+ All Categories
Home > Documents > Adunanza plenaria; decisione 15 gennaio 1960, n. 1; Pres. Petrilli P., Est. Lugo; Novaro (Avv....

Adunanza plenaria; decisione 15 gennaio 1960, n. 1; Pres. Petrilli P., Est. Lugo; Novaro (Avv....

Date post: 27-Jan-2017
Category:
Upload: ngothuan
View: 212 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
4
Adunanza plenaria; decisione 15 gennaio 1960, n. 1; Pres. Petrilli P., Est. Lugo; Novaro (Avv. Raggi, Guidi) c. Prefetto d'Imperia (Avv. dello Stato Agrò) e Comune di S. Bartolomeo del Cervo (Avv. Martinengo, De Majo) Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 2 (1960), pp. 25/26-29/30 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23150999 . Accessed: 28/06/2014 17:05 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.61 on Sat, 28 Jun 2014 17:05:33 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript

Adunanza plenaria; decisione 15 gennaio 1960, n. 1; Pres. Petrilli P., Est. Lugo; Novaro (Avv.Raggi, Guidi) c. Prefetto d'Imperia (Avv. dello Stato Agrò) e Comune di S. Bartolomeo delCervo (Avv. Martinengo, De Majo)Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 2 (1960), pp. 25/26-29/30Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23150999 .

Accessed: 28/06/2014 17:05

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 193.142.30.61 on Sat, 28 Jun 2014 17:05:33 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

25 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 26

CONSIGLIO DI STATO.

Adunanza plenaria ; decisione 15 gennaio 1960, 11. 1 ; Pres. Petrilli P., Est. Lugo ; Novaro (Avv. Raggi, Guidi) c. Prefetto d'Imperia (Avv. dello [Stato Agrò) e Comune di S. Bartolomeo del Cervo (Avv. Marti

nengo, De Majo).

Giustizia amministrativa — Ricorso al Consiglio «li Stato — Intimazione personale all'autorità che ha emesso il provvedimento impugnato — Scu sabilità dell'errore —- Limiti (R. d. 26 giugno 1924 n. 1054, t. u. delle leggi sul Consiglio di Stato, art. 36 ; r. d. 30 settembre 1933 n. 1611, t. u. sulla rappresentanza e difesa dello Stato in giudizio, art. 11 ; 1. 25 marzo 1958 n. 260, modificazioni alle norme sulla rappresentanza in giudizio dello Stato).

Pur dopo l'entrata in vigore della legge 25 marzo 1958 n. 260, il ricorso al Consiglio di Stato deve essere notificato perso nalmente all'autorità che ha emanato l'atto impugnato. (I)

Mentre il ricorso notificato presso l'Avvocatura dello Stato

all'autorità, che ha emanato l'atto impugnato, produce i suoi

effetti senza uopo di rinnovazione, scusabile deve consi derarsi l'errore di chi intima il ricorso al Ministro rite nuto competente, ma perchè il ricorso produca i suoi

effetti ne è necessaria la rinnovazione. (2)

L'Adunanza plenaria, ecc. —- Si pone all'esame dell'Adu nanza plenaria la questione pregiudiziale sollevata dalla difesa dello Stato e deferita in questa sede dalla IV Sezione : se le norme della legge 25 marzo 1958 n. 260, sulla rappre sentanza in giudizio dello Stato, abbiano abrogato e sosti tuito la norma dell'art. 36, 2° comma, t. u. 26 giugno 1924 n. 1056 sul Consiglio di Stato. L'Avvocatura sostiene che la nuova legge ha abrogato almeno in parte la disposizione del t. u. e che pertanto il ricorso in esame, notificato diret tamente al Prefetto e non presso l'Avvocatura, come pre scrive l'art. 1 della nuova legge, sarebbe invalido e colpito da nullità assoluta ; e la sanzione della nullità viene desunta dall'art. 11, ultimo comma, r. decreto 30 novembre 1933 n. 1611, norma che anche dopo la riforma avrebbe mantenuto il vigore. La IV Sezione per contro ha ritenuto plausibile, in base a diversi argomenti di natura sistematica, la tesi che la nuova legge non sia applicabile al giudizio dinanzi al Consiglio di Stato.

