Adunanza plenaria; decisione 25 gennaio 1961, n. l; Pres. Petrilli P., Est. Meregazzi; La Farina eGranone (Avv. A. D. Giannini, Mazzullo) c. Ministero lavori pubblici (Avv. dello StatoGuglielmi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 4 (1961), pp. 93/94-97/98Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23151070 .
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
n. 2248, allegato A, richiamava fra le attribuzioni del con
siglio provinciale quelle della giunta prov. amm., con pos sibilità di ulteriore gravame al Consiglio di Stato. E tale
norma, pressoché immutata, è stata trasfusa nell'art. 1 del t. u. 26 giugno 1924 n. 1058.
Innovazioni di non minor rilievo si ebbero inoltre in virtù delle intervenute modifiche alla legislazione comunale e provinciale. Ed invero il n. 12 dell'art. 131 t. u. 4 febbraio 1915 n. 148 stabilì che il consiglio comunale dovesse prov vedere alla istituzione ed ai cambiamenti delle fiere e mer
cati, salvo i ricorsi e opposizioni anche in merito alla giunta prov. amm. in sede contenziosa, ai termini dell'art. 1, n. 11,
legge 17 agosto 1907 n. 639. Disposizione, questa, la quale non deve interpretarsi in senso diverso da un'estensione del rimedio giurisdizionale, originariamente previsto per la sola istituzione, anche al caso del cambiamento delle fiere e dei mercati : la possibilità del ricorso alla giunta prov. amm., dal punto di vista letterale, è infatti prevista con ri
ferimento alla duplice materia che, dal punto di vista logico, ben si adattava a disciplina unitaria sotto il profilo conten zioso. Ora è evidente che con la disposizione in parola, tutto il sistema è venuto a modificarsi profondamente, giacché, prevedendosi un unico ordine di rimedi, ricorso alla giunta prov. amm. in sede giurisdizionale, per tutta la materia
disciplinata dal n. 12 dell'art. 131, e senza alcuna distinzione né sotto il profilo dell'oggetto, né sotto il profilo della qualità dei soggetti, si deve desumere per logica conseguenza che, ai fini della definizione dei limiti della competenza dello
organo giurisdizionale occorre far riferimento, in primo
luogo, a quanto dal punto di vista sostanziale, è regolato dalla disposizione stessa.
In altri termini cioè la norma attributiva della compe tenza alla giunta prov. amm. deve desumersi dal combinato
disposto dall'art. 4, n. 11, t. u. 26 giugno 1924 n. 1058 e dell'art. 131, n. 12, t. u. 4 febbraio 1915 n. 148, senza che a tali fini debba esser più considerato l'art. 1 legge 17 maggio 1866 n. 2933,
In tale situazione, il richiamo all'art. 1 legge 17 maggio 1866 n. 2933, contenuto nel n. 11 dell'art. 1 legge 17 agosto 1907 n. 639 e mantenuto nell'art. 4, n. 11, t. u. 26 giugno 1924 n. 1058, viene obiettivamente a perdere il suo ori
ginario valore. Se, infatti, anteriormente all'emanazione
del t. u. 4 febbraio 1915 n. 148, esso poteva valere come
limitazione alla competenza attribuita alla giunta prov. amm., nel senso cioè che a questa ultima erano stati attri
buiti i soli poteri per l'innanzi spettanti al consiglio pro vinciale, competenza limitata quindi ai ricorsi proposti da
comuni « limitrofi » e per i soli provvedimenti di istituzione
delle fiere e dei mercati, e successivamente, in virtù del
più volte citato art. 131, è venuto a svalutarsi, quanto all'obietto, venendo ormai compresa nella cognizione della
giunta prov. amm. anche la materia dei cambiamenti di
fiere e mercati ; quanto al soggetto, essendo stata ormai
la competenza della giunta prov. amm. definita ratione
materiae, senza alcuna limitazione sotto il profilo sogget tivo. Con ciò quel richiamo ha finito col perdere la sua
funzione di determinazione della competenza ed è rimasto
con l'unico possibile ruolo di norma di carattere proce durale, disciplinante gli adempimenti e le formalità per la
proposizione dei ricorsi in questa materia.
