adunanza plenaria; decisione 1° dicembre 1995, n. 32; Pres. Quartulli, Est. Perricone; Min.tesoro e Inadel (Avv. Selvaggi) c. Marchese ed altri (Avv. Cantù), Comune di Milano. ConfermaTar Lombardia, sez. III, 28 agosto 1991, n. 429Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 12 (DICEMBRE 1996), pp. 601/602-607/608Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191085 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
ampiamente documentato), al cui accertamento si è sostanzial
mente sottratto il giudice di primo grado. La tesi dell'appellante è, ad avviso del collegio, fondata e
meritevole di accoglimento. Non può non rilevarsi, invero, che tutta la normativa vigen
te, pur ponendo notevoli limiti alla fruizione di prestazioni
medico-chirurgiche in centri sanitari all'estero (col concorso nella
spesa a carico del fondo sanitario), assicura tuttavia al cittadi
no, in presenza di determinati presupposti, la possibilità di frui
re, in forma indiretta, di adeguata assistenza sanitaria anche
presso centri ospedalieri di altissima specializzazione all'estero.
L'art. 3 1. 23 ottobre 1985 n. 595, dopo aver affermato il
principio che «le prestazioni sanitarie sono erogate, di norma, in forma diretta attraverso le strutture pubbliche o convenzio
nate», prevede che «le leggi regionali e provinciali stabiliscono
quali fra dette prestazioni possono essere erogate anche in for
ma indiretta, nel caso in cui le strutture pubbliche o convenzio
nate siano nella impossibilità di erogarle tempestivamente in for
ma diretta» e demanda ad un decreto del ministro della sanità
la determinazione dei «criteri di fruizione in forma indiretta, di prestazioni assistenziali presso centri di altissima specializza zione all'estero in favore dei cittadini italiani residenti in Italia,
per prestazioni che non siano ottenibili nel nostro paese tempe stivamente o in forma adeguata alla particolarità del caso
clinico». Il d.m. 3 novembre 1989, attuativo della disposizione sopra
riportata, considera «prestazione non ottenibile tempesivamente in Italia» «la prestazione per la cui erogazione le strutture pub bliche o convenzionate con il servizio sanitario nazionale richie
dono un periodo di attesa incompatibile con l'esigenza di assi
curare con immediatezza la prestazione stessa, ossia quando il
periodo di attesa comprometterebbe gravemente lo stato di sa
lute dell'assistito ovvero precluderebbe la possibilità dell'inter
vento o delle cure» (art. 2, 3° comma). Lo stesso d.m., peral
tro, dopo avere ampiamente disciplinato il procedimento per la concessione del concorso nella spesa da parte della struttura
sanitaria pubblica, subordinandolo ad una autorizzazione che
il centro regionale di riferimento (ossia il presidio o il servizio
di alta specialità, o, in alternativa, l'apposita commissione sani
taria regionale) concede o nega a seguito dell'accertamento del
la sussistenza dei presupposti sanitari per usufruire delle presta zioni richieste, prevede espressamente la possibilità di deroghe
(art. 7) ove ricorra il caso dell'eccezionale gravità ed urgenza,
per il quale si prescinde dalla preventiva autorizzazione (ma non
dell'accertamento della sussistenza degli stessi presupposti sani
tari legittimanti) previo parere della commissione centrale isti
tuita presso il ministero della sanità ai sensi del successivo art. 8.
L'errore logico della decisione appellata consiste, pertanto, nell'avere categoricamente affermato l'insussistenza delle condi
zioni di eccezionale gravità ed urgenza, senza una effettiva in
dagine condotta sulla base della documentazione allegata dal
l'interessato, traendo decisivo argomento dalla circostanza che
era stata negata la preventiva autorizzazione richiesta e che in
tale occasione sarebbe emersa la concreta tempestiva eseguibili tà dell'intervento in Italia.
Poiché il diniego di autorizzazione in base alla normativa so
pra richiamata, non esclude, di per sé, la sussistenza dei presup
posti per il riconoscimento ex post del concorso nella spesa so
stenuta dal soggetto che abbia ritenuto indispensabile il proprio ricovero all'estero prescindendo dall'autorizzazione preventiva, sembra evidente che non possa utilizzarsi, in sede di valutazione
della legittimità del diverso provvedimento di diniego di rim
borso (parziale e condizionato) della spesa, alcun argomento idoneo a dimostrare soltanto la legittimità (non contestata) del
diniego di autorizzazione preventiva al trasferimento in un cen
tro di assistenza all'estero.
In punto di fatto deve ricordarsi che il provvedimento di di
niego impugnato in primo grado (desumibile dalla nota 13 ago
sto 1991 della Usi n. 34 di Arzignano) attesta la non rimborsa
bilità delle spese sostenute dal sig. Innocenti per l'intervento
di cardiochirurgia presso il centro cardiotoracico di Monaco re
cependo espressamente la nota 27 luglio 1991 della Usi n. 25
di Verona, nella quale si afferma che «dall'esame della docu
mentazione inviata non risulta che il paziente abbia svolto ulte
riori accertamenti per la patologia carotidea che prevede un tem
po di attesa massimo di trenta giorni (d.m. 24 gennaio 1990)»
e si precisa che «il sig. Innocenti Walter è stato sottoposto ad
Il Foro Italiano — 1996.
intervento cardiochirurgico di quadruplo by pass Ao.-Co. per il quale il prof. Casarotto aveva espresso parere negativo per il trasferimento per cure all'estero in quanto tale intervento po teva essere effettuato nei tempi previsti dal d.m. 24 gennaio 1990 presso la divisione cardiochirurgica di Verona».
