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Fondazione Culturale Responsabilità Etica Onlus
CAPIRE LA FINANZA
Gli Accordi di Basilea
sulla vigilanza bancaria
Testo tratto da
“Banca Popolare Etica e
l’applicazione delle regole di
Basilea - Effetti sul credito al
Terzo settore”,
Tesi di Master di
Marilena Raule
Economia della Cooperazione MUEC
Università di Bologna
Supervisor
Riccardo Milano
Banca Popolare Etica
Aggiornamento Basilea 3
Andrea Baranes
Fondazione Culturale Responsabilità Etica onlus
Editing Irene Palmisano
Fondazione Culturale Responsabilità Etica onlus
Testi chiusi il 28/2/2011
Introduzione
I. Il Comitato di Basilea e gli Accordi sul capitale
II. I 3 pilastri dell’Accordo
III. Il 1^ pilastro: i requisiti patrimoniali minimi
III.1 Il rischio di credito
BOX Metodi di calcolo dei requisiti
patrimoniali minimi
III.2 Rischio di mercato
III.3 Rischio operativo
III.4 Patrimonio di vigilanza
IV. Il 2^ pilastro: il controllo prudenziale
dell’adeguatezza patrimoniale
IV.1 I principi del processo di controllo prudenzia-
le
IV.2 Le fasi del processo del controllo prudenziale
V. Il 3^ pilastro: la disciplina di mercato
VI. Il Passaggio a Basilea 3
BOX Basilea 3 nuove misure prudenziali
VII. Basilea e il Terzo Settore
Piccolo glossario
Siti
Indice
2 Capire la Finanza - Gli Accordi di Basilea
Fondazione Culturale Responsabilità Etica Onlus
La quantità di capitale da tenere a disposi-
-
ziamento concesso. L’accordo prevede una
percentuale di capitale pari all’8% di ogni
prestito accordato e che viene poi “pesata” a
seconda del rischio. Per taluni prestiti il ca-
pitale da tenere a disposizione sarà il 100%
di questo 8%, per altri una percentuale mino-
re, per altri ancora più del
100%.
del 2007 – 2008 ci si è accor-
ti che l’accordo originale di
Basilea e la nuova versione
Basilea II non erano stati in
grado di limitare il rischio
per le banche. Per questo
è stato avviato un proces-
so che dovrebbe portare
all’approvazione in tutte
le maggiori economie del pianeta dell’accor-
do di Basilea III. In realtà sono molte altre
le riforme, anche sostanziali, necessarie per
sia responsabile di una crisi paragonabile a
quella degli scorsi anni: dalla chiusura del
sistema bancario ombra alla regolamenta-
zione delle cartolarizzazioni, dei derivati a
molti altri aspetti. In quest’ambito, l’accordo
di Basilea rappresenta un importante tassel-
lo del percorso di ri-regolamentazione della
Introduzione
L’accordo di Basilea è una delle misure più
importanti di regolamentazione del sistema
bancario. Dopo la crisi del 1929 furono intro-
dotte diverse normative per il settore banca-
state progressivamente smantellate negli ul-
timi 30 anni, sull’onda dell’ideologia neolibe-
banche sono comunque sot-
toposte a diversi controlli.
L’accordo di Basilea, in sé
non vincolante ma che deve
poi essere recepito dai singoli
Paesi, rappresenta un tentati-
vo di promuovere delle rego-
le comuni per il sistema ban-
cario internazionale.
In termini non rigorosi e per
-
vede che le banche debbano
tenere a disposizione un certo patrimonio,
in modo da poter fare fronte all’eventualità
e per tutelare la clientela e la stabilità dello
stesso sistema bancario. Il ragionamento è il
seguente: su migliaia di prestiti concessi dalle
banche, un certo numero andranno in default
e i soldi non verranno restituiti. Se la banca
non ha risorse proprie che può utilizzare per
mettendo a rischio i depositi dei clienti e dei
risparmiatori.
Gli Accordi di Basilea
sulla vigilanza bancaria
L’accordo di Basilea ha introdotto un sistema di mi-surazione dell’adeguatezza patrimoniale delle banche,
con la previsione di requisiti minimi di capitale a fronte
del rischio di credito
3Capire la Finanza - Gli Accordi di Basilea
Fondazione Culturale Responsabilità Etica Onlus
Nato nel 1974 per iniziativa dei Governatori
delle Banche centrali del G10 1, il Comitato di
Basilea per la vigilanza bancaria rappresen-
ta un organismo di consultazione all’interno
della Banca per i Regolamenti Internazio-
nali (Bank for International Settlements: BIS)
il cui scopo è rafforzare la cooperazione tra
le autorità di vigilanza nell’ottica di una mag-
giore stabilità del sistema bancario interna-
zionale. A questo scopo il Comitato approfon-
di vigilanza, sviluppa linee guida e requisiti
standard per le società creditizie, favorendo
la convergenza tra sistemi regolamentari e
gestionali internazionali.
Il contributo più noto del Comitato è rappre-
sentato dall’Accordo di Basilea sui requisiti
patrimoniali, che ha avuto la sua prima for-
mulazione nel 1988 e che è stato progressiva-
mente introdotto non solo nei paesi membri
ma anche in numerosi altri Stati che hanno
aderito alla convenzione. L’Accordo introdus-
se un sistema di misurazione dell’adeguatez-
za patrimoniale delle banche, con la previsio-
ne di requisiti minimi di capitale a fronte, in
particolare, del rischio di credito.
L’inadeguatezza dimostrata dall’Accordo
nel saper allineare i requisiti di capitale con
1 G10. Gruppo fondato nel 1962 dalle dieci
maggiori economie occidentali: Belgio, Canada,
Francia, Germania, Italia, Giappone, Olanda, Gran
Bretagna, Stati Uniti, Svezia. Nel 1984 si è unita anche
la Svizzera.
i rischi sopportati dalle banche, ha condotto,
attraverso il confronto con le autorità di vigi-
lanza dei vari paesi ed una serie di indagini
quantitative, ad un ridisegno della regola-
mentazione avvenuto con il Nuovo Accordo
di Basilea, c.d. “Basilea 2”, pubblicato a giu-
gno 2004 e successivamente completato e ag-
-
2.
