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ANCORA SULLE ORIGINI CRISTIANE DI PADOVA · Prosdocimo, greco di origine, sia venuto a Roma con san...

Date post: 15-Feb-2019
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Giuseppe Cuscito ANCORA SULLE ORIGINI CRISTIANE DI PADOVA Un intervento sulle origini cristiane di Padova richiede di affron- tare una problematica intrigante e difficile su cui si sono accumulati nel tempo ipotesi e indagini di studiosi lungo piste di ricerche molto diverse, dall'agiografia all'archeologia, dalla topografia all'antiquaria, con parti- colare attenzione a un'area suburbana pluristratificata dove fu impiantata la basilica opilioniana di Santa Giustina. Mi sia concesso in questa occa- sione un bilancio e una rilettura dei più significativi dati a disposizione alla luce delle più recenti investigazioni senza alcuna pretesa di ofire risposte univoche e risolutive 1 Fra tutte le leggende agiografiche diffuse nell'ambito dell'antica provincia ecclesiastica aquileiese, la più significativa è senza dubbio quel- la marciana, che attribuisce all'apostolato dell'evangelista Marco, inviato da san Pietro, la fondazione della Chiesa di Aquileia 2 Questa non è rima- sta senza echi neppure nella Venetia, come a Patavium, dove la probabile inventio del corpo di san Prosdocimo nella basilica di Santa Giustina fra il 1064 e il 1076 avrebbe prodotto una leggenda agiografica che ricalca in certo modo quella aquileiese, nell'intento di presentare Prosdocimo come il parallelo di Ermacora di Aquileia 3 Una ta sancti Prosdocimi, raccolta dal codice di Monselice della seconda metà del XII secolo e da altri posteriori 4 , si presenta falsa- mente scritta da certo Massimo suo immediato successore e vuole che Prosdocimo, greco di origine, sia venuto a Roma con san Pietro, con san Marco e con sant'Apollinare al tempo dell'imperatore Claudio (41-54 d.C.). È un testo piuttosto lungo, fantasioso e ricco di digressioni, a le quali la più consistente riguarda l'attività missionaria di Prosdocimo in quella regione che prenderà il nome di Marca Trevigiana. Se ne è occupa- to ultimamente Andrea Tilatti per il vincolo con Giustina, che rappresenta una sezione non trascurabile della Vita sancti Prosdocimi, "ispirata senza dubbio dalla Passio della martire". Secondo lo studioso udinese, il modo di trattare Giustina come una sorta di 'creatura' del vescovo si conciliereb- 1 Per una precedente lettura dei dati fino allora noti, si veda CuSCITO 1992. 2 CUSCITO 1977; CUSCITO 1996. 3 LANZONI 1927; PICARO 1988. 4 DELEHAYE 1910, pp. 350-359, che ignora il codice di Monselice. DANIELE 1987. 67
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Giuseppe Cuscito

ANCORA SULLE ORIGINI CRISTIANE DI PADOVA

Un intervento sulle origini cristiane di Padova richiede di affron­tare una problematica intrigante e difficile su cui si sono accumulati nel tempo ipotesi e indagini di studiosi lungo piste di ricerche molto diverse, dall'agiografia all'archeologia, dalla topografia all'antiquaria, con parti­colare attenzione a un'area suburbana pluristratificata dove fu impiantata la basilica opilioniana di Santa Giustina. Mi sia concesso in questa occa­sione un bilancio e una rilettura dei più significativi dati a disposizione alla luce delle più recenti investigazioni senza alcuna pretesa di offrire risposte univoche e risolutive 1•

Fra tutte le leggende agiografiche diffuse nell'ambito dell'antica provincia ecclesiastica aquileiese, la più significativa è senza dubbio quel­la marciana, che attribuisce all'apostolato dell'evangelista Marco, inviato da san Pietro, la fondazione della Chiesa di Aquileia 2• Questa non è rima­sta senza echi neppure nella Venetia, come a Patavium, dove la probabile inventio del corpo di san Prosdocimo nella basilica di Santa Giustina fra il 1064 e il 1076 avrebbe prodotto una leggenda agiografica che ricalca in certo modo quella aquileiese, nell'intento di presentare Prosdocimo come il parallelo di Ermacora di Aquileia 3•

Una Vita sancti Prosdocimi, raccolta dal codice di Monselice della seconda metà del XII secolo e da altri posteriori 4, si presenta falsa­mente scritta da certo Massimo suo immediato successore e vuole che Prosdocimo, greco di origine, sia venuto a Roma con san Pietro, con san Marco e con sant'Apollinare al tempo dell'imperatore Claudio (41-54 d.C.).

