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ALTA UOTA · 2020. 12. 16. · te, anche una banale attività giornalistica si presti a farsi...

Date post: 01-Jan-2021
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Di notte tutto appare diverso. Ma non è solo questo. A volte la notte sembra proprio un altro mondo: un pianeta a parte. Della notte amo il silenzio insperato: un silenzio che, quando viene, nel caotico mondo che viviamo, pare surreale. Il silenzio che rende tutto più unico, prezioso, e le ombre che nascondono trasigurano la realtà ordinaria. E la notte è in verità come una landa straniera, popolata di una varia e composita umanità: anche i volti conosciuti, di notte, hanno un che di diverso. C’è una canzone popolarissima che ha ormai vent’anni, Gente della notte, di Lorenzo Jovanotti. Mi colpisce in particolare una strofa: «La gente della notte fa lavori stra- ni, certi nascono oggi e iniscono domani, baristi, spac- ciatori, puttane e giornalai, poliziotti, travestiti, gente in cerca di guai, padroni di locali, spogliarelliste, camionisti, metronotte, ladri e giornalisti, fornai e pasticceri, fotomo- delle…» La gente della notte, appunto. Sì, perché la notte è fatta di mille viandanti e viaggiatori, di chi l’attraversa di corsa in macchina per giungere chissà dove, di chi al bancone di un bar beve l’ultimo bicchiere. Dei giovani da discoteca e di chi tira mattina seduto su di una panchina, a raccontar- sela con un amico. Di chi non prende sonno e di chi porta fuori il cane; di chi non dorme più, gravato dagli anni o dai pensieri. Viaggiatori della notte, soltanto. Ma la notte è ancor più la casa di chi al buio lavora e fatica, di chi veglia per mestiere. Di chi impasta il pane sbadigliando come di chi attende una chiamata in una caserma. C’è chi tutta la notte presidia un pronto soccorso e chi balla in un night; chi lava le strade e svuota i cassonetti, maledicendo la quotidiana e ingrata fatica. Chi serve da bere ino alle cinque e chi, a notte ancora fonda, sale in barca e punta verso il mare aperto, a gettare le reti. Questo numero vuole essere un racconto delle loro espe- rienze: immagini di vite inusuali, prospettive di cui a vol- te dimentichiamo persino l’esistenza. Un insieme sparso ed eterogeneo di testimonianze, legate da un unico ilo: mentre la maggior parte di noi dorme, c’è chi lavora. Quando in redazione stavamo parlando di questo numero, mi era venuta in mente una cosa che forse non c’entrava: un ilm horror spagnolo di cui ho già avuto occasione di parlare sul blog Buona la prima, sul sito di Alta Quota. In questo ilm, una troupe di giornalisti segue la vita nottur- na di una caserma di pompieri di Barcellona, per fare un reportage dal titolo “mentre voi dormite”. Un po’ come noi. Poi, ovviamente, mentre riprendono un gruppo di pompieri in azione in una sinistra palazzina, il pretesto narrativo sparisce sullo sfondo per lasciare spazio all’or- rore e al vero scopo del ilm. Che, fra parentesi, è una perla nel suo genere (il titolo è Rec). Mentre parlavamo dell’impostazione dell’argomento, ci pensavo, e sorride- vo. Mi dicevo: speriamo che a noi vada meglio, di non fare la ine macabra di quella troupe! Ovvio che era uno scherzo. Ma in fondo non è poi così strano che, di not- te, anche una banale attività giornalistica si presti a farsi trasigurare nell’orrore. In fondo, la notte è sempre stata l’ambiente prediletto dell’occulto, del magico, del terrii- cante, del mistero in genere. O, anche, la terra dell’ecces- so, della perdizione, dell’ubriachezza. Ebbene, questo nu- mero è qui anche per dimostrare che la notte è ben altro. La notte è anche il campo di storie comuni e semplici, di fatiche quotidiane; di chi ha scelto un lavoro per passione come di chi vi è stato costretto; di chi il lavoro lo perde o di chi stenta per la crisi. Storie di tutti i giorni. Anzi, di tutte le notti. MARCO SIMEON ALTA UOTA Anno 6 Numero 31 Maggio-Giugno 2010 Periodico bimestrale gratuito - Tiratura 1.000 copie - Registrazione Tribunale di Udine n. 15 del 15 marzo 2005 Centro Giovanile di Cultura e Ricreazione “Ricreatorio San Michele” via Mercato, 1 - 33052 Cervignano del Friuli (UD) www.ricre.org Il Ricreatorio San Michele è iscritto nel Registro Regionale delle Associazioni di Promozione Sociale al n. 121 www. fvgsolidale.regione.fvg.it Segreteria telefonica e fax: 0431 35233 Sito internet: www.ricre.org Direttore responsabile: Andrea Doncovio Redattori: Simone Bearzot, Norman Rusin, Giuseppe Ancona, Lorenzo Maricchio, don Moris Tonso, Sandro Campisi, Silvia Lunardo, Vanni Veronesi, Sofia Balducci, Christian Franetovich, Marco Simeon, Alessandro Morlacco, Manuela Fraioli, Giulia Bonifacio, Salvo Barbera. Responsabile marketing: Alex Zanetti. Responsabile web: Riccardo Rigonat Stampa: Graphic 2 - Cervignano ABC BASKET p. 6 COMUNIONI p. 6 UOMINI COME NOI p. 9 STEFANO ZANCAN p. 9 RADIOPRESENZA p.10 CASA D’ACCOGLIENZA p. 10 QUELLI DELLA NOTTE AL LAVORO MENTRE GLI ALTRI DORMONO QUELLI DELLA NOTTE
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Di notte tutto appare diverso. Ma non è solo questo. A

volte la notte sembra proprio un altro mondo: un pianeta

a parte. Della notte amo il silenzio insperato: un silenzio

che, quando viene, nel caotico mondo che viviamo, pare

surreale. Il silenzio che rende tutto più unico, prezioso, e

le ombre che nascondono trasigurano la realtà ordinaria. E la notte è in verità come una landa straniera, popolata di una varia e composita umanità: anche i volti conosciuti, di notte, hanno un che di diverso.

C’è una canzone popolarissima che ha ormai vent’anni,

Gente della notte, di Lorenzo Jovanotti. Mi colpisce in

particolare una strofa: «La gente della notte fa lavori stra-

ni, certi nascono oggi e iniscono domani, baristi, spac-

ciatori, puttane e giornalai, poliziotti, travestiti, gente in cerca di guai, padroni di locali, spogliarelliste, camionisti, metronotte, ladri e giornalisti, fornai e pasticceri, fotomo-

delle…»

La gente della notte, appunto. Sì, perché la notte è fatta di mille viandanti e viaggiatori, di chi l’attraversa di corsa in macchina per giungere chissà dove, di chi al bancone di un bar beve l’ultimo bicchiere. Dei giovani da discoteca e di chi tira mattina seduto su di una panchina, a raccontar-

sela con un amico. Di chi non prende sonno e di chi porta

fuori il cane; di chi non dorme più, gravato dagli anni o dai pensieri. Viaggiatori della notte, soltanto. Ma la notte è ancor più la casa di chi al buio lavora e fatica, di chi

veglia per mestiere. Di chi impasta il pane sbadigliando come di chi attende una chiamata in una caserma. C’è chi

tutta la notte presidia un pronto soccorso e chi balla in un

night; chi lava le strade e svuota i cassonetti, maledicendo la quotidiana e ingrata fatica. Chi serve da bere ino alle cinque e chi, a notte ancora fonda, sale in barca e punta

verso il mare aperto, a gettare le reti.

Questo numero vuole essere un racconto delle loro espe-

rienze: immagini di vite inusuali, prospettive di cui a vol-te dimentichiamo persino l’esistenza. Un insieme sparso

ed eterogeneo di testimonianze, legate da un unico ilo: mentre la maggior parte di noi dorme, c’è chi lavora.Quando in redazione stavamo parlando di questo numero,

mi era venuta in mente una cosa che forse non c’entrava:

un ilm horror spagnolo di cui ho già avuto occasione di parlare sul blog Buona la prima, sul sito di Alta Quota. In

questo ilm, una troupe di giornalisti segue la vita nottur-na di una caserma di pompieri di Barcellona, per fare un

reportage dal titolo “mentre voi dormite”. Un po’ come noi. Poi, ovviamente, mentre riprendono un gruppo di pompieri in azione in una sinistra palazzina, il pretesto

narrativo sparisce sullo sfondo per lasciare spazio all’or-

rore e al vero scopo del ilm. Che, fra parentesi, è una perla nel suo genere (il titolo è Rec). Mentre parlavamo

dell’impostazione dell’argomento, ci pensavo, e sorride-

vo. Mi dicevo: speriamo che a noi vada meglio, di non fare la ine macabra di quella troupe! Ovvio che era uno scherzo. Ma in fondo non è poi così strano che, di not-te, anche una banale attività giornalistica si presti a farsi trasigurare nell’orrore. In fondo, la notte è sempre stata l’ambiente prediletto dell’occulto, del magico, del terrii-

cante, del mistero in genere. O, anche, la terra dell’ecces-

so, della perdizione, dell’ubriachezza. Ebbene, questo nu-

mero è qui anche per dimostrare che la notte è ben altro.

La notte è anche il campo di storie comuni e semplici, di

fatiche quotidiane; di chi ha scelto un lavoro per passione

come di chi vi è stato costretto; di chi il lavoro lo perde

o di chi stenta per la crisi. Storie di tutti i giorni. Anzi, di tutte le notti.

MARCO SIMEON

ALTA UOTAAnno 6 Numero 31 Maggio-Giugno 2010

Periodico bimestrale gratuito - Tiratura 1.000 copie - Registrazione Tribunale di Udine n. 15 del 15 marzo 2005

Centro Giovanile di Cultura e Ricreazione “Ricreatorio San Michele” via Mercato, 1 - 33052 Cervignano del Friuli (UD) www.ricre.org

Il Ricreatorio San Michele è iscritto nel Registro

Regionale delle Associazioni di Promozione Sociale al n. 121www. fvgsolidale.regione.fvg.it

Segreteria telefonica e fax: 0431 35233 Sito internet: www.ricre.orgDirettore responsabile: Andrea Doncovio Redattori: Simone Bearzot, Norman Rusin, Giuseppe Ancona, Lorenzo Maricchio, don Moris Tonso, Sandro Campisi, Silvia Lunardo, Vanni Veronesi, Sofia Balducci, Christian Franetovich, Marco Simeon, Alessandro Morlacco, Manuela Fraioli, Giulia Bonifacio, Salvo Barbera. Responsabile marketing: Alex Zanetti. Responsabile web: Riccardo Rigonat Stampa: Graphic 2 - Cervignano

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QUELLI DELLA NOTTEAL LAVORO MENTRE GLI ALTRI DORMONO

QUELLID E L L ANOTTE

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SARA, MEDICO DI PRONTO SOCCORSONotti insonni tra responsabilità

e crescita professionale

«La notte è il momento migliore per farsi le ossa come

medico». Ha le idee chiare SARA BIGNULIN, 27 anni.

Originaria di Aiello, Sara frequenta il secondo anno del-

la scuola di specializzazione in Medicina Interna a Udi-

ne, dove attualmente risiede. «Ma l’approccio rilessivo dell’internista non fa per me» precisa subito la nostra

giovane dottoressa, «nel mio futuro c’è sicuramente la

medicina d’urgenza. Per questo da circa un anno e mez-

zo presto servizio sulle ambulanze della Croce Verde di

Cervignano».

