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adunanza plenaria; decisione 6 marzo 1997, n. 8; Pres. Laschena; Est. Patroni Griffi; Cosentino...

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Page 1: adunanza plenaria; decisione 6 marzo 1997, n. 8; Pres. Laschena; Est. Patroni Griffi; Cosentino (Avv. Carrozzo) c. Min. interno (Avv. dello Stato Del Gaizo). Annulla Tar Puglia, sez.

adunanza plenaria; decisione 6 marzo 1997, n. 8; Pres. Laschena; Est. Patroni Griffi; Cosentino(Avv. Carrozzo) c. Min. interno (Avv. dello Stato Del Gaizo). Annulla Tar Puglia, sez. I, 11 aprile1994, n. 172Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 5 (MAGGIO 1997), pp. 249/250-251/252Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191251 .

Accessed: 28/06/2014 07:39

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249 GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 250

CONSIGLIO DI STATO; adunanza plenaria; decisione 6 mar

zo 1997, n. 8; Pres. Laschena; Est. Patroni Griffi; Cosen

tino (Avv. Carrozzo) c. Min. interno (Avv. dello Stato Del

Gaizo). Annulla Tar Puglia, sez. I, 11 aprile 1994, n. 172.

CONSIGLIO DI STATO;

Impiegato dello Stato e pubblico in genere — Procedimento

disciplinare — Sospensione dal servizio — Successiva cessa

zione del rapporto — Caducazione degli effetti «ex tunc» —

Condizioni (D.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3, statuto degli impie gati civili dello Stato, art. 96, 97).

Il mancato esercizio, nei termini di legge, da parte della pubbli ca amministrazione dell'azione disciplinare nei confronti del

pubblico dipendente sospeso cautelarmente dal servizio e suc

cessivamente cessato prima dell'esito del giudizio penale, com

porta il venir meno con effetto ex tunc del provvedimento di sospensione. (1)

Diritto. — 1. - Vanno richiamati, in punto di fatto, gli ele

menti salienti della vicenda procedimentale. Il Cosentino è stato sospeso cautelarmente dal servizio in re

lazione a un procedimento penale; poi è stato dispensato dal

servizio per inidoneità fisica; successivamente è stato condanna

to, con sentenza passata in giudicato, in sede penale.

Egli ha pertanto chiesto all'amministrazione — che all'esito

del giudizio penale non ha intrapreso il procedimento discipli nare — che, previa declaratoria di decadenza della sospensione

cautelare, gli sia corrisposta la differenza tra la retribuzione e

l'assegno alimentare percepito, per il periodo intercorrente tra

la sospensione cautelare e la dispensa dal servizio.

L'amministrazione ha obiettato di non poter intraprendere un'azione disciplinare nei confronti di un dipendente cessato

dal servizio e che la situazione scaturente dalla sospensione cau

telare doveva intendersi oramai cristallizzata.

(1) Con la odierna decisione l'adunanza plenaria nel confermare, con

la giurisprudenza prevalente, l'esperibilità del procedimento disciplinare anche dopo la cessazione del rapporto, nell'interesse e su istanza dello

stesso dipendente o d'ufficio (Cons. Stato, sez. IV, 24 maggio 1995, n. 360, Foro it., Rep. 1995, voce Impiegato dello Stato, n. 994; sez.

V 23 aprile 1993, n. 504, id., Rep. 1993, voce cit., n. 1040, in forza

di una interpretazione estensiva della previsione dell'art. 118 t.u. 3/57

che consente espressamente la prosecuzione del procedimento discipli nare anche in caso di dimissioni del dipendente se la sua definizione

influisce sul trattamento di quiescenza e previdenza; commiss. spec. 29

ottobre 1990, n. 264, id., 1992, III, 270; Tar Toscana, sez. I, 3 agosto 1994, n. 462, id., Rep. 1995, voce cit., n. 965; Tar Puglia, sez. I, 11

aprile 1994, n. 172, id., Rep. 1994, voce cit., n. 1060; contra, nel senso

che il procedimento disciplinare non può essere attivato e, se attivato, cessa con il collocamento a riposo del dipendente, Tar Puglia, sez. II, 30 dicembre 1993, n. 1231, ibid., n. 985), risolve specificamente il con

