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ANNO 87 - N A l’Angelo della Famiglia · «Non condannate e non sarete condannati» (Lc 6,37)....

Date post: 17-Feb-2019
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l’Angelo della Famiglia Bollettino Parrocchiale di Introbio ANNO 87 - N. 2 - Aprile - Giugno 2018
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l’Angelo della FamigliaBollettino Parrocchiale di Introbio

ANNO 87 - N. 2 - Aprile - Giugno 2018

La parola del parroco

Quale Pasqua?

Carissimi,questo numero entrerà intutte le case della parroc-chia dopo aver celebrato laPasqua del Signore. Pasqua è una parola chesignifica “passaggio”: dallaschiavitù alla libertà per gliIsraeliti, dalla morte alla vitaper Gesù, dal peccato allavita per ciascuno di noi.

Ognuno di noi, se ci pensa bene, vive di “passaggi”:dal grembo materno alle braccia della madre; dallafanciullezza all’adolescenza, dall’adolescenzaall’età adulta fino alla terza e alla quarta età. Lanostra vita è un passaggio.Quando siamo di fronte ai passaggi è normale avereun po’ di paura, ma questa, normalmente, vieneannientata dall’entusiasmo di ciò che si scopre dinuovo. Quando si vive un passaggio, sono anchenormali le mormorazioni, le incomprensioni e il desi-derio di tornare indietro. Così è stato per il popolod’Israele nel deserto, così anche per i discepoli diGesù prima di incontrare il Risorto e così è sicura-mente anche per tutti noi.La paura e il desiderio di tornare indietro sono peròdelle tentazioni che bloccano una comunità. Anchea noi viene chiesto un passaggio, una Pasqua.Questo vale sia a livello personale: quale passaggiodevo compiere nel mio modo di pensare, di starecon gli altri, di lavorare e di vivere la vita familiare?Vale anche a livello di comunità parrocchiale: qualipassaggi deve compiere questa comunità nel suomodo di vivere la fede, di trasmetterla alle nuovegenerazioni e di giudicare il tempo che stiamovivendo?Se ognuno di noi si mette in quest’ottica, certamen-

te saremo capaci di vedere quello che il Signore stacompiendo in ciascuno di noi come qualcosa distraordinario e profondamente innovativo. La fedecristiana non è mai statica: è come la nostra vita, incontinuo cammino e trasformazione. La Chiesa è uncorpo vivo, che cresce, si alimenta, cambia, vieneferito, guarisce, soffre, gioisce…E in questo corpo vivo ciascuno di noi, battezzatonel nome di Gesù, ha il suo posto e dà il suo contri-buto perché si accresca e diventi sempre più bello!

don Marco, il vostro parroco

L’amore nella famiglia (AL, 95-100)

Continuiamo la pubblicazione di alcune partidell’Esortazione Apostolica “Amoris Laetitia” sull’a-more nella famiglia. In particolare scegliamo di con-dividere il capitolo 4 dal titolo: L’amore nel matrimo-nio.

Tutto scusa111. L’elenco si completa con quattro espressioniche parlano di una totalità: “tutto”. Tutto scusa, tuttocrede, tutto spera, tutto sopporta. In questo modo, sisottolinea con forza il dinamismo contro-culturaledell’amore, capace di far fronte a qualsiasi cosa lopossa minacciare. 112. In primo luogo si afferma che“tutto scusa” (panta stegei). Si differenzia da “nontiene conto del male”, perché questo termine ha ache vedere con l’uso della lingua; può significare“mantenere il silenzio” circa il negativo che puòesserci nell’altra persona. Implica limitare il giudizio,contenere l’inclinazione a lanciare una condannadura e implacabile. «Non condannate e non saretecondannati» (Lc 6,37). Benché vada contro il nostrouso abituale della lingua, la Parola di Dio ci chiede:«Non sparlate gli uni degli altri, fratelli» (Gc 4,11).Soffermarsi a danneggiare l’immagine dell’altro è unmodo per rafforzare la propria, per scaricare i ranco-ri e le invidie senza fare caso al danno che causiamo.Molte volte si dimentica che la diffamazione può

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essere un grande peccato, una seria offesa a Dio,quando colpisce gravemente la buona fama deglialtri procurando loro dei danni molto difficili da ripa-rare. Per questo la Parola di Dio è così dura con la lin-gua, dicendo che è «il mondo del male» che «conta-gia tutto il corpo e incendia tutta la nostra vita»(Gc 3,6), «è un male ribelle, è piena di veleno morta-le» (Gc 3,8). Se «con essa malediciamo gli uominifatti a somiglianza di Dio» (Gc 3,9), l’amore si prendecura dell’immagine degli altri, con una delicatezzache porta a preservare persino la buonafama dei nemici. Nel difendere la leggedivina non bisogna mai dimenticare que-sta esigenza dell’amore. 113. Gli sposiche si amano e si appartengono, parlanobene l’uno dell’altro, cercano di mostrareil lato buono del coniuge al di là delle suedebolezze e dei suoi errori. In ogni caso,mantengono il silenzio per non danneg-giarne l’immagine. Però non è soltanto ungesto esterno, ma deriva da un atteggia-mento interiore. E non è neppure l’inge-nuità di chi pretende di non vedere le dif-ficoltà e i punti deboli dell’altro, bensì èl’ampiezza dello sguardo di chi collocaquelle debolezze e quegli sbagli nel lorocontesto; ricorda che tali difetti sono solo una parte,non sono la totalità dell’essere dell’altro. Un fattosgradevole nella relazione non è la totalità di quellarelazione. Dunque si può accettare con semplicitàche tutti siamo una complessa combinazione di lucie ombre. L’altro non è soltanto quello che a me dàfastidio. È molto più di questo. Per la stessa ragione,non pretendo che il suo amore sia perfetto perapprezzarlo. Mi ama come è e come può, con i suoilimiti, ma il fatto che il suo amore sia imperfetto nonsignifica che sia falso o che non sia reale. È reale, malimitato e terreno. Perciò, se pretendo troppo, inqualche modo me lo farà capire, dal momento chenon potrà né accetterà di giocare il ruolo di un esse-re divino né di stare al servizio di tutte le mie neces-

sità. L’amore convive con l’imperfezione, la scusa, esa stare in silenzio davanti ai limiti della personaamata.

Ha fiducia114.  Panta pisteuei: “tutto crede”. Per il contesto,non si deve intendere questa “fede” in senso teologi-co, bensì in quello corrente di “fiducia”. Non si trattasoltanto di non sospettare che l’altro stia mentendoo ingannando. Tale fiducia fondamentale riconosce la

luce accesa da Dio che si nascondedietro l’oscurità, o la brace che ardeancora sotto le ceneri. 115. Questastessa fiducia rende possibile una rela-zione di libertà. Non c’è bisogno di con-trollare l’altro, di seguire minuziosamen-te i suoi passi, per evitare che sfuggadalle nostre braccia. L’amore ha fiducia,lascia in libertà, rinuncia a controllaretutto, a possedere, a dominare. Questalibertà, che rende possibili spazi diautonomia, apertura al mondo e nuoveesperienze, permette che la relazione siarricchisca e non diventi una endoga-mia senza orizzonti. In tal modo i coniu-gi, ritrovandosi, possono vivere la gioia

di condividere quello che hanno ricevuto e imparatoal di fuori del cerchio familiare. Nello stesso temporende possibili la sincerità e la trasparenza, perchéquando uno sa che gli altri confidano in lui e neapprezzano la bontà di fondo, allora si mostra com’è,senza occultamenti. Uno che sa che sospettanosempre di lui, che lo giudicano senza compassione,che non lo amano in modo incondizionato, preferiràmantenere i suoi segreti, nascondere le sue cadute edebolezze, fingersi quello che non è. Viceversa, unafamiglia in cui regna una solida e affettuosa fiducia, edove si torna sempre ad avere fiducia nonostantetutto, permette che emerga la vera identità dei suoimembri e fa sì che spontaneamente si rifiuti l’ingan-no, la falsità e la menzogna.

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Spera116. Panta elpizei: non dispera del futuro. In connes-sione con la parola precedente, indica la speranza dichi sa che l’altro può cambiare. Spera sempre chesia possibile una maturazione, un sorprendentesbocciare di bellezza, che le potenzialità più nasco-ste del suo essere germoglino un giorno. Non vuoldire che tutto cambierà in questa vita. Implica accet-tare che certe cose non accadano come uno le desi-dera, ma che forse Dio scriva diritto sulle righe stor-te di quella persona e tragga qualche bene dai maliche essa non riesce a superare in questa terra. 117.Qui si fa presente la speranza nel suo senso pieno,perché comprende la certezza di una vita oltre lamorte. Quella persona, con tutte le sue debolezze, èchiamata alla pienezza del Cielo. Là, completamentetrasformata dalla risurrezione di Cristo, non esiste-ranno più le sue fragilità, le sue oscurità né le suepatologie. Là l’essere autentico di quella personabrillerà con tutta la sua potenza di bene e di bellezza.Questo altresì ci permette, in mezzo ai fastidi di que-sta terra, di contemplare quella persona con unosguardo soprannaturale, alla luce della speranza, eattendere quella pienezza che un giorno riceverà nelRegno celeste, benché ora non sia visibile.

Tutto sopporta118.  Panta hypomenei significa che sopporta conspirito positivo tutte le contrarietà. Significa mante-nersi saldi nel mezzo di un ambiente ostile. Non con-siste soltanto nel tollerare alcune cose moleste, ma inqualcosa di più ampio: una resistenza dinamica ecostante, capace di superare qualsiasi sfida. È amoremalgrado tutto, anche quando tutto il contesto invitaa un’altra cosa. Manifesta una dose di eroismo tena-ce, di potenza contro qualsiasi corrente negativa,una opzione per il bene che niente può rovesciare.Questo mi ricorda le parole di Martin Luther King,quando ribadiva la scelta dell’amore fraterno anchein mezzo alle peggiori persecuzioni e umiliazioni: «Lapersona che ti odia di più, ha qualcosa di buono den-

tro di sé; e anche la nazione che più odia, ha qualco-sa di buono in sé; anche la razza che più odia, haqualcosa di buono in sé. E quando arrivi al punto diguardare il volto di ciascun essere umano e vedimolto dentro di lui quello che la religione chiama“immagine di Dio”, cominci ad amarlo nonostantetutto. Non importa quello che fa, tu vedi lì l’immaginedi Dio. C’è un elemento di bontà di cui non ti potraimai sbarazzare […] Un altro modo in cui ami il tuonemico è questo: quando si presenta l’opportunità disconfiggere il tuo nemico, quello è il momento nelquale devi decidere di non farlo […] Quando ti elevi allivello dell’amore, della sua grande bellezza e potere,l’unica cosa che cerchi di sconfiggere sono i sistemimaligni. Le persone che sono intrappolate da quelsistema le ami, però cerchi di sconfiggere quel siste-ma […] Odio per odio intensifica solo l’esistenza del-l’odio e del male nell’universo. Se io ti colpisco e tumi colpisci, e ti restituisco il colpo e tu mi restituisci ilcolpo, e così di seguito, è evidente che si continuaall’infinito. Semplicemente non finisce mai. Da qual-che parte, qualcuno deve avere un po’ di buonsenso, e quella è la persona forte. La persona forte èla persona che è capace di spezzare la catena del-l’odio, la catena del male […] Qualcuno deve avereabbastanza fede e moralità per spezzarla e iniettaredentro la stessa struttura dell’universo l’elementoforte e potente dell’amore». 119. Nella vita familiarec’è bisogno di coltivare questa forza dell’amore, chepermette di lottare contro il male che la minaccia.L’amore non si lascia dominare dal rancore, daldisprezzo verso le persone, dal desiderio di ferire o difar pagare qualcosa. L’ideale cristiano, e in modoparticolare nella famiglia, è amore malgrado tutto. Avolte ammiro, per esempio, l’atteggiamento di perso-ne che hanno dovuto separarsi dal coniuge per pro-teggersi dalla violenza fisica, e tuttavia, a causa dellacarità coniugale che sa andare oltre i sentimenti,sono stati capaci di agire per il suo bene, benchéattraverso altri, in momenti di malattia, di sofferenzao di difficoltà. Anche questo è amore malgrado tutto.

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Eppure mi sono commosso!Avevo sentito parlare di Felice Tantardini fin dai tempidel seminario e avevo anche letto il suo famoso dia-rio: “Il fabbro di Dio”, poi a fine 2016 nel PIME si èricominciato a parlare di lui ma io non ci avevo fattocaso più di tanto. In seguito le circostanze della vitami hanno dato l’opportunità di trascorrere 3 mesi inMyanmar, proprio a Taunggyi ma io non avevo nem-meno pensato a fratel Felice e neppure sapevo cheproprio in quella città ci fosse la sua tomba.

Il 23 dicembre 2017 sonoarrivato a Taunggyi e hovisto una cittadina moder-na e in pieno sviluppo,sicuramente molto diver-sa da quella conosciutada fratel Felice più di 90anni prima. La mattina diNatale, dopo aver conce-lebrato l’Eucaristia nellacattedrale, qualcuno miha accompagnato a vede-re la tomba di FeliceTantardini. Non mi eropreparato, non era loscopo della mia presenza

a Taunggyi, eppure mi sono commosso!

Ho pensato a un uomo che era partito dalla mia stes-sa valle per venire fin qua, a una persona minuta emuscolosa che ha lasciato tanti segni in queste terre,a uno che per tanti anni è stato fedele alla sua voca-zione per cui è stato veramente “Felice”.

Penso di non avere alcuna novità biografica da rac-contare circa fratel Felice, però ho appena finito dirileggere il libro “Il fabbro di Dio” e ho ritrovato uncurioso episodio che mi aveva colpito 15 anni fa eche anche quest’anno mi ha fatto riflettere.

Nel 1924 Felice fu probabilmente colpito da un’ap-pendicite acuta, a quei tempi era quasi una disgrazia.

Lui pregò la Madonna e promise di recitare ogni gior-no l’intero Rosario (15 decine) in caso di guarigioneimmediata. La guarigione avvenne e lui recitò ilRosario ogni giorno fino alla fine della vita.

Fin qui nulla di strano.

Quando in seguito fratelFelice ha rivelato alVescovo il segreto dellasua preghiera e del suovoto alla Madonna, ilVescovo ha risposto: “Seistato imprudente a fare unvoto così! Avresti dovutochiedere prima il permessodel confessore!”. Felice hataciuto, ma nel suo diariocommenta: “Era affare mio!Il Rosario dovevo dirlo ionon il confessore”.

Questa semplice frase del-la sua autobiografia ricorda a tutti noi che la regolaper il proprio essere “Felice” non ci viene data daqualcun altro che la sappia più lunga di noi. Il segre-to che rende felice la vita di ciascuno può venire soloda dentro di noi, da quello che siamo e da quello cheveramente amiamo. Oggi diremmo che si tratta discoprire lo Spirito dentro di noi.

Felice fumava la pipa, lavorava e diceva rosari. In queisemplici gesti e parole c’era la sua vocazione, c’eraveramente tutta la sua vita. Lui non aveva nostalgia dialtro, non doveva sacrificare nulla di se stesso perchélui era già così. Pur tra fatiche e pericoli sembravavivesse già in Paradiso.

Mi pare che oggi Myanmar non abbia più bisogno difabbri né di muratori che vengano da lontano, ma latomba di Tantardini a Taunggyi invita i cristiani diMyanmar e anche noi valsassinesi ad essere “Felici”vivendo quello che abbiamo veramente nel cuore.

Padre Franco Bellati - PIME

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Padre Franco sulla tomba difratel Felice

Fratel Felice con la sua pipa

La normalità di fratel Felice: straordinaria!Felici incontri: fratel Felice e i lebbrosi

Sul cammino della sua lunga, felice vita missiona-ria fratel Felice ha incontrato tante persone, cono-sciute e amate coi loro problemi, i loro difetti, leloro virtù. In questi felici incontri egli ha sempreavuto una predilezione speciale per gli ultimi, ipoveri, gli emarginati della società.Non a caso, in cima ai suoi pensieri, oltre agli orfa-ni, c’erano i lebbrosi, che ai suoi tempi (e non solo)non erano soltanto malati, ma anche impuri e perquesto banditi dalla società: un ostracismo altempo stesso sociale e religioso che si fatica adestirpare, oggi come ieri.Fratel Felice, come Gesù nei Vangeli, si avvicinavaa loro e si faceva subito loro amico: l’amore è piùcontagioso della lebbra! “I miei lebbrosi - scrive inuna bellissima e tenerissima lettera padre CesareColombo - gli (a fratel Felice) vogliono un benedell’anima. È un rubacuori. E come fanno a nonvolergli bene subito? Di solito quelli che vengonoa trovarmi fanno bella faccia mastanno una buona distanza daloro. Fratel Felice si è messo inmezzo a loro come un amico divecchia data. S’è messo subito alavorare con loro”1.Per fratel Felice i lebbrosi nonerano persone “intoccabili”, mafratelli speciali da amare ancoradi più degli altri. “Non ho maiavuto paura della lebbra - annotaegli stesso nella sua autobiografia- e anche sopporto facilmente l’o-dore sgradevole che i lebbrosiemanano. La vista delle loro pia-ghe, di quelle mani e piedi senza dita e di queimoncherini e di quelle facce sformate, non è certouna cosa piacevole, ma chi sa quanti di quest’in-felici hanno l’anima pulita e bella, ammirata dagli

angeli, mentre tanti, che hanno il corpo sano,hanno l’anima sfigurata dal peccato e sono ogget-to di orrore agli angeli. Ci sarebbe una forte ragio-ne per andarsene sulla luna, per sfuggire al fetoredi questa pestilenza, tanto piú nauseante dellalebbra del corpo”2.Fratel Felice frequenta periodicamente il lebbrosa-

rio di Loilem, “il più bello fra i cin-que lebbrosari cattolici dellaBirmania”3. Iniziato nel 1936 dapadre Rocco Perego e dalleSuore di Maria Bambina e inaugu-rato nel 1938, il villaggio dei leb-brosi sorge a 1400 m slm, in unaamena posizione, circondata dapini e da un laghetto. “I lebbrosiaccolti a Loilem sono di varienazionalità, birmani, cariani, shan,cinesi, indiani, ecc. e, sotto laguida del p. Perego4 e dellesuore, diventano esperti in varimestieri, falegnami, muratori, fab-

bri, argentieri, agricoltori, autisti e persino scultorie pittori. Le accoglienti casette in blocchi dicemento, la leggiadra chiesina, l’ospedaletto, l’au-la che fa da teatro (sicuro, c’è anche questo!) e da

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scuola di catechismo, sono tutte opere dei lebbro-si. Io feci solo la guglia della cupola della chiesa –stile birmano – e il campanile in ferro, sempre peròaiutato dai lebbrosi e, purtroppo, sempre avendo iltempo strettamente misurato dall’obbedienza”5.È contento di spendere un po’ delle sue forze peril loro bene, come scrive alla mamma Maria nel1940. “Ora sono qui a Loilem in una colonia di leb-brosi: sono 114 tra uomini e donne. In queste partidi lebbrosi ve ne sono ovunque. Questa lebbrose-ria fu incominciata circa unanno e mezzo fa e furono fattegià tante case per i lebbrosi euna grande per le suore diMaria Bambina che sono incarica per distribuzione medi-cine, fare iniezioni e cibo, ditutto insomma. Un giovinemissionario è a capo di tutto. Ilgoverno aiuta per il manteni-mento e per le medicine.É da tanto tempo che miaspettavano qui specialmenteper fare un acquedotto concanne e finalmente Sua Ecc.Monsignore Lanfranconi mi

poté mandare. Questi poveri lebbrosi hanno volu-to farmi un po’ di festa e fecero il teatro e del ride-re me ne fecero fare tanto.Ora l’acqua arriva alla vasca di deposito e aspettoaltre canne per fare la distribuzione, intanto ho unmucchio di altro lavoro da fare.Questi lebbrosi sono tutti idolatri pagani, e un gior-no ringrazieranno eternamente il Signore che acausa della lebbra avranno potuto conoscere ilvero Dio e trovata la salvezza della loro anima, chealtrimenti sarebbero andati perduti eternamente”6.Nel settembre 1965 si trova a Loilem per fabbrica-re ben 300 letti di ferro per i lebbrosi. “Un’impresadi maggior lena è stata la fattura di trecento letti diferro per i ricoverati (più di 420) della lebbroseria.Poverini, avevano solo rudimentali letti di legno,facile dimora di cimici, le quali diventano inerster-minabili a meno che siano bruciate... assieme allaloro dimora. Ben volentieri mi son prestato a que-sta fatica, benché oltremodo pesante. Mi hannoaiutato sei lebbrosi fabbri, o meglio coltellinai, chétra questa gente non ci sono veri fabbri, che fac-ciano lavori pesanti. Comunque mi hanno aiutatonel montaggio dei letti – lavoro anche questo fati-coso e noioso – man mano che io finivo il taglio dei

ferri, la loro piegatura e lasegnalazione dei buchi”7.In una lettera alla cara Rosina(Taunggyi 19 ottobre 1969)fratel Felice spedisce una car-tolina con le case della colo-nia. Scrive: “Segnai coi nume-ri le case delle Rev.de Suore,la chiesa, la casa del Padre e illaghetto; le case bianche lepiù grandi, dispensari di medi-cine e vitto; le altre pure inmuratura sono di abitazione di8 lebbrosi per casa, quelle piùoscure di legno e bambù perle famiglie con bambini; il

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Cartolina del lebbrosario di Loilem con annotazioni a penna difratel Felice (19 ottobre 1969)

bosco è esclusiva-mente una pineta”8.Vale la pena di ripor-tare parzialmenteun’altra lettera indi-rizzata alla Rosina(Loilem, lebbroseria19 ottobre 1969):“Quasi quasi dati imiei frequenti contat-ti con questa gente

colpita da questo male così obbrobrioso agl’euro-pei in special modo mi fate venire il dubbio delsospetto che anche le mie lettere scritte dalla leb-broseria portassero in certo qual modo un po’ diinfezione. Ma posso garantire che non solo la let-tera, ma che io pure grazie al buon Dio e alla caraMadonna non ho neppure l’ombra di simile infe-zione. Per quanto che l’odore che emana dai lorocorpi non sia gradevole e le loro membra, special-mente le mani e i piedi e la faccia a quelli più avan-zati nella malattia farebbero ribrezzo a tanti e nes-suno se non per amore del Signore si prendereb-be cura di loro, sebbene che in questi paesi è unamalattia si può dire abbastanza comune. Mi ritor-na sempre alla mente la guarigione dei dieci leb-brosi fatta da nostro Signore quando era sulla

terra, e uno solo lo ringraziò del miracolo. Questilebbrosi, invece, lo ringrazieranno perché salve-ranno la loro anima, morendo in grazia di Dio […]Certo che il buon Dio ha tanta tanta compassionedi tutti e anche a questa terribile malattia tolse ildolore fisico. Cascano le dita o altre parti delcorpo, oppure i topi li rosicchiano esportandoli,così le orecchie senza accorgersi neppure, il dolo-re morale è un po’ sentito dalle persone giovani.Certo che si sentono molto sollevati nel vedereche con tanto disinteresse vi è qualcuno che pren-

de cura di loro, nei loro bisogni sia corporali cheper l’anima loro […]”9.In una lettera del 1970 fratel Felice racconta alnipote Elio la ricostruzione dell’aula che fa da tea-tro per le feste e le celebrazioni eucaristiche e dascuola di catechismo spazzata via da un violentonubifragio: “Una ventina di giorni fa fui chiamatod’urgenza qui alla lebbroseria, per rifare il tetto alsalone, ora adibito a tale che era la vecchia chiesache era insufficiente, e ne fu costruita un’altra piùampia e più decente. Una tromba d’aria asportòcompletamente il tetto e alcune parti di casette deilebbrosi, però grazie al buon Dio senza vittime.Appena arrivai, cioè il giorno seguente, essendo

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“Il laghetto della lebbroseria di Loilem. Due Rev.de Suore che pre-sero un po’ di svago girandolo in barca, una Rev.da suora pare cheabbia un po’ di paura, e sta aggrappata alle sponde. La barca fufatta dai lebbrosi e data al Rev.do Padre in dono per il suo onoma-stico il giorno di San Rocco”. (didascalia di fratel Felice)

La chiesa del lebrosario di Loilem

ormai sera al mio arrivo, mi misi subito all’operacon una trentina di lebbrosi: chi faceva un lavoro,chi un altro, io riparai in tre giorni le lastre di ferrozincate corrugate e, in due settimane, il salone fucoperto con incabriate nuove e lastre riparate. Sidovette lavorare senza tregua per la paura di esse-re sorpresi e non fare a tempo prima che cicogliesse le prime forti e temporalesche piogge, incui di solito incominciano in maggio. Questo salo-ne serve a tante cose, sia per istruzioni religiose,sia per porvi il raccolto dei campi per poi esseredistribuito ai vari locali e per fare dei lavori al ripa-ro dal cocente sole e delle piogge, e anche unavolta o due all’anno un po’ di teatro dei lebbrosistessi, nel loro modo di farlo. Capendo la lingua èveramente divertente. Qui non vi è altro, né radioné tanto meno televisori o cinema né luce elettri-ca, appena scende le tenebre verso le 7 ½ tutto èsilenzio fino alle 4 ½ del mattino”10. E per finire una riflessione spirituale profonda difratel Felice: “Certo che è meglio essere lebbrosi dicorpo che essere lebbrosi nell’anima questa è piùcontagiosa e mette in grave pericolo la salvezzadell’anima e se questa non si salva le conseguen-ze sono irreversibili e funeste per tutta l’eternità”(Birmania Loilem Leper Colony, 27 agosto 1978)11.

Marco Sampietro

1 F. TANTARDINI, Il fabbro di Dio. Con rosario e martello missio-nario in Birmania. Autobiografia, lettere e testimonianze, EMI,Bologna 2016, p. 178.2 TANTARDINI, Il fabbro di Dio, p. 73.3 Ibidem.4 Padre Rocco Perego (1903-1984) fu il primo direttore del leb-brosario. Cfr. R. PEREGO, Un pezzo di cielo caldo. Quarant’annicoi lebbrosi, EMI; Bologna 1974.5 TANTARDINI, Il fabbro di Dio, p. 73.6 TANTARDINI, Il fabbro di Dio, p. 151.7 TANTARDINI, Il fabbro di Dio, p. 142.8 Archivio Gruppo Missionario Introbio.9 Archivio Gruppo Missionario Introbio.10 Archivio Felice Spotti, Primaluna.11 Archivio Gruppo Missionario Introbio.

Il legame di “ferro”tra padre Gheddo e Introbio

Il ricordo della comunità parrocchiale di fratel Felicedopo la morte del noto missionario-giornalista

È morto mercoledì 20 dicem-bre 2017. Aveva 88 anni.Missionario del PIME dal1953, padre Piero Gheddo èstato per 65 anni protagoni-sta, vitale ed entusiasta, del-l’animazione missionaria inItalia. Senza andare in mis-sione ma visitando le missio-

ni sparse per il mondo, in particolare nel Sud, hasaputo raccontare con la penna del grande gior-nalista - senza peli sulla lingua e spesso contro-corrente - non solo i drammi della fame, delleingiustizie globali, delle guerre che devastano ilmondo, ma anche i miracoli realizzati dallo SpiritoSanto con la nascita di giovani chiese. Ha direttola rivista Mondo e Missione dal 1959 al 1994 e fon-dato l’agenzia Asia News nel 1987. Ha guidatol’Ufficio storico del PIME dal 1994 al 2010. Fuautore di un centinaio di libri: suoi reportage einterviste sono apparsi su numerose testate. IlPIME ora piange il patriarca del giornalismo mis-sionario e lo ringrazia per aver “suscitato con i suoiscritti - commenta il superiore generale del PIMEpadre Ferruccio Brambillasca - molte persone chesono poi diventate missionari o missionarie oppu-re hanno sostenuto con la preghiera e l’aiuto eco-nomico le missioni”. Anche la nostra comunità lopiange perché c’è stato un filo rosso, o meglio, unlegame di “ferro” tra padre Gheddo e il nostropaese. Il 19 febbraio 1984 Giovanni Paolo II pro-clamò Beato Giovanni Mazzucconi di Ranciosopra Lecco, sacerdote della diocesi di Milano emissionario del PIME, ucciso a Woodlark inOceania nel settembre 1855. A scriverne la bio-

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grafia più completa fu per l’appunto padreGheddo nel 19831: fu proprio lo studio di questoBeato che fece conoscere a padre Gheddo ilnostro paese visto che la mamma di Giovanni,Anna Maria, era una Scuri di Introbio e che suo fra-tello Domenico fu un generoso benefattore dell’e-rigenda nuova chiesa parrocchiale donando nel1893, in memoria della madre, un’offerta di L.30002. Sempre nel 1983, durante un reportagesulle missioni del PIME in Birmania, padre Gheddoebbe modo di conoscere il nostro fratel FeliceTantardini di cui dal 2000 fu vicepostulatore e poipostulatore della causa di canonizzazione.Sempre nel 2000 padre Gheddo pubblicò la primabiografia di fratel Tantardini3 e tra il 2001 e il 2004interrogò i testimoni introbiesi. Il 26 marzo 2001, inoccasione del primo decennio della morte di fratelFelice, fu celebrata a Introbio una messa solennedi suffragio presieduta da mons. Natale Della Grisae concelebrata da mons. Attilio Cavalli,Penitenziere del Duomo di Milano, da padreAngelo Baio, superiore generale del PIME, daparecchi parroci del Decanato Valsassina e danumerosi padri del PIME tra cui padre Gheddo chedopo la messa presentò nel salone dell’oratorio la

sua biografia feliciana4. Fu di nuovo a Introbio il 26giugno 2007 a presentare il suo libro MissioneBirmania 1867-2007, un racconto dei 140 anni delPIME nell’odierna Myanmar5. Due sue intervistefurono pubblicate sul nostro bollettino parrocchia-le tra il 2007 e il 20086. Ora padre Gheddo ha rag-giunto il Paradiso e da lassù continuerà a fare ilmissionario come il nostro fratel Felice, non più,certamente, picchiando sull’incudine o scrivendoarticoli di giornali, “ma martellando senza posa ilcuore del buon Dio, per strapparne tante grazie”7.

Marco Sampietro

1 P. GHEDDO, Mazzucconi di Woodlark, EMI, Bologna 1983. Una ver-sione ridotta è uscita nel 1984: P. GHEDDO, Missione in Oceania.Giovanni Mazzucconi Martire a Woodlark, Edizioni Paoline, Roma1984.2 M. SAMPIETRO, Domenico Mazzucconi. Un generoso benefattoredella nostra chiesa parrocchiale, ne “L’Angelo della Famiglia – bol-lettino parrocchiale di Introbio”, 84 (1) / 2015, pp. 3-5.3 P. GHEDDO, Il Santo col martello. Felice Tantardini 70 anni diBirmania, EMI, Bologna 2000.4 “L’Angelo della Famiglia – bollettino parrocchiale di Introbio”, 70 (3)/ 2001, p. 10; “La Provincia di Lecco”, 29.03.2001, p. 30.5 M. SAMPIETRO, Padre Gheddo a Introbio a parlare del Pime inBirmania, ne “L’Angelo della Famiglia – bollettino parrocchiale diIntrobio”, 76 (4) / 2007, pp. 5-7; M. MAGNI, La Birmania di fratelTantardini raccontata da padre Gheddo, ne “Il Resegone”,15.06.2007.6 P. GHEDDO, Missione Felice. Fratel Felice in cammino verso la san-tità riconosciuta, ne “L’Angelo della Famiglia – bollettino parrocchia-le di Introbio”, 76 (4) / 2007, p. 19; ID. , ne “L’Angelo della Famiglia– bollettino parrocchiale di Introbio”, 77 (1) / 2008, pp. 7-8.7 F. TANTARDINI, Il fabbro di Dio. Con rosario e martello missionario inBirmania. Autobiografia, lettere e testimonianze, EMI, Bologna 2016,p. 144.

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Don Cesare con Padre Gheddo a Introbio il 26 giugno 2007

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Grazie della collaborazione.

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Piccoli passi per l’anima(Rubrica per i più piccoli, letta a loro dai più grandi)

Ester, la libertà della fede

Il Libro di Ester si presenta come la leggenda che dàorigine alla festa dei Purim1. La storia di Ester, similea quella dell’Esodo, è una storia di liberazione delpopolo ebraico e si può collocare nell’anno secondo(485 a.C.) del regno di Assuero, il “Gran Re”, identifi-cato con Serse I, re dei Persiani. Ester (nome di origine persiana, che significa “stella”)era una ragazza ebrea della comunità di Susa, unadelle grandi capitali del mondo persiano. Rimastaorfana, fu adottata da Mardocheo, un giudeo dellatribù di Beniamino, nipote di suo padre e funzionarioalla corte del re. Mardocheo aveva sognato due dra-ghi, che con il loro sibilo, istigavano i popoli a com-battere contro il “popolo dei giusti”. Questo sognopremonitore lasciava intenderecome sui Giudei stesse per abbat-tersi una grave sciagura.Alla corte del re Assuero era statoallestito un banchetto per unagrande festa. Fra tutte le donnedell’harem di Assuero, la reginaVasti era la più bella e il re in quel-l’occasione la mandò a chiamareperché voleva mostrarla ai suoiinvitati come la cosa più bella delsuo palazzo. La regina però rifiutòdi presentarsi al banchetto perchéstava facendo festa con le sue amiche in un’altra saladel palazzo e quindi disobbedì al comando del re.Allora Assuero, offeso, la ripudiò e ordinò ai suoimessaggeri di cercargli una nuova sposa. Li mandòin tutto il regno ad annunciare che tutte le fanciulle sirecassero a palazzo dove avrebbero ricevuto gioiellipreziosi e abiti sontuosi per farsi belle, poi fra di esseil re avrebbe scelto la sua nuova sposa. La sortecadde su Ester, di cui Mardocheo era tutore, ma il reAssuero ignorava che ella appartenesse al popolo diGiuda. La ragazza era molto bella e il re ne rimaseaffascinato, la sposò e la fece diventare regina. Alla

corte del re Assuero vi era Amàn, l’uomo con la cari-ca più importante, davanti al quale tutti si prostrava-no perché così aveva ordinato il re. Tutti, tranneMardocheo. Amàn, perfido consigliere del re, odiavaMardocheo ed era nemico degli ebrei tanto da deci-dere di sterminarli. Amàn infatti aveva studiato unpiano mostruoso e si rivolse al re per ricevere il con-senso, dicendogli: «Vi è un popolo segregato e anchedisseminato fra i popoli di tutte le province del tuoregno, le cui leggi sono diverse da quelle di ogni altropopolo e che non osserva le leggi del re; non convie-ne dunque che il re lo tolleri. Se così piace al re, siordini che esso sia distrutto». Il re, che si fidava delsuo ministro, si sfilò l’anello e concluse: «Al popolo fapure quello che ti sembra opportuno», così Amàn,usando il sigillo imperiale che il sovrano gli aveva affi-dato, firmò un editto nel quale ordinò lo sterminiototale di tutti gli ebrei che si trovavano all’interno delregno di Assuero e tirò a sorte il giorno per stermi-

narli, poi fece inviare lettere atutte le province dell’impero perfar sapere tale decisione. Il tredi-cesimo giorno del mese di Adarsarebbero stati uccisi tutti gliebrei, giovani e vecchi, donne ebambini. Nel frattempo Mardo-cheo, che era venuto a sapere diquanto aveva stabilito Amàn, sistracciò le vesti e si lamentò conalte grida, poi, passato il momen-to della disperazione, chiese adEster, la giudea di più alto grado

in tutto l’impero, di intercedere presso il sovranoaffinché l’editto fosse ritirato. C’era una regola, però,presso il palazzo di Assuero ed era che nessuno,pena la morte, potesse presentarsi al re senza primaessere stato convocato. Allora Ester, dopo aver chie-sto a Mardocheo che tutti i Giudei digiunassero perlei, si vestì a lutto e pregò Dio di venirle in soccorso.Trascorse tre giorni a digiunare e pregare, infine deci-se «Entrerò dal re, sebbene sia contro la legge e, sedovrò morire, morirò!» Il terzo giorno, dopo una lungapreghiera al Signore, Ester indossò le vesti regali.Così adornata, era splendida, in tutta la sua bellezza

e si presentò al re. Assuero, ammaliato da tanta bel-lezza, puntò lo scettro verso di lei e le chiese: «Checosa desideri, regina? Qualunque cosa mi chiederaite la concederò, fosse anche la metà del mio regno».A quelle parole, Ester rispose: «Ti chiedo di interveni-re oggi al banchetto che ho preparato per te e perAmàn». Il re e Amàn si recarono al banchetto eAssuero disse ancora: «Che cosa desideri, reginaEster? Qualunque sarà la tua richiesta, sarà soddi-sfatta». Ester allora rispose: «Se ho trovato grazia aituoi occhi, o re, come primo desiderio concedimi lavita e come secondo desiderio sia risparmiato il miopopolo, poiché io e il mio popolo siamo condannatiad essere distrutti, uccisi e annientati». «Chi è coluiche osa progettare ciò?» chiese il re, sorpreso e adi-rato. «L’oppressore, il nemico è quel malvagio diAmàn» disse coraggiosamente Ester, puntando il ditocontro il ministro del re. Amàn fu preso da grandepaura, implorò perdono per quello che aveva fatto,ma Assuero non volle ascoltarlo e lo condannò amorte e diede ordine a tutto il regno di salvare la vitaa tutti coloro che appartenevano al popolo d’Israele.Assuero poi prese l’anello con il sigillo reale, cheaveva tolto ad Amàn, e lo diede a Mardocheo, con-ferendogli gli incarichi di nuovo ministro. Tutti gliIsraeliti ebbero in quei giorni gioia e onore, grazie aEster, la regina che aveva salvato il suo popolo. 

Giusi Beri

Le orecchie di Amàn sono dolcetti di pasta frolla diforma triangolare con vari ripieni (alcuni con fichi sec-chi cotti e frullati, altri con semi di papavero o mar-mellate) che vengono preparati per la festadel Purim, il carnevale ebraico. Sono chiamati cosìper la loro forma e per la storia della regina Ester edel cattivo Amàn. Se vuoi provare a farli, cerca inInternet la ricetta.

1Questo giorno viene ricordato dagli Ebrei con una parola nonebraica, ma usata dagli antichi babilonesi: Pur, che significa “tira-re a sorte”, perché Amàn aveva scelto tramite il lancio di oggetti ilgiorno in cui si sarebbe dovuto portare a termine il suo piano: ster-minare gli ebrei. Oggi la festa di Purim è celebrata con feste inmaschera e corrisponde al nostro carnevale.

Cambogia e MyanmarViaggio per ritornare nei luoghi amati da Fratel Felice

Dopo alcuni mesi di contatti e preparativi per ilviaggio in Cambogia e Myanmar, finalmente il 1febbraio siamo partiti dall’aeroporto di MilanoMalpensa via Bangkok, per raggiungere SiemReap, prima tappa del nostro tour. Eravamo ungruppo di 13 persone tra amici e conoscenti dellaValsassina e di Milano.Nei due giorni trascorsi in Cambogia abbiamo visi-tato l’area archeologica di Angkor e Angkor Wat

dove è stata riportata alla luce un’antica cittàimmersa ora in una lussureggiante foresta, percosì dire incantata per la bellezza, l’altezza e lamaestosità dei suoi alberi. Abbiamo ammiratopareti interne decorate di bellissimi rilievi, quelleesterne con enormi faccioni di Buddha, scalinateinfinite e ripidissime difficili da affrontare, e statuemassicce. Infine non poteva mancare la visita allazona più turistica, quella con le meravigliosecostruzioni inglobate nelle radici degli alberi, alcu-ni già tagliati e altri ancora in piena vegetazione ealtissimi.Il 5 febbraio abbiamo raggiunto in volo Yangon, lacittà più importante del Myanmar, storica capitaledel paese, dove si trovano i consolati e le amba-sciate straniere. Qui abbiamo visitato la Pagoda

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Kyaukhtatgyi e ammirato la statua di Buddhasdraiato della lunghezza di 72 metri, rispettandol’obbligo rigoroso, per le aree sacre, di togliersi isandali e camminare a piedi nudi. Nel tardo pome-riggio siamo stati alla famosa Padoga dorata, laShwedagon, vero cuore spirituale del paese. Alla sera abbiamo avuto la gioia di incontrare ecenare con Padre Livio Maggi, missionario delPime che lavora in Myanmar, conosciuto a Introbiolo scorso luglio, nell’incontro relativo alla sua atti-vità missionaria in terra birmana. Dopo Yangon, siamo andati al Nord, semprevolando, verso Bagan, città dalle mille pagode estupa, e quindi a Mandalay, ex capitale dellaBirmania, e al Lago Inle, famoso per gli orti galleg-gianti e per il modo particolare di remare con ilpiede.Il 10 febbraio finalmente a Taunggyi!!! Giornatadedicata alle visite più importanti e tanto attese dalgruppo: orfanotrofio di Fratel Felice a NuangShwe, saluto a Sua Ecc. Mons. Matthias U Shwe,celebrazione della Santa Messa in Seminario epranzo; nel pomeriggio incontro al Centro disabilidi Paya Phuy e preghiera sulla tomba di fratelFelice, momento denso di commozione e di rin-graziamento per l’opera missionaria svolta nei suoi69 anni in terra birmana.Siamo stati accolti con gioia, balli, canti e scambiodi doni; al Centro disabili poi ci sembrava di esse-re a una grande festa fra amici.Per l’intera giornata ci ha accompagnato il nostroamico don Pio, rettore del Seminario che parla ita-liano e la sig.ra Sandar dello staff locale di NewHumanity che all’orfanotrofio e al Centro ha pre-sentato le attività che vengono effettuate e quindil’impiego concreto dei fondi delle adozioni dellanostra Comunità. Alcune Suore e la Superiora infi-ne hanno presentato l’attività educativa, assisten-ziale e infermieristica a favore degli ospiti, e anchedei molti orfani che vivono in questo centro perdisabili, perché abbandonati all’ingresso della

struttura. Come gruppo ci siamo impegnati ariprendere con video e foto i bellissimi momentitrascorsi con i nostri amici di Taunggyi e vi invitia-mo a riviverli con noi in una serata che organizze-remo all’oratorio di Introbio.

Da Taunggyi siamo tornati a Yangon. L’ultimaescursione del viaggio è stata la pagoda in cimaalla “Golden Rock” (La Roccia d’oro), che abbia-mo raggiunto parte in autobus e parte su camion.La Roccia d’Oro è un grosso masso coperto d’oroin bilico su un precipizio. Secondo la leggenda, ilmasso si mantiene in equilibrio sull’orlo di un diru-po grazie a un capello del Buddha, posto in unpunto preciso della roccia. È un luogo sacro, metadi pellegrinaggio e di grande religiosità. Abbiamoviaggiato tutto il pomeriggio tra grandi campi diriso, palme di cocco, piante di caucciù e riccheforeste.Tornati a Yangon, purtroppo era tempo di ritornarea casa, e ci aspettava il lungo volo intercontinen-tale Bangkok- Milano, stanchi ma sereni e soddi-sfatti.

Ester Sala

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Gruppo VolontariSantuario Madonna della Neve

Da ormai due anni si è costituito un gruppo di per-sone appartenenti alle parrocchie della ComunitàPastorale “Madonna della Neve” che, sollecitate dalparroco, si sono rese disponibili ad aprire ilSantuario “Madonna della Neve” dal mese di mag-gio fino alla prima domenica del mese di ottobre.

Nell’estate 2016, il parroco ha lanciato un appelloaffinché il Santuario potesse essere aperto per lapreghiera delle tante persone che salgono in ValBiandino. All’inizio hanno risposto poche personema, con il passare del tempo, altri si sono aggiunti ehanno dato la loro disponibilità per l’apertura.

Dopo questa prima esperienza il gruppo si è ritrova-to nei primi mesi del 2017 e l’iniziativa è stata rilan-ciata e, visti i risultati e la gioia dei volontari, si èdeciso di dare un regolamento al gruppo e di rilan-ciare l’iniziativa anche per il 2017. Per i mesi di luglioe agosto il Santuario è stato aperto tutti i giorni,mentre per gli altri mesi il sabato, la domenica e ilmercoledì. La casa parrocchiale è stata messa adisposizione come casa per i volontari che hannodeciso anche di offrire un minimo di ristoro ai pelle-grini (the caldo e qualche volta una torta) di modoche ciascuno possa sentirsi a casa e accolto.

È stato istituito anche un “Quaderno del Santuario”,che viene custodito in parrocchia, dove ciascunopuò scrivere una preghiera o un pensiero.

Anche la parete dove vengono raccolte le grazieverrà riordinata: lasceremo solo le targhe che ricor-dano una grazia. Per quanto riguarda i defunti, aivolontari è affidato un “Libro dei defunti” dove cia-scuno potrà lasciare un ricordo, una preghiera o unafoto del proprio caro/a. L’ultima domenica di giu-gno, la messa che viene celebrata, è per tutti idefunti segnati nel “Libro dei defunti”.

Anche per la prossima estate verrà rilanciata questa

bella iniziativa: l’incontro per i volontari sarà giovedì12 aprile, in oratorio, a Introbio. Il gruppo è sempreaperto ad altre persone: vi aspettiamo!!

C’è in progetto di sistemare la casa con una stufaper il riscaldamento e una piccola cucina.

Per quanto riguarda il Rifugio “Madonna della neve”la parrocchia si è adoperata con tutti i mezzi a suadisposizione per risolvere la problematica principa-le necessaria per la riapertura (ovvero la messa anorma del sistema fognario). Una volta ottenuti tuttii permessi il Consiglio Affari Economici pubblicheràun comunicato dove verranno spiegate le modalitàper accedere ai colloqui preliminari per l’assegna-zione della gestione del Rifugio.

NotizieSull’esterno della parete laterale sinistra della cap-pella cimiteriale destinata ad accogliere i resti deisacerdoti defunti, passati e futuri, di Introbio ooriundi di Introbio è stata posta una lapide a ricor-do di padre Giampiero Beretta, che abbiamo ricor-dato ampiamente sull’ultimo numero di questobollettino. L’epitaffio recita: “Sac. Padre GIAMPIE-TRO BERETTA / nato il 29 marzo 1943 - morto il 21marzo 2017 / Ha servito con amore la comunità diIntrobio / e il Santuario della Madonna di Biandino/ dal 1990 al 2017 / Riposa nel cimitero del PIMEa Villa Grugana”. La lastra marmorea, donata dallanostra parrocchia e da alcuni amici, è impreziositada una effigie mariana di cui padre Giampiero eraparticolarmente devoto.

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Date da ricordare da aprile a giugnoAPRILEdomenica 1 Pasqua del Signorelunedì 2 Pellegrinaggio 3° media a Romavenerdì 6 Primo venerdì del mese – adorazione eucaristicasabato 7 Giornata di ritiro per i bambini di 4° elementare presso il COE di Barziodomenica 8 Ore 11.00 Anniversari di matrimonio - Ore 15.30 a Oggiono: visita al battistero per la

3° elementaredomenica 15 Giornata di ritiro per le famiglie dei bambini di 5° elementare a Introbiomartedì 17 Azione Cattolica parrocchialedomenica 22 Battesimi a Introbiodomenica 29 Pellegrinaggio 2° media a Assisi

MAGGIOmartedì 1 Apertura del mese di maggio al Santuario della Madonna della Neve a Biandinomercoledì 2 Assemblea parrocchiale di Introbio.

A questa assemblea sono invitati tutti: si parlerà della parrocchia di Introbio, con la presenza del parroco e dei membri del Consiglio Pastorale e degli Affari Economici.

venerdì 4 Primo venerdì del mese – adorazione eucaristicasabato 5 Primo sabato del mese - Rosario e messa in onore del Cuore Immacolato di Maria a PrimalunaGiovedì 10 Ascensione del Signoremartedì 15 Incontro Azione Cattolicadomenica 20 Solennità della Pentecoste. Ore 11.00 Prima comunione - Ore 15.30 Cresime a Primalunavenerdì 25 Ore 20.00 preghiera per tutte le famiglie dei bambini della scuola dell’infanzia a Cortenovasabato 26 Incontro dei Cresimandi a San Sirogiovedì 31 Corpus Domini – inizio delle Giornate Eucaristiche

GIUGNOvenerdì 1 Primo venerdì del mese – adorazione eucaristicasabato 2 Primo sabato del mese - Rosario e messa in onore del Cuore Immacolato di Maria a Primalunamercoledì 6 Consiglio Pastorale della Comunità Pastoraledomenica 24 Giornata per la carità del papa

Gli orari più specifici e alcune date verranno riportati sul foglio settimanale “Camminiamo Insieme” che si può trovare in chiesa.

Introbio e Introbiesinella pittura dei Todeschini

Dal 2 al 10 dicembre 2017è stata allestita, nellasplendida cornice di villaMigliavacca, una mostrainteramente dedicata aiTodeschini, una famiglia diartisti vissuti e operanti acavallo tra Otto e Nove-cento. Un evento culturaleeccezionale, non solo per-ché le quasi duecentoopere esposte proveniva-no per lo più da collezioniprivate (e quindi non sononormalmente accessibili alpubblico), ma anche per-ché per la prima volta èstata compiutamente con-siderata, inventariata e

messa a confronto la vasta e variegata produzionedi ben quattro artisti ingiustamente trascurati dallacritica: Giovanni Batti-sta Todeschini (Lecco,1857 - Milano, 1938),che ne è il capostipite,con i figli Piero (Milano,1888 - Lecco, 1945) eLucio (Milano, 1890 -Cremeno, 1969), e ilnipote Paolo (Milano,1920 - 1993), scultoredi notevole talento,nonché calciatore eallenatore del Milan1.Tra le quasi cinquecen-to opere catalogate cene sono alcune che benillustrano anche il

nostro paese e chemeritano pertanto diessere brevementedescritte in quantoistantanee di “unmicrocosmo” nonancora toccato dalla“rivoluzione indu-striale” che di lì apoco avrebbe muta-to radicalmente etravolto quel mondobasato su una eco-nomia essenzial-mente agropastora-le e su un sentimen-to di umano calore e di naturale socialità che univale popolazioni valligiane e faceva delle piccolecomunità dei villaggi un’unica, grande famiglia.Iniziamo questa carrellata con l’unica tela di sog-getto introbiese finora nota dipinta da GiovanniBattista nel 1918 e intitolata Mercato di Introbio[fig. 1]: vi è raffigurata una contadina che torna dalmercato (probabilmente dalla fiera di S. Michele)con una bambina che stringe al petto un candidoagnellino, mentre un ragazzetto si fa bello dellasua cartella nuova a tracolla, perché la scuola, coiprimi freschi d’autunno, sta per riaprire i battenti2.Del figlio Piero segnaliamo una bella processionedel 1939 sulla salita che porta da piazza Carrobbioalla chiesa di S. Michele [fig. 2]. Lo stesso sogget-to iconografico verrà ripreso anche dal fratelloLucio. È il giorno della festa del compatrono S.Michele e si svolge la tradizionale fiera di settem-bre, come documenta la bancarella che si intrave-de sulla sinistra. Davanti con la croce e una cop-pia di torciere stanno i confratelli del SS.Sacramento con mantellina rossa e camice bian-co; segue il clero con al centro il parroco con man-tellina nera accompagnato da altri due sacerdoticon dalmatica e da alcuni chierichetti; chiude la

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Fig. 1 Giovanni BattistaTodeschini, Mercato diIntrobio, 1918.

Fig. 2 Piero Todeschini, SanMichele, 1939.

Fig. 3 Lucio Todeschini, Il cortile diTorre Arrigoni, sd.

processione un vecchietto a destra e una pecoracon agnellino e gallina a sinistra. Da notare lafusione tra la Casa Bianchi e la facciata della chie-sa a sinistra e l’ossario settecentesco a destra. Trai manifesti realizzati da Piero durante il periodofascista si annoverano un carboncino che allude altradizionale ferragosto sportivo valsassinese orga-nizzato dal Fascio di Combattimento di Introbio nel19383 e l’Esodo del 1942 in cui viene descritta lasorte dei Valsassinesi se il progetto Innocenti-Semenza, che prevedeva un lago in Valsassina, sifosse realizzato. Contro questo progetto si opposestrenuamente il nostro combattivo parroco donArturo Fumagalli.Degne di nota sono le vedute del paese immorta-late da Lucio nella prima metà del Novecento: ilcortile interno alla Torre degli Arrigoni con porticoe loggiato in pietra e legno (secc. XV-XVI) riprodot-to quasi identico in due tele [fig. 3]; una PiazzaCarrobbio del 1931 con sullo sfondo il centro sto-rico caratterizzato dalle tradizionali lòlbie (ballatoi,loggiati in legno); una superba veduta della ValBiandino del 1934 circondata da una cresta inin-terrotta di monti tra i quali spicca per imponenza ilPizzo dei Tre Signori [fig. 4].

Non solo Introbio ma anche alcuni Introbiesi illustrisono stati immortalati dai Todeschini. Piero eseguìnel 1944 il ritratto dei coniugi Guido Cademartori(Cremona, 1878 - Introbio, 1951), “anima” dell’o-monimo caseificio introbiese4 [fig. 5], e GiuseppinaCiresa (Cremeno, 1885 - Introbio, 1967), nonchéquello di un giovane Guido Migliavacca Ravasio(Milano, 1895 - 1935) “rapito a soli 39 anni allamamma sua desolatissima”5 [fig. 6].

Marco Sampietro

Le foto delle opere sono di Alberto Locatelli.

1 M. SAMPIETRO, G.F. SCOTTI, L. POLO D’AMBROSIO, I Todeschini, unafamiglia di artisti, Cattaneo Editore, Oggiono-Lecco 2017.2 C. DEL TEGLIO, La figura e l’opera di un artista della nostra terra:Giambattista Todeschini, in “Archivi di Lecco”, a. IX, n. 3, luglio-settembre 1986, p. 414.3 “Il Popolo di Lecco”, 27 agosto 1938, p. 2. “La coppa CarlettoMaestri è stata vinta definitivamente dalla squadra di calcio diCortenova che, sostenuta magnificamente dai fratelli Todeschini,ha battuto per 4 a 3 il Primaluna. 4 Sui Cademartori cfr. M. CORTI, G. CAMOZZINI, P. BUZZONI, ArteCasearia e Zootecnia. Tradizioni da leggenda in Valsassina,Bellavite, Missaglia 2015, pp. 279-285.5 M. SAMPIETRO, Un “castello” in Valsassina. Villa Migliavacca aIntrobio 1914-2014, Comune di Introbio e Biblioteca “G. Arrigoni”,Bellavite, Missaglia 2014, pp. 38-39. La tela è comparsa su eBaynel gennaio 2018.

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Fig. 4 Lucio Todeschini, La Val Biandino, 1934.

Fig. 5 Piero Todeschini, GuidoCademartori, 1944.

Fig. 6 Piero Todeschini, GuidoMigliavacca Ravasio, sd.

Vita di oratorioLuce della pace

Il giorno 18 dicembre 2017 alcuni ragazzi adole-scenti con i loro educatori si sono recati in stazio-ne Centrale a Milano per prendere la luce dellapace arrivata da Betlemme. La luce è stata accol-ta con un momento di preghiera e distribuita a tuttii presenti, perché la portassero nelle loroComunità. Nella nostra Comunità, per distribuire la luce allefamiglie, è stato organizzato un presepe vivente:bambini e genitori vestiti da pastori e angioletti sisono messi in cammino verso la grotta di Gesùbambino, al Cappel d’alpino. Alcuni gruppi sonopartiti da Introbio, altri da Primaluna e Cortenova;arrivati tutti insieme alla capanna, dopo una brevepreghiera e dopo la distribuzione della luce dellapace a tutti, è stato condiviso un momento di festae gioia.

Capodanno a Torino I giorni 30, 31 dicembre 2017 e 1 gennaio 2018 igiovani della Comunità Pastorale Madonna dellaNeve e della Comunità Regina dei Monti si sono

recati a Torino per concludere insieme il 2017 eaccogliere il 2018. Oltre ai momenti di preghiera eriflessione, la vacanza è stata un’occasione pervisitare la città e le bellezze di Torino.Girando per le piazze della città illuminate, merca-tini di Natale, visitando il Duomo, le chiese princi-pali, Valdocco e luoghi di don Bosco, musei (daquello del Risorgimento a quello Egizio e delCinema), passeggiando per il Parco del Valentino

e all’ombra della Mole, i ragazzi hanno condivisomomenti di festa, risate e divertimento; accompa-gnati da Marco Ruffinoni e Gianmaria Manzotti.Si è trattato di un capodanno diverso dal solito,all’insegna della musica, del divertimento, dellostare insieme, di alcuni momenti di riflessione eanche culturale.

Festa di don BoscoIl giorno 31 gennaio 2018 si è tenuta a Primalunala messa in onore di don Bosco; dedicata e ani-mata da tutti i bambini, ragazzi e giovani presenti,presieduta da un prete salesiano di Milano, donRossano. Al termine della celebrazione è statoproiettato un video con le esperienze vissute dairagazzi nei mesi precedenti.

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Convivenza invernale medieDurante il ponte dell’8 dicembre i preadolescentidi prima, seconda e terza media della nostraComunità Pastorale hanno vissuto, insieme ai loroeducatori e a Don Gianmaria, tre giorni di convi-venza in oratorio a Taceno, giorni che hanno vistocome tema “La compagnia dell’Immacolata” diSan Domenico Savio, ragazzo dell’oratorio di DonBosco e figura guida del cammino di quest’anno

dei ragazzi. I tre giorni si sono svolti tra canti, gio-chi, la gita a Lezzeno, momenti di svago, di rifles-sione e preghiera, per concludersi poi con la par-tecipazione alla messa della domenica mattina aTaceno e con il pranzo insieme alle famiglie deiragazzi. Il contagioso entusiasmo dei ragazzi perla breve “vacanza” e momento di condivisione hadimostrato ancora una volta che ciò che conta dipiù non è il posto, ma lo stare insieme!

Gli adolescenti della Valle

Vita parrocchialeLuce della Pace e Concerto di Natale

Organizzato dalla ComunitàPastorale Madonna dellaNeve e dal Comune diIntrobio si è svolta la sera disabato 16 dicembre 2017nella nostra chiesa parroc-chiale la “CELEBRAZIONEDELLA LUCE DELLA PACE”.Proveniente dalla Chiesa dellaNatività di Betlemme, dovearde da sempre ininterrotta-mente, e attraverso i Paesi delCentro Europa, la Luce era

stata accolta alla stazione di Milano da un grup-petto di Adolescenti e trasportata in Valle nelpomeriggio.L’elevazione spirituale, presentata da RiccardoBenedetti, è stata accompagnata dai cori“Carmina Mea” e “Piccoli Cantori Valsassinesi”(scuola media Introbio), entrambi diretti dalMaestro Anna Vascakova Benedetti e accompa-gnati da Caterina Baruffaldi e Gianmichele Brena.La Luce è stata anzitutto portata all’altare dellaMadonna con una suggestiva cerimonia con sot-tofondo musicale da parte del coro “CarminaMea”. Quindi don Marco l’ha consegnato a cinque

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ragazzi in rappresentanza delle Parrocchie dellanostra Comunità, cosicché potesse restare fino aNatale a disposizione di tutti, e con la possibilitàanche di portarla nelle proprie case.Il programma di canti natalizi, ben nutrito e realiz-zato professionalmente anche dai ragazzi, preve-deva composizioni classiche, assieme ad alcunicanti tradizionali di vari Paesi (Slovacchia,Giappone, Ghana, Catalogna) e per finire, a coriuniti, il bellissimo Happy Xmas di J.Lenon/Y. Ono,durante il quale è stato chiesto anche il “contribu-to” del numeroso pubblico presente.Una bella cerimonia, suggestiva e commovente,che ci ha ben introdotto alle imminenti feste nata-lizie.

Teresa Tantardini

Carnevale 2018 - A caccia di insettiDomenica 11.02.18si è tenuta la tradi-zionale sfila di car-nevale che ha coin-volto i paesi dellaValsassina.Rispettando il temasuggerito dalla Pa-storale GiovanileFOM, le famiglie diIntrobio, Primalunae Cortenova hannoallestito i carri “allascoperta di milionidi piccolissimi”.Coloratissimi “co-leotteri stupidotte-ri”, farfalle, cocci-

nelle e bruchi, tutti capitanati da improbabili ento-mologhi, hanno invaso il percorso che parte dal-l’oratorio di Primaluna per terminare in quello diIntrobio.

Per loro erano pronti i carri a tema frutto del lavo-ro delle nostre famiglie: bellissimi prati, un labora-torio di ricerca e un mazzo di fiori giganti per ibambini di Introbio; l’Aperino per trasportare leapine del gruppo adolescenti.Ad attendere grandi e piccoli insetti c’erano gliimmancabili sbandieratori che con le loro unicheabilità hanno intrattenuto il pubblico.Una ricca merenda offerta dai genitori di Introbioha rallegrato l’atmosfera già unica e magica delCarnevale.

Daniela Sammartino

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Nella speranza della resurrezioneCastelli Caterina. Conosciuta da tutti come “Neri” o “Nerina”, ci ha lasciato il 16 dicem-bre 2017 - a 71 anni - dopo un lungo periodo in cui le sue forze la abbandonavano. Unadonna riservata, timida ma decisa, che si era chiusa in se stessa alla morte del marito.Innamorata della sua valle, delle sue montagne e del suo paese. Biandino aveva un postospeciale nel suo cuore. Ora è tornata fra le braccia del suo “Vergi” che l’aveva lasciata trop-po presto. Rimangono i due figli, l’adorato nipotino e la cara nuora che la portano nel cuoreogni giorno.

Goretti Anselmina. Si è spenta all'età di 93 anni il 3 febbraio 2018. Ha condotto una vitaintensa lavorando come ostetrica prima in Sardegna per 17 anni e poi a Rovagnate in ospe-dale fino al raggiungimento della pensione. Non era sposata ma ha amato i suoi nipoticome se fossero i suoi figli. Ora riposa in pace con i genitori, le sorelle Battistina e Guerinae il tanto adorato nipote Abele.

Artusi Ezio - anni 41. Venerdì 16 febbraio 2018 la tua amata montagna ti haportato con sé per sempre lasciando un vuoto incolmabile. La tua vita è stata breve, troppo breve ma intensa: hai donato il tuo cuore ai tuoi cari ed iltuo aiuto a quanti ne hanno avuto bisogno. In tutto ciò che hai fatto per gli altri, hai sem-pre messo cuore e anima, continua a farlo, restaci accanto...Vogliamo ricordarti com'eri, pensare che ancora vivi e come allora sorridi...Con noi nel cuore sempre!

Di Rocco Mario.Ci ha lasciato improvvisamente il 27 febbraio all'età di 78 anni.Lo ricordiamo tutti con affetto, affidandolo alla bontà del Signore.

Mascheri Piero - anni 70. Se n’è andato sabato 3 marzo 2018. Ha combattuto, in silenzio,contro una malattia che non gli ha dato tregua. Gli sono stati vicino fino all’ultimo congrande amore i figli Petra e Gabrio. Rimane nel ricordo dei fratelli e di chi gli ha voluto bene.

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Signor

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