni che hanno assistito ci hanno assicurato che ave-vano visto il suo volto come quello di un angelo. Le suemembra sembravano bianche come la neve, al puntoche si diceva: “Chi crederebbe mai che fosse statocoperto di un cilicio e avvolto nella cenere?”. Infatti ilsuo aspetto era tale che sembrava manifestarsi, in uncerto senso, nella gloria della futura risurrezione e nellanatura di una carne trasfigurata».29

Si capisce la esattezza della Inlatio nel porre come«anniversaria commemoratione», cioè come memoria an -nuale, non il giorno della morte ma quello della sepoltu-ra (“depositionis”). E tuttavia questa distinzione storicadal punto di vista liturgico non ha eccessiva importanza:la liturgia non celebra fatti meramente umani, ma eventisalvifici; ed evento salvifico è la morte-glorificazione diMartino: morte che corona la vita, glorificazione divinache premia la fedeltà di una continuata risposta umana.

L’ottica di Sulpicio è più storica: presenta i funerali diMartino, secondo il cerimoniale non dei riti funebripagani, ma dei trionfi imperiali; si attarda a descrivere iparticolari della sepoltura di Martino, appunto in vistadi una glorificazione del suo eroe nella mente di chi leg -ge o ascolta. Il funerale di Martino non fu infatti un gior-no di lutto, ma di esaltazione e di gioia, perché il popolodi Tours, accogliendo le spoglie mortali del suo vescovo,stimato per i miracoli e amato per i suoi esempi, era con-sapevole che a Tours egli sarebbe stato per sempre vene-

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29 SULPICIO, Ep. III, 6-17, CSEL 1, pp. 148-150.

rato. Sulpicio però non pensava certo che il giorno della“depositio” si sarebbe trasformato nella festa solenne diMartino, celebrata universalmente nella Chiesa occiden-tale.

Così dunque Sulpicio descrive la “depositio” di S.Martino:

«Non si potrebbe credere quale immensa folla si siaradunata per rendergli gli onori funebri! L’intera città diTours si precipitò per incontrare il corpo [del Santo].Tutti gli abitanti delle campagne e dei villaggi vi assi-stettero senza eccezione, così pure le persone venutedalle città vicine.Ah, che cordoglio generale! Ma soprattutto che doloro-si lamenti e tristezza nei monaci! Si dice che in quelgiorno se ne radunarono quasi duemila: gloria specia-lissima per Martino, tanto questi suoi virgulti si eranomoltiplicati a loro volta, sul suo esempio, nel serviziodel Signore. Era naturale che il pastore conducessedavanti a sé le sue greggi: pallide folle e schiere avvoltenel pallio di una santa moltitudine, vegliardi onoratidalle fatiche [della vita ascetica] o giovani leve che ave-vano prestato il loro giuramento a Cristo. Dietro venivail coro delle vergini: se per pudore si astenevano dallelacrime, sapevano dissimulare la loro sofferenza sottouna santa gioia. Poiché la fede proibiva il pianto, mal’affetto strappava ugualmente grandi gemiti. E infattisi mostrava tale santità nella loro esultanza per la gloria[di Martino] quanto la pietà nella loro tristezza per lasua morte. Si potevano perdonare le loro lacrime, ci sipoteva rallegrare per la loro gioia: ciascuno faceva inmodo di rallegrarsi per Martino e ne soffriva da solo.Questa turba canora accompagna dunque al luogo dellasepoltura il corpo del beato uomo, scortandolo con innicelesti. Se lo si vuoi paragonare a un famoso corteo pro-fano, non lo dirò affatto un funerale, ma un trionfo. Checosa vi si troverà di simile alle esequie di Martino?Quelli possono condurre davanti ai loro carri dei pri-

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gionieri con le mani incatenate dietro il dorso; il corpodi Martino invece è scortato da coloro che sotto la suaguida avevano vinto il mondo. Che un popolo in deli-rio onori quei tali con applausi confusi! Martino vieneapplaudito con salmi divini, Martino è onorato con innicelesti. Quelli saranno precipitati dopo il loro trionfonel tartaro crudele; Martino viene accolto felice nel senodi Abramo, Martino povero e modesto entra ricco incielo».30

In tal modo, la “commemorazione” liturgica annua-le della “deposizione” di S. Martino si carica di tutto ilsignificato della sua morte e della sua vita; una morteche diventa Vita, mediante la glorificazione celeste.

2. «Quem pro pietate tua et servitute sua tam beatumlabore, quam munere, inter sanctorum omnium flo-rentissimas legiones ac felicissimos martyrum cho-ros, et inlustres eminentium seniorum cathedras,dextri ordinis locum tenere confidimus».

Un’affermazione teologica di primario valore apre laprospettiva della Inlatio: che Martino sia glorioso in cielocon la sua anima, sia già collocato «tra quelli che sononella parte destra» (dextri ordinis locum tenere). Essi sono: a)le esuberanti legioni di tutti i Santi; b) i felicissimi cori deiMartiri; c) le cattedre illustri dei preminenti Vegliardi.

Si sente in questo elenco quasi l’eco della liturgiadell’Apocalisse (Ap 4, 4. 10, ecc). Nel testo liturgico nonvengono nominati gli angeli, inclusi forse nell’espressio-ne «sanctorum omnium florentissimas legiones». Diretta -mente invece sono esplicitati in primo luogo i cori deiMartiri, in secondo luogo le cattedre illustri dei Ve -gliardi. “Cattedra” indica tanto il luogo a sedere quantoe soprattutto il magistero e la presidenza. La liturgia visi-gotica, come le altre liturgie antiche, conoscono e cele-

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30 SULPICIO, Ep. III, 18-21, CSEL 1, pp. 150-151.

brano la Cattedra di Pietro. Sembra dunque trattarsidegli Apostoli e dei più illustri capi della Chiesa; potreb-be darne referenza la 1 Pt 5, 1, dove i “Presbyteri” deltesto greco sono tradotti in latino con “Seniores”, gliAnziani, tra i quali anche S. Pietro si pone: «Io, qualeAnziano come loro, testimone (“martyr” in greco, “testis”in latino) delle sofferenze di Cristo e partecipe della glo-ria che deve manifestarsi» (1 Pt 5,1).

Questi sono coloro che stanno già in cielo: coloro chele chiese di Dio sparse nel mondo hanno venerato comesanti, tributando loro un culto ignoto all’ebraismo, fonda-to sulla loro assimilazione a Cristo, poiché il culto cristia-no ha per oggetto il mistero di Cristo, Dio fatto uomo, e inparticolare il suo mistero pasquale con il quale ci haredenti, lavandoci nel suo Sangue, aprendo agli uomini lastrada dell’incontro con Dio e dell’accesso al Regno. Ma ilmistero di Cristo Capo si espande nelle membra, almenonelle membra più elette che più da vicino lo hanno imita-to e riprodotto: gli Apostoli e i Martiri. Infatti Gesù avevadetto degli Apostoli: “Padre, voglio che anche quelli chemi hai dato, siano con me dove sono io, perché contempli-no la mia gloria, quella che mi hai dato” (Gv 17, 24). Per iMartiri aveva promesso: “Colui che mi avrà confessato(confitebitur me) davanti agli uomini anch’io lo confesseròdavanti al Padre mio” (Mt 10, 32).

Ora se la Chiesa, o meglio tutte le chiese sparse nelmondo, per tradizione apostolica solevano pregare per idefunti, al punto che qualcuno si faceva “battezzare peri morti” (1 Cor 15, 29), soltanto per gli Apostoli e per iMartiri riconobbe legittimo il culto.31 Credo utile, in tal

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31 Ho consultato, sull’argomento, il lunghissimo articolo diH. LECLERCQ, Martyr, in DHCL, t. III, coll. 2359-2512; ma restanofra tutti fondamentali fino ad oggi gli studi compiuti dal celebrecritico di agiografia H. DELEHAYE, Sanctus. Essai sur le culte dessaints dans l’antiquité (= Subsidia Hagiographica, 17), Bruxelles 1927;ID., Les origines du culte des martyrs (= Subsidia Hagiographica, 20),

senso, riportare la breve sintesi di M. Augé sul passaggiodal culto dei Martiri al culto dei Santi:

«Il termine “martire” nella terminologia cristiana vieneusato in un significato restrittivo, e designa una perso-na che ha dato testimonianza per Cristo e per la suadottrina con il sacrificio della vita.In principio la Chiesa diede culto soltanto ai martiri, iquali con il sacrificio della loro vita avevano raggiuntouna speciale unione col Cristo morto e risorto. Poi, inseguito, finita l’epoca delle persecuzioni, si renderàculto anche ad altri personaggi illustri...Il martirio ha una dimensione ecclesiale. Il martirio dimo-stra a tutti gli uomini la forza vittoriosa di Cristo, che hasuperato la morte, e l’eminente potenza del suo Spirito,che anima e sostiene il suo Corpo mistico, la Chiesa, nellalotta contro le potenze delle tenebre e del male. Il martirenon è soltanto “imitatore” di Cristo; egli è anche membrodella Chiesa, sposa di Cristo... Celebrando la memoria deisanti, la Chiesa entra in comunione con essi e partecipamisticamente al loro destino.La venerazione dei santi si colloca nell’ambito del mi -stero della Chiesa. In concreto, poi, il “luogo” proprio incui si esplica primariamente il loro culto è la comunitàcristiana locale, in cui i singoli santi furono storicamen-te inseriti. Quindi la funzione “esemplare” del santo e ilsuo ruolo di “intercessione” sono da situare nel conte-sto delle diverse Chiese locali. Finché rimasero stretta-mente congiunti sepolcro e festa locale nell’anniversa-rio, il martire fu visto del tutto naturalmente nella suafunzione di modello e tutore della comunità che cresce-va sotto la sua protezione».32

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Bruxelles 1933. Articoli di compendio: W. RORDORF, Le culte desmartyrs, in DSp 10, Paris 1980, pp. 723-726.