trasto sulla sorte della sospensione cautelare dal servizio e delle relative

restrizioni economiche in caso di estinzione del rapporto, da alcune pro nunzie affermandosene l'effetto ex nunc e da altre l'effetto ex tunc, con significative conseguenze in ordine alla spettanza o meno al dipen dente della reintegrazione patrimoniale per gli emolumenti decurtati du

rante il periodo di sospensione: l'adunanza plenaria decide nel senso

più favorevole al dipendente, addossando alla pubblica amministrazio

ne l'onere di attivare il procedimento disciplinare anche nei riguardi dei soggetti sospesi dal servizio ed il cui rapporto di lavoro sia nel frat

tempo cessato, pena la estinzione ex tunc di tutti gli effetti della so

spensione. Alle decisioni citate in motivazione adde, in termini con la decisione

in epigrafe, Cons. Stato, sez. VI, 24 settembre 1994, n. 1434, id., Rep.

1995, voce cit., n. 1077; sez. IV 13 novembre 1995, n. 924, ibid., n.

1078; contra, nel senso che la restitutio in integrum consegue soltanto

nelle ipotesi tipiche individuate dall'art. 97 t.u. 3/57, cioè sentenza di

proscioglimento o di assoluzione perché il fatto non sussiste o l'impie

gato non lo ha commesso, Tar Lazio, sez. II, 6 giugno 1995, n. 1000,

ibid., n. 1074; Corte conti, sez. contr., 16 aprile 1992, n. 69, id., Rep.

1994, voce cit., n. 1047; nel senso che il collocamento a riposo dell'im

piegato determina l'esaurimento della sospensione cautelare ma non il

suo venir meno ex tunc-, occorrendo per l'eliminazione di tutti gli effetti

un provvedimento formale di revoca da parte dell'amministrazione, Cons.

Stato, sez. V, 22 marzo 1995, n. 455, id., Rep. 1995, voce cit., nn.

1059, 1069-1072; sez. VI 11 marzo 1989, n. 243, id., Rep. 1989, voce

cit., nn. 711, 780.

Per ogni riferimento sul procedimento disciplinare e la sospensione dal servizio del pubblico dipendente in seguito a processo penale, v.

Corte cost. 24 ottobre 1995, n. 447 e 25 luglio 1995, n. 374, id., 1996,

I, 15, con nota di richiami.

Il Foro Italiano — 1997 — Parte III-9.

Il tribunale amministrativo, nell'annullare il provvedimento, ha ritenuto:

a) che, nonostante la cessazione del rapporto d'impiego, la

potestà disciplinare può nondimeno essere esercitata, sia pure con effetti limitati alle conseguenze economiche che ne di

scendono;

ti) che l'azione disciplinare, peraltro, non è soggetta a termini

perentori e va intrapresa su iniziativa dell'interessato, essendo

prevalente l'interesse di questi, e non dell'amministrazione, alla

definizione del procedimento cautelare, al fine di rimuovere gli effetti della sospensione cautelare.

2. - La questione di diritto rimessa dalla sezione a questa adunanza plenaria consiste nello stabilire se e con quali modali

tà l'amministrazione debba iniziare un procedimento disciplina re nei confronti di un ex impiegato, a suo tempo sospeso caute

larmente dal servizio in relazione a un procedimento penale e

poi dispensato dal servizio, ove, dopo l'estinzione del rapporto di impiego, intervenga il giudicato penale di condanna.

3. - In linea generale, va ricordato che la prevalente giuris

prudenza di questo Consiglio di Stato ammette l'esperibilità del

procedimento disciplinare nei confronti di un dipendente cessa

to dal servizio nelle ipotesi in cui sussista in concreto un interes

se giuridicamente qualificato, dell'impiegato o della stessa am

ministrazione, a una valutazione sotto il profilo disciplinare del

comportamento tenuto in servizio dal dipendente. Si è così riconosciuto l'interesse dell'ex impiegato a prosegui

re il giudizio contro la sospensione cautelare, pur dopo la cessa

zione dal servizio per dimissioni, al fine di ottenere la corre

sponsione della parte di retribuzione non percepita (sez. V 11

dicembre 1992, n. 1424, Foro it., Rep. 1993, voce Giustizia am

ministrativa, n. 545; 23 aprile 1993, n. 504, ibid., n. 1040). Con

affermazione di principio di più ampia portata si è affermato

che spetta all'amministrazione il potere di attivare il procedi mento disciplinare anche nei riguardi dei sospesi dal servizio,

dimessisi e collocati in quiescenza, proprio allo scopo di valuta

re la sorte di una possibile reintegrazione patrimoniale per il

periodo di sospensione cautelare (sez. IV 24 maggio 1995, n.