L’attenzione del Comitato per la stabilità del
sistema bancario internazionale si sviluppa
in una continua attività di consultazione e di
formulazione di proposte per aumentare l’af-
-
ria e crescita sostenibile. Attualmente il Co-
stringenti misure che andranno a costituire il
nuovo impianto regolamentare, denominato
Basilea 3. Obiettivo del nuovo Accordo sarà
di incrementare la qualità e consistenza del
capitale di vigilanza, rinforzare gli standard
di liquidità, scoraggiare l’eccesso di leverage
e di esposizione al rischio da parte della ban-
che e ridurre l’effetto di pro-ciclicità 3.
2 L’Accordo di Basilea sul capitale ha trovato at-
tuazione in Italia con la circolare 263 del 27 dicembre
2006 della Banca d’Italia, recante “Nuove disposizioni
di vigilanza prudenziale per le banche”.
3 L’Accordo di Basilea 3 ha trovato approvazi-
one da parte del Gruppo dei governatori e supervisori
durante il mese di settembre 2010 e sarà presentato al
vertice del G20 che si terrà a Seul in novembre 2010.
L’entrata a regime della riforma è prevista per il 2019.
I. Il Comitato di Basilea e gli
Accordi sul capitale
4 Capire la Finanza - Gli Accordi di Basilea
Fondazione Culturale Responsabilità Etica Onlus
Questo insieme di previsioni mira ad assicu-
rare una misurazione accurata di un ampio
novero di rischi e a pervenire ad una dotazio-
ne patrimoniale più strettamente commisura-
ta all’effettivo grado di esposizione al rischio
di ciascun intermediario. Stimola, inoltre, le
banche a migliorare le prassi gestionali e le
tecniche di misurazione dei rischi, anche in
ragione dei possibili risparmi patrimoniali;
-
ghi di informativa al pubblico.
Gli effetti della regolamentazione bancaria
non coinvolgono i soli istituti vigilati ma si
estendono ai soggetti su cui la vigilanza va ad
L’obiettivo fondamentale dell’Accordo è il
rafforzamento della solidità e stabilità del si-
stema bancario internazionale, promuoven-
do l’adozione di solide prassi di gestione del
rischio, che si traducono essenzialmente nel-
la previsione di adeguati requisiti patrimo-
niali. Il nuovo Accordo di Basilea si è eviden-
ziato, tuttavia, per aver introdotto due nuovi
presupposti, altrettanto fondamentali per
La logica di fondo dell’Accordo, infatti, si svi-
luppa su tre pillars, pilastri, della vigilanza
bancaria: i requisiti patrimoniali minimi, il
controllo delle Banche Centrali, la disciplina
di mercato.
Tabella 1. I tre pilastri di Basilea 2.
II. I 3 pilastri di Basilea II
5Capire la Finanza - Gli Accordi di Basilea
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incidere indirettamente (imprese, risparmia-
tori, investitori, clienti), in relazione ai mag-
promossi nel settore bancario. Le conseguen-
ze economico-organizzative si riverberano
soprattutto sulle “controparti” (prenditori,
-
ziari.
Le norme di vigilanza prudenziale si appli-
cano agli istituti bancari sia che si tratti di
soggetti individuali, sia che appartengano a
gruppi di diversa complessità ed articolazio-
ne.
Le regole in materia di patrimonio di vigi-
lanza, requisito patrimoniale complessivo,
valutazione dell’adeguatezza del capitale
interno e concentrazione dei rischi sono ap-
plicate su base consolidate ai gruppi bancari;
le banche appartenenti ai gruppi bancari de-
vono rispettare anche su base individuale la
disciplina, seppur con requisiti e limiti meno
stringenti rispetto a quelli ordinari.
Tabella 2. Le parti dell’Accordo
Le parti dell’Accordo
Banche erogatrici
Gruppi bancari
Banche internazionali
Banche Nazionali
Società Mobiliari
Clienti affidati
Stati
Banche centrali
Banche e Sim
Imprese
Enti pubblici e privati
Privati
DIRETTE INDIRETTE
Inoltre
Organi ausiliari del credito
(Confidi)
Organi di controllo
(Banca d’Italia)
Organi legislativi
(per l’attuazione degli ac-
cordi a livello nazionale)
6 Capire la Finanza - Gli Accordi di Basilea
Fondazione Culturale Responsabilità Etica Onlus
logia di rischio:
con PV patrimonio di vigilanza e Pvrc, Pvrm, Pvro requisiti pa-
trimoniali minimi detenuti a fronte del rischio, rispettivamente, di
credito, di mercato, operativo.
Il rischio di credito è commisurato al totale
dell’attivo bancario esposto a tale rischio. I
requisiti patrimoniali minimi (Pvrc) sono,
pertanto, determinati come misura del tota-
le dell’attivo soggetto a rischio di credito cui
viene applicata una ponderazione, la qua-
le ha funzione di mitigare o eventualmente
-
ziamenti, in base alla rischiosità legata alle
caratteristiche del prestito o del debitore. Si
determinano in questo modo le Attività pon-
derate per il rischio (Risk Weighted Assets,
RWA), le cui modalità di calcolo sono diverse
a seconda del metodo di valutazione adottato
dalla banca.