Richiamando la circostanza di fatto (desumibile dal ricorso
amministrativo prodotto dall'interessato) che il prof. Casarotto
aveva visitato il sig. Innocenti I'll aprile 1991 e gli aveva pro messo che l'intervento sarebbe stato effettuato entro tre setti
mane e che, tiononostante, il ricorrente decise di farsi ricovera
re presso il centro cardiotoracico di Monaco il 14 aprile 1991
(cioè appena tre giorni dopo) «senza attendere l'esito della pro cedura introdotta», il Tar argomenta che «se vi fosse stato un
aggravamento della patologia nei tre giorni successivi alla visita
del primario ... la Usi di Verona sarebbe stata obbligata ad
intervenire immediatamente per la prescrizione recata dal d.m.
24 gennaio 1990, per cui la patologia acuta va in ogni caso
affrontata sul territorio nazionale».
L'argomentazione del Tar, facendo leva, evidentemente, sul
(legittimo) diniego di autorizzazione preventiva al trasferimento
all'estero dell'assistito, finisce per vanificare totalmente la pre visione normativa sopra richiamata per l'ipotesi (negata dal Tar
in via di pura deduzione logica) di grave ed urgente necessità
di ricovero pur in assenza di autorizzazione.
La stessa sequenza cronologica dei fatti sopra ricordati (visita di controllo effettuata I'll aprile 1991; ricovero all'estero il 14
aprile 1991) unitamente alla circostanza che la scoperta della
patologia del sig. Innocenti risaliva a quasi due mesi prima del
la visita di controllo e che l'interessato non poteva avere certez
za di un tempestivo intervento chirurgico presso le strutture sa
nitarie nazionali nel rispetto dei termini di cui al d.m. 24 gen naio 1990 — non risultando formalmente comunicata
all'interessato medesimo prima del suo ricovero all'estero la da
ta eventualmente programmata per l'intervento stesso — convi
ce agevolmente della validità dell'opposto assunto dall'appel
lante, secondo cui il ricovero all'estero è stato determinato dal
l'aggravarsi delle sue condizioni di salute (e dall'incerta
prospettiva di un tempestivo intervento presso le strutture sani
tarie nazionali). Per le considerazioni sopra esposte l'appello in esame deve
essere accolto con il conseguente annullamento della decisione
impugnata e degli atti oggetto del giudizio di primo grado, salvi
ulteriori provvedimenti dell'amministrazione.
I
CONSIGLIO DI STATO; adunanza plenaria; decisione 1° di
cembre 1995, n. 32; Pres. Quartulli, Est. Perricone; Min.
tesoro e Inadel (Avv. Selvaggi) c. Marchese ed altri (Avv.
Cantù), Comune di Milano. Conferma Tar Lombardia, sez.
Ili, 28 agosto 1991, n. 429.
Comune e provincia — Avvocati municipali — Competenze pro fessionali — Pensionabilità — Controversie — Giurisdizione
amministrativa.
Comune e provincia — Avvocati municipali — Competenze pro fessionali — Pensionabilità (D.p.r. 13 maggio 1987 n. 268,
norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo sinda
cale per il triennio 1985-1987, relativo al comparto del perso nale degli enti locali, art. 69).
Spetta al giudice amministrativo conoscere della controversia
avente ad oggetto la pensionabilità delle quote di competenze
professionali percepite dagli avvocati facenti parte dell'uffi
cio legale interno di amministrazione comunale. (1)
(1) L'ordinanza di rimessione sez. VI 10 marzo 1994, n. 299 trovasi
riassunta in Foro it., Rep. 1994, voce Impiegato dello Stato, n. 1264.
La giurisprudenza è però sostanzialmente costante in punto di devolu
zione al giudice amministrativo delle controversie in esame, con contra
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PARTE TERZA
Le quote di competenze professionali percepite dagli avvocati
facenti parte dell'ufficio legale interno delle amministrazioni
comunali, ai sensi dell'art. 69 d.p.r. 13 maggio 1987 n. 268, devono considerarsi ad ogni effetto come voce retributiva del
lavoro professionale prestato e, quindi, assoggettate a contri
buzione ai fini previdenziali. (2)
II
CONSIGLIO DI STATO; adunanza plenaria; decisione 27 aprile 1995, n. 8; Pres. Anelli, Est. Bag arotto; Barone ed altri
(Aw. Laudadio, B. e F. Scotto) c. Regione Campania (Aw.
Monti); interv. Unione nazionale avvocati enti pubblici (Aw. G. e R. Marone). Conferma Tar Campania, sez. IV, 15 mar
zo 1991, n. 25.