- In cosa consiste il tuo lavoro?

«Come specializzanda, svolgo regolarmente dei turni di guardia notturna nel mio reparto. Anche di notte, quello dell’ospedale è un ambiente protetto: se sono in dificol-tà con un paziente, so di poter contare sull’aiuto di altri professionisti più esperti. Discorso analogo per le guardie mediche sul territorio: c’è sempre l’appiglio del 118, atti-vo 24 ore su 24. In Croce Verde è molto diverso: non c’è

nessuno ad aiutarti, lì il 118 sei tu! La nostra struttura ha infatti la gestione delle ambulanze di buona parte della Bassa Friulana. Oltre alla salute dei pazienti, sull’ambu-

lanza il medico ha il dovere di salvaguardare l’incolumità delle persone con cui lavora».

- Cosa si prova a stare in pronto soccorso di notte? Raccon-

tami la tua esperienza.

«Le notti d’estate sono certamente il momento più criti-

co: è in quella circostanza che capitano gli incidenti più drammatici, perché la gente tende ad uscire - e purtroppo anche a bere - molto di più. L’inverno è relativamente

più tranquillo, ma l’aspetto più caratteristico di questo la-

voro è proprio l’imprevedibilità: può capitarti di correre tutta la notte da un soccorso all’altro, oppure di dormire

tranquillamente ino al mattino. È certamente un’attività che gratiica: come medico s’impara molto e ci si abitua a prendere decisioni in autonomia. Con gli altri volon-

tari, specie se si trascorre la notte assieme, si forma una

vera squadra, con un rapporto di condivisione e amicizia:

capita anche di divertirsi e di scherzare, o di terminare il

turno facendo colazione insieme. A dire la verità, è molto dificile cambiare un gruppo ben consolidato».

LA NOTTE DI CHI LA

ANDREA ZANIN, per gli amici Zanna, classe 1977, cervignanese, turnista presso il gruppo industriale Marcegaglia

nella sede di San Giorgio di Nogaro, ci racconta la sua esperienza dopo 12 anni di lavoro a turni.

-Quando hai cominciato questo lavoro e che orari segui?

«Dal 1998 ho cominciato a lavorare a turni, precisamente con una turnistica continuativa (4 pomeriggi - 1 giorno di riposo, 4 mattine - 1 giorno di riposo, 4 notti - 2 giorni di riposo). Prima ho lavorato quattro anni come magazzi-niere in una fabbrica con orari giornalieri classici, poi ho cercato un lavoro a turno perché non ce la facevo più a sostenere il ritmo tipico del lavoro a giornata».-Che ritmi subisce la tua vita?

«Fisicamente e psicologicamente devi essere portato a svolgere un lavoro con questa tempistica: non devi consi-derare il venerdì sera o il sabato sera, ma devi abituarti ad uscire durante la settimana come fosse appunto il classico

sabato sera. All’inizio può essere strano, ma per quel che mi riguarda mi sono trovato subito a mio agio con questo ritmo di vita. Nell’arco di una settimana riesci a gestire meglio tutte le faccende da sbrigare: la visita medica, la spesa al supermercato, le commissioni in banca o in altri

ufici ecc…»-Questo mestiere quanto influisce sulle tue ore di sonno?

«Non inluisce negativamente perché ho la fortuna di ri-uscire a dormire quel numero di ore suficienti per ripo-

sare e poter riprendere la giornata o la notte. Ad esempio, quando mi sveglio alle due di pomeriggio, faccio tran-

quillamente la mia colazione, alla sera faccio il “mio” pranzo e la notte mangio qualcosa durante il turno, quindi mi creo il mio ritmo biologico cambiando solamente gli orari in base al lavoro».

-Che effetto fa recarsi al lavoro ad orari non tradizionali?

«Arrivo al lavoro in relax con i miei colleghi del turno e magari si riesce ad ottenere di più dal punto di vista della produzione; lavorando senza la pressione della direzione,

c’è un clima più disteso. Inoltre non sono sottoposto al

trafico stradale, allo stress delle code di auto e magari al ritardo che può insorgere, quindi vado al lavoro sereno senza fastidi di sorta».

-Nella nostra società spesso un turnista viene identificato

come un lavoratore sottoposto ad un ritmo pesante, non fa-

cilmente sostenibile…

«La maggior parte della gente nei miei confronti ha un atteggiamento quasi di pena: tanti credono che io sia in dificoltà o che faccia questo mestiere controvoglia, inve-

ce il più delle volte sono io che noto sofferenza in quelli

che svolgono un lavoro quotidiano di otto ore». -Dal punto di vista economico si guadagna di più?

«Sì, questo lavoro mi consente di guadagnare parecchio di più di molti lavori a giornata tradizionali, per cui posso permettermi qualche spesa in più senza fare fatica ad ar-

rivare a ine mese». -Come concili questi orari con la famiglia?

«I miei genitori sono entrambi in pensione, quindi cerco di conciliare i miei orari con i loro; convivendo con la

mia ragazza (anche lei turnista) riusciamo ad avere sem-

pre mezza giornata libera insieme, di conseguenza riu-

sciamo a gestire perfettamente i tempi liberi nell’arco di una settimana. Ovviamente per chi ha igli il discorso si complica. Ci sono i pro e i contro: se lavori a turno, cerchi

di incastrare gli orari in modo da aver sempre il nonno che può portare tuo iglio a scuola, a calcio, a danza o qualsiasi attività extra-scolastica. Inoltre bisogna entrare nell’ordine di idee che con questo tipo di lavoro le feste

comandate sono dificilmente conciliabili».-Un tuo giudizio sul lavoro a turno.

«Complessivamente posso dire che non è facile com-

prendere totalmente questo ʻstile di vitaʼ ino a quando non ci sei dentro. Personalmente mi sono trovato bene

in dall’inizio, adeguandomi rapidamente alla tempisti-ca di lavoro, ma soprattutto al ritmo di vita che sono

riuscito a far mio. E questo penso che sia la cosa più

importante».

SANDRO CAMPISI

«LA NOTTE? MOLTO MEGLIO…»Quattro chiacchiere con un operaio turnista

- Quanto influisce questa tua attività sui tuoi ritmi di vita e su

chi ti sta attorno?

«Uno dei miei problemi principali è che non riesco a dor-

mire di giorno, neanche dopo una notte completamente insonne. Immagina, poi, se la mattina dopo un turno sono impegnata in reparto… la stanchezza mi rende nervosa e irritabile, e per chi mi sta attorno non è certo il massi-

mo! Spesso è dificile far comprendere a chi non fa il mio stesso lavoro il motivo per cui non sempre posso avere

orari precisi, o perché talvolta ho così poco tempo libero. Mi sento in qualche modo diversa, in confronto agli altri, anche se per me ciò che faccio è la normalità».- Cambieresti il tuo lavoro con uno meno impegnativo?

«Sicuramente no, anche perché non ho mai pensato di fare qualcosa che non fosse il medico: nella nostra professione

ci sono talmente tante possibilità di aiutare le persone che ogni sforzo è ripagato dalla soddisfazione di essere stati concretamente utili!».

ALESSANDRO MORLACCO

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LA NOTTE DI CHI LAVORA«Percorro tutto il Triveneto, più alcune tratte in Austria e Slovenia»: MASSIMO FAB-BRI, detto ʻpulceʼ nel settore, è un camionista che ormai da vent’anni viaggia sulle strade del Nord-Est. Tanta esperienza in un mondo che ha subito molti cambiamenti: di cose da dire ne ha davvero molte.

- Quali sono i tuoi turni?«Nella stragrande maggioranza dei casi mi alzo alle 3 di mattina per tornare a casa verso le 8 di sera: facendo partire il disco orario alle 5, sono 13 ore di lavoro. Fino a pochi anni fa erano 15: in quel modo si riusciva a lavorare con più serenità e calma, perché, di fatto, sono proprio 15 le ore che, disco o non disco, inisci per trascorrere sulla strada. Con questo limite issato sulle 13 ore, invece, corri con la preoccupazione e la paura: se le superi e vieni fermato dalla polizia, per te è praticamente inita, e anche per l’azienda, che da quel momento in poi viene sottoposta a controlli severissimi. Tieni conto che

molte ore si perdono solo per il carico e lo scarico delle merci: quelle, purtroppo, non

vengono conteggiate». - Ma quante sono le tue ore di sonno?«Il primo sonno è dopo le 8 di sera sul divano, quello vero dopo le 9 e mezza - 10. Sono cinque ore in tutto».

- Cosa significa guidare tutto il giorno con 5 ore di sonno in corpo?«È la condizione ideale. Guidare di notte signiica non avere trafico, la circolazione è rilassante: ino alle 7 di mattina sono momenti di autentico relax. Non è faticoso alzarsi dal letto: il vero problema è viaggiare di giorno sulle nostre pessime strade…»- Ecco, proprio qui volevo arrivare…«La situazione è disastrosa. I divieti di passaggio dei camion ci costringono a fare dei giri enormi, con perdite di tempo che vanno comunque a sommarsi a quel famoso limite di 13 ore. I caselli sono fatti male, per non parlare delle entrate e delle uscite in autostra-

da, nonché delle autostrade stesse: la Slovenia ci ha superato, e di molto!»- A quegli ambientalisti che si oppongono sempre e comunque a qualsiasi nuova autostrada, raccordo o raddoppio di corsia, cosa vorresti dire?«Provino a mettersi alla guida prima di parlare».- Mi trovi d’accordo. Ma perché allora, quando avvengono incidenti, si punta sempre l’indice contro i camionisti?«Io viaggio da vent’anni sulle strade e ne ho viste tante: con l’apertura delle frontiere stabilita dall’Unione Europea il trafico è aumentato a dismisura, con una vera e propria invasione di camionisti dall’Est europeo, moltissimi dei quali viaggiano con orari di gran lunga superiori ai nostri, senza regole di nessun tipo. E se pure vengono controllati e subiscono il ritiro della patente, li ritrovi tre giorni dopo con altri camion e patenti fal-siicate… Poi è chiaro che si veriicano gli incidenti! Ma non si può dare sempre la colpa a noi: vogliamo parlare degli automobilisti che ti sorpassano sulla destra? O di quelli che

«TUTTI CI CRITICANO, MA SENZA DI NOI SI FERMA L’ITALIA»La notte e il mondo dei camionisti

«MI SVEGLIO ALLE 3, RISPETTO AD ALTRI SONO FORTUNATA»A tu per tu con un’impiegata al mercato ortofrutticolo di Udine

non ti danno la precedenza solo perché viaggi su un camion? O di quelli che ti si piantano davanti a 40 km orari? Non parliamo dei limiti di velocità: 50 km all’ora su tratte dove potrebbe-

ro essere molti di più, con inevitabili

code e rallentamenti! E il divieto di sorpasso per i camionisti? Lo capisco sulle strade normali, ma in autostra-

da è assurdo. Prova tu a stare per ore

dietro a un tir che viaggia a passo di lumaca, con i suoi scarichi in faccia:

oltre al nervosismo che sale, inizi a

perdere la concentrazione, ti distrai,

non sei reattivo…. e in un attimo ti

ritrovi, senza accorgerti, ben oltre la distanza di sicurezza. Questa è la vera causa della maggior

parte degli incidenti! Pensa alla A4: non puoi sorpassare nessuno, ma allora come la met-tiamo con il famoso limite delle 13 ore di viaggio? Rispettarlo diventa un’impresa. Tutti ci criticano, ma senza di noi si ferma l’Italia».

