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AltraRiforma della Scuola

Date post: 11-Mar-2016
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La proposta di AltraRiforma della Scuola Superiore elaborata nelle assemblee, autogestioni ed occupazioni di questo autunno. La dimostrazione che l'alternativa esiste e può partire da noi studenti
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2 Unione degli stUdenti - il sindacato studentesco 3Unione degli stUdenti - il sindacato studentesco

La distruzione della scuola pubblica avanza.

Dall’insediamento del Governo Berlusco-ni, nel 2008, le studentesse e gli studenti, i docenti e il personale Ata, in particolare i precari della scuola, non hanno avuto un attimo di tregua. L’attacco frontale del Governo ha avuto una forma inedita rispetto a quella dei Governi precedenti. Nelle passate legislature, dalla Moratti fino a Fioroni, si proponeva un modello di scuola che limitava i diritti degli stu-denti, che li selezionava in percorsi sempre più accentuati di serie A (licei), di serie B (tecnici e professionali) e quelli di serie Z (formazione professionale), delineando un modello legato alla competizioni e alle aziende. Ovviamente il Ministro Gelmini ha continuato sulla linea che la Moratti aveva intrapreso creando una scuola individual-

ista e schiava della logiche del mercato.

Inoltre quello che avviene dal 2008 risulta essere nient’altro che una cinica strategia di distruzione della scuola pubblica, ac-compagnata da un corposo finanziamento alle scuole paritarie. I tagli, quasi 8 miliardi in 3 anni non sono solo una semplice cifra, ma un progetto politico chiaro: dequali-ficare tutto il comparto pubblico della formazione per valorizzare i percorsi di formazione privata. Tutto ciò ovviamente in linea con i processi di mercificazione e privatizzazione del sapere che in Europa portano all’aumento delle tasse, alla privat-izzazione di scuole e università.

Vent’anni di buone ragioni

Le responsabilità dello stato di de-qualificazione della scuola pubblica, del suo declino educativo e forma-

tivo viene da lontano. Da oltre vent’ anni movimenti studenteschi di forte intensità hanno contrastato i governi che in diverse forme e modi hanno realizzato politiche che tentano di distruggere il senso e la natura delle scuola pubblica. Politiche di governi di destra e di sinistra che in questi venti anni hanno permesso ai governi di fi-nanziare scuole private, dequalificando la qualità della formazione, riducendo il personale docente e la sua formazione.

Questi venti anni di politiche scellerate hanno prodotto un modello di scuola sem-pre più simile ad un’azienda, hanno in-asprito con metodi repressivi i diritti delle studentesse e degli studenti e negli ultimi cinque anni hanno poi cominciato a tagli-are fondi ingenti sulla scuola pubblica. Tut-to ciò è per noi inaccettabile. Non è pen-sabile continuare a mettere le mani sulla scuola pubblica, senza che le studentesse e gli studenti possano essere protagonisti delle riforme e dei cambiamenti della scu-ola. Le riforme degli ultimi venti non hanno mai davvero innovato la scuola, anzi hanno costruito un processo di distruzione sem-pre più evidente.

Per questo le nostre ragioni sono più che buone per scendere in piazza e protes-

tare e sognare una scuola e un mondo nuovo. Ecco da dove nasce il progetto dell’AltraRiforma. Un’idea costruita nelle scuole dopo l’Autunno del 2009 e che ha trovato spazio e costruzione in quest’ultimo autunno. Un progetto, frutto delle lotte de-gli studenti degli ultimi anni, che prova ad essere un raccoglitore di queste esperienze.

L’AltraRiforma è quindi una piattaforma di analisi e proposte per un’Altra Scuola. Questo testo scritto dagli studenti di tutta Italia frutto di assemblee e di confronti che hanno provato a immaginarsi una scuola diversa fondata su democrazia, diritti, libertà di accesso ai saperi e alla cultura, una scuola capace di dare gli strumenti per analizzare la realtà e non per farsi schi-acciare da un sistema che dalle scuole ai luoghi del lavoro impone un unico modello di vita: quello del controllo, dello sfrutta-mento, della subordinazione. In una parola: precarietà.

Presentiamo di seguito un documento breve, con le analisi, le proposte, la co-municazione e le modalità con cui possi-amo cominciare a praticare dalle scuole, a costo zero un’altra scuola possibile e le rivendicazioni di politiche nazionali e locali per il diritto allo studio e l’edilizia scolas-tica.

4 Unione degli stUdenti - il sindacato studentesco 5Unione degli stUdenti - il sindacato studentesco

Le conseguenze nelle scuole hanno una ripercussione quotidiana sulla pelle degli studenti e dei docenti. A pa-

garne sono i precari, ma anche gli stu-denti. I migliaia di docenti precari, infatti, costretti a bassi salari e ad una continua interruzione della continuità didattica non riescono a costruire né una formazione continua, né una valutazione reale degli studenti ai quali insegnano.

Cambiare docente di anno in anno, provoca per lo studente un cambio di libri di tes-to, di metodo di insegnamento e quindi di metodo di apprendimento, provocando una confusione che pochi studenti riescono a comprendere e a reggere, mentre la stra-grande maggioranza si affida a ripetizioni private ad altissimo costo.

L’assenza poi di fondi per il diritto allo studio sta provocando sem-pre di più, soprattutto al Sud, ma anche in regioni come il Veneto, un tasso elevatissi-mo di dispersione scolastica, soprattutto nei tecnici e pro-fessionali legati maggiormente al fenomeno degli studenti mi-granti. L’assenza di politiche reali per gli studenti che hanno un reddito basso e vivono una condizione sociale e culturale

difficile, provoca l’abbandono dalle aule con conseguente aumento di braccia per il lavoro nero, le criminalità organizzate, il precariato oppure alla disoccupazione dif-

fusa.

Non esiste una legge “quad-ro” nazionale che regoli il diritto allo studio, creando in alcune regioni il “mostro”

del buono scuola che premia gli studenti che si iscrivono alle

private e con alti redditi anziché le studentesse e gli studenti delle scuole statali con basso reddito. E si permettono anche di parlarci di merito! Il mancato in-vestimento, poi, in strutture scolastiche a norma di legge dequalifica ulteriormente le nostre scuole, senza palestre, laboratori, con aule troppo strette e strutture igien-iche inesistenti o inadeguate per il numero degli studenti. La riduzione infine delle

ore laboratoriali negli istituti tecnici e professionali provoca un ulte-

riore svuotamento di valore e di qualifica che questi istituti dovrebbero garantire agli stu-denti.

Non solo viviamo una scuola senza strutture adeguate, risorse

per il diritto allo studio e riduzione del personale docente e tecnico amminis-trativo, ma i problemi delle nostre scuole

Quali conseguenze nelle scuole, dopo due anni di tagli?

i tagli si riper-cUotono forte-

mente sUl sUccesso formativo degli

stUdenti

Un disegno preciso teso a

deqUalificare la scUola pUbblica a favore di qUella

privata

sono legate ad un’assenza di rinnova-mento delle metodologie didattiche ed ad un’impostazione che va indietro di 40 anni e rispolvera le peggiori misure repres-sive.

La scuola quindi, secondo il pro-getto della Gelmini, non è più il luogo composto da una co-munità scolastica con diritti e doveri che compartecipa alla costruzione della stessa, ma è il luogo ottocentesco della trasmis-sione delle nozioni, dell’obbedienza a prescindere al docente, all’assenza di diritti. Non si concepisce, infatti, ogni forma di dissenso e pertanto deve essere repres-sa. E’ questo lo schema che presidi, sempre più manager delle scuole aziende, hanno cercato di applicare contro il diritto al dis-senso che gli studenti hanno manifestato in questo autunno, partendo dal conteggio del limite delle 50 assenze con i giorni di autogestione o occupazioni, giornate in cui gli studenti erano presenti nelle scuole svolgendo attività alternative a quelle tip-iche della scuola.

Non si può di certo continuare a vivere in una scuola incapace di rispettare i minimi diritti democratici delle stu-dentesse e degli studenti. La repressione del dissenso è lo strumento politico per reprimere le mobilitazioni, ma anche per formare studentesse e studenti senza spina dorsale, incuranti dei propri diritti, pronti a farsi schiacciare in prima battuta

dall’autoritarismo dei presidi e in seconda battuta dai padroni nei luoghi del lavoro.

L’incuranza poi di sviluppare pratiche di-dattiche alternative e di accompagnamento

alla lezione frontale, sono il segno di una scuola conservatrice, la

cui innovazione è solo uno spot elettorale, che nas-conde o privatizzazioni o inu-tili provvedimenti da regime.

La scuola italiana resta ancora legata alla trasmissione delle

nozioni e continua a non indagare il metodo con cui si apprende lasciando sprofondare gli studenti italiani agli ultimi posti in Europa e con tantissime difficoltà nell’approcciare al mondo del lavoro o de-gli studi universitari.

la repressione del dissenso avviene

nelle scUole a più livelli

6 Unione degli stUdenti - il sindacato studentesco 7Unione degli stUdenti - il sindacato studentesco

E’ evidente che gli ultimi provvedimenti del Ministro Gelmini in termini di ridefinizione dei cicli scolastici non sono altro che una buffonata presentata per Riforma dei cicli. Con la scusa della razionalizzazione dei percorsi formativi, messi in campo dalle sperimentazioni del Progetto Brocca nella fine degli anni ‘90 e mai più rime-ssi a sistema dai governi suc-cessivi, si giustifica invece un progetto politico eco-nomico, che entra in vigore con la legge finanziaria 133/08 ed attra-versa l’ultima manovra finanziaria del Gov-erno Berlusconi, che punta a dequalificare i percorsi scolastici, in particolare quelli dei tecnici e dei professionali riducendo le ore, in particolare quelle laboratoriali, senza modificare la didattica e il percorso di studio per-altro.

Un modello mai cambiato di struttura della scuola, che ri-sale alla riforma fascista di Gentile (1925) che divideva i percorsi formativi, individuando due di-versi ambiti della formazione: il sapere e il saper fare. Quest’ottica fa nascere da una parte i licei e dall’altra i sistemi di istruzi-

one tecnica e professionale seguendo la ra-gione del modello di produzione di allora; da una parte, quindi gli operai che hanno bisogno di nozioni applicative e dall’altra parte i quadri dirigenti che invece neces-

sitavano di una formazione gen-erale che fosse capace di dare le

nozioni per svolgere una forma di lavoro “più intellettuale”.

Il Ministro Moratti, ha provato a rispolverare nella fase 2001-

2006, un modello di scuola di selezione sociale, legata fortemente

al familismo, cioè al legare lo studente alla sua provenienza e alle scelte della famiglia. Lo stesso modello che, al di là del tecnicis-mo dei provvedimenti, ricalca ideologica-mente anche il Ministro Gelmini.

Riteniamo, invece fonda-mentale la persona venga messa al centro dei proces-si di apprendimento, con le proprie attitudini e sensibil-ità. La famiglia di certo può avere un ruolo guida, ma bisogna ben distinguere le

agenzie formative che non sono e non pos-sono essere messe sullo stesso piano, in un contesto sociale in cui oltretutto il modello

Perché L’Altrariforma? Analisi dei problemi strututtrali della scuola italianascuole di serie a, scuole di serie B e di serie z

della famiglia è in crisi evidente. Il modello della Moratti e della Gelmini, invece pon-gono in piano parallelo la famiglia e la scu-ola, rifiutando l’idea che la scuola sia fonte di strumenti per superare tutte le distonie che si possono incontrare nel proprio con-testo familiare verso l’emancipazione e re-alizzazione individuale.

Difronte a noi abbiamo una scuola sec-ondaria fortemente selettiva al suo in-gresso, che seleziona gli studenti in tre per-corsi formativi ben definiti:

Percorsi di serie A: i Licei. Il processo di licealizzazione proposto dalla Moratti anche degli Istituti Tecnici non viene ripreso dal Ministro Gelmini, ma il tema dei licei, come percorso formativo superiore ris-petto agli altri con funzione realizzatrice della futura classe dirigente non è stato minimamente dismesso dal ministro. Basta guardare le distanze dei libri di testo di italiano e storia del primo anno di un liceo e di un primo anno di un tecnico o di un pro-fessionale.

Percorsi di Serie B: Gli Istituti tecnici e professionali. Sempre di più nell’ottica di parcheggi verso il mondo del lavoro, gli is-tituti tecnici e professionali vengono ul-teriormente dequalificati tagliando le ore dei laboratori e istituendo stages formativi non sufficientemente professionalizzante rispetto alle richieste del mondo del lavoro.

Percorsi di Serie Z: La Formazione Pro-fessionale. Per cancellare i provve-

dimenti del centrosinistra che reintroducevano l’obbligo sco-

lastico fino a 16 anni, il Min-istro Gelmini ha rispolverato la Formazione Professionale, un non-canale formativo, che

ti da la possibilità di assolvere l’obbligo scolastico a 16 anni. La

Formazione Professionale è totalmente diversa dall’Istruzione Professionale: non è previsto un percorso di studi, ma semplice-mente una formazione di avviamento al lavoro presso un’azienda. In poche parole manodopera minorile a costo zero per le aziende!

il divario fra licei, tecnici,

professionali e la formazione allo

sfrUttamento

il progetto po-litico di divisione

classista tra sapere e saper fare

8 Unione degli stUdenti - il sindacato studentesco 9Unione degli stUdenti - il sindacato studentesco

La scuola italiana è contraddistinta dal dogmatismo, dal nozionismo e dal for-malismo, incrostazioni di un sistema an-cora impostato su modello gentiliano. La questione scolastica italiana, dunque, è complessa. La didattica è una questione che spesso ha avuto un ruolo mar-ginale nei numerosi processi di riforma che si sono succeduti negli ultimi 20 anni. La nos-tra critica si è concentrata principalmente sul modello di lezione frontale (o catte-dratico). La lezione frontale rap-presenta solo uno dei grandi limiti della pratica educativa italiana.

L’unilateralità del messaggio che passa attraverso lo svolgimento della lezione frontale è un atteggiamento diffuso nella scuola e questo rende, in modo implicito, ancora più rigida la gerarchia che esiste tra docenti e studenti. Inoltre proprio per-chè la lezione cattedratica è caratterizzata da un linguaggio unilaterale non lascia lo spazio al confronto, al commento, alla critica, all’approfondimento dei temi trat-tati. A questo punto diventa importante creare o ricercare un nuovo linguaggio da utilizzare nella pratica della lezione.

L’italia è l’unico paese europeo che vive una grande contraddizione. Solo in italia,

infatti, esiste un rapporto gerarchico tra i saperi che è rappresentato dalla grande differenza che c’è tra i licei e gli istituti tecnici e professionali. Questa differenza deve essere superata restituendo pari dignità a tutti gli indirizzi e a tutti i can-

ali di formazione. Inoltre, l’esubero di studenti presenti nelle classi

comporta diversi problemi, non solo dal punto di vista della sicurezza, ma anche dal punto di vista della socializ-

zazione, dell’integrazione prima e dell’efficacia dell’azione forma-

tiva dopo. Nelle classi numerose di-venta più difficile la socializzazione e l’integrazione perché si hanno delle dif-ficoltà a creare reti fitte di comunicazione.

La didattica italiana: tra restaurazione e rivoluzione

E’ fondamentale mettere al centro dei processi formativi lo studente renden-dolo partecipe, attivo e protagonista della propria formazione. Ciò si realizza con un nuovo modo di fare lezione, con nuove discipline da inseg-nare, con un’organizzazione più chiara dei curricoli e con classi meno numerose.

Bisogna affrontare la lezione in modo diverso in quanto esistono vari modi per condurre la lezione: lettura dei testi, lezione dialogata, tem-pesta di idee, discussione tra studenti, dis-cussione insegnante e studente, istruzione programmata (con l’ausilio di computer), uso di laboratori, lezione in cerchio. Utiliz-zare strategie isolite per la gestione della lezione significa iniziare a superare il nozi-onismo che caratterizza la scuola italiana e rendere partecipe lo studente. E’ necessa-rio una distribuzione equa delle discipline per avere una formazione pluridisciplinare. Per quanto riguarda la didattica italiana, non ci possiamo fermare solo ad un’analisi globale della scuola italiana, ma sono nec-essari degli interventi efficaci che devono essere il presupposto di un cambiamento complessivo della scuola. Cambiare la di-dattica nelle singole realtà e mettere in rete questi cambiamenti significa trasfor-mare dal basso la scuola italiana.

lezione frontale

Ad oggi le scienze dell’educazione offrono

ai docenti vari modellio per condurre la lezione, ma come spesso succede la lezi-one viene svolta in modo tradizionale

con la “lezione frontale” (o catte-dratica):

La lezione frontale deve rappresentare un momento della lezione, la sintesi o l’inizio della lezione. Invece

oggi rappresenta l’unica strategia per condurre la lezi-

one. Il limite di tale lezione con-siste nel fatto che il l’apprendimento avviene in modo passivo, dopo 45 minuti cala l’attenzione (come di-mostrato da molte ricerche scienti-fiche), il messaggio passa attraverso un unico canale che va dal docente allo studente.

altri modelli di lezione

Lettura dei testi: il docente fa leggere un testo, dopo la lettura questo viene com-mentato. Solitamente il commento non è fatto solo dall’insegnante, bensì è la cooperazione tra docente e studente fa emergere il commento.

Lezione dialogata: la lezione si basa sul dialogo, la trasmissione del sapere non

dogmatismo, nozionismo,

formalismo, lezione frontale. gli at-

tribUti di Una scU-ola vecchia

cambiare la didat-tica significa tras-formare dal basso

la scUola.

10 Unione degli stUdenti - il sindacato studentesco 11Unione degli stUdenti - il sindacato studentesco

avviene in modo dogmatico. Il dialogo di-venta lo strumento per la trasmissione del sapere.

Tempesta di idee: questo tipo di lezione è probabilmente il più efficace. Si parte dall’argomento di discussione, gli stu-denti esprimono ciò che pensano rispetto al tema della discus-sione e il docente, dopo aver ascoltato gli studenti, fa partare la propria spiegazi-one dagli elementi emersi da quello che è stato espresso da-gli studenti. Lo studente si sente parte attiva dalla lezione e partecipa con voglia. L’apprendimento è facilitato dalla partecipazione.

Discussione tra studenti: il docente dà la possibilità agli studenti di confrontarsi e discutere di ciò che si sta spiegando.

Discussione insegnante e studenti: la spiegazione non è dogmatica. Non è rap-presentata da ciò che è già scritto sui libri, bensì si basa sulla discussione critica tra l’insegnante e gli studenti.

Istruzione programmata: si fa uso del computer, di slide, di materiali, di ricerche.

Uso di laboratori: l’utilizzo dei laboratori è prioritario per le discipline scientifiche. Per le materie scientifiche, il discorso è parti-colare, perché si deve partire dalla lezione frontale, poi la parte teorica deve essere

accompagnata sempre dalla parte pratica.

Circole time: si supera la classica dispo-sizione dei banchi, gli studenti si dispngo-no in modo circolare e il docente, che non ha una posizione gerarchica in quanto fa

parte del cerchio, fa lezione insieme agli studenti.

Bisogna dire che questi tipi di lezione non si escludono a vicenda, invece sono delle strategie che possono essere

utilizzate anche contemporanea-mente. La lezione frontale, inoltre

non è il male assoluto. L’interpretazione che viene data a questo modo di condurre la lezione è sbagliata. Infatti essa deve rappresentare l’approccio alla lezione, essere un momento della lezione.

la Valutazione del docente Ver-so lo studente

Nodale nell’analisi della costruzione della valutazione è quella del Docente verso lo Studente. Bisogna fare un tipo di sforzo per superare quella sentenza, quel giudizio di cui abbiamo parlato prima. Innanzitutto la valutazione oggi deve superare il mod-ello della verifica a sorpresa, modello che si porta lo studente a studiare quotidi-anamente, ma che non valuta in maniera complessiva la qualità formativa e il po-tenziale elaborativo che lo studente può essere in grado di realizzare.

La verifica deve avere delle scadenze pre-cise e cadenzate nel tempo. La valutazione deve superare la logica per cui prendere 4, o prendere 5 rappresenta un voto negativo.

Bisogna smettere di pensare che tempora-nee carenze siano segnale di ignoranza e marginalizzazione dello studente. Per fare ciò è necessario istituire un incontro individuale ogni due mesi tra il docente e lo studente dove il docente costruisce, anche tramite elementi di autovalutazione del-lo studente, quali sono le ragioni delle carenze: se è un problema di conoscenze, di competenze o di capacità di apprendi-mento.

Sollevare contraddizioni, far emergere problematicità allo studente in maniera individuale può volere dire avere anche la capacità di fare autocritica da parte del do-cente sul proprio insegnamento e di modellarlo per non lasciare nessuno studente indietro.

Questo tipo di sistema di val-utazione spostata dalla valutazi-one trimestrale o quadrimestrale ad una bimestrale ci sembra necessario.

Questa valutazione non deve avvenire come quella finale tramite voto, ma deve consistere in un lavoro individuale tra do-cente e studente capace di costruire un altro modello di vivere la scuola in termini relazionali.

Ad oggi i quadrimestri o i trimestri servono come incontro scuola-famiglia, che elimi-nano quindi il passaggio individuale tra il docente e lo studente, dove il docente si lamenta di quanto sia svogliato o di quanto sia poco capace il proprio figlio. Bisogna invece costruire questa narrazione appunto della valutazione.

Bisogna pensare, invece, la verifica anche come verifica dello studio dello stu-dente. Pensare la scuola come luogo dove poter ospitare tempi e spazi per studiare

durante la giorna-ta o in una fase de-terminata dell’anno scolastico significa dare la possibilità al docente di verifi-care quanto e come studia lo studente e lavorare anche su questo tas-sello. Sperimentare queste forme vor-rebbe dire provare a cambiare la mar-cia, a dare un senso

tutto diverso alla scuola.

la lezione fron-tale è solo Uno dei tanti metodi di lezi-

one possibile.

12 Unione degli stUdenti - il sindacato studentesco 13Unione degli stUdenti - il sindacato studentesco

È innegabile che la Repubblica Italiana non garantisca a tutti il diritto fondamentale e inalienabile dell’accesso all’istruzione e ai canali formativi.

La negazione dell’esercizio del diritto allo studio è da sem-pre il primo fattore di dis-criminazione sociale, dove l’apprendimento è una pos-sibilità relativa alle condizioni economiche di partenza.

Nonostante il progressivo miglioramento delle condizioni materiali delle persone, la media dei cittadini che hanno seguito un percorso formativo, dal più basso al più alto livello d’istruzione, continua ad essere troppo bassa, soprattutto rispetto alla me-dia europea e ad alcuni stati come Ger-mania, Gran Bretagna e paesi Scandinavi, dove la presenza di un forte stato sociale e politiche per l’accesso ai canali formativi, ha sempre garantito altissimi livelli di scolarizzazione e un conseg-uente buon livello delle con-dizioni di vita.

È chiaro, quindi, che il basso tasso di scolarizzazione nel nostro paese, non sia certo do-vuto ad una sovrabbondanza di la-voro disponibile. La causa è, invece, da ricercare nella discriminante economica, che, tuttora come ieri, costituisce lo scoglio

più grande nell’accesso ai canali formativi convenzionali.

Quale idea di diritto allo studio?

Occorre la capacità di interpre-tare i reali bisogni, dargli forma e sostanza, per poi interloquire con la politica nella prospet-tiva comune di migliorare

le condizioni di vita di tutti, a partire dalle prospettive esist-

enziali dell’individuo e quindi della collettività, che oggi sono sempre più pre-carie, incerte e preoccupanti. Questa situ-azione è dovuta al mancato adattamento dei modelli sociali e di welfare alle tras-formazioni intercorse nel confine, sempre più sottile, tra formazione e produzione.

L’idea di welfare state e la sua riproduzi-one nelle politiche sociali non ha superato un paradigma ormai obsoleto, per il quale

il momento della formazione è prec-edente a quello della produzione

e viceversa.

L’esigenza quindi è quella di individuare strumenti di protezione sociale che renda-

no concreto un nuovo modello vicino ai reali bisogni di chi studia

e lavora, di chi produce sapere e con-oscenze. Per costruire una società diver-sa, dove non ci sia più esclusione sociale,

Diritto allo studiol’obiettivo deve essere quello di abbattere le recinzioni del sapere e garantire pari opportunità di accesso, perché nella so-cietà della conoscenza l’accesso al sapere è la prima fonte di discriminazione sociale.

Intendiamo, quindi, rivendi-care lo strumento del reddi-to per i soggetti in formazi-one, ovvero di un sistema integrato che, tenendo presente il carattere pubblico e gratuito dei saperi e della conoscenza, punti a real-izzare un’autentica autonomia degli in-dividui nell’ambito dei propri percorsi di formazione.

Immaginiamo un sistema integrato di servi-zi e borse economiche che accompagni e sia la base di ogni processo di apprendi-mento e formazione. Il superamento della logica assistenzialista sta nel garantire totale autonomia nelle scelte del proprio percorso di apprendi-mento e, soprattutto, nel dare la possibilità di accesso ai can-ali formativi complementari a prescindere dalla condizione economica di partenza.

Bisogna chiarire che il reddito per i soggetti in formazione non è un singolo provvedimento legislativo, ma è un comp-lesso di norme che hanno l’obiettivo di costruire un sistema integrato di borse di studio senza vincolo di spesa e una

fitta rete di servizi sul territorio, che garan-tiscano l’orientamento nei percorsi forma-tivi, l’agevolazione sui consumi culturali e sulla mobilità.

Diritto allo studio, un diritto di tutti: una legge quadro nazion-

ale per il diritto allo studio.

Oggi abbiamo una forte frammentazione dei sistemi

di diritto allo studio, a par-tire dall’erogazione delle borse,

fino allo stesso impianto di fondo che ispira le singole leggi regionali.

Da un lato abbiamo modelli avanzati, mol-to più vicini alle esigenze dei nostri tempi e soprattutto sensibili rispetto al principio reddituale e, cioè, “a partire dalle fasce meno abbienti”.

Dall’altro lato abbiamo una visione del dirit-to allo studio come potenziamento e pari-

ficazione dell’accesso all’istruzione privata, in base al rimborso delle

spese sostenute.

Tutte le Regioni amministrate dal centro-destra e dal centro-

sinistra, hanno adottato la log-ica del buono scuola e del rim-

borso delle spese, che ovviamente, sono più alte nel sistema privato che nel sistema pubblico d’istruzione. Il buono scuola, però, non tiene assolutamente con-to di tutte quelle forme complementari di accesso al sapere, come il diritto alla mo-

in italia continUa ad esserci Un basso tasso di scolariz-

zazione

Un nUovo wel-fare e diritto allo

stUdio per garantire l’accesso alla formazione

reddito di formazione per

garantire la piena aUtonomia sociale

sUperare la logica del bUono scUola e promUo-vere Un reddito senza vincoli di

spesa

14 Unione degli stUdenti - il sindacato studentesco 15Unione degli stUdenti - il sindacato studentesco

bilità e alle agevolazioni ai consumi cul-turali. È così forte e marcata la differenza tra i vari modelli, che avvertiamo un paese frammentato e spaccato, nel quale incide più la residenza che la cittadinanza.

Per questo chiediamo l’istituzione di una legge quadro nazionale sul diritto allo studio, che fissi i paletti su cui si devono fondare le leggi regionali. I diritti non sono regionalizzabili, questa deve essere la logica di una rifles-sione profonda sul sistema nazionale di di-ritto allo studio, che riaffermi l’importanza dell’universalità dell’accesso all’istruzione, anche per lo sviluppo del paese.

Chiediamo una legge che imponga mas-sicci investimenti da parte delle istituzi-oni regionali, che elimini il principio della discrezionalità del sistema di diritto allo studio adottabile, che delinei i principi a livello nazionale e lasci la gestione e l’organizzazione alle Regioni, per evitare ob-soleti accentramenti, man-tenendo però una forte uguaglianza nei diritti che lo Stato ha l’obbligo di ga-rantire.

Una legge sul diritto allo studio deve prevedere l’istituzione

• Borse di studio reali

alle studentesse e gli studenti che han-no disagio economico e sociale;

• Diritto alla mobilità per tutte e tutti;

•Accesso gratuito o agevolato ai consumi e alle iniziative culturali;

• Comodato d’uso per i libri di testo, una formula che ha dimostrato nei fatti di es-sere efficace e diretta;

• Esenzione delle tasse per quei soggetti che potenzialmente

sono a rischio dispersione;

• Istituzione di sportelli d’orientamento su tutto il territorio nazionale ed in ogni singola scuola;

• Sostegno agli studenti portatori di handicap;

Niente, o quasi, è stato fatto per gli stu-denti immigrati, né per gli immigrati che

sono nell’età di scolariz-zazione, ma non hanno la possibilità economica di accedere all’istruzione. Oc-corrono misure ad hoc per l’integrazione degli im-migrati e per garantirne l’accesso ai canali formativi, con la gratuità delle tasse e l’accesso a borse di studio per coprire le spese ordinarie e straordinarie.

terza area e alternanza scuola laVoro

La formazione professionale in Italia av-viene su due canali: quello misto classe/ luogo di lavoro e quello svolto interamente in un luogo di lavoro.

La prima tipologia (mista) è costituita dalla terza area per gli istituti Porfession-ali (D.M. 15 Aprile 1994) e dall’Alternanza Scuola La-voro (Legge 53/03) per tutte le tipologie di scuole. Si riv-olgono solo agli studenti che hanno assolto l’obbligo sco-lastico, risultano a pieno tito-lo nel POF in quanto attività didattica.

Non vi è rapporto di lav-oro il che implica l’assenza di contratto e quindi di retribuzione. C’è solo un ac-cordo tra scuole o ministero e aziende o gruppi professionali o accordi tra regioni e gruppi professionali per la terza Area. Lo studente, non essendo in un rapporto di la-voro, non è remunerato (può accedere solo a coperture parziali delle spese) ma dis-pone di coperture assicurative. Dal punto di vista didattico il progetto di tirocinio si basa su obiettivi formativi, ha valenza per i crediti formativi, è supervisionato da

un tutor interno (un professore) e uno es-terno (un lavoratore dell’azienda). Essi sono i referenti a cui lo studente si rivolge, senza però avere né la copertura da parte del-lo Statuto dei Lavoratori né quelli degli Studenti e delle Studentesse, implicando la non possibilità reale di avere diritto di parola sulle condizioni di svolgimento, tale

controllo spetta al tutor in-terno.

I percorsi di alternanza sono tuttora una sperimentazione sancita dal Decreto 77/05. Il Pacchetto Treu dà la pos-sibilità di fare questi stage fuori dal periodo di apertu-ra delle scuole con i Tirocini Estivi. La legge 30/03 specifi-ca che l’unica differenza con gli altri tirocini è la possibilità di una remunerazione chia-

mata “borsa di lavoro” che non può su-perare il 600€ al mese.

l’apprendistato e il diritto-do-Vere alla formazione

La rivoluzione portata dalla riforma Moratti è l’introduzione del concetto di diritto-dovere che sostituisce quello di obbligo formativo specificando che esso può essere assolto nel secondo ciclo superiore tramite l’istruzione o tramite la FP e nello specifico

Una legge qUadro nazionale per il di-ritto allo stUdio

Formazione professionale

16 Unione degli stUdenti - il sindacato studentesco 17Unione degli stUdenti - il sindacato studentesco

con il primo dei tre apprendistati introdotti dalla Legge 30/03.

Nell’apprendistato è il datore di lavoro che diventa l’insegnante fino al consegui-mento di un diploma, è lui che deve rispet-tare i requisiti didattici imposti dal contrat-to di apprendista. Oltre all’assicurazione l’apprendista ha il diritto a uno stipendio non minore a quello di due qualifiche infe-riori a quella di cui si svolge la mansione.Nel contratto di lavoro risulta la qualifica professionale che lo studente raggiungerà secondo un preciso percorso formativo. L’apprendistato mostra una volontà di formare persone su un solo sapere, il quale dovrà essere riadattato a seconda delle necessità lavorative imposte dalla flessibilità, un life-long learning imposta-to solo su specifiche competenze profes-sioanli e non sui saperi in sendo lato.

pregi e difetti della formazione professionale

Per quanto riguarda gli stage sia nella for-ma di terza area che di alternanza scuola lavoro si possono riscontrare tre or-dini di problemi:

• Accessibilità: spesso i pro-getti non toccano tutta la classe in seguito ad una scrematura che avviene per “merito” che impedisce a chi è rimasto indietro di fruire di quest’opportunità. In secondo luogo

i programmi di stage hanno spesso costi esosi (per esempio per gli studenti di un al-berghiero che devono spostarsi in un’altra città per fare quest esperienza) creando una barriera di tipo economico.

Democrazia: la scelta dei progetti non viene fatta sentendo gli studenti che si trovano coinvolti in attività scarsamente sentite e spesso poco preparate. Inoltre durante gli stage non sono garantite as-semblee con i propri compagni di classe che svolgono altri stage e neanche incontri intermedi con i due tutor, i quali scelgono se dare o meno il credito formativo a loro discrezione, senza sentire se lo studente ha avuto dei problemi in azienda.

Didattica: non ci sono elementi di con-trollo della buona riuscita dell’esperienza di stage. Chi dovrebbe controllare (il tu-tor esterno) è un responsabile dell’azienda spesso disinteressato al tirocinio dello stu-dente. Allo stesso modo non ci sono ele-menti in grado di uniformare dal punto di vista dell’apprendimento le diverse espe-rienze che si svogono nella stessa classe.

Sull’apprendistato si può dire che è una forma di apprendimen-

to troppo spostata sul saper fare e non è in grado di for-mare un cittadino a tutto ton-do ma solo un lavoratore tra

l’altro con competenze ridotte ad un solo ambito lavorativo.

L’Italia non sarà mai un paese avanzato finché non investirà con serietà nella formazione e nella tutela degli studenti negli ambienti della formazione.

I nostri studenti non saranno mai citta-dini sani e sicuri finché le loro sc-uole saranno luoghi fatiscen-ti, angusti e privi di spazi per le attività didattiche.

I nostri saperi non saranno mai versatili finché la scuola non garantirà strutture adeg-uate all’accoglienza degli studen-ti per le attività extrascolastiche, le assem-blee, l’aggregazione, la ricreazione.

Le nostra scuola non ci educherà mai alla cultura del lavoro e della sicurezza fin-ché non rispetterà sistematicamente le norme previste dalla legge, finché ci cata-pulterà in stage professionalizzanti privi di tutele, finché ci farà vivere la sicurezza come un limite e mai come un fattore di crescita formativa.

Da anni denunci-amo tagli all’intero sistema scolas-tico, dai fondi per l’autonomia a quelli per il personale, fino

ad arrivare ai fondi per l’adeguamento strutturale, la messa in sicurezza, la creazi-one di nuove scuole.

La situazione, già di per sé storicamente complicata, ha conosciuto con il gov-

erno di centro-destra picchi di insostenibilità preoccupanti.

Dapprima si sono decimate, poi nascoste, e per finire azzerate, nella finanziaria di un paese tra i più ricchi del pianeta, tutte le

risorse utili all’edilizia scolastica.

Le scuole italiane, intanto, registrano dati allarmanti: il 50% degli edifici sono stati costruiti prima del 1965, uno su cinque è ubicato in zone a rischio sismico, in circa la metà di essi sono presenti crepe nei muri e si verificano con frequenza crolli di intonaco, nel 39% dei casi gli studenti siedono su sedie in parte rotte, in una

scuola su quattro sono presenti bar-riere architettoniche all’ingresso, il 90% delle palestre non possiede attrez-zature per gli stu-denti con handi-cap, in un edificio su tre non esistono le scale di sicurezza, uno su cinque non

scarsa acces-sibilità, poca

democrazia e man-canza di obiettivi

formativi

L’Edilizia Scolastica: una riforma “strutturale”

qUale cUltUra del lavoro e della sicUrezza se stUdi-amo in scUole così

fatiscenti?

18 Unione degli stUdenti - il sindacato studentesco 19Unione degli stUdenti - il sindacato studentesco

ha le porte antipanico…

La situazione di precarietà statica degli edifici, sommata alla scarsa considerazione delle norme di sicurezza e alla mancanza fisica di spazi, strutture, attrezzature, suppellettili e materiale didattico, ci dipingono un quadro nazionale, certamente variegato ma altrettanto sconcer-tante dal Nord al Sud del Paese.

Situazioni a rischio fisico e morale che coinvolgono la maggior parte di quelle 10 milioni di persone che ogni giorno si recano a scuola.

Questi sono: la mancanza di piani di investimento programmatici e straordinari sul tema dell’edilizia scolastica, la continua proroga all’adeguamento, stabilito per legge, delle scu-ole al decreto legislativo sulla sicurezza dei luoghi di lavoro n. 626/94; il mancato finan-ziamento della legge n.23/96 sulle competenze di comuni e province per la disponibilità e la riqualificazione delle strutture e il soddisfacimento del fabbisogno immediato di aule.

Rivendicazioni

per una scuola

DIVERSA>>

Pretendiamo l’immediato ritiro dei tagli e investimenti per la stabilizzazione dei precari, per il diritto allo studio, l’edilizia scolastica e l’offerta formativa, partendo da un fondo per il protagonismo studentesco. Bisognerà quindi tagliare le spese militari, tassare le rendite, togliere i fondi alle scu-ole paritarie, investire i soldi dell’evasione

fiscale nell’istruzione.

Bisogna reinvestire sulla scuola pubblica. E’ necessario investire almeno 10 miliardi di euro, considerando gli 8 miliardi tag-liati negli ultimi 3 anni, dalla prossima finanziaria

Riteniamo necessario una legge ”quadro” nazionale sul diritto allo studio, una legge che abbia la capacità di inquadrare un uni-co modello di diritto allo studio, che parta da borse di studio per gli studenti con red-diti bassi e medio bassi, gratuità dei tras-porti per tutti, comodato d’uso sui libri di testo, agevolazioni sui consumi culturali. Una legge non basta. Occorre aumentare i fondi sul diritto allo studio per rendere reali queste leggi che spesso restano carta morta. Proposte programmatiche:

1. Portare l’investimento in PIL nazionale dal 4,6 a 6%

2. Istituire il prima possibile un fondo nazionale che sia la base su cui costruire la legge quadro nazionale in materia dirit-to allo studio, accesso ai saperi e welfare

studentesco;

3. Ponderare l’investimento in base all’entità della popolazione studentesca e le fasce reddituali più svantaggiate;

4. Trasferire i milioni di Euro diretti an-nualmente in scuole private al fondo na-zionale

5. Reperire dalle spese militari il maggior numero di risorse possibili;

6. Ritirare e trasferire l’aumento ai CIE e CARA ad un fondo nazionale con maggiore-sensibilità nei confronti dell’inclusione nei percorsi formativi degli studenti o giovani immigrati;

7. Destinare parte della lotta all’evasione fiscale. Le nostre scuole cadono a pezzi. La

risorse alla scuola puBBlica

diritto allo studio

Un’ ALTRA economia

20 Unione degli stUdenti - il sindacato studentesco 21Unione degli stUdenti - il sindacato studentesco

La politica è responsabile di troppe morti bianche, nonché di un numero elevatissimo di infortuni nelle scuole.

Circa il 50% delle scuole italiane non è a norma. Bisogna fare un investimento serio nell’edilizia scolastica perché non avvenga-no più morti bianche e gli studenti possnao

studiare in aule ampie, in scuola con pales-tre e laboratori agibili e usufruibili.

Chiediamo per questo un fondo quinquien-nale straordinario di 14 miliardi di euro capace di mettere a norma tutte le scuole del Paese.

edilizia scolastica

Un’ ALTRA didatticaLa scuola deve ridefinire i propri obiettivi e fini, che secondo noi sono:

• Educare alla cittadinanza attiva e responsabile, dando strumenti per in-terpretare la realtà e il proprio ruolo all’interno della società, in maniera critica.

• Costruire una scuola che si svecchi dal suo autoritarismo e costruisca nella reciprocità il proprio fondamento.

• Trasformare la scuola da luogo di tras-missione delle conoscenze, a sia luogo libero di fruizione, che di costruzione di nuovi saperi. Gli spazi e gli stru-menti della scuola diventano quindi aperti durante tutto il corso della gior-nata e le aule non sono più solo aule di lezione, ma diventano anche aule di studio e di ricerca. Si deve ridefinire in tal senso anche il tempo didattico, non

più inteso solo come lezione e verifica, ma anche come scambio e studio tanto individuale, tanto collettivo con il do-cente.

• Ripristinando una missione educativa nazionale forte, basata su tre I: Impa-rare a imparare, Interpretare, Indi-rizzarsi;

• Inserire l’educazione fra pari, l’autoformazione, l’indagine a par-tire da strumenti multimediali e me-diatici, la propositività degli studenti tra le pratiche quotidiane in ogni parte d’Italia.

• Sviluppare percorsi didattici interdis-ciplinari che abbiano l’obiettivo di ri-uscire a interpretare in maniera comp-lessa la fase storica dal punto di vista letterario, storico, politico, filosofico, economico, artistico e sociologico.

Inoltre sarà necessario per fare ciò coin-volgere gli studenti, come protagonisti del-la programmazione didattica e dell’offerta formativa:

1. Istituire Commissioni Paritetiche di do-centi e studenti per costruire le attività sco-lastiche e il Pof condiviso;

2. Riempire il 15-20% del POF affidato alle scuole autonome attraverso attività inte-grative condivise con gli studenti ad in-izio anno. Ogni singola classe deve poter dedicare le prime assemblee annuali a dis-cutere e proporre tali attività;

3. Le attività complementari, finanziate at-traverso il DPR 567, da realizzarsi nelle scuole aperte al pomeriggio, devono com-prendere attività proposte, pensate e re-alizzate assieme agli studenti;

Chiediamo di costruire una didattica rinnovata:

• Costituendo l’ora di religione con l’ora

di storia delle religioni;

• Attivando risorse economiche ed umane straordinarie per l’inserimento degli studenti appena arrivati nel nos-tro paese;

• Creando momenti formativi sull’Unione Europea; Incentivando scambi e periodi di studio all’estero;

• Promuovendo un’educazione laica alla sessualità, attraverso corsi di preven-zione dei comportamenti a rischio

• Eliminando elementi repressivi dentro alle scuole (telecamere, perquisizioni all’ingresso e all’interno della scuola.

• Lezioni a classi parallele

• Educazione multiculturale, al territo-rio, educazione alla pace e ai diritti umani

• Itinerari didattici sul razzismo, sui di-ritti dei rifugiati

• Itinerari didattici sui diritti delle donne;

Valutato, non schedato

Pensare la valutazione nell’arco di una ridefinizione dei cicli scolastici e dell’insegnamento didattico vuol dire rip-ensare al senso della valutazione stessa.

Oggi la valutazione nel sistema scolastico rappresenta:

1. Un elemento di marginalizzazione sia in termini positivi e negativi. L’80% de-

gli studenti italiani che al primo anno del percorso di studi hanno delle carenze nelle materie continuerà a mantenerlo anche se formalmente passerà il debito formativo.

Questo fa parte di un’ottica dualistica di divisione del gruppo classe in secchioni e ignoranti.

2. Sviluppare la valutazione fra pari, come

22 Unione degli stUdenti - il sindacato studentesco 23Unione degli stUdenti - il sindacato studentesco

una valutazione collettiva della classe.

3. Realizzare una scheda di valutazione condivisa che sia capace di valutare: con-oscenze, competenze, apprendimento;

4. La valutazione che viene condotta dello studente è priva di elementi di autoval-utazione;

5. Le verifiche tendono a valutare la ripro-duzione nozionistica delle nozioni acqui-site;

La pedagogia italiana oggi parla di val-utazione narrativa. Pensiamo che questa idea sia il modello di valutazione più gius-to. Una valutazione come un percorso che si costruisce e che è composto da:

1. Valutazione del docente verso lo stu-dente;

2. Autovalutazione dello studente;

3. Valutazione dello studente verso il do-cente;

Per questo bisogna:

• Superare il modello della verifica a sorpresa;

• La verifica deve avere delle scadenze precise e cadenzate nel tempo;

• Istituire un incontro individuale ogni due mesi tra il docente e lo stu-dente dove il docente costruisce, anche tramite elementi di autovalutazione

dello studente, quali sono le ragioni delle carenze: questa valutazione non deve avvenire come quella finale tramite voto

• Costruire momenti di formazi-one per i docenti, precedenti all’immissione in ruolo, che li pre-parino pedagogicamente a formare gli studenti.

• Sviluppare corsi di aggiornamenti obbligatori e gratuiti, con elementi di pedagogia e didattica che possano formare i docenti oltre che sulla ma-teria, anche sui modelli di didattici in-novativi.

• Costruire un gruppo classe in grado di sviluppare, anziché la competizione, la cooperazione e quindi dare la possibilità di sviluppare un diritto al recupero legato anche al gruppo classe.

diritti! non piegati

Diritto al Recupero – Si dovrebbe pensare ad una regolamentazione nazionale, che imponga alle scuole, per esempio, di pre-vedere ore pomeridiane di recupero delle situazioni svantaggiate, pari almeno al 10% dell’orario curricolare, nelle materie in cui gli studenti incontrano difficoltà, deman-dando la definizione di forme e tempi al consiglio di classe.

Valutazione degli Studenti – Probabil-mente sarebbe ora di mettere in discus-sione l’idea, fin troppo radicata nella scu-ola italiana, della non sindacabilità dei giudizi degli insegnanti, fatta salva la libertà di insegnamento prevista dall’art. 33 della Costituzione Italiana. Una scuola che sia veramente democratica deve am-mettere che un docente possa sbagliare e deve anche saper garantire che questo non si risolva in un ingiustizia ai danni dello studente.

Valutazione delle Scuole – E’ importante che si riconosca, da subito, il diritto degli studenti italiani ad esprimersi nei processi di valutazione.

Revisione del diritto alla consultazione – Chiediamo che il comma 5 art 2 sia ar-ticolato in due comma, di cui uno rende possibile nella singola scuola un referen-

dum la cui risultante è vincolante su tutte le questioni che riguardano la totalità della comunità scolastica; il secondo definisca, invece, la consultazione nazionale che, se pur priva di valore vincolante, deve tras-mettere formalmente al Ministero il parere della generalità degli studenti italiani.

Diritto all’astensione – Il diritto di sciop-ero rientra tra quei diritti fondamentali che la Costituzione garantisce ai lavoratori (art. 40). Siamo convinti che la componente studentesca, che è un soggetto sociale, ha diritto a contestare le politiche in ma-teria di formazione su tutti i livelli (nazi-onale, regionale, locale). Crediamo sia pos-sibile immaginare il diritto alla astensione dalle lezioni come formula di contestazi-one in via eccezionale. Un diritto di questo genere è necessario, se inquadrato in una seria regolamentazione, nonostante le dif-ficoltà a legittimarlo come norma dello Statuto delle Studentesse e degli Studenti.

24 Unione degli stUdenti - il sindacato studentesco 25Unione degli stUdenti - il sindacato studentesco

• Discussione paritetica tra docenti e studenti all’interno degli istituti sui progetti che la scuola si appresta ad intraprendere;

• Uniformare tutto alla forma di alter-nanza scuola lavoro e cancellazione della terza area;

• Coinvolgimento di tutte le tipologie di scuola, incrementando fortemente le forme di apprendimento del saper fare

• Uso del Referendum per quei progetti che vedono una divisione netta tra le stesse componenti scolastiche;

• Accettazione solo di progetti e accordi con aziende che si impegnano a rim-borsare totalmente le spese af-frontate dagli studenti;

• Coinvolgimento di tutte le classi dell’anno preso in considerazione e di tutti gli studenti ad esse iscritte;

• Stages non superiori ai 30 giorni con la possibilità di farne altrettanti du-rante l’estate con remunerazione;

• Preparazione precedente allo stage sulle metodologie di lavoro che gli studenti saranno chiamati ad us-are. La formazione deve avvenire in classe e laboratorio per simulazioni con i macchinari e i materiali che an-

dranno a conoscere:

• Formazione preliminare sui di-ritti dei lavoratori. Solo in questo modo lo stage può essere un esperien-za per il futuro cittadino e non solo per il futuro lavoratore.

• Istituzione di assemblee di classe o di interclasse periodiche per discutere delel differenti esperienze e capire la qualità della propria nel confronto con le altre

• Istituzione di due incontri (uno a metà stage e uno alla fine) tra studente e tu-tors

• Impegno della scuola nel cambiare azienda nel caso in cui uno studente non sia soddisfatto della propria espe-rienza

• Impegno della scuola a interrompere ogni rapporto di collaborazione con aziende che abbiano sfruttato o utiliz-zato gli studenti per altri fini non cor-rispondenti a quelli didattici

Sull’apprendistato:

• Abolizione del diritto-dovere sos-tituito dall’obbligo scolastico;

• Abolizione di ogni forma di apprendis-tato per quegli studenti che non abbi-ano compiuto i 18 anni;

stage? ora Basta!

• Istituire un fondo nazionale che finan-zi un sistema integrato di borse di studio e servizi sul territorio con l’obiettivo di favorire, a tutti i liv-elli, l’autonomia dei soggetti in formazione e l’accesso ai saperi, tramite un reddito diretto indistinta-mente a tutti i livelli della formazione.

• Favorire l’accesso ai consumi culturali tramite l’istituzione di una carta di cittadinanza studentesca diretta a tutti gli stadi della prima formazi-one che preveda sconti su libri, teatro, mostre d’arte etc. Rendere la Carta

Io Studio, una carta che garantisca sconti reali agli studenti;

• Abolizione immediata dell’IVA sui consumi culturali, fondamenta-li oggi nella formazione dell’individuo e della collettività, tassello fondamen-tale per valorizzare l’accesso a forme sempre più importanti dei saperi

• Un piano di agevolazioni sulla mo-bilità, graduale per fasce di reddito ma per tutti e che parta dal livello na-zionale e arrivi anche ai trasporti re-gionali e locali.

liBera lo studio. liBeri tutti (diritto allo studio)

• Realizzazione di scuole ex novo;• Creazione mense e alloggi pubblici,

creazione aree per le attività stu-dentesche autonome, creazione audi-torium per assemblee plenarie e con-ferenze, adeguamento delle strutture già esistenti;

• Messa in sicurezza, agibilità stat-ica e igienico-sanitaria; prevenzione incendi; Eliminazione delle barri-ere architettoniche; adeguamento strumenti e postazioni per disabili; normalizzazione della situazione delle classi (rapporto studenti/numero di classi); rinnovo servizi igienici e sup-pellettili;

• Piena disponibilità e capienza di pal-estre e impianti sportivi;

• Piena disponibilità di laboratori e biblioteche

• Interventi perequativi per le regioni del mezzogiorno;

• Finanziamento per informatizzazione strutture scolastiche;

• Formazione e istituzione di attività didattiche sulla sicurezza del lavoro

• Predisporre in ogni scuola spazi per contenere le assemblee plena-rie degli organi collegiali, e, nello specifico, le assemblee studentesche. Pensiamo siano diventati insosteni-bili i casi in cui gli studenti debbano utilizzare i propri fondi delle attiv-ità autogestite(dpr. 567) per pagare l’affitto di cinema o teatri utili alle proprie assemblee;

sicuri da morire (edilizia scolastica)

26 Unione degli stUdenti - il sindacato studentesco 27Unione degli stUdenti - il sindacato studentesco

SICURI DA MORIRE

Monitora la tua scuola!

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Scarica il questionario sull’edilizia scolas-tica

LIBERA LO STUDIO

Difendi il Diritto allo Studio nella tua scu-ola.

Ecco Come… Scarica il materiale sulla cam-pagna IOSTUDIO

DIRITTI NON PIEGATI

Costruisci nella tua scuola il REFERENDUM

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Costruisci tu la scuola dal basso. Realizza la commissione paritetica

Scarica il volantino

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Studente in stage sfruttato? Ora basta!

Approva lo Statuto degli Studenti in Stage nella tua scuola.

Scarica lo Statuto

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VALUTATO NON SCHEDATO

Non sei un un numero, non essere giudi-cato, cambia la valutazione.

Scarica il volantino

Scarica l’odg

L’ALTRA DIDATTICA

CAMBIA LA DIDATTICA. NON SEI UNA SCIMMIA!

Costruisci nella tua scuola la settimana di didattica alternativa

Ecco come… scarica il materiale e l’odg.

Realizza le proposte nella tua scuola “L’Altrariforma della scuola” èun progetto scritto dalle studentesse e dagli studenti

dell’Unione degli Studenti.

unione degli studentiIl sindacato studentesco

Via IV Novembre 98, 00187, RomaTel. 06/69770332 Fax 06/6783559http://www.unionedeglistudenti.it

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