In base a tale interpretazione, appare evidente che la difesa del Comune ricorrente è priva di consistenza. Essa si basa sul falso presupposto che il richiamo all'art. 1 legge del 1866, valga in toto, nel senso cioè che il vecchio sistema
rimanga integralmente, salva la sostituzione della giunta prov. amm. al consiglio provinciale. In realtà la legge del
1866 trova un'applicazione limitata esclusivamente alla
fase formale, mentre la determinazione dalla competenza della giunta prov. amm. va fatta in base a norme diverse, nessuna delle quali conferma la limitazione della competenza del giudice locale ai soli ricorsi proposti dai comuni limi
trofi, con esclusione dell'impugnazione di altri soggetti. In base alle considerazioni che precedono, va dichiarata
la incompetenza a conoscere della vertenza, in questa fase
del giudizio, da parte del Consiglio di Stato.
Per questi motivi, ecc.
CONSIGLIO DI STATO.
Adunanza plenaria ; decisione 25 gennaio 1961, n. 1 ; Pres. Petrilli P., Est. Meregazzi ; La Farina e Granone
(Avv. A. D. Giannini, Mazzullo) c. Ministero lavori
pubblici (Avv. dello Stato Guglielmi).
Giustizia amministrativa — Corte dei conti — Iti t'itilo (li registrazione di un decreto Determinazione ministeriale — Impugnabili! ó.
Corte dei conti — lticorso straordinario al Capo dello Stato — Decisione - Riliuto di registra zione — Obbligo del Ministro di sottoporre la
questione al Consiglio dei ministri (R. d. 12 luglio 1934 n. 1214, t. u. delle leggi sulla Corte dei conti, art. 25, 26).
Può formare oggetto di ricorso al Consiglio di Stato l'atto con cui VAmministrazione comunica agli interessati di non poter dare attuazione al decreto presidenziale pronun ciato su ricorso straordinario perchè la Corte dei conti ne rifiuta la registrazione. (1)
Di fronte al rifiuto della Corte dei conti di registrare il de creto emesso dal Capo dello Stato su ricorso straordinario, il Ministro ha l'obbligo di sottoporre al Consiglio dei mi nistri la richiesta di registrazione con riserva del decreto stesso. (2)
L'Adunanza, eco. — Per la maggior chiarezza della
decisione, giova riepilogare i precedenti di fatto. Con decreti del Pres. del Cons, dei ministri, in data 15
giugno 1948, furono annullati (ai sensi della legge 25 giugno 1946 n. 15) i precedenti decreti del 29 gennaio 1945, coi
quali i ricorrenti, alti funzionari del Ministero dei lavori
pubblici, erano stati collocati a riposo, ai sensi dell'art. 2 decreto legge 11 ottobre 1944 n. 257.
In sede di liquidazione delle competenze arretrate per il periodo durante il quale erano stati allontanati dal ser
vizio, i predetti richiesero che fossero loro corrisposti anche il compenso per lavoro straordinario e l'indennità di pre senza, dato il carattere di normalità, generalità e periodi cità di tali assegni ; il Ministro dei lavori pubblici rispose con nota n. 11973 del 9 maggio 1949 che, pur riconoscendo in linea di principio le ragioni di giustizia che sorregge vano la tesi dei richiedenti, era costretto a respingere la loro domanda, dato l'avviso contrario manifestato dal Mi nistero del tesoro.