Comune e provincia — Avvocati municipali — Indennità di to
ga — Esclusione (D.p.r. 25 giugno 1983 n. 347, norme risul
tanti dalla disciplina dell'accordo del 29 aprile 1983 per il
personale dipendente degli enti locali).
Agli avvocati facenti parte dell'ufficio legale interno di ammini
strazione comunale non spetta l'indennità di toga attribuita
in via continuativa in aggiunta alla retribuzione ordinaria fis sata in sede di contrattazione collettiva. (3)
sto più che altro apparente fra le precedenti decisioni, menzionate nel l'ordinanza di rimessione, della sez. V 3 aprile 1990, n. 315, id., Rep. 1990, voce Pensione, n. 89 e della sez. IV 6 febbraio 1991, n. 68, id., Rep. 1991, voce Impiegato dello Stato, n. 1222, come viene dato atto nella motivazione della dee. 32/96 in epigrafe; oltre alle pronunzie ivi
citate, si veda anche, in termini, Cass. 14 febbraio 1994, n. 1438, id., Rep. 1994, voce cit., n. 1286; 7 agosto 1992, n. 9379, id., Rep. 1992, voce cit., n. 1374; 6 luglio 1991, n. 7476, ibid., n. 1397; contra, per la sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti, alcune isolate
pronunzie: Cons. Stato, sez. VI, 19 dicembre 1991, n. 1203, ibid., voce
Pensione, n. 92 (in controversia promossa da dipendente del ruolo lega le dell'Inps); nonché, implicitamente, Corte conti, sez. giur. reg. Sarde
gna, 1° aprile 1992, n. 171, ibid., n. 131 e sez. Ill, pens, civ., 26 set tembre 1990, n. 64298, id., Rep. 1991, voce cit., n. 132; ha affermato
invece, sussistere la giurisdizione del giudice ordinario nella controver sia promossa contro l'Inail dagli avvocati del ruolo legale per ottenere la declaratoria di illegittimità delle ritenute per contributi previdenziali operate sui diritti ed onorari recuperati nei confronti delle controparti, Cass. 29 marzo 1983, n. 2243, id., 1983, I, 1182, con nota di richiami.
(2) In ordine alla pensionabilità (e, più in generale, alla computabili tà ai fini del trattamento di quiescenza) delle quote di onorari che i
legali interni degli enti pubblici percepiscono in dipendenza dell'attività
professionale prestata v'è pressoché totale univocità nella giurispruden za amministrativa, in riferimento sia agli enti locali che agli altri enti
pubblici (Inps, Inail, Inadel, Enasarco, ecc.): oltre alle decisioni citate in motivazione, si vedano, fra le più recenti, Cass. 21 giugno 1995, n. 6977, Foro it., Rep. 1995, voce Impiegato degli enti locali, n. 202 (in relazione all'indennità premio di servizio dei dipendenti degli enti
locali); Tar Lazio, sez. II, 11 gennaio 1995, n. 35, ibid., n. 236 (per legale di amministrazione provinciale); Cons. Stato, sez. VI, 24 settem bre 1994, n. 1436, id., Rep. 1994, voce cit., n. 258 (per legale di ammi nistrazione comunale); 23 aprile 1994, n. 581, ibid., voce Impiegato dello Stato, nn. 1265, 1266 (per legale dell'Inail); 3 marzo 1994, n. 250, ibid., n. 1293 (per legale dell'Inps); 5 dicembre 1992, n. 1010, id., Rep. 1993, voce Impiegato degli enti locali, n. 189; 10 marzo 1993, n. 218, ibid., voce Impiegato dello Stato, n. 1377; 14 ottobre 1992, n. 779, id.. Rep. 1992, voce cit., n. 960; 24 ottobre 1991, n. 711, id., Rep. 1991, voce cit., n. 1212; Tar Lazio, sez. Ili, 11 giugno 1990, n. 1066, id., Rep. 1990, voce cit., n. 1410; 29 agosto 1985, n. 1336, id., Rep. 1986, voce cit., nn. 851, 1124 (per legale dell'Enasarco); contra, per l'esclusione dalla base contributiva del trattamento pensionistico in
tegrativo spettante ai legali dell'Inani e dell'Inps, secondo i regolamenti all'epoca vigenti, Tar Lazio, sez. Ili, 15 giugno 1981, n. 611 e 7 ottobre 1981, n. 1026, id., Rep. 1982, voce cit., nn. 1231, 1235.
Nonostante l'identità della struttura della voce retributiva in esame e della disciplina di attribuzione delle quote di onorari riscosse con il
regime previsto dal r.d. 1611/33 per gli avvocati e procuratori dello Stato (come viene dato atto nella decisione in epigrafe), a questi ultimi la giurisprudenza amministrativa e contabile ha in passato sempre nega to la pensionabilità delle quote di onorari riscosse in base all'art. 21 1611/33 (e prima ancora in base all'art. 15 del regolamento 16 febbraio 1876 n. 2914), parimenti aventi carattere fisso e continuativo e svincola te da ogni determinazione discrezionale dell'amministrazione: Cons. Stato, sez. VI, 19 aprile 1994, n. 561, id., Rep. 1994, voce Avvocatura dello
Il Foro Italiano — 1996.
