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archeomoise n.1

Date post: 30-May-2018
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  • 8/9/2019 archeomoise n.1

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    LALTA VALLE

    DEL VOLTURNO

    di Michele Raddi

    LE MAITUNAT

    DI GAMBATESA

    di Luca DAlessandro

    a cura di Brunella Muttillo

    S. CROCE DI SEPINO

    di Walter Santoro

    IL COSTUME fUNERARIO

    fEMMINILE PREROMANO

    di Andrea Lonardelli

    N1-AnnoILuglio/Settembre2009

    ISSN:2036-3028

    SPECIALE:

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    INDICE

    Un sito acheuleano di occupazione?

    Insediamenti tardo antichi e medioevali

    La missione archeologica molisana in Colombia

    Un Eigenkloster della valle del Moschiaturo

    Una tradizione secolare

    Mostre ed eventi incalendario

    Il costume funerariofemminile nel Molisepreromano

    Per approfondire

    I BIfACCIALI DI MONTERODUNI

    LALTA VALLE DEL VOLTURNO

    ALLA RISCOPERTA

    DI EL DORADO

    S. CROCE DI SEPINO

    LE MAITUNAT DI GAMBATESA

    SPECIALE TESI AGENDA LIBRI

    pag. 6

    pag. 16

    pag. 26

    pag. 40

    pag. 50

    pag. 64 pag. 70 pag. 73

    a cura di Marta Arzarello

    di Michele Raddi

    di Walter Santoro

    di Luca DAlessandro

    a cura di Brunella Muttillo

    di Andrea Lonardelli

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    MAGAZINE

    LUGLIO/SETTEMBRE2009

    NUMERO

    1

    AssociaioneCulturaleArcheoIdeac.da Ramiera Vecchia, 186170 Iserniawww.archeoidea.info

    DIRETTORERESpONSABILE

    GiuseeLembo

    COMITATOTECNICO

    SandroArcoAngelaCrollaAngeloIaaoloEmiliapetrollini

    HANNOCOLLABORATOAqUESTONUMERO

    MartaArarelloLucaDAlessandroAnnarosaDiNucciSandraGuglielmiGiuseeLemboAndreaLonardelliAntonellaMinelliBrunellaMuttilloMauriiopalmisanoCarloperettoMicheleRaddiEttoreRufoWalterSantoro

    Registrazione del Tribunale diIsernia n. 72/2009 A.C.N.C.; n.112 Cron.; n. 1/09 Reg. Stampadel 18 febbraio 2009

    REDAzIONE

    petronillaCroccoAnnarosaDiNucciGiovannaFalascaSandraGuglielmiBrunellaMuttilloEttoreRufoMariaAngelaRufoChiaraSantoneDanieleVitullo

    ARCHEOMOLISEON-LINE

    www.cer-isernia.com

    SEGRETERIA

    [email protected]

    pROGETTOGRAFICO

    GiovanniDiMaggiowww.giodimaggio.com

    FOTOGRAFIA

    Antoniopriston

    STAMpA

    GraficaIsernina86170 Isernia - ItalyVia Santo Spirito 14/16

    INCOpERTINAelaborazione grafica diGiovanni Di Maggio

    Le foto dei siti e dei repertiarcheologici sono pubblicategrazie allautorizzazionedella Soprintendenza ai BeniArcheologici del Molise

    EDITORIALE

    COMITATOSCIENTIFICO

    MartaArarelloRosaliaGallottiRosaLanteriAdrianoLaReginaLuigiMarinoAntonellaMinelliAlessandroNasoMarcopacciarelliCarloperettoLorenoquiliciMicheleRaddiUrsulaThunHohenstein

    GiuseeLembo

    hi almeno una volta nella sua vita non ha sognato di fare

    larcheologo? Nellimmaginazione collettiva larcheologo

    una sorta di Indiana Jones che percorre stretti cunicoli

    e schiva intrepidamente trappole, inforca aperture

    segrete, scova tesori nascosti. Eppure larcheologo non -

    fortunatamente - questo.

    Tolta questaura di avventura e di mistero che mette

    in luce una visione dellarcheologia nellimmaginario

    comune essenzialmente distorta, una definizione che riconosca dignit

    scientifica e professionale allarcheologo quella di studioso delle culture

    umane del passato, la cui fisionomia tenta pazientemente di ricostruire

    tramite la raccolta, la documentazione e lanalisi delle t racce materiali.

    Perfetto, chiaro ed esaustivo. Eppure provate a chiedere ad un archeologo

    che lavori nel Paese dal patrimonio archeologico pi ricco al mondo,

    lItalia, come definirebbe s stesso: sostanzialmente un precario (oltre

    a sconsigliarvi caldamente di far intraprendere ai vostri figli la strada

    dellarcheologia). La sua figura tuttavia non rappresenta solamente

    lennesimo tassello nella lista dei precari italiani: il giovane (o pi spesso

    non pi giovane) archeologo subisce invece, oltre al danno del precariato,

    la beffa di forme contrattuali di incerta definizione, di diritti calpestati

    o inesistenti, di orari di lavoro massacranti, e - pi di ogni altra cosa - il

    disprezzo e la negazione di una piena e valida dignit scientifica al suo

    lavoro.Si trova suo malgrado in un contesto in cui esiste una minima se

    non quasi inesistente sensibilizzazione ed attenzione, non solo verso la

    tutela e valorizzazione dei beni archeologici, ma nei confronti di tutto ci

    che si pu ascrivere alla definizione di patrimonio culturale in senso lato e

    di cultura in generale.

    LItalia cos incline a farsi sfuggire di mano le proprie risorse da cui

    potrebbe trarre ampio vantaggio, che non stupisce n suscita scalpore il

    fatto che istituti di ricerca stranieri vengano, a proprie spese, a scavare e

    studiare il nostro sottosuolo.

    Le stesse associazioni di categoria, rivendicando a gran voce la

    costituzione di un albo professionale quale valido strumento ai fini della

    risoluzione del problema del lavoro degli archeologi, si fossilizzano

    probabilmente su questioni dallimprobabile potenziale risolutivo.

    Il problema un altro: ci di cui pi si sente la mancanza nella legislazione

    attuale al riguardo non un albo professionale, ma un riconoscimento

    unanime e definito della professione dellarcheologo.

    Eppure quanto ancora dovremmo aspettare perch questo mestiere venga

    riconosciuto con la dignit che giustamente gli spetta, cos come accade

    in altri paesi dEuropa?

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    di M. Arzarello - Dipartimento di Biologia ed Evoluzione,Universit degli Studi di Ferrara

    A. Minelli Dipartimento di Scienze e Tecnologie per lAmbiente e ilTerritorio, Universit degli Studi del Molise

    A. Di Nucci - Centro Europeo di Ricerche Preistoriche, Isernia

    C. Peretto - Dipartimento di Biologia ed Evoluzione,Universit degli Studi di Ferrara

    Un sito acheuleano di occupazione?

    Ricostruioneittoricadellambienteedeimodidi

    vitadigruiumanireistoricinellareadiMonteroduni

    (disegno: M. Cutrona)

    IlsitodiGuadoSanNicola1costituisceunriferimentoimrescindibileaifinidellaricostruionedellemodalitdisfruttamentodellambienteedellestrategieinsediative

    adottatedaigruiumanireistoricinellareadiMonteroduni.

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    2005, dallequipe dellUniversit degli Studidi Ferrara in collaborazione con lUniversitdegli Studi del Molise. Il giacimento topogra-ficamente si estende sulla sinistra idrograficadel fiume Volturno, a circa 250 m s.l.m., pi inalto dellattuale fondovalle; la morfologia ter-razzata del sito presenta una zona sommitaleleggermente decliviante verso NW.

    Lindagine sistematica dellarea iniziatanel maggio del 2008 e per tale motivo molte

    Larea indagata stata oggetto di segnala-zione nel 2005 da parte della sig.ra ConcettaLeone, proprietaria del terreno in cui lei stes-sa casualmente raccolse, proprio nello stessoanno, un bifacciale, insieme a diversi manufat-ti litici. La segnalazione ben si coniugava conil contestuale ritrovamento del sito di Colledelle Api, situato a 150 metri di distanza dalprimo, di propriet del sig. Angelo Scioli, chefu indagato in maniera sistematica proprio nel

    delle informazioni acquisite sono ancora infase di studio ed elaborazione. Il sondaggiopredisposto stato effettuato su unarea di30 mq ed ha permesso di mettere in luce unasequenza stratigrafica ben chiara. Lanalisisedimentologico-stratigrafica ha consentito diindividuare 5 livelli, contenenti materiale ar-cheologico, di probabile attribuzione acheule-

    ana. Alla sommit della sequenza, al di sotto di

    un sottile strato di humus, chiaramente altera-to da apporti antropici, e per questo non privodi testimonianze archeologiche, si colloca unostrato di ghiaie, dello spessore di 70 cm circa,delimitato alla base da una superficie erosiva,i cui elementi calcarei e silicei di forma subar-rotondata, si caratterizzano per dimensionipiuttosto grandi; i reperti archeologici, per lamaggior parte bifacciali e manufatti litici ri-toccati e non, provengono proprio da questolivello; al di sotto delle ghiaie stato rileva-to uno strato di sabbie fini grigio-verdi, dellospessore variabile dai 50 agli 80 cm, di naturasiltosa e con una forte componente vulcani-ca, impostosi con meccanismi deposizionali a

    stratificazione incrociata; il materiale arche-

    A sinistra:

    Il saggio di scavo e le attivit di indagine sul

    campo (foto: A. Priston)

    In basso:

    Momenti di scavo e di registrazione dei dati

    archeologici (foto: A. Priston)

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    ologico rinvenuto in questo livello si connotaper caratteristiche simili a quelle del livellosuperiore ed situato spesso al limite propriocon lo stesso; un ultimo livello stato indivi-duato solo nella porzione SW del saggio, dove stata evidenziata unerosione che ha tagliatoparte della sequenza, imponendo uno stratodi sabbie fini gialle, di natura siltoso-argillosa,alla cui base emerso un acciottolato calca-reo, di dimensioni medio-grandi, a suggeri-re la presenza di un letto fluviale. I campionidi sedimento prelevati in ciascun strato e lapredisposizione di colonne stratigrafiche perlanalisi delle sezioni sottili sono oggi in corsodi studio, per la ricostruzione anche di even-

    tuali riferimenti datanti.