È un testo piuttosto lungo, fantasioso e ricco di digressioni, fra le quali la più consistente riguarda l'attività missionaria di Prosdocimo in quella regione che prenderà il nome di Marca Trevigiana. Se ne è occupa­to ultimamente Andrea Tilatti per il vincolo con Giustina, che rappresenta una sezione non trascurabile della Vita sancti Prosdocimi, "ispirata senza dubbio dalla Passio della martire". Secondo lo studioso udinese, il modo di trattare Giustina come una sorta di 'creatura' del vescovo si conciliereb-

1 Per una precedente lettura dei dati fino allora noti, si veda CuSCITO 1992.2 CUSCITO 1977; CUSCITO 1996.3 LANZONI 1927; PICARO 1988.4 DELEHAYE 1910, pp. 350-359, che ignora il codice di Monselice. DANIELE 1987.

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be bene con 1 'accentuazione del ruolo episcopale manifestatosi a Padova nel secolo X, periodo a cui egli ritiene di dover anticipare la compilazione della Vita s.

Pietro, inviati Marco ad Aquileia e Apollinare a Ravenna, avrebbe incaricato Prosdocimo, appena ventenne, dell'evangelizzazione di Padova. Convertita la città col suo re Vitaliano, istituita la gerarchia e innalzata una chiesa in onore della Sapienza Divina come sede della nascente comu­nità cristiana, Prosdocimo avrebbe esteso la sua predicazione ad Ateste, Vicetia, Feltria, Bellunum, Acelum, Opitergium, Tarvisum e Altinum. Morto Vitaliano, la figlia Giustina chiede di ritirarsi a vita religiosa, ma avendo resistito alle lusinghe e alle minacce dell'imperatore Massimiano (286-305 d.C.) che anelava alla sua mano e alle sue ricchezze, fu costretta a subire il martirio. Prosdocimo ne avrebbe scritto la Passio, mentre il patrizio Opilione costruì in suo onore una magnifica basilica ricoperta di mosaici e un oratorio attiguo dove avrebbe ricevuto sepoltura Prosdocimo, morto dopo 93 anni di episcopato nel quarto anno di Antonino Pio (141-142 d.C.)!

Nella Vita di Prosdocimo dunque l'agiografo condensa fatti che si svolgono in un arco di tempo compreso tra il I e il VI secolo: così possono coesistere nello stesso momento san Pietro con Nerone, la persecuzione di Massimiano, la basilica di Santa Giustina eretta da Opilione nei primi decenni del VI secolo 6. Elena Necchi ha rilevato ultimamente che la vicenda è con molta probabilità il risultato di un'operazione letteraria stra­tificata 7, mentre la sua genesi sarebbe da ascrivere al VI secolo, quando dovette essere prodotta anche una primitiva Passio beate lustine 8•

Quanto ai contenuti,Antonio Barzon non aveva mancato di osservare che il documento dello pseudo-Massimo, pur traboccante di anacronismi e di luoghi comuni ricorrenti nelle più screditate leggende agiografiche, non ignora peraltro dati incontrovertibili. Non sfuggirebbe all'agiografo la grandezza di Patavium tardoantica ben diversa dalla Padua della seconda metà del secolo XI e perciò egli ne indicava ingenuamente la preminenza in termini comuni alla cultura del primo Medioevo, facendone cioè una città regale e militare. Anche le città evangelizzate da Prosdocimo sono ricordate alla romana e secondo la realtà storico-geografica anteriore al secolo VI, mentre la sua predicazione presuppone la rete stradale che univa Patavium alle città venete: "tutto si può inventare - concludeva Barzon - ma non una realtà geografica". Inoltre l'agiografo ci offrirebbe una cronologia di quel periodo di evangelizzazione, fissandola in due

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S TILATTI 1997, p. 115; TILATTI 2009, pp. 14-15.6 ZOYATTO 1970, pp. 7-52.

