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Anno 2018
n. 3
Novembre - Dicembre
Come sarebbe a dire, solo trent’anni? Quanto gli dovevano dare?
Il delitto era orribile, senza dubbio, ma se ne conoscono di gradevoli?
Naturalmente si dava la colpa allo sconto dovuto al rito abbreviato.
C’è una nuova scuola di pensiero giuridico che propone di abrogare il rito speciale
e comminare semplicemente il massimo della pena. Potremmo chiamarla la scuola
del bruto ma forse ci spingeremmo oltre nella critica.
Qualcosa che non funzione però c’è, ci deve essere.
Bordin M.,
“Bordin Line”, Il Foglio, 2 aprile 2019
Camera Penale di Napoli
Centro Studi “Giovanni Bisogni”
Dipartimento “Rassegna giuridica”
Coordinatore:
Aldo Franceschini
Vice-coordinatore:
Amedeo Bucci de Santis
Comitato di redazione:
Gerardo Auletta
Emma Lorena Cappuccio
Fabio Cavalli
Carmine Gatto
Angelo Mastrocola
Giuseppe Musella
Alessandro Orabona
Giovanni Petranico
Alfonso Tatarano
Mariagiovanna Veneruso
Editing:
Aldo Franceschini
Copertina:
N.S.I. S.a.s. di Pirozzi Gianfranco
Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero Sabina Coppola, Raffaele Corrente,
Errico Frojo, Carmen Moscarella, Marco Muscariello, Antonio Scotto Rosato, Luigia
Santoro, Sergio Schlitzer, Francesco Sogliuzzo, Francesco Talamo
Rassegna giuridica realizzata dal Centro Studi della Camera Penale di Napoli per la
diffusione tra gli iscritti
Centro Studi “Giovanni Bisogni”
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Indice
Opinioni p. 9
Comunicato dell’Associazione Italiana dei Professori di Diritto penale, per Radio
radicale p. 9
La Fondazione Premio Napoli a sostegno di Radio Radicale p. 9
Novità normative p. 11
Il mutuo riconoscimento dei provvedimenti di congelamento e confisca
Reg. UE 14 novembre 2018 n. 2018/1805 p. 11
Il (primo) decreto sicurezza del Governo Giallo-Verde
l. 1 dicembre 2018 n. 132 p. 12
Fondo per le vittime dei reati intenzionali violenti: come accedervi
l. 30 dicembre 2018 n. 145 p. 15
Whistleblowing: tutela dei segnalanti e potere sanzionatorio dell’ANAC
ANAC, delibera 30 ottobre 2018 n. 1033 p. 16
Giurisprudenza sovranazionale p. 19
La applicazione della legge Severino (ineleggibilità e decadenza da talune cariche
pubbliche) a delitti commessi prima della sua entrata in vigore
C. edu, 27 novembre 2018, Berlusconi vs Italia p. 19
Giurisprudenza costituzionale p. 21
L’aiuto al suicidio nella fase esecutiva
C. cost., 24 ottobre 2018, dep. 16 novembre 2018, n. 207 p. 21
Estensione della disciplina della detenzione domiciliare speciale alla detenzione
ordinaria previa prognosi di insussistenza del pericolo concreto di commissione di
ulteriori delitti
C. cost., 25 ottobre 2018, dep. 22 novembre 2018, n. 211 p. 23
La motivazione per relationem della ordinanza emessa dal giudice competente, ai
sensi dell'art. 27 c.p.p., a seguito di invio atti dal giudice dichiaratosi incompetente
C. cost., 10 ottobre 2018, dep. 22 novembre 2018, n. 214 p. 24
Bancarotta fraudolenta e pene accessorie fisse
Indice
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C. cost., 25 settembre 2018, dep. 5 dicembre 2018, n. 222 p. 25
Abuso di informazioni privilegiate ed applicabilità della confisca per equivalente ai
fatti commessi anteriormente alla entrata in vigore della legge n. 62 del 2005
C. cost., 23 ottobre 2018, dep. 5 dicembre 2018, n. 223 p. 26
Messa alla prova nel procedimento ordinario e iscrizione nel casellario giudiziale
C. cost., 7 novembre 2018, dep. 7 dicembre 2018, n. 231 p. 27
La competenza per materia in caso di lesioni lievissime a danno del figlio naturale
C. cost., 7 novembre 2018, dep. 14 dicembre 2018, n. 236 p. 28
Giurisprudenza di legittimità p. 31
Sezioni unite p. 31
La detenzione di sostanze stupefacenti eterogenee non preclude la configurabilità
dello spaccio di lieve entità
Cass., Sez. un., 27 settembre 2018, dep. 9 novembre 2018, n. 51063 p. 31
La declaratoria di inammissibilità per carenza di interesse dell’appello cautelare
proposto dall’ente avverso la misura interdittiva
Cass., Sez. un., 27 settembre 2018, dep. 14 novembre 2018, n. 51515 p. 32
Il delitto di pornografia minorile ed il superamento della prova del pericolo concreto
di diffusione del materiale pedopornografico
Cass., Sez. un., 31 maggio 2018, dep. 15 novembre 2018, n. 51815 p. 33
Sezioni semplici p. 35
I. Diritto penale p. 35
I parametri valutativi per l’applicazione della recidiva
Cass., Sez. III, 17 aprile 2018, dep. 3 ottobre 2018, n. 49668 p. 35
La diffamazione si configura anche se l'autore della frase offensiva comunica
esclusivamente con due persone
Cass., Sez. I, 24 settembre 2018, dep. 7 novembre 2018, n. 50423 p. 36
Particolare tenuità del fatto anche in caso di ulteriori denunce e di “precedenti di
polizia”
Cass., Sez. IV, 4 ottobre 2018, dep. 15 novembre 2018, n. 51526 p. 37
La non estendibilità del divieto di “comparaggio” agli integratori alimentari
Cass., Sez. VI, 19 aprile 2018, dep. 16 novembre 2018, n. 51946 p. 37
I presupposti del reato di oltraggio a un magistrato in udienza
Cass., Sez. VI, 16 ottobre 2018, dep. 12 dicembre 2018, n. 51970 p. 38
Reati elettorali: pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici e sospensione
condizionale della pena
Cass., Sez. I, 16 gennaio 2018, dep. 21 novembre 2018, n. 52522 p. 39
Centro Studi “Giovanni Bisogni”
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L’esercizio abusivo della professione forense e la non operatività dell’art. 131-bis
c.p.
Cass., Sez. II, 13 novembre 2018, dep. 22 novembre 2018, n. 52619 p. 40
Furto in supermercato. Ricorre la circostanza aggravante del mezzo fraudolento
anche in caso di omesso utilizzo del sistema del self scanning
Cass., Sez. IV, 8 novembre 2018, dep. 23 novembre 2018, n. 52827 p. 41
Classificazione di un luogo di privata dimora nel reato di furto
Cass., Sez. V, 11 ottobre 2018, dep. 27 novembre 2018, n. 53200 p. 42
Mancata previsione della partecipazione al giudizio del terzo interessato alla
restituzione della cosa confiscata al di fuori delle ipotesi previste dagli artt. 104-bis
disp. att. c.p.p. e 240-bis c.p.
Cass., Sez. II, 12 ottobre 2018, dep. 28 novembre 2018, n. 53384 p. 43
La compatibilità tra recidiva e continuazione
Cass., Sez. III, 12 settembre 2018, dep. 4 dicembre 2018, n. 54182 p. 44
Il reato di omissione di atti di ufficio non sanziona il rifiuto di un atto urgente
Cass., Sez. VI, 26 settembre 2018, dep. 5 dicembre 2018, n. 54426 p. 45
L’alterazione della cartella clinica configura il falso materiale in atto pubblico
Cass., Sez. V, 22 ottobre 2018, dep. 11 dicembre 2018, n. 55385 p. 46
L’elemento soggettivo del delitto di riciclaggio
Cass., Sez. II, 23 ottobre 2018, dep. 17 dicembre 2018, n. 56633 p. 47
La qualificazione giuridica nelle ipotesi di mancato pagamento del pedaggio
autostradale
Cass., Sez. II, 31 ottobre 2018, dep. 18 dicembre 2018, n. 56933 p. 48
Il delitto di frode in pubbliche forniture nell'esecuzione del contratto avente ad
oggetto il servizio di refezione reso in favore di una scuola privata
Cass., Sez. VI, 26 settembre 2018, dep. 20 dicembre 2018, n. 57858 p. 48
La responsabilità del consulente esterno per la sicurezza sul lavoro
Cass., Sez. IV, 9 ottobre 2018, dep. 21 dicembre 2018, n. 57937 p. 49
La condotta negligente del lavoratore e l’accertamento del nesso causale negli
infortuni
Cass., Sez. IV, 5 dicembre 2018, dep. 27 dicembre 2018, n. 58272 p. 50
Configurabilità del delitto di peculato in capo ad un amministratore di sostegno
Cass., Sez. VI, 21 novembre 2018, dep. 21 dicembre 2018, n. 58237 p. 51
II. Leggi speciali p. 53
Il datore di lavoro: “sentinella” dell’incolumità fisica dei propri lavoratori
Cass., Sez. III, 25 maggio 2018, dep. 6 novembre 2018, n. 50000 p. 53
Indice
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L’applicabilità della aggravante di cui all’art. 219 alle ipotesi di bancarotta
societaria
Cass., Sez. V, 16 maggio 2018, dep. 7 novembre 2018, n. 50489 p. 54
Reati stradali: guida in stato di ebbrezza ed esclusione della punibilità per particolare
tenuità del fatto
Cass., Sez. IV, 13 settembre 2018, dep. 12 novembre 2018, n. 51304 p. 55
La causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto nella
contravvenzione di porto di armi od oggetti atti ad offendere
Cass., Sez. I, 17 settembre 2018, dep. 13 novembre 2018, n. 51393 p. 56
La portata applicativa della causa di forza maggiore nelle ipotesi di omesso
versamento IVA
Cass., Sez. III, 6 luglio 2018, dep. 26 novembre 2018, n. 52971 p. 56
La confisca per equivalente può disporsi anche in assenza di sequestro e non occorre
individuare i beni da apprendere
Cass., Sez. III, 21 settembre 2018, dep. 21 novembre 2018, n. 52998 p. 57
Responsabilità omissiva per difetto di vigilanza nei reati edilizi
Cass., Sez. III, 21 settembre 2018, dep. 26 novembre 2018, n. 53000 p. 58
Il reato di manipolazione del mercato ex art. 185 TUF
Cass., Sez. V, 19 ottobre 2018, dep. 28 novembre 2018, n. 53437 p. 59
I limiti dell’efficacia probatoria della prova dichiarativa e tecnica nei delitti di
omessa dichiarazione
Cass., Sez. III, 16 luglio 2018, dep. 3 dicembre 2018, n. 53980 p. 60
Guida in stato di ebbrezza in bicicletta: conseguenze
Cass., Sez. IV, 11 ottobre 2018, dep. 3 dicembre 2018, n. 54032 p. 61
Disapplicabilità del foglio di via non legalmente dato da parte del giudice di merito
Cass., Sez. Fer., 27 luglio 2018, dep. 4 dicembre 2018, n. 54155 p. 62
L’imprescrittibilità dell’ordine di demolizione inflitto dal giudice penale
Cass., Sez. III, 21 novembre 2018, dep. 11 dicembre 2018, n. 55372 p. 62
La legittimazione alla proposizione della querela nel delitto di infedeltà patrimoniale
Cass., Sez. V, 7 novembre 2018, dep. 18 dicembre 2018, n. 57077 p. 64
Sostituzione della pena pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità: consenso
dell’imputato
Cass., Sez. I, 10 ottobre 2018, dep. 28 dicembre 2018, n. 58485 p. 64
III. Diritto processuale penale p. 67
Impedimento a comparire del difensore
Cass., Sez. III, 17 aprile 2018, dep. 3 ottobre 2018, n. 49668 p. 67
Ingiusta detenzione cautelare: colpa grave ostativa al riconoscimento dell’indennizzo
solo se adeguatamente provata
Centro Studi “Giovanni Bisogni”
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Cass., Sez. IV, 20 settembre 2018, dep. 2 novembre 2018, n. 49900 p. 68
La truffa telematica si consuma nel luogo in cui la vittima versa il denaro
Cass., Sez. I, 17 ottobre 2018, dep. 5 novembre 2018, n. 49988 p. 69
Il divieto di esercitare la professione di commercialista
Cass., Sez. II, 19 settembre 2018, dep. 6 novembre 2018, n. 50065 p. 70
Perquisizione illegittima e inutilizzabilità degli elementi di prova
Cass., Sez. III, 18 giugno 2018, dep. 8 novembre 2018, n. 50657 p. 70
Accertamento della continuazione fra reati nella fase esecutiva
Cass., Sez. I, 17 settembre 2018, dep. 13 novembre 2018, n. 51398 p. 71
Utilizzabilità delle dichiarazioni rese nei PVC in presenza di indizi di reato
Cass., Sez. III, 18 settembre 2018, dep. 14 novembre 2018, n. 51497 p. 72
La ricorribilità della sentenza-concordato
Cass., Sez. IV, 24 ottobre 2018, dep. 15 novembre 2018, n. 51564 p. 73
La configurabilità dell’assoluto impedimento a comparire dell’imputato o del
difensore
Cass., Sez. II, 30 ottobre 2018, dep. 19 novembre 2018, n. 52086 p. 74
Rifiuto di sottoporsi ad alcoltest
Cass., Sez. IV, 8 novembre 2018, dep. 21 novembre 2018, n. 52380 p. 74
Rapporti tra sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria, diretta o per
equivalente, e concordato preventivo
Cass., Sez. III, 17 luglio 2018, dep. 21 novembre 2018, n. 52428 p. 75
I motivi dell’impugnazione sono specifici anche se ripropongono argomenti disattesi
dal primo giudice
Cass., Sez. I, 14 giugno 2018, dep. 21 novembre 2018, n. 52526 p. 76
L’inefficacia della dichiarazione di nomina del difensore di fiducia inoltrata all’AG
con PEC
Cass., Sez. V, 25 ottobre 2018, dep. 27 novembre 2018, n. 53217 p. 77
Il sequestro preventivo dell’opera pubblica ultimata
Cass., Sez. III, 10 luglio 2018, dep. 29 novembre 2018, n. 53638 p. 78
Inammissibilità dell’impugnazione per c.d. aspecificità
Cass., Sez. IV, 14 giugno 2018, dep. 5 dicembre 2018, n. 54223 p. 79
Le condotte riparatorie nel procedimento dinanzi al giudice di pace
Cass., Sez. IV, 14 giugno 2018, dep. 5 dicembre 2018, n. 54223 p. 80
L'utilizzabilità nel processo penale degli esiti dell'attività ispettiva svolta dalla
Guardia di Finanza
Cass., Sez. III, 16 ottobre 2018, dep. 12 dicembre 2018, n. 55488 p. 81
Sequestro conservativo e diritti del terzo contitolare
Cass., Sez. II, 14 novembre 2018, dep. 20 dicembre 2018, n. 57829 p. 82
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I criteri di calcolo dell’indennizzo per ingiusta detenzione
Cass., Sez. IV, 5 dicembre 2018, dep. 27 dicembre 2018, n. 58298 p. 83
Sequestro preventivo operato nei confronti del terzo e diritti conseguenziali
Cass., Sez. III, 18 maggio 2018, dep. 27 dicembre 2018, n. 58327 p. 84
Sequestro preventivo di un intero locale quando si tratta solo di alimenti in cattivo
stato di conservazione. Abnormità della misura e adeguamento
Cass., Sez. III, 20 settembre 2018, dep. 27 dicembre 2018, n. 58328 p. 85
IV. Esecuzione e sorveglianza p. 89
La natura del reclamo in materia di pregiudizio da detenzione inumana o degradante
Cass., Sez. I, 14 giugno 2018, dep. 21 novembre 2018, n. 52526 p. 89
Trattenimento vaglia postale: obblighi motivazionali
Cass., Sez. I, 16 novembre 2018, dep. 13 dicembre 2018, n. 56197 p. 90
Giurisprudenza di merito p. 91
Diritto penale p. 91
Il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose
Trib. Salerno, Sez. I, GM, 19 ottobre 2018, dep. 17 gennaio 2019, n. 3309 p. 91
Il reato di associazione di stampo mafioso
G.i.p. Napoli, Uff. IV, 9 luglio 2018 2018, dep. 28 novembre 2018, n. 1132 p. 91
Datore di lavoro “furbetto” che compensa indebitamente indennità Inps mai erogate
Trib. Benevento, Coll., 26 ottobre 2018 2018, dep. 10 gennaio 2018, n. 1426 p. 93
Leggi speciali p. 94
Il porto abusivo di armi improprie o proprie ed il giustificato motivo
Trib. Napoli, Sez. V, GM, 20 febbraio 2018, dep. 23 febbraio 2018, n. 2433 p. 94
Bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale aggravata dall’aver commesso
più fatti tra quelli previsti dall’art. 216 L.F. e di aver provocato un danno
patrimoniale di rilevante entità
G.i.p. Napoli, Uff. VII, 11 ottobre 2018, dep. 5 novembre 2018, n. 1428 p. 95
Il permesso in sanatoria non presuppone la conformità del manufatto alla normativa
vigente al momento del rilascio ed a quella della sua realizzazione
Trib. Napoli, Sez. dist. Ischia, G.M., 20 dicembre 2018, dep. 13 febbraio 2019
p. 96
Diritto processuale penale p. 97
Centro Studi “Giovanni Bisogni”
7
Il regime cautelare degli arresti domiciliari e le esigenze di separazione dei germani
coindagati
TdL Napoli, X Sez., 11 gennaio 2019, dep. 11 gennaio 2019, n. 100, ord. p. 97
I rapporti tra il riesame del decreto di sequestro probatorio e l’opposizione avverso
il decreto del P.M. reiettivo dell’istanza di restituzione: i vizi deducibili
G.i.p. Napoli, Uff. 20°, 15 gennaio 2019, dep. 15 gennaio 2019, ord. p. 98
L’operatività del divieto del ne bis in idem nel caso di concorso formale di reati
Trib. Napoli, I Sez., Coll., 18 ottobre 2018, dep. 6 novembre 2019, n. 12294 p. 99
Programmazione eventi formativi p. 101
Suggerimenti bibliografici p. 102
Indice
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Centro Studi “Giovanni Bisogni”
9
Opinioni
Comunicato dell’Associazione Italiana dei Professori di
Diritto penale, per Radio radicale
Quali Professori di Diritto penale, esprimiamo grave preoccupazione per
la prospettiva dell’imminente chiusura di Radio radicale.
Infatti - ben lungi da qualunque presa di posizione nell’agone politico ed
al di là di qualsiasi appartenenza partitica - non può essere disconosciuto
il ruolo fondamentale di servizio pubblico che tale Radio ha svolto da
decenni e svolge nell’informazione diretta, libera, pluralistica, anche e
proprio in ordine a temi penalistici. Essa alimenta un dibattito
democratico assolutamente indispensabile circa iniziative e discussioni
parlamentari, processi penali di particolare rilievo pubblico, convegni
giuridici su temi fondamentali di interesse penalistico, tenendo, non da
ultimo, viva l’attenzione della collettività sulle condizioni carcerarie,
dalle quali, da sempre, si misura il tasso di (in)civiltà di un Paese.
******
La Fondazione Premio Napoli a sostegno di Radio Radicale
Il 21 maggio è scaduta la convenzione per la trasmissione delle sedute
parlamentari stipulata venticinque anni fa tra lo Stato italiano e Radio
Radicale, unica emittente privata ad averla ottenuta, previo
riconoscimento dell’insostituibile ruolo di servizio pubblico svolto a
Opinioni
10
favore dell’equa e imparziale informazione fornita per decenni alla
cittadinanza nel merito dei lavori del parlamento italiano.
La legge di bilancio varata dal governo ha infatti rinnovato la
convenzione per un solo semestre, dimezzando i contributi e privando
l’emittente delle risorse indispensabili al prosieguo delle proprie attività
di informazione.
Di fatto, si tratta di una condanna a morte di Radio Radicale. Il medesimo
provvedimento legislativo, infatti, la priva anche delle risorse fino ad oggi
erogate ai sensi della legge per l’editoria n. 230 del 7 agosto 1990, a suo
tempo concesse per avere svolto, da impresa privata, attività di
informazione di interesse generale.
In un paese come il nostro, dove, come rilevato dal recente rapporto
pubblicato dalle organizzazioni partner della Piattaforma del Consiglio
d’Europa per la protezione del giornalismo e dei giornalisti, la libertà di
informazione è sottoposta ad un forte attacco da parte di esponenti di
vertice del Governo, Radio Radicale è stata per decenni l’unica garante
dei diritti dei più deboli e dei marginali, ai quali non ha mai cessato di
dare voce. I suoi archivi, ricchi di centinaia di migliaia di registrazioni, lo
documentano.
Senza questa emittente la libertà di informazione e, dunque, il sistema
democratico che su di essa si fonda, si impoverirebbero in modo
irreversibile.
Per queste ragioni la fondazione Premio Napoli, nelle persone del
presidente, del vicepresidente e dei componenti della giuria tecnica,
lancia un appello per Radio Radicale.
Che è un simbolo non astratto, ma concreto, della sola Democrazia che
conosciamo: garante dell’azione civile di ciascuno; capace di darne
pienamente conto a tutti.
Centro Studi “Giovanni Bisogni”
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Novità normative
Il mutuo riconoscimento dei provvedimenti di congelamento e confisca
Reg. UE 14 novembre 2018 n. 1805
Regolamento (UE) 2018/1805 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14
novembre 2018 relativo al riconoscimento reciproco dei provvedimenti di
congelamento e di confisca
pubblicato in G.U. UE 28 novembre 2018
(scheda a cura di Aldo Franceschini)
Il Regolamento n. 1805 costituisce un importante strumento di cooperazione
giudiziaria in materia penale, che, come noto, fonda sul principio del
riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie (Consiglio
europeo di Tampere, 15-16 ottobre 1999). Il provvedimento muove dalla
considerazione che il congelamento e la confisca dei beni strumentali e dei proventi
da reato costituiscono strumenti estremamente efficaci per combattere la criminalità,
ivi compresa quella transfrontaliera.
Le coordinate normative in cui si colloca il Regolamento sono date dalle decisioni
quadro 2003/577/GAI (esecuzione dei provvedimenti di blocco dei beni e di sequestro
probatorio) e 2006/783/GAI (riconoscimento delle decisioni di confisca).
L’ambito operativo del provvedimento europeo è molto ampio, riferendosi ai
provvedimenti di congelamento e di confisca emessi da un altro Stato membro “nel
quadro di un procedimento in materia penale” (art. 1). Per “congelamento” si intende
una decisione volta a impedire la distruzione, la trasformazione, la rimozione, il
trasferimento o l’alienazione di beni in vista della loro confisca (art. 2 n. 1). La
“confisca” viene definita come “una sanzione o misura definitiva imposta
dall’autorità giurisdizionale a seguito di un procedimento connesso a un reato, che
provoca la privazione definitiva di un bene di una persona fisica o giuridica” (art. 2 n.
2).
Per i reati sanzionati con pena detentiva massima non inferiore a tre anni e per quelli
nominativamente elencati (32 figure di reato), l’esecuzione del provvedimento
prescinde dalla verifica della doppia incriminazione. Per le altre ipotesi criminose,
invece, lo Stato di esecuzione può subordinare il riconoscimento del provvedimento
“reale” alla condizione che i fatti alla base del titolo costituiscano reato secondo la
normativa interna (art. 3).
In ogni caso, è opportuno evidenziare l’espresso richiamo al rispetto, da parte
dell’autorità di emissione, dei principi di necessità e di proporzionalità (art. 1 § 3).
Novità normative
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Il capo II del Regolamento è dedicato alla procedura di trasmissione, riconoscimento
ed esecuzione del provvedimento di congelamento (artt. 4-13), nel cui ambito
riveste un ruolo centrale il certificato di congelamento (art. 6, Certificato di
congelamento standard. Secondo il modello di cui all’allegato I), trasmesso a cura
dell’autorità di emissione all’autorità di esecuzione o all’autorità centrale, con acclusa
traduzione dell’atto in una delle lingue ufficiali dello stato di esecuzione. Sono poi
disciplinati in modo tassativo i motivi per i quali l’autorità di esecuzione può decidere
di non riconoscere o di non eseguire il provvedimento di congelamento (art. 8, ad
es. ne bis in idem, privilegi o immunità, carenze del certificato, etc.) oppure di
rinviarne l’esecuzione (art. 9, pregiudizio per indagini “interne” in corso, bene già
sottoposto a vincolo in virtù di precedente titolo, etc.).
Il capo III ha ad oggetto la procedura di trasmissione, riconoscimento ed esecuzione
del provvedimento di confisca (artt. 14-22). Con riferimento a tale provvedimento,
l’autorità di emissione trasmette il certificato di confisca (art. 17, Certificato di
confisca standard, secondo il modello di cui all’allegato II), comprensivo della
prescritta traduzione. L’art. 18 disciplina le modalità di esecuzione del provvedimento
ablativo, differenziate a seconda della natura dell’oggetto (bene specifico o somma di
denaro). Anche con riguardo alla confisca sono previsti, in modo tassativo, alcuni
motivi che consentono all’autorità di esecuzione di non riconoscere o di non eseguire
il provvedimento (art. 19, ad es. ne bis in idem, privilegi o immunità, carenze del
certificato, etc.), mentre gli artt. 21 e 22 regolamentano, rispettivamente, le ipotesi di
rinvio dell’esecuzione e di impossibilità di eseguire la confisca.
Il capo IV è infine dedicato alle disposizioni di carattere generale. L’art. 23 sancisce
il principio della lex loci con riferimento alle modalità esecutive dei provvedimenti
“reali” e alle pertinenti misure adottabili. Meritano poi di essere segnalate le norme
relative alla gestione e destinazione dei beni sottoposti a congelamento e a confisca
(art. 28, 30), alla restituzione alla vittima dei beni congelati (art. 29).
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Il (primo) decreto sicurezza del Governo Giallo-Verde
l. 1 dicembre 2018 n. 132
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113,
recante disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e
immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del
Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia
nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati
alla criminalità organizzata. Delega al Governo in materia di riordino dei ruoli
e delle carriere del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate.
pubblicato in G.U. 3 dicembre 2018 n. 281, Serie Generale
(scheda a cura di Aldo Franceschini)
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Il decreto-sicurezza 2018 ha un contenuto molto eterogeneo. In questa sede è
opportuno soffermarsi esclusivamente su quei pacchetti di norme che ineriscono al
sistema penale.
Il primo gruppo di disposizioni che viene in rilievo è quello allocato nel Capo IV,
rubricato “Disposizioni in materia di giustizia” (artt. 15, 15-bis, 15-ter), del Titolo I,
dedicato all’immigrazione. In materia di patrocinio a spese dello Stato si prevede,
introducendo l’art. 130-bis d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 (T.U.S.G.), l’esclusione del
compenso per il difensore nel caso di inammissibilità dell’impugnazione, anche
incidentale; identica esclusione è sancita per le consulenze tecniche di parte che
appaiano, ab origine, irrilevanti o superflue ai fini della prova (art. 15).
L’art. 15-bis introduce, invece, specifici obblighi di comunicazione al procuratore
della Repubblica presso il tribunale per i minorenni a carico: degli istituti
penitenziari e degli istituti a custodia attenuata, per l’elenco dei minori ivi collocati
(introduzione dell’art. 11-bis l. 26 luglio 1975 n. 354, O.P.); degli agenti e degli
ufficiali di polizia giudiziaria, in caso di fermo o arresto di madre con prole di età
minore (introduzione dell’art. 387-bis c.p.p.); del cancelliere, per la trasmissione
dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere di madre di prole di età inferiore
(aggiunta del comma 4-bis all’art. 293 c.p.p.); della segreteria del pubblico ministero,
per la trasmissione dell’ordine di esecuzione spiccato nei confronti di madre di prole
di età inferiore (aggiunta del comma 3-bis all’art. 656 c.p.p.).
Viene poi istituito un nucleo di polizia penitenziaria a supporto delle funzioni del
Procuratore nazionale antimafia, con specifico riferimento all’acquisizione, analisi ed
elaborazione dei dati e delle informazioni provenienti dall’ambiente inframurario (art.
