Adunanza plenaria; decisione 13 gennaio 1981, n. 1; Pres. Levi Sandri, Est. Serio; Comune diRiccione (Avv. Ferrari), Regione Emilia-Romagna (Avv. Passerini, Predieri, Cristoni) c. Leardinie altri; Comune di Riccione, Regione Emilia-Romagna c. Palermo e altri (Avv. Polverigiani,Paolucci). Annulla T.A.R. Emilia-Romagna, Sez. Bologna, 20 aprile 1978, n. 82 e 8 giugno 1978,n. 204Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1981), pp. 437/438-439/440Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23172629 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
lemento soggettivo non ha bisogno di essere provato con una autonoma indagine sul carattere colposo del ritardo, perché se^ne deve ritenere l'esistenza in conseguenza della violazione, accertata nel giudizio di legittimità dell'atto suddetto, delle norme che la
pubblica amministrazione è tenuta ad osservare (Cass. 19 aprile 1956, n. 1177, id., 1957, I, 1255; 20 aprile 1961, n. 884, id., 1961, I, 1900); principio enunciato e ribadito (benché abbandonato in
seguito, ma solo implicitamente: Sez. un. 15 dicembre 1977, n.
5464, cit.) con specifico riferimento alla questione degli interessi
sugli stipendi dovuti a pubblici impiegati; interessi che la seconda sentenza qualifica moratori benché li faccia decorrere, come la
prima, dalle scadenze delle singole mensilità. 7. - L'obbligo dell'I.n.p.s. di riliquidare ai ricorrenti i compensi
del lavoro straordinario è sorto con l'entrata in vigore del d. pres. n. 411/1976; che, però, non stabilisce un termine per la liquida zione e il pagamento dei conguagli. L'obbligazione essendo, dun
que, senza termine di scadenza, gli interessi decorrono dalla data della domanda; che, nel caso, non risultando un precedente atto di costituzione in mora (cfr. Sez. IV 18 maggio 1966, n. 417, id., Rep. 1966, voce Impiegato dello Stato, n. 458), è quella della notificazione del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
Trattasi, allora, di interessi moratori. L'attribuzione dei quali, peraltro, dipende direttamente ed esclusivamente — nell'ari e nel
quantum — dalla pronuncia sul diritto dei ricorrenti ai predetti conguagli. E la considerazione che la cognizione della questione da parte di un giudice diverso da quello della questione principa le porrebbe la premessa di un possibile contrasto di giudicati riprova che non si tratta di una questione conseguenziale.
In conclusione, la sentenza appellata merita conferma, con la
suesposta precisazione — a integrazione della generica condanna
agli interessi, non esattamente definiti corrispettivi — della decor renza degli interessi legali dal 2 febbraio 1978.
Per questi motivi, ecc.
II
La Sezione, ecc. — Il ricorso, che il dott. Pennarola ha
proposto al Consiglio di Stato il 12 giugno 1970 e sul quale insiste dopo che il T.A.R. della Campania — al quale il ricorso è stato a suo tempo trasmesso — ha declinato la propria competen za, non s'esaurisce nelle domande di una maggiore retribuzione
(per il periodo 5 luglio 1965 - 31 luglio 1965 nel quale fu addetto, con provvedimento del consiglio d'amministrazione, a mansioni
superiori, e per il periodo 1° gennaio 1968 - 7 luglio 1968 nel
quale dovevano, secondo il ricorrente, essergli riconosciuti gli aumenti di stipendio stabiliti con effetto retroattivo dal c.c.n.l. del 12 febbraio 1969), e nella domanda di una maggiore indennità di anzianità da liquidarsi sulla base dei nuovi minimi di stipendio. All'accoglimento della prima domanda potrebbe ostare l'art. 10 del regolamento del I.a.c.p. di Salerno, a norma del quale l'adempimento temporaneo di funzioni annesse a qualifica supe riore a quella rivestita dall'impiegato non gli attribuisce il diritto a maggiorazione di assegni (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 5 maggio 1978, n. 16, Foro it., 1978, III, 601). All'accoglimento della seconda e della terza domanda potrebbe ostare la considerazione che il c.c.n.l. del 12 febbraio 1969 non risulta dalla documenta
zione acquisita (di cui, peraltro, andrebbero colmate, per giungere ad una decisione sicura, alcune lacune) che sia stato recepito dall'I.a.c.p. della provincia di Salerno, ed è, altresì, dubbio che i nuovi minimi siano superiori allo stipendio attribuito al ricorren te.
