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ANIEM
Rassegna Stampa del 10/11/2017
INDICE
ANIEM
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ANIEM WEB
Il capitolo non contiene articoli
SCENARIO EDILIZIA
10/11/2017 La Repubblica - Firenze
Da dipendenti a imprenditori "workers buyout" per ricominciare6
10/11/2017 ItaliaOggi
Criteri minimi ambientali per gli edifici pubblici8
SCENARIO ECONOMIA
10/11/2017 Corriere della Sera - Nazionale
Un'occasione per la riforma10
10/11/2017 Corriere della Sera - Nazionale
Confcommercio: professionisti a quota 1,3 milioni Boom di freelance11
10/11/2017 Corriere della Sera - Nazionale
Gentiloni: non trasformare l'Italia in un mercato di paure e illusioni12
10/11/2017 Corriere della Sera - Nazionale
Ferragamo e l'accordo di famiglia sulla governance14
10/11/2017 Il Sole 24 Ore
Bce: testo su regole Npl può migliorare15
10/11/2017 Il Sole 24 Ore
La rottamazione riapre anche per le vecchie cartelle17
10/11/2017 Il Sole 24 Ore
Paesi del Golfo, fuga di capitali dopo gli arresti in Arabia19
10/11/2017 Il Sole 24 Ore
Crack venete, Consob contro Bankitalia21
10/11/2017 Il Sole 24 Ore
«Un patto per l'alternanza di qualità»23
10/11/2017 Il Sole 24 Ore
Boom di investimenti esteri in Italia25
10/11/2017 Il Sole 24 Ore
«Stiamo creando un Paese semplice e certo»27
10/11/2017 La Repubblica - Nazionale
IL BERSAGLIO DRAGHI29
10/11/2017 La Repubblica - Nazionale
Astaldi ricapitalizza ma alla Borsa non piace31
10/11/2017 La Repubblica - Nazionale
Se l'utile cala il postino suona sei volte32
10/11/2017 La Repubblica - Nazionale
Pensioni, nuovo calcolo flessibile sull'età33
10/11/2017 La Repubblica - Nazionale
La Ue: rischio manovra bis ma tocca al nuovo governo34
10/11/2017 La Stampa - Nazionale
L'EQUIVOCO CHE IMBRIGLIA IL CREDITO36
10/11/2017 La Stampa - Nazionale
Pensioni, apertura del governo Nuovo calcolo dell'età, scatto soft37
10/11/2017 Il Messaggero - Nazionale
Da Gentiloni e Tajani un doppio altolà alla Ue dei tecnocrati38
10/11/2017 Il Messaggero - Nazionale
L'Italia cresce ma è ultima nella Ue Deficit più alto, Bruxelles morbida40
SCENARIO PMI
10/11/2017 Il Sole 24 Ore
È Remo Ruffini di Moncler l'imprenditore dell'anno42
10/11/2017 Il Sole 24 Ore
In Lombardia la produzione torna a correre43
10/11/2017 Il Sole 24 Ore
I bandi regionali per i professionisti44
10/11/2017 Il Messaggero - Abruzzo
«Dati vecchi, la ripresa c'è anche qui» D'Alessandro contesta il report Svimez47
10/11/2017 Il Giornale - Nazionale
I Pir? Mediolanum avrà 2,5 miliardi48
10/11/2017 Libero - Nazionale
Trump porta la pace in Asia a colpi di contratti dorati49
10/11/2017 Il Venerdi di Repubblica
L'AUTO CONVIENE NOLEGGIARLA. MA PER TUTTO L'ANNO50
10/11/2017 Bluerating
Quei crediti all'economia: Madame Nouy contro tutti51
10/11/2017 L Impresa
In Italia un hub per gli investimenti nel Mediterraneo e in Africa52
Le imprese Da dipendenti a imprenditori "workers buyout" per ricominciare In Toscana già 20 aziende fallite poi rilevate dagli stessi lavoratori Cgil e Legacoop toscane hanno firmatoun protocollo per sostenere questi percorsi con mezzi e competenze ILARIA CIUTI NON è facile ma può essere una soluzione. Si chiama Wbo, workers buyout, i lavoratori che rilevano in
cooperativa la loro azienda fallita. Aumenta con la crisi, sono 20 i casi toscani di Wbo negli ultimi anni.
Hanno salvato centinaia di posti di lavoro come la dignità di chi si era visto spezzare la vita. Ma siccome
non è facile cambiare testa da dipendente a imprenditore, trovare le risorse, orientarsi nella burocrazia,
trovare la forza di ricominciare, Cgil e Legacoop toscane hanno firmato un protocollo per sostenere questi
percorsi. Alla Cgil arrivano i lavoratori, il sindacato li indirizza a Legacoop che mette a disposizione le sue
strutture di consulenza e anche finanziarie.
«Insieme offriremo i mezzi e le competenze di cui disponiamo», dicono la segretaria Cgil Toscana Dalida
Angelini e il presidente di Legacoop Toscana Roberto Negrini che aggiunge: «Ma sono necessarie politiche
economiche che incoraggino questi percorsi, anche con risorse regionali e comunitarie». Perché, è
convinta Angelini, «il workers buyout può salvaguardare posti di lavoro e professionalità che andrebbero
persi».
C'è chi c'è già riuscito. Dagli esempi che arrivano da lontano come l'Ipt di Scarperia che rinacque come
cooperativa nel 1994 e ora è leader internazionale per gli imballaggi ecologici. Fino ai più frequenti esempi
del tempo delle crisi, tra cui la Bolfra, nata nel 2013 sulle dell'omonima azienda fallita. «È stato un difficile
ma ora siamo contenti», racconta Marco Corsi. «Era, la nostra una falegnameria di successo, prima del
2007 eravamo 51 dipendenti. Poi il crollo dell'edilizia ha travolto l'azienda, sono stati cinque anni difficili,
siamo diventati 35, l'ultimo anno non arrivavano gli stipendi anche per cinque mesi. Il clima era pesante, di
angoscia e incertezza».
Poi, nel 2012, il fallimento e «il mondo ci è crollato addosso». Bisognava «cercare di rifarsi una vita». La
soluzione del Wbo il sindacato l'aveva proposta. «Ma noi avevamo detto: se non è andata per un'azienda
solida come la nostra e la crisi dell'edilizia continua, dovrebbe andare per noi?».
E ci si era rinunziato. «Io poi mi sentivo forte. Conoscevo molti clienti e pensavo che mi accogliessero a
braccia aperte. Invece cominciò subito la lunga lista dei sarei felice ma come si fa ».
E cominciò anche la lunga serie delle giornate in cui «ti alzi, resti a casa, apri il computer, guardi le offerte
di lavoro: niente. Allora esci, vai a suonare decine di campanelli: niente». Avanti così per mesi: «Sempre a
casa, hai 52 anni, tua moglie esce per andare a lavorare, rifai il letto, ti domandi cosa me farai di tutte
quelle giornate a casa, capisci chi si suicida». Dura dal febbraio all'ottobre 2012 quando torna l'idea della
workers buyout. Allora ecco il sindacato, ecco Legacoop, ecco le soluzioni. In otto fanno la cooperativa che
nasce il 26 novembre 2012 e diventa operativa a febbraio 2013. Rinunzia alle persiane, si dedica ai profili
per cornici «visto che in Valdelsa c'è un polo industriale di cornici importante a livello mondiale». Dopodiché
adesso l'impresa sta cominciando a espandersi anche verso l'edilizia in legno. Ora sono in oto soci più un
dipendente fisso, più un serie di lavoratori interinali nei momenti dei picchi, hanno riscattato il capannone, il
fatturato era di 700 mila euro nel 2015, nel 2016 ha girato la boa del milione, si prevede 1.600.000 nel
2017. «Devi fare una bella giravolta da dipendente a imprenditore. Non devi più fare bene il tuo lavoro per 8
ore e poi chiudere e andare a casa, devi pensarci sempre, portare i problemi a casa e risolverli, devi avere
idee nuove. In casi come il nostro non diventi ricco. Se guadagnavi 1.200 euro, ora ne devi guadagnarne
900 come sarebbe stata la mobilità. Ma ti sei rifatto una vita, hai uno scopo, forse riuscirai a crescere».
I PUNTI LE PAROLE Si chiama "workers buyout" e significa che i lavoratori si comprano l'azienda in crisi IL
CASO Marco Corsi (sopra) racconta della falegnameria Bolfra prima fallita e poi rinata grazie a questo
10/11/2017Pag. 7 Ed. Firenze
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 10/11/2017 6
sistema L'ALLEANZA Cgil e Legacoop hanno siglato un'intesa per aiutare i lavoratori che vogliono mettere
su una coop
10/11/2017Pag. 7 Ed. Firenze
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 10/11/2017 7
In un decreto gli obiettivi per i progettisti incaricati dalla p.a. Criteri minimi ambientali per gli edifici pubblici ANDREA MASCOLINI Progettare edifici pubblici riducendo gli impatti ambientali, nell'ottica del ciclo di vita dell'opera. È questo
l'obiettivo che dovranno perseguire i progettisti che parteciperanno alle procedure di affidamento di servizi
di ingegneria e architettura e che risulteranno aggiudicatari di incarichi da parte della pubblica
amministrazione. Lo prevede il decreto del ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 11
ottobre 2017 relativo ai «criteri ambientali minimi per l'affidamento di servizi di progettazione e lavori per la
nuova costruzione, ristrutturazione e manutenzione di edifici pubblici», pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.
259 del 6 novembre 2017. Il testo fa seguito ai diversi altri decreti sui criteri ambientali minimi emanati da
maggio 2016 a settembre 2017 in diversi settori (dall'illuminazione pubblica, al settore sanitario, all'edilizia e
ad altre categorie di servizi e forniture. Il decreto è parte integrante del piano d'azione per la sostenibilità
ambientale dei consumi della pubblica amministrazione e si fonda sul presupposto che applicare i criteri
ambientali minimi nel settore dell'affi damento di servizi di progettazione e realizzazione di edifi ci pubblici,
signifi ca (come si legge nel testo) mettere in condizione la stazione appaltante di «ridurre gli impatti
ambientali degli interventi di nuova costruzione, ristrutturazione e manutenzione degli edifi ci, considerati in
un'ottica di ciclo di vita». Dall'entrata in vigore del provvedimento (7 novembre 2017) ogni volta che si affi
deranno a terzi servizi di progettazione, i «criteri dovranno costituire parte integrante del disciplinare tecnico
elaborato dalla stazione appaltante in modo da indirizzare la successiva progettazione». Va tenuto
presente che i criteri ambientali minimi non prenderanno il posto dei criteri che usualmente vengono indicati
in un capitolato tecnico, ma si aggiungeranno agli altri elementi del capitolato di fatto rappresentando un
dettaglio riferito alla materia ambientale. Il provvedimento è articolato in più punti relativi alle diverse fasi del
procedimento di aggiudicazione del contratto e alla fase esecutiva dello stesso: selezione dei candidati,
specifi che tecniche per gruppi di edifi ci, specifi che tecniche dell'edifi cio, specifi che tecniche dei
componenti edilizi, specifi che tecniche del cantiere, criteri di aggiudicazione (criteri premianti) e condizioni
di esecuzione (clausole contrattuali) sono i punti sui quali la stazione appaltante deve intervenire per
assicurare la massima attenzione in fase progettuale alle tematiche ambientali. Il decreto fa comunque
salve le norme e i regolamenti più restrittivi (ad esempio: piani di assetto di parchi e riserve, piani paesistici,
piani territoriali provinciali, regolamenti urbanistici e edilizi comunali, piani di assetto idrogeologico) così
come i pareri delle soprintendenze. Per assicurare coerenza in tutto l'iter progettuale, la pubblica
amministrazione dovrà indicare esplicitamente nel bando di gara o nei documenti di affi damento che sono
ammesse solo varianti migliorative rispetto al progetto oggetto dell'affi damento redatto nel rispetto dei
Cam, ossia che la variante preveda prestazioni superiori rispetto al progetto approvato. © Riproduzione
riservata
10/11/2017Pag. 35
diffusione:38448tiratura:72895
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SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 10/11/2017 8
IL COMMENTO Un'occasione per la riforma Federico Fubini S e lo scambio di accuse di ieri fra le autorità
di vigilanza sembra senza precedenti, vale la pena di partire dal progenitore di tutti gli antefatti.
Nel 1921 e nel 1922 l'Italia era attanagliata da una serie di crisi bancarie. La Banca di Sconto fu travolta da
una corsa agli sportelli dopo che l'armistizio aveva posto fine alle commesse belliche dell'Ansaldo, suo
indebitatissimo cliente e azionista di controllo. E quando Benito Mussolini si impadronì del potere l'anno
dopo, il sistema finanziario e la credibilità delle istituzioni erano scosse dal dissesto del Banco di Roma. Per
fortuna l'Italia di oggi è diversa, anche se non mancano certe assonanze. Un giovane laureato torinese,
Piero Sraffa, criticò in un articolo il capitalismo di relazione, l'abuso dell'ignoranza dei risparmiatori e
l'abitudine di scaricare sullo Sato i costi dei dissesti. Mussolini reagì obbligando Sraffa all'esilio a
Cambridge, dove sarebbe diventato uno dei grandi economisti del '900. Oggi naturalmente non rischiamo
una replica di questa trama, ma continua ad agire sul sistema la lezione che il maestro di scuola di
Predappio trasse da quell'esperienza: le crisi bancarie fanno cadere i governi. Per questo quando negli
anni '30 la Grande Depressione minacciò anche la Banca Commerciale e il Credito Italiano, il duce
assegnò alla Banca d'Italia un compito preciso: evitare i fallimenti, a tutti i costi. La stabilità del sistema e
dei suoi partecipanti era il mandato preponderante che la Banca d'Italia ha ricevuto allora e si è vista
confermare anche in democrazia. È diventato la cultura profonda dell'istituzione. La tutela del risparmio non
è mai stata il primo mandato della Banca centrale, né della Consob: alla commissione di vigilanza - che
svolga bene o no il suo dovere - la legge chiede che ci sia trasparenza. La Consob ha dato conto che molte
delle obbligazioni che le banche vendevano alle famiglie negli ultimi dieci erano rischiose pur offrendo a
volte rendimenti inferiori ai titoli di Stato - una truffa - ma non lo ha impedito. In un mondo in cui nessuna
banca doveva poter fallire, l'assetto istituzionale non ha mai davvero messo al centro la protezione dei
consumatori. Quella avrebbe dovuto essere garantita dal fatto che ai dissesti si sarebbe quasi sempre
risposto con il denaro pubblico o l'intervento di altre banche, implicitamente d'accordo con i regolatori. Quel
mondo non esiste più. L'Italia della legge bancaria del 1936 finisce nel 2013, quando la Commissione Ue
sancisce che, in caso di aiuto pubblico, gli obbligazionisti devono contribuire alle perdite. La direttiva
europea in vigore dal 2016, votata dai governi di Enrico Letta e Matteo Renzi e con l'astensione di Matteo
Salvini nel Parlamento Ue, conferma la svolta: il sistema non solo non è più pensato per escludere i
fallimenti, ma li prevede esplicitamente come strumento di disciplina. Si può discutere se il pendolo non sia
andato troppo il là, ma l'assetto istituzionale italiano oggi corrisponde a un mondo scomparso. Il conflitto fra
Consob e Banca d'Italia per stabilire chi abbia tradito i risparmiatori riflette questa obsolescenza che ora
tocca alla legge - dunque alla politica - risolvere. L'economista Luigi Guiso propone da tempo che si
individui un'autorità il cui compito, esplicito ed esclusivo, sia la tutela dei consumatori. Invece di lanciare
una caccia al capro espiatorio, la Commissione d'inchiesta ha senso solo se diventerà un'occasione per
guardare avant i.
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10/11/2017Pag. 1
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 10/11/2017 10
La Lente Confcommercio: professionisti a quota 1,3 milioni Boom di freelance Claudia Voltattorni Un milione e 300mila liberi professionisti e lavoratori autonomi: «L'Italia si conferma il Paese delle partite
Iva, dei freelance e del lavoro autonomo», sottolinea Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio. E infatti,
dal 2008 al 2015, il numero dei liberi professionisti nel nostro Paese è cresciuto di quasi il 15% a fronte
invece di una riduzione dell'occupazione totale. Sono il 6% degli occupati complessivi con un reddito medio
di oltre 38mila euro. La maggior parte (983mila) è iscritta a un albo o a un ordine professionale, ma sono i
freelance a segnare una crescita molto alta: diventati 344mila in 7 anni, con un aumento del 51,6% contro il
14,8 dei liberi professionisti e il 5,8% degli iscritti a un ordine. I conti li fa l'Ufficio studi di Confcommercio
che traccia un identikit delle nuove professioni nel terziario. E si scopre che nel Mezzogiorno c'è stato un
aumento del 73% di lavoratori indipendenti con figure come guide turistiche, wedding planner, designer,
grafici, informatici. In generale, la maggior parte dei nuovi professionisti è nei servizi di mercato (97%) con
attività professionali, scientifiche e tecniche (52,1%) e redditi medi di 18mila euro. Istruzione e formazione
sono le attività più in crescita (+130%) seguite da sanità e assistenza sociale (+89%). «Siamo di fronte a un
bivio - dice Sangalli -: o valorizziamo queste professionalità o le condanniamo a un ruolo residuale».
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10/11/2017Pag. 41
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 10/11/2017 11
Gentiloni: non trasformare l'Italia in un mercato di paure e illusioni Il premier: risultati da difendere. Fisco, la rottamazione si estende al 2000-2016 Marco Galluzzo ROMA L'Italia è un Paese affidabile come socio fondatore della Ue, come alleato atlantico, come attore
economico. Un po' meno come modello di stabilità politica, ammette Paolo Gentiloni, parlando ad una
platea di imprenditori e protagonisti delle istituzioni. E anche per questo bisogna evitare di disperdere i
passi avanti fatti sin qui: progressi, segnala, arrivati con il suo e con i governi precedenti, ma «è l'Italia che
ha riagganciato la crescita, non questa o quella parte politica».
Alla vigilia della campagna elettorale per le elezioni politiche, il capo del governo chiede a tutti gli attori
istituzionali e ai partiti senso di responsabilità, perché occorre «non trasformare l'Italia in un supermarket di
paure o illusioni». Sarebbe un peccato per i risultati sin qui raggiunti, aggiunge il premier nel corso di un
convegno sulla Brexit organizzato dal quotidiano Il Messaggero , e a cui partecipano anche il Commissario
europeo Michel Barnier, l'ex presidente della Ue Romano Prodi, il ministro dello Sviluppo economico Carlo
Calenda, il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia.