La componente del patrimonio di vigilan-
za detenuta a fronte del rischio di credito è
espressa come funzione delle attività ponde-
rate al rischio e, in particolare, non deve esse-
I requisiti patrimoniali minimi, che ricopro-
no un ruolo centrale nella normativa di vigi-
fronte ai rischi connessi con il complesso del-
le attività bancarie. L’Accordo di Basilea indi-
vidua tre fondamentali tipologie di rischio:
- rischio di credito, deriva dalla probabilità di
incorrere in perdite legate all’inadempimento
dei clienti affidati (incapacità a restituire il capi-
tale prestato o ad essere puntuale al pagamento
alle scadenze);
- rischio di mercato, è legato alla probabilità di
incorrere in perdite del valore degli investimenti
effettuati dalla banca, a causa di movimenti sfa-
vorevoli dei prezzi di mercato.
- rischio operativo, è legato alle perdite deri-
vanti dalla inadeguatezza o dalla disfunzione di
procedure, risorse umane e sistemi interni, op-
pure da eventi esogeni.
Elemento fondamentale a copertura del ri-
schio sopportato è il patrimonio di vigilanza,
che la banca deve costantemente detenere
in misura non inferiore ai requisiti patrimo-
niali minimi determinati per ciascuna tipo-
III. Il 1^pilastro:
i requisiti patrimoniali minimi
7Capire la Finanza - Gli Accordi di Basilea
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minimo) delle R.W.A.
Il requisito prudenziale può essere espresso
nuovamente come rapporto tra il patrimonio
di vigilanza e il totale delle attività pondera-
te al rischio, denominato -
moniale complessivo, che non deve essere
inferiore all’8%: al denominatore le attività
totali ponderate per il rischio e 12,5 recipro-
co di 8%.
Rispetto a quanto previsto dal precedente
Accordo, le regole di Basilea 2 sul patrimonio
-
trimoniale e nella misura minima dell’8%.
Le differenze intervenute nella misurazione
delle attività ponderate al rischio, attraverso
l’introduzione di nuovi metodi più puntuali
per la valutazione della rischiosità, associano
più strettamente il patrimonio di vigilanza al
merito creditizio delle esposizioni, quindi alla
misura effettiva del rischio sopportato.
Ciò comporta, nelle intenzioni del Nuovo
Accordo, il superamento di fenomeni di ar-
bitraggio legati al fatto che requisiti patrimo-
niali poco elastici rispetto al rischio tendono
a penalizzare portafogli con merito creditizio
più elevato.
III.1 Il rischio di credito
La componente del rischio di credito, facen-
do riferimento all’attività caratteristica della
banca, rappresenta la parte fondamentale
dei requisiti patrimoniali e ad essa è dedicata
un’attenzione particolare da Basilea 2. Come
indicato sopra, il rischio di credito fa riferi-
mento alla incapacità da parte del debitore
di far fronte, in tutto o in parte, agli obblighi
di rimborso del capitale e di pagamento degli
interessi.
Legato al rischio di credito vi è il concetto
di default, o stato d’insolvenza, con il quale,
nell’ambito di Basilea 2, ci si riferisce non solo
al caso in cui la banca valuti improbabile ot-
tenere dal cliente il rimborso del prestito, ma
anche al caso di ritardi nei pagamenti o nei
Metodo Standard
Attività ponderate al rischio
=
Esposizione coefficiente di
ponderazione
Attività ponderate al rischio
=
f (PD, LGD, EAD, M)
8 Capire la Finanza - Gli Accordi di Basilea
Fondazione Culturale Responsabilità Etica Onlus
senza scopo di lucro viene applicato il
-
dotati di rating peggiori. Minori coefficien-
ti di ponderazione vengono riconosciuti a
soggetti dotati di rating molto buoni, alle
esposizioni coperte da garanzia ipotecaria
Con il metodo dei rating interni, le
attività ponderate al rischio di credito sono
espresse come funzione di parametri che
descrivono la rischiosità di esposizioni o
debitori: probabilità di insolvenza (PD), per-
dita su insolvenza (LGD), esposizione su
insolvenza (EAD), scadenza (M). Nel siste-
-
tita la sola stima della PD, mentre gli altri
parametri sono determinati dall’Autorità di
vigilanza, contrariamente a quanto avviene
nel sistema avanzato, in cui la banca stima
direttamente tutte le variabili di rischio.
Metodi di calcolo dei requisiti
patrimoniali minimi
Le norme di vigilanza si applicano alle
banche e ai gruppi bancari secondo i princi-
pi di proporzionalità e gradualità, cosic-
ché ciascun intermediario può applicare le
metodologie di calcolo dei requisiti più ido-
nee alle proprie caratteristiche (dimensione,
complessità, ecc.) e articolare nel tempo
l’accesso a metodologie e processi progres-
sivamente più avanzati.
La componente del rischio di credito, fa-
cendo riferimento all’attività caratteristica
della banca, rappresenta la parte fondamen-
tale dei requisiti patrimoniali e ad essa è de-
dicata un’attenzione particolare da Basilea
2.
Con il metodo standardizzato, le at-
risk weighted assets) sono ricavate appli-
cando alle esposizioni creditizie, suddivise
in diverse classi a seconda della natura della
controparte o delle caratteristiche del rap-
porto, coefficienti di ponderazione standard
predefiniti dall’Autorità di vigilanza oppure
derivanti dalle valutazioni di merito credi-
tizio espresse da agenzie di rating esterne
specializzate.
Se all’esposizione creditizia verso l’im-
presa X viene applicato il coefficiente di
ponderata per il rischio di quell’esposizione
sarà pari all’intero importo erogato e su di
esso si dovrà prevedere un accantonamento
per un periodo superiore a 180 giorni 4.
Basilea 2 indica due metodologie alternative
per il calcolo dei requisiti patrimoniali a fron-
te del rischio di credito e, in particolare, alla
determinazione delle attività ponderate per il
rischio (R.W.A.):
- il metodo Standardizzato
4 Il debitore si considera in ritardo su una ob-
bligazione creditizia rilevante verso la banca se sono
trascorsi: a) oltre 180 giorni, per i crediti al dettaglio
e quelli verso gli enti del settore pubblico vantati nei
confronti di soggetti residenti o aventi sede in Italia; b)
le imprese vantati nei confronti di soggetti residenti
o aventi sede in Italia; c) oltre 90 giorni per gli altri.
