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Appunti-Contabilità-e-Bilancio-prof.-Giacomo-Manettiv1

Date post: 13-Apr-2016
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Capitolo 1 – Le fonti del bilancio Bilancio e destinatari Il bilancio è lo strumento informativo rappresentante la situazione economico-patrimoniale di una società, a disposizione degli stakeholders, i “portatori di interesse” esterni alla società stessa (finanziatori, investitori, dipendenti, clienti, fornitori, ecc.) ma anche interni, quali i soci ed i manager. Le politiche di bilancio sono volte dunque a fornire una rappresentazione della situazione della società che favorisca una o più categorie di stakeholders. Ad esempio, una politica di saturazione di capitale incontrerà sempre il favore dei finanziatori (che si sentiranno maggiormente tutelati), mentre una politica di annacquamento, o comunque una rappresentazione meno prudenziale del capitale, incontrerà il favore di nuovi investitori (che vedranno il loro capitale maggiormente remunerato). Per quanto riguarda l'Italia, nella redazione del bilancio il nostro Paese è improntato su di un'ottica prudenziale che favorisce i terzi affidatari (finanziatori), preferendo politiche di leggera saturazione. Le grandezze che vi sono rappresentate sono il capitale (grandezza stock) e il reddito (grandezza flusso). A seconda poi di altre caratteristiche il bilancio si divide in: per le circostanze: ordinario o straordinario per il periodo: infrannuale o annuale per il momento: preventivo o consultivo per l'oggetto: d'azienda o consolidato Fonti di riferimento Le fonti di riferimento per la compilazione del bilancio d'esercizio sono essenzialmente tre: normativa prassi contabile fisco Per quanto riguarda la normativa, essa deriva da due ampie fonti: la legislazione nazionale (in particolare, dal Codice Civile in poi) e la legislazione comunitaria. È bene ricordare che la legislazione comunitaria, sotto forma di direttive comunitarie, viene recepita tramite provvedimenti legislativi dei singoli Paesi membri, e dunque si possa in sostanza parlare esclusivamente di normativa nazionale per il bilancio d'esercizio. In sintesi, la normativa civilistica italiana riguardante il bilancio ha seguito la seguente evoluzione: 1. Codice di Commercio del Regno d'Italia (1882): di impronta napoleonica e liberista, si limita a chiedere che in bilancio siano iscritti solo gli utili e le perdite, ed il capitale sociale attualmente versato, con “evidenza e verità” 2. Codice Civile (1942): innovativo, chiede un contenuto minimale per la situazione patrimoniale, un conto “dei profitti e delle perdite” (conto economico) senza uno schema preciso ed una relazione degli amministratori, sempre secondo principi di chiarezza 3. L.216/1974 “miniriforma”: viene inserito un contenuto minimo per il conto economico e la relazione degli amministratori, viene richiesto di mostrare in bilancio i debiti/crediti verso le controllate o collegate, e di allegare i bilanci delle controllate 4. D.P.R. 136/1975: riferimento ai “corretti principi contabili” 5. D.Lgs. 127/1991: riscrive tutta la normativa del bilancio, portandola quasi totalmente alla situazione che permane ancora oggi, in attuazione delle direttive IV e VII CEE. Viene introdotto uno schema-base di bilancio, con l'introduzione di postulati e principi, viene introdotto il bilancio consolidato 6. D.Lgs. 6/2003: modifica i principi di redazione (sostanza sulla forma), la struttura dello stato patrimoniale, del conto economico, dei criteri di valutazione e della nota integrativa. Vengono definite le società tenute a seguire i principi IAS, IFRS 7. D.Lgs. 38/2005: attua il regolamento UE 1606/2002, riguardante l'obbligo di seguire i principi IAS, IFRS. L'Italia ha in particolare deciso di obbligare a seguire i principi IAS,IFRS le società quotate obbligate a presentare bilanci consolidati, le società quotate non-holding (che però in Italia sono poche!) e tutte le società quali banche, assicurazioni o intermediari finanziari. Sono escluse tutte le altre. Per quanto riguarda la prassi contabile, seconda fonte che disciplina la redazione del bilancio civilistico, essa proviene essenzialmente da due importanti organismi, uno nazionale e uno europeo: per l'Italia, la prassi contabile deriva dall'OIC (Organismo Italiano di Contabilità), che fissa i principi nazionalmente riconosciuti, stimola il legislatore italiano ad attuare riforme, e ha fra i suoi componenti di spicco il CNDCEC (Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili) per l'Europa, la prassi contabile deriva dallo IASB (International Accounting Satndard Board), che
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Capitolo 1 – Le fonti del bilancioBilancio e destinatariIl bilancio è lo strumento informativo rappresentante la situazione economico-patrimoniale di una società, a disposizione degli stakeholders, i “portatori di interesse” esterni alla società stessa (finanziatori, investitori, dipendenti, clienti, fornitori, ecc.) ma anche interni, quali i soci ed i manager.Le politiche di bilancio sono volte dunque a fornire una rappresentazione della situazione della società che favorisca una o più categorie di stakeholders. Ad esempio, una politica di saturazione di capitale incontrerà sempre il favore dei finanziatori (che si sentiranno maggiormente tutelati), mentre una politica di annacquamento, o comunque una rappresentazione meno prudenziale del capitale, incontrerà il favore di nuovi investitori (che vedranno il loro capitale maggiormente remunerato). Per quanto riguarda l'Italia, nella redazionedel bilancio il nostro Paese è improntato su di un'ottica prudenziale che favorisce i terzi affidatari (finanziatori), preferendo politiche di leggera saturazione. Le grandezze che vi sono rappresentate sono il capitale (grandezza stock) e il reddito (grandezza flusso).A seconda poi di altre caratteristiche il bilancio si divide in:

• per le circostanze: ordinario o straordinario

• per il periodo: infrannuale o annuale

• per il momento: preventivo o consultivo

• per l'oggetto: d'azienda o consolidatoFonti di riferimentoLe fonti di riferimento per la compilazione del bilancio d'esercizio sono essenzialmente tre:

• normativa

• prassi contabile

• fiscoPer quanto riguarda la normativa, essa deriva da due ampie fonti: la legislazione nazionale (in particolare, dal Codice Civile in poi) e la legislazione comunitaria. È bene ricordare che la legislazione comunitaria, sotto formadi direttive comunitarie, viene recepita tramite provvedimenti legislativi dei singoli Paesi membri, e dunque si possa in sostanza parlare esclusivamente di normativa nazionale per il bilancio d'esercizio.In sintesi, la normativa civilistica italiana riguardante il bilancio ha seguito la seguente evoluzione:

1. Codice di Commercio del Regno d'Italia (1882): di impronta napoleonica e liberista, si limita a chiedere che in bilancio siano iscritti solo gli utili e le perdite, ed il capitale sociale attualmente versato, con “evidenza e verità”

2. Codice Civile (1942): innovativo, chiede un contenuto minimale per la situazione patrimoniale, un conto “dei profitti e delle perdite” (conto economico) senza uno schema preciso ed una relazione degli amministratori, sempre secondo principi di chiarezza

3. L.216/1974 “miniriforma”: viene inserito un contenuto minimo per il conto economico e la relazione degli amministratori, viene richiesto di mostrare in bilancio i debiti/crediti verso le controllate o collegate, e di allegare i bilanci delle controllate

4. D.P.R. 136/1975: riferimento ai “corretti principi contabili”5. D.Lgs. 127/1991: riscrive tutta la normativa del bilancio, portandola quasi totalmente alla situazione che

permane ancora oggi, in attuazione delle direttive IV e VII CEE. Viene introdotto uno schema-base di bilancio, con l'introduzione di postulati e principi, viene introdotto il bilancio consolidato

6. D.Lgs. 6/2003: modifica i principi di redazione (sostanza sulla forma), la struttura dello stato patrimoniale, del conto economico, dei criteri di valutazione e della nota integrativa. Vengono definite lesocietà tenute a seguire i principi IAS, IFRS

7. D.Lgs. 38/2005: attua il regolamento UE 1606/2002, riguardante l'obbligo di seguire i principi IAS, IFRS. L'Italia ha in particolare deciso di obbligare a seguire i principi IAS,IFRS le società quotate obbligate a presentare bilanci consolidati, le società quotate non-holding (che però in Italia sono poche!)e tutte le società quali banche, assicurazioni o intermediari finanziari. Sono escluse tutte le altre.

Per quanto riguarda la prassi contabile, seconda fonte che disciplina la redazione del bilancio civilistico, essa proviene essenzialmente da due importanti organismi, uno nazionale e uno europeo:

• per l'Italia, la prassi contabile deriva dall'OIC (Organismo Italiano di Contabilità), che fissa i principi nazionalmente riconosciuti, stimola il legislatore italiano ad attuare riforme, e ha fra i suoi componenti di spicco il CNDCEC (Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili)

• per l'Europa, la prassi contabile deriva dallo IASB (International Accounting Satndard Board), che

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elabora i già citati principi contabili IAS e IFRSIl rapporto fra normativa e prassi contabile è regolato dall'art. 2219 C.C., che spiega come “le scritture devono essere tenute secondo le norme di ordinaria contabilità”, ovvero esista un rapporto solo “formale” fra di esse: la prassi non ha forza di legge, e integra la norma quanto questa sia troppo sintetica o insufficiente per applicarsi alcaso reale, nonché la interpreta quando sia di difficile interpretazione.Per quanto riguarda il fisco, l'amministrazione fiscale, terza fonte della disciplina di bilancio, il testo di riferimento principale è il TUIR (Testo Unico sulle Imposte sul Reddito), che regola le due principali imposte sul reddito delle imprese, l'IRES (27,5% dell'imponibile) e l'IRAP (3,9% sul valore aggiunto).Il rapporto fra normativa civilistica e normativa tributaria è complicato, e può seguire due tipologie di approccio:

• approccio di “doppio binario”: le normative sono separate, ognuna segue una propria logica indipendente, causando un'interferenza nell'altra

• approccio di “binario unico”: le normative sono coordinate, seguono la stessa logicaIn un approccio di doppio binario, il bilancio viene redatto secondo la normativa civilistica, quindi in sede di dichiarazione dei redditi (dove interviene la normativa tributaria), viene calcolata la base imponibile a partire dalreddito ante-imposte civilistico, deducendo i costi deducibili non di competenza dell'esercizio e i ricavi non imponibili di competenza, così come invece integrando i costi non deducibili di competenza e i ricavi imponibilinon di competenza (processo detto di ripresa fiscale in dichiarazione). Viene quindi calcolata l'imposta sul reddito, che, sottratta al risultato ante-imposte civilistico, produce il risultato finale d'esercizio (reddito civilistico).L'Italia adotta un approccio di doppio binario, in particolare dopo la legge di stabilità del 2008, in cui la normativa fiscale interferisce pesantemente sulla rappresentazione nel bilancio civilistico. Uno dei punti fondamentali, che in un certo senso “falsa” la rappresentazione del bilancio, si evince dall'art.109 del TUIR, che permette di portare i costi in deduzione solo se presenti nel conto economico, anche se non di competenza dell'esercizio. Si capisce quindi che il conto economico viene in quale modo “inquinato” dalla presenza di costi non di competenza. La ratio è quella di un filtro più “pesante” come quello del bilancio per il controllo sugli oneri deducibili, che, se iscritti a conto economico, spostano completamente il piano di responsabilità giuridica da quello amministrativo a quello civilistico-penale.

Capitolo 2 – La disciplina del bilancio civilisticoSi andranno ora a esaminare più nel dettaglio gli articoli che disciplinano il bilancio civilistico.Innanzitutto a quali società applicare gli articoli da 2423 C.C e seguenti? Le tipologie di società sono:

• s.p.a, s.a.p.a e s.r.l , ovvero le società di capitali

• società cooperative, consorzi e società consortili

• aziende individuali e società di persone (N.B. Solo nella misura di “bilancio semplificato”, molta più libertà, possono anche attenersi ai criteri di valutazione)

Come già affermato, tutto ciò non vale per le società quotate e per gli intermediari finanziari e assicurativi. Case editrici, società municipalizzate e società energetiche hanno discipline ad hoc.Articolo 2423, comma 1L'art. 2423 C.C., comma 1, afferma che: “Gli amministratori devono redigere il bilancio d'esercizio, costituito dallo stato patrimoniale, dal conto economico e dalla nota integrativa”. Si comprende quindi che l'obbligo di redazione sorge a carico degli amministratori delle società suddette, e che il bilancio è composto da quei tre elementi In realtà, articoli successivi del Codice obbligano ad allegare la bilancio altri elementi informativi, che vanno a comporre il cosiddetto fascicolo di bilancio, la cui struttura risulta alla fine così composta:

• BILANCIO

◦ Stato Patrimoniale (art. 2424)

◦ Conto Economico (art. 2425)

◦ Nota Integrativa (art. 2427): evidenzia i procedimenti adottati, più alcune note sintetiche

• RELAZIONE SULLA GESTIONE (art. 2428): discorsiva con elementi obbligatori

• RELAZIONE DEI SINDACI (art. 2429)

• Relazione della società di revisione (eventuale)

• Allegati (art. 2429): bilanci controllate, informazioni riepilogative collegate

• Relazione semestrali (eventuale, art. 2428)

• Bilancio Consolidato (D.Lgs. 127/1991)

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Articolo 2423, comma 2L'art. 2423 C.C., comma 2, afferma che: “Il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell'esercizio”. Da quest'articolo sorge immediatamente quale sia l'obbiettivo del bilancio: rappresentare la situazione patrimoniale (stato patrimoniale), la situazione finanziaria (rendiconto finanziario presente in nota integrativa) e il risultato economico dell'esercizio (conto economico).Si introducono poi i cosiddetti postulati del bilancio, ovvero elementi sovraordinati a tutte le regole di redazione.Secondo un preciso ordine gerarchico, infatti, il bilancio deve rispondere a:

1. clausola generale e postulati (art. 2423)2. principi di redazione (art. 2423bis)3. criteri specifici (art.2426 e seguenti)

La clausola generale (anche detta “quadro fedele”), entro la quale si riuniscono i postulati, è composta da tre importantissimi concetti:

• CHIAREZZA:

◦ formale: per la presenza di schemi formali obbligatori entro cui redigere il bilancio

◦ sostanziale: il reddito disponibile non deve allontanarsi dal reddito effettivamente prodotto (e semmai celato da politiche di bilancio)

◦ informativa: i dati devono essere significativi, rilevanti e comprensibilmente organizzati, ad uso e consumo degli stakeholders

• VERIDICITÀ: (non “verità”, perché il bilancio è formato da numerose stime e congetture)

◦ oggettiva: elementi che non lasciano spazio a diverse formulazioni

◦ soggettiva: elementi che devono essere valutati vanno valutati con criteri razionali, ineludibili, senzatroppi margini, che lascino un'attendibilità dei dati

• CORRETTEZZA:

◦ dimensione tecnica (professionalità)

◦ dimensione etico-deontologica (comportamento leale, onesto ed imparziale nella redazione del bilancio)

Veridicità e correttezza formano anche la cosiddetta “clausola sovraordinata del bilancio”, di derivazione dalla concezione anglosassone della “true and fair view”. Articolo 2423, comma 3L'art. 2423 C.C., comma 3, afferma che: “Se le informazioni richieste da specifiche disposizioni di legge non sono sufficienti a dare una disposizione veritiera e corretta, si devono fornire tutte le informazioni complementari necessari allo scopo”. L'articolo introduce la c.d. informativa complementare.Articolo 2423, comma 4L'art. 2423 C.C., comma 4, afferma che: “Se, in casi eccezionali, l'applicazione di una disposizione degli articoli seguenti è incompatibile con la rappresentazione veritiera e corretta, la disposizione non deve essere applicata”. L'articolo introduce la c.d. deroga obbligatoria, ovvero la possibilità, qualora l'applicazione di principi, criteri e prassi contabile sia incompatibile con la clausola generale di bilancio (ex art. 2423), di derogare a queste disposizioni contrastanti, con sufficiente motivazione espressa in nota integrativa e comprendente una valutazione sull'influenza della deroga sull'ambito patrimoniale, finanziario ed economico dell'impresa.Questo comma recepisce la IV direttiva CEE, che, per l'entrata del Regno Unito, predisponeva la già citata clausola sovraordinata del bilancio (o clausola generale) per agevolare l'armonizzazione con il diritto britannico basato sul sistema di “common law”. Nella realtà italiana, il “caso eccezionale” è estremamente raro e in ultima analisi è riferibile solo ad un evento che:

• rappresenti un evento assolutamente anomalo nella natura e nella vita aziendale

• abbia una bassissima possibilità di accadere nuovamente nel medio/lungo termine

• sia rappresentabile, tramite deroga, realmente e marcatamente in maniera migliore rispetto all'applicazione di tutti i suddetti principi, criteri e prassi contabile

Ciò accade essenzialmente in casi-limite, quali il mutamento della natura economica di un bene aziendale immobilizzato, tale da provocare una sua rilevante rivalutazione economica: il passaggio di un terreno da agricolo a edificabile, lo scoperta di un giacimento in un terreno, riapertura di miniera o cava già ammortizzata, ecc.Viene fatto esplicito divieto di utilizzare la deroga per rivalutare i beni a seguito di fenomeni inflattivi (quando

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questi siano tendenzialmente ritenuti “normali” in un'economia con tendenza crescente dei prezzi).Gli utili conseguiti dalle plusvalenze andranno iscritti una riserva specifica del patrimonio netta non distribuibileai soci: i beni rivalutati sono mantenuti a riserva indivisibile fino a loro effettiva realizzazione contabile e finanziaria (liquidazione, fine dell'ammortamento se bene ammortizzabile).Articolo 2423, comma 5L'art. 2423 C.C., comma 5, afferma che: “Il bilancio deve essere redatto in unità di euro, senza cifre decimali, ad eccezione della nota integrativa che può essere redatta in migliaia di euro”. Quest'articolo introduce il principio di omogeneità della moneta di conto. Da ricordare come in contabilità generale (libro giornale e libro mastro), i conti siano tenuti in centesimi di euro. Infine, le cifre di arrotondamento dello SP vanno iscritte in “altre riserve” del patrimonio netto, mentre le cifre di arrotondamento del CE vanno iscritte nei proventi/oneristraordinari.Articolo 2423 bisL'art. 2423 bis introduce i cosiddetti principi di redazione del bilancio, che sono:

• continuità nella gestione: che esprime l'ideale continuità della gestione oltre il termine dell'esercizio (ovviamente la gestione è continua ed è il periodo amministrativo una finzione), concetto su cui si basa l'utilità stessa di ammortamenti, rimanenze, ratei e risconti

• prevalenza della sostanza sulla forma: che esprime come la valutazione delle voci debba essere effettuata tenendo conto della funzione economica dell'elemento. Si può creare così una discrepanza fra la situazione giuridica e la situazione economica, in riferimento in particolare a nuove fattispecie contrattuali (leasing finanziario, lease-back). In Italia il bene in leasing finanziario, essendo comunque destinato (salvo inadempimento nel pagamento dei canoni) al riscatto al termine del contratto, va indicato in nota integrativa, ma non nell'attivo dello stato patrimoniale

• prudenza: uno dei principi-cardine di tutta la normativa civilista di bilancio italiana, secondo cui ogni valutazione va effettuata “secondo prudenza”. In particolare in questo articolo di sottolinea come vadano iscritti esclusivamente gli utili effettivamente realizzati alla chiusura del periodo amministrato, mentre invece debbano essere iscritte non solo le perdite realizzate, ma anche quelle presunte di competenza dell'esercizio

• competenza economica: altro importantissimo principio, che esprime come si debba tener conto di proventi ed oneri (anche presunti) di competenza dell'esercizio, indipendentemente dalla dati dell'incasso o del pagamento (base fondante di ratei e risconti). I ricavi allora vanno considerati solo se il bene/servizio è stato ceduto all'interno dell'esercizio, e ugualmente un costo va considerato solo se di competenza o correlati ai relativi ricavi (es. rimanenze di magazzino)

• separata valutazione di elementi eterogenei: questo principio afferma come elementi eterogenei compresi in singole voci di bilancio debbano essere valutati separatamente

• continuità di applicazione dei criteri valutativi: afferma come i criteri valutativi delle poste del bilancio(esposti nel fondamentale articolo 2426) debbano essere applicati con continuità e coerenza fra esercizi successivi. Il cambiamento dei criteri valutativi (nei pochi spazi concessi dal codice, quindi fondamentalmente per le rimanenze di beni fungibili) può infatti aumentare o diminuire i valori iscritti abilancio. È possibile derogare a questo principio, come affermato al comma successivo, solo in casi eccezionali, con deroga motivata ed esplicata negli effetti economici, finanziari e patrimoniali in nota integrativa (utili da plusvalenze a riserva non distribuibile)

Altri principi di bilancioSi ricavano altri principi per la compilazione del bilancio dalla lettura degli articoli seguenti al 2423 bis, essi sono:

• divieto di compensazione di partite (2423 ter, 6): per salvaguardare l'informativa di bilancio, con l'esclusione di sconti, abbuoni e resi che, registrati in contabilità, possono essere compensati nelle voci di conto economico

• omogeneità della moneta di conto: già trattato

• principi “impliciti” :

◦ comparabilità valutativa e spaziale: delle voci di bilancio fra esercizi successivi

◦ verificabilità: delle valutazioni

◦ neutralità: del bilancio

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Capitolo 3 – Aspetti formali del bilancioLa IV direttiva CEE del 1991 dava agli Stati membri libertà di scelta su un ventaglio do schemi-tipo di stato patrimoniale e conto economico. L'Italia scelse di legiferare in maniera univoca in favore di uno schema di statopatrimoniale a sezioni contrapposte e di uno schema di conto economico scalare con classificazione delle voci per natura, due schemi molto rigidi.La struttura formale rigida del bilancio, da rispettare e compilare in ogni punto della sua numerazione alfanumerica, è ricavabile dagli articoli:

• stato patrimoniale: art. 2424, schema obbligatorio

• conto economico: art. 2423, schema obbligatorio

• nota integrativa: art. 2427, contenuto minimo obbligatorioLa responsabilità sul contenuto del bilancio grava sugli amministratori, che lo devono sottoscrivere.Stato patrimonialeCome detto, lo stato patrimoniale è organizzato in due sezioni contrapposte (attivo da una parte e passivo dall'altra). Da ricordare come il legislatore ha inteso comprendere le attività patrimoniali sotto la voce “attivo”, ele passività ed il patrimonio netto sotto la voce “passivo”.I criteri in base ai quali sono classificate le voci dello stato patrimoniale sono essenzialmente tre:

• criterio di destinazione (usato solo per A): l'attitudine delle attività a partecipare a uno (attivo circolante) o più cicli operativi (immobilizzazioni)

• criterio dell'origine o natura (sia A che P): le caratteristiche proprie di ogni attività e passività

• criterio finanziario (sia A che P): la capacità delle attività di trasformarsi in moneta mantenendo l'impresa in funzionamento e delle passività di generare uscite monetarie a seconda della loro scadenza

Per quanto riguarda l'attivo, l'articolo 2424bis afferma che “Gli elementi patrimoniali destinati ad essere utilizzati durevolmente devono essere iscritti tra le immobilizzazioni”. Da questo enunciato si comprende come il primo generale criterio per ordinare le voci delle attività, come poi appare evidente nell'articolo precedente, sia quello della destinazione. In effetti, per classificare un'attività, è necessario generalmente procedere come segue:

• criterio classificatorio = destinazione (principale) + natura (integrazione)1. individuare la destinazione della posta, ovvero se appartiene all'attivo circolante o alle

immobilizzazioni2. individuare la natura della posta, sia come classe che come voce (o anche sotto-voce)

• criterio ordinatorio = finanziario◦ criterio finanziario crescente (all'interno di singole voci)

◦ criterio finanziario decrescente (all'interno di singole voci)L'utilizzo del criterio di destinazione crea la conseguenza che alcune nature di attività (partecipazioni, acconti, ecc.) si possano ritrovare, in base alla struttura contenuta nell'art. 2424, sia nella macroclasse B) immobilizzazioni sia nella macroclasse C) attivo circolante.Oltre a questo, ci sono due importanti eccezioni all'utilizzo del criterio di destinazione come primo criterio generale della classificazione delle voci dell'attivo: la macroclasse A) crediti verso soci per versamenti ancora dovuti e la macroclasse D) ratei e risconti. Queste due macroclassi, indicate chiaramente secondo il criterio di natura, hanno ottenuto una valenza autonoma all'interno della sezione dell'attivo per volontà del legislatore, che vuole così sottolinearne una innegabile importanza nei confronti del pubblico lettore del bilancio. In particolare, l'indicazione separata dei crediti verso i soci ancora dovuti permette un rapido calcolo del capitale netto effettivamente versato e dunque a garanzia dei terzi creditori della società.Per quanto riguarda il passivo, esso viene invece ordinato in via principale tramite il criterio della natura:

• criterio classificatorio = natura (principale)1. individuare la natura della posta, intesa come provenienza dai soci o dall'impresa (patrimonio

netto), o da terzi creditori o accantonamento (passività)2. individuare la natura della posta, sia come macroclasse che come voce

• criterio ordinatorio = finanziario◦ criterio finanziario crescente (all'interno di singole voci)

◦ criterio finanziario decrescente (all'interno di singole voci)Anche in questo caso una macroclasse, la C) trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato, ha ottenuto una valenza autonoma sempre per volontà del legislatore.

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Per riassumere, una sintesi della struttura dello stato patrimoniale, che comprende le macroclassi e le classi:

Gerarchia dello Stato PatrimonialeLe poste dello stato patrimoniale sono ordinate secondo una precisa gerarchia, e indicate con lettere, numeri romani e numeri arabi:

A) Macroclasse I. Classe

1) Vocea) Sottovoce

Questa struttura gerarchica permette comunque una certa elasticità per quanto riguarda voci e sottovoci, in modo da adeguare l'informativa di bilancio a particolari situazioni dell'impresa. Rimane rigida la struttura inveceper macroclassi e classi, che non sono modificabili né eliminabili dal bilancioLa flessibilità di voci e sottovoci riguarda la possibilità di un'ulteriore divisione di voci e sottovoci od il loro raggruppamento, nonché l'aggiunta di nuove o l'adeguamento nei nomi. Tutto ciò è consentito, in senso restrittivo, purché ciò vada incontro agli obiettivi di bilancio espressi nella clausola generale (chiarezza, veridicità e correttezza). Ogni modifica allo schema-base va motivato adeguatamente in nota integrativa.È importante aggiungere come per ogni voce dello stato patrimoniale e del conto economico debba essere indicato l'importo della voce corrispondente all'esercizio precedente e, se le voci non sono compatibili (perché sono state modificate legittimamente) è necessario procedere ad un adattamento delle voci, da notificare in nota integrativa.Poste rettificative nello Stato PatrimonialeL'articolo 2423ter, comma 6, esprime il già citato divieto di compenso di partite. Questo principio esprime in generale il divieto di compensare le partite, sotto la ratio di non far perdere completezza informativa al lettore del bilancio (che dovrebbe altrimenti recuperare i libri giornali, facendo perdere la funzione schematico-sinteticaal bilancio stesso). Unica compensazione ammessa è quella per resi, sconti, abbuoni e premi, che possono esseredecurtati direttamente dai ricavi o costi relativi in CE.Conto economicoSempre seguendo una sola delle possibilità lasciate aperte dalla IV direttiva CEE, l'Italia scelte per il conto economico una struttura, come detto, di tipo scalare, con classificazione delle voci per natura. In teoria, si può giungere al risultato del reddito netto attraverso varie strade, che riguardano essenzialmente come giungere al cosiddetto reddito operativo:

• con il modello per aree funzionali (o a costo del venduto): divide i costi per aree funzionali operative, ottenendo dalla differenza fra i ricavi e i costi “del venduto”, il margine lordo industriale (la capacità dell'azienda si coprire con i ricavi monetari i costi monetari, “stato di salute” dell'azienda), quindi sottraendo i costi per aree funzionali (distribuzione, amministrazione e R&S) per ottenere il reddito operativo

• con il modello a valore aggiunto (o per natura): dal valore della produzione (ricavi+costi capitalizzati) sottrae i cosiddetti costi per i beni/servizi esterni ottenendo il valore aggiunto operativo, dal quale sottraendo i costi del personale si ottiene il MOL, e togliendo ammortamenti e accantonamenti si arriva

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a ottenere il reddito operativoDal reddito operativo, poi, si ottengono le altre figure di reddito secondo una divisione per aree gestionali (gestione finanziaria, gestione straordinaria, gestione tributaria) fino ad ottenere il reddito netto.Questo discorso assume importanza per un confronto nel merito alla struttura del Conto Economico, che invece si struttura (solo per le classi) in questo modo (colonna a sinistra), ex art. 2425 C.C.:

Questo schema di confronto vuole mostrare come il legislatore abbia strutturato il Conto Economico in maniera diversa da come lo indicherebbe una suddivisione per aree gestionali. Innanzitutto il CE inserisce all'interno delle classi A) e B) i ricavi e i costi accessori, che funzionalmente apparterrebbero alla cosiddetta gestione accessoria (compresa nella gestione ordinaria= gestione operativa+gestione accessoria+gestione finanziaria) ovvero quella quella gestione di costi o ricavi regolari nella vita dell'impresa ma comunque estranei all'attività tipica (affitti per locali, spese ordinarie di manutenzione, ecc.) Quindi c'è un primo leggero “inquinamento” del risultato operativo, che è certamente un punto che risulta interessante per il lettore di bilancio, che così invece deve ricostruire un valore più attendibile dalla nota integrativa. Oltre a ciò, le due principali classi A) e B) accolgono anche una parte di quei proventi ed oneri straordinari che, funzionalmente, verrebbero classificate come “gestione straordinaria”. Infatti, una relazione ministeriale ha stabilito che possano essere iscritti nella classe E) solo proventi ed oneri “estranei all'attività usuale dell'azienda”, dunque con una definizione di straordinarietà molto più restrittiva, che esclude ad esempio un'alienazione “usuale” di un'immobilizzazione con valore residuo al termine della sua vita utile, per obsolescenza. Nella classe E) andranno allora inseriti solo proventi ed oneri per eventi straordinari nella vita dell'impresa (riconversioni produttive, ecc.) Ancora una volta il risultato operativo risulta falsato.Per quanto riguarda la gerarchia all'interno della struttura del CE, sono assenti le macroclassi, e la classificazione inizia dalle cinque classi, indicate con lettera maiuscola. Due voci, la A5 (“altri ricavi e proventi”) e la B14 (“oneri diversi di gestione”) sono indicate informalmente come i “cestini dei rifiuti del CE”, perché accolgono quei ricavi e quei costi di difficile classificazione ma, come affermato, di non “straordinarietà”, almeno nella formulazione della nota ministeriale.