7 NECCHI 2008, p.15. 8 BILLANOYICH 1989, p. 146; BILLANOYICH 1991a, pp. 38-39.

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nomi indiziati di alta antichità: la martire Giustina, collaudata da indiscus­se testimonianze cultuali di cui diremo e il persecutore Massimiano 9.

Così, se Delehaye, Lanzoni e Mantese 10 non vi avevano trovato che fantasia e plagi, Barzon rilevava nella Vita un fondo di verità collegato a tradizioni preesistenti, quantunque rigettasse episodi e aggiunte in eviden­te contrasto con la cronologia, come l'educazione di Prosdocimo presso san Pietro e la missione che questi gli avrebbe affidata, essendo ormai accertato che simili 'introduzioni' furono compilate durante lo scisma dei Tre Capitoli, quando Aquileia e, poco dopo, anche Ravenna proclamava­no l'apostolicità delle loro Chiese per rivendicare il diritto di autocefalia rispetto a Roma. Barzon riteneva dunque di poter riferire la predicazione di san Prosdocimo approssimativamente alla seconda metà del secolo III, poiché supponeva necessario almeno un periodo di 20 o 30 anni per la formazione della Chiesa di Padova, che risulterebbe costituita al tempo dell'ultima persecuzione sotto il regno congiunto degli imperatori Diocleziano e Massimiano 11•

Su questa linea si poneva anche Cesira Gasparotto, convinta che tutta la questione intorno all'origine della Chiesa patavina stia sull'autenticità del martirio di santa Giustina e sul sicuro antico culto di questa martire: "Provato ciò, è provata la persecuzione di Massimiano contro la ecclesia Patavina e quindi la sua sicura esistenza in regolare gerarchia alla fine del III secolo d.C., ché solo in questo caso ha luogo la persecuzione" 12• A fronte di questa perentoria dichiarazione, occorre peraltro osservare che, se è fuori dubbio l'antichità del culto di Giustina, più incerta resta la sua identità e indirettamente anche la persecuzione anticristiana a Padova, quando si prescinda dalla leggenda agiografica.

In effetti le notizie tramandate dalla Passio di Giustina nella sua semplice linearità hanno bisogno di verifica circa la data della festa al 7 ottobre e la localizzazione della tomba, elementi essenziali - come ha insegnato Delehaye - per confermare l'attendibilità storica di un santo. Purtroppo né Prosdocimo né Giustina figurano nel Martyrologium Hieronymianum 13, mentre la Passio tramanda che il corpo della martire fu sepolto in condignum cymiterium, a circa mille passi dalla città, ubi usque in hodiernum diem eius nominis mysteria celebrantur: questo è generai-

9 BARZON 19792, pp. 211-212, 219.IO MANTESE 1952, pp. 20-25.I I BARZON 19792, p. 210. Ma BILLANOVICH 1989, pp. 139-140, 144.12 GASPAROno 1951, p. 160. Lo stesso argomento è ripreso da BELLINATI 2006, p.

58. 13 P!CARD 1998, p. 641; BILLA OVICH 1991a, p. 13, suppone che l'assenza dei loro

nomi nel Geronimiano, composto nella prima metà del secolo V, possa dipendere da una più tarda fioritura del loro culto nel corso del secolo VI.