(fonte: Banca d’Italia, Circolare 263/2006)
9Capire la Finanza - Gli Accordi di Basilea
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Tabella 4. Percentuali di ponderazione per classi di merito.
classi 5 e 6.
- il metodo dei rating interni
A sua volta questo metodo, introdotto con il
Nuovo Accordo, prevede due livelli:
Con il metodo standardizzato, le attività pon-
derate al rischio di credito (RWA) sono ricava-
te applicando alle esposizioni
ponderazione crescenti all’aumentare della
rischiosità. Con il metodo dei rating interni,
le attività ponderate al rischio di credito sono
espresse come funzione di variabili che de-
scrivono la rischiosità di esposizioni o debito-
ri: probabilità di insolvenza (PD), perdita su
insolvenza (LGD), esposizione su insolvenza
III.2 Rischio di mercato
Fra le tipologie di rischio verso le quali la
banca deve tutelarsi conservando in via con-
tinuativa requisiti patrimoniali, vi rientra il
rischio derivante dall’operatività sui mercati
e le merci.
-
rie di rischio:
1. con riferimento al portafoglio di negoziazio-
ne a fini di vigilanza:
- rischio di posizione;
- rischio di regolamento;
- rischio di concentrazione;
2. con riferimento all’intero bilancio:
- rischio di cambio;
10 Capire la Finanza - Gli Accordi di Basilea
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- rischio di posizione su merci.
I requisiti patrimoniali minimi per il rischio
di mercato possono essere calcolati secondo
una metodologia a “building block”, somman-
do i requisiti misurati per ciascuna tipologia
di rischio sopra elencata (metodo standardiz-
zato), oppure mediante il metodo dei modelli
interni, praticabile nei soli casi di rischio di
posizione, cambio e posizione su merci.
I modelli interni per il calcolo dei requisiti
patrimoniali a fronte dei rischi di mercato si
basano sul controllo quotidiano dell’esposi-
zione al rischio, calcolata attraverso un ap-
proccio fondato su procedure statistiche (ap-
proccio del “valore a rischio”, VaR).
Particolare importanza ha poi l’effettuazio-
ne di rigorose prove di stress che hanno lo
scopo di valutare l’adeguatezza patrimoniale
della banca di fronte a numerosi scenari di
turbativa dei mercati e ai conseguenti effet-
ti di liquidità. Le prove di stress permettono,
inoltre, di individuare le misure da intra-
prendere per ridurre il rischio e preservare il
patrimonio. La determinazione dei requisiti
patrimoniali minimi non esaurisce, infatti, la
pratica prudenziale che l’intermediario deve
attuare per tutelarsi dal rischio di mercato,
data la volatilità di titoli e valute e, in genera-
le, la rischiosità dei mercati.
III.3 Rischio operativo
Il rischio operativo fa riferimento alle perdi-
te derivanti dall’inadeguatezza o dalla disfun-
zione di procedure, risorse umane e sistemi
interni, oppure da eventi esogeni. Possono
essere provocate da frodi, errori umani, in-
terruzioni dell’operatività, indisponibilità dei
naturali. Nel rischio operativo è compreso il
rischio legale, mentre non sono inclusi quelli
strategici e di reputazione 5.
Il rischio operativo diviene tanto più deter-
minante quanto maggiori sono le dimensioni
e la complessità organizzativa della banca; è
-
nanziaria e al ricorso a schemi giuridici com-
plessi nell’attività operativa. In questo senso,
un puntuale rispetto delle disposizioni in
tema di conformità alle norme (compliance)
assume rilievo anche per la prevenzione e il
contenimento dei rischi operativi.
Per il calcolo dei requisiti patrimoniali mini-
mi la normativa prevede tre metodi, caratte-
rizzati da livelli crescenti di complessità:
- metodo Base (BIA – Basic Indicator Appro-
ach);
- metodo Standardizzato (TSA – Traditional
Standardised Approach);
- metodi Avanzati (AMA – Advanced Measu-
rement Approaches).
-
sito patrimoniale applicando un unico coef-
-
me di operatività aziendale, rappresentato
dal margine di intermediazione, il metodo
standardizzato prevede l’applicazione di più
business aziendale.
Nei metodi Avanzati, l’ammontare del re-
quisito patrimoniale è misurato dalla banca
attraverso modelli di calcolo basati su dati di
perdita operativa ed altri elementi di valuta-
zione raccolti ed elaborati dalla stessa banca.
È previsto che ciascun intermediario appli-
chi la metodologia più attinente alla propria
complessità operativa e alle proprie dimen-
sioni e capacità gestionali.
5 Rif. Banca d’Italia, circolare n. 263 del 2006.
11Capire la Finanza - Gli Accordi di Basilea
Fondazione Culturale Responsabilità Etica Onlus
III.4 Patrimonio di vigilanza
La composizione del patrimonio di vigilanza
è puntualmente disciplinata dalla normativa,
che ne individua due componenti, il patrimo-
nio di base e supplementare, caratterizzate
da diversa qualità patrimoniale. Gli elementi
positivi del patrimonio devono essere nella
piena disponibilità della banca per poter es-
sere utilizzati senza limitazioni a copertura
dei rischi e delle perdite.
Il patrimonio di vigilanza è così costituito:
Patrimonio di base
(tier 1)
al netto delle deduzioni
I principali elementi positivi che compongo-
no il patrimonio di base sono:
- capitale versato;
- riserve;
- strumenti innovativi di capitale;
- utile del periodo.
Dagli elementi positivi del patrimonio di
base devono essere dedotte le componenti
negative, quali:
- le azioni proprie;
- l’avviamento;
- le immobilizzazioni immateriali;
- le rettifiche di valore su crediti;
- le perdite registrate in esercizi precedenti e in
quelli in corso;
- altre deduzioni e rettifiche.
