+ All Categories
Home > Documents > ALI SULL'AFRICA: SVILUPPO AEREO IN AFRICA CENTRALE

ALI SULL'AFRICA: SVILUPPO AEREO IN AFRICA CENTRALE

Date post: 24-Jan-2017
Category:
Upload: vuthu
View: 212 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
3
ALI SULL'AFRICA: SVILUPPO AEREO IN AFRICA CENTRALE Source: Africa: Rivista trimestrale di studi e documentazione dell’Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente, Anno 10, No. 3 (Marzo 1955), pp. 87-88 Published by: Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (IsIAO) Stable URL: http://www.jstor.org/stable/40756609 . Accessed: 15/06/2014 03:13 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (IsIAO) is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Africa: Rivista trimestrale di studi e documentazione dell’Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.78.129 on Sun, 15 Jun 2014 03:13:12 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript

ALI SULL'AFRICA: SVILUPPO AEREO IN AFRICA CENTRALESource: Africa: Rivista trimestrale di studi e documentazione dell’Istituto italiano per l’Africae l’Oriente, Anno 10, No. 3 (Marzo 1955), pp. 87-88Published by: Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (IsIAO)Stable URL: http://www.jstor.org/stable/40756609 .

Accessed: 15/06/2014 03:13

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (IsIAO) is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extendaccess to Africa: Rivista trimestrale di studi e documentazione dell’Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 185.44.78.129 on Sun, 15 Jun 2014 03:13:12 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

AFFRICA ___ 87

regime e ad un livello di vita ben diversi da quelli che li attendevano nelle loro case, di individui rapidamente pas- sati dall'uso delle f recete e delle lance a quello più attraen- te ed efficace delle armi automatiche, da una economia di puro scambio ad una economia basata sul pagamento dei servizi, è equivalso all'immissione in seno ad una popola- zione ancora socialmente instabile di un morbo velenoso e infido, i cui effetti si sono fatti sentire ben presto, culmi- nando nei primi atti di violenza e di sangue del 1952.

Questa seconda fase è tuttavia caratterizzata da una preparazione e coordinazione ben diverse da quelle di 25 anni prima. Si può quasi dire che essa sia una specie di "boomerang'' della civilizzazione europea, in quanto lan- ciato e diretto contro la razza bianca da una setta afri- cana che ha usato e sta usando gli stessi metodi tattici, strategici, tecnici e organizzativi che ha imparato da essa. La famosa favole del serpe e del contadino! A ciò si ag- giunga il carattere semi politico che a tale movimento è stato dato da alcuni "leaders" Mau Mau, i quali, per poter meglio giustificare i loro crimini agli occhi di quella civiltà contro cui si sono scagliati e di cui sanno di non poter sfuggire il giudizio e la condanna morale, si sono autoele- vati a paladini di ulna non meglio definita indipendenza po- litica, le cui più comuni manifestazioni esteriori sono la mutilazione e lo scempio di corpi umani e le libagioni di sangue ancora caldo.

Mentre le forze dell'ordine combattono giornalmente per eliminare questa piaga, vero e proprio cancro maligno nel corpo sociale, commerciale ed economico della Colonia, le Missioni Cristiane stanno centuplicando i loro sforzi per rinvigorire la resistenza spirituale degli africani. Molti cri- stiani indigeni hanno vacillato tuttavia nella loro fede e si sono uniti alla numerosa schiera di coloro che hanno "pre- so" il giuramento Mau Mau numero uno - cioè il giu- ramento più blando - e pagato la relativa tassa di iscri- zione quale forma di assicurazione per la protezione loro e delle loro famiglie. I giuramenti numeri due e tre si sono però propagati fra gli altri strati della popolazione Kikuyu, e il fanatismo contenuto in essi è quasi incredi- bile per una mentalità occidentale. Una delle clausole co- muni ad ambedue i gradi è l'uccisione e lo sterminio degli europei e di tutti coloro che con essi consorziano. Ma in -pratica i Mau Mau non si sono limitati al terrorismo contro la popolazione europea e, invasati da una vera e propria follia omicida, si sono dati al massacro delle loro stesse popolazioni, con uno spirito di distruzione che lascia sgo- menti. Inevitabilmente questa violenza criminale ha susci- tato l'orrore degli stessi nativi, e i Mau Mau si sono così giocati irrimediabilmente quell'aureola di "vindici dell'in- dipendenza" con la quale speravano di guadagnarsi le sim- patie almeno delle altre tribù africane.