Peraltro, un capo di domanda che appare sin d'ora al collegio suscettibile di accoglimento è quello relativo all'indennità sostitu tiva delle ferie. L'I.a.c.p. ha certificato, infatti, che il dott. Pennarola ha fruito, nel 1968, di sei giorni di ferie: meno di
quanti gli spettavano, pur considerando che egli è stato collocato in aspettativa senza assegni dall'8 luglio 1968 e in tale posizione è rimasto sino alla risoluzione del rapporto d'impiego.
Tanto basta perché vengano in rilievo le problematiche poste dalle domande relative agli interessi legali sulle somme dovute al
ricorrente e della rivalutazione delle stesse per adeguarle alla
diminuzione del valore della moneta intervenuta successivamente alla data di maturazione del credito o a quella della relativa
domanda; problematiche la cui risoluzione è stata dalla sezione
devoluta all'adunanza plenaria con l'ordinanza del 15 gennaio 1980, n. 10 (id., 1980, III, 447).
Pertanto anche il presente ricorso va rimesso all'adunanza
plenaria. Non è il caso di riprodurre qui la motivazione dell'ordinanza n.
10 del 1980 nella quale è stata posta in evidenza la eterogeneità delle soluzioni che la questione degli interessi sui crediti di lavoro
degli impiegati pubblici ha ricevuto nella recente giurisprudenza, tanto sotto il profilo della giurisdizione quanto sotto quello sostanziale.
Per quanto riguarda la questione della rivalutazione monetaria
degli stessi crediti, la giurisprudenza amministrativa è, invece,
quasi pacificamente orientata nel senso di negare la propria giurisdizione al riguardo; e a sostegno di tale orientamento può addursi — come la sezione ha osservato nell'ordinanza n. 10 del 1980 — la lettera dell'art. 429, ult. capov., cod. proc. civ. come
modificato dalla legge 11 agosto 1973 n. 533, che si riferisce alla svalutazione come ad un « maggior danno » dato che la materia dei danni esula dalla giurisdizione amministrativa. Ma l'argomento letterale non è sempre decisivo, come si sa, ai fini dell'interpreta zione. Ed è sempre più diffusa la tendenza, della giurisprudenza e
della dottrina, a consentire crediti di valore quelli derivanti dal
rapporto di lavoro. Se il supporto normativo di tale qualificazione si ravvisa nell'art. 429, ult. capov., cod. proc. civ., interpretato alla stregua degli effetti che produce in concreto piuttosto che dalla sua formulazione letterale, allora può apparire incerta la
legittimità costituzionale in una norma che la riserva esclusiva mente ai prestatori di lavoro dipendenti da privati.
D'altra parte, potrebbe suggerirsi che i diritti patrimoniali attribuiti direttamente dalla legge non si prestano ad essere
qualificati come conseguenziali alla pronuncia di legittimità di un atto o provvedimento (art. 30, capov., t. u. 26 giugno 1924 n.
1054); e che perciò le relative questioni non si sottraggono alla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Per questi motivi, ecc.
CONSIGLIO DI STATO; Adunanza plenaria; decisione 13 gen naio 1981, n. 1; Pres. Levi Sandri, Est. Serio; Comune di
Riccione (Avv. Ferrari), Regione Emilia-Romagna (Avv. Pas
serini, Predieri, Cristoni) c. Leardini e altri; Comune di
Riccione, Regione Emilia-Romagna c. Palermo e altri (Avv. Polverigiani, Paolucci). Annulla T.A.R. Emilia-Romagna, Sez.
Bologna, 20 aprile 1978, n. 82 e 8 giugno 1978, n. 204.