32 M. AUGÉ, I Santi nella celebrazione del mistero di Cristo, inAA. VV., Anamnesis. 6. L’Anno liturgico..., op. cit., pp. 252-258.

La Inlatio non afferma in modo perentorio, quasifosse già certezza acquisita, che Martino sia tra i martirie i santi, ma lo propone come tesi che il testo liturgico siattarderà a dimostrare: “confidimus”. Noi confidiamo cheegli già sia in cielo.

Nasce così la proposta liturgica, che vuole convalida-re una festa in atto: non può appoggiarsi alla divina rive-lazione, o a definizioni dogmatiche, ma soltanto al “sen-sus ecclesiae”, al suo “sensus fidei”: di tutti cioè, fedeli epastori. Si tratta dunque di dimostrare legittimo, perchévero, questo culto in atto di S. Martino.

Sulla stessa linea di una certezza, non altrimentidocumentabile che dal “sensus ecclesiae”, procedeva laprecedente orazione Post Nomina per convalidare l’inter-cessione di Martino e il suo soccorso dal cielo a favoredelle comunità che lo celebrano. Se infatti Martino nonfosse certamente in cielo, vano e superstizioso sarebbepregarlo. Non si tratta di sentimento privato, ma di cultopubblico e solenne che impegna la Chiesa e la verità diciò che essa celebra.

Lo stesso S. Martino, del resto, come attesta SulpicioSevero, volle accertarsi con documentazione sul caso diun tale, venerato al suo sepolcro come martire. ScriveSulpicio:

«V’era, non lungi dal borgo, un luogo assai vicino all’e-remo, che la falsa credenza popolare aveva consacratocome per martiri ivi sepolti. Infatti v’era anche un alta-re che si riteneva collocato lì dai vescovi precedenti. MaMartino non prestando fede leggermente ad eventiincerti, chiedeva con insistenza ai preti e ai chierici, iquali fossero maggiori di lui per età, di rivelargli ilnome del martire e la data della sua passione...».33

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33 Vita, 11, 1-2, pp. 30-31. Continua il racconto, mostrandola prolungata incertezza di Martino, finché non ricorse diretta-mente al Signore chiedendo di rivelargli la verità, perché lagente non fosse tratta in inganno superstizioso. Così avvenne.

Anche nel Post Nomina dunque, non avendo rivelazio-ne divina su cui appoggiarsi, magistero ufficiale che loaccerti e neppure una tradizione apostolica che lo confer-mi, il culto di Martino non può che fondarsi sul sentiredella Chiesa: «dubium non est quod sit martyr in celo». Ciòche il Post Nomina aveva sinteticamente indicato, la Inlatiolo svolge come tema teologico. «Dubium non est»... «confi-dimus»: «non c’è dubbio che...», «confidiamo che...» Mar ti -no sia già in cielo.

Ma perché? Su quali fondamenti poggia questa fidu-ciosa certezza della Chiesa, che Martino già sia tra i santiin cielo?

3. «Quia bona arbor bonos fructus facit, et bonus homode bono thesauro cordis sui bona profert (cfr. Mt 7,17; 12, 35); quumque in eodem evangelio ipse docue-ris: “Ex fructibus eorum cognoscetis eos” (Mt 7, 20).Hunc ergo inter iustos iuste numerandum testanturfacta per seculum, signa post transitum, opera dumvixit, mirabilia post(quam) recessit; quum presertimad unum sanctitatis culmen diversos mittat ascen-sus. Non una est virtutum via, que glorie tue ducitad regnum».

Il primo argomento per confermare la legittimità delculto e stabilire un fondamento per affermare che Martinoè in cielo, è desunto dal Vangelo, è biblico. Gesù stesso hainsegnato (ipse docueris) che l’albero buono produce buonifrutti, che l’uomo buono trae dal buon tesoro del suo cuoree – con citazione diretta, inclusa nel testo liturgico – «dailoro frutti li riconoscerete».

Il secondo argomento che consegue al primo, per anno-verare Martino giustamente tra i giusti («inter iustos iustenumerandum») è per così dire documentario: sono le cose,i fatti da lui compiuti in vita, i prodigi operati dopo lamorte: «opera dum vixit – mirabilia postquam recessit». Nelquadro dimostrativo della Inlatio non interessa enumerare

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in dettaglio né i fatti e le opere che Martino compì da vivo,né i segni e le cose meravigliose che operò dopo la morte:sono essi tuttavia che globalmente confermano non solo lasantità di Martino e la sua comunione di potenza colSignore mentre viveva, ma anche la sua comunione colSignore in cielo, presso il quale diventa potente intercesso-re.

Se ora guardiamo storicamente «i fatti e le opere checompì in vita», esse sono narrate da Sulpicio Severo e daaltre fonti antiche;34 i prodigi che compì dopo la mortesono raccolti nelle descrizioni di Perpetuo e di Gregoriodi Tours.

Alla Inlatio, dicevo, non interessa il dettaglio quantolo sguardo di insieme; e hanno identico valore argomen-tativo i fatti compiuti in vita e quelli dopo la morte: per-ché in cielo non si entra se non con una vita degnamen-te vissuta, ma di essere in cielo e con potenza di media-zione ne sono testimonianza i prodigi compiuti dopo lamorte. In tal modo Martino dimostra vera l’affermazionedel Signore: «dai loro frutti li riconoscerete». Martino

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34 Sulpicio Severo ricorda molti prodigi che Martino com-piva, in modo da apparire superiore agli stessi anacoretid’Egitto, operando guarigioni anche da lontano: «Cacciava glispiriti immondi, guarendo anche i posseduti, senza essere pre-sente» (Dial., I, 25, CSEL 1, p. 177). E ancora: «Liconzio... vede-va i suoi schiavi decimati da una terribile epidemia... Egli allo-ra implorò per lettera l’intervento di Martino. Il Beato promisedi intervenire... Si ostinò a prolungare le sue preghiere e i suoidigiuni... Ben presto vide accorrere Liconzio che gli annuncia-va i benefici divini che aveva appena ottenuto, e lo ringraziavadi aver liberato la sua casa da ogni pericolo» (Dial., III, 14, CSEL1, p. 212). Tutta l’opera di Sulpicio sovrabbonda di fatti miraco-losi compiuti da Martino.

Tuttavia, il vero agiografo dei miracoli di Martino èGregorio di Tours, che gli dedica quattro libri sugli otto libriintitolati ai miracoli: De virtutibus sancti Martini libri quatuor, PL71, coll. 705-1150.

può essere riconosciuto discepolo di Cristo nella vita ter-rena perché ne ha seguito eroicamente gli esempi e levirtù e ne ha testimoniato la potenza; può essere ricono-sciuto compartecipe di Cristo nella gloria, perché testi-monia di trasmetterne ancora la potenza operante.

Il terzo argomento, quasi introdotto in forma piana econsecutiva («quum presertim...») è dichiarativo: non c’èuna sola strada che conduca all’unico vertice della san-tità, non una sola via delle virtù che porti al regno dellagloria. Si tratta di un vertice di santità, non di una santitàqualunque. Oggi si direbbe: “santità eroica, virtù eroi-che”, perché si tratta di entrare nella gloria del Regno, esolo un’eroica santità introduce subito nella gloria cele-ste. Ma varie sono le strade per raggiungere l’unico ver-tice, diversi sono i modi per esercitare l’eroicità dellevirtù. Sembra di trovare in questo testo il germe di ciòche il Vaticano II dichiara nel cap. V della CostituzioneDogmatica Lumen Gentium, parlando dell’unica santità edelle diverse strade e modi che vi conducono (LG 40-42).