Uno dei più brutali massacri verificatisi sino ad oggi è quello di Lari, piccola località a circa dodici Km. da Nairobi, dove un intero villaggio Kikuyu è stato saccheg- giato, bruciato e raso al suolo durante una notte e centi- naia di indigeni, fra uomini, donne e bambini sono stati barbaramente trucidati, tagliati letteralmente a pezzi o la- sciati agonizzanti a morire fra le fiamme.

Dal punto di vista cristiano vi è qualche cosa di de- moniaco in queste forme di inaudita quanto inutile vio- lenza, e la Chiesa e i Missionari sono concordi nella con- vinzione che soltanto la parola di Cristo possa ridare un equilibrio spirituale ad individui che si sono ormai isolati entro un cerchio di fuoco e di terrore e si sono scavati un abisso profondo ai margini della civiltà. Quegli stessi Ki- kuyu - e per fortuna sono molti - che sono rimasti saldi nella loro fede cristiana e non hanno perduto la spe- ranza nella possibilità di riabilitazione del loro popolo, che in questo momento vaga sperduto, essi dicono, in quella che il profeta Hebrew ha chiamato "La Valle della De- cisione", sono più che mai dell'opinione che la redenzione di questa Tribù e il suo ritorno in seno alle altre popola- zioni indigene dell'East Africa su quél piano di preminenza di cui prima godeva, siano possibili solo con l'aiuto della fede religiosa, con il più profondo e intenso insegnamento della Dottrina Cristiana e con una più energica e capillare diffusione della civilizzazione europea.

G. B. Dessy

ALI SULL'AFRICA

SVILUPPO AEREO IN AFRICA CENTRALE

II I gennaio 1946, a seguito di quanto statuito dalla Conferenza dei governatori dell'Africa orientale britanni- ca nel 1943 in merito alla nazionalizzazione delle linee aeree civili, sorgeva in Nairobi, per volere del Governo dell'East Africa, la « East African Airways Corporation » (E. A A.C.), seguita a sei mesi di distanza dalla creazione della « Central African Airways Corporation » (C.A.A.C.), con sede in Salisbury e con capitale di 880.000 sterline, versato congiuntamente dai tre Governi della futura Con- federazione centro-africana nella misura del 50% per la Rhodesia del Sud, del 35% per la Rhodesia del Nord e del 15% per il Nyasaland.

Con una rete di quasi 35.000 km., che copre un'area grande cinque volte quella delle isole britanniche, i ser- vizi della E. A. A. sono venuti, nel corso di questi anni, collegando tra loro non solo i principali centri dei quat- tro tenitori dell'East Africa, ma anche remote località minori - come Ama e Kasese ai confini occidentali del- l'Uganda, Kitale ed Eldoret in Kenya, Musoma e Mwanza sulle rive del Victoria, Dodoma, Morogoro e Iringa nel cuore di Tanganyika, Mpanda e Mbeya all'estremità oc- cidentale di quel territorio è Songea e Mtwara all'estre- mità meridionale - per le quali il mezzo aereo è il so- lo veicolo di immediato contatto col mondo civile. Alla fine del 1953 la E.A.A. - che possiede una flotta di dieci DC-3, per i servizi maggiori, tre Rapides per la linea Nairobi-Entebbe e i servizi interni dell' Uganda ed un Consul per l'addestramento strumentale - aveva traspor- tato 73.062 passeggeri con 3.594.000 t/km., con un au- mento di quasi quattordici volte rispetto ai dati del 1946.

Le rotte più importanti, sia per movimento di traffico che per profitto finanziario, sono ovviamente le tratte che collegano Nairobi con le città portuali della costa est-afri- cana e i servizi di linea internazionali per Blantyre, Sa- lisbury, Mozambico, Lourenço Marques e Durban, che presto dovrebbero essere servite dai Canadair « Argonauts », ritirati dalle rotte principali della B.OA.C. La E.A.A. pa- re anche intenzionata ad inaugurare, con questi apparec- chi, un servizio diretto per Londra.

Derivata da una Compagnia del tempo di guerra (la « Southern Rhodesia Air Services », a sua volta derivata

V, UGANDA fN W

^ft^M fALLS V SOROTi /

0? ' roRORO^y(lTAU K F N V A M •cases* ' y^^-^^V^ELOoac* r*=^

' i ì yr arushavJ^ ' Ymombasah

i ¿SX.-. ^~""* MOZAMBIQUE ~^= . Y^X LOURtNCO MARQUES

| yí' DURBAN Ç=

This content downloaded from 185.44.78.129 on Sun, 15 Jun 2014 03:13:12 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