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mente riconosciuto nel luogo oggi occupato dalla basilica e dall'abbazia di Santa Giustina 14, sebbene gli esiti delle recenti ricerche archeologiche di Giuliano Zampieri sembrino poco tranquillizzanti circa la possibilità di reperire tombe cristiane del IV secolo in quell'area 15•

A parte la leggenda agiografica, la prima menzione di Giustina come martire è attestata dalla nota epigrafe di Opilione (tav. II, 1), il patrizio sempre più concordemente identificato con il console del 524, che afferma di aver portato a termine basilicam ve! oratorium in honore s( an)c(t)ae Iustinae martyris, iniziata a fundamentis 16. Quest'ultima precisazione, "dalle fondamenta", troverebbe conferma anche dalle ultime indagini dello Zampieri che esclude tracce di edifici di culto cristiani nell'area necropolare di Santa Giustina più antichi del secolo VI, ossia della basi­lica/oratorio nominati dall'epigrafe: in effetti nessuna struttura è attestata a un livello intermedio tra quello della basilica e quello della necropoli romana, più profondo di circa due metri e senza alcun indizio di un'utiliz­zazione cristiana 17.

Quanto alla singolare struttura ipogea indagata sotto il cosiddet­to 'pozzo dei martiri', Zampieri, sfatata la leggenda della presenza di catacombe cristiane, vi ha riconosciuto un ipogeo funerario con tombe a inumazione e a incinerazione databili nell'ambito del II secolo 18• In conclusione, i risultati delle recenti indagini lasciano intravedere un abbandono dell'area dopo il III-IV secolo e un suo recupero solo nella fase opilioniana, cosa che non manca di sorprendere di fronte alla tradizione della presenza in loco di una tomba di martire 19.

In mancanza di prove sul primitivo sepolcro di Giustina, Tilatti è indotto ad affermare, sulla linea di Jean-Charles Picard 20, che "Opilione e la sua chiesa sembrano essere alle origini della fortuna cultuale di Giustina": quello che l'archeologia e l'epigrafia per ora non dicono è se Giustina fosse una martire di Padova e se a Padova fosse la sua tomba, prima dell'edificio di culto a lei dedicato da Opilione 21. Sono conclusioni

14 SANNAZARO 1989, p. 234, ritiene che le spoglie della martire si trovassero nellabasilica, e non nel sacello, ancora nell'874, al tempo del vescovo Rorio.

IS ZAMPIERI 2003, p. 140, pp. 188-19]; TILATTI 2009, p. 9. 16 C!L V, 3100. PICARO 1998, p. 641, nota 2JO; BILLANOYICH 1991b, pp. 63-104;

CUSCITO 1992; pp. 163-173; MAZZOLENI 2006, pp. 100-102. 17 ZAMPIERI 2003, pp. 140, 187-198; ZAMPIERI 2006, pp. 66-70: la sua conclusione

trova conforto in quanto avevano scritto DANIELE I 987 e N1coLE1TI 1989. Devo dunque correggere quanto avevo affermato in Cusc1To 1992, p. 173.

l8 ZAMPIERI 2003, pp. 140-182, su cui FIOCCHI NICOLAI 2003.19 ZAMPIERI 2003, p. 197.20 PICARO I 998, p. 642: "C'est Opilio qui a créé, ou du moins popularisé son culte,

dont toutes les attestations lui sont postérieures". 21 TILATTI 2009, p. 9.

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critiche, queste sulla identità della martire, che smontano o quanto meno riducono le sicurezze di quanti nel martirio e nel culto di Giustina vedono la luminosa testimonianza di un cristianesimo precostantiniano a Padova.

A chiudere il cerchio della critica è lo stesso Tilatti di fronte alla testimonianza di Venanzio Fortunato, il primo ad aver parlato della sua tomba in Padova e ad averla considerarta "vanto peculiare di santità della città euganea" 22, quando prega il suo poemetto su san Martino di "baciare il beato sepolcro della beata Giustina" 23. Ma, sotto il bisturi della criti­ca, anche questa testimonianza, pur di alta antichità, palesa i suoi limiti, essendo noto che, passato ormai molto tempo dalle persecuzioni cruente, le Chiese andavano sviluppando una crescente 'riflessione' sulle proprie origini, che spesso sfociava in agiografia 24•