La legge 25 marzo 1958 n. 260 è stata concepita come una parziale riforma delle norme del t. u. 30 ottobre 1933 n. 1611, sulla rappresentanza in giudizio dello Stato. Risulta chiaro tuttavia dall'art. 1 che il legislatore ha voluto esten dere la sfera di applicazione delle norme del t. u., rendendole

applicabili anche ai giudizi dinanzi alle magistrature ammi nistrative o speciali. Di fronte alla ampia formula di quel testo, il dubbio sollevato dalla IV Sezione può porsi corret tamente proprio in considerazione del carattere generale della nuova norma, e della mancanza di qualsiasi riferi mento, nella legge e nei lavori preparatori, alle norme sul

Consiglio di Stato, nelle quali il t. u. 30 ottobre 1933 n. 1611 non aveva mai interferito.

In difetto di un coordinamento, fra le due leggi, è lecito

all'interprete ricercare se il legislatore, nel dettare la nuova

norma, abbia realmente voluto abrogare e sostituire le norme

speciali proprie di alcune magistrature, tradizionalmente rette da una disciplina autonoma, quali il Consiglio di Stato e la Corte dei conti, o abbia voluto porre una regola gene rale valevole fuori di quei casi particolari. Il dubbio trae motivo da ciò, che le norme della nuova legge, per quanto abbiano portata generale e introducano alcuni precetti con valore di principio, sono tuttavia stabilite per disci

plinare talune situazioni ben determinate e non possono

(1-2) La ordinanza 12 giugno 1959, con la quale la IV Sezione ha rinviato la cognizione della questione riassunta nelle due massime all'Adunanza plenaria, leggesi in Foro it., 1959, III, 129, con nota di richiami, cui adde Albini, Una legge che non vale ?, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1959, 1158.

ritenersi applicabili «piando manchi il presupposto di quelle situazioni.

Così la notificazione presso l'Avvocatura dello Statò non può essere adottata dove la Amministrazione statale non è rappresentata dalla Avvocatura, come dinanzi alla

Corte dei conti.

Qui la nuova regola importerebbe un inutile disguido dei ricorsi, una complicazione superflua, che è stata certa mente estranea alla previsione e all'intendimento del

legislatore ; ond'è che con pacifica interpretazione si esclude che le norme della nuova legge possano trovare applica zione dinanzi alla Corte dei conti.

Nei giudizi dinanzi al Consiglio di Stato la difesa del

l'Avvocatura è soltanto facoltativa, perchè l'art. 41 t. u.

prevede che l'Amministrazione possa scegliere un diverso

patrocinio. Da questa disposizione sintomatica, anche se di rara applicazione, deriva una prima ragione di dubbio sul

l'applicabilità della nuova norma.

Peraltro l'ostacolo grave e, a giudizio dell'Adunanza,

insuperabile all'applicazione dell'art. 1 legge 25 marzo 1958 n. 260, è costituito dalla impossibilità di adattare al giudizio dinanzi al Consiglio di Stato il principio che il ricorso debba

essere rivolto all'Amministrazione nella persona del Ministro. Le norme del t. u. 26 giugno 1924 n. 1056 e del regola

mento, approvato con r. decreto 17 agosto 1907 n. 642, nell'indicare l'organo dell'Amministrazione nei confronti

del quale si deve istaurare e svolgere il giudizio, si riferi

scono all'autorità che ha emanato il provvedimento impu

gnato. Questo costante riferimento della legge riflette un

principio connaturale alla funzione stessa della giurisdi zione di legittimità. Il giudizio dinanzi al Consiglio di Stato

ha lo scopo di garantire la legittimità dell'atto ammini

strativo ed è perciò essenziale che la responsabilità della

lite sia data all'organo competente a provvedere, il quale

può sempre, nel modo più semplice e conveniente, revocare

0 modificare l'atto, in modo da renderlo immune dalle

censure che gli sono rivolte.