Questo argomento dichiarativo intermedio, quasiposto per inciso, ha un’importanza eccezionale non soloper Martino, ma per il culto dei santi in genere e in spe-cie per i confessori e gli asceti. Esso fa da ponte al gran-de argomento di tradizione apostolico-ecclesiale del cul -to del martiri. Scrive in proposito M. Augé:

«H. Delehaye ha illustrato come, col succedersi deltempo, il nome di “martire” fu dato non soltanto ai cri-stiani che morirono per la fede in mezzo ai tormenti, maanche a coloro che confessarono la loro fede e quindimorirono in prigione, in esilio, talvolta anche a esiliatitornati in patria... È stato questo allargamento del con-cetto di martire a rendere possibile che il culto, riserva-to in un primo momento ai martiri, fosse in seguito con-cesso ad altri illustri credenti: ai confessori della fede,alle grandi figure di vescovi, alle vergini, agli asceti...Sant’Agostino parla addirittura di chi vive il suo marti-rio sul proprio letto, accettando e santificando la soffe-

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renza con spirito di fede: Fit martyr in lecto, coronante illoqui pro illo pependit in ligno».35

Dal canto suo, già Sulpicio Severo è un primo testimo-ne della venerazione a S. Martino, del “sensus fidelium” dacui essa promana, dei fondamenti su cui essa poggia:

«Sebbene non abbia sopportato tutto ciò [i tormenti deimartiri], non ne ha raggiunto meno la pienezza delmartirio, senza versare il sangue. Infatti, per la speran-za dell’eternità, di quali tormenti umani non ha eglisopportato la pena? attraverso la fame, le veglie, lanudità, i digiuni, gli affronti degli invidiosi, le persecu-zioni dei cattivi, la compartecipazione ai malati, lapreoccupazione per chi era in pericolo? chi dunque fuafflitto, senza che egli lo fosse? chi ha dato scandalo, cheegli non ne sia rimasto ferito? chi è perito, senza che eglise ne affliggesse? Per non parlare delle diverse battagliequotidiane, che combatté contro la forza del male, natu-rale e spirituale. In quest’uomo assalito da tentazioni diogni specie, trionfano sempre il coraggio di vincere, lapazienza di attendere, la serenità di sopportare. Ouomo davvero ineffabile per pietà, misericordia e carità:quella carità che nel freddo mondo si raffredda ognigiorno anche negli uomini santi, in lui crebbe di giornoin giorno fino alla fine!».36

L’esempio di S. Paolo, che si è fatto tutto a tutti, sop-portando persecuzioni e prove per i fedeli (cfr. 2 Cor 11,27-29), fa da modello agiografico all’immagine che Seve -ro ci trasmette di Martino.

Il quarto e grande argomento della Inlatio visigotica, èquello di mostrare il “martirio” di Martino: si tratta insostanza di ricondurre il culto di uno che non è martire

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35 M. AUGÉ, art. cit., p. 252.36 SULPICIO, Ep. II, Ad Aurelium diaconum, 12-14. CSEL 1, p.

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nel senso tecnico e tradizionale della parola, nella logicaper cui vengono venerati i martiri. L’argomento si suddi-vide in due parti:

A. il giudizio della comunità ecclesiale;B. il giudizio di Dio.

A. IL GIUDIZIO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE

Come in un grande scenario, davanti agli occhi dellacomunità sta in primo piano, al centro dell’attenzione edel discorso, il “martire della fede”, colui che ha confes-sato Cristo con l’effusione del sangue, colui che tutte leChiese venerano come discepolo e testimone (“martyr”=testimone) già nella gloria di Cristo risorto. Accanto a lui,l’asceta, il penitente, l’eroe delle virtù evangeliche e deicombattimenti spirituali.

Sono i due personaggi della scena. L’assemblea sem-bra interrogarsi sulla qualifica di ambedue. Questa sce-nografia non la invento io; è il testo che la propone,quando parla di “unus quisque” e “uterque” contrappo-nendo – l’una all’altra – non due persone, ma due cate-gorie di santità, con la singolarità della loro vita e dellaloro confessione.

Davanti a questi due personaggi emblematici, unodei quali però ha nome Martino, personaggi espressivil’uno di una santità riconosciuta nella Chiesa da sempre(il Martire), l’altro di una santità non ancora ufficialmen-te introdotta nel calendario cultuale (il Confessore), l’as-semblea si interroga e risponde, su tre angolature di con-fronto, su tre tipi di argomentazioni:

1) Cos’è di più?2) Cos’è di meno?3) È uguale!

1. Cos’è meno – “quid minus?” = argomento “a mino-ri”.

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«Quid enim minus est crucem ferre per tempora, quammortem subire per vulnera? Quid inferius est mundumvincere, quam gladium non timere? Quum plus lucta-minis habeat diuturnitas crucifixi, quam celeritas inte-rempti».

Sono a confronto le azioni che vengono antitetica-mente contrapposte:

A questo interrogativo l’assemblea ecclesiale rispon-de: vale di più, ha più senso di lotta, la diuturnità dellacrocifissione che la brevità dell’uccisione. Cioè sul marti-rio di un istante prevale il martirio della vita.

2. Cos’è di più? – «quid supereminet?» = argomento “amaiori”.

«Quid supereminet affectus maturius consummatus,quam diutius custoditus? Non distat propter te mortifi-catus a mortuo, quum in utroque sit gloriosum, et abutivelle quod placeat, et uti nolle quod liceat. Pugnamsustinere sine defectu, an coronam rapere sine metu?Propositum non mutare sub spatio, an implere deside-rium sub momento? Par est, ut credimus, inlecebris nonadquiescere per rigorem, quam suppliciis non cedereper dolorem. Ubi equalis in dilectione animus est, per-cussor deest fidei, non confessor. Voluit triumpharedum militat, qui militare non destitit dum consummat».

Si entra a discutere ciò che rende valida e meritoriala vita e la morte, cioè i moventi delle azioni: l’intenzione,la fede, la carità che informano le azioni del martire odell’asceta. Sono a confronto le disposizioni interiori.

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a) la morte istantanea perferite cruente

b) vincere il mondo (con l’a-scesi)

a) la crocifissione per tutta lavita

b) non temere la spada (del-l’uccisore).

Cos’è dunque di più?

Risposta: davanti a Dio non c’è distanza tra chi si mor-tifica e chi viene ucciso: nell’uno e nell’altro infatti ugual-mente è degno di gloria, sia voler gettare ciò che piace (nelcaso del martire la vita) sia non voler usare di ciò che èlecito (le comodità della vita nel caso dell’asceta).

Cos’è ancora di più?

La comunità, interpellata, sembra rispondere: credia-mo sia uguale

– tanto non acconsentire a cose illecite col rigore del-l’ascesi

– quanto non cedere ai supplizi a motivo del soffri-re.

Ed ecco perché:

dove identica è la disposizione d’animo nell’amore,ivi può mancare chi uccide a motivo della fede (marti-rio), ma non la gloria del martire.

Infatti l’asceta (in questo caso Martino) volle rag-giungere il trionfo militando, lui che non cessò di milita-re fino alla fine.

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b) sostenere il combatti-mento senza mai venirmeno (asceta)

c) non cambiare propositoper la durata del tempo(asceta)

b) o rapire la corona (delmartire) senza paura?

c) o attuare il desiderio inun istante? (martire)

a) un amore (affectus) piùpresto consumato

a) o un amore più a lungocustodito?

In questo primo confronto tra il Martire e il Con -fessore, tra chi ha versato il sangue per Cristo e Mar tinoche lo ha confessato con una vita evangelica e penitente,è degno di uguale premio, sia davanti a Dio come davan-ti al sentire della comunità, tanto l’amore che porta ilmartire a dare in un attimo la vita, quanto l’amore cheporta l’asceta a consumarla in penitenza; tanto la bramadi donare ciò che piace, cioè l’esistenza, quanto il tenacenon voler usare di ciò che alletta, cioè la penitenza; tantolo stare incrollabili per breve tempo davanti al carnefice,quanto mantenersi fermi fino alla fine nel progetto evan-gelico intrapreso.

Così il processo alle intenzioni, espresso in forma didomanda/risposta, vede alla pari il martire e l’asceta.

Ma il testo continua con lo stesso tipo di argomenta-zioni, questa volta in modo non interrogativo ma dichia-rativo, per dimostrare o la superiorità di un asceta qual èMartino, o almeno la sua uguaglianza al martire, metten-do a confronto i tormenti del corpo e le insidie dello spi-rito, cioè il combattimento del martire e quello dell’asceta.

«Inter carnales penas et spiritales insidias, laboriosius esthostem occultum superare, quam publicum, quia non sitlevius semper sperare quem caveas, quam non formida-re quem videas; iugiter in procinctu providere cautelam,quam fortiter in congressu servare constantiam».

Nel confronto istituito tra i tormenti del corpo e leinsidie dello spirito, risulta certo più faticoso superare ilnemico nascosto (cioè il diavolo) con le sue insidie, chequello manifesto (cioè il persecutore), con le sue torture.

Infatti, non è meno pesante

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(il Confessore)a) star sempre all’erta di

colui che devi evitare(cioè il diavolo, che puòin filtrarsi in ogni momen-to)

(il Martire)a) che non temere colui che

ti sta davanti e vedi (cioèil persecutore);

3. «È uguale» – «non interest» = argomento “ex aequo”.

Vengono, di conseguenza, messe a confronto – allapari – le diverse situazioni che sollecitano il martire allatestimonianza di sangue e l’asceta alla testimonianza diausterità di vita.