    Linsiemefaunistico

    Il campione faunistico di Guado San Nicola 1rinvenuto allinterno del deposito archeologi-co, in particolare nelle US B (ghiaie) e C (sab-bie fini), si compone di circa 400 reperti, tra

    cui resti dentari, frammenti diafisari di ossalunghe e porzioni di palchi. I primi risulta-ti dello studio paleontologico dei resti ossei,attestano la presenza di una fauna costitui-ta da erbivori di grossa taglia, tra cui cervidi,elefanti, bovini e cavalli. La presenza di questianimali permette di formulare delle prelimi-nari considerazioni paleoecologiche allo sco-po di ricostruire lantico ambiente naturale diGuado San Nicola. Il fiume era sicuramenteun elemento fondamentale nellambiente e lapresenza dei grandi erbivori era favorita dauna vegetazione aperta, ricca di pascoli, checonsentiva la vita a mandrie di bisonti, caval-li e pachidermi mentre nelle aree pi umide

    la vegetazione si infittiva assicurando rifugioai cervidi. Tali animali sono rappresentati so-prattutto da resti dentari, molari e premolari, eda frammenti di ossa lunghe; una nota va fattaper i cervidi di cui si rinvengono soprattuttodei frammenti di palchi, tra i quali un probabi-le percussore su cui si osservano delle stigma-te di percussione. Considerazioni preliminari

    Leattivitdiscavovedonocoinvolterofessionalitdidiversarovenienasianaionalecheinternaionale,studenti,laureatiedottorandichecondividonoimomentidellascoertaeilcon-frontodimetodologieerlaricercaarcheologica(foto: A. Priston)

    particolarediunalcodicervo,utiliatorobabilmentecomeercussoreteneroerlalavoraionedeibifaccialieconevidenediusosullesuerfici(foto: A. Priston)

    di natura archeozoologica riguardano lo statodi conservazione dei resti ossei: il campionefaunistico si caratterizza per i differenti statidi conservazione, dove ossa dallaspetto par-ticolarmente fluitato, con bordi arrotondati esuperfici interessate da alti gradi di erosioneed esfoliazione, si contrappongono a ossa benconservate, con superfici poco alterate su cui possibile osservare tracce di unattivit umana,come strie di macellazione, derivanti da azio-ni di taglio con strumenti litici per il recuperodelle masse carnee, e stigmate di percussioneoriginatesi a seguito di unattivit di frattura-zione intenzionale delle ossa per il recuperodel midollo a scopo alimentare.

    Linsiemelitico

    Linsieme litico raccolto durante lo scavo co-stituito da una componente di faonnage (la-vorazione) finalizzata alla produzione di bifac-ciali e da una componente di dbitage (scheg-giatura) rivolta alla produzione di schegge. Lematerie prime utilizzate sono costituite da dif-ferenti tipi di selce, sotto forma di placchette,e da ciottoli di calcare, entrambi in posizionesecondaria. Uno studio approfondito dei diffe-renti litotipi non stato ancora condotto ma possibile che si tratti, nella maggior partedei casi, di un approvvigionamento locale, conlapporto di alcuni litotipi alloctoni. Lo stato diconservazione dei manufatti litici variabile

    e va da molto fresco a fluitato, probabilmentein relazione alla tipologia dellaccumulo che inparte ha subito un trasporto, anche se proba-bilmente di dimensione locale.

    Dbitage

    La catena operativa del dbitage non sembraessere completa, ma bisogna considerare chelo scavo non ha per il momento indagato latotalit del deposito e che quindi questo datopotrebbe mutare con il proseguimento delle

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    ricerche. La fase di decorticazione rappre-sentata da poche schegge e mai da schegge acortice totale, il che lascia supporre che nonsia avvenuta nel sito. I metodi utilizzati per laproduzione di schegge sono quello discoide,sia unifacciale che bifacciale, e la produzio-ne opportunista, lSSDA (surfaces of alterna-te dbitage ). Il primo, meno rappresentativo,

    si avvale della tecnica di percussione direttacon percussore duro, che ha portato alla pro-duzione di schegge dalla forma quadrangola-re e triangolare, frequentemente debordantilaterali e dallo spessore importante; questeultime sono da intendersi come prodotti fun-zionali ma anche come espedienti tecnici peril mantenimento della convessit del nucleo.Il dbitage discoide stato profondamenteinfluenzato dalla tipologia della materia pri-ma in termini di modalit di sfruttamento, inquanto alcuni blocchi, presentanti fratture

    parzialmente ricementate, sono stati sfruttatiessenzialmente con colpi in direzione tangen-ziale in accordo con la direzione delle fratture.I nuclei discoidi sono stati sfruttati in modointensivo fino allesaurimento totale dellamateria prima. La produzione opportunista(SSDA) ha invece portato alla produzione dischegge dimensionalmente molto variabili e

    di morfologia quadrangolare, triangolare, ova-le o irregolare. Anche in questo caso la produ-zione, avvenuta per percussione diretta conpercussore duro, ha portato allo sfruttamentoesaustivo della materia prima e allabbandonodi nuclei caratterizzati dalla presenza di tre opi piani di percussione tra loro ortogonali.Nellambito del dbitage opportunista nume-rosi sono i prodotti che attestano una frattura-zione contemporanea al dbitage dovuta allefratture parzialmente ricementate della mate-ria prima.

    Analisidimensionaledeibifacciali

    Bifaccialeinselce(foto: A. Priston)

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    Lunghea Larghea Sessore

    Per quel che riguarda lattitudine alla scheg-giatura della materia prima, stato osservatoche, in linea generale, nellambito del dbita-ge i migliori litotipi sono stati utilizzati peril dbitage discoide mentre le placchette pifratturate sono state utilizzate per il dbitageopportunista.

    Faonnage

    Anche per quel che riguarda lattivit di faon-nage, finalizzata alla produzione di bifacciali,la catena operativa non completa: sul sitosono per lo pi presenti i prodotti finali dellalavorazione (bifacciali) e le schegge di ripri-

    stino dei margini funzionali. Sebbene si trattiancora di considerazioni preliminari, sembrache la produzione dei bifacciali non sia avve-nuta in corrispondenza dellarea indagata mache essi siano stati pi volte rimessi in formanel sito.

    La selce utilizzata per la produzione dei bi-facciali estremamente variabile e va da lito-tipi di ottima qualit a litotipi caratterizzati danumerose fessurazioni interne. Questa carat-teristica permette di affermare con sicurezzail savoir faire degli artigiani acheuleani chehanno occupato il sito, in quanto essi hannosaputo adattare i gesti e lo schema tecnico allecaratteristiche della materia prima.

    La produzione dei bifacciali avvenuta contecnica mista che ha visto lassociazione di

    una percussione diretta con percussore duroad una tecnica di percussione diretta con per-cussore tenero (questultima utilizzata soprat-tutto per il ritocco dei margini e in alcuni casiper la rimessa in forma dei bifacciali). Comegi anticipato, le schegge di faonnage appar-tengono quasi esclusivamente alla fase di ri-messa in forma e regolarizzazione dei margi-ni, probabilmente in seguito ad unimportantefase di utilizzo. Si tratta di schegge di formairregolare invadenti e sottili e, nel caso di uti-lizzo del percussore tenero, caratterizzate da

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    se in forma subite. Tutti i bifacciali di GuadoSan Nicola 1 sono caratterizzati da unaccuratapreparazione della punta (quasi sempre conuna tecnica di percussione con percussore te-nero) e di almeno uno dei bordi. Per quel cheriguarda il secondo bordo, e soprattutto la pa r-te prossimale, questi sono quasi sempre som-mariamente lavorati e spesso nella porzione

    prossimale conservato un importante resi-duo corticale.

    La III fase della lavorazione (ritocco) inte-ressa quindi per lo pi la parte distale dei bi-facciali e almeno uno dei margini laterali; la IIfase (messa in forma del piano di simmetria bi-facciale) spesso ancora visibile in corrispon-denza di almeno uno dei due bordi, mentre la Ifase (creazione del piano di percussione peri-ferico) visibile nella parte prossimale quan-do questa non corticale. Alcuni dei bifaccialidi dimensioni pi piccole sono stati ottenuti a

    partire da un supporto-scheggia. Questa sceltatecnica, particolarmente frequente nei conte-sti acheuleani, da relazionarsi sia alla morfo-logia della materia prima di partenza (in que-sto caso probabilmente grossi blocchi) che allamaggior facilit di messa in forma di un talesupporto grazie alla presenza di una conves-sit gi esistente (quella della faccia ventraledella scheggia-nucleo).

    Consideraioniconclusive

    Sebbene lanalisi dellinsieme litico di GuadoSan Nicola 1 abbia ancora una caratterizza-zione preliminare, alcune importanti consi-

    derazioni possono essere fatte. Innanzituttosi tratta probabilmente di un sito in cui veni-vano svolte importanti azioni di lavorazionedelle carcasse animali e in cui venivano in-trodotti strumenti sotto forma di preforme ogi parzialmente finiti. Gli strumenti utilizzativenivano, poi, rimessi in forma nel sito in se-guito alla perdita di funzionalit dei marginiattivi. Gli acheuleani che hanno occupato ilsito, inoltre, avevano sicuramente delle capa-cit tecniche estremamente affinate ed han-no saputo adattarsi in maniera esemplare allecaratteristiche delle differenti materie primeutilizzate, anche nel caso in cui queste pre-sentassero numerose fratture interne, anchesolo parzialmente ricementate. I dati ottenutidallo studio preliminare, inoltre, sono in totale

    accordo con quelli precedentemente ottenutiper il sito limitrofo di Colle delle Api, che probabilmente il risultato di ununica occupa-zione con quello di Guado San Nicola 1.

    BibliografiaArzarello M. & C. Peretto (2006): LAcheu-

    leano di Colle delle Api: lindustria litica. In:

    Peretto C., Minelli A. (a cura di), Preistoria

    in Molise. Gli insediamenti del territorio di

    Isernia. CERP, Collana Ricerche 3, Aracne

    Editrice, Roma: 139-142.

    Boda, E. (1993): Le dbitage discoide et

    le dbitage Levallois rcurrent centripte.

    Bulletin de la Socit Prhistorique Franai-

    se, 90-6: 392-404.

    Forestier, H. (1993): Le Clactonien: Mise

    en application dune nouvelle mthode de

    dbitage sinscrivant dans la variabilit dessystmes de production lithique du Paloli-

    thique ancien. Paleo, 5: 53-82.

    Inizan, M. L., Reduron, M., Roche, H. &

    Tixier, J. (1995): Prhistoire de la pierre taill

    4: Technologie de la pierre taille. CREP,

    Paris.

    A destra:

    Lo studio in laboratorio dei materiali

    archeologici (foto: A. Priston)

    Nellaltra pagina:

    Bifacciale in selce (foto: A. Priston)

    un tallone lineare, da un bulbo diffuso e da unlabbro decisamente pronunciato. La morfolo-gia dei bifacciali variabile e, come gi anti-cipato, profondamente influenzata dalle ca-ratteristiche fisiche della materia prima. Lin-sieme dei bifacciali costituito da strumentiinteri, punte e frammenti prossimali. Per quelche riguarda i frammenti di punta, le fratture

    sembrano essere nella maggior parte dei casidovute allutilizzo e, solo in un caso, la frattu-ra sembra da porre in relazione con un errorecontemporaneo alla fase di rimessa in forma.Per quel che riguarda i frammenti prossimali,invece, sembra che la fratturazione sia quasisempre relazionabile alla fase di messa in for-ma del bifacciale. Anche da un punto di vistatipometrico le dimensioni dei bifacciali sonoestremamente variabili probabilmente in re-lazione alla morfologia di partenza della ma-teria prima utilizzata e del numero di rimes-

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    VedutadellAltaValledelVolturno(foto: M. Raddi)

    LAltaValledelVolturno,costituitadadeositifluvio-lacustriolacustriframmistialaillieomicirovenientidallaonavulcanicadiRoccamonfina,sisnodainunaconcainframontana

    chesiestendedaSestoCamanofinoaColliaVolturno.Insediamenti tardo antichi e medioevalidi Michele Raddi

    LALTA VALLE DEL

    VOLTURNO

    Ad occidente si ergono gli ultimi contraffortidelle Mainarde i cui punti salienti sono MonteS. Croce, alle spalle di Venafro, e le alture sucui sorgono gli attuali Comuni di Santa MariaOliveto, Roccaravindola Alta, Montaquila e piinternamente Filignano. Ad oriente si esten-dono le alture del Matese tra cui, quella su cuisi erge Monteroduni, costituisce un punto diosservazione privilegiato. Tanto le Mainarde,quanto il Matese presentano una struttura ge-nica prettamente calcarea e si collegano allapianura alluvionale mediante conoidi di deie-zioni o per mezzo di una fascia costituita dadetriti di falda.