Avverso tale determinazione gli interessati proposero ricorso straordinario al Capo dello Stato ; e questi, su con forme parere del Consiglio di Stato in Adunanza generale, lo accolse con decreto del 28 luglio 1950. Senonchè la Corte dei conti rifiutò la registrazione del decreto, con un rilievo nel quale, anziché limitarsi, come avrebbe dovuto, al con trollo della legalità estrinseca del provvedimento presi denziale, cioè all'accertamento di eventuali vizi suoi propri 0 di lacune ed errori della procedura, sottoponeva a sin dacato anche il merito del provvedimento, ed intendeva
(1-2) Per i precedenti della vicenda, si veda Cons. Stato, Ad. plen., 30 ottobre 1954, n. 26 (Foro it., 1955, III, 187), che ha detto irrevocabile il decreto presidenziale su ricorso straordi nario, pur se ancora inefficace per mancata registrazione della Corte dei conti, e Cass. 22 gennaio 1957, n. 167 (id., 1957, I, 561), che ha respinto il ricorso contro detta decisione, riaffermando la giurisdizione del Consiglio di Stato.
La decisione conforme della Sez. IV 30 gennaio 1903, richia mata dalla motivazione di quella che si annota, leggesi in questa rivista, 1903, III, 17.
La sentenza della Cassazione 2 ottobre 1953, n. 3141 (id., 1953, I, 1577) ha detto inapplicabile la norma contenuta nel l'art. 27, n. 4, del t. u. n. 1054 del 1924 al decreto del Capo dello Stato su ricorso straordinario (sul che, in dottrina, Santosuosso, in Arch, ricerche giur., 1951, 1081).
Circa il sindacato della Corte dei conti su detti decreti, v. Roehrssen, Conflitti tra la Corte dei conti in sede di controllo e il Consiglio di Stato, in Foro amm., 1939, IV, 7 ; Corso, Inter
ferenze di potere o eccesso di potere ?, in Foro it., 1952, IV, 136.
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95 PARTE TERZA 96
dimostrare l'infondatezza delle ragioni giuridiche che ave
vano informato il parere del Consiglio di Stato.
Non avendo il Consiglio dei ministri, cui la questione fu deferita dal Ministro dei lavori pubblici, ritenuto di or
dinare la registrazione con riserva, il decreto fu revocato
con altro decreto pres. del 24 dicembre 1951 ed il ricorso
straordinario fu respinto. Avverso quest'ultimo provvedimento, gli interessati pro
posero ricorso al Cons, di Stato in sede giurisdizionale.
Sottoposto a questa stessa Adunanza plenaria, il gravame fu accolto con decisione 30 ottobre 1954, n. 26 (Foro it.,
1955, III, 187), sotto il profilo della irrevocabilità dei de
creti del Capo dello Stato che decidono i ricorsi straordi
nari. Contro tale decisione il Ministero dei lavori pubbl.
propose ricorso alle Sez. un. della Corte di cassazione per difetto di giurisdizione del Cons, di Stato : ricorso respinto con sentenza del 18 ottobre 1956-22 gennaio 1957 (id., 1957, I, 561).
Con lettera in data 21 marzo 1958 n. di prot. 7681, di
identico contenuto, il Ministero dei lavori pubblici ha co
municato agli interessati che, rinviato nuovamente alla
Corte dei conti, con richiesta di registrazione, il primo de
creto pres. 28 luglio 1950, l'organo di controllo, con ri
lievo del 25 ottobre 1957, ha nuovamente rifiutato il « visto », dichiarando il citato decreto presidenziale privo di efficacia,
perchè mai ammesso a registrazione. Il Ministero soggiunge che, in dipendenza di quanto sopra, si trova nella impossi bilità di far luogo alla corresponsione degli assegni di che
trattasi.
Questo è il provvedimento impugnato in questa sede.
Le eccezioni di inammissibilità del gravame, opposte in via pregiudiziale dall'Avvocatura generale dello Stato, si palesano infondate.
L'Avvocatura ritiene in primo luogo che i ricorsi siano
preclusi perchè rivolti contro una mera comunicazione j anzi, contro la comunicazione di un provvedimento nega tivo (rifiuto di registrazione) non del Ministero dei lavori
pubblici, ma della Corte dei conti, gli atti della quale, ad
avviso della difesa dell'Amministrazione, sarebbero sot
tratti alla giurisdizione del Consiglio di Stato, ancorché
se ne ritenga la natura amministrativa.
