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Appunti di Laboratorio di...

Date post: 18-Feb-2019
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0 Appunti di Laboratorio di Astronomia Prof. Antonio Bianchini Dipartimento di Astronomia,Universit`a di Padova [email protected] 049-8278243
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Page 1: Appunti di Laboratorio di Astronomiadipastro.pd.astro.it/lab_astro_1/dispenseinpdf/bianchini2.pdf · 2.6 La pressione di radiazione e il momento di un fotone . . . . . . . . . 22

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Appunti di Laboratorio di Astronomia

Prof. Antonio Bianchini

Dipartimento di Astronomia, Universita di Padova

[email protected]

049-8278243

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Indice

1 Le onde 3

1.1 Le onde unidimensionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

1.1.1 velocita di fase di un’onda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6

1.1.2 velocita di gruppo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

1.2 Onde piane . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

1.3 Onde sferiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

2 Onde elettromagnetiche 11

2.1 Le leggi fondamentali dell’elettromagnetismo . . . . . . . . . . . . . . 11

2.2 Le leggi di Maxwell . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

2.3 Le onde elettromagnetiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

2.3.1 Invarianza delle equazioni di Maxwell rispetto alle transfor-mazioni di Lorentz . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

2.4 La polarizzazione della luce . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

2.5 Il vettore di Poynting . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

2.6 La pressione di radiazione e il momento di un fotone . . . . . . . . . 22

2.7 Moto di una carica elettrica in un campo di forze elettromagnetiche . 23

2.8 La propagazione delle onde elettromagnetiche nel vuoto . . . . . . . 25

2.8.1 Sulla velocita della luce nel vuoto . . . . . . . . . . . . . . . . 25

2.8.2 Conseguenze della costanza della velocita della luce . . . . . . 26

2.8.3 L’effetto Doppler . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26

2.8.4 Il fronte d’onda e il principio di Huygens-Fresnel . . . . . . . . 27

2.8.5 Il principio di sovrapposizione delle perturbazioni ottiche (...e

delle onde sinusoidali che le rappresentano). . . . . . . . . . . 28

2.8.6 Il fenomeno della diffrazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28

2.8.7 Il potere risolutivo degli strumenti ottici . . . . . . . . . . . . 30

2.9 L’onda di de Broglie delle particelle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

1

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2

3 Luce e materia 33

3.1 La propagazione delle onde elettromagnetiche nei mezzi materiali . . 333.1.1 Le leggi dell’ottica geometrica . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

3.1.2 Interazione tra luce e materia . . . . . . . . . . . . . . . . . . 343.1.3 Emissione ed assorbimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34

3.1.4 Oscillazioni forzate di dipoli elettrici . . . . . . . . . . . . . . 343.1.5 La propagazione delle onde elettromagnetiche nei dielettrici,

nei metalli e nei plasmi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35

3.1.6 Definizione di cammino ottico . . . . . . . . . . . . . . . . . . 353.1.7 Il principio di Fermat . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36

4 L’atmosfera terrestre 37

4.1 La rifrazione atmosferica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 374.1.1 mezzo omogeneo stratificato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37

4.1.2 I miraggi del deserto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 384.1.3 Imiraggi di mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38

4.1.4 Variazione delle coordinate di un astro . . . . . . . . . . . . . 384.1.5 L’assorbimento atmosferico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39

4.1.6 La dispersione atmosferica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 394.1.7 Il seeing . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39

4.1.8 Cenni sull’ottica adattiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39

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Capitolo 1

LE ONDE

1.1 Le onde unidimensionali

Supponiamo di avere un mezzo elastico, i cui punti materiali tendono a ritornarenella stessa posizione spaziale che avevano prima di una eventuale perturbazione.

Un’onda puo essere definita come una perturbazione di un mezzo elastico che si

propaga attraverso di esso con una certa velocita. Nel caso unidimensionale , la

forma di una perturbazione del mezzo ”elastico” puo essere espressa in tre modi:

1) caso “statico”, onda “congelata”, profilo dell’onda, fissato ad un certo istante, adesempio per t = 0:

Ψ(x, t)t=0 = f(x, 0) = f(x) (1.1)

2) caso “dinamico”, punto di vista Euleriano, onda che “passa” per un punto fisso,

diciamo x = 0, ovvero profilo temporale dell’onda visto da un osservatore fermo:

Ψ(x, t)x=0 = f(0, t) = F (t) (1.2)

In questo caso la forma del profilo F(t) dell’onda risulta “speculare” rispetto a quello

della forma statica f(x).

3-a) espressione generale dell’onda ottenuta dal profilo puramente spaziale (statico)(1.1) operando la sostituzione x′ = x − vt:

Ψ(x, t) = f(x − vt) (1.3)

dove v e la velocita di propagazione dell’onda. Notiamo che, essendo la velocita vcostante per ogni valore della x, essa e la stessa per ogni punto (fase) del profilo

dell’onda.

3

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4 CAPITOLO 1. LE ONDE

3-b) espressione generale dell’onda ottenuta dal profilo temporale (1.2) operando

la sostituzione t′ = t − xv:

Ψ(x, t) = F (t − x

v) (1.4)

dove v e ancora la velocita di propagazione dell’onda.

Notiamo anche che la forma puramente spaziale dell’onda f(x) appare speculare

rispetto a quella puramente temporale F (x) (pensiamo, per esempio, ad un’onda adente di sega descritta nei due modi, nello spazio e poi nel tempo...)

Le espressioni (1.3) e (1.4) sono equivalenti e corrispondono alla rappresentazionedell’onda dal punto di vista Lagrangiano. Infatti, possiamo scrivere

f(x − vt) = F (−x − vt

v) = F (t − x/v) (1.5)

Come esempio, scriviamo nei due modi l’espressione generale di un’onda armon-

ica:

Ψ(x, t) = Asin[φ(t, x)] = Acos(wt − kx) (1.6)

oppure

Ψ(x, t) = Asin[φ(t, x)] = Acos(kx − wt) (1.7)

dove A e l’ampiezza e la cooordinata angolare φ assume la forma wt − kx, essendo

w = 2πP

la velocita angolare o frequenza, e k = 2πλ

il numero d’onda.

Consideriamo ora l’espressione (1.3) Ψ(x, t) = f(x − vt). Se incrementiamo i tempidi un intervallo ∆t e, contemporaneamente, incrementiamo anche lo spazio di un

intervallo ∆x = v∆t, ritroviamo lo stesso valore della Ψ(x, t). Questo significa chel’onda si sposta con velocita v. Notiamo che il segno meno davanti al termine x/v

corrisponde ad un’onda che si sposta nel verso positivo delle x. Un’analoga ondache si propaghi nel verso opposto si ottiene semplicemente cambiando il segno.

Se, aumentando di un intervallo di tempo P la sola coordinata temporale t, op-

pure aumentando di un corrispondente intervallo λ = Pv la sola coordinata spaziale

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1.1. LE ONDE UNIDIMENSIONALI 5

x, il valore della Ψ(x, t) risulta lo stesso, qualsiasi siano i valori iniziali di t, o di x,

allora la funzione Ψ(x, t) e periodica .... e l’espressione Ψ(x, t) rappresenta un treno

d’onde. In tal caso P e λ sono detti, rispettivamente, periodo e lunghezza d’onda

della funzione periodica.