In definitiva, l'epigrafe di Opilione dice e suggerisce molto, ma non tutto quanto vorremmo dicesse, sebbene non sia lecito pretendere troppo da una singola testimonianza epigrafica volta a segnalare la committenza dell'edificio sacro e la devozione per la martire. Ritengo che questa vada letta piuttosto alla luce del ricco contesto cultuale legato a Giustina: che Opilione nel VI secolo abbia inteso costruire la basilica/oratorio in zona sepolcrale fuori le mura in onore di una martire importata o duplicata da altra sede, come poteva essere per esempio la vergine antiochena martirizza­ta a Nicomedia secondo una proposta di Maria Pia Billanovich 2s, a me non pare del tutto convincente secondo la logica delle cose, quando si pensi alla fortuna cultuale della nostra Giustina a Padova, dove Opilione dedica a lei la sua basilica anziché agli apostoli, di cui pure aveva accolto in essa reli­quie quasi per "collegare il culto della martire locale a quello dei principali santi della chiesa universale" 26. Meno importante a tale riguardo mi pare l'espansione del culto di Giustina, menzionata nel canone ambrosiano 27 e

22 TILATTI 2009, p. 10. 23 YEN. FORT., Vita Martini, IV, 672-676: Si Patavina tibi pateat via, pergis ad ur­

bem: I !1.U.c sacra fustinae, rogo, !ambe sepulchra beatae I cuius habet paries Martini gesta Jiguris I quoque salutis opus celso depende lohanni I atque suis gen.itis, sociis per carmina nostris. ("Qualora ti sia accessibile la via verso Padova, dirigiti alla città: qui, ti prego, bacia il sacro sepolcro della beata Giustina, le cui pareti riportano illustrate le gesta di Martino; lì presenta anche l'omaggio del mio saluto all'eccelso Giovanni e ai suoi figli, nostri compa­gni di poesia"); YEN. FORT., Carmina, VIII, 3, 169, in MGH, Auctores antiquissimi, IV/I, p. 185: lustinam Patavi, Eufemiam huc Calchedon offert.

24 T!LATTI 2009, p. 10. 25 BILLANOVICH l 989,p. l37;BILLANOVICH 199la,p.13,avanza anche l'ipotesi che

si fosse trattato di una monaca della seconda metà del secolo IV, solo dal secolo VI venerata come martire e perciò assente nel Geronimiano compilato nella seconda metà del secolo V; BILLANOVICH 2006, p. 156; BILLANOVICH 2009, p. 218.

26 SANNAZARO 1989, p. 242.27 SAVIO 1906, pp. 212, 221-222; ma GASPAROTTO 1951, p. 160; PREVEDELLO 1972,

p. 19; SANNAZARO 1989, p. 311, nota 364. ZAMPIERI 2006, p. 68: dopo le sue indagini,

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raffigurata in celebri mosaici dell'Italia bizantina, come nell'Eufrasiana di Parenzo e in Sant'Apollinare Nuovo di Ravenna, considerato il valore pro­mozionale dell'impresa edilizia di un personaggio come Opilione. Quanto alla serie numerosa delle pievi dell'agro patavino a lei dedicate 2s, si tratta di un terreno insidioso per la difficoltà di pervenire a cronologie sicure 29.

Sull'espansione del culto per Giustina, vergine e martire, si è soffer­mato ultimamente anche Claudio Bellinati, che ha cercato di ampliare il discorso alle origini cristiane di Padova con metodo multidisciplinare, in un volume che già dal titolo dichiara Giustina "prima martire patavina" Jo. Tra le proposte di verifiche e di investigazioni da lui avanzate, preme qui rilevare che, sulla linea di Ireneo Daniele, egli confuta l'ipotesi di Barzon, di Cesira Gasparotto e di Luciano Bosio, che, pur in assenza di un impian­to battesimale, avevano supposto la primitiva cattedrale in Santa Giustina fuori del pomerio cittadino 31, ed esclude l'esistenza sul sito di una basilica del IV secolo precedente a quella di Opilione, supponendo invece una prima cella memoriae della martire a Pozzoveggiani (fitndus Poblicianus, Puteus Vitaliani) sull' Annia (fig. l) in un praedium di famiglia, cui sem­bra accennare la Passio 32_

