AMARE IL PROSSIMO«Che posso fare per inculcare nei miei figliil comando divino di amare il prossimo edi non accontentarsi di non fare del malea nessuno, ma di fare positivamente delbene e quanto più si può?».
(G.N. - Taormina)
Spesso si sente affermare, quasi a giu-stificazione di una vita condotta solo esempre sul filo dell’egoismo: “Ah, ma ionon faccio del male a nessuno!”. Grandecosa non danneggiare, non offendere,non far soffrire nessuno: ma, per un cri-stiano, non è sufficiente. Il mondo va ma-le non tanto perché i “cattivi” fanno delmale, quanto perché i “buoni” non fannoil bene che potrebbero pur fare.
Un padre che voglia inculcare questiprincipi nella sua famiglia e soprattuttonei figli, deve, più con l’esempio della
sua vita che con le parole, tenere un di-scorso di questo genere, anche se
non elegante, convincente.Il mondo in cui
1/2008 - La Posta di Padre Mariano...E IO VIVRÒ PER LUI
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L’esistenza di P. Mariano può essere riassunta in questa frase del salmo 22,30: la vita come risposta d’amore a Gesù
Dal Radiocorriere TV abbiamoselezionato alcune risposte di P. Mariano
che toccano il tema della fede
vivete e dovrete vivere è non solo la no-stra e, domani, la vostra famiglia, ma ètutto il mondo degli uomini. In questomondo c’è del bene e c’è del male. Cerca-te sempre, al di sopra del bene e del ma-le, chi soffre, chi ha bisogno del vostroaiuto materiale o spirituale, accostatevie soccorretelo. Quanto potrete fare, an-che con sacrificio vostro, sarà semprepoco, saranno granelli di frumento, goc-ce d’acqua. Ma anche i granai sono fattidi granelli di grano, anche gli oceani so-no fatti di gocce d’acqua.
Se ogni cristiano amasse il prossimo,si realizzerebbe il piano divino sugli uo-mini, e la vita sulla Terra – anche tra do-lori e sofferenze inevitabili – si elevereb-
be, ci eleveremmotutti verso l’alto,
verso Dio. Fac-ciamo quanto
possiamo, sen-za fermarci mai,perché nessuno
Infinite piccolegocce formano l’oceanoL’Oceano Atlantico visto da
San Nicolau
può dirsi uomocompleto, finchésulla terra c’èchi soffre e ha bi-sogno di aiuto:siamo tutte fo-glie dello stessoalbero, anzi tuttitralci della stes-sa vite.
Soprattutto: occhi aperti e cuore mise-ricordioso, verso la più profonda miseriadell’uomo di oggi: volere fare a meno diDio! Molti hanno oggi ancora fame di pa-ne, ma molti di più patiscono carenza diDio. A questi, saper far brillare la lucedella nostra fede. Credere in Dio è crede-re nella potenza dell’amore, quell’amoreche solo può fare degli uomini tutti unasola grande famiglia.
NUOVA RELIGIONE?«Se tutti i credenti in Dio si unissero in unaunica religione, i senza Dio perderebberoterreno. Perché non si cerca di creare unanuova religione che conservi quello che dibuono c’è in tutte le religioni, le fondae lo armonizzi in una grande unitàsuperiore?».
(E.N. - Albissola M.)
Racconta una antica favolaorientale che diversi ciechistanno palpando un elefan-te. Uno ne ha toccato laproboscide e afferma chel’elefante è un grosso ser-pente. Un altro si è avvici-nato ad una gamba ed èpronto a morire per so-stenere che l’elefante èuna specie di albero.Per quello invece cheha stretto la coda l’ele-fante è una corda e perquell’altro che ha urtatocontro una lunga zanna, l’e-lefante è un pericoloso spuntone e perchi gli si è appoggiato infine è un muro.C’è forse – chiede la favola – da crear unaltro animale che abbia la proboscide, legambe, le zanne, ecc.? No, già c’è: solo iciechi non lo vedono.
Così non c’è da creare un’altra religio-ne nuova che presenti quello che di buo-no c’è in tutte le altre religioni, perchéquesta religione già c’è da duemila anni,ed è il Cristianesimo, che non solo con-serva ed integra tutto ciò che di buono,di vero, di grande, di profondo c’è nonsolo nella religione di Israele (la sua ma-trice) ma in tutte le religioni del mondo,armonizzando questi vari elementi in unpiano superiore, in un ordine visibilmen-te ascendente. Ed è questa constatazio-ne che ha portato nei nostri tempi allareligione cristiana, tra gli altri, John Stod-dard (Ricostruendo una fede perduta) e il
celebre psichiatra KennethSimon, che, do-po aver percor-so il periplo ditutte le religio-ni attualmen-
te esistentinel mondo,ha conclusola sua espe-
rienza (ab-
ban-donan-
do la bril-lante carrie-
ra scientifica) nel-la Trappa del Getsemani, negli Stati Uniti.
VIRTÙ TEOLOGALI«All’esame di maturità classica mi fuchiesto: “Il Manzoni in tre versi ha scolpito
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Le verità parziali sono infondo delle menzogne.
La verità è l’intero
le tre virtù teologali, fede, speranza, carità.Li conosce?”. Io li ignoravo e il professoregentilmente me li recitò. Ora non li ricordopiù. E dove sono?». (G.G. - Cuorgné)
Sono “Versi per la Messa”. Il poeta au-gura che il Signore infonda nell’animo deifedeli le tre virtù teologali (dette cosìperché hanno Dio come sorgente e comeoggetto): la fede, la speranza, la carità. “Evi (= cioè negli animi) spiri, col soffio checrea, / quella fede che passa ogni velo, /quella speme che more nel cielo, / quel-l’amor che s’eterna con te” (p. 34).
CHI CELEBRA?«Ritorno su quanto da lei scritto recen-temente a proposito della celebrazionedella Messa e del ruolo che vi hanno ifedeli. Ho sentito con queste mie orecchiedire che “il celebrante (nella Messa) è tuttoil popolo”». (N.O. - Fiesole)
Chi ha detto tale frase è caduto in gra-ve errore, condannato dal Concilio Tri-dentino (Sessione 22a, cap. 2), dal-l’insegnamento costante dellaChiesa cattolica fino a Pio XII: “Ilsacerdote celebrante, nella per-sona di Cristo, sacrifica, e lui so-lo, non il popolo” (Acta Apost. Se-dis 1954, p. 668-670). A menoche si ritenga superato l’in-segnamento di PioXII, perché ante-riore a GiovanniXXIII. E ho senti-to dire io con lemie orecchie,da una perso-
na “qualificata” in materia, che la “Chie-sa Cattolica ha avuto inizio solo con Gio-vanni XXIII”. Vera sciocchezza e autenti-ca eresia! (anche se non si ha più il co-raggio oggi di chiamare così alcuni gravierrori contro la fede che serpeggiano nel“popolo di Dio”).
AMARE DIO«Chi disprezza i valori terreni per amareesclusivamente Iddio, non disprezza, inultima analisi, dei valori creati da Dio?Come si concilia tale disprezzo con l’amoreche dobbiamo non solo a Dio, ma alle cosee creature da Lui volute?». (M.O. - Ischia)
Chi giunge ad amare Dio sopra tutte lecose è perché sente che tutte le cose,non già in se stesse, ma per lui rappre-sentano quasi nulla! Non le “disprezza”(termine usato dall’ascetica, però quan-to mai impreciso e poco cristiano), ma lestima per quello che valgono per lui ecioè immensamente meno di Dio! A chi
ama in tal modo, esclusivo, Dio, ac-cade sempre una cosa sorpren-dente, bellissima: quanto piùama esclusivamente Dio, tantopiù è portato ad amare anche lecreature di Dio (che non esiste-rebbero se non fossero amate
da Lui) e le ama perché le ve-de “nell’amore di Dio”.
Non solo, ma (fattosperimentale) le
ama con amoreassai più serio,profondo, gene-roso che se le
amasse “fuori del-l’amore di Dio”.
Ho nel cuore vivo l’esempio di un sim-
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Desiderare solo Dio,donare solo misericordia
Il neo-sacerdote fr. Alessandro De Blasi (5-I-’08)
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paticissimo giovane bresciano, scompar-so qualche anno fa (12-VI1-1964) tragica-mente nel lago di Bracciano a soli 33 an-ni, Vincenzo Folonari. Bello, ricco, spor-tivo, amante della musica, intelligente,colto; a 23 anni aveva rinunciato a splen-dide prospettive di carriera umana, ecioè a valori terreni, per amare esclusiva-mente Dio. Ecco una sua dichiarazione:“Ho scelto Dio per sempre e solo Lui,nessunissima altra cosa”. Ebbene pro-prio lui, Vincenzo Folonari consumò let-teralmente i dieci anni di questa sua to-tale consacrazione a Dio vivendo nelmondo che non disprezzava ma nel qua-le anzi irradiava un fuoco ardente di dol-cissima bontà.
La Provvidenza lo aveva portato a co-noscere la grande famiglia spirituale deiFocolarini. ... Era l’ambiente che ci vole-va per un’anima generosa ed esclusivacome quella di Vincenzo che, sentendo-si preso dal Signore “come per i capelli”(diceva!) pregò, meditò, e prese la suadecisione irrevocabile: rinuncia a tutti ibeni terreni, alla sua stessa volontà (ri-nuncia che Gesù ha consigliato comemezzo eccellente per realizzare la perfe-zione evangelica) e consacrazione totalea Dio. E visse così gli ultimi dieci annidella sua esistenza terrena evangelica-mente umile, semplice, ardente di amoreal prossimo.
Appartenente a una famiglia ricca eabituato ad essere servito, volle esserel’ultimo dei Focolarini e servire tutti, an-che nei lavori più umili e casalinghi. Col-to, studioso di filosofia e di teologia, tro-vò sua delizia stare con i piccoli, con gliadolescenti, istruendoli, facendoli gioca-re con una semplicità commovente. “Ci
parlava di Dio con la sua vita”, ripetonotutti i ragazzi che egli ha avvicinato. E co-sì ripetono tutte le persone che lo conob-bero. Dalla sua parola come dal suo si-lenzio lampeggiava una ricchezza diamore sorridente, come di chi oltre ilvolto degli uomini contemplava un’altraRealtà. Non è meraviglia che sia riuscitocosì a portare e a riportare a Dio tanteanime, tra le altre quella di uno studenteuniversitario t.b.c. che, moribondo, ritro-vò la fede cristiana in seguito a pochibrevi colloqui con lui: “Ascoltandolo, hocreduto in Dio”. ...
Il vero cristiano non “disprezza” nulla,ama tutto: Dio e il prossimo. E in questomodo ama veramente anche se stesso.
PADRE MARIANO DA TORINO(Radiocorriere TV 1970 - nn. 17. 3. 20. 14. 13)