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Alpennino 2011 n 4

Date post: 13-Mar-2016
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Alpennino 2011 n 4
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Notiziario trimestrale delle Sezioni del Club Alpino Italiano di Alessandria, Acqui Terme, Casale Monf., Ovada, San Salvatore Monf., Tortona, Valenza Autorizzazione Trib. di Casale n. 155 del 27.2.1985 - Direttore Responsabile Diego Cartasegna - Direzione e Amministr. Via Rivetta, 17 Casale Monferrato Redazione Stampa Tipografia Barberis snc San Salvatore Monferrato “Spedizione in a. p. art. 2 comma 20/c legge 662/96 - Filiale di Alessandria” Anno XXII - Num. 4 - OTTOBRE 2011 __________________________________________________ A distanza di cinque anni dalla spedizione in Perù del CAI Casale Monferrato con il CAI Tortona, un gruppo di Casalesi è tor- nato in quella terra a salire altre monta- gne, assieme agli amici Valentino Subrero ed Erica Casetta del CAI Acqui Terme e Massimo Bottazzi del CAI di Novi Ligure. Il gruppo dei casalesi era formato da Enrico Bruschi, Giorgio Mazzuccato, Marco Moro ed Emanuela Patrucco, Ginetto Pessina, Gianni Scarrone, cui si è aggiunto, per la salita al Piccolo Alpamayo, il frate Cappuc- cino Angelo Colla, anch’egli socio del CAI Casale, con il nipote Gino, per continuare la tradizione di celebrare i quinquennali di sacerdozio, questo era il 45°, con una mes- sa in quota. Il viaggio, anche questa volta organizzato con Edgar Roca, ormai un vecchio amico, prevedeva un lungo periodo di acclimata- mento sull’altipiano con partenza da Are- quipa verso il Colca Canyon, il lago Titica- ca, La Paz, per traversare da lì verso sud, fino al confine con il Cile l’intero altipiano Peruviano. Quindi il ritorno a La Paz per salire il Pequeño Alpamayo e l’Huayna Po- tosì, per finire, tornati ad Arequipa, con la salita del vulcano Chachani. Il viaggio Gli spazi del Sudamerica sono così immensi che spostarsi implica sempre un viaggio lungo e paziente. Ma il viaggio dà modo di apprezzarne appieno gli altopiani infi- niti, le visioni a perdita d’occhio, i colori pastello della terra, svariati, che si rifletto- no nel blu del cielo. Ti perdi davvero, ad ammirarne l’incommensurabilità, la calma dei nativi che vi camminano, la cadenza sorniona dei lamas e quella più elegante degli alpaca che compaiono tra le pieghe senza fine del paesaggio. I pensieri in Sudamerica hanno un corso lento e costante, cullati, vanno e vengono come le onde dell’oceano. Ti senti così tranquillo, come se tutto avesse un senso, naturale, atavico, e questo non andasse troppo al di là del semplice dormire, man- giare, vivere al ritmo della Madre Terra Pachamama, gioendo di essere vivi in un giorno così semplice, in cui si possa ammi- rare il sole che si corica dietro a una mon- tagna che già dorme. Perù e Bolivia sono paesi splendidi come le persone che li popolano. Li unisce il Lago Titicaca, la vastità di un lago che sembra un mare, puntellato di isole che ti danno l’impressione di essere nel Mediterraneo, mentre in realtà ti trovi già a 4000 m e sei contornato dalla Cordillera Real che svetta sullo sfondo. La magia di posti come il Sa- lar de Uyuni, 12000 kmq di sale che riflette montagne e isole di cactus millenari come fosse neve, di posti come la Laguna Colo- rada, nella cui acqua rossa di ferro e mine- rali si radunano stormi perenni di fenicot- teri rosa, o posti come la Colca di Chivay, dove si slanciano gli enormi condores nelle loro spirali che sfruttano le correnti del canyon. L’aria è molto secca, in Sudamerica, ma vi- cino al Lago profuma di eucalipti e del sa- pore che sa di menta dell’erba muña. In al- topiano il cuore ha il ritmo profondo del- l’aria sottile di alta quota; un silenzio e Era il 22 Settembre 2004, avevo poco più che vent’anni e l’estate era scivolata via ve- locemente. Stavo facendo ritorno da Cogne verso le nostre più tondeggianti colline e nonostante avessimo concluso l’ascensione della cresta sud-ovest della Torre di Lavina in cuor mio ero triste. Infatti, sarei partito da lì a poco per gli Stati Uniti e dunque, al- meno per un pò, lontano dalle amate mon- tagne, dalle piacevoli consuetudini e dagli amici cari. In quel momento l’unica cosa che mi rincuorava era un vecchio libro che avevo ricevuto in prestito, ignoravo persino chi fosse l’autore ma parlava di montagna e tanto bastava. Durante il mio soggiorno in America lessi quel libro tre volte. La coperti- na è davanti ai miei occhi e ancor di più la sua didascalia, che suonava così: “Nel regno della Brenva, scavalcando il Col Moore”. Io non lo sapevo ancora ma in quel momento avevo già deciso… Ma perché la Brenva? Perché andare a cac- ciarsi in uno degli ambienti più severi del Monte Bianco e delle intere Alpi? Beh, in realtà ci ho pensato molto anch’io se intra- prendere questa salita. Ma alla fine mi ri- sultava più difficile resistere al desiderio febbrile di andare a metterci il naso, di “provarmi” su quella parete, che correre il rischio. La domanda che si faceva largo nei miei pensieri era piuttosto, perché no? E in effetti, l’8 agosto scorso ero lassù, in località Pre de Pascal, con il mio binocolo intento a osservare bene il tratto d’itinera- rio che più mi dava da pensare, quello dal Col Moore fino a raggiungere il filo infe- riore dello sperone. Sapevo che quella sa- rebbe stata la parte più complessa della sa- lita, per l’individuazione dell’itinerario al buio e per l’eventuale sopraffazione mora- le che avremmo potuto subire “dall’am- biente” una volta là. La paura, d’altronde, è una delle tante sensazioni sentite dall’al- CAMINANDO JUNTOS t Segue a pag. 3 Prima sul ghiacciaio, poi sullo sperone NEL REGNO DELLA BRENVA t Segue a pag. 2 In vetta al Chachani
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Page 1: Alpennino 2011 n 4

Notiziario trimestrale delle Sezioni del Club Alpino Italiano di Alessandria,Acqui Terme, Casale Monf., Ovada, San Salvatore Monf., Tortona, ValenzaAutorizzazione Trib. di Casale n. 155 del 27.2.1985 - Direttore ResponsabileDiego Cartasegna - Direzione e Amministr. Via Rivetta, 17 Casale MonferratoRedazione Stampa Tipografia Barberis snc San Salvatore Monferrato“Spedizione in a. p. art. 2 comma 20/c legge 662/96 - Filiale di Alessandria”Anno XXII - Num. 4 - OTTOBRE 2011 __________________________________________________

A distanza di cinque anni dalla spedizionein Perù del CAI Casale Monferrato con ilCAI Tortona, un gruppo di Casalesi è tor-nato in quella terra a salire altre monta-gne, assieme agli amici Valentino Subreroed Erica Casetta del CAI Acqui Terme eMassimo Bottazzi del CAI di Novi Ligure. Ilgruppo dei casalesi era formato da EnricoBruschi, Giorgio Mazzuccato, Marco Moroed Emanuela Patrucco, Ginetto Pessina,Gianni Scarrone, cui si è aggiunto, per lasalita al Piccolo Alpamayo, il frate Cappuc-cino Angelo Colla, anch’egli socio del CAICasale, con il nipote Gino, per continuarela tradizione di celebrare i quinquennali disacerdozio, questo era il 45°, con una mes-sa in quota.Il viaggio, anche questa volta organizzatocon Edgar Roca, ormai un vecchio amico,prevedeva un lungo periodo di acclimata-mento sull’altipiano con partenza da Are-quipa verso il Colca Canyon, il lago Titica-ca, La Paz, per traversare da lì verso sud,fino al confine con il Cile l’intero altipianoPeruviano. Quindi il ritorno a La Paz persalire il Pequeño Alpamayo e l’Huayna Po-tosì, per finire, tornati ad Arequipa, con lasalita del vulcano Chachani.

Il viaggioGli spazi del Sudamerica sono così immensiche spostarsi implica sempre un viaggiolungo e paziente. Ma il viaggio dà mododi apprezzarne appieno gli altopiani infi-niti, le visioni a perdita d’occhio, i coloripastello della terra, svariati, che si rifletto-no nel blu del cielo. Ti perdi davvero, adammirarne l’incommensurabilità, la calma

dei nativi che vi camminano, la cadenzasorniona dei lamas e quella più elegantedegli alpaca che compaiono tra le pieghesenza fine del paesaggio.I pensieri in Sudamerica hanno un corsolento e costante, cullati, vanno e vengonocome le onde dell’oceano. Ti senti cosìtranquillo, come se tutto avesse un senso,naturale, atavico, e questo non andassetroppo al di là del semplice dormire, man-giare, vivere al ritmo della Madre TerraPachamama, gioendo di essere vivi in ungiorno così semplice, in cui si possa ammi-rare il sole che si corica dietro a una mon-tagna che già dorme.Perù e Bolivia sono paesi splendidi come lepersone che li popolano. Li unisce il LagoTiticaca, la vastità di un lago che sembraun mare, puntellato di isole che ti dannol’impressione di essere nel Mediterraneo,mentre in realtà ti trovi già a 4000 m e seicontornato dalla Cordillera Real che svettasullo sfondo. La magia di posti come il Sa-lar de Uyuni, 12000 kmq di sale che riflettemontagne e isole di cactus millenari comefosse neve, di posti come la Laguna Colo-rada, nella cui acqua rossa di ferro e mine-rali si radunano stormi perenni di fenicot-teri rosa, o posti come la Colca di Chivay,dove si slanciano gli enormi condores nelleloro spirali che sfruttano le correnti delcanyon.L’aria è molto secca, in Sudamerica, ma vi-cino al Lago profuma di eucalipti e del sa-pore che sa di menta dell’erba muña. In al-topiano il cuore ha il ritmo profondo del-l’aria sottile di alta quota; un silenzio e