15-ter).
Il Titolo II è dedicato alla disposizioni in materia di sicurezza pubblica, prevenzione
e contrasto del terrorismo e della criminalità mafiosa. L’art. 16 inserisce le fattispecie
di maltrattamenti familiari e atti persecutori nell’elenco di reati per cui è possibile
disporre l’allontanamento dalla casa familiare di cui all’art. 282-bis c.p.p. al di fuori
dei limiti di pena fissati dall’art. 280 c.p.p. e adoperando i dispositivi elettronici di
controllo previsti dall’art. 275-bis c.p.p. (modifica del comma 6 dell’art. 282-bis
c.p.p.).
Alcune disposizioni si riferiscono in modo specifico alle attribuzioni e ai mezzi del
personale di polizia locale, con riguardo all’accesso al Centro elaborazione dati
interforze (c.d. CED) (art. 18), alla sperimentazione di armi ad impulsi elettrici (art.
19), alla possibilità di portare armi, senza licenza, anche al di fuori del territorio
dell’ente di appartenenza (in quest’ultimo caso solo in ipotesi di necessità connesse
alla flagranza dell’illecito commesso nel territorio di appartenenza) (art. 19-ter).
L’art. 20 prevede la possibilità di applicare il divieto di accesso ai luoghi in cui si
svolgono manifestazioni sportive di cui all’art. 6 l. 13 dicembre 1989 n. 401 (c.d.
D.A.S.P.O.) anche nei confronti dei soggetti destinatari delle misure di prevenzione
rientranti nella categoria di cui all’art. 4 co. 1 lett. d) d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159,
ossia coloro che pongano in essere atti preparatori diretti a sovvertire l’ordinamento
Novità normative
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dello Stato, mediante la commissione di determinati reati, nonché alla commissione
dei reati con finalità di terrorismo anche internazionale.
La misura del divieto di accesso in specifiche aree urbane, disciplinato dalla l. 18
aprile 2017 n. 48, vede l’estensione del suo ambito operativo, includendo nelle zone
interdette anche i presidi sanitari e le aree destinate allo svolgimento di fiere, mercati,
pubblici spettacoli. Contestualmente viene introdotta una misura di competenza del
questore, consistente nel divieto di accesso a locali di pubblico trattenimento nei
confronti di persone condannate con sentenza definitiva o confermata in grado di
appello nel corso degli ultimi tre anni per alcune categorie di reati (art. 21). L’art. 21-
ter introduce poi fattispecie incriminatrici contravvenzionali nei confronti del
contravventore alla misura del divieto di accesso in specifiche aree urbane.
L’art. 21-quater introduce il reato contravvenzionale dell’esercizio molesto
dell’accattonaggio (nuovo art. 669-bis c.p.), prevedendo il sequestro obbligatorio delle
cose utilizzate per commettere l’illecito e quelle che ne costituiscono il provento (id est,
la questua raccolta). Il decreto-sicurezza modifica anche il testo dell’art. 600-octies c.p.
prevedendo la nuova figura delittuosa dell’organizzatore o favoreggiatore dell’altrui
accattonaggio (art. 21-quinquies).
Alla figura del parcheggiatore abusivo è poi dedicato l’art. 21-sexies, che introduce,
accanto alla fattispecie di illecito amministrativo con sanzione pecuniaria, due ipotesi
di reati contravvenzionale per i casi di recidiva nelle attività di parcheggiatore o
guardiamacchine e di impiego di minori in tali attività (sostituzione dell’art. 15-bis
d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285, c.d. Codice della strada).
Da segnalare anche lo stanziamento di risorse finanziarie per l’edilizia
penitenziaria (art. 22-bis). È così autorizzata la spesa di due milioni di euro per il
2018, quindici milioni di euro per il 2019 e 25 milioni di euro per ciascun anno nel
periodo 2020-2026 per interventi urgenti di potenziamento, implementazione e
aggiornamento dei beni strumentali, nonché per la ristrutturazione e la manutenzione
degli edifici e per l’adeguamento dei sistemi di sicurezza.
Il decreto-sicurezza ripristina il reato di blocco stradale ordinario, ossia quello
avente ad oggetto le strade ordinarie. Le condotte incriminate sono quelle di
deposizione o abbandono di congegni o altri oggetti di qualsiasi specie ovvero quelle
che comunque ostruiscono o ingombrano la strada (ordinaria o ferrata); resta nell’alvo
amministrativo la mera ostruzione “personale” (“con il proprio corpo”) (art. 23). Tale
fattispecie era stata depenalizzata con il d.lgs. 30 dicembre 1999 n. 507, che aveva
lasciato nell’ambito della rilevanza penale solo le condotte di blocco della strada
ferrata e l’ostacolo alla navigazione.
L’art. 24 ospita alcune modifiche al Codice antimafia, con specifico riferimento alle
impugnazioni (art. 10 d.lgs. n. 159 del 2011), alla titolarità della proposta di misure
di prevenzione patrimoniali (art. 17) e alle connesse indagini patrimoniali (art. 19).
Vengono poi trasformati in delitti, con contestuale aggravamento esponenziale del
trattamento sanzionatorio, le fattispecie contravvenzionali previste, in materia di
subappalti illeciti (subappalto senza autorizzazione di opere riguardanti la pubblica
amministrazione), dall’art. 21 l. 13 settembre 1982 n. 646.
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Il Capo III contiene disposizioni in materia di occupazioni arbitrarie di immobili
(articoli da 30 a 31-ter). Per quanto riguarda i profili penali, il provvedimento si
muove su tre fronti: a) aumenta le pene previste dall’art. 633 c.p. per il reato di
invasione di terreni o di edifici, introducendo le figure “anomale” dei promotori e
organizzatori nel caso di fattispecie concorsuale; b) interpolando l’art. 266 c.p.p.,
consente l’utilizzo delle intercettazioni nel caso di invasione aggravata ai sensi
dell’art. 633 secondo comma c.p.; c) pone un divieto di esecuzione della misura degli
arresti domiciliari presso un immobile occupato abusivamente (nuovo comma 1-ter
dell’art. 284 c.p.p.).
Il Capo II del Titolo III è infine dedicato all’organizzazione e al funzionamento
dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni
sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (articoli da 36 a 38-bis). In tale
contesto si segnalano alcune modifiche alla l. 23 febbraio 1999 n. 44, in materia di
sostegno alle vittime delle attività dell’estorsione e dell’usura.
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Fondo per le vittime dei reati intenzionali violenti: come accedervi
l. 30 dicembre 2018 n. 145
Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio
pluriennale per il triennio 2019-2021
(art. 1, commi 593-598)
Modifiche alla legge 7 luglio 2016, n. 122 (c.d. legge europea 2015-2016)
pubblicato in G.U. 31 dicembre 2018 n. 302, Suppl. Ordinario n. 62
(scheda a cura di Sabina Coppola)
La l. 145 del 30 dicembre 2018 ha modificato gli artt. 11 e 12 della l. 122/2016
(riguardante già gli indennizzi da erogare in favore delle vittime di reati
intenzionali). Essa, in particolare, ha statuito che:
1. in caso di omicidio, violenza sessuale o lesione personale gravissima è elargito
un indennizzo in favore della vittima del reato o dei suoi aventi diritto;
2. in caso di delitto diverso da quelli menzionati sub 1., l’indennizzo è corrisposto
per le spese mediche e assistenziali sopportate;
3. in caso di morte della vittima in conseguenza del reato, l’indennizzo è corrisposto
in favore del coniuge superstite e dei figli; in loro assenza, in favore dei genitori
e, in mancanza di essi, ai fratelli ed alle sorelle conviventi (e a carico) al momento
della commissione del delitto.
La norma specifica che, alla figura del coniuge, sono equiparati anche:
- uno dei due soggetti (dello stesso sesso) legati da un’unione civile;
- il convivente di fatto che ha avuto prole dalla vittima o che ha convissuto con
questa nei tre anni precedenti alla data di commissione del delitto;
La legge in commento prevede, altresì, che:
Novità normative
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1. l’indennizzo sia corrisposto solo se la vittima non abbia percepito (in tale qualità
e in conseguenza immediata e diretta del fatto di reato) da soggetti pubblici o
privati, somme di denaro di importo pari o superiore a quello dovuto (in caso
contrario, l’indennizzo è corrisposto esclusivamente per la differenza tra quanto
ha percepito e quanto avrebbe dovuto percepire);
2. in caso di morte della vittima in conseguenza del reato, l’indennizzo sia
corrisposto solo se la vittima e i suoi aventi diritto abbiano i seguenti requisiti:
- siano titolari di un reddito annuo non superiore a quello previsto per
l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato;
- abbiano esperito infruttuosamente, nei confronti dell’autore del reato,
l’azione esecutiva in forza di sentenza di condanna irrevocabile o di una
condanna a titolo di provvisionale;
- non abbiano concorso, neanche colposamente, alla commissione del reato o
di reati ad esso connessi;
- non siano stati condannati con sentenza definitiva ovvero, alla data della
presentazione della domanda, non siano sottoposti a procedimento penale per
i reati di cui agli artt. 407, co. 1, lett. a) c.p.p. e per reati commessi in
violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte
sui redditi e sul valore aggiunto;
- non abbiano percepito somme di denaro da soggetti pubblici o privati;
I termini di presentazione della domanda finalizzata ad ottenere la concessione
dell’indennizzo sopra indicato (commesso successivamente al 30 giugno 2005),
ovvero di lesione personale gravissima, sono stati riaperti e prorogati (a pena di
decadenza) fino al 30 settembre 2019; tuttavia, per i soggetti in relazione ai quali, alla
data del 1° agosto 2019, non risultano ancora sussistenti tutti i requisiti e le condizioni
previste, il termine per la presentazione della domanda di accesso all’indennizzo è
quello di sessanta giorni dalla data in cui è stata emessa la decisione che ha definito il
giudizio (per essere ignoto l’autore del reato) o dalla data dell’ultimo atto dell’azione
esecutiva infruttuosamente esperita.
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Whistleblowing: tutela dei segnalanti e potere sanzionatorio
dell’ANAC
ANAC, delibera 30 ottobre 2018, n. 1033
“Regolamento sull’esercizio del potere sanzionatorio in materia di tutela degli
autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza
nell’ambito di un rapporto di lavoro di cui all’art. 54-bis d.lgs. 165/2001 (c.d.
whistleblowing)”
pubblicato in G.U. 19 novembre 2018 n. 269, Serie Generale
(scheda a cura di Sergio Schlitzer)
Centro Studi “Giovanni Bisogni”
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La legge 6 novembre 2012 n. 190, al fine di implementare le forme di contrasto ai
reati contro la pubblica amministrazione, ha introdotto nel nostro ordinamento una
disciplina volta a riconoscere significative forme di tutela a protezione di coloro (cd.
whistelblower) che segnalano illeciti o irregolarità di cui sono venuti a conoscenza
nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico. L’obiettivo è stato perseguito inserendo
l’art. 54-bis nel TUPI, disposizione successivamente modificata dal d.lgs. n. 179 del
30 novembre 2017, che ne ha anche esteso l’ambito di applicazione ai lavoratori di
enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico, nonchè ai lavoratori di imprese
fornitrici di beni o servizi o che realizzino opere a favore di amministrazioni
pubbliche.
Con le modifiche apportate all’art. 54-bis TUPI dal d.lgs. 179, si è, inoltre, individuata
nell’ANAC uno dei soggetti destinatari delle segnalazioni di cui al co. 1 della citata
disposizione; ma soprattutto, il co. 6 dell’art. 54-bis, ha attribuito all’Autorità
anticorruzione la competenza ad accertare la sussistenza di condotte discriminatorie
ai danni del segnalante e la violazione delle disposizioni per la raccolta e gestione
delle segnalazioni, ed ad applicare le relative sanzioni.
Con la delibera n. 1033 del 30 ottobre 2018 il Consiglio dell’Autorità ha, dunque,
approvato il regolamento teso a disciplinare l’esercizio del potere sanzionatorio ad
essa attribuito dal citato art. 54-bis co. 6 TUPI.
Il Regolamento è costituito dal capo I rubricato “Disposizioni generali”, dal capo II
dedicato al procedimento di accertamento dell’eventuale condotta discriminatoria e
della applicazione della relativa sanzione; infine dal capo III rubricato “Disposizioni
finali”.
Con riferimento al capo I, significativa appare la previsione di cui all’art. 3, in forza
della quale l’Autorità esercita il potere sanzionatorio: di ufficio, qualora accerti una
violazione dell’art. 54 bis nell’ambito delle proprie funzioni di vigilanza (co. 1 lett.
a); su comunicazione dell’interessato o delle organizzazioni sindacali maggiormente
rappresentative nell’ambito dell’amministrazione nella quale le condotte ritorsive
sono state poste in essere (co. 1 lett. b); su segnalazione, nelle ipotesi di mancata
attivazione delle procedure per l’inoltro e la gestione delle segnalazioni, o l’adozione
di procedure non conformi a quelle previste dal co. V dell’art. 54-bis (co. 1 lett. c).
Al fine di garantire la riservatezza della identità del segnalante e del contenuto della
segnalazione, le comunicazioni e segnalazioni possono essere presentate attraverso
una piattaforma informatica messa a disposizione sul sito istituzionale dell’ANAC
(art. 3 co. 2).
Sempre nell’ambito delle disposizioni generali meritano attenzione l’art. 5, che
stabilisce l’ordine di priorità nella trattazione delle comunicazioni e segnalazioni;
nonché l’art. 6, che individua i provvedimenti conclusivi del procedimento, ovvero,
l’archiviazione, per le ipotesi di assenza dei presupposti di fatto o di diritto per
l’applicazione della sanzione, o, in alternativa, l’applicazione di una sanzione
amministrativa pecuniaria determinata secondo i parametri dell’art. 54-bis co. 6 TUPI.
L’art. 7 (capo 2) regolamenta l’avvio del procedimento, prevendendo la necessità di
una lettera di formale contestazione degli addebiti inviata dal responsabile del
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procedimento al soggetto destinatario del provvedimento finale (co. 1 e 2), e di cui
vengono informati anche i soggetti che hanno effettuato le segnalazioni e
comunicazioni (co. 8). Il contenuto della comunicazione di avvio del procedimento è
descritto dal co. 3 dell’art. 7. Il termine per la comunicazione di avvio del
procedimento è di 90 gg. dalla acquisizione della notizia della violazione dell’art. 54-
bis (co. 4), prorogabile in caso di particolari e motivate esigenze istruttorie (co. 5),
benché non venga prevista sanzione per l’ipotesi di mancato rispetto dei termini.
Il procedimento istruttorio è descritto dall’art. 8, che in particolare prevede il diritto
del destinatario della comunicazione di avvio del procedimento di chiedere anche
l’audizione dinanzi all’ufficio (co. 7), con l’indicazione puntuale chiara e precisa delle
ragioni per le quali sia ritenuta necessaria l’esposizione orale innanzi a quest’ultimo
(co. 10). Ai fini dell’audizione l’interessato può farsi assistere da un legale di fiducia
(co. 11), e dell’audizione è redatto processo verbale, con eventuale registrazione
magnetica o informatica (co. 12). Nulla dice il regolamento sull’utilizzabilità del
verbale di audizione in procedimenti diversi da quelli per il quale si procede.
L’art. 9 ha ad oggetto la conclusione del procedimento, prevendendo che, qualora non
ricorrano i presupposti per l’archiviazione, entro 180 gg. dalla data di avvio del
procedimento, l’ufficio comunica al destinatario della sanzione che intende proporre
al Consiglio l’adozione del provvedimento sanzionatorio, con facoltà per l’interessato
di produrre ulteriori memorie, nonché chiedere l’audizione dinanzi al Consiglio in
presenza di circostanze e fatti nuovi. Il consiglio adotta il provvedimento conclusivo.
Sia il provvedimento di archiviazione che quello sanzionatorio sono comunicati ai
soggetti che hanno effettuato la segnalazione o comunicazione.
Infine, l’art. 10 prevede un procedimento sanzionatorio semplificato nel caso in cui
nell’espletamento della propria attività di vigilanza l’Autorità riscontri il mancato
rispetto delle procedure per la gestione e ricezione delle segnalazioni di cui all’art.
54-bis; oppure quando la segnalazione del mancato rispetto delle predette procedure
sia risultata ragionevolmente fondata a seguito dell’attività preistruttoria dell’ufficio.
Nel procedimento semplificato, la comunicazione di avvio del procedimento contiene
già l’esposizione delle ragioni di fatto e diritto in ragione delle quali si ritiene
applicabile la sanzione, e si applicano solo le disposizioni generali di cui al capo I e
quelli aventi ad oggetto la conclusione del procedimento (ad esclusione dei commi da
1 a 4 dell’art. 9), fermi restando il diritto all’audizione da parte del soggetto
destinatario della comunicazione di avvio del procedimento.
L’art. 11 dispone la pubblicazione del provvedimento che applica la sanzione
pecuniaria sul sito dell’Autorità, salva la necessità di tutelare la riservatezza del
segnalante.
Ai sensi dell’art. 14 collocato nelle disposizioni finali di cui al capo III, il regolamento
è entrato in vigore il quindicesimo giorno successivo alla sua pubblicazione e si
applica solo ai procedimenti avviati successivamente alla sua entrata in vigore.
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Giurisprudenza sovranazionale
La applicazione della legge Severino (ineleggibilità e decadenza da
talune cariche pubbliche) a delitti commessi prima della sua entrata
in vigore
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Amedeo Bucci de Santis)
C. edu, G.C., 30 agosto 2018 (dep. 27 novembre 2018), ric. n. 58428/2013, Pres.
Angelika Nussberger, ric. Berlusconi vs Italia
Incandidabilità e divieto di ricoprire cariche elettive e di governo – Possibilità di
comminare ineleggibilità e decadenza da cariche pubbliche per delitti commessi
prima della sua entrata in vigore – Violazione artt. 7 e 13 CEDU – Rinuncia da parte
del ricorrente – Mancanza di circostanze speciali riguardanti il rispetto dei diritti
dell’uomo – Cancellazione dal ruolo
(artt. 7, 13 CEDU, art. 3 prot. 1 CEDU, art. 1 d.lgs. 6 dicembre 2012 n. 235)
“Nel settembre del 2013 Silvio Berlusconi proponeva ricorso alla CEDU per
violazione, tra l’altro, dell’art.7 Cedu (nulla poena sine lege) con riferimento alla
sua decadenza da senatore disposta dal Senato ex art.1 D.lvo n.235/12 a seguito della
condanna per frode fiscale nel processo Mediaset pronunciata, quanto al I grado, il
26 ottobre 2012, quanto al secondo grado, l’8 maggio 2013, definitivamente
confermata dalla cassazione il 1 agosto 2013.
I fatti contestati riguardavano condotte poste in essere nel 2002 e nel 2003.
In particolare il ricorrente si doleva della natura sostanzialmente penale delle
sanzioni a lui inflitte per fatti commessi nel 2002 e 2003 a fronte di una legge entrata
in vigore nel dicembre del 2012.
Il ricorrente si doleva ancora che la citata decadenza non gli consentiva di portare a
termine il mandato elettorale così frustrando le aspettative di quei cittadini che
avevano votato per lui. Da ultimo, si doleva dell’assenza di rimedi giurisdizionali
avverso la decisione del Senato alla quale conseguiva la sua decadenza da senatore.
Nel maggio del 2018 il ricorrente otteneva la riabilitazione dal Tribunale di
Sorveglianza.
Nel luglio del 2018 il ricorrente rinunciava al ricorso e chiedeva che la sua domanda
venisse cancellata dal ruolo.
La Corte, a mente dell’articolo 37 paragrafo 1 del trattato, in conformità ai
desiderata del ricorrente, ha stabilito di non procedere nell’esame della domanda
non individuando nel caso concreto circostanze particolari relative al rispetto dei
diritti dell’uomo garantiti dalla convenzione e dai suoi protocolli che avrebbero
Giurisprudenza sovranazionale
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consentito di proseguire nell’esame della domanda nonostante la rinuncia al
ricorso”.
Giurisprudenza Comunitaria
Conformi: -
Difformi: -
Giurisprudenza CEDU
La sentenza qui massimata è una pronuncia di non doversi procedere, per il che, non
si può parlare di precedenti conformi e precedenti difformi. Si reputa utile, ad ogni
modo, fare presente che il tema della natura sostanzialmente penale di sanzioni che i
vari Stati definiscono “amministrative” è un tema più volte affrontato dalla Corte
EDU al fine di evitare che gli Stati membri, camuffando come amministrative
determinate sanzioni, riescano ad eludere i principi fissati dalla Convenzione in
materia di illeciti penali. Tra le tante si segnala C.edu 4 marzo 2014, definitiva il 7
luglio 2014, n. 18640/10 Grande Stevens vs Italia in cui si stabilì che la sanzione
irrogata al ricorrente dalla Consob per condotte di manipolazione del mercato è di
natura sostanzialmente penale di qui la illegittimità del secondo giudizio in sede
(strictu sensu) penale per violazione del bis in idem convenzionale. Ed ancora Sud
Fondi s.r.l. ed altri vs Italia, 20 gennaio 2009, ric. n. 75909/01 in materia di confisca
in urbanistica, in tale pronuncia emerse che la Cassazione italiana considerava la
confisca, a seguito di lottizzazione abusiva, come sanzione amministrativa
obbligatoria a seguito della accertata oggettiva sussistenza della lottizzazione,
indipendentemente dalla condanna. La Corte EDU ha riconosciuto la natura di
sanzione sostanzialmente penale della confisca con necessità di un legame di natura
intellettiva che consentisse di collegare la penale responsabilità del soggetto, e quindi
la confisca, al fatto reato di lottizzazione abusiva.
Centro Studi “Giovanni Bisogni”
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Giurisprudenza costituzionale
L’aiuto al suicidio nella fase esecutiva
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Amedeo Bucci de Santis)
C. cost., 24 ottobre 2018 (dep. 16 novembre 2018), n. 207, ord., Pres. Lattanzi,
Red. Modugno, imp. Cappato
Diritto penale – Aiuto al suicidio nella fase esecutiva – Diritto della persona di
porre fine alla propria vita quando vuole – Conseguente inoffensività di condotte
di aiuto al suicidio successive alla autonoma determinazione della persona –
Esclusione – Diritto del malato di rifiutare o interrompere qualsiasi trattamento
– Sussiste – Divieto assoluto di aiuto al suicidio – Violazione della libertà di
autodeterminazione del malato – Necessità dell’intervento del legislatore per
disciplinare la materia – Sussiste
(art. 580 c.p., artt. 2, 3, 13, 32, 117 Cost., artt. 2 e 8 CEDU)
“La Corte Costituzionale non ha condiviso nella sua assolutezza la tesi proposta dalla
Corte di assise di Milano secondo la quale sulla base dei principi della Costituzione
e della CEDU ciascuno è libero di porre fine alla propria vita quando e come vuole,
per il che le condotte di aiuto al suicidio poste in essere in favore di chi si è
autonomamente determinato nell’esercizio di tale libertà costituzionale sono da
considerare condotte inoffensive”.
“Il nostro ordinamento non punisce il suicidio, neppure quando ciò sarebbe possibile
ossia nel caso di tentato suicidio, tuttavia il legislatore punisce chi concorre nel
suicidio altrui, anche nella fase esecutiva, in quanto ha inteso creare una cintura
protettiva all’interessato, soggetto debole, inibendo a terzi di cooperare in qualsiasi
modo con lui”.
“Dalla nostra Costituzione e dalla CEDU non è dato evincere che dal diritto alla vita
possa derivare un vero e proprio diritto a morire. L’art.580 c.p., anche nell’attuale
ordinamento costituzionale, che guarda alla persona umana come valore in se e non
come semplice mezzo per la soddisfazione di interessi collettivi, continua a costituire
un presidio per la tutela del diritto alla vita soprattutto delle persone più deboli e
vulnerabili che l’ordinamento penale intende proteggere da una scelta estrema ed
irreparabile come quella del suicidio. L’art.580 c.p. assolve allo scopo di scongiurare
il pericolo che persone che attraversano difficoltà e sofferenze possano subire
interferenze nel decidere di porre in essere un gesto estremo ed irreversibile quale
quello del suicidio”.
Giurisprudenza costituzionale
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“Ciò premesso, possono aversi casi in cui il soggetto agevolato (al suicidio) si
identifichi in persona affetta da patologia irreversibile e fonte di sofferenze fisiche e
psicologiche, che trova assolutamente intollerabili, che il medesimo soggetto
agevolato venga tenuto in vita a mezzo di trattamenti di sostegno vitale ma resti
capace di prendere decisioni libere e consapevoli. In tali casi l’assistenza di terzi a
porre fine alla vita del malato (a tanto consapevolmente determinatosi) può
presentarsi come l’unica via d’uscita per sottrarsi ad un mantenimento artificiale in
vita non più voluto in quanto ritenuto non dignitoso. L’art. 32 della Costituzione
consente al malato di rifiutare tali trattamenti. La legge n. 219 del 2017 riconosce ad
ogni persona capace di agire il diritto di rifiutare o interrompere qualsiasi
trattamento sanitario ancorché necessario alla propria sopravvivenza. La
legislazione oggi in vigore non consente al medico che ne sia richiesto di mettere a
disposizione del paziente trattamenti diretti non già ad eliminare le sofferenze ma a
determinarne la morte. In tal modo si costringe il paziente a subire un processo più
lento, in ipotesi meno corrispondente alla propria visione della dignità del morire. Se
il malato ha diritto ad ottenere la interruzione del trattamento di sostegno artificiale
non si vede perché debba essere bisognoso di una ferrea e indiscriminata protezione
contro la propria volontà quando si discuta di concludere la propria esistenza con
l’aiuto di altri. Il divieto assoluto di aiuto al suicidio finisce per limitare la libertà di
autodeterminazione del malato nella scelta delle terapie finalizzate a liberarlo dalle
sofferenze con lesione del principio della dignità umana, di ragionevolezza e di
uguaglianza in rapporto alle diverse condizioni soggettive”.
“La Corte ha ritenuto che al riscontrato vulnus ai principi sopra indicati non è dato
porre rimedio a mezzo della dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma
penale incriminatrice ma è auspicabile un intervento del legislatore (all’uopo ha
rinviato al 24 settembre 2019 la trattazione delle questioni di legittimità
costituzionale di cui è stata investita) che disciplini la materia dell’assistenza alle
persone malate e vulnerabili nelle scelte di autodeterminazione quanto al fine vita.
L’eventuale collegamento della non punibilità del soggetto (che ha prestato aiuto a
chi ha stabilito di porre fine alla propria esistenza) al rispetto di una determinata
procedura, potrebbe far sorgere l’esigenza di introdurre una disciplina ad hoc per le
vicende pregresse”.
“La Corte ha ipotizzato che la disciplina della problematica in questione possa essere
inserita nel contesto della legge n. 219 del 2017 in modo da iscrivere anche questa
opzione nel quadro della relazione di cura e di fiducia tra medico e paziente”.
Giurisprudenza CEDU
Conformi: C. EDU, Sez. IV, 29 aprile 2002, ric. n. 2346/02, Pretty vs Regno Unito,
Pres. Pellonpaa;
Difformi: C. EDU, Sez. II, 14 maggio 2013, ricorso n. 67810/10, Gross vs Svizzera,
Pres. Raimondi, secondo cui il diritto di un individuo di scegliere a che punto e in che
Centro Studi “Giovanni Bisogni”
23
modo porre fine alla propria vita è uno degli aspetti del diritto al rispetto della vita
privata garantito dall’art. 8 della Convenzione.
******
Estensione della disciplina della detenzione domiciliare speciale alla
detenzione ordinaria previa prognosi di insussistenza del pericolo
concreto di commissione di ulteriori delitti
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Errico Frojo)
C. cost., 25 ottobre 2018 (dep. 22 novembre 2018), n. 211, Pres. Lattanzi, Red.
Zanon
Esecuzione e Sorveglianza – Detenuti in regime di detenzione domiciliare –
Disparità di trattamento tra detenuti in regime di detenzione domiciliare
ordinaria e di detenzione domiciliare speciale – Illegittimità dell’art. 47-ter,
comma 1, lett. b) e 8 l. 26 luglio 1975 n. 354
(artt. 47-ter, co. 1, lett. b) e co. 8, 47-quinquies, co. 1, 47-sexies, co. 2 e 4 l. 26 luglio
1975 n. 354, art. 385 c.p., art. 3 Cost.)
“Nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 47-ter, commi 1, lett. b) e 8 della
legge 26 luglio 1975 n. 354 promosso dalla Corte di Appello di Firenze con ordinanza
del 19 settembre 2017, la Corte costituzionale ha dichiarato:
l’illegittimità costituzionale dell’art. 47-ter comma 1, lettera b), e 8, della legge 26
luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle
misure privative e limitative della libertà) nella parte in cui non limita la punibilità
ai sensi dell’art. 385 del codice penale al solo allontanamento che si protragga per
più di dodici ore, come stabilito dall’art. 47-sexies, commi 2 e 4 della suddetta legge
n, 354 del 1975, sul presupposto, di cui all’art. 47-quinquies, comma 1, della
medesima legge, che non sussista un concreto pericolo di commissione di ulteriori
delitti”.
(La Corte, riprendendo i principi già espressi nella sentenza n. 177 del 2009 ha
ribadito che, “in definitiva, valgono per il padre ammesso alla detenzione domiciliare
«ordinaria» al fine di prendersi cura della prole in tenera età, le stesse esigenze
naturalmente connesse alle attività rese indispensabili dalla cura dei bambini, come
per il padre in detenzione domiciliare speciale”. Risulta, quindi, manifestamente
irragionevole che al padre in tali condizioni non si applichi il regime più flessibile di
detenzione domiciliare previsto dall’art. 47-sexies, commi 2 e 4, l. 26 luglio 1975 n.
354 previa verifica della insussistenza di un pericolo concreto di commissione di
ulteriori delitti, come previsto dall’art. 47-quinquies comma 1 della stessa legge)
******
Giurisprudenza costituzionale
24
La motivazione per relationem della ordinanza emessa dal giudice
competente, ai sensi dell'art. 27 c.p.p., a seguito di invio atti dal
giudice dichiaratosi incompetente
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Marco Muscariello)
C. cost., 10 ottobre 2018 (22 novembre 2018), n. 214, ord., Pres. Lattanzi, Red.
Viganò
Diritto processuale penale – Ordinanza rinnovativa di misura cautelare da parte
del giudice competente ai sensi dell'art. 27 c.p.p. – Possibilità di effettuare un
richiamo per relationem – Questione di legittimità costituzionale degli artt. 27 e
292 comma 2, lett. c) c.p.p., per contrasto con gli artt. 13, secondo comma, 25,
primo comma, e 11, sesto comma, della Costituzione – Inammissibilità della
questione per difetto di rilevanza
(artt. 27 e 292 c.p.p.)
“Considerato che il Tribunale del riesame rimettente, quale giudice del rinvio, non
deve più fare applicazione delle disposizioni censurate, avendo la Corte di
Cassazione oramai escluso in via definitiva la nullità dell'ordinanza cautelare, così
che le questioni sollevate si risolvono in un'inammissibile richiesta alla Corte
Costituzionale di operare una sorta di «revisione in grado ulteriore» della sentenza
della Corte di Cassazione, quale giudice dell'impugnazione, che non le compete, in
quanto incompatibile con il sistema delle impugnazioni, anche nel «suo volto
costituzionale», la Corte dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di
legittimità costituzionale degli artt. 27 e 292, comma 2, lett. c), del codice di
procedura penale, sollevate con riferimento agli art. 13, secondo comma, 25, primo
comma, e 111, sesto comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Brescia”.
(Fattispecie in cui il Tribunale del riesame di Brescia sospettava della legittimità
costituzionale della interpretazione, data dalla Corte di Cassazione, del combinato
disposto degli articoli 27 e 292 del codice di procedura penale, circa la possibilità di
rinnovare una misura cautelare, in caso di trasmissione di atti da giudice dichiaratosi
incompetente, facendo un mero richiamo alla motivazione del provvedimento
originario, non essendo imposta la necessità di autonoma valutazione)
Giurisprudenza costituzionale
Conformi: con riferimento al principio relativo alla inammissibilità di un sindacato
ulteriore delle sentenze della Corte di Cassazione ad opera della Corte Costituzionale
(sentenze n. 270 del 2014 e n. 294 del 1995) e della interpretazione del sistema delle
impugnazioni (ordinanza n. 149 del 2013 ed ordinanza n. 501 del 2000);
Difformi: -
******
Centro Studi “Giovanni Bisogni”
25
Bancarotta fraudolenta e pene accessorie fisse
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Raffaele Corrente)
C. Cost., 25 settembre 2018 (dep. 5 dicembre 2018), n. 222, Pres. Lattanzi, Red.
Viganò
Bancarotta fraudolenta — Pene accessorie fisse — Interdizione all’esercizio di
impresa commerciale — Incapacità ad esercitare uffici direttivi di impresa —
Illegittimità
(artt. 216 ul. co., 223 ul. co. l. fall., artt. 3 co. I, 27 co. III Cost.)
“Nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 216 ultimo comma e 223 ultimo
comma l. fall. promosso dalla Corte di cassazione, prima sezione penale con
ordinanza del 17 novembre 2017, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale dell’art. 216, ultimo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267
(Disciplina del fallimento, del concordato preventivo e della liquidazione coatta
amministrativa), nella parte in cui dispone: «la condanna per uno dei fatti previsti
dal presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio
di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici
direttivi presso qualsiasi impresa», anziché: «la condanna per uno dei fatti previsti
dal presente articolo importa l’inabilitazione all’esercizio di una impresa
commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino
a dieci anni» ed ha consequenzialmente dichiarato inammissibile, per sopravvenuta
carenza di oggetto, la seconda questione relativa all’art. 223, ultimo comma, della
medesima legge, dal momento che il contenuto di quest’ultima disposizione – che
strutturalmente opera un rinvio mobile alla disposizione incisa dalla presente
pronuncia – è destinato a essere automaticamente modificato in conseguenza della
presente pronuncia di illegittimità costituzionale”.
(La Corte Costituzionale veniva investita della decisione con ordinanza della Prima
Sezione della Corte di Cassazione, del 6 luglio 2017 (dep. 17 novembre 2017), n.
52613, Pres. Di Tomassi, Rel. Minchella, Ric. Geronzi ed altri, che aveva ritenuto non
manifestamente infondata la questione di costituzionalità degli degli artt. 216 ul. co.
e 223 ul. co. r.d. 16 marzo 1942 n. 267, con riferimento agli artt. 3, 4, 41, 27, 117
Cost., in relazione agli artt. 8 CEDU e 1, Protocollo n. 1, CEDU, nella parte in cui
prevedono che la durata fissa delle pene accessoria dell’inabilitazione all’esercizio di
un’impresa commerciale e dell’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici
direttivi presso qualsiasi impresa. Nell’ordinanza, la Suprema Corte dava atto di un
contrasto interpretativo: secondo talune pronunce, infatti, la durata delle pene
accessorie non sarebbe fissa, ma modulabile dal giudicante nel provvedimento di
condanna mentre per altre il Giudice non avrebbe spazio discrezionale nella
determinazione delle stesse. Sennonché, esclusa implicitamente l’operatività della
prima soluzione interpretativa in forza della sent. C. Cost. 134 del 2012, la Prima
Sezione della Corte di Cassazione ha ritenuto il contrasto degli artt. 216 e 223 con le
Giurisprudenza costituzionale
26
sopra indicate disposizioni costituzionali. Ed invero, vale la pena ricordare che già in
precedenza, con la sent. ult. cit., la Corte Costituzionale, investita della questione di
legittimità costituzionale, pur dando atto dell’attrito tra il sistema di pene fisse e i
principi costituzionali in materia di pena, aveva tuttavia ritenuto che di non poter
dichiarare l’incostituzionalità di tali norme per difetto di un meccanismo di
sostituzione automatica della disciplina dichiarata illegittima, sollecitando un
intervenendo del legislatore. A distanza di un lustro, non essendo occorsa l’auspicata
modificata normativa, la Corte di Cassazione ha ritenuto di dover nuovamente
investire la Corte Costituzionale, invocando la declaratoria di incostituzionalità delle
disposizioni che sarebbero dovute essere sostituite dal disposto di cui all’art. 37 c.p.
Secondo la sezione rimettente, i profili di frizione con i principi costituzionali
potrebbero, infatti, in larga parte essere superati ove, eliminandosi il riferimento alla
misura fissa di dieci anni, rivivesse la regola generale di cui all’art. 37 c. p., così
consentendosi al giudice di rideterminare la durata della pena accessoria in
collegamento con la pena principale inflitta e, quindi, in base a valutazioni di gravità
del fatto concreto. La Corte, pur condividendo le censure mosse, ha tuttavia
evidenziato che la determinazione della durata della pena accessoria, lungi dall’essere
effettuabile ex art. 37 c.p., dovrebbe essere stabilita, nei limiti edittali, dal giudice di
merito, ex art. 133 c.p. Ed infatti, fermo restando che la valutazione del modo in cui
il sistema normativo reagisce ad una sentenza costituzionale di accoglimento spetta al
giudice del processo principale, unico competente a definire il giudizio da cui prende
le mosse l’incidente di costituzionalità, secondo la Consulta la regola residuale di cui
all’art. 37 c.p. Non può operare rispetto all’art. 216, ultimo comma, della l. fall. –
come risultante dalla presente pronuncia –, dal momento che tale regola ha come suo
presupposto operativo che la durata della pena accessoria temporanea non sia
espressamente determinata dalla legge. L’esistenza di una lex specialis, in effetti,
esclude l’operatività del criterio residuale di cui all’art. 37 cod. pen., il cui inciso finale
appare riferito non già ai limiti di durata delle pene accessorie previsti da singole
norme incriminatrici, come l’art. 216 l. fall., bensì ai limiti minimi e massimi
individuati dalle disposizioni del Libro I del codice penale che prevedono le singole
specie di pene accessorie)
******
Abuso di informazioni privilegiate ed applicabilità della confisca per
equivalente ai fatti commessi anteriormente alla entrata in vigore
della legge n. 62 del 2005
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Sergio Schlitzer)
C. cost., 23 ottobre 2018 (dep. 5 dicembre 2018), n. 223, Pres. Lattanzi, Red.
Viganò
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Abuso di informazioni privilegiate – Confisca amministrativa per equivalente –
Applicabilità alle violazioni commesse anteriormente alla depenalizzazione di cui
alla legge n. 62 del 2005 allorché il procedimento penale non risulti già definito –
Illegittimità
(art. 9 co. 6 l. 18 aprile 2005 n. 62, art. 187-sexies TUF)
Nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art 9 co. 6 l. 18 aprile 2005 n. 62,
promosso dalla Seconda Sezione civile della Corte di Cassazione con ordinanze n.
188, 189, 190, 191, 192, 193 del 2017 e 33 del 2018, la Corte costituzionale ha
dichiarato: “l’illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 6, della legge 18 aprile
2005, n. 62 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza
dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2004), nella parte in cui
stabilisce che la confisca per equivalente prevista dall’art. 187-sexies del decreto
legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico delle disposizioni in materia di
intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996,
n. 52), si applica, allorché il procedimento penale non sia stato definito, anche alle
violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore della stessa legge n.
62 del 2005, quando il complessivo trattamento sanzionatorio conseguente
all’intervento di depenalizzazione risulti in concreto più sfavorevole di quello
applicabile in base alla disciplina previgente”.
(La Corte Costituzionale ha ritenuto che l’art. 9 co. 6 della legge n. 62 del 2005 fosse
in contrasto con gli artt. 25 co. 2 e 117 co. 1 Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 7
CEDU, nella parte in cui, nel depenalizzare la condotta di abuso di informazioni
privilegiate commessa da insider cd. secondari di cui all’art. 187 sexies TUF, aveva
previsto la possibilità di disporre la confisca amministrativa di somme di denaro, beni
o altre utilità di valore equivalente al prodotto o al profitto dell’illecito, anche alle
violazioni commesse anteriormente alla sua entrata in vigore qualora il relativo
procedimento penale non fosse stato ancora definito)
******
Messa alla prova nel procedimento ordinario e iscrizione nel
casellario giudiziale
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Sabina Coppola)
C. cost., 7 novembre 2018 (dep. 7 dicembre 2018), n. 231, Pres. Lattanzi, Red.
Viganò
Diritto processuale penale – Messa alla prova – Estinzione del reato – Iscrizione
nel certificato generale e nel certificato penale del casellario giudiziale –
Esclusione
(artt. 24 e 25 d.P.R. 14 novembre 2002 n. 313, artt. 464-quater, 464-septies c.p.p.)
Giurisprudenza costituzionale
28
“Nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 5, comma 2, 24 e 25 del decreto
del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, promossi dal Giudice per
le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Firenze, con ordinanza del 18
novembre 2016, dal Tribunale ordinario di Palermo, con ordinanza del 19 marzo
2018, e dal Tribunale ordinario di Genova, con due ordinanze del 20 e 27 marzo
2018, la Corte Costituzionale:
1) dichiara l'illegittimità costituzionale degli articoli 24, comma 1, e 25, comma 1,
del decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002 n. 313 (recante
testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario
giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei
relativi carichi pendenti) nel testo anteriore alle modifiche non ancora efficaci
recate dal decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 122, nella parte in cui non
prevedono che nel certificato generale e nel certificato penale del casellario
giudiziale richiesti dall’interessato non siano riportate le iscrizioni dell’ordinanza
di sospensione del processo con messa alla prova dell’imputato ai sensi dell’art.
464-quater, del codice di procedura penale, e della sentenza che dichiara
l’estinzione del reato, ai sensi dell’art. 464-septies, cod. proc. pen.;
2) dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale
dell’art., 5, comma 2, del D.P.R. n. 313 del 2002, sollevate in riferimento agli artt.
3 e 27, terzo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Genova, con
ordinanza iscritta la r.o. n. 117 del 2018;
3) dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale
degli artt. 24, comma 1, e 25, comma 1, del D.P.R. n. 313 del 2002, sollevate in
riferimento all’art. 3 Cost. dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale
ordinario di Firenze con l’ordinanza iscritta al r.o. n. 47 del 2017”.
(Con la sentenza in commento la Consulta, conformandosi alle ipotesi di
patteggiamento e procedimento per decreto che, pur costituendo pronunce di
condanna, non sono menzionate nel casellario giudiziale, ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale degli artt. 24 e 25 del testo unico in materia di
casellario giudiziale, nella parte in cui prevedono che nel certificato generale e nel
certificato penale del casellario richiesti dall’interessato debbano essere riportate le
iscrizioni dell’ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova e
la sentenza con cui il giudice, in caso di esito positivo della prova, dichiari
l’estinzione del reato)
******
La competenza per materia in caso di lesioni lievissime a danno del
figlio naturale
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Luigia Santoro)
Centro Studi “Giovanni Bisogni”
29
C. cost., 7 novembre 2018 (dep. 14 dicembre 2018), n. 236, Pres. Lattanzi, Red.
Amoroso
Legittimità Costituzionale – Lesioni personali lievissime – Circostanze aggravanti
– Figlio adottivo – Figlio naturale – Giudice di Pace – Competenza per materia
(artt. 4, co. 1, lett. a), d.lgs. 28 agosto 2000 n. 274, come modificato dall'art. 2, co. 4-
bis, d.l. 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, nella l. 15 ottobre 2013,
n. 119, artt. 577, 582 c.p.)
“Nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, lettera a), del decreto
legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice
di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), come
modificato dall’art. 2, comma 4-bis, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93
(Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di
genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province),
convertito, con modificazioni, nella legge 15 ottobre 2013, n. 119, promosso dal
Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Teramo, nel
procedimento penale a carico di M. M., con ordinanza del 7 marzo 2017, iscritta al
n. 91 del registro ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell’anno 2017. 1) dichiara:
1) l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, lettera a), del decreto legislativo
28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace,
a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), come modificato
dall’art. 2, comma 4-bis, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93 (Disposizioni
urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché
in tema di protezione civile e di commissariamento delle province), convertito, con
modificazioni, nella legge 15 ottobre 2013, n. 119, nella parte in cui non esclude
dai delitti, consumati o tentati, di competenza del giudice di pace anche quello di
lesioni volontarie, previsto dall’art. 582, secondo comma, del codice penale, per
fatti commessi contro l’ascendente o il discendente di cui al numero 1) del primo
comma dell’art. 577 cod. pen.;
2) dichiara, in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n.
87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale),
l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 274 del
2000, nella parte in cui non esclude dai delitti, consumati o tentati, di competenza
del giudice di pace anche quello di lesioni volontarie, previsto dall’art. 582,
secondo comma, cod. pen., per fatti commessi contro gli altri soggetti elencati al
numero 1) del primo comma dell’art. 577 cod. pen., come modificato dall’art. 2
della legge 11 gennaio 2018, n. 4 (Modifiche al codice civile, al codice penale, al
codice di procedura penale e altre disposizioni in favore degli orfani per crimini
domestici)”.
(Nel caso di specie, il Gip rimettente, chiamato a pronunciarsi in ordine
all’imputazione di lesioni volontarie di un genitore a danno del figlio naturale, si è
Giurisprudenza costituzionale
30
interrogato in ordine alla sua competenza ed ha sollevato questione di legittimità
costituzionale in relazione alla esclusione della competenza del giudice di pace per i
fatti commessi anche contro il figlio naturale e non solo contro il discendete adottivo.
La Corte, ritenendo violato, in particolare, il principio di uguaglianza, ha parificato la
competenza per materia del Tribunale ordinario sia in ordine alle lesioni lievissime a
danno dei figli adottivi sia di quelli naturali. La Corte ha, infine, esteso la competenza
del Tribunale ordinario anche nei confronti del coniuge divorziato e dell’altra parte
dell’unione civile ove cessata. Tale principio non vige per i fatti commessi in data
anteriore al 19 dicembre 2018, giorno della pubblicazione della presente decisione
sulla Gazzetta Ufficiale)
Centro Studi “Giovanni Bisogni”
31
Giurisprudenza di legittimità
Sezioni unite
La detenzione di sostanze stupefacenti eterogenee non preclude la
configurabilità dello spaccio di lieve entità
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Angelo Mastrocola)
Cass., Sez. Un., 27 settembre 2018 (dep. 9 novembre 2018), n. 51063, Pres.
Carcano, Rel. Pistorelli, ric. Murolo
Diritto penale – Detenzione di sostanze stupefacenti – Detenzione di sostanze
tabellarmente eterogenee – Ostatività alla configurabilità del fatto di lieve entità
– Esclusione
(art. 73 co. 5 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309)
“In tema di detenzione di sostanze stupefacenti, la diversità di sostanze illecitamente
detenute non è di per sé ostativa alla configurabilità del reato di cui all’art. 73,
comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, in quanto è necessario procedere ad una valutazione
complessiva degli elementi della fattispecie concreta selezionati in relazione a tutti
gli indici sintomatici previsti dalla suddetta disposizione al fine di determinare la
lieve entità del fatto”.
“L’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, così come riformulato dal decreto-legge
20 marzo 2014 (convertito con modificazioni dalla legge 16 marzo 2014, n. 79),
prevede un’unica figura di reato, alternativamente integrata dalla consumazione di
una delle condotte tipizzate, quale che sia la qualificazione tabellare dello
stupefacente che ne costituisce l'oggetto”.
“La detenzione nel medesimo contesto di sostanze tabellarmente eterogenee,
qualificabile nel suo complesso come fatto di lieve entità ai sensi dell’art. 73, comma
5, d.P.R. n. 309 del 1990 integra un unico reato e non una pluralità di reati in
concorso tra loro”.
Giurisprudenza di legittimità
Giurisprudenza di legittimità
Sezioni Unite
32
Conformi: con riferimento alla prima massima Cass., Sez. VI, 27 marzo 2017, n.
14882; Cass., Sez. VI, 10 ottobre 2017, n. 46495;
Difformi: con riferimento alla prima massima, Cass., Sez. III, 19 novembre 2014, n.
47671; Cass., Sez. III, 22 giugno 2015, n. 26205; Cass., Sez. IV, 13 febbraio 2017, n.
6624.
******
La declaratoria di inammissibilità per carenza di interesse
dell’appello cautelare proposto dall’ente avverso la misura
interdittiva
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Francesco Talamo)
Cass., Sez. Un., 27 settembre 2018 (dep. 14 novembre 2018), n. 51515, Pres.
Carcano, Rel. Montagni, ric. Romeo Gestioni s.p.a.
Diritto processuale penale – Responsabilità amministrativa degli enti – Misura
interdittiva – Appello cautelare – Carenza di interesse – Inammissibilità –
Procedura de plano
(artt. 127 co. 9 c.p.p.; artt. 17, 49 co. 4 d.lgs. 8 giugno 2001 n. 231)
“L'appello avverso una misura interdittiva, che nelle more sia stata revocata a
seguito delle condotte riparatorie ex art. 17 d.lgs. n. 231 del 2001, poste in essere
dalla società indagata, non può essere dichiarato inammissibile de plano, secondo la
procedura prevista dall'art. 127, comma 9, ma, considerando che la revoca può
implicare valutazioni di ordine discrezionale, deve essere deciso nell'udienza
camerale e nel contraddittorio delle parti, previamente avvisate; la revoca della
misura interdittiva disposta a seguito di condotte riparatorie poste in essere ex art.
17 d.lgs. 231 del 2001, intervenuta nelle more dell'appello cautelare proposto
nell'interesse della società indagata, non determina automaticamente la
sopravvenuta carenza di interesse all’impugnazione”
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. III, 3 marzo 2015, n. 11690; Cass., Sez. II, 17 dicembre 2014,
n. 4260; Cass., Sez. III, 25 novembre 2003, n. 2021; Cass., Sez. IV, 1 luglio 2009, n.
32966; Cass., Sez. VI, 2 dicembre 2010, n. 14560;
Difformi: Cass., Sez. III, 30 gennaio 2017, n. 34823; Cass., Sez. II, 22 aprile 2016, n.
18333; Cass., Sez. II, 8 marzo 2013, n. 22165; Cass., Sez. V, 29 settembre 2011, n.
42956; Cass., Sez. V, 2 luglio 2010, n. 37289; Cass., Sez. VI, 4 dicembre 2006, n.
8956; Cass., Sez. I, 23 febbraio 2001, n. 18957.
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33
******
Il delitto di pornografia minorile ed il superamento della prova del
pericolo concreto di diffusione del materiale pedopornografico
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Marco Muscariello)
Cass., Sez. Un., 31 maggio 2018 (dep. 15 novembre 2018), n. 51815, Pres.
Carcano, Rel. Andronio, ric. M.D.
Diritto penale – Modifiche introdotte dalla legge 6 febbraio 2006 n. 38 e
sostituzione del verbo "sfruttare" con quello "utilizzare" minori degli anni 18 –
Nozione di pornografia minorile e nuova formulazione dell’art. 600-ter c.p. per
effetto della legge 1 gennaio 2012 n. 172 – Passaggio dal dolo specifico al dolo
generico e dal reato di pericolo al reato di danno – Non necessità della prova del
pericolo concreto di diffusione del materiale pedo-pornografico – Perdurante
irrilevanza penale della “pornografia domestica” – Condizioni
(art. 600-ter c.p.)
“Ai fini dell'integrazione del reato di cui all'art. 600-ter, primo comma, n. 1), cod.
pen., con riferimento alla condotta di produzione di materiale pedopornografico, non
è più necessario, viste le nuove formulazioni della disposizione introdotte a partire
dalla legge 6 febbraio 2006, n. 38, l'accertamento del pericolo di diffusione del
suddetto materiale".
(Fattispecie in cui la Terza sezione penale della Corte di Cassazione, in applicazione
dell’art. 618 comma 1-bis del c.p.p., ha rimesso alle Sezioni Unite la interpretazione
dell’art. 600-ter c.p., non condividendo il principio di diritto enunciato dalle stesse
Sezioni Unite con la sentenza n. 13 del 2000, Bove, che richiedeva, ai fini della
punibilità del delitto di pornografia minorile il pericolo concreto di diffusione del
materiale pedo-pornografico. La Corte, superando il precedente orientamento, sulla
base delle modifiche introdotte al testo dell’art. 600-ter negli anni e del contesto
sociale mutato per effetto delle moderne tecnologie, ha ritenuto non più necessario
provare il concreto pericolo di diffusione del materiale pornografico. Peraltro,
potendosi astrattamente ipotizzare un caso di overulling in malam partem per effetto
del mutato orientamento giurisprudenziale, la Corte ha sancito la irrilevanza della
problematica nel caso di specie, essendo stata accertata in fatto – dai giudici di merito
– la sussistenza di tale pericolo concreto, pur non più richiesto dalla nuova
interpretazione della disposizione incriminatrice)
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. III, 31 gennaio 2012, n. 27373; Cass., Sez. III, 12 marzo 2015,
Rv. 263355; da ultimo, Cass., Sez. III, 30 novembre 2017, ord., n. 10167;
Difformi: orientamento consolidato a partire da Cass., Sez. Un., 31 maggio 2000 n.
13, Bove, Rv. 216337 e riaffermato più di recente da Cass., Sez. III, 12 aprile 2016,
Giurisprudenza di legittimità
Sezioni Unite
34
Rv. 267546; Cass., Sez. III, 10 maggio 2016, Rv. 270418; Cass., Sez. III, 29 marzo
2017, Rv. 270906.
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35
Sezioni semplici
I. Diritto penale
I parametri valutativi per l’applicazione della recidiva
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Mariagiovanna Veneruso)
Cass., Sez. III, 17 aprile 2018 (dep. 3 ottobre 2018), n. 49668, Pres. Savani, Rel.
Aceto, ric. Cairo e altro
Diritto penale – Recidiva – Presupposti applicativi – Parametri di valutazione
(art. 99 c.p.)
“In presenza della recidiva a norma di uno dei primi quattro commi dell’art. 99 c.p.,
è compito del giudice quello di verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito
sia sinonimo effettivo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore,
avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, alla
qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti
e al livello di omogeneità esistente tra loro, all’eventuale occasionalità della ricaduta
e a ogni altro parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del
grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale
dell’esistenza di precedenti penali”.
(Nel caso in esame, la Corte ha dichiarato inammissibile, in quanto manifestamente
infondato, il motivo di ricorso formulato da uno degli imputati, volto a censurare la
mancata esclusione della recidiva reiterata applicata con la sentenza di condanna per
reato di droga. Secondo il Giudice di legittimità la Corte distrettuale aveva fatto buon
governo dei principi sopra enunciati, valorizzando la più accentuata colpevolezza e la
maggiore pericolosità del ricorrente, richiamando una condanna per un’ipotesi di
reato analoga. Mentre il richiamo, nell’atto di appello, alle condizioni economiche del
reo risultava troppo generico e già superato dalla motivazione resa sul punto dal
giudice di primo grado)
Giurisprudenza di legittimità
Giurisprudenza di legittimità
Sezioni semplici – Diritto penale
36
Conformi: Cass., Sez. Un., 27 maggio 2010, n. 35738; Cass., Sez. III, 16 novembre
2016, n. 33299;
Difformi: -
******
La diffamazione si configura anche se l'autore della frase offensiva
comunica esclusivamente con due persone
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Carmine Gatto)
Cass., Sez. II, 24 settembre 2018 (dep. 7 novembre 2019), n. 50423, Pres. Bonito,
Rel. Vannucci, ric. Ital Plastik s.p.a.
Diritto penale – Diffamazione – Offesa alla reputazione – Configurabilità
(art. 595 c.p.)
“L'offesa alla reputazione commerciale di un imprenditore costituisce atto di
concorrenza sleale anche nel momento in cui le espressioni verbali di discredito siano
pronunciate nel corso di colloqui con persone tenute, per motivi di riservatezze
derivanti dalla loro professione, a non divulgarne il contenuto. In tale contesto infatti,
sussiste diffamazione in presenza del fatto che le espressioni in discorso siano
percepite da coloro cui esse sono rivolte”.