360, id., Rep. 1995, voce Impiegato dello Stato, nn. 994, 1079; sez. III 3 ottobre 1989, n. 1064/89).

4. - L'adunanza plenaria ritiene che il problema di fondo sia

quello della sorte della sospensione cautelare: si tratta di stabili

re quale sia il titolo giuridico idoneo a sorreggere la sospensio

ne, che per definizione è interinale, a seguito dell'estinzione del

procedimento penale. Le conseguenze del giudicato penale sulla sospensione caute

lare sono positivamente disciplinate dall'art. 97 del testo unico

n. 3 del 1957, con riferimento all'assoluzione dell'impiegato per ché il fatto non sussiste o perché l'imputato non lo ha commes

so, nel qual caso la sospensione è revocata di diritto con effetto

ex tunc; nelle altre ipotesi di assoluzione, l'amministrazione è

tenuta a iniziare in tempo debito il procedimento disciplinare: se questo si conclude con la destituzione, il periodo di sospen sione cautelare resta «assorbito» nel provvedimento espulsivo, che retroagisce al momento della sospensione.

Uno stretto collegamento tra sospensione cautelare e sanzio

ne disciplinare è posto dall'art. 96 del testo unico n. 3 del 1957, a norma del quale, a fronte di sanzioni non espulsive di durata

inferiore a quella della sospensione cautelare, la misura provvi soria non può eccedere quella irrogata in via definitiva e si de

termina quindi un effetto reintegratorio parziale. Dallo stretto collegamento positivamente posto tra sanzione

disciplinare e sospensione cautelare nonché dalla natura interi

nale della sospensione medesima si evince il principio che la

sospensione cautelare per sua natura produce effetti solo fino

a quando non intervenga un provvedimento definitivo che sia

idoneo a sorreggere stabilmente il rapporto tra amministrazione

e impiegato. In altri termini, gli effetti prodottisi in virtù del provvedi

mento di sospensione cautelare sono per loro natura provvisori; non può quindi determinarsi — contrariamente a quanto assu

me l'amministrazione — alcuna «cristallizzazione» della sospen

sione in conseguenza della cessazione dal servizio nel corso del

procedimento penale; all'esito di questo occorre individuare un

procedimento amministrativo idoneo a costituire un titolo giuri

dico che sostituisca il provvedimento di sospensione cautelare,

il quale, con la definizione del procedimento penale, è privato

della sua causa tipica.

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PARTE TERZA

Tale procedimento non può che essere quello disciplinare, al

cui esito — come si è detto — è strettamente correlata la sorte

del periodo di sospensione cautelare.

Dalla necessità che gli effetti interinalmente prodotti dalla so

spensione cautelare trovino un assetto stabile e definitivo di

scende la conseguenza che, all'esito del procedimento penale, è rimesso all'amministrazione di valutare se iniziare o meno il

procedimento disciplinare. La legge, infatti, ricollega effetti tipici al solo comportamen

to dell'amministrazione. Questa può iniziare un procedimento

disciplinare e allora la sorte della sospensione cautelare seguirà le evenienze del procedimento, come sopra descritte. Ovvero l'am

ministrazione riterrà di non dar corso al procedimento discipli nare, e allora gli effetti del provvedimento di sospensione cau

telare verranno meno per il venir meno del titolo giuridico che

provvisoriamente li sosteneva.