- Un mondo, quindi, dove i disagi non mancano.«Vero. Poi ci sono gli aumenti del prezzo del gasolio, gli studi di settore, le tasse sempre più alte… Siamo gli unici lavoratori che, se fanno gli straordinari, non solo non vengono pagati, ma addirittura sono multati! Con l’invasione dei camionisti dell’Est, inoltre, il lavoro è diminuito drasticamente e così sono scesi anche i guadagni: nella mia azienda c’è stato più di un licenziamento, solo da poco alcuni (ma non tutti) sono rientrati. Un tempo era un mestiere redditizio, oggi non più».- Immagino, dunque, che fra voi si crei una certa complicità.«È così. Tra noi c’è un buon senso della solidarietà: ti rendi conto che è brutto rubare il lavoro fra poveri, quindi si cerca di aiutarsi reciprocamente».

- Come si può pianificare la propria vita con un lavoro del genere?«È durissima: riesci a farlo solo di domenica. Non puoi prenderti impegni».- Com’è la notte vista dietro al vetro di un camion?«Bellissima. È un momento quasi romantico. C’è silenzio, pace, e hai il vantaggio di vedere ogni giorno il sole che sorge. È un mestiere che non sceglierei una seconda volta, proprio a causa dei disagi continui, però è innegabilmente bello: hai tanti padroni, ma alla ine è come se non ne avessi nessuno, quindi ti garantisce un senso di libertà che altrove è impossibile percepire».

VANNI VERONESI

Il mercato ortofrutticolo è un ambiente in cui gli addetti ai lavori quasi non conoscono il signiicato di dormire le clas-siche otto ore notturne: alle due del mattino si è già opera-tivi sul posto di lavoro, svegli e pimpanti. Ho voluto allora raccontare la storia di SILVIA CERNEPPIG, originaria di Premariacco, impiegata trenta-trèenne presso il posteggio dei fratelli Cervellin del mercato ortofrutticolo di Udine.

- A che ora incomincia la tua giornata lavorativa?«Solitamente mi sveglio alle tre circa, in maniera tale da essere poi puntuale al lavoro. Diciamo che io ho la fortuna, rispetto ad altri miei colleghi, di dormire qualche ora in più la notte: loro devono essere già alle due sul posto di lavoro».- Quali sono dunque i tuoi orari lavorativi? «Dalle quattro ino alle dodici approssimativamente… Poi si sa, può capitare che tra una cosa e l’altra io non riesca a portare a termine il lavoro, quindi posso anche inire un’ora dopo».

- In che cosa consiste il tuo lavoro?«Cercherò di spiegarlo in maniera più semplice possibile, così che si possa capire facil-mente. La mia postazione è vicino a una pedana che funge da bilancia. Il mio compito è

quello di segnare il peso netto della merce e riportarlo nel mio computer portatile. Dopo di che invio alle mie colleghe in uficio una prestampa con i relativi pesi delle merci acquistate, in maniera tale che il mio datore di lavoro possa mettervi i prezzi così da consentire la stampa della fattura. Spero di essermi spiegata…»- Lavorare di notte quanto altera i tuoi equilibri?«Dipende dal periodo… D’inverno tantissimo, in quanto il lavoro è più massacrante

visto il freddo che c’è di mattina presto. Ti sembra di avere un sacco di tempo una volta

inita la giornata lavorativa, ma tra il pranzo e un doveroso riposino pomeridiano… l’o-

rologio segna le sei del pomeriggio, quindi si può dire che la giornata è inita. D’estate è diverso però. Le giornate sono più lunghe: se anche dormi tanto il pomeriggio, hai ancora tempo da dedicare a te stesso… per esempio a me piace giocare a squash, cosa che d’inverno non ho la forza di fare».

- Sei in un ambiente in cui i tuoi colleghi sono per lo più uomini: come ti trovi a lavorare insieme a loro?«Benissimo! Con le donne ci litigo e basta. Poi, insomma, con voi uomini è tutto più facile, basta chiedere una cosa gentilmente, fare un po’ gli occhi dolci… e il gioco è fatto! A parte gli scherzi, comunque è un ambiente lavorativo in cui bisogna avere molto polso. In teoria il rispetto deve essere sempre dovuto a una persona, ma nella realtà non è così. Tutti in quell’ambiente devono lottare per ottenere considerazione».- Mentre gli altri dormono tu lavori: ti pesa? Pensi mai a percorrere strade diverse?«Ogni tanto ci penso… avere un lavoro diciamo più normale, con i classici orari lavo-

rativi. Tuttavia è semplicemente un pensiero, nulla di che. Sto bene così, in quanto è un lavoro che dura solo metà giornata; anche se talvolta è molto pesante, il fatto di avere tutto il pomeriggio per me mi dà stimoli in più. Un giorno se Dio vorrà avrò anch’io dei igli, e in questo modo potrò dedicare loro più tempo, in quanto non sarei troppo vincolata dal lavoro».

SALVO BARBERA

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Se dicessi che ho intervistato GIUSEPPE BIAN-CANIELLO, probabilmente pochi conoscerebbero la sua identità. Ma se dico che sono stato al Pino bar per parlare con il proprietario, tutti saprebbe-ro dirmi dove sono stato e chi ho incontrato. È un signore di 51 anni dalla simpatia istantanea: viene subito voglia di dargli del tu. Vive a Cervignano con la moglie ed uno dei tre igli, di recente è di-ventato nonno. Da ventiquattro anni è proprietario e gestore del Pino bar di via Aquileia.

- Come mai l’idea di un bar per la notte?«Per tredici anni ho lavorato in un ristorante come

dipendente ed il sogno era quello di averne uno tutto mio, ma sarebbe stato troppo impegnativo dal punto di vista organizzativo ed anche economico: avrei voluto un locale dove sarebbe stato possibi-

le mangiare 24 ore su 24. Così ho pensato ad una cosa un po’ originale. Apro alle 3.00 del mattino ed abbasso la saracinesca alle ore 23.00, dal lunedì al sabato; il mio non è un vero ristorante, ma si

può magiare un primo, un secondo o più semplice-

mente panini, pizzette a qualunque ora. Non sono

grandi numeri, ma è un servizio apprezzato che mi permette anche di alimentare una mia passione».

- La tua giornata comincia presto: mi racconti cosa succede a quelle ore, magari qualcosa di particolare?«Io mi alzo alle 2 e mezza, mi piace preparare le cose

per bene ed essere pronto per ogni evenienza. Una volta ad esempio si è fermata una corriera di stranie-

ri nel cuore della notte: è stata una mattinata molto

impegnativa. Poi succede un po’ di tutto, anche se in realtà sono cose che accadono pure in pieno giorno, come il doversi confrontare con una persona ubriaca

o con un tossicodipendente. In altri casi divento un

riferimento per il solo fatto di essere l’unico eserci-

zio aperto a quell’ora: mi succede abbastanza spesso

di dare aiuto a qualcuno che sta poco bene, chiamare

il pronto soccorso, dare informazioni o indicazioni

ad automobilisti di passaggio».- Ma qual è il popolo della notte che frequenta il tuo locale?«S’incontrano diverse umanità. Ci sono coloro che rientrano dalla serata dopo aver fatto tardi. Sono soprattutto giovani, sono stati a divertirsi ed hanno bisogno di continuare un po’. Poi ci sono i lavora-

tori, quelli che lavorano a turno o coloro che parto-

no presto perché magari devono fare molta strada. In questo caso si fanno le colazioni, ma spesso an-

che i panini da portare via per il pasto. In un certo

senso aprire molto presto al mattino ritengo possa essere considerato un servizio; certo, ho il mio tor-

naconto, mi sono ricavato una piccola nicchia che

mi dà una certa soddisfazione, ma a prezzo di tanti sacriici».- Quanto il lavoro condiziona la tua vita? Quando dor-mi e a quali cose hai dovuto rinunciare?«Al sonno per esempio! Io dormo principalmente il pomeriggio, ma devo necessariamente suddividere il riposo in più periodi nel corso della giornata, che quindi risulta fortemente condizionata dal mio lavo-

ro. Mi manca molto la ʻlibertàʼ, la possibilità cioè di dedicare tempo alla famiglia, agli affetti. Certo ho un giorno libero alla settimana, chiudo due setti-mane l’anno per ferie, ma ho dedicato molto al mio

lavoro, che è anche la mia passione. Poi c’è l’impre-

visto: recentemente, ad esempio, ho avuto un picco-

lo infortunio che mi ha immobilizzato una mano per

oltre un mese. Bisogna arrangiarsi, stringere i denti e andare avanti comunque. Per quello che faccio ci

vuole una grande dose di passione: nessuno potreb-

be sostituirmi a lungo».GIUSEPPE ANCONA

PIERGIORGIO BONIFACIO, 48 anni, marito e padre rispettivamente da 25 e 17 anni. Il mestiere di pianista di pianobar è una passione che lo accompagna da ventinove anni, alternata con il lavoro nel negozio di strumenti musicali di Cervignano.

- Solitamente quali orari copre il tuo lavoro “extra”?«Adesso non ci sono più bar in zona che permettano di suonare tutta la

settimana, come invece succedeva quindici o vent’anni fa: per questo

suono solamente i ine settimana, venerdì e sabato sera. Alcune volte mi è capitato di suonare la domenica o il martedì. Le ore di lavoro di solito dipendono dai locali in cui suono: normalmente, dalle dieci di sera alle

due o tre del mattino. Quando ho tempo, durante il giorno, studio pezzi nuovi o perfeziono quelli vecchi per poterli riproporre la sera».

- Quante ore sei solito dormire?«Solitamente, quando sono impegnato in qualche serata, dormo cin-

que o sei ore, dovendo alzarmi alle otto per andare a lavorare in ne-

gozio. Tempo fa suonavo ino alle quattro del mattino, quindi le ore di sonno diminuivano».- Che ritmi subisce la tua vita?«Adesso che suono solo i ine settimana, non è un problema tornare tardi due sere: è ininluente sul ritmo che acquista la vita, tanto quanto lo sarebbe per una persona che il sabato sera esce per divertirsi».

- Che volto acquista la notte quando sei al lavoro? «È un po’ più eccitante di quello che ci si presenta durante il giorno, anche perché si esce dalla normale routine. Comunque, lavorando in ambienti in cui la gente normalmente si rilassa e si diverte, c’è un altro spirito e quindi anche la fatica della serata viene affrontata con più entusiasmo».

- Com’è cambiato il modo di fare della gente da quando hai iniziato la tua carriera da pianista?«Non è cambiato molto, anche perché la qualità dei locali nei quali lavoro contribuisce a selezionare la clientela a monte».- Con tutto questo lavoro, riesci a trovare del tempo per la famiglia?«Certo! Il lavoro serale non toglie molto spazio alla mia vita familiare. Dopo tutto, cinque sere su sette sono a casa con mia moglie e mia iglia. L’unica nota dolente di questo lavoro è il non essere presente durante le feste Natalizie o di Capodanno, essendo questi i periodi in cui viene più richiesto il servizio del musicista».

GIULIA BONIFACIO

A SERVIZIO DELLA NOTTE«Pino bar», storico locale aperto a notte fonda

NOTE DI NOTTE«Sono un pianista di piano bar…» (come cantava De Gregori)

LA NOTTE DI CHI LAVORA

Che buono il profumo del pane appena fatto. A tutti sarà capi-tato di uscire presto la mattina (o di tornare presto) e di senti-re quell’odore inconfondibile. Che poi, intorno a un paniicio, non va mai via. È come una magica aura che lo circonda. Quante volte mi è capitato di sentirlo, nel vicolo che collega piazza Indipendenza a via XXIV maggio! È il profumo che sempre emana dal laboratorio del Paniico Iob, la storica of-icina cervignanese del pane. Di pomeriggio tengono chiuso, ma per me hanno fatto un’eccezione: Gabriele Iob mi riceve nel negozio, insieme a sua moglie Antonella, per poi portarmi alla scoperta del laboratorio, dove tutto prende forma.

