Date post: | 09-Mar-2016 |
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Appunti per uno studio sulla ritenzione narrativa
di Heike
[I racconti della Collana della Regina # 2]
Divento vecchio… divento vecchio…
Porterò i pantaloni arrotolati in fondo.
– T.S. Eliot, The Love Song of J. Alfred Prufrock
Psicoterapia d’urto – capitolo uno
«E quindi, questo sogno?»
«Niente, finisce che incontro Luca
Barbarossa, Luca Barbareschi e il pirata
Luca Barbanera che mi minacciano. A quel
punto mi sveglio.»
«La minacciano di cosa?»
«Boh. Di morte, immagino.»
«Interessante.»
Prende la pipa.
«Le dispiace se fumo?»
«No, prego.»
«È che a volte a qualche paziente dà
fastidio. Non per il fumo, per il cliché.»
«In che senso?»
«Sa, l’analista freudiano che fuma la
pipa, la poltroncina in pelle imbottita, lo
studio con la pianta di ficus beniaminus…»
«Non vedo nessun ficus.»
«Eh, si è seccato. Devo ricomprarne uno.
Son piante difficili, non capisci mai se
hanno abbastanza luce, troppa acqua, poca
acqua…»
«Eh sì.»
Silenzio.
«Comunque, dottore, può fumare, non
mi dà fastidio.»
«Ah sì, già.»
Si accende la pipa.
«Diceva, del sogno…»
«Cosa?»
«Prego?»
«No, dico: cosa, del sogno?»
«Sì, cosa mi diceva?»
«Niente, è finito. Poi mi sono svegliato.»
«Diceva che qualcuno la minacciava,
giusto?»
«Sì.»
«Chi?»
Mi giro indietro per guardarlo.
«Ma non prende appunti?»
«Non si volti, per favore, non ci deve
essere contatto visivo.»
«Mi scusi.»
Mi giro di nuovo verso la finestra.
«È che il mio analista di prima faceva in
un altro modo. Ci mettevamo seduti ad un
tavolo a parlare uno di fronte all’altro. A
volte si giocava anche a carte. Questa cosa
del non vedersi mi stranisce.»
«A carte?»
«Sì. Briscola, più che altro. Però a volte si
giocava anche coi soldi, tipo a guerra, a
poker con due morti, a saltafina, al
ruzzacco, che ne so.»
«E chi vinceva?»
«In genere lui. Ma questo non vuol dire
nulla. Io sono un pessimo giocatore.»
«E perché ha deciso di smettere la terapia
con lui?»
«Ah, be’, mica ho deciso io. È morto.»
«Mi dispiace. Era anziano?»
«No, per nulla. È morto in un casinò di
Bangkok. Debiti di gioco, temo.»
«Ah.»
Silenzio. Sento che fuma la pipa, ma
nessun rumore di penna su carta.
«Credo che il nostro tempo insieme oggi
sia finito.»
«Di già?»
«Ci vediamo la prossima settimana?»
«Ma io volevo raccontarle anche del
sogno di stanotte, con Napoleone
Bonaparte e Curzio Malaparte e…»
«Giovedì, alle 16.»
Quando mi alzo dalla poltrona ha già
aperto la porta e con ampi gesti mi invita ad
uscire.
Non vedo quaderni di appunti da
nessuna parte.
La malattia del Blocco Dello Scrittore (The
Writer’s Block Disease, Lancet n. 6 XXVII,
ottobre ’04, pag. 22 e sgg.) origina nel ceppo
limbico dell’encefalo, nella zona corticale
corrispondente alle aree della comprensione n.
2, della elaborazione spaziale n. 6 e della
elaborazione verbale n. 2. Originariamente si
manifesta con una insopprimibile tendenza
alla digressione narrativa, alla collazione
patetica di brani prima e dopo revisione,
all’accumulo irrefrenabile di nozioni di
nessuna utilità e di dubbio gusto.
Successivamente si manifesta con la
realizzazione di divagazioni sempre più
ampie, circonlocuzioni insensate, ampie
dissertazioni su argomenti quali la pesca
d’altura, la pratica delle infiltrazioni
articolari come terapia medico-sportiva,
l’origine del gioco hawaiano noto come limbo,
et cetera. Solitamente, il malato non avverte,
in questa prima fase, di essere incappato nella
malattia, ma cataloga tali inusuali
comportamenti come niente altro che “attività
di ricerca” o, nel peggiore dei casi – quello
della negazione – “esercizi di stile”.
Successivamente si entra nella seconda
progressione della malattia: la fase degli
Incipit Interessanti Ma Senza Seguito.
La guerra di P. Custer – capitolo uno
George Armstrong Custer si siede al grande
tavolo di noce. Toro Seduto e Cavallo
Pazzo, di fronte a lui, cominciano a dare
segni s’impazienza: il grande capo lo fissa
truce, mentre il biondo guerriero, con il viso
dipinto coi colori di guerra, mastica
lentamente una radice. Custer non si
scompone, è abituato a trattare con persone
che lo odiano, lo disprezzano, od entrambe
le cose, sin dai tempi di Washington,
quando il presidente in persona lo aveva
nominato comandante in capo delle forze
militari in guerra coi Sioux. Ricorda lo
squallido teatrino della politica del District
Of Columbia, con i senatori pronti a
vendersi alla prima offerta che garantisse
loro qualche vantaggio per ottenere un
feudo elettorale più ricco, i generali a niente
altro interessati se non al proprio
tornaconto, i giornalisti, i borghesi, i ricchi
latifondisti della nuova America che si
oppongono a quelli come lui che sperano in
una vittoria del progresso, e quelle
dannatissime emorroidi che non ne
vogliono sapere di
«Allora, ci sbrighiamo? Qui si fa notte»,
gli dice, severo, Toro Seduto.
Custer sorride. Quante volte avrebbe
voluto anche lui essere schietto e diretto
come i nativi, i pellerossa, gli indiani, le
tribù delle pianure, i musi di terracotta, i
selvaggi, i
«Custer! Allora? », insiste Toro Seduto.
Certo, certo. Ha ragione, è ora di
stabilire le linee della tregua. È giunto il
momento di firmare un accordo con i
legittimi abitatori delle terre, una pace
definitiva, che possa sancire la nascita di una
nazione capace di unire i popoli reietti di
tutta la terra, una nazione grande da
Oceano a Oceano, da un Polo all’altro, una
unica, grande nazione abitata da noi e voi,
insieme, mano nella mano e
«Ma dorme? Custer? Generale? Sergente,
ma Custer si è addormentato?». Toro
Seduto si volta verso l’attendente, che però
ha l’ordine di montare la guardia e non si
muove d’un passo, gira solo lo sguardo.
«Ma no, guarda. Ha gli occhi aperti»,
interviene Cavallo Pazzo, sempre
masticando.
«Ma non parla, mi guarda fisso. Che ha,
una paresi? Custer!»
Toro Seduto ha ragione, pensa Custer.
Non devo fissarlo, è da maleducati. Mamma
me lo diceva sempre: non fissare la gente,
George, o penseranno che sei un
maleducato. E poi: non ti scaccolare,
George, e se lo fai, poi non attaccarle sulla
tenda del salone. Cara mamma, quanto
avevi ragione! Avrei dovuto darti retta, così
avrei imparato qualcosa di più, e adesso
Libie non si arrabbierebbe quando attacco le
cac
«Io me ne vado». Toro Seduto si alza, e
fronteggia minaccioso Custer. «Non sono
mai stato tanto offeso, Biondi Capelli.
Spero capirai che questo tuo affronto
significa guerra, guerra!», gli grida, per poi
voltarsi e andarsene.
Cavallo Pazzo guarda Toro Seduto che si
allontana, poi si volta verso Custer e gli
dice, alzandosi: «Oh, alla prossima.»
Prende una penna dalla massiccia
scrivania di noce e se la mette in tasca. Poi
se ne va.
Ahimè, pensa Custer, quanto sono
irresoluto.
È andata proprio come quella volta che
La malattia del Blocco Dello Scrittore ha poco
a che fare con la carenza di spunti narrativi.
Chi ne viene colpito raramente avverte la
mancanza di stimoli, nel produrre
qualsivoglia opera. Quello che viene a
mancare è la costanza nella produzione, la
capacità di elaborazione: fondamentalmente,
la voglia, di scrivere qualcosa di nuovo.
Saranno fumosi – capitolo uno
«Cazzuola, ma qui è tutto carissimo.»
«Scegliamo quello che costa meno. Ecco
il cameriere, diglielo te.»
«I signori hanno deciso cosa prendere?»
«Sì, prendiamo due di questo, grazie.»
«Quello è il coperto.»
«Ah. Allora uno solo, grazie.»
Occasionalmente la malattia ha una
evoluzione retrograda: mentre lo scrittore è
convinto di lavorare come suo solito, la mole
di lavoro prodotta diminuisce vistosamente.
Resosi conto di questo fatto, decide di
aumentare la quantità di tempo dedicata alla
scrittura, ma le pagine scritte diminuiscono
ancora. Incapace di capire come questo sia
possibile, e vedendo che le scadenze si
approssimano ad una velocità che non aveva
considerato, passa ancora più tempo chino
sulla tastiera: si alza prima dell’alba, fa una
frugale colazione per poi mettersi a lavorare,
ininterrottamente, sino a notte fonda. Mangia
pizze fredde, si procura un pappagallo
sanitario per assolvere alle più elementari
funzioni fisiologiche senza perdere troppo
tempo, beve litri di caffè per rimanere desto e
assume esorbitanti dosi di taurina e fosforo per
mantenere la concentrazione, ma niente, le
pagine sono sempre meno, e fanno tutte –
tutte – schifo.
1984: nell’allegra fattoria degli animali –
capitolo uno
Toppy il cane chiamò Fred il gatto: «Ehi
Fred, ti andrebbe di fare una passeggiata?».
«Ma certo», gli rispose Fred, «non vedo
l’ora!».
«Per forza», esclamò vivace Toppy, «non
hai l’orologio!».
I due amici risero molto della simpatica
battuta del cane, che era molto spiritoso.
Poi, indossati dei comodi stivali di gomma
per non bagnarsi nelle pozzanghere,
uscirono a fare la passeggiata, stando bene
attenti a non attraversare la strada quando
passavano le macchine.
«Attento Fred», disse il vivace cane
Toppy, «quando attraversi la strada ricordati
di farlo sulle strisce pedonali!».
«Va bene, Toppy», rispose Fred, «lo
farò!».
E infatti attraversò la strada passando
proprio sopra le strisce pedonali. Arrivato
dall’altra parte, Toppy lo chiamò e gli disse:
«Fred, non sapevo sapessi cavalcare!».
«Eh? Ma che… io non so cavalcare. Che
c’entra? Ma che dici?», gli rispose il
simpatico gatto.
«Ma certo: hai attraversato la strada…
sulle zebre!».
I due risero molto, ma un po’ meno di
prima, della simpatica battuta del cane, che
era molto spiritoso.
Toppy il cane e Fred il gatto raggiunsero
zampa nella zampa il parco giochi e lì
incontrarono il loro amico, Pepo il
fenicottero, che li aspettava felice. Decisero
di andare sulle giostrine e sull’altalena, e
poi, visto che era l’ora della merenda, a fare
merenda.
Così Toppy e Fred salutarono il loro
amico Pepo e si diressero verso casa.
«Speriamo di non aver fatto troppo
tardi», disse Fred, «ho una fame!».
«Ehi Fred, sai che ore sono?», chiese
Toppy.
«No, Toppy», rispose Fred.
«È l’ora di ieri a quest’ora!».
I due, ma principalmente Toppy, risero
molto della simpatica battuta del cane, che
era molto spiritoso.
Arrivati a casa fecero merenda con pane,
burro, marmellata e succo di mirtilli, poi
decisero di guardare la televisione.
Si sedettero sul divano e accesero la tele,
poi Toppy disse: «Ehi Fred, sai che…». «Sai
cosa sarebbe divertente, Toppy?», lo
interruppe Fred. «No, cosa?», rispose
curioso Toppy. «Piantarti una coltellata nel
petto!», disse Fred. E lo fece.
I due risero molto. Ma soprattutto Fred.
Esiste una cura alla malattia del Blocco Dello
Scrittore? Le opinioni su questo punto sono
discordanti, né la letteratura medica ci viene
in aiuto. Taluni, in preda a disperazione e
convinti di non poter trovare risposte nella
medicina tradizionale, si dedicano a
tradizioni mediche alternative, sottoponendosi
a sedute di agopuntura, aromaterapia, ipnosi
regressiva, cristalloterapia, ayurveda,
naturopatia, cromoterapia, luceterapia,
laseragopuntura, aurasoma, musicoterapia,
meditazione trascendentale, training
autogeno, rebirthing, metodo di distensione
Jacobson, hatha e prana yoga, idroterapia,
fiori di bach, talassoterapia, bagno turco, tai
chi, ergoterapia, lavatura a getti di acqua
fredda, capanne sudatorie, ginnastica
feldenkreis, macrobiotica, dieta di Bircher
Benner, dieta di Rezza, fitoterapia, preparati
galenici, farmaceutica botanica, antroposofia,
neuralterapia, sciamanesimo, chiesa di Wicca,
New Age, buddismo zen, voodoo,
compilazione compulsiva di elenchi.
Generalmente, nessuna di queste pratiche
sortisce alcun effetto, e lo scrittore disperato
finisce preda delle droghe o di Comunione e
Liberazione o di entrambe.