In conclusione, inclinerei a ritenere che, nonostante tutte le riserve critiche, i pochi dati a disposizione sembrano confermare la patavinità di Giustina se a lei Opilione dedicò la basilica martiriale, anziché agli apostoli pur presenti con venerate reliquie, come attesta l'iscrizione incisa sulla nota pergula marmorea (figg. 2-4) che serviva e serve alla recinzione del vano absidato del sacello opilioniano: + IN NOMINE DEI IN HOC LOCO CONLOCATAESYNT REL!QYIAE S(AN)C(T)ORVM APOSTOLORYM ET PLVRIMORYM MARTYRVM QUI PRO CONDITORE OMNlQYE FIDELIYM PLEBE ORARE DIGNENTVR + 33. È inutile precisare che il conditor per antonomasia non poteva essere che Op ilio 34.

Al di là delle questioni agiografiche e delle ipotesi più o meno proba­bili al riguardo, un altro problema da indagare è quello della cronotassi epi­scopale; su questo versante, mi pare un dato significativo il fatto che Padova

non pare tuttavia più possibile ritenere che quella di Opilione sia la ricostruzione di una precedente basilica distrutta da Attila, come invece avevano supposto Savio e quanti da lui dipendono.

28 GASPAROTTO 1951, p. 161; BARZON 19792, pp. 117-173.29 TILATTI 2009, p. 12. 30 BELLINATI 2006, pp. 51-73. 31 Incline a supporre la prima cattedrale extramuranea era anche F0RLATI TAMARO

198 l , pp. 296-297. 32 BELLINATI 1975, pp. 161-168; BELLINATI 2006, pp. 55-57, 60, 67, ] 14; SANNAZA­

R0 I 989, pp. 244-247 si limita a considerare la sequenza costruttiva relativa all'edificio. 33 ZAN0CC0, 1920, pp. 215, 250; PICARO 1998, p. 642, nota 2 I 3; Cuscrro 1992, pp.

174-178; MAZZOLENI 2006, pp. 102-107.34 BARZON 19792, p. 274, nota 38 riporta un giudizio di Angelo Silvagni.

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Fig. l. Pozzoveggiani (Padova): oratorio di san Michele, veduta sudorientale (da Santa Giustina 2006, p. 132).

Fig. 2. Padova, sacello di Opilione: pergula inscritta, particolare di sinistra (Archivio fotografico monastero di Santa Giustina in Padova).

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Fig. 3. Padova, sacello di Opilione: pergula inscritta, particolare dell'ar·co centrale (Archivio fotografico monastero di Santa Giustina in Padova).

Fig. 4. Padova, sacello di Opilione: pergula inscritta, particolare di destra (Archi­vio fotografico monastero di Santa Giustina in Padova).

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così povera di notizie sui suoi più antichi vescovi, ne possa vantare uno di alta cronologia, attestato da fonti contemporanee, al tempo del concilio di Sardica (343) e del viaggio in Occidente di sant' Atanasio (345): si tratta di Crispino, documentato dalle fonti atanasiane assieme a Lucillo di Verona e a Fortunaziano di Aquileia 35, noto anche per altra via; in definitiva si può dire che con Crispino, seguito probabilmente da Giovino 36, incominci il periodo storico della Chiesa padovana 37, di cui possiamo ragionevolmente prevedere il primo impianto in età precostantiniana:.

Che Prosdocimo, il leggendario protovescovo padovano, ne sia stato uno dei primi nella lista è altrettanto probabile anche indipendentemente dalla discussa e anacronistica Vita 38: infatti, non è possibile dubitare che Prosdocimo fosse onorato a Padova anche prima dell'invasione longobarda, da quando nel 1957 fu recuperata entro la sua tomba nell'oratorio opilio­niano la nota lastra marmorea (cm 55 x 64 x 6,2) con l'imago clipeata del santo (tav. II, 2) già segnalata nelle precedenti ricognizioni del 1564 e del 1605. Essa è per gran parte occupata dalla figura del santo dall'aspetto gio­vanile, ritratto a mezzo busto e rivestito di tunica e pallio; ai lati del clipeo sono scolpite due svelte palmette dattilifere che rivelano il carattere cristiano dell'immagine, mentre l'iscrizione commemorativa che affianca il suo busto entro il clipeo ne indica l'identità: S(AN)C(TY)S PROSIDOCIMVS / EP(ISCOPY) s ET/ CONFESS(OR) 39• Poiché l'immagine e la scrittura sono da assegnarsi al VI secolo, a me sembra ovvio concludere che la tradizione cultuale per san Prosdocimo come vescovo nella prima fase dell'espansione cristiana a Patavium doveva essere ormai già saldamente costituita 40, nonostante le opinioni in contrario di Victor Saxer 41 e di Paolo Golinelli 42•