Per superare l'eccezione non è necessario l'esame di
quest'ultima discutibile opinione. È certo che il Ministero
non si è limitato a partecipare agli interessati il rifiuto di
registrazione da parte della Corte dei conti, ma ha altresì
espresso il convincimento (errato o no, si vedrà in seguito) di trovarsi nella impossibilità, in dipendenza di tale ri
fiuto, di far luogo alla corresponsione degli assegni richiesti
dai ricorrenti. Tale ' convincimento si pone come causa de
terminante, sul piano teleologico, della manifestazione di
volontà della Amministrazione di negare ai ricorrenti la
corresponsione degli assegni : il che concreta un provve dimento negativo implicito, impugnabile in questa sede.
Ugualmente infondata è la seconda eccezione di inam
missibilità. Secondo l'Avvocatura, il rifiuto di registra zione sarebbe meramente confermativo del precedente e la situazione di fatto e di diritto, comunicata ai ricorrenti, sarebbe perfettamente identica a quella sussistente nel
1950, e ad essi, peraltro, ben nota.
È giurisprudenza costante che non sia confermativo
l'atto se l'Amministrazione, pur giungendo nel dispositivo alle medesime conclusioni dell'atto precedente, abbia te
nuto presenti, per le proprie determinazioni, nuovi presup
posti intervenuti nel frattempo (IV Sez. 4 luglio 1945, n. 103, Foro it., 1944-46, III, 17 ; 27 agosto 1947, n. 289,
id., Rep. 1948, voce Atto amm., n. 35 ; 28 gennaio 1948, n. 54, ibid., n. 38 ; 24 novembre 1948, n. 500, id., Rep. 1949, voce cit., n. 30 ; 6 dicembre 1950, n. 596, id., 1951,
III, 56 ; 26 settembre 1952, n. 678, ined. ; 10 maggio 1957, n. 514, id., Rep. 1957, voce Giustizia amm., n. 119 ; V Sez.
26 settembre 1952, n. 1120, td., Rep. 1952, voce Atto amm., n. 77 ; 29 luglio 1957, n. 638, id., 1957, III, 225 ; VI Sez.
27 luglio 1949, n. 103, id., Rep. 1950, voce cit., n. 71 ; 13 dicembre 1949, n. 229, ibid., n. 63 ; 16 gennaio 1950, n. 7, ibid., n. 64 ; 7 febbraio' 1950, n. 43, ibid., n. 62 ; 27
aprile 1955, n. 271, id., Rep. 1955, voce Giustizia amm,.,
n. 174 ; 24 aprile 1956, n. 263, id., Rep. 1956, voce
cit., n. 125). La sostanziale diversità dei presupposti tra il primo ed
il secondo rifiuto della Corte dei conti è data da due pro nunce giurisdizionali intervenute nel frattempo, cioè dalla decisione dell'Adunanza plenaria delle Sezioni giurisdi zionali del Cons, di Stato 30 ottobre 1954, n. 26, che dichiarò il decreto presidenziale 28 luglio 1950 « unica decisione per fetta, valida ed irrevocabile » del ricorso straordinario al Capo dello Stato ; e dalla sentenza delle Sez. un. della Corte di cassazione 18 ottobre 1956-22 gennaio 1957, con la quale fu respinto il ricorso proposto dal Ministero dei lavori pubbl., per difetto di giurisdizione contro la predetta decisione del Cons, di Stato.
E tanto il Ministero dei lavori pubblici era convinto della sostanziale differenza tra la nuova e la precedente situazione giuridica, che, con lettera 5 settembre 1957, n.
22028, rinviò il decreto pres. 28 luglio 1950, alla Corte dei
conti, esponendo ampiamente le ragioni in base alle quali, su conforme parere del proprio Ufficio legislativo, il decreto, in seguito alle pronunce dei supremi organi giurisdizionali, avrebbe dovuto essere sottoposto a registrazione.