Era il 22 Settembre 2004, avevo poco piùche vent’anni e l’estate era scivolata via ve-locemente. Stavo facendo ritorno da Cogneverso le nostre più tondeggianti colline enonostante avessimo concluso l’ascensionedella cresta sud-ovest della Torre di Lavinain cuor mio ero triste. Infatti, sarei partitoda lì a poco per gli Stati Uniti e dunque, al-meno per un pò, lontano dalle amate mon-tagne, dalle piacevoli consuetudini e dagliamici cari. In quel momento l’unica cosache mi rincuorava era un vecchio libro cheavevo ricevuto in prestito, ignoravo persinochi fosse l’autore ma parlava di montagna etanto bastava. Durante il mio soggiorno inAmerica lessi quel libro tre volte. La coperti-na è davanti ai miei occhi e ancor di più lasua didascalia, che suonava così: “Nel regnodella Brenva, scavalcando il Col Moore”. Ionon lo sapevo ancora ma in quel momentoavevo già deciso…

Ma perché la Brenva? Perché andare a cac-ciarsi in uno degli ambienti più severi delMonte Bianco e delle intere Alpi? Beh, inrealtà ci ho pensato molto anch’io se intra-prendere questa salita. Ma alla fine mi ri-sultava più difficile resistere al desideriofebbrile di andare a metterci il naso, di“provarmi” su quella parete, che correre ilrischio. La domanda che si faceva largo neimiei pensieri era piuttosto, perché no? E in effetti, l’8 agosto scorso ero lassù, inlocalità Pre de Pascal, con il mio binocolointento a osservare bene il tratto d’itinera-rio che più mi dava da pensare, quello dalCol Moore fino a raggiungere il filo infe-riore dello sperone. Sapevo che quella sa-rebbe stata la parte più complessa della sa-lita, per l’individuazione dell’itinerario albuio e per l’eventuale sopraffazione mora-le che avremmo potuto subire “dall’am-biente” una volta là. La paura, d’altronde,è una delle tante sensazioni sentite dall’al-

CAMINANDO JUNTOS

tSegue a pag. 3

Prima sul ghiacciaio,poi sullo sperone

NEL REGNODELLA BRENVA

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pinista e che, unitamente alle altre, gli dàragione di essere. Guai se in montagnanon si provasse il senso della paura. Signifi-cherebbe essere incoscienti, ma soprattuttonon potersi più procurare la gioia sublimedi saperla vincere. In fin dei conti l’alterna-tiva c’era. Si sarebbe potuto attaccare losperone per la variante Gussfeltd e quindievitare tutta la parte d’itinerario oggettodi riflessione. La variante è senza dubbiopiù veloce, diretta e di più facile individua-zione. Ma come si fa a fare lo sperone del-la Brenva senza passare dalla Brenva? Co-me si fa, dico io, a tagliare la parte più in-teressante della via, quella che dona ingag-gio alla salita. Tagliare per la variante Gus-sfeltd, evitando la parte inferiore della viaMoore, avrebbe significato mettere ancorapiù in evidenza il “cuore” dello speronestesso. Fare la variante per me sarebbe sta-to come assaporare un bicchiere di buonvino senza l’ausilio del gusto o peggio co-me accarezzare un bel viso senza il donodel tatto. Semplicemente non ci si potevasottrarre dal fare ciò che andava fatto. Il 17 agosto ci ritroviamo dunque, io e ilmio compagno, sul ghiacciaio del Giganteverso il colle della Fourche. Passiamo sottola Nord della Tour Ronde scalata per la ter-za volta nel mese di luglio e poco più in làdel Grand Capucin, dove solo quattro gior-ni prima avevo accarezzato le pieghe diVoyage (…ma questa è un’altra storia). Sa-liamo velocissimi al bivacco e come l’altroanno siamo i primi ad accedervi. Solo dopopoche ore l’ameno bivacco avrebbe dovutocontenere 22 ospiti!

Durante una bella giornata dal balcone delbivacco la visuale che vi si offre è qualcosad’impagabile. È il versante est del MonteBianco, l’ottava meraviglia del mondo, l’a-poteosi dell’alpinismo. Qua e là le rocce diprotogino rosso sembrano affiorare comepiccole isole in un grande mare di ghiaccioe neve, sconvolto da un dedalo di crepaccie seracchi. Per l’alpinista alla Fourche,guardare ed essere soggiogati dal fascinodel Brenva è una cosa sola, la cosa più me-ravigliosa e allo stesso tempo opprimenteche possa provare.Dopo una merenda frugale, ci rendiamoconto che della folta truppa 18 sono direttialla Kuffner, 2 alla Blanche e 2 sulla Bren-va. Noi. Qualcosa vorrà pur dire questo. Ri-posarsi, pensare, “ma gelerà?” Minchia so-no in mutante e fa un caldo da manico-mio! Dormire, svegliarsi, girarsi, ripensare.Suona la sveglia, è mezzanotte e mezza.Abbiamo ancora il the in gola mentre fac-ciamo la prima doppia dalla ringhiera dellaFourche, non avrei pensato mi costasse cosìtanto. In effetti, l’ingaggio c’è, eccome echi non lo avverte non sa dove sta andan-

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do. Fare le doppie e calarsi sulghiacciaio della Brenva generauna strana sensazione. Ma siingoia e si procede. La luce del-la luna rende il tutto ancorapiù magico. Sul plateau supe-riore del Glacier de la Brenvacorriamo, passiamo di fiancoalla “balena” e apparente-mente fila via tutto liscio (i bu-chi? Meglio non pensarci).Attraversiamo il conoide delcouloir che scende dal Col del-la Brenva, pieno zeppo di bloc-chi di ghiaccio grandi come au-tomobili. Esclusa dunque laGussfeltd, ci accingiamo a risa-lire il ripido pendio che da ac-cesso al Col Moore… ancoraun passo… Bang! Ci siamo, èfatta, siamo nel regno dellaBrenva. Da questo momentosiamo degli umili sudditi, delleformiche alla corte di sua mae-stà la regina. Scendiamo di un centinaio dimetri, sono circa le 2.00 delmattino, ci attende il lungotraverso verso la SentinellaRossa. Qui l’ambiente è prepo-tente. Alle 2.10 i nostri pensierisono interrotti dal fragore chenessun alpinista vorrebbe sen-tire con le proprie orecchie. Èun boato diabolico, è un colpo al cuore!Un seracco ciclopico sta crollando da 800 o1.000 metri più in alto… Io e Fede ci guar-diamo negli occhi, due secondi, due amici,una corda, un sogno… attimi lunghi comeore e pesanti come piombo. Terrore vero.L’aria… Arriva… no. Tutto tace, noi com-presi. In fin dei conti la Brenva ci ha volutofare un regalo, ha voluto rendere la nostrasalita perfetta. Ci ha fatto una domanda...La Brenva - dove Lei può tutto e tu nonpuoi nulla.Si va avanti. Questa è stata la nostra rispo-sta. Ci troviamo proprio sotto la parte diparete sconvolta dalla grande frana deglianni ’90. Guardo in alto, prospettive diver-se, tutto trasformato le dimensioni sonopazzesche, enormi, non ritrovo l’itinerariostudiato su Neige - Glace, ma continuiamo.Mi volgo all’indietro cercando confortonello sguardo del mio amico. Chicco mi di-ce una frase che rimarrà a lungo nella miamemoria: “Manu, lo sai tu come lo so io,da qui non si torna indietro”. Era vero.Non glielo avrei augurato nemmeno al miopeggior nemico di dover tornare indietrodi là. Eravamo ormai sopra la Sentinella, la lunaaveva girato ed era sempre più buio. Leparti di misto si andavano attenuando evedevo la cresta sommitale dello speronevenirci incontro. Arriviamo in cresta, moltoaerea all’inizio ma le condizioni sono buo-ne. La cresta diviene poco a poco uno sci-volo ampio abbastanza monotono. Salia-mo in conserva la prima parte dello scivolosino a quando inizia ad affiorare un po’ dighiaccio. Proseguiamo quindi in conservaprotetta per cercare comunque di mante-nere il ritmo di salita. Nel frattempo iniziaad albeggiare e volgendo lo sguardo versol’alto scorgiamo il seracco sommitale. È l’ultima parte della salita, ma non è anco-ra finita. Raggiungiamo il “pollice”, un

monolite di granito alto una decina di me-tri. Non ho dubbi, passiamo tra il “pollice”e il seracco e poi pieghiamo a sinistra for-zando direttamente il seracco. Evitiamoquindi il lungo traverso verso il Mur de laCotê che oltre ad intaccare l’estetica dellalinea di salita comporterebbe il rischio ditraversare pendii carichi e con placche avento, dovute alla recente nevicata. Sul se-racco facciamo un tiro di corda, non è diffi-cile ma siamo a circa 4.300 m e guardiamobene, dove piantare le nostre picche. Alla fine del seracco facciamo ancora unpaio di zig-zag e finalmente usciamo pocosotto le Petit Rocher Rouges. La tensioneaccumulata durante la salita lascia lo spa-zio alla gioia. Ci commuoviamo entrambi.Da lì, in circa un’ora e mezza aggiuntiva sa-liamo in coppa al Bianco per facili pendii. Si conclude così, la nostra personale trilo-gia sui tre versanti est dei Trois Monts do-po il couloir Jager al Tacul e la Kuffner alMaudit. Un ringraziamento doveroso va al-l’amico e compagno di corda senza il qualenon sarei riuscito a realizzare questo picco-lo, inutile ma meraviglioso sogno.Il pensiero di entrambi va necessariamentea Francesco Oregioni e compagno, scom-parsi l’anno prima davanti a noi, in questistessi ambienti. Ciao Francesco e Davide.Quel vecchio libro era del 1961 ed era laprima edizione de “Le mie montagne”. Daquel libro ho capito che “scalare non è unabattaglia con gli elementi, tantomeno con-tro la legge di gravità; è una battaglia conse stessi. E come per me… scalare mi ripor-ta alla vita - mi de-omogeneizza - mi allon-tana dalla sicura prevedibilità del nostropiccolo confortevole mondo artificiale.Quando scalo, sono vero. Quando sono im-merso nella mia paura, capisco chi sono ve-ramente. Quando ritorno a valle, sono ri-nato e il sole è più splendente”.