La presenza dell'autorità che ha emesso il provvedimento

impugnato è presupposta in tutte le fasi del procedimento :

dalla fase preliminare, che ha luogo fra la proposizione del

ricorso e la domanda di fissazione d'udienza ed è destinata

a favorire la conciliazione nel contatto diretto fra l'autorità

competente e il ricorrente (e l'alto numero di ricorsi non

seguiti da atti d'impulso dimostra come quel contatto sia

fecondo) fino alla decisione finale. La decisione poi spiega 1 suoi effetti nei confronti dell'autorità che ha emanato il

provvedimento impugnato e stabilisce spesso una direttiva, che è rivolta a quella autorità, e dev'essere seguita nella ema

nazione dei provvedimenti ulteriori. L'azione riparatrice

dell'Amministrazione, che il giudizio di legittimità tende a

provocare, incontrerebbe grave ostacolo, se la responsa bilità e la trattazione della controversia non fosse assunta

direttamente dall'autorità che ha emesso il provvedimento, ma dal Ministro.

Applicata nel giudizio dinanzi a questo Consiglio, la

norma della legge 25 marzo 1958 n. 260 implicherebbe l'affermazione di un principio di accentramento della rap

presentanza processuale dell'Amministrazione, in contrasto

col principio del decentramento amministrativo affermato

dall'art. 5 Cost. E, poiché il legislatore ha recentemente

attuato e va attuando il decentramento, attribuendo a organi

periferici dell'Amministrazione competenze prima riser

vate ai Ministri, l'introduzione del nuovo principio darebbe

luogo ad una vasta e progressiva separazione fra la rappre sentanza sostanziale e la rappresentanza processuale della

Amministrazione.

Un tale turbamento dell'ordine delle competenze ammi

nistrative era molto lontano dalla ragione ispiratrice della

recente riforma.

Il legislatore ha voluto agevolare il compito di chi agisce nei confronti dello Stato, eliminando le difficoltà e le insidie,

che derivavano dall'applicazione del t. u. 30 ottobre 1933

n. 1611.

Secondo l'art. 11 di quel t. u. gli atti introduttivi dei

giudizi dovevano essere rivolti alla persona, che rappresen tava l'Amministrazione secondo le leggi organiche. La rap

iij Fono Italiano — Volume LXXXI1I — Parle 11 IS,

This content downloaded from 193.142.30.61 on Sat, 28 Jun 2014 17:05:33 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

PARTE TERZA 28

presentanza organica dell'Amministrazione, com'è noto, ora originariamente stabilita dalla tabella allegata al r.

decreto 25 giugno 1865 n. 2861 ; ma è stata poi modificata

da numerose riforme parziali, che attribuivano a organi diversi, nei vari rami dell'Amministrazione, la competenza a stare in giudizio.

Così il compito di individuare il soggetto legittimato a

rappresentare lo Stato in giudizio era divenuto assai arduo ; e l'eventuale errore commesso dall'attore nell'indicare quel

soggetto aveva conseguenze fatali, perchè dava luogo a

nullità da pronunciarsi anche d'ufficio (art. 11, ultimo

comma) e, secondo l'interpretazione rigorosa della giuris

prudenza, insanabile e rilevabile in ogni stato e grado del

processo. Il legislatore ha ora voluto troncare il nodo gor diano di quella difficoltà, fissando il principio che gli atti

introduttivi vanno rivolti al soggetto che sta al sommo della

gerarchia e rappresenta una determinata branca dell'Am

ministrazione ; e in tal modo ha eliminato l'ostacolo delle

troppo frequenti eccezioni di nullità che si opponevano, per

ragioni puramente formali, a colui che agiva nei confronti

dello Stato.

Senonchè, nel giudizio dinanzi al Consiglio di Stato non

si è mai posto il problema della identificazione del soggetto

passivamente legittimato a rappresentare l'Amministra

zione, perchè è del tutto agevole desumere dal provvedimento l'autorità che lo ha emanato ; e la nullità sancita dal

l'ultimo comma dell'art. 11 t. u. 30 ottobre 1933 n. 1611

non ha mai trovato qui applicazione. Il ricorrente dinanzi

al Consiglio di Stato si trova se mai a dover affrontare una

difficoltà d'altra natura, concernente l'accertamento della definitività del provvedimento impugnato ; ma per risol

vere quella difficoltà (le cui conseguenze sono molto miti

gate dall'istituto dell'errore scusabile) non gioverebbe l'ap

plicazione della nuova legge, perchè è chiaro che un ricorso

diretto contro un provvedimento non definitivo sarebbe

inammissibile, anche se indirizzato alla persona del Ministro.