I
Fatto. — Pietro Marchese, Livio Cagnolati, Franco Garbin
e Giovanni Sindaco, con ricorso al Tar Lombardia, esponevano di essere dipendenti del comune di Milano con la qualifica, ri
spettivamente, di avvocato capo e di avvocati municipali supe riori e di avere a tale titolo sempre percepito la quota parte delle competenze professionali relative alle cause vinte analoga mente a quanto previsto dal r.d. 30 ottobre 1933 n. 1611 per
gli avvocati dello Stato.
Essi chiedevano che, pur in costanza del rapporto di impiego, venisse accertato l'obbligo a carico degli istituti previdenziali
(Cpdel e Inadel) di ricomprendere nella retribuzione contributi
va le quote di riparto degli onorari e delle competenze ad essi
corrisposte nella qualità di avvocati della avvocatura municipa le e l'obbligo del comune di Milano di versare i relativi contri
buti. (Omissis) Diritto. — I due appelli sono rivolti contro la medesima sen
tenza, per cui sono stati riuniti per ragioni di connessione.
Entrambi gli appelli ripropongono la questione del difetto di
giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla domanda
avanzata dagli odierni appellati ed originari ricorrenti, osser
vando che le pronunzie invocate dal tribunale (Cons. Stato, sez.
IV, 14 gennaio 1987, n. 20, Foro it., Rep. 1987, voce Impiegato dello Stato, nn. 1219, 1266, e Cass., sez. un., 23 giugno 1989,
Stato, n. 2; sez. IV 9 ottobre 1991, n. 783, id., Rep. 1991, voce cit., n. 1; 6 giugno 1972, n. 501 (in motivazione), id., 1972, III, 332, con nota di A. Romano (riformata per difetto di giurisdizione da Cass. 23 novembre 1974, n. 3806, id., 1975, I, 36); Corte conti, sez. Ill, pens, civ., 26 settembre 1990, n. 64298, id., Rep. 1991, voce Pensione, nn.
131-133; 29 aprile 1981, n. 47402, id., Rep. 1983, voce cit., n. 78; con
tra, nel senso della pensionabilità delle quote di onorario degli avvocati dello Stato, solo Tar Lombardia, sez. I, 9 dicembre 1987, n. 639, id., Rep. 1988, voce Avvocatura dello Stato, nn. 6, 7; Corte conti, sez.
giur. reg. Sardegna, 1° aprile 1992, n. 171, id., Rep. 1992, voce Pensio
ne, n. 131. Per riferimenti sugli avvocati addetti agli uffici legali degli enti pub
blici e sull'istituto della ripartizione degli onorari fra i dipendenti ad detti agli uffici legali degli enti locali, v. note di richiami a Cass. 20
aprile 1995, n. 4449, id., 1995, I, 1806, e Corte cost. 10 giugno 1988, n. 624, id., 1989, I, 1027; con particolare riferimento agli avvocati dello
Stato, A. M. Berardi, Nuovi profili del trattamento di pensione e del l'indennità di buonuscita alia luce della più recente giurisprudenza. Il caso degli avvocati dei comuni, dei dipendenti militari dello Stato e
degli avvocati dello Stato, in Legalità e giustizia, fase. 1/96; sulla no zione di retribuzione contributiva utile ai fini previdenziali, Cons. Sta
to, ad. plen., 17 settembre 1996, n. 19 e 21 maggio 1996, n. 4 (che hanno negato la computabilità ai fini dell'indennità di buonuscita delle indennità di polizia e di servizio operativo dei militari), id., 1996, III, 544, con nota di richiami.
(3) L'ordinanza di rimessione sez. V 3 ottobre 1992, n. 942 trovasi riassunta in Foro it., Rep. 1993, voce Impiegato degli enti locali, n. 183. Oltre alle decisioni citate in motivazione, si vedano, in termini con la decisione in epigrafe, per l'incompatibilità dell'indennità di toga con il nuovo regime introdotto dal d.p.r. 347/83, Tar Campania, sez. IV, 12 giugno 1991, n. 143 e 15 marzo 1991, n. 25, id., Rep. 1991, voce cit., nn. 191, 192; con riferimento all'art. 19, 5° comma, d.p.r. 191/79, Cons. Stato, sez. IV, 27 aprile 1987, n. 252, id., Rep. 1987, voce cit., n. 151; Tar Lazio, sez. II, 2 maggio 1984, n. 684, id., Rep. 1984, voce cit., n. 76 e 7 febbraio 1983, n. 64, id., Rep. 1983, voce cit., n. 76. Anche per l'indennità di toga, come per la quota onorari
corrisposta ai dipendenti degli uffici legali degli enti locali (v. nota che
precede), è stata sempre riconosciuta la computabilità ai fini del tratta mento di quiescenza: v. Tar Sicilia, sez. Catania, 2 febbraio 1995, n. 168, id., Rep. 1995, voce Impiegato dello Stato, n. 927; Tar Lazio, sez. Ili, 4 agosto 1992, n. 1066, id., Rep. 1992, voce cit., n. 1397 e 11 giugno 1990, n. 1066, id., Rep. 1990, voce Impiegato degli enti loca li, n. 601; Corte conti, sez. Ill, pens, civ., 9 gennaio 1993, n. 69140, id., Rep. 1993, voce Pensione, n. 82 e sez. giur. reg. Sicilia 2 febbraio 1993, n. 18, ibid., n. 90; Cons. Stato, sez. VI, 2 ottobre 1991, n. 614, id., Rep. 1991, voce Impiegato degli enti locali, n. 291; sez. II 9 marzo 1982, n. 582/81 (per l'indennità professionale dei legali dell'Inps), id., Rep. 1984, voce Impiegato dello Stato, n. 891; Cons, giust. amm. sic. 9 marzo 1994, n. 17, ibid., voce Impiegato degli enti locali, n. 164; contra, Tar Lazio, sez. Ili, 15 giugno 1981, n. 611 (citata nella nota che precede, per l'indennità speciale professionale dei legali dell'Inani), id., Rep. 1982, voce Impiegato dello Stato, n. 1231. Per riferimenti sull'indennità di toga, v. nota di richiami a Corte cost. 10 ottobre 1983, n. 302, id., 1984, I, 367.