Emanuele Camera, sezione di Ovada

Segue da pag. 1: NEL REGNO DELLA BRENVA

Dalla Fourche vista sulla Brenva

Uscita diretta sui seracchi

Sullo sperone

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una tranquillità che non fanno sentire iso-lati ma al contrario in pace con la terra. I colori accesi e variopinti dei mercati, deichepì che avvolgono i bambini sulle spalledelle mamme, l’aroma della frutta di Su-cre, il gusto abbrustolito dell’arroz e dellatrucha a la plancha, le stelle di un emisfe-ro che non conosciamo a sorriderci nelletarde ore della notte in cui iniziavamo acamminare sotto le luci delle frontali.Il nostro Sudamerica è stato un misto diprofumi, sensazioni, colori, persone, e dimontagne bellissime. E se dovessi riassu-mere tutto questo in una parola, usereiquella di Naty, mamita boliviana compa-gna di viaggio dentro il Salar de Uyuni,che quando le chiedevo se amava la suaterra mi rispondeva con un sorriso immen-so come l’altopiano “M’encanta!”.

Erica Casetta CAI Acqui Terme

Le montagneLe lunghe giornate passate sugli altipianici hanno regalato immagini indimentica-bili; le due settimane di permanenza inquota, intorno ai 4000 hanno preparato ilnostro fisico alle salite sognate da mesi; letante ore di trasferimento su pulmini efuoristrada hanno accresciuto la nostravoglia di muoverci.La partenza per la Cordillera Real, chetante volte abbiamo visto risplendere sulTiticaca e dominare il vasto altipiano di LaPaz, diffonde una felice eccitazione tratutti noi. Traversiamo per chilometri ilcaos e lo squallore di El Alto, la periferiadi La Paz sull’altipiano, poi finalmente lebrutte case si diradano lasciandoci nellabrulla vastità di erba gialla. Imbocchiamoun’ampia valle solcata dall’acqua dellaCordillera, che consente la vita a migliaiadi animali, lama, pecore, mucche, asini. Lascomoda sterrata finisce presso un gruppodi case di fango, dove l’ampia conca si faripida; lì ci attendono gli “arrieros” con iloro asini mansueti che si lasciano caricareil pesante bagaglio di tende e viveri. Salia-mo un comodo sentiero che ci porta a co-steggiare un grande lago, a circa 4500 m.Reti lasciate sulla spiaggia ne indicano lapescosità. Poco più in alto raggiungiamouna radura, in parte occupata da duegruppi di tende di altre spedizioni impe-gnate sulla montagna. Siamo a 4670 mscaldati dal tepore del sole, appena atte-nuto da una leggera brezza. Sopra di noi,a ovest le colate di ghiaccio che scendonodallo scosceso versante del Codoriri, piùlontano, verso nord, si intravede la cimadel Pequeño Alpamayo, la nostra meta didomani. Si montano le tende, si prepara-no i sedili ed il tavolo di pietra nella tendamensa, mentre Padre Angelo, che ci haraggiunti a La Paz due giorni fa, preparal’altare di pietra per la sua messa in quotadei 45 anni di sacerdozio.Messa suggestiva, come tutte le messe ce-lebrate in queste splendide cattedrali del-la natura, concelebrata con Padre Topio,prete alpinista, missionario di Mato Gros-so, che si è unito a noi per questa salita, lacui conoscenza vale il viaggio. Mancanoancora due ore al tramonto; Gianni ed ioapprofittiamo per salire l’ampio dosso er-boso su cui, in alto, pascolano branchi dilama. Raggiunta la sommità, ci sediamo agoderci gli ultimi raggi del sole che stanascondendosi dietro al Condoriri. In fon-

do alla valle il Pequeño Alpamayo orasvetta elegante. Guardo l’altimetro, segna4810, la cima del Bianco.Sveglia alle 2, buio intenso, stelle infinite,freddo accettabile e vento assente. Alle 3come previsto si parte, seguendo PadreTopio che intende portare su questa cima,che conosce bene, Anna e Franco, duegiovani sposi della Valcamonica, scarsaesperienza di montagna, ma buon accli-matamento dopo un periodo di volonta-riato. Alla base del ghiacciaio raggiungia-mo un gruppo di inglesi, partiti da uncampo appena più alto del nostro. For-miamo cinque cordate, tra i soliti faticosipreparativi: le ghette da tirare, i ramponiche non vogliono chiudersi, l’otto, il pru-sik. Il primo tratto è vetrato, per fortunapoco ripido. Chiudo la cordata condottada Cesar, con Gianni e Massimo in mezzo.Gianni non va, le sue soste sono semprepiù frequenti, mentre gruppi di lumini cisuperano e Massimo è sempre più nervo-so, finchè si stacca per unirsi alla cordatadi Giorgio e Ginetto. Le prime luci dell’al-ba ci vedono, ultima cordata, al collettosotto il Tarija (m 5320) che Gianni, ormaistravolto, scambia per la nostra meta.Raggiunta questa cima ci appare l’affilatalama bianca che termina sulla nostra vet-ta, punteggiata dalle cordate che salgonolente. Lasciamo Gianni tra le rocce di vet-ta del Tarija, ormai scaldate dal sole, scen-diamo rapidamente la sua cresta rocciosa,traversiamo i dossi nevosi che ci separanodalla lama del Pequenio Alpamayo, al cuiattacco raggiungiamo le ultime cordate.Cesar, deciso a recuperare il tempo perdu-to, chiede se mi va di salire a sinistra, inparete, dove la pendenza è maggiore, manon avremo cordate davanti. Mi sembradi salire in apnea, raggiungiamo Edgarcon Marco e Manu e con loro arriviamo incima per l’abbraccio con Erica, la nostrabravissima “bambina”, Valentino, Massi-mo, Giorgio e Ginetto che ci aspettano.Una grande soddisfazione, ancor maggio-re quando, ormai pronti per la discesa, ve-diamo arrivare Topio seguito dagli stan-chissimi e felicissimi Franco ed Anna, chestringiamo in un abbraccio. Dopo due giorni di riposo a Penas, ospitinella parrocchia di Padre Topio, partiamoper la nostra seconda meta, l’Huayna Po-tosì (m 6088). Il pullman si inerpica sullasterrata di servizio delle miniere nell’am-plissimo vallone ricco di grandi laghi pre-ziosi per dissetare La Paz, sotto l’incom-bente mole del nostro gigante, la cui vet-ta sempre più si nasconde tra minacciosinuvoloni neri. Un popoloso cimitero chefiancheggia la “carretera” ci ricorda le du-rissime condizioni dei minatori che rischia-no ogni giorno la vita per sfamare le fa-miglie. Arriviamo ai 4.700 metri del rifu-gio Potosì con il primi pallini di neveghiacciata. Rimaniamo in silenzio sul pull-man a mangiare svogliatamente il pranzofreddo preparato dai portatori, con ildubbio se salire o tornare. Il richiamo del-la montagna vince: prepariamo gli zaini,ci copriamo con le mantelle e, salutati Gi-netto e Gianni, stroncati l’uno da un forteraffreddore, l’altro da una persistentelombalgia, saliamo il faticoso sentiero checi porta ai 5130 metri del bivacco. Allun-gati i sacchi piuma sul tavolato riusciamoa scaldarci e asciugare prima della cena.

Segue da pag. 1: CAMINANDO JUNTOSt

t

Lago Titicaca

Verso campo base Alpamayo

Altopiano

Deserto di sale Uyuni

Condor

Siesta

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4Fuori non nevica più e tratti di azzurrosempre più ampi squarciano le nuvole. Cicorichiamo fiduciosi, ma presto il bivacco èscosso da violente raffiche di vento che af-fievoliscono la speranza. Nonostante ilvento a mezzanotte comincia il via vai dialpinisti che si preparano per la salita. Ri-maniamo volentieri nei sacchi fino alle 2,orario previsto per la sveglia. Alle 3, quan-do partiamo, il vento è calato e l’umoretorna ottimo. Presto incrociamo le primecordate che scendono, stravolte dal fred-do, troviamo altri seduti sulla neve chenon sembrano in grado di proseguire. Lefrontali sopra di noi indicano che il pendiosi impenna per salire sulla lunga crestasud-est. E’ l’unico tratto ripido della salita,breve ma, considerata la quota superioreai 5500 m, sufficiente a mettere a duraprova polmoni e polpacci. Usciti sull’ampiacresta troviamo alcune cordate ferme a ri-prendere fiato, Cesar saluta e proseguetrascinandosi dietro Massimo e me, chestoicamente stringiamo i denti, favoriti dalpendio più dolce. Lontano, sotto di noi, siestende immensa la distesa di luci di LaPaz. Superiamo un seracco che, alla lucedelle frontali, sembra enorme. Alle primeluci dell’alba stiamo attraversando unasuggestiva zona di “penitentes” che ciporta all’affilata cresta nord, battuta daun forte vento, ma ormai vicinissima allavetta, su cui ci precedono solo 2 delle cor-date partite prima. Il sole, che comincia asorgere alle nostre spalle, proietta l’ombradella montagna sul Titicaca, ma il freddo ela grande stanchezza non ci consentono diapprezzare in pieno lo straordinario spet-tacolo. Scendiamo a cercare riparo incro-ciando, non lontano dalla vetta, le cordatedei nostri compagni, che aspetteremo,scaldati dal sole, per condividere la soddi-sfazione di questo 6000.La vacanza è ormai agli sgoccioli ma, tor-nati nella zona di Arequipa vogliamo an-cora salire il Chachani, il bel vulcano che,all’inizio del nostro viaggio, assieme al Mi-sti ci ha accolti brillando nell’aria tersa so-pra questa bella città Peruviana. Saliamodal versate nord, opposto a quello di Are-quipa, dove incontreremo la neve solo sulnevaio sommitale, seguendo un sentieroche ne fa il 6.000 più facile al mondo.Sicuramente molto impegnativa è invecela salita con il fuoristrada che ci porta a4900 m. Da qui saliamo brevemente a vali-care un colle, da cui parte il lungo traversosul versante nord della montagna che ciporta ai 5150 m. del campo base, una spia-nata di sabbia lavica sopra cui si inerpica ilpendio solcato dalle svolte del faticososentiero che tra poche ore ci porterà a sali-re l’ultima cima di questo viaggio. Non cisono altre spedizioni ed è affascinante tro-varci soli tra i grandi spazi di queste bellemontagne. Partenza abbastanza comoda,

alle 4, saliamo compatti in fila indiana,leggeri, senza picca, ramponi e ferraglia, esenza l’impiccio della corda. Per le primedue ore, fino alle prime luci, tutti teniamoun buon passo, poi la quota si fa sentire equalcuno rallenta, le soste si fanno più fre-quenti. Fa particolarmente fatica Gianni,Cesar gli propone di scendere, ma lui nonvuole perdere quest’ultima occasione perraggiungere una vetta, il suo primo 6000,e procede lento, spinto dalla forza di vo-lontà. Finalmente raggiungiamo la calottanevosa dove il pendio si abbatte, e rag-giungiamo la vetta tra gli incitamenti dastadio degli amici che ci aspettano per lafoto di vetta, finalmente tutti insieme.