“Ai fini della configurabilità del reato di diffamazione è necessario che l'autore delle
espressioni lesive dell'altrui reputazione comunichi, anche in tempi diversi (come del
resto affermato dalla sentenza di annullamento), con almeno due persone ovvero con
una sola persona ma con modalità tali che detta notizia venga sicuramente a
conoscenza di altri”.
(Nella fattispecie, la Corte ha stabilito che ricorre il delitto di diffamazione anche
quando le espressioni denigratorie sono pronunciate in presenza di due persone che
rivestono la qualifica di agente provocatore al fine di indurre la parte a pronunciare
frasi diffamatorie della reputazione di un concorrente commerciale reputando
bastevole, ai fini della configurabilità del reato, che le espressioni in discorso siano
percepite da coloro cui esse sono rivolte)
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. V, 26 maggio 2016, n. 522; Cass., Sez. V, 10 febbraio 2015, n.
34178; Cass., Sez. III, 10 gennaio 2012, n. 7882; Cass., Sez. V, 15 luglio 2010, n.
36602;
Difformi: -
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37
******
Particolare tenuità del fatto anche in caso di ulteriori denunce e di
“precedenti di polizia”
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Gerardo Auletta)
Cass., Sez. IV, 4 ottobre 2018 (dep. 15 novembre 2018), n. 51526, Pres. Piccialli,
Rel. Cenci, ric. Ben Brahim Ouissem
Diritto penale – Particolare tenuità del fatto – Abitualità del comportamento
(art. 131-bis c.p.)
“La mera presenza di denunzie nei confronti dell’imputato o di “precedenti di
polizia”, di cui si ignora l’esito, non può, di per sé, costituire elemento ostativo al
riconoscimento dell’applicabilità della causa di non punibilità di cui all’art. 131 -bis
cod. pen.; il giudice, quindi, ove risultino in atti denunzie o precedenti di polizia, ove
sollecitato dalla difesa o anche di ufficio, deve verificare l’esito di tali segnalazioni,
per trarne l’esistenza di eventuali elementi concreti fattuali che dimostrino, in ipotesi,
la abitualità del comportamento dell’imputato”.
(Nel caso di specie, i giudici di merito avevano ritenuto l’abitualità della condotta ed
escluso l’applicazione dell’art. 131 bis c.p., valorizzando i precedenti di polizia pur
non acquisendo i relativi fascicoli processuali)
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. Un., 25 febbraio 2016, n. 13681;
Difformi: -
******
La non estendibilità del divieto di “comparaggio” agli integratori
alimentari
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Angelo Mastrocola)
Cass., Sez. VI, 19 aprile 2018 (dep. 16 novembre 2018), n. 51946, Pres. Di Stefano,
Rel. Silvestri, ric. Cavazzoli
Diritto penale – Comparaggio per la diffusione di prodotti ad uso farmaceutico
– Fattispecie in tema di integratori alimentari – Esclusione.
(d.lgs. 21 maggio 2004 n. 169, art. 123 d.lt. 24 aprile 2006 n. 219, artt. 170, 172 r.d.
27 luglio 1934 n. 1265)
Giurisprudenza di legittimità
Sezioni semplici – Diritto penale
38
“In tema di corresponsione di denaro e/o altra utilità allo scopo di agevolare la
diffusione di specialità medicinali o di ogni altro prodotto a uso farmaceutico, cd
“comparaggio”, quest’ultimo non è configurabile ove le prescrizioni abbiano ad
oggetto semplici integratori alimentari e non già specialità medicinali o altro
prodotto ad uso farmaceutico. L'integratore, invero, non è un farmaco, né una
specialità medicinale e non può, dunque, essere considerato un prodotto ad uso
farmaceutico: ne deriva che la condotta consistente nel corrispondere denaro e/o
altra utilità allo scopo di agevolare la diffusione di specialità parafarmaceutiche
costituite da integratori alimentari non è prevista dalla legge come reato”.
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: -
Difformi: -
******
I presupposti del reato di oltraggio a un magistrato in udienza
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Giovanni Petranico)
Cass., Sez. VI, 17 ottobre 2018, (dep. 12 dicembre 2018) n. 51970, Pres.
Petruzzellis, Rel. Ricciarelli, ric. Simone
Diritto penale – Reato di oltraggio a un magistrato in udienza – Presupposti
(art. 343 c.p.)
“Il reato di cui all’art. 343 cod. pen. presuppone l’offesa dell’onore o del prestigio
del magistrato in udienza e che l’offesa al prestigio assurge ad esposizione a pericolo
di attributi che devono accompagnare l’azione della pubblica amministrazione e
quindi dei soggetti preposti o componenti dei suoi uffici ed il cui pregiudizio potrebbe
risultare ostativo al raggiungimento delle finalità poste dalla legge, od all’efficacia
dell’azione pubblica, incidendo sul consenso che la p.a. deve necessariamente avere
nella società”.
(Fattispecie riguardante la commissione del reato di oltraggio a un magistrato in
udienza da parte di un avvocato)
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. VI, 28 settembre 1995, n. 11579, Pulletta, rv. 203860;
Difformi: -
Centro Studi “Giovanni Bisogni”
39
******
Reati elettorali: pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici e
sospensione condizionale della pena
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Francesco Sogliuzzo)
Cass., Sez. I, 16 gennaio 2018 (dep. 21 novembre 2018), n. 52522, Pres. Tardio,
Rel. Siani, ric. P.M. in proc. Della Valle A.
Diritto penale – Pene accessorie – Interdizione dai pubblici uffici – Elettorato
attivo – Pena sospesa
(artt. 19 e ss., 28, 163, 166 c.p., d.P.R. 3 maggio 1957 n. 139)
“La privazione del diritto elettorale e di eleggibilità per la durata non inferiore ad
anni cinque e non superiore ad anni dieci, che, ai sensi dell'art. 113, commi primo e
secondo, d.P.R. n. 361 del 1957, scaturisce da una sentenza irrevocabile di condanna
pronunciata per reati elettorali nei confronti di un candidato, costituisce effetto
extrapenale della condanna (e non pena accessoria), in relazione al quale non opera
la sospensione condizionale della pena principale eventualmente disposta”.
“Gli effetti penali della condanna, alla cui categoria appartengono anche le pene
accessorie, devono essere individuati in tutte quelle conseguenze giuridiche di
carattere afflittivo che scaturiscono dalla condanna penale, conseguenze, peraltro,
che non possono essere individuate esclusivamente in quelle derivanti ope legis dalla
sentenza affermativa della responsabilità, bensì ricomprendono anche ogni altra
sanzione o privazione di benefici che nella sentenza di condanna rinvenga, senza
mediazioni, il suo necessario e indefettibile presupposto”.
“Il bene tutelato con la condanna a pena detentiva per delitto elettorale impone il
prodursi – quale effetto extrapenale della pronunzia irrevocabile per tale tipologia di
reato – della privazione dei diritti elettorali, anche ove la pena principale sia
condizionalmente sospesa. Pertanto, l'irrilevanza della sospensione condizionale
della pena sulla privazione dell'esercizio del diritto di elettorato del condannato, non
costituisce un aspetto del trattamento sanzionatorio penale del reato elettorale, ma
costituisce il difetto di un requisito soggettivo per l'esercizio di quel diritto”.
“La ratio della privazione del diritto di elettorato quale effetto extrapenale della
condanna e dell'ininfluenza della sospensione condizionale della pena ai fini di tale
privazione ha coerentemente imposto di riferire il precetto di cui al secondo comma
dell'art. 2 d.P.R. n. 223 del 1967 alle sole condanne a pena detentiva aventi ad oggetto
reati elettorali: in tal senso, l'eccezione al dispiegamento degli effetti sospensivi
stabiliti anche per le pene accessorie dall'art. 166, primo comma, cod. pen., concerne
la privazione del diritto di elettorato contemplato espressamente in tema di reati
elettorali dall'art. 113, primo comma, d.P.R. n. 361 del 1957, come effetto autonomo
e ulteriore rispetto alla (pure stabilita) interdizione dai pubblici uffici”.
(Nel caso concreto il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria
Capua Vetere ricorreva avverso l’ordinanza del Tribunale di S.M.C.V. di revoca
Giurisprudenza di legittimità
Sezioni semplici – Diritto penale
40
dell’ordine di esecuzione – con il quale era stata posta in esecuzione la pena accessoria
dell’interdizione dai pubblici uffici, per la durata di anni uno unitamente alla
condanna di mesi sei di reclusione per il reato di cui all’art. 349 cod. pen., con
sospensione condizionale della pena – dichiarando la non eseguibilità della condanna
relativamente alla pena accessoria, siccome condizionalmente sospesa, e con essa
dell’ordine di esecuzione suddetto con cui era stato disposto il ritiro della tessera
elettorale. Il motivo di ricorso riguardava il presunto vizio del provvedimento di
revoca in quanto, a seguito della modifica della normativa introdotta dalla legge n. 15
del 1992, i condannati a pena che importa l’interdizione dai pubblici uffici, sarebbero
espressamente esclusi dalle liste elettorali, e la sospensione condizionale della pena
non avrebbe effetto ai fini della privazione del diritto di elettorato. La Suprema Corte,
nel disattendere le doglianze formulate dal Procuratore della Repubblica, ha chiarito
che l’effetto sul diritto di elettorato nel caso di specie è derivato dall’esecuzione della
pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni uno per il
reato di cui all’art. 349 cod. pen., pena peraltro sospesa. Trattandosi dunque di ambito
diverso dalla condanna per reati elettorali, il principio dell’effetto sospensivo anche
delle pene accessorie determinato dalla sospensione condizionale della pena è da
ritenersi operante in modo corretto)
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: in relazione alla prima massima, Cass., Sez. I, 4 aprile 2013 n. 31499, ric.
Diodato, Rv. 256794;
Difformi: -
******
L’esercizio abusivo della professione forense e la non operatività
dell’art. 131-bis c.p.
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Alessandro Orabona)
Cass., Sez. II, 13 novembre 2018 (dep. 22 novembre 2018), n. 52619, Pres. Gallo,
Rel. Rago, ric. Incoronato
Diritto penale – Esercizio abusivo di una professione – Configurabilità del reato
– Causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto – Non operatività
(artt. 348, 131-bis c.p.)
“Non può applicarsi la particolare tenuità del fatto in caso di abusivo esercizio della
professione di avvocato, perché tale illecito presuppone una condotta connotata da
ripetitività, continuità o, comunque, dalla pluralità di atti tipici, di per sé ostativa al
riconoscimento della detta causa di non punibilità”.
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41
(Nel caso di specie, in cui l’imputato “si è finto avvocato”, la Corte nel dichiarare
inammissibile il ricorso ha valorizzato alcune circostanze: l’imputato si era avvalso
di una struttura nella quale esercitava la professione legale, con tanto di ufficio con
insegna esterna, di timbri e bigliettini da visita, sui quali era indicata la qualifica di
“avvocato”; l’imputato aveva perfino redatto atti giudiziari, alcuni dei quali con
riscontro positivo per il cliente)
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. Un., 23 marzo 2012, n. 11545; Cass., Sez. VI, 13 febbraio 2017,
n. 6664; Cass., Sez. VI, 28 febbraio 1985, n. 6157; Cass., Sez. VI, 18 novembre 1993,
n. 2685; Cass., Sez.VI, 21 ottobre 1999, n. 904; Cass., Sez. VI, 14 febbraio 2001, n.
13124;
Difformi: Cass., Sez. VI, 8 ottobre 2002, n. 49.
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Furto in supermercato. Ricorre la circostanza aggravante del mezzo
fraudolento anche in caso di omesso utilizzo del sistema del self
scanning
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Marco Muscariello)
Cass., Sez. IV, 8 novembre 2018 (dep. 23 novembre 2018), n. 52827, Pres.
Piccialli, Rel. Bruno, ric. P.M. in proc. Munea T.I.
Diritto penale – Circostanza aggravante del mezzo fraudolento – Omesso o
parziale utilizzo del sistema del self scanning – Idoneità della condotta ad
integrare la nozione di mezzo fraudolento
(artt. 624 e 625, co. I, n. 2) c.p.)
“Nel caso di furto in supermercato è da ritenersi integrata, oltre alla circostanza
aggravante della esposizione alla pubblica fede ai sensi dell’art. 625,, comma I, n. 7
del codice penale, anche quella del mezzo fraudolento, ai sensi del medesimo articolo
al n. 2, quando l’autore – abusando del sistema c.d. di “self scanning”- non passi la
merce sul lettore ottico, essendo la sua condotta connotata da insidiosa efficienza
offensiva, che sorprende la contraria volontà del detentore e vanifica le difese che
questi ha apprestato a protezione della cosa, agevolandone la spoliazione”.
(Fattispecie in cui la Corte ha accolto il ricorso del Pm che aveva impugnato la
mancata convalida dell’arresto per il tentativo di furto in supermercato sia per
l’assenza dei requisiti di cui all’art. 382 c.p.p. sia per l’assenza delle circostanze
aggravanti dell’utilizzo del mezzo fraudolento e della esposizione alla pubblica fede.
Giurisprudenza di legittimità
Sezioni semplici – Diritto penale
42
La decisione è stata così motivata, con riferimento alla sussistenza della circostanza
aggravante del mezzo fraudolento, ritenendo che la condotta del soggetto che aveva
passato solo alcuni prodotti prelevati dallo scaffale sul lettore ottico della cassa, fosse
idonea a soverchiare l'altrui vigilanza e gli accorgimenti precipuamente adoperati
dalla persona offesa per garantire che la cosa custodita – sia pure liberamente
asportabile dallo scaffale in cui era riposta – non esca dalla propria sfera di dominio)
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. Un., 18 luglio 2013, n. 40354, Rv. 255974;
Difformi: -
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Classificazione di un luogo di privata dimora nel reato di furto
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Giovanni Petranico)
Cass., Sez. V, 11 ottobre 2018 (dep. 27 novembre 2018), n. 53200, Pres. Pezzullo,
Rel. Borrelli, ric. Mignone
Diritto penale – Furto – Configurabilità – Privata dimora – Classificazioni
(artt. 624, 624-bis e 625, co. I, n. 4 c.p.)
“Gli indici cui ancorare la classificazione di un luogo come di privata dimora sono:
«a) utilizzazione del luogo per lo svolgimento di manifestazioni della vita privata
(riposo, svago, alimentazione, studio, attività professionale e di lavoro in genere), in
modo riservato ed al riparo da intrusioni esterne; b) durata apprezzabile del rapporto
tra il luogo e la persona, in modo che tale rapporto sia caratterizzato da una certa
stabilità e non da mera occasionalità; c) non accessibilità del luogo, da parte di terzi,
senza il consenso del titolare»”.
(Fattispecie riguardante la non configurabilità di una stanza di un ospedale come
luogo di privata dimora con riqualificazione dell’ipotesi di cui agli artt. 624 e 625 n.
4) cod. pen. rispetto alla contestazione originaria di cui agli artt. 624-bis e 625, co. II,
n. 4) cod. pen.)
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. Un., 23 marzo 2017, n. 31345, D’Amico, Rv. 270076; Cass.,
Sez. VI, 13 maggio 2009, n. 22836, Rizzi, Rv. 244148;
Difformi: -
Centro Studi “Giovanni Bisogni”
43
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Mancata previsione della partecipazione al giudizio del terzo
interessato alla restituzione della cosa confiscata al di fuori delle
ipotesi previste dagli artt. 104-bis disp. att. c.p.p. e 240-bis c.p.
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Errico Frojo)
Cass., Sez. II, 12 ottobre 2018 (dep. 28 novembre 2018), n. 53384, Pres.
Prestipino, Rel. Prestipino, ric. Lega Nord
Confisca – Partecipazione del terzo interessato alla restituzione della cosa
confiscata al giudizio – Mancata previsione al di fuori delle ipotesi previste degli
artt. 104-bis disp. att. c.p.p. e 240-bis cod. pen. – Legittimità – Sussistenza –
Ragioni
(artt. 568 c.p.p., 104-bis disp. att. c.p.p., 240-bis c.p., art. 6 CEDU, art. 117 Cost.)
“In tema di confisca la mancata previsione della partecipazione al giudizio dei terzi
interessati alla restituzione della cosa confiscata è compatibile con i principi
costituzionali e sovranazionali potendo gli stessi esperire i rimedi cautelari previsti
dal codice di procedura penale nel corso del processo e proporre incidente di
esecuzione nel caso di definitività del capo della sentenza concernente la confisca”.
“I terzi interessati ammessi a partecipare al giudizio ai sensi degli artt. 104-bis dip.
att. cod. proc. pen. e 240-bis cod. pen. possono interloquire solo in merito al
collegamento tra il bene oggetto della confisca ed il reato contestato o alla propria
buona fede, restando esclusa ogni possibilità di intervenire sotto il profilo della
responsabilità penale dell’imputato”.
(Fattispecie in cui la Lega nord proponeva appello pur non essendo intervenuta nel
giudizio di primo grado lamentando, nella qualità di terzo interessato alla restituzione
della res in sequestro, la mancata partecipazione al processo e quindi una differenza
di trattamento rispetto ai destinatari del provvedimento legittimati ai sensi degli artt.
104-bis disp. att. c.p.p. e art. 240-bis c.p. a intervenire nel giudizio ed a proporre
appello in relazione al capo della sentenza che dispone la confisca. La Corte ha
precisato che la Lega nord non rientrava tra i soggetti di cui agli artt. 104-bis disp. att.
cod. proc. pen. e art. 240-bis c.p., avendo ritenuto i giudici di merito che il partito
“abbia svolto in sostanza una specie di servizio di cassa” rispetto ai contributi
elettorali illecitamente percepiti dagli imputati. La Corte ha altresì evidenziato che il
Tribunale aveva applicato le norme generali sulla confisca essendo peraltro
indiscutibile che un partito politico sia un ente a rilevanza costituzionale e come tale
non assoggettabile alla disciplina della responsabilità amministrativa dell’ente ai sensi
del d.lgs. 8 giugno 2001 n. 231 od alla confisca per equivalente)
Giurisprudenza di legittimità
Giurisprudenza di legittimità
Sezioni semplici – Diritto penale
44
Conformi: Cass., Sez. I, 6 marzo 2018 (dep. 22 maggio 2018), n. 22899, Rv. 273137;
Cass., Sez. I, 6 giugno 2018 (dep. 30 luglio 2018), n. 36449, Rv. 273612; Cass., Sez.
VI, 19 ottobre 2016 (dep. 14 dicembre 2016), n. 52918, Rv. 268620;
Difformi: -
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La compatibilità tra recidiva e continuazione
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Sabina Coppola)
Cass., Sez. III, 12 settembre 2018 (dep. 4 dicembre 2018), n. 54182, Pres. Rosi,
Rel. Gentili, ric. Pettenon
Diritto penale – Recidiva – Recidiva reiterata – Continuazione fra i reati –
Compatibilità
(artt. 99, 81 c.p.)
“L'istituto della continuazione fra reati, lungi dal comportare un'ontologica
unificazione delle diverse condotte illecite commesse, è fondata sulla previsione di
una mera fictio juris il cui rilievo, ad evidenti fini di temperamento del trattamento
penale del soggetto agente, è determinante solo quoad poenam”.
“Laddove le condotte realizzate abbiano dato origine a diverse sentenze di condanna
penale per delitti, la recidiva non deve essere considerata in via di principio esclusa
dal fatto che tali condotte siano state considerate esecutive di un unico disegno
criminoso, posto che, come detto, alla unicità dell'originario disegno si associa una
pluralità di condotte criminose attuative di esso – ciascuna delle quali sostenute da
un autonomo momento volitivo e ciascuna delle quali tale da realizzare un evento da
cui dipenda l'esistenza del singolo reato commesso – di tal che queste possono, sulla
base del prudente apprezzamento del giudice del merito, costituire efficace
testimonianza della effettiva proclività dell'agente alla violazione della legge penale
e, quindi, della sua accentuata pericolosità criminale”.
“Al di là della insussistenza dei fattori strutturali che avrebbero potuto costituire
ostacolo alla compatibilità fra la figura della recidiva e quella della continuazione
fra reati, non vi è neppure una antinomia funzionale fra le due ipotesi normative.
Infatti, la aggravante di cui all'art. 99 cod. pen. tende a sanzionare in maniera più
incisiva chi, essendo già pregiudicato per un delitto ed avendo commesso un nuovo
reato, abbia in tal modo dimostrato un rafforzamento della volontà criminosa e, di
conseguenza, la propria maggiore pericolosità; la continuazione, invece, riguarda
solo la unitarietà del trattamento sanzionatorio che, in deroga al principio generale
del cumulo materiale, consente – con finalità di contenimento della asprezza degli
effetti del menzionato principio generale – di mitigare, attraverso il particolare
meccanismo di cui all'art. 81, commi primo, terzo e quarto, cod. pen., la entità della
Centro Studi “Giovanni Bisogni”
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pena, unitariamente computata per tutti i singoli reati ricompresi nell'originario
disegno criminoso”.
(Con la sentenza in esame, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto
dall’imputato con il quale insisteva per la declaratoria di estinzione del reato per
intervenuta prescrizione, asserendo non doversi applicare la recidiva reiterata
contestata, in quanto incompatibile con la riconosciuta continuazione).
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. II, 28 maggio 2012, n. 20326; Cass., Sez. VI, 22 dicembre 1998,
n. 2664; con riferimento alla seconda massima, Cass., Sez. IV, 11 maggio 2018, n.
21043;
Difformi: Cass., Sez. V, 15 febbraio 2011, n. 576.
******
Il reato di omissione di atti di ufficio non sanziona il rifiuto di un atto
urgente
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Emma Lorena Cappuccio)
Cass., Sez. VI, 26 settembre 2018 (dep. 5 dicembre 2018), n. 54426, Pres. Mogini,
Rel. Costantini, ric. Casola
Diritto penale – Giudizio di appello – Delitti contro la P.A. – Omissione di atti di
ufficio – Reato di pericolo – Presupposti: indebito rifiuto e colpevole ritardo del
p.u. – Insussistenza del fatto/reato
(art.328, co. I, c.p.)
“Al fine della integrazione del reato di rifiuto di atti di ufficio ex art. 328, comma
primo, cod. pen., l’indifferibilità deve essere accertata in base all’esigenza di
garantire il perseguimento dello scopo cui l’atto è preordinato ed agli effetti al
medesimo concretamente ricollegabili, con la conseguenza che l’assenza di termini
di legge espliciti o la previsione di termini meramente ordinatori non esclude il
dovere di compiere l’atto in un ristretto margine temporale quando ciò sia necessario
per evitare un sostanziale aumento del rischio per gli interessi tutelati dalla norma
incriminatrice”.
“Il reato di omissione di atti di ufficio è un reato di pericolo la cui previsione sanziona
il rifiuto non già di un atto urgente, bensì di un atto dovuto che deve essere compiuto
senza ritardo, ossia con tempestività, in modo da conseguire gli effetti che gli sono
propri in relazione al bene oggetto di tutela”.
(Per l’integrazione della fattispecie di cui all’art. 328, co. I, c.p. in relazione alla
mancata adozione di uno specifico intervento teso a contrastare quanto segnalato da
parte di soggetti istituzionali esterni all’ambito comunale, è indispensabile
Giurisprudenza di legittimità
Sezioni semplici – Diritto penale
46
innanzitutto la dimostrazione della situazione legittimante il potere di intervento da
parte dell’organo a tanto deputato, affinché venga accertato il presupposto oggettivo
la cui presenza impone l’intervento tempestivo del funzionario istituzionalmente
preposto alla funzione di controllo delle fonti di pericolo che possono incombere sulla
sicurezza pubblica).
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: in relazione alla prima massima, Cass., Sez. VI, 20 novembre 2012, n.
47531, Cambria, Rv. 254040; in relazione alla seconda massima, Cass., Sez. VI, 7
maggio 2014 (dep. 30 luglio 2014), n. 33857, Bassi, P.M. in proc. Bruno, Rv. 262076;
Cass., Sez. VI, 29 gennaio 2009, n. 13519, Gardali e altri, Rv. 243684;
Difformi: -
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L’alterazione della cartella clinica configura il falso materiale in atto
pubblico
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Gerardo Auletta)
Cass., Sez. V, 22 ottobre 2018 (dep. 11 dicembre 2018), n. 55385, Pres. Settembre,
Rel. Tudino, ric. Passafiume
Diritto penale – Falso materiale in atto pubblico – Alterazione cartella clinica
(art. 476 c.p.)
“Integra il reato di falso materiale in atto pubblico l’alterazione di una cartella
clinica mediante l’aggiunta di una annotazione, ancorché vera, in un contesto
cronologico successivo e, pertanto, diverso da quello reale; né, a tal fine, rileva che
il soggetto agisca per ristabilire la verità effettuale”.
(Nel caso di specie, sulle cartelle cliniche erano state successivamente apposte dal
medico annotazioni in rettifica con le quali si dava atto della mera erronea indicazione
della data riferita ai precedenti interventi in reparto; annotazioni da ritenersi anch’esse
mendaci perché recanti attestazioni non conformi al vero in quanto finalizzate
all’apparente correzione delle precedenti dichiarazioni di cui era stata rilevata la
falsità)
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. V, 11 luglio 2005, n. 35167;
Difformi: -
Centro Studi “Giovanni Bisogni”
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******
L’elemento soggettivo del delitto di riciclaggio
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Luigia Santoro)
Cass., Sez. II, 23 ottobre 2018 (dep. 17 dicembre 2018), n. 56633, Pres. De
Crescienzo, Rel. Coscioni
Diritto penale – Riciclaggio – Elemento psicologico – Dolo eventuale –
Presunzioni - Attendibilità persona offesa – Sentenza giudice tributario –
Cognizione ricorso per cassazione
(artt. 684-bis c.p., 238-bis c.p.p.)
“Nel delitto di riciclaggio, come nel delitto di ricettazione, l’elemento soggettivo può
essere integrato anche dal dolo eventuale quando l’agente si rappresenta la concreta
possibilità, accettandone il rischio, della provenienza delittuosa del denaro ricevuto
ed investito”.
“La valutazione della attendibilità della persona offesa dal reato rappresenta una
questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale
fornito dal giudice e non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il
giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni”.
“Anche se le sentenze del giudice tributario (e quelle del giudice amministrativo in
genere) non sono vincolanti per il giudice penale in quanto, nel vigente ordinamento
processuale, l’art. 238-bis cod. proc. pen. si limita a consentire l’acquisizione in
dibattimento di sentenze (non necessariamente solo penali) divenute irrevocabili, ma
dispone che esse siano valutate a norma dell’art. 187 e art 192, comma 3, stesso
codice, ai fini della prova del fatto in esse accertato, tale elemento deve comunque
essere oggetto di valutazione”.
“La sussistenza del dolo non può essere desunta sulla base di semplici presunzioni”.
(Con la sentenza in esame la Suprema Corte, partendo dall’assunto che la provenienza
illecita del denaro deve essere provata e non semplicemente presunta, ha annullato la
sentenza impugnata limitatamente alla dichiarazione di penale responsabilità per i
reati di cui all’art. 5 d.lgs. n. 74 del 2000 e all’art. 648-bis c.p., con rinvio ad altra
sezione della Corte di appello di Firenze; viceversa, ha dichiarato inammissibile nel
resto il ricorso, in particolare, in quanto l’elemento soggettivo nel delitto di riciclaggio
può essere integrato anche dal dolo eventuale).
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: con riferimento alla prima massima, Cass., Sez. II, 26 novembre 2013, n.
8330; con riferimento alla seconda massima, Cass., Sez. III, 22 gennaio 2008, n. 8382;
con riferimento alla terza massima, Cass., VI, 24 febbraio 2011, n. 10210;
Difformi: -
Giurisprudenza di legittimità
Sezioni semplici – Diritto penale
48
******
La qualificazione giuridica nelle ipotesi di mancato pagamento del
pedaggio autostradale
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Giuseppe Musella)
Cass., Sez. II, 31 ottobre 2018 (dep. 18 dicembre 2018), n. 56933, Pres. Rago, Rel.
Ariolli, ric. Pansini
Diritto penale – Mancato pagamento pedaggio – Insolvenza fraudolenta –
Esclusione – Truffa – Sussistenza
(artt. 640, 641 c.p.)