Le principali componenti del patrimonio
supplementare sono:
- le riserve da valutazione;
- gli strumenti innovativi di capitale non com-
putabili nel patrimonio di base;
- gli strumenti ibridi di patrimonializzazione e
le passività subordinate;
- le plusvalenze nette su partecipazioni.
Dagli elementi positivi, anche in questo caso,
vanno dedotte minusvalenze nette su parteci-
pazioni e altri elementi negativi.
Dal patrimonio di base e dal patrimonio
supplementare sono dedotti gli elementi che
fanno riferimento, in particolare, a parteci-
pazioni, strumenti innovativi di capitale e
strumenti ibridi di patrimonializzazione e le
attività subordinate, detenuti nei confronti di
Allo scopo di salvaguardarne la qualità e di
ridurne la potenziale volatilità indotta dall’ap-
plicazione delle regole contabili previste dai
principi contabili internazionali (IAS/IFRS), il
Patrimonio di Vigilanza è calcolato tenendo
consistono in correzioni apportate alle voci
del patrimonio netto di bilancio.
-
nio di vigilanza il patrimonio di base viene
integralmente ammesso, mentre il patrimo-
nio supplementare, non avendo la medesima
qualità patrimoniale, è ammesso entro un
ammontare massimo pari al patrimonio di
base.
Possono far parte del patrimonio di vigilan-
za ulteriori elementi patrimoniali di terzo
livello (tier 3), che possono essere utilizzati
solo a copertura dei requisiti patrimoniali sui
rischi di mercato.
12 Capire la Finanza - Gli Accordi di Basilea
Fondazione Culturale Responsabilità Etica Onlus
-
quisiti prudenziali rientra in un più ampio
solidità di fronte al rischio. Il secondo pila-
stro di Basilea introduce a questo proposito
un Processo di controllo prudenziale (Su-
pervisory Review Process – SRP) di cui i
soggetti attivi sono, in modo interconnesso, la
banca e l’autorità di vigilan-
za, e che si articola in due
fasi integrate:
- il Processo interno di
determinazione dell’ade-
guatezza patrimoniale (In-
ternal Capital Adequacy
Assessment Process - ICA-
AP) prevede che le banche
si dotino di un’idonea strut-
tura organizzativa azienda-
le di gestione dei rischi, con
linee di responsabilità ben
di controllo interno, che sia-
no predisposti strumenti e
procedure per determinare
il capitale adeguato - per im-
porto e composizione - alla
copertura permanente di tutti i rischi assunti,
anche diversi da quelli per i quali è richiesto
il rispetto dei requisiti patrimoniali minimi.
- Il Processo di revisione e valutazione
prudenziale (Supervisory Review and Eva-
luation Process - SREP) attraverso il quale
l’Autorità di vigilanza, che riesamina l’ICAAP,
formula un giudizio complessivo sulla banca
e attiva, ove necessario, misure correttive.
La Banca d’Italia ha emanato disposizioni di vigilanza pru-
denziale per le Banche, artico-lando il processo di controllo in
due fasi interconnesse: prima il processo interno di determi-nazione dell’adeguatezza pa-
trimoniale e successivamente il processo di valutazione e revi-sione da parte di un’autorità di
vigilanza esterna
IV.1 I principi del processo di control-
lo prudenziale
Secondo quanto previsto dall’Accordo di Ba-
silea, il processo di controllo prudenziale è
improntato su quattro principi fondamenta-
li:
1. principio del controllo prudenziale
dell’adeguatezza patri-
moniale.
Prevede che la banca
disponga di un procedi-
mento per valutare l’ade-
guatezza patrimoniale
complessiva in rapporto
-
schio e di una strategia
per il mantenimento dei
livelli patrimoniali.
Le caratteristiche fonda-
mentali del procedimento
si rifanno:
a) al ruolo del Consi-
glio di amministrazione
e dell’alta direzione nella
supervisione sulla coeren-
za tra obiettivi strategici e
requisiti patrimoniali.
b) alla corretta valutazione del capitale;
c) alla esaustiva valutazione dei rischi. Atten-
zione particolare deve essere posta non solo ai
rischi individuati dal primo pilastro, ma anche a
rischi non interamente coperti dai requisiti mi-
nimi;
d) al monitoraggio delle esposizioni di rischio e
IV. Il 2^ pilastro:
il controllo prudenziale
dell’adeguatezza patrimoniale
13Capire la Finanza - Gli Accordi di Basilea
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al sistema di reporting all’alta direzione;
e) alla verifica dei controlli interni.
2. Principio di vigilanza.
Prevede l’attività di controllo sul procedi-
mento interno di determinazione dell’ade-
guatezza patrimoniale delle banche e sulla
loro capacità di monitorare e assicurare la
conformità con i requisiti patrimoniali ob-
bligatori. Prevede, inoltre, che l’autorità di
vigilanza possa adottare appropriate misure
prudenziali qualora non siano soddisfatte dai
risultati di tale processo.
3. Principio di prudenzialità.
Individua l’opportunità che l’autorità di vi-
gilanza solleciti la banca a detenere un patri-
previsione:
a) è giustificata da ragioni di maggiore affidabi-
lità creditizia sui mercati per la banca;
b) è necessaria per coprire la variabilità dei re-
quisiti tanto più in quanto la raccolta di capitale
si rivela onerosa se attuata rapidamente;
c) evita di incorrere in interventi di vigilanza
che si attuano obbligatoriamente quando il patri-
monio scende sotto la soglia minima;
d) permette di proteggere la banca dai rischi
non contemplati dal primo pilastro.
4. Principio della vigilanza preventiva.
Prevede che l’autorità di vigilanza interven-
ga per evitare che il patrimonio di una banca
scenda sotto i livelli minimi ed esiga l’adozio-
ne di pronte misure correttive se la dotazione
di patrimonio non viene mantenuta o ripri-
stinata.