Enrico Bruschi CAI Casale Monferrato

Padre TopioPer chi come me non è credente pare stra-no realizzare che uno dei momenti più in-tensi e significativi di tutto il nostro mera-viglioso viaggio in Sudamerica sia stataproprio la permanenza presso la comunitàdi Padre Topio.Topio è un uomo speciale, ed è questo chepiù m’interessa. E’ un alpinista fortissimo che al campo ba-se del Pequeño Alpamayo ha lavorato piùdi chiunque altro montando tende, spo-stando pietre, organizzando il campo. E’un uomo gentile, dolce, che ha lasciato lavita europea piena di agi e di confort ma-teriali ed affettivi per accettare di diremessa da solo per cinque mesi, prima divincere con la sincerità e il lavoro la diffi-denza della gente di altopiano.La comunità di Peñas sta pian piano riac-quistando vita grazie alla sua caparbia epurissima convinzione, e grazie all’aiuto diuna famiglia aymara che ha creduto in luie ha deciso di vivere il progetto che dallesue mani sta nascendo.Tra le iniziative più importanti di Topio l’i-dea di accogliere gruppi estivi di giovanivolontari dall’Italia per avvicinarli allarealtà boliviana attraverso l’esperienzadella montagna.E’ stato bello il vagabondare con Topio injeep tra le pieghe di una Bolivia non turi-stica, tra i fiordi del lago Titicaca dove ipescatori stendono le reti e le donne rac-colgono totòra per le bestie, tra villaggi dipoveri campesinos che hanno saputo acco-glierci con tutta la ricchezza di un’umanitàspensierata e sincera.Il ricordo delle due giornate trascorse aPeñas con Topio e tutta la sua atipica eamorevole famiglia ha lasciato un segno - profondo nel nostro gruppo, facendospontaneamente maturare in ciascuno dinoi la convinzione di dover aiutare un uo-mo, prima che un prete, che tanto sta ope-rando per la crescita e il benessere mate-riale e spirituale di un’intera comunità.

Erica Casetta

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Penas, Padre TobioCrateri Chachani

In vetta al Huayna

Valle Condoriri

Pequeño Alpamayo

Huayna Potosi

Bimba peruviana

Verso Chachani

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sinistra su strada campestre, proseguendotra i vigneti fino a raggiungere il puntopanoramico del Bricco della Croce (m 486),ove è situato un grosso pannello ripetitoree dal quale la vista può spaziare a 360° ar-rivando, nelle giornate limpide, all’arco al-pino. Il percorso scende verso il fondovallepercorrendo una ripida strada di serviziotra i vigneti sino ad arrivare al limite delbosco e con una secca svolta a sinistra siimmerge in un querceto; la discesa prose-gue con continui tornanti, attraversa un vi-gneto abbandonato ed arriva nei pressidella cascina Bigio. Giunto sul fondovallel’itinerario continua su una comoda e am-pia strada inghiaiata che fiancheggia ilcorso del rio S. Paolo ed infine ritrova lastrada asfaltata che porta alle prime casedi Bistagno; il percorso segue via Carrà, su-pera la provinciale e poi attraversa il belcentro storico, transitando in via Saracco e

giungendo in Piazza Monteverde, da doveera partito. Necessario portare viveri e ac-qua poichè, fuori Bistagno, non esiste nes-suna possibilità di ristoro.Difficoltà: ETempo: ore 4:30

Itinerario circolare piuttosto lungo, ben se-gnalato, che offre numerose vedute pano-ramiche. Da Acqui Terme si percorre la exstrada statale 30 della Val Bormida fino agiungere a Bistagno: superato il passaggioa livello si arriva alla piazza del paese, ovesi parcheggia l’auto. Da piazza Montever-de il percorso prende a destra Via Martiridella Libertà, prosegue diritto sulla stradacomunale per Montabone, superando ilcentro sportivo e l’antica ed incantevolePieve nei pressi del cimitero. L’itinerario sisnoda sulla strada asfaltata tra vigneti ecoltivi per circa tre chilometri, tiene la sini-stra al bivio in località Nausano, e arriva inbreve alla Cascina Pia, dove lascia l’asfaltoe svolta a destra, risalendo il versante bo-scato. Il sentiero si snoda in un bosco di la-tifoglie, caratterizzato da querce eorniello(Fraxinus ornus), e man mano che risale ilversante offre vedute panoramiche semprepiù ampie; con un secco tornante il percor-so piega a sud, proseguendo a mezzacostae oltrepassando il Bricco della Corbellina. Ilpercorso svolta a sinistra e scende di quotain un bosco di castagno (Castanea sativa)per poi portarsi sul versante ovest dellavalle del rio Morra, tra bellissimi esemplaridi rovere (Quercus petraea) e roverella(Quercus pubescens); superata la CascinaGrassi giunge sull’asfalto e, oltrepassato ilponticello sul rio Morra, svolta a destra,proseguendo sulla strada campestre checosteggia il corso d’acqua L’itinerario pro-cede in costante, graduale salita seguendoil rio fino a guadarlo in corrispondenza diun prato, risalendo sul versante oppostocon una ripida rampa nel bosco e sbucan-do in un ordinato noccioleto, da dove sigode di una bella visuale verso la chiesa diSant’Ambrogio e la piccola frazione diRoncogennaro. Dopo aver attraversatouna zona prativa il tracciato svolta a sini-stra e poi a destra, immettendosi sull’am-pia strada inghiaiata che risale il versantetra i vigneti e in costante salita giunge allalocalità La Croce, da dove si gode di unbellissimo panorama su tutta la valle delrio Morra. Il percorso svolta a destra, se-guendo la strada provinciale per alcunecentinaia di metri e, all’altezza dell’indica-zione di località di Roncogennaro svolta a

ANELLO DI BISTAGNO500

Testo e mappa tratti da Provincia di Alessandria:www.provincia.alessandria.it/sentieri/index.php?whattodo=sentieri&file=singola&id=135dove potete scaricare, oltre la descrizione a lamappa, anche il profilo altimetrico, il file diGoogle Earth e la traccia Gps.

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Sono ormai più di 10 anni che il CAI di Va-lenza organizza gite di più giorni sulle Dolo-miti e, avendo io partecipato alla maggiorparte di queste gite, devo dire che in ognu-na di esse ho sempre riscontrato motivi diinteresse, così anche quest’anno gli organiz-zatori hanno saputo introdurre piacevoli edinteressanti novità, ad iniziare dalla localitàscelta per trascorrere i 6 giorni di vacanzache è stata la Val Venosta e, precisamente, ilParco Nazionale dello Stelvio con il suo pae-saggio sicuramente molto diverso da quellofino ad ora incontrato nelle precedenti gitesulle Dolomiti ma, non per questo, menobello ed interessante.Dopo un tranquillo viaggio in auto raggiun-giamo il bel paesino di Malles, posto a 15chilometri dal confine austriaco sulla stradache da Merano conduce al Passo di Resia ebase per le nostre escursioni; dopo il pranzoci concediamo una rilassante passeggiata dicirca 3 ore per raggiungere il lago di Resiadalle acque del quale affiora il campaniledella chiesa del vecchio paese ora intera-mente sommerso.Il giorno seguente, sabato 2 luglio, partiamoper la prima escursione in programma: l’a-nello sotto Ortles - Cevedale e Zebrù. Dalpaese di Solda (1850 m) prendiamo la funi-via fino alla stazione intermedia (2172 m) edi qui imbocchiamo il sentiero che, in circaun’ora e trenta, ci porta ad rifugio Coston(2661 m) posto sotto il Gran Zebrù e puntopiù alto della nostra escursione. Lasciamo ilrifugio Coston, dopo circa un’ora di cammi-no ci troviamo sotto l’Ortles e proseguendolungo il sentiero arriviamo al rifugio K2 do-ve sostiamo per il pranzo. Dopo la più chemeritata sosta scendiamo verso Solda e, pas-sando sotto al rifugio Tabaretta (2558 m),raggiungiamo le nostre auto.L’escursione di domenica 3 luglio è dedicataalla salita al rifugio Pio XI lungo il sentierodidattico sul ghiacciaio Vallelunga: dal par-cheggio di Melago una stradina pianeggian-te ci porta alla Malga Melago (1970 m) e diqui iniziamo a percorrere il sentiero dove,grazie ai numerosi cartelli informativi pre-senti su tutto il percorso, apprendiamo constupore (e anche con un po’ di sgomento)che nel 1830 il ghiacciaio arrivava fino alpunto in cui ci troviamo.Continuando lungo la faticosa morena giun-giamo ai piedi della Vedretta di Vallelunga

dove si apre uno stupendo pa-norama verso le seraccate delghiacciaio del Gepatschferner,la cima di Vallelunga e gli irtipendii della Palla Bianca e delBarba d’Orso. Dopo ancora cir-ca un’ora di cammino raggiun-giamo finalmente il rifugio PioXI (2542 m). Dopo la pausapranzo scendiamo verso laMalga Melago lungo un sentie-ro decisamente meno faticosodi quello dell’andata.Lunedì 4 luglio eccoci, final-mente, alla grande novità diquesta 6 giorni: l’escursione inbicicletta da Malles a Merano(60 Km). Di buon mattino ci ri-troviamo alla stazione di Mal-les dove i “ciclisti” noleggianole bici ed i “turisti” si imbarca-no sul trenino per raggiungeretutti quanti Merano.Una volta partiti dalla stazion-cina di Malles in sella ai nostrimezzi meccanici, iniziamo apercorrere uno stupendo terri-torio tra meleti, castelli, masi,antichi monasteri, campaniliaguzzi, sotto lo sguardo del-l’Ortles e del Cevedale. Dopoparecchie soste che ci permet-tono di riposare e di fotografare i suggestivipaesini che si susseguono lungo la pista ci-clabile (considerata la più bella d’Europa)arriviamo al Km 40 e precisamente nel paesedi Naturno ed è qui che Giovanni decide cheè ora di fare sul serio e di dare un ritmo piùagonistico alla pedalata; salutato, quindi, ilresto della compagnia, organizza una fugadi 5 concorrenti di 20 Km verso Merano. Arrivati a Merano concludiamo la gita conun giro orientativo per la città, dopodiché cidirigiamo alla stazione per riconsegnare lebici e per ritrovarci con il gruppo dei “turi-sti” i quali hanno, nel frattempo, avuto mo-do, alcuni, di visitare i giardini botanici diCastel Trauttmansdrf, altri di visitare il ca-stello principesco, altri ancora di salire almonte Benedettino con la seggiovia.Il giorno successivo, martedì 5 luglio, il pro-gramma prevede l’escursione dal rifugioForcola al Passo dello Stelvio. In auto rag-giungiamo Trafoi (paese natale del noto

VAL VENOSTAParco Nazionale dello Stelvio e Parco Naturale di Tessa

campione di sci Gustavo Thoeni), in seggio-via saliamo al rifugio Forcola (2153 m) e diqui, lungo uno stupendo e panoramico sen-tiero con vista su tutto il gruppo dell’Ortles,passando a fianco del lago d’Oro, raggiun-giamo, dopo circa 4 ore di cammino, il rifu-gio Garibaldi posto sulla omonima puntache sovrasta il Passo dello Stelvio.Dopo l’indispensabile foto di gruppo contanto di tricolore per festeggiare il 150° del-l’unità d’Italia, ci concediamo un piatto abase di polenta taragna, uova e speck.Mercoledì 6 luglio è il giorno della partenza:con un pò di malinconia ci salutiamo con lapromessa, però, di rivederci tutti, forse an-cora più numerosi (i partecipanti sono stati67) il prossimo anno su queste bellissimemontagne.Un sincero grazie e tantissimi complimentiagli organizzatori della gita: Giovanni e Ste-fano Sisto.