Per contro, l'introduzione del principio, stabilito dall'art. 1

legge 25 marzo 1958 n. 260, produrrebbe nel giudizio dinanzi

al Consiglio di Stato proprio l'effetto opposto a quello che

ha avuto nel giudizio civile, perchè farebbe sorgere un pro blema e una difficoltà là dove oggi non esistono.

Infatti, mentre è del tutto agevole identificare l'autorità

che ha emesso il provvedimento, sarebbe ben arduo sta

bilire il Ministro, al quale dovrebbe essere rivolto il ricorso,

quando l'organo che ha emesso l'atto abbia competenza

complessa (come ad es. il prefetto), e abbia provveduto in

materia di pertinenza di più Amministrazioni.

Il problema sarebbe poi insolubile nel caso di provvedi menti emanati da organi collegiali, che agiscono fuori dal vincolo della gerarchia e in taluni casi sono anche composti da rappresentanti di più Ministeri.

Queste considerazioni inducono l'Adunanza plenaria a ritenere che il legislatore non abbia inteso abrogare con la recente riforma l'art. 36, 2° comma, t. u. 26 giugno 1924.

L'Avvocatura dello Stato contrasta solo in parte questa conclusione, e propone anch'essa un'interpretazione restrit tiva della legge 25 marzo 1958 n. 260.

Secondo questa interpretazione, si riconosce che non è

applicabile in questa sede l'art. 1 della nuova legge là dove stabilisce che i ricorsi debbono essere rivolti alle Ammini strazioni nella persona del Ministro in carica ; ma non si

potrebbe negare invece l'applicazione della norma concer nente la notificazione presso l'Avvocatura. Questa forma di

notificazione, si osserva, è divenuta regola generale e propria di tutti gli atti introduttivi dei giudizi proposti nei confronti

dell'Amministrazione, quando l'Amministrazione è rappre sentata dall'Avvocatura ; e a quella regola si deve unifor mare anche la notificazione dei ricorsi giurisdizionali dinanzi al Consiglio di Stato, dato che in questa sede la costituzione a mezzo dell'Avvocatura è normale, anche se non necessaria.

La tesi proposta in questi termini non può essere accolta. Senza dubbio l'art. 1 legge 20 marzo 1958 n. 260 contiene

due precetti, concernenti l'uno l'indicazione del soggetto legittimato passivamente a rappresentare l'Amministra zione in giudizio, e l'altro il luogo e il modo della notifica

zione. Ma questi due precetti, sebbene diversi (e anzi rela

tivi ad atti distinti, che potrebbero avere ed hanno nel

codice di rito separata disciplina), sono contenuti, nella

legge 25 marzo 1958 n. 260, in un unico contesto, così che

non è possibile dissociarne l'applicazione. Il legislatore ha previsto e regolato insieme il modo, con

cui l'atto introduttivo dev'essere portato a destinazione, e l'indicazione del destinatario ; e ha seguito questo cri

terio sia nella nuova legge, sia nella formulazione dell'art. 36, 2° comma, t. u. 26 giugno 1924 n. 1054. Pertanto, quando si riconosce che questa norma non è stata abrogata nel suo

contenuto principale, si deve logicamente ammettere che è

vigente nella sua integrità, e ad essa si deve ancora fare

riferimento anche per quanto concerne le notificazioni.

La distinzione sopra indicata assume invece rilievo sotto

altro profilo, al fine di determinare le diverse conseguenze dell'inosservanza dei due precetti contenuti nella norma

dell'art. 36, 1° comma, t. u. 26 giugno 1924 n. 1054 ; e

anzitutto al fine di definire la sorte dei ricorsi che siano stati

proposti seguendo la norma generale della nuova legge, anziché la norma speciale del testo unico.