Il messaggio di Gentiloni trova una sponda nelle parole di Prodi: «In Germania si è votato il 24 settembre e
prima del nuovo anno niente governo. Se in Italia ci sono dieci minuti di incertezza politica succede
un'iradiddio...». Lo stesso presidente del Consiglio affronta il tema anche con una battuta: «Si parla molto
della nostra instabilità politica, data dall'avvicendarsi di governi. Non mi spingerei a dire che si tratta di una
fake news , come si dice oggi, e tuttavia non conosco instabilità più solide di quella italiana nei fondamentali
delle nostra scelte, come quella europeista».
L'orizzonte dell'inquilino di Palazzo Chigi, che più di qualcuno proietta ancora in sella al governo dopo le
elezioni del prossimo anno, è di questo tipo: «Dobbiamo rendere stabili i risultati ottenuti e tradurli in
benefici per il mondo del lavoro e le famiglie, perché abbiamo raggiunto risultati importanti da non
dilapidare». Ci sono frutti che rivendica, oltre il suo stesso governo, perché abbracciano i precedenti e
impegnano i successivi e dunque appartengono al Paese: «Disperderli sarebbe irresponsabile. Non sono
risultati di questa o quella parte, ma dell'impegno di tutti».
«La vera posta in gioco nella fase che ci attende dopo l'approvazione della legge di Bilancio - continua
Gentiloni - è di proseguire sulla strada della crescita, di accompagnare il percorso positivo che è in atto.
Non ridurre l'Italia a un supermercato di paure e illusioni. L'Italia va a testa alta alla discussione in Europa,
rivendicando il suo orgoglio europeista». La Brexit? «Ricordo la notte del 23 giugno: andammo a dormire
piuttosto ottimisti, sembrava che il "remain" prevalesse. Ci svegliammo verso le 4 di mattina, per fare un
punto sulla vittoria del "leave", non del tutto attesa ma accolta con il rispetto che si deve alle decisioni di un
Paese libero».
Allora sembrava «il culmine di una "tempesta perfetta", dell'accumularsi di crisi su piani diversi». Oggi, «per
fortuna dell'Ue, le cose hanno preso un corso diverso, l'eurozona ha tassi di crescita al di sopra del 2 per
cento ed è una delle aree più interessanti per tutti gli investitori».
Si profilano poi novità sulla rottamazione prevista dal decreto fiscale, che ora si estende alle cartelle 2000-
2016 secondo un emendamento del senatore Giorgio Santini (Pd) approvato in commissione Bilancio.
La rottamazione è estesa anche a chi è stato escluso dalla definizione agevolata perché non in regola con
le rate di piani precedenti.
Il termine per presentare l'istanza viene spostato dal 31 dicembre al 15 maggio 2018, anche per le cartelle
ricevute entro fine settembre. Viene inoltre concessa una settimana, dal 30 novembre al 7 dicembre, per
pagare le prime due rate già scadute a luglio e inizio ottobre .
10/11/2017Pag. 41
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 10/11/2017 12
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L'incontroL'Italia
non sarà un modello di stabilità quanto ad assetti di governo, ma la sua affidabilità come partner economico
e, soprattutto, come socio fondatore dell'Unione Europea, e come alleato atlantico, è fuori discussione Anzi,
si tratta di asset
il cui peso
si fa sentire sempre di più
e il premier Paolo Gentiloni li ha rivendicati ieri, parlando
a una conferenza sui destini di Ue
e Brexit con una platea di imprenditori, organizzato dal Messaggero . C'era anche l'ex presidente della Ue
Romano Prodi e il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda
Foto:
Il premier Paolo Gentiloni (in piedi) mentre stringe la mano a Romano Prodi. Accanto, Michel Barnier,
capomediatore del Parlamento Ue per la Brexit, ieri a un convegno
a Roma
10/11/2017Pag. 41
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 10/11/2017 13
Sussurri & Grida Ferragamo e l'accordo di famiglia sulla governance ( m. s. s. ) Alla fine, hanno impiegato anche meno del tempo previsto. I molti discendenti che compongono
la famiglia Ferragamo, fondatrice e azionista di maggioranza del gruppo del lusso, hanno infatti firmato il
nuovo accordo di famiglia. «Si tratta di un accordo fra privati», fanno sapere dalla società, che è quotata in
Borsa. Non un vero e proprio patto, quanto piuttosto «un codice di comportamento che fissa le linee guida
circa il comportamento degli aderenti tra loro e, specie con riguardo alla 3a e 4a generazione, nei confronti
delle società appartenenti al gruppo. Si indicano principi generali e requisiti di competenza e qualificazione
per le nuove generazioni in previsione del passaggio generazionale». La famiglia aveva già avuto un primo
patto di famiglia per governare il passaggio tra la prima e la seconda generazione. Scaduto quello, adesso
si è provveduto ad aggiornarlo per far fronte a una famiglia che cresce. Ad anticipare che il dialogo era in
corso era stato lo stesso presidente del gruppo, Ferruccio Ferragamo, lo scorso febbraio parlando con gli
analisti. Ferragamo aveva parlato di «un accordo di tipo morale».
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Ntv verso la Borsa
con la nuova flotta
I ricavi di Ntv salgono del 25% nei primi nove mesi dell'anno a 329 milioni. Più 78,8% anche per l'ebitda a
114,8 milioni. Con i conti positivi l'azienda guidata da Flavio Cattaneo ( foto ) che prepara lo sbarco in
Borsa nel 2018 rinforza la flotta: il cda ha deliberato l'acquisto di 5 treni Italo Evo che si aggiungono ai 12
già comprati nel 2016. Gli Italo Evo arrivano a 17 a cui si affiancano 25 Agv .
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Per Confartigianato il welfare con TreCuori
( ri.que. ) La competizione tra le associazioni delle imprese si gioca sul welfare. È partita la gara ad offrire
agli associati piattaforme online su cui far scegliere ai dipendenti tra vari servizi. Ora si stanno buttando
nell'impresa anche le associazioni dei piccoli. Confartigianato presenterà stamattina a Milano la sua
convenzione con TreCuori per la fornitura di una piattaforma welfare agli associati. «Il welfare per i
dipendenti funziona anche nelle piccole imprese, e dove non si arriva con gli accordi di produttività si può
fare tramite regolamenti - spiega Cesare Fumagalli, segretario generale di Confartigianato -. Noi offriamo
consulenza sulla parte giuslavoristica. Poi mettiamo la piattaforma. Con l'obiettivo di incrociare il welfare
aziendale con quello di comunità» .
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F2I, arriva Cesare
( f.mas. ) Cambio della guardia in F2I: il consiglio di amministrazione della Sgr guidata da Renato Ravanelli
e partecipata da Cdp, Intesa Sanpaolo, Unicredit e un gruppo di fondazioni e casse previdenziali oggi
dovrebbe cooptare al posto del presidente dimissionario Leone Pattofatto, che lascia dopo circa un anno e
mezzo, l'avvocato Massimiliano Cesare. Cesare, 50 anni, napoletano,già consigliere economico di Enrico
Letta a Palazzo Chigi, oggi presidente della Banca del Mezzogiorno e componente del board di Fincantieri .
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10/11/2017Pag. 47
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 10/11/2017 14
Credito. Possibile slittamento dell'entrata in vigore Bce: testo su regole Npl può migliorare Beda Romano pagina 2 BRUXELLES. Dal nostro corrispondente pLa presidente del consiglio di vigilanza bancaria della
Banca centrale europea ha difeso ieri la sua strategia nel ridurre i crediti in sofferenza nel sistema bancario.
Pur confermando in una audizione dinanzi al Parlamento europeo gli obiettivi e le competenze della Bce in
questo ambito, Danièle Nouy ha aperto la porta a possibili cambiamenti alle nuove regole, in particolare per
quanto riguarda la tempistica della loro entrata in vigore. Il gesto è stato apprezzato dall'assemblea
parlamentare. Ai primi di ottobre, la Bce ha presentato nuove norme di vigilanza bancaria che hanno
suscitato non poche critiche. Queste prevedono che dal 2018 i crediti non garantiti diventati sofferenze
debbano essere coperti da accantonamenti nel giro di due anni. Quanto ai crediti garantiti anch'essi
diventati sofferenze, questi devono essere coperti da accantonamenti nel giro di sette anni. La regola
varrebbe per tutti i crediti di cattiva qualità dal 2018 in poi, indipendentemente dalla data di inizio del
credito. Nella sua presentazione di ieri qui a Bruxelles, la signora Nouy ha ricordato che le nuove norme
non prevedono «alcuna applicazione automatica», ma solo un'applicazione banca per banca. Ha
sottolineato che le nuove regole riguarderebbero «solo le nuove sofferenze, non i nuovi crediti». Ha
sostenuto che le scelte dell'istituto monetario in questo ambito sono in linea con i principi approvati dai
Ventotto in giugno e con il compito della stessa Bce in questo ambito. Tuttavia, si è detta aperta a possibili
compromessi, almeno sui tempi. «Abbiamo pubblicato per consultazione a livello europeo una bozza di
nuove regole - ha spiegato -. Tutto può essere modificato, se consideriamo che le norme non siano
adeguate (...) La bozza può essere migliorata,e lo sarà. Uno degli elementi modificabile è certamente
quello della data di entrata in vigore (...) Forse la data del 1 gennaio 2018 nonè quella giusta,e potrei
proporre una nuova data di entrata in vigore», più lontana. L'apertura della signora Nouy nonè banale. In
buona sostanza, le banche potrebbero approfittare della finestra temporale per considerare fin da ora
sofferenze creditizie i crediti che ritengono dubbi in modo da ridurre l'ammontare delle sofferenze per le
quali sarà necessario creare accantonamenti. Infatti, l'esigenza di nuovi cuscinetti prudenziali è prevista
solo per le nuove sofferenze, non per le vecchie. Si calcola che i crediti di cattiva qualità ammontino oggi in
Europa a oltre 700 miliardi di euro. Le nuove regole della Bce hanno provocato vive critiche, soprattutto in
Italia dove l'establishment è preoccupato dai costi che la nuova strategia potrebbe creare per le banche.
L'iniziativa della Bce «è un messaggio antitetico rispetto a quello di un'Unione forte economicamente, che
faccia delle banche e delle imprese una grande fonte di competitività», ha detto a Roma il presidente di
Confindustria Vincenzo Boccia. L'Europa «non può agire in una logica burocratica, ma deve agire in una
logica politica». Due giorni fa i servizi legali del Parlamento europeo hanno finalizzato un parere giuridico
secondo il quale l'istituto monetario è andato oltre il suo mandato ( si veda Il Sole 24 Ore di ieri ).
Nell'audizione di ieri, critiche alla signora Nouy sono giunte in particolare dagli eurodeputati italiani Marco
Valli (del M5S) che si è interrogato sull'accanimento della Bce nel voler ridurre le sofferenze creditizie, e
Fulvio Martusciello (Forza Italia) che ha chiesto ragguagli tecnici sulle nuove norme. Ciò detto il presidente
della Commissione affari monetari della stessa assemblea parlamentare Roberto Gualtieri (Pd) si è detto
soddisfatto. «Credo si possa parlare di un primo importante successo per il Parlamento europeo, anche se
naturalmente ora saremo vigili sui passaggi successivi e proseguiremo il dialogo con la vigilanza bancaria
europea», ha spiegato l'uomo politico in una dichiarazione all'Ansa, riferendosi alla disponibilità al
compromesso della signora Nouy. La partita è tanto politica quanto istituzionale. Difficile ancora dire quanti
paesi siano pronti a seguire l'Italia in questa battaglia contro il potere monetario. Le nuove regole di
vigilanza bancaria della Bce rimarranno in consultazione a livello europeo fino all'8 dicembre prossimo.
Nella sua presentazione davanti al Parlamento europeo, la signora Nouy ha assicurato che l'istituto
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 10/11/2017 15
monetario «valuterà molto attentamente tutti i commenti che riceverà in questa occasione». Grecia Cipro
Portogallo ITALIA Slovenia Irlanda Spagna Austria LE SOFFERENZE BANCARIE Npl in % dei crediti totali
46,2% 43,8% 18,5% 14,8% 13,5% 12,5% 5,5% 4,8% LE COPERTURE Coverage Ratio in % 47,5% 45,4%
44,9% 49,9% 64,8% 32,5% 44,7% 54,3%
Foto: EPA Bce. Danièle Nouy, presidente del Consiglio di Vigilanza
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 10/11/2017 16
Dl fiscale, via libera in Commissione al Senato al nuovo calendario La rottamazione riapre anche per le vecchie cartelle Fino al 7 dicembre il recupero delle prime due rate Marco Mobili Giovanni Parente pLa rottamazione delle cartelle riapre anche per il passato. La commissione Bilancio del Senato ha
approvato l'emendamento del Pd al Dl fiscale che estende la possibilità di aderire alla sanatoria anche ai
ruoli affidati alla riscossione dal 2000 al 2016, oltre che a quelli dal 1° gennaio al 30 settembre 2017 così
come prevede la norma già in vigore. Via libera allo slittamento dal 30 novembre al7 dicembre per pagare
le rate saltate della prima rottamazione. Semplificato lo spesometroe senza sanzioni il primo invio già
effettuato per il 2017. pagina5 Rottamazione allargata ma con sorpresa. Nel giorno in cui la commissione
Bilancio del Senato dà il via libera alla riscrittura della definizione agevolata dei ruoli, sul tavolo del Governo
piomba un emendamento (1.0.17) targato Pd che se venisse approvato consentirebbe di non pagare
sanzioni anche se il Fisco ha accertato mancati versamenti delle tasse. Se non è un condono poco ci
manca. Il testo del correttivo al Dl fiscale collegato alla manovra prevede, in sintesi, che le rate dei
pagamenti dovuti a seguito dell'attività di controlloe accertamento dell'agenzia delle Entrate sulle
dichiarazioni dei redditi e Iva in corso al 16 ottobrte scorso (quindi non varrebbe per i nuovi accertamenti)
potranno essere versate senza sanzioni in un'unica soluzione entro maggio 2018 o in sei rate di cui l'ultima
a marzo 2019. Su questo punto, però, Governo e relatore hanno preso una pausa di riflessione almeno fino
a lunedì quando l'emendamento sarà messo al voto. Voto che, invece, si è svolto ieri e ha visto protagonisti
soprattutto la riapertura della rottamazione e le modifiche allo spesometro (si veda l'articolo in basso). Il via
libera della Bilancio all'emendamento presentato dal capogruppo Pd in commissione, Giorgio Santini,
consente di "riaprire" la definizione agrevolata anche ai carichi affidati alla riscossione dal 2000 al 2016
naturalmente per chi non ha aderito alla prima definizione agevolata. Ma non solo, perché si concede una
settimana in più a chi volesse risalire sul treno della rottamazione dopo non aver versato le prime due rate
in scadenza il 31 luglioe il2 ottobre scorso. Il termine per sanare omessi o carenti pagamenti slitterà in
avanti, infatti, dal 30 novembre al 7 dicembre. E ancora, cambia il calendario peri cosiddetti ripescati, ossia
i contribuenti che si sono visti respingere l'istanza di adesione perché non in regola coni piani di dilazione al
31 dicembre dello scorso anno. Anche per questi ultimi così come per chi aderirà ex novo il ter mine per
presentare la domanda scadrà il 15 maggio 2018. Dopo di che dovranno saldare le rate non pagate dei
piani di ammortamento del debito entro il 31 luglio. Poi per la rottamazione vera e propria che, ricordiamo,
per le contestazioni tributarie consente lo sconto di sanzioni e interessi di mora, dovranno pagare l'importo
dovuto al massimo in due tranche (le prime due a ottobre e novembre 2018 e la terza entro febbraio 2019).
Resta, invece, di cinque il numero massimo di scadenze per chi presenterà una nuova domanda di
adesione alla definizione agevolata. Alla luce dell'emendamento approvato, quindi la rottamazione
riguarderà tutti i carichi (cioé gli importi contestati dagli enti impositori) affidati alla riscossione dal 2000e
fino al 30 settembre 2017, infatti l'allargamento al passato si va ad aggiungere alla finestra già aperta dal
testo originario del decreto per i primi nove mesi dell'anno in corso. Ma la rottamazione non si ferma alle
cartelle esattoriali. Anche gli enti territoriali (regioni, province, città metropolitane e comuni) che riscuotono
attraverso l'ingiunzione potranno decidere di aderire entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge di
conversione del decreto fiscale. Ingiunzioni che devono essere state notificate entro il 16 ottobre scorso.
L'operazione consente ai contribuenti interessati di versare senza sanzioni le contestazioni relative a
entrate tributarie come ad esempio, Imu, Tasi, Tari, ma anche non tributarie. Si dovrà comunque chiarire
l'effetto che il correttivo già approvato avrà sulle violazioni al codice della strada notificate sempre con
ingiunzione di pagamento: rottamando la sanzione, infatti, si cancella la "multa" e resterebbero dovuti gli
interessi. Sempre in tema di riscossione locale, tra gli emendamenti approvati, ci sono anche quelli identici
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 10/11/2017 17
presentati dalle varie forze parlamentari che puntanoa evitare affidamenti da parte dei Comuni dell'attività di
accertamento e recupero delle entrate a soggetti non abilitati. Attività che, alla luce del correttivo, dovranno
essere obbligatoriamente affidatia entio società iscritti all'albo pubblico dei riscossori.
I NUOVI MODELLI
RECUPERO RATE SALTATEPIANI DI DILAZIONELA RICHIESTA DI ADESIONE3131157dicembredicembrelugliomaggio Termine più ampio (dal 30 novembre al 7 dicembre) per pagare l'unica rata o le rate non versate
alle scadenze del 31 luglio o del 2 ottobre della prima rottamazione delle cartelle L'ampliamento della
rottamazionebis anche i vecchi carichi di fatto imporrà un'operazione aggiornamento della modulistica già
diffusaa fine ottobre da Agenzia delle EntrateRiscossione I contribuenti che non hanno presentato
domanda per la prima rottamazione dei ruoli e hanno carichi affidati alla riscossione dal 2000 al 2016
potranno aderire entro il 15 maggio 2018 I contribuenti esclusi dalla prima rottamazione perché non in
regola coni vecchi piani di dilazione dovranno prima saldare il dovuto per accedere alla definizione
agevolataLe modifiche già approvate ROTTAMAZIONE
Primo ok all'estensione della rottamazione ai carichi affidati alla riscossione dal 2000 al 2016 (per chi non
ha aderito alla prima edizione). E c'è una settimana in più per chi volesse salire sul treno della rottamazione
dopo non aver versato le prime due rate RISCOSSIONE COMUNALE Approvata una modifica per evitare
gli affidamenti dell'attività di accertamentoe recupero delle entrate da parte comunia soggetti non abilitati. Il
servizio dovrà essere assegnatoa entio società iscritti all'albo pubblico dei riscossori ENTRATE LOCALI
Anche gli enti territoriali (regioni, province, città metropolitanee Comuni) che riscuotono tramite ingiunzioni
potranno decidere se aderire alla rottamazione. Le ingiunzioni relative alle entrate anche tributarie devono
essere state notificate entro il 16 ottobre scorso TERZO SETTORE Continuità nell'applicazione delle
agevolazioni precedenti all'entrata in vigore del Codice del Terzo settore (operative dal 2018). Per il periodo
d'imposta 2017 si applicheranno deduzioni e detrazioni previste dalla norma «più dai, meno versi»
SPESOMETRO Semplificazioni in arrivo per lo spesometro. Si potrà scegliere tra l'invio annuale o
semestrale per le fatture 2018. Sarà ridotto il numero di dati da trasmettere e si potranno cumulare le
fatture sotto i 300 euro. Sterilizzate le sanzioni per l'invio del primo semestre 2017 DONAZIONI Corretto
l'articolo 83 del codice del Terzo settore sulle erogazioni liberarlie che prevede la detrazione del 19% dei
contributi associativi versati dai soci alle società di mutuo soccorso per importi non superioria 1.300 euro
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 10/11/2017 18
PANORAMA Paesi del Golfo, fuga di capitali dopo gli arresti in Arabia Andrea Franceschi Il timore di finire nelle maglie della purga anticorruzione che ha portato nei giorni scorsi all'arresto di 11
principi, quattro ministrie decine di importanti uomini d'affari in Arabia Saudita sta spingendo diversi grandi
investitori sauditia liquidare investimentie spostare capitali all'estero nel timore che sequestrati dalle
autorità. Finoa ieri nelle Borse del Golfo registrati 18 miliardi di vendite. pagina 35 Il timore di finire nelle
maglie della purga anticorruzione che ha portato nei giorni scorsi all'arresto di 11 principi, quattro ministri e
decine di importanti uomini d'affari in Arabia Saudita sta spingendo diversi grandi investitori sauditia
liquidare investimenti e spostare capitali all'estero nel timore che possano essere sequestrati dalle autorità.