5. - Dal delineato contesto di diritto derivano, con riferimen

to alla fattispecie in esame, le seguenti conseguenze:

a) l'ordinamento richiede, nell'interesse al definitivo assetto dei rapporti giuridici, e attesa la durata interinale degli effetti

del provvedimento di sospensione cautelare, che all'esito del pro cedimento penale il provvedimento di sospensione cautelare sia

sostituito da un diverso titolo giuridico che disponga degli ef

fetti prodotti dalla sospensione;

b) la sorte del provvedimento di sospensione e degli effetti

dallo stesso prodotti non può che essere rimessa all'iniziativa

dell'amministrazione al cui comportamento soltanto la legge col

lega effetti tipici; c) a questa, infatti, va riconosciuto, pur essendo intervenuta

la cessazione del rapporto, il potere di valutare il comporta mento dell'impiegato, proprio al fine di regolare in maniera de

finitiva l'assetto degli interessi provvisoriamente determinato dal

provvedimento di sospensione cautelare;

d) tale valutazione non può che costituire estrinsecazione del

potere disciplinare, non rinvenendosi nell'ordinamento altro pro cedimento amministrativo a ciò preordinato;

e) attesa la natura disciplinare, il procedimento non può che

essere assoggettato alle modalità per lo stesso previste, in parti colare ai termini per l'inizio del procedimento posti dalla legge, termini questi che, pacificamente, hanno natura perentoria e

che, nella specie, non sono stati rispettati. Non può quindi ritenersi — contrariamente a quanto affer

mato dal tribunale amministrativo — che il procedimento disci

plinare sia rimesso all'iniziativa della parte privata interessata

e non sia soggetto a termini.

Tale considerazione — per quanto si è detto — contrasta con la ineludibile necessità che l'assetto degli interessi definiti prov visoriamente con il provvedimento di sospensione cautelare tro vi una sistemazione definitiva per effetto di un comportamento tipicamente valutabile dell'amministrazione. La sorte della so

spensione cautelare non può invece essere rimessa all'iniziativa, del tutto eventuale, dell'interessato.

6. - In conclusione, deve ritenersi che, all'esito del giudicato penale di condanna, l'amministrazione possa iniziare un proce dimento disciplinare al fine di regolare gli effetti della sospen sione cautelare disposta nei confronti del pubblico dipendente, ancorché questi sia cessato dal servizio anteriormente al giudi cato penale. Tale potere va esercitato nei termini previsti per l'esercizio dell'azione disciplinare nei confronti degli impiegati in servizio. Il mancato inizio dell'azione disciplinare nei termini

comporta il venir meno con effetto ex tunc del provvedimento di sospensione cautelare.

7. - L'appello principale deve essere, pertanto, integralmente accolto, con la conseguente riforma della sentenza del tribunale amministrativo.

L'appello incidentale dell'amministrazione va invece respinto.

Il Foro Italiano — 1997.

CONSIGLIO DI STATO; adunanza plenaria; decisione 10 feb

braio 1997, n. 7; Pres. Anelli, Est. Camera; Ente autonomo

Teatro dell'opera di Roma (Avv. dello Stato D'Avanzo) c.

Megna. Conferma Tar Lazio, sez. II, 20 gennaio 1993, n. 58.

Impiegato dello Stato e pubblico in genere — Enti lirici — Per

sonale dipendente — Permanenza in servizio fino al sessanta

duesimo anno di età (L. 13 luglio 1984 n. 312, interventi straor

dinari ed integrativi in favore degli enti autonomi lirici e delle

istituzioni concertistiche assimilate, art. 6; 1. 29 dicembre 1990

n. 407, disposizioni diverse per l'attuazione della manovra di

finanza pubblica 1991-1993, art. 6).

Anche i dipendenti degli enti lirici e delle istituzioni concertisti che assimilate hanno diritto a restare in servizio sino al ses

santaduesimo anno di età, ai sensi dell'art. 6 l. 29 dicembre 1990 n. 407. (1)

Diritto. — La questione sottoposta all'esame dell'adunanza

plenaria consiste nel determinare se la proroga al sessantaduesi mo anno del limite massimo di età pensionabile per gli iscritti alla assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vec chiaia e superstiti dei lavoratori dipendenti ed alle gestioni so

stitutive, prevista dall'art. 6 1. 29 dicembre 1990 n. 407, possa trovare applicazione anche per il personale dipendente dagli en ti lirici.

L'indirizzo giurisprudenziale formatosi in proposito è duplice. In seno alla sesta sezione del Consiglio di Stato è stata ritenu

ta non applicabile la predetta normativa pubblicistica generale ai dipendenti degli enti lirici per la specialità del loro ordina

mento che ha affidato al regolamento organico ed alla contrat tazione collettiva l'intera disciplina del loro rapporto di lavoro, fissando a sessanta anni il limite massimo di età per il colloca mento a riposo del personale non artistico (cfr. sez. VI 31 gen naio 1984, n. 23, Foro it., Rep. 1984, voce Impiegato dello

Stato, n. 261; 19 gennaio 1985, n. 3, id., Rep. 1985, voce Spet tacoli, nn. 20-22; 29 maggio 1987, n. 331, id., Rep. 1987, voce

Impiegato dello Stato, n. 979; 28 febbraio 1990, n. 317, id.,

(1) Con la decisione odierna l'adunanza plenaria, intervenendo su uno dei primi approcci del legislatore al problema dell'innalzamento dell'età pensionabile indipendentemente dalla necessità di raggiungere l'anzianità contributiva massima utile, chiarisce che il beneficio della

permanenza in servizio fino al compimento del sessantaduesimo anno di età, concesso a tutti i lavoratori dipendenti «iscritti all'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti ...ed alle gestioni sostitutive, esonerative o esclusive della medesima» dal l'art. 6 1. 407/90, si applica anche ai dipendenti degli enti lirici il cui rapporto di lavoro è regolato, ai sensi della 1. 312/84, dal contratto collettivo. Il contrasto di giurisprudenza che l'adunanza plenaria ha af frontato si era, in realtà, formato fra recenti pronunzie della sez. II 31 marzo 1993, n. 1408/92, inedita, e del Cons, giust. amm. sic. 12

aprile 1995, n. 127, Foro it., Rep. 1995, voce Impiegato dello Stato, nn. 948, 1149, che si erano espresse per l'applicabilità ai dipendenti degli enti lirici della disposizione agevolativa dell'art. 6 1. 407/90, e le decisioni della sezione VI, citate in motivazione, che si erano pronun ziate in ordine alla precedente 1. 54/82 (che concedeva la facoltà di permanenza in servizio sino al sessantacinquesimo anno di età ai lavo ratori che non avevano raggiunto l'anzianità massima contributiva), ri tenuta non applicabile ai medesimi dipendenti degli enti lirici in conse guenza di quanto disposto dall'art. 6 1. 312/84 e della prevalenza della disciplina contenuta nel contratto collettivo vigente. In termini con la decisione in epigrafe, oltre la coeva ad. plen. 6/97 ed una serie di sen tenze identiche di Tar Lazio, sez. II, 20 gennaio 1993, fra cui quelle confermate dalle decisioni dell'ad. plen., nn. 63 e 58, inedite, e n. 57, id., Rep. 1993, voce Previdenza sociale, n. 698, anche Tar Sardegna 27 settembre 1994, n. 1647, id., Rep. 1995, voce Impiegato dello Stato, n. 1134; contra, per la ritenuta prevalenza della disciplina del contratto collettivo, Tar Toscana, sez. I, 27 novembre 1992, n. 549, id., Rep. 1993, voce cit., n. 1161.

Nell'ultimo contratto collettivo sottoscritto il 2 luglio 1996, su auto rizzazione espressa in data 4 aprile 1994 del presidente del consiglio dei ministri (Le leggi, 1996, 1, 2846), all'esito delle procedure previste dal d.leg. 29/93 nessuna disposizione si occupa del collocamento a ri poso dei dipendenti degli enti lirici che deve, pertanto, intendersi rego lato integralmente dalle disposizioni generali di legge in materia.

Per ulteriri riferimenti, v. Corte cost. 30 dicembre 1993, n. 475 (che aveva avallato la giurisprudenza formatasi in relazione alla 1. 54/82), Foro it., 1994, I, 1, con nota di richiami anche in ordine la disciplina di cui alla 1. 407/90; sugli enti lirici e gli altri organismi di produzione musicale, recentemente assoggettati a radicale riforma con d.leg. 367/96, v. Cass. 14 dicembre 1996, n. 11190, in questo fascicolo, parte prima.

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