«Non interest in angustia vivere serviturum, aut inpena deficere feriendum; quotidie declinare quod deci-piat, aut cum compendio ambire quod finiat. Postremoin agone martyrum et dextruendam fidem, hoc semperproponitur quod horreat; hic etiam quod delectat. Ibitormenta terrori; hic etiam blandimenta discrimini. Ibihomo nititur expugnare per amara; hic diabolus inla-queare per dulcia. Ibi mors securitatem prestat; hicsecuritas mortem facit. Ibi aliene ire impietas; hic pro-prie nature mobilitas inimica est».

In un momento storico, in cui il martirio di sanguenon ha quasi più occasione di essere, non può mancare aCristo chi lo confessa con una vita mortificata ed integra.Né si devono rimpiangere i tempi dei martiri se davverosi vuole seguire interamente il Signore.

Per questo, con argomento di uguaglianza, il testo li -turgico continua affermando che:

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b) sempre in assetto diguerra, provvedere ladifesa (contro gli assaltidel demonio),

b) che nello scontro (colpersecutore) mantenerefortemente la costanza.

– non importa che unoviva servendo il Signorenella penitenza,

– ogni giorno fugga ciòche inganna (è questol’esercizio dell’ascesi),

– o venga meno per feritesotto il peso del dolore,

– o brami ciò che in unattimo chiude la vita(martirio).

Del resto, ecco le situazioni del combattimento, mes -se a confronto:

Con questi tre tipi di argomenti la comunità ecclesia-le esprime il proprio giudizio, mettendo a confronto ifatti, i moventi, le situazioni, gli strumenti e tutto ciò chepuò essere comune tra le due categorie: il martirio e l’a-scetismo. Ma sarà questo anche il giudizio di Dio? La li -turgia pensa di sì.

B. IL GIUDIZIO DI DIO

«Sed in his omnibus nihil sibi sine adiutorio tuo adro-get humana fragilitas. Tuis muneribus debet unusquis -que deputare quod vicit, quia tuis viribus portavituterque quod pertulit. Horum tu verus arbiter, Deus,

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(il Martire)

a) nel combattimento deimartiri, inteso a distrug-gere la fede, viene sem-pre prospettata dal car-nefice qualcosa di orribi-le, che intimorisca;

b) ivi i tormenti per intimo-rire,

c) ivi l’uomo tenta diabbattere con cose cheripugnano,

d) ivi la morte dà la sicurez-za della vittoria e delpremio celeste,

e) ivi è nemica l’empietàdell’ira altrui (cioè delpersecutore),

(l’Asceta)

a) invece, nel combattimen-to quotidiano dell’ascetail demonio gli prospettaciò che diletta;

b) qui le attrattive per farcadere;

c) qui il diavolo tenta diirretire con cose cheallettano;

d) qui la sicurezza di viveregenera l’esercizio di unamorte quotidiana;

e) qui è nemica l’incostanzacongenita alla proprianatura.

quos propter te nos supplices tui quesumus, ut sicutilli tibi accepti, ita nos illis mereamur esse suscepti».

Innanzitutto bisogna affermare che la fragilitàumana sia del martire che dell’asceta non potrebbe farnulla senza l’aiuto di Dio. Il merito dunque della vittoria,nell’uno e nell’altro caso, deve essere attribuito alla gra-zia divina: perché soltanto con la forza che viene da Diotanto il martire quanto l’asceta ha sopportato quello cheha sofferto. Guardando dunque alla radice del meritodell’uomo, che è la grazia di Dio, vediamo ancora unaidentità. Martire ed asceta combattono e vincono, ma colsoccorso della identica grazia di Dio.

Di ambedue, perciò, sia del martire che dell’asceta,vero arbitro è Dio («horum tu verus arbiter Deus»), il qualetuttavia ambedue li gradisce. La comunità, dunque, sa dipoter contare sui meriti dell’uno e dell’altro per suppli-care il Signore che, come essi gli furono graditi, anch’es-sa meriti di essere loro accetta. Si tratta dell’intercessionedei Martiri e dei Confessori a favore della comunità o -rante.

Se il testo trasmesso è esatto, la richiesta della comu-nità orante ha uno scopo a prima vista sconcertante easimmetrico rispetto alla struttura dell’orazione, ma chein cambio si rivela stupendamente bello. Infatti, dopoaver affermato che «essi furono accetti a Dio», chiede diessere «accetta a loro». Ci si aspetterebbe un’altra peti-zione, cioè: che come essi furono graditi a Dio, così perloro intercessione lo divenga la comunità che li celebra.Chiedendo invece di essere “accetta a loro”, chiede digodere presso Dio della loro initerrotta intercessione.

L’argomento si conclude con una specie di atto difede:

«De quibus hoc nobis sufficit credere, quod una amo-ris tui causa per diversa merita, discreto vel fine veltempore, feliciter afflicti, veraciter probati, potenter

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prediti, clementer adsumpti, et equaliter sint beati. PerDominum nostrum Iesum Christum, cui (merito)».

Questa fiduciale certezza della comunità poggia sudue aspetti del giudizio di Dio: la valutazione che egli fadella vita, la concessione che egli dona del premio.

1. La comunità ritiene («de quibus hoc nobis sufficitcredere») che Martiri e Confessori, pur distanti tra loronel tempo, pur diversi tra loro per stile di vita e generedi morte, pur differenti tra loro per tipo di meriti, sonoaccomunati:

a) nell’unico motivo dell’amore di Dio, il quale hainformato la loro vita e la loro morte;

b) nelle tribolazioni e nel patire, col quale Dio li hasaggiati come oro nel crogiuolo, trovandoli fedeli;

c) nella potenza miracolosa, che ha loro concesso finda quaggiù.

Il giudizio di Dio li pone così sull’identico piedistal-lo, valutando alla pari la loro testimonianza, anche sediversa nella forma esterna e nella durata.

2. La comunità dunque ritiene e crede che tanto ilMartire quanto il Confessore (qui è chiaramente sottinte-so Martino) hanno ricevuto da Dio, per sua grazia mise-ricordiosa per la quale soltanto si entra nel Regno, unidentico premio: quello di essere ugualmente accolti incielo alla loro morte, e di vivere lassù ugualmente beati.

* * *

Così si chiude questa serrata perorazione a favore delculto tributato a Martino, per poterlo celebrare come“confessore”, non più soltanto a motivo delle persecuzio-ni subìte dagli Ariani (che nei testi visigotici non vengo-no mai ricordate) o da altri che lo hanno osteggiato e

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forse emarginato, ma “confessore-martire” per la sua vitadi austera ascesi, con la quale ha reso splendida testimo-nianza a Cristo, da vero milite, combattendo un’asprabattaglia contro ogni cedimento umano e contro ogni in -sidia diabolica.

Sembrerebbe che l’autore abbia coniato di suo, senzaattingere ad alcuna fonte storica, questa serie articolata diargomentazioni. Ma forse non è così. Alla base del testoliturgico, almeno come idea ispiratrice, sta Sulpicio Se -vero: siamo ancora tra storia e memoria; anzi il passaggiotra storia e memoria avviene già nello stesso Sulpicio, spe-cialmente nell’Epistola che scrisse al diacono Aurelio:

«Veni ergo ad me statim, ut pariter lugeamus, quempariter amamus: quamquam sciam virum illum nonesse lugendum, cui post evictum mundum triumpha-tumque saeculum nunc demum reddita est corona iusti-tiae. Sed tamen ego non possum mihi imperare, quindoleam. Praemisi quidem patronum, sed solacium vitaepraesentis amisi: etsi, si rationem ullam dolor admitte-ret, gaudere deberem. Est enim ille consertus apostolicisac profetis, et, quod pace sanctorum omnium dixerim,in illo iustorum grege nulli secundus: ut spero credo etconfido, in illis potissimum, qui stolas suas in sanguinelaverunt, adgregatus Agnum ducem ab omni integerlabe comitatur.Nam licet ei ratio temporis non potuerit praestaremartyrium, gloria tamen martyris non carebit, quiavoto atque virtute et potuit esse martyr et voluit.Quodsi ei Neronianis Decianisque temporibus in illa,quae tunc extitit, dimicare congressione licuisset, testorDeum caeli atque terrae, sponte eculeum ascendisset,ultro se ignibus intulisset...Si vero gentium doctoris exemplo gladio deputatusinter alias, ut saepe provenit, victimas duceretur, pri-mus omnium, carnifice conpulso, palmam sanguinisoccupasset.

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Iam vero adversus omnes poenas atque supplicia, qui-bus plerumque humana cessit infirmitas, ita a confes-sione Domini non recedens, inmobilis obstitisset, ut lae-tus ulceribus congaudensque cruciatibus quaelibetinter tormenta risisset.Sed quamquam ista non pertulerit, inplevit tamen sinecruore martyrium.Nam quas ille pro spe aeternitatis humanorum dolo-rum non pertulit passiones, fame, vigiliis, nuditate, ieiu-niis, opprobriis invidorum, insectationibus inprobo-rum...? Praeter illa cotidiana illius adversum vimhumanae spiritalisque nequitiae diversa certamina, dumin eo variis temptationibus adpetito semper exsuperatfortitudo vincendi, patientia expectandi, aequanimitassustinendi...Non deerit nobis ille, mihi crede, non deerit: intererit dese sermocinantibus, adstabit orantibus... videndum sein gloria sua saepe praebebit, et adsidua, sicut ante pau-lulum fecit, benedictione nos proteget...».37

Rilevo nell’Epistola di Sulpicio tre verbi che ricorro-no anche nei testi liturgici: «sciam», «confido», «credo».Credo interessante vederne il parallelo, nel testo latino.