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
n. 2998, id., Rep. 1989, voce cit., n. 1372) non sembrano perti nenti al caso in esame.
Ad avviso delle amministrazioni appellanti, il ricorso di pri mo grado — volto all'accertamento e correlativa dichiarazione
«dell'obbligo delle amministrazioni intimate di ricomprendere nella retribuzione annua contributiva, ai fini dei trattamenti di
quiescenza e di previdenza, le quote di riparto delle competenze di avvocato e procuratore corrisposte o da corrispondere ai ri
correnti» — andava dichiarato inammissibile sia perché invol
geva una tipica controversia per crediti pensionistici, sottratta
in quanto tale alla cognizione del giudice amministrativo, sia
perché, in ogni caso, non era sorretto dalla lesione attuale del
l'asserito interesse a ricorrere.
La questione dell'individuazione del giudice competente a co
noscere le controversie, aventi ad oggetto la determinazione del
la retribuzione contributiva del dipendente pubblico ai fini del
trattamento di quiescenza e di previdenza, è stata risolta dalla
consolidata giurisprudenza di questo consiglio, come è stato evi
denziato nell'ordinanza di remissione alla adunanza plenaria, nel caso che la giurisdizione esclusiva della Corte dei conti in
materia di pensioni è limitata solo a quanto concerne con im
mediatezza, anche nella misura, il sorgere, il modificarsi e lo
estinguersi totale o parziale del diritto a pensione in senso stret
to, restando esclusa da tale competenza ogni questione connes
sa con il rapporto di pubblico impiego, quale appunto la deter
minazione della base pensionabile e dei relativi contributi da
versare, sulla quale, invece, la giurisdizione è del giudice ammi
nistrativo.
Tale orientamento ha trovato la piena adesione della Corte
suprema di cassazione, la quale ha costantemente affermato che
in tema di previdenza e assistenza obbligatoria in favore di di
pendenti pubblici, restano devolute alla giurisdizione esclusiva
del giudice amministrativo tutte le controversie promosse dal
dipendente nei confronti del datore di lavoro, sia per far valere
l'obbligo di quest'ultimo al versamento dei contributi assicura
tivi e, quindi, ai fini della determinazione annua contributiva, sia per invocare la responsabilità risarcitoria per omessa contri
buzione, riguardando la giurisdizione della Corte dei conti le
sole controversie strettamente attinenti al diritto a pensione, non
ché quelle immediatamente connesse a tale diritto.
I richiamati orientamenti sono stati ribaditi proprio con rife
rimento a controversie aventi ad oggetto l'assoggettabilità a con
tribuzione previdenziale delle quote di onorari e competenze di
procuratore spettanti ad avvocati comunali (Cass., sez. un., 23
giugno 1989, n. 2998, cit.; 7 luglio 1988, n. 4505, id., Rep.
1988, voce Impiegato degli enti locali, n. 244; 27 luglio 1984,
n. 4428, id., Rep. 1986, voce Impiegato dello Stato, n. 1106; Cons. Stato, sez. IV, 14 gennaio 1987, n. 20, cit.; sez. VI 5
dicembre 1992, n. 999, id., Rep. 1993, voce cit., nn. 1362, 1373,
1380, 1382; 2 ottobre 1991, n. 614, id., Rep. 1991, voce Impie
gato degli enti locali, n. 291; 6 febbraio 1991, n. 68, ibid., voce
Impiegato dello Stato, nn. 1211, 1222). Da tale orientamento questo collegio ritiene di non doversi
discostare in tutte le ipotesi in cui la controversia è stata pro mossa sempre contro il diniego opposto dall'ente datore di la
voro, ovvero l'ente previdenziale, di sottoporre a contribuzio
ne, ai fini previdenziali e di quiescenza, la quota onorari spet tante ai ricorrenti; evenienza questa che ricorre nel caso in esame, nel quale non è stato dagli appellanti documentato che le som
me erogate agli avvocati comunali a titolo di compensi profes sionali forensi fossero state assoggettate a contributo, sia a fini
pensionistici che a fini di liquidazione dell'indennità premio di
servizio.