88 AFFRICA

da una modesta società privata, la R.A.N.A., pioniera nel campo dei trasporti aerei in Africa Centrale), la « Cen- b*al African Airways » mostra uno sviluppo ancor più no- tevole, evidentemente dovuto alla maggior importanza po- litica, economica e sociale dei paesi interessati. Con una rete di neppure 13.000 km., su di un'area assai più cir- coscritta di quella della E A. A., questa « Corporation » esercisce, oltre a rotte maggiori (come la Salisbury-Lon- dra, detta « Zambesi Service », frequentatissima, servita dai Vikings, e quelle da Salisbury a Nairobi, Tabora e Dar- es-Salaam, Beira e Lourenço Marques, Johannesburg e Durban), alcune rotte minori tipicamente centro- africane da Salisbury a Ndola e Broken Hill, da Broken Hill a Lusaka da Lusaka a Barotseland e da quest'ultima località a Li- vingstone.

La flotta aerea della C.A.A., che dall'annuario della I.A.T.A. per il 1953 appare come la seconda tra le Com- pagnie di linea africane, venendo dopo la « South Afri- can Airways », si compone (secondo dati aggiornati al- l'agosto 1954) di nove Vikings, cinque DC-3 e sei Beavers, questi ultimi per linee di apporto. Entro il 1956 è però prevista l'entrata in servizio di cinque Vickers Viscount 700 D, che permetteranno di ridurre di tre quarti d'ora i tempi di percorso della Salisbury-Johannesburg e verran- no successivamente impiegati sulle maggiori tratte, cioè per Dar-es-Salaam, Lourenço Marques, Durban e Londra. Nel corso degli ultimi cinque anni, il traffico annuo di passeggeri della Compagnia è cresciuto da 24.000 ad ol- tre 126.000 unità.

Un segno della considerazione e della valorizzazione che le autorità del Governo centro-africano intendono sem- pre più tributare a questa loro Società aerea, la cui ge- stione è sotto il diretto controllo della Central African Air Transport Authority, lo si è avuto in questi ultimi tempi con la completa riorganizzazione degli uffici e dei quadri della Compagnia, che ora comprende sei divisioni invece delle quattro precedenti. E' stata infatti creata ex novo una divisione del personale, mentre la divisione commer- ciale è stata suddivisa in una divisione di operazioni com- merciali e una del traffico, organo questo tra i più vitali ed operanti in una Società di linea che abbia delle pre- tese; il che spiega come la direzione ne sia stata affidata ad uno dei più anziani ed esperti piloti della C.A.A., H. D. Gray. A sua volta la Divisione del traffico è stata articolata in parecchie sezioni, (ufficio progetti, aeroporti e traffico in Africa Centrale, aeroporti e traffico all'estero, rifornimenti).

E' indubbio che la federazione centro-africana o, per lo meno, il Governo rhodesiano, che entro il prossimo an- no godrà - come si è detto nella precedente nota sugli aeroporti in Africa - di un aeroporto di tipo internazio- nale a Salisbury, si avvia decisamente ad elevare la pro- pria « Corporation » aerea al rango di grande Compa- gnia di linea.

Luigi Del Giudice Con la scomparsa di Luigi Del Giudice, spentosi a

Roma il 26 febbraio scorso, un nuovo vuoto si è determi- nato nella famiglia degli « africanisti » italiani. Africanista di pensiero e soprattutto d'azione, fu infatti Luigi Del Giu- dice, che all'organizzazione civile dei territori italiani d'ol- tremare dedicò ogni sua cura per lunghissimo volgere di anni, raggiungendo le cariche più alte - e spesso più onerose - della gerarchia statale. Laureato in giurispru- denza e in scienze politiche coloniali, entrò nell'Ammini- strazione coloniale nel 1913, costituì gli Uffici fondiari in Libia, partecipò alla Commissione per il riordinamento dei beni auqàf e nel 1917-18 fu Commissario di Tripoli. Podestà di Bengasi nel 1931, passò in Eritrea come Segre- tario Generale, ma dopo un anno rientrò in Libia come Prefetto di Misurata; venne a Roma come Direttore Ge- nerale degli Affari Civili dell'Africa italiana; durante l'ul- timo conflitto tornò in Libia con la carica di Governatore Generale.

Luigi Del Giudice, oltre al ricordo vivíssimo della sua spiccata personalità, ci lascia una apprezzata raccolta di scritti a carattere eminentemente tecnico, in materia di diritto fondiario, beni auqàf e indagini sul diritto con- suetudinario.