“Integra il delitto di truffa, per la presenza di raggiri finalizzati ad evitare il
pagamento del pedaggio, la condotta di chi transiti con l’autovettura attraverso il
varco autostradale, riservato ai possessori di viacard, pur essendo sprovvisto della
relativa tessera”.
(Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso con cui si
chiedeva la riqualificazione della ipotesi di cui all’art. 640 c.p. in quella di cui al
successivo art. 641 c.p., in relazione alla condotta di un soggetto che transitava
attraverso la corsia riservata ai possessori di viacard, senza averne titolo. Ribadendo
un principio consolidato, la Corte ha ritenuto sussistenti in ipotesi di tal genere gli
elementi costitutivi degli artifici e raggiri, propri del delitto di truffa)
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. II, 18 maggio 2007, n. 26289; Cass., Sez. VII, 27 marzo 2018,
n. 33299;
Difformi: -
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Il delitto di frode in pubbliche forniture nell'esecuzione del contratto
avente ad oggetto il servizio di refezione reso in favore di una scuola
privata
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Fabio Cavalli)
Cass., Sez. VI, 26 settembre 2018 (dep. 20 dicembre 2018), n. 57858, Pres. Mogini,
Rel. Di Stefano, ric. P.G. in proc. Cirillo
Reati contro la P.A. – Frode nelle pubbliche forniture – Scuole dell'infanzia
private – Natura pubblicistica – Mensa scolastica – Prestazione non meramente
eventuale ed accessoria
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(artt. 356, 358 c.p.)
“In tema di frode nelle pubbliche fornitura, le scuole la cui gestione è affidata ai
privati non per questo sono prive di connotati di natura pubblicistica, atteso che le
scuole paritarie sono del tutto equiparate nello svolgimento del servizio a quelle
pubbliche mentre le altre private, secondo le loro tipologie di funzionamento, possono
avere vincoli pubblicistici alla gestione che le rende parimenti esercenti un pubblico
servizio ai sensi dell'art. 358 c.p.”.
“Il servizio di istruzione scolastica ricomprende tutte le attività funzionali allo stesso,
quindi non soltanto il momento della lezione ma anche quello della gestione logistica,
compresa la fornitura dei servizi di assistenza alla persona; da ciò ne discende che
la fraudolenta esecuzione del contratto di fornitura dei pasti reso in favore di una
scuola privata, la cui disciplina è soggetta a vincoli e controlli di carattere pubblico,
integra il delitto di cui all'art. 356 c.p.”.
(In applicazione di tale principio, il S.C. – in accoglimento del ricorso proposto dal
Procuratore Generale – ha annullato con rinvio la sentenza di assoluzione emessa della
Corte territoriale, la quale aveva ritenuto dirimente la sola proprietà, privata e non
pubblica, della scuola, omettendo ogni valutazione in ordine alle caratteristiche delle
singole scuole destinatarie delle forniture, laddove il carattere pubblicistico andava
comunque riconosciuto ex sé alle scuole dell'infanzia paritarie ed alle eventuali scuole
dell'infanzia non paritarie disciplinate ai sensi dei commi 4 e 5 dell'art. 1-bis d.l. 5
dicembre 2005 n.250 – scuole di cui all'apposito elenco affisso all'albo dell'ufficio
scolastico regionale – ovvero a quelle che operano per conto di enti pubblici territoriali
con la fruizione di sussidi pubblici).
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: -
Difformi: -
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La responsabilità del consulente esterno per la sicurezza sul lavoro
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Francesco Talamo)
Cass., Sez. IV, 9 ottobre 2018 (dep. 21 dicembre 2018), n. 57937, Pres. Menichetti,
Rel. Ranaldi, ric. Ferrari e Spaggiari
Diritto penale – Leggi speciali – Sicurezza sul lavoro – Posizione di garanzia –
Reati omissivi colposi – Consulente esterno
(artt. 40 co. 2, 589 c.p., art. 1 co. 4-ter, 4 d.lgs. 19 settembre 1994 n. 626)
Giurisprudenza di legittimità
Sezioni semplici – Diritto penale
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“In tema di reati omissivi colposi, la posizione di garanzia, che può essere generata
da investitura formale o dall'esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse
figure di garante, deve essere individuata accertando in concreto la effettiva titolarità
del potere-dovere di gestione della fonte di pericolo, alla luce delle specifiche
circostanze in cui si è verificato il sinistro”
“Occorre che la condotta di cooperazione colposa sia correttamente analizzata e
specificamente individuata sulla base di un ragionamento probatorio che dia
adeguato conto, al di là di ogni ragionevole dubbio, della sua esistenza e
riconducibilità al prevenuto in termini di prevedibilità e prevenibilità dell’evento”.
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. Un., 24 aprile 2014, n. 38343; Cass., Sez. IV, 1 dicembre 2016,
n. 19029;
Difformi: -
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La condotta negligente del lavoratore e l’accertamento del nesso
causale negli infortuni
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Alfonso Tatarano)
Cass., Sez. IV, 5 dicembre 2018 (dep. 27 dicembre 2018), n. 58272, Pres. Izzo,
Rel. Serrao, ric. Bartolucci
Diritto penale – Lesioni personali colpose – Colpa per violazione delle norme per
la prevenzione degli infortuni sul lavoro – Condotta negligente del lavoratore –
Accertamento del nesso causale
(artt. 40, 41, 43, 590 c.p.)
“In materia di prevenzione infortuni, può considerarsi interruttiva del nesso di
condizionamento la condotta abnorme del lavoratore non solo quando essa si colloca
in qualche modo al di fuori dell'area di rischio definita dalla lavorazione in corso ma
anche quando, pur collocandosi nell'area di rischio, esorbiti dalle precise direttive
ricevute e, in sostanza, sia consapevolmente idonea a neutralizzare i presidi
antinfortunistici posti in essere dal datore di lavoro il quale, cionondimeno, deve aver
previsto il rischio ed adottato le misure prevenzionistiche esigibili in relazione alle
particolarità del lavoro”.
Giurisprudenza di legittimità
Centro Studi “Giovanni Bisogni”
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Conformi: Cass., Sez. IV, 7 marzo 2017 (dep. 27 marzo 2017), n. 15174, Trapanotto,
in CED Cassazione n. 273247; Cass., Sez. IV, 11 maggio 2016 (dep. 10 giugno 2016),
n. 24139, Lupoli, non massimata;
Difformi: -
Nota: In motivazione la Corte passa in rassegna diverse ipotesi nelle quali è stata
ravvisata l’interruzione del nesso causale tra l’evento e la violazione della norma
cautelare addebitata al datore di lavoro nella condotta negligente posta in essere dal
lavoratore.
******
Configurabilità del delitto di peculato in capo ad un amministratore
di sostegno
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Mariagiovanna Veneruso)
Cass., Sez. IV, 21 novembre 2018 (dep. 21 dicembre 2018), n. 58237, Pres. Petitti,
Rel. Corbo, ric. Valfré
Diritto penale – Reati contro la pubblica amministrazione – Peculato –
Amministrazione di sostegno
(artt. 314 c.p., 404 c.c.)
“Il delitto di peculato viene a configurarsi in capo ad un amministratore di sostegno,
che nell’esercizio della sua funzione pubblica, si appropria di somme di denaro del
soggetto assistito”.
(Nella fattispecie in esame, la Corte ha rigettato il ricorso dell’imputata condannata
all’esito di giudizio abbreviato, con sentenza confermata in appello, per condotte di
appropriazione di circa sessantamila euro giacenti sul conto corrente intestato al
suocero di cui era stata nominata amministratore di sostegno, mediante bonifici,
assegni circolari, operazioni bancomat e pagamenti vari).
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. VI, 19 maggio 2016, n. 29617; Cass., Sez. VI, 12 novembre
2014, n. 50754;
Difformi: -
Giurisprudenza di legittimità
Sezioni semplici – Diritto penale
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II. Leggi speciali
Il datore di lavoro: “sentinella” dell’incolumità fisica dei propri
lavoratori
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Alessandro Orabona)
Cass., Sez. III, 25 maggio 2018 (dep. 6 novembre 2018), n. 50000, Pres. Cavallo,
Rel. Andronio, ric. Pirovano
Diritto penale – Infortunio su lavoro – Lesioni colpose – Motivi deducibili –
Motivi diversi – Inammissibilità – Procedura de plano
(artt. 590, 77 co. 3 e 4 lett. f), in relazione all’art. 87, co. 2, lett. d), d.lgs. 9 aprile 2008
n. 81, art. 2087 c.c.)
“Il datore di lavoro non è tenuto a creare un ambiente di lavoro “a rischio zero”,
ossia predisponendo misure volte a prevenire anche eventi rischiosi impensabili, ma
deve adottare tutte quelle misure che nel caso concreto e in relazione a quella
specifica lavorazione risultino idonee a prevenire i rischi tecnici dell’attività posta in
essere dal lavoratore.
In qualità di garante dell’incolumità di coloro che prestano un’attività lavorativa,
incombe sul datore di lavoro anche l’obbligo di sorvegliare sulla effettiva adozione
delle stesse (misure), da parte dei preposti e dei lavoratori; tale obbligo, infatti, non
viene meno con la nomina del responsabile di servizio di prevenzione e protezione, il
quale ha una funzione di supporto e giammai di sostituzione del datore di lavoro.
In un solo caso a quest’ultimo non è possibile “muovere alcun rimprovero”, cioè
allorquando il comportamento del lavoratore risulti essere imprevedibile, abnorme,
eccezionale e comunque esorbitante rispetto allo specifico procedimento di
lavorazione e alle precise direttive ricevute”.
(Nel caso specifico, secondo la Suprema Corte, l’imputato, vice presidente del C.d.A.,
nonché titolare di specifica delega in ordine alla sicurezza ed igiene sul lavoro e alla
prevenzione degli infortuni e incendi, sarebbe venuto meno al proprio dovere di
vigilanza per non aver provveduto a far assistere il lavoratore infortunato da altro
personale durante lo svolgimento dell’operazione. Inoltre, la persona offesa, rispetto
a quella specifica attività lavorativa richiesta, non possedeva quel tecnicismo tale da
poter essere considerato idoneo a giustificare la mancanza di controllo di altro
personale, a nulla rilevando la circostanza, pur addotta dalla difesa, secondo cui era
stata predisposta una passerella e che vi era stata una precedente “prova a freddo”)
Giurisprudenza di legittimità
Sezioni semplici – Leggi speciali
54
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. IV, 21 ottobre 2014, n. 4361; Cass. Sez. IV, 12 aprile 2005, n.
20595; Cass. Sez. IV, 5 aprile 2013, n. 50605; Cass. Sez. IV, 20 maggio 2008, n.
27420; Cass. Sez. IV, 13 dicembre 2016, n. 15124; Cass. Sez. IV, 27 giugno 2012, n.
37986; Cass. Sez. IV, 28 aprile 2011, n. 23292;
Difformi: -
******
L’applicabilità della aggravante del danno di rilevante gravità alle
ipotesi di bancarotta societaria
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Giuseppe Musella)
Cass., Sez. V, 16 maggio 2018 (dep. 7 novembre 2018), n. 50489, Pres. Pezzullo,
Rel. Calaselice, ric. Nicosia
Leggi speciali – Bancarotta – Bancarotta societaria – Aggravanti – Operatività
(artt. 216, 219, 223 r.d. 16 marzo 1942 n. 267)
“L’aggravante prevista dall’art. 219, comma 2, n. 1 della legge fallimentare è
applicabile anche al reato di bancarotta impropria, previsto al secondo comma
dell’art. 223. Difatti, il richiamo contenuto in tale articolo allo stesso trattamento
sanzionatorio previsto per le ipotesi ordinarie, non lascia dubbi sulla applicabilità
del regime interamente considerato e, dunque, anche con riferimento alla aggravante
in parola”.
(Nella fattispecie la Corte, aderendo ad un principio già espresso dalle Sezioni Unite,
ha statuito che una organica lettura degli articoli 216, 219 e 223 debba
necessariamente determinare la operatività della aggravante del danno di rilevante
gravità anche alla ipotesi di bancarotta impropria di cui al comma 2 dell’art. 223 r.d.
n. 267 del 1942, cosiddetta bancarotta societaria)
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. Un., 26 maggio 2011, n. 21039; Cass., Sez. V, 21 gennaio 2013,
n. 18695; Cass., Sez. V, 25 gennaio 2012, n.10791; Cass., Sez. V, 18 febbraio 2010,
n. 17690;
Difformi: Cass., Sez. V, 18 dicembre 2009, n. 8828.
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Centro Studi “Giovanni Bisogni”
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Reati stradali: guida in stato di ebbrezza ed esclusione della
punibilità per particolare tenuità del fatto
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Francesco Sogliuzzo)
Cass., Sez. IV, 13 settembre 2018 (dep. 12 novembre 2018), n. 51304, Pres.
Ciampi, Rel. Nardin, ric. Merlani
Leggi speciali – Reati stradali – Guida in stato di ebbrezza – Particolare tenuità
del fatto
(art. 186 d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285, art. 131-bis c.p.)
“La causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis
cod. pen., in quanto configurabile - in presenza dei presupposti e nel rispetto dei limiti
fissati dalla norma - ad ogni fattispecie criminosa, è configurabile anche in relazione
al reato di guida in stato di ebbrezza, non essendo, in astratto, incompatibile, con il
giudizio di particolare tenuità, la presenza di soglie di punibilità all'interno della
fattispecie tipica, rapportate ai valori di tassi alcolemici accertati, anche nel caso in
cui, al di sotto della soglia di rilevanza penale, vi è una fattispecie che integra un
illecito amministrativo.”
“Ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare
tenuità del fatto prevista dall'art. 131-bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità non va
ancorato unicamente alla non ostatività del titolo di reato, ma richiede una
valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta,
che tenga conto, ai sensi dell'art. 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della
condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell'entità del danno o del
pericolo”.
(Il caso concreto attiene alla mancata concessione della causa di non punibilità ad un
imputato del reato di guida in stato di ebbrezza. La Suprema Corte, nel dichiarare
inammissibile il ricorso, ha riconosciuto l’insussistenza della ostatività derivante dal
reato contestato, ma al contempo ha ritenuto esaustiva ai fini della non concedibilità
della fattispecie ex art. 131-bis c.p. la valutazione operata dalla Corte di Appello in
ottemperanza dei parametri di cui all’art. 133 c.p. – tra cui spiccano le modalità
dell’azione –, unitamente alle condizioni di tempo e di luogo).
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. Un., 25 febbraio 2016 (dep. 6 aprile 2016), n. 13681, Tushaj,
Rv. 26658901;
Difformi: -
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Giurisprudenza di legittimità
Sezioni semplici – Leggi speciali
56
La causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del
fatto nella contravvenzione di porto di armi od oggetti atti ad
offendere
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Fabio Cavalli)
Cass., Sez. I, 17 settembre 2018 (dep. 13 novembre 2018), n. 51393, Pres. Di
Tomassi, Rel. Liuni, ric. Poiatti
Armi improprie – Porto fuori dell'abitazione senza giustificato motivo –
Particolare tenuità del fatto – Natura pericolosamente offensiva dello strumento
– Valutazione globale delle peculiarità della fattispecie concreta
(art. 4 l. 18 aprile 1975 n. 110, art. 131-bis c.p.)
“In tema di porto fuori della propria abitazioni di strumenti atti ad offendere,
l'intrinseca natura pericolosamente offensiva del bene non rappresenta elemento
sufficiente per negare la configurabilità della causa di esclusione della punibilità per
particolare tenuità del fatto, prevista dall'art. 131-bis c.p., il cui giudizio richiede –
viceversa - una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della
fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell'art. 133, primo comma, c.p., delle
modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell'entità del
danno o del pericolo”.
(In applicazione di tale principio, il S.C., in accoglimento di uno dei motivi di ricorso
proposti dall'imputato, ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata, riconoscendo
la particolare tenuità del fatto – esclusa dalla Corte territoriale in base al rilievo
dell'intrinseca natura pericolosamente offensiva del coltello – in considerazione delle
già riconosciute circostanze attenuanti generiche e della lieve entità del fatto, nonché
in base all'ulteriore circostanza relativa all'incensuratezza dell'imputato).
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. I, 5 giugno 2017, n. 31683; Cass., Sez. I, 9 maggio 2017, n.
27752; Cass., Sez. I, 7 marzo 2017, n. 51261;
Difformi: -
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La portata applicativa della causa di forza maggiore nelle ipotesi di
omesso versamento IVA (scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Antonio Scotto Rosato)
Cass., Sez. III, 6 luglio 2018 (dep. 26 novembre 2018), n. 52971, Pres. Cavallo,
Rel. Scarcella, Ric. M.G.
Centro Studi “Giovanni Bisogni”
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Leggi speciali – Reati tributari – Omesso versamento IVA – Crisi di liquidità -
Forza maggiore – Dolo generico – Non sussiste
(art. 45 c.p., 10-ter d.lgs. 10 marzo 2000 n. 74)
“Il reato di omesso versamento IVA deve ritenersi a dolo generico, integrato dalla
consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, ravvisabile anche qualora il
datore di lavoro, in presenza di una situazione di difficoltà economica, abbia deciso
di dare preferenza al pagamento degli emolumenti ai dipendenti ed alla manutenzione
dei mezzi destinati allo svolgimento dell'attività di impresa, e di pretermettere il
versamento delle ritenute all'erario, essendo suo onere quello di ripartire le risorse
esistenti all'atto della corresponsione delle retribuzioni in modo da adempiere al
proprio debito erariale, anche se ciò comporta l'impossibilità di pagare i compensi
nel loro intero ammontare”
“Nel caso di reati omissivi propri unisussistenti, la causa di forza maggiore in grado
di escludere il dolo deve essere valutata al momento della consumazione del reato e
non può essere identificata con fattori che incidono solo sull'intima dissociazione
dell'autore della condotta, pur volontaria, dalle conseguenze che ne derivano, sicché
il margine di scelta esclude sempre la forza maggiore perché non esclude la "suitas"
della condotta, con la conseguenza che non si può, allora, invocare la forza maggiore
quando l'inadempimento penalmente sanzionato sia stato concausato dai mancati
accantonamenti e dal mancato pagamento alle singole scadenze mensili e dunque da
una situazione di illegittimità”
(Nel caso di specie un imprenditore, in evidente crisi di liquidità, dava preferenza al
pagamento degli stipendi dei propri dipendenti nonché alla manutenzione dei mezzi
aziendali in luogo dell’obbligatorio versamento dell’IVA)
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: ex multis Cass., Sez. III, 12 luglio 2017 (dep. 25 gennaio 2018), n. 3647,
Pres. Cavallo, Rel. Aceto, Ric. B.
Difformi: -
******
La confisca per equivalente può disporsi anche in assenza di
sequestro e non occorre individuare i beni da apprendere
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Carmine Gatto)
Cass., Sez. III, 21 settembre 2018 (dep. 21 novembre 2018), n. 52998, Pres.
Cervadoro, Rel. Reynaud, ric. P.G. in proc. Sanchez H.M.
Emissione false fatture – Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture falso
– Confisca per equivalente – Profitto del reato
Giurisprudenza di legittimità
Sezioni semplici – Leggi speciali
58
(artt. 2 e 8 d.lgs. 10 marzo 2000 n. 74)
“A fronte della commissione del delitto di emissione di fatture per operazioni
inesistenti, un eventuale illecito profitto consegue di regola non già alla commissione
del suddetto reato da parte dell'emittente, bensì alla (eventuale) commissione, da
parte del destinatario della fattura, del diverso reato di cui all'art. 2 dello stesso
decreto”.
(Nella fattispecie, la Corte ha accolto parzialmente il ricorso del Procuratore Generale
il quale aveva impugnato la sentenza per non avere il giudice disposto, senza alcuna
giustificazione, la confisca obbligatoria dei beni che costituiscono profitto del reato
ovvero la confisca per equivalente a carico dell’imputata ritenuta colpevole dei reati
di cui al d. lgs. 10 marzo 2000 n. 74 artt. 2 e 8)
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. III, 20 gennaio 2017, n. 2804; Cass., Sez. II, 25 ottobre 2016,
n. 49321; Cass., Sez. III, 5 maggio 2016, n. 43952; Cass., Sez. III, 4 febbraio 2016, n.
1545;
Difformi: -
******
Responsabilità omissiva per difetto di vigilanza nei reati edilizi
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Giuseppe Musella)
Cass., Sez. III, 21 settembre 2018 (dep. 26 novembre 2018), n. 53000, Pres.
Cervadoro, Rel. Mengoni, ric. De Maio
Diritto penale – Contravvenzioni urbanistiche – Comproprietari –
Responsabilità – Condotta omissiva – Valutazione – Criteri
(artt. 44 d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380)
“In tema di reati edilizi, la responsabilità del proprietario o del comproprietario non
committente non può essere dedotta esclusivamente dall’esistenza del diritto sul bene
né può essere configurata come responsabilità omissiva per difetto di vigilanza
essendo necessario individuare ulteriori e decisivi criteri, quali la disponibilità della
superficie edificata, l’interesse alla realizzazione delle opere, i rapporti di parentela
con il committente, la presenza durante lo svolgimento dei lavori, il deposito di
provvedimenti abilitativi ed, in generale, tutti gli ulteriori elementi da cui evincere un
apporto anche morale alla commissione del fatto reato”.
(Nella fattispecie la Corte, ritenendo il motivo manifestamente infondato, ha
confermato la responsabilità della comproprietaria attesa la presenza di ulteriori
elementi significativi della sua partecipazione alla realizzazione delle opere. In
Centro Studi “Giovanni Bisogni”
59
particolare l’imputata, oltre ad essere comproprietaria del bene immobile, aveva
goduto del regime patrimoniale della comunione dei beni ed era residente presso lo
stesso luogo ove aveva eletto domicilio per le notificazioni)
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. III, 10 ottobre 2013, n. 44202; Cass., Sez. III, 30 maggio 2012,
n. 25669;
Difformi: -
******
Il reato di manipolazione del mercato ex art. 185 TUF
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Amedeo Bucci de Santis)
Cass., Sez. V, 19 ottobre 2018 (dep. 28 novembre 2018), n. 53437, Pres. Palla, Rel.
Caputo, ric. P.G. e p.c. in proc. Baldassarre A. e altri
Diritto penale parte speciale – Reato di manipolazione del mercato ex art. 185
TUF – Reato di pericolo concreto e di mera condotta – Effettivo realizzarsi di
una alterazione degli strumenti finanziari quotati in borsa – Necessità –
Esclusione
(art. 185 d.lgs. 24 febbraio 1998 n. 58)
“La fattispecie di manipolazione del mercato ex art. 185 TUF è reato di mera
condotta e di pericolo concreto e si consuma nel momento in cui la notizia, idonea a
fornire una errata valutazione del titolo, viene comunicata o diffusa e, cioè, esce dalla
sfera del soggetto attivo. Per la sussistenza del reato è quindi sufficiente che siano
poste in essere le cause dirette a cagionare una sensibile alterazione del prezzo degli
strumenti finanziari quotati nelle liste di borsa, senza che sia necessario che
effettivamente si avveri la predetta alterazione. Il reale ed effettivo verificarsi della
alterazione sopra citata (dell’andamento del titolo) potrà assumere valenza indiziante
in ordine all’idoneità della condotta. Il reato in parola può sussistere anche senza
che la variazione del prezzo si sia concretamente realizzata, in quanto la norma
penale di cui si discute tutela anticipatamente l’interesse dell’ordinamento alla
corretta formazione del prezzo dello strumento finanziario. In ragione di quanto
sopra, è necessaria un’adeguata indagine sull’idoneità ex ante della condotta
manipolativa a produrre una variazione penalmente rilevante indipendentemente da
quanto riscontrato ex post. Ai fini della sussistenza del reato, le notizie diffuse devono
essere caratterizzate dalla concreta idoneità ad incidere sul corso delle contrattazioni
mobiliari, essendo questa la condizione per apprezzare la lesività del fatto. Ulteriore
requisito richiesto dal legislatore discende dall’attributo «sensibile» richiesto dalla
norma per far superare alla distorsione la soglia di rilevanza penale”.
Giurisprudenza di legittimità
Sezioni semplici – Leggi speciali
60
“La configurazione del reato di manipolazione del mercato quale reato di mera
condotta e di pericolo concreto e gli elementi costitutivi inerenti alle connotazioni
delle notizie diffuse o degli artifici adoperati convergono nell’individuare, quale
unico criterio di accertamento del reato stesso, quello della prognosi postuma, ossia
un giudizio in concreto ed ex ante che valorizzi tutti i dati fattuali esistenti al momento
della condotta in funzione delle verifica della connotazione decettiva del fatto
comunicativo e della sua idoneità a produrre effetti distorsivi sul patrimonio
conoscitivo dell’investitore”.
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. II, 28 novembre 2012, n. 12989; Cass., Sez. V, 4 maggio 2011,
n. 28932; Cass., Sez. V, 26 giugno 2012, n. 40393; Cass., Sez. V, 3 aprile 2014, n.
25450;
Difformi: -
Giurisprudenza di merito
Difformi: Trib. Torino, 21 dicembre 2010, Pres. Casalbore, per la quale lo stato di
pericolo per l’andamento degli strumenti finanziari è elemento essenziale del reato e
ne costituisce l’evento. In ragione di quanto sopra la verifica della pericolosità nei
reati di pericolo concreto riguarda situazioni effettivamente prodotte dalla condotta.
La verifica della pericolosità della condotta va fatta su elementi concretamente
riscontrabili in un momento successivo alla condotta.
******
I limiti dell’efficacia probatoria della prova dichiarativa e tecnica nei
delitti di omessa dichiarazione
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Antonio Scotto Rosato)
Cass., Sez. III, 16 luglio 2018 (dep. 3 dicembre 2018), n. 53980, Pres. Di Nicola,
Rel. Andronio, Ric. T.S.
Leggi speciali – Reati tributari – Omessa dichiarazione IVA – Prova dichiarativa
e tecnica – Costi sostenuti – Valutazione
(art. 5 d.lgs. 10 marzo 2000 n. 74)
“L’IVA rappresenta una imposta a sistema chiuso di rilevanza sovranazionale che
può funzionare solo attraverso la specifica tracciabilità di tutte le fatture emesse, a
nulla rilevando l’eventuale ed ipotetica sussistenza di costi non registrati che, in
quanto tali non possono esplicare alcun effetto sulla determinazione della base
imponibile e conseguentemente, sulla quantificazione della imposta evasa con la
Centro Studi “Giovanni Bisogni”
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conseguenza che l’accertamento del reato di cui all’art. 5 d.lgs. n. 74 del 2000 non
può prescindere dall’allegazione documentale dei costi sostenuti”.
“È legittima la statuizione del giudice di merito che valorizzi eventuali costi non
documentati con riferimento alle imposte dirette – non vincolate al rispetto di
stringenti oneri documentali, la cui mancanza ne impedirebbe il funzionamento
intrinseco – e, contemporaneamente, escluda la rilevanza di tali costi, non certificati
dalle fatture emesse, per i reati in materia IVA”.
(Nel caso di specie, il legale rappresentante di una società veniva processato per aver
omesso le dichiarazioni fiscali ai fini IRES ed IVA. In sede dibattimentale, veniva
provata l’esistenza di costi ritenuti dai Giudici di merito rilevanti ai fini della
insussistenza del reato per le dichiarazioni fiscali IRES ma non, invece, per le
dichiarazioni IVA)
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: -
Difformi: -
******
Guida in stato di ebbrezza in bicicletta: conseguenze
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Emma Lorena Cappuccio)
Cass., Sez. IV, 11 ottobre 2018 (dep. 3 dicembre 2018), n. 54032, Pres. Piccialli,
Rel. Bruno, ric. Cuelli
Leggi speciali – Sentenza di patteggiamento – Violazione delle norme sulla disciplina
della circolazione stradale – Individuazione della fattispecie della guida in stato di
ebbrezza – Sanzioni amministrative accessorie – Annullamento senza rinvio
(art. 186, co. 2, lett. b) e 2-bis d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285)
“Il reato di guida in stato di ebbrezza può essere commesso anche mediante la
conduzione di una bicicletta, in ragione della concreta idoneità del mezzo usato ad
interferire sulle generali condizioni di regolarità e di sicurezza della circolazione
stradale”.
“La sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida,
applicabile in relazione a illeciti posti in essere con violazione delle norme sulla
disciplina della circolazione stradale, non può essere disposta nei confronti di chi si
sia posto alla guida di un veicolo per cui non è richiesta alcuna abilitazione, come un
velocipide”.
Giurisprudenza di legittimità
Giurisprudenza di legittimità
Sezioni semplici – Leggi speciali
62
Conformi: in relazione alla prima massima, Cass., Sez. IV, 22 gennaio 2015 (dep. 2
febbraio 2015), n. 4893, Dell’Utri, Rv. 262038; in relazione alla seconda massima,
Cass., Sez. IV, 29 marzo 2013, n. 19413, Cologna, Rv. 255081; Cass., Sez. IV, 11
gennaio 2017 (dep. 24 aprile 2017), n. 20364, Di Salvo, non massimata;
Difformi: -
******
Disapplicabilità del foglio di via non legalmente dato da parte del
giudice di merito
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Errico Frojo)
Cass. Sez. Fer., 27 luglio 2018 (dep. 4 dicembre 2018), n. 54155, Pres. Di
Tommasi, Rel. Casa, ric. Caparelli
Leggi speciali – Misure di prevenzione personali – Foglio di via obbligatorio –
Valutazione della legittimità del provvedimento questorie da parte del giudice di
merito – Disapplicabilità del provvedimento non legalmente dato –
Ammissibilità – Condizioni – Limiti
(artt. 1, 2, 76 co. 3 d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159)
“Il giudice di merito deve disapplicare il provvedimento del Questore ex art. 2 d.lgs.
6 settembre 2011 n. 159 laddove reso in assenza dei presupposti di legge”.
(Fattispecie in cui la Corte ha annullato la sentenza impugnata senza rinvio perché il
fatto non sussiste poiché la Corte territoriale ha erroneamente fondato il proprio
sindacato di legittimità valorizzando l’attività di parcheggiatore abusivo
dell’imputato, fatto che integra non un reato ma un illecito amministrativo inidoneo a
fondare la pericolosità sociale del ricorrente)
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. I, 17 settembre 2014, n. 44221, Chirila, Rv. 260897; Cass., Sez.
I, 16 settembre 2014, n. 41738, Rv. 260515; Cass., Sez. I, 13 dicembre 2007 (dep. 7
gennaio 2008), n. 248, Rv. 238767;
Difformi: -
******
L’imprescrittibilità dell’ordine di demolizione inflitto dal giudice
penale
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Aldo Franceschini)
Centro Studi “Giovanni Bisogni”
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Cass., Sez. III, 21 novembre 2018 (dep. 11 dicembre 2018), n. 55372, Pres.
Liberati, Rel. Noviello, ric. Provenzano
Leggi speciali – Reati urbanistici – Ordine di demolizione – Natura della sanzione
– Imprescrittibilità
(art. 31 co. 9 d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, art. 173 c.p.)
“Integra un intervento in assenza di permesso, e non in totale o parziale difformità
dal titolo, la realizzazione di un manufatto del tutto nuovo, ancorché esso sia
innestato su di una preesistente struttura di per sé conforme agli strumenti ed alle
prescrizioni urbanistiche”.
“L’impossibilità tecnica di demolire un manufatto abusivo, nel caso in cui la
sospensione condizionale della pena sia subordinata alla sua demolizione, rileva
come causa di revoca del beneficio solo se non dipenda da causa imputabile al
condannato”.
“La demolizione del manufatto abusivo, anche se disposta dal giudice penale ai sensi
dell’art. 31, comma 9, qualora non sia stata altrimenti eseguita, ha natura di sanzione
amministrativa che assolve ad un’autonoma funzione ripristinatoria del bene
giuridico leso, configura un obbligo di fare, imposto per ragioni di tutela del
territorio, non ha finalità punitive ed ha carattere reale, producendo effetti sul
soggetto che è in rapporto con il bene, indipendentemente dall’essere stato o meno
quest’ultimo l’autore dell’abuso”.
“La demolizione non può ritenersi una «pena» nel senso individuato dalla
giurisprudenza della Corte EDU e non è soggetta alla prescrizione stabilita dall’art.
173 c.p. né a quella prevista dall’art. 28 della l. n. 689 del 1981 che attiene alle sole
sanzioni pecuniarie con finalità punitiva”.
(Nel caso di specie la Corte dichiarava inammissibile il ricorso proposto dal
condannato avverso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione con cui era stata disposta
la revoca della sospensione condizionale della pena sul rilievo della mancata
ottemperanza all’ordine di demolizione di un manufatto abusivo, cui il beneficio era
stato subordinato).
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: con riferimento alla prima massima, Cass., Sez. III, 16 giugno 2016, n.
16548, Porcelli, Rv. 269624; con riferimento alla seconda massima, Cass., Sez. III,
27 aprile 2016, n. 19387, Di Dio, Rv. 267108; con riferimento alla terza e alla quarta
massima, Cass., Sez. III, 10 novembre 2015, n. 49931, Delorier, Rv. 265540;
Difformi: -
******
Giurisprudenza di legittimità
Sezioni semplici – Leggi speciali
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La legittimazione alla proposizione della querela nel delitto di
infedeltà patrimoniale (scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Antonio Scotto Rosato)
Cass., Sez. V, 7 novembre 2018 (dep. 18 dicembre 2018), n. 57077, Pres. Palla,
Rel. Scotti, ric. D.D.
Leggi speciali – Infedeltà patrimoniale – Diritto di querela – Società – Socio di
minoranza – Ammissibilità
(art. 2634 c.c.)
“In tema di infedeltà patrimoniale, la legittimazione alla proposizione della querela
spetta, non solo alla società nel suo complesso, ma anche – e disgiuntamente – al
singolo socio; il singolo socio, infatti, è persona offesa del reato di infedeltà
patrimoniale, e non solo danneggiato dallo stesso, in quanto la condotta
dell’amministratore infedele è diretta a compromettere le ragioni della società, ma
anche, principalmente, quelle dei soci o quotisti della stessa, che per l’infedele attività
dell’amministratore subiscono il depauperamento del loro patrimonio”
(Fattispecie in cui il legale rappresentante di una società aveva venduto sottocosto
l’intero complesso aziendale amministrato ad altra società in cui questi risultava avere
interessi perché socio di maggioranza)
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: ex multis Cass., Sez. V, 24 giugno 2015 (dep. 30 settembre 2015), n. 39506,
Pres. Lapalorcia, Rel. Savani, Ric. P.G. Pesaro
Difformi: -
******
Sostituzione della pena pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità:
consenso dell’imputato
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Francesco Talamo)
Cass., Sez. I, 10 ottobre 2018 (dep. 28 dicembre 2018), n. 58485, Pres. Mazzei,
Rel. Boni, ric. Perrone
Leggi speciali – Reati stradali – Guida in stato di ebbrezza – Decreto penale di
condanna – Lavori di pubblica utilità
(art. 186, co. 9-bis, d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285)
“Qualora a norma dell’art. 186, comma 9-bis, c.d.s. il giudice disponga con decreto
penale di condanna la sostituzione della pena pecuniaria con il lavoro di pubblica
Centro Studi “Giovanni Bisogni”
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utilità, non è richiesto all’imputato di esprimere una manifestazione di volontà
adesiva, essendo sufficiente la sua mancata opposizione, né, qualora l’assenso sia
formulato con atto scritto, questo deve essere redatto dall’imputato personalmente o
dal suo difensore munito di procura speciale”
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. IV, 2 febbraio 2012, n. 4927;
Difformi: -
Giurisprudenza di legittimità
Sezioni semplici – Leggi speciali
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Centro Studi “Giovanni Bisogni”
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III. Diritto processuale penale
Impedimento a comparire del difensore
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Mariagiovanna Veneruso)
Cass., Sez. III, 17 aprile 2018 (dep. 30 ottobre 2018), n. 49668, Pres. Savani, Rel.
Aceto, ric. Cairo e altro
Diritto processuale penale – Impedimento a comparire del difensore – Malattia
– Carattere assoluto dell’impedimento – Indicazione del grado febbrile – Rischio
per la salute
(artt. 484, 420-ter c.p.p.)
“L’impedimento del difensore a comparire in udienza dovuto a serie, imprevedibili e
attuali ragioni di salute, debitamente documentate e tempestivamente comunicate,
non comporta l’obbligo di nominare un sostituto processuale o di indicare le ragioni
della mancata nomina, ha ribadito la necessità del difensore di provare con idonea
documentazione la sussistenza dell’impedimento indicandone la patologia ed i profili
ostativi alla personale comparizione”.
“L’indicazione del grado della febbre è essenziale per valutare la fondatezza, serietà
e gravità dell’impedimento sicché è inidonea la certificazione medica che si limiti ad
attestare un generico stato febbrile”.
(Nel caso di specie la Corte ha dichiarato inammissibile, in quanto manifestamente
infondato, il motivo di ricorso con cui si lamentava la violazione del diritto di difesa
per mancato rinvio dell’udienza nonostante l’allegazione di legittimo impedimento a
comparire del difensore dovuto a malattia certificata dal medico curante. In
motivazione la Corte ha evidenziato che il certificato prodotto non forniva alcuna
informazione sulla natura assoluta della impossibilità di comparire, limitandosi ad
attestare lo stato influenzale e la prognosi consigliata, consistente in quattro giorni di
riposo, senza nemmeno indicare il grado della febbre e a quale grave e non evitabile
rischio per la salute sarebbe andato incontro il difensore in caso di presenza
all’udienza).
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. Un., 21 luglio 2016, n. 41432; Cass., Sez. V, 19 novembre
2014, n. 3558, Rv. 262846; Cass., Sez. VI, 26 febbraio 2008, n. 24398;
Difformi: -
Giurisprudenza di legittimità
Sezioni semplici – Diritto processuale penale
68
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Ingiusta detenzione cautelare: colpa grave ostativa al riconoscimento
dell’indennizzo solo se adeguatamente provata
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Emma Lorena Cappuccio)
Cass., Sez. IV, 20 settembre 2018 (dep. 2 novembre 2018), n. 49900, Pres.
Piccialli, Rel. Bellini, ric. Igala
Diritto processuale penale – Procedimento di riparazione per ingiusta detenzione
– Provvedimento cautelare – Poteri del giudice della riparazione – Pretesa
indennitaria – Causa impeditiva – Accertamento della colpa grave
(art. 314 c. p.p.)
“Ai fini della esclusione della riparazione per dolo o colpa grave il giudice deve
valutare il comportamento dell’interessato alla luce del quadro indiziario su cui si è
fondato il titolo cautelare, e sempre che gli elementi indiziari non siano stati
dichiarati assolutamente inutilizzabili, ovvero siano stati esclusi o neutralizzati nella
loro valenza nel giudizio di assoluzione”.
“Il giudice della riparazione per l’ingiusta detenzione, al fine di stabilire se chi la ha
patita vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve
valutare tutti gli elementi probatori disponibili, onde accertare – con valutazione
necessariamente “ex ante” e secondo un iter logico-motivazionale del tutto autonomo
rispetto a quello seguito nel processo di merito – non se tale condotta integri gli
estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché
in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua
configurabilità come illecito penale”.
“Ai medesimi fini, inoltre, il giudice deve esaminare tutti gli elementi probatori
utilizzabili nella fase delle indagini, purché la loro utilizzabilità non sia stata
espressamente esclusa in dibattimento”.
“Quanto alla natura del comportamento ostativo, lo stesso può essere integrato anche
dalla condotta di chi, nei reati contestati in concorso, abbia tenuto, pur consapevole
dell’attività criminale altrui, comportamenti percepibili come indicativi di una sua
contiguità”.
“La colpa grave, ostativa al riconoscimento della indennità, può pertanto ravvisarsi
anche in relazione ad un atteggiamento di connivenza passiva quando,
alternativamente, detto atteggiamento: 1) sia indice del venir meno di elementari
doveri di solidarietà sociale per impedire il verificarsi di gravi danni alle persone o
alle cose; 2) si concretizzi non già in un mero comportamento passivo dell’agente
riguardo alla consumazione del reato ma nel tollerare che tale reato sia consumato,
sempreché l’agente sia in grado di impedire la consumazione o la prosecuzione
dell’attività criminosa in ragione della sua posizione di garanzia; 3) risulti aver
oggettivamente rafforzato la volontà criminosa dell’agente, benché il connivente non
Centro Studi “Giovanni Bisogni”
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intendesse perseguire tale effetto e vi sia la prova positiva che egli fosse a conoscenza
dell’attività criminosa dell’agente”.
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: in relazione alla prima massima, Cass., Sez. IV, 15 settembre 2016 (dep. 3
ottobre 2016), n. 41396, Piccolo, Rv. 268238; Cass., Sez. IV, 24 novembre 2017,
Federico, Rv. 271580; in relazione alla seconda massima, Cass., Sez. IV, 13 novembre
2013 (dep. 25 febbraio 2014), n. 9212, Maltese, Rv. 259082; in relazione alla terza
massima, Cass., Sez. IV, 18 febbraio 2016 (dep. 9 maggio 2016), n. 19180, Buccini,
Rv. 266808; in relazione alla quarta massima, Cass., Sez. IV, 25 novembre 2010, n.
45418, Rv. 249273; Cass., Sez. IV, 26 giugno 2008, n. 37528, Rv. 241218; in
relazione alla quinta massima, Cass., Sez. IV, 19 febbraio 2015 (dep. 15 aprile 2015),
n. 15745, Di Giorgio, Rv. 263139; Cass., Sez. IV, 17 novembre 2011 (dep. 21 febbraio
2012), n. 6878, Rv. 252725; Cass., Sez. IV, 3 dicembre 2008 (dep. 21 gennaio 2009),
n. 2659, Rv. 242538;
Difformi: -
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La truffa telematica si consuma nel luogo in cui la vittima versa il
denaro
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Carmine Gatto)
Cass., Sez. I, 17 ottobre 2018 (dep. 5 novembre 2018), n. 49988, Pres. Di Tomassi,
Rel. Centonze, confl. comp. G.i.p. Tribunale di Cosenza
Diritto processuale penale – Truffa – Competenza territoriale – Conflitto di
competenza negativo
(art. 640 c.p., art. 8 c.p.p.)
“Nel delitto di truffa, quando il profitto è conseguito mediante accredito su carta di
pagamento ricaricabile (nella specie "postepay"), il tempo e il luogo di consumazione
del reato sono quelli in cui la persona offesa ha proceduto al versamento del denaro
sulla carta, poiché tale operazione ha realizzato contestualmente sia l'effettivo
conseguimento del bene da parte dell'agente, che ottiene l'immediata disponibilità
della somma versata, e non un mero diritto di credito, sia la definitiva perdita dello
stesso bene da parte della vittima”.
“Nei delitti di truffa, laddove il profitto è percepito mediante accredito su carte di
pagamento ricaricabili, il luogo di consumazione del reato deve individuarsi in quello
in cui la persona offesa procede al versamento del denaro sulla carta, in conseguenza
del quale l'agente ottiene la disponibilità della somma accreditata”.
(Nella fattispecie, la Corte ha risolto un conflitto di competenza negativo tra le due
Procure di Vasto e Cosenza ritenendo che, in merito al delitto di truffa realizzato
Giurisprudenza di legittimità
Sezioni semplici – Diritto processuale penale
70
mediante accredito della somma su postepay, la competenza territoriale si radica nel
luogo in cui la persona offesa ha versato il denaro sulla carta)
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. I, 13 marzo 2015, n. 25230; Cass., Sez. II, 25 ottobre 2016, n.
49321;
Difformi: -
******
Il divieto di esercitare la professione di commercialista
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Gerardo Auletta)
Cass., Sez. II, 19 settembre 2018 (dep. 6 novembre 2018), n. 50065, Pres.
Prestipino, Rel. Rago, ric. Mosconi
Diritto processuale penale – Misure cautelari personali interdittive – Divieto
temporaneo di esercitare determinate attività professionali
(art. 290 c.p.p.)
“La misura cautelare del divieto di esercitare la professione di commercialista va
rapportata alla professione svolta ed alla natura dei reati contestati, ideati ed attuati
proprio in virtù della preparazione professionale”.
(Nel caso di specie, l’applicazione della misura cautelare era fondata anche su un
grave carico pendente della stessa natura giuridica e sul comportamento tenuto
dall’indagato che ben si guardò dall’effettuare la segnalazione prevista dalla
normativa antiriciclaggio)
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: -
Difformi: -
******
Perquisizione illegittima e inutilizzabilità degli elementi di prova
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Francesco Sogliuzzo)
Cass., Sez. III, 18 giugno 2018 (dep. 8 novembre 2018), n. 50657, Pres. Cavallo,
Rel. Gentili, ric. Ballico e altri
Centro Studi “Giovanni Bisogni”
71
Diritto processuale penale – Perquisizione illegittima – Fumus commissi delicti –
Inutilizzabilità elementi di prova
(artt. 247 e ss., 191 c.p.p.)
“In tema di sequestro probatorio, attesa la finalità istruttoria cui l'atto è preordinato,
vi è l'obbligo da parte della polizia giudiziaria di dare avviso al soggetto nei cui
confronti sono svolte le indagini, della facoltà di avvalersi di assistenza legale
fiduciaria prevista dall'art. 114 disp. att. cod. proc. pen. La violazione di siffatto
obbligo, incidendo in modo assai rilevante sul concreto esercizio da parte
dell'indagato del diritto di difesa, costituisce una ipotesi di vizio dell'atto che ne
comporta la insuperabile inutilizzabilità patologica. Il mancato compimento della
prescritta formalità non può non riverberarsi in senso negativo sulla legittimità della
affermazione della sussistenza del fumus commissi delicti”.
“In sede di riesame del sequestro probatorio il tribunale è chiamato a verificare
l'astratta configurabilità del reato ipotizzato valutando il fumus commissi delicti in
relazione alla congruità degli elementi rappresentati, sebbene non già nella
prospettiva di un giudizio di merito sulla concreta fondatezza dell'accusa, bensì con
esclusivo riferimento alla idoneità degli elementi, su cui si fonda la notizia di reato,
a rendere utile l'espletamento di ulteriori indagini per acquisire prove certe o
ulteriori del fatto, non altrimenti esperibili senza la sottrazione del bene all'indagato
o il trasferimento di esso nella disponibilità dell'autorità giudiziaria”.
“Laddove gli elementi sui quali si fonda il giudizio avente ad oggetto la sussistenza
del fumus delicti siano stati illegittimamente acquisti, ne risulti minata la stessa
valutazione sulla sussistenza di tale elemento di giudizio e, pertanto, di conseguenza
anche gli atti la cui validità risulti essere condizionata dalla sussistenza di esso”.
(Il caso concreto attiene a presunte dichiarazioni dei redditi fraudolente effettuate da
una società del Friuli. I ricorrenti, al momento in cui vennero operate le verifiche
fiscali, non furono avvisati della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia.
La sussistenza del fumus commissi delicti, quindi, fu basato su di una attività
accertativa le cui risultanze sono state considerate dalla Suprema Corte illegittime in
quanto affette da inutilizzabilità derivata che il Tribunale di Udine avrebbe dovuto
rilevare e sanzionare).
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. Un., 13 aprile 2016, n. 15453, ric. Giudici;
Difformi: -
******
Accertamento della continuazione fra reati nella fase esecutiva
Giurisprudenza di legittimità
Sezioni semplici – Diritto processuale penale
72
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Alfonso Tatarano)
Cass., Sez. I, 17 settembre 2018 (dep. 13 novembre 2018), n. 51398, Pres. Di
Tomassi, Rel. Liuni, ric. Tarallo
Diritto processuale penale – Applicazione della disciplina del reato continuato in
fase esecutiva – Diritto penale – Reato continuato – Criteri di accertamento del
medesimo disegno criminoso –
(art. 81 c.p., art. 671 c.p.p.)
“Per il riconoscimento della continuazione, è necessario effettuare, anche in sede di
esecuzione, una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali
l'omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le
singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini
programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato,
i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo
sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i
successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea”.
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. Un., 18 maggio 2017 (dep. 8 giugno 2017), n. 28659, Rv.
270074; Cass., Sez. I, 2 luglio 2015 (dep. 6 agosto 2015), n. 34502, Rv. 264294;
Difformi: -
******
Utilizzabilità delle dichiarazioni rese nei PVC in presenza di indizi di
reato
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Francesco Talamo)
Cass., Sez. III, 18 settembre 2018 (dep. 14 novembre 2018), n. 51497, Pres.
Lapalorcia, Rel. Corbetta, ric. Di Peso
Diritto processuale penale – Processo verbale di constatazione – Utilizzabilità –
Prova documentale
(art. 234 c.p.p.; art. 220 disp. att. c.p.p.)
“Il "verbale di costatazione" redatto da personale della Guardia di Finanza o dai
funzionari degli Uffici Finanziari, è qualificabile come documento extraprocessuale
ricognitivo di natura amministrativa e, in quanto tale, acquisibile ed utilizzabile ai
fini probatori ai sensi dell'art. 234 c.p.p. e, a fortiori, nel corso delle indagini
preliminari per l'adozione di misure cautelari, sia personali che reali. Non si tratta
di un atto processuale, poiché non è previsto dal codice di rito o dalle norme di
Centro Studi “Giovanni Bisogni”
73
attuazione (art. 207 disp. att. c.p.p.); né può essere qualificato quale "particolare
modalità di inoltro della notizia di reato" (art. 221 disp. att. c.p.p.), in quanto i
connotati di quest'ultima sono diversi. Nel momento in cui emergono indizi di reato e
non meri sospetti, occorre, però, procedere secondo le modalità prescritte dall'art.
220 disp. att. c.p.p., con la conseguenza che la parte di documento, compilata prima
dell'insorgere degli indizi, ha sempre efficacia probatoria ed è utilizzabile, mentre
non è tale quella redatta successivamente, qualora non siano state rispettate le
disposizioni del codice di rito”.
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: ex plurimis Cass., Sez. III, 12 dicembre 2018, n. 55488; Cass., Sez. III, 18
novembre 2008, n. 6881, Ceraglioli e altri, Rv. 242523; Cass., Sez. III, 17 aprile 1997,
n. 6218, Cetrangolo, Rv. 208633;
Difformi: -
******
La ricorribilità della sentenza-concordato
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Angelo Mastrocola)
Cass., Sez. IV, 24 ottobre 2018 (dep. 15 novembre 2018), n. 51564, Pres. Piccialli,
Rel. Nardin, ric. Putrino
Diritto processuale penale – Sentenza di concordato in appello –- Ricorso per
cassazione – Motivi deducibili – Inammissibilità – Procedura de plano
(art 129, artt. 599-bis, 601 co. 1-bis, 610 co 5-bis c.p.p.)
“Con la reintroduzione del cd. patteggiamento in appello, il giudice
dell’impugnazione, accogliendo la richiesta formulata ai sensi del novellato art 599-
bis c.p.p., non assume l’obbligo di motivare sul mancato proscioglimento
dell’imputato ai sensi dell’art 129 c.p.p., né sull’insussistenza di cause di nullità
assoluta o di inutilizzabilità delle prove poiché, a causa dell’effetto devolutivo proprio
dell’impugnazione, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, la
cognizione del giudice è limitata ai soli motivi non oggetto di rinuncia”.
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. III, 8 marzo 2018, n. 30190; Cass., Sez. VI, 19 marzo 2018, n.
15505;
Difformi: -
Giurisprudenza di legittimità
Sezioni semplici – Diritto processuale penale
74
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La configurabilità dell’assoluto impedimento a comparire
dell’imputato o del difensore
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Giovanni Petranico)
Cass., Sez. II, 30 ottobre 2018 (dep. 19 novembre 2018), n. 52086, Pres. Gallo,
Rel. Messini, ric. Fiaschè
Diritto processuale penale – Assoluto impedimento a comparire dell’imputato o
del difensore – Configurabilità – Valutazione del giudice di merito – Motivazioni
(art. 486 c.p.p.)
“L’assoluto impedimento a comparire dell’imputato o del difensore, conseguente ad
una patologia, deve risolversi in una situazione tale da impedire all’interessato di
partecipare all’udienza se non a prezzo di un grave rischio per la propria salute,
potendo fare il giudice ricorso, per la valutazione di tali requisiti, anche a nozioni di
comune esperienza, indipendentemente da una verifica medico-fiscale”.
“Ai fini del differimento dell’udienza, è riservato al giudice di merito l’apprezzamento
circa la serietà, l’imprevedibilità e l’attualità del dedotto impedimento, ma la relativa
valutazione deve essere sorretta da una motivazione adeguata, logica e corretta”.
(Fattispecie riguardante la violazione di norme processuali previste a pena di nullità,
in relazione agli artt. 178, comma 1 lett. c), e 179 c.p.p., per non avere la Corte di
appello rinviato l’udienza, pur avendo il difensore trasmesso il giorno precedente un
certificato medico attestante il proprio assoluto impedimento a comparire per motivi
di salute).
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. V, 19 novembre 2014, n. 3558, Margherita, Rv. 262846; Cass.,
Sez. IV, 28 gennaio 2014, n. 7979, Basile, Rv. 259287; Cass., Sez. V, 24 settembre
2013, n. 44845, Hrvic, Rv. 257133; Cass., Sez. VI, 10 gennaio 2013. n. 4284, G., Rv.
254896; Cass., Sez. Un., 21 luglio 2016 n. 41432, Nifo Sarrapochiello, Rv. 267747;
Difformi: -
******
Rifiuto di sottoporsi ad alcoltest
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Alfonso Tatarano)
Cass., Sez. IV, 8 novembre 2018 (dep. 21 novembre 2018), n. 52380, Pres.
Piccialli, Rel. Ferranti, ric. Pacor
Centro Studi “Giovanni Bisogni”
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Circolazione stradale – Rifiuto di sottoporsi ad alcoltest – Indagini preliminari –
Accertamenti urgenti sulle persone – Assistenza del difensore
(artt. 186, 187 d.lgs. 30 aprile 1992 n. 252, artt. 354, 356 e 114 disp. att. c.p.p.)
“È legittima l’intimazione rivolta dagli operanti ad effettuare le prove attraverso gli
strumenti di rilevamento portatili sulla base di condizioni di fatto che lascino ritenere
evidente lo stato di alterazione psicofisica derivante dall’uso di stupefacente”.
“L’avviso reso ai sensi dell’art. 114 disp. att. c.p.p. della facoltà di farsi assistere da
un difensore di fiducia prima del compimento degli accertamenti in ordine alla
presenza di tasso alcolemico nel sangue deve ritenersi legittimamente dato anche con
riferimento ai diversi rilievi sulla presenza di sostanze stupefacenti, se questi ultimi
si svolgono nel medesimo contesto spazio-temporale”.
(Fattispecie in cui la Corte ha confermato il principio secondo cui la fattispecie di
reato prevista dall’art. 187 co. 8 CdS è configurabile soltanto laddove siano stati
raccolti elementi sintomatici della sussistenza di uno stato di alterazione da uso di
stupefacenti del soggetto fermato alla guida, non potendosi ritenere ammissibile la
sottoposizione dello stesso ad un controllo in via puramente esplorativa)
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. IV, 11 gennaio 2017 (dep. Il 14 marzo 2017), n. 12197 in CED
Cassazione n. 269394;
Difformi: -
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Rapporti tra sequestro preventivo finalizzato alla confisca
obbligatoria, diretta o per equivalente, e concordato preventivo
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Raffaele Corrente)
Cass., Sez. III, 17 luglio 2018 (dep. 21 novembre 2018), n. 52428, Pres. Cavallo,
Rel. Andronio, ric. Porri
Sequestro preventivo – Misura cautelare finalizzata alla confisca obbligatoria –
Concordato preventivo – Prevalenza del provvedimento di sequestro – Periculum
in mora
(artt. 322-ter e 640-quater, c.p., art. 321 c.p.p., art. 12-bis co. 1 d.lgs. 10 marzo 2000
n. 74)
“Il sequestro funzionale alla confisca, diretta o per equivalente, prevista dall’art. 12
bis, primo comma, d.lgs. 74 del 2000, prevale sui diritti di credito vantati sul
medesimo per effetto dell’ammissione al concordato, attesa l’obbligatorietà della
Giurisprudenza di legittimità
Sezioni semplici – Diritto processuale penale
76
misura oblatoria alla cui salvaguardia è finalizzato il sequestro, posto che,
sull’interesse dei creditori, prevale l’esigenza di inibire, in vista della sua definitiva
acquisizione da parte dello Stato, l’utilizzazione di un bene intrinsecamente ed
oggettivamente pericoloso”.