Regione — Emilia-Romagna — Provvedimenti in materia di ur
banistica — Legittimità — Mozione di indirizzo politico amministrativo — Mancata sottoposizione a controllo — Irri levanza (Statuto della regione Emilia-Romagna, art. 7, 24; leg
ge reg. Emilia-Romagna 15 maggio 1972 n. 5, norme per l'eser
cizio delle funzioni attribuite alla regione dalla legge statale
22 ottobre 1971 n. 865, art. 4; legge reg. Emilia-Romagna 11
ottobre 1972 n. 9, norme transitorie per l'esercizio delle fun
zioni trasferite o delegate alla regione Emilia-Romagna ai sen
si dei d. pres. 14 gennaio 1972 nn. 1, 2, 3, 4, 5 e 6 e 15 gen naio 1972 nn. 7, 8, 9, 10 e 11, art. 2, 8).
Regione — Emilia-Romagna — Piano regolatore — Approvazione della giunta regionale — Incompetenza — Esclusione (Cost., art. 121, 123; statuto della regione Emilia-Romagna, art. 7,
24, 26; legge reg. Emilia-Romagna 11 ottobre 1972 n. 9, art. 4).
Sono legittimi i provvedimenti emessi in materia urbanistica dalla
giunta della regione Emilia-Romagna, anche se è inefficace per mancata sottoposizione a controllo la mozione con la quale il
consiglio regionale aveva formulato gli indirizzi politico-ammi nistrativi ai quali la giunta stessa deve attenersi. (1)
È legittima l'approvazione del piano regolatore generale comunale, che sia stata deliberata dalla giunta, e non dal consiglio della
regione Emilia-Romagna. (2)
L'Adunanza, ecc. — Con il primo motivo di gravame sostengo no gli appellanti che la cosiddetta « mozione » non può essere
considerata un atto amministrativo presupposto e condizionante
del provvedimento di approvazione della giunta regionale del
p.r.g. del comune di Riccione.
La censura è fondata, come chiaramente emerge dalla lettura
della norma cui la censura stessa si riferisce.
L'art. 7 statuto regionale, anzitutto, attribuisce al consiglio
regionale la determinazione dell'indirizzo politico ed amministrati
vo della regione (primo comma). Si tratta cioè di una norma che
definisce una delle attribuzioni di quell'organo della regione, senza per questo disciplinare un procedimento di esercizio di tale
attribuzione o puntualizzarne le forme e gli atti in cui esso deve
necessariamente esprimersi. Segue l'art. 24, il cui secondo comma
pone i limiti di esercizio delle funzioni di promozione, di iniziati
va e di attuazione attribuite alla giunta regionale, vincolandone
(1-2) L'ordinanza di rimessione all'adunanza plenaria Sez. IV 13 novembre 1979, n. 1001, è massimata in Foro it., Rep. 1980, voce
Regione, nn. 241, 244. L'adunanza plenaria conferma l'orientamento assunto con decisione
28 ottobre 1980, n. 38, id., 1981, III, 137, con nota di richiami, ai
quali si rinvia per i precedenti della complessa vicenda.
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PARTE TERZA
l'esercizio alla conformità con gli indirizzi politici ed amministra
tivi determinati dal consiglio regionale. Fin qui ancora non vi è
che un obbligo di comportamento per gli organi regionali, di
informare la propria azione a quegli indirizzi che siano stati
determinati dal consiglio regionale nell'esercizio di una propria
attribuzione, che ha di per sé e fino a tale determinazione ancora
contorni e prospettive di solo ordine politico.
Le norme transitorie adottate in via generale per l'esercizio
delle funzioni amministrative trasferite dallo Stato alla regione con legge reg. 11 ottobre 1972 n. 9, e specificamente per l'eserci
zio delle funzioni amministrative in materia di edilizia economica
e popolare con legge reg. 15 maggio 1972 n. 5, nulla aggiungono al profilo statutario delle attribuzioni consiliari di indirizzo politi co e amministrativo né alla conseguente regola di comportamento
degli altri organi regionali, se non il riferimento all'ambito di
attività amministrativa da esse disciplinato. Che anzi, la prima di
tali leggi si limita nella sua previsione generale (art. 2, 1° comma,
lett. a) a riprodurre la previsione dell'attribuzione consiliare al
riguardo, ritenendo evidentemente implicita e comunque superflua la ripetizione della regola conseguente di comportamento per gli altri organi regionali nell'esercizio delle funzioni amministrative
disciplinate a ciascuno spettanti, derivando tale regola sufficien
temente dallo statuto. Essa peraltro era contenuta nell'art. 4 e
nella norma finale e transitoria della seconda delle leggi regionali
sopra menzionate (15 maggio 1972 n. 5, mantenuta in vigore dall'art. 8 della prima) con formulazione identica a quella statuta
ria e senza .che nella stessa legge fosse ripetuta la previsione dell'attribuzione consiliare.