Venendo al merito, la prima questione da esaminare e
quella che si riferisce alla dichiarazione conclusiva del Mi
nistero. ove esprime il convincimento di « trovarsi nella
impossibilità », in dipendenza del rifiuto di registrazione del decreto pres. 28 luglio 1950 da parte della Corte dei
conti, « di far luogo alla corresponsione degli assegni di che trattasi ». Dichiarazione evidentemente errata, poiché al Ministro, come sarà dimostrato, incombeva l'obbligo di portare a compimento l'iter che lo stesso ordinamento
giuridico chiaramente indicava.
Il ricorso straordinario al Capo dello Stato, non soltanto
per le sue origini storiche, ma per la definizione giuridica che ad esso viene data dagli art. 16 e 34 t. u. 26 giugno 1924 n. 1054, dagli art. 36 e 37 regol. di pari data n. 1055 e dagli art. 47, 60 e 61 del regolamento 21 aprile 1942 n. 444, pur avendo natura amministrativa, è un rimedio giuridico ge nerale, proponibile avverso qualsiasi provvedimento defi nitivo dell'autorità amministrativa, col quale possono farsi
valere, oltre che interessi legittimi, anche diritti soggettivi perfetti.
Quest'ultima caratteristica, ma soprattutto la posizione
super partes della suprema autorità dello Stato, l'inter vento di altri organi collegiali quali il Consiglio di Stato ed eventualmente il Consiglio dei ministri, la struttura con tenziosa del provvedimento, intesa a tutelare il diritto di difesa di tutti gli interessati, infine il principio della alter natività del ricorso straordinario con il ricorso in sede giu risdizionale avanti al Consiglio di Stato, stabilito dal citato
art. 34 t. u. 26 giugno 1924 n. 1054, conferiscono alla de
cisione del Presidente della Repubblica un carattere sui
generis nel quadro della giustizia amministrativa. Se alla decisione del Capo dello Stato fa difetto l'autorità del giu dicato, si può tuttavia riconoscere che sotto ogni altro
aspetto essa viene posta dall'ordinamento vigente su di^un
piano parallelo a quello della decisione giurisdizionale : di qui deriva l'obbligo giuridico dell'autorità amministra tiva di usare tutte le facoltà ad essa conferite dalla legge per dare piena esecuzione alla decisione presidenziale. Se l'iter
procedurale non fosse portato a compimento, si avrebbe un caso evidente di denegata giustizia, contro i principi sanciti dalla Costituzione.
È necessario a questo punto sottolineare che la decisione del Capo dello Stato è subordinata soltanto all'attività di due Organi collegiali : necessaria del Consiglio di Stato ed
eventuale del Consiglio dei ministri. Il parere del Consiglio di Stato è, non solo obbligatorio, ma altresì vincolante nel senso che il Capo dello Stato non ne se può discostare, con
congrua motivazione, se il Consiglio dei ministri non abbia
espresso contrario avviso, ai sensi del 2° comma dell'art. 16 t. u. 26 giugno 1924 n. 1054 e dell'art. 54 regolamento 21
aprile 1942 n. 444.
Il Ministro, una volta sentito il Consiglio di Stato, non ha alcun potere di decidere da solo la sorte"del ricorso straor
dinario, ma, ove non creda di uniformarsi al parere ri
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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA
chiesto, deve sottoporre la questione al Consiglio dei mi
nistri, al quale unico organo spetta di deliberare in un senso
piuttosto che nell'altro. La collegialità della deliberazione, e di un organo così altamente qualificato, è garanzia di
giustizia per l'interessato.