Il primo brano a confronto è tra l’Epistola III e duetesti liturgici: il Post Nomina del Visigotico, e la Oratio delBobbiense. Eccone il prospetto:

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37 SULPICIO, Ep. II, Ad Aurelium diaconum, CSEL 1, pp. 143-145.

«Storia»(SULPICIO, Ep. II)

«... Quamquam sciam virumillum non esse lugendum,cui post evictum mundumtriumphatumque saeculumnunc demum reddita est“corona iustitiae”...».

«Memoria»(Visigotico, Post Nomina)

«Dubium enim non est quodsit martyr in celo, qui fuitconfessor in seculo, quumsciatur non Martinum marty-rio, sed martyrium defuisseMartino».

L’oggetto di questa “consapevolezza” è in tutti e trei testi che a Martino sia stata data la corona del martire:tanto il Visigotico quanto il Bobiense dunque sono sullalinea di Sulpicio Severo, anche se con ampliamento diorizzonti, perché non si tratta più di una lettera persona-le, ma di una “consapevolezza” liturgica comunitaria.

Il secondo verbo, che funge quasi da trait-d’union fraquanto scrive Sulpicio e quanto attesta il Visigotico, è ilverbo “confido”. Nel contesto di Sulpicio, esso è corrobo-rato da altri due verbi quasi sinonimi: «spero credo et con-fido»; nel Visigotico ricorre soltanto: «confidimus». Ecco araffronto i testi:

L’oggetto di ambedue i testi è sintomaticamente lostesso, e cioè che Martino sia stato posto con gli Apostolie i Profeti nella pace di tutti i santi e aggregato soprattut-

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(Missale Bobiense, oratio)

«Dubium enim non est ut sitmartyr in celo qui fuit confes-sor in saeculo, cum sciamusnon Martinum martiriumsed martirium defuitseMartinum».

«Storia»(SULPICIO, Ep. II)

«Est enim ille consertus apo-stolis ac profetis, et, quodpace sanctorum omniumdixerim, in illo iustorumgrege nulli secundus: ut sperocredo et confido, in illis potissi-mum, qui stolas suas in san-guine laverunt, adgregatusAgnum ducem ab omni inte-ger labe comitatur».

«Memoria»(Visigotico, Inlatio)

«Quem pro pietate tua et ser-vitute sua tam beatum labore,quam munere, inter sancto-rum omnium florentissimaslegiones ac felicissimos mar -tyrum choros, et inlustreseminentium seniorum cathe-dras, dextri ordinis locumtenere confidimus».

to a coloro che «hanno lavato le proprie vesti nel sanguedell’Agnello» (Ap 7, 14), cioè ai Martiri. Appare manife-sta, anche a un solo sguardo, la dipendenza del Visi go -tico da Sulpicio, sia nei contenuti, che nell’impostazionedi fondo: cioè la tesi, basata sull’intima percezione dell’a-nima, sul “sensus fidelium”, che Martino sia in cielo tra iMartiri. Solo che quanto Sulpicio affermava unicamentedi sé («spero credo et confido»), la Inlatio lo estende all’in-tera comunità che celebra: «confidimus», testimoniandoche ormai è “sentire” di tutti quanto era allora opinionedi uno solo.

Il terzo verbo, accennato in Sulpicio nel testo prece-dentemente riportato, e ripreso per inciso nella Epistola aldiacono Aurelio: «mihi crede», in liturgia assume valorealtissimo: testimonia cioè il passaggio dalla semplicevenerazione quasi istintiva e popolare, al culto fondato suuna sicurezza di fede. Riporto ancora i testi a confronto:

L’oggetto di questo “credere” è molto simile inambedue i contesti: si parla cioè – in Sulpicio al singola-re, nel Visigotico al plurale, perché aveva istituito il con-fronto tra il Martire e Martino confessore – della presen-za di Martino nella comunità che lo prega, della sua ora-zione ed ininterrotta intercessione perché i fedeli otten-gano ciò che per proprio merito non potrebbero sperare.

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«Storia»(SULPICIO, Ep. II)

«Non deerit nobis ille, mihicrede, non deerit: intererit dese sermocinantibus, adstabitorantibus... et adsidua, sicutante paululum fecit, benedic-tione nos proteget».

«Memoria»(Visigotico, Inlatio)

«Horum tu verus arbiter,Deus, quos propter te nossupplices tui quesumus, utsicut illi tibi accepti, ita nosillis mereamur esse suscepti.De quibus hoc nobis sufficitcredere quod [...] potenterprediti, clementer adsumpti,et equaliter sint beati».

Oltre a questi tre verbi, che reggono tre “sensus fide-lium” tanto di Sulpicio quanto della comunità gallicana evisigotica, sembra che la Inlatio derivi da Sulpicio ancheil confronto tra il Martire e il Confessore, per giustificarel’attribuzione a Martino della corona del Martire.

Sulpicio, interprete della coscienza del popolo di Tourse dei monaci di Marmotier, nella Vita di Martino, tracciacon maestria il profilo spirituale del Santo, descrivendo acolori intensi la sua vita penitente e orante, che costituisceper tutti un perfetto modello di vita evangelica:

«... La sua vita interiore e l’ascetica condotta quotidia-na, e l’anima sempre tesa al cielo, nessuna mai disqui-sizione... Varrà ad esprimerli quella perseveranza,intendo dire quella giusta misura nell’astinenza e neidigiuni, quella capacità di vegliare e di pregare, quel-le notti trascorse nello stesso modo dei giorni, nessunminuto in cui non fosse intento al lavoro di Dio, in cuiindulgesse al riposo o all’attività, così come al cibo o alsonno, se non per quel tanto che richiedono le esigen-ze della natura ... mai in nessuna ora passò un attimoin cui non si impegnasse nella preghiera o non siapplicasse alla lettura delle Sacre Scritture, quantun-que anche nel leggere, o in qualunque altra cosa faces-se, non allentava mai l’anima dalla preghiera ... Mar -tino, anche mentre sembrava fare qualcos’altro, senza posa pregava. Oh, uomo veramente santo, in cui nonfu luogo a frode: nessuno giudicando, nessuno con-dannando, a nessuno rendendo male per male. Poichétanta pazienza assunse come difesa da tutte le ingiurieda poter venir impunemente oltraggiato anche dagliultimi chierici, lui che era il sommo sacerdote ... Nes -suno l’ha mai visto in collera, nessuno turbato, nessu-no afflitto, nessuno in atto di ridere; fu sempre ugualea se stesso; il volto raggiante di una letizia per così direceleste, sembrava estraneo alla natura umana. Giam -mai null’altro era sulle sue labbra se non il Cristo;giammai null’altro nel suo cuore se non l’amore, senon la pace, se non la misericordia. Spesso soleva

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piangere anche i peccati di coloro che si mostravanosuoi detrattori...».38

Nell’Epistola II invece, partendo dalla lettura dell’a-nimo di Martino, stabilisce un parallelo ipotetico fra“Martino martire” e “Martino asceta e confessore”, cioèfra quello che Martino avrebbe sostenuto con gioia edentusiamo per Cristo se fosse vissuto in tempi di tremen-de persecuzioni (come quelle di Nerone e di Decio), e ciòche per lui e per i beni eterni di fatto sostenne in tempidi pace: non avrebbe certo indietreggiato davanti ai car-nefici e ai più svariati tormenti, sarebbe anzi andato loroincontro, e per primo sarebbe salito sul patibolo, tant’eral’ardore che gli infiammava il cuore. Se non fu dunquemartire con lo spargimento di sangue, lo fu nell’intenzio-ne e nella forza interiore del suo amore, nel progetto for-temente mantenuto di darsi interamente a Cristo nellapenitenza e di dare tutto per Cristo.

Né va dimenticato che, tanto in Sulpicio come neltesto liturgico visigotico, il discorso tende a documentareche Martino è già tra i cori celesti, in specie tra le schieredei Martiri, non solo in vista della imitazione delle suevirtù – già evidente nelle epigrafi di Paolino di Nola cheSulpicio collocò nel suo romitorio e nel battistero –, maanche in vista di un vero e proprio culto di venerazione edi supplica.

Molte altre convergenze concettuali e verbali balza-no evidenti a chi confronta attentamente, nell’originalelatino, i due testi. A me basta averne indicato il rapportoin modo da confermare con certezza che la memoriaattinge alla storia, ma che la storia viene altrettanto arric-chita ed ampliata d’orizzonti dalla memoria liturgica:almeno con quella attenzione costante al dono della gra-zia di Dio, senza la quale non esiste merito alcuno dellacreatura, e col ricondurre al criterio evangelico il giudi-zio sulle opere di Martino.