IV.2 Le fasi del processo del controllo
prudenziale
Le disposizioni di vigilanza prudenziale
emanate dalla Banca d’Italia hanno attuato
i principi del secondo pilastro articolando il
processo di controllo prudenziale in due fasi
tra loro interconnesse.
La prima fase vede protagonista la banca e
prevede l’attuazione di un processo interno
di determinazione dell’adeguatezza patri-
moniale (Internal Capital Adequacy Asses-
sment Process, ICAAP).
La seconda fase è attuata dall’autorità di vi-
gilanza e consiste nel processo di revisione
e valutazione prudenziale (Supervisory
Review and Evaluation Process, SREP).
L’intero processo è informato al principio di
proporzionalità, per cui il sistema dei control-
li, sia interni alla banca, sia attuati dall’auto-
rità di vigilanza, sono commisurati alle carat-
teristiche, alle dimensioni e alla complessità
dell’attività svolta dalla banca. A questo sco-
po, vengono individuate da Banca d’Italia tre
classi di appartenenza per gli istituti, carat-
terizzate da complessità e dimensioni decre-
scenti. Alla prima classe appartengono, per-
tanto, banche o gruppi bancari che utilizzano
metodi di valutazione interna del rischio,
mentre alle classi successive appartengono le
banche o i gruppi che utilizzano metodologie
standardizzate e caratterizzati da dimensioni
dell’attivo superiore o inferiore a 3,5 miliar-
di di euro. L’autorità di vigilanza suggerisce
rischio e la determinazione dei requisiti pa-
trimoniali coerenti con la complessità azien-
dale, pur ammettendo la possibilità per le
banche appartenenti alle classi inferiori di
adottare procedure più avanzate rispetto a
quelle suggerite, motivandone la scelta.
Il processo ICAAP può essere scomposto nel-
le seguenti fasi:
- individuazione dei rischi da sottoporre a va-
14 Capire la Finanza - Gli Accordi di Basilea
Fondazione Culturale Responsabilità Etica Onlus
Tabella 5. Rischi non previsti dal primo pilastro.
15Capire la Finanza - Gli Accordi di Basilea
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lutazione. A questo scopo Banca d’Italia elenca,
oltre ai rischi previsti dal primo pilastro (credi-
to, mercato, operativi) anche altre tipologie di
rischio che la banca deve tenere in considerazio-
ne. Ciascun istituto deve individuare e valutare
eventuali ulteriori fattori di rischio connessi con
la propria operatività;
- misurazione/valutazione dei singoli rischi e
del relativo capitale interno. A questo scopo la
banca predispone la metodologia di misurazione
che ritiene più appropriata e prevede l’effettua-
zione di prove di stress, al fine di valutare la
propria vulnerabilità di fronte a specifici eventi
o a scenari avversi;
- misurazione del capitale interno complessivo.
La banca può valutare l’esistenza di benefici de-
rivanti dalla diversificazione delle varie tipolo-
gie di rischio;
- determinazione del capitale complessivo e ri-
conciliazione con il patrimonio di vigilanza.
- Annualmente la banca deve determinare il
livello attuale e prospettico del capitale interno
complessivo e deve presentare un rendiconto sul
processo ICAAP all’autorità di vigilanza.
Il processo di revisione e valutazione pru-
denziale SREP viene condotto con cadenza
annuale dall’autorità di vigilanza e, anche in
questo caso, si possono individuare alcune
fasi principali:
- analisi dell’esposizione a tutti i rischi rilevanti
assunti e dei relativi sistemi di controllo;
- verifica del rispetto dei requisiti patrimoniali e
delle altre regole prudenziali;
- valutazione del procedimento aziendale di de-
terminazione del capitale interno complessivo e
dell’adeguatezza dello stesso rispetto al profilo di
rischio della banca;
- attribuzione di giudizi specifici relativi a cia-
scuna tipologia di rischio e di un giudizio com-
plessivo sulla situazione aziendale;
- individuazione degli eventuali interventi di vi-
gilanza da porre in essere.
Banca d’Italia, nell’attuazione dello SREP, si
dota di un “Sistema di analisi aziendale” che
consiste in una metodologia standardizzata
per la valutazione delle informazioni dispo-
nibili, ma non può prescindere dal confronto
diretto con la banca per una corretta com-
prensione ed approfondimento del quadro
informativo.
V. Il 3^ pilastro:
la disciplina di
mercato
Il terzo pilastro si fonda sull’importanza del
ruolo del mercato nel valutare adeguatamen-
istituzioni e, quindi, di disciplinarne i com-
-
za praticata dal mercato dipende dalla dispo-
e tempestive. Tale obiettivo viene perseguito
attraverso la richiesta di una maggiore tra-
sparenza informativa da parte delle banche,
concernente la pubblicazione di un articolato
set di dati in materia di valutazione dei rischi
e di procedure gestionali.
Il requisito di trasparenza è fondamentale
soprattutto in relazione alla possibilità offer-
ta alle banche di determinare in maniera più
discrezionale, attraverso le metodologie in-
terne, i requisiti patrimoniali.
Le informazioni, sia a carattere qualitativo
16 Capire la Finanza - Gli Accordi di Basilea
Fondazione Culturale Responsabilità Etica Onlus
che quantitativo, hanno ad oggetto obiettivi e
politiche di gestione delle diverse categorie di
rischio, ambito di applicazione (informazioni
sulla banca e gruppo bancario), composizio-
ne del patrimonio di vigilanza, adeguatezza
patrimoniale, con particolare riguardo a me-
todi adottati nella valutazione e indicazione
dei requisiti patrimoniali, dati sulle esposi-
zioni, anche con indicazione della distribu-
settore economico, esposizioni deteriorate o
-
nuazione del rischio, descrizione del metodo
di rating interno, laddove applicato, altre in-
formazioni suddivise per natura del rischio.