Tale situazione normativa, vigente al momento in cui sono stati
adottati i provvedimenti impugnati, esclude dunque una puntuale
disciplina del procedimento di formazione ed approvazione dei
piani regolatori generali, e solamente definisce le competenze amministrative degli organi regionali nella materia, come in ogni altra materia implicante l'esercizio di funzioni amministrative
trasferito alla regione. La determinazione degli indirizzi politici ed amministrativi,
prevista come attribuzione del consiglio regionale, senza alcun
obbligo giuridico circa il modo, il tempo e l'opportunità di
adottarla in questa o quella delle materie, nelle quali gli altri
organi regionali hanno competenza, e quindi affidata alla discre
zionalità politica del consiglio stesso ed alle sue valutazioni
variabili in sintonia con gli interessi pubblici di volta in volta
perseguiti, rappresenta solo la cornice dell'azione amministrativa
degli altri organi regionali, quando sia stata adottata. Che se essa
manchi o, per avventura, sia impedita nella sua efficacia giuridica, non per questo tale azione trova ostacolo, potendo esplicarsi secondo criteri desumibili dal complesso dei programmi di ammi
nistrazione che il consiglio ha delibato nella fiduciaria elezione
della giunta e del presidente. Dalle prescrizioni statutarie conside
rate perciò e dalle loro specificazioni di legge regionale ordinaria
deriva soltanto un vincolo al contenuto degli strumenti urbanistici
da conformare agli indirizzi politici ed amministrativi, che siano
stati già efficacemente determinati dal consiglio regionale, ma non anche un disegno procedimentale per il quale l'azione amministra
tiva degli organi regionali debba essere necessariamente preceduta da quella determinazione.
Nel caso in esame, quale che sia la natura dell'atto consiliare di
determinazione degli indirizzi politici ed amministrativi (assogget tabile o no esso al controllo dell'apposita commissione e retroat
tivi o no gli effetti del tardivo controllo), manca per quanto si è
fin qui detto qualsiasi impedimento ai provvedimenti concernenti
l'approvazione del p.r.g. oggetto dell'impugnazione. Posto, infat
ti, che la determinazione vi è stata e che i suddetti provvedimenti
contengano la enunciazione di conformità agli indirizzi determina
ti, ove mai quella fosse stata ancora inefficace per difetto del
controllo eventualmente prescritto, ciò non avrebbe sicuramente
causato l'illegittimità di tali provvedimenti, liberi come sono da
un simile presupposto ed essendo la conformità ad un atto
inefficace liberamente assunta. Che se il controllo non fosse
prescritto per tal genere di atti, da considerare cosi immediata
mente efficaci, sussistendo l'obbligo di conformità per la successi
va azione amministrativa degli altri organi regionali, simile obbli
go risulterebbe osservato né alla chiara conformità è stata mossa
alcuna censura.
Gli appelli principali debbono essere pertanto accolti col conse
guente annullamento delle impugnate sentenze.
Per quanto attiene agli appelli incidentali, il cui esame è reso
possibile dall'accoglimento degli appelli principali, osserva l'adu
nanza in ordine al primo motivo che contrariamente a quanto con
tale censura si sostiene l'incompetenza della giunta non può farsi
derivare dall'art. 7 dello statuto della regione Emilia-Romagna. Le regioni a statuto ordinario invero, secondo l'art. 121 Cost.,
esercitano le proprie funzioni mediante i tre organi: consiglio
regionale, giunta e presidente della stessa, i quali hanno sfere di
competenza tali da essere determinate direttamente dalla stessa
Costituzione o dalle leggi per il primo e in maniera tendenzial
mente residuale per gli altri due, che sono rispettivamente organo esecutivo e di rappresentanza.