In base a tali ovvi principi, quali si evincono dalle vi
genti disposizioni di legge, è chiaro che, in caso di rifiuto di registrazione da parte della Corte dei conti del decreto
presidenziale, che ha accolto il ricorso (e che non può essere revocato d'ufficio, poiché il potere di decisione è consumato, vedi Ad. plen. 30 ottobre 1954, n. 26, salvo il ricorso per revocazione nei casi previsti dall'art. 395 cod. proc. civ.), non è esatto affermare che il Ministro non abbia più alcuna
possibilità di dare esecuzione alla decisione. Se egli aderisse al rilievo della Corte, ancora una volta sarebbe egli solo a decidere dell'ulteriore corso della decisione, cioè della sua inefficacia ; potere che gli è assolutamente sottratto.
L'art. 25, comma 2°, t. u. della legge sulla Corte dei conti 12 luglio 1934 n. 1214 gli offre ancora la possibilità di ri chiedere al Consiglio dei ministri l'ordine di registrazione con riserva : ed egli, non potendo discrezionalmente decidere della sorte del ricorso straordinario, ha l'obbligo giuridico di sottoporre la questione al Consiglio dei ministri.
Sembra all'Adunanza plenaria opportuno chiarire al cuni equivoci che sono affiorati nel corso della discussione fra le parti.
La deliberazione del Consiglio dei ministri in senso eventualmente contrario al parere del Consiglio di Stato,
prima dell'emanazione del decreto del Capo dello Stato, rientra indubbiamente nell'attività amministrativa del su
premo organo di G-overno. La facoltà di ordinare alla Corte dei conti la registrazione del decreto presidenziale, già per fezionato e non registrato, è invece atto squisitamente po litico e non amministrativo, dovendo il Governo rispondere di esso soltanto di fronte al Parlamento (art. 26 t. u. 12
luglio 1934 n. 1214). Non è neppure il caso di parlare di
discrezionalità, nei confronti di un atto che investe esclusi vamente una responsabilità politica e che il Consiglio dei ministri è pienamente libero di adottare o meno, secondo criteri che esulano dai limiti dell'attività amministrativa.
Ma la determinazione del Ministro proponente di sot
toporre al Consiglio dei ministri la questione relativa alla
registrazione con riserva del decreto presidenziale è ancora atto amministrativo. Vero è che tale atto è normalmente
discrezionale, ma possono darsi dei casi in cui esso si pre senta invece coma atto dovuto. Tale è indubbiamente quello che interessa la presente controversia, in base ai principi che informano le norme sulla giustizia amministrativa ed in
particolare le norme sul ricorso straordinario al Capo dello Stato. Se la decisione del gravame in via straordinaria è in
qualsiasi fase del procedimento sottratta alla competenza del Ministro, ed è invece subordinata esclusivamente al
l'intervento di organi collegiali (Consiglio di Stato e Consiglio dei ministri), ai cui pareri e deliberazioni egli ha il dovere di uniformarsi, ne consegue che anche nell'ultima fase è inibita al Ministro la risoluzione di una controversia che trascende per sua natura i limiti delle proprie attribuzioni. Il Ministro ha solo funzioni istruttorie ed un potere-dovere di propulsione della procedura : egli ha pertanto l'obbligo giuridico di ricorrere a tutti i mezzi che l'ordinamento vi
gente gli offre affinchè sia soddisfatto il diritto del citta
dino, che ha proposto ricorso in via straordinaria al Capo dello Stato, una volta ottenuta la decisione, di vederla
eseguita. Erra quindi il Ministero dei lavori pubblici quando di
chiara nel provvedimento impugnato di « trovarsi nella
impossibilità di dar corso alla corresponsione degli assegni di che trattasi ». Al Ministro, invece, si apre ancora la pos sibilità di sottoporre al Consiglio dei ministri la proposta di registrazione con riserva del decreto del Presidente della
Repubblica 28 luglio 1950. Mediante questo estremo ri
medio, il Ministro può e deve esaurire l'iter segnato dalla
stessa legge sulla Corte dei conti per dare esecuzione alla
decisione del Capo dello Stato « perfetta, valida ed irrevo
cabile », che, al pari di una pronuncia giurisdizionale, ha
definito un rapporto di diritto, ed è espressione del supremo
sindacato di legittimità degli atti della pubblica Ammini strazione.