Capitolo 4 – Le valutazioni civilistiche e fiscaliI criteri di valutazione si evincono dall'articolo 2426 del Codice Civile, un lungo articolo che individua tutti le modalità per valutare gli elementi dell'attivo dello Stato Patrimoniale. Questo perché la valutazione di alcuni elementi delle attività è pesantemente soggetta a valutazioni soggettive, mentre le passività sono tutte poste dal marcato carattere monetario, difficilmente valutabili in maniere non univoche.I principali criteri di valutazione delle attività sono:

• criterio del costo storico: è il criterio-base dello SP

• criterio del valore di presunto realizzo: da utilizzare se dà luogo a valori minori del costo storico

• criterio del valore di presumibile realizzazione: utilizzato solo per i crediti commerciali

• criteri alternativi: per alcune specifiche poste di bilancioIl criterio del costo storico è caratterizzato da:

• certezza dell'oggetto

• oggettività della valutazione (fattura d'acquisto)

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• neutralità della valutazione (rispetto a tutti gli stakeholders)

• rispetto del principio di prudenza ex art. 2423

• semplicitàL'art.2426 afferma come “le immobilizzazioni sono iscritte al costo d'acquisto o produzione”. Ciò introduce la prima importante ramificazione del concetto di costo storico:

• costo d'acquisto: il costo sostenuto per l'acquisto di un'immobilizzazione da terzi. Il Codice obbliga a computare all'interno del costo d'acquisto gli oneri accessori (imballaggi, costi di montaggio, ecc.) e permette di includere anche gli oneri finanziari specifici, relativi a finanziamenti accessi per la specificafabbricazione dell'immobilizzazione. Tali costi sono così capitalizzati al valore d'acquisto. In sintesi allora: costo d'acquisto=prezzo d'acquisto+oneri accessori+oneri finanziari specifici (facoltativo)

• costo di produzione: il costo sostenuto per la produzione in economia di un'immobilizzazione, compresi i prodotti finiti ed i semilavorati interni che confluiscono nelle rimanenze di magazzino. Nel Codice il costo di produzione si desume appartenere alla configurazione di costo detta costo primo, ovvero tutti i costi diretti imputabili ad un prodotto. È permesso computare all'interno del costo di produzione i costi indiretti per la quota imputabile al prodotto (la configurazione diventa così quella di costo industriale), così come gli oneri finanziari specifici. In sintesi allora: costo di produzione = costi diretti industriali + costi indiretti indiretti industriali (facoltativo) + oneri finanziari specifici (facoltativo)

Brevemente, il criterio del valore di presunto realizzo si basa sul confronto fra il valore d'uso, ovvero la sommatoria dei flussi di cassa attualizzati per un periodo futuro provenienti da un certa attività, ed il valore di mercato, quando possibile, e sulla successiva scelta del valore più alto fra i due.Il criterio del valore di presumibile realizzazione riguarda l'iscrizione dei crediti commerciali, valutati a seconda della solvibilità del debitore.Per quanto riguarda la disciplina fiscale, l'art. 110 del TUIR non si discosta dai criteri di valutazione previsti dal Codice.Si ricorda che le rimanenze di magazzino si valutano al minore fra il costo storico ed il presumibile valore di realizzo desumibile dall'andamento del mercato. I beni fungibili, quando non sia possibile rintracciare il costo d'acquisto di ognuno, sono stimati secondo i metodi del costo medio ponderato, LIFO, FIFO.Criteri valutativi negli IASB/IFSRIl framework IASB indica i seguenti criteri di valutazione da adottare nei bilanci secondo i principi contabili internazionali:

• costo storico

• fair value (costo equo): il corrispettivo al quale al quale un bene può essere scambiato fra parti consapevoli e disponibili, in operazioni fra terzi

• costo di sostituzione: ammontare di risorse finanziarie che dovrebbero essere pagate in un dato momento per l'acquisto di un bene simile o equivalente

• valore di mercato

• valore netto realizzabile: risorse finanziarie ottenibili dalla vendita

• valore attuale: il valore attualizzato dei flussi di cassa che l'attività genererà in condizioni normali (valore d'uso)

Mentre il costo storico causa una fisiologica saturazione al capitale dell'impresa (reddito prudenziale), il criterio del fair value è orientato al mercato, agli investitori potenziali, è dà una valutazione prospettica del capitale, poiché aggiorna costantemente ai valori di mercato le attività. L'attenuazione del principio di prudenza nei principi contabili internazionali causa principalmente una maggiore volatilità dei valori iscritti in bilancio, la necessità di separare il reddito prodotto (magari nemmeno conseguito) dal reddito effettivamente distribuibile per non annacquare il capitale, e generalmente un rischio diffuso legato ad improvvise perdite di valori dei beni inscritti.

Capitolo 5 – Le immobilizzazioni materiali ed il loro valore di iscrizioneLe immobilizzazioni materiali, sempre secondo l'articolo 2426, sono iscritte al costo d'acquisto o di produzione, e successivamente ammortizzate. Nello SP risulta allora il cosiddetto valore netto contabile dell'immobilizzazione, differenza fra il valore di iscrizione al costo storico e l'ammontare del relativo fondo ammortamento. L'informativa non viene persa all'interno del fascicolo di bilancio, perché compare in NI integrativa con l'indicazione del valore originario di cui si è iniziato l'ammortamento e l'ammontare del fondo ammortamento. La relazione ministeriale prevede la possibilità di inserire entrambi i valori direttamente nello SP, in un'apposita colonna interna della voce relativa all'immobilizzazione.

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Ritornando sulla struttura del costo d'acquisto, ci soffermiamo sulle caratteristiche degli oneri finanziari specifici capitalizzabili. Essi devono provenire da capitali specificatamente finanziati per l'immobilizzazione ed effettivamente utilizzati, essere interessi maturati durante il periodo di fabbricazione e fino al momento di utilizzo, per un periodo significativo e per un tasso annuo effettivo globale (TAEG).Configurazioni di costo storico (costo di acquisizione)Lo schema seguente riassume tutte le principali configurazioni di costo storico, basate sui tanti modi in cui un'immobilizzazione può entrare nella proprietà di un'impresa:

Costruzioni in economia: OIC 16I principi contabili OIC 16 delimitano con più precisione il caso della costruzione in economia di un'immobilizzazione materiale e la sua iscrizione al costo di produzione. Affermano infatti come sia possibile computare nel costo di produzione le spese generali di fabbricazione (per quota parte) solo se si tratta di produzioni abituali, ovvero l'impresa è solita fare costruzioni in economia. Se invece si tratta di una produzione occasionale non vanno inclusi i costi industriali indiretti. In entrambi i casi, comunque, non possono essere capitalizzati i costi di natura eccezionale (scioperi, eventi naturali, ecc.). Ovviamente, il costo di produzione a cui si iscrive a bilancio l'immobilizzazione non può eccedere il valore di mercato della stessa. In tal caso, prevarrebbe il già citato criterio del valore di presunto realizzo, che subentra all'iscrizione se minore.ConferimentoLe immobilizzazioni possono confluire nell'attivo dello Stato Patrimoniale non solo per acquisto a titolo onerosoo costruzione in economia, ma anche come conferimento dei soci a titolo di capitale sociale. Tale pratica è regolata dagli art. 2343 e 2343 ter del Codice. Innanzitutto, si distingue tra:

• conferimento in forma congiunta: sono conferiti più cespiti come componenti di un complesso aziendalefunzionante

• conferimento in forma disgiunta: sono conferiti uno o più cespiti separatamenteIl procedimento ex art. 2323, da utilizzare per i conferimenti di beni in natura o crediti, si sviluppa come segue:

1. perizia giurata di un esperto nominato dal tribunale che attesti che il valore dei beni o crediti conferiti sia almeno pari al valore che il socio ha indicato

2. approvazione entro 180 gg degli amministratori e, eventualmente, revisione della stima del socio conferente con svalutazione della stessa

3. riduzione capitale sociale, oppure socio conferente può recedere (se valore inferiore di oltre un quinto) riottenendo per quanto possibile il bene conferito o integrare in denaro

Il procedimento ex art. 2323 ter, da utilizzare per i conferimenti di beni in natura o crediti senza una relazione distima giurata, è utilizzabile solo per le seguenti categorie di beni conferiti:

• valori mobiliari negoziati su mercati regolamentati, se conferiti a un valore inferiore al valore sul mercato

• beni in natura o crediti iscritti a fair value in un bilancio approvato da non oltre un anno da un'altra società, purché sottoposto a revisione legale, o iscritti a fair value in un bilancio ancora non approvato ma risultante da valutazione entro sei mesi da parte di esperto indipendente

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PermutaUn'operazione di permuta di immobilizzazioni materiali consiste in uno scambio di fattori produttivi fra aziende,senza che avvenga una corresponsione di prezzo fra di esse. Tale pratica è definita informalmente permuta tradizionale. Quando invece un'azienda corrisponde all'altra una differenza di prezzo, si parla di permuta-compravendita. I principi OIC affermano come, se si tratta di permuta tradizionale, si debba iscrivere la nuova immobilizzazioneal valore contabile netto di quella ceduta, sotto il presupposto logico delle caratteristiche stesse della permuta. Tuttavia, questo è possibile solo se si è trattato di un vero e proprio “scambio” fra fattori produttivi con uguale vita residua, se invece la permuta tradizionale (o totale) assume più le caratteristiche di una compravendita, si iscrive l'immobilizzazione al prezzo di mercato. Nel caso di permuta-compravendita, si iscriverà la nuova immobilizzazione al prezzo di mercato.Acquisto a corpoL'acquisto a corpo è un'operazione di acquisizione simultanea e congiunta di più fattori produttivi per i quali viene riconosciuto un unico prezzo riferito a tutto il complesso. Tuttavia, un corpo può essere composto da beni dalle caratteristiche differenti, e da sottoporre ad ammortamento specifico. Sarà dunque necessario ripartire il valore del corpo per ogni bene che lo compone, ed iscrivere ognuno separatamente, attribuendo un valore peri alla quota parte del prezzo a corpo corrispondente all'incidenza del valore di mercato del bene sul totale del valore a corpo ai prezzi di mercato, ovvero:

VI a=PC∗VM a

∑ VM i

Si ricorda che il risultato non deve essere iscritto in automatico: si deve sempre confrontare con il valore di mercato o il valore d'uso, e iscrivere solo se minore.Acquisto a titolo gratuitoUn acquisto a titolo gratuito è un'operazione in cui si acquisisce un'immobilizzazione verso nessun corrispettivo.Tale immobilizzazione va certamente inserita nell'attivo, e, non potendo usare per ovvie ragioni in criterio del costo storico, essa andrà iscritta al valore di presunto realizzo (valore di mercato o valore d'uso). L'iscrizione, non comportando alcuna uscita monetaria, farà allora sorgere una sopravvenienza attiva da imputare interamentenell'esercizio. I principi OIC16 non permettono di capitalizzare gli eventuali costi accessori (oneri di inserimento, ecc.), ma di stornarli direttamente dalla sopravvenienza. Una volta iscritta in bilancio, si procede all'ammortamento.La rivalutazione delle immobilizzazioni immateriali: conseguenze fiscaliIn alcuni casi, il valore a cui è iscritta un'immobilizzazione a bilancio è profondamente diverso dal valore che essa ha nella realtà. In alcuni casi-limite, dunque, il principio della prudenza perde molta forza in favore del postulato di veridicità. È il caso delle rivalutazioni, che in prima battuta si possono dividere in:

• rivalutazioni economiche: i già citati “casi straordinari” in cui il valore di un'immobilizzazione aumenta sensibilmente in virtù del cambiamento di una sua caratteristica intrinseca

• rivalutazioni monetarie: sono consentite solo con leggi speciali da parte del legislatore, per adeguare i valori iscritti al costo storico in periodi di forte inflazione. L'aumento del valore patrimoniale (entro il valore corrente di mercato) è seguito sì da una plusvalenza, che tuttavia in sede di assestamento viene interamente accantonata in una “riserva di rivalutazione” del patrimonio netto indisponibile. Le quote diammortamento, aumentando il valore del bene, aumentano anch'esse.

Per quanti riguarda le conseguenze fiscali per le rivalutazioni economiche, le plusvalenze da rivalutazione di immobilizzazione non sono tassabili, tuttavia, per compensare la cosa, il Fisco permette la deducibilità delle quote di ammortamento solo al netto delle plusvalenze (l'effetto complessivo è zero, ma spalmato sull'ammortamento). Ancora una volta si nota come civilisticamente venga fatto un ammortamento maggiore, ma, in sede di dichiarazione dei redditi, si debba fare una ripresa in aumento del reddito d'esercizio per calcolarel'imponibile.Le conseguenze fiscali delle rivalutazioni monetarie non si discostano così nettamente: le plusvalenze, anche in questo caso non sono imponibili fiscalmente, e le quote di ammortamento sono interamente deducibili (ma dal secondo esercizio successivo), fermo restando che chi vuole avvalersi della rivalutazione monetaria debba pagare un'imposta sostitutiva una-tantum.

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Capitolo 6 – L'incidenza delle immobilizzazioni materiali sul reddito e sul capitaleSi analizzeranno adesso i principali mutamenti del valore iniziali delle immobilizzazioni materiali, che impatteranno sul risultato reddituale e sul valore del capitale netto: ammortamenti, svalutazioni, manutenzioni e riparazioni, dismissioni.AmmortamentoIl processo di ammortamento trova la sua base giuridica all'articolo 2426, comma 2 del Codice Civile: “il costo di immobilizzazioni materiali e immateriali la cui utilizzazione è limitata nel tempo deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione alla loro residua possibilità di utilizzazione”.L'espressione “limitata nel tempo” indica come dal processo di ammortamento vadano escluse le immobilizzazioni che invece sono caratterizzate da fecondità ripetuta e potenzialmente illimitata come i terreni agricoli. Altra espressione centrale è “sistematicamente”, che indica come l'ammortamento debba essere basata su di un preciso piano di ammortamento, basato su metodi razionali e perseguito con sistematicità, senza interruzioni.Un preciso piano economico-tecnico di ammortamento necessita di:

• valore da ammortizzare: costo storico – valore netto residuo (al momento dell'obsolescenza)

• periodo di ammortamento: corrisponde alla vita utile del bene, determinata da fattori fisici ed economici

• criteri di ripartizione delle quote di ammortamento: devono essere dei criteri individuati razionalmente, e una volta trovati, applicati con continuità:

◦ quote costanti

◦ quote crescenti

◦ quote decrescenti

◦ quote variabiliTuttavia la “sistematicità” prevista dal Codice non sfocia in una “immodificabilità” totale, dal momento che è possibile, con adeguata motivazione in NI, cambiare in corso di ammortamento i criteri utilizzati e i coefficienti applicati, come prevede sempre l'articolo 2426 al secondo comma:

• modifiche ai coefficienti:

◦ costo storico non modificabile (salvo la deroga per i casi eccezionali)

◦ valore finale modificabile

◦ vita utile modificabilePer operare una modifica ai coefficienti di ammortamento si calcola innanzitutto il valore netto contabile risultante dalla differenza fra il costo storico ed il fondo ammortamento dell'immobilizzazione.Successivamente questo valore diventa il nuovo “costo storico” del nuovo ammortamento

• modifiche ai criteri:

◦ si può passare ad esempio dalle quote costanti alle quote crescenti, decrescenti o variabili

◦ è una deroga al principio di costanza della redazione del bilancio, ex 2423bis, 6Component approachNel caso di immobilizzazioni formate da più componenti o accessori che hanno, separatamente, un costo diverso, può accadere che esse abbiano anche una diversa vita utile, e dunque un più o meno lungo periodo di ammortamento. Il “component approach” è allora l'approccio che risolve questo problema: l'ammortamento di un'immobilizzazione formata da più componenti e/o accessori si attua ammortizzando il valore delle componenticon vita utile autonoma in maniera separata, con indicazione in NI, mentre in bilancio rimane il valore netto contabile dell'intero complesso.Ammortamento e contributiL'impresa può ricevere, durante l'esercizio e da enti o istituzioni pubbliche, dei contributi alla sua attività, che generalmente si possono classificare in tre categorie:

• contributi a conto esercizio: contributi erogati a integrazione di ricavi o copertura di costi, sono considerati ricavi dell'esercizio sia in senso civilistico che fiscale, confluiscono in CE A5 “altri ricavi o proventi”

• contributi a conto impianti: contributi erogati per la specifica finalità di ampliare/potenziare/acquistare un'immobilizzazione, sono considerati civilisticamente e fiscalmente come ricavi dell'esercizio che concorrono a formare il reddito “seguendo” l'ammortamento, come diretta diminuzione delle quote di ammortamento o altri ricavi o proventi dell'esercizio

• contributi a conto capitale: contributi erogati a generico finanziamento delle imprese, senza finalità

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specifiche, sono considerati civilisticamente proventi straordinari da inserire interamente nel CE dell'esercizio, mentre fiscalmente sono considerati sopravvenienze attive, tuttavia, non concorrono interamente all'imponibile dell'esercizio, ma vengono “spalmati” per quattro esercizi successivi