La notizia è stata riportata ieri dalle principali agenzie finanziarie internazionali. Le fonti anonime citate da
Bloomberg hanno spiegato che diversi importanti investitori sauditi stanno liquidando quote importanti del
loro portafoglio nei vicini mercati del Golfo allo scopo di farli transitare in Europa o Stati Uniti sotto forma di
cash o titoli facilmente liquidabili. Altri in Arabia Saudita hanno contattato banche e asset manager per
capire come spostare all'estero quote del loro patrimonio. Alcuni gestori e private banker che operano nei
vicini Emirati Arabi Uniti hanno raccontato alla Reuters che diversi facoltosi investitori sauditi in questi giorni
hanno venduto consistenti pacchetti di azioni alla piazza di Riyah. L'impatto di queste vendite è stato
tuttavia mitigato dall'intervento di alcuni fondi statali che, con i loro acquisti, hanno sostenuto gli indici.
Tuttavia fino a ieri nelle Bor se del Golfo si sono registrate vendite di azioni per 18 miliardi di dollari,
secondo Bloomberg. Le indiscrezioni sulle fughe di capitali sono indicative dell'elevato grado di incertezza
che si respira in questi giorni in Arabia Saudita dopo l'ondata di arresti che ha terremotato l'elite politico
finanziaria del Paese. Una mossa che si è accompagnata al congelamento di almeno 1.200 conti bancari
riferiti a persone finite nelle in dagini. In questo contesto e considerato l'alto grado di imprevedibilità che sta
assumendo la maxipurga non c'è da stupirsi della fuga di capitali per salvare il salvabile. In uno sforzo per
rassicurare gli investitori internazionali le autorità hanno fatto sapere che, ad essere interessati dal
provvedimento, sono individui e non società. Ieri Sheikh Saud alMojeb, l'alto funzionario governativo che
segue le indagini, ha fatto sapere che in base alle indagini condotte nell'ultimo triennio, ci sarebbero state
malversazioni legate ad attività di corruzione per «almeno 100 miliardi di dollari» nel corso degli ultimi
decenni. Delle circa 208 persone finora arrestate sette sono state rilasciate. Le indagini intanto procedono
spedite e iniziano a interessare anche i vicini Paesi del Golfo. Alcuni banchieri dei vicini Emirati Arabi Uniti
hanno raccontato alla Reuters di aver ricevuto richieste dettagliate sulle posizioni di 19 clienti sauditi da
parte della locale banca centrale. Una richiesta che, stando a quanto hanno riferito le fonti dell'agenzia,
potrebbe preludere al congelamento dei fondi. Resta in ogni caso alta l'incertezza nella comunità finanziaria
per le conseguenze che potrebbe avere la maxipurga anti corruzione che ha minato alle radici gli equilibri
interni del primo produttore di petrolio al mondo. Equilibri rimasti sostanzialmente immutati da decenni. A
interrogarsi su ciò che potrà succedere sono in molti sui mercati. Soprattutto perché il terremoto ai vertici
del potere politico del Paese arriva alla vigilia di un appuntamento cruciale: la quotazione di Saudi Aramco.
Secondo il principe Mohammed bin Salman il colosso petrolifero di Stato po trebbe valere duemila miliardi
di dollari. Una cifra che farebbe del collocamento del 5% del capitale la più grande Ipo di tutti i tempi. C'è
tuttavia chi dubita che, alla luce del terremoto politico di questi giorni, i sauditi potranno incassare i 100
miliardi di dollari sperati. Intanto sta andando in scena la competizione per la piazza finanziaria che sarà
scelta per quotare il gigante petrolifero. Sabato scorso è entrato in campo il presidente americano Donald
Trump che in un tweet ha espressamente invitatoi sauditi a scegliere Wall Street come piazza finanziaria
dove quotarsi, ieri è stata la volta di Londra. Il governo britannico ha siglato un'intesa con Saudi Aramco per
fornire garanzie di credito sull'acquisto di beni e servizi di aziende britanniche per un controvalore di due
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 10/11/2017 19
miliardi di dollari. Anche se il ministro delle finanze britannico ha espressamente negato che tale intesa sia
parte degli sforzi del governo di Sua Maestà per convincere la società a eleggere la City per la sua
quotazione diversi osservatori hanno dato una lettura opposta all'accordo. Tra le altre piazze finanziarie
potenzialmente interessate alla più grande Ipo di tutti i tempi ci sono anche Tokyo ed Hong Kong. BORSE
ARABE GIÙ Bahrain Bahrain All Share Index -1,19% Qatar Qatar Ex Gen Ind -3,20% Emirati DFM General
Index -4,76% Kuwait Boursa Kuwait 15 Index -5,72%Borse del Golfo sotto pressione
Performance inizio settimana e ultimo mese. Variazione percentuale Arabia Saudita Tadawul FF Index -
0,03% ULTIMO MESE -2,24% Bahrain B ahrain A ll S hare Index -1,19% ULTIMO MESE -0,44% Giordania
Amm an St ock Exc hange Gen Ind -1,38% ULTIMO MESE -0,73% Iraq Iraq St ock Ex M ain 60 Index -
1,79% ULTIMO MESE -4,21% Qatar Qat ar Exc hange General Index -3,20% ULTIMO MESE -3,99%
Emirati DFM General Index -4,76% ULTIMO MESE -4,46% Kuwait B oursa K uwait 15 Index -5,72%
ULTIMO MESE -11,28%
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 10/11/2017 20
Credito e regole Il presidente Casini Non sono emersi contrasti fattuali ma «interpretazioni divergenti»Martedì in bicamerale Saranno auditi i magistrati che stanno indagando sul Monte dei Paschi di Siena LOSCONTRO DAVANTI ALLA COMMISSIONE Crack venete, Consob contro Bankitalia Apponi: problemi non segnalati - Barbagallo: l'allarme fu dato -Ma salta il confronto all'americana LEREAZIONI POLITICHE Renzi (Pd): la Commissione sta lavorando bene, chi ha sbagliato paghi Di Maio(M5S): ci mettono in seria difficoltà con la comunità internazionale Davide Colombo Il confronto all'americana tra il direttore generale della Consob, Angelo Apponi, e il capo della Vigilanza di
Bankitalia, Carmelo Barbagallo, non c'è stato. Ma al termine della duplice, lunghissima testimonianza resa
ai sensi del codice di procedura penale davanti alla Commissione d'inchiesta sulle crisi bancarie, lo scontro
tra le due istituzioni è emerso con evidenza. Dopo quasi sei ore di domandee risposte separate sulle
modalità e la cronologia degli interventi ispettivi che si sono inanellati tra il 2012e il 2015 su Veneto Bancae
Popolare di Vicenza, il presidente Pier Ferdinando Casini ha osservato che «possono considerarsi superate
le contraddizioni emerse dalle precedenti due audizioni». Dal confronto non sono emersi contrasti fattuali,
secondo Casini, ma «interpretazioni divergenti» su quello che si sarebbe potuto o dovuto fare.I due dirigenti
di Consob e Bankitalia hanno insistito, in particolare, sulla valutazione della lettera del 25 novembre 2013
con cui Via Nazionale segnalava in due pagine tutte le criticità emerse dall'ispezione di Veneto banca.
Indicazioni «più che sufficienti per far scattare un allarme dell'altra autorità» secondo Barbagallo. Mentre
Apponi ha parlato di informazioni «incomplete per valutare il prezzo dell'aumento di capitale lanciato in
quell'anno». Valutazioni che ora verranno verificate nei verbali, come ha annunciato Matteo Orfini,
capogruppo Pd, che ha parlato di «aspetti inquietanti e gravi di mancanza di comunicazione» per decidere
se fare o meno un confronto. Il prezzo delle azioni A imporre un confronto tra i due erano state in primis le
incongruenze emerse sulle valutazioni del prezzo delle azioni, in partico lare per quanto riguarda l'aumento
di capitale di Veneto Banca, con un price to book value giunto a 1,22 contro lo 0,66 medio di un panel di
sette banche quotate, preso a riferimento nel prospetto informativo. La lettera di via Nazionale alla Consob
riferiva dei vari e gravi problemi della banca di Montebelluna e, riguardo al prezzo dell'azione, indicava
come fosse «incoerente e costantemente crescente» anche in riferimento al contesto economico e con la
perdita del 2012. Se dopo quella missiva - ha osservato Barbagallo - Consob riteneva di non avere i mezzi
per ulteriori approfondimenti «poteva chiedere a noi e non lo ha fatto. Poi nel comitato tecnico
(BankitaliaConsob, ndr) avrebbe potuto chiedere altre informazioni e non lo ha fatto». Un paio d'ore prima,
nel corso della sua testimonianza, Apponi aveva invece osservato: «Ci viene detto (nella comunicazione
ricevuta da via Nazionale, ndr) che il prezzo è alto. Altro è quello che leggiamo nel verbale ispettivo, che
riceviamo nel 2015, dove si dice che la metodologia di calcolo del prezzo è irrazionale e ci sono dei vizi.
L'informazione è significativamente diversa». Protocolli migliorabili Dal 2007 Bankitalia e Consob hanno
intrattenuto intensie sistematici scambi di informazioni sull'evoluzione della crisi delle due venete. Da
palazzo Koch sono partite una ventina di informative per ognuna delle due banchee Consob, vale
ricordarlo, ha accesso all'archivio dati di Bankitalia e alla centrale rischi. Barbagalloe Apponi hanno in più
momenti concordato sul fatto chei protocolli che regolano le collaborazioni tra le due autorità possono e
devono essere migliorati. Osservazione che Casini ha voluto sottolineare: «il fatto che il capo della vigilanza
di Banca d'Italia dica che il sistemae le regole, alla luce di quello cheè successo, vadano riviste è di grande
rilevanza». Per impedire in futuro il collocamento al retail dei bond bancari, subordiatie non «non credo
serva una legge, si può fare se Consobè d'accordo» ha detto per esempio Barbagallo, che ha ipotizzato di
vietare il collocamento ai risparmiatori per le banche che hanno un punteggio di rischio peggiore tra1e 4. Al
termine del confronto Casini ha annunciato per martedì l'audizione dei magistrati che indagano sul Mps. Le
reazioni politiche Mentre a san Macuto si svolgevano le testimonianze sulle agenzie fioccavano le
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 10/11/2017 21
dichiarazioni politiche. «La commissione d'inchiesta sulle Banche, voluta dal Pd, sta lavorando bene per
capire chi ha sbagliato. E chi ha sbagliato deve pagare: non è populismo, è giustizia» ha scritto Matteo
Renzi. Mentre per Luigi di Maio il confronto BankitaliaConsobè stato «un teatrino drammatico, volano
straccie ci mettono in seria difficoltà con la comunità internazionale» ha spiegato il candidato premier del
M5S. «Adesso ha poi aggiunto questi signori provino almenoa salvare la decenza andandosenea casa».
«Il sistema di vigilanza non funzionae va riformato. Con Fratelli d'Italia al Governo cambieranno le regole e
la prima cosa che faremo sarà rendere pubblica l'attività di vigilanza» ha twittato Giorgia Meloni. ©
RIPRODUZIONE RISERVATA Le due testimonianze "Carmelo Barbagallo Capo della Vigilanza di Banca
d'Italia I CONTROLLI SULLE VENETE La lettera del 25 novembre 2013 di Bankitalia sull'ispezione di
Veneto Banca conteneva dati «più che sufficienti per far scattare un allarme dell'altra autorità»
PROTOCOLLI «L'esito delle ispezioni lo comunichiamo sulla base del protocollo, i protocolli sono
perfettibili. Da parte mia la valutazione è che si può e si deve fare di più» LE REGOLE Per impedire il
collocamento al retail dei bond bancari e non solo quelli subordinati «non credo serva una legge, si può fare
se Consob è d'accordo» "Angelo Apponi Direttore generale Consob I CONTROLLI SULLE VENETE Nella
lettera del 2013 informazioni «incomplete per valutare il prezzo dell'aumento di capitale lanciato in
quell'anno» da Veneto Banca POTERI «Noi oggi non possiamo vietare la commercializzazione di prodotti
finanziari, non c'è stato anticipato il potere Mifid 2, lo avremo solo dal gennaio 2018» AUTORITÀ
STRANIERA I bond subordinati 2015 non sono stati autorizzati da Consob ma da «un'autorità estera di un
paese europeo» grazie alla direttiva Ue sui prospetti
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Orientagiovani. Oggi la manifestazione a Roma Parla Giovanni Brugnoli (vicepresidente di Confindustriaper il Capitale umano) «Un patto per l'alternanza di qualità» Claudio Tucci «Incontro ogni giorno decine di ragazzi in giro per l'Italia: sa cosa mi riempie d'orgoglio? Quando qualcuno
mi dice che ha fatto bene a scegliere un istituto tecnico,e che, dopo aver fatto un periodo di studio,
alternando impegno in aula e "pratica" in fabbrica, si trova a 19/20 anni con un contratto in mano, ed è
anche diventato più maturo». Giovanni Brugnoli è vicepresidente di Confindustria per il Capitale umano;e
spiega così il senso della giornata nazionale dell'Orientagiovani, la manifestazione dedicata, ogni anno, ad
avvicinare le nuove generazioni agli imprenditori e al mondo della manifattura, che andrà in scena oggi
all'università Luiss di Roma, sotto il titolo "Il futuro è un'impresa". Il puntoè che solo entrando in uno
stabilimento metalmeccanico, chimico, tessile, alimentare, Itc, è possibile cogliere il grande cambiamento in
atto nell'industria italiana,e che la scuola, da sola, non può trasmettere: «Ecco perché spiega Brugnoli
serve un grande patto per l'alternanza tra tuttii soggetti interessati: istituzioni, territori, imprese,
associazioni, famiglie, insegnanti. L'obiettivoè creare hub non solo per conoscerei fabbisogni di ciascuno,
ma per avere una visione, un'idea di futuro». La formazione "on the job" è obbligatoria da un paio d'anni.
Come sta andando? Bene nei territori a forte vocazione industriale e con istituti eccellenti. Con findustria ha
fortemente voluto il bollino blu per l'alternanza di qualità, un riconoscimento tangibile per incentivare le
imprese ad accogliere studenti e, al tempo stesso, indicare alle scuole quali sono i partner strategici, targati
Confindustria, con cui poter coprogettare un valido percorso formativo per i ragazzi. Mi faccia dire che il
Legislatore ha reso l'alternanza obbligatoria per gli istituti, non per le imprese. Ma noi imprenditori siamo al
fianco di presidi e docenti che vogliono fare buona alternanza. Perché crediamo che sia una vera sfida
culturale e, portando con sé un grande cambia mentoe innovazione nella didattica, non vogliamo che venga
sbiadita dalle inevitabili criticità che un progetto che coinvolge 1,5 milioni di alunni fisiologicamente
comporta. Lo ripeto: Confindustriae le sue aziende ci sono. Sarebbe bello se anche il mondo dell'istruzione
facesse un passo nel valorizzare gli istituti che s'impegnano nell'alternanza. Del resto, su questo fronte,
l'obiettivo è comune: l'occupabilità dei giovani. Non c'è dubbio che anticipare il contatto con il mondo
produttivoè centrale... Certo. Chi fa impresa sa che per stare sul mercato c'è bisogno di innovare. E quindi
è fondamentale la formazione di un capitale umano competitivo. Industria 4.0 ha cambiato il modo di
produrre, vendere, consumare, lavorare. In passato una mansione poteva durare 15/20 anni, oggi dopo tre
diventa "vecchia", e va modificata. Ogni settore produttivo ne è consapevole: pensi che nei prossimi cinque
anni serviranno circa 200mila tecnici alle nostre imprese. E già sappiamo che molti resteranno introvabili.
Un paradosso con un tasso di disoccupazione degli under 25 al 35,7 per cento. Suggerisce più
orientamento? Già a partire dalle scuole medie. Qualche giorno fa ho incontrato due classi di terza media:
ho raccontato come le Stem sono le competenze più richieste, e illustrato le chance che offrono gli Its, con
il 90% di diplomati assunti subito, e molto spesso a tempo indeterminato. In questi giorni molte piccole
imprese aprono le porte dei loro stabilimenti in occasione del Pmi Day del prossimo 17 novembre: a
Varese, per esempio, sono coinvolte 170 aziende, 45 scuole, 3.500 alunni. Bisogna replicare queste
esperienze in tutt'Italia. In fondo, la sfida dell'alternanza si vince così: mettendo insieme attori economici e
formativi; creando modelli efficaci, e moltiplicandoli fino a creare un sistema. La legge di Bilancioè appena
entrata in Parlamento: la direzione è quella giusta? Siamo di fronte a primi passi. Gli Its sono stati un po'
rifinanziati e soprattutto si è delineato un orizzonte di intervento triennale che aiuta a dare più certezza.