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38 Vita, 26-27, pp. 62-67.

6. POST SANCTUS

L’orazione si apre ribadendo che solo Gesù CristoSignore consacra i primordi di chi lo serve e ne adorna con

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Vere sanctus, vere benedictusDominus noster Iesus Chri -stus Filius tuus, qui solus ser-vientium sibi et primordiaconsecrat, et fines glorifican-ter exornat. Qui illorum com-mendat exitum signis, quo-rum vitam ambitio exornave-rit sanctitas; quique huiusconfessoris sui ita est glorifi-catus in opere, ut non patere-tur eum contundi inimicis inporta loquentem.

Hic quippe vir, cuius mundovita in testimonium, discipu-lis extitit in exemplum, viditeminus se obviante consiste-re adversarium, quem eoapertis oraculis exprobravit,quo se continuo in sinu Abra -he recipi veridica inspectioneprescivit.

Hunc tu, Deus summe,coram te pro nostris facinori-bus intercessorem statue,quem dono gratie tue et vitainlustrem, et mortis in termi-natione constituisti insi-gnem. Per Christum Domi -num et redem(ptorem).

Veramente santo, veramentebenedetto è il Signore nostrotuo Figlio, che solo consacra iprimordi di coloro che ti ser-vono e corona gloriosamentela loro fine. Egli ratifica conportenti la dipartita di colo-ro, la cui vita fu adorna daun’ambita ricerca di santità.Egli è stato glorificato nelleopere di questo suo confesso-re, in modo da non accettareche egli fosse confuso mentreparlava alla porta con i pro-pri nemici.

Quest’uomo infatti, la cuivita fu testimonianza per ilmondo ed esempio per idiscepoli, vide venirgliincontro e stargli appressol’avversario, che egli svergo-gnò con chiaro vaticinio, inquanto preconobbe con veri-dica intuizione che subitosarebbe stato accolto nel senodi Abramo. Tu, sommo Dio,costituisci intercessore da -van ti a te per i nostri peccaticostui, che per dono della tuagrazia rendesti illustre nellavita ed insigne nel terminedella morte. Per Cristo Si -gnore e redentore.

gloria la fine: in modo che la vita di un servo di Cristo siapre e si chiude con il dono di Dio: la grazia che lo consa-cra, la gloria che lo incorona.

All’interno di questi due poli si muove l’azione del-l’uomo protesa generosamente verso la santità, e lapotenza di Dio che ne sigilla con segni indubitati lamorte. Questo è avvenuto in Martino suo confessore(«confessoris sui»).

A quali segni o portenti («signis») allude il testo litur-gico, segni che avrebbero divinamente sigillato la vita diMartino al momento del suo transito? Non conosciamomiracoli particolari. Ma l’Epistola III di Sulpicio, narran-do il transito, scrive:

«... Così dicendo, emise lo spirito. Coloro che eran pre-senti ci hanno attestato di aver visto il suo volto comeil volto di un angelo: le sue membra apparivano can-dide come la neve, sì che i presenti dicevano: Chi maicrederebbe che egli sia stato coperto da cilicio, chi lodirebbe avvolto nella cenere? Già infatti si mostravacome se si manifestasse nella gloria della risurrezione,nella natura di una carne trasfigurata».39

Questo avvenne appena il Santo era spirato. Ma il PostSanctus visigotico sembra riferirsi a ciò che avvenne im -mediatamente prima del transito. Martino infatti avevatanto glorificato con le sue opere il Signore, che Egli nonpermise fosse confuso «mentre parlava con i suoi nemicipresso la porta» («inimicis in porta loquentem»). Il Visigoticosi richiama al salmo 126, 5: «Non resterà confuso, quandoverrà a trattare alla porta con i propri nemici». Ma ciò chenel salmo è detto dell’uomo carico di figli, qui è detto diMartino carico di opere sante.

Viene spontaneo domandarsi di quali nemici si trattie di quale disputa con i nemici. Il testo liturgico subito loprecisa, rifacendosi chiaramente al racconto di Sulpicio

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39 SULPICIO, Ep. III, Ad Bassulam, 17, CSEL 1, pp. 149-150.

nell’Epistola III. Trattandosi di una referenza storica, èbello leggere a fronte i due testi:

La conclusione del Post Sanctus chiede che Diosommo («Deus summe») costituisca davanti a sé interces-sore per le colpe del popolo questo Martino, che Eglistesso rese illustre per tutta la vita col dono della sua gra-zia e insigne al momento della morte. Sembra dunquetrattarsi di questo segno particolare di gloria: non visono indizi per inferire che la liturgia visigotica abbiaattinto ad altre fonti storiche, quali Gregorio di Tours,che sono più particolareggiate nella descrizione di mira-coli o di segni soprannaturali che accompagnarono lamorte di Martino.

Il testo poi continua dicendo che come Martino con-fessore ha glorificato Cristo con le opere, così Cristo nonha sopportato che fosse confuso davanti ai nemici men-tre disputava con loro («ut non pateretur eum confundi ini-micis in porta loquentem»)

Mi chiedo perché proprio nel Post Sanctus la liturgia

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«Storia»(SULPICIO, Ep. III)

«Et cum a discipulis rogare-tur, ut saltem vilia sibi sineretstramenta supponi: Non de -cet, inquit, filii, christianumnisi in cinere et cilicio mori;ego si aliud vobis exemplumrelinquo, ipse peccavi.

Haec locutus, diabolum viditprope adsistere. Quid hic,inquit, astas, cruenta bestia?Nihil in me, funeste, reperies:Abrahae me sinus recipit».

«Memoria»(Visigotico, Post Sanctus)

«Hic quippe vir, cuius mun -do vita in testimonium, disci-pulis extitit in exemplum,

vidit eminus se obviante con-sistere adversarium, quem eoapertis oraculis exprobravit,quo se continuo in sinu Abra -he recipi, veridica inspectio-ne prescivit».

visigotica concentri unicamente l’attenzione sulla mortedi Martino. Forse perché siamo nel momento in cui si staper ricordare l’ultima Cena e la notte della Passione diCristo. Il martire testimonia Cristo, il martire in certomodo conduce a comprendere il mistero di Cristo che siè immolato per tutti, consegnandosi volontariamentealla morte e costituendo nell’Eucaristia il memoriale pe -renne della sua passione e della sua gloria.

7. POST PRIDIE

L’orazione chiede che nel giorno della memoria delglorioso transito di Martino sia dato a tutti i presenti ilperdono dei peccati. Sembra, a prima vista, una petizio-ne consueta che può trovare spazio in qualunque cele-brazione. Se ciò è sempre sostanzialmente vero, perchésempre la Chiesa chiede per i fedeli il perdono dei pecca-ti dalla divina misericordia, ciò è particolarmente adattonel giorno festivo di Martino. È il momento in cui, dopole parole consacratorie del Signore sul Pane e sul Calicedel Vino, la Liturgia chiede che i Doni vengano santifica-ti e diventino per tutti sorgente di benedizione e di gra-zia celeste.

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Placeat tibi, Domine, quodofferimus, et sanctifica quetibi sanctificanda litamus; utin hoc die, quo beatissimuspresul Martinus gloriosotransitionis evocatus estobitu, donetur a te nobisomnibus indulgentia pecca-torum. Amen.

Ti sia gradita, Signore, l’of-ferta che ti presentiamo, esantifica i doni che ti offria-mo perché siano santificati;affinché in questo giorno, nelquale il beatissimo presuleMartino è stato commemora-to nel suo glorioso transito,sia da te concessa a tutti noila remissione dei peccati.Amen.

In questo normale contesto liturgico, parrebbe inuti-le cercare ispirazione nella memoria storica; eppure,forse, a chi componeva l’Orazione era presente il testodell’Epistola II di Sulpicio, che riferisco in parallelo:

L’intercessione di Martino per il perdono dei peccatiè esplicita in Sulpicio, implicita nel Visigotico: il qualetuttavia, ricordando il giorno della morte di Martino,chiede questa grazia nel contesto celebrativo del Santo,implicitamente per sua intercessione.

Sono ampliate soltanto le prospettive: ciò che Sul -picio sperava per sé, la Chiesa lo chiede e lo attende pertutti i presenti alla celebrazione, e forse, con orizzonteallargato, per tutta la Chiesa locale («donetur nobis omni-bus indulgentia peccatorum»).

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«Memoria»(Visigotico, Post Pridie)

«... Ut in hoc die, quo beatis-simus praesul Martinus glo-rioso transitionis evocatusest obitu, donetur a te nobisomnibus indulgentia pecca-torum».

«Storia»(SULPICIO, Ep. II, 17-18)

«Quid tamen fiet, frater?Quod mihi ipse sum conscius,conscendere arduum illud iterac penetrare non potero: itasarcina molesta me praegra-vat et peccati mole depres-sum, negato in astra conscen-su, saeva miserabilem ducit intartara. Spes tamen superest,illa sola, illa postrema, utquod per nos obtinere nonpossumus, saltim pro nobisorante Martino mereamur».