Le incertezze provocate dal difetto di coordinamento fra

la nuova legge e il t. u. 26 giugno 1924 n. 1054 costitui

ranno in ogni caso fondato motivo per ritenere scusabile

l'errore del ricorrente. Ma, quando non sia stato osservato

il precetto relativo alla rappresentanza dell'Amministra

zione in giudizio, il ricorso è viziato nel suo contenuto intrin

seco e non può costituire valido mezzo per costituire il

giudizio. Così il ricorso diretto al Ministro ritenuto compe

tente, e non all'autorità che ha emesso il provvedimento

impugnato, può avere il solo effetto di conservare l'azione, ma mediante un atto di rinnovazione. Per contro, i ricorsi

proposti rettamente nei confronti dell'autorità che ha ema

nato il provvedimento impugnato, ma notificati presso l'Av

vocatura, possono ottenere la sanatoria senza necessità di

rinnovazione.

Le norme sulla notificazione hanno carattere strumen

tale, perchè sono poste a garanzia del conseguimento di un

determinato effetto, che si presume raggiunto quando siano

seguite le forme stabilite dal legislatore, ma in qualche caso può essere ottenuto anche al di fuori del preciso schema

fissato dalla legge. L'istituto della sanatoria, stabilito in termini generali

dall'art. 56, ultimo comma, cod. proc. civ. e accolto anche

dal regolamento di procedura presso il Consiglio di Stato

approvato con r. decreto 17 agosto 1907 n. 642 (art. 17, ultimo comma), trova applicazione principalmente in

materia di notificazioni.

È vero che una notificazione può essere idonea a pro durre l'effetto, al quale è destinata, sol quando la disfor

mità del procedimento seguito dalla regola propria stabilita

dalla legge possa ritenersi di tal natura da non implicare nullità, ma proprio nella valutazione della irregolarità insita nella notificazione dei ricorsi, eseguita presso l'Avvo

catura, influiscono ora le innovazioni introdotte nel nostro

sistema giuridico dalla legge 25 marzo 1958 n. 260.

Questo Consiglio ha affermato in passato che la notifi

cazione dei ricorsi presso l'Avvocatura era insanabilmente

nulla (Ad. plen. 26 febbraio 1954, n. 10, Foro it., 1954,

III, 206), perchè, secondo il testo originario del r. decreto

30 ottobre 1933 n. 1611, quella forma di notificazione,

propria degli atti introduttivi dinanzi ai tribunali e alle

corti civili, era del tutto estranea alla materia ammini

strativa. Ora la nuova legge ha impresso carattere di gene ralità alle norme del t. u. 30 ottobre 1933 n. 1611, stabi

lendo che esse si applicano (in difetto, bene inteso, di una

diversa norma specifica) anche nei giudizi innanzi alle giuris dizioni amministrative. Per effetto di quelle norme, l'Avvo

catura, avendo assunto il ruolo di domiciliataria generale dell'Amministrazione (come ha bene avvertito il difensore

dello Stato), ha il dovere funzionale di far pervenire gli atti all'Amministrazione interessata. Con ciò sono venute

meno le ragioni che avevano indotto l'Adunanza plenaria ad affermare la nullità dei ricorsi notificati presso l'Avvo

catura. Nò la nullità può essere desunta dall'art. 11, ultimo

This content downloaded from 193.142.30.61 on Sat, 28 Jun 2014 17:05:33 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

comma, del r. decreto 30 ottobre 1933 n. 1611, perchè quella norma, anche se può ritenersi ancora ili vigore, non si può estendere oltre la fattispecie in essa prevista.

Li nuova legge ha accolto un diverso principio nell'art. 4

prevedendo la sanatoria e la non rilevabilità d'ufficio della

irregolarità di notificazioni avvenute presso l'Avvocatura e

male indirizzate. Da quel principio si dovrà trarre il criterio,

per definire l'efficacia dei ricorsi notificati presso l'Avvo

catura a norma dell'art. 1 della legge 25 marzo 1958 n. 260, sebbene quella norma non fosse direttamente applicabile alla specie, come si è chiarito.

I ricorsi invece che, come quello in esame, sono stati

notificati direttamente all'autorità che ha emesso il provve dimento a norma dell'art. 36, 2° comma del t. u. 26 giugno 1924 n. 1056, debbono ritenersi validi e regolari. (Omissis)

Per questi motivi, ecc.

CONSIGLIO DI STATO.