35 ATHANASE D'ALEXANDRIE 1987, pp. 92-93; SAVIO 1902, p. 237. 36 PREVEDELLO 1981, pp. 131-136.37 GASPAROTIO 1951, p. 161.38 CRACCO RUGGINI I 987, pp. 284,287 e spec. 295; BILLANOVICH 199 l a, p. 12; BIL­

LANOYICH 2006, p. 158, sulla linea della Cracco Ruggini, pone Prosdocimo "nell'età della pace".

39 Cusc1TO 1992, pp. 178-181; PICARO 1998, pp. 643-644, precisa che l'iscrizioneha "un caractère nettement commémoratif et non funéraire"; DANIELE 1987, pp. 149-153; SANNAZARO 1989, pp. 242-243; MAZZOLENI 2006, pp. 107-110; NECCHI I 992, pp. 145, 160, 11. 23.

40 ZOVATIO 1958;PEPI 1962,pp.471-481.41 SAXER 1989, pp. 217-218, privilegiando i dati cultuali e martirologici a disposi­

zione, concludeva che l'imago c/ipeata e la sua iscrizione, la testimonianza archivistica, la toponomastica e le fonti narrative "illustrano un culto che non è anteriore al IX secolo"; particolare rilievo veniva dato al silenzio su san Prosdocimo nei Martirologi e negli antichi scrittori cristiani, mentre i primi testi informati sull'agiografia padovana (Venanzio Fortu­nato e l'iscrizione opilioniana) parlano di santa Giustina e non di san Prosdocimo.

42 GOLINELLI 1989, pp. 263-269: il giudizio sul reperto in sé non sarebbe "conte­stualizzato nel complesso della storia del culto per S. Prosdocimo", così che i comprensi-

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È un dato di fatto che i nomi dei più antichi vescovi di Padova atte­stati da fonti contempora­nee si contano sulle dita di una mano 43, ma una cattedrale in cui officia­re dovevano pur averla almeno dopo la pace della Chiesa. Anche in questo campo però l'archeologo deve scontrarsi con una varietà di ipotesi per man­canza di riscontri sicuri. Superata la tradizione che voleva anche per Padova una cattedrale extramura-

Fig. 5. Padova, Museo Diocesano: frammento marmoreo di fronte d'altare (metà del sec. VI; da Santa Giustina 2006, p. 83).

nea identificata nella basilica martiriale di Santa Giustina, per cui, come dicevo, mancano prove archeologiche di un impianto battesimale 44, non sono molti gli elementi che permettano di riconoscere un nucleo primitivo sul sito odierno, dov'è verosimile localizzare la cattedrale paleocristiana pur in assenza di tracce sicure 4s_ Fra le testimonianze cristiane più antiche provenienti da quell'area, si segnala un frammento di fronte d'altare (fig. 5) con un timpano su colonnine che sovrastava lafenestella confessionis 46:

altari simili e il motivo del timpano con due colombe a fianco della crocesi diffondono dalla metà del VI secolo a partire da Ravenna. Decisamentealtomedievali sono invece il frammento di pergula a cani correnti e l'iscri­zione funeraria del vescovo Tricidio.

Una cronologia relativamente alta nell'ambito del IV secolo è stata proposta ultimamente dal Mazzoleni per l'iscrizione propiziatoria di Eutherius (tav. I) sul mosaico pavimentale proveniente dagli scavi di un edificio sottostante la chiesa altomedievale di San Ma1tino, oggi non più esistente, costruita in una zona importante dell'insediamento antico, ma che

bili dubbi sull'antichità del suo culto hanno indotto l'A. a riconoscere nell'imago clipeata

addirittura un frammento di sarcofago pagano riutilizzato e nel rispettivo titulus un falso costruito ad arte intorno al secolo XI. Ma cf. al riguardo le osservazioni critiche di SANNA­ZARO 1990, p. 313 e di BILLANOVICH I 991 b, pp. 102-104.