Infatti, attesa l'inottemperanza a due decisioni istruttorie, i
fatti affermati dagli appellati, originari ricorrenti in primo gra do — che cioè non sono state ricomprese nella retribuzione con
tributiva le quote di riparto degli onorari e delle competenze ad essi^corrisposte
— devono ritenersi provati alla stregua della
«regola di giudizio» contenuta nell'art. 116 c.p.c. (sez. IV 27
giugno 1989, n. 432, id., Rep. 1989, voce Giustizia amministra
tiva, n. 714; sez. V 6 novembre 1985, n. 370, id., Rep. 1986,
voce cit., nn. 349, 694; sez. VI 9 maggio 1983, n. 345, id.,
Rep. 1983, voce cit., n. 657; sez. IV 12 gennaio 1971, n. 7,
id., Rep. 1971, voce cit., n. 327; Cons, giust. amm. sic. 22
ottobre 1984, n. 145, id., Rep. 1984, voce cit., n. 615). Di conseguenza, non rileva, per la soluzione della controver
sia, il prospettato contrasto giurisprudenziale di cui all'ordinan
za di rimessione della sezione sesta.
Il Foro Italiano — 1996.
Invero, i due orientamenti che detto contrasto avrebbero po tuto generare (sez. V 315/90, id., Rep. 1990, voce Pensione, n. 89; sez. VI 68/91, id., Rep. 1991, voce Giustizia amministra
tiva, n. 182) in realtà riflettevano due situazioni affatto diverse:
nella prima, in cui era stato ritenuto il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, «erano state effettute e versate alla
Cpdel le trattenute contributive nella misura dovuta» (dee. sez.
V 315/90, cit.); nella seconda, in cui era stata affermata la giu risdizione del giudice amministrativo, si faceva questione, come
nella presente fattispecie, «dell'accertamento dell'obbligo del
l'amministrazione datrice di lavoro al versamento dei contributi
assicurativi e quindi della determinazione della retribuzione an
nua contributiva» (dec. sez. VI 68/91, cit.). D'altra parte, come risulta dal ricorso di primo grado, gli
odierni appellati non hanno inteso 'anticipare', in quella sede, alcun giudizio pensionistico volto a determinare il quantum del
la loro futura pensione. Essi hanno semplicemente denunciato
che, pur avendo il comune deliberato di adempiere alle obbliga zioni contributive de quibus, «tale unilaterale comportamento» non aveva «trovato il necessario riscontro da parte delle altre
amministrazioni intimate, onde» permaneva il loro interesse «alla
rimozione di ogni eventuale ostacolo da esse frapposto». Nel caso di specie, quindi, gli originari ricorrenti hanno chie
sto che determinati emolumenti — nei quali sono effettuate le
trattenute contributive previdenziali — siano considerati come
facenti parte della retribuzione utile ai fini del trattamento di
quiescenza, sollecitando con il ricorso di primo grado una sen
tenza dichiarativa dell'obbligo di includere la voce retributiva
in questione nel futuro trattamento di quiescenza, aj fine di
prevenire il provvedimento che l'ente erogatore del futuro trat
tamento pensionistico dovrà adottare a suo tempo. Si tratta, in altri termini, di un'azione dichiarativa e di accer
tamento del loro diritto a vedersi considerare come pensionabili
dagli istituti di previdenza competenti e, conseguenemente, cal
colati ai fini di quiescenza e previdenziali gli onorari percepiti e percepiendi, nella loro veste di professionisti legali del comu
ne di Milano, pur in presenza di regolari trattenute operate dal
l'amministrazione datrice di lavoro ed in assenza di diniego da
parte degli enti previdenziali.
Ora, la ritenuta sussistenza della giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo in materia di pubblico impiego, trattan
dosi di accertamento dell'obbligo dell'amministrazione datrice
di lavoro al versamento dei contributi assicurativi e quindi della
determinazione della retribuzione annua contributiva, sia della
responsabilità risarcitoria per omessa contribuzione, consente
di affrontare l'ulteriore questione preliminare, giacché la mede
sima considerazione dà conto non solo di come si versi nella
citata giurisdizione esclusiva, ma anche di come la situazione
azionata, inerendo alla determinazione della retribuzione annua
contributiva, abbia la consistenza di diritto soggettivo e di co
me l'interesse ad agire in concreto sussista, trovando collocazio
ne nella contestazione fatta dall'amministrazione di tale prete
sa, di cui viene chiesto l'accertamento.
Passando all'esame del merito, va sottolineato che, a norma
dell'art. 69 d.p.r. 13 maggio 1987 n. 268, ed anteriormente in
base a specifici atti autorizzativi, gli istanti hanno sempre per
cepito le competenze di avvocato e procuratore, loro spettanti
pro quota. Deve conseguentemente ritenersi che, in concreto, la voce re
tributiva in questione abbia le caratteristiche della continuativi
tà e non alcatorietà e che la stessa debba considerarsi ad ogni effetto come voce retributiva del lavoro professionale prestato.