Per le banche che utilizzano sistemi interni
per il calcolo dei requisiti patrimoniali per i
rischi di credito od operativi e per quelle che
si avvalgono di tecniche di attenuazione del
rischio di credito, il rispetto degli obblighi in-
formativi costituisce condizione necessaria
suddetti sistemi (“requisiti informativi di ido-
neità”).
La frequenza di pubblicazione è, general-
mente, annuale; è prevista una maggiore fre-
quenza nel caso di utilizzo di sistemi interni
di rating.
Le banche pubblicano, in linea di principio,
informazioni che ritengono rilevanti, quindi
non possono omettere quelle informazioni la
cui mancanza o errata indicazione può mo-
coloro che su di essa si basano per assume-
re decisioni di carattere economico, oltre che
le informazioni che costituiscono requisiti
informativi d’idoneità. In casi eccezionali si
possono omettere, invece, informazioni rite-
nute esclusive o riservate, informazioni cioè
la cui pubblicazione lede la posizione compe-
titiva della banca o informazioni soggette a
vincoli legali di riservatezza.
VI. Il Passaggio a
Basilea 3
sull’assetto regolamentare e sulla supervisio-
Il Comitato di Basilea, nello sforzo continuo
di rinforzare lo schema di regolamentazione
nuovo assetto regolamentare denominato Ba-
silea III.
Nel loro incontro del 12 settembre 2010 il
Gruppo dei Governatori e Capi della supervi-
sione ha approvato un sostanziale rafforza-
mento dei requisiti patrimoniali, insieme alle
misure volte al contenimento del grado di
leva del sistema bancario. Questo pacchetto
di riforme è stato successivamente approvato
durante l’incontro del G20 che si è tenuto a
Seoul a novembre del 2010. Tale passaggio in
sede di G20 si è reso necessario per cercare
di promuovere l’accordo in tutte le maggio-
ri economie del pianeta, in modo da evitare,
com’è successo per Basilea II, che alcuni dei
Paesi con il sistema bancario più importante,
primi tra tutti gli USA, ma anche la Cina, il
Brasile e le altre potenze emergenti, non ap-
plicassero l’accordo.
Se questo tentativo di omogeneizzazione del-
le regole è sicuramente positivo, è opportuno
ricordare che il G20 non ha uno status giu-
ridico internazionalmente riconosciuto, ma è
un gruppo informale di Paesi che si è auto-
nominato coordinatore delle economie mon-
diali all’indomani della crisi del 2007-2008.
-
ne quindi di pertinenza dei singoli governi e
Parlamenti, e solo nei prossimi anni potremo
17Capire la Finanza - Gli Accordi di Basilea
Fondazione Culturale Responsabilità Etica Onlus
- Introduzione di un buffer anticiclico a ga-
ranzia che tutte le banche accumulino risorse
patrimoniali nelle fasi di crescita eccessiva
del credito aggregato, così da essere in grado
di fronteggiarne i relativi rischi nei periodi di
crisi. L’obiettivo di questo buffer è di natura
macroprudenziale, essendo volto a contrastare
l’effetto pro-ciclico delle norme prudenziali;
- Introduzione di un leverage ratio, non corre-
lato alle misure del rischio, come avviene per gli
altri requisiti. Tale misura è volta a contenere il
livello di indebitamento nelle fasi di eccessiva
crescita economica e a supplire alle eventuali
carenze dei modelli interni per la valutazione
del rischio, soprattutto di quelli sviluppati per
prodotti finanziari particolarmente complessi o
innovativi.
di liquidità andranno ad integrare il quadro re-
golamentare, finora imperniato su presidi di
natura patrimoniale. Le misure previste si ri-
feriscono a due indicatori: il liquidity coverage
ratio, cuscinetto di liquidità idoneo a far fronte
ai deflussi di cassa che potrebbero determinarsi
in condizioni di stress acuto, e il net stable fun-
ding ratio, volto ad evitare squilibri nella com-
posizione per scadenze delle passività e delle
attività di bilancio. Per entrambi gli indicatori
è previsto un preventivo periodo di osservazio-
ne prima della determinazione di un definitivo
standard minimo.
Basilea 3
nuove misure prudenziali
- Incremento della componente predominante
del patrimonio di base, il common equity Tier1,
che include azioni ordinarie e riserve di utili,
ovvero gli elementi caratterizzati dalla più for-
te capacità di assorbire le perdite.
Il requisito minimo per il common equity
dovrà gradualmente raggiungere il livello del
-
schio;
- Passaggio della componente Tier 1
equisito totale
;
- Istituzione di un buffer (cuscinetto) di con-
servazione del capitale, della stessa qualità pa-
trimoniale del common equity, ad integrazione
dei requisiti minimi di capitale. Questo costitu-
irà una riserva a cui le banche potranno attinge-
re in periodi di crisi.
E’ previsto anche un limite alla distribuzione
degli utili qualora la copertura patrimoniale sia
troppo vicina ai minimi regolamentari;
patrimonio supplementare degli strumenti di
debito subordinato. Vengono eliminati gli ele-
menti di qualità più bassa (Tier 3);
18 Capire la Finanza - Gli Accordi di Basilea
Fondazione Culturale Responsabilità Etica Onlus
-
terà lo standard internazionale per il sistema
bancario.
Per l’adeguamento ai nuovi standard è pre-
visto un ampio periodo di transizione, duran-
te il quale le nuove regole saranno introdot-
te con la gradualità necessaria ad evitare un
rallentamento dell’attività bancaria e della
ripresa produttiva. La piena attuazione della
riforma è prevista il primo gennaio 2019.