- Gabriele, parlami della storia di questo esercizio.«Di quelli ancora in attività, questo è il paniicio più antico di Cervignano: risale agli anni ’50. Mio padre ci lavorava pri-ma come dipendente del sig. Fattor, il precedente proprieta-

rio, poi nel 1984 l’abbiamo rilevato, io e i miei genitori: ino al 1987 l’abbiamo avuto in afitto, poi l’abbiamo acquistato. Nello stesso anno, esattamente il 25 aprile, abbiamo inaugu-

rato anche la pasticceria di via Roma».- Questo mestiere è ormai una tradizione di famiglia!«Sì, si potrebbe dire così. Io ho iniziato a lavorare qui insieme ai miei subito dopo aver inito le scuole superiori, a diciotto anni. Non ho mai lavorato al di fuori del paniicio».- Raccontami una giornata �tipo� del panettiere.«Qui il lavoro inizia molto presto. Ovviamente noi abbiamo dei collaboratori, che sono qui a infornare il pane già in piena notte. Il primo pane si sforna verso le quattro, poi si va avanti

in le sette. E, quando è ancora buio, io inizio il mio giro con il furgone, per rifornire i supermercati della zona. Copriamo una zona piuttosto vasta, da Fiumicello ino a Mortegliano».- Quindi qui si inizia a lavorare già dalle due - tre?«Esatto. Per fortuna abbiamo sempre avuto dei collaboratori,

e questo mi permette di alzarmi un po’ dopo, ma non tanto».

- Anche la domenica?«No, la domenica c’è riposo per tutti, e non abbiamo nessuna

intenzione di cambiare abitudine. Anche per rispetto del per-

sonale che lavora con noi: è giusto poter dedicare almeno un giorno alla famiglia e al riposo».- Questo lavoro come ha inciso sui tuoi ritmi di vita, sui tuoi rap-porti sociali?«Sui rapporti sociali non credo abbia inciso, ho tanti amici che fanno lavori diversi e non ho mai avuto problemi. Idem

per quanto riguarda la famiglia, dato che mia moglie lavora assieme a me. Si tratta, alla ine, di andare a dormire molto

presto la sera, con qualche problema di più in estate, quando

le giornate sono più lunghe». - Secondo la tua esperienza, pregi e difetti di questo mestiere.«Sicuramente l’orario di lavoro non è piacevole. Di bello c’è invece il contatto con la gente, il piacere di incontrare qual-cuno per strada che si complimenta per il tuo pane o per qual-

cos’altro che hai prodotto. Senza dubbio ripaga della fatica».- Come è cambiato questo mestiere negli anni, con la tecnologia?«Senza dubbio è cambiato molto: non c’è più la igura del panettiere di una volta, che si alzava prestissimo o iniziava a

impastare già la sera prima. Adesso con la tecnologia si riesce ad ottenere un buon prodotto senza fare la fatica di un tempo.

Vieni, ti faccio vedere».

Seguo Gabriele nel retrobottega: il laboratorio è dietro una porta a destra, a lato del banco del negozio.«Vedi, qui abbiamo due grandi impastatrici, che impastano ino a 100 kg di farina alla volta: qui ce n’è un’altra più picco-

la, da 30 kg. Questo macchinario trasforma la pasta in panini, poi il tutto è posto nei carrelli e messo in cella di levitazione,

per inire poi nei forni. Tutto questo cinquanta anni fa non c’era, si faceva tutto a mano…»

E mentre Gabriele mi illustra i moderni ausili di un mestiere antico come il mondo, mi vengono in mente delle parole di Pablo Neruda, pronunciate nel ’71 alla consegna del Nobel: «Ho spesso dichiarato che il miglior poeta è l’uomo che ci offre il pane di tutti i giorni: il panettiere più vicino, che non si crede Dio. Egli compie il suo maestoso e umile lavoro di impastare, mettere in forno, dorare e consegnare il pane quo-tidiano, con un dovere comunitario…»

MARCO SIMEON

IL PANE E CHI LO FAAlla scoperta dello storico panificio Iob

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ltura

tQUATTRO ANNI DI VIAGGI

UN RIEPILOGO… E I DOVUTI RINGRAZIAMENTI!Diciannove puntate del Viaggio a Cervignano, in un bi-

mestrale come il nostro, coprono un arco di tempo di cir-

ca quattro anni. Permettetemi di riassumere le tappe di

questa lunga serie, iniziata dal numero 11 di Alta Quota:

1) Le chiese storiche: San Michele, San Girolamo, la Cappella Bresciani con il suo crociisso e la chiesa di San Martino di Terzo. (Alta Quota 11)

2) I Castelli di Strassoldo (Alta Quota 12)3) Borgo Fornasir e i Manoles (Alta Quota 13)4) Villa Attems - Bresciani (Alta Quota 14)5) Fra natura e storia: viaggio lungo il iume Ausa (Alta

Quota 15)6) Piccoli borghi, grande storia: Muscoli e Scodovacca

(Alta Quota 16)7) Cervignano romana: in viaggio lungo la via Julia Au-

gusta (Alta Quota 17)8) Un uomo, una storia: Villa Chiozza (Alta Quota 18)9) Patrimoni dimenticati: vecchi mulini e luoghi di pro-

duzione (Alta Quota 19)10) Uno scrigno di tesori: gli scavi presso San Michele

(Alta Quota 20)11) Un bene da salvare: la vecchia scuola di via Roma

(Alta Quota 21)12) Da Cervignano a Belvedere lungo la ferrovia austria-

ca (Alta Quota 22)

13) Il tesoro sotto l’intonaco: Santa Maria in Vineis a Strassoldo (Alta Quota 23)

14) Arte sacra e popolare: un patrimonio da riscoprire

(Alta Quota 24)

15) Ancora su arte sacra e popolare: approfondimenti e

nuove scoperte (Alta Quota 25)16) Archeologia a Cervignano: siti noti e ignoti (Alta

Quota 26)

17) Borghi rurali: la geograia della memoria (Alta Quota

27)18) Il passato che riafiora: Molin di Ponte (Alta Quota

29; il n. 28 era il monograico sui 50 anni di RSM)19) Ville antiche, ville moderne: nel segno della bellezza

(Alta Quota 30)

Rileggendo i miei articoli, ho trovato alcuni errori; non posso che chiedere scusa a voi lettori, cogliendo l’occasio-

ne per dirvi che fra qualche tempo troverete nel sito inter-

net www.ricre.org un’errata corrige completo. Per ades-

so, mi limito a segnalare alcuni sbagli recenti. Nel Viaggio

n. 18 (due puntate fa) ho scritto che la pietra posta dietro la fontana di Molin di Ponte [ig. A] si riferiva, probabilmen-

te, alla fontana stessa, e che una delle due date ivi scolpi-

te poteva rappresentare l’anno della scultura. Non è così: sono venuto a sapere che quella pietra è la famosa chiave

di volta dell’arco che un tempo formava la porta della casa

Salomon [ig. B] nell’omonimo borgo. Non chiedetemi come sia inita lì… Inoltre, nell’ultimo Viaggio (il n. 19) ho erroneamente scritto che la caserma ʻMonte Pasubioʼè sta-

ta sede della III Armata nella Prima Guerra Mondiale: una solenne stupidaggine, poiché gli ediici risalgono ad anni successivi e la III Armata risiedeva altrove a Cervignano. Speriamo, comunque, che la caserma rimanga al suo posto (non è ancora stato deciso il suo destino): attendiamo le decisioni del Comune.

Prima di congedarmi, permettetemi alcune note personali. In questi quattro anni di vita del Viaggio a Cervignano,

ho avuto modo di conoscere non solo luoghi, espressioni artistiche ed eventi storici, ma anche tante persone che si

dedicano con passione alla salvaguardia dei beni culturali

della nostra Cervignano, o che semplicemente s’interes-

sano ad essi: a loro va tutta la mia stima e il mio ʻgrazieʼ. A voi lettori, che nel corso di queste puntate mi avete di-

mostrato tanta simpatia, rivolgo un pensiero particolare: senza di voi, non avrei potuto scrivere nemmeno una riga.Ho deciso di terminare questa rubrica perché i grandi ar-gomenti erano sostanzialmente initi: tuttavia, esistono an-

cora moltissime cose da ricordare e discutere a proposito

dei nostri beni culturali. Per questo, il Viaggio continuerà, in forma diversa, sul sito internet del giornale www.ricre.

org. Per segnalazioni, discussioni, opinioni varie, pote-

te scrivere direttamente nella sezione ʻScriviciʼ, oppure mandarmi una mail all’indirizzo [email protected]. Alta Quota, comunque, è anche su Facebook: se siete

utenti del social-network, iscrivetevi al gruppo ʻAmici di Alta Quotaʼ.

Lo spirito che ha animato le mie ricerche è stato quello di

parlare d’arte e di storia locale con impegno ed entusia-

smo: perché il passato non è un ammasso di anticaglie, ma un terreno fertile in cui affondano le radici della nostra

stessa esistenza.

«Il futuro appartiene a chi ha la memoria più lunga»Friedrich Nietszche

VANNI VERONESIFIG. A

FIG. B

Cervignanesi nella storia Il primo Cervignanese di cui abbiamo notizia, grazie a un documento del 912, è fra Abbone, il più importante fra i mo-

naci dell’abbazia di S. Michele Arcangelo: facciamo fatica solo a pensare che anche noi avevamo un’abbazia, eppure era davvero così… Ma la fama di Abbone è nulla in confronto a quella di Giovanni Biavi, abate anch’egli, ma soprattut-to poeta, storico e diplomatico in varie corti d’Europa: un Cervignanese di successo nel Settecento. A sua volta, però, la fama di Biavi è poca cosa in confronto a quella di Giusto Gervasutti, uno dei più grandi alpinisti italiani del Novecento: un signore delle vette che ha portato il nome di Cervignano sulle cime più alte del nostro continente. Famosi o meno, i Cervignanesi che hanno lasciato un segno nella Storia, quella con la maiuscola, sono molto più nume-

rosi di quanto non si possa immaginare. Tuttavia, anche la storia con la minuscola ha una sua dignità: tanto per capirci, in comunità come le nostre, un prete di campagna può avere molta più inluenza di un Papa che opera a Roma…

Terminato il Viaggio a Cervignano (almeno su carta), Cervignanesi nella storia è appunto il titolo della rubrica che

inaugurerò nel prossimo numero di Alta Quota, dopo la pausa estiva: uno spazio dedicato a coloro che hanno dato

lustro, nei secoli, alla nostra cittadina. Vi invito sin da ora a contattarmi per eventuali segnalazioni, consigli, proposte: appuntamento, quindi, a settembre!

VANNI VERONESI

Per segnalazioni, proposte e informazioni, potete:- scrivere una mail nel sito www.ricre.org, all’interno della sezione ʻScriviciʼ- inviare una mail all’indirizzo [email protected].

Un’anteprima della prossima rubrica di Alta Quota

Giusto Gervasutti, il cervignanese ’signore delle vette’.