Consideriamo ora le derivate parziali della espressione Ψ(x, t) = f(x) dopo averposto x′ = x ∓ vt:

∂Ψ

∂x=

∂f

∂x′

∂x′

∂x=

∂f

∂x′(1.8)

Essendo ∂x′/∂x = 1 ed anche ∂x′/∂t = ∓v, avremo

∂Ψ

∂t=

∂f

∂x′

∂x′

∂t= ∓v

∂f

∂x′(1.9)

Combinando le due derivate parziali prime otteniamo l’espressione

∂Ψ

∂t= ∓v

∂Ψ

∂x(1.10)

Se ora consideriamo le derivate parziali seconde delle due espressioni precedenti,

avremo

∂2Ψ

∂x2=

∂2f

∂x′2(1.11)

∂2Ψ

∂t2=

∂t

(

∓v∂f

∂x′

)

= ∓v∂

∂x′

(

∂f

∂t

)

(1.12)

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6 CAPITOLO 1. LE ONDE

Poiche ∂f/∂t = ∂Ψ/∂t, l’ultima espressione diventa

∂2Ψ

∂t2= v2

∂2f

∂x′2(1.13)

Infine, essendo ∂x′/∂x = 1, possiamo scrivere:

∂2Ψ

∂x2=

1

v2

∂2Ψ

∂t2(1.14)

Questa e quindi l’equazione differenziale di un’onda unidimensionale.

L’espressione piu generale che soddisfa questa equazione differenziale sara del tipo

Ψ = C1f(x − vt) + C2g(x + vt), (1.15)

dove C1, C2 sono costanti e le funzioni, per rappresentare l’integrale generale, devono

essere differenziabili almeno due volte. Notiamo che l’integrale generale e dato dalla

somma di due onde che si muovono in direzioni opposte lungo l’asse x, con la stessavelocita v, ma non necessariamente con lo stesso profilo.

1.1.1 velocita di fase di un’onda

Ricordiamo che dalla espressione (1.10) possiamo ricavare l’espressione della velocita

v = ∓(∂Ψ

∂t)/(

∂Ψ

∂x) (1.16)

Questa e l’espressione della velocita di fase, vφ, di un’onda. Nel caso in cui l’onda

non cambi forma, essa coincide con l’espressione piu banale v = ∂x/∂t. Tuttavia,

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1.1. LE ONDE UNIDIMENSIONALI 7

l’espressione (3.14) e piu generale e tiene conto anche della possibilita che il profilo

dell’onda si modifichi nel tempo. Quindi, la velocita di fase rappresenta lavelocita di un particolare punto del profilo dell’onda, spesso contraddistinto

dal valore della cosiddetta fase del suo profilo.

Ricordiamo che il segno negativo davanti al rapporto delle due derivate parzialicorrisponde al moto dell’onda nel senso positivo delle x mentre il segno negativo

rappresenta un’onda retrograda.

Per fare un esempio, la velocita di fase di un’onda armonica sara

vφ = −(∂Ψ

∂t)/(

∂Ψ

∂x) =

w

k=

λ

P(1.17)

1.1.2 velocita di gruppo

Supponiamo ora di avere piu onde sinusoidali, di frequenze diverse, che si sommanotra di loro. Consideriamo solo la somma di due di tali onde aventi frequenze w1 e

w2 e lunghezze d’onda λ1 e λ2 molto vicine tra di loro. Assumiamo per semplicitache le due onde abbiano la stessa ampiezza A. Siano

Ψ1 = Acos(k1x − w1t)

Ψ2 = Acos(k2x − w2t)

Se vale il principio di sovrapposizione delle perturbazioni, la somma di queste due

onde, come si sa dalla trigonometria, risulta

Ψ = 2Acos(kmx − wmt)cos(kx − wt) (1.18)

dove

wm = 1

2(w1 − w2) e w = 1

2(w1 + w2) e

km = 1

2(k1 − k2) e k = 1

2(k1 + k2)

Qui abbiamo il prodotto di due funzioni armoniche. Per ciascuna di esse possiamo

definire la velocita di fase. La velocita di fase della componente di frequenza piu

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8 CAPITOLO 1. LE ONDE

alta e quindi data da

v′

φ =w

k(1.19)

La velocita di fase della componente di bassa frequenza ed e data dall’espressione

v′′

φ =wm

km=

w1 − w2

k1 − k2

=△w

△k∼ ∂w

∂k(1.20)

dove il passaggio alla derivata e giustificato dall’assunzione che le frequenze w1 ew2 abbiano valori vicini. La velocita di fase della componente di bassa frequenza e

detta velocita di gruppo. Poiche w = kv, derivando w rispetto a k otteniamo che lavelocita di gruppo e uguale alla velocita di fase dell’armonica di frequenza w1 (∼ w2)

piu un termine che dipende da come varia la velocita di fase stessa al variare dellafrequenza w. Ovviamente, se le due armoniche hanno la stessa velocita di fase il

secondo termine e nullo. L’espressione della velocita di gruppo vg puo quindi esseresemplicemente scritta come

vg = vφ + kdv

dk(1.21)

Come abbiamo detto, se la velocita di fase non dipende dalla frequenza dell’onda,

allora il secondo termine si annulla e la velocita di gruppo coincide con quella difase. L’onda risultante dalla somma delle due onde si chiama battimento e si sposta

“rigidamente”, senza cioe cambiare la sua forma nel tempo. In molti casi pratici,tuttavia, la velocita di fase dipende dalla frequenza dell’onda, oltre che dal mezzo

in cui si propaga. Questo avviene, per esempio, con le onde elettromagnetiche neidielettrici, o con le onde sismiche quando attraversano strati diversi della crosta

terrestre. In tutti questi casi, la velocita di gruppo e distinta dalla velocita di fasedelle singole onde. L’onda risultante cambia continuamente il suo profilo perche le

sue componenti si muovono con velocita diverse nel mezzo (dielettrico) e quindi il loro

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1.2. ONDE PIANE 9

battimento viaggia con la velocita di gruppo che risulta sempre inferiore alla velocita

della luce . Si chiama onda portante quella con frequenza minore. Con le ipotesi fatte,la sua frequenza e w ∼ w1 ∼ w2. La sua ampiezza, e quindi la sua energia ( che di

fatto e proporzionale al quadrato dell’ampiezza), appare modulata dalla componentedi bassa frequenza wm, detta appunto (frequenza di modulazione). Ne consegue che

sara solo la velocita dell’armonica di bassa frequenza a determinare lavelocita di propagazione dell’energia, ovvero dell’informazione! Percio e la

velocita di gruppo, e non le velocita delle singole componenti di alta frequenza, a

determinare la velocita di trasmissione delle informazioni.

La velocita di fase e la velocita di gruppo sono molto importanti quando si studiala propagazione delle onde nei mezzi dispersivi (dielettrici).

1.2 Onde piane

Se l’espressione generale di un’onda unidimensionale Ψ(x, t) = f(x−vt) rappresenta

una proprieta dello spazio (pressione, temperatura, intensita del campo elettrico omagnetico, etc), poiche tale funzione dipende solo dalla coordinata x, essa rappre-

senta un’onda piana. L’espressione tridimensionale di un’onda piana sara

∂2Ψ

∂x2+

∂2Ψ

∂y2+

∂2Ψ

∂z2=

1

v2

∂2Ψ

∂t2(1.22)

od anche

▽2Ψ =1

v2

∂2Ψ

∂t2(1.23)

1.3 Onde sferiche

In un’onda sferica la perturbazione si sposta con la stessa velocita dell’onda pi-

ana. La perturbazione, comunque, diventa sempre piu debole mano a mano cheva aumentando la distanza dalla sorgente O. Poiche l’energia della perturbazione e

proporzionale al quadrato dell’ampiezza ed e inoltre inversamente proporzionale al

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10 CAPITOLO 1. LE ONDE

quadrato della distanza r da O, ne risulta che l’ampiezza della perturbazione deve

essere inversamente proporzionale alla distanza r. L’espressione di un’onda sferica

diventa:

Ψ(r, t) =f(r − vt)

r(1.24)

o anche

1

r

∂2

∂r2(rΨ) =

1

v2

∂2Ψ

∂t2. (1.25)

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Capitolo 2

LE ONDEELETTROMAGNETICHE

Le leggi dell’ottica geometrica sono solo una prima approssimazione del comporta-

mento della luce; esse infatti non spiegano i fenomeni della diffrazione, dell’interferenza,

della polarizzazione etc. che sono importanti nell’ astrofisica sperimentale. Percapire questi ultimi bisogna passare all’ottica ondulatoria.