43 PREVEDELLO 1981 , p. 13 I.44 DANIELE 1987, p. 114.45 TESTINI, CANTINO WATAGHIN, PANI ERMINI 1989, pp. 198-201 (la scheda è di G.

Cantino Wataghin); SANNAZARO 1989, pp. 223-225. 46 SANNAZARO 1989, pp. 223-224. Ma FORLATI TAMARO 1981, p. 297, ritiene il

frammento di ignota origine.

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non fu l'area della cattedrale primitiva 47• Il formulario dell'iscrizione è piut­tosto singolare: IN (?) HAC / EVTHERI! DEYS TE c/vM TVIS SERVET / VIYAS; non vi si parla di scioglimento di voto, né di offerta di una porzione di pavimento musivo, né si commemora esplicitamente la costruzione di una chiesa, ma si augura solo che Dio, "conservi" (servet) Euterio e i suoi 4s_

Quanto alla chiesa di santa Sofia, eretta fuori le mura nel quartiere orientale di Patavium ove probabilmente era stanziato il presidio bizanti­no 49, i problemi non mancano, sebbene sia stata accuratamente studiata specie dopo il grande restauro del 1951-1958 diretto da Antonino Rusconi: se si accoglie la tradizione che vi riconosce un impianto paleocristiano, questo andrebbe individuato nei resti di un precedente sacello rinvenuti sotto l'altar maggiore e parzialmente inglobati nella costruzione successi­va 50_ Bruna Forlati Tamaro auspicava al riguardo che le ricerche potessero un giorno riprendere, perché il sito in cui sorge la chiesa, sulla via che da Padova conduce verso Altino (un tempo denominata via Emilia-Altinate), è di grande importanza e il culto di santa Sofia è indizio significativo di influenza bizantina. Barzon aveva sostenuto che il titolo, rarissimo in Italia, porterebbe a una fondazione longobarda (VII-VIII secolo) in onore di una santa martire Sofia o piuttosto a una fondazione bizantina del VI secolo in onore del Verbo di Dio, la Sapienza per antonomasia, sull'esem­pio della basilica costantinopolitana riedificata da Giustinano 51•

Secondo Cesira Gasparotto 52, i risultati del!' esplorazione archeolo­gica e il sito della chiesa sarebbero favorevoli alla tesi di una fondazione paleocristiana-bizantina, mentre non è venuto in luce nulla di pertinente ai secoli VII-VIII: esisterebbero dunque i presupposti per ammettere l'esi­stenza di un oratorio paleocristiano del IV secolo in contrapposizione a un mitreo, l'uno e l'altro entro l'area della grande domus di età imperiale posta in luce dall'esplorazione archeologica sotto l'attuale chiesa. Tuttavia la studiosa escludeva di poter riconoscere in Santa Sofia la prima catte­drale patavina, anche se in passato essa si contendeva il privilegio della priorità con Santa Giustina e con l'odierna cattedrale che si onora del titolo significativo di Santa Maria e che fu impiantata, in un momento ancora imprecisato, nella zona urbana più raccolta e meglio difesa dalle acque fluviali dove sorge tuttora.

47 La scoperta è del 1931, durante gli scavi per le fondazioni della nuova ala delpalazzo comunale. FORLATI TAMARO, 1981 pp. 289-290, nota 17; BARZON 19792, pp. 436-442.

48 SANNAZARO 1989, pp. 225-232; CAILLET 1993, pp. 102-103; MAZZOLENI 2006,pp. 95-100.

49 GASPAROT TO 1951, p. 167.50 FORLATI TAMARO 1981, p. 278.51 BARZON 1961.52 GASPAROTTO 1961.

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GIUSEPPE CUSCITO

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Giuseppe Cuscito

Università degli Studi di Trieste

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