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aOLTRE LO SP CCHIOEOLTRE LO SP CCHIOE

di Manuela Fraioli

FARE COMUNITÀQualche mese fa cenavo assieme a una mia amica e mi lamentavo di quanto fosse dif-

icile trovare della frutta e della verdura fresche di qualità a Milano. Al supermercato i prodotti sono scadenti, mentre dal fruttivendolo sotto casa i prezzi sono proibitivi. A

salvarmi, le dicevo, c’era il mercato, che spesso però incontrava gli stessi problemi di qualità/prezzo che trovavo altrove. La mia amica allora mi consigliò di cercare il GAS della mia zona e di associarmi a loro.

I GAS sono i Gruppi di Acquisto Solidale fatti da un insieme di persone, preferibil-mente dello stesso quartiere, che decidono di creare un gruppo che settimanalmente

s’incontra e decide di acquistare all’ingrosso prodotti alimentari e di uso comune, da retribuire tra loro. Il gruppo d’acquisto ha una sede in cui ci s’incontra una volta a settimana (o anche una volta ogni due) per scegliere e conoscere i produttori a cui fare riferimento, ma anche per partecipare attivamente alla vita del quartiere a cui si appartiene.

Il GAS nasce con l’intenzione di acquistare prodotti biologici o ecologici, la cui coltivazione o allevamento o produ-

zione rispettino l’ambiente, il lavoratore e la nostra salute. Si preferisce acquistare dai piccoli produttori locali, che possono garantire sulla qualità dei loro prodotti e con i quali è possibile avere un rapporto diretto e di iducia. Milano è divisa in zone e, per ogni zona, ci sono uno o più GAS a cui fare riferimento. Il mio gruppo è il GAS della Martesana, chiamato come il Naviglio che passa vicino a casa mia, e la responsabile è Anna. Anna, oltre a prendere gli ordini e a distribuire la merce che abbiamo acquistato, si occupa anche di far conoscere il gruppo d’acquisto al quartiere e di partecipare alle iniziative che coinvolgono gli abitanti della zona. L’ultima è stata la partecipazione alla Festa di via Padova, organizzata proprio per valorizzare una zona che ormai a Milano è sinonimo di disordine sociale.

La presenza dei GAS in città aiuta le persone ad allacciare quei rapporti di vicinato che è ormai sempre più dificile creare e offre l’opportunità di valorizzare il territorio, le relazioni e una qualità della vita che esiste, ma che rischia di essere dimenticata. Dopo un anno che vivo sempre nella stessa zona le uniche persone che mi salutano (perché mi riconoscono) sono il portiere di casa, la panettiera e il giornalaio della metro: la maggior parte delle persone che vivo-

no nel mio condominio non le ho mai incontrate. A pensarci è davvero strano, ma del resto fa parte di un processo di

persone che migrano da un posto all’altro (lavoratori, studenti, immigrati, pendolari) che è ormai un aspetto normale della nostra vita sociale. Partecipare a un GAS mi fa sentire così meno isolata e mi aiuta ad essere parte integrante di una comunità e di un luogo che, altrimenti, sarebbe solo una terra di passaggio.

Per informazioni: http://www.retegas.org/index.php

III TORNEO DELL’AMICIZIA

IN MEMORIA DI

DON SILVANO COCCOLIN

Il basket, ancora una volta, è stato protagonista a Cervi-gnano sabato 29 e domenica 30 maggio: due giorni che hanno visto lo svolgersi del III Torneo dell’amicizia in

memoria di don Silvano Cocolin. Quattro le squadre par-tecipanti: Vicenza basket Giovani, Don Bosco Trieste, Pallacanestro Ronchi e ABC Cervignano, tutte dell’anna-

ta 1997 under 13. Sabato pomeriggio, i ragazzi dell’ABC sono andati in sta-

zione ad accogliere i ragazzi di Vicenza: ognuno di essi è stato infatti ospitato da una famiglia di Cervignano, con quel senso dell’amicizia che è, come dice il nome, il vero

scopo di questo torneo. Dopo i primi incontri, domenica

mattina si sono svolte le due semiinali, mentre il pome-

riggio è stato dedicato alle inali. Questa la classiica:- quarta la Pallacanestro Ronchi- terza l’ABC di Cervignano- secondo il Don Bosco di Trieste

- vincitore il Vicenza basketDurante le premiazioni, il presidente dell’ABC Matassi

ha ringraziato le squadre partecipanti, rivolgendo un gra-

zie particolare a Gian Marco Riuscetti, responsabile per il reclutamento, ormai sempre più dificoltoso, dei mini arbitri della provincia di Udine. Matassi ha quindi cita-

to l’importanza del terzo tempo, quando il capitano del-

la squadra di Cervignano invita il pubblico, prevalente-

mente genitori, ad applaudire un bel passaggio, una bella azione, un bel canestro anche se eseguito dalla squadra avversaria. L’assessore allo sport Gianluigi Savino, da parte sua, ha evidenziato la igura di don Silvano, ricor-dando l’inaugurazione, quella stessa mattina, della casa dell’accoglienza, voluta appunto dal compianto parroco, ed elogiando i genitori di Cervignano per l’ospitalità nei confronti dei Vicentini. È stata poi la volta di don Bru-

no Mollicone, il quale ha sottolineato l’importanza dello

sport, il rispetto delle regole e degli avversari, ma soprat-tutto il concetto del III tempo; premiando la II classiica-

ta, non ha rinunciato ad una battuta: «Non avrei mai pen-

sato di premiare don Bosco!». Mauro Morassut, nuovo presidente di Idea onlus, successore di Roby Margutti, ne ha ricordato la straordinaria igura, ringraziando gli orga-

nizzatori per l’idea di raccogliere fondi a favore dell’as-

sociazione: perché prima di essere campioni nello sport, bisogna esserlo nella vita.La giornata si è conclusa con un gustoso rinfresco e il saluto dei ragazzi di Vicenza, riaccompagnati in stazione.

I 91 ragazzi della nostra comunità che domenica 9 maggio 2010 hanno ricevuto la

Prima Comunione. Foto di gruppo a cura di GrigioMedio.

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aAlta ucinai FUSILLI ALLA “MAGNA” GRECIA

TAGLIOLINI DI (ALLA) VENERE

Scodovacca, Prima Guerra Mondiale: baracca-

menti e pozzo artesiano con abbeveratoio. Si

ringrazia Luciano Trombin.

DA SAN FOCA A … SAN FOCA. E non è una battuta. Vita vissutaFUSILLI ALLA “MAGNA” GRECIAPreparate un ottimo soffritto, sempre in olio extra ver-gine d’oliva, con cipolla, sedano, carota ed in una garza larga racchiudete alcune foglie di alloro, salvia, un po’ di semi di inocchio e aghi di rosmarino, fatene un sac-chetto e ponetelo nel tegame nel quale avrete aggiunto uva passita e pinoli. Appena pronto, fatevi rosolare del-la carne macinata scelta (oppure mista come all’origine) e successivamente aggiungete della salsa di pomodoro; salate e, secondo i gusti, insaporite con semi di peperon-cino rosso. Cucinate in abbondante acqua salata i fusilli (possibilmente quelli lunghi: costano un po’ di più, ma senza arrivare al prezzo di 12 euro al chilo come in un ne-gozio in periferia) e condite in un’ampia zuppiera, dopo aver schiacciato e strizzato ben ben il sacchettino con gli odori, servendo poi in piatti, più o meno caldi a secon-da della stagione. Per le quantità, abitudini e buon senso fanno scuola ed esperienza. Ovvio il salare a piacere al momento opportuno.Questa ricetta mi riporta, purtroppo, ad un tragico avveni-mento ed al primo San Foca citato nel titolo.

Era la tarda serata dell’undici luglio di un lontano anno dello scorso millennio quando, dopo averne sentito parla-re da diversi giorni, approdai a San Foca, frazione del Co-mune di San Quirino, in provincia di Pordenone. Fu una giornata tragica, come detto, a causa di un incidente fer-roviario avvenuto nella stazione di Montebelluna, con tre morti, una cinquantina di feriti, a causa dell’errato istra-damento di una tradotta su di un binario dove sostava un treno merci. Si viaggiava da Sedico/Bribano, in provincia di Belluno, diretti a Spilimbergo per poi raggiungere su automezzi San Foca. Dove, per l’appunto, approdai con il personale uscito indenne dall’incidente, con lo scrupolo di coscienza, avendo sistemato e suddiviso il personale

nelle varie vetture, di aver salvato qualcuno e condannato qualche altro. Uno dei deceduti abitava a pochi chilometri da casa mia per cui ebbi il tristissimo incarico di accom-pagnare la salma al suo paese natio. Conobbi i familiari e la idanzata e poi, ad esequie avvenute, ripartii per Palma-nova, mantenendo qualche contatto epistolare. A settem-bre una lettera dei genitori mi portò la notizia del suicidio della giovane. La lettera conteneva anche alcune fotogra-ie dei idanzati e la preghiera di farle comporre insieme, in quelle ingenue pose che tanti anni orsono si potevano notare nelle vetrine dei fotograi. Forse qualcuna come te-stimonianza si può trovare ancora. Approittai delle ferie natalizie e, come d’accordo, recapitai di persona le foto, messe in cornice, per essere poste sulla tomba dove era-no stati sepolti insieme grazie ad una speciale dispensa, considerata la morte per suicidio. Altri tempi. Non po-tei ricusare l’invito, per qualche giorno dopo, a pranzo, (eravamo ad un tiro di schioppo dai millenari templi di Paestum, in Magna Grecia, dove l’ospitalità era, ancora in quegli anni, una caratteristica indelebile). Ed il riiuto, senza un motivo inoppugnabile, se non maleducazione ed un’offesa, era considerato certamente una scortesia. La mamma preparò i fusilli fatti a mano, con i ferri in uso per fare le maglie. Ho mantenuto, inché il tempo l’ha concesso, rapporti af-fettuosi, e più volte ho visitato quella tomba che fa parte della mia vita, come San Foca, frazione di San Quirino, provincia di Pordenone.Quindici anni dopo, durante un piacevole giro per l’Italia, capitai a San Foca, frazione di Melendugno, provincia di Lecce. Mare, splendidi dintorni a piccolo e medio raggio, da Santa Maria di Leuca a Santa Cesarea Terme, a Porto Badisco, chilometri costieri di ineguagliabile bellezza. Ed una cucina che non ti dico. E prezzi onestissimi salvo la solita eccezione che conferma la regola.

TAGLIOLINI DI (ALLA) VENERENon è certamente il piatto più succulento, ma mi intri-gò, e mi intriga ancora molto, per la presentazione: una conchiglia di porcellana sulla quale era adagiato un largo quadrato di pasta leggermente lessato. Se fate la pasta in casa, preparatene due per ogni commensale e dei taglio-lini secondo appetito. Altrimenti, usate pasta e tagliolini in commercio. Scottate in largo tegame con ottimo olio dei gamberoni, qualche zucchina piccola, senza semi, tagliata a semiron-delle, pomodorini non abbondanti, basilico e versatevi e saltatevi i tagliolini lessati al dente. Una volta ben intrisi, sistematene una porzione su ogni quadrato di pasta nel-le conchiglie, copriteli con l’altro quadrato ruotato di 45 gradi in modo che i vertici non coincidano, e mettetevi al centro un tortellino, che avete cotto insieme ai quadrati di pasta, contenente una fragola.

Il tortellino, si sa, è l’ombelico di Venere che nacque non molto lontano da San Foca, frazione di Melendugno, pro-vincia di Lecce. Conservo ancora, religiosamente, cinque delle sei conchiglie; una l’ha rotta anni or sono una com-mensale sbadata. Il ristorante dove avevo varie volte ce-nato bene, e che vendeva anche i servizi, due anni or sono aveva, giustamente, cambiato specialità. Ora vanno per la maggiore i Mezzi Rigatoni alla Vulcano, lo ‘sfortunato’ marito di Venere. Come già ricordato nel numero speciale in occasione delle nozze del nostro direttore.