2.1 Le leggi fondamentali dell’elettromagnetismo

Le leggi fondamentali dell’elettromagnetismo sono:

1) Legge di Gauss elettrica (esistenza del monopolo):

ǫ0

SEndS =

VρdV = q (2.1)

Se siamo in presenza di un dielettrico, oltre all’effetto delle cariche libere dobbi-amo considerare l’effetto della polarizzazione del dielettrico, descritto dal vettore P ,

definito come il risultante dei momenti di dipolo elettrico delle singole molecole con-tenute nell’unita di volume. Si dimostra che il campo elettrico prodotto dai dipoli

molecolari e equivalente al campo elettrico prodotto da una distribuzione di cariche

11

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12 CAPITOLO 2. ONDE ELETTROMAGNETICHE

con densita ρP che soddisfa all’equazione :

VρP dV = −

SPndS (2.2)

otteniamo percio:

ǫ0

SEndS =

VρdV −

SPndS (2.3)

2) Legge di Gauss magnetica (assenza di monopolo):

SBndS = 0 (2.4)

3) Legge dell’induzione di Faraday.

sEsds = − d

dt

SBndS (2.5)

4) Legge della circuitazione di Ampere.

1

µ0

sBsds =

SJndS (2.6)

Tuttavia, le cariche in movimento non sono la sola causa di un campo magnetico.

Infatti, anche una variazione del campo elettrico produce campo magnetico. Si usa

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2.1. LE LEGGI FONDAMENTALI DELL’ELETTROMAGNETISMO 13

percio dire che una variazione del campo elettrico e equivalente all’esistenza di una

corrente elettrica la cui densita JE e proporzionale alla variazione nell’unita di tempodel campo elettrico:

JE = ǫ0

∂E

∂t(2.7)

Inoltre, se sono presenti sostanze materiali, dobbiamo considerare altre due specie

di correnti, oltre a quella dovuta al moto delle cariche libere (lungo il conduttore):una corrente che e proporzionale alla variazione nell’unita di tempo del vettore

polarizzazione JP :

JP =∂P

∂t(2.8)

ed un’altra corrente, dovuta al moto degli elettroni lungo le loro orbite atomiche omolecolari, e al loro moto di spin, che infatti definiscono le proprieta magnetiche

della materia. In generale, eccettuato il caso delle sostanze ferro-magnetiche, lamagnetizzazione della materia e molto piccola per cui tali correnti vengono spesso

trascurate. Comunque, in base a quanto detto, l’espressione piu generale della leggedella circuitazione di Ampere diviene:

1

µ0

sBsds =

S(Jn +

∂Pn

∂t+ ǫ0

∂En

∂t)dS (2.9)

Se introduciamo il vettore spostamento elettrico definito come:

D = ǫ0E + P

e definiamo l’intensita del campo magnetico, H, come:

H = Bµ0

possiamo infine scrivere:

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14 CAPITOLO 2. ONDE ELETTROMAGNETICHE

1)∫

S DndS =∫

V ρdV

2)∫

S HndS = 0

3)∮

s Esds = −µ0

S∂Hn

∂tdS

4)∮

s Hsds =∫

S∂Dn

∂tdS +

S JndS

2.2 Le leggi di Maxwell

Siccome le equazioni appena derivate sono valide qualsiasi siano le dimensioni deivolumi e delle superfici considerate, potremo anche scrivere:

1) divD = ρ

2) divH = 0

3) rotE = −µ0∂H∂t

4) rotH = ∂D∂t

+ J

od anche

1) ∇ · D = ρ

2) ∇ · H = 0

3) ∇× E = −µ0∂H∂t

4) ∇× H = ∂D∂t

+ J

Queste sono dette EQUAZIONI DI MAXWELL. Esse ci dicono che il campo

magnetico ed elettrico esistenti in un certo punto di un dielettrico sono direttamenteprodotti dalle variazioni della intensita del campo elettrico e magnetico, rispettiva-

mente, nelle immediate vicinanze di quel punto.

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2.3. LE ONDE ELETTROMAGNETICHE 15

2.3 Le onde elettromagnetiche

Consideriamo ora un campo elettromagnetico in una regione dello spazio occupatada un dielettrico ISOTROPO ed OMOGENEO nel quale la densita di CARICA

e la densita di CORRENTE siano ovunque NULLE. In questo caso, le equazionidi Maxwell possono essere riscritte nel modo seguente:

∇ · E = 0 (2.10)

∇ · H = 0 (2.11)

∇× E = −µ0

∂H

∂t(2.12)

∇× H = ǫ0

∂E

∂t(2.13)

Come si vede, in questo caso le equazioni di Maxwell diventano SIMME-

TRICHE rispetto ad E ed H, eccetto che per una differenza di segno.

Esiste una soluzione delle equazioni di Maxwell in cui l’intensita del

campo elettrico, E, e l’intensita del campo magnetico, H, sono suppostidipendere solo dal tempo, t, e dalle cooordinate x, y, z. Questa soluzione

rappresenta un’onda piana:

Per dimostrarlo, facciamo il rotore della (4.13):

∇× (∇× H) = ǫ0

∂(∇× E)

∂t(2.14)

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16 CAPITOLO 2. ONDE ELETTROMAGNETICHE

Usando la (4.12) possiamo scrivere

∇× (∇× H) = −ǫ0µ0

∂2H

∂t2(2.15)

Sfruttando l’eguaglianza

∇× (∇× ) = ∇(∇. ) −∇2 (2.16)

otteniamo

∇(∇ · H) −∇2H = −ǫ0µ0

∂2H

∂t2(2.17)

E, infine, poiche deve essere

∇ · H = 0

risulta

∇2H = ǫ0µ0

∂2H

∂t2(2.18)

Una simile espressione puo essere ottenuta per il campo elettrico:

∇2E = ǫ0µ0

∂2E

∂t2(2.19)

Queste sono le equazioni di un’onda piana!

La velocita di propagazione e: v = 1/√

ǫ0µ0. Essendo ǫ0µ0 = 11.12×10−18s2/m2,

si ottiene v ∼ 3 × 108m/s. Questo risultato e in ottimo accordo con la misura delle

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2.3. LE ONDE ELETTROMAGNETICHE 17

velocita della luce di 315,300 Km/s, ottenuta da Fizeau nel 1849. Nel 1983, la 17ma

Conferenza Generale dei Pesi e delle Misure a Parigi ridefinı la lunghezza del metroed ora la velocita della luce vale c = 2.99792458× 108m/s.

Vediamo ora che senso ha parlare di un’onda che sia contemporaneamente magnetica

ed elettrica.

Consideriamo il caso in cui l’onda si propaga lungo l’asse x. Dunque, le soluzionidelle due equazioni differenziali saranno funzioni delle sole variabili x e t.