Ammortamento civilistico e ammortamento fiscaleL'annosa questione del “doppio binario” fra la normativa civilistica e la normativa fiscale, come profonda diversità degli obiettivi perseguiti, porta ad una differenza importante sul piano dell'ammortamento di un'immobilizzazione rispetto a come lo definisce il Codice Civile e a come lo definisce il TUIR. Il fisco ha il chiaro obiettivo di massimizzare il gettito fiscale tramite più alte basi imponibili, mentre la normativa civile mira ad una rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale dell'impresa.La disciplina dell'ammortamento nell'ottica fiscale è racchiusa all'interno dell'art. 122 del TUIR:

• le quote di ammortamento dei beni materiali strumentali sono deducibili

• la deduzione è ammessa in misura non superiore a quella risultante dall'applicazione al costo dei beni dei coefficienti stabiliti con decreto ministeriale, che fissa tabelle con coefficienti percentuali per ogni categoria merceologica di bene ammortizzabile, con le massime aliquote deducibili (“coefficiente d'ammortamento fiscalmente deducibile”)

• nel primo esercizio di ammortamento, i coefficienti sono ridotti della metà

• se il bene ha un valore “irrisorio”, meno di 516,46€ (1 mln di lire), si ammortizza tutto nell'esercizio (ammortamento immediato)

• si può portare in deduzione il valore residuo dell'immobilizzazione, così come il valore netto contabile se si dismette un'immobilizzazione non completamente ammortizzata

• fino al 2008 si potevano ammortizzare i beni con ammortamento anticipato, ovvero fino al doppio dell'aliquota fiscalmente deducibile, con una reale doppia deduzione (i vantaggi fiscali erano seguiti da una pesante saturazione dei bilanci)

Il redattore del bilancio può scegliere se civilisticamente seguire un ammortamento che segua il corrispondente fiscale, oppure effettuare un ammortamento civilistico minore o maggiore. Nel primo caso, si avrà un bilancio leggermente annacquato, con valori netti contabili più alti, e comunque, applicando un aliquota minore rispetto alla massima aliquota fiscalmente deducibile, si pagheranno più imposte per la maggior base imponibile. Se invece si decide di fare un ammortamento civilistico maggiore dell'ammortamento fiscale, si saturerà il capitale, e comunque il fisco non permetterà di dedurre di più dell'aliquota di ammortamento fiscale.SvalutazioniSecondo caso di mutamento del valore iniziale di un'immobilizzazione è la sua svalutazione, operata quando allafine dell'esercizio risulti “durevolmente di valore inferiore” a quello iscritto a bilancio, come esprime l'art. 2426, terzo comma. Il Codice esprime il dovere di rettificare il valore, ed ugualmente l'obbligo di non mantenerequesto valore svalutato negli esercizi successivi se venuta meno la causa che ha provocato la perdita durevole di valore.La valutazione di deterioramento di un'immobilizzazione è effettuata attraverso il cosiddetto impairment test, operato nel modo seguente. Si confronta il valore iscritto a bilancio (valore netto contabile, dunque al netto del fondo di ammortamento relativo) con il valore residuo (maggiore fra il valore di mercato se bene alienabile e il valore d'uso se bene è impiegato). Se accade che:VNC>VR , si svaluta l'immobilizzazione della differenza.La svalutazione non può essere portata in deduzione, ciò comporta in sede di dichiarazione una ripresa in aumento del reddito civilistico. Tuttavia, si può continuare a portare in deduzione l'intera aliquota di ammortamento fiscalmente deducibile (come se non fosse successo niente), o altrimenti la minore aliquota di ammortamento civilistico. In un certo senso, dal momento della svalutazione, ammortamento civilistico e fiscaleprendono due strade nettamente separate, con il primo che far riferimento al nuovo valore svalutato da ammortizzare, mentre il secondo continuerà a fare riferimento al valore originario non svalutato.Come detto, se viene meno il motivo della svalutazione duratura la legge impone il cosiddetto ripristino in valore del bene, che, nota bene, non è una rivalutazione, ma semplicemente una ripresa del valore netto contabile “originario”, ovvero come sarebbe stato se non si fosse verificata una svalutazione, sottoposta a questotetto massimo. Se venisse stimato un valore d'uso o valore di mercato minore del valore netto contabile originario, si ripristinerebbe a questo minor valore, sempre secondo il principio della prudenza. Il ripristino in valore è un ricavo che confluisce in A.5 “altri ricavi”.Manutenzioni e riparazioniTerza fattispecie di mutamento di valore iniziale, le manutenzioni e le riparazioni si devono distinguere inizialmente in:

• manutenzioni ordinarie: sono costi dell'esercizio, non aumentano il valore dell'immobilizzazione, non aumentano il livello produttivo se macchinario/impianto/ecc, semplicemente sono necessarie al suo

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normale funzionamento

• manutenzioni straordinarie: sono capitalizzabili al valore dell'immobilizzazione, perché ne aumentano ilvalore ed il livello produttivo

I costi per manutenzioni straordinarie sono capitalizzabili iscrivendo un ricavo in A.4 “incrementi di immobilizzazioni per lavori interni” se la manutenzione straordinaria è fatta in economia, oppure se apportate dall'esterno (commissionate), si fa transitare il costo in CE e poi si storna totalmente capitalizzando il costo.Il Fisco non compie una distinzione fra manutenzioni ordinarie e straordinarie, ma fra:

• capitalizzabili: interamente deducibili (nel senso che le quote di ammortamento maggiori risultanti dall'aver capitalizzato i costi al valore dell'immobilizzazione sono interamente deducibili)

• non capitalizzabili: deducibili nel limite di un plafond del 5% del costo dei beni materiali ammortizzabili, l'eccedente è ammortizzato (rateizzato, si sta parlando di un debito verso il fisco) come deduzione in quote costanti nei 5 esercizi successivi

DismissioniQuarto ed ultimo caso di mutamento del valore iniziale di un'immobilizzazione, riguarda essenzialmente le dismissioni di immobilizzazioni non completamente ammortizzate, che può avvenire tramite:

• eliminazione senza alcun realizzo: civilisticamente si verifica una svalutazione per l'intero importo pari al valore netto contabile rimanente (costo), che però fiscalmente è interamente deducibile (deroga a ciò che si è visto trattando le svalutazioni “comuni”)

• cessione a titolo oneroso: scattano plusvalenze e minusvalenze che possono avere caratteristiche:

◦ ordinarie all'interno dell'attività produttiva: ricambio fisiologico di cespiti, allora plusvalenze passano da A.5 “altri ricavi e proventi” e minusvalenze da B.14 “oneri diversi di gestione”

◦ straordinarie (“estranee all'attività usuale dell'azienda”): cessione di immobili civili o altri beni non strumentali o beni strumentali in situazioni straordinarie (es. riconversione industriale), allora plusvalenze passano da E.20 “proventi con separata indicazione delle plusvalenze da alienazione” e minusvalenze da E.21 “oneri con separata indicazione delle minusvalenze da alienazione”

Per quanto riguarda la disciplina fiscale, ovvia premessa è che se la cessione di immobilizzazioni a titolo oneroso è la attività tipica dell'impresa, le plusvalenze concorrono interamente all'imponibile come ricavi dell'esercizio.Se invece la cessione riguarda un bene produttivo/strumentale che appartiene all'azienda (che normalmente non dismette beni produttivi ovviamente), il TUIR articolo 86 afferma come le plusvalenze/minusvalenze debbano concorrere all'imponibile se si verifica anche uno solo dei seguenti casi:

• plusvalenze:

◦ realizzate a titolo oneroso

◦ realizzate mediante il risarcimento, anche assicurativo, per la perdita o danneggiamento di beni

◦ i beni sono destinati all'uso personale dei soci o comunque per finalità estranee all'impresaChiaramente si tratta di fattispecie molto comuni, le plusvalenze concorrono all'imponibile interamente nell'esercizio di competenze, oppure, se il bene alienato era posseduto da almeno 3 anni, è possibile chiedere una rateizzazione della quota che concorre a imponibile fino al quarto esercizio successivo

• minusvalenze:

◦ realizzate a titolo oneroso

◦ realizzate mediante il risarcimento, anche assicurativo, per la perdita o danneggiamento di beniLe minusvalenze concorrono all'imponibile, abbattendolo, interamente nell'esercizio di competenza

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Capitolo 7 – Le immobilizzazioni immaterialiCome le immobilizzazioni materiali avano una loro precisa voce di iscrizione nello Stato Patrimoniale (B.II), così le immobilizzazioni immateriali sono classificate alla classe B.I. All'interno di questa classe si distinguono:

• oneri pluriennali: gli oneri valutati come danti utilità su più esercizi (voci 1 “costi di impianto e di ampliamento” e 2 “costi di ricerca, sviluppo e pubblicità”)

• beni immateriali (“veri e propri”) : (voci 3 “diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere di ingegno” e 4 “concessioni, licenze, marchi e diritti simili”)

• avviamento

• immobilizzazioni in corso e accontiOneri pluriennaliGli oneri pluriennali, costi di impianto e ampliamento e di R&S e pubblicità, sono disciplinati dall'articolo 2426 comma 5, che afferma come:

• debbano avere certa utilità pluriennale

• debbano essere iscritti all'attivo (capitalizzandoli) solo con il consenso del collegio sindacale

• devono essere ammortizzati entro un periodo non superiore a cinque anni

• la distribuzione di dividendi diviene assoggettata alla presenza di riserve disponibili che coprano l'importo ancora non ammortizzato degli oneri pluriennali, per evitare annacquamento di capitale distribuendo reddito non prodotto. Ovviamente se gli oneri sono completamente ammortizzati, scomparendo dal bilancio, il problema non si pone

Tornando sulle tipologie di oneri pluriennali, essi sono:

• costi di impianto: i costi legati dalla costituzione giuridica della società, e tutti gli altri costi legati all'inizio dell'attività a livello legale

• costi di ampliamento: i costi successivi di tipo legale-giuridico (modifiche statuto, aumento di capitale, ecc.)

• costi di ricerca e sviluppo: non si può capitalizzare la ricerca di base ma solo la ricerca applicata e lo sviluppo di processi/prodotto (deve sussistere una chiara realizzabilità del progetto e la possibilità di un ritorno dei costi). L'ammortamento, come prescrive il Codice, è effettuato massimo per 5 anni a quote costanti o crescenti, e sono ammortizzabili: stipendi, costi macchinari/servizi o comunque tutto ciò che ècollegato alla R&S nella quota imputabile (oneri indiretti)

• costi di pubblicità: ammortizzabili sempre per un massimo di 5 anni solo se avranno un durevole effetto di ricordo sul pubblico (es. campagne pubblicitarie particolari per il lancio di un prodotto sul mercato)

Beni immateriali immobilizzati “veri e propri”Per le immobilizzazioni immateriali il Codice Civile prevede, sempre ex 2426 comma primo e secondo, uguali modalità di iscrizione e ammortamento rispetto a quelle materiali (senza consenso collegio sindacale, che serve per la decisione di capitalizzazione di oneri pluriennali). Ugualmente, c'è completa libertà nella distribuzione di dividendi.Le tipologie di immobilizzazioni immateriali, come visto, sono:

• brevetti: rappresentano il titolo giuridico per godere di un monopolio di produzione e utilizzo commerciale di un certo prodotto/processo produttivo/ecc per 20 anni. Un brevetto è iscritto seguendo leregole generali per le immobilizzazioni, ovvero se acquistato a titolo oneroso è iscritto al costo, mentre se “autoprodotto” è iscritto al costo di produzione (con la stessa computazione dei costi come visto per la R&S). Deve avere la potenzialità di un'utilità pluriennale, e viene ammortizzato in base alla vita utile a quote costanti o decrescenti

• diritti di utilizzazione delle opere di ingegno: rappresentano il titolo giuridico per godere del monopolio dei proventi derivanti dall'utilizzo di opere scientifiche o artistiche di qualsiasi genere fino a 70 anni dopo la morte dell'autore. È iscritto sempre al costo d'acquisto o produzione, deve avere un'utilità pluriennale, e viene ammortizzato in base alla vita utile (ma la prassi raccomanda la brevità)

• concessioni o licenze: vari diritti di sfruttamento di beni (concessioni) e autorizzazioni a svolgere una specifica attività (licenze). Sono iscritte al costo d'acquisto (non possono essere certo autoprodotte), e ammortizzate in base alla durata/residua possibilità di utilizzazione

• marchi: si possono iscrivere solo i marchi acquistati a titolo oneroso, mentre i marchi cosiddetti “interni”, autoprodotti, possono essere iscritti unicamente come costi esterni per la generazione del marchio. Ammortamento massimo in 20 anni

• altri diritti : diritti di franchising, iscrizione al costo d'acquisto, o segni distintivi dell'impresa diversi dal

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marchio, costo d'acquisto o produzione ma solo come costi esterni. Ammortamento in base alla vita utileAvviamentoL'avviamento è il maggior valore che un'azienda acquirente dovrebbe pagare ai soci dell'azienda rilevata rispettoal suo capitale netto rivalutato all'atto dell'acquisto. L'avviamento ha alcuni caratteri che lo avvicinano agli oneripluriennali, come quello di non avere un valore di mercato indipendentemente dall'azienda che lo ha prodotto, e ai beni immateriali, come l'utilità futura che è la premessa della sua stessa esistenza (si paga di più perché l'azienda è “avviata”, ha la sua clientela, è inserita nel tessuto commerciale, ecc.). Si deve ricordare che il Codice vieta espressamente l'iscrizione dell'avviamento internamente generato. È possibile invece iscrivere l'avviamento acquistato a titolo oneroso, solo dietro il consenso del collegio sindacale e con un ammortamento massimo in 5 anni o, se previsto maggiore, si può giustificare un tempo ulteriore in NI. Disciplina fiscale per i beni immaterialiLa disciplina fiscale per i beni immateriali non pone numerosi problemi, ed è la seguente (per le poste più importanti):

• costi impianto e ampliamento: deducibilità integrale delle quote di ammortamento

• costi di R&S: deducibilità integrale delle quote di ammortamento in 5 esercizi

• costi di pubblicità: deducibilità integrale delle quote di ammortamento in 5 esercizi

• avviamento: deducibilità integrale delle quote di ammortamento purché non superiori a 1/18 del valore dell'avviamento

Capitolo 8 – Le immobilizzazioni finanziarieLe immobilizzazioni finanziarie occupano la classe B.III dello Stato Patrimoniale. Tuttavia, le stesse tipologie diattività finanziarie tipiche che possono risultare immobilizzazioni secondo il principio di destinazione, possono anche essere presenti nella macroclasse C dell'attivo circolante, se destinati a produrre utilità entro il ciclo operativo successivo. Partecipazioni azionarieLa prima importante voce della B.III riunisce le partecipazioni azionarie in imprese:

• controllate: (ex 2359) quando:

◦ si detiene il 50%+1 del capitale sociale con diritto di voto, ovvero la maggioranza assoluta dei voti in assemblea (controllo legale o di diritto)

◦ si detiene una quota minore ma si possiede comunque la maggioranza relativa dei voti (controllo di fatto)

◦ si esercita un controllo per via contrattuale (patti parasociali)

◦ si esercita comunque un'influenza dominante, nomina della maggioranza dei componenti del cda

◦ si esercita un controllo indiretto tramite altra controllata (il controllo indiretto si assume alla totalità della partecipazione della controllata alla terza controllata indiretta)

• collegate: (ex 2359) quando:

◦ si detiene almeno il 20% del capitale sociale con diritto di voto se impresa non quotata

◦ si detiene almeno il 10% del capitale sociale con diritto di voto se impresa quotata

◦ si esercita comunque un'influenza notevole, con la nomina di alcuni componenti del cdaL'articolo 2424 bis afferma poi come le partecipazioni in imprese controllate o collegate secondo i suddetti criteri “si presumono immobilizzazioni”. Cosa accade nel caso della partecipazione in controllanti? È un caso, possibile, in cui una controllata detiene capitale di rischio della controllante. Il problema che sorge è l'annacquamento del capitale, il Codice allora ponealcuni limiti:

• garanzia patrimoniale: iscrizione di una riserva indisponibile, finanziata da utili non distribuiti, pari al valore al costo d'acquisto delle azioni della controllante

• tetto relativo: è per definizione della garanzia patrimoniale pari alla quota di utili che l'impresa può non distribuibile e accantonare a riserva indisponibile

• tetto assoluto: pari al 20% del capitale sociale della controllante se quotata (nessun tetto assoluto se controllante non quotata)

• privazione del diritto di voto della controllata nell'assemblea dei soci della controllanteLa ratio di questi limiti, espressi dall'articolo 2359 bis del Codice, è quella di tutelate la stabilità delle garanzie patrimoniali di entrambe, controllante e controllata, verso i terzi affidatari.Tipologia di partecipazione a sé è quella delle azioni proprie, ovvero la detenzione da parte dell'impresa delle

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sue stesse azioni, come persona giuridica. L'acquisto di azioni proprie, si comprende, crea un “cortocircuito” giuridico ed economico nel sistema del finanziamento a titolo di capitale di rischio, perché le azioni proprie diventano vero e proprio capitale “fittizio”. Un'impresa potrebbe ritenere conveniente comprare sul mercato flottante delle proprie azioni per sostenerne il prezzo, o accrescere uno specifico indice, oppure ridurre il capitale sociale o liquidare un azionista, oppure ancora per distribuire le azioni in stock option ai dipendenti.Il Codice comunque pone degli importanti limiti all'acquisto del proprio flottante sul mercato azionario, sempre a tutela dei terzi affidatari, quali:

• tetto assoluto pari al 10% del capitale sociale in valore nominale

• creazione di una riserva indisponibile pari al valore delle proprie azioni, utilizzando riserve disponibili outili non distribuiti (ciò sempre per evitare l'annacquamento del capitale)

• perdita del diritto di voto in assemblea e del diritto al ricevere dividendiValutazione delle immobilizzazioni finanziariePer la valutazione delle immobilizzazioni finanziarie si seguono due metodi:

• criterio del costo storico (costo d'acquisto o costo di sottoscrizione)

• criterio del patrimonio nettoNon esiste ovviamente un “costo di produzione” per le immobilizzazioni finanziarie. Gli oneri accessori capitalizzabili al costo storico sono le eventuali commissioni di intermediazione finanziaria, le imposte di bollo se previste, ecc. I titoli, sempre valutati al costo storico, si valutano a “corso secco”, ovvero senza computare gli interessi che stiano eventualmente maturando (cedole o altri interessi).Svalutazione delle immobilizzazioni finanziarieLa disciplina della svalutazione richiama quella generale, con la differenza che la svalutazione in questo caso è una scelta soggettiva degli amministratori, una volta che si verifichino alcune cause previste dal Codice.Infatti, a seconda della tipologia di immobilizzazione finanziaria, si opera nel seguente modo:

• partecipazioni: svalutabili su perdite durevoli di valore della partecipata (possibilità, non obbligo), con riferimento alla situazione economica. La decisione intorno alla svalutazione è lasciata agli amministratori, che potrebbero decidere di non effettuarla se dovessero ritenere che la partecipata ha un buon avviamento aziendale, oppure plusvalenze latenti (utili presunti). La svalutazione è effettuata fino al tetto massimo della percentuale della variazione in perdita del patrimonio netto contabile più l'eventuale sovrapprezzo

• titoli quotati: svalutabili quando il corso borsistico è notevolmente e durevolmente inferiore al costo d'acquisto. La svalutazione è effettuata fino al tetto massimo del presumibile valore di realizzo

• titoli non quotati: svalutabili in riferimento al rischio d'insolvenza dell'emittente. La svalutazione è effettuata fino al tetto massimo del presumibile valore di realizzo

Ripristino di valoreCome per le immobilizzazioni materiali svalutate, il ripristino di valore , totale o parziale, è possibile quando vengano meno le condizioni che il Codice prevede come cause danti la facoltà agli amministratori di svalutare. Il ripristino avviene fino al tetto del valore iniziale di iscrizione.Criterio del Patrimonio NettoSi introduce ora il criterio di valutazione ed iscrizione delle immobilizzazioni finanziarie alternativo al criterio del costo storico. Esso è descritto dall'articolo 2426, punto quarto, che afferma come le immobilizzazioni consistenti in partecipazioni in imprese collegate o controllate possano essere valutate, in alternativa al criterio del costo, per un importo pari alla corrispondente frazione del patrimonio netto risultate dall'ultimo bilancio approvato, detratti i dividendi. La ragione per l'applicazione del criterio del patrimonio netto al posto del criteriodel costo è molto semplice: è un criterio meno prudenziale che dà una rappresentazione più realistica del valore delle partecipazioni, specie se è passato tempo dall'acquisizione ed è aumentata in maniera sensibile la capitalizzazione della partecipata.Il metodo del patrimonio netto funzione rispettando alcuni criteri:

• si può anche iscrivere il “maggior costo” (non sovrapprezzo! Sovrapprezzo= valore d'acquisto-valore nominale) pagato rispetto al valore della percentuale di PN posseduto, purché si dia indicazione di ciò inNI

• tuttavia, tale maggior costo (dovuto alla presenza di avviamento) va ammortizzato in 5 anni, svalutando l'intera partecipazione, che alla fine dei 5 anni (fermo restando il valore della percentuale del PN della partecipata posseduta) tornerà ad “allinearsi” al valore netto stabilito appunto con il criterio del PN

• il principio della “anticipazione delle perdite” consiglia poi, se tale “differenza” è dovuta oltre che alla presenza di un avviamento interno alla partecipata anche all'aver fatto un “cattivo affare” (si è pagato

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troppo per quanto realmente valeva), di svalutare immediatamente la quota che si considera di “cattivo affare” nell'esercizio

• se invece accade che si vuole adottare il metodo del PN, ma il costo d'acquisto è inferiore alla percentuale di PN, allora:

◦ si può aver fatto un buon affare (e in tal caso si può rivalutare la partecipazione a riserva indisponibile per rivalutazione di partecipazione fino al tetto della percentuale)

◦ si può aver avuto uno “sconto” per un disavviamento, allora si iscrive al costo d'acquisto senza utilizzare il metodo del PN, aspettando le perdite che dovessero adeguare la percentuale di PN al prezzo pagato, e solo a quel punto “agganciarsi” a questo valore, e svalutare (se la partecipata continua ad andare male) o rivalutare (se la partecipata si riprende)

Ma nella pratica, come far “agganciare” questo valore alle poste in bilancio? Se, utilizzando il metodo del PN e osservando l'ultimo bilancio della partecipata, si osserva che essa ha chiuso l'esercizio in perdita, con una diminuzione del patrimonio netto, allora le relative azioni sono svalutate per un valore economico che il Codice tratta come minusvalenze di competenza (costo), per il solito principio di “anticipazione delle perdite presunte”.Se invece si osserva che la partecipata ha conseguito degli utili che non sono stati distribuiti interamente (se sono stati distribuiti dividenti essi vanno detratti!), allora le relative azioni sono rivalutate per un valore economico che il Codice tratta come plusvalenze non di competenza (perché non realizzate), per il solito principio di “non anticipazione degli utili presunti”, e dunque alla rivalutazione si fa seguire un'iscrizione a riserva non distribuibile.I principi contabili OIC 21 specificano meglio come procedere alla rivalutazione delle partecipazioni valutate secondo il metodo del patrimonio netto:

• con metodo integrale “benchmark”: è il metodo “benchmark”, di riferimento, per l'OIC, in cui la rivalutazione delle partecipazioni è effettuata facendo passare la rivalutazione come provento dell'esercizio. Nell'esercizio successivo, in sede di approvazione del bilancio dell'esercizio precedente e di scelta di distribuzione degli utili, gli amministratori preventivamente iscriveranno la quota di utile pari alle plusvalenze da rivalutazione in una riserva indisponibile. Se poi la controllata distribuisce dividendi, allora la controllante:

◦ da una parte, svaluta la partecipazione (se la controllata distribuisce dividendi cala il suo PN) ma senza iscrivere un costo, ma un credito

◦ dall'altra, quando avviene l'effettivo regolamento, oltre a registrare un flusso di liquidità in entrata “storna” la riserva indisponibile di un importo che iscrive a riserva disponibile, che diventa la quota di “ricavo” per la rivalutazione, commisurata alla corresponsione di dividendi

• con metodo solo patrimoniale “allowed”: il secondo metodo è il metodo “solo patrimoniale” permesso dall'OIC, dove la rivalutazione delle partecipazioni non transita dal CE. Essa avviene direttamente con la scrittura “partecipazioni azionarie” a “riserva indisponibile”. Se poi la controllata distribuisce dividendi, allora la controllante:

◦ da una parte, iscrive un credito ed iscrive un provento da partecipazioni (dividendo)

◦ dall'altra, quando avviene l'effettivo regolamento, oltre a registrare un flusso di liquidità in entrata “storna” la riserva indisponibile della quota di dividendo corrisposto, e dello stesso valore svaluta lapartecipazione (se la controllata distribuisce dividendi cala il suo PN)

Capitolo 9 – Le rimanenze di magazzino e i valori in corso su ordinazioniRimanenze: Codice CivileLe rimanenze di magazzino (materie prime, semilavorati, prodotti finiti, ecc.) seguono, nelle loro differenti nature, un percorso simile di valutazione:

• inventariazione: il procedimento di “tenere un inventario” di magazzino, che registri le quantità fisiche di ogni tipologia di prodotto in magazzino

• valorizzazione: l'attribuire un valore alle rimanenze, che il Codice definisce come il minore fra costo d'acquisto o produzione ed il valore di presunto realizzo (maggiore fra il valore d'uso ed il valore di mercato al netto dei costi di vendita prevedibili)

Si ricorda che all'articolo 2426, punto 9, si fa presente che la valutazione delle rimanenze, se minore, al valore dipresunto realizzo, non può essere mantenuto negli esercizi successivi se ne sono venuti meno i motivi.Per quanto riguarda la valorizzazione di alcuni beni fungibili, si utilizzano i già citati metodi di valutazione sintetica delle rimanenze e degli scarichi: LIFO, FIFO, media ponderata.Materie prime, sussidiarie, di consumo e merci (prodotti acquistati sui quali non si effettua trasformazione

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fisico-tecnica), dove compongano rimanenze di magazzino in sede di assestamento al 31/12, sono inserite nel Conto Economico nella classe B) “Costo della produzione” alla voce B.11 “Variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci” con segno negativo, a rettifica di costi di esercizio.Prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e prodotti finiti, dove compongano rimanenze di magazzino in sede di assestamento al 31/12, sono inserite nel Conto Economico nella classe A) “Valore della produzione” allavoce A.2 “Variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti” con segno positivo, in quanto legittimi ricavi d'esercizio, perché risultato della produzione.Le relative voci patrimoniali movimentate sono la C.I.1, la C.I.2 e la C.I.4, come rimanenze “iniziali” all'apertura dell'esercizio o come rimanenze “finali” in sede di assestamento. Si nota come le voci del conto economico superino le scritture conosciute dal corso di Economia Aziendale.Rimanenze: TUIRL'articolo 92 del TUIR si discosta dalla disciplina civilistica per quanto riguarda la valutazione delle rimanenze di magazzino, dal momento che, come detto, le rimanenze concorrono all'aumento della base imponibile (sia chediminuiscano i costi di produzione che aumentino il valore della produzione nel CE). Il Fisco ha allora tutto l'interesse a non permettere la valutazione delle rimanenze sotto una certa soglia, pena la ripresa in aumento dell'imponibile. Il TUIR prevede che tale soglia minima sia pari al minore fra il costo storico e il valore normale medio. Per quanto riguarda il costo storico, è concesso l'utilizzo del costo specifico (acquisto o produzione) o dei metodi di valorizzazione sintetici (LIFO,FIFO,CMP) purché siano anche utilizzati in bilancio, oppure un particolare metodo detto LIFO a scatti annuali. Questo metodo unisce ad un'impostazione dello scarico secondola concezione “last in first out” (vengono fatte uscire le partite di più recente entrata), una valorizzazione delle rimanenze di uno stesso anno tramite media ponderata, che in parte corregge la prudenza del LIFO. Il valore normale medio è invece una media dei prezzi dell'ultimo mese per quella categoria merceologica.I lavori in corso su ordinazioneUna categoria a parte di “rimanenze” sono i lavori in corso su ordinazioni, che nello SP hanno un'evidenza particolare alla voce C.I.3. Essi riguardano quei particolari lavori su commessa che possono impiegare anche interamente un'impresa, e impiegano più periodi amministrativi per essere completati (cantieristica navale, aeronautica, ecc.). La logica rimane però quella di stornare costi di esercizio in eccesso (a cui non seguono ricavi) che potrebbero, anno dopo anno, deprimere il patrimonio netto con perdite continue, dal momento che la vendita non si realizza. Allora la scrittura in assestamento è la già vista C.I.3 “Lavori in corso su ordinazione” a A.3 “Variazione dei lavori in corso su ordinazione”, mentre all'inizio dell'esercizio si fa la scrittura inversa.Ci sono due metodologie per valutare i lavori in corso su ordinazioni:

• metodo della commessa completata: è il metodo generale previsto dal Codice, articolo 2426, punto 9), che valorizza le rimanenze, in questo caso i lavori su commissione, al costo di produzione (costo industriale) maggiorato dagli eventuali oneri finanziari specifici

• metodo della percentuale di completamento della commessa: è il metodo concesso come opzione all'articolo 2426, punto 11, che valorizza i lavori su commissione in base alla percentuale di completamento della commessa, con un valore basato sul prezzo finale della commessa

Si comprende come il secondo metodo dia valori più alti, e dunque possa tendere ad annacquare il capitale, spalmando il ricarico della commessa (il ricavo al netto dei costi) fin dal primo anno, e non sono alla fine come accade con il metodo della commessa (o contratto) completata.I principi OIC richiedono allora:

• l'esistenza di un contratto vincolante per le parti, con un prezzo fisso

• specificità della commessa

• possibilità di determinare chiaramente lo SAL (stato di avanzamento dei lavori), tramite:

◦ criterio dei costi sostenuti rispetto ai costi previsti

◦ criterio delle ore lavorate rispetto alle ore previste

◦ criterio fisico-tecnico, basato sul progetto

• assenza di aleatorietà

• adeguata contabilità di commessaOvviamente il Fisco pretenderà che sia seguito il metodo della percentuale di completamento per fare cassa ognianno e non solo alla fine.

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Commesse in perditaSi ha una commessa “in perdita” quando ci si accorge di stare sostenendo più costi di produzione di una commessa di quanto si otterrà alla vendita. In tal caso, nell'esercizio in cui se ne viene a conoscenza, è necessario scegliere se:

• effettuare un accantonamento a fondo rischioppure

• rettificare “Lavori in corso su ordinazione” e “Variazioni di lavori in corso su ordinazione”Principi IAS-IFRS e rimanenze di magazzino/lavori in corso su ordinazioneI principi contabili internazionali per le rimanenze affermano come si debba adottare il minore fra:

• costo d'acquisto o produzione: determinato per gli IAS-IFRS con i criteri di:

◦ identificazione specifica

◦ FIFO

◦ media ponderata

• fair valueSi nota come sia assente il criterio del LIFO, che, in un regime di prezzi crescenti, porti ad una sottostima delle poste patrimoniali. Si ricordi che i principi internazionali sono orientati ad una valutazione meno prudenziale e più aderente alla realtà.Per quanto riguarda i lavori in corso su ordinazione i principi internazionali prevedono il metodo della percentuale di completamento, e, solo in via residuale e se il risultato della commessa è di difficile stima, si adotta il metodo della commessa completata.