Gli effetti della nuova struttura di riforma
Tabella 6. Graduale introduzione dei nuovi requisiti patrimoniali mi-nimi. (fonte Bank of International Settlements). La tabella evidenzia il passaggio a più elevati requisiti patrimoniali, espressi come percentua-le sulle Attività ponderate per il rischio (RWAs). Tutte le date si riferi-scono al 1 Gennaio. Le caselle colorate indicano il raggiungimento del requisito standard.
saranno, nelle intenzioni dei riformatori,
maggiori dotazioni di capitale e liquidità nei
e regole più omogenee fra i paesi. Un passag-
gio graduale alle nuove regole dovrebbe con-
tenere l’impatto complessivo della riforma,
garantendo il raggiungimento di più alti stan-
dard patrimoniali senza penalizzare il ruolo
del sistema bancario di supporto all’econo-
mia.
Gli Accordi di Basilea non esauriscono il
loro effetto sugli intermediari vigilati bensì
19Capire la Finanza - Gli Accordi di Basilea
Fondazione Culturale Responsabilità Etica Onlus
VII. Basilea e il Terzo Settore
economico intervenendo, in particolare, sul
credito. Gli intermediari agiscono, pertanto,
da conduttore tra il sistema di regole e il mer-
cato, rappresentato da famiglie e imprese.
L’obiettivo della regolamentazione pruden-
ziale è di intervenire positivamente sul siste-
-
ducendo l’impatto che eventuali crisi possono
determinare e favorendo una migliore gestio-
ne del rischio da parte delle banche.
Le norme, tese ad armonizzare la vigilanza
bancaria internazionale, possono però non
avere impatto positivo nella misura in cui
non valorizzano le diversità dell’azione e del-
Come interviene Basilea sull’economia Non
Nell’ambito delle regole prudenziali, si può
distinguere cosa avviene all’interno dei di-
versi metodi di calcolo:
- metodo standardizzato: ai soggetti del Terzo
Settore viene applicato il coefficiente di ponde-
non dotata di rating;
- nei sistemi di internal rating non viene rico-
nosciuto alcun trattamento diversificato rispetto
alle altre imprese, essendo applicati modelli di
rating indistinti, che non tengono conto delle pe-
culiarità degli Enti Non Profit.
Il primo sistema, quindi, attraverso l’applica-
-
-
ziato, facendo sì che a quelli più virtuosi, in
-
vibili, siano applicate condizioni penalizzanti
o vengano richieste garanzie sproporzionate,
in considerazione del fatto che per la banca
l’esposizione è onerosa in termini di capita-
le da accantonare. Il metodo standardizzato,
seppure più semplice e meno costoso, non fa-
vorisce l’operatività degli istituti bancari che
intendono rivolgersi in maniera preferenzia-
le al Terzo Settore.
Allo stesso modo, un sistema di rating for-
mulato con riferimento alle imprese lucra-
tive, che valuti la capacità di rimborso del
richiedente il credito in base all’attitudine a
produrre reddito, può comportare il posizio-
rischio maggiore rispetto alla propria effetti-
va rischiosità.
Ne deriva l’importanza della realizzazione
-
tuare una corretta lettura dei dati contabili
del settore, talvolta di interpretazione con-
troversa, se letti con la stessa ottica applicata
alle imprese lucrative; dall’altra, di tener con-
rappresentare con dati di bilancio, che fanno
riferimento alle motivazioni ideali dell’ente,
alla capacità di rispondere ai bisogni della
comunità, alla governance democratica, alla
capacità di creare una rete sociale, ovvero a
tutti quegli elementi che decretano il succes-
so e la sostenibilità del Terzo Settore.
dovrebbe trovare sostegno, in particolare, da
parte degli intermediari che per loro natura
sono tesi alla valorizzazione dell’economia
civile e sostenibile.
L’importanza delle garanzie nell’ambito del-
la regolamentazione prudenziale di Basilea
sottolinea anc il ruolo fondamentale dei Con-
nella consapevolezza che il monito derivante
dalle regole di vigilanza e dalla recente crisi
-
tamento la base della crescita economica.
20 Capire la Finanza - Gli Accordi di Basilea
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Piccolo glossario
Retail Con il termine retail si fa riferimento alle esposizioni al dettaglio, per le quali sono vali-
de le seguenti caratteristiche:
- l’esposizione verso un singolo cliente non supera l’1 per cento del totale del portafoglio;
- l’esposizione unitaria massima verso un unico cliente non deve essere superiore ad 1 milione
di euro.
Pro ciclicità È l’effetto riferito alle norme prudenziali in quanto esse legano i requisiti pa-
bassi e ciò può favorire una crescita del credito aggregato, durante i periodi di crisi i livelli di
rischio di insolvenza aumentano. Per mantenere costante il rapporto fra patrimonio e attività
al rischio le banche sono costrette a ridurre il credito erogato, enfatizzando la congiuntura
negativa.
Sistemi di rating Rappresentano un processo attraverso il quale si perviene alla formulazio-
ne di valutazioni sintetiche della rischiosità (rating) dei creditori, sulla base della raccolta ed
elaborazione di informazioni rilevanti, sia di natura quantitativa che qualitativa. Il sistema
ordinate in funzione del rischio creditizio: muovendo da una classe meno rischiosa ad una più
rischiosa, la probabilità che i debitori risultino in stato di default (insolvenza) è crescente.
Banca d’Italia, Circolare n. 263 del 27 dicembre 2006 “Nuove disposizioni di vigilanza pruden-
ziale per le banche”.
Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, “Convergenza internazionale della misurazio-
International Settlements, giugno 2006.
Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, Comunicato stampa n. 35/2010 , Bank for Inter-
national Settlements, settembre ’10.
giugno 2010.
Siti
www.basilea2.com
www.nuovabasilea2.com
21Capire la Finanza - Gli Accordi di Basilea
Fondazione Culturale Responsabilità Etica Onlus
La Fondazione Culturale Responsabilità Etica Onlus (www.fcre.it) è stata
fondata da Banca Etica per promuovere nuove forme di economia sostenibile,
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