Consideriamo ora le componenti cartesiane delle equazioni di Maxwell (3.35 - 3.38)

valide per l’ipotesi fatta ( spariscono le derivate rispetto agli assi y e z):

1) ∂Ex

∂x= 0

2) ∂Hx

∂x= 0

3) (componenti del rotore di E)

0 = ∂Hx

∂t

∂Ez

∂x= µ0

∂Hy

∂t

−∂Ey

∂x= µ0

∂Hz

∂t

4) (componenti del rotore di H)

0 = ∂Ex

∂t

−∂Hz

∂x= ǫ0

∂Ey

∂t

∂Hy

∂x= ǫ0

∂Ez

∂t

Da queste possiamo capire, ad esempio, che i campi E ed H variano solo nelledirezioni y e z, come mostrano le coppie di componenti Ey e Hz, ed Ez e Hy.

Quindi, una caratteristica delle onde elettromagnetiche e che i campi elettrico emagnetico variabili sono sempre perpendicolari tra di loro e alla direzione

di propagazione.

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18 CAPITOLO 2. ONDE ELETTROMAGNETICHE

Tutte le evidenze sperimentali, legate principalmente ai fenomeni di interferenza

e diffrazione, suggeriscono che le onde elettromagnetiche hanno anche un’altra carat-teristica: sono onde armoniche.

Le soluzioni saranno quindi del tipo:

Ey(x, t) = E0ycos [w(t − x/c) + ǫ] (2.20)

Hz(x, t) = H0zcos [w(t − x/c) + ǫ] (2.21)

Ma, poiche

−∂Ey

∂x= µ0

∂Hz

∂t

la (3.44) puo essere direttamente ricavata dalla (3.43) ponendo

Hz = − 1

µ0

∫ ∂Ey

∂xdt

e cioe

Hz = − 1

µ0

E0yw

c

sin [w(t − x/c) + ǫ] dt (2.22)

e infine

Hz(x, t) =1

µ0cE0ycos [w(t − x/c) + ǫ] (2.23)

Possiamo cosı concludere che

Ey = µ0cHz (2.24)

2.3.1 Invarianza delle equazioni di Maxwell rispetto alle trans-

formazioni di Lorentz

Diversamente dalle leggi di Newton, le equazioni di Maxwell non sono covarianti

rispetto ad una trasformazione Galileiana.

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2.4. LA POLARIZZAZIONE DELLA LUCE 19

Ad esempio, se una soluzione e del tipo

sin(kx − ωt) (2.25)

dove ω = 2π/Periodo e k = 2π/λ, una trasformazione Galileiana, fatta rispetto adun sistema di riferimento che si trovi in moto relativo lungo l’asse x con velocita v,

implicherebbe che l’onda osservata da un osservatore solidale con il secondo sistemaavesse espressione

sin(kx′ − ω(1 − v

c)t) (2.26)

Se dunque v tende a c, avremo paradossalmente un onda che oscilla nello spazio

e non nel tempo !Consideriamo invece la quantita

ds2 = dx2 + dy2 + dz2 − c2dt2 (2.27)

che esprime la distanza ds tra due eventi in uno spazio a quattro dimensioni. Tale

quantita risulta invariante rispetto alle trasformazioni di Lorentz. Tutto questocostituisce la base della teoria della relativita ristretta, nella quale il tempo, o meglio

la quantita c × t, diventa una variabile e come tale cambia passando da un sistemainerziale ad un altro.

2.4 La polarizzazione della luce

Storicamente, per spiegare il fenomeno della polarizzazione della luce si era in-trodotto il concetto di perturbazione ottica, detto anche vettore ottico che, nell’ambito

della nascente teoria ondulatoria della luce, rappresentava la perturbazione, o sposta-

mento, di un elemento di un non ben definito mezzo elastico. Tale pertur-

bazione era percio responsabile del fenomeno ondulatorio la cui propagazione avvieneperpendicolarmente alla direzione della perturbazione stessa.

Dopo la scoperta della natura elettromagnetica della luce, per vettore ottico siadotto il vettore del campo elettrico E. La scoperta della non esistenza dell’etere,

il mezzo elastico che avrebbe dovuto far da supporto meccanico, alle onde lumi-nose, non cambio di molto il senso fisico del vettore ottico, in quanto le leggi

dell’elettromagnetismo, riassunte nelle famose quattro leggi di Maxwell, forniscono

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20 CAPITOLO 2. ONDE ELETTROMAGNETICHE

ancora, sotto certe condizioni, soluzioni ondulatorie in cui il vettore elettrico e quello

magnetico sono infatti perpendicolari alla direzione di propagazione dell’onda.

Nella luce non polarizzata, il vettore ottico non presenta una direzione pri-vilegiata, cambia direzione rapidamente e in modo irregolare; non esiste percio una

direzione privilegiata di vibrazione del campo elettrico, e quindi nemmeno di quellomagnetico. Nella luce polarizzata, invece, il vettore ottico mantiene nel tempo la

stessa direzione. Chiameremo quest’onda ”linearmente polarizzata”. Il pianocontenete il vettore ottico (E) e la direzione di propagazione e allora detto ”piano

di polarizzazione” dell’onda.

Ogni strumento ottico capace di trasmettere solo la luce polarizzata parallela-mente ad una certa direzione si chiama filtro polarizzatore. Si chiama polarimetro

lo strumento che, usando eventualmente un filtro polarizzatore, misura l’orientazionedel piano di polarizzazione di un’onda osservata.

Ricordiamo che lo stato di polarizzazione di un’onda elettromagnetica rap-

presenta uno dei fondamentali stati quantici dei fotoni ed e anche una proprietadel campo da essi rappresentato. In certe condizioni, gli stati quantici possono dare

origine a fenomeni di non localita, come, ad esempio, nel caso di coppie entangled difotoni prodotti contemporaneamente dal decadimento di un pione neutro, e quindi,

rappresentando entrambi un unico stato quantico, sono anche rappresentati dalla

stessa funzione d’onda. In questo caso, se viene determinato lo stato quantico diuno dei due fotoni, per il principio di conservazione del momento angolare (lo spin

del pione e nullo, quello dell’altro risulta pure determinato dovendo necessariamenterisultare opposto al primo.

Ricordiamo che la sovrapposizione di onde polarizzate genera onde polarizzate el-

litticamente o circolarmente. Consideriamo un sistema di coordinate cartesiane conl’asse x nella direzione della propagazione, l’asse y parallelo al vettore ottico di

una delle due onde e l’asse z parallelo al vettore ottico dell’altra onda. Il vettorerisultante descrive una ellisse o un cerchio a seconda che le due ampiezze sono, rispet-

tivamente, diverse oppure uguali. Si parla percio di polarizzazione ellittica oppurecircolare dell’onda risultante.

2.5 Il vettore di Poynting

Sappiamo che la densita di energia di un campo elettrico (come la si puo calco-

lare, ad esempio, nello spazio compreso tra i due piatti di un condensatore) e data

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2.5. IL VETTORE DI POYNTING 21

dall’espressione

uE =ǫ0

2E2 (2.28)

La densita di energia del campo magnetico (calcolata, per esempio, all’interno di un

toroide) risulta

uH =µ0

2H2 (2.29)

Essendo Ey = cµ0Hz e c = 1/√

ǫ0µ0, si conclude anche che

u = uE + uH = ǫ0E2 = µ0H

2 (2.30)

ove, per semplicita, tralasciamo di considerare l’ortogonalita dei due vettori E ed

H .

Per rappresentare il flusso di energia elettromagnetica, S, attraverso una super-

ficie nell’unita di tempo, basta considerare l’espressione

S = uc = uEc + uHc = ǫ0E2c = ǫ0E.c2µ0H = EH (2.31)

Quindi, in un campo elettromagnetico il flusso di energia per unita di area e rap-

presentato da un vettore S, chiamato vettore di Poynting, dato dal prodotto vetto-riale

S = E ×H (2.32)

Il valore mediato nel tempo del vettore di Poynting e

〈S〉 =c2ǫ0µ0

2|E0 × H0| =

cǫ0

2E2

0 (2.33)

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22 CAPITOLO 2. ONDE ELETTROMAGNETICHE

2.6 La pressione di radiazione e il momento di un

fotone

Nel 1619 Johannes Kepler propose che fosse la pressione della luce solare a piegarela coda delle comete quando si avvicinavano al fuoco della loro orbita ellittica. Nel

1873, Maxwell riprese l’argomento e mostro che la pressione di radiazione Prad euguale alla densita di energia dell’onda elettromagnetica:

Prad = uE + uH (2.34)

Quindi anche la luce, quando viene assorbita o riflessa, esercita sulla materia unapressione, ovvero una forza per unita di superficie.

La spiegazione puo essere data nel modo seguente. La teoria speciale della relativitadimostra che un singolo fotone, seppur privo di massa, possiede tuttavia un momento

p dato dalla

p =hν

c=

h

λ(2.35)

Ora, il flusso di energia S (vettore di Poynting) che attraversa nell’unita di tempo

l’unita di superficie, corrispondera al passaggio di un numero N = S/(hν) di fo-toni. Il flusso del momento da essi trasportato, percio, rappresenta la pressione di

radiazione

Prad = ∆p/∆t = Nhν/c =S

c= u (2.36)

Notiamo che la densita di energia u si riferisce, in questo caso, ad un campo diradiazioni che, essendo costituito da un unico treno di onde piane, non e isotropo.

La pressione di radiazione, in effetti, e esercitata nella direzione di propagazione deifronti d’onda ed ha componenti nulle nelle direzioni ad essa perpendicolari (almeno

fintanto che i fronti d’onda piani sono infinitamente estesi...). In altre parole, la forzadi pressione radiativa e perpendicolare al fronte d’onda, proprio come il vettore di

Poynting.

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2.7. MOTO DI UNA CARICA ELETTRICA IN UN CAMPO DI FORZE ELETTROMAGNETICHE

Se considerassimo, invece, la densita di energia di un campo di radiazione isotropo

ρ(λ, T ), la pressione di radiazione deve necessariamente essere espressa come

Prad = 1/3ρ(λ, T ) (2.37)

2.7 Moto di una carica elettrica in un campo di

forze elettromagnetiche

Il moto di un corpo materiale puo essere descritto dalle equazioni di Lagrange

d

dt

(

∂L

∂qj

)

− ∂L

∂qj

(2.38)

essendo

L = T − V (2.39)

dove T e V sono l’energia cinetica e il potenziale, e qj sono le coordinate generalizzate

del sistema che, tenendo conto dei vincoli, sono indipendenti le une dalle altre .

Le equazioni di Lagrange sono state ottenute per sistemi conservativi, nei quali leforze sono derivabili da una funzione potenziale V . Esse possono tuttavia essere

scritte, sotto certe condizioni, anche per sistemi non conservativi. Un caso di questie proprio il campo elettromagnetico.

La forza agente su di una carica q, dotata di velocita v, non e solo la forza

elettrica

F = −q∇V = qE (2.40)

Se ci si limitasse a questa espressione, il sistema non sarebbe nemmeno conservativo

in quanto, per le equazioni di Maxwell, si ha

∇× E = −∂B∂t

6= 0

La forza totale agente sulla carica in moto e invece la cosiddette forza di Lorentz

F = q(E + v × B) (2.41)

Dove si e posto B = µ0H .

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24 CAPITOLO 2. ONDE ELETTROMAGNETICHE

In virtu del fatto che deve essere ∇ · B = 0, possiamo porre

B = ∇× A (2.42)

dove A e chiamato potenziale vettore.

La legge di Maxwell che deriva dalla legge dell’induzione di Faraday si puo allora

scrivere

∇×(

E + ∂A∂t

)

= 0

A questo punto, possiamo porre

E +∂A

∂t= −∇Φ (2.43)

La forza di Lorentz, espressa in funzione dei potenziali Φ ed A, diviene

F = q

{

−∇Φ − ∂A

∂t+ (v ×∇× A)

}

(2.44)

Si dimostra che se si poneU = q(Φ − A · v) (2.45)

le componenti della forza di Lorentz lungo i tre assi coordinati assumono la forma

Fxi= − ∂U

∂xi+ d

dt∂U

∂vxi

Tanto basta per riconoscere in U un tipico esempio di potenziale dipendente dalla

velocita e dalla funzione dissipazione. U assume il termine di potenziale generalizzato

e, come abbiamo visto, soddisfa alla relazione

Qj = −∂U

∂qj+

d

dt

(

∂U

∂qj

)

(2.46)

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2.8. LA PROPAGAZIONE DELLE ONDE ELETTROMAGNETICHE NEL VUOTO25

dove Qj sono le forze generalizzate.

La Meccanica Classica ci dice che in queste condizioni e ancora possibile scrivere le

equazioni di Lagrange ponendo

L = T − qΦ + qA · v (2.47)

Le equazioni di Lagrange relative al moto della carica assumono quindi la forma

d

dt

(

∂L

∂qj

)

− ∂L

∂qj

= Qj (2.48)

2.8 La propagazione delle onde elettromagnetiche

nel vuoto

2.8.1 Sulla velocita della luce nel vuoto

METODO DEI SATELLITI DI GIOVE

Osservando i tempi di inizio eclisse del satellite gioviano Io il cui periodo di

rivoluzione e di circa 42 h 28 m 16 sec. Roemer, nel 1676 mostro che le eclissiavvenivano ad intervalli di tempo variabili nel tempo in modo da essere piu brevi

quando la terra stava avvicinandosi a Giove, e piu lunghi quando essa andava allon-tanandosi.

Questo provava, prima di tutto, che la velocita della luce e finita e inoltre nepermetteva una stima. Se P0 e il vero periodo orbitale di Io e Pobs quello osservato

ad un certo istante, c la velocita della luce, e ∆d e la variazione della distanza

Terra-Giove che avviene durante il periodo P0, avremo:

Pobs = P0 + ∆dc

Si ricava: c = 301.500Km/s

METODO DELL’ABERRAZIONE

Introdotto da Bradley nei primi del 700 consiste nell’osservare lo spostamentoapparente della posizione di una stella dovuto al moto di rivoluzione annuo della

terra.

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26 CAPITOLO 2. ONDE ELETTROMAGNETICHE

Le posizioni delle stelle cambiano descrivendo delle ellissi: le stelle nella direzione

del polo dell’eclittica mostreranno ellissi con eccentricita pari a quella dell’orbitaterrestre, quelle che si trovano lungo l’eclittica mostreranno ellissi che degenerano

in un segmento.

Un fenomeno analogo a quello dell’aberrazione annua e prodotto anche dall’effetto

parallattico per il quale le stelle relativamente piu vicine, a causa del moto terrestre,appaiono spostarsi rispetto a quelle piu lontane (che fanno da sfondo). In questo

caso, le dimensioni dell’ellisse apparente percorsa da una stella sono tanto maggioriquanto piu vicina e la stella stessa. L’ effetto dell’aberrazione, invece, e uguale per

tutte le stelle, indipendentemente dalla loro distanza, dipendendo solo dalla velocitadella luce e da quella di rivoluzione della terra. Anche in questo caso, l’eccentricita

delle ellissi dipende dalla declinazione eclitticale dell’oggetto.

Dalle dimensioni dei semiassi maggiori delle ellissi osservate si ricavac = 299.700 Km/s

METODI TERRESTRI PER LA MISURA DELLA VELOCITA DELLALUCE

metodo di FIZEAU (1848)

metodo MICHELSON E MORLEY (1881) (vedi interferometro di ....)

metodo di ARAGO-FIZEAU-FOUCAULT (1850)

metodo di BERGSTRAND (1950)

2.8.2 Conseguenze della costanza della velocita della luce

Consideriamo l’espressione

x2 + y2 + z2 − c2t2 (2.49)

..................................

2.8.3 L’effetto Doppler

Si dimostra che, in completa analogia con quanto avviene nella propagazione dei

suoni, si ha:

∆λ

λ=

v

c(2.50)

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2.8. LA PROPAGAZIONE DELLE ONDE ELETTROMAGNETICHE NEL VUOTO27

In realta, questa e una espressione approssimata, valida solo per velocita molto infe-

riori a c. L’espressione relativistica dell’effetto Doppler per le onde elettromagnetichee:

λ = λ0

[

1 + vc

1 − vc

]1/2

(2.51)

L’espressione relativistica, per v ≪ c, si riduce a quella non relativistica.

2.8.4 Il fronte d’onda e il principio di Huygens-Fresnel

Si dice fronte d’onda ogni superficie dello spazio in ciascun punto della quale ilvalore della perturbazione del mezzo elastico, oppure l’intensita del campo di forze,

sono gli stessi. Si puo quindi definire il fronte d’onda delle onde elettromagnetiche,

assunte sferiche e sinusoidali, come la superficie in cui la fase del campo elettrico,o di quello magnetico, sono uguali. Come vedremo, le velocita delle perturbazioni

possono variare passando da un mezzo all’altro, e la forma del fronte d’onda puopercio anche cambiare, anche assumendo forme irregolari.

Consideriamo ora una superficie arbitraria Σ che circondi una sorgente di lucemonocromatica. I vari punti di essa si comportano come sorgenti secondarie vir-

tuali di onde sinusoidali, cosı che la perturbazione ottica al di la della superficie egenerata dall’interferenza di queste onde secondarie.

Per capire intuitivamente questo principio consideriamo i fronti d’onda secondariprodotti dai punti di Σ. Essi formano un inviluppo Σ′. Supponiamo che la

perturbazione ottica sia confinata in uno strato di spessore molto piccolo e sia positivanella sua parte anteriore e negativa nella parte posteriore. L’inviluppo Σ′ e quindi

tangente solo a tutte le parti positive delle perturbazioni secondarie. In ogni altropunto interno al volume delimitato da Σ′ esistono un egual numero di perturbazioni

positive e negative delle verie onde secondarie che si sovrappongono. Il principiodi Huygens spiega dunque in che modo la perturbazione ottica si sposti come se

si trattasse del semplice spostamento del fronte d’onda. Il principio di Huygens etuttavia fondamentale per comprendere il fenomeno della diffrazione da ostacoli e

fenditure. Quando, cioe, una parte di un fronte d’onda ( ∼ infinitamente esteso)viene bloccata da un ostacolo, i bordi del fronte producono onde secondarie che

espandendosi in tutte le direzioni hanno l’effetto di “raggirare” l’ostacolo stesso.

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28 CAPITOLO 2. ONDE ELETTROMAGNETICHE

2.8.5 Il principio di sovrapposizione delle perturbazioni ot-

tiche (...e delle onde sinusoidali che le rappresentano).

Il Principio di sovrapposizione afferma che :

La perturbazione ottica in un punto prodotta da due o piu onde luminose e uguale

alla somma delle perturbazioni luminose che sarebbero prodotte da ciascuna delle

onde separatamente. Tale possibilita e garantita dalla linearita delle equazioni diMaxwell.

SOVRAPPOSIZIONI DI ONDE COERENTI E INCOERENTI.....

Battimenti, velocita di gruppo....

Si dimostra che l’intensita della sovrapposizione di molte onde luminose incoerenti

e data dalla somma delle intensita delle singole onde.

2.8.6 Il fenomeno della diffrazione

Si dice fronte d’onda ogni superficie dello spazio in tutti i punti della quale la “per-turbazione” ondulatoria ha la stessa fase, ovvero, nel caso delle onde elettroma-

gnetiche, in cui i vettori elettrici e magnetici sono tutti uguali.

Secondo il PRINCIPIO DI HUYGENS-FRESNEL ogni punto di un fronte d’onda

e a sua volta centro sorgente di nuove onde semisferiche che vengono istantaneamenteemesse con la fase propria del fronte d’onda. La perturbazione ottica presente in

un “punto” di un fronte d’onda piu avanzato e quindi determinata dalla somma(vettoriale) di tutte le perturbazioni provenienti da ciascun punto del fronte d’onda

originario. In tutti gli altri punti del secondo fronte d’onda la perturbazione otticadovra avere la stessa fase del primo punto. Tutto questo ha come effetto finale

l’apparente spostamento di ciascun fronte d’onda nel senso del moto dell’onda.

I raggi rappresentano percio la direzione del moto della perturbazione otticalegata a ciascun punto di un fronte d’onda e sono percio perpendicolari alla pertur-

bazione stessa (cio e al campo elettrico) in ogni suo punto.

Una prova eloquente della validita del principio di Huygens e fornita dal com-

portamento della intensita luminosa di una stella osservata mentre viene eclissatadal bordo della luna (la quale, come si sa, ha un moto apparente diverso da quello

delle stelle fisse...). Infatti, noi possiamo notare una diminuzione della luce dell’astroancor prima che esso venga eclissato, e continuiamo a vedere la sua luce che si in-

debolisce sempre piu fino a scomparire anche dopo l’istante dell’eclisse astronomica.

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2.8. LA PROPAGAZIONE DELLE ONDE ELETTROMAGNETICHE NEL VUOTO29

Al momento dell’eclisse, l’intensita luminosa dell’astro appare meta di quella effet-

tiva. Questo si spiega con il fatto che, in quel momento, il disco lunare copre circameta dei fronti d’onda provenienti dalla sorgente lontana, cosicche l’osservatore di

fatto riceve solo meta delle perturbazioni ottiche provenienti da quei fronti d’onda.Quando la posizione dell’astro passa dietro al disco della luna, l’osservatore puo

ancora ricevere le perturbazini ottiche (e quindi vede ancora luce) provenienti dallaporzione del fronte d’onda non ancora eclissato.

Un altro esempio importante per capire il fenomeno della diffrazione e quello

della fenditura attraversata da ”raggi paralleli”, ovvero da onde piane.

Consideriamo dunque un’onda piana che colpisca uno schermo opaco provvisto di

una fenditura. Possiamo considerare ogni punto della fenditura stessa (una volta chesia stata raggiunta dal fronte d’onda) come sorgente di onde sferiche. Nel caso in cui

la fenditura e larga, la parte centrale del fascio di luce si presenta ancora pressapococome un’onda piana. Diverso e il comportamento ai bordi della fenditura, in quanto

le onde secondarie che lı si generano, non trovando altre emissioni al loro esterno,produrranno fronti d’onda sferici determinando una specie di apertura a ventaglio

dei raggi luminosi.

Per semplicita, consideriamo una fenditura avente una sola dimensione che sia

colpita da onde piane. Per il principio di Huygens, possiamo considerare ogni puntodel fronte d’onda intercettato dalla fenditura come sorgente di onde secondarie.

Supponiamo ora di osservare l’immagine proiettata della fenditura su uno schermoche porremo a sempre crescente distanza dalla fenditura. Osserveremo che, all’aumentare

della distanza, l’immagine della fenditura apparira sempre piu strutturata, essendocostituita da una serie di frange luminose e scure. Il fenomeno si dice diffrazione

di Fresnel da una fenditura. Se portiamo lo schermo sempre piu lontano, la strut-tura dell’immagine cambia tendendo verso una forma che rimane inalterata nella

distrubuzione angolare delle strutture osservate. Questa forma “limite” della figuradi diffrazione di Fresnel viene detta diffrazione di Fraunhofer. In pratica la

diffrazione di Fraunhofer rappresenta il comportamento della somma delle pertur-bazioni ottiche al variare della direzione per raggi paralleli. Ma questa situazione si

realizza molto semplicemente mettendo una lente dopo la fenditura ed osservandol’immagine che si forma sul suo piano focale. La lente concentra tutti i raggi di

una data direzione provenienti da ciascun punto del fronte d’onda che attraversa lafenditura in un ben preciso punto del suo piano focale. In quel punto l’intesnita

luminosa sara’ data dal quadrato dell’ampiezza della perturbazione ottica risultantedalla somma di tutti i raggi che vi incidono. Cosıla direzione angolare delle frange

luminose e di quelle buie dipendera solo dall’inclinazione e dalle dimensioni della

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30 CAPITOLO 2. ONDE ELETTROMAGNETICHE

fenditura, e non dalla distanza dello schermo su cui proiettiamo l’immagine, che

dovra inevitabilmente coincidere col piano focale della lente. Si dimostra facilmenteche, se il fronte d’onda originario e parallelo al piano della fenditura, il massimo di

luce cadra nella direzione del suo asse, mentre il primo minimo (buio) si trovera aduna distanza angolare dal picco luminoso che, per una fenditura rettangolare, e dato

dalla

∆θ = sinλ

d≃ λ

d(2.52)

dove λ e la lunghezza d’onda della luce e d e il diametro della fenditura.

2.8.7 Il potere risolutivo degli strumenti ottici

Il fenomeno della diffrazione ha una immediata conseguenza nella formazione delle

immagini ottiche. Infatti, l’obbiettivo di una macchina fotografica, la pupilla dell’occhio,la lente o lo specchio di un telescopio sono innanzitutto delle fenditure ( o diaframmi)

che selezionano solo una porzione del fronte d’onda in arrivo. I bordi del fronted’onda raccolto dall’obiettivo, come abbiamo detto, generano onde secondarie che

si propagano anche lungo direzioni diverse da quella del fronte d’onda originario.

La focalizzazione del fronte d’onda emergente dalla lente principale del telescopio,produrra percio un’immagine di diffrazione. Poiche in questo caso la fenditura e

circolare, la distanza angolare del primo minimo di luce dal massimo centrale e datadalla formula

Θ = 1.22λ

D(2.53)

dove D e il diametro della lente, e 1.22 una costante dovuta all’integrazione delleperturbazioni ottiche su una superficie circolare (anziche rettangolare).

Si assume che questo angolo (ottenuto in radianti, ma generalmente espressoin secondi d’arco) rappresenti il potere risolutivo di uno strumento ottico, e quindi

anche di un telescopio. Possiamo percio dire che in nessun caso e possibile ottenereimmagini puntiformi ! Questo, tuttavia, e in armonia con il principio di indetermi-

nazione di Heisenberg. Non si puo avere tutta l’energia in un solo punto, in un unico

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2.9. L’ONDA DI DE BROGLIE DELLE PARTICELLE 31

istante di tempo, cosı come non possiamo localizzare perfettamente una particella

e contemporaneamente misurarne il momento.

Il potere risolutivo di un telescopio, cosı definito, rappresenta in pratica la minima

separazione angolare che due sorgenti luminose puntiformi possono avere per poteressere riconosciute come separate: in pratica, perche il profilo delle due immagini

sovrapposte possa ancora mostrare la presenza di due picchi distinti.

Ricordiamo che tutto questo e teorico, e che varrebbe solo per immagini ideali. In

pratica, nelle osservazioni da terra abbiamo il problema della turbolenza atmosferica(detta seeing che, deformando il fronte d’onda in arrivo, allarga le immagini stellari

ben al di la delle loro immagini di diffrazione. Solo le immagini ottenute da telescopispaziali o quelle ottenute da telescopi terrestri dotati di ottica adattiva ( specchi

sottili che si deformano in tempo reale capaci di correggere le aberrazioni istantaneeprodotte dal seeing) riescono a raggiungere i valori teorici del potere risolutivo del

telescopio.

Ricordiamo anche che il potere risolutivo dipende dalle dimensioni della lente

ma anche dalla lunghezza d’onda a cui si osserva. I telescopi radio, che lavorano conlunghezze d’onda di centimetri e metri, hanno percio poteri risolutivi molto bassi.

Per studiare la struttura angolare delle sorgenti radio celesti bisogna percio ricorrereai metodi interferometrici.

2.9 L’onda di de Broglie delle particelle

Come abbiamo visto, il momento associato ad un fotone e

p = hν/c = h/λ

Nel 1924, L. de Broglie suggerı che anche le particelle materiali (in particolare

gli elettroni) potessero simmetricamente essere associate ad un’onda di lunghezzad’onda

λ =h

p(2.54)

dove p e il momento della particella. Dunque, i corpi materiali piu massicci possiedonoonde associate di piccolissima lunghezza d’onda: e per questo che noi non facciamo

diffrazione quando passiamo attraverso una porta! Il significato dell’onda associata

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32 CAPITOLO 2. ONDE ELETTROMAGNETICHE

ad una particella e quello di poter definire la probabilita che ha quella particella di

esistere o di essere individuata in un certo punto dello spazio.

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Capitolo 3

LE ONDEELETTROMAGNETICHENELLA MATERIA

3.1 La propagazione delle onde elettromagnetiche

nei mezzi materiali

3.1.1 Le leggi dell’ottica geometrica

Il concetto di propagazione rettilinea dei raggi luminosi deriva dall’esperienza

pratica, ma non rappresenta esattamente la realta: le ombre hanno contorni confusi,due sorgenti possono dare origine a fenomeni di interferenza, etc....

Le leggi della riflessione e della rifrazione in ottica geometrica sono:

a) I raggi riflesso e rifratto stanno nel piano formato dal raggio incidente e dalla

normale alla superficie nel punto di incidenza.

b) Il raggio incidente e il raggio riflesso formano angoli uguali con la normale allasuperficie di separazione.

c) Il rapporto tra il seno dell’angolo di incidenza e il seno dell’angolo di rifrazione e

indipendente dall’angolo di incidenza ed e una caratteristica dei due mezzi ( leggedi Snell). Tale rapporto si chiama indice di rifrazione del secondo mezzo rispetto al

primo.

d) Legge della riflessione totale: se per un certo angolo di incidenza il raggio rifratto

esce parallelo alla superficie di separazione dei due mezzi, allora per ogni angolo di

33

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34 CAPITOLO 3. LUCE E MATERIA

incidenza superiore a questo non ci sara piu il raggio rifratto ma riflessione totale

del raggio incidente all’interno dello stesso mezzo da cui proviene.

Queste leggi rappresentano solo alcuni aspetti del comportamento delle radi-azioni elettromagnetiche. Non spiegano, ad esempio, i fenomeni di diffrazione ed

interferenza. La teoria ondulatoria della luce e invece in grado di spiegare tuttiquesti fenomeni.

3.1.2 Interazione tra luce e materia

La luce e la conseguenza del moto delle particelle cariche che formano gli atomie le molecole della sorgente luminosa. Sebbene solo la meccanica quantistica sia

in grado di descrivere adeguatamente il comportamento degli oscillatori materiali,la fisica classica puo tuttavia fornire alcuni modelli di base che possono spiegare i

principali fenomeni osservati.

A tal fine considereremo le molecole come dei dipoli elettrici in grado di subireoscillazioni elastiche. Per questo motivo potranno emettere ed assorbire onde elet-

tromagnetiche. Supponiamo quindi che uno di tali dipoli sia costituito da una caricapositiva ed una carica negativa legate assieme dalla forza coulombiana.

3.1.3 Emissione ed assorbimento

Notiamo che l’energia emessa durante una oscillazione di un dipolo rappresenta unafrazione minima dell’energia di oscillazione. Per questo motivo, nei gas dove gli

urti tra particelle (dipoli oscillanti) sono rari, ogni dipolo potra emettere un trenod’onde praticamente monocromatico (cioe un’onda con frequenza costante per un

tempo abbastanza lungo). Nei solidi, invece, gli urti sono piu frequenti e perciole frequenze emesse dai singoli oscillatori non saranno mai monocromatiche. Per

questo motivo i solidi emettono uno spettro continuo.

3.1.4 Oscillazioni forzate di dipoli elettrici

I fenomeni della RIFLESSIONE E RIFRAZIONE dell’ASSORBIMENTO e della

DIFFUSIONE delle onde elettromagnetiche si spiegano con la teoria delle oscillazionismorzate..

Sappiamo che i tre effetti citati dipendono dalla frequenza dell’onda incidente.

L’onda incidente fa oscillare i dipoli con la propria frequenza. I dipoli quindi

assorbono parte dell’energia dell’onda che va attenuandosi. I dipoli emettono a

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3.1. LA PROPAGAZIONE DELLE ONDE ELETTROMAGNETICHE NEI MEZZI MATERIALI

loro volta onde secondarie. In analogia con quanto afferma il principio di Huygens

si avra il fenomeno della riflessione. Inoltre, le onde incoerenti emesse dai dipoli sisovrappongono all’onda originaria creando interferenza che in definitiva determina la

diminuzione della velocita di propagazione all’interno del mezzo. La polarizzazionedella luce naturale si spiega con la presenza di particolari reticoli cristallini che

costringono i dipoli ad oscillare su un determinato piano.

3.1.5 La propagazione delle onde elettromagnetiche nei dielet-trici, nei metalli e nei plasmi

Il principio di Huygens applicato al fenomeno della rifrazione afferma che, se n e

l’indice di rifrazione rispetto al vuoto di un mezzo trasparente, la velocita di fasedella luce nel mezzo sara:

vφ =c

n(3.1)

L’indice di rifrazione varia al variare della frequenza. In un mezzo dispersivo, untreno d’onde di lunghezza finita, anche se emesso da una sorgente monocromatica,

puo essere scomposto nella sovrapposizione di infinite onde di diversa frequenza e

fase. Succedera percio che ogni componente di questo treno d’onde si muovera conuna velocita diversa. In questo caso dovremo considerare la velocita di gruppo di

tutte la onde che si generano all’interno del dielettrico.La velocita di gruppo e diversa dalla velocita di fase delle singole onde e risulta

sempre minore della velocita della luce..

Ma cos’e, praticamente, la velocita di fase, e perche puo essere minore o maggioredella velocita della luce ?

3.1.6 Definizione di cammino ottico

In un mezzo non omogeneo la velocita di fase della luce varia da punto a punto. In

generale avremo:

vφ =cdt

n(x, y, z)(3.2)

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36 CAPITOLO 3. LUCE E MATERIA

In generale, quindi, i fronti d’onda andranno deformandosi. Comunque, e ovvio che

per passare da un fronte d’onda ad un altro il tempo richiesto e lo stesso per tuttii punti del fronte d’onda di partenza, anche se il cammino geometrico puo essere

diverso a causa della variazione delle velocita se il mezzo e disomogeneo.

Possiamo esprimere questo principio introducendo il concetto di CAMMINO OT-

TICO : ” Il cammino ottico, l, tra un punto A e un punto B lungo un dato cammino

all’interno di un mezzo qualsiasi rappresenta la distanza che la luce percorrerebbe

nel vuoto nel tempo che e di fatto necessario per coprire la distanza tra A e B lungo

il cammino dato all’interno del mezzo considerato”.

Percio tutti i raggi che connettono due fronti d’onda Σ1 e Σ2 hanno cammini otticiuguali !

3.1.7 Il principio di Fermat

La luce percorre da un punto A ad un punto B di un mezzo non omogeneo il percorso

che richiede il minor tempo, ossia quello che ha il minore cammino ottico.

In termini piu rigorosi si scrive:

δ∫

n.ds = 0 (3.3)

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Capitolo 4

EFFETTI DELL’ATMOSFERASULLA LUCE DEGLI ASTRI

4.1 La rifrazione atmosferica

Consideriamo il caso della propagazione della luce in un

4.1.1 mezzo omogeneo stratificato

Consideriamo il caso della propagazione della luce in un mezzo omogeneo stratificato.

Ci proponiamo di scrivere l’equazione differenziale dei raggi luminosi in un mezzoil cui indice di rifrazione varia solo lungo una direzione. Questo e ad esempio il caso

della rifrazione atmosferica in quanto la densita dell’aria, e quindi il suo indice dirifrazione, in prima approssimazione variano solo con l’altezza.

Chiamiamo x la direzione lungo la quale varia l’indice di rifrazione e sia n=n(x).Dividiamo il mezzo in strati sottili perpendicolari a x. Stabiliamo un sistema di

coordinate cartesiane x,y poiche per le leggi della rifrazione il raggio incidente e

quello rifratto giaciono sullo stesso piano. Sia l’angolo che il raggio incidente formacon l’asse x, con la verticale al suolo nel caso dell’atmosfera terrestre. Passando

dallo strato 1 allo strato 2 l’angolo di propagazione del raggio cambiera secondo larelazione

dove e sono gli angoli che i segmenti del raggio formano con l’asse x, rispettiva-mente nel primo e nel secondo strato, ed n1 ed n2 sono i relativi indici di rifrazione

(rispetto al vuoto).

Questa equazione indica che il prodotto rimane costante nel passaggio da uno

strato all’altro !

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38 CAPITOLO 4. L’ATMOSFERA TERRESTRE

Supponiamo ora di conoscere :

a) la forma della n=n(x)

b) il valore di e in un certo punto,P0, della traiettoria del raggio.

Per ogni altro punto della traiettoria varra dunque l’eguaglianza:

Sia la lunghezza di un elemento del raggio. Avremo :

Poiche sin =dy/ds possiamo scrivere :

e sostituendo :

La soluzione di questa equazione da la traiettoria del raggio. Differenziando

rispetto a y otteniamo :

Una applicazione di quanto detto e lo studio dei fenomeni di rifrazione dovuti

all’atmosfera terrestre.

4.1.2 I miraggi del deserto

Avvengono quando a causa del forte riscaldamento del suolo la densita dell’aria va

aumentando con l’altezza.

4.1.3 Imiraggi di mare

Avvengono quando, a causa del raffreddamendo dell’aria da parte della superficiefredda del mare, la densita dell’aria decresce con l’altezza molto piu rapidamente di

quanto avviene in condizioni di normalita.

4.1.4 Variazione delle coordinate di un astro

Un osservatore sulla superficie della terra vede una stella nella direzione della tan-

gente al raggio luminoso come questo arriva all’osservatore. Tuttavia, poiche larifrazione atmosferica curva verso il basso la traiettoria dei raggi, la stella apparire

piu alta sull’orizzonte di quanto non lo sia in realta. L’effetto e massimo per oggettiprossimi all’orizzonte, dove la variazione della posizione puo ammontare a 0.5 gradi

(lungo un Circolo Verticale, cioe un circolo massimo passante per lo Zenit)

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4.1. LA RIFRAZIONE ATMOSFERICA 39

4.1.5 L’assorbimento atmosferico

4.1.6 La dispersione atmosferica

4.1.7 Il seeing

4.1.8 Cenni sull’ottica adattiva


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