Capitolo 10 – I creditiI crediti sono presenti all'interno dello Stato Patrimoniale in più sezioni: in A come “crediti verso soci”, in B.I, B.II, C.I come acconti, ed in B.III e C.II come crediti veri e propri, rispettivamente crediti di finanziamento e crediti di funzionamento.Il Codice Civile indica che i crediti vanno iscritti al loro “presumibile importo di realizzazione”. Ciò implica cheuna valutazione dei crediti non può essere scissa da una valutazione del rischio di insolvenza che caratterizza il debitore, e, se si sta vendendo extra-Eurozona, da una valutazione del rischio di cambio, e dunque dalla generazione di possibili utili o perdite su cambi.Rischio di insolvenzaPer il “principio di competenza” la valutazione di una perdita presunta su di un credito andrà iscritta nell'esercizio di competenza del relativo ricavo, in altre parole a bilancio andrà iscritto il valore di presumibile realizzazione come differenza fra valore nominale dei crediti e presumibile quota di insolvenza.I principi contabili OIC 15 integrano, come loro solito, lo scarno contenuto della normativa civilistica, ampliando casi e metodologie di svalutazione dei crediti. Innanzitutto essi elencano le cause che devono portare a svalutazione:

• perdite per inesigibilità (insolvenza del creditore)

• resi e rettifiche di fatturazione da riconoscere

• sconti o abbuoniElencano poi tre fondamentali procedimenti di calcolo della quota di svalutazione da imputare ai valori nominalidei crediti:

• metodo analitico: il metodo consigliato dai principi contabili OIC, prescrive la valutazione della solvibilità di ogni creditore, credito per credito, e l'imputazione di una quota di svalutazione direttamente relazionata al singolo caso

• metodo sintetico: il metodo più comune, consiste nella svalutazione complessiva dei crediti per una percentuale desumibile dall'insolvibilità storica registrata dall'esperienza dell'impresa in un certo settore

• metodo fiscale: le percentuali massime di svalutazione indicate dal Fisco ai fini della deduzione dall'imponibile, procedimento poco corretto ai sensi delle norme civilistiche

Importante sottolineare la differenza fra le scritture contabili fra metodo analitico e metodo sintetico: la prima è “svalutazione crediti” a “f/svalutazione crediti” (c'è un margine ampio di certezza, la solvibilità del credito è valutata singolarmente), mentre la seconda è “perdite presunte su crediti” a “f/rischi su crediti”.Ogni volta che, all'incasso, una svalutazione di riveli superflua, chiude il relativo fondo con un provento in A.5.

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Attualizzazione dei creditiCome conosciuto, i crediti concessi a dilazione possono presentarsi nelle seguenti fattispecie:

• crediti con interesse esplicito, computati a tasso di mercato, iscritti al loro valore di estinzione futura o al loro valore attuale

• crediti con interesse esplicito a tasso incongruo

• crediti con interesse implicito

• crediti infruttiferiLa questione più importante ai fini di iscrizione sorge per i crediti collegati a dilazioni di pagamento concesse a interesse implicito, per le quali può essere deciso di effettuare uno scorporo di interesse implicito, impuntando una quota di questo interesse implicito all'esercizio di competenza come ricavo, e rimandando il resto a esercizi successivi come risconti passivi. La quota di interessi impliciti si calcola tramite la differenza fra il valore nominale del credito ed il suo valore attuale all'anno di concessione, con un'attualizzazione in regime di

interesse composto:I =C�VA=C�C

(1+i)n . Gli interessi impliciti I andranno poi “spalmati” sul numero

di esercizi di dilazione concessa, curandosi di effettuare il calcolo in regime di capitalizzazione composta.Interessi di moraUn decreto legislativo del 2002 ha introdotto una specifica disciplina legale a tutela di creditore, che in particolare concede la facoltà di ricorrere a specifici strumenti, anche a carattere processuale, per vedere tutelatoed ottenere l'effettiva realizzazione del proprio credito, nonché un'automatica e obbligatoria maturazione degli interessi di mora a partire dal giorno successivo alla scadenza del pagamento. Alla registrazione dei crediti per interessi di mora il creditore può unire una specifica svalutazione connessa all'effettiva stima di quanti di essi riuscirà a riscuotere. Si tratta di un accantonamento a fondo rischi, come il fondo rischi su crediti.Rischio di insolvenza per il FiscoSi è già detto come il Fisco non guardi di buon occhio il processo di svalutazione dei crediti per presunta insolvibilità parziale, poiché, imputando costi all'esercizio, viene abbattuta la base imponibile. L'articolo 106 delTUIR prevede allora solo un ristretto ventaglio di casi in cui è consentita la deducibilità di questi “costi d'esercizio”:

• le perdite presunte o certe su crediti sono deducibili solo se riferite a crediti commerciali

• tali crediti commerciali devono essere non assicuratiIl Fisco poi, per prevenire l'eccessiva diminuzione della base imponibile, prevede delle soglie massime di svalutazione per singolo esercizio da poter portare in deduzione:

• soglia assoluta: 0,5% del valore nominale complessivo dei crediti (si può svalutare col metodo sintetico tutti i crediti di tale aliquota oppure svalutare con aliquote differenti i crediti con il metodo analitico, ferma restando la soglia)

• soglia relativa: non si può portare in deduzione svalutazioni che facciano eccedere il fondo accantonamento oltre la soglia del 5% del valore nominale dei crediti commerciali dell'esercizio. La parte del fondo eccedente concorre alla formazione della base imponibile

Ovviamente le perdite effettive su crediti sono interamente deducibili come legittimi costi dell'esercizio.Rischio di cambioIl secondo importante caso di svalutazione di un credito commerciale si è detto essere il rischio di cambio su credito detenuto in valuta diversa dall'euro. Mentre l'articolo 2425 bis, comma secondo, prescrive che i conti economici di reddito (ricavi e costi) relativi ad operazioni in valuta estera debbano essere determinati al tasso di cambio corrente rilevato nella data in cui si sono realizzati, l'articolo 2426, al comma 8-bis, indica come i relativi conti patrimoniali debbano essere corretti nella valutazione in bilancio al tasso di cambio a pronti alla data di chiusura dell'esercizio, se attivo circolante direttamente, mentre se immobilizzazioni se la perdita/utile è giudicata durevole. In sede d'assestamento è necessario dunque valutare il rischio su una posizione attiva o passiva detenuta in valuta estera poiché si possono presentare le seguenti situazioni:

• apprezzamento dell'EUR su valuta estera:

◦ perdita su cambio (crediti)

◦ utile su cambio (debiti)

• deprezzamento dell'EUR su valuta estera:

◦ utile su cambio (crediti)

◦ perdita su cambio (debiti)Il principio della prudenza (perdite presunte sì, utili presunti no) prescrive che, in sede di assestamento e dopo

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aver confrontato i conti d'ordine “perdite presunte su cambi” e “utili presunti su cambi” e averne fatto il saldo, leperdite presunte su cambi (saldo negativo dei conti d'ordine) concorrano direttamente ad abbassare il reddito dell'esercizio. Gli eventuali utili presunti su cambi (saldo positivo) concorrono invece ad aumentare il reddito dell'esercizio fermo restando la costituzione, prima della distribuzione di dividendi, di una riserva indisponibile, alimentata da utili netti o altre riserve disponibili da utili netti, a copertura del rischio che l'utile non sia in realtà mantenuto all'effettivo momento dell'incasso (ad esempio per una repentina variazione del tasso di cambio).Tale accantonamento non va effettuato se la società chiude in perdita, e comunque negli esercizi successivi tale riserva indisponibile per utili su cambi presunti è svincolabile per “coprire” perdite su cambi che quindi disattendano le previsioni degli amministratori.Rischio di cambio per il fiscoSempre tenendo a mente la volontà del fisco di evitare una diminuzione della base imponibile, si analizza il procedimento legittimato dal Fisco per poter portare in deduzione gli oneri derivanti dalla valutazione di perdite presunte su cambi. Esso è il seguente:

1. si prende il saldo dei crediti e debiti in valuta estero valutati al tasso di cambio medio dell'ultimo mese 2. si prende il saldo dei medesimi crediti e debiti valutati al tasso di cambio storico del 31/12 3. si fa la differenza fra questi due valori 4. risultato:

a) differenza positiva: il Fisco non permetta alcuna deduzione delle svalutazioni b) differenza negativa: si può dedurre l'accantonamento per adeguamento cambi ma solo se:

• differenza negativa = fondo adeguamento cambi esercizio precedente: il Fisco ritiene che l'impresa possegga già un capiente fondo adeguamento, non fa portare nulla in deduzione

• differenza negativa > fondo adeguamento cambi esercizio precedente: la maggiore differenza è deducibile ed accantonabile al fondo

• differenza negativa < fondo adeguamento cambi esercizio precedente: la minore differenza è ripresa in aumento della base imponibile

Capitolo 11 – Le attività finanziarie non immobilizzate: le disponibilità liquideEsaurita la macroclasse B dell'attivo dello Stato Patrimoniale, e già analizzate le classi C.I “Rimanenze” e C.II “Crediti” della macroclasse dell'attivo circolante, si tratta adesso la classe C.III “Attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni” e la classe C.IV “Disponibilità liquide”.Attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioniIn questa sezione dell'attivo circolante sono inseriti alcuni titoli o partecipazioni “fungibili”, tali cioè da essere posseduti in grande quantità e con numerose differenze fra di essi. Si possono applicare per la valutazione i metodi di valutazione per le rimanenze di beni fungibili già esaminati. La presenza in attivo circolante presuppone che tale massa di attività finanziaria sia nelle disponibilità dell'impresa per periodo limitato, a scopo speculativo. L'elenco delle voci all'interno della C.III è molto simile alla voce B.III che contiene le immobilizzazioni finanziarie.Per quanto riguarda la valutazione l'articolo 2426, comma primo, punto 9, afferma come le attività finanziarie non immobilizzare sono iscritte al costo d'acquisto, o, se inferiore, al valore di realizzazione desumibile dall'andamento del mercato. Tuttavia questo minor valore non può essere mantenuto negli esercizi successivi se ne vengono meno le cause.Un decreto del 2008, ancora in vigore, permette di valutare i titoli non immobilizzati comunque al costo d'acquisto, anche se superiore al valore di mercato, per non svalutar eccessivamente i bilanci in occasioni di movimenti ribassisti del mercato.Come spesso accade i principi contabili sono più precisi. L'OIC 21 prescrive infatti che:

• il costo d'acquisto è costituito da:

◦ il prezzo pagato

◦ oneri accessori: oneri di intermediazione e commissioni bancarie

• il valore di realizzazione desumibile dall'andamento del mercato è costituito da:

◦ per i titoli quotati su mercati regolamentati: quotazione media del titolo nel mercato in un arco temporale significativo precedente al 31/12

◦ per i titoli non quotati: quotazione media di titoli affini quotati (per emittente, periodo, cedola) usando il criterio dell'analogia

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Disponibilità liquideCome detto, l'ultima classe della macroclasse dell'attivo circolante contiene le liquidità, suddivise nelle voci depositi bancari e postali, assegni e denaro e valori in cassa.Per quanto riguarda la voce depositi bancari e postali, essa indica generalmente tutti i rapporti finanziari “a vista” detenuti con intermediari finanziari bancari o presso le Poste (principalmente conti correnti e conti deposito). I principi contabili OIC 14 vietano la compensazione di partite, ovvero di poter compensare conti correnti o depositi a saldi attivi con altri con saldi passivi. In nota integrativa è dovuta un'analisi dettagliata delleposizioni detenute. Gli unici interessanti problemi intorno ai depositi bancari o postali sorgono in ragioni delle operazioni ordinate all'intermediario a ridosso della chiusura dell'esercizio ma non ancora eseguite completamente quali:

• stacco di assegni passivi non riscossi: vanno decurtati dal saldo del conto

• disposizione di bonifici passivi non eseguiti: rarissimo, solitamente disposti immediatamente, decurtati

• incassi effettuali per i quali non c'è documentazione bancaria: computatiA ciò sì aggiungono quei “movimenti di conto” che sono economicamente di competenza dell'esercizio ma che vengono registrati dal giorno successivo alla chiusura: accredito di interessi attivi, addebito di interessi passivi, addebito delle spese bancarie per il conto, commissioni varie, imposta di bollo. La procedura di correzione dei valori, sia rilevati dalla banca ma non dalla contabilità dell'impresa, sia rilevati dalla contabilità dell'impresa ma non presenti nell'estratto conto, è detta di riconciliazione bancaria. Casi particolari di depositi bancari sono:

• fondi detenuti all'estero non utilizzabili per restrizioni valutarie e fiscali (paesi black list), vanno indicatiin NI

• depositi bancari vincolati: vanno evidenziati distintamente in C.II.5 “Crediti verso altri” se la disponibilità vincolata può essere svincolata negoziando o comunque è utilizzabile, altrimenti in B.III.2.d “Crediti verso altri” se non disponibili entro l'esercizio successivo

• fondi liquidi vincolati: vanno evidenziati distintamente in B.III.2.d “Crediti verso altri” se non possono essere estinti entro la scadenza ultrannuale, viceversa in C.II.5 “Crediti verso altri”

Per quanto riguarda la voce assegni, essa comprende i mezzi di pagamenti bancari quali assegni bancari e assegni circolari esigibili a vista, nazionali o esteri. Sono valutati al presumibile valore di realizzo, soprattutto per quanto riguarda gli assegni bancari.Per quanto riguarda la voce denaro e valori in cassa, essa comprende le disponibilità di moneta in corso legale posseduti fisicamente dall'azienda in cassa e i valori bollati. I saldi dei sotto-conti di cassa sono determinati mediante un inventario fisico detto “conta di cassa”, che si compone di quattro fasi: scelta della data di riferimento del saldo, scelta del momento in cui effettuare la conta fisica, svolgimento della conta fisica e successive correzioni e rettifiche derivanti dalla riconciliazione bancaria. I metodi con cui effettuare la conta di cassa ed ottenere la distinta di cassa (saldo effettivo di cassa) sono:

• metodo roll-back: si sceglie una data per la conta fisica successiva all'inventario, quindi si torna “indietro” operando rettifiche, aggiungendo le uscite tra il 31/12 e la conta di casa e sottraendo le entratedello stesso periodo

• metodo roll-forward: si sceglie una data per la conta fisica precedente all'inventario, e si va “in avanti” operando le stesse rettifiche esposte sopra

Dopo aver ottenuto la distinta di cassa si confronta con il saldo contabile presente in bilancio e se si riscontrano differenze irrilevanti si registra la differenza come sopravvenienza attiva o passiva. Se si riscontra una differenzarilevante, si deve cercare l'errore contabile nelle registrazioni dell'esercizio.Si dicono “sospesi di cassa” uscite già avvenute ma non ancora registrate. La riconciliazione dei sospesi impone la rilevazione delle uscite di cassa e dei crediti verso chi detiene i fondi prelevati, mentre il costo relativo viene imputato secondo competenza economica.

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Capitolo 12 – Ratei e risconti, aggio e disaggioL'ultima classe dell'attivo dello Stato Patrimoniale è la classe D “Ratei e risconti, con separata indicazione del disaggio su prestiti”. I ratei e risconti sono intendersi attivi. Per completa specularità dell'argomento, si tratterà insieme alla classe D dell'attivo la classe E del passivo “Ratei e risconti, con separata indicazione dell'aggio sui prestiti” dove ratei e risconti sono da intendersi passivi. Si ha disaggio sui prestiti quando si è fatto sottoscrivere prestito obbligazionario rappresentato da obbligazioni emesse sotto la pari, ovvero con valore di emissione inferiore al valore nominale.Si ha aggio sui prestiti quanto si è fatto sottoscrivere prestito obbligazionario rappresentato da obbligazioni emesse sopra la pari, ovvero con valore di emissione superiore al valore nominale.Emettere prestito obbligazionario “a sconto” è pratica largamente utilizzata dalle imprese in cerca di fonti di finanziamento tramite capitale di debito. Tanto più è ampio lo sconto, e dunque la remunerazione dei sottoscrittori al momento della restituzione del valore nominale (più gli eventuali interessi cedolari), tanto più l'obbligazione sarà appetibile per i risparmiatori. Emettere prestito obbligazionario sopra la pari è invece più raro, perché senza adeguati interessi periodici la remunerazione può essere minima. Tuttavia ciò può essere compensato dalla notevole solvibilità che garantisce l'emittente (è anzi l'obiettivo dell'emittente riuscire a collocare le obbligazioni con il minor spread fra valore di emissione e valore nominale che la sua reputazione gligarantisce).Il disaggio e l'aggio sui prestiti non sono altro che rispettivamente un costo ed un ricavo pluriennale, e come tali, secondo il principio di competenza, vengono “spalmati” lungo gli esercizi di maturazione e imputati ad ogniesercizio per una quota ragionevole secondo il piano di ammortamento del prestito obbligazionario, comportandosi dunque il primo come un risconto attivo ed il secondo come un risconto passivo. Imputazione economica del disaggio: disciplina civilistica vs disciplina fiscaleL'articolo 2426, punto 7, del Codice, afferma che “il disaggio sui prestiti deve essere iscritto nell'attivo e ammortizzato in ogni esercizio per il periodo di durata del prestito”. Come si vede, esso è un articolo piuttosto scarno. Ancora una volta i principi contabili OIC 19 chiariscono la metodologia per l'imputazione economica deldisaggio in ogni esercizio: per ogni esercizio la quota di disaggio imputabile è pari al rapporto fra il numero di obbligazioni in circolazione nell'esercizio e la sommatoria delle obbligazioni per ogni anno di piano del prestito. Questa quota, questa incidenza di valore nominale delle obbligazioni sulla sommatoria dei valori nominali delle obbligazioni anno dopo anno all'interno del piano del prestito obbligazionario costruito dall'azienda, viene presa coma “aliquota” per ammortizzare l'aggio ed il disaggio ad ogni esercizio a partire dal valore totale dell'aggio o del disaggio.La disciplina fiscale, ancora una volta, persegue una strada differente per quanto riguarda la deducibilità dei costi connessi all'ammortamento di un aggio o di un disaggio. Il TUIR, integrato da una relazione ministeriale, stabilisce che il disaggio dei prestiti “è deducibile in ciascun periodo per una quota determinata in conformità al piano di ammortamento del prestito”. La “conformità” in questo caso non è però rispetto al valore nominale totale delle obbligazioni del piano, ma rispetto agli interessi maturati dai sottoscrittori. La quota massima deducibile in ogni esercizio secondo il Fisco è allora pari all'incidenza (al rapporto) degli interessi maturati in ogni esercizio sugli interessi totali dovuti ai sottoscrittori per tutta la durata del prestito obbligazionario.

Capitolo 13 – Patrimonio nettoAvendo concluso la prima sezione (sezione sinistra) dello Stato Patrimoniale contenente le poste dell'Attivo, si passa adesso ad analizzare nello specifico la sezione contrapposta, che prende come già detto il nome di “Passivo”. Si è già detto come il legislatore abbia voluto inserire in questa sezione anche il Patrimonio Netto dell'impresa. Si analizzerà in questo capitolo proprio la macroclasse A del passivo “Patrimonio Netto”, e le varieclassi che la compongono.A.I CapitaleÈ la voce che contiene il fondamentale “capitale sociale”, il capitale di rischio (equity) sottoscritto dai soci, pari alla somma dei valori nominali dei conferimenti (divenuti quote o azioni) operati dai soci nel corso del tempo e delle riserve convertite in capitale. Come già detto trattando la macroclasse A “Crediti verso soci per versamentiancora dovuti” dell'Attivo, il suo importo deve essere confrontato con quest'ultima voce per avere conoscenza diquanta parte del capitale sociale sia stata effettivamente versata dai soci. Il Codice prevede che i conferimenti in natura siano “versati” interamente alla costituzione della società (così che gli amministratori possano valutare la coerenza con la perizia giurata), mentre quelli in denaro devono essere versati almeno per il 25%, salvo il sovrapprezzo per azione che deve essere versato interamente.La riduzione del capitale sociale volontaria, decisa in assemblea dei soci, prevede che i soci uscenti siano rimborsati del capitale versato e sia estinto il relativo obbligo a versare la parte ancora dovuta di capitale.

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In NI devono essere indicate le tipologie di azioni emesse che compongono il capitale sociale.A.II Riserva da sovrapprezzo azioniLa riserva da sovrapprezzo azioni accoglie l'eccedenza del prezzo di emissione delle azioni rispetto al valore nominale, includendo le differenze che emergono con le obbligazioni convertibili in azioni. Il sovrapprezzo viene pagato da chi voglia entrare nel capitale di rischio di una società già ben avviata, come “compenso” per il minor rischio che viene corso dal nuovo socio. Ciò avviene nelle operazioni di aumento del capitale sociale.Essa è riserva indisponibile fino al momento in cui la riserva legale non ha raggiunto il limite stabilito. Dopo ciò, essendo comunque una riserva da utile netto disponibile, può essere usata per copertura di perdite, aumento gratuito di capitale sociale e aumento ulteriore della riserva legale.A.III Riserve da rivalutazioneSono le già trattate riserve indisponibili da rivalutazione monetaria od economica delle poste patrimoniali, riserve di capitale che rimangono indisponibili fino alla cessione del bene.A.IV Riserva legaleLa riserva detta “legale” perché prevista dall'articolo 2430 del Codice, che mira, sempre a tutela dei terzi affidatari, a far mantenere all'impresa un certo livello di capitalizzazione. Il 2430 prescrive che l'impresa accantoni in ogni esercizio almeno il 5% dell'utile netto conseguito fino al 20% del capitale sociale. Fino a tale limite la riserva legale è indisponibile, oltre è disponibile per l'eccedenza. Indipendentemente dall'entità raggiunta può essere usata in casi eccezionali per la copertura di perdite, come prevede l'OIC 28, sempre che siano state preliminarmente usate tutte le riserve disponibili ed indisponibili derogabili per copertura di perdite. In ogni caso che sia diminuita al di sotto del limite sopracitato, andrà reintegrata nelle stesse modalità.A.V Riserve statutarieSono riserve che facoltativamente la società può prevedere per statuto di alimentare per una quota di utili netti inogni esercizio in utile (e in tal caso, se presente una tale disposizione nello statuto, è obbligata a farlo). Lo statuto fissa gli altri vincoli e condizioni di formazione e movimentazione della riserva.A.VI Riserva per azioni proprie in portafoglioLa riserva che risponde al problema della detenzione da parte dell'impresa di azione proprie, come già trattato. Èuna riserva da utile netto indisponibile fino all'annullamento o al trasferimento delle azioni.A.VII Altre riserve, distintamente indicateQuesta classe contiene una serie di riserve disponibili o indisponibili alimentate da utili netti in sede di approvazione del bilancio. Ogni riserva ha una finalità specifica, le più comuni sono:

• riserva straordinaria o facoltativa: semplice accantonamento da utili, generica se non diversamente deliberato dall'assemblea

• riserva per rinnovamento impianti o macchinari: costituita nella prospettiva di sostituire impianti o macchinari attualmente in uso

• riserva per futuro acquisto di azioni proprie

• riserva da deroga per “casi eccezionali” al 2423 C.C. (indisponibile!): non va confusa con la riserva darivalutazione economica della A.III (benché sia a tutti gli effetti una rivalutazione economica), perché con essa si intende la rivalutazione avvenuta per tutti quei casi eccezionali che derogano al principio di prudenza che vorrebbe l'iscrizione al costo storico. È indisponibile se non nella misura corrispondente alvalore recuperato

• riserva da rivalutazione partecipazioni (indisponibile!): è la riserva che sorge dalla rivalutazione delle partecipazioni secondo il metodo del patrimonio netto

• versamenti in conto capitale o a copertura perdite: sono conferimenti ulteriori dei soci, senza che ci sia la volontà di aumentare la propria partecipazione tramite una procedura di aumento di capitale sociale. In particolare i versamenti a copertura di perdite sono riserve con una specifica destinazione

A.VIII Utili (perdite) portati a nuovoIn questa classe sono iscritti i risultati economici positivi (utili) degli esercizi precedenti che l'amministrazione non ha voluto utilizzare per alcun fine, così come i risultati economici negativi (perdite) da ripianare.A.IX Utili (perdite) dell'esercizioAccoglie il risultato netto del periodo, così come compare nell'ultima voce 23) del Conto Economico a meno che non siano stati distribuiti acconti sui dividendi. Il problema più interessante sorge in relazione al ripianamento delle perdite. Esso viene effettuato durante l'esercizio con l'utilizzo di tutte le riserve, fino a che non rimane esclusivamente il capitale sociale. Se la perdita risulta superiore ad un terzo del capitale sociale dopo aver annullato tutte le riserve, il Codice prevede una serie di procedure sociali e, se la situazione non viene ripianata nell'esercizio successivo, ad una riduzione

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proporzionale alle perdite del capitale sociale. Se il capitale sociale scende al di sotto del minimo legale, il Codice obbliga alla procedura di aumento del capitale o alla trasformazione della società.È fatta salva l'ovvia possibilità che i soci contribuiscano “di tasca loro” a ripianare le perdite, sia con versamentia titolo di finanziamento (ed in tal caso poi la società restituirà il capitale prestato più gli interessi) sia con versamenti a fondo perduto (versamenti in conto capitale o a copertura perdite).

Capitoli 14 e 15 – I fondi per rischi ed oneri, il TFR, i debitiSi trattano ora le ultime macroclassi mancanti dello Stato Patrimoniale: la B “Fondi per rischi ed oneri”, la C “Trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato” e la D “Debiti”.Fondi per rischi ed oneriGli accantonamenti a fondo rischi o a fondo oneri rispondono al principio di anticipazione delle perdite. Il Codice, all'articolo 2424 bis comma 3 asserisce che essi sono destinati “a coprire perdite o debiti di natura determinata, di esistenza certa o probabile, dei quali tuttavia alla chiusura dell'esercizio sono indeterminati o l'ammontare o la data di sopravvenienza”.La differenza fra un fondo rischio ed un fondo onere è nota: il primo copre una passività la cui esistenza è probabile ma non certa, e incerto è anche l'ammontare, mentre il secondo copre una passività la cui esistenza è certa, ed è incerto solo l'ammontare o la data di sopravvenienza. Ovviamente verrà fatto accantonamento a fondo rischi solo se la perdita è in qualche misura stimabile. Se oltre agli elementi di aleatorietà è presente ancheuna difficoltà oggettiva di stima della perdita presunta, l'informazione andrà data esclusivamente in NI.Nel Conto economico i due tipi di accantonamento sono classificati in voci separate:

• B.12 “Accantonamento per rischi” per un accantonamento a fondo rischio

• B.13 “Altri accantonamenti” per un accantonamento a fondo onereSi vanno ad analizzare ora le tre voci che compongono la macroclasse.B.1 Fondi per trattamento di quiescenza e obblighi similiIl legislatore ha voluto mettere in evidenza questa posta particolare secondo la stessa logica che sottende la messa in evidenza della macroclasse C “Trattamento di fine rapporto”. In essa sono infatti contenuti gli accantonamenti per:

• trattamento di quiescenza: è un istituto analogo al TFR ma per i lavoratori parasubordinati (co.co.pro, e co.co.co.), agenti e rappresentanti

• quote di contributi a fondi pensione integrativi: dove l'impresa si sia impegnata a fronte di accordi sindacali a garantire in tutto o in parte il versamento di contributi a fondi pensione integrativi

Questi fondi sono fondi oneri, assimilabili nelle caratteristiche al TFR: certi nell'esistenza ma indeterminati nell'ammontare e nella data, ma comunque stimabili matematicamente.B.2.a e B.2.b Fondi per imposte e fondi per imposte differite I fondi per imposte sono fondi oneri che riguardano probabili imposte da dovere al Fisco, sia per probabili accertamenti o contenziosi in corsoI fondi per imposte differite sono fondi oneri che riguardano le differenze temporanee emerse fra risultato civilistico e l'imponibile fiscale.N.B. Sono imposte con un elemento di aleatorietà! Quelle certe sono inserite fra i “Debiti tributari” in D.12.B.3 Altri fondiQuest'ultima voce della macroclasse B accoglie tutte le altre tipologie di fondi rischi o fondi oneri che il legislatore non ha voluto esplicitamente far risaltare nello schema di bilancio.Fra i fondi oneri più comunemente presenti nei bilanci delle imprese si citano:

• fondo garanzia prodotti: per adempiere alla normativa UE sulle garanzie e tutele dei consumatori, è un fondo oneri basato su una stima dei resi o delle riparazioni dovute

• fondo manutenzione ciclica/programmata

• fondo buoni scontoFra i fondi rischi più comunemente presenti nei bilanci delle imprese si citano:

• fondo oscillazione cambi

• fondo per vertenze giudiziarieC: “Trattamento di fine rapporto di lavoro subordin ato”Accoglie gli accantonamenti per pagare il TFR, l'indennità di cessazione del rapporto di lavoro subordinato che spetta per legge al lavoratore. L'accantonamento di competenze di ogni esercizio è pari, come prescrive l'articolo2120, alla retribuzione annua lorda divisa per 13,5. Ogni anno le quote già accantonate in precedenza devono

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venire rivalutate di un tasso pari a 1,5%+75% tasso ISTAT di inflazione dell'anno precedente. Questo meccanismo è dovuto sia alla volontà del legislatore di far “agganciare” all'inflazione le quote di TFR maturate anno dopo anno dal lavoratore, sia per sottolineare come essere siano una sorta di “finanziamento” che il lavoratore lascia all'interno dell'impresa, capitalizzandola, e dunque debba ricevere un interesse. D: “Debiti”È certamente la macroclasse principale delle passività, in cui sono elencati secondo natura i valori finanziari passivi detenuti dall'impresa. La classificazione per natura si presa certamente ad un “numero aperto” di voci. Il legislatore ha ritenuto necessario, ai fini di agevolare la lettura del bilancio, di evidenziare alcune voci in maniera particolare, oltre a prevedere che, per ciascuna voce, siano indicati “gli importi esigibili oltre l'esercizio successivo”. Questa, che si può considerare una specie di “correzione” della classificazione per natura che vienea vedersi integrata con un'indicazione “per destinazione”, serve essenzialmente a mostrare al lettore del bilancio quali sono i debiti di prossima scadenza e quali invece vedranno il loro rimborso più avanti nel tempo. Alcune categorie di debiti, poi, necessitano di un'informativa aggiuntiva in NI:

• debiti con durata residua superiore ai 5 anni (perché il lettore del bilancio ne colga ancor più la dilazione rispetto alla semplice separazione dovuti entro l'esercizio successivo-dovuti oltre l'esercizio successivo)

• debiti assistiti da garanzie reali su beni sociali, con indicazione della natura della garanzia

• numero dei titoli obbligazionari convertibili (o simili) emessi dalla società, e i diritti che attribuisconoPer quanto riguarda la valutazione dei debiti il Codice Civile tace, mentre l'OIC 19 prescrive una valutazione in base al “presumibile valore di estinzione”.D.1 D.2 Obbligazioni e obbligazioni convertibiliLe voci che raccolgono il valore nominale di prestito obbligazionario emesso e ancora non restituito Le obbligazioni convertibili, per la loro possibilità di poter essere convertite in titoli di capitale di rischio, sono evidenziate in una voce propria. I debiti per le obbligazioni estratte da rimborsare in valore nominale sono iscritti in D.14 “Altri debiti”.D.3 Debiti verso soci per finanziamentiLa voce che accoglie debiti della società sorti verso i propri soci per versamenti a titolo di finanziamento della stessa. È evidenziata per la caratteristica di essere formata da debiti certamente poco “pericolosi”.Finanziare una società di cui si è soci con capitale di finanziamento, e non semmai aprire una procedura di aumento di capitale e aumentare la propria percentuale di partecipazione, è certamente meno rischioso per i soci e anche più remunerativo: mentre i dividendi dipendono da un risultato positivo della gestione, e anche così possono non venire corrisposti, gli interessi su un finanziamento vengono corrisposti ad ogni esercizio.D.4 D.5 Debiti verso banche e debiti verso altri finanziatoriLe due voci sperate composte dai debiti verso le banche (aperture di credito in c/c, mutui, anticipazioni, riporti, ecc.) e verso altre società non bancarie quali finanziarie, società di factoring, società di leasing.D.6 AccontiLa voce che accoglie le somme anticipate per la realizzazione di una commessa. Per le imprese che eseguono commesse oltre il ciclo operativo la liquidità immessa dagli acconti è essenziale per evitare uno squilibrio finanziario.D.7 Debiti verso fornitoriD.8 Debiti rappresentati da titoli di creditoSono debiti “pesanti”, che il legislatore vuole evidenziare in bilancio. Derivano infatti dall'emissione di cambialipassive, che come è noto sono titoli di credito astratti e direttamente esecutivi.D.9 D.10 D.11 Debiti verso controllate, collegate e controllantiSono le tre voci che accolgono i debiti che possono intercorrere fra un gruppo aziendale. Sono in evidenza secondo la stessa logica della voce D.3: le imprese creditrici non sono imprese qualsiasi, ma imprese “amichevoli”, appartenenti allo stesso gruppo aziendale.D.12 Debiti tributariVoce importante, accoglie le passività certe verso l'Erario al netto di acconti e crediti di imposta. Fra esse si trovano:

• Imposte dirette (IRES, IRAP e altri tributi locali)

• Imposte indirette (IVA)

• Ritenute operate come sostituto d'imposta (la ritenuta sugli stipendi dei dipendenti, sui compensi professionali e sui dividendi)

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D.13 Debiti verso istituti di previdenza sociale e di sicurezza socialeLa voce che accoglie i debiti dovuti verso gli istituti di previdenza sociali quali INPS e INAIL, formati da la quota dei contributi previdenziali che paga l'impresa per legge e la quota che essa trattiene dagli stipendi dei lavoratori subordinati.D.14 Altri debitiVoce composta da tutti gli altri possibili debiti che possono sorgere in capo all'impresa. Esempi importanti sono:

• dividendi e altri titoli dovuti ai soci

• emolumenti ad amministratori e sindaci

• interessi dovuti agli obbligazionisti e obbligazioni estratte da rimborsare

• retribuzioni ai dipendenti liquidate ma non regolate

Capitolo 16: Le poste in valuta(il capitolo 16 è lasciato allo studio individuale, numerosi argomenti sono già stati trattati)

Capitolo 17: Conto economicoSi è già affermato coma la struttura di conto economico, espressa dall'articolo 2425 del Codice, sia una struttura scalare divisa in classi, voci e sottovoci. Ugualmente si è già detto come le classi A e B del CE comprendano anche rispettivamente i proventi e gli oneri di area accessoria (che confluiscono nelle famose voci “cestino” A.5 e B.14), e dunque la loro differenza non possa essere direttamente assunta come reddito operativo d'impresa. Adesso verranno esaminate nel dettaglio tutte e cinque le classi del Conto Economico.

A “Valore della produzione”A.1 Ricavi delle vendite e delle prestazioniSono i proventi dell'attività tipica d'impresa, al netto di resi, abbuoni e sconti, che non sono inclusi in un'apposita voce del CE ma si assumono direttamente a rettifica di A.1, e devono essere imputati al netto delle imposte dirette sulle vendite (IVA, ecc.).A.2 Variazione delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finitiRiporta la differenza fra il valore delle rimanenze iniziali e delle rimanenze finali:

• se RI < RF allora ∆rimanenzePF è positivo (incrementa il valore della produzione)

• se RI > RF allora ∆rimanenzePF è negativo (decrementa il valore della produzione)A.3 Variazioni di lavoro in corso su ordinazioneVale lo stesso discorso della voce precedente:

• se il valore della commessa aumenta (i lavori avanzano) ∆Commesse è positivo

• se il valore della commessa diminuisce (ci sono perdite su commessa) ∆Commesse è negativo, se la perdita non viene rilevata in B.13 Altri accantonamenti, in questo caso a fondo rischio

A.4 Incrementi di immobilizzazioni per lavori interniLa voce del CE che comprende il caso delle costruzioni in economia: la logica è la stessa vista sopra per le commesse.A.5 Altri ricavi e proventi, con separata indicazione dei contributi in conto esercizioÈ la voce residuale del valore della produzione, in cui confluiscono tutti quei proventi non classificabili nelle voci precedenti, in particolar modo i proventi provenienti dalla gestione accessoria. L'OIC 12 distingue 6 categorie di proventi da comprendere in questa voce:

• proventi derivanti da gestione accessoria

• plusvalenze da alienazione “ordinaria”, ovvero quella riconducibile al normale ricambio di immobilizzazioni per obsolescenza

• ripristini in valore in seguito a svalutazioni di immobilizzazioni (materiali o immateriali) e crediti dell'attivo circolante

• sopravvenienze e insussistenze attive “ordinarie”, con lo stesso significato visto in precedenza (esempio: una sopravvenienza attiva da conta di cassa di poco valore)

• ricavi e proventi di natura non finanziaria, né straordinaria

• contributi in conto esercizio, per i quali viene prevista un'indicazione separata, in modo che il lettore del bilancio possa immediatamente vedere quanta parte dei proventi dell'impresa si reggono sui contributi pubblici a fondo perduto

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B “Costi della produzione”B.6 Costi per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merciAccoglie i costi sostenuti per l'acquisto di fattori produttivi, sempre al netto di premi, resi ai fornitori, sconti o abbuoni. Se gli sconti hanno invece natura finanziaria andranno iscritti in C.16 “Altri proventi finanziari”. In caso di rettifiche di costi imputati a precedenti esercizi, essi confluiscono i E.20, come proventi straordinari.B.7 Costi per serviziVoce che comprende una moltitudine di casi, tutti quelli in cui un servizio viene erogato da un terzo all'interno dell'attività ordinaria (dalle parcelle dei commercialisti alle bollette per le utenze energetiche). In particolare, vanno inclusi in B.7 alcuni costi che potrebbero essere di difficile classificazione:

• oneri di pubblicità non pluriennali

• provvigioni e rimborsi spese ad agenti e rappresentanti (non sono lavoratori dipendenti)

• compensi e rimborsi ai componenti degli organi (componenti cda, sindaci, ecc)

• contribuzioni per le collaborazioni continuate a progetto (sono lavoratori parasubordinati) e relativi oneri previdenziali

• accantonamenti a fondi di quiescenza (fondi indennità) per il trattamento previdenziale di agenti e rappresentanti

B.8 Costi per il godimenti di beni di terziVoce che include: affitti passivi, canoni passivi di leasing, canoni e royalties per l'utilizzo di brevetti, marchi e know-how, canoni per l'usufrutto di beni mobili e immobili, canoni per il diritto di superficie.B.9 Costi per il personaleLa voce che accoglie tutte i costi connessi ai lavoratori subordinati che lavorano all'interno dell'impresa, compresi i lavoratori interinali. Il codice civile prescrive una divisione in 5 sottovoci:

• B.9.a Salari e stipendi: le retribuzioni lorde per il personale

• B.9.b Oneri sociali: il contributo, obbligatorio per legge, al trattamento previdenziale dei dipendenti

• B.9.c Trattamento di fine rapporto (TFR): i costi per l'accantonamento annuale del TFR dei dipendenti

• B.9.d Trattamento di quiescenza e simili: i costi per l'accantonamento annuale delle quote di contributi che l'impresa può versare, per accordo sindacale interno, a fondi pensione integrativi per i propri dipendenti o a liquidazioni aggiuntive al TFR, sempre per i lavoratori dipendenti

• B.10.e Altri costiB.10 Costi per ammortamento e svalutazioniVoce che include tutti i costi connessi all'ammortamento e alla svalutazione delle immobilizzazioni materiali e immateriali e le svalutazioni dei crediti compresi nell'attivo circolante e delle disponibilità liquide. È divisa in 4 sottovoci:

• B.10.a Ammortamento delle immobilizzazioni materiali

• B.10.b Ammortamento delle immobilizzazioni immateriali

• B.10.c Altre svalutazioni delle immobilizzazioni

• B.10.d Svalutazioni dei crediti compresi nell'attivo circolante e disponibilità liquideB.11 Variazione delle rimanenze di materie prime, sussidiarie e di consumoLa logica è identica a quella giù vista per le variazioni di prodotti finiti, ecc. Riporta la differenza fra il valore delle rimanenze iniziali e delle rimanenze finali:

• se RI < RF allora ∆rimanenzeMP è negativo (la diminuzione delle rimanenze è inserita con segno meno,che diminuisce il costo della produzione)

• se RI > RF allora ∆rimanenzeMP è positivo (l'aumento delle rimanenze è inserito con segno più, che aumenta il costo della produzione)

B.12 Accantonamento per rischiB.13 Altri accantonamentiB.14 Oneri diversi di gestioneÈ la voce residuale dei costi della produzione, in cui confluiscono tutti quegli oneri non classificabili nelle voci precedenti, in particolar modo gli oneri provenienti dalla gestione accessoria. L'OIC 12 distingue 6 categorie di oneri da comprendere in questa voce:

• oneri derivanti da gestione accessoria

• minusvalenze da alienazione “ordinaria”

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• sopravvenienze e insussistenze passive “ordinarie”

• costi e oneri di natura non finanziaria, né straordinaria

• imposte indirette, tasse e contributi: tutte quelle imposte indirette non sul reddito (ex ICI,ex IMU,IUC)

Valore della produzione (A-B)Rappresenta il primo risultato economico parziale della gestione ordinaria e accessoria.

C “Proventi ed oneri finanziari”C.15 Proventi da partecipazioniVoce che include tutti i proventi provenienti da partecipazioni, sia immobilizzate che nell'attivo circolante: dividenti, plusvalenze da alienazione di partecipazioni in attivo circolante, ricavi dalla vendita di diritti di opzione.C.16 Altri proventi finanziariI proventi finanziari non derivanti da partecipazione, divisi in quattro sottovoci:

• C.16.a) da crediti iscritti nelle immobilizzazioni

• C.16.b) da titoli iscritti nelle immobilizzazioni che non sono partecipazioni (BTP, ecc.)

• C.16.c) da titoli iscritti nell'attivo circolante che non costituiscono partecipazioni (BOT,ecc.)

• C.16.d) proventi diversi dai precedentiC.17 Interessi e altri oneri finanziariLa classe C è una classe “mista”, che accoglie poste di segno positivo (i proventi finanziari) e poste di segno negativo, come in questo caso tutti oneri finanziari di competenza dell'esercizio. In NI va indicata la provenienza di tali oneri, distinguendo fra prestiti obbligazionari emessi, debiti vs banche o altri istituti non bancari, ecc.C.17bis Utili e perdite su cambi

D “Rettifiche di valore di attività finanziarie”La classe che accoglie nelle due voci, D.18 e D.19, le svalutazioni e le rivalutazioni di tutti i tipi di attività finanziarie: partecipazioni, immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni e titoli nell'attivo circolante che non costituiscono partecipazioni. Le rivalutazioni presenti appartengono sempre all'aria ordinaria di gestione, e sono pertanto o ripristini di valore dell'attività finanziarie in seguito a svalutazioni operate secondoil criterio ex art.2426 o rivalutazioni di partecipazioni dovute all'applicazione del metodo del patrimonio netto (metodologia benchmark). È anche in questo caso un classe che contribuisce al reddito ante imposte con segno variabile.

E “Proventi e oneri straordinari”La classe che accoglie l'area straordinaria di gestione: plusvalenze e minusvalenze straordinarie (riconversione industriale, ecc), sopravvenienze e insussistenze attive e passive (eventi straordinari), le correzione per componenti di reddito (costi o ricavi) imputati erroneamente a esercizi precedenti, adeguamenti per mutamento dei principi contabili, imposte relative ad esercizi precedenti.Risultato prima delle imposte (A-B±C±D±E)22) Imposte sul reddito dell'esercizio, correnti, differite e anticipateSono le imposte dovute al Fisco, ma nell'ottica civilistica. In CE, scrivendo “imposte sul reddito dell'esercizio”, si intende le imposte di competenza dell'esercizio, intendendo quella parte delle imposte realmente dovute (e pagate nel marzo dell'anno successivo) dette imposte correnti corrette in aumento come imposte differite e in diminuzione come imposte anticipate a seconda delle rispettive riprese in diminuzione e in aumento del reddito civilistico in sede di dichiarazione dei redditi. In altre parole, le imposte di competenza sono quelle che si pagherebbero se la base imponibile coincidesse con il reddito ante imposte.23) Utile (perdite) dell'esercizio

Capitolo 18 – Le imposte differite e anticipateSi ricorda come si giunge al reddito imponibile fiscalmente attraverso una serie di passaggi:

1. Reddito civilistico lordo 2. + variazioni in aumento:

a) costi di competenza non deducibili b) ricavi non di competenza imponibili

3. - variazioni in diminuzione:

Page 30: Appunti-Contabilità-e-Bilancio-prof.-Giacomo-Manettiv1

a) costi non di competenza deducibili b) ricavi di competenza non imponibili

4. = Base imponibile 5. Base imponibile * aliquota= imposte correnti

Esistono però le cosiddette imposte di competenza, che sono le imposte che si sarebbero pagate sul reddito civilistico, senza alcuna ripresa in diminuzione o in aumento effettuata secondo la normativa fiscale contenuta nel TUIR.Tuttavia, il bilancio si basa sul forte principio di competenza, che vuole allora in un certo senso “correggere” questa divergenza fra normativa civilistica e fiscale, dove possibile:

• se la divergenza è permanente, ovvero si crea e si mantiene negli esercizi, allora ciò si risolve in una duratura minore o maggiore tassazione per l'impresa, rispettivamente se la base imponibile è in modo duraturo minore o maggiore del reddito lordo civilistico

• se la divergenza è temporanea, ovvero destinata ad essere riassorbita nel tempo facendo tornare a coincidere normativa civilistica e fiscale, allora il principio di competenza prescrive che quella quota di imposte che deriva dalle riprese in aumento o in diminuzione sia imputata negli esercizi di competenza

Si parla allora di:

• imposte differite: la quota di imposte che deriva dalle riprese in diminuzione, ma destinate ad essere comunque riassorbite. L'esempio principale è quello delle plusvalenze dal alienazione, “spalmabili” fiscalmente in 5 anni, ma civilisticamente imputate nell'esercizio di competenza. Il reddito civilistico è in modo temporaneo maggiore del reddito imponibile

• imposte anticipate: la quota di imposte che deriva dalle riprese in aumento, ma destinate ad essere comunque riassorbite. L'esempio principale è quello dell'ammortamento, fiscalmente non deducibile oltre un'aliquota decisa dalle tabelle. Dunque, se si fa ammortamento civilistico maggiore, in un certo senso si sta “anticipando” una quota di imposte non di competenza dell'esercizio Il reddito civilistico è in modo temporaneo minore del reddito imponibile

Imposte correnti, differite e anticipate sono elencate in sottovoci della 22):

• 22.a) imposte correnti

◦ +22.b) imposte differite

◦ -22.c) imposte anticipate

• = 22) imposte sul reddito (di competenza)In sede di assestamento la scrittura contabile riguarderà l'imputazione di un costo “Imposte correnti dell'esercizio n” a un debito “Debiti tributari” da saldare nel marzo successivo. Contestualmente si registra un costo “Imposte differite” a “Fondo imposte differite, che ha una propria voce nel passivo B.2.

31/12/n Dare Avere

CE 22.a) Imposte correnti dell'esercizio x

SP.P.D.12 Debiti tributari x

31/12/n Dare Avere

CE 22.b) Imposte differite y

SP.P.B.2 F/imposte differite y

Negli esercizi successivi, dopo aver imputato costi per imposte correnti, si stornerà successivamente il fondo imposte differite per la parte che fiscalmente entra a far parte delle imposte correnti. In questo senso si iscrive un “ricavo” che viene accolto in 22) a rettifica di imposte correnti.

31/12/n Dare Avere

SP.P.B.2 F/imposte differite z

CE 22.b) Assorbimento di imposte differite z


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