Certo, non basta: penso che serva fare uno sforzo aggiuntivo già nel 2018, per attestarsi a regime intorno
agli 80 milioni di euro. Oggi siamo fermi a 30. È positivo, poi, aver accolto l'idea di Confindustria di puntare
sui giovani, incentivando le nuove assunzioni stabili, ma ci sono un po' di paletti normativi. Così come sul
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 10/11/2017 23
credito d'imposta sulle spese in formazione: se vogliamo avere effetti, sono necessarie norme semplici e
subito fruibili. Un'ultima domanda. A giorni debutteranno le lauree professionalizzanti... Secondo noi sono
necessarie nel mondo delle professioni ordinistiche. Siamo contrari a una laurea che sia un semplice
doppione dei corsi Its. Al governo abbiamo proposto di cambiargli nome: lauree industriali manifatturiere,
due anni "pratici" di Its, e uno di accademia. Così si ha una chiara caratterizzazione di questi percorsi, si
valorizza il ruolo degli atenei, e si aiutano, davvero, i ragazzi.
IL PREMIO DIDATTIVA Il riconoscimento Didattiva è un premio che valorizza le collaborazioni realizzate
da scuole e imprese. Sono progetti che contribuiscono a realizzare il raccordo tra obiettivi educativi della
scuola, fabbisogni professionali delle imprese e innovazioni prodotte dalla ricerca. Categoria alternanza
scuolalavoro Nella sezione scuole secondarie di II grado è stato premiato l'Istituto Amedeo D'Aosta
dell'Aquila e Thales Alenia Space Italia; nella sezione Its: ex aequo Its Accademia della Marina mercantile
di Genova con Costa Crociere e Grandi Navi Veloci e Its Mits di Udine con Danieli & C. Officine
meccaniche. Categoria didattica laboratoriale e processi formativi orientati alle competenze Nella sezione
scuole secondarie di II grado premio all'Istituto Tecnico Tecnologico Molinari di Milano con Forma Mentis.
Categoria percorsi di orientamento Nella sezione scuole secondarie di I grado premio all'Istituto
comprensivo Rovereto Est Scuola media Damiano Chiesa di Rovereto con Manica Spa; nella sezione
scuole secondarie di II grado all'istituto di Istruzione superiore Alessandrini Marino di Teramo con un
gruppo di imprese locali tra cui Astra Studio Chimico Associato, Its agroalimentare di Teramo, Università
dell'Aquila.
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Foto: Giovanni Brugnoli. Vicepresidente di Confindustria per il Capitale umano
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 10/11/2017 24
I flussi. Nel 2016 gli Ide hanno registrato una crescita del 50%, raggiungendo i 29 miliardi di dollari Aumenta l'interesse verso il made in Italy Boom di investimenti esteri in Italia L'energia tra i settori più dinamici, meno attrattivi i comparti dei servizi tecnologici IN USCITA I flussi diinvestimenti all'estero realizzati da imprese italiane sono aumentati del 12,4%, per un valore di 23 miliardi didollari Laura Cavestri Va meglio. Ma c'è ancora molto da fare. Non siamo ancora ai livelli precrisi. Ma risaliamo lentamente la
china. E soprattutto non siamo solo "prede" di voraci investitori esteri. Anzi, se andiamo a guardare benei
numeri, quelli più attivi, sul mercato estero, sono proprio imprenditori e imprese del Made in Italy. Con una
differenza, rispetto ai competitors. Loro sono grandi e quando acquisiscono un nostro marchio storicoo un
asset strategico, fanno "rumore". Noi - al netto delle nostre grandi imprese, che all'estero non sono
percepite come "colossi" - procediamo per più piccole acquisizioni e partecipazioni, jont venture e accordi.
È la fotografia che esce dal volume "Italia Multinazionale 2017", curato da Ice e Politecnico di Milanoe
presentato in occasione del forum "Invest in Italy". Investimenti in entrata Nonostante una piccola flessione
l'anno scorso (1,6%), gli investimenti diretti esteri mondiali, negli ultimi anni, sono cresciuti, recuperando i
livelli precrisi e diventando uno dei fattori trainanti della globalizzazione. Nel 2016, si sono attestati a 1.746
miliardi di dollari. In questo scenario, in Italia, l'anno scorso gli investimenti esteri in entrata sono cresciuti
del+50%, raggiungendo i 29 miliardi di dollari e conquistando 5 posizioni nel ranking mondiale, dove è ora
tredicesima. Un +50% dell'Italia che si traduce in un interesse crescente degli investitori esteri verso il
Paese e verso i prodotti di specializzazione del made in Italy. La quota percentuale sui flussi in entrata
dell'Italia, a livello mondiale, è così passata dall'1,1% del 2015 all'1,7% del 2016e tutto questo-è la
considerazione di Mise, Icee Invitalia- va letto come una buona notizia. Del resto, una recente indagine di
Prometeia certifica che le imprese tricolori acquistate dalle multinazionali estere a partire dagli anni
Novanta hanno aumentato occupazione, fatturato e produttività. Una maggiore capacità attrattiva che si è
tradotta, l'anno scorso, in +35% di nuovi progetti di investimento, «per un numero complessivo di 181
(valore massimo del periodo postcrisi), in controtendenza rispetto a Francia (8%), Regno Unito (12%) e
Germania (59%). Solo la Spagna ha avuto un incremento analogo al nostro: +33 per cento. La tendenza
rassicura. Il pro blema è che restiamo ancora dietro ai partner europei sia per valori assoluti, cioè
dimensioni dei progetti di investimento (che da noi sono piccoli deal) e sia per "qualità" degli investimenti.
Facciamo ancora fatica ad attrarre investimenti nei servizi avanzati (in particolare software, Icte servizi
professionali), che sono viceversai settori più dinamici e più rilevanti quantoa numerosità e consistenza dei
progetti nei paesi industriali. Allo stesso modo, altrettanto rarefatti sono gli investimenti per attività pregiate,
quali headquarterse shared service centers. Tra i settori "forti" in Europa occidentale, una certa
specializzazione dell'Italia si rileva solo nel settore energetico, grazie soprattutto a numerosi progetti, per lo
più di dimensioni modeste, nel settore delle energie rinnovabilie alternative, comparto beneficiario nel
recente passato di sostanziosi incentivi. In totale, però, le partecipazioni estere in Italia sono 12.743 (circa
un terzo di quelle italiane all'estero). Le imprese partecipate conta no 1.210.239 addetti e un giro d'affari
paria oltre 573 miliardi di euro. Investimenti in uscita Anche questa voce è cresciuta. I flussi di investimenti
all'estero realizzati da imprese italiane hanno invece registrato una crescita pari al 12,4%, per un valore di
23 miliardi di dollari. Le imprese partecipate sono oltre 35.684, occupano oltre 1,6 milioni di addetti per un
giro d'affari oltre i 520 miliardi di euro. Ma dove investono le imprese italiane? Da sempre in Europa, spiega
l'Ice, aggiungendo che nonostante la dinamica degli anni più recenti abbia premiato soprattutto l'America
settentrionaleei principali paesi emergenti, «a fine 2015 l'incidenza del Vecchio Continente risulta ancora
pari al 60,6% delle imprese partecipate, al 50% dei loro dipendenti e al 54,1% del fatturato». Dal lato
dell'attrazione di investimenti nel nostro Paese, invece, si legge nel volume, «circa i quattro quinti delle
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 10/11/2017 25
partecipazioni estere a fine 2015 erano di investitori provenienti da Europa occidentale o nordAmerica».
Complessivamente, dal quadro esce un livello di internazionalizzazione crescente dell'Italia, ma che tra
crisie scarsa partecipazione precrisi, resta indietro rispetto ai partners europei. A fine 2016 il rapporto
percentuale stock di Ide in uscita/ Pil era pari al 24,9% (inferiore alla metà della media Ue28, che è di
55,5%), nonchè a quelli di Francia (51,1%) e Regno Unito (54,9%) ma largamente sotto anche a Spagna
(41,9%) e Germania (39,4 per cento). Modesto anche nell'altro senso di marcia. Il rapporto tra stock di Ide
in entrata/Pil, nel 2016,è paria 18,7%, significativamente inferiore alla media Ue (46,7%), nonchéa quello
dei principali competitors europei (dal 45,5% del Regno Unito al 22,2% della Germania). «Questi numeri
sono incoraggianti e salutari - ha sottolineato il presidente dell'Ice, Michele Scannavini - . Ma per tornare ai
livelli precrisi e allinearci ai livelli dei nostri partner europei abbiamo ancora strada da fare. È vero che il
Made in Italy attrae. Ma i grandi investitori internazionali sono spesso a caccia di grandi operazioni. E noi
non abbiamo grandi deal ». Insomma, ha concluso Scannavini, «l'Italia "tascabile", delle Pmi familiari e
sottocapitalizzate, in realtàè meno preda degli stranieri di quanto non si pensi».
LA PAROLA CHIAVEIde 7 È l'acronimo di «investimenti diretti esteri» e vengono così definiti gli investimenti internazionali volti
all'acquisizione di partecipazioni "durevoli" (di controllo, paritarie o minoritarie) in un'impresa estera (
mergers and acquisitions) o alla costituzione di una filiale/sito all'estero (nella forma greenfield se in un'area
non precedentemente utilizzata o brownfield se frutto di riconversione). Tutto attività che devono
comportare un certo grado di coinvolgimento dell'investitore. L'evoluzione dello scenario IDE IN ENTRATA
Flussi in miliardi di dollari nei principali paesi di destinazione nel 2016 e variazioni percentuali 2016 su 2015
Stati Uniti +12% 60.000 391 India +1% 50.000 40.000 30.000 20.000 10.000 0 44 Regno Unito
CONFRONTO CON I PRINCIPALI PAESI EUROPEI Dati percentuali, anno 2016 RAPPORTO STOCK
IDE/PIL (*) Media annua pre-crisi +669% 254 Russia +218% 2005-2007* 38 Cina -1% 134 Canada -19%
34 2013 INTERNALIZZAZIONE PRODUTTIVA E COMMERCIALE Quota su stock Ide mondiale Quota su
export mondiale Hong Kong -38% 108 Belgio +56% 33 Italia 1,8% 2,9% 18,7% 24,9% Paesi Bassi +34%
INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI Il confronto in entrata (inward) e in uscita (outward). Valori in milioni di
dollari Stock Ide in Stock Ide out 92 Italia +50% 2014 29 Germania 5,2% 8,4% 22,2% 39,4% Singapore -
13% 62 Francia -40% 28 2015 Francia 4,8% 3,1% 28,3% 51,1% Brasile -9% 59 Lussemburgo +68% 27
Inward Regno Unito 5,5% 2,6% 45,5% 54,9% Australia +147% 48 MONDO -1,6% 1.746 Outward 2016
Spagna 2,0% 1,8% 45,2% 41,9% Fonte: Ice
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 10/11/2017 26
Ivan Scalfarotto Sottosegretario allo Sviluppo economico INTERVISTA «Stiamo creando un Paese semplice e certo» «La macchina funziona, i numeri su export, investimenti e strumenti attivati sono importanti» L.Ca. MILANO Sottosegretario Scalfarotto, i dati sull'attrattività del «sistema Italia» e sulla nostra capacità di
investire all'estero, sono incoraggianti. L'internazionalizzazione cresce ma non è ancora nel Dna della
maggioranza delle Pmi. Che cosa ne pensa? I dati ci dicono, innanzitutto, che l'Italia non è solo "terra di
conquista", "preda" di investitori esteri. Che poi spesso portano capitali "freschi" e nuova "linfa" nel tessuto
produttivo, e rappresentano un'opportunità. Ma le nostre imprese, le nostre Pmi, sono dinamichee attive
nelle partecipazioni all'estero, nella costituzione di joint venture. In questi anni, non siè solo esportato. Ma
siè investito all'estero. E i dati lo confermano. Del resto, nella crisi abbiamo vissuto della nostra capacità di
andare all'estero. Ma in questi anni, come governoe ministero dello Sviluppo economico, abbiamo anche
investito molto sulla governance e sugli strumenti a disposizione delle imprese per crescere oltreconfine. A
quali strumenti si riferisce? Ricordo solo che nel 2011, il governo italiano aveva chiuso l'Ice. Noi non solo lo
abbiamo rifondato e rinnovato, nel management, negli strumenti e nei fondi. Ma abbiamo introdotto la
delega dell'attrazione degli investimenti esteri in Italia, con desk e personale qualificato proveniente
dall'investment banking. Nel 2014 abbiamo introdotto il "Piano straordinario per il Made in Italy", passando
da 40 milioni l'anno per la promozione a 200 milioni, in linea con le agenzie dei nostri partners europei.
Incentivia parte, serve un "clima" accogliente per il business.. In questi anni abbiamo fatto dei passi in
avanti. Abbiamo semplificato le leggi sul lavoro con il Jobs act, istituito le sezioni speciali dei tribunali per le
imprese, tagliato l'Ires e la componente Irap sull'occupazione. Ma vorrei citare anche i contratti di sviluppo e
i 50 milioni di investimento su Industria 4.0. Anche nelle ambasciate la rete diplomatica ha rafforzato le
iniziative in questo campo. Ci siamo impegnati nella direzione di creare un Paese meno "cervellotico".
Bene. Ma una volta che gli investitori esteri arrivano, spesso trovano di fronte una burocrazia che li blocca..
Per questo è nato il Comitato attrazione investimenti. Si tratta di un comitato interministeriale, coordinato
dal ministero dello Sviluppo economico, che interviene su casi specifici, sbloccando situazioni complesse,
evitando rallentamenti nell'avvio dei progetti e formula proposte di semplificazione normativa e
amministrativa. Cerchiamo di accompagnare gli investitori nel confronto con tuttii livelli, amministrativi e
non. Ma l'investitore estero, quando vi confrontate con lui, cosa vi chiede davvero? Gli investitori esteri
vogliono predictability. Ovvero, tempi certi sulla realizzazione di un investimento. Un quadro chiaro di regole
e norme che non muti di continuo. Per questo,a parte il comitato investitori, è essenziale la collaborazione
de i territori locali. Perchè non c'è peggiore autogoal, per un sistema Paese, che convincere un soggetto a
impegnarsi con un investimento e poi bloccarne la realizzazione per anni. Gli ultimi governi - Renzi e
Gentiloni - si sono distinti per un certo dinamismo nelle missioni economiche all'estero. Gli imprenditori però
spesso non sono tornati entusiasti da queste esperienze. Sono utili? Andare all'estero non serve solo a
promuovere l'export, ma anche a far conoscere, proporre occasioni e opportunità di business. Quando è
stato presentato, in Cina, il progetto infrastrutturale "One belt one road", l'unico presidente del Consiglio
europeo presente era Gentiloni. Da luglio 2016 sono stato in Cina 8 volte. In Paesi in cui il rapporto
istituzionaleè molto importante, prima ancora di fare business bisogna essere presenti come "sistema
Paese". È quello che stiamo facendo. Recentemente il premier è tornato dall'India. Lei sa che questo
Paese è il 1° produttore di cibo al mondo? Eppure, trasforma meno del 20% di quanto produce perchè non
ha le tecnologie per farlo, mentre noi italiani siamo i primi. Aprire, alle imprese italiane, la strada, in Paesi
lontani, per opportunità come queste,è il senso di una missione. Poi, il business arriva. Tra qualche mese si
chiude la legislatura. Cosa dovrebbe fare il prossimo governo, qualunque esso sia? Chiunque verrà, troverà
una macchina che funziona. Numeri importanti su export, investimenti e strumenti attivati. Spero che
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 10/11/2017 27
prosegua su questa linea e lavori per rendere i processi decisionali e la burocrazia ancora più snelli e
diretti. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Foto: Sviluppo economico. Ivan Scalfarotto è sottosegretario al Mise
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 10/11/2017 28
IL BERSAGLIO DRAGHI FRANCESCO MANACORDA VOLANO gli stracci. Sarà volgare dirlo così, ma non c'è altro modo di descrivere quello che è successo ieri
davanti alla Commissione parlamentare d'inchiesta sulle banche tra i due organi di vigilanza. PAGINA
FRANCESCO MANACORDA Volano gli stracci fra Consob e Bankitalia - che per l'appunto dovevano
vigilare sugli istituti di credito - ma che purtroppo non si sono capiti bene, che hanno ricevuto comunicazioni
l'una dall'altra ma non hanno saputo interpretarle, che anzi no, non hanno ricevuto nessuna comunicazione,
che pensavano..., che se avessero saputo avrebbero potuto...
Volano gli stracci e dietro il turbinio di panni sporchi, centrifugati a mille nella pubblicissima lavatrice della
commissione parlamentare, si intravede anche qualcos'altro. È la «tentazione», come la chiama chi sa, di
tirare in ballo non solo una Bankitalia che ha appena visto confermato tra le polemiche il suo governatore
Ignazio Visco e che d'ora in poi rischia di camminare azzoppata, ma anche chi ha guidato lo stesso istituto
in anni passati. Dal primo novembre 2011 - e per un anno ancora - Mario Draghi occupa il posto più alto
della Banca centrale europea, dove a colpi di ribassi dei tassi e di liquidità facile ha guidato con una mano
ferma la zona euro fuori dalle secche della recessione.
Ma c'era lui al vertice di Bankitalia e Anna Maria Tarantola a capo della Vigilanza, quando nel 2008 il
Monte dei Paschi di Siena si avventurò, con il placet di via Nazionale, nell'acquisto dell'Antonveneta che
sarebbe costato carissimo alla banca e ai suoi azionisti. Non sarà solo un caso, allora: nella sala Tatarella
della Camera il 5 Stelle Luigi di Maio, prefatore e presentatore del libro complottardo "Morte dei Paschi" sul
tragico e contestato suicidio del capo ufficio stampa della banca senese David Rossi, chiede le dimissioni
dei vertici Bankitalia e Consob. E nella saletta della commissione sulle banche - a pochi metri di distanza -
un altro 5 Stelle come l'ex capogruppo Alessio Villarosa scrive su Facebook che «chiederò con forza
l'audizione» di Draghi, «perché c'è il suo zampino anche nella crisi Mps». Da martedì in commissione si
affronta proprio il caso senese.
Anche altri, a partire da Forza Italia, avrebbero buoni motivi per mettere nel mirino il presidente della Bce;
magari nella convinzione lievemente paranoica che alla fine del suo mandato l'uomo che ha salvato l'euro
possa diventare una "riserva della Repubblica" disponibile per un incarico di governo e quindi concorrente
di chi aspira ad arrivare nello stesso posto attraverso un sistema elettorale più accidentato del solito. Ma
pare comunque troppo leggere lo scontro di ieri in una chiave tutta politica - come pure qualcuno fa -
rimettendo il presidente uscente della Commissione di Borsa Giuseppe Vegas nella sua precedente casella
di parlamentare di Forza Italia. È una forzatura che non tiene conto dei pesi e della forza delle
"tecnostrutture" Consob e Bankitalia, pubblicamente affiancate nei loro compiti, spesso in tensione dietro le
quinte e adesso platealmente in contrasto. Dietro i colpi di fioretto ieri in commissione c'è uno scontro che
si può sintetizzare brutalmente così: l'obiettivo principale assegnato dalla legge a Bankitalia è quello della
"stabilità" del sistema creditizio. In nome di quella "stabilità", che per decenni ha significato far comprare le
banche in crisi da altre banche più solide, via Nazionale - è l'accusa - ha lesinato informazioni alla Consob,
sacrificando il mandato di quest'ultima che riguarda invece la "trasparenza" dei mercati. La replica è che
quella trasparenza non è mai stata messa in pericolo, ma che una Commissione di Borsa poco attiva e
forse pavida preferisce ora passare per distratta invece che assumersi le responsabilità della sua inazione.