Sezione V ; decisione 9 gennaio 1960, n. 8 ; Pres. Gallo

P., Est. Cesareo ; Pontificia opera di S. Pietro apostolo

pro Clero indigeno in Roma (Avv. Dedin, Gtorgianni) c. Sezione urbanistica compartimentale presso il Prov

veditorato delle opere pubbl. per il Lazio e Comune di

Roma (Avv. Colamartino, Focacci).

Giustizia amministrativa — Intervento adesivo per la

conservazione del provvedimento impugnato —

Ammissibilità — Estremi.

Piano regolatore, di ricostruzione e disciplina delle

costruzioni — Licenza edilizia — Annullamento — Legittimità — Estremi Fattispecie.

Piano regolatore, di ricostruzione e disciplina delle

costruzioni — Licenze edilizie — Annullamento — Presentazione di varianti al progetto — Irrile

vanza — Fattispecie. Piano regolatore, di ricostruzione e disciplina delle

costruzioni — Ordine di demolizione — Parere

delle sezione urbanistica — Legittimità — Fat

tispecie (L. 17 agosto 1942n. 1150, legge urbanistica, art. 32).

È ammissibile l'intervento ad adiuvandum nei confronti della pubblica Amministrazione resistente, quando l'in

terveniente abbia un interesse diretto, personale ed attuale

al rigetto del ricorso, coincidente, sia pure parzialmente, con quello dell'Amministrazione alla conservazione del

provvedimento impugnato. (1) È legittimo l'annullamento di una licenza edilizia, quando

l'esercizio del relativo potere sia immune da vizi e ispirato alla tutela del pubblico interesse (nella specie, è stato ri

tenuto sussistente in re ipsa l'interesse pubblico alla ema

il) Sull'ammissibilità dell'intervento ad resistendum e ad

opponendum, Cons. Stato, Sez. IV, 11 luglio 1958, n. 589, Foro it., Rep. 1958, voce Giustizia amministrativa, n. 338 ; Cons,

giust. amulin. sic. 19 giugno 1958, n. 137, ibid., n. 339 ; Cons.

Stato, Sez. IV, 8 marzo 1957, n. 256, id., Rep. 1957, voce cit., n. 313 ; Sez. VI 27 marzo 1957, n. 125, ibid., n. 314 ; Sez. VI 9 gennaio 1957, n. 4, id., 1957, III, 68, e Sez. V 6 aprile 1957, n. 185, ibid., 155, con nota di richiami ; Guicciardi, Sulla no

zione di controinteressato, in Giur. it., 1948, III, 101. Invece è giurisprudenza consolidata che sia inammissi

bile l'intervento ad adiuvandum (il ricorrente) proposto da chi, essendo titolare di un interesse direttamente leso dall'atto im

pugnato, avrebbe dovuto farlo valere con autonomo ricorso giu risdizionale : Cons. Stato, Sez. VI, 22 ottobre 1958, n. 730, Foro it., Rep. 1958, voce cit., n. 335 ; 10 dicembre 1958, n. 913,

ibid., n. 336 ; 5 novembre 1958, n. 836, ibid., n. 337 ; Cons, giust. amm. sic. 13 ottobre 1958, n. 203, ibid, n. 334 ; Cons. Stato, Sez.

VI, 20 febbraio 1957, n. 74, id., Rep. 1957, voce cit., n. 310 ; 6 novembre 1957, n. 810, ibid., n. 311 ; a meno che l'interven tore non faccia valere un interesse non già diretto e attuale, ma solo indiretto e parallelo a quello del ricorrente principale

(Cons. Stato, Sez. V, 28 novembre 1958, n. 924, id., Rep. 1958, voce cit., n. 333).

nazione di quel provvedimento, inteso ad evitare che vengano violate le norme relative alla tutela paesistica di una zona

panoramica ; e insindacabile sotto il profilo dell'opportu nità l'esercizio del potere discrezionale di annullamento). (2)

Il sindaco, che, avendo rilevato difformità tra il progetto e le opere eseguite, abbia invitato il costruttore a rielabo rare il progetto, non è tenuto, prima di adottare i

definitivi provvedimenti, ad attendere la presentazione del nuovo progetto, una volta accertato che la redazione del

progetto stesso era avvenuta in base a tipi non rispon denti alla realtà, ed essendo questa circostanza sufficiente a legittimare l'annullamento della licenza edilizia. (3)