ATLANTIDE PROGENITRICE Tornano in onore gli studi sulV Atlantide, il Continent e

scomparso,, di jcuì fece cenno Piatone. Uno studioso appassionato, A. Guiraud, giurista e scrit-

tore di cose d'Africa nato nella terra di Sant'Agostino, fondatore del movimento « L'Atlantide di domani », ricerca e rievoca questo mondo scomparso (1), i cui resti ravvisa nel massiccio dell Atlante, nel sistema montagnoso che ne deriva, nella valle del Niger - il cui letto preistorico il Guiraud ha individuato - nelle terre del Sudan maghre- bino, così come uno studioso italiano, troppo presto rapito alla scienza, Evelino Leonardi, aveva ravvisato nel Circeo e nelle terre circostanti altri resti del sesto Continente.

La rievocazione dei Guiraud attinge il tono e la forza di un'invocazione, poiché egli si fa banditore, erudito ed eloquente, della «Atlantide Nuova », che dpvrebbe strin- gere in una fraterna unione le terre che, in Europa e in Africa (ed ecco la remota realtà dell' Euraf rica), fecero parte dell'antica Atlantide e ne ereditarono lo spirito, cioè le terre dell'area mediterranea.

La civiltà atlantide, afferma il Guiraud, può essere con- siderata la progenitrice della civiltà mediterranea, nelle cui multiformi espressioni essa venne evolvendosi, mentre le civiltà maifa, azteca ed incas rimasero isolate e si estin- sero nella vastità di un continente che precluse loro, con le sue montagne, i suoi fiumi giganteschi, le sue foreste, i suoi oceani, per lungo corso di secoli, ogni contatto col mondo esterno.

Nell'area mediterranea, dove già dagli albori della preistoria era in atto un processo evolutivo, gli atlantidi trovarono il terreno adatto per creare forme di civiltà assai a- vanzata, che fusero ed armonizzarono il meglio delle forme preesistenti, determinando sempre nuovi processi ̂evolutivi.

Le civiltà mediterranee presentano una peculiare carat- teristica, e cioè quella di essere, ci si consenta il termine inteso in senso non politico ma storico, civiltà progressive, in quanto, succedendosi Vuna all'altra, rappresentarono un progresso che non rinnegava il passato, ma, anzi, lo utiliz- zava e lo potenziava, tendendo a più alte mete future. E' in altre parole, una stratificazione di civiltà, sempre fe- conda matrice di forme più evolute, fino a che le civiltà mediterranee diventano la civiltà mediterranea, unitaria e universale anche se differenziata nei suoi tre aspetti di civiltà greco-romana, civiltà cristiana, civiltà islamica, le ultimes due caratterizzate dal fondamento monoteistico del- la loro fede e da un'etica comune che, base del diritto, valica i confini geografici dell'area mediterranea e si espan- de verso oriente ed occidente, nord e sud.

Il segno dell' Atlantide, che il Guiraud ha riconosciuto in Santa Sofia (basilica bizantina ieri, oggi moschea isla- mica), e cioè il Tridente di Poseidone, patrono dell' Atlan- tide, tra due delfini, simbolo del Cristo, lo troviamo anche nello stemma della mediterranea Ucraina. Questa simbo- logia di origine atlantide si ripete, a riprova dell'unità spirituale mediterranea, nella figura di Athena, accompa- gnata dalla mezzaluna (che il Guiraud ha scelto come sim- bolo della Nuova Atlantide) venerata dai greci, conosciuta come Tanit oppure Neit nel Medio Oriente e nell'Africa del Nord, come Athinai nell'Africa centro-nord e Antinea nell'Africa centro-sud, e che ritroviamo, coronata di stelle, nella cristiana Immacolata Concezione e nella Dea Azteca, incarnazione della Sapienza Divina e della Fraternità Umana, per cui Pizzarro pensò ad un sortilegio diabolico.

Alla Sapienza Divina ed alla Fraternità Umana si ispi- rava l'antica Atlantide e si ispira la Nuova; e questo sim- bolo, come quello di Santa Sofia, vuoi affermare non solo l'unità spirituale del mondo mediterraneo, ma la possibi- lità d'intesa tra cristiani e musulmani, che proprio nel Me- diterraneo hanno il loro punto d'incontro; vuole affermare la possibilità e la necessità che l'area mediterranea torni ad essere il crogiuolo delle fedi e delle civiltà universali è,, con l'intesa dei suoi popoli, con la realizzazione della Euraf rica, fonte di benessere e di forza, dia vita, nel segno dell Atlantide Progenitrice, al nuovo Rinascimento Medi- terraneo, ed una nuova Era Mondiale.

Riccardo Bondioli

(1) « L'Atlantide de demain » - Ed. S.A.P.L, Tunisi 1948; « En Atlantide », rivista trimestrale edita da « L'Atlan- tide moderne», Beja (Tunisia).

This content downloaded from 185.44.78.129 on Sun, 15 Jun 2014 03:13:12 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended