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Anno 31 2012 Volume 30, n. 3 OTIZIARIO ALLERGOLOGIC 31 - 2012 Volume 30n3.pdf · RIASSUNTO E...

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Anno 31 - 2012 Volume 30, n. 3 Fattori predisponenti ed associati alla rinosinusite cronica Dal proteoma all’Allergenomica ALLERGOLOGIC N OTIZIARIO ISSN 2038-2553 Otovent: nuove tecniche di compensazione PARTE 2 INTERVISTA A: PROF. MARIO DI GIOACCHINO Novità sull’allergia al nichel IN MEMORIAM Giuseppe Centanni
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Anno 31 - 2012 • Volume 30, n. 3

Fattori predisponenti ed associati alla rinosinusite cronica

Dal proteoma all’Allergenomica

ALLERGOLOGICNOTIZIARIO

ISSN 2038-2553

Otovent:nuove tecniche di compensazioneparte 2

intervista a:prof. mario di gioacchino

Novità sull’allergia al nichel

in memoriam

Giuseppe Centanni

Anno 31, 2012 - Volume 30, n. 3

direttore responsabileGianni Mistrello

redazioneFabrizio Ottoboni

progetto graficoMaura Fattorini

Stampato da:

Àncora Arti Grafiche

via Benigno Crespi, 30 - 20159 Milano

amministrazione e pubblicità

Lofarma S.p.A.Viale Cassala 40, 20143 - Milanotel. +39 02 581981fax +39 02 58198302e-mail: [email protected]

Registrazione Tribunale di Milano n. 306 dell’ 1.8.1980

Pubblicazione Quadrimestrale

Il Notiziario Allergologico è on-line su

www.lofarma.itFotografia di Daniela Ottoboni

Fior di Neve Dal cielo tutti gli Angelividero i campi brullisenza fronde ne fiorie lessero nel cuore dei fanciulliche amano le cose bianche.Scossero le ali stanche di volaree allora discese lieve lievela fiorita neve.

Umberto Saba (1883-1957)

Istruzioni per gli autori

Unità di misura Unit

conte per minuto counts per minute cpmcurie curie Cimillicurie millicurie mCimicrocurie microcurie μCchilogrammo kilogram Kggrammo gram gmilligrammo milligram mgmicrogrammo microgram μgnanogrammo nanogram ngpicogrammo picogram pgfemtogrammo femtogram fglitro litre L millilitro millilitre mLmicrolitro microlitre μLnanolitro nanolitre nLpicolitro picolitre pLchilometro kilometre Kmmetro metre mcentimetro centimetre cmmillimetro millimetre mmmicrometro micrometre μmnanometro nanometre nmpicometro picometre pmAngstrom Angstrom Åkilo Daltons kilo Daltons kDaora hour hminuto primo minute min minuto secondo second sec

I l Notiziario Allergologico è una pubblicazione quadrimestrale di ag-giornamento nel campo della Allergologia e delle discipline ad essa correlate, rivolta ai Medici ed ai Ricercatori. Il Notiziario Allergologico

non pubblica articoli sperimentali, ma aggiornamenti e rassegne concordati tra la Redazione e gli Autori, sia per quanto riguarda i contenuti che la lun-ghezza. Il Comitato Scientifico partecipa al reperimento delle informazioni e controlla la correttezza scientifica della rivista; comunque le affermazioni e le opinioni espresse negli articoli sono quelle degli Autori e non esprimono necessariamente il parere del Comitato Scientifico o della Redazione.

• I manoscritti per la pubblicazione devono venire inviati tramite posta elettronica a: [email protected] manoscritti, oltre al nome completo degli Autori, dovrà essere indicata l’affiliazione degli stessi e l’indirizzo postale dell’Autore al quale verranno inviate le bozze.

• Il testo dovrà essere in formato Word o analogo senza usare pro-grammi di impaginazione specifici.

• Le illustrazioni, le fotografie e le tabelle dovranno essere salvate e inviate in files separati (JPG, TIFF, PDF).

RIASSUNTO E SUMMARYOgni articolo sarà preceduto da un riassunto breve (250 parole, 1700 carat-teri spazi inclusi) e da un summary in inglese più ampio (450 parole, 3000 caratteri spazi inclusi).• Parole chiave: la lista di 4-8 parole chiave deve mettere in evidenza gli argomenti più significativi trattati nel lavoro.

BIBLIOGRAFIALa bibliografia verrà scritta in base alle indicazioni riportate di seguito:

• Lavori comparsi in periodici: cognome e iniziale del nome degli Autori, titolo del lavoro, titolo abbreviato del periodico, anno, numero del volume, pagina iniziale e finale.Es: Holt PG - Mucosal immunity in relation to the development of oral tolerance/sensitization. Allergy 1998;4:16-19.

• Monografie e i trattati: cognome e iniziale del nome degli Autori, tito-lo, editore, luogo e anno di pubblicazione.Es: Errigo E - Malattie allergiche. Etiopatogenesi, diagnostica e terapia. Lombardo Editore, Roma, 1994.

• Lavori pubblicati come capitoli di volumi: indicare cognome e ini-ziale dei nomi degli Autori, titolo del capitolo, titolo del volume in cui il lavoro è pubblicato, preceduto dall’indicazione del Curatore, e seguita da quella dell’Editore, luogo e anno di pubblicazione, pagina iniziale e finale del capitolo citato.Es: Philips SP, Whisnant JP - Hypertension and stroke. In: Laragh JH, Brenner BM (Eds.) Hypertension: pathophysiology, diagnosis and ma-nagement. 2nd ed., New York, Raven Press, 1995, p. 465-478.

La bibliografia verrà ordinata in ordine di citazione nel corso del testo e ogni citazione verrà contrassegnata da un numero progressivo di identifi-cazione. In casi particolare, quando la bibliografia sia composta da riviste sintetiche, trattati, monografie e sia limitata a poche voci, non verrà citata nel testo ma raggruppata alla fine del lavoro sotto il titolo “Letture consi-gliate”. I titoli delle riviste dovranno essere abbreviati secondo le indicazioni del Cumulated Index Medicus.

CITAZIONI DI SPECIALITÀOgni composto farmaceutico deve essere citato in base al suo nome chimi-co e/o alla sua denominazione comune internazionale, evitando di citare il nome del marchio. Quest’ultimo potrà essere indicato solo se inevitabile e con la lettera iniziale in maiuscolo.

ABBREVIAZIONIAbbreviazioni e simboli usati, secondo gli standard indicati in Science 1954; 120: 1078.Una volta definiti, essi possono venire usati come tali nel corso del testo.

BOZZELe prime bozze verranno inviate al primo Autore, a meno che non venga altrimenti indicato. Le seconde bozze verranno corrette in Redazione. Le bozze dovranno venire restituite nello spazio di sette giorni dalla data di arrivo, con l’approvazione dell’Autore.

sommarioNotiziario Allergologico, Anno 31 - 2012 - Volume 30, n. 3

editoriale 98ai lettori... Rubens VaglioIl filo conduttore: Il Bauhaus Fabrizio Ottoboni

recensioni Fabrizio Ottoboni

LAIS®: l’efficacia clinica ed immunologica dipende dalla dose 129Di Gioacchino M, Cavallucci E, Ballone E, Cervone M, Di Rocco P, Piunti E, Filardo GS, Turi MC, Mangifesta R, Quecchia C, Mistrello G, Braga M, Petrarca CImmunoterapia nasale: efficace dopo 20 anni 130Marogna M, Passalacqua G.Le birre non sono tutte eguali 131Quercia O, Zoccatelli G, Stefanini GF, Mistrello G, Amato S, Bolla M, Emiliani F, Asero R.Sensibilità al glutine di tipo non celiaco e sindrome di Ménière 132Di Berardino F, Cesarani A.Il LAIS® nel controllo dell’asma da betulla in condizioni di “real life” 133Marogna M, Braidi C, Bruno ME, Colombo C, Colombo F, Massolo A, Palumbo L, Compalati EUn pò di ciccia fa bene 135Flegal KM, Kit BK, Orpana H, Graubard BI.Il passaggio dalla dermatite atopica non IgE-associata 135a quella IgE-associata avviene nelle prime età della vita.Dondi A, Ricci L, Neri I, Ricci G, Patrizi A.

Fattori predisponenti ed associati alla rinosinusite cronica 99Nicolò Malannino

Dal proteoma all’Allergenomica 107Maria Gabriella Giuffrida

Premio Giuseppe Centanni 120

aggiornamenti

calendario congressi Redazione

Febbraio - Ottobre 2013 144

lofarma news Michele Reverdini

Otovent: nuove tecniche di compensazione. parte 2 139Federico Mana

Novità sull’allergia al nichel 121Prof. Mario Di Gioacchino

intervista Gianni Mistrello

Dott. Giuseppe Centanni 124Gianni Mistrello, Renato Corsico, Giovanni Piu, Gianna Moscato, Arsenio Corrado Negrini

ricordo

Anafilassi da ingestione di acari o sindrome del pancake 137

quesiti Ivo E. Rigamonti

Not Allergol Anno 31 - 2012 • Vol. 30, n. 398

Il filo conduttore: il BauhausFabrizio Ottoboni

editoriale

F inalmente!… il 2012 è finito, alla faccia dei Maya e dei loro epigoni. Dopo la fine del mondo scampata, sogno, come nel dopo guerra, un movimento artistico-culturale che mi scuota e rinvigorisca.

Cosa c’è di meglio del Bauhaus? Arte figurativa ed arte appli-cativa per creare un mondo nuovo. Iniziato nel 1919 e finito nel 1933 per conservare la libertà individuale, ha ancora molto da insegnare.Ricordo Gropius, Itten, Klee, Kandinsky che sono i più famo-si, ma tanti altri artisti hanno contribuito.Mi piace ricordare uno dei loro principi applicativi fondamen-tali: la forma deve suggerire la funzione. Una sedia ha la forma di un posto che invita a sedersi, un cucchiaio è un oggetto che fa venire in mente l’idea di portare cibo liquido alla bocca, e così via. Per ottenere questo risultato servono un idealista, un artista ed un artigiano.Cosa c’entra con il Notiziario Allergologico? Semplice, una ri-vista deve suggerire la lettura.La destrutturizzazione delle rubriche tra un numero e l’altro segue il principio del Bauhaus e suggerisce la funzione: farsi

leggere con continui e imprevedibili aggiornamenti, curiosità e spunti. In questo ultimo numero del 2012, seguendo la linea enun-ciata, vi propongo alcuni lavori di specialisti considerati tra i migliori nel loro campo.Nicolò Malannino e l’importanza della rinosinusite allergica, una patologia oggi misconosciuta;Maria Gabriella Giuffrida e la proteomica, il presente e futuro delle ricerche in allergologia;Mario Di Gioacchino intervistato sull’intrigante allergia al nichel.Ivo Rigamonti ed il caso di potenziali assassini in cucina; Fe-derico Mana e la seconda parte delle nuove e sorprendenti ap-plicazioni di Otovent.Il ricordo, purtroppo non esaustivo, del grande lavoro di Giu-seppe Centanni nel far crescere Lofarma e l’Allergologia in Ita-lia e nel mondo.Infine tante, tante recensioni.Auguri per il 2013 dall’ idealista, dall’artista e dall’ artigiano.

Buona lettura

ai lettori...Con grande commozione dedichiamo questo numero del Notiziario Allergologico a Giuseppe Centanni, pioniere ed innovatore nell’allergologia. Il Dr. Centanni è stato per più di 60 anni l’anima della Lofarma, rivestendo dapprima il ruolo di Direttore Generale e poi quello di Vice Presidente, portando la Lofarma stessa a primeggiare tra le società farmaceutiche nel campo allergologico non solo in Italia ma nel mondo. Personalmente non posso dimenticare l’aiuto, l’amicizia e l’affetto che negli anni mi ha sempre dimostrato. Nelle pagine seguenti troverete testimonianza dell’affetto e della stima che sempre lo hanno accompagnato nella vita.

Rubens VaglioPresidente Lofarma SpA

Not Allergol Anno 31 - 2012 • Vol. 30, n. 3

aggiornamenti

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Predisposing factors associated with chronic rhinosinusitis

introduzione

Numerosi fattori sono associati con la rinosinusite cronica. Probabilmente il più comune è la flogosi virale delle vie aeree superiori. Esistono inoltre eviden-ze cliniche che una sottostante condi-zione rinitica allergica possa provocare o peggiorare una sinusite batterica acuta. La rinite non allergica eosinofila (NA-RES) e la rinite vasomotoria (VMR) si associano in molti casi (circa ¼ ) con una rinosinusite cronica.E’ stato recentemente ipotizzato che un reflusso gastroesofageo (RGE) possa es-sere la causa di una sinusite e numerosi studi sia nei bambini sia negli adulti in-dicano come il trattamento medico del reflusso gastroesofageo produce molto spesso un significativo miglioramento della sintomatologia sinusitica.Una disfunzione ciliare deve essere ricer-cata su base genetica nei bambini e ado-lescenti con poliposi nasale, così come le infezioni da Pseudomonas nel naso e seni paranasali nei bambini e negli adulti e in chi ha manifestato una rinosinusite cronica in precoce età.Malattie associate con la rinosinusite

Not Allergol 2012; vol. 30: n.3: 99-105.

riassunto

Parole chiave e sigle• Rinite • sinusite • allergia • RGE = reflusso gastro esofageo • NARES = rinite non allergica eosinofila • VMR = rinite vasomotoria • OMS = otite media secretiva

Numerosi fattori sono associati con la rinosinusite cronica. Probabilmente il più comune è la flogosi virale delle vie aeree superiori. Esistono inoltre evidenze cliniche che una sottostante condizione rinitica allergica possa provocare o peggiorare una sinusite batterica acuta. Ma-lattie associate con la rinosinusite possono essere inoltre l’otite media e l’asma bronchiale. E’ stato recentemente ipotizzato che il reflusso gastroesofageo (RGE) possa essere la causa di una sinusite e numerosi studi sia nei bambini sia negli adulti indicano come il trattamento medico del reflusso produce molto spesso un significativo miglioramento della sintomatologia sinusitica. La sequela etiopatogenetica della sinusopatia, dapprima nella fase acuta e quindi nella progressione recidivante-cronica, presuppone che all’inizio il fattore grilletto non sia bat-terico ma risieda nell’ostruzione del complesso osteomeatale, il che realizza un serio ostacolo al transito aereo e al deflusso delle secrezioni. La flogosi rinosinusale e il deficit del battito ciliare, innescate da eventi virali, da condizioni allergiche o da RGE, aggravano l’ostruzione.

Prof. Nicolò Malannino CataniaFattori predisponenti

ed associati alla rinosinusite cronica

possono essere l’otite media e l’asma bronchiale.Sebbene ancora oggi non sia stato in-dividuato un nesso causale diretto tra sinusite ed asma, numerosi studi indi-cano che sia nei bambini sia negli adul-ti il trattamento medico, chirurgico o entrambi produce un miglioramento obiettivo e soggettivo dell’asma.

Tra i fattori predisponenti sono le infe-zioni virali. L’incidenza media nei bam-bini è statisticamente da tre ad otto infe-zioni per anno delle vie aeree superiori, mentre nell’adulto tale incidenza scen-de a due – tre infezioni. La stragrande maggioranza di questi episodi flogistici è associata con variazioni radiologiche in relazione al coinvolgimento mucoso

Not Allergol Anno 31 - 2012 • Vol. 30, n. 3

aggiornamenti

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summary

tutte le visite a vario titolo. L’incidenza è molto diversa da zona a zona, con un massimo stimato del 20%: la sintoma-tologia in genere emerge prima dei 30 anni di età (9, 10).La flogosi allergica produce congestione nasale e ipertrofia della mucosa che causa ostruzione nasale e difficoltà al drenaggio sinusale. I seni sono ostruiti parzialmente dalle secrezioni, usano ossigeno intrap-polato, tendono ad un basso pH, hanno una funzione mucociliare fortemente menomata. I batteri, o già presenti nei seni o in arrivo dagli ostri a causa del battito mucociliare deficitario, si molti-plicano sull’organo mucoso. Segue una risposta flogistica con intervento di gra-nulociti, ipertrofia della mucosa e presen-za di secrezioni dense (fig. 1 a pag. 101 e fig. 2 a pag. 102).Numerose indagini avvalorano la tesi dell’associazione di rinite allergica con sinusopatia, sia nei bambini sia negli adulti. Nei bambini tale associazione è stata stimata nel 30-60% dei sogget-ti affetti da rinosinusite (11, 12). Tra i giovani adulti con sinusite mascellare acuta si riscontra una rinopatia allergica nel 25-30 % dei casi mentre una sinu-site cronica si associa con rinite allergica nel 40-80 % dei casi (13, 14). Inoltre la sinusite in pazienti affetti da rinite al-lergica si associa più frequentemente ad anomalie TAC (15). Circa il doppio dei pazienti affetti da rinite allergica mo-stra anomalie TAC rispetto ai soggetti normali. Sebbene queste indagini sug-geriscano una costante associazione tra allergia e sinusite, altri studi non hanno potuto dimostrare differenze tramite TAC tra soggetti allergici e non allergi-ci affetti da sinusite (16). In ampi studi

Key words and Acronyms• Rhinitis • sinusitiss • allergys • GERD = gastroesophageal reflux diseases • NARES = Nonallergic rhinitis with eosinophilia syndromes • VMR = Vasomotor Rhinitiss • SOM = secretory otitis media

Several factors are associated with chronic rhinosinusitis. Probably the most common is a viral inflammation of the upper respiratory airways. There is also clinical eviden-ce that an underlying allergic condition can cause or worsen an acute bacterial sinusitis. It was recently hypothesized that gastroesophageal reflux disease (GERD) may be cause of sinusitis and numerous studies in both children and adults indicate that the medical treatment of gastroesophageal reflux disease often produces a significant improvement in symptoms of rhinosinusitis. Diseases associated with rhino sinusitis may be also otitis media and asthma. The following etiopathogenetic of sinusopatia, first in the acute phase and then in the pro-gression of relapsing chronic, assumes that at the beginning the trigger factor is not bacterial but are resident osteomeatale obstruction of the complex, which creates a serious obstacle to air transit and the runoff secretions. Rhinosinusal inflammation and impaired ciliary beat, events triggered by viral infections, allergic conditions or by GERD, aggravate obstruction.

(1, 2). Si ritiene che una rinosinusite batterica segua una pur piccola percen-tuale (2-10 %) delle flogosi batteriche delle alte vie respiratorie, incidenza pur sempre considerevole nei numeri rela-tivi (20 milioni di infezioni batteriche l’anno negli USA) (1, 3, 4, 5). La sintomatologia dei pazienti con una infezione delle vie aeree superiori con evidenza radiologica di sinusite non è differente da quella dei pazienti dopo corizza non complicata da anomalie ra-diologiche. In uno studio sulle anomalie radiologiche TC in pazienti con corizza, il 40% dei soggetti mostrava segni ra-diologici di sinusite virale e tutti i casi si risolvevano entro venti giorni circa senza bisogno di terapia (6). Poiché molte in-fezioni acute sinusali si risolvono senza bisogno di antibiotici, si è pensato per lungo tempo (ma mai dimostrato) che siano i virus i responsabili della sinto-

matologia in questi pazienti. Certamen-te una cospicua quota di pazienti con rinosinusite cronica potrebbe presentare una infezione virale predisponente (7). Viceversa le biopsie nei seni mascella-ri in pazienti con sinusite acuta hanno mostrato nella metà dei casi la presenza di RNA di rinovirus (8).Il complesso delle osservazioni supporta le osservazioni cliniche secondo le quali un considerevole numero di infezioni acute sinusali sono causate da virus ma anche che i virus giocano un ruolo li-mitato nella sinusite cronica, tranne che nel predisporre i seni a possibili soprain-fezioni batteriche.

la rinite allergica

La rinite allergica è una delle più comu-ni malattie croniche, oggetto di consul-tazione medica nel 2.5 % del totale di

Not Allergol Anno 31 - 2012 • Vol. 30, n. 3 101

aggiornamenti

in pazienti con sinusite cronica eviden-zia la presenza di mediatori di flogosi, inclusa istamina e leucotrieni, cellule flogistiche compresi gli eosinofili e cito-chine (21) il che suggerisce nelle sinusiti una partecipazione delle flogosi aller-giche e relative risposte flogistiche o di ambedue. La condotta terapeutica della rinite allergica si basa sul controllo am-bientale, sul trattamento farmacologico e sulla immunoterapia come approccio immunomodulante. Un efficace trattamento della rinite al-lergica potrebbe diminuire la frequenza di sinusite riducendo l’infiammazione e l’ipertrofia mucosale nasale che compro-mettono la ventilazione dei seni: in con-clusione, i pazienti con sinusite devono essere studiati anche dal punto di vista allergologico.

la rinite non allergica

La rinite non allergica si presenta più frequentemente di quanto generalmente riconosciuto.La diagnosi di una rinite non allergica può essere fonte di confusione poiché i sintomi primari (rinorrea, ostruzione nasale, scolo postnasale) possono non essere distinguibili da quelli della rino-patia allergica. La diagnosi di rinite non allergica si basa su una accurata raccolta dell’anamnesi e sulla diagnostica diffe-renziale. La cutinegatività esclude la ri-

Figura 1 Mucosa respiratoria pseudostratificata ciliata

retrospettivi su soggetti affetti da sinu-site cronica è stato riscontrato che più della metà dei pazienti aveva una rinite allergica e questa diagnosi veniva consi-derata la più importante causa alla base della sinusopatia. Altre indagini hanno evidenziato che nel 45% dei casi la sinu-sopatia aveva caratteri stagionali come il substrato allergico (18).

Può in realtà un allergene entrare nel seno attraverso gli ostii nasali e ivi inne-scare una flogosi allergica ? Un allergene instillato sperimentalmen-te nel naso può causare edema della mu-cosa sinusale evidenziata alla TAC (19), mentre non si è osservato che polline ra-diomarcato possa penetrare nella cavità sinusale (20). Lo studio delle secrezioni

Tutte le immagini sono tratte da “Cenni di patologia delle vie aeree superiori” di Catalano GB, Conticello S, Malannino N in: Manuale di Medicina Interna di P. Larizza, 2001, Piccin Ed.

Not Allergol Anno 31 - 2012 • Vol. 30, n. 3

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nite IgE-mediata e una storia di sintomi innescati da irritanti ambientali depone per una rinite non allergica (22, 23).La rinite vasomotoria merita speciale attenzione a causa delle alta incidenza nella pratica clinica. Si stima che la inci-denza delle rinite vasomotoria in tutti i pazienti vari dal 5% a 10%, mentre l’in-cidenza delle rinite allergica va dal 15% al 18% (24, 25).La VMR va inserita nella differenziale allorché i pazienti presentino ostruzione nasale cronica, rinorrea o scolo retrona-sale. I classici sintomi sono talora ac-compagnati da ipogeusia, cefalea sinu-sale, tosse cronica, espettorazione (22, 23, 25).

I pazienti in genere descrivono i sinto-mi come conseguenza di perfrigerazio-ne acuta, di forti odori (come profu-mi, tabacco, vernici), di ingestione di alcool, di variazioni della temperatura, dell’umidità e della pressione barometri-ca. Gli stress emotivi possono provocare sintomi vasomotori.In anni recenti l’uso della tomografia computerizzata ha evidenziato che mol-ti pazienti etichettati come rinitici va-somotori erano in realtà affetti da una sinusite cronica.La rinite non allergica può associarsi ad una sinusite.Sono stati descritti pazienti con starnu-tazione, prurito nasale e cuti/RAST ne-

gativi (26). Gli strisci delle secrezioni rivelavano eosinofilia: questa sindrome fu identificata come NARES, ovvero ri-nite non allergica eosinofila. La NARES si riscontra come sindrome isolata o in associazione ad intolleranza ad aspirina. In genere i pazienti affetti da NARES hanno una più intensa sin-tomatologia nasale e rispondono bene al trattamento corticosteroideo. Spesso la NARES si associa ad un aumentato rischio di poliposi nasale cosi come, per converso, polipi sono spesso reperiti in pazienti NARES con intolleranza ad aspirina.

fattori associati

E’ stato suggerito che il reflusso gastro-esofageo (RGE) possa essere causa di sinusite. Il meccanismo si suppone sia il reflusso diretto di acido nel faringe e successivamente nel rinofaringe, il che causa una flogosi dell’ostio sinusale che conduce alla sinusite (27). La esisten-za di un RGE deve essere sospettata e ricercata in tutti i casi di bambini con ostruzione nasale cronica, specie se cuti e/o RAST negativi. La facilità di terapia ex-adiuvantibus (antiacidi, antisecretori quali gli IPP o H2 antagonisti inibitori della pom-pa protonica, procinetici facilitanti il clearing esofageo in quanto regolatori del tono del LES e dello svuotamento gastrico quali cisapride, domperidone, metocloplamide) può aiutare nella dia-gnosi evitando indagini endoscopiche più complesse e fastidiose della fibro-laringoscopia (esofago-gastro-duodeno-scopia, phmetria esofagea) non ovunque eseguibili.

Figura 2 Rappresentazione schematica del rivestimento mucoso delle vie aeree superiori

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aggiornamenti

Esistono sintomi tipici di reflusso, facil-mente rilevabili alla visita otorinolarin-goiatrica.Il primo consiste in una marcata ipere-mia della mucosa della parete posteriore dell’orofaringe (solo parete posteriore, quella in cui l’acido “scorre”, non delle strutture laterali - quali quelle tonsillari, se presenti - che così ancor più spicca-no sullo sfondo iperemico): tale sinto-mo è presente nel bambino ma anche nell’adulto (che riferisce tosse cronica, faringodinia, raucedine, “nodo in gola”, disfonia improvvisa sotto emissione vo-cale) il quale in passato veniva etichet-tato come affetto da faringite cronica “ipertrofica” o più spesso “atrofica”. (fig. 3, fig. 4)Un altro sintomo è rilevabile in fibro-laringoscopia: allo sbocco esofageo e in tutta la regione del seno pirifor-

dell’ostruzione nasale: a differenza di quella allergica, la congestione da RGE si presenta con uguale intensità in tutte le ore diurne; aumenta talora poco pri-ma di cena e di regola presenta una esa-cerbazione appena il bambino si corica la sera, allorché passa alla postura oriz-zontale che favorisce il reflusso. Succes-sivamente, di notte, il bambino riposa per lo più tranquillo. Di regola la obiet-tività toracica è nulla. Da evitare in tutte le età la sommi-nistrazione di teofillina, antagonisti α-adrenergici, anticolinergici, calcioan-tagonisti, fans, tetracicline e di tutti i farmaci a potenziale lesività gastrica.Senza entrare nel merito di una raffinata diagnostica differenziale, la diagnosi di RGE è pertanto relativamente agevo-le sia per il pediatra o medico di base che per l’otorinolaringoiatra, specie se

me si rileva la presenza di liquido con aspetto di acqua di roccia che riflette la luce dell’endoscopio e dà alla regio-ne un aspetto “bagnato” non rilevabile nei soggetti sani. Di norma una mar-cata iperemia e congestione è presente allo sbocco esofageo, nelle aritenoidi e in tutto l’ipofaringe: le corde vocali ap-paiono ancor più pallide al contrasto. Talora le corde presentano un edema bi-laterale “flaccido” da contatto caustico con imbibizione tissutale: l’edema nelle fasi più avanzate spesso evolve da cor-dite a noduli prima flaccidi a larga base poi organizzati in veri noduli o polipi, la cui caratteristica è la insorgenza improv-visa senza abuso vocale e la facile rever-sibilità sotto trattamento farmacologico per RGE.Un terzo sintomo è tipico del bambino ed è legato all’orario di aggravamento

Figura 3 Figura 4Mucosa rino-faringeaal microscopio elettronico

Mucosa faringo-laringea nella zona di passaggio da epitelio pseudostratificato

in epitelio stratificato squamoso

C cilia M microvilli

Not Allergol Anno 31 - 2012 • Vol. 30, n. 3

aggiornamenti

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dotato di attrezzatura fibroendoscopia. Come al solito, è necessario sapere cosa cercare e seguire un preciso iter diagno-stico al cospetto di una congestione ed ostruzione nasale spesso erroneamente ricondotta al una causa adenoidea.La rilevanza statistica della patologia da RGE incoraggia una diagnosi precoce e corretta che valga ad evitare dispendiosi esami ma, ancor più importante, una er-rata o ritardata diagnosi in età pediatri-ca, premessa come sempre di adolescen-ti ed adulti cronicamente malati.La sequela etiopatogenetica della si-nusopatia, dapprima nella fase acuta e quindi nella progressione recidivante-cronica, presuppone che all’inizio il fat-tore grilletto non sia batterico ma risieda nell’ostruzione del complesso osteomea-tale, il che realizza un serio ostacolo al transito aereo e al deflusso delle secre-zioni. La flogosi rinosinusale e il deficit del battito ciliare, innescate da eventi vi-rali, da condizioni allergiche o da RGE, aggravano l’ostruzione: le secrezioni dense incontrano difficoltà a superare gli osti edematosi e ciò determina un circolo chiuso nel quale si crea ulteriore ostruzione, edema della mucosa, talora imbibizione tissutale polipoide. Il microambiente endosinusale si tra-sforma in anaerobico, il che favorisce una specifica moltiplicazione batterica e varie superinfezioni. Se il circolo chiuso non viene interrotto, l’ostruzione prose-gue e si aggrava favorendo l’insorgenza di infezioni che sul piano clinico posso-no esprimersi come acute ma più spesso appaiono tanto recidivanti da essere fa-cilmente etichettate come croniche.Un simile inquadramento etiopatogene-tico spiega i motivi di fallimento delle te-

rapie antibiotiche attuate da sole, mentre indirizza a protocolli terapeutici che ri-cerchino la reale causa della flogosi.Non sono dissimili gli eventi etiopato-genetici che sono alla base dell’otite me-dia secretiva (OMS), tipica condizione ora (finalmente) associata alla rinofarin-gite cronica da RGE. Il modello di sviluppo dell’otite media secretiva ha origine dall’edema flogisti-co, di origine virale o allergico, che de-termina l’ostruzione della tuba di Eusta-chio con conseguente pressione negativa nell’orecchio e cattiva ventilazione della cassa. La pressione negativa nell’orec-chio medio favorisce la formazione di un versamento fluido locale: nell’OMS l’apertura transitoria della tuba determi-na, infatti, l’insufflazione o aspirazione nell’orecchio medio di secrezioni rino-faringee ricche di batteri ed allergeni o a pH anomalo. L’ostruzione persistente della tuba e la conseguente disfunzione ventilatoria (come nel caso della flogosi causata da una rinopatia allergica peren-ne o del RGE) provoca la formazione di un essudato nel quale superinfezioni batteriche possono condurre alla cro-nicizzazione del quadro patologico. E’ stato condotto uno studio su bambini affetti da sinusite cronica con l’impiego di due sonde per la misurazione del ph per 24 ore, una nel rinofaringe ed una nell’esofago distale. Il 63 % dei soggetti mostrava un reflusso gastroesofageo, ben al di sopra della media (5 %) della popo-lazione normale. Di questi il 32 % pre-sentava un reflusso a livello rinofaringeo: l’80 % mostrava un miglioramento della sinusite a seguito terapia anti-RGE (28). La raccomandazione è pertanto che i bambini con sinusite cronica refrattaria

alla terapia vengano esaminati nei con-fronti di un RGE prima di ogni even-tuale decisione chirurgica.Indagini negli adulti affetti da sinuso-patia cronica hanno mostrato che un reflusso gastroesofageo è presente in undici pazienti confermati con TC e non responsivi alla terapia. E’ stato ef-fettuato un monitoraggio del pH farin-goesofageo su tre punti: un RGE è stato riscontrato in 7 pazienti su 11, mentre solo in 2 su 11 soggetti sani (29).In un altro studio su 19 pazienti affetti da rinosinusite cronica, già sottoposti a terapia chirurgica, il 68 % presentava i classici sintomi del RGE e il 78 % pre-sentava valori anormali del ph esofageo (30). Dodici pazienti sono stati trattati con inibitori di pompa, quattro con ini-bitori e procinetici e due sono stati sot-toposti a chirurgia per la seconda volta. A distanza di sei mesi il 65 % mostrava un miglioramento della sintomatologia nasale, quattro di essi con effetto positi-vo “drammatico”. Viene pertanto suggerito che la terapia medica per i soggetti con rinosinusite cronica venga attuata nei pazienti con anomali valori del pH esofageo: il trat-tamento medico va comunque tentato prima di quello chirurgico.Pare di assistere al ripetersi della auten-tica rivoluzione verificatasi negli anni 70-80 con l’avvento della fibroscopia: così come allora si riuscì a sconfiggere un nemico (ulcera gastroduodenale) con le sole armi farmacologiche, così ai gior-ni nostri ci si rende con quale veste ed impeto può presentarsi il RGE a livello faringeo e rinosinusale (faringiti, sinusi-ti, sinusiti, otiti, tubarotimpaniti), al di sopra di ogni precedente aspettativa ed

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oltre ogni immaginazione. Al punto che è oggi difficile quantizzare quale fosse la reale incidenza del RGE prima dell’avvento della fibroscopia:

non si comprende cioè se la incidenza del RGE fosse già molto alta in epoca pre-fibroscopica o se negli ultimi decen-ni la incidenza del RGE stia fortemente

aumentando, visto che in pratica ormai una visita orl su tre evidenzia la presenza ed importanza etiopatogenetica di un reflusso gastroesofageo.

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Buon 2013

Giovanni Passalacqua,

Roberta Aina,

Riccardo Asero,

Emanuele Bellotto,

Alessandra Ghiani,

Sandra Citterio,

Giovanni Barisione

Maurizio Galimberti,

Donatella Chiarinotti,

Giuliana Zisa,

Luisa Bommarito,

Francesca Riccobono,

Adele Moschella,

Marianna Calamari,

Francesco Murzilli,

Giacomo Manfredi,

Francesco Pezzuto

Mario Zanforlin,

Valentino Querzoli,

Eugenio Busato

Giuseppe Guida,

Gennaro D’Amato,

Gennaro Liccardi,

Lorenzo Cecchi,

Maria Russo,

Antonello Salzillo,

Amedeo Piccolo,

Maria D’Amato,

Anna Stanziola

Federico Mana

Niccolò Malannino

Maria Gabriella Giuffrida

Mario Di Gioacchino

Ivo E. Rigamonti

Renato Corsico,

Gianna Moscato,

Giovanni Piu

Arsenio C. Negrini

Ai lettori

Agli Autori

Con la speranza che ci seguano con lo stesso interesse anche il prossimo anno.

Auguri da

Gianni Mistrello, Fabrizio Ottoboni e Maura Fattorini

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From proteomic to Allergenomic

introduzionealla proteomica

Il termine Proteomica nasce nel 1994 e l’Italia ne è stata la culla. Mark Wilkins della Macquarie University australiana ha proposto la sua definizione durante un meeting di elettroforesi bidimen-sionale a Siena (First 2D Electrophoresis Siena Meeting: “2D Electrophoresis: from protein maps to genomes”). Negli anni immediatamente successivi la diffusio-ne di questa nuova idea è avanzata ve-locemente e solo 2 anni dopo, sempre a Siena, il secondo meeting di elettro-foresi bidimensionale aveva come tito-lo “From Genome to Proteome” dando riconosciuta dignità internazionale alla nuova scienza. La Proteomica è la scienza che studia il “Proteoma” ossia l’insieme di protei-ne espresse da un Genoma in un dato momento funzionale o temporale (1). Se si può dire che il Genoma è sta-tico ed uguale in tutte le cellule ed in qualunque momento della vita di un organismo, il Proteoma è invece dina-mico e varia qualitativamente, quanti-tativamente ed in funzione del tempo.

Not Allergol 2012; vol. 30: n. 3: 107-119.

riassunto

Parole chiave e sigle

• Proteomica • nuovi allergeni • identificazione di proteine • spettrometria di massa

La scienza del Proteoma nasce nel 1994 come logica conseguenza dei progetti Genoma in corso in quegli anni. L’aspetto più interessante è che si propone di studiare tutte le proteine espresse da un Genoma in un dato momento funzionale. La proteomica sembra quindi in gra-do di dare risposte nello studio della complessità biologica. Essa si avvale di tecniche di inda-gine sofisticate volte alla caratterizzazione delle proteine: metodi di separazione multidimen-sionali, metodi di identificazione proteica che si basano sulla spettrometria di massa, l’utilizzo di tecniche di bioinformatica come software in grado di interrogare i database generati dai progetti Genoma. Dalla fine degli anni ’90 la Proteomica ha trovato applicazioni in molte di-scipline mediche. I primi lavori nel campo delle allergie alimentari risalgono al 2001. Da allora essa è stata applicata a molti alimenti sia di origine animale che vegetale spesso contribuendo alla scoperta di nuovi allergeni alimentari. Molto studiato è stato il grano che chiaramente mostra a livello proteico una notevole complessità. Per esempio con lavori di Proteomica sono stati definiti i maggiori allergeni del sesamo, del lupino e del pistacchio, sono state indagate isoforme proteiche dell’arachide o scoperti nuovi allergeni dell’uovo e dei crostacei e sono stati caratterizzati gli allergeni di molti frutti. Dal 2004, dato il fiorire di lavori di questo tipo, è stato coniato il termine “Allergenomica” facendo entrare nel mondo degli “OMICS” anche lo studio degli allergeni alimentari.Oltre al campo della scoperta di nuovi allergeni alimentari, le tecniche proteomiche trovano applicazioni anche nella verifica di nuovi cibi geneticamente modificati, nel controllo di al-lergeni purificati o prodotti per via ricombinante, nella ricerca di allergeni in traccia nei cibi, nella valutazione delle modifiche chimiche sugli allergeni alimentari da parte dei trattamenti industriali. Con il progredire delle tecnologie e con la sempre crescente offerta di strumenti di più facile utilizzo è possibile che la Proteomica possa nel tempo diventare un mezzo importante per lo studio degli allergeni alimentari.

Maria Gabriella GiuffridaIstituto Scienze Produzioni Alimentari CNRSezione di Torino presso il Bioindustry Park Silvano Fumero Via Ribes 5 10010 Colleretto Giacosa (TO)

Dal proteoma all’Allergenomica

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summary

di massa applicata a peptidi e proteine. Sono state messe a punto due importan-ti sorgenti ioniche particolarmente vali-de nello ionizzare peptidi e proteine: la MALDI (Matrix Assisted Laser Desorp-tion Ionization) basata sull’ausilio di un raggio laser per ionizzare le molecole e la ESI (Electrospray Source Ion) che utilizza l’applicazione di alti voltaggi che nebu-lizzano la miscela proteica o peptidica in un mezzo liquido ionizzandola. Paralle-lamente sono stati creati analizzatori di massa come il TOF (Time of Flight) o la trappola ionica che accoppiati alle nuove sorgenti ioniche hanno dato la possibilità di creare strumenti in grado di misurare con esattezza la massa mo-lecolare di peptidi e proteine. Questi strumenti hanno avuto importanti evo-luzioni a cavallo del nuovo secolo in ter-mini di facilità di utilizzo e di costi tanto da diventare tecniche quasi routinarie nei moderni laboratori di ricerca. L’idea proteomica compendia quindi i dati di genomica e le nuove tecnologie creando una nuova piattaforma tecnologica che è stata acquisita in molti laboratori che si occupavano soprattutto di biochimica delle proteine e che attualmente è appli-cata in moltissimi campi della biologia e della medicina.Seppure attuata ormai in molti modi, l’idea di base della proteomica consiste nell’estrarre le proteine dal mezzo bio-logico in cui si trovano (fluidi, cellule), separarle il più possibile le une dalle altre ed identificarle con il metodo del “Pepti-de Mass Fingerprinting” (PMF) (2). Una buona separazione delle proteine si ot-tiene con l’elettroforesi bidimensionale (2DE) che separa le proteine in base al loro punto isoelettrico (pI) in una prima

Key words and Acronyms• Proteome • novel allergens • protein identification • mass spectrometry

The Proteome science born in 1994 as logical consequence of Genome projects running in those years. The aim of Proteome science is to study the whole complex of proteins expressed by a single Genome in a certain functional time. In this direction, the Proteome science is able to answer questions addressed by the biology complexity. Sophisticated techniques devoted to the identification and characterization of proteins are used in Proteome science (called Prote-omics): multi-dimensional separation of proteins, protein identification by mass-spectrometry followed by data analysis by bioinformatic tools. Since 90’s Proteomics found many appli-cations in medicine sciences. The first publications on food allergy were made in 2001. Since that date proteomic studies have been made on vegetable and animal food contributing very often to the discovery of new allergens. Wheat was deeply studied by proteomics due to its complexity at proteins level. Moreover by using proteomic approach the major allergens of se-same, lupine and pistachio were discovered, the protein isoforms of peanut were investigated, novel allergens from egg, crustaceans and fish were discovered and many allergens from fruits were characterized. Due to this studies, the term “Allergenomics” has been proposed in 2004 allowing the food allergy to be part of the “OMICS” world. Besides the discovery of novel food allergens, proteomic techniques find applications on the allergy field to assess safety of genetically modified food, to characterize purified or recombi-nant allergens devoted to diagnostics and therapy, to trace allergen food contamination and to evaluate the effect of food processing on allergenicity. With the improvement of the technologies and the realization of instruments easier to use it is possible that Proteomics could become a more familiar tool to study the molecular basis of food allergy.

Per comprendere questo concetto basta pensare ad un frutto e ai suoi diversi stadi di maturazione: le cellule hanno tutte lo stesso insieme di geni ossia lo stesso Genoma, ma le proteine espresse variano in funzione dei diversi stadi di maturazione, ci saranno enzimi coinvol-ti nella produzione di zuccheri e aromi, proteine coinvolte nella turgidità del frutto e via dicendo. Lo studio del Pro-teoma, ossia la capacità di identificare un gran numero di proteine coinvolte

in un dato momento funzionale di un organismo, è possibile solo grazie agli studi di genomica che sono iniziati negli anni ’90 e che sono tutt’ora in corso. I database genomici, che sono disponi-bili sempre più numerosi per i ricercato-ri, costituiscono la risorsa indispensabile senza la quale la Proteomica non sa-rebbe potuta nascere. Negli stessi anni, oltre al sequenziamento dei genomi, si è avuta anche una vera rivoluzione tec-nologica nel campo della spettrometria

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2DE elettroforesi bidimensionale

SDS-PAGE elettroforesi monodimensionale in poliacrilammide in presenza di sodio dodecil solfato

LDS-PAGE elettroforesi monodimensionale in poliacrilammide in presenza di litio dodecil solfato

MS/MS spettrometria di massa con possibilità all’interno dello strumento di frammentazione della molecola per ottenere informazioni strutturali

LC-MS/MS cromatografia liquida accoppiata a spettrometria di massa con frammentazione

ESI ionizzazione mediante elettrospray; sorgente di ionizzazione per spettrometria di massa di solito abbinata a spettrometri di massa a trappola ionica o quadrupolo

MALDI Ionizzazione a laser assistita da matrice; sorgente di ionizzazione per spettrometria di massa di solito abbinata a spettrometri di massa TOF

TOF Tempo di Volo; tipo di spettrometro di massa basato sul “tempo di volo” delle molecole all’interno di un sistema ad alto vuoto e di percorso di noto

PMF impronta digitale dei peptidi; misto di tecniche enzimatiche, di spettrometria di massa e ricerca nei database che consentono di identificare una proteina

GM geneticamente modificato

Acro

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izza

ti ne

ll’ar

ticol

o

dimensione per isolettrofocalizzazione (IEF) e poi in una seconda dimensione ortogonale alla prima in base al loro peso molecolare (SDS-PAGE). Una volta se-parate le proteine vengono visualizzate mediante colorazioni specifiche per pro-teine, ritagliate dal gel, frammentate in peptidi con un enzima (tipicamente la tripsina) e le masse molecolari dei peptidi triptici ottenuti misurate in maniera ac-curata mediante spettrometria di massa. La parte finale del metodo, sicuramente la più importante, si basa sull’utilizzo di software creati in modo da interfacciare i dati di spettrometria di massa con i da-tabase genomici e consentire di arrivare all’identificazione delle proteine (Figura 1 a pag. 110). Questi software in pratica “entrano” nei database genomici con i pesi molecolari accurati dei peptidi triptici della pro-teina incognita, possono selezionare un preciso database (per esempio Zea mais se si sta lavorando agli allergeni del mais ecc.), eventualmente restringere la ricer-ca in base ad una valutazione grossola-na del pI e del peso molecolare dedotta dalla 2DE e con queste informazioni selezionano le migliaia di proteine che potrebbero rientrare nella ricerca. In un secondo tempo sapendo che l’enzima usato per la frammentazioni in pepti-di è stata la tripsina e prevedendo che ci sono state modifiche chimiche alla cisteine o eventuali ossidazioni delle metionine o altre modifiche chimiche postulabili, il software esegue, per ogni proteina selezionata, una digestione triptica virtuale ed associa ad ogni pro-teina un set di valori corrispondenti ai pesi molecolari dei suoi peptidi triptici. Questo set di valori costituisce in quel

momento l’”impronta digitale”(PMF) della proteina. Il passo finale è con-frontare l’impronta digitale ottenuta sperimentalmente con quelle generale virtualmente ed ottenere l’identifica-zione. In maniera più completa è anche possibile effettuare un PMF includendo anche spettri di frammentazione dei peptidi (MS/MS). In questo caso si usa-no spettrometri di massa come trappole ioniche o tripli quadrupoli dove il pep-tide viene misurato in termini di peso

molecolare e poi frammentato mediante l’immissione di un gas inerte all’interno dello spettrofotometro e un aumento dell’energia di collisione fra il gas e il peptide. Lo spettrometro di massa gene-ra uno spettro di frammentazione che è nuovamente una collezione di dati rela-tivi ai pesi molecolari del frammenti del peptide. In pratica il software abbinerà per ogni peptide teorizzato anche i nu-meri relativi ai pesi molecolari dei suoi frammenti e in questo modo l’accoppia-

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mento fra pesi molecolari di peptidi e frammenti sperimentali con quelli teo-rici consentirà di identificare la proteina in esame con una probabilità di successo ancora maggiore. Alternativamente all’utilizzo della spet-trometria di massa, se la proteina è in quantità sufficiente, è possibile anche ricorrere al sequenziamento aminoaci-dico mediante un sequenziatore di pro-teine, strumento dedicato poco diffuso ormai nei laboratori specializzati nello studio di proteine perché molto sofisti-cato e costoso, ma ancora molto utile, che fornisce informazioni di sequenza aminoacidica a partire dall’aminoacido N-terminale quindi fornendo una in-formazione che è collocabile in una po-sizione della proteina ben precisa.Nel tempo sono anche nate strategie

alternative come la “Multidimensional protein identification technology” (Mu-dPIT) dove la digestione enzimatica viene effettuata direttamente sull’estrat-to proteico prima della separazione e i peptidi ottenuti vengono successiva-mente separati mediante diverse tec-niche cromatografiche (nano HPLC - cromatografia ad alta pressione minia-turizzata) accoppiate, per esempio una prima separazione per scambio ionico e la seconda in fase inversa e interfaccia-te con spettrometri di massa mediante sorgenti ESI (3). Anche in questo caso, e forse ancor di più, è fondamentale la parte di bioinformatica con potenti sof-tware in grado di elaborare la mole di dati ottenuti e metterli in correlazione con i database genetici. Come è facile intuire i campi di appli-

cazione della proteomica sono numerosi e spaziano dallo studio dei meccanismi di funzionamento cellulare sia animale che vegetale o dei microorganismi, sia in campo medico sulla comprensione dell’instaurarsi dei processi patologici che nella diagnosi delle patologie me-diante la ricerca di marcatori molecolari.

l’allergenomica

La proteomica, e più in generale le tec-nologie proteo miche, stanno dando an-che un discreto contributo nello studio delle allergie alimentari tanto che nel 2004 è stato proposto il termine “Al-lergenomics” inteso come applicazione delle tecniche di proteomica per lo stu-dio degli allergeni (4) (Figura 2 a pagina 111).

Figura 1 L’analisi proteomica

Campione biologico Estrazione delle proteine

Separazione mediante 2DE

Acquisizione e analisi di immagine

Taglio degli spot e digestione enzimatica “in gel”

Estrazione delle proteine

Separazione mediante 2DE

Estrazione delle proteineEstrazione delle proteine

Separazione mediante 2DE

Acquisizione e analisi di immagine

Separazione mediante 2DESeparazione mediante 2DE

Acquisizione e analisi di immagine

Taglio degli spot e digestione enzimatica “in gel”

Acquisizione e analisi di immagineAcquisizione e analisi di immagine

Taglio degli spot e digestione enzimatica “in gel”Taglio degli spot e digestione enzimatica “in gel”Taglio degli spot e digestione enzimatica “in gel”

Recupero dei peptidi e analisi

Ricerca nei database internazionali

Identificazione della proteina

1. MALDI-TOF/TOF

2. ESI MS/MS

3. sequenziamentoaminoacidico

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identificazionedegli allergeni

L’utilizzo dell’approccio proteomico nello studio degli allergeni alimentari sta dando un importante contributo sotto molti punti di vista. Una delle applicazioni più interessanti è quella riguardante l’identificazione di nuovi allergeni alimentari. La tecnica di base è quella dell’ “Immu-noblotting” che consiste nel separare le proteine estratte da un dato alimento mediante elettroforesi monodimen-sionale su gel di poliacrilammide in condizioni riducenti o non riducenti e denaturanti in presenza del detergente Sodio Dodecil Solfato (SDS-PAGE) ot-tenendo così una separazione in base al loro peso molecolare, trasferire le ban-de contenenti le proteine su membrana (la nitrocellulosa è quella maggiormen-te usata) mediante “Western blotting” ossia mediante un passaggio da gel a membrana elettricamente aiutato e poi incubare le membrane ottenute con il siero dei pazienti allergici selezionati per quell’ alimento in modo da evidenziare il riconoscimento di determinate protei-ne da parte delle IgE dei pazienti aller-gici. Utilizzando un secondo anticorpo di tipo IgG anti IgE umane e coniugato con un enzima in grado di favorire una reazione colorimetrica si mettono in evi-denza le bande reattive e tagliandole da un gel o una membrana non trattati con il siero dei pazienti allergici è possibile procedere alla loro diretta identificazio-ne. L’apporto innovativo dato dalla Pro-teomica è stato quello di separare in ma-niera più efficiente le proteine mediante 2DE. Con questa tecnica si ottiene una

vero responsabile della reazione immu-nologica. Per quanto riguarda l’identificazione degli allergeni è fondamentale conside-rare la loro fonte: se l’organismo vege-tale o animale ha un genoma tradotto e codificato, il compito è molto facili-tato e la tecnica è quasi routinaria. In questo caso un’analisi di tipo PMF sui peptidi triptici è sufficiente a identifica-re i nuovi allergeni, invece se l’organi-smo è meno studiato e il suo genoma ancora non indagato, allora bisogna ricorrere a tecniche che diano informa-zioni sulla sequenza aminoacidica in modo diretto ossia a prescindere dalla conoscenza del database genomico. In

doppia separazione dell’estratto protei-co: una isoelettrofocalizzazione come prima dimensione e una seconda sepa-razione ortogonale, di solito una SDS-PAGE. Le proteine una volta colorate appaiono come macchie tondeggianti dette “spot”. In questo modo quello che in una normale elettroforesi monodi-mensionale SDS-PAGE appariva come una unica banda può invece rivelare la presenza di diverse isoforme proteiche o addirittura rivelare proteine presenti in concentrazione inferiore (Figura 3 a pagina 112). Su proteine ben separate la reazione con le IgE appare più chiara e consente con minor rischio di errore di identificare il

Figura 2 L’applicazione delle tecniche proteomiche all’analisi di allergeni.

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questo caso si ricorre a tecniche conso-lidate come il sequenziamento amino acidico N-terminale. Alternativamente è possibile ottenere informazioni sulla sequenza aminoacidica dei peptidi trip-tici di una proteina mediante tecniche di spettrometria di massa dette di De novo sequencing che si basano su MS/MS di peptidi triptici e l’interpreta-zione può avvenire manualmente o in modo automatico mediante software. Il riconoscimento dell’allergene è fatto in entrambi i casi per omologia di se-quenza e non per identità come nel caso del PMF. In questo senso i software di De novo sequencing hanno dei limiti perché spesso si rifanno comunque alle conoscenze di sequenze aminoacidiche

di proteine vicine per omologia e se invece l’organismo che si sta studiando diverge molto rispetto da ciò che è co-nosciuto, l’identificazione può risultare più difficile. L’interpretazione manuale è possibile ma richiede esperienza ed è lontana dall’essere una pratica facilmen-te attuabile.

alcuni esempi pratici

Allergeni d’origine animaleRiguardo gli allergeni del latte vaccino indagati mediante tecniche proteomi-che (ed in particolare mediante 2DE) il primo ed unico lavoro risale al 2004 (5). Natale e colleghi hanno seleziona-

to 20 bambini allergici al latte vaccino (età media di 4 mesi) affetti da derma-tite atopica con skin prick test positivo, dosaggio delle IgE verso le proteine del latte con CAP-RAST System e dopo un challenge aperto con latte vaccino fre-sco dopo 2-4 mesi di dieta priva di latte vaccino. Le proteine del latte (proteine seriche e caseine) sono state separate su mini 2DE di soli 6x8 cm, trasferite su membrane di nitrocellulosa e il siero ciascun paziente è stato testato indivi-dualmente (Figura 4 a pagina 113). La prevalenza delle proteine reattive alle IgE dei soggetti allergici è stata del 55% per l’αs1-caseina, del 90% per l’αs2-caseina, del 15% per la β-caseina, del 50% per la k-caseina, del 45% per la β-lattoglobulina, del 45% per la siero albumina, del 95% per le catene pesanti delle IgG, del 50% per la lattoferrina, mentre l’α-lattalbumina non ha mai dato reazione positiva. Lo studio ha confermato quanto già as-serito da Wal ossia che molte e diverse proteine e con grande variabilità da un paziente all’altro partecipano a determi-nare l’allergenicità del latte vaccino (6). Gli allergeni dell’uovo sono stati stu-diati con approccio proteomico già nel 2001 (7). Nel lavoro di Desert e colleghi l’identificazione delle proteine è però più che altro affidata alla comparazione del profilo elettroforetico dell’estratto totale rispetto alle proteine pure oppure mediante l’utilizzo di anticorpi policlo-nali verso proteine già note e solo mar-ginalmente a tecniche come il sequen-ziamento N-terminale che realmente consentono di identificare nuove protei-ne. Più recentemente, nel 2010 un lavo-ro di Allergenomica sugli allergeni del

Figura 3 Allergenomica del latte vaccino

Separazione delle proteine di siero di latte vaccino e caseine in elettroforesi monodimensio-nale (SDS-PAGE) ed elettroforesi bidimensionale (-DE) con separazione in base al pl da 3 a 10 (A) o da 3 a 6 (B).

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bianco d’uovo, ha consentito di eviden-ziare oltre ai già noti allergeni (ovalbu-mina, ovotransferrina, lisozima, ovomu-coide e ovo mucina) anche due nuove proteine che vengono riconosciute dai sieri di bambini con comprovata allergia all’uovo (8). Queste sono la cistatina ed una prostaglandina D-sintasi lipocalina-simile (L-PGDS). Mentre la cistatina è disponibile pura in commercio, la L-PGDS è stata prodotta per via ricombi-nante. Entrambe le proteine sono state separate mediante elettroforesi monodi-mensionale, trasferite su membrana e la reattività dei sieri dei pazienti allergici confermata per entrambe. La cistatina è un inibitore della cisteina proteasi ed è un allergene del gatto prodotto nella sua saliva (9). Nell’uovo non era ancora sta-to evidenziato probabilmente sia perché ha un peso molecolare simile al lisozima e co-migra nella elettroforesi monodi-mensionale sia perché è in quantità de-cisamente inferiore rispetto al lisozima. Solo la combinazione di 2DE e tecni-che di spettrometria di massa multiple (MALDI-TOF, MS/MS) hanno con-sentito di identificarlo con chiarezza. Per l’alto numero di pazienti allergici che riconoscono la cistatina (53%) e per la sua forte reattività, questo allerge-ne può essere considerato un allergene maggiore. Un contributo interessante lo ha dato nel 2003 uno studio di Proteomica su-gli allergeni dei crostacei che oltre alla tropomiosina, che era a quei tempi l’unico allergene riconosciuto sia per i crostacei che per i molluschi, ha mes-so in evidenza un nuovo allergene, una arginina chinasi (10). Questa proteina presenta l’N-terminale acetilato che è ri-

sultato bloccato nell’analisi di sequenza N-terminale e pertanto la sua identifica-zione è avvenuta mediante tecniche di sequenziamento di qualche peptide in-terno via spettrometria di massa (PSD- MALDI-TOF). La proteina è stata suc-cessivamente clonata, purificata e la sua reale efficacia nell’indurre una risposta immunitaria dimostrata attraverso prick test con l’allergene puro. Misnan e colleghi hanno caratterizzato invece i maggiori allergeni di un tipo di sgombro indiano che è uno fra i pesci più consumati in Malesia (11). Com-parando il profilo proteico ottenuto da pesce crudo e da pesce cotto hanno visto che solo una proteina a 12 kDa era rico-nosciuta dalle IgE dei pazienti allergici

(50%) in entrambi i casi. L’identifica-zione di questo allergene maggiore è av-venuta mediante LC-MS/MS e ricerca per omologia ed è risultata la parvalbu-mina.

Allergeni d’origine vegetaleUno degli alimenti più studiati con tec-niche prima di elettroforesi bidimensio-nale e successivamente proteomiche è il grano. Fin dal 1993 diversi lavori hanno utilizzato la 2DE come tecnica di sepa-razione per le proteine del grano (farine e pasta). Le sue proteine si dividono in 4 famiglie in relazione alla loro solubili-tà: le albumine solubili in acqua (circa il 15% del totale di proteine), le globuli-ne solubili in soluzioni saline come per

Figura 4 Allergenomica del latte vaccino. 2DE-immunoblotting dei singoli pazienti allergici al latte vaccino

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esempio 0,5M NaCl (il 5%), le gliadine monomeriche solubili in etanolo (circa il 40%) e le glutenine estraibili solo con detergenti e agenti riducenti e composte da componenti ad alto e basso peso mo-lecolare legati da ponti disolfuro (12). Gliadine e glutenine sono prolammine e costituiscono il cosiddetto glutine, rap-presentano l’80% del contenuto protei-co del seme e sono per lo più responsa-bili della malattia celiaca. Il restante 20 % è rappresentato da albumine e globu-line che sono invece coinvolte nelle rea-zioni allergiche al grano. Ciascuna fami-glia presenta molte varianti e isoforme e la complessità del problema era stata affrontata mediante 2DE già nel 1993 dal gruppo di Angelica Gorg dell’Uni-versità tecnica di Monaco di Baviera (pioniera nello sviluppo dell’elettrofo-resi bidimensionale dal 1982) (13). In questo lavoro il siero di panettieri con forme asmatiche alla farina è stato usato per mettere in evidenza la correlazione fra le diverse famiglie di proteine del grano e la forma allergica. Tuttavia, al di là della individuazione di una serie di “spot” reattivi a peso molecolare di 27 kDa nella frazione solubile in soluzio-ne salina, non vi è stata l’identificazione delle proteine riconosciute dalle IgE de-gli asmatici. Nel 1995 lo stesso gruppo tenta di identificare mediante sequen-ziamento aminoacidico N-terminale le proteine a 27 kDa, ma non ci riesce e invece identifica delle altre proteine IgE reattive a peso fra 14 e 18 kDa come α-amilasi/inibitore della tripsina (14). Da allora molti lavori hanno conferma-to l’ α-amilasi/inibitore della tripsina come il maggiore allergene della farina di grano (15, 16, 17). Diversi lavori di

allergenomica sul grano vengono pub-blicati dal 2006 al 2008. Kitta e colleghi nel 2006 usando un particolare tipo di 2DE con una seconda dimensione det-ta AU (acid-urea)-PAGE ottiene una buone separazione delle proteine a bas-so peso che vengono identificate come inibitore dell’α-amilasi/inibitore della tripsina e lipid transfer protein (LTP) (18). L’ α-amilasi è già riconosciuto come il maggiore allergene del grano, ma l’LTP è vista come un pan allergene vegetale. Nel 2007 il gruppo di Pasto-rello e collaboratori, sebbene con meto-di “più tradizionali”, individuava oltre all’α-amilasi come maggiore allergene anche le glutenine a basso peso moleco-lare e la LTP (19). L’LTP è il maggiore allergene per la popolazione italiana, ma risulta decisamente minore in altre popolazioni. Parallelamente lo stesso anno Akagawa e colleghi su farina di grano propongono un’unica estrazione con un tampone contenente urea ad alta concentrazione compatibile con l’elettroforesi bidimensionale ottenendo una buona mappa bidimensionale (20). Mediante immunoblotting e la tecnica del PMF (confermato ove necessario da analisi MS/MS ottenibile con strumen-ti MALDI-TOF/TOF) sono stati iden-tificati come antigeni maggiormente IgE reattivi, oltre alle proteine già pre-cedentemente identificate, la serpina, α-amilasi, la γ gliadina e nove isoforme di glutenine a basso peso molecolare che differiscono per piccole differenze di pI e peso molecolare che in una sepa-razione elettroforetica monodimensio-nale sarebbero apparsi come una unica banda. Nella mappa 2DE del gruppo giapponese l’LTP sembra scarsamente

estratta e comunque non vi è segno di reattività in quella zona. Questo potreb-be essere un limite della tecnica usata dal gruppo di Akagawa, infatti l’LTP sono molecole molto piccole di appena 9 kDa e con un pI decisamente basico intorno a 9 e potrebbero non essere ben risolte nell’elettroforesi bidimensionale tradizionale. Un lavoro analogo è sta-to condotto nel 2008 da Sˇotkovsky´e colleghi utilizzando la frazione proteica solubile in soluzione salina di 6 diverse varietà di grano e selezionando 50 pa-zienti allergici (21). Il profilo proteico ottenuto mediante elettroforesi mono-dimensionale delle 6 varietà di grano presenta una notevole variabilità in ter-mini di reattività verso le IgE di ciascun paziente allergico. Inoltre passando da una elettroforesi monodimensionale in condizioni non denaturanti (proteine che ritengono la loro aggregazione gra-zie al mantenimento dei ponti disolfu-ro) ad una in condizioni denaturanti (la classica SDS-PAGE) la reattività diven-ta più intensa e rivolta a proteine a basso peso. Evidentemente la denaturazione delle proteine espone dei siti reattivi che in vivo sono esposti dopo cottura e durante la digestione dell’alimento e dimostra che la condizione nativa di fatto è una condizione non rispondente alla realtà. La 2DE presenta un notevole miglioramento in termini di risoluzione mostrando circa 800 spot dei quali una media di 60 sono reattivi in tutti i pa-zienti testati. Dalla identificazione del-le proteine in essi contenute sono stati identificati 19 potenziali allergeni fra i quali diversi inibitori dell’α-amilasi, β-amilasi, profilina, serpina, β-D-glucano esoidrossilasi ed una proteina

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di 27 kDa del grano. Un altro gruppo di importanti fonti al-lergeniche sono i legumi, fra tutti il più importante è l’arachide. Esso infatti è l’alimento che più di altri può indurre shock anafilattico e per questo è molto studiato anche con tecniche proteomi-che. Boldt e colleghi hanno studiato e caratterizzato i complessi ad elevato peso molecolare (superiore ai 100 kDa) che contengono nel seme i maggiori allergeni dell’arachide (22). Anziché realizzare come prima dimensione una isoelettrofocalizzazione hanno separa-to per peso molecolare i complessi in forma nativa mediante l’utilizzo del colorante Blue Coomassie o del Litio Dodecil Solfato (LDS). Questi avvol-gendo i complessi con una carica net-ta negativa consentono loro di migrare solo in base al loro peso molecolare. La seconda separazione è avvenuta invece in condizioni denaturanti e riducenti (LDS-PAGE) e ha consentito di separa-re le singole molecole formanti il com-plesso. In questo modo gli autori hanno visto che i complessi sono formati dagli allergeni Ara h1, Ara h 3/4, Ara h 3, Ara h 4, Gly 1 e iso-Ara h 3 e che esaminan-do le sequenze primarie eccetto Ara h1 che appartiene alla famiglia delle vicilli-ne (7S), tutte le altre sono isoallergeni di Ara h 3/4 ossia legumine (11S). In un lavoro più recente del 2009 è stata applicata una tecnica di colorazione fluorescente differenziale (DIGE) che consente di marcare con 2 o 3 fluorofo-ri campioni diversi e poi separarli nello stesso gel (23). Poiché ciascun fluoro-foro è eccitabile ed emette a specifiche lunghezze d’onda si possono ottenere immagini separate dei diversi campioni

e poi esaminarle sovrapponendole uti-lizzando specifici software. In questo caso sono stati esaminati estratti di di-verse varietà di arachidi inclusa una va-rietà indonesiana che ha mostrato una ridotta quantità di Ara h1 e Ara h 2. Gli autori segnalano però che non sono sta-ti in grado di separare le isoforme di Ara h 3/4 probabilmente perché non sepa-rabili con la “classica” 2DE (IEF e SDS-PAGE). Questo dimostra che anche nell’ambito delle tecniche proteomiche la messa a punto del metodo a seconda della matrice che si sta trattando è fon-damentale e non standardizzabile.Per la ricerca degli allergeni dei semi ri-cordiamo i lavori del 2002 di Beyer e colleghi che hanno studiato gli allergeni della nocciola e del sesamo con l’uti-lizzo dell’elettroforesi bidimensionale ed il sequenziamento aminoacidico N-terminale sia della proteina intera che di qualche peptide interno, tecnica che si rivela molto utile quando si studiano organismi il cui genoma non sia ancora sequenziato (24, 25). Per il principa-le allergene della nocciola (prevalenza dell’86%, peso molecolare di circa 40 kDa) è stato possibile saggiare una libra-ry di cDNA mediante sonde di DNA costruite sulle informazioni di sequenza ottenute e identificare la 11S globulina, una proteina di riserva dei semi. Per il se-samo invece è stato possibile identificare 4 allergeni. Di questi due sono proteine di riserva dei semi, la 7S vicillina (Ses i 3) e una 2S albumina (Ses i 2) diversa da un’altra (Ses i 1) precedentemente identificata da Pastorello e colleghi (26). Nel 2009 sono stati identificati gli aller-geni del pistacchio. Due proteine a 7 e 32 kDa riconosciute dal siero del 50%

dei pazienti selezionati sono state rite-nute probabili allergeni maggiori e la loro caratterizzazione è avvenuta dopo separazione in 2DE (27). Tecniche di sequenziamento N-terminale e MS/MS hanno fornito qualche informazione di sequenza interna e le ricerche per omo-logia nei database hanno dato per la 7 kDa (Pis v 1) una buona omologia con la 2S albumina e per la 32 kDa (Pis v 2) omologia con la 11 S globulina en-trambe della noce brasiliana. Le stesse sequenze interne sono servite per creare sonde in grado di scandagliare una li-brary di cDNA e sono state evidenziate 2 isoforme della Pis v 2 che hanno mo-strano differenze di sequenza e di lun-ghezza e pI diversi. In modo analogo è stato identificato il maggiore allergene del lupino, la con-glutinina β (Lup an 1), una proteina omologa ad Ara h 1 e principale protei-na di stoccaggio del seme (28).La frutta e la verdura, dato il loro impor-tante valore nutrizionale e preventivo per numerose patologie, sono sempre di più promosse nell’alimentazione uma-na. Parallelamente cresce però l’inciden-za di manifestazioni allergiche dovute a questi tipi di alimenti. Nel tempo si è compreso che esistono manifestazioni allergiche (soprattutto la sindrome orale allergica) dovute a fenomeni di cross-reattività con l’importante aeroallergene della betulla Bet v 1 e che invece le LTP che sono le vere responsabili dell’allergia ai frutti.Nel caso degli allergeni di frutta e verdu-ra l’apporto delle tecniche proteomiche ha avuto finora un ruolo più collaterale, probabilmente dovuto alla complessità del profilo proteico e al basso contenu-

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to in proteine. Per esempio, in uno dei primi lavori sugli allergeni dell’uva, la 2DE è stata usata esclusivamente per controllare la purezza e determinare il pI dell’LTP purificata dagli acini d’uva (29). Oppure in un altro lavoro le diver-se varietà di fragole sono state esamina-te con metodi proteomici alla ricerca di piante che producessero meno allergene soprattutto l’omologo di Bet v (Fra a 1) (30). Gli autori hanno notato come sia le diverse varietà influenzano la concen-trazione di allergeni (varietà di fragole “bianche” hanno un contenuto infe-riore di allergeni) così come gli stati di maturazione, infatti frutti raccolti an-cora acerbi mostrano un contenuto in allergeni decisamente inferiore. Tuttavia è stato visto che le proteine responsabi-li per il colore rosso non correlano con quelle allergeniche per cui, sulla base di queste conoscenze, si può ipotizzare la creazione di ibridi rossi, ma con un ri-dotto contenuto in allergeni. Un elegante lavoro è stato pubblicato nel 2005 da Reuter e colleghi (31). Le diverse isoforme dell’allergene Pru p1 della ciliegia sono state indagate me-diante la sinergia della Proteomica e della biologia molecolare. Una isofor-ma di Pru p 1 separata mediante 2DE e con caratteristiche diverse in termini di reattività alle IgE rispetto alle isoforme conosciute e con un pI decisamente di-verso rispetto ad altre 4 isoforme è stata in parte caratterizzata attraverso sequen-ziamento N-terminale e tecniche di De novo sequencing. Attraverso la costru-zione di sonde ricavate dalle conoscenze sui peptidi è stato possibile risalire al clone contente il cDNA della proteina ed ottenerne la sequenza completa.

nuovi allergeni

Solo due lavori riportano la scoperta di nuovi allergeni della frutta con approc-cio Allergenomico. Uno è sugli allergeni della mela e consiste nel loro mappag-gio, mediante 2DE, in diverse condi-zioni (denaturanti e non denaturanti), verificando mediante anticorpi policlo-nali la presenza dei 4 maggiori allergeni Mal d 1, Mal d 2, Mal d 3 e Mal d 4 e comparando la loro reattività verso le IgE di pazienti allergici alla mela (32). In questo modo sì è visto che anche pic-cole quantità di allergene che non ven-gono visualizzate mediante colorazione per le proteine, ma solo attraverso l’uso di anticorpi specifici possono essere ri-conosciute dalle IgE dei pazienti aller-gici e probabilmente sono in grado di innescare una risposta allergica. Inoltre nel lavoro viene identificata una protei-na reattiva nel 71% dei pazienti aller-gici testati che è risultata essere la gli-ceraldeide-3 fosfato idrogenasi. Questa proteina era già stata evidenziata come allergene nel grano e quest’anno anche nel frutto esotico Rambutan dove rap-presenta il maggiore allergene (33). L’altro lavoro è sugli allergeni del lam-pone. In questo lavoro sono stati iden-tificati due allergeni comuni a tutte le piante della famiglia delle Rosaceae: la profillina Rub i 1 omologo di Mal d 1 e l’LTP Rub d 3 omologo di Mal d 3. La loro identificazione è avvenuta median-te anticorpi policlonali prodotti contro i corrispondenti allergeni della mela. Inoltre il siero dei pazienti allergici ha evidenziato anche altri spot reattivi le cui proteine sono state identificate me-diante MS/MS come una chitinasi clas-

se III e una ciclofillina. Il lavoro sulla chitinasi è stato completato anche con l’analisi dei “cross-reacting carbohydrate determinants”(CCD) ossia le catene di zuccheri delle glicoproteine che sono parte integrante degli epitopi e spesso responsabili di fenomeni di cross-reat-tività.

altre applicazioniallergenomiche

Interessante è l’applicazione agli ali-menti geneticamente modificati (GM). L’introduzione di un nuovo gene etero-logo in una pianta può aggiungere un nuovo allergene o modificare il livello di espressione di un allergene esisten-te. Sono passati molti anni da quando la DNA Plant Technology Corporation americana aveva progettato un pomo-doro transgenico con l’introduzione di uno dei maggiori allergeni del pesce per aumentare il suo tempo di conserva-zione oppure la Pioneer Hi-Bred aveva prodotto una soia arricchita in metioni-na addizionando il gene di una proteina di riserva della noce brasiliana alla quale molti individui sono allergici (molti di più di quelli allergici alla soia). Attual-mente, senza assumere posizioni estre-me rispetto agli alimenti transgenici, c’è però una maggiore sensibilità a questo aspetto e la stessa FAO raccomanda di testare gli alimenti GM anche sotto l’aspetto allergologico. Nel 2007 Batista e colleghi hanno comparato mediante tecniche proteomiche soia GM e soia non GM (34). Gli autori hanno indi-viduato due nuovi potenziali allergeni, confermato quelli già noti, ma non han-no visto differenze a livello di reattività

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fra la soia transgenica e quella non mo-dificata. E’ chiaro come la proteomica possa essere la risposta, almeno in vitro, alla necessità di nuovi test per gli ali-menti GM. Molto interessante, sebbene ancora in scala di ricerca, è la possibilità di appli-care la Proteomica alla ricerca di aller-geni in traccia in cibi che non dovreb-bero contenerli. Questa esigenza nasce dalle direttive della Comunità Europea (2003/68/EC e successivo ammenda-mento 2007/68/EC) relative alla eti-chettatura degli alimenti. Per tutelare i soggetti allergici eventuali tracce dei 13 alimenti identificati nelle direttive come pericolosi devono essere riportati in eti-chetta (35). La presenza di allergeni può essere accidentale per cross-contamina-zione durante la lavorazione in linee di produzione non perfettamente pulite (prodotti da forno) o durante il traspor-to (per esempio di cereali). Attualmente i metodi ufficialmente usati sono l’ELI-SA che si basa sul riconoscimento del contaminante mediante anticorpi speci-fici e successiva reazione colorimetrica e metodi basati sulla PCR che però non rilevano gli allergeni ma la presenza del DNA relativo al contaminante. Negli ultimi anni è nata l’esigenza di metodi analitici che, oltre ad essere sensibili ed affidabili, siano anche diretti ossia che valutino la presenza della proteina-allergene e possano indagare con una sola analisi la presenza di allergeni di diversa derivazione. La soluzione sem-bra venire dalla tecniche proteomiche ed in particolare dalla spettrometria di massa con strumenti accoppiati a cro-matografia liquida (LC-MS/MS). Il primo lavoro risale al 2006 e propone

il rilevamento di peptidi via LC-MS/MS che siano rappresentativi per la pre-senza di arachidi in cioccolato fondente (36). L’autore fa notare come il metodo usato per estrarre le proteine da matrici complesse sia da valutare con attenzione in quanto il limite di sensibilità (LOD) del metodo varia molto in base a questo parametro riuscendo ad arrivare ad una LOD di 2 ppm di proteina di arachide rilevabile. Da allora sono stati pubblica-ti diversi lavori che si basano su questo metodo migliorandolo su alcuni aspetti, per esempio usando standard di pepti-di opportunamente prodotti e spesso marcati con radioisotopi oppure defi-nendo meglio i parametri di settaggio dell’acquisizione degli spettri (37, 38). Un ulteriore miglioramento del metodo è stato pubblicato quest’anno quando Heich e colleghi sono stati in grado di rilevare 7 allergeni con un’unica analisi di LC-MS/MS (35). Altra applicazione è quella per verificare il grado di purezza di allergeni natura-li (estratti da alimenti) o ricombinanti utilizzati nei kit diagnostici o per “skin prick test” o per applicazioni di immu-noterapia (37). Nell’ambito del progetto europeo EuroPrevall, sono stati prepara-ti ben 46 allergeni alimentari purificati o prodotti per via ricombinante, molti di essi sono stati controllati mediante 2DE per la presenza di eventuali impu-rezze o di isoforme e per tutti c’è stato un controllo della loro struttura prima-ria mediante tecniche di spettrometria di massa (39). Nel caso dell’autentica-zione dei singoli allergeni prodotti per vari scopi, te tecniche proteomiche sono ufficialmente riconosciute come un va-lido mezzo per ottenerla.

Un’ultima applicazione che val la pena di ricordare è la possibilità di identifi-care le modifiche che gli alimenti su-biscono con i trattamenti industriali. I trattamenti termici (cottura, arrostitu-ra, pasteurizzazione, ecc.), per esempio, possono modificare la struttura confor-mazionale degli allergeni modificando il grado di allergenicità di un alimento (40). E’ possibile che l’allergenicità di un alimento aumenti o che diminuisca, utilizzare tecniche di indagine a livello molecolare può aiutare a comprendere i meccanismi chimici che ci sono alla base del fenomeno ed eventualmente portare a condurre il trattamento indu-striale in un modo tale da ridurre il gra-do di allergenicità senza, se è possibile, far perdere la funzionalità nutrizionale all’alimento stesso. Studi su latte vacci-no crudo e bollito con diversi metodi sono attualmente in corso nel nostro laboratorio.

conclusioni

E’ chiaro che negli ultimi 10 anni la Proteomica ha dato un buon contributo nel campo della ricerca degli allergeni alimentari. Tuttavia è evidente che essa non è ancora utilizzata come scelta pri-maria. Questo è sicuramente dovuto al fatto che le tecniche proteomiche posso-no essere applicate solo in laboratori de-dicati in quanto necessitano di strumen-tazioni piuttosto sofisticate e costose che richiedono personale specializzato per il loro utilizzo. E’ necessaria pertanto una maggiore collaborazione fra i gruppi di ricerca che si occupano di Proteomica e gli allergologi. Il clinico deve com-prendere che affrontare il problema in

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termini proteomici può dare risposte più sicure, può portare più facilmente all’identificazione di nuovi allergeni e offre la possibilità di comprendere me-glio il fenomeno che si sta studiando. Il biochimico che si occupa di proteomi-

ca deve cercare soluzioni tecnologiche appropriate, lavorare molto sulla ricer-ca del miglior metodo per separare gli estratti proteici e cercare di miniaturiz-zare le mappe proteiche in modo da non richiedere eccessive quantità di siero dei

pazienti allergici. L’evoluzione continua e veloce che le tecniche proteomiche stanno avendo sicuramente porterà ad una facilitazione del loro utilizzo con-sentendo nel prossimo futuro al reale sviluppo dell’Allergenomica.

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Not Allergol Anno 31 - 2012 • Vol. 30, n. 3120

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intervista

121Not Allergol Anno 31 - 2012 • Vol. 30, n. 3

Novità sull’allergia al nichelNews on nickel allergy Not Allergol 2012; vol. 30: n. 3: 121-123. a cura di Gianni Mistrello

Prof. Mario Di Gioacchino

È con vero piacere che mi ac-cingo ad intervistare il Prof.

Mario Di Gioacchino Direttore dell’Unità di Allergologia ed Im-munotossicologia Centro di ricerca Ce.S.I. (Università G. d’Annunzio di Chieti ). Tra i suoi interessi di scien-ziato, è importante sottolineare il suo impegno nel tentare di defini-re i meccanismi patogenetici della dermatite da contatto da metalli, in particolare quella specifica per il nichel, una patologia la cui inci-denza nella popolazione femminile è piuttosto rilevante. Ed è proprio nel corso di questi studi che il Prof. Di Gioacchino, in collaborazione con altri ricercatori, è riuscito ad evi-denziare l’esistenza di una patologia fino a pochi anni fa sconosciuta e che solo recentemente ha ricevuto un riconoscimento ufficiale. Mi ri-ferisco alla Systemic Nickel Allergy Sindrome (SNAS). Iniziamo quindi la chiaccherata con il Prof. Di Gioacchino chiedendogli di spiegarci quali sono i sintomi che caratterizzano questa sindrome e in quali aspetti eventualmente si di-stingue dalla più nota dermatite da contatto da nichel.

La prima fase della diagnosi è anamnestica: il paziente riferisce

sintomi in seguito all’ingestione di cibi ad alto contenuto di nichel. Segue una verifica dietologica: il paziente (nella maggior parte dei casi “la paziente”) viene invitata a seguire una dieta povera di ni-chel, in genere consegnando un elenco di alimenti proibiti, meglio con l’adozione di diete specifiche a basso contenuto re-peribili all’indirizzo http://www.lofarma.it/it/allergie/index.html, se la sintomato-logia scompare il sospetto diagnostico è forte e si può procedere con la verifica del ruolo eziopatogenetico del nichel con il test di provocazione orale con il metallo. La ricomparsa dei sintomi dopo tale test ci permette una diagnosi di certezza.

Lei è autore di diversi lavori scientifici pubblicati su riviste

internazionali sul tema. Può aggior-narci sulle conoscenze scientifiche che si sono acquisite relativamente ai meccanismi patogenetici di que-sta sindrome? Considerato che si usa il termine allergia al nichel, è stata rilevata la presenza di anticorpi IgE specifici verso il nichel? Se sì, tali anticorpi possono svolgere un ruolo nella genesi della stessa?

La clinica della SNAS è essenzial-mente caratterizzata dalla com-

parsa di sintomatologia essenzialmente a carico della cute (con riacutizzazione dell’eczema da contatto e comparsa di eczema in regioni non in contatto con il metallo, flare-up di precedenti patch test positivi per il nichel ed orticaria ta-lora associato ad angioedema) e del trat-to gastrointestinale (con meteorismo, dispepsia, coliche, vomito e/o diarrea e sintomi da reflusso gastroesofageo) in occasione dell’ingestione di cibi ad alto contenuto di nichel.

Si può ipotizzare che la SNAS possa essere considerata come

una “evoluzione“ della dermatite da contatto visto che non esiste pa-ziente con SNAS che non sia affetto da dermatite da contatto da nichel?

Si, potrebbe essere ipotizzabile proprio perché la SNAS com-

pare sempre in soggetti con DAC da nichel ed in genere compare dopo 5/6 anni dall’insorgenza dell’eczema da con-tatto.

Come viene eseguita una dia-gnosi di SNAS?

intervista

122 Not Allergol Anno 31 - 2012 • Vol. 30, n. 3

Non sono stati individuati nel siero di pazienti affetti da SNAS

anticorpi IgE specifici verso il nichel. La patologia IgE mediata da nichel è limitata all’asma professionale dei nichelatori (ed altri lavoratori esposti a fumi di nichel). Il termine allergia è utilizzato per indica-re che la SNAS è una immunoreazione patogena, che ha come punto di partenza la reazione di tipo IV caratteristica della DAC, che come detto è il momento di partenza della malattia. Agli aspetti im-muni caratteristici della reazione tardiva, caratterizzata dalla attivazione di una rea-zione di tipo cellulo-mediata (linfociti T CD8+ e Th1,) si associa la attivazione di una risposta di tipo Th2, con produzione principalmente di IL-5. Tale citochina viene prodotta da linfociti T CD4+ con un rapporto dose dipendente con la som-ministrazione di nichel, dato verificabile sia in vitro che in vivo.

Dove si trova in natura il nichel e quale è il fabbisogno giorna-

liero di questo metallo?

Il nichel è metallo ubiquitario, non se ne conosce una sintoma-

tologia da carenza nell’uomo. Nell’ani-male il nichel sembra coinvolto nell’as-sorbimento del ferro, nel metabolismo dei carboidrati, degli aminoacidi e nella sintesi dei fosfolipidi. Nei batteri è an-cora importante nello switch dalla re-spirazione aerobica a quella anaerobica e nell’Helicobacter Pilori fa parte di en-zimi essenziali per la sopravvivenza degli stessi nell’ambiente acido gastrico.

Può indicarci quali sono gli alimenti che contengono il ni-

chel e si conosce in quale forma chi-mica il nichel è presente negli stessi?

Avena, cacao, cioccolato, fagio-li, lenticchie, mais, mandorle,

nocciole, pere, soia, spinaci, pomodoro, aringhe, asparagi, birra, vino, cibi insca-tolati, cipolle, farina grano tenero, fun-ghi, lattuga, uva passa, the, ecc.. anche se non è un elenco esaustivo. Comun-que va notato che il nichel può essere contenuto in diverse frazioni dei cibi, quali quella proteico e lipidico con una biodisponibilità molto diversa, per cui gli studi sull’argomento debbono anco-ra chiarire molti aspetti del problema. Anche la speciazione del metallo può essere rilevante, anche se quello biodi-sponibile sicuramente dopo il passaggio gastrico dovrebbe trasformarsi presso-ché interamente in nichel cloruro.

Esistono opzioni terapeutiche efficaci nel curare la SNAS? In

questo senso che ruolo ha la dieta? In base a quali presupposti si è pensato che un vaccino basato sull’impiego di solfato di nichel possa funzionare analogamente a quanto avviene per i vaccini usati nella ITS per la cura dell’allergia a pollini, acari…?

La dieta ha sicuramente un ruolo primario, allontanare l’allergene è

una misura fondamentale in allergologia, qualunque sia la patologia presa in con-siderazione. Nel tempo però i pazienti sono impossibilitati a proseguire una die-ta povera di nichel, perché possono in-sorgere problematiche nutrizionali (per quanto le diete proposte sul sito indicato in precedenza siano sufficientemente bi-

lanciate) e soprattutto perché la qualità della vita del paziente diviene scadente. Pertanto si è tentata la strada della desen-sibilizzazione, non tanto per analogia con la immunoterapia specifica delle patolo-gie da inalanti, quanto sulla base degli esperimenti di desensibilizzazione orale con nichel in animali da esperimento sensibilizzati al metallo, con un successo pressoché costante.Il rilievo immunologico fondamentale verificato nell’animale era il ripristino della tolleranza verso l’aptene, per cui, con tutte le cautele del caso si è proposto utilizzare la stessa metodica nell’uomo. Le cautele hanno riguardato essenzialmente i primi protocolli di somministrazione che hanno previsto l’impiego di dosi di partenza di nichel solfato estremamen-te basse, nell’ordine di nanogrammi. La successiva verifica dell’assenza di effetti collaterali ha poi giustificato l’adozione di dosi superiori nell’ordine dei micro-grammi. Al momento sono in fase pro-gettuale studi clinici con dosi ancor più elevate delle attuali, visto anche che si è verificata una dose dipendenza dell’effet-to terapeutico del trattamento.

Lei è stato coordinatore del pri-mo studio in doppio cieco volto

a valutare l’efficacia terapeutica di un siffatto vaccino, individuando nel contempo la dose ottimale. Può rac-contarci in breve il protocollo dello studio, i centri coinvolti e i risultati che sono stati ottenuti?

Si è trattato di uno studio su sca-la nazionale, il primo al mondo

sul nichel, che ha coinvolto variamente nella fase progettuale, nella fase operati-

123Not Allergol Anno 31 - 2012 • Vol. 30, n. 3

intervista

va e nella valutazione dei risultati alcuni specialisti di Agropoli (Dott. V. Patella), Brescia (D.ssa M. Braga), Genova (D.ssa S. Voltolini), Latina (Dott. V. Di Rien-zo), Lecce (Dott. M. Minelli), Messina (Prof. L. Ricciardi) e Roma (Prof. D. Schiavino e D.ssa O. De Pità), oltre i ri-cercatori Lofarma (Dott. G. Mistrello ed il compianto Dott. P. Falagiani). Più che la dose ottimale, è stata indivi-duata una dose efficace: 1,5 microgram-mi settimana. Come ho già detto, con le dovute cautele, studieremo l’effetto di dosi superiori, giacchè è stato individua-to un effetto dose dipendente del trat-tamento. Effetto positivo si è avuto sia sui sintomi cutanei che quelli intestinali, con una ripristinata tolleranza ad ali-menti contenenti nichel nel gruppo trat-tato con farmaco. Lo studio è stato dise-gnato per dare la massima affidabilità ai risultati ottenuti, quindi si è trattato di un doppio cieco, randomizzato, control-lato con placebo con la comparazione di più dosi di farmaco attivo. La differenza statistica tra gli effetti ottenuti con il far-maco attivo, somministrato alla dose di 1,5 microgrammi la settimana, ed il pla-cebo è stato nell’ordine dello 0.03, 0.001 a seconda degli end points considerati.Rilevante, da un punto di vista clinico, è stata la possibilità da parte dei trattati di reintrodurre nella dieta tutti o la mag-gior parte di alimenti contenenti nichel.

Visto che oltre al miglioramen-to dei sintomi gastrointestinali

si è osservato un aumento significa-tivo della soglia del patch, è possibile che siffatto vaccino possa essere di beneficio anche per i pazienti affetti da dermatite da contatto?

È vero, il trattamento ha avuto un certo successo anche sulla DAC,

ma il parametro “miglioramento DAC” non era stato inserito tra end points ori-ginari dello studio, quindi una sua valu-tazione conclusiva non sarebbe corretta. Tuttavia, anche considerando altri studi fatti da un gruppo dermatologico, che hanno segnalato un beneficio, per quanto temporaneo sulla DAC, è ipotizzabile un beneficio anche sull’eczema da contatto di per sé. Anche in questo caso è in corso di progettazione uno studio specifico.

Quanto deve durare il tratta-mento?

Non abbiamo dati in merito, stiamo valutando dati sui pazien-

ti che hanno partecipato al primo studio che è durato un anno. Noi, in analogia a quanto si fa per altri trattamenti desen-sibilizzanti, manterremo il trattamento per 3-5 anni, e comunque 2 anni dopo la completa reintroduzione degli alimen-ti ad alto contenuto di nichel o dopo 2 anni di una stabilizzazione clinica (inte-sa come relativo raggiungimento di tol-leranza per una determinata quantità di nichel alimentare). Saranno ovviamente futuri trials clinici, di lunghissima dura-ta, che potranno dare una risposta sod-disfacente a tale quesito.

Un’ultima domanda. C’è un po’ di allarmismo ingiustificato e

probabilmente scarsa conoscenza sulla varie forme chimiche in cui il nichel è presente. Alcuni infatti pa-ventano il rischio che il nichel solfa-to possa avere effetti cancerogeni. Può fare chiarezza su questo punto?

Il nichel solfato non è assoluta-mente cancerogeno. La cance-

rogenicità del nichel è limitata al nichel solfuro in forma alfa cristallina, che si produce ad alta temperatura come va-pore ed esercita le proprietà canceroge-ne a livello delle vie aeree, in particolare seni paranasali, faringe, laringe. Il nichel solfato, invece, è estremamente tollera-bile e anche a dosaggi assai superiori a quelli impiegati nello studio non ha al-cun effetto cancerogeno.

Ultimissima domanda. So che Lei è impegnato nella stesura

di un lavoro scientifico avente per oggetto i risultati ottenuti nello studio. Può fare una stima grosso-lana dei tempi necessari al comple-tamento del lavoro?

E’ fondamentale pubblicare i ri-sultati dello studio, giacchè solo

sottoponendo tali risultati alla critica di revisori e dei lettori il lavoro acquista ri-levanza e peso scientifico. Il manoscritto è nella fase finale della stesura e penso che in poche settimane verrà sottoposto a rivista scientifica internazionale

TIO NICHEL Lofarmatrattamento iposensibilizzante orale

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Dott. Giuseppe CentanniGianni Mistrello

Ricordo di Giuseppe CentanniIl Dott. Giuseppe Centanni, uno dei pionieri dell’Allergologia in Italia (animatore e indiscusso protagonista del cosiddetto nucleo dei 12 apostoli, un gruppo di allergologi che hanno contribuito in maniera significativa alla diffusione della pratica immu-noterapeutica ) nonché fondatore del Laboratorio Farmaceutico Lofarma (l’attuale Lofarma) insieme al pro-prietario, il compianto Ing. Tito Li-vio Vaglio, se ne è andato.Tanti ovviamente sono i ricordi che mi legano a lui.Ebbi il piacere di conoscerlo in occasione della mia assunzione in Lofarma (1983) e a presentarmi fu Paolo Falagiani, un altro “pezzo” importante della storia dell’Allergologia, prema-turamente scomparso circa due anni fa. Mi colpì certo il suo carisma, che unito al suo tratto distinto e raffinato, incuteva nell’interlocutore una sorta di timore reverenziale, ma soprat-tutto la sua autentica passione per la medicina pratica e la sua curiosità verso tutto quello che riguardava la ricerca in campo medico. Volle sapere della mia esperienza di ricercatore fino ad allora svolta in un ambito non allergologico e mi stimolò af-finchè mi aggiornassi rapidamente sulla nuova disciplina per essere in grado di dare il mio contributo alla causa in tempi brevi. Anche se il suo interlocutore principale era ovviamente Paolo, il mio capo diretto, e conseguentemente i rapporti con lui non furono molto frequenti i primi anni, ebbi modo di apprezzar-lo per il suo calore umano, per il profondo rispetto che mani-festava nei confronti del lavoro di tutti, rispetto che veniva poi

ricambiato con un impegno e una dedi-zione straordinari nello svolgimento della attività quotidiana, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze. Questo atteggia-mento umanamente rispettoso veniva però dimenticato quando per vari motivi rite-neva che un certo progetto stava subendo dei ritardi non giustificati o comunque “le cose” non stavano andando nel sen-so da lui sperato; allora erano sfuriate (i cosiddetti “cazziatoni”) nei confronti del malcapitato e tutti noi, chi più chi meno, siamo stati oggetto di cazziatoni. Oggi noi malcapitati ci scherziamo e ne ridiamo,

ma quando succedeva c’era poco da ridire!Un argomento che destava spesso la sua contrarietà era il dover constatare che a causa del continuo evolversi delle normative da parte dei vari Enti Regolatori, una parte sempre più consistente del personale dovesse occuparsi di aspetti burocratici come la ste-sura di documenti e procedure al fine di adeguarsi alle stesse in maniera continuativa. Lui, un pioniere dell’allergologia, le tro-vava una sorta di affronto personale ed era una lotta riuscire a fargli cambiare opinione sul tema. Molte delle riunioni di lavoro che con una certa ciclicità venivano svolte finivano spesso oltre l’ora di cena senza che ne accorgessimo. Ricordo che ai tempi (non esisteva ancora il divieto in tal senso) la sala riunioni diventava una fumeria, avvolta com’era da una nube di fumo tra sigarette (Centanni, Farina e Astolfi) e sigari (Falagiani). Ricordo anche come i primi tempi fu dura convincere mia moglie che il ritardo a cena e l’odore di fumo che si propagava dai miei vestiti non erano dovuto alla frequentazione di qualche “trani a gogò” ma bensì era “la conseguenza” di una riunione di lavoro con accaniti fumatori.

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Gli unici che non contribuivano alla fumeria eravamo Golfe-rini ed io. Ogni tanto si provava a far desistere qualcuno dei fumatori dal suo vizio ma senza alcun successo. Anzi ricordo i commenti ironici che il Prof. Centanni e gli altri esprime-vano in simili occasioni nei nostri confronti: tutto sommato, dicevano, dovevamo ritenerci fortunati perché grazie a loro potevamo “fumare gratis”. La Lofarma era il suo mondo, una sorta di seconda casa e famiglia, un “gioiello” prezioso da tenere lustro con l’offerta ai Medici Specialisti sia di prodotti innovativi in grado di rivoluzionare l’approccio terapeutico delle malattie allergiche, ancorato da sempre alla sola immunoterapia per iniettiva, che di conoscenza scientifica. Insieme a Paolo Falagiani si fece promotore della rivista “Il Notiziario Allergologico”, una pub-blicazione quadrimestrale che Lofarma ancora oggi supporta economicamente, il cui obiettivo principale era ed è quello di diffondere attraverso articoli e rassegne a carattere divulgativo la cultura allergologica, contribuendo così ad un aggiorna-mento costante della classe medica in questo campo. Fin dalla mia entrata in Lofarma, uno dei suoi “chiodi fissi” che si traduceva poi in uno stimolo incessante a Paolo e al sottoscritto, era che Lofarma doveva sviluppare e commercia-lizzare per prima un vaccino antiallergico somministrabile secondo vie alternative a quella iniettiva. Ecco quindi nascere sotto il suo impulso prima l’Hypohinal, il vaccino antiallergi-co da somministrare per via bronchiale, seguito qualche anno dopo dall’ Allerkin, il primo vaccino antiallergico sommini-strabile per via nasale, per arrivare infine al prodotto che avu-to più successo e ancora oggi non ha eguali nel mondo, cioè il LAIS, il primo vaccino modificato chimicamente (allergoide) formulato in compresse orosolubili da somministrare per via sublinguale. Un prodotto assolutamente unico per le sue

... mi ricordo del nostro primo incontro, mezzo secolo fa, a Milano...mi colpì molto la signorilità con cui venni accolto e la sua disponibilità ad ascoltare le difficoltà che incontravo come “allergologo”... iniziava così, accanto a lui, il mio viaggio nel mondo misterioso e suggestivo dell’allergologia... seguirono poi gli incontri con altri colleghi accumunati dagli stessi interessi culturali ed è estremamente piacevole ricordare la partecipazione collegiale a discutere, in spirito di bella amicizia, le problematiche che emergevano, con sempre maggiore rilevanza... mi piace credere che tutti abbiano beneficiato di questa condivisione delle conoscenze che approfondivamo negli incontri divenuti progressivamente più frequenti e più partecipati...

Renato Corsico

126 Not Allergol Anno 31 - 2012 • Vol. 30, n. 3

Gianni Mistrello

caratteristiche immunologiche, per il suo profilo di sicurezza e di biodisponibilità, e per la sua facilità di somministrazione. Direi che il LAIS ha rappresentato il degno coronamento del suo impegno di medico pratico nel campo allergologico e non c’era occasione in cui non rivendicasse con giusto orgoglio il raggiungimento di un simile traguardo. Ricordo la preoccupa-zione iniziale di tutti noi che pensavamo ad un assorbimento rapido del principio attivo contenuto in siffatto vaccino e al conseguente rischio di indurre nel paziente side effects incon-trollabili. Ho perfettamente nella mente la riunione in cui si decise il lancio commerciale del LAIS. Fu un momento molto emozionante e stimolante. Confortato dalla sperimentazione clinica che ne dimostrava l’efficacia terapeutica e la safety, il Prof. Centanni ruppe gli indugi e si assunse la piena responsa-bilità dell’iniziativa con la quale intendeva commercializzare tale vaccino in tempi brevi , pur consapevole di dover far fron-te alla resistenza di buona parte del mondo allergologico di al-lora che mal tollerava l’idea di una terapia che in prospettiva, in virtù della sua facilità di somministrazione, poteva essere autogestibile dal paziente stesso. Per il paziente un indubbio vantaggio visto che non lo obbligava più alle sedute settima-nali presso lo studio dello specialista e all’ eventuale ansia da iniezione. Per sottolineare il coraggio mostrato nell’assumere questa decisione, ricordo che essa fu assunta più di 20 anni fa quando non era così scontato che un approccio così fuori dagli schemi tradizionali potesse avere successo. Certamente il cari-sma di cui godeva il Prof. Centanni presso gli allergologi fu determinante nel successo dell’iniziativa. Oggi le vie alternati-ve di somministrazione dei vaccini antiallergici, in particolare

quella sublinguale, sono accettate e condivise da moltissimi specialisti allergologi e dalla quasi totalità dei Produttori ma 20 anni fa questa opzione terapeutica trovò non pochi ostacoli sul suo cammino.L’ultimo ricordo che ho di lui risale alla scorsa estate, poco prima della chiusura estiva. Partecipò ad una riunione tra Dirigenti e Presidente in cui si discusse approfonditamente di vari temi, incluso quello dell’ allergia alimentare e di poten-ziali vaccini da usare come immunoterapia. Su quest’ultimo argomento non mancò di esprimere il suo parere riconoscendo che era di estremo interesse e la Ricerca Lofarma doveva im-pegnarsi a sviluppare un vaccino specifico. Al termine della riunione lo accompagnai a casa. Durante il tragitto gli chiesi se fosse in partenza per il suo adorato mare (Riviera del Co-nero). Stranamente mi rispose in maniera vaga come se non avesse più grande piacere ad andarci. Non trovando parcheg-gio proprio vicino a casa, lo aiutai a scendere dall’auto offren-domi di accompagnarlo. Ultimamente faceva una certa fatica a camminare e immagino quanto ciò gli pesasse. Come era sua abitudine mi invitò ad andarmene e di non preoccuparmi di accompagnarlo visto il breve tratto di strada che lo separa-va da casa. Gli risposi che il Presidente mi avrebbe fatto un cazziatone peggiore di quelli che ai tempi faceva lui se avesse saputo che lo avevo lasciato solo. Allora accettò e con mia sor-presa si appoggiò al mio braccio fino sotto casa. Mi ringraziò augurandomi buone vacanze. Guardandolo mi accorsi che le rughe che solcavano il suo viso si fecero più profonde come se volesse dirmi che quella era l’ultima volta che ci saremmo visti. In effetti così è stato!

✒ Vicepresidente CdA 1995-2012

✒ Direttore generale 1970-1993

✒ Dirigente Lofarma S.p.A. 1953

✒ Professore a contratto Università di Pavia 1970-1980

✒ Assistente ospedaliero ad Ancona 1951-1952

✒ Laurea in medicina a Bologna 1950

CURRICULUM Una vita per Lofarma

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3.

Gianna Moscato

E’ con viva emozione che scrivo queste righe in memoria del Dr. Giusep-pe Centanni. Ognuno di noi ha delle persone ricordi particolari, legati alla propria storia individuale. Io mi sono avvicinata all’allergologia dopo alcuni anni dalla laurea, all’inizio degli anni ‘80, stimolata dal Prof. Francesco Candura che nel 1979 aveva istituito a Pavia la Scuola di Specializzazione in Allergologia e Immunologia Clinica. Fin dal primo approccio, l’allergologia italiana per me fu rappresentata da due entità: la SIAIC (Società Italiana di Allergologia e Immunologia Clinica) e la Lofarma, che allora si identificava con il Dr. Centanni. Me lo presentò Renato Corsico, suo grande amico, compagno di lavoro e avventura in quel gruppo di pionieri che consideriamo i padri dell’al-lergologia italiana. Di lui mi colpì subito l’autorevolezza, quel senso di reverenza e quasi di timore che incuteva alle persone che lo circon-

La prima linea delle intuizioni

Per me è stato un prezioso amico e Maestro quando da giovane allergologo, nel 1962 cominciai ad avvicinarmi a questa stupenda ed interessante ricerca allergologica recandomi di frequente a Milano, ma anche alla mia vecchia scuola di Firenze per conoscere da vicino gli allergeni causa delle malattie. Ho nel mio cuore un prezioso ricordo del grande “Pippo” che con Paolo Falagiani e in collaborazione con la scuola di Firenze hanno permesso la fondazione a Cagliari di un punto di riferimento prezioso nel campo della ricerca allergologica, di cui mi onoro di essere ancora il responsabile…

Giovanni Piu

128 Not Allergol Anno 31 - 2012 • Vol. 30, n. 3

Gianna Moscato

davano - e da cui io, così inesperta com’ero in quel settore, non fui immune- unito a quel tratto di eleganza e raffinatezza che lo hanno contraddistinto in tutta la vita. Erano gli anni d’inizio degli studi sull’iperreattività bronchia-le (il mitico gruppo dell’iperreattività bronchiale capitanato da Leo Fabbri) e dell’introduzione della metacolina in Italia, e quelli in cui si muovevano i primi passi nell’identificazione delle vie alternative per la somministrazione dei vaccini an-tiallergici. Ecco dunque gli studi pioneristici su Hypohinal per via bronchiale e Allerkin per via nasale, cui parallelamente si sviluppava la ricerca di estratti e molecole sempre più efficaci nei trattamenti iposensibilizzanti come gli allergoidi. Il Dr. Centanni e i suoi collaboratori di Lofarma, in primis Pao-lo Falagiani, furono sempre in prima linea nelle intuizioni e nelle applicazioni. La Scuola di Allergologia pavese intanto si sviluppava e cre-sceva: allora le Scuole di Allergologia in Italia erano poche, la gran parte dirette da figure di grande prestigio come Carlo Zanussi a Milano, Mario Ricci a Firenze, Umberto Serafini Roma. Tanti degli allergologi italiani più autorevoli sono usci-ti dalla nostra Scuola, di cui il Dr. Centanni fu una colonna importante, avendo tenuto per diversi anni un insegnamento sui metodi di preparazione degli estratti utilizzabili nella dia-

gnostica allergologica.Alla stessa Scuola poi si iscrisse anche Stefano, che per me è rimasto cristallizzato nel ruolo del mio allievo di allora, per il quale sono stata relatore nella tesi di specialità, anche se adesso in realtà è un autorevolissimo professore universitario di fama internazionale .Ma quegli anni non furono solo lavoro stimolante e creati-vo, ma anche occasione di iniziative e piacevolissimi incontri nella comunità allergologica italiana, in primis nelle attività e nei congressi SIAIC, sempre sostenuti da Lofarma e dal Dr. Centanni, e anche in viaggi legati a congressi internazionali –meravigliosamente organizzati da Paola Tempini- nei quali mi riesce impossibile distinguere la figura del Dr. Centanni da quella della signora Giuliana, sempre al suo fianco. Il tempo poi ha portato ognuno di noi a percorrere strade di-verse, per cui negli ultimi anni ho purtroppo avuto solo rare occasioni di incontro con Giuseppe Centanni. Resterà però sempre viva in me l’immagine della sua figura alta ed elegan-te, con l’immancabile sigaretta nelle mani, la sua voce potente e quell’ intelligente ironia che mitigava il senso di timidezza dei primi incontri, che di fondo non mi ha mai abbandonata.Caro dottore, resterà con noi. È stato davvero un privilegio averLa conosciuta e godere della Sua stima.

… ho conosciuto Giuseppe nel 1955 quando fui incaricato dalla Clinica Medica dell’Università di Genova di occuparmi di allergia. Trovai in un sottoscala prodotti di Lofarma e Istituto Sieroterapico Milanese. Contattai entrambi e poco dopo incontrai e conobbi Giuseppe. Cominciammo a parlare di quei flaconi misteriosi, di cosa c’era dentro, di come utilizzarli, di allergia e m’invitò a Milano… vecchia sede in Città Studi… parlammo a lungo… “c’è da costruire tutto, potremmo incontrarci periodicamente e confrontare le nostre esperienze, cosa ne dici?”… accettai… ricordo Cesare Nava, Severino Dal Bo, Anna Loreti, Luigi Andri, Walter Piardi, Lino Businco,

Marcella Pozzan, Emanuele Errigo, Marcello Rigo, O. Volterrani, Renato Corsico, Alfredo Tursi, e tanti altri… Alipio Noferi col quale ho condiviso l’onore di essere il primo Specializzato in Allergologia alla Scuola di Firenze nel 1968… Giuseppe era il “collante” tra noi e abbiamo girato il mondo a spiegare cos’è l’allergia e cosa erano gli allergeni…In tutti questi anni si è andato consolidando non solo la nostra collaborazione culturale-scientifica, ma anche un’amicizia (con la A maiuscola) che ci ha fatto frequentare anche al di fuori dell’ambito scientifico, con viva soddisfazione per entrambi…

Arsenio Corrado Negrini

recens ion i

129Not Allergol Anno 31 - 2012 • Vol. 30, n. 3

LAIS®: l’efficacia clinica ed immunologicadipende dalla dose

Dose-dependent clinical and immunological efficacy of sublingual immunotherapy

with mite monomeric allergoid.

Di Gioacchino M, Cavallucci E, Ballone E, Cervone M, Di Rocco P, Piunti E, Filardo GS, Turi MC, Mangifesta R, Quecchia C, Mistrello G, Braga M, Petrarca C.

Int J Immunopathol Pharmacol 2012;25(3):671-679.

Q n questo studio gli Autori riportano i dati relativi ad una sperimentazione clinica effettuata su 48 pazienti allergici affetti da rinite agli acari della polvere di

casa. Dopo una fase di induzione di 16 giorni, i pazienti sono stati randomizzati e suddivisi in due gruppi di 24 pazienti ciascuno ed è stata valutata l’efficacia terapeutica del LAIS® (vaccino allergoide monomerico) ai due diversi dosaggi di mantenimento (gruppo A,1000 AU e gruppo B,3000 AU) somministrati per via sublinguale con cadenza settimanale per un arco di 12 mesi.La dose cumulativa raggiunta dopo un anno di ITS era di 70.425 AU (equivalente a 190,15ug/ml di Der p1 e di 174.425 AU (equivalente a 570,44 ug/ml diDer p1), rispetti-vamente per i gruppi A e B. La valutazione clinica prevedeva una analisi del grado di severità della rinite come stabilito dal protocollo ARIA, il consumo di farmaci (antiistaminici e ste-roidi topici) al tempo dell’arruolamento (T0), dopo 6 mesi (T1) e alla fine del trattamento (T2), una visualanalogical scale(VAS) per misurare il grado di percezione del paziente sui benefici del trattamento e una analisi degli effetti immunolo-gici a livello di peripheralbloodmononuclearcells (PBMCs). I risultati hanno mostrato che in tutti i pazienti si è avu-ta una riduzione della severità della rinite, diminuendo pro-gressivamente da T1 a T2. Tale riduzione si è evidenziata più chiaramente (p<0.05) nel gruppo 3000 AU rispetto al gruppo 1000 AU. Parallelamente si è osservato un miglioramento delle condi-

zioni cliniche percepite dal paziente. Infatti la VAS è aumen-tata del 22% (T1) e del 40% (T2) rispetto al T0 per il gruppo A, ovvero del 78% (T1) e del 97% (T2) rispetto al T0 per il gruppo B. Una comparazione statistica dei due gruppi ha dimostrato che la VAS nel gruppo B è significativamente au-mentata nei confronti del gruppo A sia dopo 6 mesi (p<0.05) e 12 mesi (p<0.007). Viceversa nell’ambito dello stesso grup-po non si è osservata nessuna differenza statisticamente signi-ficativa tra T1 e T2. Per quanto riguarda il consumo dei far-maci, essi sono diminuiti progressivamente al miglioramento delle condizioni cliniche ma nessuna differenza statisticamen-te significativa tra i due gruppi è stata osservata. Particolarmente Interessanti i risultati sul profilo citochinico a livello di PBMCS dopo stimolo allergene specifico con Der p1. Alla fine del trattamento (T2), rispetto al T0, si è osserva-ta una riduzione significativa di IL-4 (citochina di tipo Th2) sia nel gruppo A (da 182 pg/ml a 91.2 pg/ml, p<0.05) che nel gruppo B (da 133.8 pg/ml a 12.2 pg/ml, p<0.02) e anche tra i gruppi A e B (p<0.03) a favore del secondo. Al contrario si è invece rilevato un aumento significativo di interferon gam-ma, IFN-gamma (citochina di tipo Th1) sia nel gruppo A (da 110.7 ng/ml a 209,1 ng/ml, p<0.05) che nel gruppo B (da 105.9 ng/ml a 195.4 ng/ml, p<0.05), senza alcuna differenza tra i gruppi A e B. Un altro elemento da sottolineare come ricordato dagli au-tori in discussione è che nello studio non si è rilevata alcuna differenza nella modulazione dell’interleuchina IL-10, una citochina ad attività regolatoria coinvolta nella induzione di tolleranza. Una possibile spiegazione può essere il timing scel-to nello studio per la determinazione dei livelli di citochine. Diversi studi hanno dimostrato che l’incremento di IL-10 viene riscontrato in short term-studies (2-6 mesi) mentre nel presente studio la valutazione è stata fatta dopo 12 mesi. L a scelta del timing nella valutazione della modulazione delle ci-tochine è cruciale. Numerose evidenze hanno dimostrato che la ITS sublinguale (SLIT) induce una soppressione attiva delle risposte Th2 durante le prima fasi della terapia attraverso un meccanismo di tolleranza specifica mediata dall’attivazione di cellule T regolatorie che producono IL-10. In una seconda fase prevale invece un meccanismo di immunodeviazione ca-ratterizzato da una attivazione di cellule Th1 che producono IFN-gamma.

a cura di Fabrizio Ottoboni

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130 Not Allergol Anno 31 - 2012 • Vol. 30, n. 3

In conclusione lo studio dimostra che la SLIT induce un miglioramento clinico in pazienti affetti da rinite allergica agli acari, associato ad una modulazione della risposta immuni-taria da Th2 verso Th1 e che questi effetti sono chiaramente dose-dipendenti. GM

ridotti fino quasi a scomparire dopo 5 anni.Gli autori concludono che l’LNIT può essere un alterna-tiva terapeutica efficace anche nel controllare l’asma e può quindi essere proposta a pazienti allergici che rifiutano altre forme di immunoterapia. GM

Immunoterapia nasale: efficace dopo 20 anni

Long lasting effects of local nasal immunotherapy in severe respiratory allergy

due to parietaria: case report

Marogna M, Passalacqua G.

Italian Journal of Allergy and Clinical Immunology 2012; 22: 42-43

I n questo lavoro gli autori riportano viene il caso di una paziente di 30 anni affetta da allergia al polline di Parie-taria con sintomi quali rino-congiuntivite associata ad

asma. Tali sintomi si manifestavano da diversi anni e a causa di questi la paziente era stata ripetutamente ospedalizzata.Le fu prescritta una terapia farmacologica standard basa-ta sull’impiego di ceterizina, beclometasonedipropionato, salmeterolo inalatorio e prednisone in compresse ma no-nostante il massiccio impiego di farmaci l’asma rimaneva incontrollata e la paziente era costretta ad assumere frequen-temente steroidi orali.Nel settembre 1993 le fu proposto di sottoporsi ad ciclo di immunoterapia con un vaccino da somministrare per via sottocutanea o sublinguale. Al rifiuto della paziente le fu proposta un’altra opzione terapeutica costituita da un vac-cino intranasale (LNIT, Allerkin, Lofarma, Milano). La fase iniziale prevedeva l’impiego di dosi crescenti fino al raggiun-gimento della dose di mantenimento che è stata sommini-strata a cadenza settimanale per 5 anni.La paziente è stata monitorata costantemente e dopo 3 anni di trattamento i sintomi clinici si sono significativamente

Figura 1

LNIT

total600

400

200

1993

1996

1998

2000

2002

2004

2006

2008

Lower arwaysUpper arways

Total symptoms, nasal symtoms and chest symtoms assessed yearly (March-July) by diary card.

Figura 2

FEV1 (red line) in percentage of the predicted value and nasal eosi-nophilis (blue line) in percentage of total cells assessed at baseline during LNIT and in the follow-up period.

100

80 40

60

40 20

20

1993 19981996 2003 2005

FEV1 Nasal eosinophils

FEV1

% p

redi

cted

Nas

al e

osin

ophi

ls

LNIT

131Not Allergol Anno 31 - 2012 • Vol. 30, n. 3

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Le birre non sono tutte eguali

Allergy to beer in LTP-sensitized patients: beers are not all the same.

Quercia O, Zoccatelli G, Stefanini GF, Mistrello G, Amato S, Bolla M, Emiliani F, Asero R.

Allergy. 2012;67(9):1186-1189.

L a birra è una delle bevande alcooliche più consumate nel mondo. Generalmente essa viene prodotta a par-tire dall’orzo maltato, luppolo, lievito di birra e acqua

ma birre speciali possono essere prodotte usando altri cereali (per es. grano, riso o granoturco) e altri enzimi. Sebbene non sia molto frequente, in letteratura sono riportati casi di allergia alla birra. In molti casi l’allergia risultava asso-ciata ad una ipersensibilità verso una particolare componente nota come nsLTP (non specific lipid transfer protein), in altri è stata invece osservata una allergia a componenti proteiche derivanti dai cereali o dai lieviti.Dal momento che la birra può essere prodotta usando in-gredienti, processi di fermentazione e temperature diversi è quindi possibile che la concentrazione degli allergeni rilevanti possa cambiare tra una birra e l’altra e conseguentemente può verificarsi che alcune siano tollerate e altre no. In questo lavoro gli Autori hanno descritto il caso di un pa-ziente presentatosi all’Unità Ospedaliera di Faenza a segui-to di ripetuti episodi di orticaria diffusa, angioedema della faccia, gonfiore della mucosa orale e dispnea, manifestatisi sempre poco tempo dopo aver bevuto della birra. In aggiunta il soggetto presentava una storia clinica caratterizzata sia da ri-nocongiuntivite primaverile che episodi asmatici conseguenti alla esposizione a pelo di gatto. Il paziente fu sottoposto ad una serie di skin test con prick commerciali ovvero prick by prick con 36 tipi di birra, ri-sultando positivo al polline di Graminacee, al pelo di gatto e all’Alternaria tenuis mentre una debole positività fu evi-denziata nei confronti degli acari e del granoturco. Usando un test in vitro (Immuno-CAP) è stata evidenziata una certa positività anche verso l’orzo. Per quanto riguarda il prick by

prick, 30 su 36 birre testate sono risultate positive. Un test di provocazione orale con le birre negative al prick by prick test hanno confermato che il soggetto era in grado di tollerarle.Il caso è stato ulteriormente indagato e usando il siero del paziente si sono eseguiti esperimenti di immunoblotting verso 2 birre prick by prick-positive ovvero due prick by prick-negative, e verso orzo, frumento e granoturco. I risul-tati hanno mostrato una IgE-reactivity nei confronti di una banda intorno ai 10 kDa presente in entrambe le birre prick by prick-positive. Nessuna banda è stata evidenziata verso le birre prick by prick-negative. In aggiunta il siero del paziente ha mostrato una positività solo verso il granoturco, in parti-colare verso la componente LTP come dimostrato da ulteriori esperimenti di immunoblotting con un siero di coniglio anti-LTP. Questa componente, riconosciuta in immunoblotting, è stata purificata dalla birra Heineken e si è visto co-migrare con l’LTP di granoturco. Gli autori concludono che in questo caso l’allergia sarebbe causata dalla IgE-reactivity nei confron-ti dell’LTP di granoturco. Al fine di migliorare la “qualità di vita” dei soggetti allergici alla birra gli autori suggeriscono di sottoporre gli stessi ad una approfondita analisi diagnostica mediante prick by prick nella speranza di individuare birre tollerabili dai suddetti soggetti. GM

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132 Not Allergol Anno 31 - 2012 • Vol. 30, n. 3

Sensibilità al glutine di tipo non celiaco

e sindrome di Ménière

Gluten sensitivity in Meniere’s disease

Di Berardino F, Cesarani A.

The Laryngoscope 2012;122(3):700-702.

I l frumento è costituito da albumine, globuline, prola-mine (o gliadine) e gluteline (o glutenine). Il glutine è causa di reazioni avverse del sistema immunitario ed è

costituito da gliadine (parte alcol-solubile) e glutenine (alcol-insolubili) (Fig. 1). I disordini legati all’ingestione di glutine includono diversi quadri patologici che possono essere suddivisi in 3 categorie: le forme autoimmuni (tra cui è compresa la forma classica del-la celiachia), le allergie e le forme non autoimmuni, non aller-giche (sensibilità al glutine di tipo non celiaco). In particolare, la “sensibilità al glutine di tipo non celiaco” è caratterizzata da sintomi aspecifici gastrointestinali e sintomi extraintesti-nali differenti dalla celiachia, quali osteoporosi, disequilibrio, crampi muscolari, anemia, glossite e tiroidite. La sindrome di Ménière o idrope endolinfatica (MD) è ca-ratterizzata da ipoacusia neurosensoriale (ovattamento aurico-lare), acufeni ed e vertigini che durano almeno 20 minuti. Nella pratica clinica, è noto che questi soggetti con MD la-

mentano disturbi gastroenterici aspecifici, quali diarrea, do-lore addominale, dispepsia e incremento ponderale, sintomi che vengono nascosti dalla gravità della sintomatologia ver-tiginosa e uditiva. Tra le cause che scatenano la MD è stato ipotizzato un ruolo di traumi, infezioni, disturbi metabolici e fattori autoimmuni e allergici. Tuttavia, essendo due malattie multifattoriali, definire il ruolo dell’allergia nella MD non è facile. La relazione tra allergia ad inalanti ed alimenti e MD è stata segnalata per la prima volta da Duke nel 1923. Da allo-ra, la prevalenza di allergie nella MD è pari a tre volte quella della popolazione generale ed è stato documentato un miglio-ramento dei sintomi uditivi e vestibolari sia dopo immuno-

Tabella 1 Pazienti con MD positivi ai prick tests

Monosensibilizzati Polisensibilizzati

con inalanti con altri cibi freschi con inalanti e altri cibi freschi

gliadina 20 3 2 8

pomodoro 2 2 1 2

inalanti 8 0

Figura 1 Il glutine

Glutenin

Gliadin

Gluten (Gliadin + Glutenin)

133Not Allergol Anno 31 - 2012 • Vol. 30, n. 3

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Il LAIS® nel controllo dell’asma da betulla in condizioni di “real life”

The contribution of sublingual immunotherapy to the achievement of control in birch-related mild persistent

asthma: A real-life randomised trial

Marogna M, Braidi C, Bruno ME, Colombo C, Colombo F, Massolo A, Palumbo L, Compalati E

Allergol Immunopathol (Madr). 2012. http://dx.doi.org/10.1016/j.aller. 2012.07.004

P er quanto riguarda l’asma bronchiale, negli ultimi anni l’attenzione si è rivolta essenzialmente a trovare strategie terapeutiche finalizzate al raggiungimento

del controllo della malattia con il minimo dispendio terapeu-tico. A questo scopo la frequente rivalutazione della terapia in funzione delle condizioni del paziente, sfruttando anche strumenti quali la misurazione dell’ossido nitrico esalato e l’asma-control-test (ACT), risulta essere particolarmente uti-le. Nell’asma persistente, d’altra parte, l’utilizzo regolare di cortisonici inalatori è raccomandato dalla maggior parte delle linee guida, anche se di recente tale approccio è stato messo parzialmente in discussione, al fine di ridurre i possibili effetti avversi a lungo termine, visto che i soggetti con asma aller-gica non di rado assumono anche cortisonici per via nasale. L’utilizzo di associazioni farmacologiche, che contemplano i broncodilatatori e gli antagonisti dei leucotrieni, rientra tra le strategie adottate per ridurre la quantità di steroidi inala-tori somministrata. Sebbene l’immunoterapia specifica abbia dimostrato di essere un valido strumento per trattare la malat-tia allergica nel suo insieme, favorendo il miglioramento dei sintomi e riducendo l’ infiammazione allergica, ad oggi sono scarse le prove sperimentali che abbiano confrontato l’intro-duzione dell’immunoterapia con le opzioni standard di tratta-mento dell’asma allergica.In questo studio condotto presso il dipartimento allergologico dell’ospedale Macchi (Cuasso al Monte, Varese) si è voluto riscontrare se l’immunoterapia sublinguale (SLIT) per polline di betulacee in condizioni di ‘real-life’ è in grado di forni-

terapia specifica che con la dieta di privazione degli alimenti incriminati. Dal momento che, oltre alle proteine del latte vaccino, il frumento è il più comune allergene riscontrato po-sitivo nei soggetti con MD (68.2%), gli Autori hanno voluto verificare l’incidenza di positività epicutanea alla gliadina.E’ stato condotto uno studio caso-controllo individuale pro-spettico. Sono stati studiati 58 soggetti con una MD certa, secondo i criteri dell’ American Academy of Otolaryngology– Head and Neck Surgery Committee on Hearing and Equi-librium (AAO-HNS CHE), 25 volontari sani e 25 pazienti polisensibilizzati, affetti da rinocongiuntivite da graminaceae.I soggetti sono stati sottoposti a standard prick tests (i più comuni inalanti, proteine del latte vaccino, ovoalbumina e la frazione acquosa del frumento, controllo positivo e negativo), a prick-by-prick con cibi freschi (pomodoro, patata, mela e carota) e alla gliadina usando un estratto idroglicerico al 50%. Le reazioni epicutanee sono state registrate a 20 minuti e i risultati sono stati espressi in percentuale rispetto al pomfo istaminico. Dal momento che molti soggetti riferivano una risposta ritardata, è stata anche registrato la risposta a 6, 12 e 24 ore.48 soggetti con MD (82.7%) sono risultati positivi a uno o più prick test . 33 pazienti con MD sono risultati positivi alla gliadina: 20 di questi erano monosensibilizzati e 13 po-lisensibilizzati (Tab. 1). Solo 8/33 avevano avuto un reazione immediata a 20’. Gli altri 25/33 hanno mostrato una risposta ritardata: 13 a 6 ore, 11 a 12 ore e 1 a 24 ore.Il riscontro di una positività ritardata alla gliadina suggerisce il ruolo di altri mediatori più lenti rispetto a quelli rilasciati dalla degranulazione mastocitaria IgE-mediata. Questa è la prima segnalazione di risposta epicutanea alla gliadina in sog-getti con MD. Gli Autori concludono che sarebbe auspicabile studiare l’eventuale risposta anche alle altre proteine del fru-mento ed effettuare ulteriori studi clinici per definire l’even-tuale nesso di causalità con i sintomi della MD. FO

Bibliografia

Duke W- Meniere’s syndrome caused by allergy. JAMA 1923;81:2179–2182.

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134 Not Allergol Anno 31 - 2012 • Vol. 30, n. 3

re un vantaggio nel raggiungimento del controllo in sogget-ti con asma persistente. A tale scopo 187 adulti con asma lieve-persistente e rinite sono stati trattati per una stagione secondo linee guida con una bassa dose fissa di cortisonici inalatori e farmaci al bisogno. I soggetti incapaci di ottenere un sufficiente controllo della malattia (valutato mediante que-stionario ACT) sono stati randomizzati a ricevere nelle succes-sive tre stagioni, quattro opzioni di ‘step-up’: una media dose ed una alta dose di cortisonici inalatori, l’associazione di una bassa dose di cortisonico con antileucotrienico, l’associazione di una bassa dose di cortisonico con allergoide monometrico carbamilato di betulaceae in compresse alla dose di 1000AU al giorno per 5 giorni alla settimana per almeno 12 settimane(Lais, Lofarma)(Fig. 1).E’ stato interessante notare che tutti i gruppi, escluso quello che riceveva una media dose di cortisonico inalatorio, hanno visto migliorare il controllo progressivamente di anno in anno, ma soltanto i pazienti del quarto gruppo, che hanno ricevuto immunoterapia, erano vicino al controllo totale. Analogo il comportamento per quanto riguarda l’utilizzo di broncodi-latatori al bisogno e i parametri di funzionalità respiratoria.

Il quarto gruppo ha ridotto più degli altri il punteggio dei sintomi-farmaci e ha eguagliato il gruppo che assumeva an-tileucotrienici nella variazione dell’iper-reattività bronchiale. Come ci si sarebbe aspettato in un ottica di ‘united-airways-disease’, rispetto agi altri gruppi l’immunoterapia ha permesso una riduzione dell’infiltrato nasale di eosinofili e dell’utilizzo di cortisonici nasali. In conclusione l’introduzione di immu-noterapia sublinguale in compresse con allergoide monome-trico carbamilato ha permesso in soggetti con asma allergica e rinite da betulacee di raggiungere l’obiettivo della terapia, ovvero il controllo della malattia e la riduzione dei sintomi e farmaci sintomatici, con un considerevole risparmio di cor-tisonici assunti per via inalatoria e nasale. Inoltre l’immuno-terapia con allergoide monometrico, dotato di un profilo di sicurezza ottimale legato alle sue proprietà immuno-chimiche di ridotta allergenicità, ha dimostrato in questo studio di esse-re ben tollerato, suggerendo di rappresentare una interessante ipotesi terapeutica per quelle condizioni, come l’asma di diffi-cile controllo, per le quali le linee guida appaio piuttosto caute in termini di utilizzo dell’immunoterapia specifica. EC

Figura 1 Study flow-diagram

Randomized patients(n=84)

Excluded patients (n=103)6 lost follow-up7 with drew consent15 protocol deviation46 clinical efficacy with standard pharmacological treatment (of them 20 with immunoCap<IInd class)12 poor compliance7 onset of moderate persistent asthma

Selected patients(n=187) BUD 400 mcg/day

BUD 400 mcg/day + anti Lt/s (n=21) BUD 1600 mcg/day + anti Lt/s (n=21)

2 drop-out (poor compliance) 3 drop-out (2 for adverse event 1 lost to follow-up)

19 completed the study 18 completed the study

BUD 1600 mcg/day (n=21)

3 drop-out (2 for adverse event 1 lost to follow-up)

19 completed the study

BUD 400 mcg/day + SLIT (n=21)

2 drop-out (protocol violation)

19 completed the study

135Not Allergol Anno 31 - 2012 • Vol. 30, n. 3

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Un pò di ciccia fa bene

Association of all-cause mortality with overweight and obesity using standard body mass index categories:

a systematic review and meta-analysis.

Flegal KM, Kit BK, Orpana H, Graubard BI.

JAMA. 2013;309(1):71-82.

I l gruppo diretto da Katherine M. Flegal ha valutato il ri-schio relativo di mortalità in funzione dell’indice di mas-sa corporea (IMC). Allo scopo ha selezionato dai databa-

se di PubMed ed EMBASE 7036 articoli, ed estratto 97 studi che soddisfavano i criteri d’inclusione stabiliti. Il campione finale è stato di 2,88 milioni di soggetti con oltre 270.000 de-cessi. Gli Autori hanno valutato il rischio relativo di mortalità per le persone in sovrappeso, con indice di massa corporea compreso tra 25 e 30, e persone obese, con IMC maggiore di 30, rispetto alla popolazione normopeso con IMC compreso tra 18,5 e 25. Gli obesi sono anche stati ulteriormente suddi-visi in grado 1 (IMC tra 30 e 35) e grado 2 e 3 (IMC≥ a 35).I risultati riassunti nella tabella 1 sono decisamente interes-santi: la mortalità tra i soggetti sovrappeso o con obesità di grado 1 risulta significativamente inferiore (del 6 e del 5%, rispettivamente) rispetto ai normopeso, mentre la situazione si capovolge per i soggetti con grado di obesità 2 e 3 che pre-sentano un aumentato rischio di morte pari al 29%.La spiegazione di questo “paradosso dell’obesità” va ricercata

negli effetti metabolici cardioprotettivi legati all’aumento di grasso corporeo e a maggiori riserve metaboliche. Ricordia-molo ai dietologi quando insistono per farci raggiungere un IMC inferiore a 25 a tutti i costi. FO

Tabella 1 Pazienti con MD positivi ai prick tests

IMC Rapporto di rischio

Sovrappeso 25 <30 0,94 (95% CI, 0,91-0,96)

Obeso grado 1 30 <35 0,95 (95% CI, 0,88-1,01)

Obeso grado 2 e 3 ≥ 35 1,29 (95% CI, 1,18-1,41)

Obeso grado 1+2+3 ≥ 30 1,18 (95% CI, 1,12-1,25)

Il passaggio dalla dermatite atopica non IgE-associata a quella IgE-associata

avviene nelle prime età della vita.

The switch from non-IgE-associated to IgE-associated atopic dermatitis occurs early in life

Dondi A, Ricci L, Neri I, Ricci G, Patrizi A.

Allergy 2013;68(2):259-260.

È noto che la dermatite atopica (DA), patologia ad an-damento cronico-recidivante tipica della prima in-fanzia, comprende principalmente due fenotipi: una

forma associata a sensibilizzazione allergica, la più frequente e definita IgE-associata, ed una non associata a sensibilizza-zione allergica, detta non IgE-associata.I gruppi bolognesi di Allergologia Pediatrica (U.O. Pediatria – Prof. Pession) e di Dermatologia Pediatrica (U.O. Derma-tologia – Prof.ssa Patrizi) del Policlinico S.Orsola-Malpighi

Figura 1

Remission of atopic dermatitis among 184 children affected by non-IgE-associated (N=15) and IgE-associated (N=169) form.

100 %

80 %

40 %

60 %

20 %

90 %

70 %

30 %

50 %

10 %

0 %

IgE-associated AD

Non-Ige associated AD

MonthsPa

tient

s (%

)

0 40 80 12020 60 100 140

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136 Not Allergol Anno 31 - 2012 • Vol. 30, n. 3

hanno recentemente studiato il comportamento di questi due fenotipi su 184 bambini che erano affetti da DA preva-lentemente moderato-severa e dei quali disponevano di una valutazione allergologica e di un follow-up medio di circa 10 anni. I dati pubblicati confermano che la forma IgE-associata è la più frequente in età pediatrica e sembrano indicare che, proprio nelle primissime epoche della vita, la DA non IgE-associata può trasformarsi nella forma con sensibilizzazione allergica; tale evento si verifica nella metà della popolazione studiata affetta dal fenotipo non IgE-associato. Viene eviden-ziato inoltre come le forme IgE-associate paiano andare in remissione più precocemente rispetto alle altre (fig. 1). Tale lavoro rappresenta la fase preliminare di uno studio più ampio chiamato AllerGene2, ancora in corso, che ha l’obiet-tivo di individuare differenze genetiche tra questi due princi-pali fenotipi di DA. Il riconoscimento precoce dell’associazione o meno della DA con la sensibilizzazione allergica, soprattutto se si dovessero definire in futuro basi genetiche differenti tra i due gruppi, potrebbe permettere un trattamento tempestivo delle pos-sibili complicanze del fenotipo IgE-associato (comparsa di rinite e soprattutto asma allergico) ed eventualmente l’indi-

Figura 1

viduazione di terapie e strategie di intervento differenziate a seconda del gruppo di appartenenza. AD

TRAILER

ALLERGOLOGICALLERGOLOGICNOTIZIARIO

Premessa maggiore:i pazienti con rinite ed asma allergica severi sono a rischio di disfunzione erettile.

Premessa minore:la SLIT cura asma e rinite allergica anche severi.

Conclusione:la SLIT previene il rischio di disfunzione erettile.

Nel prossimo numero del Not Allergolverificheremo la validità scientifica di un sillogismo aristotelico nato dalla lettura di queste due pubblicazioni.

Allergic rhinitis and risk of erectile dysfunction: a nationwide population-based studySu VY-F, Liu C-J, Lan M-Y, Chen Y-M, Su K-C, Lee Y-C, Chen T-J, Chou K-T.

Allergy 2013; DOI: 10.1111/all.12100.

Conclusions Patients with AR appeared to be at higher risk of future ED, possibly in a severity-dependent manner.

Asthma and risk of erectile dysfunction:a nationwide population-based study. Chou K-T, Huang C-C, Chen Y-M, Perng D-W, Chao H-S, Chan W-L, and Leu H-B.

J Sex Med 2011;8:1754–1760.

Conclusions Asthma may be an independent risk factor for ED, and risk of ED probably increases in accordance with asthma severity.

rubr iche

Quesiti

137Not Allergol Anno 31 - 2012 • Vol. 30, n. 3

Anafilassi da ingestione di acari o sindrome del pancake

Prof.DR. MdG Ente e qualifica - Indirizzo Ancona

Ho letto sul WAO Journal del 2009 un articolo del gruppo di Sánchez-Borges che enfatizzava l’importan-

za della cosiddetta sindrome del pancake. Vorrei il parere di un esperto sulla reale incidenza di questa patologia.

Risponde: Prof. Ivo E. RigamontiDipartimento di Scienze per gli alimenti,

la nutrizione e l'ambiente

Gli Acari da sempre interagiscono con l’uomo toccando molteplici ambiti nell’universo dei suoi interessi, in mul-

tiformi modalità e con i più differenti esiti. Basti qui citare il caso delle allergopatie. Queste patologie sono estremamente diffuse e la comprensione della loro eziologia è approfondita e in continuo mi-glioramento. Analogo discorso può essere fatto per le conoscenze sulle manifestazioni sintomatiche, il decorso e le terapie. In questo quadro complessivo ben definito possono però comparire delle ma-nifestazioni peculiari che, per la loro novità o rarità, possono in-durre in errore il medico, con esiti più o meno gravi per il paziente. È questo il caso della cosiddetta “Pancake syndrome” o, per me-glio dire, “Oral Mite Anaphylaxis” (OMA). Si tratta di una reazione anafilattica scatenata dall’ingestione di acari, attraverso cibi da essi contaminati. Come per tutte le reazioni anafilattiche i casi di OMA sono sempre estremamente severi per il soggetto colpito, mettendo a serio repentaglio la sua sopravvivenza. Ciò che qui più interessa non è tanto il trattamento dell’episodio acuto, che non presenta pe-culiarità, quanto il fatto che il medico possa incorrere in una misin-terpretazione delle cause. È possibile che il caso venga identificato come un’allergia alimentare e che questa errata diagnosi conduca alla prescrizione di una profilassi inadeguata. La conseguenza finale di questa catena è che il paziente corra il rischio di possibili future ripetizioni di tali eventi.Il primo caso di OMA è stato riportato in letteratura da Erben AM quasi venti anni fa (1) e da allora le segnalazioni sono sempre ri-maste relativamente scarse. Non si può però escludere che, per le

possibili misidentificazioni sopra ricordate, l’incidenza di questa patologia possa essere superiore. A questo proposito si riporta che Sanchez-Borges (2) in una recente indagine retrospettiva effettuata a Caracas, Venezuela, ha riscontrato una frequenza di OMA poco superiore al 7% sul totale dei casi di anafilassi (176) osservati nel quinquennio 2005-2009. La dinamica nei casi segnalati è alquanto costante: 1) i pazienti mostrano i sintomi da shock anafilattico poco dopo (in un intervallo tra 10 e 240 minuti) avere consumato del cibo, solitamente una preparazione domestica. Nella generalità dei casi si tratta di un alimento consumato previa cottura ad alta temperatura (in forno o mediante frittura).2) l’anamnesi rivela una storia di allergie agli acari e spesso, ma non necessariamente, di tipo alimentare, ma i degenti non riportano precedenti casi di reazione agli ingredienti dell’alimento ingerito. 3) i soggetti manifestano inoltre un’alta prevalenza di ipersensibilità a farmaci anti-infiammatori non steroidi (NSAIDs), in particolare all’acido acetil salicilico, e di riniti allergiche (3). 4) accertamenti diagnostici (p.e. skin prick test) non rivelano re-azioni a preparazioni commerciali sia dei singoli ingredienti sia dell’alimento consumato. I pazienti risultano però positivi a uno o più acari e a uno degli ingredienti “domestici”, che, ad un esame microscopico, si rivela infestato da acari delle derrate. Idonee me-todologie (p.e. anticorpi monoclonali) confermano la presenza di allergeni acarini nel preparato in oggetto. In alcuni casi il paziente è sottoposto a test di provocazione nasale e/o orale, che confermano l’ipersensibilità al preparato in oggetto.Passando ad esaminare i fattori di interesse nella casistica di OMA, si possono citare 1) i prodotti più comunemente contaminati, 2) le condizioni favorenti l’infestazione, 3) le specie acarine e 4) gli allergeni coinvolti.Nei casi finora citati in letteratura l’ingrediente contaminato è rap-

rubriche

Quesiti

138 Not Allergol Anno 29 - 2010 • Vol. 28, n. 3

presentato da farina o prodotti che vedono la farina come ingre-diente principale (pane grattugiato, preparati per bignè, mix per tempura, etc.). In quasi tutti i casi si trattava di farina di frumento tenero. Non si possono però escludere a priori quelle ottenute da altri cereali, come evidenziato da un caso osservato in Brasile, origi-nato da farina di mais per polenta. Tra le principali condizioni che favoriscono lo sviluppo di infestazioni acarine vi è certamente uno scarso rispetto di banali regole di profilassi igienica, nel caso specifi-co la conservazione di farine e derivati in confezioni non integre, per tempi variabili da due mesi a due o tre anni (6,7). In questo modo si rende possibile dapprima la contaminazione e successivamente la pullulazione di acari delle derrate, che possono raggiungere densità decisamente cospicue, fino a 5.000 esemplari per grammo. Si tenga però presente che bastano infestazioni molto inferiori, poche de-cine di acari per grammo, per scatenare la reazione anafilattica. La prevalenza di queste contaminazioni è estremamente variabile, Tay SokYan et al. (7) riportano il 7% (4 casi su 57 farine esaminate) a Singapore, mentre Sanchez-Borges segnala un 37% (13 su 35) in Venezuela. Le condizioni, climatiche (alte temperature e umidità) e sociali (ridotta diffusione di appropriate misure igieniche), favo-renti queste pullulazioni si riscontrano soprattutto in Paesi tropicali, da cui effettivamente proviene la maggior parte delle citazioni, ma casi sono segnalati anche in Paesi “sviluppati”, quali Giappone, Stati Uniti (6) e Spagna (10). È quindi altamente plausibile che casi ana-loghi si possano verificare anche nel nostro Paese, o che si siano già verificati, passando sinora inosservati. Ad oggi risultano coinvolti nell’OMA una decina di specie di acari delle famiglie Pyroglyphidae e Acaridae. Si tratta di Dermatophagoides farinae, D. pteronyssinus, Thyreophagus entomophagus, Suidasia spp., Blomia freemani, Tyro-phagus putrescentiae e Aleuroglyphus spp. Si tratta di acari comunemente presenti su derrate in conservazione, anche se D. farinae e D. pteronyssinus sono maggiormente noti come consumatori di prodotti della desquamazione dell’epidermide. T. entomophagus e D. farinae sono le specie di maggiore rilevanza, ma non è chiaro se questo loro status sia funzione di una loro maggiore frequenza come infestanti delle farine, nelle peculiari condizioni so-pra riportate, o sia connesso a caratteristiche specifiche. I test diagnostici sono stati tutti condotti con i classici allergeni acarini, responsabili delle sensibilizzazioni per via inalatoria. Essi tuttavia, in quanto termolabili, non possono essere i responsabili di OMA, che si verificano anche dopo cotture prolungate e/o ad alte temperature. Sinora i più probabili responsabili sono stati indicati

negli allergeni non proteolitici del gruppo 2 o del gruppo 10 (le tropomiosine), che mantengono le loro caratteristiche allergeniche anche dopo prolungato riscaldamento. Recentemente Sanchez-Machin et al. (7) hanno suggerito che nel meccanismo che scatena la reazione anafilattica sia coinvolto un analogo della salicilaldeide. Questo composto è il 2-formil-3-idrossibenzilformato, identificato nelle secrezioni della ghiandola opistonotale di D. pteronyssinus (8). Nell’ipotesi di questo Autore vi sarebbe una coattivazione do-vuta a farine con presenza contemporanea di allergeni acarini e un analogo della salicilaldeide con attività inibitoria delle cicloossige-nasi. Questa ipotesi si basa sulle osservazioni che riportano come l’acido acetilsalicilico provochi episodi anafilattici dopo l’assunzione di cibo e spiegherebbe anche l’alta prevalenza di ipersensibilità a NSAIDs tra i soggetti colpiti da OMA.In conclusione il quadro qui riportato indica come nel corso degli ultimi anni l’importanza della OMA sia andata progressivamente aumentando. Le prime casistiche in letteratura sembravano infatti indicarla come un’evenienza rara, limitata a Paesi tropicali e legata a comportamenti igienicamente poco commendevoli. Da allora è stato invece posto in evidenza come 1) la sua prevalenza sia da rite-nere decisamente sottostimata, 2) la gamma di prodotti “infestabili” sia molto ampia e la loro diffusione decisamente rilevante, 3) sia sufficiente un tempo relativamente breve perché le popolazioni di acari superino la soglia di scatenamento della risposta, 4) i casi siano estesi anche ai Paesi più sviluppati economicamente e socialmente. Tutto ciò indica come, anche per l’Italia, vi sia un’alta probabilità di esposizione per i soggetti sensibili. Si tratta quindi di una pato-logia che, per la sua pericolosità e per la potenziale frequenza, deve essere portata a conoscenza dell’allergologo nostrano in ordine da assicurare corrette diagnosi e prevenzione ed evitare così conseguen-ze dannose per il paziente.

Per approfondireThe Pancake Syndrome (Oral Mite Anaphylaxis).Mario Sánchez-Borges, Raúl Suárez-Chacon, Arnaldo Capriles-Hulett, Fernan Caballero-Fonseca, Victor Iraola, Enrique Fernández-Caldas.World Allergy Organization Journal. Volume 2, Issue 5, 91-96.

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La bibliografia può essere richiesta a [email protected]

lofarma news

139Not Allergol Anno 31 - 2012 • Vol. 30, n. 3

Otovent: nuove tecniche di compensazione parte 2In questo articolo Federico Mana ci

illustra una seconda serie di nuo-ve tecniche di compensazione con

Otovent associato, questa volta, a ma-novre motopressorie. La manovra moto-pressoria per eccellenza è quella di Fren-zel, conosciuta anche come manovra di Marcante – Odaglia (Fig. 1). L’elemento fondamentale che distin-gue la manovra di Valsalva da quella di Frenzel è che effettuando quest’ultima la glottide rimane chiusa. La sola distin-zione può essere fatta visualizzando lo sforzo respiratorio durante l’atto della compensazione.Frenzel prevede l’esecuzione di movi-menti che coinvolgono direttamen-te l’apertura tubarica. Durante la vita comune ogni individuo effettua delle azioni che determinano l’apertura in-consapevole della tuba. Sbadigliare, de-glutire, muovere la mandibola, muovere la lingua e muovere il palato molle sono tutti movimenti che possono agire diret-tamente sulla tuba.Nella “vita terrestre” il palato molle rive-ste un ruolo da protagonista nella fona-zione perché ci permette di decidere se il suono sarà nasale od orale. La mobilità del palato molle permette infatti di vei-colare il passaggio dell’aria attravreso lo spazio che c’è tra il palato duro e la farin-ge, denominato sfintere velo-faringeo ed è questo spazio che potrà essere aperto, semiaperto (neutro) o chiuso.Per eseguire correttamente Frenzel è op-portuno:• Controllare la glottide• Controllare e coordinare i movimenti

di lingua e palato molle•Coordinare le tre strutture nella Mano-

vra di Frenzel

Federico Mana Istruttore Apnea Academy, Fondatore di Moving Limitswww.federicomana.com

otovent ed il controllodella glottide

Il controllo della glottide è fondamentale in quanto per effettuare correttamente la Manovra di Frenzel l’esecutore si deve trovare in una condizione di apnea (ov-vero a glottide chiusa). L’aria che si uti-

lizza per la compensazione non proviene infatti dai polmoni ma si deve semplice-mente comprimere quella che si trova in bocca. Otovent può essere usato come un vero e proprio strumento di autovalu-tazione anche in esercizi di controllo del-la glottide. Il vantaggio è dunque duplice in quanto ogni volta che si fanno esercizi

Compensazione di Frenzel Figura 1

1. Cavità nasale2. Apertura della tuba di Eustachio

3. Palato molle4. Lingua

5. Glottide aperta6. Glottide chiusa

7. Esofago8. trachea

• Manovra di carattere MOTORIO-PRESSORIO• Manovra eseguita a glottide chiusa• Non prevede uno sforzo espiratorio durante la compensazione• Prevede la chiusura delle narici• Prevede un “blocco” dell’aria a livello buccale• Prevede la capacità di mantenere il palato molle in posizione neutra• Prevede la capacità di usare la lingua come pistone

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140 Not Allergol Anno 31 - 2012 • Vol. 30, n. 2

con Otovent si stimola la mobilità tu-barica e contemporaneamente si prende coscienza di nuove strutture anatomiche coinvolte nei meccanismi compensatori.

esercitare il controllodella glottide con otovent

• Posizionare l’Otovent sulla narice destra;• Chiudere la narice sinistra;• Inspirare profondamente dalla bocca;• Mantenere chiuse le labbra;• Mantenere la lingua bassa (non deve

toccare in nessun punto il palato)• Emettere il suono MMMMMM affin-

chè si gonfiano prima le guance e poi leggermente il palloncino

• Interrompere l’espirazione senza spo-stare la lingua dalla posizione sopra descritta.

• Restare in apnea un paio di secondi ed ascoltare la sensazione di chiusura della glottide.

• Emettere nuovamente il suono MM

MMMMMMMMMMMMMMMM (apertura della glottide)

• Interrompere nuovamente l’espirazio-ne sempre senza spostare la lingua dalla posizione sopra descritta.

• Restare in apnea un paio di secondi ed ascoltare la sensazione di chiusura della glottide.

• Ripetere l’espirazione frazionata fino a riempimento del pallonicino.

• Raggiunte le dimensioni desiderate del palloncino effettuare una ispirazione parziale e chiudere nuovamente la glot-tide mantenendo sempre la lingua in posizione bassa.

• Continuare frazionando l’inspirazione in almeno tre cicli.

• Ripetere il tutto per 3 cicli respiratori completi

• Ripetere l’intera sequenza con la narice sinistra

Accorgimenti•Il posizionamento della lingua è fonda-

mentale per avere la certezza che il la-voro di interruzione del flusso aereo sia a carico della glottide. Infatti portando la lingua in blocco K (vedi Not. Aller-gol. vol. 30, n. 2, pag. 92) si potrebbe isolare lo spazio rinofaringeo utilizzan-do la chiusura alta del palato molle.

Essa va pertanto mantenuta bassa du-rante tutto l’esercizio. Le prime volte sarà probabile avvertire che la lingua si innalza quasi automaticamente, ma ripetendo l’esercizio sarà semplice mi-gliorare il controllo della stessa.

• Durante la fare espiratoria che segua l’apnea si dovrebbe sempre sentire pri-ma l’aumento pressorio a livello delle guance e poi il successivo gonfiaggio del palloncino.

• Durante la fare inspiratoria si dovrebbe sempre sentire prima la diminuzione pressoria e volumetrica a livello delle guance e poi il successivo svuotamen-to del palloncino. Le guance tornano a pressione appena si chiude la glotti-de in quanto il palloncino spinge l’aria nella cavità buccale.

☛ Per maggiori dettagli ed una visione dinamica della manovra è possibile consultare il link:http://www.youtube.com/watch?v=GXqzhY93WEI

otovent ed il controllomotorio e coordinativo

di palato molle e lingua

L’azione motoria della lingua influenza quella del palato molle e questa siner-gia riveste un ruolo da protagonista nella compensazione. Ecco perchè è fondamentale apprendere e conseguen-temente essere in grado di percepire e muovere in modo coordinato queste

141Not Allergol Anno 31 - 2012 • Vol. 30, n. 3

lofarma news

141

due strutture.Esercizio 1: per il controllo coordinato di lingua e palato molle con Otovent• Posizionare Otovent sulla narice destra;• Chiudere la narice sinistra;• Inspirare profondamente dalla bocca;• Mantenere socchiuse le labbra;• Portare la lingua in blocco T• Emettere in modo continuato il suono

MMMMMMMMM affinchè il pal-loncino raggiunge le dimensioni di un pompelmo;

• Chiudere la glottide ed eseguire tutta la parte seguente in apnea

• Rimuovere per un istante il blocco T lasciando che l’aria del palloncino, du-rante questa frazione di tempo, esca dalla bocca

• Ripristinare il blocco T• Rimuovere nuovamente • Ripristinare nuovamente il bloccoT• Proseguire fino allo svuotamento totale

del pallongino• Effettuare qualche respiro di recupero• Ripetere l’esercizio per altre 4 volte• Ripetere l’intera sequenza sulla narice

opposta

☛ Per maggiori dettagli ed una visione dinamica della manovra è possibile consultare il link:http://www.youtube.com/watch?v=crAglW1hB4E

Esercizio 2:per il controllo coordinato di lingua e palato molle con Otovent• Posizionare l’Otovent sulla narice de-

stra;• Chiudere la narice sinistra;• Inspirare profondamente dalla bocca;•Mantenere la bocca aperta e la punta

della lingua in corrispondenza degli in-

cisivi inferiori;• Portare la lingua in blocco K• Emettere in modo continuato il suono

MMMMMMMMMM affinchè il pal-loncino raggiunge le dimensioni di un pompelmo;

• Chiudere la glottide ed eseguire tutta la parte seguente in apnea

• Rimuovere per un istante il blocco K portando verso il basso la porzione centro posteriore della lingua

• Lasciare che l’aria del palloncino, du-rante questa frazione di tempo, esca dalla bocca

• Ripristinare il blocco K• Rimuovere nuovamente • Ripristinare nuovamente il blocco K• Proseguire fino allo svuotamento totale

del palloncino• Effettuare qualche respiro di recupero• Ripetere l’esercizio per altre 4 volte• Ripetere l’intera sequenza sulla narice

opposta

☛ Per maggiori dettagli ed una visione dinamica della manovra è possibile consultare il link:http://www.youtube.com/watch?v=FzFOx1qkWTIAccorgimenti• L’esecuzione dell’esercizio con il blocco

K richiede un buon controllo motorio della lingua quindi può risultare più complesso se paragonato allo stesso con blocco T.

La buona esecuzione di Frenzel richiede comunque la capacità di muovere oppor-tunamente la lingua per la compressione dell’aria e l’acquisizione di suddetto eser-cizio rappresenta un punto cardine nelle tecniche di compensazione.Si è finalmente giunti alla fase conclusiva del protocollo Otovent per l’acquisizio-ne della manovra di Frenzel.

otovent e manovra di frenzel con blocco k

L’esercizio proposto rappresenta la ma-novra di Frenzel utilizzando il bloc-co linguale K (fig. 2). La prima parte dell’esercizio (fino alle ritenzione della respirazione) rappresenta il solito per-corso che, per permettere il gonfiaggio parziale del palloncino, passa obbliga-toriamente per la manovra di Valsalva. Da quando inizia la fase di apnea si può indentificare l’efficacia o meno della Ma-novra di Frenzel.

Esecuzione• Posizionare l’Otovent sulla narice de-

stra;• Chiudere la narice sinistra;• Inspirare profondamente dalla bocca;• Mantenere la bocca aperta e la punta

della lingua in corrispondenza degli in-cisivi inferiori;

•Portare la lingua in blocco K• Emettere in modo continuato il suono

Otovent e la manovra di Frenzel con blocco K

Figura 2

A

B

A

lofarma news

142 Not Allergol Anno 31 - 2012 • Vol. 30, n. 3

MMMMMM affinchè il palloncino raggiunge le dimensioni di un pompel-mo;

• Chiudere la glottide ed eseguire tutta la parte seguente in apnea

• Mantenendo l’apnea spingere il retro delle lingua verso l’alto per comprime-re l’aria presente

• Verificare il leggero gonfiamento del palloncino

• Mantenendo l’apnea ed il blocco K ab-bassare leggermente il retro delle lingua

• Verificare il leggero sgonfiamento del palloncino

• Ripetere in modo ritmico fino a quan-do l’apnea è agevole

• Effettuare qualche respiro di recupero• Ripetere l’esercizio per altre 4 volte• Ripetere l’intera sequenza sulla narice

opposta

Accorgimenti• Come si può vedere dall’immagine

proposta il blocco K agisce sugli spa-zi aerei retrolinguali e pertanto, per quanto ampia possa essere l’escursione della lingua che agisce da pistone, le variazioni volumetriche del palloncino saranno minime.

• Con il blocco K lo spazio aereo B non è utilizzabile ai fini compensatori e risul-ta, pertanto, essere uno spazio “morto”.

☛ Per maggiori dettagli ed una visione dinamica della manovra è possibile consultare il link:http://www.youtube.com/watch?v=_PQ09n1_ioI

otovent e manovra di frenzel con blocco t

L’esecuzione del blocco T (fig. 3) è ge-neralmente più semplice rispetto al bloc-

co K, ma purtroppo, risulta essere più complessa l’azione a pistone senza perde-re l’ermeticità del blocco. Tenere il bloc-co T in posizione statica non è molto complesso, mentre muovere il retro della lingua mantenendo aderente la porzione frontale non è sempre di immediata ese-cuzione. La corretta esecuzione di Fren-zel con il blocco K è sicuramente pro-pedeutica al successiva fase con il blocco T, ecco perchè sono state proposte in questo ordine.

Esecuzione• Posizionare l’Otovent sulla narice de-

stra;• Chiudere la narice sinistra;• Inspirare profondamente dalla bocca;• Mantenere le labbra socchiuse in modo

da vedere il posizionamento della lingua.• Portare la lingua in blocco T• Emettere in modo continuato il suono

MMMMM affinchè il palloncino rag-giunge le dimensioni di un pompelmo;

• Chiudere la glottide ed eseguire tutta la parte seguente in apnea

• Mantenendo l’apnea spingere il retro delle lingua verso l’alto per comprime-re l’aria presente

• Verificare il leggero gonfiamento del palloncino

• Mantenendo l’apnea ed il blocco T ab-bassare il retro delle lingua

• Verificare lo sgonfiamento del pallon-cino

• Ripetere in modo ritmico fino a quan-do l’apnea è agevole

• Effettuare qualche respiro di recupero• Ripetere l’esercizio per altre 4 volte• Ripetere l’intera sequenza sulla narice

oppostaAccorgimenti• E’ di immediata intuizione che con il

blocco T il palloncino varia di volume in modo più consistente. Gli spazi aerei posteriori alla lingua sono infatti mag-giori rispetto al blocco K, perciò le abi-lità pressorie e quindi compensatorie, saranno più evidenti cimentandosi in una Manovra di Frenzel con blocco T.

• Il blocco T inoltre non presenta spazi “morti” e tutta l’aria che si trova po-steriormente alla punta della lingua è utilizzabile nella manovra.

☛ Per maggiori dettagli ed una visione dinamica della manovra è possibile consultare il link:http://www.youtube.com/watch?v=nlqrv6w3Ul0

otovent e manovra di frenzel

con blocco delle labbra

In ultima fase è possibile testare la Manovra di Frenzel comprimendo l’aria non con la lingua bensì con la

Otovent e la manovra di Frenzel con blocco T

Figura 3

143Not Allergol Anno 31 - 2012 • Vol. 30, n. 3

lofarma news

palloncino si effettua la manovra di Toynbee. Queste manovre sono sicuramente semplici, ma non rappresentano quelle che stimolano al meglio l’azione tuba-rica. Allora perchè non applicare con Otovent quelle manovre che maggior-mente stimolano l’azione della tuba di Eustachio? In questi due articoli si è proposto Otovent non solo come supporto tera-peutico, ma anche come strumento di feedback per comprendere se il pazien-te svolge adeguatamente gli esercizi di compensazione. Arrivare all’esecuzione agevole di tutti gli esercizi proposti in questi due articoli significa avere sia il controllo consapevole delle strutture de-putate ai meccanismi compensatori sia migliorare l’efficienza e la salute della tuba e dell’orecchio medio.

• Rilasciare la tensione delle guance• Verificare lo sgonfiamento del pallon-

cino ed il rigonfiamento delle guance• Ripetere in modo ritmico fino a quan-

do l’apnea è agevole• Effettuare qualche respiro di recupero• Ripetere l’esercizio per altre 4 volte• Ripetere l’intera sequenza sulla narice

opposta

Accorgimenti• La compressione aerea è a carico delle

guance e non della lingua, pertanto la lingua stessa essendo immobile non avrà modo di agevolare il posiziona-mento del palato molle. Nelle Mano-vre di Frenzel con il blocco K e T la lingua infatti aiuta il meccanismo mo-torio del palato molle attraverso una sorta di coordinazione sinergica. Con la contrazione delle sole guance inve-ce il paziente dovrà essere in grado di mantenere volontariamente il palato molle in posizione neutra. Se ciò non dovesse accadere ed il palato molle fosse in chiusura alta, la compressio-ne delle labbra sarebbe inutile. Questa manovra può essere considerata avan-zata e rappresenta la massima evolu-zione di coordinazione compensatoria.

☛ Per maggiori dettagli ed una visione dinamica della manovra è possibile consultare il link:http://www.youtube.com/watch?v=F1osaDrCUno

conclusioni

Nella classica applicazione del Metodo Otovent sono previste due sole mano-vre: in espirazione si effettua istintiva-mente la Manovra di Valsalva mentre durante lo svuotamento frazionato del

sola compressione delle guance. Que-sta manovra nota come la Manovra di Frenzel-Fattah (o più comunemente Mouth-Fill) è stata creata agli inizi del 2000 per puri scopi apneistici. Con questa particolare tecnica l’aria non viene compressa dalla lingua (essa rima-ne bassa esattamente come nell’esecu-zione di Valsalva con il blocco labbra) ma dalla compressione delle guance. La bocca viene dunque utilizzata come un palloncino dotato di capacità contrattili in grado di ridurre attivamente i volumi dello spazio buccale. Associata ad Oto-vent, questa manovra diventa molto più semplice da imparare in quanto si ha un vero e proprio riscontro delle variazioni volumetriche indotte dalla contrazione delle guance.

Esecuzione• Posizionare l’Otovent sulla narice de-

stra;• Chiudere la narice sinistra;• Inspirare profondamente dalla bocca;• Serrare ermeticamente le labbra;• Mantenere la lingua bassa (non deve

toccare in nessun punto il palato)• Emettere in modo continuato il suo-

no MMMMMMMM affinchè il pal-loncino raggiunge le dimensioni di un pompelmo;

• Portare la lingua in blocco T• Chiudere la glottide ed eseguire tutta

la parte seguente in apnea• Mantenere il palato molle in posizio-

ne neutra• Mantenendo l’apnea comprimere le

guance per spingere l’aria verso la ca-vità rinofaringea

•Verificare l’importante rigonfiamento del palloncino

calendario congressi

144 Not Allergol Anno 31 - 2012 • Vol. 30, n. 3

Segreterie organizzative

• American Academy of Allergy, Asthma & Immunology (AAAAI) Attn: Meetings Team 555 East Wells Street, Suite 1100 Milwaukee, WI 53202-3823 Tel. (414) 272-6071 Fax (414) 272-6070 [email protected] annualmeeting.aaaai.org

• iDea congressVia della Farnesina, 224 - 00194 RomaTel. 06 36381573 Fax 06 [email protected] www.ideacpa.com

• MiCo – Milano CongressiPiazzale Carlo Magno, 1-20149 MilanoTel. +39 02 49977134www.micmilano.it

• O.I.C. srlViale G. Matteotti, 750121 Firenze, ItalyTel. +39 055 50351 Fax +39 055 [email protected]

• Meeting Planner srlVia S. Matarrese, 12-70124 BariTel. 080 9905360 Fax 080 [email protected] www.meeting-planner.it

• Center Comunicazione & Congressi Srl Via G. Quagliariello, 27 - 80131 NAPOLI Tel. +39 081 195 78490 Fax +39 081 195 78071 [email protected] www.centercongressi.com

• World Immunopathology OrganizationTel. +7 (495) 735-1414 Fax +7 (495) 735-1441 [email protected] www.wipocis.org

• EAACI Headquarters Genferstrasse 21 8002 Zurich - Switzerland Tel. +41 44 205 55 33 Fax +41 44 205 55 39 [email protected] www.eaaci-paam2013.com

• Triumph Group Via Lucilio, 60 - 00136 Rome (IT) Tel. + 39 06 355301 Fax + 39 0635340213 [email protected] www.ici2013.org

• ERS Headquarters 4, Avenue Ste-Luce CH 1003 Lausanne - Switzerland Tel. + 41 21 213 01 01 Fax + 41 21 213 01 00 www.ersnet.org

Febbraio 2013

■ AAAAI Annual Meeting 201322-26 febbraio San Antonio, (Texas, USA)Segreteria organizzativa: AAAAI

Marzo 2013

■ La gestione del paziente pneumologico: integrazione tra specialisti e MMG1-2 marzo Giovinazzo (BA)Segreteria organizzativa: Meeting Planner srl

■ La Pediatria nella pratica clinica 7-9 marzo MilanoSegreteria organizzativa:iDea congress

Aprile 2013

■ 15° Congresso Nazionale SIAIP11-13 aprile NapoliSegreteria organizzativa:iDea congress

■ XXIX Congresso Sezione S.I.A.I.C. Toscana - VIII Congresso Sezione S.I.A.I.C. Toscana, Emilia Romagna e San Marino - I Congresso Sezione S.I.A.I.C. Umbria e Marche12 - 13 aprile FirenzeSegreteria organizzativa:O.I.C. srl

Maggio 2013

■ Il bambino allergico ed i farmaci31 maggio - 1 giugno 2013 FirenzeSegreteria organizzativa:iDea congress

Giugno 2013

■ EAACI-WAO Congress 2013 Allergy, a global health challenge 22-26 giugno MilanoSegreteria organizzativa:MiCo-Milano Congressi

Agosto 2013

■ ICI 2013- 15TH International Congress of Immunology 22-27 agosto MilanoSegreteria organizzativa:Triumph Group

Settembre 2013

■ ERS Annual Congress7-11 settembre BarcelonaSegreteria organizzativa:ERS Headquarters

Ottobre 2013

■ SIS - Siaic Interactive SchoolIV Edizione4-7 ottobre Chia Laguna, CagliariSegreteria organizzativa:Center Comunicazione & Congressi Srl

■ VIII World Congress of Immunopathology, Respiratory Allergy & Asthma 12 - 15 ottobre Dubai (UAE)Segreteria organizzativa:World Immunopathology Organization

■ PAAM 2013- Pediatric Allergy and Asthma Meeting 17 - 19 ottobre Atene (Grecia) Segreteria organizzativa:EAACI Headquarters

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