Anzi, la percezione, regolare nel tempo, degli anzidetti ono
rari rappresenta la tipica espressione del contenuto professiona le dell'anzidetto rapporto di servizio, di per sé irriducibile a
compiti, anche impegnativi, epperò di natura meramente buro
cratica.
Sulla scorta di queste considerazioni va perciò confermata se
condo la costante giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato,
sez. VI, 6 febbraio 1991, n. 68, cit., e 614/91, id., Rep. 1991,
voce Impiegato degli enti locali, n. 291) la sentenza impugnata e va conseguentemente dichiarato l'obbligo del comune di Mila
no di versare i relativi contributi e degli enti previdenziali inti
mati di riceverli, con regolarizzazione della posizione assicurati
va dei ricorrenti originari.
Quanto al computo del loro ammontare, andrà tenuto conto
della media degli onorari percepiti nel triennio (sez. VI 14 luglio
1987, n. 471, id., Rep. 1987, voce Pensione, nn. 98-100).
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PARTE TERZA
II
Diritto. — Gli appelli in epigrafe hanno in comune due arti
colati motivi, con cui le ordinanze del Coreco di annullamento
delle delibere comunali, attributive dell'indennità di toga in fa
vore dei dipendenti professionisti legali, vengono censurate ri
spettivamente per vizio del procedimento di controllo e per in
sussistenza dei vizi delle dette delibere rilevati dal Coreco me
desimo.
Col primo motivo, sul quale, per evidenti ragioni di pregiudi
zialità, questa adunanza deve anzitutto soffermarsi, si sostiene
in particolare che il Coreco avrebbe reiterato le richieste interlo
cutorie concernenti il provvedimento in controversia, che, per
tanto, risulterebbe annullato dopo la scadenza del termine pre visto per l'esercizio del potere di controllo.
A questo proposito, ai fini di una più approfondita ricostru
zione dei fatti di causa, si deve premettere che con delibera g.m. 18 febbraio 1985, n. 1 il comune di Napoli aveva provveduto in merito all'attuazione dell'accordo nazionale di lavoro per il
personale dipendente dagli enti locali, approvato con il d.p.r. 25 giugno 1983 n. 347.
Sulla menzionata delibera, con la quale si faceva, fra l'altro, riferimento alla conservazione di indennità pregresse, la sezione
di controllo, con ordinanza 7 marzo 1985, n. 19, formulava
richiesta di chiarimenti, forniti con la delibera g.m. 22 luglio 1985, n. 708, assunta dopo avere rinnovato con le organizzazio ni sindacali le consultazioni di rito.
Anche tale delibera, con cui l'amministrazione comunale, nel
modificare ed integrare quella precedente anche per quanto con
cerne il trattamento dei procuratori ed avvocati, esponeva l'in
dennità di toga nell'elenco delle indennità conservate, veniva
interloquita dal Coreco con richiesta di chiarimenti 8 agosto 1985 n. 108.
I richiesti chiarimenti, relativi alla compatibilità dell'atto con
il divieto di corrispondere trattamenti economici aggiuntivi ri
spetto alle previsioni del d.p.r. sopra citato, venivano forniti
con delibera 21 ottobre 1985, n. 1, seguita dall'impugnata ordi
nanza 12 novembre 1985, n. 161 e dalla delibera g.m. 20 marzo
1986, n. 294, ripropositiva dell'atto annullato e a sua volta an
nullata dal Coreco.
Ciò premesso, l'adunanza osserva che la delibera g.m. 22 lu
glio 1985, n. 708, per essere stata assunta in seguito ad un nuo
vo ciclo di consultazioni con le organizzazioni sindacali e per i suoi contenuti modificativi ed additivi rispetto a quelli della
delibera g.m. 18 febbraio 1985, n. 1, costituisce un atto a sè
stante, insuscettibile di configurarsi come integrativo ed illustra tivo del precedente.
La questione riguardante il carattere integrativo ovvero inno vativo della delibera giuntale 22 luglio 1985, n. 708 va invero
risolta in relazione alla consistenza sostanziale del provvedimento, tenendo conto anche degli incombenti prodromici espletati in vista della sua assunzione, nulla invece rilevando il nomen iuris che lo denomina.
II motivo fin qui esaminato si palesa quindi carente di pregio e siccome tale deve essere disatteso.
Per il secondo motivo, con cui, nella sostanza, si deduce che la conservazione dell'indennità de qua non contrasterebbe con le previsioni del d.p.r. 347/83, avendo il proprio fondamento nella posizione differenziata di avvocati e procuratori, risultan te dalla relativa «legge professionale», la controversia è stata rimessa a questa adunanza.