8. AD ORATIONEM DOMINICAM

Questa orazione introduttiva alla preghiera delSignore, il “Padre nostro”, si articola in due membricomplessi: il primo riguarda Martino e pone in luce ciòche Dio ha fatto per lui, glorificandolo nei cieli; il secon-do chiede che la comunità che lo celebra riceva grazieabbondanti.

1. Il primo membro, con tre distici paralleli e comple-mentari, afferma che dopo la morte Dio ha collocato nelriposo celeste l’anima dell’uomo santo, del suo confesso-re Martino: indica quindi per qual fine l’ha collocato nelluogo del riposo e per quali motivi:

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Deus, qui animam viri sanctiac confessoris tui Martini,soluta carnali compage, cele-sti conlocasti in requie, uttuorum consors exsisteretangelorum, qui vita calcave-rat mundum; essetque para-disi possessor, qui heremiextiterat habitator; haberet-que celestis gloriam vite, quiincrepato diabolo triumpha-verat in morte: tu nos predic-ti viri obitus memoriam cele-brantes, actu placabiles, cogi-tatione facito esse felices; quonec opere, nec cogitationesordentes, et corde et linguaproclamemus ad te, ita dicen-tes: Pater noster.

Signore, che dopo la separa-zione dell’anima dal corpohai collocato l’anima dell’uo-mo santo e tuo confessoreMartino nel [luogo del] ripo-so, perché fosse partecipedella sorte degli angeli, luiche nella vita aveva calpesta-to il mondo, e diventasse pos-sessore del paradiso, lui cheera stato abitatore di uneremo, e avesse la gloria dellavita celeste, lui che, dopo averrimproverato il diavolo, ave -va trionfato sulla morte: fa’che noi, che celebriamo lamemoria di tale uomo, siamoa te accetti nelle azioni e felicinei pensieri; affinché, senzamacchia di opere e di pensie-ri, col cuore e con la mente al -ziamo a te la voce, così dicen-do: Padre nostro.

a) Perché fosse partecipe della sorte degli angeli (=fine), lui che con la sua vita aveva calpestato il mondo (=motivo).

b) Perché possedesse il paradiso (= fine), lui cheaveva abitato l’eremo (= motivo).

c) Perché avesse in eredità la gloria della vita celeste(= fine), lui che dopo aver apostrofato il diavolo, avevatrionfato in punto di morte (= motivo).

a) Rilievi al 1° distico

Il diventare «tuorum consors .... angelorum» (consortedegli angeli) era tema comunissimo in oriente e in occiden-te, a partire almeno da Atanasio, per indicare lo stile di vitamonastica. I monaci infatti venivano ordinariamente assi-milati agli angeli in quanto anticipano e prefigurano sullaterra la condizione celeste che è propria degli angeli e chesarà concessa a tutti dopo la risurrezione dei morti. In talsenso è importante il tipo di vita assunto da un asceta,quale è Martino: tale da calpestare il mondo, con il suomodo di vivere («qui vita calcaverat mundum»).

Nel sottofondo dell’inciso liturgico stanno molti trattidel profilo spirituale di Martino, sparsi nelle opere diSulpicio; ma poiché negli altri punti il testo liturgico evi-dentemente dipende dall’Epistola III di Sulpicio, mi limi-to a ricordare le ultime espressioni del Santo, che suggel-lano una vita di angelica austerità, di continenza, di ricer-ca incessante del cielo, di perfetto “dominio di sé”, ren-dendo il corpo servo allo spirito, come propone la spiri-tualità monastica antica dell’oriente e dell’occidente:

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«Memoria»(Visigotico, Ad or. dominicam)

«... ut tuorum consors exsi-steret angelorum, qui vitacalcaverat mundum».

«Storia»(SULPICIO, Ep. III, 14)

«... Pernoctans in orationibuset vigiliis fatiscentes artusspiritui servire cogebat, nobi-li illo strato suo in cinere et

b) Rilievi al 2° distico

Doveva diventare possessore del paradiso, perchéera stato abitatore di un eremo. La cosa non quadra, senon si comprende cosa sia l’abitare un eremo: viverenella più stretta povertà ad immagine forse degli aposto-li, che avevano lasciato tutto per seguire il Signore e per-ciò avevano ricevuto da Lui la promessa della ricompen-sa celeste (cfr. Mt 19, 29). Anche qui, ovviamente, l’incisoliturgico poggia sul dato storico descritto da Sulpicionella Vita di Martino e nei Dialoghi. Mi limito a citare inparallelo un solo brano dall’Epistola III:

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cilicio recubans. Et cum adiscipulis rogaretur ut saltimilla sibi sineret stramentasubponi, Non decet, inquit,christianum nisi in cineremori... Oculis tamen ac mani-bus in caelum semper inten-tis, invictum ab oratione spi-ritum non relaxabat».

«Memoria»(Visigotico, Ad or. dominicam)

«... essetque paradisi posses-sor,

qui heremi extiterat habita-tor...».

«Storia»(SULPICIO, Ep. III)

«Martinus Abrahae sinu lae-tus excipitur; Martinus hicpauper et modicus coelumdives ingreditur».

(Vita, 10, 3-4)

«.. Si stabilì in una cella d’ere-mita a circa due miglia fuoridella città. Questo luogo eracosì appartato e remoto, danon invidiar nulla alla solitu-dine di un deserto...».

c) Rilievi al 3º distico

Per essere coronati di gloria bisogna aver riportatotrionfo; per essere coronati di gloria celeste bisogna avervinto il nemico dell’uomo: il diavolo. Dio dunque collo-ca Martino nel riposo celeste perché abbia in premio lagloria della vita, dopo aver trionfato giorno dopo giornofino all’ultimo istante sul nemico insidiatore («qui incre-pato diabolo triumphaverat in morte»). Scrive infatti Paoloche tutti corrono, ma uno solo conquista il premio (cfr. 1Cor 9, 24). Chi dunque avrà perseverato fino alla fine(cfr. Mt 10, 22) sarà coronato. L’ultima vittoria di Martinosul demonio sancisce il suo eterno trionfo.

Alla base del testo, non lo ripeto, sta l’Epistola III diSulpicio più sopra riportata, sull’ultima vittoria che ebbeMartino contro il demonio mentre moriva. Ne richiamosoltanto un frammento, a fianco del testo liturgico:

2. Il secondo membro, anch’esso articolato in tre disti-ci, chiede che l’assemblea che celebra la memoria dellamorte di Martino:

a) sia resa accetta negli atti e beata nel pensiero,b) affinché senza macchia di opere e di pensiero,c) col cuore e con la lingua possa proclamare Dio di -

cendo: Padre nostro.

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«Memoria»(Visigotico, Ad or. dominicam)

«... haberetque celestis glo-riam vitae, qui increpato dia-bolo triumphaverat in mor -te».

«Storia»(SULPICIO, Ep. III, 16)

«Haec locutus, diabolumvidit prope adsistere. Quidhic, inquit, adstas, cruentabestia? Nihil in me, funeste,reperies: Abrahae me sinusrecipit».

Possiamo, credo, supporre che la vita di Martino,uomo integro in pensieri ed opere, sia l’immagine di ciòche la comunità chiede di diventare per poter rivolgersia Dio invocandolo degnamente col nome di Padre.

9. BENEDICTIO

La Benedizione episcopale è composta, in genere, datre membri, forse a motivo del numero che esprime laTrinità, ed è conclusa dalla triplice risposta del popolo:Amen.

Il primo membro ricorda come Cristo Signore, permezzo di Martino, abbia ristabilito la pace nella chiesadiscorde; chiede per sua intercessione che i presenti sianoliberi da ogni peccato.

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Christus Dominus, qui perconfessorem suum Marti -num pacem discordanti re -stauravit ecclesie, faciat voseodem intercedente omnipeccato carere. Amen.

Quique illum exprobrantemZabulum admirabili glorifi-cavit in transitu, iustificet vosproprie vocationis in exitu.Amen.

Ut in eius sinu post obitumreceptos vos gaudeatis, quoidem se recipi patulis pre-dixit oraculis. Amen.

Cristo Signore, che permezzo del suo confessoreMartino riportò la pace allachiesa in discordia, per suaintercessione vi conceda diessere immuni da ogni pec-cato. Amen.

Colui che glorificò nel mira-bile transito quest’uomo cheredarguì il diavolo, vi giusti-fichi al momento della vostrachiamata. Amen.

Possiate anche voi dopo lamorte godere di essere accol-ti in quel seno, nel quale eglicon manifesto vaticinio pre-disse che sarebbe stato accol-to. Amen.

Il secondo membro ricorda che Cristo ha glorificatoMartino nel suo mirabile transito, mentre apostrofava ildiavolo; chiede che giustifichi i fedeli nel momento delloro trapasso.

Il terzo membro ricorda che Martino aveva detto, conchiaro vaticinio, che sarebbe stato accolto nel seno diAbramo; chiede che tutti, dopo la morte, con gioia visiano accolti.