Tali principi sono già stati limpidamente enunciati in una antica decisione della IV Sezione del Consiglio di Stato in una situazione perfettamente identica (30 gennaio 1903, Presid. Bonasi, Est. Perla, Foro it., 1903, III, 17).
Nell'attuale fattispecie l'obbligo giuridico del Ministro era ed è rafforzato dalla circostanza che sul merito della controversia non soltanto esiste il parere 25 maggio 1950 dell'Adunanza generale del Consiglio di Stato, organo com
petente, col Consiglio dei ministri, a pronunciarsi sulla
legittimità intrinseca del provvedimento, ma sono inter venute nel frattempo anche una decisione del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza plenaria) ed una sentenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione, le quali ambedue hanno riconosciuto la fondatezza delle
pretese di diritto sostanziale dei ricorrenti. L'Adunanza plenaria delle Sezioni giurisdizionali del
Consiglio di Stato ha ritenuto il decreto presidenziale 28
luglio 1950, come si è visto, «unica decisione perfetta, valida ed irrevocabile, del ricorso straordinario » ; e se « perfetta » riguarda il perfezionamento dell'atto, cioè il
compimento del procedimento di formazione (e pertanto irretrattabile), la qualifica di « valida » significa nel lin
guaggio giuridico « immune da vizi di legittimità ». A sua volta la Corte di cassazione a Sezioni unite, ne
gando il difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato, si è addentrata anche nell'esame del merito della controversia, osservando testualmente nella motivazione della sentenza :
« La dichiarazione d'illegittimità del provvedimento di collocamento a riposo del funzionario veniva a far rivivere ed a ricostituire nella sua interezza il rapporto d'impiego, con l'effetto del riacquisto da parte del titolare di tutti quei diritti che al rapporto facevano capo e che da esso traevano
origine. Fra tali diritti erano compresi, accanto alla rico stituzione della carriera, lo stipendio e gli altri emolumenti, senza possibilità di distinzione fra assegni di carattere per manente e continuativo ed occasionali od eventuali, giacché fondamento e ragione di questi ultimi assegni, come dei
primi, resta sempre il rapporto di impiego pubblico, man cando il quale viene meno il diritto a pretendere, eccetto la
pensione, se dovuta, la corresponsione sia dello stipendio, sia di retribuzioni di altra natura».
È quindi evidente che a maggiore ragione il Consiglio dei ministri deve essere posto nella condizione di valutare
se, ancora dopo la pronuncia dei più alti Collegi giurisdizio nali, possa ritenersi giustificato il persistente rifiuto della
Corte dei conti alla registrazione del decreto presidenziale 28 luglio 1950 nell'esercizio di una attività amministrativa di controllo.
Ritenendosi assorbiti gli altri mezzi di gravame, i ri
corsi devono essere accolti nei sensi sopra indicati, dichia
randosi l'obbligo del Ministro di sottoporre al Consiglio dei
ministri la questione, ai fini dell'eventuale ordine alla Corte
dei conti di registrare con riserva il predetto decreto pre sidenziale.
Per questi motivi, accoglie, ecc.
CORTE DEI CONTI.
Sezione II ; decisione 18 marzo 1960 ; Pres. Amici P., Est. Barbato, Proe. Gen. Babca (conci, conf.) ; Mar
sano (Avv. Donati) c. Istituti di previdenza (Avv. dello
Stato G. Santoro Passarelli).
Impiegato degli cuti locali -7— Cassa per le pensioni ai dipendenti degli enti locali — Ricorso avverso
il decreto di liquidazione della pensione — Noti
ficazione (L. 25 marzo 1958 n. 260, modificazioni alle
norme sulla rappresentanza in giudizio dello Stato, art.
1, 2 ; r. d. 13 agosto 1933 n. 1038, regolamento di pro cedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti, art. 81 ; r. d. 30 ottobre 1933 n. 1611, t. u. sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato, art. 43).
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