Al riguardo va rilevato che, in materia di indennità e com
pensi ai difensori dipendenti dagli enti pubblici iscritti nelle spe ciali sezioni degli albi degli avvocati e procuratori, sono interve nute decisioni di diverso tenore in casi analoghi o similari (cfr. sez. V 26 ottobre 1984, n. 769, Foro it., Rep. 1984, voce Impie gato dello Stato, nn. 906-908; sez. IV 25 marzo 1988, n. 262, id., Rep. 1988, voce cit., n. 786; 8 novembre 1990, n. 869, id., Rep. 1991, voce cit., n. 754, e 12 marzo 1992, n. 272, id., Rep. 1992, voce Impiegato degli enti locali, n. 224, le prime favorevoli e le altre contrarie ai privati).
Entrando sul merito, si deve quindi osservare che la c.d. «legge professionale» fa riferimento agli avvocati e procuratori degli enti pubblici al solo scopo di consentire loro l'esercizio del pa trocinio a favore delle amministrazioni di appartenenza in dero
ga al principio secondo cui l'esercizio della professione forense è incompatibile con qualsiasi rapporto di lavoro subordinato.
Il Foro Italiano — 1996.
In particolare, l'anzidetta legge, non prevedendo che i difen
sori in argomento debbano essere retribuiti in base alle tariffe
che disciplinano i compensi relativi alle prestazioni dei liberi
professionisti, per evidenti ragioni di ordine logico e di coeren
za sistematica riserva la materia alle previsioni delle speciali norme
legislative e regolamentari che la disciplinano.
Orbene, per quanto attiene alla posizione degli attuali appel
lanti, il relativo trattamento economico, nel sistema introdotto
dalla «legge quadro» sul pubblico impiego, trova la propria di
sciplina in accordi nazionali di lavoro approvati con d.p.r. e, nella fattispecie, dal d.p.r. n. 347 del 1983 più volte citato.
È peraltro noto che quest'ultimo assume una delle proprie connotazioni più significative appunto sul c.d. principio di on
nicomprensività della retribuzione, per cui, in sede di reinqua dramento per rinnovo contrattuale, le indennità pregresse non
possono essere conservate, ad integrazione del trattamento eco
nomico previsto. Del resto, le considerazioni svolte dagli appellanti circa l'ine
renza allo stipendio dell'indennità corrispondente ad un com
penso fisso mensile non giovano a sostegno del loro assunto, in quanto il cumulo dei due cespiti comporterebbe una retribu
zione eccedente i limiti previsti dal d.p.r. anzidetto.
Quanto infine alle censure di eccesso di potere per carenza
di motivazione, dedotte con un ultimo profilo del mezzo all'e
same, si osserva che gli atti di controllo e quelli di inquadra mento sono dj carattere vincolato e, quindi, insuscettibili di cen
sure nei termini sopra specificati. Anche il secondo, articolato motivo d'appello è quindi infon
dato e meritevole di essere disatteso.
Con un distinto motivo a sostegno del proprio ricorso il Ve
sce infine censura la sentenza in epigrafe deducendo che il Tar
non si sarebbe pronunziato sull'intervento ad adiuvandum da
lui spiegato nel giudizio di primo grado, ma tale censura si pa lesa del tutto infondata e comunque ininfluente.
Al riguardo si deve tener presente che, nonostante l'apporto suasorio dell'interveniente, le impugnate ordinanze della Core
co non sono state intaccate dalle censure dedotte con il ricorso
di primo grado e che, di conseguenza, il dispositivo della sen
tenza appellata non è viziato dalla censurata carenza motiva
zionale.
Conclusivamente, gli appelli in epigrafe vanno respinti.
CORTE DEI CONTI; sezione controllo Stato; deliberazione 28
luglio 1995, n. 104; Pres. Carbone, Est. Marchetta; Min.
tesoro, Min. bilancio e programmazione economica.
CORTE DEI CONTI;
Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici in genere —
Ministri — Poteri di indirizzo politico-amministrativo — Man cato esercizio — Dirigenti — Poteri di gestione amministrati va — Effetti (D.leg. 3 febbraio 1993 n. 29, razionalizzazione
dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisio ne della disciplina in materia di pubblico impiego a norma dell'art. 2 1. 23 ottobre 1992 n. 421, art. 3, 14, 16, 20).
Nel nuovo sistema organizzativo delle amministrazioni statali
delineato dal d.leg. 29/93, il mancato esercizio dei poteri di
indirizzo politico-amministrativo da parte dei ministri deter mina che i dirigenti, nell'esercizio dei toro poteri di gestione amministrativa, debbano limitarsi agli atti di gestione che ri
guardano: pagamenti in conto residui; spese che trovano la
loro giustificazione in atti normativi senza che sia necessaria
una scelta programmatica, ovvero la determinazione di prio rità o di obiettivi; adempimento di obbligazioni verso terzi per scadenza di termini o per previsioni legislative o contrat
tuali; spese obbligatorie e d'ordine. (1)
(1) Il rapporto tra «politica» e «amministrazione» rappresenta uno snodo fondamentale delle vicende che, dall'inizio degli anni novanta, interessano la riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni.
Il d.leg. 29/93 e i successivi decreti correttivi (d.leg. 470/93 e d.leg. 546/93) hanno risposto all'esigenza di attuare la separazione tra funzio
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