Anche per questi motivi alcuni dei protagonisti avrebbero preferito che il confronto di ieri si svolgesse a
porte chiuse: sia per la delicatezza e l'alto grado di "tecnicismo" della discussione - si spiega - sia
probabilmente per il meno confessabile pudore nell'esporre errori ed omissioni in pubblico e specialmente
di fronte a una platea non esattamente imparziale come quella della politica. Così non è stato: la politica si
è presa i suoi spazi e i tecnici per una volta non hanno deluso chi aspettava lo scontro.
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 10/11/2017 29
Ora lo scambio di accuse tra Bankitalia e Consob sarà benzina per spingere la campagna elettorale
semipermanente. E non solo per i 5 Stelle. Dal telefonino di Matteo Renzi già in mattinata, mentre il
direttore generale della Consob Angelo Apponi snocciolava il suo j'accuse verso via Nazionale, sono partiti
i primi sms che annunciavano gioiosi le difficoltà di Bankitalia e ricordavano - come se qualcuno potesse
già averla dimenticata - la posizione del segretario Pd scopertosi all'improvviso contrario alla riconferma di
Ignazio Visco.
Proprio grazie a quella riconferma che invece è stata acquisita peraltro l'opinione di Draghi al riguardo è
stata di sicuro favorevole - Renzi conta di incassare un qualche dividendo elettorale.
Bankitalia riconfermata e subito sotto attacco, dunque. E una Consob dove l'era non gloriosa di Vegas
scade il mese prossimo e il governo Gentiloni potrebbe scegliere di non scegliere: lasciar uscire il
presidente scaduto e mantenere solo i tre commissari in carica fino a quando un nuovo esecutivo potrà
insediare il nuovo presidente e l'altro commissario che manca.
Un quadro desolante che si potrà emendare se dallo scambio di accuse di queste ore verrà una spinta
nuove regole che stringano e costringano le due autorità fondamentali per il risparmio a lavorare meglio
assieme. Solo così gli stracci di Consob e Bankitalia potranno diventare un vestito - forse non perfetto, di
sicuro migliore di quello sbrindellato che abbiamo visto ieri - in grado di proteggere un poco di più il
risparmiatore.
I PROTAGONISTI IL GOVERNATORE Ignazio Visco, fra molte polemiche, è appena stato riconfermato al
vertice della Banca d'Italia IL CONTROLLORE Giuseppe Vegas, ex senatore di Forza Italia, è il presidente
della Consob. Il suo mandato scade a dicembre IL BANCHIERE CENTRALE Mario Draghi è stato
governatore della Banca d'Italia dal 2005 al 2011 prima di arrivare in Bce
IL POLITICO Matteo Renzi, ex premier e segretario del Pd si è opposto alla riconferma di Visco al vertice di
Bankitalia
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AZIONI Astaldi ricapitalizza ma alla Borsa non piace VITTORIA PULEDDA Lunedì scorso Astaldi aveva spostato «per ragioni organizzative» il cda per approvare i conti; due giorni fa il
titolo aveva perso in un giorno solo il 17%; ieri il nuovo tonfo, -34,5%, che ha portato il calo complessivo
quasi a dimezzare il valore del titolo. Ma ieri c'è stata anche la conferma ufficiale dei rumors di stampa: la
società delle costruzioni «ha allo studio» un aumento di capitale da circa 200 milioni. La Consob sente
puzza di bruciato e accende il solito faro, per verificare se due giorni fa qualcuno ha venduto sfruttando
informazioni privilegiate. Non è l'unica ad interrogarsi: secondo Equita, ad esempio, «la dimensione
dell'aumento è insufficiente a risolvere i problemi di indebitamento, se non accompagnato da una decisa
riduzione dell'esposizione alle concessioni». Anche la geografia cui è esposta Astaldi non è tra le più
semplici: tra queste, Turchia e Venezuela. Per il gruppo, saldamente controllato dalla famiglia, la strada è in
salita.
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REAZIONI Se l'utile cala il postino suona sei volte BARBARA ARDÙ La cassetta delle lettere nel weekend è riposante. Niente bollette, tutt'al più cataloghi o pubblicità. Ma
durerà poco. Nel piano industriale di Poste italiane che l'ad Matteo Del Fante sta preparando e presenterà
nel 2018, il postino suonerà sei volte, anche il sabato. Un'ipotesi che è allo studio con i sindacati e che
andrebbe incontro a chi fa shopping online. I conti non proprio brillanti fanno dunque riemergere un'idea già
accarezzata in passato, ma mai attuata. Gli utili sono calati del 10,3%, mentre i ricavi non hanno superato
un +2%. Il nuovo piano riguarderà tutto il sistema Poste. «Va evidenziato - ha aggiunto Del Fante - che le
masse gestite e amministrate superano ormai stabilmente i 500 miliardi di euro, crescendo del 2,5% e
assestandosi a 505 miliardi di euro». Il risultato a livello operativo è in lieve calo sul primo semestre, ha
ricordato l'ad, «perché il Gruppo aveva beneficiato di una plusvalenza dovuta alla cessione della quota in
Visa Europe».
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LA TRATTATIVA/ PALAZZO CHIGI PROPONE UN MECCANISMO CHE ELIMINA L'ADEGUAMENTOSOLO AL RIALZO Pensioni, nuovo calcolo flessibile sull'età Insoddisfatti i sindacati: i nuovi criteri sarebbero applicati solo a partire dal 2019 e non subito VALENTINA CONTE ROMA. L'età per la pensione di vecchiaia sarà calcolata in modo diverso. Si allungherà, come oggi, se la
speranza di vita aumenta. Ma potrà anche diminuire, in presenza di picchi di mortalità. Non solo. Il
meccanismo di calcolo sarà biennale e basato sulla media aritmetica, così da evitare distorsioni
matematiche. Le nuove procedure si applicheranno dal 2019, con effetti sul primo biennio utile, dal 2021 in
poi. Troppo lontano per i sindacati che contavano di smontare già il prossimo scalino. E invece niente. Nel
2019 si andrà in pensione a 67 anni, cinque mesi in più di oggi.
L'esito del tavolo tecnico sulle pensioni rimane dunque in sospeso. «Restano distanze», dicono Cgil, Cisl e
Uil. Ma il pacchetto offerto dal governo è ormai completo. E lunedì si chiude. Se arriverà la firma di tutti,
nella Sala Verde di Palazzo Chigi con il premier Gentiloni, i sindacati potranno rivendicare di aver escluso
dall'automatismo 15 categorie di lavori "gravosi", tra 17 e 20 mila persone. Numero che può crescere,
quando nel 2018 la commissione Inps-Inail-Istat elaborerà le nuove tabelle sull'aspettativa di vita distinta
per mestieri. Potranno poi raccontare di aver convinto il governo a modificare il meccanismo di calcolo
dell'età per tutti. E a equiparare statali e privati quanto a tasse pagate sulla previdenza complementare,
portando i primi al 15% dal 23% di oggi. «Non c'è niente però sulla pensione di giovani e donne», nota
Roberto Ghiselli, segretario confederale Cgil. «E anche l'esenzione delle 15 categorie è ancora
insufficiente». Si tratta degli 11 lavori che oggi consentono l'accesso all'Ape sociale, dagli infermieri agli
operai edili. Ai quali si aggiungono siderurgici, marittimi, operai agricoli e pescatori. Cosa c'è che non va?
«La platea è molto più ampia», ragiona Ghiselli. «Basta pensare che la differenza nella speranza di vita tra
un laureato e uno che ha solo la terza media è di un anno e 7 mesi. E di solito chi ha un titolo di studio
basso fa mestieri manuali».
Tra l'altro, nodo ancora aperto, si discute sui requisiti che i lavoratori delle 15 categorie debbono
possedere per essere esentati. Il governo propone 30 anni di contributi e aver svolto l'attività gravosa per
almeno 7 degli ultimi 10 anni. Per evitare cioè di "premiare" chi ha fatto lavori pesanti, ma per poco tempo.
L'altro punto di frizione è nel metodo di calcolo. Se l'aspettativa decresce, per l'alta mortalità, l'età per
andare in pensione non si accorcia subito, ma dopo due bienni con una sorta di "conguaglio". Infine la
questione della pensione anticipata, quella che un tempo si chiamava di "anzianità". L'aumento nella
speranza di vita non fa crescere solo l'età di uscita. Ma anche i contributi per andare in anticipata: da 42
anni e 10 mesi si passa a 43 e 3 mesi nel 2019 (per gli uomini). Fermare anche questo requisito?
«Impossibile», per il governo.
Di risorse e coperture si parlerà lunedì. Ma senza firma, si entra in un terreno sconosciuto. Quello del rinvio
a giugno di ogni decisione. A rischio caos, dopo elezioni politiche dall'esito mai così incerto.
Foto: AL GOVERNO Il ministro Pier Carlo Padoan
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 10/11/2017 33
La Ue: rischio manovra bis ma tocca al nuovo governo Bruxelles non boccerà i nostri conti nonostante un "buco" da 3,5 miliardi Nouy (Bce) e le regole sui creditideteriorati: pronta a fare modifiche Il capo della vigilanza europea fa un passo indietro sulle norme cheagitano Roma ALBERTO D'ARGENIO BRUXELLES. Mentre a Roma il Parlamento non ha ancora approvato la "finanziaria 2018", a Bruxelles si
profila l'ipotesi che il prossimo anno l'Italia debba mettere in campo una manovra bis se non vorrà finire
sotto procedura Ue, ovvero sotto commissariamento. Un conto che potrebbe essere costretto a pagare il
nuovo governo che sarà formato dopo le elezioni.
Ieri il commissario Ue agli Affari economici, Pierre Moscovici, ha presentato le previsioni economiche
d'autunno, i numeri in base ai quali il 22 novembre stilerà le pagelle sui conti pubblici. Il dato rilevante per
l'Italia è quello sul deficit. Per Bruxelles scenderà dal 2,1 all'1,8%, restando due decimali sopra a quanto
stimato dal governo. Così come il deficit strutturale - calcolato al netto delle una tantum - scenderà dal 2,1%
al 2%. Una correzione dello 0,1% rispetto allo 0,3 dichiarata da Roma per rispettare i patti con l'Europa.
L'Italia con la manovra avrebbe dovuto mettere in campo una correzione strutturale dello 0,9% del Pil, pari
a 15 miliardi. Bruxelles ha prima accettato di scendere allo 0,6% e poi con una forzatura delle regole
Moscovici ha concesso a Padoan lo 0,3 con uno sconto da 10 miliardi. Ma ora i conti non tornano. I 3,5
miliardi che mancano all'appello derivano da una serie di differenze di calcolo tra Roma e Bruxelles sulla
dinamica della spesa pubblica e sulla quantificazione della crescita potenziale, tra le voci usate in Europa
per decidere le correzioni per ogni paese. Moscovici ha però minimizzato parlando di «discussioni
tecniche» in corso con il Tesoro per chiarire le discrepanze. Dal ministero dell'Economia hanno invece
sottolineato che «negli ultimi anni le nostre previsioni si sono sempre rivelate più affidabili».
Ma a Bruxelles guardano già alle prossime tappe. Il 22 novembre ci sarà l'opinione sui conti italiani. La
Commissione vuole evitare di interferire nella campagna elettorale e quindi non ci sarà bocciatura (da qui le
parole morbide di Moscovici). Ma la pagella sarà dura, sottolineerà che i conti sono a rischio di violazione
delle regole Ue che prevedono la riduzione del deficit (e quindi del debito) e che Roma dovrà prendere
misure necessarie per rientrare. Al momento stimate appunto in 3,5 miliardi. Però Bruxelles non indicherà
una data limite per la correzione, rinviando tutto alla primavera. Il passo successivo sarà il rapporto sul
debito italiano, possibile già a febbraio ma forse rinviato a maggio per scavallare le elezioni. A quel punto,
se i conti continueranno a non tornare, arriverà l'ultimatum per correggere il deficit, come avvenuto
quest'anno.
D'altra parte il nostro debito per la Ue è più alto di quanto stimato dall'Italia: 132,1% del Pil nel 2017 e
130,8% nel 2018. Differenze spiegate con il costo del salvataggio delle banche venete, per Bruxelles più
caro di 5 miliardi rispetto alle stime del governo per via di un diverso calcolo statistico degli interventi
pubblici (ma l'ultima parola toccherà ad Eurostat). La Commissione invece conferma la stima di crescita del
governo per quest'anno (1,5%) ma rivede al ribasso quella per il prossimo (1,3%). Anche se il nostro Pil è
l'ultimo in Europa, per Moscovici Roma «è sulla buona strada, stiamo assistendo a una vera ripresa».
Intanto l'Italia centra una vittoria sulle banche: ieri durante l'audizione al Parlamento europeo il capo della
vigilanza Bce, Daniéle Nouy, ha fatto marcia indietro sulle nuove regole sui crediti deteriorati aprendo a un
loro slittamento rispetto al primo gennaio e a una serie di modifiche. Ha avuto così successo la strategia
orchestrata dal presidente dell'Assemblea, Antonio Tajani, e da Roberto Gualtieri (Pd) che ha dimostrato
come Francoforte stesse legiferando al posto del Parlamento. Ora l'Italia spera che Nouy abbandoni la
richiesta di accantonare per tutte le banche il 100% del valore dei crediti deteriorati, vecchi e nuovi. Si
auspica che l'obbligo valga solo per il futuro e solo per gli istituti che dopo uno scrupoloso esame saranno
ritenuti a rischio in modo da evitare un crack del credito italiano. Ma fino a quando le modifiche non saranno
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 10/11/2017 34
note resta la minaccia di ricorso in Corte di giustizia e di impallinare la conferma di Nouy tra un anno.
Previsioni a confronto Le stime del governo e quelle della Commissione Ue Governo
1,5%1,5%1,5%Pil1,0%1,3%1,5%1,6%0,9%2,1%1,8%2%2,1%127,1%130%131,6%130%130,8%132,1%Deficit/Pil
Debito/Pil Commissione Ue 2017 2018 2019
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 10/11/2017 35
L'EQUIVOCO CHE IMBRIGLIA IL CREDITO STEFANO LEPRI Con il senno del poi, è facile dire: quella banca era marcia, occorreva intervenire prima. Il guaio è che
prima, quando una banca comincia a barcollare, potentati locali e politici premono sulle istituzioni di
controllo perché si faccia tutto il possibile per lasciarle il tempo di riaversi, evitando soluzioni traumatiche. È
questo, in parole povere, il contrasto tra esigenze di trasparenza ed esigenze di stabilità di cui parlano gli
esperti. Se le traversie di una banca vengono messe in piazza troppo presto, si rischia di farne fuggire i
depositi provocandone un disastro che poteva essere evitato. Se si attende troppo, si dà spazio a gruppi
dirigenti spregiudicati per imbrogliare gli investitori. A posteriori, ci vuol poco a individuare il momento
giusto. In alcuni casi gli stessi politici ora impietosi nel denunciare i ritardi in precedenza chiedevano alle
istituzioni di controllo di non accanirsi su banche vicine al territorio, impegnate a sostenere le imprese
colpite dalla crisi. Si indignano per i comportamenti disinvolti della Banca Popolare di Vicenza anche alcuni
che volevano tenerla al riparo dalla riforma («vergognosa» secondo il presidente della Regione Veneto
Luca Zaia, sbagliata secondo altri sia a destra sia a sinistra) delle banche popolari. Una riforma che la
Banca d'Italia sollecitava da anni e che solo nel 2015 è stata realizzata. Se non altro, il poco edificante
battibecco di ieri (solo a distanza) tra Banca d'Italia e Consob ha indicato in quali direzioni occorre
muoversi. La prima ha chiesto più poteri, la seconda più mezzi e maggiore accesso ai risultati delle
ispezioni della vigilanza sulle aziende di credito. Bene; purché ci si renda conto che questo comporta una
trasformazione più rapida del sistema bancario. La Banca d'Italia chiede il potere di proibire del tutto la
vendita al dettaglio di titoli alle banche sulle quali la valutazione di vigilanza sia inferiore a un certo livello. In
un passato non distante, questa sarebbe stata definita una misura dirigista, un vincolo al mercato e alla
libertà di impresa. L'esperienza recente porta invece a ritenerla opportuna. La Consob da gennaio riceverà
con la direttiva europea Mifid 2 poteri più ampi nel disciplinare la collocazione dei prodotti finanziari presso i
piccoli risparmiatori. Da anni aveva chiesto al Parlamento italiano di ottenerli in anticipo, senza avere
ascolto. Anche qui si tratta di vietare se necessario. Poter meglio prevenire non basta, tuttavia. Il mondo
bancario non può restare com'è oggi: l'informatica diminuisce l'importanza di avere sportelli ovunque; la
stabilità finanziaria richiede maggiori dotazioni di capitale; nell'area euro la moneta comune consiglia fusioni
transnazionali. È pericoloso che le banche diventino enormi, ma le piccole spesso non sono abbastanza
vitali. Proprio la sicurezza dei risparmiatori richiede trasformazioni accelerate. Rendiamoci conto che la
modifica delle procedure e delle regole di cui ieri è emersa l'urgenza imporrà sfide che per alcune delle
attuali aziende bancarie potrebbero risultare troppo ardue. Saranno inevitabili altre aggregazioni, o almeno
allargamenti di gruppi di controllo. E allora non si può tenere il piede in due scarpe: ovvero, da un lato fare
demagogia grossolana imputando ai banchieri misfatti di ogni genere, dall'altro schierarsi a difesa degli
attuali poteri bancari italiani contro ogni innovazione normativa europea che li spinga a evolversi. c
Foto: Illustrazione di Dariush Radpour
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 10/11/2017 36
LUNEDÌ UN ALTRO INCONTRO. PER CGIL, CISL E UIL SI VA NELLA DIREZIONE GIUSTA, MASERVONO ANCORA AGGIUSTAMENTI Pensioni, apertura del governo Nuovo calcolo dell'età, scatto soft Saranno considerati anche i cali della speranza di vita. I sindacati: le distanze restano PAOLO BARONI ROMA Restano molte distanze tra governo e sindacati impegnati in questi giorni in un confronto molto
serrato sul dossierpensioni. Ieri dai tecnici di Palazzo Chigi è arrivata una apertura sulla possibilità di
modificare i meccanismi per calcolare la speranza di vita a cui legare l'adeguamento dell'età, ma i sindacati
giudicano ancora insufficienti queste risposte, tanto più che l'esecutivo tiene il punto sui mestieri che
potrebbero essere esentati dall'aumento a 67 anni previsto per il 2019. Sono 15 in tutto (gli 11 già previsti
dall'Ape social più siderurgici, agricoli, marittimi e pescatori) e nonostante le pressioni di Cgil, Cisl e Uil non
c'è alcuna intenzione di ampliare questa platea. Né di modificare i criteri di accesso (36 anni di contributi
con 6 anni di occupazione gravosa negli ultimi 7) che i sindacati giudicano eccessivamente restrittivi. Il
nuovo meccanismo «Anche oggi sono stati introdotti importanti elementi di novità» ha spiegato da Milano il
ministro del Lavoro Giuliano Poletti, convinto che il confronto in corso sia assolutamente «positivo». Il
governo, ancora ieri, si è detto «aperto ad ascoltare» le proposte dei sindacati e a «verificarle» in vista della
stretta finale di lunedì prossimo. Intanto ieri il consigliere economico di Palazzo Chigi Marco Leonardi ha
spiegato come potrebbe cambiare dal 2021 il calcolo sulle aspettative di vita passando a considerare non
più i dati di un triennio ma utilizzando le variazioni biennali rilevate dall'Istat. E soprattutto, accettando la
richiesta dei sindacati di tener conto anche degli eventuali cali della speranza di vita cosa che oggi la legge
non prevede. La soluzione individuata però non convince i sindacati, dal momento che non si tradurrebbe
mai in una riduzione dell'età della pensione ma solamente in uno stop dello scatto di età. In pratica dal
2021 l'aspettativa di vita verrebbe calcolata considerando la media del biennio 2018-2019 confrontata coi
due anni precedenti. In caso di aumento della vita media l'incremento dell'età della pensione verrebbe
applicato a partire dal 2021-2022, mentre in caso di risultato negativo questo non darebbe luogo ad una
riduzione della soglia d'età ma verrebbe invece «scalato» nella verifica relativa al biennio successivo (2023-
2024). Oltre a questo il governo ha proposto la parificazione del trattamento fiscale della previdenza
complementare dei dipendenti pubblici ed un meccanismo di silenzio assenso per i nuovi assunti in modo
da portare le adesioni dall'attuale 4 al 20%. Sindacati scontenti «Abbiamo verificato che le distanze restano
- ha commentato al termine dell'incontro di eri il segretario confederale Uil, Domenico Proietti -. Al momento
il pacchetto è limitato, non basta». I sindacati, infatti, non solo chiedono un intervento sulla platea più ampio
di quello proposto, ma anche di prorogare al 2019 l'Ape social e di renderlo effettivamente esigibile anche
introducendo modifiche normative con la possibilità di usare le risorse che i 300 milioni di euro che non
sono state utilizzati quest'anno dal momento che il 70% delle richieste è stato respinto. «Vogliamo cose
esigibili e non finte - ha dichiarato Gigi Petteni della Cisl -. Un'intesa è possibile, se veniamo ascoltati». Il
responso finale lunedì: alle 9 un nuovo round del tavolo tecnico e a seguire il vertice conclusivo con
Gentiloni ed i leader di Cgil, Cisl e Uil. c
Foto: IMAGOECONOMICA
Foto: L'aumento dell'età pensionabile passerà a 67 anni nel 2019
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 10/11/2017 37
L'iniziativa del Messaggero GLI INTERVENTI Da Gentiloni e Tajani un doppio altolà alla Ue dei tecnocrati Il premier: «La crescita va incoraggiata, non ingabbiata. L'Italia è affidabile» Il presidentedell'Europarlamento: «Sia la politica a decidere, non i tecnici» IL CAPO DEL GOVERNO: «LA RIPRESA ÈPATRIMONIO COMUNE NO A UN PAESE RIDOTTO A SUPERMERCATO DI PAURA E ILLUSIONI» Alberto Gentili ` R O M A «La crescita va incoraggiata, non ingabbiata. Non abbiamo bisogno di un controller», avverte
Paolo Gentiloni. «Deve essere la politica a tirare l'Europa fuori dal guado, non i tecnocrati», offre sponda
Antonio Tajani. Il premier e il presidente dell'Europarlamento non sono dello stesso partito. Uno è del Pd,
l'altro di Forza Italia. Ma sul palco di "Obbligati a crescere, l'Europa dopo la Brexit", l'iniziativa de "Il
Messaggero" alla seconda edizione, Gentiloni e Tajani parlano lo stesso linguaggio. Indicano un'identica
direzione di marcia per rafforzare la crescita e l'Unione. Il premier parte dal «divorzio» di Londra, garantisce
che «l'inverno dello scontento europeo» è superato. E indica nel 2018 «l'anno cruciale per il rilancio
dell'Unione», candidando l'Italia a un ruolo da protagonista: «Siamo tornati a crescere, il tasso di
disoccupazione cala, le crisi maggiori bancarie sono alle spalle, le riforme fatte hanno ridato fiducia alle
famiglie e agli investitori». In poche parole: «Siamo e saremo un Paese affidabile» per alleati e investitori
stranieri. Qui scatta il monito che il premier ha indirizzato a Cinquestelle e Lega in vista delle elezioni: «La
crescita è un patrimonio comune, sarebbe irresponsabile dilapidarlo. La posta in gioco della stagione che si
aprirà è proseguire nella sicurezza» dei conti e «nella crescita: l'Italia non va ridotta a un supermercato
delle paure e delle illusioni». LA VIA PER IL RILANCIO Il passo successivo di Gentiloni è indicare la strada
da intraprendere per il rilancio. Niente «regole asimmetriche che mettono i riflettori sul deficit e dimenticano
il surplus» commerciale «di alcuni Paesi». Chiaro il riferimento alla Germania. «Evitare di introdurre fattori
di crisi e instabilità» come «le nuove regole della vigilanza Bce» sui «non performing loans» (Npl): «La
crescita va incoraggiata, non ingabbiata». E bisogna, soprattutto, pensare a un futuro dell'Eurozona basato
«su un equilibrio ragionevole»: «Ben venga il ministro delle Finanze europeo che sia il responsabile di
politica e bilancio comuni, non un controller che va a spulciare i conti del singoli Paesi». In più, propone
Gentiloni, «va trovato un equilibrio ragionevole tra riduzione e condivisione dei rischi. La scelta della
condivisione non può arrivare l'anno del mai, come si dice a Roma». Idee e concetti scanditi anche da
Tajani. Il presidente del Parlamento europeo, partendo dallo scontro con la Bce sui Npl, invoca soprattutto il
primato della politica: «Se i cittadini non credono alle istituzioni europee e manifestano il loro malcontento
votando per i partiti populisti un motivo c'è. La risposta alla disaffezione, su cui soffiano anche i timori per il
terrorismo e l'immigrazione illegale, è restituire alla politica un ruolo centrale. I cittadini non vogliono che
siano i tecnocrati, funzionari che hanno vinto un concorso ma non sono eletti da nessuno, a regolargli la
vita». Secondo Tajani, «le regole devono essere decise dai legislatori, dal Parlamento e dal Consiglio
europei, non dai funzionari il cui compito è applicare quanto stabilito dalla istituzioni elette
democraticamente. L'equilibrio dei poteri è fondamentale. Il potere deve rimanere nelle mani dei cittadini».
Solo così «si tira l'Europa fuori dal guado». Per spingere la crescita, il presidente dell'Europarlamento
propone «un forte sostegno all'economia reale». Chiede «agevolazioni» e «l'armonizzazione delle politiche
fiscali». Avverte: «Difendendo ciecamente la concorrenza a livello europeo si tarpano le ali a chi compete a
livello mondiale». Infine scatta un appello all'unità: «Dobbiamo credere nella patria europea, non in tante
piccole patrie». Strette di mano Il premier Paolo Gentiloni saluta il generale della GdF Giorgio Toschi.
Accanto il generale dei Carabinieri Tullio Del Sette Il presidente e l'editore Il presidente dell'Europarlamento
Antonio Tajani insieme ad Azzurra Caltagirone al convegno organizzato dal Messaggero Economisti e
giuristi Da sinistra il politologo Marc Lazar, l'ex presidente del Consiglio Romano Prodi e la rettora della
Luiss Paola Severino Il numero uno dell'Abi Il presidente dell'Abi Antonio Patuelli tra i protagonisti del
convegno che si è svolto presso l'Auditorium dell'Associazione
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 10/11/2017 38
Foto: Antonio Tajani, in alto a destra Paolo Gentiloni
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 10/11/2017 39
LE STIME L'Italia cresce ma è ultima nella Ue Deficit più alto, Bruxelles morbida Presentato il rapporto d'autunno: Pil 2017 più 1,5 % Scostamento dal target del disavanzo di 3,5 miliardiMoscovici apre: «È una ripresa vera, le divergenze sui conti sono tecniche e non avranno conseguenze»L'ESAME SUL NOSTRO BILANCIO ORMAI SI PUÒ CONSIDERARE SUPERATO SODDISFAZIONE DIPADOAN Antonio Pollio Salimbeni B R U X E L L E S L'Italia cresce meno degli altri paesi della Ue a 27: 1,5% nel 2017, 1,3% nel 2018 (1,3%
nel 2019). Come il Regno Unito che dalla Ue sta per andarsene. Non è una novità, ma la posizione di coda
viene confermata anche nel periodo in cui la crescita si rafforza complessivamente nel continente. È una
debolezza ormai cronica. Però «è una crescita vera, da anni l'Italia non vede un ritmo del genere»,
sottolinea il commissario agli affari economici Pierre Moscovici, particolarmente attento a dare sull'Europa e
sull'Italia messaggi strapositivi. Rispetto alla primavera, le stime italiane sono riviste nettamente al rialzo ma
persiste la distanza dal tasso di crescita della zona euro: 0,7% nel 2017, 0,8% nel 2018 e 0,9% nel 2019.
Anche le stime sul pil Eurozona sono al rialzo: crescerà del 2,2% quest'anno, del 2,1% nel 2018 e dell'1,9%
nel 2019. E' il ritmo più forte da 10 anni. IL PESO DEL DEBITO È questo il quadro che emerge dal rapporto
d'autunno della Commissione. Più luci che ombre, dunque. Sui conti pubblici italiani, di cui si teme la
deviazione dalle regole del patto di stabilità, non ci sono segnali di allarme anche se secondo Bruxelles la
correzione strutturale del bilancio prevista nel 2018 non sarà dello 0,2% del pil come si riteneva a fine
ottobre, ma dello 0,1%. Il governo, invece, ritiene sarà dello 0,3%. Lo scarto rispetto alle cifre del governo è
di circa 3,5 miliardi. Il deficit/pil nominale viene stimato nel 2018 al 2,1% e nel 2019 al 2%, mentre il
governo stima 1,6% e 0,9% rispettivamente. Non è la fine del mondo per la Commissione: Moscovici,
infatti, ha indicato che «tali divergenze su aspetti tecnici non avranno alcuna conseguenza procedurale».
La differenza tra i calcoli per metà dipende dalla metodologia diversa, dato che l'Italia contesta quella
vigente nella Ue che pure è stata concordata a 28. Per l'altra metà dalla valutazione più alta delle spese per
consumi intermedi. È chiaro che la partita dell'aggiustamento strutturale viene rinviata alla primavera,
quando a Palazzo Chigi ci sarà un altro governo e il voto sarà alle spalle. Si dovrà verificare come si è
chiuso davvero il 2017, anno in cui c'è un netto peggioramento del bilancio in termini strutturali dello 0,4%
del pil invece di un miglioramento. Nel 2018, invece, è previsto migliorare «solo leggermente». Poi c'è il
debito, che per la Ue è leggermente più alto di quanto sostiene il governo: passa da 132,1% quest'anno al
130,8% nel 2018 e al 130% nel 2019. Bruxelles segnala proprio che «il debito/pil è atteso scendere
leggermente e non scendere sotto il 130% a fine triennio». Tuttavia non c'è, per il momento, enfasi sul
debito: le cifre Ue divergono perché risento` no degli impegni per risolvere la crisi di Veneto Banca e
Popolare di Vicenza che secondo Bruxelles hanno un impatto più forte di circa 5 miliardi rispetto alle cifre
del governo. Il Tesoro incassa l'atmosfera rilassata di Bruxelles, sottolinea il riconoscimento che «la ripresa
è sostenuta e i conti sono in miglioramento con il calo del debito». Quanto alla divergenza sui calcoli, «si è
verificata sistematicamente negli ultimi anni durante i quali le stime del governo si sono rivelate sempre più
affidabili benchè prudenti».
Foto: Il Commissario Ue Pierre Moscovici
10/11/2017Pag. 18
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 10/11/2017 40
Premi EY. Presentato anche il Growth Barometer delle Pmi È Remo Ruffini di Moncler l'imprenditore dell'anno Giulia Crivelli È la moda il settore più rappresentato all'edizione 2017 del premio "Imprenditore dell'anno" di EY, la società
di analisi e consulenza che da oltre vent'anni consegna questi riconoscimenti. Il vincitore nazionale è Remo
Ruffini, presidente e amministratore delegato di Moncler. Dire che lui e l'azienda soddisfano i criteri
delineati da EYe presi in esame dalla giuria è un eufemismo: conditio sine qua non per partecipare è un
fatturato di almeno 25 milioni di euro. Moncler ha chiuso il 2016 con ricavi superiori al miliardo e per il 2017
si prevede una crescita a due cifre. Il premio si basa poi sulla «creazione di valore con spirito innovativo e
visione strategica». In meno di dieci anni Ruffini ha trasformato Moncler da marchio storico ma un po'
impolverato in oggetto del desiderio per tantissimi tipi di consumatori, dai più giovani agli adulti, e ha fatto
nascere una vera tendenza, quasi certamente qui per restare, quella del piumino da città. «Quando ho
acquisito Moncler ritenevo che avesse una storiae un heritage unici ed ero convinto che potesse diventare
un brand speciale e, con grande coerenza, insieme al mio team abbiamo sviluppato questo progetto
innovativo, restando sempre fedeli al nostro dna- ha detto Ruffini -. Oggi Monclerè un marchio globale
presente in oltre 70 Paesi. Considero questo premio un significativo riconoscimento che sottolinea i continui
sforzi e la passione con la quale lavoriamo ogni giorno». La consegna dei premiè stata l'occasione per
presentare l'EY Growth Barometer 2017 Italy, report che analizza i piani di sviluppo delle aziende italiane.
L'indagine promossa da EY riguarda 2.340 top manager di imprese con ricavi compresi tra 1 milione e 3
miliardi di dollarie una selezione di società in rapida crescita con meno di cinque anni di vita. «La storia
ultraventennale del premio dimostra che nel nostro Paese esiste un tessuto imprenditoriale sano, capace di
rinnovarsi, di superare anche i periodi più critici cogliendo i cambiamenti come opportunità - ha detto
Donato Iacovone, amministratore delegato di EY in Italia e managing partner dell'area mediterranea della
società -. Inoltre, i dati del Growth Barometer mostrano che la fiducia del middle market italiano è solida,
con oltre la metà delle aziende (il 52%) che punta a una crescita tra il 6% e il 10% nel prossimo anno, un
incremento significativamente maggiore rispetto alle previsioni globali della Banca Mondiale, pari al 2,7%».
TUTTI I PREMIATI Carichee categorie Giovanna Furlanetto, presidente di Furla (Fashion&Design); Daniele
Ferrero, presidentee ad di Venchi (Food& Beverage); Nicola Giorgio Pino, presidente di Proma (Industrial
Products); Federica e Romano Minozzi, ade presidente di Iris Ceramica (Innovation); Franco Stefani,
presidente del gruppo System (Digital Transformation); Marco Nocivelli, presidentee ad di Epta (Family
Business); Adolfo Guzzini, presidente di iGuzzini (Globalization); Michele Zanella, presidente di Full Spot
(Premio speciale) Composizione della giuria Gianni Mion (presidente), Alberto Baban, Giampio Bracchi,
Guido Corbetta, Linda Gilli,Marco Giovannini, Monica Mandellie Paolo Scudier
10/11/2017Pag. 15
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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 10/11/2017 42
Industria. Nel terzo trimestre attività +3,1% LOMBARDIA In Lombardia la produzione torna a correre LO SCATTO Il passo della manifattura è quasi triplo rispetto al 2016 Al salto dell'export si aggiunge laripresa interna con ordini in crescita del 5,4% Luca Orlando MILANO Produzione, fatturato, ordini interni ed esteri. Con l'eccezione certo non marginale degli occupati,
tutti gli indicatori della manifattura lombarda volgono al bello. L'indagine Unioncamere Lombardia sul terzo
trimestre evidenzia una produzione in crescita congiunturale dello 0,4% e del 3,1% su base annua, passo
quasi triplo rispetto alla media 2016, in grado di spingere l'indice a soli sei punti dal picco precrisi, mentre
per l'Italia il gap è più che doppio. Accelerazione visibile anche nei ricavi, in progresso del 5%, così come in
aumento sono le commesse acquisite, sia all'estero (+6,5%) che sul mercato interno (+5,4%). La ripresa
del ciclo degli investimenti è visibile nella buona performance dei beni strumentali, che vedono uno scatto di
quasi nove punti nelle commesse nazionali. Merito evidente del piano Industria 4.0, che rilancia l'intera
filiera meccanica (commesse interne in crescita dell'8,4%), tra i comparti più tonici insieme alla siderurgia.
E non a caso proprio Lecco e Brescia, dove è alta la concentrazione di queste industrie, presentano
crescite nell'ordine del 5%. La quota di fatturato estero rispetto al totale si riavvicina ai livelli recorde sale al
40,6% ma la vera novità delle ultime rilevazioni è il risveglio dell'Italia. Spinta che nello scenario di
Prometeia (+1,6% la domanda interna) si aggiunge ad un export sempre più tonico e in accelerazione
(+3,9%) e contribuisce a portare ancora una volta la Lombardia sul gradino più alto delle regioni in termini
di crescita del Pil, visto nel 2017 in progresso dell'1,7%. Dal lato del mercato del lavoro la disoccupazione
dovrebbe contrarsi al 6,5%, anche se le ultime rilevazioni segnalano un rallentamento del recupero.
L''indagine Unioncamere evidenzia benefici solo in termini di riduzione del ricorso alla Cig, limitato ora ad
appena il 7,1% delle aziende, la metà rispetto a due anni fa. Mentre in termini di nuovi addetti il saldo torna
negativo di un decimale, con flussi in uscita (2%) marginalmente superiori rispetto ai nuovi ingressi. Con
l'eccezione di questo dato, il quadro globale dell'industria è comunque positivo, anche se ora il tema è
quello di trovare continuità, puntando sull'innovazione. «Solo il 18% delle imprese - spiega il vicepresidente
di Unioncamere Lombardia Daniele Riva- ha già implementato soluzioni 4.0. Indispensabile quindi la
sinergia tra organismi locali e mondo imprenditoriale per fare giusta informazione e formazione, fornendo gli
strumenti di supporto più efficaci». «La Lombardia produttiva ha ripresoa correre- aggiunge il presidente
della Piccola Industria di Confindustria Lombardia Gianluigi Viscardi- edè evidente come il settore
manifatturiero stia reagendo positivamente al grande stimolo del Piano Industria 4.0: ben vengano i nuovi
incentivi della Legge di Bilancio».
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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 10/11/2017 43
INCENTIVI E AGEVOLAZIONI I bandi regionali per i professionisti Flavia Landolfi pagina 33 In principio fu la Commissione europea che con una decisione adottata nella primavera del 2014
aprì la strada dei finanziamenti, diretti e strutturali, al mondo dei professionisti. Venne poi la legge di
Stabilità 2015a decretarne l'efficacia sul fronte dei fondi strutturali: professionisti e imprese pari sono e
quindi accesso per tutti ai bandi che distribuiscono fondi per la promozione delle politiche comunitarie. A
chiudere il cerchio ci ha pensato poi il Jobs Act degli autonomi che ha reso stabile la chance di accedere ai
fondi Uee ha allargato agli studi la possibilità di accedere alle gare d'appalto bandite dalla pubblica
amministrazione. Non solo: la legge concede la possibilità di creare alleanze con le imprese nella
partecipazione alle reti miste, costituire consorzi stabili professionalie associazioni temporanee
professionali. Il lungo iter dell'accesso degli studi ai fondi è stato costellato da non poche difficoltà ed è
stato superato grazie all'equiparazione dei professionisti alle Pmiin relazione all'accesso ai fondi. E
arriviamo a oggi quando con un percorso a macchia di leopardo le Regioni si stanno via via allineando alle
norme prevedendo l'equiparazione tra impresee professionisti e talvolta dedicando a questi ultimi bandi ad
hoc. Ma molto resta da fare. «Non sembra sia bastato equiparare le libere professioni alle piccole imprese
perché l'accesso ai fondi peri professionisti resta ancora un mirag gio dice Confprofessioni, che ha curato
la selezione di bandi pubblicati in questa pagina e non appare sufficiente nemmeno l'impegno delle
Regioni consapevoli del ruolo delle libere professioni per l'Europa 2020, come la Toscana, l'Emilia
Romagna, la Sicilia, la Sardegna, la Campania, l'Umbria, il Veneto, dove sono stati previsti dei bandi
specificamente rivolti alle libere professioni». E quindi per cogliere le opportunità dei bandi messi in pista
dalle Regioni bisogna leggere con attenzione gli avvisi pubblicati: non tutti si rivolgono chiaramente agli
studi professionali che però possono essere coinvolti in qualità di imprese, partner di reti di impresa o datori
di lavoro per l'inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. «La selezione delle opportunità di
finanziamento spiega Confprofessioni è stata ottenuta scegliendo gli avvisi finalizzati a sostenere
imprenditorialità e occupazione negli studi professionali. Sono bandi direttamente rivolti agli studi
professionali come il bando della Regione Toscana o quello del Veneto, oppure indirettamente rivolti ai
professionisti come gli altri». Scadenze diversificate: si va dalla fine del 2017 ai primi mesi del 2018 come
nel caso dell'Umbria. «L'accento prevalente prosegue l'associazione è sull'imprenditorialità, mentre alcuni
bandi sono focalizzati sull'occupazione, come nel caso delle Marche o del Lazio».TOSCANA IL BANDO
Fondo giovani professionisti ISTITUZIONE RESPONSABILE Il soggetto gestoreè il raggruppamento
temporaneo di imprese "Toscana Muove" costituito tra Fidi Toscana (soggetto capofila), Artigiancredito
Toscanoe Artigiancassa SCADENZA Finoa esaurimento fondi DOTE FINANZIARIA 737.000 euro
FINANZIAMENTO La garanzia rilasciata ai soggetti finanziatori per un importo massimo garantito pari all'
80% dell'importo di ciascun finanziamento peri giovani professionistiei praticanti. Il contributo in conto
interessi concesso al giovane professionistao al praticante in misura pari al 100% dell'importo degli
interessi gravanti sul finanziamento garantito SOGGETTI AMMISSIBILI •Giovani professionisti di età non
superiorea 40 anni (non compiuti) iscritti in albi di ordinie collegio associazioni professionali; • giovani di età
non superiorea 30 anni (non compiuti) che svolgono un praticantato professionale; Possono beneficiare
esclusivamente della garanzia gli Ordiniei Collegio Associazioni professionali, anche di secondo grado,
aventi sede in Toscana. DURATA Gli investimenti devono essere integralmente restituiti entroe non oltre 12
mesi dalla data di erogazione CONTATTI [email protected] schede a cura di CONFPROFESSIONI
VENETO IL BANDO Bando per l'erogazione di contributi alle nuove imprese ISTITUZIONE
RESPONSABILE Regione Venetoe Avepa SCADENZA 16 novembre 2017 con nuova apertura nel 2018
DOTE FINANZIARIA 4.500.000 euro FINANZIAMENTO L'agevolazione, nella forma di contributoa fondo
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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 10/11/2017 44
perduto,è pari al 50% della spesa rendicontata ammissibile. Nel limite massimo di 75.000 euro
corrispondenti ad una spesa rendicontata ammissibile pario superiorea 150.000. Nel limite minimo di
10.000 euro corrispondentia una spesa rendicontata ammissibile paria 20.000 SOGGETTI AMMISSIBILI
Sono ammesse alle agevolazioni le micro, piccolee medie imprese (Pmi).L'impresao il professionista, al
momento della presentazione della domanda, deve possederei seguenti requisiti: •In caso di professionisti
non costituiti in società regolarmente iscritte al Registro imprese, essere iscritti agli ordini professionali
oppure aderire alle associazioni professionali iscritte nell'elenco tenuto dal ministero dello Sviluppo
economico •Avere l'unità operativa in cui si realizza il progetto in Veneto DURATA Il progetto ammesso
all'agevolazione deve essere concluso ed operativo entro il termine perentorio del 14 settembre 2018
CONTATTI [email protected] LOMBARDIA IL BANDO Avviso pubblico per la concessione di
interventi finanziaria favore delle Pmi- iniziativa "Credito adesso" ISTITUZIONE RESPONSABILE Regione
Lombardiae Finlombarda SCADENZA Finoa esaurimento fondi con modalitàa sportello DOTE
FINANZIARIA 500.000.000 euro FINANZIAMENTO Potrà essere finanziato fino all'80% dell'ammontare
degli ordinio dei contratti di fornitura ammessi secondoi seguenti massimali: • da 18.000a 750.000 euro per
le Pmi • da 18.000a 1.500.000 euro per le MidCap SOGGETTI AMMISSIBILI Possono presentare domanda
le imprese: a) singolee in qualunque forma costituite, con un organico sinoa 3.000 dipendenti, ivi comprese
le imprese artigiane; b) con sede operativa in Lombardia; c) iscritte al registro delle imprese; d) operative da
almeno 24 mesi; e) appartenenti ad uno dei seguenti settori: codice Istat primario Ateco 2007: M69: attività
legalie contabilità; M71: attività degli studi di architetturae di ingegneria collaudi ed analisi tecniche; M74:
altre attività professionali, scientifichee tecniche; N82: attività di supporto per le funzioni d'ufficioe altri
servizi di supporto alle imprese DURATA 24o 36 mesi CONTATTI [email protected] LAZIO IL
BANDO Bonus assunzionale per le imprese ISTITUZIONE RESPONSABILE Assessorato Lavoro, Pari
opportunità, Personale. Direzione regionale Lavoro SCADENZA fFno all'esaurimento delle risorse
finanziarie disponibili con modalitàa sportello DOTE FINANZIARIA 8.000.000 euro FINANZIAMENTO
Contrattoa tempo indeterminato full time (anche in regime di somministrazione), compreso anche il
contratto di apprendistato: 8.000 euro. Contrattoa tempo determinato maggioreo ugualea 12 mesi full time
(anche in regime di somministrazione): 5.000 euro. Contratto a tempo determinato maggiore o uguale a 6
mesi full time (anche in regime di somministrazione):2.500 euro SOGGETTI AMMISSIBILI Sono
beneficiarie dell'incentivo le imprese che assumonoa decorrere dal1 gennaio 2017. Sono destinatari
dell'intervento i soggetti di seguito indicati residenti nella Regione Lazioo iscritti in uno dei Centri per
l'Impiego della Regione Lazio: a)i disoccupati; b)i soggetti in cerca di occupazione; c)i soggetti percettori di
mobilità ordinariao in derogao percettori di ammortizzatori sociali DURATA La Regione erogherà il bonus in
due tranche,e finoa concorrenza dei fondi disponibili. CONTATTI [email protected] MARCHE
www.quotidianofisco.ilsole24ore.com IL BANDO Tirocinia favore di soggetti disoccupati residenti nell'area
marchigiana del cratere e/o che lavoravano in realtà economico produttive, ubicate nella zona del crateree
aiuti in caso di assunzioni ISTITUZIONE RESPONSABILE Servizio attività produttive, lavoro, turismo,
culturae internazionalizzazione SCADENZA 30 giugno 2018 DOTE FINANZIARIA 2.500.000 euro di cui
1.500.000 per l'attivazione dei tirocinie 1.000.000 per favorire le assunzioni FINANZIAMENTO La
concessione dell'aiuto avverrà nel modo di seguito indicato: • importo massimo di 10.000 euro in caso di
assunzione con contrattoa tempo indeterminato; • importo massimo di 5.000 euro in caso di assunzione
con contrattoa tempo determinato di almeno 24 mesi. Il tirocinante ha dirittoa un'indennità mensile paria
500 euro lorde SOGGETTI AMMISSIBILI Sono beneficiari del bando: •soggetti promotori: Centri per
l'impiego, l'orientamentoe la formazione (Ciof); •soggetti ospitanti: datori di lavoro privati; possono
assumere personale dipendent ed essere creditori della prestazione di lavoro; •disoccupati DURATA La
durata del tirocinio va da3a6 mesi CONTATTI [email protected] e.it La versione integrale
degli articoli si può trovare all'indirizzo: FRIULI VENEZIA GIULIA IL BANDO Imprenderò 4.0 ISTITUZIONE
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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 10/11/2017 45
RESPONSABILE Direzione centrale lavoro, formazione, istruzione, pari opportunità, politiche giovanili,
ricercae università. Area Agenzia regionale per il lavoro. Servizio politiche per il lavoro SCADENZA 22
dicembre 2017 DOTE FINANZIARIA 5.000.000 euro FINANZIAMENTO L'importo massimo del contributoa
fondo perduto non deve essere superiorea 100.000 euro SOGGETTI AMMISSIBILI Possono beneficiare
dei contributi di cui al presente bando: a) aspiranti imprenditori; b) nuove imprese. Gli aspiranti imprenditori
devono avere superato il percorso formativo Imprenderòe avere sviluppato un'idea imprenditoriale con la
definizione di un business plan DURATA Il progetto si considera concluso e la spesa deve essere pagatae
rendicontata entro 15 mesi dalla data di avvio del medesimo per gli aspiranti imprenditori nuovi ed entro 12
mesi dalla data di avvio del medesimo per gli imprenditori che intendono avviare nuove imprese NOTE
L'attività d'impresa non deve cessareo essere rilocalizzata al di fuori del territorio regionale per3 anni dal
pagamento finale al beneficiario. CONTATTI [email protected] quotidianofisco.ilsole24ore.com
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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 10/11/2017 46
«Dati vecchi, la ripresa c'è anche qui» D'Alessandro contesta il reportSvimez IL DIBATTITO
PESCARA «Dati vecchi di un anno e letture strumentali delle opposizioni». Camillo D'Alessandro,
coordinatore della maggioranza in consiglio regionale, invita ad archiviare l'ultimo rapporto Svimez e ad
aggiornare lo stato di salute dell'economia abruzzese alla situazione di oggi: «Il rapporto si riferisce
principalmente a dati del 2016 confrontati con il 2015 e anche più indietro». Nel frattempo, lo studio del
Cresa presentato il 31 ottobre scorso e riferito al terzo trimestre 2017, avrebbe invece certificato che
l'aggancio dell'Abruzzo alla ripresa c'è stato. Ecco qualche dato fornito da D'Alessandro: «I registri delle
Camere di commercio hanno rilevato la nascita di 1.589 imprese e la cessazione di 1.390, con un saldo
positivo (+199) che pone l'Abruzzo al settimo posto tra le regioni italiane grazie a un tasso di crescita pari
allo 0,29%, in linea con quello nazionale (30%)». Tornando al rapporto Svimez, D'Alessandro fa ancora
osservare che, se è vero che il Pil nel 2016 ha subito una lieve flessione (-0,2%), è altrettanto evidente che
questi valori sono stati condizionati dai terremoti che si sono registrati tra l'agosto del 2016 e il gennaio
2017, con effetti negativi soprattutto sulle attività agricole e sulle piccole e medie imprese. «Nonostante
questa flessione - insiste D'Alessandro - il prodotto pro capite abruzzese ha toccato 22.853 euro per
abitante (+0,1%), ponendo l'Abruzzo al di sopra del dato medio delle altre regioni del Sud (17.146) e in
avvicinamento alla media nazionale (25.890)».
Altra osservazione: «La produzione industriale nel 2016 è cresciuta del 5%. L'esportazione ha registrato un
balzo del 9,7% . I depositi bancari registrano un aumento del 2,4%, mentre il tasso di disoccupazione è
sceso al 12,1% (-3,2%), grazie soprattutto alla riduzione di quella giovanile. In flessione anche la quota di
coloro che non lavorano e non sono inseriti in un percorso di formazione, passata dal 26,9% al 24,7%. Allo
stesso tempo - sottolinea D'Alessandro - cresce (+1,2%) il tasso di occupazione, passato dal 54,5% al
55,7%». Alla luce di questi dati, l'esponente di maggioranza respinge le preoccupazioni espresse da
sindacati e associazioni di categoria, bollando come strumentali le critiche delle opposizioni: «L'Abruzzo - è
la sua lettura - resta saldamente la prima regione del Mezzogiorno, con valori più vicini al Centro-nord Italia.
Nei prossimi 20 mesi - aggiunge - accelereremo lo sviluppo della nostra economia per renderla ancora più
competitiva». C'è anche l'invito a fare un salto indietro di tre anni per vedere cosa è cambiato dal 2014 ad
oggi.
È invece la Cisl Abruzzo-Molise a tornare sul rapporto Svimez: «Dati - scrive Leo Malandra - che purtroppo
confermano la nostra analisi e non ci rassicurano. L'Abruzzo stenta molto di più di tutte le altre regioni del
Sud e anche di quelle del centro Italia colpite dal terremoto». Il segretario generale rimanda all'analisi
elaborata dall'Aps Ciancaglini con l'economista Pino Mauro: «In quella occasione, e con il decalogo
sottoscritto assieme a Cgil e Uil, abbiamo suggerito alla classe politica alcune proposte per aiutare le
famiglie e le imprese ad uscire da questa lunghissima fase ancora in parte negativa e di transizione, ma
non siamo stati ascoltati». Tra le altre: lo sblocco dei progetti e delle azioni previste dal Masterplan, dai
fondi europei, dal Patto per lo sviluppo e dalla Carta di Pescara. La creazione di una regia unica per
affrontare le 109 vertenze ancora aperte in tutti i settori.
Saverio Occhiuto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
10/11/2017Pag. 40 Ed. Abruzzo
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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 10/11/2017 47
NEI PRIMI NOVE MESI UTILE A 279 MILIONI I Pir? Mediolanum avrà 2,5 miliardi Massimo Doris: «Bene la raccolta». Acconto sulla cedola di 20 cent Cinzia Meoni «Sono molto soddisfatto dell'andamento del business con una raccolta che prosegue a ritmi sostenuti,
trainata da Piani individuali di risparmio (Pir) attestatesi ad oggi ad oltre 2 miliardi di euro», sostiene
Massimo Doris ad di Banca Mediolanum commentando i dati dei primi nove mesi del 2017. «Per fine anno
puntiamo a una raccolta tramite Pir di 2,5 miliardi che salirà a 3 miliardi a 12 mesi dall'introduzione di
questo strumento di risparmio». La raccolta nel gestito a fine anno dovrebbe poi attestarsi a 5,8 miliardi (dai
4,8 miliardi di fine ottobre). Il gruppo di Basilio tra gennaio e settembre ha registrato un utile di 279 milioni in
calo dell'8% rispetto all'esercizio precedente, commissioni di gestione pari a 722 milioni (+15%), nuovo
record storico, masse complessive (amministrato e gestito) pari a 73,6 miliardi (+7%) e un indice di
patrimonializzazione Common Equity Tier 1 al 21,8%. «La redditività del periodo è stata penalizzata dai
bassi rendimenti e dai contributi straordinari versati per i salvataggi bancari degli ultimi mesi, in tutto 50,6
milioni», commenta Doris rimarcanco che nei prossimi mesi le redditività del gruppo beneficerà dell'avvio, a
dicembre, della cessione del quinto dello stipendio grazie alla neo acquisita EuroCqs. Il titolo in Borsa ha
perso lo 0,5% chiudendo a 7,16 euro. A questi prezzi il solo acconto della cedola deciso ieri (0,2 euro) e
distribuito il 22 novembre, garantisce un rendimento vicino al 3%. Il doppio se si considera il versamento di
un pari saldo all'approvazione dei conti di bilancio 2017. Quanto al futuro Mediolanum punta a diventare la
banca d'affari di riferimento delle piccole e medie imprese. «Il cda di metà dicembre deciderà se procedere
alla costituzione di una apposita squadra di advisory o con l'acquisizione di una piccola realtà. Saremo
operativi entro il prossimo anno e, probabilmente, già per giugno» spiega l'ad che si attende «volumi
importanti». Nel frattempo Banca Mediolanum ha già organizzato sei incontri con gli imprenditori della
Penisola per verificare le opportunità di business. «Ben 11 imprese si sono dette interessate alla
quotazione, una ha già dato mandato a un nostro partner e altre due stanno definendo la raccolta
documentale», conclude Massimo Doris.
Foto: SOLIDO L'ad Massimo Doris guida Mediolanum insieme al padre Ennio
10/11/2017Pag. 29
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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 10/11/2017 48
Altro che Obama Trump porta la pace in Asia a colpi di contratti dorati PAOLA TOMMASI Trump conquistatore in Asia. Non di donne ma di alleati strategici per rilanciare l'economia e riaffermare la
potenza militare e politica degli Stati Uniti nel mondo. Entrambi campi in cui negli otto anni di Obama gli
Usa avevano perso posizioni e autorevolezza. E i due campi, quello economico e quello politico-militare, si
intrecciano. (...) segue a pagina 11 segue dalla prima (...) Perché sull'economia Trump fa leva per
convincere Giappone, Corea del Sud e soprattutto Cina a lavorare insieme per disarmare la Corea del
Nord. E la forza economica recuperata dagli Stati Uniti dell'era Trump, con il Pil che corre, la
disoccupazione ai minimi e la Borsa da record, aumenta il potere negoziale nel rapporto con gli alleati. I
termini di questo viaggio sono stati ben definiti dall'inizio, con le prime tappe proprio nelle basi militari
americane del Pacifico e grande esibizione di mezzi, perché fosse chiaro: siamo forti, non ci provocate.
Innanzitutto una precisazione: il rischio di guerra nucleare non esiste, perché le forze di terra degli Stati
Uniti sono in grado di controllare gli arsenali di Kim Jong-un, impedendone l'utilizzo da parte del dittatore, e
in ogni caso sono già in allerta da mesi gli schermi antimissile capaci di neutralizzare qualsiasi attacco dalla
Corea del Nord. Numero due: i toni duri di Trump sono strategici e finalizzati a portare le altre potenze a
trattare al tavolo della diplomazia. Chi si ferma ai tweet o cerca di mettere in contraddizione il Presidente
con il suo Segretario di Stato, Rex Tillerson, non vuole accettare lo schema Usa. E non vuole farlo per un
semplice motivo: perché funziona. Dopo mesi di critiche pretestuose è difficile ammetterlo. Con la Cina, per
esempio, la posizione è decisa: Trump l'ha definita Paese manipolatore di valuta e usurpatore di segreti
industriali americani per tutto il tempo della campagna elettorale ma è disposto a rivedere le sue
affermazioni se Xi Jinping comincia a rispettare non solo formalmente ma anche nella sostanza la
risoluzione dell'Onu con le sanzioni alla Corea del Nord, smettendo di sostenerne di fatto l'economia. Se la
Cina chiude i rubinetti, Kim Jong-un sospende il programma nucleare: è il ragionamento semplice di Trump.
Lo stesso dicasi dei rapporti con il Giappone: le esportazioni nipponiche verso gli Stati Uniti sono in netta
prevalenza rispetto alle importazioni, con uno squilibrio a danno degli Usa di 60 miliardi di dollari. Trump ha
basato il suo programma sulla lotta alle pratiche commerciali scorrette ma a Shinzo Abe offre una
possibilità: gli Stati Uniti saranno meno rigidi nell'insistere per il riequilibrio della bilancia commerciale se il
Giappone collabora sul fronte nord coreano. Ancora una volta una contropartita economica ad alleanze più
forti sul piano militare. Trump costruisce così un nuovo blocco, già definito «Indo-Pacifico», con gli Usa
capofila: altro che cedere la leadership mondiale ai giganti asiatici. Verso l'irrilevanza gli Stati Uniti
sarebbero andati se non si fosse invertita la rotta rispetto alle amministrazioni precedenti. Non a caso un
viaggio così lungo di un Presidente in Asia, dodici giorni toccando cinque Paesi, non si ricorda dal 1992.
Trump da isolazionista e protezionista, come hanno cercato in tutti i modi di presentarcelo, a catalizzatore
di alleanze per la prosperità e la Pace. Dall'impeachment, con cui cercano di incastrarlo, alla rielezione per i
risultati del suo governo. Con buona pace di chi gli vuole male. RIPRODUZIONE RISERVATA
::: LA SCHEDA GLI ACCORDI Imprese cinesi e statunitensi hanno firmato a Pechino accordi e investimenti
nei settori dell'energia, manifatturiero e aviazione per 253,4 miliardi di dollari durante il secondo giorno di
visita in Cina del presidente Usa, Donald Trump. IL COMMERCIO Trump sollecita la riduzione del deficit
commerciale degli Usa con la Cina (34.6 miliardi a settembre) e chiede di «affrontare le pratiche sleali
all'origine di questo deficit», fra cui il furto di proprietà intellettuale, che costa agli Usa e alle sue aziende
almeno 300 miliardi di dollari l'anno.
Foto: I presidenti delle due superpotenze mondiali, lo statunitense Donald Trump e il cinese Xi Jinping,
durante il vertice di Pechino, hanno rivelato una sintonia e collaborazione su temi politici ed economici
migliore che in passato [LaPresse]
10/11/2017Pag. 1
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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 10/11/2017 49
consumi lavoro risparmio innovazione L'AUTO CONVIENE NOLEGGIARLA. MA PER TUTTO L'ANNO Non più solo le aziende. Il long term prende piede anche tra i privati. Molto tra i giovani e al Sud. Dove iprezzi delle assicurazioni sono alle stelle Gerardo Adinolfi Gli italiani preferiscono la Panda, la 500 e la Smart. Ma non sempre hanno voglia (o possibilità) di
comprarle. Così le noleggiano per lunghi periodi, pagando un affitto "tutto incluso". Che significa
risparmiare sui costi dell'assicurazione, dei bolli, del cambio gomme e della manutenzione. Negli ultimi
quattro anni si sta facendo largo un nuovo mercato che, partito dalle grandi aziende, si è poi diffuso tra le
piccole imprese e gli artigiani fino ad arrivare ai privati. Un nuovo modo di pensare l'auto: un po' come il
leasing, ma con più servizi; un po' come il car sharing, ma con la certezza di avere un'auto sempre
disponibile, come se fosse la propria. Nel 2017, secondo una stima dell'Aniasa, l'associazione nazionale
industria dell'autonoleggio e servizi automobilistici, i contratti firmati dai privati per il noleggio a lungo
termine delle auto sono stati 25 mila, 10 mila in più del 2016. I privati, per ora, incidono ancora poco
rispetto alle aziende, ma è su questa nuova prateria che le imprese di noleggio si stanno lanciando. «È una
nuova frontiera» ammette Pie tro Teofilatto, direttore sezione noleggio a lungo termine dell'Aniasa. I numeri
parlano chiaro: nei primi nove mesi del 2017 il settore del noleggio a lungo termine ha immatricolato
150.679 veico li, con una crescita rispetto allo stesso periodo del 2016 del 16 per cento. Mentre nel 2016 il
fatturato ha fatto un balzo di mezzo miliardo: da 4,3 a 4,8 miliardi di euro per un giro d'affari complessivo
(comprese le auto che a termine noleggio vengono vendute) di 6,5 miliardi. Il fenomeno ha mosso i primi
passi in Campania, dove, a causa dei costi più alti delle assicurazioni delle auto per i neopatentati,
comprare un auto è diventato un problema: «Un diciottenne può pagare 3-4 mila euro di assicurazione»
spiega il direttore. «Così il noleggio ha cominciato a diffondersi». E oggi il mercato più forte è nelle province
di Veneto e Lombardia. Chi sceglie di affittare un'auto con contratti che vanno dai 24 ai 36 mesi, ha tra i 25-
35 anni, percorre in media 10 mila chilometri in un anno e sceglie una city car o un'utilitaria per spostarsi
nelle grandi città: «È vero che i privati non possono detrarre i costi dell'Iva» spiega Teofilatto, «ma le
imprese di noleggio offrono veicoli con costi appetibili e con un servizio di assistenza completo». Mentre
con il leasing, infatti, bollo e assicurazioni sono escluse, nel noleggio a lungo termine tutto è già compreso.
Ma quanto costa una vettura in affitto? Sul sito di Rent365, una delle tante imprese esistenti, l'affitto
mensile di una Fiat 500 parte da 179 euro al mese per 60 mesi, con seimila chilometri inclusi all'anno e un
anticipo di 1.200 euro. Stesso prezzo per una Panda, che sale a 192 euro se si aggiungono più chilometri
annuali. Per una Smart invece si parte da 199 euro al mese mentre per una Ford Fiesta si arriva anche a
219 euro mensili. 16 % L'AUMENTO DEL NOLEGGIO DI AUTO A LUNGO TERMINE NEL 2017
RISPETTO AL 2016
Foto: SOPRA, IL SIMBOLO DELL'ASSOCIAZIONE NAZIONALE INDUSTRIA DELL'AUTONOLEGGIO E
SERVIZI AUTOMOBILISTICI. SOTTO, AUTOMOBILI IN CODA A NAPOLI
10/11/2017Pag. 51 N.1547 - 10 novembre 2017
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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 10/11/2017 50
60 | banca focus Forti reazioni alla proposta di inasprire le norme sugli accantonamenti relativi agli Npl Quei crediti all'economia: Madame Nouy contro tutti Forse non era proprio nelle sue intenzioni, ma questa volta la presidente del Meccanismo di vigilanza unico
europeo, Danièle Nouy (nella foto) , è riuscita a mettere d'accordo tutti, ma proprio tutti. Uniti nelle critiche
Contro la sua proposta di inasprire dal prossimo 1 gennaio le norme sugli accantonamenti relativi agli Npl si
sono espressi in pochi giorni i massimi vertici del sistema bancario e governativo sia italiano che europeo: i
ministri italiani dell'Economia e dello Sviluppo, Bankitalia , il presidente dell' Abi , Confindustria ,
Confcommercio , sindacati, banche grandi e piccole, esponenti politici di schieramenti opposti e per finire
anche il presidente del Parlamento europeo . continua a pag. 62 > Le obiezioni sono state dure e hanno
riguardato sia il metodo sia il merito delle annunciate nuove regole. Come poteva andare diversamente? I
motivi della giusta levata di scudi sono molti, a cominciare dai tempi e dai modi. È mai possibile concludere
in appena 20 giorni una consultazione che dovrebbe coinvolgere tutti gli operatori del sistema bancario
europeo? Qual è la credibilità del massimo organismo di vigilanza quando rimette in discussione norme
definite appena pochi mesi prima e proprio quando queste, come sembra, cominciano a produrre i risultati
sperati? Insomma è come modificare le regole del gioco mentre la partita è ancora in corso e dopo che
quelle stesse regole erano già state da poco cambiate profondamente. Politica, più che regole Entrando poi
nel merito ci troviamo davanti a un intervento che, sotto le mentite spoglie della regolamentazione, in realtà
introduce pesanti scelte di politica economica. A parte il fatto che la politica economica a oggi è per fortuna
ancora di competenza dei governi nazionali e della Commissione europea , gli effetti di questa stretta
sarebbero nefasti sull'economia a cominciare da quella reale. Quei deboli segnali di ripresa che si
cominciano a intravedere verrebbero rapidamente soffocati sul nascere. Tutto il contrario di quanto la
stessa Banca centrale europea , di cui anche il Meccanismo di vigilanza fa parte, con una politica
monetaria espansiva sta perseguendo da oltre due anni. Un comportamento schizofrenico che di fatto
produce un accanimento prima di tutto contro le piccole e medie imprese, spina dorsale dell'economia
almeno in Italia, che subirebbero di nuovo una stretta del credito. Omologazione dannosa Che dire poi del
criterio della " proporzionalità " con cui, come ormai sembra acquisito, si dovrebbe affrontare ogni
intervento che riguarda il sistema bancario? Negli Stati Uniti, dove la crisi sembra archiviata, il u
governatore della Fed Janet Yellen si è pronunciata a favore di regole "fatte su misura" per tener conto
delle dimensioni degli istituti e delle loro complessità. Al contrario la Nouy, e questa sua proposta sui crediti
deteriorati ne è una conferma, insiste nella sua antica campagna ideologica alla ricerca di una inutile
quanto dannosa, per l'economia prima ancora che per gli istituti di credito, omologazione del sistema
bancario. Non siamo più soli nel reagire La biodiversità dei soggetti creditizi è al contrario un elemento da
valorizzare e non ridurre a vantaggio dei soliti grandi gruppi finanziari sempre più ingordi. L'economia reale
e la possibilità delle banche di concedere credito alle imprese, soprattutto alle pmi, vanno sostenute se si
vuole far ripartire l'economia dell'Europa e le prese di posizione contro la proposta di inasprire gli
accantonamenti relativi agli Npl vanno nella giusta direzione e ci mostrano che non siamo più soli.
*segretario generale di Assopopolari u
di Giuseppe De Lucia Lumeno*
Un coro ostile: dai nostri ministri a Bankitalia fino ad Abi e ConfindustriaChe senso ha rimettere in discussione leggi definite appena pochi mesi fa, quando cominciano adare risultati?Foto: La sede della Banca centrale europea a Francoforte
10/11/2017Pag. 60 N.11 - novembre 2017
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In Italia un hub per gli investimenti nel Mediterraneo e in Africa Perché l'Africa è così strategici. • camente importante? I Perché è il continente destinato ad avere la
maggior crescita economica nei prossimi 10-20 anni come dimostrano tutta una serie di indicatori
economici e sociali tra cui l'urbanizzazione, la forza lavoro - la più giovane del mondo -, l'imprenditoria
femminile, la crescita della telefonia mobile e dell'ePayment. Altri studi (i.e. McKinsey) sostengono inoltre
che i settori che contribuiranno maggiormente alla crescita dell'Africa e che rappresentano cruciali
opportunità per l'imprenditoria e gli investimenti sono le infrastnitture, l'agricoltura, il consumer goods e il
settore manifatturiero. Si stima che la loro crescita da qui al 2025 supererà i 500 B$ di crescita totale. In
particolare, il settore delle infrastnitture avrà un ruolo determinante: basti pensare che, nel 2040 l'Africa
avrà più di 100 città con oltre un milione di abitanti e sette megalopoli con oltre 10 milioni di abitanti (fonte
Deloitte). Quali sono i paesi e le aree più interessanti in termini di investimenti? I paesi africani più
interessanti sono quelli con economie diversificate e con una minore dipendenza da singole risorse.
Partendo da Nord, l'Egitto, dove BonelliErede ha una sede, che ha attuato politiche di attrazione degli
investimenti stranieri, tra cui l'istituzione di numerose zone franche per dare maggiori incentivi, garanzie ed
esenzioni. Sempre in Nord Africa, c'è la Libia che, anche se attualmente destabilizzata dalla situazione
politica, presenta enormi potenzialità. In Africa orientale sono interessanti l'Etiopia, altro paese in cui siamo
presenti, e il Kenya dove i prodotti italiani sono molto apprezzati. Infine, il Mozambico continua a offrire,
nonostante il calo del prezzo del petrolio ne abbia diminuito le prospettive di crescita, notevoli opportunità
nel settore delle risorse naturali, grazie alle ingenti riserve di gas naturale, carbone e minerarie di cui
dispone. Guardando all'Africa occidentale, non può non essere menzionata la Nigeria. Qui cultura ed
eccellenza italiane sono apprezzate e il mercato locale presenta un enorme potenziale di penetrazione del
Made in Italy. Infine, il Sudafrica è il paese più sviluppato del continente, e qui, oltre agli incentivi agli
investimenti c'è anche un settore bancario e finanziario molto solido, capace di supportare efficacemente
l'industria. Perché per l'Italia è più facile che per altri paesi investire in Africa? La peculiare vicinanza con
l'Africa rende l'Italia un partner privilegiato di molti paesi africani e un hub naturale per gli investimenti
internazionali verso il continente. In particolare la vicinanza è data da legami storici (inclusi legami connessi
al periodo coloniale in cui l'Italia ha adottato politiche di forti aiuti allo sviluppo), prossimità geografica,
rapporti governativi profondamente radicati e legami commerciali molto forti. Inoltre, i paesi del Nord - in
primis l'Egitto - e dell'Est Africa presentano il vantaggio di avere un framework legale di civil law, quindi
molto connesso al sistema legale italiano (e francese, codice napoleonico). A loro volta, la maggior parte
dei paesi del bacino del Mediterraneo e del Golfo hanno un sistema legale basato sul sistema egiziano, che
rappresenta il "faro" del diritto in queste aree: non a caso una quota significativa di giudici e legali di Dubai
sono di nazionalità o di formazione egiziana. Ha detto che l'Italia sarebbe lliub naturale per gli investimenti
internazionali in Africa. Che cosa significa di preciso? L'Italia deve cogliere un'occasione unica per tornare
ad assumere un ruolo di rilievo nel contesto economico mondiale, attraverso azioni volte a creare i
presupposti per un rapporto di partnership privilegiata con l'Africa, sfruttando l'indubbio vantaggio
competitivo rispetto a molti altri paesi. Ciò deve avvenire in due direzioni: sviluppando il più possibile le
relazioni commerciali con i paesi africani e accreditandosi presso i maggiori investitori internazionali (Far
East, con particolare riferimento a Cina e India) quale location preferenziale per la localizzazione di un hub
per gli investimenti nel bacino del Mediterraneo e in Africa. Ciò consentirebbe di attirare risorse nel nostro
paese (una delle principali condizioni per il rilancio dell'economia) e, probabilmente, anche di competere
con Regno Unito e Olanda, con l'obiettivo di divenire un hub anche per l'Europa. Come si può realizzare
questo obiettivo? L'Italia deve innanzitutto dotarsi di una strategia precisa e fare sistema attorno a un
obiettivo comune. L'incapacità di farlo è certamente il nostro tallone d'Achille, che ha purtroppo tante volte
10/11/2017Pag. 30 N.11 - novembre 2017 tiratura:150000
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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 10/11/2017 52
garantito un vantaggio competitivo ad altri paesi con meno risorse e meno talento. E, quindi, necessario un
percorso di riforme che consenta di creare dei veri e propri "corridoi preferenziali" per l'insediamento
produttivo e commerciale nei settori a più alto sviluppo dell'economia africana, attraverso interventi in
molteplici ambiti. Su quali ambiti bisognerebbe intervenire? Bisognerebbe, ad esempio, stimolare i rapporti
con i paesi dell'area sotto il profilo educativo e culturale, incentivando la specializzazione nelle nostre
università di studenti africani (che rientrerebbero nel loro paese avendo l'Italia come riferimento per
l'Europa), e promuovendo partnership tra le nostre università e quelle africane. Altro intervento necessario
riguarda la gestione dei porti, della rete ferroviaria e degli aeroporti, che andrebbe modificata in modo da
poter perseguire un disegno coordinato. Se, invece, si vogliono attrarre le holding delle multinazionali
straniere, bisogna rendere il nostro paese attrattivo per i loro dirigenti concludendo trattati commerciali il più
favorevoli possibile con i paesi dell'area; prevedendo nelle convenzioni modalità di riconoscimento di crediti
di imposta virtuali (cosiddetta tax sparing credit) contro la doppia imposizione con i paesi dell'area;
modificare le norme sulla imposizione dei flussi finanziari in uscita dall'Italia (dividendi, interessi e royalties);
rinegoziare gli accordi contro la doppia imposizione tra l'Italia e i principali stati che investono in Africa al
fine di garantire condizioni competitive per i flussi di reddito distribuiti dall'Italia; attivare misure che
agevolino il "fare impresa"; semplificare il corpus normativo e ridurre drasticamente i tempi della giustizia.
Inoltre, bisognerebbe garantire una maggiore tutela per l'investitore italiano, intervenendo sulle convenzioni
bilaterali e istituendo un ente dedicato per le imprese interessate a investire in Africa. L'ideale è che questa
strategia si traduca in un corpo di norme (African Act) che avrebbe comunque l'effetto di rendere il paese
più attrattivo per gli investimenti in generale.
Foto: Stefano Simontacchi, managing partner BonelliErede
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