L'art. 123 Cost., poi, affida allo statuto regionale le norme
relative all'organizzazione interna di ciascuna regione. Lo statuto della regione Emilia-Romagna, dopo aver fatto riser
va a ciascuno dei suddetti organi della competenza per alcune
funzioni (rispettivamente art. 7, 24 e 26) ha rinviato per la
generalità delle altre funzioni alle indicazioni della Costituzione e
delle leggi ordinarie, dalle quali solamente si può perciò indivi
duare una determinata competenza che non sia fra quelle riser
vate, come appunto in materia di approvazione di piani urbanisti
ci.
Riguardo a questi ultimi, nel momento in cui sono stati
emanati i provvedimenti impugnati, era in vigore la legge reg. 11
ottobre 1972 n. 9 che all'art. 4 attribuisce la competenza alla
giunta in materia urbanistica.
Tale competenza risulta osservata dai provvedimenti impugnati, senza che si possa dire che essa era stata riservata al consiglio
regionale, non comparendo nell'elencazione delle funzioni dell'art.
7 dello statuto regionale e pertanto la censura fin qui esaminata si
appalesa priva di fondamento.
Parimenti infondate sono la seconda, la terza e la quarta censura con le quali si pretenderebbe di denunciare rispettivamen te la violazione dell'art. 9 legge 17 agosto 1942 n. 1150, l'eccesso
di potere per disparità di trattamento e il difetto di motivazione.
La conclamata tardività delle opposizioni presentate dai ricor
renti al piano adottato esclude la pretesa violazione come sopra
dedotta per omesso esame di dette opposizioni. L'obbligo di un
simile esame, invero, deriva dalla tempestività delle opposizioni che solo in tal senso debbono essere trasmesse col piano all'orga no competente per l'approvazione.
Per quanto concerne poi la pretesa mancanza di ripubblicazione del piano a seguito dell'accoglimento di alcune osservazioni, rettamente i primi giudici hanno rilevato che i ricorrenti non
hanno indicato quali tra le modifiche introdotte avrebbero potuto incidere sul loro interesse e perciò fondatamente hanno disatteso
la generica censura al riguardo dedotta.
Per quanto concerne il rilievo di disparità di trattamento in
relazione all'esame più o meno esteso riservato alle diverse
osservazioni, non merita censura in proposito la impugnata sen
tenza, stante che non tutte le osservazioni si impongono ugual mente all'attenzione per la serietà delle valutazioni e per l'atten
dibilità delle soluzioni, sicché anche sotto tal profilo la doglianza si appalesa priva di consistenza. Ed infondata è conseguentemente la censura per preteso difetto di motivazione, peraltro generica mente dedotta, avendo l'amministrazione dato sufficiente contezza
delle determinazioni adottate, avuto riguardo peraltro all'ampia relazione predisposta dal consiglio comunale.
Col quinto motivo si pretenderebbe di sostenere, senza peraltro fornire alcuna dimostrazione, una sproporzione tra il complesso delle zone a verde pubblico e a verde attrezzato e le necessità e
le possibilità delle finanze comunali.
A parte il fatto che le valutazioni fatte dall'organo competente,
peraltro sulla base di scelte non soltanto attuali ma riferentisi a
tutto il tempo di validità del piano, non possono essere inficiate
dai privati sulla base di mere congetture, è da rilevare in ogni caso che il consiglio comunale nella specie ha tenuto conto delle
esigenze della popolazione stabile e turistica e nelle previsioni al
riguardo effettuate non si riscontra alcuna illogicità o contraddit
torietà e pertanto anche la censura ora esaminata si appalesa
priva di fondamento.
In conclusione dunque l'appello incidentale va rigettato. Per questi motivi, ecc.
CONSIGLIO DI STAIO; Sezione IV; decisione 26 agosto 19801,
n. 865; Pres. Battara, Est. Lignani; Min. grazia e giustizia
(Avv. dello Stato Stipo) c. Scalzone (Avv. Bianchi, Nespor,
Rogolino).
Giustizia amministrativa — Trasferimento di detenuto — Ricor
so — Competenza del tribunale amministrativo regionale del
luogo di detenzione.
Il ricorso contro il provvedimento con il quale il ministro di grazia e giustizia dispone il trasferimento di un detenuto ad altra casa
circondariale sita in diversa regione, rientra nella competenza territoriale del tribunale amministrativo regionale nella cui cir
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