A. Piacentini - CAI Valenza

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metà settimana e in un luogo così ricco di at-trattive escursionistiche non basta un pugnodi giorni per vedere tutto… Il Giro dell’Imperatrice ci ha portati attraver-so un bosco di larici al panoramico monteSpinale, dalla cui sommità abbiamo ammira-to le vette circostanti. Lungo la salita non èmancata la sosta alla pietra levigata sullaquale, secondo la credenza del luogo, sedet-te la Principessa Sissi durante la sua visita. Il giorno seguente abbiamo percorso il Girodei Cinque Laghi, un sentiero che permettedi raggiungere incantevoli laghetti alpini, in-castonati nelle valli alle pendici del monteNambrone e Cima Serodoli. Per l’escursione nel Brenta siamo partiti daVallesinella e, superato il rifugio Tuckett, ab-biamo percorso il sentiero SOSAT per rag-giungere il rif. Brentei: la facile ferrata si ad-dentra tra guglie e altipiani lunari, e attra-versa una gola mozzafiato, lungo le pendicidella cima Mandron. Dal Brentei abbiamofatto ritorno a Vallesinella attraverso il sen-tiero Bogani e la sella del Fredolin, un per-corso a mezzacosta che offre spettacolariscorci sulla valle e la cima imponente delCrozzon e delle altre vette del Brenta. Lungo il sentiero Vidi, un cospicuo gruppoha raggiunto la vetta del Pietra Grande(2936 m) dal passo Grostè al rifugio Graffer.Il percorso in cresta offre una vista spettaco-lare che spazia ai gruppi circostanti, Adamel-lo, Presanella e cime del Brenta, fino all’Or-tler e al Cevedale.

Meta gradita a tutti è stata l’escursione inVal Genova, nel cuore del Parco. Dopo esser-ci soffermati ad ammirare l’imponente casca-ta Nardis, abbiamo percorso il sentiero checonduce al rifugio Città di Trento al Man-dron, suggestivo pulpito con vista sull’Ada-mello e la Presanella, se le nubi non avesseroaperto il sipario soltanto per pochi attimi suighiacciai circostanti. Abbiamo visitato il Cen-tro Glaciologico J.Payer, posto poco sotto alrifugio, e, con il silenzio che si addice al luo-go, ci siamo recati presso il piccolo cimitero,che accoglie i resti di alcuni caduti dellaGrande Guerra. Non dobbiamo dimenticareche tra le montagne molti italiani hanno lot-tato per la patria, trovando morte e soffe-renza: a loro dobbiamo riconoscenza e ri-spetto, soprattutto quando ci rechiamo perdivertimento e passione in questi luoghi. La settimana si è conclusa con un’escursioneal rifugio Cevedale in Val Venezia, al cospet-to della Vedretta de la Mare, delle Cime delCevedale, Zufall, Palon de la Mare e Viòz:anche stavolta la pioggia ci ha messo lo“zampino”…L’esperienza in Val Rendena è stata estrema-mente interessante e piacevole, siamo rima-sti tutti soddisfatti dalla bellezza dei luoghi,dalla varietà del paesaggio: considerando lamolteplicità di escursioni e ferrate che nonsiamo riusciti a fare durante nostra brevepermanenza, è rimasto in noi il desiderio ditornare a Madonna di Campiglio…

CAI Acqui Terme

Sotto l’attenta organizzazione di Guido Riz-zola, venticinque soci della Sezione di Acquihanno trascorso la classica settimana di inizioagosto a Madonna di Campiglio, suggestivalocalità della Val Rendena. La località sorgelungo le sponde del Sarca di Campiglio, sor-montata a ovest dal gruppo Adamello-Presa-nella e dalle Dolomiti di Brenta a est.Madonna di Campiglio sorge nel Parco Ada-mello-Brenta, che dal 2008 è diventato Geo-parco, appartenente alla Rete Globale deiGeoparchi (GGN) istituita dall’UNESCO. Un geoparco è costituito da un’area daiconfini definiti e caratterizzata da un patri-monio geomorfologico significativo e spe-ciale per rarità, interesse scientifico, richia-mo estetico e valore educativo. L’unicità delterritorio del Parco Adamello Brenta è costi-tuita dalla coesistenza di tonalite e altrerocce (calcari, dolomia, granodiorite, porfidie scisti…) che determinano la marcata di-versità geomorfologica e geologica deigruppi montuosi che dominano il Parco: l’A-damello e la Presanella dalle caratteristichealpine e caratterizzate da fenomeni glaciali,mentre il gruppo del Brenta è profonda-mente modellato dal fenomeno del carsi-smo, appare infatti come un grandioso ca-stello, o cattedrale, dominato da torrioni eguglie mozzafiato. Per definire le nostre mete c’era solo l’imba-razzo della scelta! Il tempo ha rappresentatoun limite al nostro desiderio di conoscere ilterritorio: il sole ci ha accompagnati per

Una settimana con la Sezione di Acqui Terme

ESCURSIONI IN VAL RENDENA

Ho percorso il bellissimo sentiero ad anello“Giro dei Campassi” in Val Borbera, segna-

to a cura del CAI di Novi Ligure con i segna-via 242 e 245, alle pendici settentrionali del

Il “Giro dei Campassi” in Val Borbera

UN BELLISSIMO SENTIEROMonte Antola, con partenza da Vegni (m1060). Tempo di percorrenza ore 5,30, diffi-coltà E, dislivello in salita 750 m. E’ un per-corso molto bello e affascinante, soprattut-to quando si attraversano i borghi abban-donati di Casone, Ferrazza e Reneuzzi. Pe-riodo consigliato marzo-settembre.Invito tutti i soci CAI e non solo a percor-rerlo.Oltre al sito del CAI Novese, voglio segna-larne anche un altro che lo descrive benis-simo: www.sentieridautore.it/sentieridau-tore.it/06.Valle_dei_Campassi.html

Giovanni Sanguineti, sezione di Ovada

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la salita lungo i Lastei di Cima D’Asta, una se-rie di ripide placche rocciose attraversatedall’emissario del sovrastante lago dandoorigine ad una serie di fragorose piccole ca-scatelle. Al termine dei Lastei la pendenzadiminuisce ed in breve giungiamo al Lago diCima d’Asta nel quale la sovrastante, impo-nente parete della Cima d’Asta si specchiacon il risultato di far sembrare la strapiom-bante parete ancora più alta. Pochi minuti eraggiungiamo il rifugio Ottone Brentari del-la SAT (m 2480). Prendiamo possesso dei po-sti letto assegnatici, mangiamo qualcosa e,dopo aver alleggerito lo zaino, iniziamo lasalita verso la cima d’Asta con l’intenzione disalire alla Bocchetta del Canalon e raggiun-gere la vetta per la cresta Ovest. Il toponimodi Canalon non è mai stato così adatto perindicare un ripido canale pietroso sul quale,come succede spesso in montagna, sembraimpossibile salire. Viceversa, pur se faticosa,la salita è veloce ed in una quarantina di mi-nuti raggiungiamo la sella il cui versante op-posto, è completamente innevato. La salitaper la cresta ovest offre, andandoli a cercare,alcuni brevi passaggini di facile e divertentearrampicata. Il gruppo si allunga e siccometira un fastidioso vento di tramontana chetrasporta una bassa nuvolaglia che limita lavisuale verso nord, raggiunta la vetta (m2847), divisi in due gruppi, iniziamo quasiimmediatamente la discesa lungo la via nor-male che attraversa le il versante est e pre-senta diversi tratti innevati. Risaliti alla For-zeleta (il sentiero è attrezzato con diversitratti di fune di sicurezza) ci riportiamo sulversante meridionale che è completamentesgombro di nubi ed offre una impressionan-te vista della parete sud percorsa da nume-rose vie di arrampicata, quasi tutte di elevatadifficoltà. La vista del rifugio, laggiù oltre il lago scintil-lante per il sole che vi si specchia, invita adallungare il passo anche se la cena è previstaper le 19,30: in fondo, dopo una sveglia an-telucana, oltre 400 km di viaggio, 1500 metridi salita, 500 di discesa e 9 ore di scarponi neipiedi non vediamo l’ora di sederci a tavolaper l’ottima cena che ci aspetta e di goderedel meritato riposo. Dopo aver assistito aduno splendido tramonto tutti a nanna.Nonostante i cigolii delle brandine il sonnonon si fa attendere e ci svegliamo pronti adaffrontare la seconda tappa di questotrekking che si sta rivelando ancora miglioredi quanto ci si potesse aspettare. Fuori devefare parecchio freddo: manca l’acqua del ba-gno al piano perché il tubo è ghiacciato. Co-da nell’unico bagno funzionante, colazione