P.S. Il magna virgolettato è per far in modo che l’eventua-le lettore lo interpreti, a piacere, sia come voce del verbo dialettale magnare (ed in Grecia, a quanto si dice, ulti-mamente si è magnato molto), oppure nel senso classico, tradizionale.

ALBERTO LANDI

la strip di Luca “snoop” Di PalmaToni e Meni

Alan Veronesi

Gennaro Riccardi«Portacenere naturale»

le foto

Hai foto curiose che vuoi veder pubblicate su Alta Quota?

Visita il sito www.ricre.org e scrivi alla redazione di Alta Quota.

Domenica 16 maggio 2010: osservate il ritardo del primo treno per Venezia... e inorridite!

uriose

Altritempi

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L’ALLENATORE SAGGIO… E SAGGISTA!

Abbiamo intervistato AMEDEO CASSIA, cervignanese, allenatore di calcio e da tempo impegnato nella scrittura di libri sul tema calcistico dedicati agli allenatori. Dopo l’uscita, nel 2009, dell’opera Smarcamento (Editore Cal-zetti Mariucci), è ora impegna-to nella realizzazione del suo secondo libro, che tratta della transizione offensiva.

- Di cosa parla il suo nuovo libro?«È un libro che tratta della transizione offensiva, ovvero il

passaggio dalla fase difensiva a quella offensiva. Sostanzialmente è una forma di con-

tropiede in forma collettiva, che interessa quindi tutta la

squadra e non il singolo. Ho cercato di raccontare le varie fasi di questa transizione, da come viene svolta ai compiti

di ognuno, con tutte le sue forme. Il libro è inoltre arric-

chito di un DVD, che contiene le esercitazioni svolte. Si tratta di una nuova metodologia di lavoro, rivolta sia al settore giovanile sia alla prima squadra». - Può essere considerato una prosecuzione del suo primo li-bro Smarcamento?«Esattamente. È una continuazione: mentre in Smarca-mento ho cercato di far vedere in che modo ci si deve

smarcare, in questo libro sulla transizione ho ripreso

quello che era stato fatto precedentemente, allargandolo in una visione più ampia».

- È rimasto soddisfatto del suo lavoro?«Devo dire che sono rimasto davvero soddisfatto. Prima

di essere pubblicato è stato infatti analizzato da una com-

missione della quale facevano parte ex giocatori e allena-

tori di serie A. Tutto ciò ovviamente mi ha gratiicato: si vede che quello che ho scritto è piaciuto».

- Come mai le è venuto in mente di dedicarsi a questo?«L’ho fatto per una sida personale, sono molto orgoglio-

so e ambizioso. Alla frase “è impossibile che te lo pubbli-chino” ho risposto spedendo il mio lavoro alla casa edi-trice. E alla ine, per aver avuto successo, vuol dire che la casa editrice ha voluto investire sul mio lavoro!»- Progetti futuri?«Come ho detto prima sono molto ambizioso, anche se so

benissimo che in questo campo è molto dificile vedere realizzate tutte le aspirazioni. Il mio sogno sarebbe quello di lavorare in un settore giovanile professionistico, ma-

gari in serie A. Anche questa è una sida personale, come quella di pubblicare il libro: chissà che un giorno non rie-

sca a vincere pure questa!»ALBERTO TITOTTO

Bruno Morbin (ig. 1), classe 1917, di professione tappez-ziere, è un personaggio importante del panorama sporti-vo di Cervignano. Già ospite sulle pagine di Alta Quota, non poteva mancare in questa rubrica, specialmente alla luce dell’ultimo riconoscimento sportivo uficiale che gli è stato consegnato pochi mesi fa. «La mia vita è tutta di sport» è una frase che può riassumere questa piacevole chiacchierata.

la ban a della memoria /7 di Sofia BalducciBRUNO MORBIN«A 12 anni ho cominciato a giocare a pallacanestro: avevo già un mestiere, quindi dovevo dividermi tra sport e lavoro. All’età di 15 anni circa ricordo di aver giocato a Bari nella nazionale italiana di palla-

canestro, però nel corso degli anni ho fatto parte an-

che delle squadre di Gradisca, Monfalcone e Udine. Ricordo che si andava a Udine con un camioncino di Ernesto Piani, altrimenti si raggiungevano i vari luoghi in bicicletta. E tutto era fatto per passione perché non si veniva pagati, non ci davano neanche da mangiare, bisognava portarsi il cibo da casa.Più o meno alla stessa età ho partecipato presso l’Idroscalo di Milano a un’altra competizione na-

zionale, stavolta di canottaggio (erano i campionati italiani per provincia). Siccome a Cervignano c’è l’Ausa, un iume di una certa importanza che dava la possibilità di allenarsi con frequenza e serietà, la squadra di canottaggio cervignanese si è presenta-

ta alle nazionali per rappresentare la provincia di

Udine.

Nel 1935, insieme con altri quattro giovani di Cervigna-

no, sono entrato volontario in Marina, anche se di solito

capitava solo per quelli che lavoravano alla Fincantieri di

Monfalcone. Sono stato in Marina per novantasei mesi consecutivi: prima a Pola, poi Pescara, poi Brindisi e ini-

ne Venezia. Ho sempre fatto il maestrino di mensa, nel cir-

colo uficiale, cioè osservavo i marinai che avevo sotto di me. Non ho conosciuto la guerra dal punto di vista pratico.Nel 1943-44, quando sono tornato, ho radunato una ven-

tina di sportivi e ho formato la squadra di pallacanestro

cervignanese insieme al dottor Gualtiero Morpurgo, un

Gli aeroporti. Non so che idea ve ne siate fatti. Fino a qualche momento fa, io stesso non sapevo cosa pensarne. Ora lo so: gli aeroporti mi piacciono, in fondo in fondo. Il fatto è che di solito l’aeroporto non viene ʻvissutoʼ, ma ci si passa attraverso, ci scorre addosso quasi senza lasciare traccia. D’altronde, quando si sta per andare in vacanza a Bali o in visita

a Londra o per lavoro a New York, la voglia e l’istinto spingono a lasciare questo luogo il più presto possibile. Al ritorno, invece, la consapevolezza che oltre le porte a vetri ci sono parenti o amici ad aspettare, oppure la prospettiva di un letto

dopo un viaggio massacrante, o ancora le prime terapie per uscire dalla depressione post crociera-in-tutte-le-isolette-più-belle-della-Grecia, riduce ancora di più la voglia di stare ʻdentroʼ, neanche fosse un carcere. Così, per studiare un po’ questo microcosmo, tocca restare vittima dell’incubo dei viaggiatori, ossia un bel ritardo nel volo: «Sono spiacente di comunicarle che il volo delle 18.25 è in ritardo. La nuova partenza è prevista per le 21». Due ore e mezza di ritardo per un volo di cinquanta minuti: non male come proporzione! «Presentando il suo biglietto al bar del terminal, le verrà offerto uno snack gratuito». Ah beh, questo cambia tutto…Pazienza, guardiamo il lato positivo. Ho un po’ di tempo da dedicare a cose inutili, ma assai piacevoli, come - ad esempio - leggere un libro, scrivere questo articolo e soprattutto guardare la fauna dell’aeroporto. In fondo, è un po’ un grande salotto: magari ci innervosisce, però una volta che ci siamo dentro ci mettiamo a nostro agio. E forse ne esce anche un ritratto migliore rispetto all’italico cliché. Gli italiani leggono pochissimo? Vero. Ma non in aeroporto: un minimo ritardo è più che suficiente per scatenare la cac-

cia a qualcosa da leggere. E non ci si limita ai classici: Gazzetta dello Sport per i maschietti, varie riviste di moda-cucina-

arredamento per le femminucce. Anzi. Mariti e mogli in vacanza si scoprono improvvisamente interessati all’andamento delle Borse valutarie e ai nuovi risvolti delle relazioni interetniche della Mongolia. Dev’essere l’aria di ʻinternazionalitàʼ che si respira qui dentro.

Oltre alla scuola e all’esercito, anche l’aeroporto andrebbe aggiunto tra gli ambienti che creano lo spirito nazionale. Ed ecco un gruppo di palermitani appena rientrati - visibilmente rilassati - da Santo Domingo consolare una ragazza venezia-

na - visibilmente stressata - che desiderava ardentemente rientrare in laguna dopo una settimana lavorativa devastante. Il tutto con una serie di battute di rara scontatezza. «L’aereo sarà in ritardo perché si è alzata la marea» non fa ridere. Anzi. Eppure, assolutamente funzionanti in quel particolare contesto. Potrei sbagliarmi, ma credo che dopo mezz’ora di con-

versazione la famiglia palermitana abbia persino invitato la ragazza ad andare in Sicilia quest’estate. Misteri aeroportuali.Ore 21.30: «Siamo spiacenti di comunicarvi che il volo per Venezia è stato cancellato. In alternativa proponiamo una notte in albergo con partenza l’indomani, oppure il tragitto Roma-Venezia in pullman». I ragazzi e i giovani la prendono con ilosoia. Le famiglie borbottano un po’ e se ne vanno in albergo. Le migliori sono le signore over 60: lo steward - un ragazzo sulla trentina ovviamente innocente e ovviamente capro espiatorio - viene subito accerchiato e tempestato di domande provocatorie e cattivissime. E pensare che ino a qualche ora prima le stesse nonnine lo avevano elogiato perché ricorda tanto il nipote «che se avesse studiato un po’ di più chissà dove sarebbe».Ore 23.40: il pullman arriva in aeroporto. Si parte. Ma questa è un’altra storia.

*citazione da The terminal, ilm di Steven Spielberg, con Tom Hanks, Catherine Zeta-Jones e Stanley Tucci (2004).

la finestra sul ortileSemplici occhiate buttate qua e là

di Simone Bearzot

«GLI AEROPORTI POSSONO ESSERE INSIDIOSI, SIGNOR NAVORSKI»*

farmacista ebreo che dovette fuggire a causa delle leggi razziali.

Sono il più vecchio sportivo di Cervignano che ha eser-citato il maggior numero di sport (basket, atletica leggera e canottaggio). Non ho ancora ricordato, tra l’altro, che sono andato anche a Roma, al raduno nazionale di atleti-ca leggera (giavellotto e corsa dei cento metri) nel Foro Italico, nei primi anni Trenta! La mia più grande soddi-sfazione sportiva, però, è il quadro con il riconoscimento uficiale (ig. 2) che mi è stato consegnato pochi mesi fa a San Giorgio di Nogaro».

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RESOCONTO 43ª OPERAZIONE UOMINI COME NOI 2010

MERCATINO DELL’USATO E RACCOLTA MATERIALI RICICLABILI A FAVORE DELLE MISSIONI DIOCESANE IN COSTA D’AVORIO

INIZIATIVE QUANTITÀ VALORE

MERCATINO dell’USATO23-24-25-30 aprile 1-2 maggio ’10 1000 tonnellate di… buona volontà! € 32.838,29

RACCOLTA MATERIALI FERROSI1-2 maggio ’10 KG. 83.500 (83,5 ton.) 10 containers € 21.132,20

RACCOLTA INDUMENTI1-2 maggio ’10 KG. 11.000 (11 ton.) 1 bilico € 1.800,00

TOTALE € 55.770,49

Il ricavato di € 55.770,49, detratto delle spese organizzative (circa 10%), sarà ripartito sui seguenti progetti secondo le necessità del centro missionario:• CULTURA: Costruzione di una scuola nel quartiere di Sopim a Yamoussiukro: Scuola Primaria, con direzione,

segreteria, servizi igienici, tavoli e sedie per 300 alunni.• SVILUPPO AGRICOLO: Acquisto di una trebbiatrice per la lavorazione del riso nella missione di Morofè, in

continuazione al progetto 2009 per la fornitura di dieci motocoltivatori.• LOTTA AL MORBO DI BURULI (Ulcèrie di Buruli): Contributo al dispensario di Kongouanou. L’ulcera di

Buruli è una malattia che corrode la pelle e la carne, arrivando spesso anche alle ossa: quando colpisce gli arti lascia menomazioni e invalidità permanenti. Si può curare.

Tre camion e un furgone carichi di indumenti, mobili e materiali vari di merce invenduta del mercatino dell’usato sono stati spediti, attraverso un’associazione di Cormons che collabora con il Ns. Centro Missionario Diocesano, per aiutare alcune parrocchie bisognose della Romania. Gli organizzatori ringraziano gli oltre 170 volontari iscritti fra giovani ed adulti che hanno partecipato attivamente all’operazione, il Comune di Cervignano del Friuli che ha patrocinato l’iniziativa, le aziende artigianali e commerciali, che hanno messo a disposizione 35 mezzi fra camion, furgoni, le persone che hanno donato i materiali per la realizzazione del Mercatino dell’Usato e tutti quelli che, in qualche modo, hanno collaborato alla riuscita dell’operazione. Si ringraziano inoltre le migliaia di famiglie di Cervignano, Strassoldo, Muscoli, Scodovacca, Terzo, San Martino di Terzo e Saciletto che hanno donato i materiali ferrosi e gli indumenti.

IL MARATONETA DEI SUCCESSI

È cervignanese, ma originario di Casarsa del Friuli: si chiama STEFANO ZANCAN, ha trentun anni ed è il vinci-tore dell’ultima edizione della Bavisela - Maratonina Eu-

ropea dei Due castelli, la mezza maratona d’Europa che termina il suo percorso a Trieste. Ne approittiamo per una conversazione al bar, seduti davanti a un buon aperitivo…

- Raccontaci questa sensazionale vittoria!«Per onor di cronaca sono due i successi, quello di

quest’anno e quello dell’anno scorso! Posso dire che è stata particolarmente dura… I partecipanti erano circa

duemila, forse qualche centinaio in più, ma, grazie a Dio, i miei sacriici sono stati ripagati».- Cosa ti spinge a fare questi enormi sacrifici?«La passione, senza ombra di dubbio. Non è per niente

facile lavorare tutto il giorno, tornare a casa, mettersi le scarpe da corsa e via a correre: però, da sempre mi piac-

ciono gli sport di resistenza. Prima per esempio ero un ciclista, sono solo cinque anni che corro».

- Ci spieghi il tuo metodo d’allenamento?«Diciamo che quest’anno, a differenza dell’anno scorso,

sono seguito da un allenatore. Lui è molto bravo e mi dà consigli molto utili. Dal punto di vista tecnico la prepa-

razione varia dal tipo di gara che devo affrontare, ma la prassi è un’ora di corsa ogni sera, circa dieci chilometri, mentre il ine settimana mi alleno anche di più».- Che percorso fai quando ti alleni?«Parto da casa mia, faccio tutto il lung’Ausa ino ad ar-rivare in borgo Fornasir, di solito arrivo anche a Terzo d’Aquileia… Questo è il mio percorso quando mi preparo

per le brevi distanze, per le lunghe invece arrivo ino a Palmanova».

- Che dieta segui? «Io mangio di tutto, ovviamente non schifezze. L’impor-tante è quello che si mangia prima e dopo l’allenamento. Per esempio: la mattina e a pranzo faccio il carico di car-

boidrati, mentre la sera, dopo la preparazione, largo alle proteine che, ovviamente, vario nei giorni… quindi carne, uova, pesce, ma soprattutto tanta frutta e verdura».

- Obiettivi futuri?«Punto a vincere una maratona. L’anno scorso sono ar-

rivato undicesimo alla maratona di Venezia, totalizzan-

do un tempo complessivo di due ore e ventuno minuti.

Quest’anno, in primavera, avrei dovuto gareggiare alla maratona di Parigi, ma un infortunio me l’ha impedito. Ora punto alla maratona autunnale. Speriamo bene!».

SALVO BARBERA

MANHATTAN BY BIKE

Due ruote e una macchina fotograica. È quanto vi serve per fare un po’ di turismo archeologico a New York. Con la stessa passione che ci ha spinti per anni a percorrere

le antiche vie aquileiesi, Caterina e io ci siamo spinti

nel cuore della Grande Mela alla scoperta di ciò che sta dietro alla tradizionale skyline vista da Brooklyn. E, sulle sponde dell’isola di Manhattan, ci siamo imbattuti nella

storica ferrovia sopraelevata: The Highline. In funzione

per mezzo secolo (dagli anni Trenta agli anni Ottanta), la ferrovia è stata prima abbandonata e poi recuperata grazie a un progetto spontaneo dei cittadini di New York.Poco più di un’ora per attraversare il Riverside Park (sulla 103esima strada ovest) e alla ventesima strada ci arrampichiamo sugli scalini d’acciaio: ci troviamo sospesi in un giardino a dieci metri d’altezza nel cuore di Manhattan. Ci muoviamo tra le oltre duecento specie di

piante differenti: erbe, iori e arbusti tra cui l’aglio della Sicilia, anemoni, gerani, rose rosse, gialle e bianche, erbe perenni giapponesi e americane, purpureee, blu e verdi. A prendersi cura di questa straordinaria varietà ci sono Maeve, Andi, Kaspar, Kyla, Maryanne e Johnny, i giardinieri della Highline. Che sono disponibili anche a rispondere a qualunque domanda via email, attraverso il

sito internet dedicato alla struttura (www.thehighline.org).

Ideata nel 1929 per sgravare il trafico cittadino nella parte ovest dell’isola, la ferrovia sopraelevata ha

iniziato a funzionare a pieno regime nel 1934. Per quasi cinquant’anni ha servito il trafico commerciale da nord a sud della città. Fino al 1980, quando l’ultimo treno merci, carico di tacchini surgelati, ha percorso l’ultima tappa del

di Norman Rusin

diversa della skyline newyorkese. Tanto che ogni martedì sera, approittando della distanza dalle luci stradali, l’Associazione Amatoriale Astronomi (www.aaa.org)

organizza gratuitamente l’appuntamento con le stelle: tra la Gensevoort e la 14esima strada, si può usare una serie di telescopi per osservare le costellazioni che illuminano

la volta cittadina, sotto la guida degli esperti. Ad afiancarci per il momento pochissimi turisti. Per la maggior parte, sono persone che lavorano nei dintorni e approittano del cielo terso e dell’angolo accogliente lontano dal trafico per fare una pausa pranzo. I cibi, rigorosamente organici come impone la moda cittadina, sono a portata di mano al Chelsea Market, a pochi passi dalla scala che conduce a questo piccolo paradiso newyorkese. E noi, da bravi esploratori del gusto, non ce lo facciamo ripetere due volte e assecondiamo il costume autoctono…

NORMAN RUSIN

suo viaggio e segnato l’inizio del declino della ferrovia. Come spesso succede in questi casi, il tempo e le intemperie

da un lato e gli speculatori edilizi dall’altro hanno subito attaccato la storica struttura. Salvata in extremis da un

gruppo di cittadini residenti nei quartieri toccati dalla ferrovia. Il desiderio di recuperare un pezzo di storia di

Manhattan e di abbellire un angolo della città altrimenti ferito dal trafico commerciale ha avviato il recupero. La prima sezione del parco-ferrovia, tra Gansevoort Street e la ventesima, è aperta al pubblico dal 9 giugno dello scorso anno. Ma resta ancora molto lavoro da fare per completare

l’opera ino alla trentaquattresima strada.Ci muoviamo tra le panchine in acciaio e legno immerse nel verde, quasi increduli di camminare tra i tetti di una

delle città più ʻalteʼ del mondo. Siamo ancora lontani dalle vertiginose altezze dell’Empire State Building, ma già a questo livello è possibile gustare una prospettiva

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Tribe, cioè ʻtribùʼ. Questo il nome del programma che conduco assie-

me a Gaia Puntin tutti i lunedì, dal-le 17, su Radio Presenza: un pro-

gramma che si occupa dei gruppi musicali emergenti o già noti della Bassa Friulana, con uno spazio de-

dicato alle opinioni dei cervignanesi sul tema. In ogni puntata, la trasmissione presenta uno o più ospiti in studio, ai quali vengono poste alcune domande sul mondo della musica.

La prima puntata è andata in onda lunedì 24 maggio scorso ed è stata indimenticabile: ospiti i Mr Dag, un gruppo formatosi nella scuola musicale di Cervignano Supersonic Studio. Poco prima dell’inizio della diretta, l’adrenalina è alle stelle, il cuore

batte forte, Gaia come me è agitatissima; i ragazzi della band, invece, sembrano a loro agio… Si inizia! L’ansia sparisce, il cuore rallenta… via alla diretta! Iniziamo a parlare, a fare le do-

mande: va tutto bene e ci prendo gusto. Tutto sembra spontaneo, è come se fossi stato solo con loro e Gaia e nessun altro, non mi rendo più conto di essere in uno studio radio e del fatto che

tanti stanno

ascoltando i

miei discorsi:

la trasmissio-

ne si trasfor-

ma in una

q u o t i d i a n a

chiacchierata

sulla musica,

l’argomento che amo da

i m p a z z i r e .

Per questo ho

deciso di creare questo programma e per questo punto a farlo entrare nelle case di tutti i cervignanesi: la musica non va solo ascoltata, ma anche capita e criticata.

La seconda puntata, invece, è andata in onda lunedì 31 maggio scorso: ospite Luca Di Palma, il quale ha risposto in maniera

sincera e spontanea a tutte le domande che gli abbiamo posto. A differenza della prima puntata, mi sentivo molto più calmo, sa-

pevo già che tutto sarebbe andato bene, e in più abbiamo avuto il servizio sms che, oltre a rendere il programma più interattivo, ci ha permesso di sapere in tempo reale che eravamo seguiti e che stavamo piacendo agli ascoltatori. Due motivi che danno coraggio e voglia di lavorare per migliorarsi in previsione della prossima puntata, così da far divertire ancor di più i cari radio-

ascoltatori che ci seguiranno.Tribe, ogni lunedì dalle 17 alle 18 e in replica il martedì dalle 20.30 alle 21.30.

GAVIN CETTOLO

SIETE PRONTI PER LO SHOW? Mancano pochissimi minuti all’inizio della trasmissione e secondo dopo secondo l’emozione incomincia a sali-

re. Poi, dall’altra parte del vetro, il tecnico gesticolando ci fa capire che dopo la canzone toccherà a noi andare in onda; è in quel momento che una goccia di sudore scende dalle nostre fronti, ma questa volta il caldo della saletta degli speaker non c’entra niente. Quindi la spia rossa si accende, implacabile, giusto per confermarci che ormai starà a noi ʻreggereʼ il gioco, e dopo qualche parola un po’ balbettante il microfono compie una vera e propria magia: le parole incominciano a luire copiosamente e il tono della voce si fa sempre più sicuro e convinto.Con nostra grande sorpresa le lancette dell’orologio sembrano raddoppiare la loro velocità, il tempo scorre velo-

ce e senza neanche accorgercene siamo costretti a modiicare la scaletta iniziale, meticolosamente preparata, per-ché siamo già arrivati ai saluti inali. Parte l’ultimo stacchetto musicale e si spegne la lucetta rossa della diretta. La gioia e la soddisfazione per l’aver affrontato bene la nostra prima puntata è grandissima: è un piccolo sogno che si realizza per chi come noi ha sempre sentito le trasmissioni dall’altra parte della radio e adesso si ritrova

con l’onore e l’onere di poter parlare da protagonisti attraverso questo mezzo ad altre persone, tante o poche che siano, ma questo ci importa relativamente. Quante volte abbiamo immaginato come sarebbe stato bello ed affascinante vivere un’esperienza del genere. Il sogno e l’idea di condurre un programma radiofonico frullava nelle nostre teste già da molto tempo: quando si è presentata davanti a noi un’opportunità del genere, abbiamo deciso di cogliere, come si dice, la palla al balzo. La nostra speranza più grande è che questa possa essere per noi un’esperienza feconda: abbiamo intenzione, nel nostro piccolo, di fornire un servizio alla comunità cervignane-

se, sopratutto a quella fetta di pubblico più giovane, dato che il nostro programma parla di locali, eventi e tutto ciò che concerne il tempo libero, in particolare nel ine settimana, sia a Cervignano sia in tutta la regione. Nella nostra trasmissione, inoltre, dedichiamo una parte ad un ospite sempre diverso che ci racconta le sue opinioni ed

esperienze sull’offerta ricreativa, cervignanese e non.Il titolo del nostro programma è Siete pronti per lo show? Va in onda

ogni sabato dalle 20 alle 21.30; per chi volesse chiedere un consiglio su ciò che propone il panorama ricreativo cervignanese e regionale o più semplicemente condividere con noi e i radioascoltatori i suoi pro-

grammi per la serata, c’è la possibilità di comunicare con noi tramite l’invio di sms e chiamate su un numero isso.Detto questo, “Siete pronti per lo show?”

LUCA DI PALMA e MICHELE CARBONERA

Radio Presenza , non cambiare frequenza!

RADIO PRESENZAGLI ALTRI APPUNTAMENTI

» La Bibbia in Radio, a cura di don

Bruno, dal lunedì al venerdì dalle

14 alle 14.30 (in replica alle 22.30

e alle 7.30 del mattino)

» Il Santo del Giorno, a cura di don

Moris, ogni giorno alle ore 8, la do-

menica alle 7.45

Per essere sempre aggiornato

sul palinsesto di Radio Presen-

za, visita il sito www.ricre.org!

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SOSTIENI ANCHE TU RADIO PRESENZA CON UNA SEMPLICE DONAZIONE! IL TUO AIUTO PER DARE VOCE OGNI GIORNO A TUTTA LA COMUNITÀ.IBAN IT89 V070 8563 7300 0021 0017 163 – Parrocchia San Michele Arcangelo, Gestione Radio Presenza

T R I B E

B y GAVI n

CASA DI ACCOGLIENZA: IL RACCONTO DI ALTA QUOTA Domenica 30 maggio 2010, presso il piazzale del Duomo di Cervignano, si è tenuta la cerimonia di inaugurazione della Casa d’Ospitalità dedicata a “Don Silvano Cocolin”, in ricor-do del compianto parroco di Cervignano che aveva fortemente desiderato questo progetto. All’appuntamento hanno partecipato anche molte autorità, tra cui il parroco di Cervignano don Dario Franco, il sindaco Pietro Paviotti, il Vescovo della diocesi di Gorizia Monsignor Dino De Antoni e il consigliere regionale Paride Cargnelutti.Dopo i discorsi uficiali ha avuto luogo un momento conviviale e la visita degli appartamenti che costituiscono la struttura appena ultimata e ormai pronta all’uso. L’intera cerimonia è stata accompagnata da una lunga diretta su Radio Presenza, radio

uficiale della Parrocchia di Cervignano sulla frequenza 99 FM: la radio è appena stata ristrutturata ed è già partita con nuove interes-

santi trasmissioni. Proprio nella nuova sede della radio Andrea Don-

covio, direttore di Alta Quota, ha intervistato le autorità presenti per conoscere opinioni e dichiarazioni.

Il vescovo della diocesi, Monsignor Dino De Antoni, ha ritenuto op-

portuno mettere in evidenza la soddisfazione e l’orgoglio che han-

no caratterizzato questa giornata, ricordando che d’ora in poi sarà indispensabile che l’intera comunità di Cervignano dimostri il suo impegno e la sua collaborazione. Il vescovo ha auspicato, inoltre, che questa struttura non sia occasione di conlittualità, bensì un aiuto importante per tutti i bisognosi. Un pensiero, inine, all’ideatore del-la Casa dell’Ospitalità, don Silvano Cocolin, che se fosse stato isica-

mente presente «non avrebbe neppure richiesto la paternità dell’ope-

ra, anche se in realtà è proprio lui l’anima di questo progetto».Don Dario Franco, attuale parroco di Cervignano, ha parlato invece del mondo del servizio gratuito: «Dopo l’inaugurazione ci saranno, in sostanza, due tipi di volontariato: il primo sarà di tipo pratico e riguarderà le piccole manutenzioni, le pratiche burocratiche, gli aiuti materiali; il secondo sarà svolto da persone che offriranno la loro amicizia alle famiglie o ai singoli che usufru-

iranno della struttura e che dimostreranno interesse e volontà di inserire gli ospiti della casa d’Ospitalità all’interno della Comunità cervignanese». Il sindaco di Cervignano, Pietro Paviotti, ha ricordato e ringraziato il mondo del servizio sociale che afiancherà professionalmente il lavoro dei volontari: «L’idea di questa struttura è fornire un aiuto a persone che hanno un periodo di dificoltà ,ma che poi devono rimettersi in piedi da soli, con il sostegno adeguato. Le risposte non devono essere di tipo assistenzialista: bisognerà dunque lavorare con un patto condiviso tra le parti». Il sindaco ha concluso ammettendo che questo progetto è una scommessa non facile, ma necessaria.Ha concluso gli interventi Paride Cargnelutti, consigliere regionale del Friuli Venezia-Giulia, il quale, porgendo i suoi complimenti a Parrocchia e Comune, ha a sua volta ricordato che la sida costituita dalla Casa d’Ospitalità è tutt’altro che banale. Ha inine aggiunto che la Regione Friuli-Venezia Giulia osserverà con molta attenzione questo esperimento, al ine di valutare l’eventuale creazione di strutture simili in altre realtà. SOFIA BALDUCCI

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ACENTRO ESTIVO 2010

4ª EDIZIONE

“si può fare!”QUANDO? dal 14 giugno al 2 luglio, tutti i giorni dal lunedì al venerdì dalle ore 8 alle ore 13DOVE? presso il Ricreatorio San MicheleINFO E ISCRIZIONI? tel. 340 7952720 www.ricre.org�

CHE DIVERTIMENTO

CON LE NUOVE

APPARECCHIATURE ELETTRONICHE!

… ma sotto sembra esserci un’organizzazione

segreta: per smascherarla bisognerà

dimostrare molto coraggio, ricordandosi che

nulla è impossibile e tutto …

SI PUÒ FARE!!!

Tra mille giochi entusiasmanti e laboratori creativi

perino fare i compiti estivi diventerà un diver-timento…

Inoltre… Laboratori speciali

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- BIBLIOTECA COMUNALE- EDITORIALE SCIENZA di Trieste: Giocattoli

e giochi scientiici

… e con le USCITE ogni settimana scopriremo qualcosa di nuovo della nostra regione…

GLI ANIMATORI DEL TEAM DI ESTATE INSIEME TI ASPETTANO!

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Entra nel ricre medievale, indossa l’armatura da cavaliere e fai parte di una casata.

Una sfida, un torneo medievale tra duchi, marchesi e cavalieri impertinenti.

Tutto per conquistare un titolo nobiliare ed essere nominato Cavaliere della Tavola delle Rotonde.

Ma questo sara’ possibile soltanto con il tuo aiuto e soprattutto con un po’ di immaginazione

e tanta fantasia! ! !

Tutto e’ pronto per accoglierti e farti passare 15 giorni indimenticabili…

Attraverso il gioco, i corsi, il canto, sotto lo sguardo del Cielo e in compagnia dei fantastici animatori, anche

tu sarai protagonista di questa Estate Insieme 2010!

LE ISCRIZIONIDal 13 luglio al 12 agosto

ogni martedì e giovedì dalle 18.00 alle 19.00presso la direzione del ricreatorio dietro ai campi da gioco

sono aperte le iscrizioni(0431 / 35233 - Sandro Campisi: 3474007667)

ATTENZIONE!!!Puoi venire se sei nato tra il 1996 e il 2004

(dall’ultimo anno della scuola maternacompiuto alla III media compiuta)

PROGRAMMAMercoledì 18 agostoore 20.30“Gran Galà” Presentazione di

Estate Insieme 2010

dal 19 agosto al 2 settembreè gioia con Estate Insieme 2010

Giovedì 2 settembreore 20.30Serata Finale diEstate Insieme 2010

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IL PASSATOR CORTESEIl blog di varia umanità a cura di Vanni Veronesi

RAFFAELLO E GLI AFFRESCHI DELLA SEGNATURA - QUARTA PARTE

Ed eccoci, inalmente, all'ultimo affresco della Segnatura: la Scuola di Atene.

Neanche il tempo di osservarlo con calma che già sorge un problema: cosa rap-

presenta il contesto architettonico in cui si muovono i personaggi? Alcuni hanno parlato del progetto per S. Pietro di Donato Bramante: ci credo poco, una chie-

sa dovrebbe avere come minimo un sofitto. La risposta giusta, a parer mio, è anche la più semplice...

…Continua su www.ricre.org/Il-Passator-Cortese.159.0.html

BUONA LA PRIMA!Il blog sul cinema di Marco Simeon

C'ERA UNA VOLTA IL WEST - PUNTATA N. 2JOHN & JOHN: DUE COWBOY D'ALTRI TEMPI

Quando ero molto piccolo, John Wayne era il mio idolo assoluto. Questo era prima che scoprissi cos’è un conservatore reazionario e un po’ guerrafondaio. Vabbé. Ma è rimasto, nonostante questo, il mio incontrastato eroe western. Parlando del leggendario “Duke”, verrebbe quasi da dire: il simbolo di un’epoca. Sicuramente, il simbolo di un genere cinematograico...

…Continua su www.ricre.org/Buona-la-prima.164.0.html

OCCHIO DI BUEIl blog su cucina e buon vivere di Alessandro Morlacco

IL TÈ - PUNTATA N. 1: LE ORIGINI«MIA CARA, GRADISCE UNA TAZZA DI TÈ?»

C’era un tempo, in Italia, in cui solo sentir parlare di tè richiamava igure di vec-chie zie pettegole, o rimandava ad immagini terribilmente kitsh, con pantofole ricamate e biscottini. L’italiano medio, grande amante del caffè in tutte le sue forme, ha spesso snobbato il tè, visto come una bibita dissetante, se fredda, o una brodaglia calda da massacrare con tonnellate di zucchero e succo di limone, utile soprattutto per ‘rimettere a posto’ stomaco e intestino.Ma nelle foglie della Camellia Sinensis, questo il nome botanico della pianta, c’è molto di più, c’è una varietà di gusti, profumi e colori che ha dell’incredibile...

…Continua su www.ricre.org/Occhio-di-Bue.166.0.html

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