Non è illegittimo, perchè non preceduto dalla diffida prevista dalla legge urbanistica, l'ordine di demolizione che consegue automaticamente all'annullamento della licenza edilizia, ed è valido il parere favorevole espresso circa la sua ema nazione dalla Sezione urbanistica compartimentale, pur se il comune non abbia portato a conoscenza della Sezione stessa l'invito rivolto al costruttore di presentare un pro getto di variante, ove tale invito non potesse influire sulla

irregolarità della licenza rilasciata in base a tipi non ri

spondenti al vero. (4)

La Sezione, ecc. — I ricorsi possono essere riuniti ai fini di una unica decisione, data la loro connessione og gettiva e soggettiva.

Preliminarmente deve essere esaminata l'ammissibilità del ricorso adesivo dell'Orlandi, intervenuto in giudizio per contrastare le ragioni della ricorrente e per far valere un suo interesse parallelo a quello della Amministrazione.

La Sezione non ignora i dubbi cui ha dato luogo l'am

missibilità di un intervento ad adiuvandum nei confronti

della pubblica Amministrazione resistente ; ma, considerato che l'Orlandi ha un interesse diretto, personale ed attuale a che il ricorso sia rigettato, interesse per altro coincidente, sia pure parzialmente, con quello del Comune alla conser

vazione del provvedimento impugnato, ritiene, aderendo

all'opinione giurisdizionale meno rigorosa, confortata del

resto dall'unanime dottrina, che l'intervento possa essere

ammesso.

Si può quindi passare all'esame dei motivi dei ricorsi, tenendo conto delle considerazioni fatte al loro riguardo e dall'Amministrazione resistente e dal controinteressato

Orlandi. La infondatezza del primo motivo del primo e del se

condo ricorso discende dalla considerazione che è fuori di

ogni dubbio che il Sindaco di Roma ha esercitato i poteri di cui all'art. 32, 2° comma, della legge urbanistica 17

agosto 1942 n. 1150, ed ha ritenuto essersi verificata l'ipo tesi prevista dall'art. 12, n. 2, del regolamento generale edilizio del Comune di Roma, quella cioè di licenza rilasciata

in base a dati non rispondenti a realtà.

Tutto ciò risulta dalla espressa citazione nel provvedi mento della predetta norma del regolamento e dalla esplicita considerazione che la licenza era stata rilasciata in base a

tipi non rispondenti al vero, contenuta nella motivazione

del provvedimento medesimo.

La sussistenza dei presupposti di fatto sui quali si basa

il provvedimento sindacale, e che sono previsti dalla norma

regolamentare violata, espressamente citata, è sufficiente

ad escludere la fondatezza della censura di perplessità e

(2-4) La decisione si riferisce alla nota questione della co

struzione dello Studentato al Gianicolo in Roma. Non si rinvengono precedenti sulla questione— peraltro di

specie — dell'annullamento di licenza edilizia. Circa le condizioni per la sospensione dei lavori, vedi Cons.

Stato, Sez. V, 31 maggio 1957, n. 371, Foro it., Rep. 1957, voce

Piano regolatore, n. 141 ; Sjz. VI 9 gennaio 1954, n. 4, cit.

Nel senso che il parere della Sezione urbanistica deve pre cedere non già la diffida a demolire, bensì il provvedimento clie

dispone l'esecuzione d'ufficio, v. Cons. Stato, Sez. V, 7 novembre

1958, n. 844, id., Rep. 1958, voce cit., n. 258 ; 5 dicembre

1958, n. 927, ibid., n. 262 ; 27 giugno 1958, n. 453, ibid., n. 264 ; 20 giugno 1958, n. 438, ibid., n. 265 ; 28 giugno 1957, n. 522, id.,

Rep. 1957, voce cit., n. 143 ; 24 maggio 1957, n. 338, id., 1958,

III, 109, con nota di richiami.

This content downloaded from 193.142.30.61 on Sat, 28 Jun 2014 17:05:33 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended