Date post: | 06-Mar-2016 |
Category: |
Documents |
Upload: | inaviation-info |
View: | 233 times |
Download: | 8 times |
© RIPRODUZIONE RISERVATA
1
Ma quanto costerà mai un
defibrillatore? Meno della fatica di pronunciare la parola. Con 1000 Euro tasse incluse te ne porti a casa uno che al momento del bisogno ti aiuta a spostare in avanti la parola fine. E se te tante volte ti dovesse capitare un infarto, che arriva quando meno te l’aspetti, devi solo ricordarti in quale cassetto lo hai messo e chiedere a chi ti sta vicino di farlo funzionare.
Ma quanto sarà complicato far
funzionare un defibrillatore? Meno, molto meno che guidare un’auto ibrida in una città trafficata. Costa poco, facile da usare, salva vite umane. Allora perché è così difficile riuscire a renderlo disponibile nei luoghi di aggregazione, tipo aeroporti e aeroplani? Hanno fatto meglio gli americani che a Seattle, città della Boeing, manco a
Ma quanto costerà mai un
Aerei, Aeroporti
e
Defibrillatori
Filippo Capuano
Stefano Silvestre
© RIPRODUZIONE RISERVATA
2
Ma quanto costerà mai un
defibrillatore? Meno della fatica di pronunciare la parola. Con 1000 Euro, tasse incluse, te ne porti a casa uno che al momento del bisogno ti aiuta a spostare in avanti la parola fine. E se tante volte ti dovesse capitare un infarto, che arriva quando meno te l’aspetti, devi solo ricordarti in quale cassetto lo hai messo e chiedere a chi ti sta vicino di farlo funzionare.
Ma quanto sarà complicato usare un defibrillatore? Meno, molto meno che guidare un’auto ibrida in una città trafficata. Costa poco,facile da usare, salva vite umane.
Perché, allora, è così difficile riuscire a renderlo disponibile nei luoghi di aggregazione, tipo aeroporti e aeroplani? Hanno fatto meglio gli americani che a Seattle, città della Boeing, manco a dirlo, li hanno perfino predisposti nei palazzi.
Prova a immaginare se tu fossi uno di quelli che deve firmare gli acquisti per una compagnia aerea? Quanto pensi sia l’investimento economico da fare? Per inserirlo nel kit di pronto soccorso di 200 aerei, più o meno spenderai un paio di centinaia di migliaia di euro, IVA compresa. Una bazzecola, rispetto a quello che serve per farli circolare nei cieli di tutto il mondo.
Defibrillatore
© RIPRODUZIONE RISERVATA
3
Un aeroporto poi, dove transitano milioni di persone ogni anno e di ogni nazionalità, come potrebbe farne a meno? Sarebbe un controsenso fornire un servizio d’informazioni multilingua, per esempio, e non l’assistenza medica della quale potrebbe avere bisogno uno dei tanti viaggiatori che consumano caffè e panini prima di partire.
E va bene, viaggiare è un po’ anche un’avventura, ma se incappi in un arresto cardiaco mentre aspetti di imbarcarti sul tuo volo, dell’avventura ne vuoi fare a meno. Ti aspetti di essere aiutato nel migliore dei modi possibili. E in questo caso, quando è il tuo cuore che fa le bizze, quello più quotato per farti sopravvivere è usare un defibrillatore. Ne è straconvinto il Dott. Marco Squicciarini, un fiore
all’occhiello della Croce Rossa Italiana sempre impegnato a fare più che a
dire, referente internazionale nella rianimazione e nelle manovre di disostruzione pediatrica. Un medico che non va per il sottile e non usa giri di parole nel rilevare quanto sia importante avere a portata di mano un defibrillatore nel momento del bisogno. Quando gli chiedi se è pericoloso per chi lo usa o per chi ne subisce l’azione, quasi si mette a ridere.
«Ma lo sa che esistono i defibrillatori impiantabili come se fossero dei peacemaker?».
E mette la parola fine ai dubbi di qualche scarica accidentale.
Quando vedi un ragazzino di dieci anni boccheggiare in cerca della vita, che mano nella mano con il suo papà aspetta di imbarcarsi, t’interessa poco sapere perché non c’è un defibrillatore disponibile in aeroporto.
Dott. Marco Squicciarini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
4
Ma il paradosso, e che paradosso, per un mondo aeronautico che urla l’integrazione, potrebbe essere quello che se l’infarto ti viene a bordo invece che nella sala d’imbarco, le tue speranze di rimanere vivo si riducono al minimo, se l’aereo è di quelli senza defibrillatore. Che beffa!
Viaggiare in aereo al tempo
dell’A380 e del B777 non può essere considerato come uno sport estremo! Viaggiano persone di tutti i tipi, malati e sani che diventano malati. Ce lo vedi un B777, impastato com’è di tecnologia, senza un defibrillatore a bordo? Anche se c’è un equipaggio che in cabina passeggeri darà assistenza (quale?) e un Comandante che si dirigerà verso il primo aeroporto disponibile, ci sono dubbi sul risultato più probabile? A parte la speranzosa
ricerca di un medico tra gli altri passeggeri presenti a bordo, che si fa per aiutare il malcapitato a rimanere tra la caducità delle cose terrene? Forse, oltre al medico, sarebbe meglio cercare anche un prete.
Solo alcuni aeroporti e compagnie aeree hanno predisposto i defibrillatori e addestrato il proprio
personale a usarli? Perché? Sono Marziani? Come gli abitanti di Seattle, che li hanno messi addirittura nei condomini? Possibile che UE, ma anche EASA e ICAO, non abbiano pensato a una norma generale comune, da adottarsi senza alcuna ambiguità? Tipo: aeroporti e compagnie aeree devono rendere disponibili i defibrillatori. Lasciare il libero arbitrio quando di mezzo ci sono gli interessi, non sempre aiuta a
Boeing B777 (Courtesy of Air France)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
5
trovare soluzioni intelligenti. Quindi, è lo Stato che deve battere un colpo, per dimostrare che ha attenzione verso tutti e svegliare le coscienze distratte.
A sentire il Senatore Elio Lannutti (IDV), primo firmatario di una proposta di legge sull’argomento, non sembra proprio così; anzi lo Stato sembra troppo occupato a sbrigare altre faccende, visto che al momento la sua proposta di legge giace immobile come deposito statico per la raccolta differenziata della polvere.
Presentata più di un anno fa, cofirmatari altri due senatori IDV, Mascitelli e Carlino, sta da qualche parte in attesa di essere riesumata al prossimo infarto eclatante. Non è la prima proposta ovviamente, l’elenco è in fondo all’articolo, ma fino ad oggi il risultato è nullo. Possibile che l’iter di una legge sull’uso dei defibrillatori sia più complicato di una legge sulle pensioni? La risposta è sintetica, ma più che chiara: «E lo chiede a me?».
Più o meno sono passati vent’anni dalla prima proposta di legge e siamo ancora a un nulla di fatto.
Ci siamo voluti occupare di questo problema, sforzandoci di capire il punto di vista di chi ha detto no all’uso dei defibrillatori a bordo degli aerei e negli aeroporti, tante volte
avesse ragione, abbiamo pensato, e considerando quelli che li avevano invece messi a disposizione come degli sprovveduti spendaccioni. Uno sforzo considerevole che non ci ha aiutato a condividere le ragioni del no.
Tra le maggiori paure di chi vola, quella che raccontiamo non è forse tra le principali. Ma si tratterebbe di un timore fondato, qualora a bordo non
dovessero essere presenti delle attrezzature utili a salvare delle vite. Per esempio, un defibrillatore semiautomatico (DEA), l'apparecchio portatile che attraverso scariche elettriche può riportare il cuore a un ritmo di battito regolare.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
6 E non si tratta di una preoccupazione inutile: solo in Italia, secondo il Ministero della salute, sono oltre 60 mila i casi di infarto in luoghi pubblici.
Praticamente, tutti gli aeromobili delle compagnie aeree commerciali italiane, ma anche quelli in dotazione all'Aeronautica Militare, non sono dotati di apparecchi DAE – che possono essere utilizzati anche da personale paramedico o "laico" addestrato – e i Vettori non sono neanche obbligati: non c’è una legge che lo impone. Un vuoto burocratico che è una manna per chi vuole una ragione per non fare. Unica eccezione è costituita dalla veronese Air Dolomiti (controllata Lufthansa), che a febbraio di quest'anno (2012) ha provveduto a
dotare i suoi aeromobili (17 in tutto) di defibrillatori automatici.
L'impiego dei DEA a bordo degli aerei, ad oggi, è soltanto raccomandato dall'ECAC, attraverso la Recommendation 28-1 dell'aprile 2005 (visibile qui). L’inserimento nel kit di primo soccorso in dotazione agli aeromobili, in gergo la “cassetta medicinali”, rientra quindi tra le responsabilità del Vettore, in accordo anche alla EU OPS 1.110 in merito agli apparecchi che rientrano nella categoria Portable Electronic Device. (ECAC safety information) Attualmente, la legislazione italiana (legge 3 aprile 2001, n°120 e un Decreto del Ministero della Salute del marzo 2011), promuove l'installazione e l'uso dei dispositivi da parte di
Embraer 195 (Courtesy of Air Dolomiti)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
7
personale appositamente addestrato anche nei luoghi extra ospedalieri, come campi di calcio, palestre, uffici, supermercati e, appunto, aerei. Il 3 febbraio 2011, come abbiamo anticipato, è stato presentato dai Senatori IDV Lannutti, Mascitelli e Carlino un Disegno di Legge che proponeva una soluzione definitiva alla questione, attraverso l'istituzione di corsi di formazione, l'individuazione dei luoghi adatti all'installazione e l'addestramento del personale.
Fin qui la legislazione italiana, che entra nel merito di quello che è definito luogo di aggregazione, ad alto flusso di pubblico come un aereo o un aeroporto. I casi di infarto a bordo, purtroppo non mancano. Di recente, nei primi giorni dell'anno, una donna di 74 anni è morta in seguito ad un infarto su un Boeing 737 della Ryanair diretto da Las Palmas a Pisa. L'anziana donna è entrata in arresto cardiaco a soli 20 minuti dal Galileo Galilei ed è stata anche soccorsa da un medico
presente a bordo. Per lei, però, non c'è stato niente da fare. A febbraio, un altro caso. Ancora un B737, stessa Compagnia. Poco dopo il decollo da Orio al Serio, direzione Lamezia Terme, una passeggera 63enne ha accusato il malore che ha costretto il Comandante a rientrare nell’aeroporto di Bergamo. Ha impiegato 15 minuti per rientrare a terra, pochissimi, ma comunque fatali per la donna. I medici del 118 non hanno potuto fare altro che constatarne la morte a bordo pista.
Un drammatico elenco di infarti letali in cabina passeggeri. Alcuni casi addirittura clamorosi, come la morte del pilota di riserva di un Boeing 757 della russa UTair, stroncato a gennaio da un attacco cardiaco mentre viaggiava su un aereo della Compagnia per cui lavorava.
La tempestività, in questi momenti, è tutto. In molti casi, anche tra quelli presi in esame, era addirittura presente un medico a
© RIPRODUZIONE RISERVATA
8
bordo, che non è però riuscito ad evitare la morte del passeggero. In caso di morte cardiaca improvvisa – come confermato ad Inaviation dal Prof. Bruno Trimarco, Dirigente Medico presso il Centro per la Diagnosi e Cura dell'ipertensione arteriosa dell'università Federico II di Napoli – il tempo limite per il ripristino del regolare battito cardiaco della vittima è ridotto ad una manciata di minuti. Un breve lasso di tempo nel quale l’equipaggio di un aereo fa quel che può. Ma senza un defibrillatore disponibile, anche i soli 20 minuti impiegati per l'atterraggio a Pisa e gli appena 15 di Orio al Serio, risultano troppi e quindi fatali.
Il comandante di un aereo che deve affrontare una simile emergenza non ha molte scelte operative;può dirigere l’aereo verso l’aeroporto più vicino, sperando che sia attrezzato per l’emergenza medica in atto. Se l’aeroporto è lontano e a bordo non c’è nessun defibrillatore le speranze di riportare a terra il passeggero ancora
vivo si riducono con il passare dei minuti.
In Europa, al momento, non esistono vere e proprie norme che regolino in modo chiaro sia la disponibilità a bordo del DAE, sia l'addestramento del personale di cabina che deve usarlo al momento del bisogno. L'EASA, nonostante abbia già preso in analisi le segnalazioni ricevute a riguardo (Comment Response
Document 2009-02b), non ha ancora trasmesso alcuna direttiva.
A livello internazionale, l'ICAO (nell'International Standard and Recommended practices Annex 6, Luglio 2010), pur riconoscendone l'utilità su velivoli ad alto numero di passeggeri, si è limitata a convenire:
« i singoli operatori devono determinare l'installazione dei DAE, valutandone l'utilità sulla base del calcolo dei rischi annessi e delle necessità legate all'uso di tali dispositivi ». Complicatissimo! Come dire: se una compagnia aerea o un aeroporto li valuta come necessari, liberi di predisporli. E per chi dice no?
Anche la questione del numero di passeggeri trasportati suscita qualche perplessità. Secondo questa precisazione, se viaggiassi su un ATR o Q400, potrei non avrei disponibile il defibrillatore, mentre se viaggiassi su un A380 o un B777, anche appartenenti alla stessa Compagnia, lo troverei a bordo. Comunque non c’è
Prof. Bruno Trimarco
© RIPRODUZIONE RISERVATA
9 obbligo di predisporre i defibrillatori in cabina passeggeri, né di addestrarne all'uso il personale di bordo.
In alcuni casi la scelta è stata motivata – è l'esempio della CAA britannica – dal fatto che, testualmente: l'infarto a bordo è un evento raro se comparato al numero di passeggeri trasportati. La CAA continua poi a spiegare le sue motivazioni, aggiungendo informazioni di carattere medico. In caso di infarto non dovuto a fibrillazione ventricolare – si legge nell'informativa della CAA – gli apparecchi DAE sono inutili a ripristinare un corretto battito cardiaco e anche se accadesse il contrario, conclude, ci vorrebbero ore per trasportare la vittima in ospedale.
Una spiegazione che non convince fino in fondo se, come successo talvolta, l'attacco cardiaco si è presentato a una manciata di minuti dalle ambulanze.
Ma non tutti, qualcuno direbbe per fortuna, la pensano come la CAA britannica. Molti Vettori, europei ed extraeuropei, infischiandosene di questa confusione e ambiguità normativa, hanno provveduto, e già da tempo, a dotare i propri aerei di apparecchi DAE. La Qantas, per esempio, ha iniziato ad installare i defibrillatori su tutte le sue rotte internazionali già nel 1990, seguita nel 1991 da Virgin Atlantic. Entrambe le compagnie aeree dispongono oggi di DAE su tutta la flotta.
Airbus A380 (Courtesy of Qantas)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
10 E anche in Europa molti altri Vettori hanno preso la stessa strada. Air France ha confermato ad Inaviation di aver già installato defibrillatori su tutti i suoi velivoli e di averne addestrato all'uso tutto il personale di volo; Lufthansa ha intrapreso la stessa strada a partire dalla metà degli anni '90. E anche le scandinave Braathens Airlines e Scandinavian Airlines hanno iniziato a implementare i DAE sulla loro flotta a partire dal 2000.
Come dire: comprando un biglietto aereo Air France, Lufthansa o SAS, compro anche la possibilità di incrementare le mie speranze di sopravvivenza per attacco cardiaco durante il volo. Non dico che rimango vivo sicuramente, ma perlomeno, se mi collegano un defibrillatore al mio
cuore, come dicono gli esperti, faccio schizzare la mia speranza di sopravvivenza da un 5% ad un più che ragguardevole 75%.
E riguardo alla normativa non tutti i Paesi volano dentro le nubi. Negli Stati Uniti, per esempio, esiste già da tempo una precisa norma che regolamenta la predisposizione e l’uso dei defibrillatori. E anche il Canada si sta muovendo in questo senso, spinto com’è dalla sempre crescente preoccupazione per questo tipo di emergenze che avvengono durante il volo. Secondo una disposizione della FAA (Order 8900.1 del 13/09/2007, visibile a questo link) (CNN pubblica la notizia nel 2001) ogni aereo con capacità di carico di almeno 7.500 libbre (circa 3,5 tonnellate) deve avere almeno un defibrillatore a bordo e
Airbus A330 (Courtesy of Virgin Atlantic)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
11
un'ulteriore circolare del 2006 (Advisory Circular 121-34B) regola l'addestramento del personale di volo all'uso dei dispositivi. Se, come è sottolineato dai principali organi sanitari europei, la tempestività d'intervento in questi casi, è fondamentale, perché perdere altri minuti preziosi? In volo, senza la disponibilità di un defibrillatore a portata di mano, sono poche le speranze di salvarsi da un attacco cardiaco e le opzioni a disposizione dell’equipaggio non possono certo essere considerate come una soluzione appropriata.
E gli aeroporti italiani?
Sono in grado i nostri aeroporti di
soccorrere prontamente un
viaggiatore colpito da infarto?
Abbiamo chiesto ai principali
scali italiani di quali strumenti
dispongano per affrontare questo tipo
di emergenze. In Italia, la legge 3 aprile
2001, n°120 e un decreto del Ministero
della Salute del marzo 2001,
promuovono l'installazione e l'uso dei
dispositivi di defibrillazione da parte di
personale appositamente addestrato
anche nei luoghi extraospedalieri.
Tuttavia non ne ha reso obbligatoria
l’installazione.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
12
All’interno della legge sono già
previste le modalità e le procedure per
il rilascio di una specifica
autorizzazione all’uso dei defibrillatori
da parte del personale di cabina.
Considerando il punto di vista di
assistenza sanitaria, alcuni tra i nostri
maggiori aeroporti, già da tempo si
sono dotati di ciò che serve. Aeroporti
di Roma, per esempio, ha comunicato
ad Inaviation che gli scali di Fiumicino
e Ciampino sono attrezzati per la
gestione di questo tipo di emergenze.
Al Leonardo da Vinci c’è la
disponibilità di 34 defibrillatori, tutti
installati in aree strategiche, quelle con
maggiore affluenza di passeggeri. Sono
inoltre presenti tre medici specialisti
(medicina e chirurgia d'urgenza)
supportati da personale infermieristico
appositamente addestrato e da una
sala operativa di pronto soccorso.
L’assistenza copre a turno tutto l'arco
della giornata. Sempre a Fiumicino,
sono stanziate otto ambulanze
attrezzate per la rianimazione, quattro
interne allo scalo e quattro esterne.
Sono invece otto (di cui quattro
recentemente donati dalla Provincia di
Roma) i defibrillatori presenti
nell'aeroporto Roma Ciampino, con
due ambulanze, di cui una attrezzata
per la rianimazione. Un medico è
sempre presente. La SAB ci ha fatto
sapere che l'aeroporto di Bologna è
stato il primo in Italia, nel 2001, a
dotarsi di apparecchi defibrillatori.
All'interno dell'aeroporto Marconi
sono presenti sei DAE, posizionati nei
punti sensibili dello scalo (check-in,
bar, controllo security, sala d'attesa). I
defibrillatori, posizionati in colonnine
di vetro frangibile da rompere in caso
di necessità, possono essere utilizzati
da personale sanitario e "laico",
Bologna Airport ( Courtesy of SAB)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
13 purché munito di patentino. In caso di
procedura di emergenza – ha
confermato ad Inaviation l'Ing. Marina
Maschio, Airfield Operations Post
Holder – è prevista una specifica
procedura che si attiva in caso di
segnalazione di emergenza da parte
del comandante dell’aereo, al quale
viene data la priorità nella sequenza di
avvicinamento. Vicino la pista viene
predisposta un'ambulanza attrezzata e
un'auto medica di supporto.
L'aeroporto di Napoli Capodichino,
dispone di tre defibrillatori mobili e di
uno fisso, con tre ambulanze (due a
disposizione diretta dell'aeroporto,
una appartenente al 118) pronte
all'intervento in pista in caso di
segnalazione di emergenza medica da
parte del comandante dell’aereo. Due i
Pronto Soccorso a Malpensa, uno a
Linate. Entrambi gli scali sono
presidiati 24 ore su 24 da un'equipe
sanitaria composta da un medico in
turno e uno o più infermieri
professionali, che operano con
precedenza assoluta per la linea di
volo. Secondo la SEA, il tempo stimato
di intervento per le chiamate a bordo è
inferiore agli otto minuti. Sono quattro
i defibrillatori presenti a Linate, due in
uso quotidiano, due di scorta di
emergenza. Cinque in totale a
Malpensa, ripartiti tra il Terminal 1 (5
apparecchi, 3 in uso, 2 di scorta) e
Terminal 2 (due in tutto).
Venice Airport (Courtesy of SAVE)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
14
Al Marco Polo di Venezia si
dispone di un defibrillatore
semiautomatico, nell'aerostazione
arrivi, e di una ambulanza attrezzata
alla rianimazione cardio-polmonare.
All'interno dello scalo è inoltre
assicurato un servizio di Pronto
Soccorso attivo 24 ore su 24.
La SACAL, gestore dell’aeroporto
di Lamezia Terme, ci ha confermato di
avere a disposizione due defibrillatori,
uno all'interno della postazione
medica, nella zona arrivi, l'altro nella
zona dei check in. La casistica abbonda
di episodi di attacco cardiaco a bordo
divenuti letali. La situazione può
cambiare drasticamente se si è
abbastanza fortunati da trovarsi
ancora a terra. Al Marconi di Bologna,
alcuni passeggeri in arresto cardiaco
sono stati salvati grazie alla
fibrillazione tempestiva. È successo ad
aprile 2004, in piena aerostazione di
Bologna, si è ripetuto nel marzo 2010 e
anche a febbraio di quest'anno,
quando una persona è stata salvata da
un attacco cardiaco proprio mentre il
velivolo era già in pista in attesa di
decollare. E volendo guardare in
Europa e nel mondo, i defibrillatori
sono stati installati anche negli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
15
aeroporti di San Francisco, Munich
International, Sidney, Capetown
International, per indicarne alcuni,
perché la lista è molto più lunga.
Torna quindi a farsi prepotente
una delle due domande che ci siamo
posti all’inizio: ma perché ci sono
aeroporti che predispongono i
defibrillatori nei luoghi di pertinenza,
anche se non obbligati da alcuna
norma, mentre altri semplicemente se
ne infischiano? Evidentemente la
sensibilità aeronautica ha poco a che
fare con lo standard. E come
potrebbe? Di soluzioni ne rimangono
poche. Occorre che lo Stato batta un
colpo e svegli quelle coscienze che
sonnecchiano incuranti del fatto che a
bordo di un aereo un defibrillatore può
diventare indispensabile. Come
abbiamo già visto, molte compagnie
aeree hanno deciso per conto loro. In
questo spicca la British Airways, che
ha installato a bordo dei suoi aerei i
defibrillatori anche se la CAA non lo
aveva richiesto. Infatti l’ente
britannico (qui il link alle FAQ) motiva
l'assenza di un reale obbligo per le
compagnie aeree ad adottare i DAE
scrivendo che:
«l'infarto a bordo è un evento
raro se comparato al numero di
passeggeri trasportati» e che «anche
in caso di uso di defibrillatore, per
risolvere le cause dell'infarto si
impiegherebbero ore per trasportare la
vittima in ospedale».
Ma è davvero così? Non sembra, visto
che non solo British Airways, ma
anche Ethiad, Lufthansa, Emirates,
Delta, Swiss Air, Cathay Pacific, non la
pensano allo stesso modo. E non sono
le sole. Infatti, il Prof. Antonio
Giuseppe Rebuzzi, Dirigente Medico,
responsabile presso il reparto di
Cardiologia del Policlinico Gemelli di
Roma ci ha detto che:
«Nelle prime fasi dell'infarto è possibile
riscontrare un'aritmia mortale anche in
un episodio di moderata entità, ma –
continua il Prof. Rebuzzi – anche se ci si
trova in pieno Oceano, a ore di volo dal
più vicino ospedale, eliminare l'aritmia
attraverso la defibrillazione equivale
ad aumentare considerevolmente le
possibilità di salvezza del paziente;se
l'intervento con il defibrillatore non
dovesse verificarsi affatto, le possibilità
del paziente sono praticamente nulle».
Insomma, sembrerebbe che il
fatalismo espresso dalla CAA, non trovi
molti riscontri tra gli esperti del ramo,
e non è sufficiente a giustificare
l'assenza a bordo di uno strumento
che potrebbe salvare delle vite.
Dello stesso parere è il Prof. Bruno
Trimarco, docente all'Università
Federico II di Napoli e presidente della
© RIPRODUZIONE RISERVATA
16
Società Italiana per la Prevenzione
Cardiovascolare:
«Distanza da terra non equivale a
morte certa, molti pazienti sono stati
trattati con successo anche a distanza
di tempo dall'episodio (arresto
cardiaco ndr), anche se sono decisive
l'assenza di una patologia di base al di
la dell'attacco cardiaco in sé e la
tempestività d'intervento».
Tempestività, appunto. I medici
che abbiamo intervistato concordano
nella fondamentale importanza della
rapidità dei tempi d'intervento, ridotti
a una manciata di minuti e che può
davvero fare la differenza tra la vita e
la morte.
«Fermo restando che il
defibrillatore non “guarisce” l'infarto,
ma contribuisce a riparare le
complicanze mortali ripristinando un
corretto ritmo – ha concluso il Prof.
Trimarco – evitando danni irreversibili
causati dalla mancata perfusione di
sangue negli organi vitali».
E per quanto riguarda l'uso sui bambini? In un luogo pubblico bisogna valutare la presenza di tutte le fasce possibili di età e, tra queste, non possiamo escludere i più piccoli.
Il Prof. Giacomo Pongiglione, Direttore del Dipartimento di Medicina Cardiologica e Cardiochirurgia Pediatrica dell'ospedale Bambin Gesù di Roma, ci ha confermato che i defibrillatori possono essere usati con successo anche sui bambini, con una parte specifica del protocollo BLS/D (Basic life support), chiamato PBLSD (Paediatric Basic Life Support), dedicata proprio all'uso del defibrillatore sui più piccoli.
Prof. Bruno Trimarco
Prof. Giacomo Pongiglione
© RIPRODUZIONE RISERVATA
17
Su quest’aspetto il Dott. Marco Squicciarini è più che deciso nell’affermare che non c’è alcun pericolo nell’utilizzarli anche sui bambini.
Dunque, sull’uso dei defibrillatori
sembrano tutti d’accordo. Ma allora
perché c’è chi continua a fare orecchie
da mercante? Anche la
Federconsumatori, ha espresso un
parere più che convinto
sull'installazione dei defibrillatori a
bordo degli aerei. Il Dott. Mauro
Zanini, Vicepresidente della
Federazione, ha confermato ad
Inaviation l'importanza di questi
dispositivi e della formazione di chi ne
è addetto all'uso, sottolineando la
centralità della formazione degli
operatori in tal senso.
«Quella dei defibrillatori è una
realtà che sta prendendo piede sempre
più velocemente nei luoghi pubblici –
ha aggiunto Zanini – è importante che
venga estesa come standard di
servizio, tenendo sempre presente la
sicurezza dei passeggeri e dei
dispositivi stessi in relazione all'uso
sugli aeromobili».
Molte compagnie aeree hanno già provveduto ad installare defibrillatori a bordo, alcuni lo hanno fatto già da anni. I maggiori aeroporti italiani ci hanno confermato di essere attrezzati per il soccorso di persone colpite da attacco cardiaco e autorevoli pareri medici ci hanno mostrato come l'adozione dei DAE a bordo costituisce un decisivo mezzo per intervenire tempestivamente per salvare vite umane. Sono state presentate più proposte di legge per la loro adozione indiscriminata nei luoghi pubblici e ad alta affluenza di persone, ma tant’è, al momento nulla di nuovo. Troppa confusione normativa e laddove qualcosa è stato scritto può essere interpretato almeno in due modi diversi.
La legge italiana non prevede ancora l'obbligo di installare dispositivi di defibrillazione a bordo degli aeromobili, ma molto è stato fatto in passato, senza successo, perché questa situazione di stallo si muovesse in qualche modo. La prima proposta di legge è datata 4 febbraio 1988 e fu presentata nel corso della X legislatura dai Deputati Boato, Salvoldi, Andreis,
Dott. Mauro Zanini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
18
Grosso, Donati, Mattioli, Scalia, Bassi, Montanati, Lanzinger, Cima, Procacci e Ceruti. Nella proposta, si metteva particolarmente in risalto l'importanza dell'uso dei defibrillatori e bordo e se ne proponeva l'adozione obbligata da parte di tutti gli aeromobili che usufruivano degli scali italiani: purtroppo l'iter legislativo è rimasto fermo alla prima lettura.
Trascorrono dodici anni, entriamo nel nuovo millennio. Un decreto del Ministero della salute datato 21 settembre 2000, regola
«l'uso di defibrillatori semiautomatici a bordo degli aerei e corsi di formazione per capo cabina».
È la prima volta che si muove un passo simile nel nostro Paese, un Decreto che apre all'uso dei defibrillatori da parte di personale non medico. Nel suo primo articolo, il testo legislativo prevede che: «I capi cabina, in possesso di certificato "Basic life support – Defibrillation" (BLS-D)–, sono autorizzati ad utilizzare, anche nel caso in cui non sia presente un medico a bordo, defibrillatori semiautomatici sugli aerei di linea».
Un’azione coraggiosa punita con un KO tecnico. Nulla di fatto. Per un nuovo piccolo passo in avanti bisognerà attendere la Legge 3 aprile 2001 n°120, che autorizza l'uso dei dispositivi da parte di personale non
medico, appositamente addestrato, anche nei luoghi extra ospedalieri, come campi di calcio, palestre, uffici, supermercati e, appunto, aerei. Nel Testo, al comma 2 bis (aggiunto al Testo iniziale con il Decreto Legge n° 273 del 30 Dicembre 2005 e abrogato nel 2008), è inoltre previsto l'addestramento del personale da parte delle «organizzazioni medico-scientifiche senza scopo di lucro e degli enti operanti nel settore dell’emergenza sanitaria che abbiano un rilievo nazionale e che dispongano di una rete di formazione».
La Legge 3 aprile 2001 n°120, anche con l'aggiunta del comma 2 bis non chiarisce però fino in fondo il capitolo più nodoso del tema: la formazione del personale. A questo proposito è interessante la ricerca effettuata dall'infermiere Ivan Cabrini nel 2007, che affronta il problema della mancanza di una linea guida unitaria in Italia che consenta al personale "laico" addestrato al BLSD di usare le proprie competenze su tutto il suolo nazionale attraverso una sola autorizzazione.
Un ulteriore progetto di modifica alla legge 120 (Disegno di legge 1517, Di Virgilio), si è fermato alla Camera nel 2008, dopo essere stato approvato con alcune modifiche al Senato. Al comma 2-ter il Testo prevedeva l'obbligo di predisporre un defibrillatore semiautomatico e di dotarsi di personale addestrato per un vasto elenco di luoghi pubblici (tra cui i treni, aeroporti e navi) ma, e
© RIPRODUZIONE RISERVATA
19
bisognerebbe chiedersi perché, non prevedeva alcun obbligo per gli aeromobili. La caduta del secondo Governo Prodi, ad aprile 2008, ha però segnato un'improvvisa battuta d'arresto nell'iter legislativo; tornata alla Camera dei deputati la legge è rimasta in attesa di un'approvazione definitiva che non è mai arrivata.
L'ultimo capitolo di una legge dal decorso infinito è datato 3 febbraio 2011. Il DDL in questione, presentato come abbiamo detto dai Senatori IDV Lannutti, Mascitelli e Carlino, propone una soluzione definitiva alla questione, attraverso l'istituzione di corsi di formazione, l'individuazione dei luoghi adatti all'installazione e l'addestramento del personale. A distanza di oltre un anno, però, ancora niente di fatto: l'esame della legge non è ancora iniziato.
ENAC ha confermato ad Inaviation che anche in Europa non esistono leggi che determinino l'installazione obbligatoria di defibrillatori a bordo degli aeromobili. Esiste però una raccomandazione dell'ECAC (European Civil Aviation Conference), la Recommendation ECAC/28-1 on Air Passenger Health Issues- Manual on Air Passenger Health Issues. La Raccomandazione emanata da ECAC, pubblicata il 15 aprile 2005, insiste affinché i defibrillatori semiautomatici vengano adottati nei kit di primo soccorso in dotazione a tutti gli aeromobili e che il personale di bordo venga addestrato all'uso dei DAE all'inizio del proprio
percorso di training con le compagnie aeree, con corsi di aggiornamento da ripetersi ogni anno.
Anche l'EASA, in un CRD (Comment Response Document 2009-02b) del 2009 mette in evidenza l'importanza di una regolamentazione specifica in materia riconoscendone l'utilità nel salvare vite umane e suggerisce di trattare il tema con un ordine del giorno ad hoc. Stesso discorso per quanto riguarda la possibilità di rendere obbligatorio un defibrillatore semiautomatico su tutti gli aeromobili con configurazione massima di passeggeri superiore a 30 unità; la proposta è rigettata perché necessita di un'analisi più approfondita con le Autorità e i produttori, da svolgersi poi in nuovo un iter normativo. Tempo, tempo, prendiamo sempre tempo. Meno male che almeno alcune compagnie aeree e aeroporti non stanno lì ad aspettare. La CAA inglese è invece radicale: se da un lato l'Authority britannica ammette, con riserva, l'utilità dei dispositivi, dall'altro sentenzia che i casi di arresto cardiaco sugli aeromobili sono molto rari se comparati al numero totale di passeggeri. Inoltre, la distanza dai più vicini ospedali non consentirebbe al paziente di essere assistito con successo anche dopo una defibrillazione. Da qui, secondo la CAA, il motivo per cui sarebbe ingiustificato un eventuale obbligo a implementare i DAE sui velivoli passeggeri. Noi, e siamo in buona compagnia, non la pensiamo allo stesso modo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
20
L'ICAO ha già pubblicato il suo punto di vista nell'International Standard and Recommended Practices Annex 6, del Luglio 2010. Nell'allegato tecnico relativo alle operazioni degli aeromobili, l'Organizzazione ha riconosciuto l'utilità dei defibrillatori sui velivoli ad alto volume di passeggeri, ma si è limitata a precisare che i singoli operatori aerei dovrebbero determinare l'installazione dei DAE, valutandone l'utilità sulla base del calcolo dei rischi annessi e delle necessità legate all'uso di tali dispositivi. Quindi, non posso escludere la loro utilità, ma a farli diventare uno Standard non ci penso proprio.
Completamente diversa la regolamentazione nel Stati Uniti. L'Order 8900.1 del 13/09/2007 della FAA, è chiarissimo: ogni aereo dalla capacità di carico di almeno 7.500 libbre (circa 3,5 tonnellate) deve avere almeno un defibrillatore a bordo. Un'ulteriore direttiva del 2006 (Advisory Circular 121-34B), inoltre, regola l'addestramento del personale di volo all'uso dei dispositivi. Il percorso statunitense in materia è iniziato nel 2000, quando la morte a bordo di un 28enne nel luglio di quell'anno scatenò una ondata di richieste all'Authority. All'epoca il costo dell'installazione dei DAE e l'addestramento del personale per le compagnie aeree statunitensi fu quantificato in 16 milioni di dollari. Secondo una clausola compresa nell'Aviation Medical Assistance Act
del 1998, inoltre, sia i Vettori che i singoli passeggeri non sono penalmente responsabili della morte di un passeggero in seguito a un tentativo di soccorso durante un'emergenza in volo, a meno che non vengano accertate gravi negligenze o in caso di comprovata condotta dolosa.
Guarda il video(1)
Guarda il video(2)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
21
Introduzione
La Morte Improvvisa Cardiaca (MIC)
rimane uno dei più drammatici
problemi sanitari irrisolti: ogni anno
in Italia l’arresto cardiocircolatorio
(ACC) colpisce circa 60.000 persone,
risultando da solo la principale causa
diretta di morte; gli incidenti stradali
- per fare un tragico paragone - ne
mietono 7500, l’AIDS meno di 200. A
causa dell’imprevedibilità con cui
l’arresto cardiocircolatorio colpisce,
molte delle vittime muoiono prima di
raggiungere l’ospedale o di poter
essere soccorse da una equipe
sanitaria territoriale dotata di
defibrillatore ed abilitata ad usarlo.
Perché? Perché le ambulanze
impiegano alcuni minuti per
soccorrere chi viene colpito da arresto
cardiaco nell’area urbana: dobbiamo
considerare, infatti, il tempo
necessario alle persone che sono vicine
a chi si sente male, per capire che cosa
sta succedendo e chiamare il 118; due
minuti se ne vanno per la gestione
della chiamata e per l’attivazione
dell’equipaggio di soccorso; si
aggiunge, infine, il tempo necessario
all’ambulanza, sia pure in urgenza,
per raggiungere il luogo. Per quanto i
mezzi di soccorso possano essere
diffusi sul territorio, difficilmente i
sanitari potranno raggiungere la
vittima in tempo per far ripartire il
cuore, evitando tragiche conseguenze.
Questo significa che è indispensabile
ridurre i tempi con cui lo strumento
salvavita per eccellenza, il
defibrillatore semiautomatico,
diventa disponibile. Deve essere già
sul posto ed essere usato
immediatamente da chi si trova lì ed è
addestrato a farlo. Deve esserci sui
mezzi di soccorso non sanitario,
soprattutto quando siano i primi od i
soli che possono intervenire in
situazioni ambientali particolari.
La Fibrillazione Ventricolare (FV) è
una condizione in cui gli impulsi
elettrici cardiaci divengono caotici
causando una brusca interruzione
dell’azione di pompa del cuore. Le
vittime collassano e perdono
coscienza in breve tempo, il più delle
volte senza preavviso. Se il ritmo
cardiaco fisiologico non è ristabilito,
la morte segue in pochi minuti.
La terapia è la defibrillazione,
l’applicazione cioè di uno shock
elettrico al cuore attraverso il torace
del paziente, effettuata con uno
strumento chiamato defibrillatore. Il
La Defibrillazione precoce nell’Arresto Cardiocircolatorio
Uso del DAE e BLSD negli ambienti di lavoro.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
22
defibrillatore è in grado di eliminare
la FV e permette la restituzione di un
ritmo cardiaco corretto e la
conseguente funzione di pompa al
cuore. Ma solo se la defibrillazione è
effettuata entro i primi minuti
dall’ACC, il tasso di sopravvivenza
dopo una VF può essere
significativamente elevato.
Sviluppo storico del DAE (Automated
External Defibrillator) Negli anni ’60 i
medici riconobbero l’importanza di
fornire alla comunità una rapida
defibrillazione sotto forma di unità
coronariche mobili. Nei primi anni ’70
queste unità mobili furono fornite di
personale paramedico e il tasso di
sopravvivenza salì dal 7 al 17%
durante questo decennio. Sempre in
quegli anni iniziò l’addestramento di
tecnici sanitari nel riconoscimento
della FV e nell’operazione di
defibrillazione manuale. Il tasso di
sopravvivenza salì in questo modo
fino al 19%. I defibrillatori
automatici esterni furono introdotti
nel 1979; furono distribuiti in modo
tale che anche le persone “laiche”
(cioè non appartenenti al comparto
sanitario) ma con un’adeguata
formazione fossero in grado di
eseguire una defibrillazione precoce.
In studi multipli, è stato dimostrato
che questi dispositivi permettono a
personale minimamente formato di
convertire una fibrillazione
ventricolare in un ritmo cardiaco
regolare. In Italia l’uso dei DAE da
parte di personale NON sanitario è
consentito dalla legge n.120/2001 (e
successive modificazioni).
Il Defibrillatore semiautomatico è
uno strumento sicuro, poco costoso,
facile da usare, determinante nel
soccorso cardiorianimatorio.
Scopo del DAE
I defibrillatori automatici esterni
emettono, attraverso ampli elettrodi
autoadesivi, un impulso elettrico di
larga ampiezza verso il cuore, in modo
da restaurare il ritmo normale in
pazienti in FV o in tachicardia
ventricolare “senza polso”. I DAE
differiscono dai convenzionali
defibrillatori per il fatto che sono in
grado di analizzare il ritmo ECG e
determinare con precisione ed
assoluta sicurezza se la defibrillazione
è necessaria. Questo elimina la
necessità da parte del soccorritore
l’utente di interpretare il ritmo
cardiaco prima di emettere lo shock e
di dover scegliere l’energia da erogare.
E’ in particolare dimostrato che non è
rilevante la cultura medica o
infermieristica e l’alta professionalità:
il primo soccorritore ha, lui solo, la
possibilità di salvare una vita se sa
come comportarsi, mettendo in
pratica le fasi della cosiddetta “catena
© RIPRODUZIONE RISERVATA
23
della sopravvivenza”. Quando
arriverà l’ambulanza, se i 5 minuti
preziosi saranno lasciati trascorrere
senza manovre di rianimazione
cardiopolmonare e senza che un
defibrillatore sia accanto al paziente
in tempo utile, la sopravvivenza
INTEGRA di quella persona sarà già
compromessa.
Defibrillazione Precoce e luoghi di
lavoro
Le informazioni raccolte da vari studi
condotti prevalentemente negli Stati
Uniti e nel resto dell’Europa hanno
dimostrato che il posizionamento di
DAE in posti pubblici e il loro utilizzo
da parte di personale “laico” ha
ovunque portato ad un rilevante
incremento del tasso di sopravvivenza
agli arresti cardiaci improvvisi.
In tutti gli studi condotti
l’incremento del tasso di
sopravvivenza integra è associato al
riconoscimento rapido
dell’emergenza, all’inizio immediato
della rianimazione cardiopolmonare e
all’uso del DAE entro 5 minuti dalla
perdita di coscienza. E’ evidente che
in gran parte dei luoghi di lavoro non
ci si può aspettare che il 118 giunga in
tempo per erogare la scossa salvavita.
Purtroppo il triste bollettino di guerra
delle morti “bianche” ne offusca un
altro, che parla di morti altrettanto
evitabili, anche se con interventi più
complessi: le morti per arresto
cardiaco nei luoghi di lavoro. Le
statistiche non dicono in chiaro che
per ogni morto sul lavoro per causa
traumatica, ce n’è almeno un altro (a
volte addirittura due) che muore per
arresto cardiaco in orario di lavoro.
Le cause non sono solo legate
all’insorgenza di occlusione coronarica
complicata da arresto cardiaco. La
folgorazione, il monossido di
carbonio, lo stress esasperato e
probabilmente altri agenti interni ed
esterni, alcuni prevenibili ed altri
ancora sconosciuti possono causare un
arresto cardiaco da fibrillazione
ventricolare.
Il Defibrillatore dovrebbe quindi
essere presente nel “pacchetto di
pronto soccorso aziendale”,
integrando le dotazioni di soccorso nei
luoghi di lavoro complessi o non
facilmente raggiungibili per strutture
architettoniche, ubicazione,
complessità, numerosità di persone.
La formazione del soccorritore è
semplice ed è garantita dal
superamento di un corso (BLSDa)
della durata di 5 ore, con le
caratteristiche internazionalmente
convenute (ILCOR 2005) sui
contenuti didattici, sul rapporto
allievi/istruttore, manichino, sulle
forme di verifica e di retraining.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
24
I CORSI BLSDa
L’Italian Resuscitation Council tenne
il suo primo corso sperimentale
ufficiale nel 1999, a Bellaria (Rimini),
in occasione del suo Congresso
nazionale. Vi parteciparono 5
dipendenti dell’Enel, 3 istruttori
medici della Scuola della Polizia
Stradale di Cesena, 5 Vigili del Fuoco,
5 operatori Alitalia (principalmente
capocabina).
Da allora questo corso ha formato
centinaia di migliaia di Italiani, sia
per la loro attività lavorativa (agenti
delle forze dell’ordine, VVF, operatori
di servizi di security) che per
iniziative educative sociali (es.
studenti delle scuole superiori ed
inferiori, in varie città italiane).
Ma l’attesa più forte è per
l’inserimento ufficiale in quarta
superiore dell’insegnamento delle
nozioni di gestione iniziale di una
emergenza. E per l’integrazione con il
BLSDa dei corsi di primo soccorso
aziendale (in applicazione del DL
n.81/2008). In numerose città italiane
si possono già frequentare questi corsi
anche per iniziativa personale, in
genere con un costo di 50-70 euro.
Ricorrendo ai siti di IRC-Comunità (
www.irc-com.org)
e di IRC (www.ircouncil.it) si
potranno trovare date, orari, sedi. E’
prevedibile e molto auspicata una
sempre più stretta collaborazione fra
CONACUORE ed IRC- Comunità per
estendere questa rete, ma soprattutto
per fare in modo che i cittadini del
domani usufruiscano di questa
formazione in modo capillare ed
obbligatorio: nella scuola, nel lavoro,
nel mondo del volontariato e
dell’impegno sociale.
Dott. Antonio Destro – Presidente
IRC-Comunità