Questa benedizione, che implora tre grazie per l’as-semblea che celebra, e cioè: una vita senza peccato, un giu-dizio senza condanna (al momento della morte) e, dopo lamorte, l’ingresso beato nel cielo, è strutturata sul raccontodi Sulpicio più sopra riportato (spec. Epistola III, AdBassulam) Così il testo storico si dimostra continuamentepresente nella memoria liturgica.

* * *

Al termine di questa lunga analisi, anche se limitataa un solo formulario visigotico, viene spontaneo doman-darsi con quale criterio la liturgia visigotica abbia distri-buito le referenze storiche nella memoria celebrata diMartino.

Vorrei innanzitutto notare che i liturghi visigotici, chehanno reso preghiera, nella loro area e per il loro ambien-te, i testi storici, erano abituati a leggere i Salmi e a compor-re su ognuno l’orazione corrispondente al contenuto e allefeste celebrate.40

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49 Per le orazioni festive, cfr. il Liber Orationum festivus editoda J. VIVES - J. CLAVERAS, Oracional Visigótico (= Monumenta Hi -spa niae Sacra, Series liturgica, vol. I), Barcelona 1946; per le ora-zioni quotidiane sui Salmi, si veda il Liber Orationum psalmo-graphus edito da J. PINELL, Liber Orationum Psalmographus.Colectas de salmos del antiguo rito hispánico. Recomposición y edi-ción crítica (= Monumenta Hispaniae Sacra, series liturgica 9),Barcelona-Madrid 1972.

Da questa loro capacità di tradurre in preghiera eattualizzare salmi e testi biblici, scaturisce l’attenzione altesto storico dal quale partono e al quale sempre si ispi-rano: testo che da storia diventa memoria ossia celebra-zione attualizzata di un evento salvifico, nella comples-sità dei suoi connotati e nelle molteplici implicazionidelle sue proposte da tradurre in vita sociale, comunita-ria e personale.

In secondo luogo, come ho più volte rilevato, i testivisigotici attingono al dato storico secondo il momentoliturgico, sì che l’intera celebrazione appare come ungrande mosaico che, partendo come la storia dall’infan-zia del Santo, termina alla sua morte beata. La sapienzadi coniugare storia e memoria, per una proposta celebra-tiva e di vita, è peculiare all’ambiente visigotico. Le altreliturgie proporranno frammenti della vita di Martino,alcuni episodi più significativi, o manifestazioni del suopotere miracoloso: ma una lungilinea trascrizione e rilet-tura dei dati storici da proporre come grande memoria, equindi insieme celebrazione e catechesi, è propria deiVisigoti.

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CONCLUSIONE

A conclusione di questa laboriosa ricerca, chelascia ancora tanto spazio aperto a ricercatori esper-ti, credo di poter sintetizzare così le mie impressio-ni, più che i frutti del mio lavoro:

La memoria liturgica sta di fronte alla storiasullo stile biblico, che legge gli avvenimenti nellaluce di Dio. La Liturgia legge gli avvenimenti degliuomini nella loro storia di santità: i fatti trovanonon solo la loro ultima motivazione nella grazia diDio, sempre misericordiosa e immeritata, ma trova-no soprattutto il loro vero contesto nel mistero diCristo che la Chiesa celebra nell’Anno liturgico, enel mistero dei Santi, che compongono il suo Corpomistico. In tal modo la storia, da una parte, è indi-spensabile e basilare documento per ogni memoria,d’altra parte la memoria liturgica la fa assurgere aproposta permanente di vita nel mistero del Diovivente e di Cristo datore di vita mediante loSpirito.

La congiunzione di ambedue gli aspetti in qua-lunque ricerca storica e liturgica è feconda di com-

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plementi reciproci e di una attualizzazione vitaledel passato nel presente, dei fatti narrati nell’assem-blea che li commemora.

Oltre a questo aspetto generale, che gli storici diS. Martino hanno purtroppo finora dimenticato, unaltro è peculiare delle celebrazioni liturgiche diMartino, anche se io non ho potuto che parzialmen-te indicarlo: l’interscambio tra le varie famiglie li -turgiche d’Occidente. Proprio nel caso di Martino sinota una sintomatica reciprocità di testi che, seprofondamente studiata dai critici di storia liturgi-ca, li potrebbe indubbiamente aiutare nelle annosecontroversie tra dipendenze e influssi di una litur-gia dall’altra.

Personalmente, questo lavoro è stato per meun’autentica scoperta: mai avrei pensato che ci fos-sero tante e così belle celebrazioni del Santo diTours, cariche di memorie e ricche di afflato spiri-tuale.

Ho iniziato questa ricerca col vivo desiderio diconoscere la figura di S. Martino nel cuore delleprime comunità che lo hanno celebrato; la concludocon l’augurio che tanta ricchezza del passato ritor-ni a rivivere nel nostro presente, in un momentopost-conciliare che vede rifiorire l’interesse per lastoria e per la memoria.

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INDICE

PremessaBIBLIOGRAFIA

I. FONTI STORICHE

1. Fonti della vita di Martino2. Studi principali sulla vita di Martino

II. FONTI LITURGICHE

1. Fonti delle antiche celebrazioni di S.Martino1.1. Libri liturgici gallicani1.2. Libri liturgici ispanici1.3. Libri liturgici ambrosiani 1.4. Libri liturgici romani

2. Studi generali e specificiSIGLE E ABBREVIAZIONI

Capitolo primoFONTI STORICHE E PROFILO BIOGRAFICO

I. FONTI STORICHE

1. Sulpicio Severo1.1. La «Vita di Martino»1.2. Le «Tre Epistole»1.3. «Dialoghi»

2. Paolino di Nola3. Paolino di Périgueux4. Gregorio di Tours5. Alcuino

II. VITA DI MARTINO

1. Nascita e fanciullezza2. Il soldato e il cristiano

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3. Il Battesimo4. Il congedo5. Incontro con Ilario di Poitiers6. Viaggio in Pannonia7. Lotta contro il paganesimo e l’arianesi-

mo8. Martino monaco9. Martino monaco-taumaturgo

10. Martino monaco-vescovo di Tours11. Martino vescovo missionario12. Le armi dello spirito13. Martino vescovo fondatore di parroc-

chie rurali14. Martino apostolo della carità e difenso-

re della giustizia15. Martino vescovo-asceta e maestro16. Martino contro Satana17. La morte di Martino

Capitolo secondoIL CULTO DI SAN MARTINO

I. MARTINO TRA I SANTI

1. Dal culto dei martiri al culto dei santi2. I confessori3. Martino «Confessore» nel culto dei Santi4. Martino era riconosciuto santo già da

vivo4.1. La gente accorreva da Martino per

chiedere guarigioni e soccorsonelle avversità

4.2. I vescovi stessi riconoscevanol’autorità e il potere di Martino

4.3. Le autorità politiche lo riconosce-vano uomo santo e lo temevano

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4.4. I monaci vengono formati sul-l’esempio di Martino

II. LUOGHI DI CULTO

1. Tolosa – Primuliacum2. Tours

2.1. La «parvula basilica» del vescovoBrizio

2.2. La grande Basilica costruita dalvescovo Perpetuo

2.3. Importanza storica e religiosadella Basilica

3. Luoghi di culto a Martino in EuropaIII. ESPRESSIONI DI CULTO

1. Martino nel Canone e nelle Litanie1.1. Martino nel Canone1.2. Martino nelle Litanie dei Santi

2. Calendario di Tours e Feste di Martino2.1. 4 luglio: festa della consacrazione

di Martino, patrono2.2. 11 novembre: Transito e Deposi -

zione di S. Martino3. Due testimonianze liturgiche: l’inno

«Iste Confessor» e la prima omelia3.1. L’inno «Iste Confessor»3.2. La prima omelia su S. Martino

4. I pellegrinaggi

Capitolo terzoANTICHI FORMULARI DI SAN MARTINO

I. LE LITURGIE OCCIDENTALI

1. Genesi liturgica in Occidente2. La Liturgia Gallicana3. La Liturgia Ispanica4. La Liturgia Ambrosiana

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5. La Liturgia RomanaAppendice

II. RILIEVI SUI FORMULARI

1. Rilievo critico sul Prefazio ambrosiano1.1. Il Prefazio Gelasiano misto e l’ap-

parato critico di E. Moeller1.2. Sinossi delle varie redazioni

2. Rilievi sull’antichità del Prefazio am -bro siano

III. RILIEVI TRA STORIA E MEMORIA

Capitolo quartoIL FORMULARIO VISIGOTICOANALISI COMPARATA TRA STORIA E MEMORIA

I. ANTICHITÀ DEL VISIGOTICO

1. La dipendenza del «Missale Bobiense»dal formulario visigotico

2. Motivi di critica interna per l’arcaicitàdel formulario visigotico

II. LITURGIA VISIGOTICA: «MISSA DE OBITUS

SANCTI MARTINI»1. Oratio2. Alia [Oratio]3. Post Nomina4. Ad Pacem5. Inlatio6. Post Sanctus7. Post Pridie8. Ad Orationem Dominicam9. Benedictio

ConclusioneIndice

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169185190190

192193

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