“Nel sequestro finalizzato alla confisca obbligatoria, il Giudice deve solo verificare
che i beni oggetto di sequestro rientrino nelle categorie di cose suscettibili di confisca,
senza dover svolgere alcuna indagine circa la sussistenza del periculum in mora”.
(Il ricorrente impugnava la decisione del Tribunale del Riesame di Arezzo che aveva
confermato il sequestro per equivalente disposto dal Gip di Arezzo per i reati di cui
artt. 10-bis e 10-ter del d.lgs. n. 74 del 2000 articolando due motivi di doglianza. In
primo luogo, lamentava l’insussistenza del fumus commissi delicti, ritenendo che,
essendo stata avanzata proposta di concordato preventivo, sarebbe stato
automaticamente precluso il pagamento del debito tributario. In secondo luogo,
lamentava l’insussistenza del periculum in mora, inteso quale nesso di derivatività tra
il reato contestato ed i beni sequestrati, avendo il Tribunale erroneamente ritenuto di
non valutare né il decorso del tempo né le condizioni per considerare l'equivalente
monetario oggetto di sequestro come profitto del reato. Occorre osservare, con
riferimento al primo motivo, una certa asimmetria tra la causa petendi
dell’impugnazione e le argomentazioni a sostegno del rigetto, poiché la Corte,
piuttosto che analizzare i limiti e la misura entro cui il concordato preventivo escluda
la configurabilità dei reato di omesso versamento, incentra la risposta sulla questione
relativa alla “prevalenza” tra la posizione dei creditori concordati e il credito
dell’erario che, ovviamente, non attiene a ben vedere neppure al problema della
emanabilità del provvedimento di sequestro ma a quello successivo in cui i due titoli
- il concordato preventivo ed il sequestro per equivalente - diano luogo ad una
situazione di conflitto).
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: ex multis, Cass., Sez. III, 1 marzo 2016 (dep. 9 giugno 2016), n. 23907,
P.M. in proc. Taurono; Cass., Sez. III, 9 febbraio 2017 (dep. 7 giugno 2017), n. 20887;
e, pur con differenze rispetto al periculum in mora, inteso in sentenza quale nesso di
derivazione tra reato e bene, per il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente,
Cass., Sez. III, 30 ottobre 2017 (dep. 27 febbraio 2018), n. 8995;
Difformi: nel senso che l’inserimento del debito tributario nel piano di concordato
omologato escluderebbe il sequestro, Cass., III, 27 maggio 2015, 22127.
******
I motivi dell’impugnazione sono specifici anche se ripropongono
argomenti disattesi dal primo giudice
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Carmen Moscarella)
Centro Studi “Giovanni Bisogni”
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Cass., Sez. I, 14 giugno 2018 (dep. 21 novembre 2018), n. 52526, Pres. Tardio,
Rel. Magi, Ric. Zagaria P.
Diritto processuale penale – Riproposizione motivi già dedotti – Ammissibilità
del ricorso
(art. 581 c.p.p., art. 35-ter O.P.)
“Nei casi in cui il fatto sottoposto alla cognizione del primo giudice sia incontroverso
e il motivo del primo diniego sia essenzialmente articolato in diritto, il potere di
critica spettante alla parte soccombente può essere esercitato tramite la
riproposizione degli argomenti disattesi dal primo giudice, atteso che resta
coessenziale alla natura dell’impugnazione, intesa come rivalutazione della quaestio
iuris, la facoltà della parte di ottenere un nuovo apprezzamento dei possibili
significati delle disposizioni normative incidenti sul tema”.
(Nel caso in esame la Corte si è occupata di un ricorso avverso un’ordinanza del
Tribunale di sorveglianza di Sassari che dichiarava inammissibile un reclamo,
proposto da un detenuto in regime di 41-bis O.P., avverso un decreto del Magistrato
di sorveglianza in materia di ristoro da detenzione inumana o degradante perché
sarebbero stati ripercorsi pedissequamente i motivi già esposti genericamente al
Magistrato. In motivazione la Corte ha precisato che la specificità dei motivi di
impugnazione si atteggia in maniera diversa non solo tra impugnazione di merito [a
critica libera] e di legittimità [a critica vincolata] ma anche in rapporto ai contenuti
della prima decisione giurisdizionale ed ai punti rilevanti per la decisione finale. II
dissenso della parte dalla interpretazione fornita dal primo giudice può pertanto essere
esercitato tramite la riproposizione di taluni argomenti - in fatto e diritto - disattesi,
posto che nessuna disposizione processuale potrebbe attribuire al primo giudice il
monopolio dell'attività interpretativa né potrebbe costringere la parte 'soccombente' a
variare la prospettiva interpretativa delle disposizioni coinvolte, lì dove resti convinta
della bontà della sua opzione iniziale)
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. Un., 27 ottobre 2016 (dep. 2017), n. 8825, ric. Galtelli, Rv.
268822;
Difformi: -
******
L’inefficacia della dichiarazione di nomina del difensore di fiducia
inoltrata all’AG con PEC
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Alessandro Orabona)
Giurisprudenza di legittimità
Sezioni semplici – Diritto processuale penale
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Cass., Sez. V, 25 ottobre 2018 (dep. 27 novembre 2018), n. 53217, Pres. Palla, Rel.
Borrelli, ric. Di Giuseppe
Diritto processuale penale – Nomina del difensore di fiducia trasmessa via PEC
– Inefficacia – Dichiarazione di adesione all’astensione
(art. 96 co. 2 c.p.p.)
“Al di fuori dei casi di dichiarazione di nomina del difensore da parte dell’indagato
o dell’imputato effettuata direttamente all’Autorità Giudiziaria procedente, la
nomina incorporata in un atto scritto può essere portata a conoscenza dell’AG o
attraverso la materiale consegna, oppure con la trasmissione via raccomandata”.
(Nel caso di specie, in stretta aderenza al dettato normativo di cui all’art. 96 co. 2
c.p.p., la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’imputato, perché la nomina
pervenuta alla Corte territoriale, unitamente alla dichiarazione di astensione del
difensore nominato, è stata ritenuta inefficace, perché trasmessa con PEC e dunque
con modalità differenti rispetto a quelle espressamente contemplate dal codice di rito)
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. IV, 11 gennaio 2017 (dep. Il 14 marzo 2017), n. 12197 in CED
Cassazione n. 269394;
Difformi: -
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Il sequestro preventivo dell’opera pubblica ultimata
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Amedeo Bucci de Santis)
Cass., Sez. III, 10 luglio 2018 (dep. 29 novembre 2018), n. 53638, Pres.
Lapalorcia, Rel. Aceto, ric. Alemanno
Diritto processuale penale – Sequestro preventivo – Opera pubblica – Opera
ultimata – Sequestrabilità – Necessità del periculum in mora – Condizioni
(art. 321c.p.p., art. 44 lett. c) d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380)
“In tema di sequestro preventivo, anche con riferimento al reato paesaggistico è
necessario motivare adeguatamente la attualità e la concretezza del pericolo di una
effettiva ulteriore lesione dell’ambiente e del paesaggio conseguenti all’utilizzo del
manufatto abusivo ultimato”.
“L’aggravamento delle conseguenze del reato non può essere ritenuto insito nella
vocazione agricola dell’area di sedime ovvero dal suo inserimento in zona sottoposta
a vincolo paesaggistico”.
Centro Studi “Giovanni Bisogni”
79
“Ancorché manchi per le misure cautelari reali una previsione esplicita di
concretezza come quella codificata per le misure sulla libertà personale alla lettera
c) dell’art. 274 c.p.p., è nella fisiologia del sequestro preventivo, quale misura
anch’essa limitativa di libertà costituzionalmente garantite, che il pericolo debba
essere contrassegnato dalla effettività e dalla concretezza”.
“Spetta al giudice di merito con adeguata motivazione compiere un’attenta
valutazione del pericolo derivante dal libero uso della cosa pertinente all’illecito
penale”.
(Il ricorso aveva ad oggetto il decreto di sequestro preventivo emesso dal G.i.p. di
Spoleto con cui veniva sottoposto a sequestro preventivo in Norcia, per reati
urbanistico e paesaggistico, il centro polivalente comunale di protezione civile per
l’emergenza sisma 2016, noto anche come padiglione delle esposizioni o sala Boeri.
Quanto al periculum in mora, in relazione alla citata opera abusiva di proprietà
comunale realizzata in zona agricola ed all’interno del parco dei Monti Sibillini e dei
siti di Natura 2000, il G.i.p. ha sostenuto che l’opera era destinata ad avere incidenza
negativa in ragione delle dimensioni notevoli, dell’utilizzo da parte di un numero
elevato di utenti, della dotazione di opere di urbanizzazione e dei progetti di
estensione. La S.C. ha ritenuto inadeguata tale motivazione mancando un’effettiva e
penetrante valutazione delle ragioni della compromissione delle diverse matrici
ambientali derivante dall’utilizzo dell’opera stessa. Andava chiarito in che modo
l’utilizzo da parte di numerosi utenti di un’opera finalizzata a promuovere momenti
di aggregazione sociale possa incidere in modo irrimediabile sul carico urbanistico.
Nel caso di specie (da parte del G.i.p.) andavano affrontati i temi: della preesistenza
di opere nell’area di intervento, del concreto pregiudizio subito dalla destinazione
agricola della zona, della proprietà comunale dell’opera, del contesto sconvolto dal
sisma nel quale è stata realizzata, e della destinazione dell’opera a soddisfare esigenze
proprie della pubblica amministrazione che si è resa protagonista della sua
realizzazione, dell’esito per niente scontato del procedimento amministrativo
finalizzato alla demolizione dell’opera)
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. IV, 28 febbraio 2018, n. 15254; Cass., Sez. III, 13 dicembre
2017, n. 170; Cass., Sez. III, 17 luglio 2016, n. 35456; Cass., Sez. III, 28 maggio 2008,
n. 27134;
Difformi: parzialmente Cass., Sez. III 8 aprile 2016, n. 30405.
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Inammissibilità dell’impugnazione per c.d. aspecificità
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Mariagiovanna Veneruso)
Giurisprudenza di legittimità
Sezioni semplici – Diritto processuale penale
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Cass., Sez. IV, 14 giugno 2018 (dep. 5 dicembre 2018), n. 54223, Pres. Dovere,
Rel. Nardin, ric. Bernardini
Diritto processuale penale – Inammissibilità dell’impugnazione – c.d. aspecificità
– Mera reiterazione di motivi dedotti in appello – Motivi apparenti
(artt. 590, 581 c.p.p.)
“Il ricorso per Cassazione deve essere fondato su motivi diversi e specifici rispetto a
quelli dedotti in sede di appello poiché essi assolvono alla funzione di critica alla
sentenza impugnata, è necessario che vengano indicati specificamente le ragioni di
diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta, in modo da evidenziare il
contenuto della violazione di legge o il vizio di motivazione, che se eliminati
conducono ad una decisione diversa ossia nel senso richiesto”.
(Nel caso di specie la Suprema Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso proposto
nell’interesse dell’imputato, ha chiarito che, se il motivo di ricorso in sede di
legittimità si limita a ripetere quanto già chiesto al giudice precedente, riproponendo
le medesime doglianze, fallisce lo scopo dell’impugnazione, perché non critica la
decisione che ne forma oggetto, che diviene indifferente rispetto alla stessa richiesta,
ma quella del grado precedente).
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez.VI, 11 marzo 2009, n. 20377; Cass., Sez. V, 15 febbraio 2013
(dep. 26 giugno 2013), n. 28011, Rv. 255568;
Difformi: -
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Le condotte riparatorie nel procedimento dinanzi al giudice di pace
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Mariagiovanna Veneruso)
Cass., Sez. IV, 14 giugno 2018 (dep. 5 dicembre 2018), n. 54223, Pres. Dovere,
Rel. Nardin, ric. Bernardini
Diritto processuale penale – Procedimento giudice di pace – Condotte riparatorie
– Presupposti – Termine di realizzazione
(art. 35 d.lgs. 28 agosto 2000 n. 274)
“Nel procedimento davanti al giudice di pace, l’operatività della speciale causa di
estinzione del reato, prevista dall’art. 35 d.lgs. 28 agosto 2000 n. 274, presuppone
sia la riparazione del danno cagionato mediante restituzione o il risarcimento sia
l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, non essendovi
alternatività tra le due condotte previste dalla norma, atteso che tali esigenze, ove
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sussistenti, devono essere entrambe soddisfatte”.
“In tema di processo avanti al giudice di pace, il termine dell’udienza di
comparizione, previsto per procedere alla riparazione del danno cagionato dal reato,
ha natura perentoria, con la conseguenza che, in caso di inosservanza, l’imputato
decade dall’accesso al trattamento di favore né grava sul giudice alcun onere di
informare l’imputato della possibilità di provvedere alle condotte riparatorie”.
(Nel caso in questione, avente ad oggetto una sentenza di condanna del Giudice di
pace di Pisa per lesioni colpose cagionate dal conducente in un bus urbano nelle
operazioni di chiusura delle porte, la Corte ha dichiarato la inammissibilità, per
manifesta infondatezza, del motivo di ricorso fondato sulla mancata applicazione
della causa di estinzione di cui al citato art. 35, in ragione delle pacifiche non
esaustività del risarcimento e della tardività dell’integrazione proposta dall’imputato).
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. Un., 23 aprile 2015 (dep. 31 luglio 2015), n. 33864, P.C. in
proc. Sbaiz, Rv. 26423901; Cass., Sez. IV, 20 settembre 2017 (dep. 31 ottobre 2017),
n. 50020, Rv. 27117801;
Difformi: -
******
L'utilizzabilità nel processo penale degli esiti dell'attività ispettiva
svolta dalla Guardia di Finanza
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Fabio Cavalli)
Cass., Sez. III, 16 ottobre 2018 (dep. 12 dicembre 2018), n. 55488, Pres. Rosi, Rel.
Scarcella, ric. Melluso
Diritto processuale penale – PVC – Utilizzabilità nel processo penale –
Emersione di indizi di reato nel corso dell'attività ispettiva – Acquisizione delle
fonti di prova con modalità garantite – Nullità di ordine generale – Regime
relativo
(art. 220 disp. att. c.p.p, artt. 178, co. 1, lett. c) e 181 c.p.p.)
“In tema di utilizzabilità del PVC redatto dalla Guardia di Finanza, se nel corso
dell'attività ispettiva emergono indizi di reato, l'acquisizione degli atti necessari ad
assicurare le fonti di prova - secondo quanto disposto dall'art. 220 disp. att. c.p.p. -
deve avvenire nel rispetto delle disposizioni del codice di rito, la cui mancata
osservanza integra la nullità di ordine generale prevista dall'art. 178, comma primo,
lett. c) c.p.p.; tuttavia, detta nullità deve essere eccepita prima della pronuncia del
provvedimento che conclude l'udienza preliminare, ovvero, se questa udienza manchi,
entro il termine previsto dall'art. 491, comma primo, c.p.p.”
Giurisprudenza di legittimità
Sezioni semplici – Diritto processuale penale
82
(In applicazione di tale principio, il S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso
proposto dall'imputato – con il quale aveva dedotto l'inutilizzabilità del PVC, nella
parte relativa all'attività di acquisizione delle fonti di prove successiva all'emersione
di indizi di reato e svolta senza le formalità previste dal codice di rito - atteso che
l'eccezione, sia pur fondata, è stata sollevata tardivamente ovvero per la prima volta
con i motivi di ricorso).
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. III, 18 settembre 2018, n. 51497; Cass., Sez. III, 25 settembre
2018, n. 54590; Cass., Sez. III, 26 ottobre 2017, n. 4736; Cass., Sez. III, 12 luglio
2016, n. 42074
Difformi: -
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Sequestro conservativo e diritti del terzo contitolare
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Raffaele Corrente)
Cass., Sez. II, 14 novembre 2018 (dep. 20 dicembre 2018), n. 57829, Pres.
Prestipino, Rel. Recchione, ric. Vassella
Sequestro conservativo – Periculum in mora – Sequestro di bene del terzo nella
disponibilità dell’indagato – Contitolarità del diritto o del rapporto giuridico –
Conto corrente cointestato
(art. 185 c.p., art. 316 c.p.p., artt. 1100 e ss., 1292 e ss., 1854 c.c.)
“L’emanazione del provvedimento di sequestro conservativo, avendo la funzione di
evitare la dispersione delle risorse economiche dell’indagato utili per il
soddisfacimento della parte civile, richiede semplicemente che vi sia fondato motivo
per ritenere che manchino le garanzie del credito, ossia che il patrimonio del debitore
sia attualmente insufficiente per il soddisfacimento delle obbligazioni di cui art. 316
commi 1 e 2 cod. proc. pen., non occorrendo che sia simultaneamente configurabile
un futuro depauperamento del debitore”.
“La disponibilità per l’indagato dei beni di terzi non giustifica la loro sottoposizione
a sequestro conservativo. Infatti, poiché il sequestro conservativo è finalizzato a
garantire il ristoro patrimoniale della parte civile ed è correlato all’accertamento
della responsabilità che investe l’indagato, lo stesso non può investire beni di terzi in
assenza della prova della intestazione fittizia”.
“In tema di sequestro conservativo, poicheé la cointestazione del conto corrente
bancario opera nei confronti dei terzi, facendo presumere la contitolarità dell'oggetto
del contratto, e poiché la solidarietà attiva e passiva prevista dall'art. 1854 cod. civ.
è limitata ai soli rapporti fra correntisti ed istituto, di talché il creditore di uno degli
Centro Studi “Giovanni Bisogni”
83
intestatari non può pretendere di aggredire presso la banca l'intero importo della
prestazione dovuta a tutti i cointestatari solidali, ma può colpire solo la quota
spettante al suo debitore (la quale, in assenza di diverse indicazioni, si presume
uguale a quella egli altri ai sensi dell'art. 1101 cod. civ.), deve ritenersi illegittima
l'apposizione del vincolo cautelare, finalizzato a garantire l'adempimento delle
obbligazioni civili nascenti dal reato, sull'intero ammontare dei depositi bancari
cointestati, salva ovviamente la prova positiva dell'esclusiva titolarità delle somme
all’imputato”.
(La ricorrente, estranea al reato contestato, impugnava il provvedimento del Tribunale
del Riesame di Latina che, sul presupposto della disponibilità dei beni in capo
all’indagato, marito dell’impugnante, aveva confermato provvedimento di sequestro
conservativo di tutte le somme presenti sul c.c. cointestato indagato nonché il
sequestro conservativo dell’immobile in regime di comunione legali dei beni. La
Suprema Corte, accogliendo il gravame, ha annullato senza rinvio l'ordinanza
impugnata e il decreto di sequestro relativamente alla quota di comproprietà spettante
al ricorrente sull'immobile disponendone la restituzione alla ricorrente; e con rinvio
al Tribunale di Latina sezione per il riesame dei provvedimenti coercitivi
relativamente al conto corrente cointestato con integrale trasmissione degli atti).
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: sul periculum in mora, per tutte, Cass., Sez. Un., 25 settembre 2014 (dep.
11 dicembre 2014), n. 51660, Zambito. Sulla sequestrabilità solo pro quota delle
somme su c.c. cointestato, salva la prova di intestazione fittizia, Cass., Sez. II, 30
ottobre 1997 (dep. 21 novembre 1997), n. 5697, Bartolini; Cass., Sez. II, 26 maggio
2009 (dep. 11 giugno /2009), n. 24092, Palumbo;
Difformi: con riferimento al periculum in mora, prima dell’intervento delle Sez. Un.,
che per molti profili hanno risolto un contrasto puramente nominalistico, Cass., Sez.
IV, 17 maggio 1994 (dep. 24 giugno 1994), n. 707, Corti, per la quale sarebbe
necessaria la prova di una situazione in itinere di depauperamento.
******
I criteri di calcolo dell’indennizzo per ingiusta detenzione
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Aldo Franceschini)
Cass., Sez. IV, 5 dicembre 2018 (dep. 27 dicembre 2018), n. 58298, Pres. Izzo,
Rel. Serrao, ric. Fiorucci
Diritto processuale penale – Procedimento di riparazione per ingiusta detenzione
– Criteri calcolo indennizzo – Criterio nummario – Criterio equitativo
(artt. 315 c.p.p.)
Giurisprudenza di legittimità
Sezioni semplici – Diritto processuale penale
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“Il controllo sulla congruità della somma liquidata a titolo di riparazione è sottratto
al giudice di legittimità, che può soltanto verificare se il giudice di merito abbia
logicamente motivato il suo convincimento, senza sindacare la sufficienza o
l’insufficienza dell’indennità liquidata, a meno che, discostandosi sensibilmente dai
criteri usualmente seguiti, lo stesso giudice non abbia adottato criteri manifestamente
arbitrari o immotivati ovvero abbia liquidato in modo simbolico la somma dovuta”.
“In tema di giudizio di riparazione per ingiusta detenzione, qualora la perdita di
libertà, pur limitata nel tempo, abbia avuto effetti devastanti e le conseguenze
personali e familiari abbiano assunto rilievo preponderante, dovrà darsi prevalenza
al criterio equitativo e non al solo criterio nummario”.
“Nel procedimento di riparazione per ingiusta detenzione, il principio dispositivo,
per il quale la ricerca del materiale probatorio necessario per la decisione è riservata
alle parti, tra le quali si distribuisce in base all’onere della prova, è temperato dai
poteri istruttori del giudice, il cui esercizio d’ufficio, eventualmente sollecitato dalle
parti, si svolge non genericamente ma in vista di un’indagine specifica, secondo un
apprezzamento della concreta rilevanza al fine della decisione, insindacabile in sede
di legittimità se non sotto il profilo della correttezza del procedimento logico”.
(Nel caso di specie la Corte rigettava il ricorso presentato avverso il provvedimento
con cui la Corte di appello di Perugia, in parziale accoglimento della domanda
avanzata dalla parte, aveva liquidato, a titolo di riparazione, la somma di euro 2.000
per due giorni di custodia cautelare, corrispondente a nove volte quella risultante dal
mero criterio aritmetico)
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: con riferimento alla prima massima, Cass., Sez. IV, 25 febbraio 2010, n.
10690, Cammarano, Rv. 24642401; con riferimento alla seconda massima, Cass., Sez.
IV, 14 febbraio 2012, n. 49832, Bagnolini, Rv. 25408301; con riferimento alla terza
massima, Cass., Sez. IV, 8 ottobre 2013, dep. 2014, n. 4070, Cacopardo, Rv.
25842401; Cass., Sez. IV, 21 febbraio 2012, n. 18848, Ferrante, Rv. 25355501;
Difformi: -
******
Sequestro preventivo operato nei confronti del terzo e diritti
conseguenziali
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Luigia Santoro)
Cass., Sez. III, 18 maggio 2018 (dep. 27 dicembre 2018), n. 58327, Pres. Cavallo,
Rel. Aceto, ric. Omorodion
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Diritto processuale penale – Sequestro preventivo – Confisca per equivalente –
Individuazione beni – Disponibilità – Terzo proprietario – Richiesta di riesame
– Legittimazione – Trascrizione atto traslativo
(artt. 322, 322-ter c.p.p., 12-bis d.lgs. 10 marzo 2000 n. 74)
“Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente può certamente
riguardare beni di terzi purché la persona sottoposta alle indagini ne abbia la
disponibilità. Sicché la legittimazione non è legata solamente alla proprietà formale
del bene, ma anche alla sua disponibilità”.
“L’individuazione specifica dei beni da apprendere e la verifica della corrispondenza
del loro valore al quantum indicato nel sequestro preventivo finalizzato alla confisca
per equivalente non costituiscono requisito di legittimità del decreto stesso, tuttavia
deve essere precisato che, ove l’individuazione dei beni da sequestrare avvenga in
sede esecutiva, il terzo che si limiti a rivendicarne l’esclusiva titolarità o disponibilità
è legittimato a proporre richiesta di riesame ai sensi dell’art. 322 cod. proc. pen.”.
“Ai fini dell’applicazione dell’art. 322-ter cod. pen. (oggi, art. 12-bis d.lgs. n. 74 del
2000), non rileva la trascrizione dell’atto traslativo prima di quella del decreto di
sequestro bensì l’effettivo trasferimento della proprietà quale conseguenza
immediata di un provvedimento giudiziale di data certa anteriore alla emissione
stessa del sequestro. Sicché poco importa, ai fini penali, che il decreto di
omologazione non sia stato trascritto perché tale decreto comporta l’immediato
trasferimento del bene a favore della ricorrente che resta terza proprietaria di un
bene del quale il marito, persona sottoposta alle indagini, non ha la disponibilità”.
(Con la sentenza in esame la Suprema Corte, dichiarando legittimata la moglie
dell’indagato a proporre richiesta di riesame ed escludendo che quest’ultimo
conservasse la disponibilità dell’immobile, ha annullato l’ordinanza impugnata e
disposto la restituzione dell’immobile sequestrato alla ricorrente)
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: con riferimento alla seconda massima, Cass., Sez. III, 10 dicembre 2014,
n. 24958; Cass., Sez. III, 22 giugno 2016, n. 38512;
Difformi: -
******
Sequestro preventivo di un intero locale quando si tratta solo di
alimenti in cattivo stato di conservazione. Abnormità della misura e
adeguamento
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Carmen Moscarella)
Giurisprudenza di legittimità
Sezioni semplici – Diritto processuale penale
86
Cass., Sez. III, 20 Settembre 2018 (dep. 27 dicembre 2018), n. 58328, Pres.
Lapalorcia, Rel. Macrì, ric. Evalto A.
Diritto processuale penale – Sequestro preventivo – Sussistenza del periculum –
Limiti del sequestro – Anticipazione misura interdittiva – Mancanza di
motivazione – Violazione di legge
(artt. 321, 322 c.p.p.)
“Il sequestro in una attività di ristorazione di alimenti in cattivo stato di
conservazione, scaduti o privi di etichetta non comporta necessariamente anche
quello dei locali commerciali e delle licenze, richiedendosi per l'adozione di tali
ultimi provvedimenti una puntuale motivazione sulle ragioni del vincolo cautelare
sotto il profilo della congruenza e della proporzionalità della misura”.
(Nel caso in esame la Corte si è occupata di un ricorso avverso un’ordinanza del
Riesame di Catanzaro, confermativa di un decreto di sequestro preventivo del GIP di
Lametia Terme, a carico di un ristoratore che, in attesa dell’acquisto di un
“abbattitore”, aveva conservato prodotti alimentari in due celle frigorifere ad una
temperatura di -15°C. Lo stato di conservazione non risultava ottimale, sugli alimenti
era rinvenuta brina e mancavano gli elementi utili alla tracciabilità degli stessi, altri
alimenti risultavano scaduti. Il ristorante al momento del controllo era funzionante e
frequentato da clienti. Il sequestro aveva riguardato le merci avariate e/o mal
conservate, i locali del ristorante e le licenze. La Corte ha annullato il provvedimento
impugnato “perché il Tribunale del riesame non ha spiegato per quale ragione fosse
necessario il sequestro preventivo, non solo della merce (il che è logico e naturale),
ma anche dei locali e delle licenze commerciali, né ha indicato gli elementi fondanti
una prognosi recidivante, dopo aver riportato le giustificazioni del titolare in ordine
all'acquisto prossimo dell'abbattitore. A ben vedere, un così ampio sequestro
preventivo si risolve in una misura interdittiva che anticipa indebitamente la sanzione
prevista dall'art. 12-bis l. n. 283 del 1962, secondo cui "Nel pronunciare condanna
per taluno dei reati previsti dagli articoli 5, 6 e 12, il giudice, se il fatto è di
particolare gravità e da esso è derivato pericolo per la salute, può disporre la
chiusura definitiva dello stabilimento o dell'esercizio e la revoca della licenza,
dell'autorizzazione o dell'analogo provvedimento amministrativo che consente
l'esercizio dell'attività. Le medesime pene accessorie possono essere applicate se il
fatto è commesso da persona già condannata, con sentenza irrevocabile, per reato
commesso con violazione delle norme in materia di produzione, commercio e igiene
degli alimenti e delle bevande. Le pene accessorie previste dal presente articolo si
applicano anche quando i fatti previsti dagli articoli 5, 6 e 12 costituiscono un più
grave reato ai sensi di altre disposizioni di legge". Nel caso in esame, però, la
descrizione dei fatti fondanti il fumus non consente d'individuare né la particolare
gravità né la causale derivazione del pericolo per la salute degli avventori,
circostanze da accertarsi all'esito del giudizio di merito”)
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Giurisprudenza di legittimità
Conformi: -
Difformi: Cass., Sez. III, 9 giugno 2016, n. 31035, Greco.
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Giurisprudenza di legittimità
Sezioni semplici – Diritto processuale penale
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IV. Esecuzione e sorveglianza
La natura del reclamo in materia di pregiudizio da detenzione
inumana o degradante
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Carmen Moscarella)
Cass., Sez. I, 14 giugno 2018 (dep. 21 novembre 2018), n. 52526, Pres. Tardio,
Rel. Magi, ric. Zagaria P.
Esecuzione e sorveglianza – Pregiudizio da detenzione inumana o degradante –
Rimedi risarcitori – Reclamo – Natura – Riproposizione motivi già dedotti –
Ammissibilità
(art. 35-ter O.P., art. 581 c.p.p.)
“Il reclamo previsto dall'art. 35-ter comma 4 ord. pen. ha natura di impugnazione,
con applicabilità della disciplina generale sul tema. In tale ambito, ricade la
disposizione di legge di cui all'art. 581 cod. proc. pen. e dunque la richiesta di
specificità dei motivi posti a fondamento del reclamo. Tuttavia, laddove il motivo del
primo diniego sia essenzialmente articolato in diritto, alla doglianza formulata in
sede di reclamo dalla parte soccombente, pur se sostanzialmente riproduttiva della
prospettazione iniziale disattesa dal primo giudice, non può darsi risposta nel senso
della inammissibilità per genericità del motivo”.
(Nel caso in esame la Corte si è occupata di un ricorso avverso un’ordinanza del
Tribunale di sorveglianza di Sassari che dichiarava inammissibile un reclamo,
proposto da un detenuto in regime di 41-bis O.P., avverso un decreto del Magistrato
di sorveglianza in materia di ristoro da detenzione inumana o degradante perché
sarebbero stati ripercorsi pedissequamente i motivi già esposti genericamente al
Magistrato)
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. un., 27 ottobre 2016 (dep. 2017), n. 8825, ric. Galtelli, Rv.
268822;
Difformi: -
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Giurisprudenza di legittimità
Sezioni semplici – Esecuzione e sorveglianza
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Trattenimento vaglia postale: obblighi motivazionali
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Carmen Moscarella)
Cass., Sez. I, 16 novembre 2018 (dep. 13 dicembre 2018), n. 56197, Pres. Iasillo,
Rel. Santalucia, Ric. Lioce N.D.
Esecuzione e sorveglianza – Trattenimento posta in entrata – Mancato recapito
al detenuto di vaglia proveniente da terze persone – Mancanza di motivazione –
Violazione di legge
(art. 41-bis O.P., art. 7, punto 1, circolare DAP)
“Il vaglia postale proveniente da soggetto terzo rispetto alla famiglia di appartenenza
del detenuto può essere trattenuto dal magistrato solo in presenza di gravi indizi che
lo inducano a ritenere che la somma provenga dall’organizzazione criminale di
appartenenza o che serva per rafforzare il collegamento criminale”.
(Nel caso in esame la Corte si è occupata di un ricorso avverso un’ordinanza del
Tribunale di sorveglianza dell’Aquila, confermativa di un decreto del Magistrato di
sorveglianza, reclamato da una detenuta in regime di 41-bis O.P. poiché le era stata
negata la consegna di un vaglia postale contenuto in una missiva non proveniente da
familiari o conviventi. In motivazione la Corte ha evidenziato come il Tribunale di
sorveglianza avesse fornito una motivazione carente nel giustificare la correttezza del
provvedimento di trattenimento della missiva contenente il vaglia postale, limitandosi
a richiamare la necessità di scongiurare il pericolo che l'invio di emolumenti
economici potesse agevolare il mantenimento di un collegamento diretto tra il
detenuto in regime speciale e l'organizzazione criminale esterna, senza nulla dire su
dati essenziali a comprendere la concretezza del pericolo paventato; non aveva, ad
esempio, indicato la somma oggetto del vaglia e la specifica provenienza, sì che la
prospettazione del pericolo di collegamento criminale era rimasta una mera asserzione
astratta, priva dei necessari ancoraggi alla situazione posta al suo esame)
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. I, 5 aprile 2018 (dep. 19 giugno 2018), n. 28309; Cass., Sez. I,
1 febbraio 2018, n. 4994;
Difformi: -
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91
Giurisprudenza di merito
Diritto penale
Il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle
cose
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Francesco Talamo)
Trib. Salerno, Sez. I, Dott. Caiazzo, 19 ottobre 2018 (dep. 17 gennaio 2019), n.
3309
Diritto penale – Esercizio arbitrario delle proprie ragioni – Violenza sulle cose
(artt. 392 c.p.)
“Per la sussistenza del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza
sulle cose, non è rilevante che il diritto che si sia inteso tutelare sussista in concreto,
bensì che sia stato esercitato in modo antigiuridico. Il reato consiste nella indebita
attribuzione da parte dell’agente di poteri spettanti al giudice e presuppone uno stato
di contestazione in ordine ad un diritto”.
“Nella nozione di violenza rientra anche il mutamento della destinazione delle cose
stesse, che si verifica quando con qualsiasi atto o fatto materiale sia impedita,
alterata o modificata la loro utilizzabilità, poiché concreta la compromissione della
specifica destinazione che la cosa possiede ai fini della particolare utilizzazione cui
è stata destinata”.
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. VI, 10 novembre 1994, n. 11381; Cass., Sez. VI, 1 giugno 1994,
n. 6387; Cass., Sez. VI, 2 febbraio 2009, n. 4373; Cass., Sez. VI, 1 giugno 2010, n.
41368;
Difformi: -
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Il reato di associazione di stampo mafioso
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Amedeo Bucci de Santis)
Giurisprudenza di merito – Diritto penale
92
Trib. Napoli, Sezione G.i.p., Uff. IV, 9 luglio 2018 (dep. 28 novembre 2018), n.
1132
Diritto penale – Associazione di stampo mafioso – Elementi caratterizzanti –
Reato di pericolo concreto – Necessità della commissione di delitti scopo –
Esclusione – Esistenza di una concreta carica intimidatrice – Necessità
(art. 416-bis, c.p.)
“Nel formulare il reato di cui all’art. 416-bis c.p. il legislatore ha adottato un modello
descrittivo tratto dalla concreta esperienza criminologica valorizzando quali
elementi caratterizzanti della fattispecie dati fenomenologici riscontrati in alcune
realtà territoriali del nostro Paese (ad es. l’avvalersi della forza di intimidazione del
vincolo associativo e delle correlate condizioni di assoggettamento e di omertà)”.
“La integrazione del reato di cui all’art. 416-bis c.p. è riscontrabile solo allorquando
all’accordo tra più soggetti sia oggettivamente ricollegabile – per il metodo operativo
seguito, per la qualità degli associati, per il radicamento sul territorio – un concreto
effetto di intimidazione ambientale, tale da rendere possibile il perseguimento dei
particolari fini previsti dalla norma (alterazione delle regole del mercato, alterazione
dei rapporti tra privati e pubbliche amministrazioni nelle aggiudicazioni degli
appalti, realizzazione di profitti ingiusti mediante attività illecite)”.
“Il delitto di cui all’art. 416-bis c.p. è reato di pericolo concreto, la norma non
richiede la necessaria consumazione di delitti scopo ma, pur prevedendo la punibilità
delle sole condotte associative, i caratteri tipici della associazione in parola rendono
necessario un minimo di operatività o comunque postulano l’esistenza di una
concreta carica intimidatrice quanto meno da parte di quei soggetti che rendono con
chiarezza riconoscibile all’esterno tale fondamentale caratteristica”.
“Ciò che rileva al fine di poter valutare in sede giudiziaria la appartenenza di un
determinato soggetto alla associazione di stampo mafioso non è la qualità astratta e
formale di affiliato quanto la possibilità di attribuire al soggetto in questione la
realizzazione di un apporto concreto alla vita dell’associazione, tale da far ritenere
avvenuto il suo inserimento con carattere di stabilità e consapevolezza soggettiva”.
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: con riferimento alle prime tre massime, Cass., Sez. VI, 1 marzo 2017 (dep.
30 maggio 2017), n. 27094, Pres. Ippolito, Rel. Fidelbo, secondo cui ciò che
caratterizza l’associazione di stampo mafioso è l’avvalersi della forza di intimidazione
del vincolo associativo, cui consegue la condizione di assoggettamento ed omertà, in
vista del programma finale dal contenuto eterogeneo, la cui realizzazione è possibile
in forza di una presenza organizzata di persone e mezzi; con riferimento alla quarta
massima, Cass., Sez. I, 30 gennaio 2018 (dep. 6 marzo 2018), n. 10237, Pres. Sarno,
Rel. Binenti, secondo cui la condotta di partecipazione all’associazione non è
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integrata solo dall’affectio societatis, ma implica un rapporto di stabile e organica
compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare un ruolo
dinamico e funzionale in esplicazione del quale il soggetto prende parte al fenomeno
associativo ponendosi a disposizione dell’ente per il perseguimento delle sue finalità
criminose;
Difformi: -
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Datore di lavoro “furbetto” che compensa indebitamente indennità
Inps mai erogate
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Emma Lorena Cappuccio)
Trib. Benevento, Coll., 26 ottobre 2018 (dep. 10 gennaio 2019), n. 1426, Pres.
Pezza, Rel. Pezza, De Nicola
Diritto penale – Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato –
Qualificazione giuridica del fatto – Modifica dell’imputazione contestata
(artt. 316-ter, 640 n. 1) e 646 c.p, art. 10-quater d.lgs. 10 marzo 2000 n. 74)
“Integra il delitto di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato ex art.
316-ter cod. pen., e non quelli di truffa o di appropriazione indebita o di indebita
compensazione ex art. 10-quater d.lgs. 10 marzo 2000 n. 74, la condotta del datore
di lavoro che, esponendo falsamente di aver corrisposto al lavoratore somme a titolo
di indennità per malattia, assegni familiari e cassa integrazione guadagni, ottiene
dall’I.N.P.S. il conguaglio di tali somme, in realtà non corrisposte, con quelle da lui
dovute a titolo di contributi previdenziali e assistenziali, così percependo
indebitamente dallo stesso istituto le corrispondenti erogazioni”.
(In motivazione il Tribunale ha precisato che queste ultime possono consistere anche
nell’esenzione dal pagamento di una somma altrimenti dovuta, non essendo
necessario l’ottenimento di una somma di denaro).
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. II, 16 marzo 2016 (dep. 19 aprile 2016), n. 15989, P.M. in proc.
Fiesta, Rv. 26652001;
Difformi: -
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Giurisprudenza di merito – Leggi speciali
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Leggi speciali
Il porto abusivo di armi improprie o proprie ed il giustificato motivo
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Luigia Santoro)
Trib. Napoli, Sez. V, Dott. Purcaro, 20 febbraio 2018 (dep. 23 febbraio 2018), n.
2433, Lombardo
Leggi speciali – Porto di armi o oggetti atti ad offendere – Coltelli a serramanico
– Coltelli a molla o a scatto – Armi improprie – Armi proprie – Giustificato
motivo
(art. 4 l. 18 aprile 1975 n. 110, art. 699 c.p.)
“Il comune coltello a serramanico (cioè l’utensile dotato di lama pieghevole nella
cavità della impugnatura la quale cosi funge anche da guaina) costituisce strumento
da punta e/o da taglio ovverosia arma impropria, il cui porto ingiustificato fuori della
abitazione o delle relative appartenenze sanzionato ai termini della l. 18 aprile 1975
n. 110 art. 4”.
“Si considera arma propria (bianca), sicché il porto abusivo è punito ai sensi dell’art.
699 c.p., quella particolare specie di coltello a serramanico detto coltello a molla o
molletta ovvero anche coltello a scatto o coltello a scrocco dotato di congegni che
consentono la fuoriuscita della lama dal manico senza la manovra della estrazione
manuale e il successivo bloccaggio della lama stessa in assetto col manico”.
“I1 giustificato motive ricorre solo nel caso in cui le particolari esigenze del soggetto
agente siano perfettamente corrispondenti a regole comportamentali lecite in
relazione alla natura dell’oggetto, alle modalità di verificazione del fatto, alle
condizioni soggettive del portatore e ai luoghi dell’accadimento. Deve, poi, sussistere
un carattere di attualità rispetto al momento di accertamento della condotta illecita
vietata”.
(Con la sentenza in esame il Tribunale, ritenendo il coltello a serramanico, per
caratteristiche e lunghezza della lama, arma impropria e valutando le dichiarazioni
dell’imputato prive di alcun riscontro e non integranti un giustificato motivo, lo ha
dichiarato colpevole del reato a lui ascritto).
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: con riferimento alla prima massima, Cass., Sez. V, 19 novembre 1970, n.
1774, Taurino, Rv. 115940; Cass., Sez. I, 12 dicembre 1985, n. 1629, Di Donato, Rv.
171969; Cass., Sez. VI, 15 aprile 1970, n. 955, Nesci, Rv. 87837; Cass., Sez. VI, 21
marzo 1986, n. 5943, Meneghino Rv. 173183; Cass., Sez. F, 28 luglio 2009, n. 33396,
Centro Studi “Giovanni Bisogni”
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Balacco, Rv. 244643; Cass., Sez. I, 9 maggio 2013, n. 33244, Sicuro, Rv. 256988.
Con riferimento alla seconda massima, Cass., Sez. II, 9 febbraio 1979, n 5189, Di
Stefano, Rv. 142173; Cass., Sez. II, 10 aprile 1981, n. 9691, Corso, Rv. 150782; Cass.,
Sez. I, 13 maggio 1981, n. 9526, Di Gaetano, Rv. 150740; Cass., Sez. I, 26 gennaio
1983, n. 3662, Palumbo, Rv. 158647; Cass., Sez. II, 26 aprile 1984, n. 8735,
Meneghini, Rv. 166169; Cass., Sez. I, 12 febbraio 1985, n. 4218, Bruni, Rv. 169010;
Cass., Sez. I, 4 marzo 1985, n. 6536, Premale, Rv. 169961; Cass., Sez. I, 14 marzo
1985, n. 7949, Vaporieri, Rv. 173483; Cass., Sez. I, 1 aprile 1985, n. 6413, Audisio,
Rv. 169935; Cass., Sez. I, 4 luglio 1985, n. 11078, Lopresti, Rv. 171168; Cass., Sez.
I, 11 ottobre 1985, n. 448, Ernovi, Rv. 171594; Cass., Sez. I, 24 ottobre 1994, n.
12427, Boffa, Rv. 199887; Cass., Sez. I, 18 gennaio 1995, n. 2208, Mininni, Rv.
200423; Cass., Sez. I, 7 aprile 2010, n. 16785, P.G. in proc. Pierantoni, Rv. 246947;
Cass., Sez. I, 3 dicembre 2014, n. 10979;
Difformi: -
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Bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale aggravata
dall’aver commesso più fatti tra quelli previsti dall’art. 216 L.F. e di
aver provocato un danno patrimoniale di rilevante entità
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Alessandro Orabona)
Trib. di Napoli, Sez. G.i.p., Uff. VII, Dott.ssa Ferri, 11 ottobre 2018 (dep. 5
novembre 2018), n. 1428, R.S.
Leggi speciali – Reati fallimentari – Bancarotta fraudolenta documentale e
patrimoniale – Bancarotta pluriaggravata – Giudizio abbreviato
(artt. 216 co. I n. 1) e 2), 219 co. II n. 1) r.d. 16 marzo 1942 n. 267, art. 438 c.p.p.)
“Ai fini della configurabilità del reato di bancarotta patrimoniale è sufficiente che la
condotta di colui che pone in essere l’attività distrattiva sia assistita dalla
consapevolezza che le operazioni che si compiono sul patrimonio sociale siano idonee
a cagionare un danno per i creditori, senza che sia necessaria l’intenzione di
causarlo”.
(Nella fattispecie l’imputato, rappresentante legale di una s.r.l., anche se convocato
per essere sentito dal curatore fallimentare, si sottoponeva all’interrogatorio e non
consegnava libri e scritture contabili relativi alla gestione della società. Impediva,
dunque, al curatore di ricostruire la contabilità e di rinvenire massa attiva che, di fatto,
risultava essere inesistente a fronte del cospicuo debito erariale maturato [euro
43.387.640,00]. Anche l’unico bene intestato alla società, attraverso interrogazione al
PRA, ossia un’autovettura Mercedes A180 [immatricolata nel 2005], di fatto era stata
sottratta alla procedura, in quanto mai rinvenuta. Attesa la gravità della condotta posta
in essere dall’imputato [bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale aggravata
dall’aver commesso più fatti tra quelli previsti dall’art. 216 L.F. e di aver provocato
Giurisprudenza di merito – Leggi speciali
96
un danno patrimoniale di rilevante entità] appare immune da vizi logici e giuridici la
motivazione fornita dal Tribunale di Napoli anche nella parte dedicata alla dosimetria
della pena che, in considerazione del rito prescelto, ha irrogato la pena finale di anni
tre di reclusione, oltre le pene accessorie previste per legge)
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. V, 19 luglio 2017, n. 49504; Cass., Sez. V, 23 ottobre 2018, n.
48361; Cass., Sez. V, 16 aprile 2018, n. 16741;
Difformi: -
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Il permesso in sanatoria non presuppone la conformità del manufatto
alla normativa vigente al momento del rilascio ed a quella della sua
realizzazione
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Carmine Gatto)
Trib. Napoli, Sez. dist. Ischia, Dott. Capuano, 20 dicembre 2018 (dep. 13 febbraio
2019), ord., n. 8/2018 R.G.E.S., Di M. I.R.
Leggi speciali – Ordine di demolizione – Esecuzione – Permesso a costruire –
Sanatoria
“Ai fini della revoca dell’ordine di demolizione è necessario (e sufficiente) che vi sia
corrispondenza tra le opere oggetto della domanda di condono edilizio e quelle di cui
all’ordine di demolizione, non essendo richiesto che l’opera abusivamente realizzata
sia conforme agli strumenti urbanistici vigenti al momento in cui è stato rilasciato il
permesso in sanatoria ed a quelli vigenti al momento in cui l’opera è stata realizzata
(c.d. doppia conformità)”.
(Nella fattispecie, il Tribunale ha revocato l’ordine di demolizione sulla base del
presupposto che il rilascio del permesso a costruire in sanatoria che attesti la
corrispondenza delle opere di cui alla c.d. RESA con quelle di cui alla domanda di
condono elimini il carattere abusivo della costruzione)
Giurisprudenza di legittimità
Conformi:-
Difformi: -
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Centro Studi “Giovanni Bisogni”
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Diritto processuale penale
Il regime cautelare degli arresti domiciliari e le esigenze di
separazione dei germani coindagati
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Antonio Scotto Rosato)
TdL Napoli, Sez. X, Coll. B, 11 gennaio 2019 (dep. 11 gennaio 2019), n. 100, ord.,
Nocerino
Diritto processuale penale – Arresti domiciliari – Spaccio di sostanze
stupefacenti – Contatti tra coindagati – Medesimo domicilio – Esigenze di
separazione – Non sussiste
(art. 310 c.p.p., art. 73 d.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309)
“In tema di sostituzione del luogo di esecuzione degli arresti domiciliari presso
l’abitazione dei familiari coindagati nel medesimo procedimento, il periodo già
trascorso di sottoposizione al regime custodiale in luogo limitrofo, lo stato di
incesuratezza, nonché la circostanza che l’indagato sia stato autorizzato a recarsi a
lavoro presso la medesima attività commerciale ove prestano servizio i coindagati,
consente fondatamente di ritenere che il cambio del domicilio presso la residenza dei
genitori sia idonea a scongiurare il pericolo di recidiva posto a fondamento della
misura custodiale emessa”.
(Nel caso di specie il Tribunale del Riesame accoglieva l’appello della difesa avverso
il rigetto del G.i.p. sulla richiesta di sostituzione del luogo di esecuzione degli arresti
domiciliari, ritenendo che il comportamento dell’indagato nel periodo trascorso in
regime custodiale era sufficientemente idoneo a scongiurare pericoli di recidivanza
anche nell’ipotesi di trasferimento presso l’abitazione dei genitori ove si erano
consumati i reati per cui si procedeva)
Giurisprudenza di legittimità
Conformi:-
Difformi: -
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Giurisprudenza di merito – Diritto processuale penale
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I rapporti tra il riesame del decreto di sequestro probatorio e
l’opposizione avverso il decreto del P.M. reiettivo dell’istanza di
restituzione: i vizi deducibili
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Giovanni Petranico)
Trib. Napoli, Sez. G.i.p., Uff. 20°, Dott. Vertuccio, 15 gennaio 2019, ord., n.
14052/18 R.G.G.i.p.
Diritto processuale penale – Riesame del decreto di sequestro probatorio –
Istanza di restituzione – Opposizione avverso il decreto reiettivo – Rapporti –
Vizi deducibili – Cessazione della necessità di mantenere il sequestro ai fini di
prova – Opportunità o legittimità del provvedimento di sequestro
(art. 257 c.p.p, art., art. 263, co. 5 c.p.p,, art. 262, co. 3, c.p.p.)
“In tema di sequestro probatorio, con l’opposizione contro il decreto del pubblico
ministero, che respinge la richiesta di restituzione delle cose sequestrate, possono
farsi valere esclusivamente censure concernenti la cessazione di mantenere il
sequestro ai fini di prova e non pure la opportunità o la legittimità del provvedimento
di sequestro; questioni, queste ultime, che sono deducibili soltanto con la richiesta di
riesame”.
“Il giudice, nel decidere l’opposizione ex art. 263, co. 5, c.p.p. avverso il
provvedimento del P.M. di diniego di restituzione del bene sottoposto a sequestro
probatorio, ben può integrare o rettificare la motivazione addotta dall’organo
requirente, ciò non implicando alcuna surrogazione nel potere di iniziativa a quello
domandato”.
“Ne consegue che il giudice dell’opposizione può disporre il dissequestro di tutte le
cose sottoposte a sequestro probatorio (anche del corpo del reato) solo qualora
accerti il venir meno dell’esigenza probatoria e fatta salva l’ipotesi in cui ritenga, su
richiesta del P.M., di convertire il sequestro probatorio in sequestro preventivo (art.
262, co. 3, c.p.p), magari a fini di confisca (art. 321, co. 2, c.p.p)”.
(Fattispecie riguardante l’ordinanza del g.i.p. di rigetto dell’opposizione avverso il
decreto del pubblico ministero di rigetto dell’istanza di restituzione delle cose
sequestrate [una somma cospicua di denaro sottoposta a sequestro probatorio, quale
corpo del reato] avanzata dal difensore in tema di stupefacenti).
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. I, 7 aprile 1994, n. 1200; Cass., Sez. VI, 20 marzo 1997, n. 749;
Cass., Sez. V, 29 marzo 2000, n. 779; Cass., Sez. VI, 25 novembre 2003, n. 49154;
Cass., Sez. II, 2 ottobre 2007 (dep. 2 gennaio 2008), n. 1, D’Aviri; Cass., Sez. Un., 30
ottobre 2008 (dep. 4 marzo 2009), n. 9857; Cass., Sez. III, 20 gennaio 2010, n. 10220;
Cass., Sez. IV, 2 marzo 2010, n. 11843; Cass., Sez. II, 24 giugno 1999, n. 118;
Difformi:
Centro Studi “Giovanni Bisogni”
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L’operatività del divieto del ne bis in idem nel caso di concorso
formale di reati
(scheda illustrativa e massima redazionale a cura di Fabio Cavalli)
Trib. Napoli, I Sez., Coll. B), 18 ottobre 2018 (dep. 6 novembre 2018), Pres.
Pellecchia, Est. Daniele, n. 12294
Diritto processuale penale – Ne bis in idem – Identità del fatto storico – Concorso
formale – Nuovo evento storico naturalistico o giuridico
(art.649 c.p.p., art 81 c.p.)
“Ai fini della decisione sull'applicabilità del divieto del ne bis in idem rileva solo il
giudizio sul fatto storico, dovendosene escludere la sussistenza nei casi in cui da
un'unica condotta scaturisca un nuovo evento, che non sia stato già specificamente
considerato, inteso in senso storico-naturalistico e non meramente giuridico; tuttavia,
nel caso in cui tra i fatti oggetto dei due procedimenti sia configurabile un'ipotesi di
concorso formale, in ogni caso opera la preclusione del divieto di un nuovo giudizio
per lo stesso fatto nel caso in cui il primo giudizio, già definito irrevocabilmente, si
sia concluso per l'imputato con sentenza dichiarativa dell'insussistenza del fatto o
assolutoria per non averlo commesso, in quanto in tal caso sussisterebbe
un'inconciliabilità logica dell'evento giuridico successivamente considerato ed il fatto
già giudicato”.
(Nel caso di specie il Tribunale ha ritenuto l'operatività del divieto di un secondo
giudizio per i medesimi fatti storici, sia pur diversamente qualificati e collocati in un
tempo solo apparentemente anteriore, per i quali il Tribunale Militare aveva già
emesso sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste, osservando come la
potestà punitiva pubblica si fosse già dispiegata e consumata in relazione all'ulteriore
processo, avente ad oggetto gli stessi fatti ed il medesimo imputato)
Giurisprudenza di legittimità
Conformi: Cass., Sez. V, 15 febbraio 2018, n. 25651; Cass., Sez. III, 23 febbraio 2017,
n. 55474;
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Giurisprudenza di merito – Diritto processuale penale
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Programmazione eventi e suggerimenti bibliografici
101
Programmazione eventi
- 7 maggio 2019, Confisca urbanistica… senza condanna, interventi di
Antonio Baldassarre, Luca Della Ragione, Amedeo Bucci de Santis, Aldo
Franceschini, Carmine Ippolito;
- 23 maggio 2019, La riforma della prescrizione ai tempi del populismo
penale, interventi di Andrea Abbagnano Trione, Vincenzo Maiello,
Alfonso Furgiuele, Francesco Cananzi, Henry John Woodcock;
- 13 giugno 2019, Il “fine vita” nel sistema penale. Dal caso Cappato al
“dialogo” tra Consulta e Parlamento, interventi di Chiara Ariano,
Cristiano Cupelli, Franco Di Paola, Antonio Nappi, Antonino Sessa;
- 17 giugno 2019, La riforma della legittima difesa. Tra gerarchia dei
valori costituzionali e istanze securitarie, interventi di Antonio
Cavaliere, Roberto D’Auria, Fabrizio Vanorio, Guido Furgiuele,
Giuseppe Ricciulli, Mario Pasquale Fortunato;
- 18 giugno 2019, presso sede U.I.F., Il ruolo dell’Avvocatura per la
difesa dei diritti umani. Presentazione del “Manuale per osservatori
internazionali dei processi”, interventi di Francesco Caia, Giovanni
Melillo, Elisabetta Zamparutti, Roberto Giovene di Girasole, Barbara
Spinelli.
Centro Studi “Giovanni Bisogni”
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Suggerimenti bibliografici
Alesci C., Cerqua F., Della Monica G., Pulvirenti A., Spangher G., Suraci
L., Impugnazioni penali, Cedam, 2019, p. 720;
Carlizzi G., La valutazione della prova scientifica, Giuffrè, 2019, p. 166;
Manduchi C. (a cura di), Contrasti giurisprudenziali penali 2018,
Giuffrè, 2019, p. 484;
Marini F.S., Cupelli C. (a cura di), Il caso Cappato. Riflessioni a margine
dell'ordinanza della Corte costituzionale n. 207 del 2018, E.S.I., 2019,
p. 356;
Palazzo F., Viganò F., Diritto penale. Una conversazione, Il Mulino,
2018, p. 240.