e alle 7,30 si parte. Oggi la comitiva si divi-derà per raggiungere la Forcella Magna perdue diversi itinerari. Raggiunto il Passo Soce-de (m 2516) un gruppo prende il sentiero380 bis che scende nel Vallone Occidentalefacendo molta attenzione sui residui nevaiancora ghiacciati a quell’ora del mattino, ag-girando guglie e attraversando canaloni sinoad incontrare il sentiero 380 (m 2000) per ri-salire alla Forcella Magna (m 2117). L’altrogruppo sale al Col Verde e percorre con varisaliscendi la Cresta di Socede che presentadiversi tratti attrezzati con scalette, gradini efuni metalliche: il Sentiero Gabrielli. Il per-corso è molto spettacolare sia per il grandio-so panorama su Lagorai, Cauriol, Brenta epiù lontano le vette più alte delle Dolomiti,sia per le formazioni rocciose che attraversia-mo. In particolare siamo colpiti da uno splen-dido spigolo di granito rosso e dall’attiguodiedro perfettamente verticale: chissà se so-no percorsi da qualche itinerario di arrampi-cata, a casa verificheremo sulla guida. Ricongiunto il gruppo a Forcella Magna, so-no ormai le 11, proseguiamo con un percor-so in traversata con diversi saliscendi sul ver-sante orientale delle Cime Lasteati e Cengel-lo, disseminato di strade militari lastricate,trincee, ricoveri in pietra, grotte, resti di reti-colati spinati, piccoli rifugi (Lasteati, Cecchin)a ricordarci che queste montagne sono statescenario di cruenti combattimenti durante laprima guerra mondiale. Il nome stesso dellaforcella che raggiungiamo dopo quasi dueore di cammino, Forcella Buse Todesche (m2309), indica che le opere di difesa presentiin zona erano state costruite dagli austriaci esuccessivamente conquistate dagli italiani.Dopo la sosta per il pranzo iniziamo la disce-sa verso il rifugio Caldenave per il sentiero360 che tocca il Baito Scagni circondato danumerosi minuscoli laghetti incastonati inmagri pascoli e successivamente scende aiLaghi della Val d’Inferno che, considerata labellezza del luogo, non si capisce perché ab-biano quel nome. Sono passate da poco le16 quando arriviamo alla malga Caldenave -rifugio Claudio e Renzo (m 1792) ristruttura-ta di recente con geniali soluzioni costruttivee di arredo. I coniugi che gestiscono il rifu-gio, Enrica in cucina ed Elio che ci istruiscesull’uso del rifugio (impariamo persino chegli origami si possono fare anche con la cartaigienica usata…) e cura le PR fanno di tuttoper renderci il soggiorno il più piacevole pos-sibile e ci riescono tanto bene che, dopo po-co più di un mese, alcuni di noi tornerannoper completare l’otto immaginario che for-mano la “Alta Via del Granito” ed il “Lago-

Quando Roberto propose il trekking nelgruppo del Lagorai-Cima d’Asta la prima co-sa che chiesi fu la data. ”Dal 1° al 3 luglio” fula risposta e così pensai che con il mio lavorodifficilmente sarei riuscito ad assentarmi inpiena stagione per ben tre giorni consecuti-vi. Peccato: era da un po’ che pensavo aduna puntata in Valsugana e l’occasione eraghiotta. Ciò nonostante cominciai a docu-mentarmi sulle escursioni della zona pensan-do di andarci per conto mio a settembre.Però, quando trovai la descrizione dell’AltaVia del Granito, ne rimasi talmente colpitoche feci una proposta a mia moglie: io ci va-do (do le istruzioni in cantiere, con il cellula-re sono sempre rintracciabile, al massimo michiami sul fisso dei rifugi, poi sono solo duegiorni perché il 3 è domenica, …) vedocom’è e ci torniamo insieme in autunno, ma-gari facendo il giro al contrario …Fu così che venerdì 1° luglio alle 9,30 in pun-to ero a Malga Sorgazza con i 15 amici cheavrebbero condiviso con me lo spettacoloche stava per iniziare.

L’ALTA VIA DEL GRANITO 1-3 luglio 2011Prima considerazione: il percorso è segnatoin modo impeccabile con frequentissimi se-gni biancorossi sulle rocce e cartelli in legnoad ogni incrocio di sentieri cosicchè non oc-corre tenere la cartina costantemente a por-tata di mano (ottima quella al 25.000 dellaSAT, con sul retro la sommaria descrizionedei sentieri con dislivelli e tempi di percor-renza parziali e totali). Seconda considerazione proprio a propositodei tempi di percorrenza: per rispettarequelli indicati sulla segnaletica non ci si puòpermettere di scattare più di poche foto algiorno e di fermarsi ad ammirare il panora-ma. Invece i luoghi veramente incantevolimeritano molta più attenzione se si desideraportare a casa un ricordo fotografico e sicco-me i sentieri non sono mai banali, per il pa-norama conviene fermarsi e non limitarsi aduna occhiata furtiva tra un passo e l’altro.Dall’ampio parcheggio, pressoché deserto, diMalga Sorgazza (m 1430) costeggiamo il la-ghetto dell’Enel e per una comoda stradache sale nel bellissimo bosco ricco di ruscelliarriviamo alla partenza della teleferica diservizio del rifugio Brentari. Lasciamo a sini-stra il sentiero che sale alla Forcella Magna,per la quale transiteremo domani, e prose-guiamo per il sentiero 327 che sale, consen-tendo di guadagnare rapidamente quota,verso la testata della val Malene. Giunti airuderi della Capanna dei Pastori (m 2131) ciconcediamo una breve sosta e riprendiamo

CIMA D’ASTA - LAGORAI: CHE SPETTACOLO!8

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rai Panorama”. Gli anelli dei due trekking in-fatti hanno in comune il tratto Buse Tode-sche-Forcella Magna. Il rifugio sorge su unpoggio che domina un bucolico pianoro er-boso attraversato da un ruscello e circondatodalla pineta: seduti davanti al rifugio aspet-tiamo l’ora di cena ammirando le cime delLagorai che abbiamo di fronte, oltre la valla-ta, godendo di un luminoso tramonto edascoltando le facezie di Ferruccio. Dopo lacena (menù originale, abbondante e succu-lento) la serata trascorre piacevolmente sor-seggiando una delle grappe casalingheesposte nella “farmacia” ed ascoltando iconsigli di Elio che ci illustra il percorso didomani. Qui i letti non cigolano e nonostan-te qualche sonora russatina non fatichiamoa prendere sonno. Il mattino seguente dopola ottima colazione con le marmellate ed idolci di Enrica ci salutiamo manifestandol’intenzione di rivederci presto. Alle 7,30 cimettiamo in marcia ed il sentiero 332 salesubito tortuoso nel bosco lambendo diversevolte un rumoroso torrente. Camminiamo al-l’ombra della cresta Ravetta e, nonostante lasalita, non sudiamo affatto. Quando alle 9arriviamo alla forcella Ravetta (m 2219), inun attimo il sole ci scalda e possiamo dedica-re qualche minuto ad ammirare il panoramadella val di Rava che si stende sotto di noicon i suoi laghi, le malghe, le greggi al pa-scolo. Di fronte, oltre la valle, poco più altedi noi, le creste rocciose del Cimon e delTombolin di Rava, che raggiungeremo trapoco, della cima del Frate e del Castelletto.Per il sentiero 332 bis traversiamo con alcunisaliscendi tutto il fianco meridionale dellaCresta Ravetta ed alle 10 raggiungiamo ilForzelon de Rava (m 2397). Lasciati a terragli zaini ci dividiamo il piccoli gruppi per rag-giungere in successione il Cimon di Rava (m2436) ed il Tombolin di Rava sulle cui ripidepareti sono ancora perfettamente conserva-te le numerose scalinate scavate nel granitodurante la prima guerra mondiale dai milita-ri che hanno firmato la loro opera scolpendonella roccia 2° Genio 16. Compagnia. Elio, ilcustode del Caldenave, ci aveva raccontatoche il luogo è chiamato la “Piccola MachuPicchu” ed in effetti, pur se molto piccolo, ri-corda effettivamente la famosissima localitàperuviana. Ritornati al Forzelon, e dopo unabreve pausa per mangiare qualcosa, alle 12imbocchiamo il sentiero 328 che, superata laForcella Quarazza, inizia a scendere versovalle passando accanto al Lago di Costa Bru-nella con le montagne che gli fanno coronaa ricordare il cratere di un vulcano. Dopoaver toccato i ruderi della Malga Val di Lagoil sentiero, sinora stretto e quasi nascostodall’erba dei pascoli, entra nel bosco e si tra-sforma in una ripida ma comoda mulattieraappena risistemata a cura della Forestale.Giunti a Malga Sorgazza la nostra splendidaescursione termina ma l’AVG ci riserva anco-ra una piccola sorpresa: mentre ci rifocillia-mo con un panino ed una radler, il gestoredella Malga, che venerdì ci aveva visti parti-re, ci fa compilare un foglio con il nome ditutti i componenti del gruppo e del sodaliziodi appartenenza e consegna ad ognuno unapiccola spilla dell’Alta Via del Granito. “Cosìnon vi dimenticate di questa gita” ci dice.Stai tranquillo, amico, non la dimentichere-mo facilmente!Partecipanti: Barbieri Gisella, Doglioli Gian-carlo, Fei Ferruccio, Ferro Pierangelo, FirpoMaria, Giuge Floriana, Grassi Bruna, Mandi-

rola Roberto, Meoni Cristina, Modica Anto-nio, Morando Mara, Moscato Antonio, Pen-na Bruno, Regnoli Giorgio, Regnoli Luisa, Vi-tale Daniela.I tappa: Malga Sorgazza, rif. Brentari, boc-chetta Canalon, Cima d’Asta, Forzeleta, rif.BrentariII tappa: rif. Brentari, forcella Magna, BuseTodesche, rif. CaldenaveIII tappa: Caldenave, forcella Ravetta, Forze-lon de Rava, Cima e Tombolin di Rava, forc.Quarazza, M. Sorgazza

Bruno Penna - CAI Alessandria

TREK “LAGORAI PANORAMA”16-18 Agosto 2011Come frequentatore della montagna e comeAE, preferisco cercare e poi proporre metepoco conosciute o almeno non tornare nellastessa valle o zona per un po’ di tempo.Quest’anno però sono andato in controten-denza, sono tornato nella stessa zona doposolo poche settimane e per di più non pro-prio dietro casa. Cosa mi ha fatto cambiare idea? Il “Diavolotentatore” ha un nome: Elio ed è l’ottimogestore del Rifugio Caldenave, un verogioiello in cui abbiamo pernottato ad inizioluglio quando come sezione abbiamo per-corso il trek “Alta Via del Granito” nella ca-tena del Lagorai con l’ascesa alla Cima d’A-sta e al Cimon di Rava.Elio mi ha incuriosito parlandomi del Lago-rai Panorama facendo riferimento alla Pri-ma Guerra Mondiale, ai resti e alle testimo-nianze di quel tragico periodo, al fatto chesolo da due anni fosse possibile effettuare iltrek perché precedentemente non esisteva-no rifugi dove appoggiarsi, problema ora ri-solto con la costruzione del Rifugio MalgaConseria.Nel mese d’agosto presa la decisione di orga-nizzare il trekking e composto il gruppo dicui facevano parte due socie che già avevanopartecipato all’AVG, restava il problema deiposti nei rifugi durante il periodo scelto magrazie ancora ai gestori sono riuscito a farecombaciare le nostre reciproche esigenze.Il trekking si è sviluppato per tre giorni conpartenza dal passo Manghen, dove avevamofissato l'appuntamento a Sergio e Nadia chenon paghi di una settimana di val Gardena sisono uniti ai quattro partiti da Alessandria.I sentieri erano ben tenuti e le indicazionichiare, i tempi invece, nella relazione datemida Elio si sono dimostrati un pò stretti, starein certe medie nonostante i dislivelli non fos-sero eccezionali comportava tenere una ve-locità media sui 450 m di dislivello/h.Le tappe sono state in media di 7/8 ore esclu-se le soste.Interessante è stato il suggerimento di Elio disalire sulla Cima Orsera e poi su ormai invisi-bili tracce percorrere la cresta che arriva allaCima delle Buse Todesche dove c’è ancorauna cittadella fortificata in ottimo stato. Per-corso da fare, però, solo con perfetta visibi-lità, purtroppo una volta saliti sull’Orsera sia-mo stati avvolti dalle nubi, che immancabil-mente ci hanno accompagnato nella secon-da parte della giornata dei tre giorni ditrekking, facendoci desistere e ritornare sulsentiero classico.Ottima accoglienza anche al Rifugio MalgaConseria dove, come al Caldenave, ci hannoofferto una bottiglia di prosecco come ab-biamo saputo successivamente per festeggia-re la prima sezione CAI che completava il

CIMA D’ASTA - LAGORAIt

9trekking. A onor del vero oltre al prosecco cisono stati anche sprinz e alcune birre masempre perché ce lo meritavamo.Partecipanti: Ferruccio Fei, Roberto Zuffo,Bruna Grassi, Maria Firpo, Nadia Piceni eSergio Zaccaron.1° giorno: Passo Manghen, Forcella pala delBecco, Malga Montalon, Val Campelle, Rifu-gio Caldenave “Claudio e Renzo” (tel 3482564848).2° giorno: Rifugio Caldenave, Val Orsera,Forcella Orsera, direz Forcella delle BuseToesche, forcella Magna, Passo Cinque Cro-ci, Rifugio Malga Conseria (340 9026123).3° giorno: risalire al Passo Cinque Croci, Mal-ga Cion, Passo Val Cion, Forcella Valsorda,Passo Manghen.Come responsabile di gita vorrei ringraziarei partecipanti, Elio ed Enrica del Rifugio Cal-denave e le simpatiche gestrici della MalgaConseria per la gentilezza e l’ottimo tratta-mento.

Ferruccio Fei AE AI - CAI Alessandria

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Con l’autunno, le prime nebbie e le gior-nate che si accorciano, è piacevole ritro-varsi alla sera a rivivere le trascorse av-venture in montagna. Questo è lo scopodelle serate organizzate il venerdì sera. Si inizia con la lunga cavalcata sui 4000 diLuca Calzone, giovane alpinista novarese,che ha come abituale compagno di cordataMatteo Massazza, del CAI San Salvatore.A seguire la serata di Gianni Ghiglione,Accademico e direttore della scuolaAlphard, sulla grande via aperta sul calca-re rosso delle gole del Taghià, in occasio-ne del 50° della Sezione di Novi.

Sezione di Casale

SERATE BIBLIOCAISi passa dal verticale all’orizzontale con laserata di Riccardo Carnovalini, storicocamminatore del CAI, che illustrerà lastraordinaria esperienza di GE.MI.TO. incammino tra natura e luoghi stravolti dal-l’antropizzazione, al centro del triangoloindustriale.Si torna poi in alta montagna con “I colo-ri del Bianco” di Marcello Libra. La geno-vese Grazia Franzoni racconterà il viaggioin bicicletta tra Cina e Tibet, all’altro capodel mondo.Al prossimo numero l’illustrazione dellesuccessive serate.

Massimiliano (Max) Avalle, Consigliere del-la sezione di Alessandria, è stato invitatoa far parte del Centro Studi Materiali eTecniche del CAI, Raggruppamento Lom-bardo. Alpinista e sci-alpinista, istruttoresezionale della scuola Alphard, Max Avalleè professore di progettazione meccanicadel Politecnico di Torino: da anni impe-gnato negli studi sul miglioramento dellasicurezza dei veicoli ha esteso queste com-petenze alle ricerche sulla sicurezza dei si-stemi di ritenuta in arrampicata e ai mezzidi protezione mobili, ed alla progettazio-ne di materiali per uso alpinistico.

Sezione di Alessandria

COMPLIMENTI MAX

Venerdì 21 ottobre 2011, alle ore 21,15presso l’associazione Cultura e Sviluppo,piazza DeAndrè, Alessandria, Gianni Ghi-glione, accademico e INA del CAI, responsa-bile della scuola intersezionale Alphard,sarà ospite della sezione di Alessandria perpresentare la sua videoproiezione “Trilogiadi un incantesimo - Il tempo del sogno”.Gianni è stato compagno di cordata diGianni Calcagno e Giancarlo Grassi, ha per-corso oltre 200 vie molto impegnative sullegrandi pareti delle Alpi e una miriade di viesu pareti di fondovalle. Nel 2004 ha parteci-pato alla famosa “Spedizione Nazionale delClub Alpino Accademico” al Kongur (7306m) nel Pamir Cinese, contribuendo notevol-mente all’apertura di una via nuova.Attualmente, principalmente, si dedica al-l’esplorazione di pareti e all’apertura di vienuove in Corsica, in Alto Atlante, in Maroc-co e in Anatolia (Turchia).In questa serata Gianni Ghiglione raccon-terà, a modo suo, la storia dell’apertura ditre vie nuove recentemente aperte.lngresso libero.

Sezione di Alessandria

PROIEZIONE DIGIANNI GHIGLIONE

La redazione ha iniziato un progetto cheporterà in tempi brevi alla pubblicazionedel giornale anche sui siti web delle variesezioni. Per ora questo numero (e quelloprecedente) sono disponibili sul web en-trando nel sito della sezione di Alessan-dria dove, alla pagina iniziale e cliccandosu on-line, si apre una tendina nella qualecompare la voce Alpennino e da qui lo siscarica anche in versione stampabile.E’ il primo passo verso la creazione di unsito dedicato esclusivamente al nostro pe-riodico al quale si potrà accedere diretta-mente o attraverso i siti delle sezioni chevorranno inserire il relativo link. La versio-ne web potrà, in futuro, anche essere acolori, potrà essere collegata a link di ap-profondimento e col tempo si potrà river-sare sul sito tutto l’archivio degli anni pas-sati. Mandateci un vostro parere ([email protected]) sull’utilità di avere ALPENNI-NO on-line, valutando la possibilità di ri-durre progressivamente il numero di co-pie cartacee spedite, sino ad eliminarecompletamente la stampa e la spedizionepostale.Cosa ne pensate?

La redazione di ALPENNINO

ALPENNINO SUL WEB

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Domanda: qual è il lago più alto delle Al-pi Cozie?Risposta: il Mongioia situato a 3083 metridi altitudine, sulle pendici meridionali delmonte omonimo. Nei pressi del lago sorge anche il bivaccoBoerio, costruito nel ‘91 e dotato di 10posti letto. Siamo in Val Varaita, anzi, perla precisione in Val Bellino, la sua dirama-zione più occidentale.Raggiungere il lago Mongioia non è esat-tamente una passeggiata. Bisogna supera-re un dislivello di 1200 metri e percorre illungo vallone di Rui. Si parte da S. Annadi Bellino, a quota 1882, e, seguendo leabbondanti indicazioni, ci si inoltra in unambiente dall’aspetto “bucolico”, conmolti alpeggi (e con relative mucche). Ilsentiero è buono e ben segnato, almenofino alle Grange Fons di Rui, a quota2437, situate in un grande pianoro erbo-so. Qui, lasciato a destra il sentiero che sa-le al Passo di Fiutrusa, si prosegue primalungo un’evidentissima traccia sul fondodel vallone e poi si sale decisamente perripidi pendii, fino ad arrivare ad un val-loncello detritico che conduce al passo delMongioia a quota 3075, sullo spartiacquetra Ubaye e Varaita. E proprio lì, in unapietraia pianeggiante c’è il lago, di di-

mensioni rispettabili, tenuto conto delluogo (3,30 - 4 ore).Dallo specchio d’acqua si può anche salirein vetta al monte Mongioia che, con i suoi3340 metri, è un punto panoramico di tut-to rispetto. Questo tratto di itinerario èperò un pò più impegnativo (EE o F-, di-pende dai punti di vista). Si parte dal pas-so, seguendo l'evidente traccia sullo spar-tiacque, segnata da ometti e da (più radee stinte) tacche di vernice, che risale il ver-sante sud della montagna. Superato il pri-mo costolone, ci sono numerose vie di ac-cesso alla vetta. Una si snoda sul versanteitaliano e presenta qualche passaggio roc-cioso facile (forse di II grado o più proba-bilmente di I), un’altra segue invece il cri-nale ed ha difficoltà minori. Il “passaggioobbligato” in entrambi i casi è una fasciadi roccette situata nel costolone prima ci-tato. In vetta c’è una croce ed un curioso“cubo” di pietre con un punto trigonome-trico. Il panorama è grandioso: se la gior-nata è limpida, si può osservare tutto l’ar-co alpino occidentale, dal Rosa all’Argen-tera.Dislivello complessivo fino alla vetta: 1500metri circa. Tempo di percorrenza totale:4-5 ore (dipende dalla gamba).

Diego Cartasegna - sezione di Ovada

È il Mongioia, nelle Alpi Cozie

QUEL LAGO A 3000 METRI

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PROGRAMMA ATTIVITAʼ

OVADAESCURSIONISMO

NOVEMBRE ROCCAFORTE - STRETTE DI PERTUSODICEMBRE GIORNATA DEI SENTIERI

MTB16 OTTOBRE MONTE ALPE da Varzi13 NOVEMBRE RIVE ROSSE (Biella)

(in alternativa: LEVANTO E BONASSOLA)

TORTONA

CASALEESCURSIONISMO2 OTTOBRE ALTA VIA DEI MONTI LIGURI tappe 14 e 13

dal Giogo di Toirano al Colle del Melogno(E) Org. Ferrando

9 OTTOBRE LA CASTAGNATA in località da destinarsi16 OTTOBRE INTERSEZIONALE ALESSANDRIA

Val Borbera: sentiero 208, Bivacco Rivarossa (E)20 NOVEMBRE AUTUNNO TRA I CORBEZZOLI

Liguria: tra mare e monti20 NOVEMBRE -16 DICEMBRE PATAGONIA DA SOGNO

Org. Capra, Costanzo

PROIEZIONI21 OTTOBRE DAL ROSA AL BERNINA “I miei 57 quattromila”

a cura di Luca Calzone4 NOVEMBRE TRILOGIA DI UN INCANTESIMO

a cura di Gianni Ghiglione18 NOVEMBRE GE.MI.TO “In cammino tra paesaggi ed

economia” a cura di Riccardo Carnovalini2 DICEMBRE I COLORI DEL BIANCO

audiovisivi a cura di Marcello Libra

APERTURA SEDIACQUI TERMEVia Monteverde, 44Venerdi 21,00 - 23,00ALESSANDRIAVia Venezia, 9Tel. 0131 [email protected]@cai.itwww.caialessandria.itMartedi, Venerdi 21,30 - 23,00Mercoledi e Venerdi 18,30 - 19,30

CASALE MONFERRATOVia Rivetta 17 - Tel. 0142 454911www.monferrato.net/cai/Giovedi 21,30 - 23,00NOVI LIGURECorso Marenco 21Mercoledi e Sabato 18 - 19,30;Venerdi 21,00 - 23,00OVADAVia Gilardini, 9 - Tel. 0143 822578Mercoledi e Venerdi 21,00 - 23,00

SAN SALVATOREPiazza Carmagnola, [email protected] www.caisansalvatore.itMartedi 21,00 - 23,00TORTONAVia Trento 31 (c/o Palestra Fausto Coppi) - C.P. [email protected] www.caitortona.netGiovedi 21,00-23,00VALENZAGiardini Aldo Moro - Tel. 0131945633 - [email protected] - Martedi e Venerdi 21,00 - 23,00

ESCURSIONISMO 9 OTTOBRE CASTAGNATA

16 OTTOBRE INTERSEZIONALE ALESSANDRIAVal Borbera: sentiero 208, Biv. Rivarossa (E)

23 OTTOBRE GITA SOCIALE25 DICEMBRE SALITA NOTTURNA AL MONTE TOBBIO (E)SPELEOLOGIA13 NOVEMBRE GROTTA DI RIO MARTINO - Crissolo (F)

SAN SALVATORE

ESCURSIONISMO 2 OTTOBRE EPINEL - B. GONTIER - VIEYES (Cogne)

16 OTTOBRE PIANI DI PRAGLIA - PASSO DEI GIOVI(escursionismo e mountain bike)

16 OTTOBRE INTERSEZIONALE Val Borbera: sentiero 208, Bivacco Rivarossa

30 OTTOBRE S. MARGHERITA - SAN FRUTTUOSO -CAMOGLI

13 NOVEMBRE LEVANTO - DEIVA27 NOVEMBRE MONTEROSSO - MANAROLA8 DICEMBRE ARENZANO - ALBISOLA

18 DICEMBRE PRANZO SOCIALE31 DICEMBRE CENONE DI FINE ANNO

VALENZA

ESCURSIONISMO2 OTTOBRE POLENTATA SUL MONTE TOBBIO

(E) Org. Piana e le Ragazze del CAI16 OTTOBRE TRENOTREKKING: LAGO MAGGIORE

(E) Org. Bruzzone16 OTTOBRE INTERSEZIONALE Val Borbera: sentiero 208,

Bivacco Rivarossa (E) Org. CAI Novi13 NOVEMBRE GITA IN RIVIERA (E) Org. Torrielli27 NOVEMBRE GITA CON PRANZO SOCIALE (T)

Org. Rolando8 DICEMBRE PRESEPE SUL MONTE TOBBIO (E)

Org. Dagnino, Arecco24 DICEMBRE FIACCOLATA NOTTURNA A SAN LORENZO

(E) Org. Bello, PianaSPELEOLOGIA23 OTTOBRE USCITA IN GROTTA Org. Gruppo AnveriaIN SEDE7 OTTOBRE ASSEMBLEA DEI SOCI

23 DICEMBRE VIDEOPROIEZIONE: UN ANNO DI ATTIVITAʼOrg. Consiglio Direttivo

ESCURSIONISMO 2 OTTOBRE SENTIERO DEI LAGHI DEL GORZENTE9 OTTOBRE DA ACQUI A CAVATORE e ritorno

16 OTTOBRE INTERSEZIONALE ALESSANDRIAVal Borbera: sentiero 208, Biv. Rivarossa (E)

13 NOVEMBRE DA RIOMAGGIORE A PORTO VENERE4 DICEMBRE ESCURSIONE NELLA RIVIERA DI LEVANTE

MTB2 OTTOBRE GIRO DEI TRE BRICCHI6 NOVEMBRE FORESTA DI DEIVA - SASSELLO

ACQUI TERME

ESCURSIONISMO 2 OTTOBRE MONTE LEGNONE m 2610 Lago di Lecco

Dal Rifugio Roccoli Lorla m 1463 (EE)3. uscita C.E.A. - D.G. Penna, Stringa, Torti

16 OTTOBRE FERRATA ALLA SACRA DI SAN MICHELEm 880 Val Susa - da SantʼAmbrogio (AD)Possibilità di salita per mulattiera e visita (T)4. uscita C.E.A. - D.G. Girolimetto, Torti

16 OTTOBRE INTERSEZIONALE ALESSANDRIAVal Borbera: sentiero 208, Bivacco Rivarossa (E)

23 OTTOBRE CASTAGNATA AL MULINO NUOVOCapanne di Marcarolo (T) - D.G. Todarello

6 NOVEMBRE MONTE ZEDA m 2156 Parco Nazionale dellaVal Grande (VB) Dal Passo di Folungo m 1369(E) D.G. Accornero, Pallavicino

20 NOVEMBRE PRANZO SOCIALE in località da destinarsi20 DICEMBRE AUGURI DI NATALE IN SEZIONE

ALESSANDRIA

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quota 1251 m, ma l'assenza di un par-cheggio costringe a lasciare gli auto-mezzi poco più in basso, nell'ipotesi mi-gliore in un piccolo spiazzo a quota1240 m circa.Si inizia quindi a camminare lungo unacarrareccia che ha inizio alla sinistra del-le vecchie baite; dopo un breve percor-so, giunti a quota 1320 m, si abbandonala carrettabile e si inizia a salire lungoun sentiero che si stacca verso sinistra. Iltracciato è facilmente individuabile gra-zie inizialmente ad una evidente segna-letica (frecce indicatrici in legno) e quin-di all'abbondante presenza di rettangoligialli. Si esce presto dal bosco di faggi esi inizia ad attraversare in costa il ver-sante sud del monte Vecchio, caratteriz-zato dalla presenza di numerose gine-stre; il sentiero sale dapprima gradual-mente quindi, quando si è ormai prossi-

mi al colle dell'Arpiola,raggiunge il valico supe-rando una faticosa ram-pa. Dal passo il panoramasi apre su un vallone late-rale della val Grande; a si-nistra si stacca il sentieroper il Bec Matlas mentrea destra ha inizio il trac-ciato per la cima del mon-te Vecchio. Dopo un trat-to in leggera pendenza, siaffronta nuovamente unafaticosa rampa, che supe-ra con decisione gli ultimiduecento metri di disli-vello. Si sbuca quindi suuna cima al largata, alcentro della quale è pre-sente un marcato avvalla-

La salita al monte Vecchio rappresentauna classica escursione per coloro cheamano trascorrere le vacanze estive aLimone Piemonte: la camminata si svol-ge infatti su sentiero ben segnato edagevole e non è particolarmente impe-gnativa.In verità il periodo migliore per salire invetta è la tarda primavera (periodo du-rante il quale si può godere delle ab-bondanti fioriture di ginestre) o l'autun-no, quando il clima non è più caldo e lasalita lungo i soleggiatissimi pendii delmonte Vecchio risulta più piacevole.Dalla cima, sulla quale è stata posta nel1987 una croce metallica con tanto didiario di vetta, si gode un buon panora-ma sull’alta valle Vermenagna, con Li-mone Piemonte e la splendida coronadi cime dall'aspetto dolomitico che divi-dono il borgo dalla valle Pesio. Risulta-no ben visibili anche il colle di Tenda ela conca di Limonetto, nonché una par-te della val Grande, parzialmente com-presa nel parco naturale delle Alpi Ma-rittime.La vegetazione che si incontra durantel'escursione è sicuramente interessante;in particolare, se effettuato nel momen-to opportuno, risulta entusiasmantel'attraversamento del versante sud dellamontagna, che consente di ammirare lu-minose e vigorose fioriture di ginestre.Lo stesso versante ospita anche pianteodorose quali lavanda, timo e ginepro:qua e là sono inoltre presenti giovaniesemplari di pino silvestre. Dopo il colledell'Arpiola, si cammina tra praterie do-ve in primavera fioriscono numerose leorchidee e la genziana acaulis.

Caratteristiche dell'escursioneDislivello: 680 m circaEsposizione: il percorso si sviluppa suversanti esposti a SudDifficoltà: E

Descrizione del percorsoIn auto, percorrendo una stretta carroz-zabile, si sale da Limone Piemonte aiTetti Zitun, frazione di S. Anna; la picco-la borgata, in abbandono, si trova a

mento, quasi una dolina, morfologia ge-nerata verosimilmente dalla roccia cal-carea permeabile; sul lato sinistro dellostesso avvallamento, s'innalza una cortacresta erbosa percorsa da un sentierinoche, in breve, adduce al vero e propriopunto culminante, sul quale è collocatadal 1987 una croce metallica.

Claudio [email protected]

Una giornata, una vetta…

MONTE VECCHIO (m 1920)Val Vermenagna

Il monte Vecchio visto dal passo dell’Arpiola

Monte Vecchio: particolare della croce di vetta

Segnaletica al passo dell’Arpiola


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