    LAlta Valle del Volturno caratterizzata dainnumerevoli sorgenti di cui alcune, di note-vole entit, trovano il loro serbatoio naturalenei massicci carbonatici delle Mainarde e delMatese, mentre altre confluiscono nel fiu-me Volturno, il quale, nel territorio di Collia Volturno, si insinua in unarea di media edalta collina assumendo una forma prevalentea V. Questarea stata oggetto di studio da

    parte dellUniversit degli Studi di Roma LaSapienza, che a partire dal 1996, ha condot-to in tutta la provincia dIsernia una lunga ecomplessa ricerca topografica ed archeolo-gica, volta a comprendere le trasformazionidellambiente e dei rispettivi insediamentinelle varie epoche storiche con particolare ri-ferimento al periodo tardo antico e medievale.

    Partendo dai dati geomorfologici si cer-cato di capire quanto lambiente avesse con-dizionato la genesi dei diversi insediamenti equanto il territorio fosse molto pi popolatorispetto a ci che s i evince dalle fonti scritte, lequali, per epoche cos antiche, ben pochi ele-menti possono fornire. Lunico documento adisposizione stato il Chronicon Vulturnense,redatto nel XII secolo, ma scarno di informa-zioni per il periodo che va dal IV al VII sec. d.C. Pertanto le informazioni oggi a disposizio-ne sono soprattutto frutto di quanto emersodalle ricognizioni topografiche e dalle nume-rose campagne di scavo archeologico che han-no interessato, nel corso di quasi un decennio,

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    In basso:

    Veduta aerea di Monteroduni

    (foto: M. Raddi)

    A destra:

    Limites della via romana(foto: M. Raddi)

    lintera provincia di Isernia.Sin dalle prime fasi la ricerca ha evidenziato

    uno stretto rapporto tra insediamento e viabi-lit, in particolare in riferimento al riutilizzodegli antichi percorsi di epoca romana ancoranel Medioevo: infatti, nonostante il disfaci-mento delle vie antiche allindomani della ca-duta dellimpero romano e alla scomparsa deicuratores viarum et riparum, addetti alla ma-nutenzione delle strade e delle rive dei fiumi,sono evidenti numerosi casi di continuit disfruttamento della viabilit antica.

    Significativo stato il rapporto con la ViaLatina che con i suoi diverticoli attraversavatutto il territorio rivelandosi particolarmente

    importante ai fini insediativi. Molti di questitracciati, riutilizzati in epoca medievale, sono

    ancora visibili negli attuali paesi che si dispon-gono sulle alture dellAlta Valle del Volturno enel percorso dellarteria della Via Latina cheda Monteroduni giunge a Pettoranello di Molise.

    Altre attestazioni sono rintracciabili, inoltre,in localit San Silvestro nel Comune di Mon-taquila, dove un bellissimo tratto di stradaacciottolato ricalca un diverticolo dellarte-

    ria della Via Latina che passando per Colli alVolturno permetteva di raggiungere il Lazio e

    mi di fortificazioni a controllo della viabilit.Le ricerche hanno evidenziato, inoltre, uno

    stretto rapporto tra viabilit e complessi in-sediativi di tipo agricolo, le ville rustiche, cheancora nel periodo tardo antico sopravvivonoin tutto il territorio. Le ville rustiche si diffu-sero soprattutto a partire dal III secolo a.C. interritorio romano o romanizzato, in concomi-tanza ed in conseguenza delle trasformazionidelleconomia e d ella cultura romana, cui con-

    lAbruzzo. Cos come di particolare interesserisulta il tratto messo in luce presso il Comunedi San Pietro Infine, il quale ha subito diversefasi di manutenzione di cui sono visibili alcunetracce. In questa zona, la presenza di una torredi guardia posta sul punto pi alto del Passodella Nunziata Lunga, ha consentito inoltredi supporre che nella maggior parte dei casi,lungo i percorsi viari, sorgevano insediamentidaltura, spesso castra, che costituivano siste-

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    canto, di un abbandono a favore dei siti di altu-ra. In questo senso significativo appare il casodi Monteroduni, dove, in localit Le Socce,

    lo scavo archeologico ha portato alla luce uncomplesso religioso di carattere rurale che riu-tilizza le solide strutture murarie di una gran-de villa rustica di epoca romana. Ci troviamocon molta probabilit di fronte ad una eccle-sia baptimalis, uno di quei complessi di cultofondati tra il IV e il VI sec. d.C. per garantireassistenza religiosa alle comunit rurali. Citestimonia la persistenza dellinsediamento inpianura in un periodo in cui le invasioni barba-riche e la ca duta dellimpero romano avrebbe-ro comportato un completo abbandono della

    tribuirono notevolmente la politica espansio-nistica di Roma e le conquiste che nel II secoloa.C., aggiunsero ai territori romani anche le

    terre dOriente, della Grecia, della Macedonia,della Siria e dellAsia Minore. Si verific qua-si allimprovviso un grosso afflusso di capitaliche, accanto alla grande disponibilit di mano-dopera servile, permise ai beneficiari di mette-re in atto notevoli investimenti.

    Se molte sono le informazioni pertinenti alleville rustiche in epoca romana, risulta inveceancora incompleto e frammentario il quadrorelativo al loro utilizzo durante il periodo tar-do-antico, in particolare riguardo allesistenzadi una continuit di insediamento o, daltro

    mento dai punti focali di traffico di persone emerci fa s che molti di questi castra non pre-sentino alcun rapporto con la viabilit roma-na, n hanno restituito tracce della presenzaromana, ma controllino piuttosto una viabilitesclusivamente depoca medievale. Bisognaper sottolineare che non sono rari i ca si in cuivengono riutilizzati insediamenti di altura diepoca italica, nel nostro caso sannitici.

    il caso del castrum individuato in localitLe Muradi Mennella, nel comune di Filigna-no, in cui le indagini archeologiche attestanoil recupero, gi dal VI-VII secolo d. C., di sitidaltura occupati precedentemente da insedia-menti preistorici e preromani. A questo punto

    possibile ipotizzare che il precoce abban-dono della pianura fu causato non tanto dallaminaccia longobarda, quanto piuttosto dallasituazione orografica di quel lembo di territo-rio alle sorgenti del Volturno. Il rapporto tracastra e viabilit si coglie anche allingresso

    pianura a vantaggio di insediamenti pi s icuriin altura.

    Particolarmente interessante dal punto divista archeologico si rivela inoltre il territoriodi Macchia dIsernia. Qui la Via Latina subivavarie diramazioni ed attraversava il territoriocon diversi diverticoli lungo i quali sorgevanonumerose ville depoca romana, molte dellequali vennero riutilizzate per la realizzazione

    di cappelle e di spazi funerari.Oltre a forme insediative pertinenti ad una

    continuit di occupazione della pianura finoalmeno allVIII secolo d. C., disponiamo diesempi di occupazione di siti daltura legati acause naturali o militari: per cui un allontana-

    A sinistra:

    Resti della torre medievale (foto: M. Raddi)

    In basso:

    Veduta aerea scavo archeologico localit

    Socce (foto: M. Raddi)

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    t antica sono ancora evidenti nel territorio,come in localit Francisca dove sono indivi-duabili nel letto del Volturno resti di un ponteromano, mentre in localit Taverna, semprenel comune di Montaquila, ancora visibileparte di una strada acciottolata depoca me-dievale.

    Il castrum di Roccaravindola dominavaunaltra via che correva a nord dellinsedia-mento fino a giungere in localit Colle Castel-lano, nel Comune di Montaquila, che, abitataa partire dal IX secolo, presenta il periodo dimassima vitalit insediativa nei secoli X-XI.

    Gli archeologi dellUniversit di Sheffield,che hanno indagato larea, hanno identificato

    A sinistra:

    Veduta aerea dello scavo archeologico della

    villa rustica in Localit Piana dellOlmo-Le

    grotte nel Comune di Colli a Volturno(foto: M. Raddi)

    dellAlta Valle del Volturno, dominato dal ca-stellum di Roccaravindola Alta.

    Sebbene molti siano i dubbi relativi alla suafondazione, a causa della mancanza di docu-menti scritti che ne attestino in qualche modolorigine, probabile che Roccaravindola siastata fondata per motivi di carattere strate-gico in quanto si pone a guardia dellingres-so dellAlta Valle del Volturno ed insieme aMontaquila (altra fondazione successiva al Xsecolo) controllava unimportante strada pro-veniente dallarteria della Via Latina, la ViaFrancisca che, attraversando il territorio diRoccaravindola, proseguiva verso Montaquilaper giungere a Filignano. Tracce della viabili-

    nali del monastero.Il sito di Colle Castellano costituisce il pro-

    babile luogo di concentrazione della popo-lazione rurale precedentemente sparsa nellacampagna limitrofa, nelle diverse ville rusti-che di cui le ricognizioni topografiche han-no accertato la presenza. Probabilmente lapopolazione rurale gradualmente si spostsullaltura, e nel momento di maggior perico-lo, provvide in modo autonomo a darsi unafortificazione che potesse difenderli in caso dinecessit.

    A questo punto resta lesigenza di verifica-re quando venne fondato lodierno centro diMontaquila. Come Roccaravindola Alta si erge

    su unaltura a controllo dellingresso allAltaValle del Volturno, e di due importanti assiviari, la Via Francisca e la Via Romana che,proveniente da Atina, giungeva presso il valicodi Cerasuolo Vecchio, scendeva nella localitSoda Larga di Scapoli e, attraverso il valicodella Forca, arrivava nella localit Castiglionidi Colli a Volturno.

    Tanto Montaquila quanto Roccaravindolanon sono fondazioni monastiche risalenti al Xsecolo. Entrambe appaiono per la prima vol-ta nel Catalogus Baronum tra il 1150 ed il 1168,dopo che la parte meridionale della terra erapassata ai Normanni e, in particolare, Mon-taquila apparteneva, con Cerasolus et SanctusLocherius, aRainaldus de Sexto esponente del-la famiglia Sorellus.

    Troviamo nuovamente il castrum MontisAquili nelle bolle di Lucio III e di AlessandroIII rispettivamente del 1172 e 1182, cos comenelleRationes Decimarum sia nel 1309 che nel1326. Come si pu notare le fonti storiche nonpermettono di ricavare informazioni attendi-bili pertinenti allorigine di Montaquila, ma al-

    proprio su Colle Castellano linsediamento diOlivella, fondato nel X sec. d.C. da S. Vincen-zo al Volturno, di cui parlano le fonti. Tuttaviamolti sono i dubbi al riguardo in quanto, neivari documenti del Chronicon Vulturnense chefanno esplicita citazione di Olivella in relazio-ne alle concessioni terriere fatte nel X secolodallabbazia di San Vincenzo, manca qualsia-si riferimento alla costruzione di un castrum.Dalla lettura dei documenti sembrerebbe,quindi, che il piano di organizzazione territo-riale non fosse associato allincastellamento,ma piuttosto che le concessioni fossero fina-lizzate al dissodamento dellarea, fenomenofrequente in quel periodo nelle terre meridio-

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    ito allinterno di un recinto murario, fu in unsecondo momento profondamente trasforma-to: larea della navata subisce una divisione nelsenso della larghezza, in quanto la met set-tentrionale viene rialzata forse con funzionedi presbiterio accessibile da a mbedue le nava-telle.

    Molto probabilmente ci troviamo di frontead uno di quei tanti edifici di culto daltura cheproliferano nellalta valle del Volturno nei pri-mi secoli del cristianesimo.

    In localit Serra del Lago, sempre nel Co-mune di Colli a Volturno, la ricognizione to-pografica ha permesso di individuare un in-sediamento di epoca medievale che dominava

    la piccola pianura sottostante, dove nel 1983furono rinvenuti una sepoltura depoca me-dievale affine a quelle circostanti labbazia diS. Vincenzo al Volturno, tracce di muraturefacenti parte di un probabile edificio di cultoe i resti di una strada acciottolata sicuramentemedievale.

    Le ricognizioni topografiche hanno eviden-ziato insediamenti sparsi che si estendono inun arco di tempo vastissimo, ma sar solo nelX secolo, per volont degli abati volturnensi,che la popolazione si raccoglier in un unicocentro, sul Colle S. Angelo, con lo scopo pri-ma di creare un baluardo difensivo (insieme aFornelli e VaduPorcinum) da opporre ai contidIsernia e poi di dissodare quelle terre in vir-t di un pi razionale piano di sfruttamento

    economico e politico della zona.Tra gli attuali Comuni di Colli a Volturno,

    Montaquila e Fornelli si colloca Valle Porci-na, fertilissima piana racchiusa tra le alture diMonte S. Paolo, lalto roccioso di Montaquila eil fiume Vandra. Si tratta di unarea di grandevalore archeologico, come attestano i repertidi natura litica risalenti al periodo neoliticoed eneolitico raccolti durante le ricognizionie la presenza di molti insediamenti dorigineromana legati ad un uso a gricolo del territorio.Le principali vie antiche di percorrenza del

    cune ipotesi sono state formulate tra cui quellache vedrebbe una fondazione legata a llabban-dono di Olivella, intorno al XII secolo, a favoredi un nuovo sito che potesse fornire maggioresicurezza. Questa supposizione potrebbe esse-re confermata dallassenza, nel CatalogusBa-ronum di qualsiasi riferimento ad Olivella, ma

    non da escludere che tanto Olivella quantoMontaquila potessero convivere nello stessoperiodo storico sebbene non appaiano nei do-cumenti.

    Unaltra area molto interessante dal punto divista archeologico quella di Colli al Volturno.

    Il sito s coperto su Colle SantAngelo, un edi-ficio religioso messo in luce dalla British Scho -ol at Rome, presenta due differenti fasi crono-logiche: una di V sec. d.C., laltra della fine dellVIII e inizi del IX sec. d.C.

    Un primo edificio a pianta basilicale costru-

    LocalitLeMuradiMennella(foto: M. Raddi)

    turno, a mezza strada fra Colli e Montaquila.Il luogo coperto da una fitta vegetazione, aldi sotto della quale sono state trovate tracce distrutture medievali, non riconducibili per atipologie precise e resti di una strada acciotto-lata. Dalle sezioni di terreno occasionalmenteesposte sono stati raccolti frammenti ceramicidatabili fra X-XI e XIV sec.

    Questi sono solo alcuni dei numerosi esempiaddotti per dimostrare come, ai fini di una ri-costruzione storica il pi attendibile possibile,lo studio delle fonti debba procedere di paripasso con la verifica capillare sul territorio,tramite le ricognizioni di superficie e, dove si

    ritenga opportuno, attraverso vere e proprieindagini archeologiche.Nonostante la ricerca vada avanti da quasi

    un decennio, al momento non si dispone an-cora di una carta archeologica della provin-cia di Isernia, in grado di fornire a studiosi eappassionati fruitori un quadro generale edesaustivo degli insediamenti archeologici nelterritorio, oltre a garantirne di conseguenza laloro definitiva salvaguardia.

    territorio in esame erano due: il diverticolodella Via Latina proveniente da Monteroduni,e la Via Romana, proveniente da Atina.

    Nel X secolo la fertile Piana di Valle Porcinacostitu una vera attrazione sia per Landolfo ilGreco che per la Badia di S. Vincenzo che persottrarla al conte dIsernia, nel 972 la concessea livello a sedici famiglie, con lo scopo di popo-larla e di costruirvi un castello. Ci troviamo difronte ad un vero e proprio atto di fondazionecontemporaneo a quelli di Vandra (Fornelli) eColle S. Angeli, ma a differenza di questi duecentri, quello di Valle Porcina un sito che nonfu pi abitato dopo il XIV secolo. Le ultime no-tizie riguardanti il castrum, risalgono proprio

    al XIV secolo e precisamente al 1358 quandoin un diploma di Giovanna II ed in seguito inuna pergamena dellarchivio di Montecassi-no, si incontra Valle Porcina tra i villaggi delladiocesi di Venafro. Questi dati sono stati con-fermati anche dalle ricognizioni topograficheche hanno identificato VaduPorcinum con ilsitodi unvasto villaggio medievale abbando-nato in Localit S. Antonino, presso il Vol-

    BibliografiaCoccia S., Clark G., Hodges R., Patterson H. (1985): Excavations at Colle Castellano (Olivella). In:Papers of the British School at Rome, London.

    Di Sandro L. (2002): Lincastellamento nellAlta Valle del Volturno. In: Universitas Civium. Attidellanno Sociale 2001-2002, Cassino.

    Federici V. (1925): Chronicon Vulturnense del monaco Giovanni. In: Fonti per la Storia dItalia, Istitu-to Storico Italiano, n.58-60, III, Roma.

    Foster-Hodges (1991): Colle S. Angelo e le origini di Colli a Volturno, Almanacco del Molise.

    Hodges R. (1992): Villaggi altomedievali nellAlta Valle del Volturno, Almanacco del Molise.

    Jamison E. (1972): Catalogus Baronum, Roma.

    Pani Ermini L. (2000): Ricerche archeologiche nella provincia di Isernia: i terr itori di Pettoranello diMolise e di Filignano. Atti del Convegno di studio (Campobasso, 2000) in corso di stampa.

    Raddi M., Di Sandro L. (2003): Fornelli attraverso le fonti storiche e la ricerca topografica e archeo-logica di superficie, Isernia.

    Raddi M. (1999): Insediamenti e territorio dalla tarda antichit al Medioevo nella Provincia dIser-nia, Roma.

    Valente F. (1986): Il territorio di Colli a Voltuno: preesistenze sannitiche romane alla colonizzazionedei monaci di San Vincenzo, Almanacco del Molise, Vol. II.

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    G.A.Riizannoni,AtlantegeograficodelRegnodiNaoli,1789.StralciodelFoglion.10(da: Santoro 2006)

    Storiesearateonegate,daTerravecchiaallAltilia,

    allafondaionedeicontidiMolise:ergamene,carte

    toograficheericogniionearcheologicaricostruiscono

    levicendestorichediuncomlessomonasticosortosudi

    unanticaarteriatransmatesina.

    Un Eigenkloster della valle del Moschiaturodi Walter Santoro

    S. CROCE DI

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    di suo padre Roberto. I possedimenti fondia-ri di Tristainus fanno supporre lesistenza, datempo consolidata, di un saldo insediamentonormanno nellarea ben prima della met delsecolo XII. Una seconda pergamena datata al1159 riferisce dello status giuridico della chie-sa. La concessione di libert dichiarata neldocumento pone la chiesa nella condizionegiuridica di Eigenkloster (monastero priva-to di fondazione laico-nobiliare). Nello stessoanno Roberto III, figlio di Ugo, conferma a S.

    A destra:

    I.G.M., F. 162, III S.E., Morcone, anno 1957.

    Stralcio della Tavoletta. Particolare dellarea

    di Passo S. Crocella(da: Santoro 2006)

    La ricerca topografica dei resti dellanticocomplesso monastico di S. Croce stata av-viata nellambito della stesura della tesi di lau-rea in Topografia ed Urbanistica del MondoClassico dellUniversit degli Studi di Perugianellanno 2004, poi approfondita nel bienniosuccessivo sino alla pubblicazione da partedello stesso Ateneo nellanno 2006.

    La scelta dellarea della Montagna di Se-pino come zona dindagine e ricognizione ha

    condotto a circoscrivere la ricerca allinternodi un ambito cantonale ben delimitato e gra-vitante intorno al passo montano, di confinetra le regioni Molise e Campania, denomina-to Passo S. Crocella (m. 1.219). La presenza,allinterno della chiesa parrocchiale di S. Cri-stina di Sepino, di un corpus documentario dioltre centopergamene dei secoli XII-XV, dellequali ben 37 inerenti il monastero di S. Croce,ha spronato ad avviare e portare a compimen-to un organico lavoro di esegesi archivistica,storica, topografica e di ricerca sul campo.

    Tra la Saipins sannitica e la Spinum ro-mana, e tra la rioccupazione di Terravecchiadet medievale e la fondazione del castellumSipinum, pu cronologicamente collocarsila nascita del monastero di S. Croce di Sepi-

    no; la sua prima attestazione documentaria,difatti, risale al 1143. Tale documento unadonazione di un importante personaggio del-la neonata contea normanna di Molise: Ugo Ide Molisio (1143-1159). S. Croce si evidenzia inquestepoca come di recente impianto e, perquanto esplicitamente citata come ecclesia enon come monastero, comunque in gradodi ricevere cospicue donazioni. Nella per-gamena leredit di Tristainus , personaggiodi sicura origine scandinava, offerta per leanime dei conti Ugo I e Simone e per quella

    te ubicato sulla montagna soprastante il ca-stello di Sepino, ragguagliando inoltre sui po-teri che il vescovo esercita nei confronti di S.Croce. La pergamena sancisce che S. Croce libera rispetto allautorit diocesana dappar-tenenza, la chiesa di Boiano, la quale limite-r i propri interventi alla sola consacrazionedi nuove chiese o altari e alle ordinazioni deinuovi chierici. Nellanno 1200 una pergamenaqualifica S. Croce come monastero informan-do sui molteplici possedimenti di cui lente

    Croce quanto gi concesso dal padre in meri-to ad esenzioni e concessioni, aggiungendovila donazione di duecento passi di terra e di unbosco gravitante intorno alledificio religioso.Raggiunta siffatta autonomia amministrativala comunit di religiosi riesce ad appropriarsidi alcune chiese private del territorio, il casodella chiesa di S. Giovanni collocata in monteSepini e dellintramuranea SantAngelo di cuii de Molisio possiedono quote-parti. Nel 1186un privilegium libertationis riferisce che len-

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    suoi beni anche extra-tenimentum presso Cu-sano Mutri, Cerreto Sannita, Gioia Sannitica,Pietraroja, ottenendo peraltro lesenzione delplateaticum (detassazione sui beni comprati evenduti) nelle piazze di Campobasso e Cam-podipietra.

    Nonostante i benefici e i molteplici posse-dimenti di cui lente monastico detentore edopo alterne vicende politico-economiche,alla fine del XIII secolo, il monastero vieneassoggettato allautorit diocesana, le dona-zioni vengono meno, e il patronato dei de Mo-

    detentore allinterno del comparto territorialesepinate. Molteplici i toponimi di et medie-vale che si ricavano dalle fonti pergamenacee:Obasi, Vallis Fetida,Mandrevecchie, Gaisi,Bri-czosa,Iungelupobus, rivus Merdarum, rivus Al-bum, Rivum Magota, rivimezum, Vicende, Cer-racletum,Molinelle ,Forma Sancte Crucis,Airadella Croce, Mainardi, Cannabina, Salmaroze,Pantanus, Campate, etc.

    Nel XIII secolo il monastero accresce ulte-riormente il suo patrimonio e accanto alle pro-priet fondiarie, boschive ed edilizie, amplia i

    cosa sia venuto a modificarsi in ambito am-ministrativo. A seguito di nuovi assestamentipolitico-territoriali lintera contea di Moliseviene ridimensionata e i de Molisio abbando-nano il feudo sepinate e con esso la proprietdi S. Croce, spostando il baricentro economi-co-amministrativo nella civitas di Campobas-so. Tra le cause che concorsero alla decadenzadel complesso monastico oltre alla perdita deisuoi protettori, laffermazione del nuovo cultoreligioso di S. Cristina o il probabile passaggioad altro ordine conventuale.

    Documenti darchivio fanno presumere cheil cenobio non sia stato unicamente una filialebenedettina, ma forse, in precedenza, una sog-

    gezione affiliata allordine templare. Il ritro-vamento di una memoriaottocentesca a firmadel regio agrimensore Benedetto Ferrante ese-guita nel 1850-51 riferisce: Era tal ven. Moni-stero della soggezione de Padri Templarj, chein copiosa famiglia lo abitarono fino ai tempi

    lisio sembra vacillare allorquando, nel 1287, ilpriore chiede il riconoscimento dei beni e deidiritti precedentemente acquisiti. Dopo unvuoto documentario di quasi cinquanta anni,nellottobre del 1340 S. Croce appare in chiaradifficolt economica se, come vero, il priore

    Nicola de Sebastiano costretto a vendere unacasa in localit Vallis Fetida per riparare partedelle mura del monastero che versano dirute:mancano denari o beni mobili di valore suf-ficiente alla riparazione e al pagamento dellemaestranze. Si comprende allora come qual-

    A sinistra:

    Cartula donationis (anno 1185) Donazione di

    Roberto de Molisi alla chiesa di S. Croce di

    una terra in localit Campate dove edificata

    la chiesa di S. Giovanni (da: Santoro 2006)

    In basso:

    Cartula donationis (anno 1201). Particolare.

    Attestazione della trasformazione in

    monastero di S. Croce (da: Santoro 2006)

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    MosaicoascalaridottadelleTavolette

    IGM F. 162, III S.O., Cusano Mutri 1954IGM F. 162, III S.E., Morcone 1957IGM F. 162, III N.E., Vinchiaturo 1957

    LerorietdiS.Croce(secc.XII-XV)

    Propriet edilizie e fondiariePropriet ecclesiasticheToponimi posizionati

    Toponimi non collocati:

    - Cerracletum- Colle Sancti [...]- Mallerasa- tenimentum Fuine

    - colle de Cruce- fossatu Vicende- rialbu- via Coroli

    - Colle Rocce- Lo Mainardi- Salmaroze- via Cupa

    Iotesiricostruttivadellaviabilitmedievaleviabilit medievale

    viabilit medievale ipotizzata

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    pinate. Ai fini dellindividuazione topograficadel monastero, lo spoglio delle fonti documen-tarie stato coadiuvato dalla disamina dellefonti cartografiche e dalla ricognizione sulposto. Nonostante il comparto territoriale se-pinate risulti dopo decenni di attivit e ricercauno tra i pi noti dellantichit classica (Ter-ravecchia, Spinum, San Pietro di Cantoni), laricerca sulle fonti documentarie e soprattutto

    cartografiche ha apportato nuovi e significa-tivi contributi. Nellarticolata complessit delterritorio, seguire di carta in carta le molte-plici informazioni di carattere topografico etoponomastico, ha permesso, raffrontandoe incrociando i dati desunti, di ricostruire levicissitudini dellente sino alla scomparsa ma-teriale alla met del secolo scorso. Le alternevicende storiche ricavate nelle pergamene,cui fa seguito la decadenza, labbandono e lagraduale rovina, trapelano in epoca s uccessivanella somma dei dati ricavati dagli apprezzi,

    di Clemente Quinto Sommo Pontefice e di Fi-lippo il Bello Re di Francia, in tempo dei qualine fu abolito il nome, e solennemente proscrit-ta la regola. Conforta sulla presenza dei tem-plari in Sepino un secondo documento coevoa quello del Ferrante, di cui purtroppo igno-riamo lautore. Ad ogni modo saranno due do-cumenti successivi e appartenenti al diploma-tico sopramenzionato degli anni 1429 e 1431 a

    definire con chiarezza sulla regola seguita daimonaci di S. Croce: ordo Sancti Benedicti. Traalterne vicende, nel 1584, il monastero cessa diessere un ente giuridico a s stante; riportatonelle fonti del tempo come chiesa diruta di S.Croce, annesso alla chiesa di S. Cristina. Allostato degli studi attuali gli estremi cronologicivolti a definirne prima attestazione e presumi-bile abbandono restano lanno 1143 ed il 1584;il primo certificante lesistenza di S. Croce manon la sua fondazione, il secondo comprovan-te lassodata annessione alla chiesa madre se-

    In questa pagina:ASCB, Fondo Atti

    Demaniali, Sepino, b. 2,fasc. 11:

    Pianta della Differenzade Confini tra lVn.it di

    Supino, e SassinoroAutore sconosciuto

    Anno 1719Particolare

    (da: Santoro 2006)

    Nellaltra paginaASCB, Fondo Atti

    Demaniali, Sepino, b.1, fasc. 7:

    Pianta della partedella Montagna

    Comunale di Sepinoaddicata nuovam.

    Ad uso di BoscoOriginale: Regio

    AgrimensoreBenedetto Ferrante.

    Anno 1823.Particolare

    (da: Santoro 2006)

    XVII secolo continuava a perpetuare il topo-nimo, un nutrito gruppo di piante catastali(secc. XVII-XIX) concernenti secolari contro-versie confinarie con il contermine territoriocampano, ha offerto una pi chiara lettura delterritorio Montagna. Diversi gli agrimensoriche si profusero, in epoche e con fini diversi,nella composizione di piante topografiche; tredi questi si resero anche autori di platee: Gio-vanni di Vita Beneventano, Francesco Germie-ri e Benedetto Ferrante. La progressiva quantoirreversibile instabilit del toponimo desuntodal lavoro degli agrimensori (Chiesa diruta S.Crocella; Capella diruta di S. Croce; Casalino

    onciari e dalle rivele dei luoghi, ma ancor pidalle numerose e inedite redazioni cartografi-che. Realizzata attraverso segni planimetrica-mente corretti, la rappresentazione catastaleriproduce una raffigurazione del periodo incui stata rilevata degna di unistantanea fo-tografica: costituisce infatti unefficace testi-monianza documentale della stratificazionedei paesaggi, delle attivit produttive, dellostato della viabilit, della toponomastica, dellivello di urbanizzazione, delle eventuali al-terazioni naturali e antropiche subite da undeterminato comprensorio. Cos, accanto allacartografia del Regno di Napoli, che pure dal

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    S. Crocella; Macera di S.ta Croci ), si affiancaallaltrettanto chiara rappresentazione delle

    forme architettoniche delledificio, nel mutarecontinuo delle dimensioni, come degli artico-lati volumi.

    Infine, lazione sistematica di ricognizionedi superficie, corroborata da una significativatradizione orale ancora viva sul posto, ha ve-rificato la sostanziale attendibilit e coerenzadei dati emersi dalle fonti, acclarando la piche verosimile ubicazione del monastero sulterreno e fornendo numerosi nuovi apportidi conoscenza sullinsediamento monastico esulla viabilit antica e medievale del territorio.

    In basso:

    Passo S. Crocella.

    Pianoro antistante ledicola

    (foto: W. Santoro)

    A sinistra:

    Ortofotocolor.

    Particolare del pianoro con evidenza

    dellarea occupata dal complesso

    monastico e del tracciato viario(da: Santoro 2006)

    Percorrendo la tortuosa arteria stradale checonduce al valico, alle policromie offerte dalla

    vegetazione si accompagna una presenza an-tropica sempre pi rarefatta; lampia macchiaa faggeta domina incontrastata, raramente in-terrotta da radure per il pascolo daltura. Giun-ti al passo, la presenza di unedicola comme-morativa con iscrizione incisa costituisce unforte indizio topografico circa la posizione delcomplesso. La data posta sulliscrizione, 1960,costituirebbe un momento in cui pu supporsila totale scomparsa di resti architettonici per-tinenti ledificio di S. Croce: Crux parva ubimonasterium clarum. Poco oltre ledicola, sul

    versante opposto della strada, risalta unareapriva di vegetazione che, a differenza dei

    luoghi circostanti, pare avere un andamentopianeggiante e regolare. Forse ricavato artifi-cialmente, il pianoro stato di recente com-promesso dalla costruzione del metanodottointerprovinciale che ha divelto alcune dellestrutture murarie visibili supra terram sino adun trentennio fa.

    Particolarmente meritevole dattenzione poi una strada carrareccia lastricata. Il trac-ciato doveva probabilmente servire da collega-mento strategico verso centri diversi e anno-darsi a percorsi consolidati da tempo. Recenti

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    S. Croce un punto di riferimento stabile nelpaesaggio che assicura la sopravvivenza di untracciato pi antico. Il rinvenimento di alcuni

    materiali di et classica non esclude n il reim-piego di spolia da un centro noto, n lesistenzadi una costruzione pi antica in luogo di quellamedievale. Ad oggi intuizioni e problematicheevidenziatesi nel corso della ricerca richiedo-no verifiche immediate e riscontrabili con lasola attivit programmatica dello scavo arche-ologico. Attestarsi sui risultati raggiunti nonavrebbe senso: metodo topografico e archeo-logico reclamano una conclusione univoca; uninutile stallo produrrebbe, davvero, una storianegata.

    scoperte archeologiche hanno difatti messo inluce le strutture di un ponte di et romana inlocalit Morgia del Ponte di Tufara. Lesisten-

    za della costruzione doveva con buona pro-babilit ricadere su un preesistente tracciatoviario, il quale, provenendo daAec (Troia) sisarebbe diretto alla valle del Tappino attraver-sando il passo montano detto Rua di Ielsi perpoi scendere nuovamente verso valle in dire-zione della piana di Sepino, attraversare la cit-t romana, e valicando il passo di S. Crocella,raggiungere il municipio romano di Alife. Ilbinomio chiesa-diramazioni stradali, racco-gliendo un testimone gi noto nella devozio-ne classica, farebbe delledificio monastico di

    In questa pagina:

    S.P. 94. Edicola

    allaltezza di Passo S.

    Crocella(foto: W. Santoro)

    Nellaltra pagine:

    Passo S. Crocella.

    Strada carrareccia

    che risale il versante

    di Monte Lamaturo(foto: W. Santoro)

    BibliografiaColonna G. (1962): Spinum. Ricerche di topografia sannitica e medievale. Archeologia Classica.Rivista della Scuola Nazionale di Archeologia, XV, Roma: 80-107.

    Cuozzo E., Martin J.M. (1998): Le Pergamene di S. Cristina di Sepino (1143-1436). Fonti per la StoriadItalia, Roma.

    De Benedittis G. (1981): Spinum: citt e territorio tra tardo impero e basso medioevo. ArchivioStorico per le Provincie Napoletane, XCIX: 7-30.

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    Esch A. (1999), Reimpiego dellantico nel medioevo: la prospettiva dellarcheologo, la prospetti-va dello storico, in Ideologie e pratiche del reimpiego nellalto medioevo. Centro Italiano di StudisullAltomedioevo, XLVI, Spoleto 16-21 aprile 1998, Spoleto: 73-108.

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    ilgiornodel31dicembre,lavigiliadicaodanno.AGambatesa,borgofortorinodi1700anime,sisentenellariachenonsarilsoloassaggiodalvecchioalnuovoannoadesserefesteggiato,ma

    ualcosadimoltoisentitoearticolare,diunicoeseciale.

    Una tradizione secolaredi Luca DAlessandro

    Le Maitunat di

    Lessenialitdellasuadraantica:unorganettoaccomagnatodagli

    strumentiartigianali(autoresconosciuto)

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    Chiara la percezione che una grande e lun-ga attesa sta per concludersi, e, se vero chei luoghi si caricano delle sensazioni di coloroche vi abitano, prendendone la forma e propa-gandone laura, si ha la netta impressione chequalcosa in procinto di avvenire, forse unafragorosa e colorata esplosione folcloristica,magari la stessa del medesimo giorno dellan-no precedente e di chiss quanti altri 31 di-cembre, andando indietro per lustri e secoli:lintero paese, dopo un anno dattesa, prontoa reimmergersi nella secolare tradizione dellemaitunat. Per le strade del borgo il movimen-to continuo: gli antichi strumenti artigianalivengono affinati e personalizzati, le squadre

    (cio i gruppi musicali) vengono completate,lappuntamento fissato. Giunta lora di cena,lantico rito delle maitunat pronto per es-sere nuovamente ripetuto. Lo spettacolo pufinalmente iniziare e il divertimento pi puro,

    originale e popolare sta per essere esaltato efesteggiato. Lantico stornello risuona ovun-que e in un vortice di musica canti e balli, levarie squadre si esibiscono per tutto il paesegenerando unatmosfera festosa, calda e coin-volgente. Giovani, anziani, adulti e bambini, sidilettano nellimprovvisare le maitunatpren-dendo di mira, in tono scherzoso e canzona-torio, i padroni delle case in cui si recano. Go-dendo di una tacita immunit, limitata ai solidue giorni della manifestazione, mettono allaberlina non solo personaggi pubblici della vitapaesana, ma anche gente comune con qualchescheletro nellarmadio o protagonista di qual-che episodio eclatante. Non c casa di poveri

    o ricchi, umili o potenti, ignoranti o dotti, chesi rifiuti di ascoltare le maitunate concedereospitalit. Ogni cantore, accompagnato dallasua squadra, crea le sue rime estemporanea-mente secondo il suo caratteristico stile che lo

    contraddistingue dagli altri, rendendolo unico.I temerari chiudono lintensa nottata a mat-

    tino inoltrato, gli altri alle prime luci dellalba.Per qualche ora del tardo mattino del primo

    gennaio sembra che tutto sia cessato, la quietedopo la tempesta, il meritato riposo dopo unanottata fredda e faticosa. solo calma appa-rente perch nel primo pomeriggio si rinco-mincia: ancora musica, maitunat e canzonipopolari.

    Tutte le squadre protagoniste della nottesono pronte a sfidarsi davanti al pubblico, sa-

    lendo a turno sul palco ed esibendosi in branistrumentali o cantati e maitunat. I cantori de-vono dare il meglio e sfoderare il loro migliorrepertorio per ambire alla Sonagliera doro(che premier il migliore), ma soprattutto persoddisfare e divertire lesigente platea.

    Terminate le premiazioni e chiusa la mani-festazione, in paese ritorna la normale atmo-sfera di quiete, questa volta per non sar in-terrotta almeno fino alla vigilia del prossimonuovo anno. Descrivere un fenomeno folclori-stico come quello delle maitunato analizzarlo

    In questa pagina:

    Sunaglier e tamburelli(web)

    Nellaltra pagina:

    Veduta dallalto di

    Gambatesa(web)

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    si in tutta lEuropa mediterranea, con i quali i

    questuanti offrono, in cambio di cibi e bevandeda parte del padrone di casa, un augurio (per ilnuovo anno o per un buon raccolto), intonan-do degli stornelli con auspicio propiziatorio.La caratteristica di canto di questua dellemaitunat un elemento indiscutibile, ancoraoggi vivo e oggettivamente rilevabile nella mo-derna pratica, tale che pu considerarsi il pun-to di partenza di ogni trattazione in materia.

    La seconda funzione delle maitunatsi ma-terializza come uno strumento con il qua-le il popolo poteva esprimere senza rischi il

    in modo scientifico cercando di estrapolare daesso i vari aspetti antropologici, sociali, cultu-rali, rituali non affatto cosa facile se si pensadi quanta spontaneit, animo popolare, prove-nienza dal basso esso sia intriso. Ancor piarduo risulta spiegare la tradizione a chi nonvi ha mai preso direttamente parte, non lab-bia vissuta al seguito delle squadre o non si siacalato nella particolare atmosfera della nottedel capodanno gambatesano; in questo sensoil rischio quello di cadere nella banalit, dinon riuscire a renderne lidea o ad esprimernelanimus,che contrassegna i protagonisti e glispettatori. Se a tutto ci vogliamo aggiungerelincertezza storica delle origini e delle fun-

    zioni (quindi la ratio ), laleatoriet che ognitradizione orale si porta dietro, la mancanzadi fonti scritte a supporto di una tesi plausibi-le che sia il frutto di un metodo sperimentaleetnomusicologico, ecco connotate le difficoltdi inquadrare le maitunat in uno schema dog-matico preciso.

    Etimologiadellaarolamaitunat:originiesignificato

    Sono diversi i significati assegnati alla parolamaitunat. Le differenti ipotesi etimologicheche si sono avvicendate hanno tutte seguitopercorsi diversi, spesso superficiali, come iltentativo di accostare la parola maitunatallalocuzione mai intonate in nome dellestem-

    poraneit con la quale i cantori eseguono (soloa Gambatesa) lo stornello in modo improvvi-sato. Tesi che pu essere subito smentita se siconsidera il fatto che il termine maitunat utilizzato in molti altri paesi molisani nei qualilo stornello non eseguito estemporaneamen-te e che, a Gambatesa stessa, prima della metdegli anni trenta non c traccia dellimprovvi-sazione, praticandosi il rito con stornelli pre-costituiti, ancora oggi conosciuti.

    sicuramente possibile stabilire una rela-zione con i cosiddetti canti di questua, diffu-

    proprio punto di vista (positivo o negativo),

    sempre e comunque in forma burlesca, neiconfronti dellautorit, con la speranza di uncambiamento positivo nellanno seguente.

    LemaitunatdiGambatesanelXXsec.:evoluioneedistaccodalmodus tradiionale

    Levoluzione delle maitunatnel 900 pu es-sere suddivisa per semplicit in tre fasi distin-te, ognuna contraddistinta da una serie di fat-tori, che vanno dal diverso modo di interpreta-

    Sopra:

    Squadra moderna degli anni 60. In risaltogli strumenti a fiato accompagnati dalla

    fisarmonica e limmancabile buf(autore sconosciuto)

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    adatta per la persona alla quale si rivolgeva eper largomento al quale intendeva riferirsi,scegliendo tra un ventaglio di soluzioni abba-stanza limitato.

    Ogni maitunatconteneva un sottile doppiosenso, naturalmente leggero, ironico e can-zonatorio, che ne rappresentava la morale,quindi il messaggio principale che si volevatrasmettere.

    Le maitunat cosiddette antiche sono tipi-che di moltissimi paesi del Molise in cui i cantidi questua erano una prassi molto diffusa, inqualche caso ancora esistente. Muniti di fi-sarmoniche, organetti, chitarre, buf (putipo caccavella ) e antichi strumenti a percus-sione di costruzione artigianale come apak-

    re le maitunat, alle differenti finalit che essehanno assunto nel corso del tempo, al modo dicomporre le varie squadre, modificandone ge-rarchie e ruolo del cantore.

    Una prima fase, della quale non pu definir-si chiaramente linizio, termina allincirca conlavvento del primo conflitto mondiale (anni1915-1920). Questo periodo caratterizzatodalle cosiddette maitunat antiche. La pecu-liarit, rispetto alle attuali maitunat, riguardaprincipalmente il fatto che lantico stornello,alternato ad un ritornello cantato e suonato,era precostituito e mancava quindi del requi-sito dellimprovvisazione. Al cantore spetta-va, oltre allesecuzione canora vera e propria,il compito di scegliere il tipo di maitunatpi

    padri o dai nonni e appresi in modo autonomo.Non esistevano, se non in rare eccezioni, trom-be, tromboni, clarinetti, sax e fiati in generale,per via del loro elevato costo non compatibile

    con il tenore di vita del tempo.Una seconda fase, che arriva fino agli anni

    50, vede il rinnovo delle maitunat, soprat-tutto sotto il profilo dellesecuzione. Dallemaitunatantiche, si passa a quelle chiamatesemimoderne. Il cambiamento, pi che neitemi e nelle finalit, soprattutto nelle parolee nella musica. Anche se ancora precostituite,c una mutazione dellintera struttura ritmicae del contenuto delle strofe. Per tutta la secon-da fase si continuano a praticare anche le mai-tunatantiche, segno del non incisivo cambia-

    ktell(due tavole con sonagli percosse tra loro),a sunaglier (detta anche triccheballacche, sem-pre in legno con tre battenti muniti di sonagli),a strgulator (tavola scanalata), le varie squa-

    dre si recavano nelle abitazioni dei personaggipi in vista del paese e, godendo di una sortadi immunit, tacitamente concessa da tutti,potevano permettersi, anche se in modo sot-tile e mediato, di cantare vizi e virt di que-ste persone autorevoli, inattaccabili nel corsodellanno.

    Le squadre erano formate da un numero dielementi difficilmente superiore a dieci unit.Gli strumenti principali, oltre agli antichi ar-nesi artigianali a percussione tuttora utilizzati,erano la fisarmonica e lorganetto, ereditati dai

    In questa pagina:

    Giovanissimi: le

    maitunat non hanno

    et, ecco dei bambini

    alla fine degli anni 50(autore sconosciuto)

    Nellaltra pagina:

    Squadra moderna

    2008: sono poche

    le differenze tra una

    squadra moderna

    degli anni 60 ed una

    del 2008(foto: A. DAlessandro)

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    senza lausilio di frasi fatte che esprimono solola morale, senza allusioni o fraintendimenti.La composizione delle squadre molto cam-biata rispetto ad alcuni decenni addietro, siaper quanto riguarda il numero dei par tecipantisia riguardo agli strumenti musicali utilizzati.I gruppi sono molto pi numerosi e, grazie aduna fiorente tradizione bandistica, sono statiintegrati da strumenti a fiato di tutte le catego-rie (ottoni e legni), dando alla squadra un tim-bro sonoro completamente nuovo e originale.

    Conclusione

    Scavare profondamente nella magia delle mai-tunat, alla ricerca delle sue vere origini, ri-chiederebbe un approfondito studio e lesamedi varie e complicate fonti, impresa nella qua-le pochi si sono cimentati, data la quasi totaleassenza di rilevanti pubblicazioni in materia.Va tuttavia rilevato lattaccamento dei gamba-tesani alla loro tradizione di riferimento, tantoche, su una popolazione di 1700 abitanti, anco-ra nel 2008-2009 sono stati pi di 15 i gruppimusicali che hanno preso parte alla manifesta-zione, rappresentando tutte le et: tutti ignaridel perch e del come sia arrivato a noi questorito, ignari del significato, ignari di tutta la par-te scientifica, antropologica e culturale, ma al-trettanto sicuri che per loro non capodannose, la notte dellultimo dellanno, non imbrac-ciano i loro strumenti e scendono in strada acantare e suonare.

    maitunatpi adatta tra un ventaglio di opzio-ni gi precostituite, ma deve egli stesso intro-durre largomento e improvvisare sul medesi-mo, ricorrendo a tutta la sua fantasia per riu-scire a colpire nel segno. Di conseguenza, conlintroduzione dellestemporaneit, le nuovemaitunatdanno luogo ad una severa selezionetra gli interpreti: non basta pi avere una bellavoce ed una discreta presenza scenica per can-tare una maitunat, ma bisogna avere il lessicodialettale adatto a trovare rime, la capacit di

    scovare aspetti nascosti del destinatario dellamaitunat, la prontezza di abbinare termini ru-stici, proverbi, doppi sensi, modi di dire e, so-prattutto, la conoscenza degli avvenimenti piimportanti avvenuti in paese nellultimo anno. proprio grazie allestemporaneit dellinter-pretazione che le maitunat di Gambatesa sidiscostano da tutte le altre elevandosi ad unavera e propria forma artistica di teatro vivo eimprovvisato che richiede speciali abilit. Ilforestiero resta stupito dalla capacit degli at-tori gambatesani nel trovare le rime che, allostesso tempo, siano esatte, divertenti, convin-centi, frizzanti e significative. Ogni maitunat preceduta dal cosiddetto ritornell, un moti-vetto di nove misure in tempo ternario suona-to da tutti i componenti della squadra, ripetuto

    due volte, con la funzione di introdurre la mai-tunat. Successivamente il cantore si esibirnel tradizionale canto supportato da una baseritmico-melodica, simile al ritornello, suonatada fisarmoniche, organetti, chitarre e percus-sioni pi delicate, sulla quale egli improvvi-ser due strofe che, se precisamente compo-ste, formeranno una coppia di endecasillabiin rima baciata, pi la ripetizione dellultimastrofa in coro con tutta la squadra, per chiu-dere la maitunat. Cos facendo possibile farriferimento agli accadimenti in modo diretto,

    mento a cui esse s ono state sottoposte. Bisognafar presente che in questa fase gi qualcuno,in modo pionieristico, abbozzava le modernemaitunat. Questo un esempio di come talifasi non siano nette, bens sovrapposte tra loro.

    La terza fase, diversamente dalla preceden-te, esprime un cambiamento radicale nel mododi comporre, interpretare e accompagnaremusicalmente le maitunat. Il nuovo stornellonasce nei primi anni 30, si sviluppa negli anni50 fino a consolidarsi e scalzare lantico ritonegli anni 60-70, giungendo intatto e genui-

    BibliografiaAntonio Fratangelo (1990): Alla mia terra

    lontana. Ripalimosani: Arti grafiche La

    regione.

    Antonio Fratangelo (2006): Dalla lingua

    dEuropa alle lingue europee. Siena: Annibal

    Putequa.

    A sinistra:

    La squadra degli anziani degli anni 90(foto: U. DAlessandro)

    no fino ai giorni nostri. Le maitunatrinnova-no tutte le loro caratteristiche: musica, ritmo,interpretazione, scopo, significato, metrica erime.

    In ordine di importanza, la novit pi lam-pante riguarda lintroduzione dellimprovvi-sazione e la conseguente difficolt dellinter-prete nel cercare la giusta coppia di rime che,oltre ad avere corrispondenza letterale, deveanche essere divertente e pungente in mododa suscitare lapprovazione dello spettatore.Il cantore non deve pi limitarsi a scegliere la

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    di Brunella Muttillo - Universit degli Studi del Molise

    Antonella Minelli Dipartimento di Scienze e Tecnologie perlAmbiente e il Territorio, Universit degli Studi del Molise

    Giuseppe Lembo - Centro Europeo di Ricerche Preistoriche di Isernia

    Ettore Rufo - Centro Europeo di Ricerche Preistoriche di Isernia

    Sandra Guglielmi - Centro Europeo di Ricerche Preistoriche di Isernia

    Maurizio Palmisano - Consiglio Nazionale delle Ricerche di Napoli

    Labalsa de ofrendamuisca,MuseodelOrodiBogotLaattera(balsa)inororirooneitrattisalientidellacerimoniadelElDorado:ilfuturocacique,denudatoeduntoconunterriccioaiccicoso,ricoertointeramenteconolveredioro(dauiiltermineattribuitodaglisagnoliEl indio dorado,dacuiercontraionederivaEl Dorado),

    rendevaostosuunaatteradigiunco,ienadioroesmeraldi.Venivaaccomagnatodaaltriuattrocaciues,nudianchessi,adornaticoncorone,orecchini,bracciali,ettoraliinoro,iumaggi,finonelmeodellalaguna,consideratalamadredelgenereumano.Mentreilcaciqueedilsuoseguitogettavanonellalagunagrandioffertedioroesmeraldi,dallesuesondeglialtrimembridellacomunitoffrivanoalladiviniticcolioggettivotiviinoro,tunjos.Dane,cantieballichiudevanouestacerimoniaattraversolaualeilnuovoelettovenivariconosciutocomesignoreerincie

    ALLA RISCOPERTA DI

    La missione archeologica molisana in Colombia

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    LaColombia:unaterraancoratuttadaconoscere

    La prima reazione che si prova entrando incontatto con le testimonianze materiali del-le popolazioni precolombiane di Colombia quella di stupore di fronte alla bellezza deiprodotti della loro arte orafa, alla raffinatezzae ricercatezza dei loro ornamenti personali,alla ricchezza delle loro tombe, alloriginalitdei reperti ceramici: tutte testimonianze tan-gibili di culture straordinariamente avanza-te, tecnologicamente sviluppate, socialmentestratificate, ma purtroppo rimaste in ombrarispetto al successo riscosso nellimmaginario

    collettivo dai vicini imperi del Messico e delPer. La Colombia, con le sue testimonianze

    materiali che nulla avevano a che vedere conle opere monumentali delle civilt dei Maya,Inca ed Aztechi, cos rimasta per molto tem-po esclusa dallinteresse del grande pubblico.

    In un certo senso i primi ad interessarsi del-la Colombia furono i conquistadores spagnoli,pur considerando che a spingerli verso que-sto continente sconosciuto ed esotico non eracertamente la sete di conoscenza ma la ricercadelloro: la Colombia rappresentava il paesedel El Dorado, su cui tanto si era favoleggiato,una miniera ricchissima di risorse preziose acui attingere a piene mani.

    Gli storici e i viaggiatori del XVIII secolonon vanno al di l del puro resoconto e for-

    niscono pochi dati utili per la ricostruzione.Dalla met del XIX secolo matura un inte-

    resse da parte di uno specifico gruppo di stu-diosi colombiani; tuttavia i tempi sono ancoraprematuri per la nascita di una vera e propriadisciplina archeologica: si tratta di mero col-lezionismo, in cui al centro dellattenzione loggetto come elemento a s stante, come te-stimonianza originale, esotica, di culture la cuistoria e sistema di pensiero non ci si preoccu-pava di analizzare. Fu solamente agli inizi del900 che si intrapresero i primi scavi sistema-tici in diverse zone del territorio colombiano,ad opera di studiosi stranieri, i cui risultati,seppur sorprendenti ed interessanti, vannocomunque contestualizzati in un periodo sto-rico in cui si era a ncora del tutto ignari del me-

    todo stratigrafico.Solo negli ultimi decenni larcheologia, ri-

    In basso:

    Il mito del El Dorado, che esercit una

    grandissima attrazione sui conquistadores

    europei, trae origine dal rito che si celebrava

    nella laguna sacra di Guatavita, a circa 60 km

    da Bogot, in corrispondenza dei solstizi e

    degli equinozi, e in occasione dellinvestitura

    di un nuovo cacique, il capo supremo di un

    cacicazgos , unit politica autonoma composta

    da vari villaggi accomunati da lingua,

    usanze e costumi. La laguna di Guatavita

    fu setacciata per mesi dai conquistadores,

    i quali rinvennero solo discrete quantit

    doro, ma non le meravigliose ricchezze di

    cui si favoleggiava. Giunsero a praticare

    unapertura lungo una sponda per abbassarne

    il livello dellacqua ed appropriarsi in tal modo

    degli oggetti preziosi che giacevano sul fondo

    della laguna, ma riuscirono a farne scendere il

    livello di soli cinque metri (web)

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    una rete sinergica di cooperazione con gli entilocali. Va menzionata in particolar modo lacollaborazione con lInstituto Colombiano deAntropologia e Historia, lUniversidad Exter-nado de Colombia, il Departamento de Antro-pologia del Universidad Nacional ed il Museodel Oro de Bogot; il supporto dei collaborato-ri italiani in Colombia, lAmbasciata dItalia elIstituto Italiano di Cultura di Bogot. A que-

    dellesigenza di provvedere ad una miglioreconoscenza e veicolazione extraterritorialedelle origini storiche e culturali delle popo-lazioni precolombiane di Colombia e ad unainterpretazione pi specifica e diffusa dellaloro identit culturale e dei prodotti della lorocultura materiale.

    Il progetto prende avvio dallo studio di unapopolazione precolombiana in particolare,

    quella Muisca, attestata in Colombia nellaparte centrale della Cordigliera Orientale del-le Ande, sullaltipiano Cundiboyacense, nellevicinanze della capitale Bogot.

    Lattuazione della ricerca stata possibilegrazie al contributo del Ministero degli AffariEsteri e dellUniversit degli Studi del Molise,al sostegno del Centro Europeo di RicerchePreistoriche di Isernia, allAssociazione Cultu-rale ArcheoIdea e alla collaborazione del Con-siglio Nazionale delle Ricerche di Napoli, maanche e soprattutto grazie allinstaurazione di

    uscita ad affermarsi come disciplina autono-ma che, scevra da giudizi e preconcetti di ognisorta, analizza ogni aspetto della cultura mate-riale e che riconosce in tal modo la s pecificit,

    importanza e dignit di ogni singola cultura,che ha il dovere di conoscere, comprendere epreservare.

    Lamissioneitaliana:unrogettoatuttocamo

    La missione archeologica ed etno-antropo-logica avviata in Colombia nel 2008 da Anto-nella Minelli, docente di antropologia pressolUniversit degli Studi del Molise, trae origi-ne dalla consapevolezza e dal riconoscimento

    Amazonas

    Caqueta

    Putumayo

    Narino

    Cauca

    ValleDelCauca

    Risaraida

    Choco

    Antioquia

    Cordoba

    Sucre

    Bolivar

    Norte

    De

    Santander

    Cesar

    LaGuajira

    Magdalena

    Atlantico

    Vaupes

    Guaviare

    Meta

    Distrito

    Capital

    Guainia

    Vichada

    Casanare

    Santander

    Boyaca

    Cundnamarca

    Quindio

    SanAndres

    yProvidencia

    Caldas

    Tolima

    Huila

    Arauca

    Caribbean Sea

    PacificOcean

    Golfo

    De

    Panama

    GolfodeVenezuela

    Lagode

    Maracaibo

    RioNapo

    RioPutumayo

    RioCaqueta

    RioJavari

    RioIca

    RioJapura

    RioNegro

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    Orinoco

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    Rio Guaviare

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    RioMagdalena

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    Juru

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    Amazo

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    Amazo

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    Colombia

    Venezuela

    Brazil

    P e r u

    Ecuador

    Panama

    Willemstad

    Caracas

    Quito

    Panama

    8

    0

    4

    8

    0

    80 76 72 68

    1212

    44

    4

    4000 m.

    3000

    2000

    1000

    500

    200

    100

    0

    Colombia

    Capitale

    Confini internazionali

    0

    0 100

    200Kilometers

    200Miles

    100

    Bogota

    In basso:

    MaadellareadiinsediamentodellaculturarecolombianadeiMuisca

    Il poligono nero individua i limiti dellarea incui erano stanziati i Muisca, corrispondente,con una buona approssimazione, agli attuali

    dipartimenti di Boyac e Cundinamarca

    Sopra:Il responsabile della missione scientifica,A. Minelli, con una famiglia indigena in unariserva nelle vicinanze di Bogot(foto: B. Muttillo)

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    sagrada: lagune, caverne, montagne, fiumi co-stituivano dei veri e propri adoratori naturali,sede di riti, cerimonie ed offerte presenziatedalla figura dello sciamano. Personalit polie-drica e multisfaccettata, oltre al suo tradizio-nale ruolo di guaritore, sacerdote e mediatoretra mondo naturale e soprannaturale, rivesteinoltre una funzione importante nella risolu-zione dei problemi psicologici individuali; un artista, specializzato nel canto, nella danza,nella recitazione dei miti; un accorto uomopolitico, che si pone come mediatore in si-tuazioni di conflitto. Infine, la sua intima co-noscenza della natura, lo porta a qualificarsicome una sorta di pianificatore ecologico in

    grado di gestire la conservazione delle risorse.

    Letraccearcheologiche

    Uno degli aspetti su cui si incentrato lo stu-dio stata lintegrazione di nuovi dati al pro-getto Informacion tematica sobre bibliografiaarqueologica de la Sabana de Bogot, avviatodallInstituto Colombiano de Antropologia yHistoria, finalizzato alla documentazione disiti archeologici muisca. Lutilizzo di una piat-taforma GIS ha confermato la presenza di trecentri di maggiore concentrazione, lungo leprincipali vallate, in corrispondenza dei mag-giori corsi dacqua o nei pressi di grandi bacinilacustri.

    Le testimonianze archeologiche relative a

    vere e proprie strutture sono estremamentescarse (Sogamoso, Infiernito, Usme, etc.), inprimo luogo per luso occasionale della pietraa scapito di altri materiali deperibili, ma anchea causa di un intenso processo di urbanizza-zione e della devastazione provocata dai pre-datori di oggetti preziosi (guacheros) nel corsodei secoli.

    Al contrario abbondano scavi sistematici dinecropoli che custodiscono preziosi elemen-ti per la comprensione della cultura Muisca.Oltre agli straordinari reperti in metallo, co-

    stenza di una societ complessa, stratificata,organizzata in unit politiche indipendenti(cacicazgos), che aveva raggiunto un elevato li-vello tecnologico. Una consapevole capacit diadattamento allambiente consentiva inoltrela possibilit di uno sfruttamento differenzia-to delle risorse, implicando cos una notevolediversificazione della produzione agricola elaccumulo di eccedenze alimentari, necessa-rie per il sostentamento delllite governante.

    Anche da un punto di vista religioso il rap-porto con il territorio fu fondamentale: i Mui-sca configurarono la loro vita a llambiente cir-costante. Si nutriva una concezione quasi mi-stica nei confronti della natura, in quanto ogni

    elemento di essa faceva parte di una geografia

    sti si aggiunge un significativo interesse mani-festato a sostegno delliniziativa, in termini dipubblicizzazione, divulgazione e formazionedi studenti colombiani, in accordo con lAmba-sciata Colombiana in Italia, da parte dellIsti-tuto Italo-Latino-Americano.

    NelloriontedellaculturaMuisca

    Siamo nella zona centro-orientale della Co-lombia, lungo lasse della Cordigliera Orienta-le delle Ande, nellarea comprendente Bogot,dove tra il 600 e il 1600 d.C. fior la culturaMuisca, popolazione di lingua chibcha, prove-niente dallAmerica centrale.

    Le testimonianze materiali rivelano lesi-

    Sciamanomuisca,MuseodelOrodiBogotIl ruolo ed il rangodel personaggio attestato dallapresenza diparticolari e specificiaccessori, quali ilcopricapo, il bastonedel comando, ilpettorale(foto: da Reichel-

    Dolmatoff 1988)

    Maadidensitdeirincialisitiarcheologicimuisca(elaborazione grafica: G. Lembo)

    Mucura,MuseoNacionaldiBogotForma ceramica tipica cerimoniale, dal corpo

    globulare e collo alto e stretto, che di solito

    riproduce tratti antropomorfi(web)

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    stante la presenza di oggetti ceramici (vasi,olle, coppe , mucuras, etc.) e, in sporadici casi,di momias, individui che hanno subito un par-ticolare processo di mummificazione.

    Loscintilliodelloro

    Loreficeria costituiva per i Muisca unattivi-t molto intensa ma, poich il loro territorioera praticamente privo di giacimenti aurife-ri, ottenevano loro attraverso il commercio

    con le popolazioni vicine, scambiandolo consale, prodotti tessili o smeraldi. Larga era in-vece la disponibilit del rame che, legato aduna minima percentuale di oro, dava luogo aduna lega particolare chiamata tumbaga. Lusogeneralizzato di questa lega motivato, oltreche da ragioni funzionali (risparmio di mate-rie prime alloctone, abbassamento del pun-to di fusione delloro, maggiore facilit nellamodellatura del metallo), anche da ragionisimboliche: lunione dei due metalli richiame-

    Sopra:Il sito El Infiernito, probabile osservatoriosolare legato a pratiche rituali(foto: B. Muttillo)

    Nellaltra pagina:Momia, Museo del Oro di BogotImmagine suggestiva di un individuosottoposto ad un particolare processo dimummificazione che ne ha permesso larelativa conservazione (da notare soprattuttoi capelli presenti in quantit considerevole);interessante la modalit di conservazioneche prevedeva una sorta di sacco in tessuto,fibra vegetale e cuoio allinterno del quale ilcorpo veniva posto in posizione rannicchiatae probabilmente sospeso al soffitto di grottee ripari sottoroccia, come possibile dedurredai polsi legati con una corda(foto: A. Minelli)

    rebbe i riti di fertilit e di unione/opposizionemaschile/femminile, tradotti nei differenti co-lori delloro (giallo=sole=maschio) e del rame(rosso=luna=femmina).

    Allinterno di una produzione che vedevacome tecnica prevalente la fusione a cera per-sa, possibile distinguere due grandi gruppidi oggetti: gli ornamenti (pendenti, pettorali,diademi, anelli, etc.) e le figure votive (tunjos).Loreficeria muisca appare dotata di un carat-tere suo proprio, solo in pa rte assimilabile allealtre tradizioni metallurgiche della Colombia:essa si distingue per la coerenza concettuale esimbolica e per il suo orientamento quasi im-prescindibilmente votivo, specchio di un com-plesso sistema ideologico e religioso.

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    Tunjointumbaga,MuseodelOrodiBogot(foto: banrep.org)

    I tunjos sono figure antropomorfe

    prevalentemente piatte, prive di volume e a

    base triangolare, adatte per essere conficcate

    nel suolo o inserite in recipienti a bocca

    stretta. I soggetti rappresentati hanno tratti

    schematici e semplificati, si che il realismo

    della rappresentazione sacrificato alla

    simbolizzazione dellesigenza dellofferta

    e alla immediata espressione del ruolo del

    personaggio, indicato anche dagli ornamenti

    accessori che frequentemente arricchiscono

    le figure (maschere, bastoni di comando,

    strumenti per la coca, etc.)

    degli indigeni, in quanto possedevano delle ca-ratteristiche considerate speciali, che rivesti-vano per loro un significato particolare (comeil colore, il comportamento, la vita sessuale,etc.).

    Larana

    La figura della rana costituisce un simbolovivo, che si incontra tuttora e frequentementein Colombia, soprattutto nellartigianato loca-le, testimoniando con la sua stessa presenza,la persistenza di un legame con il passato cheresiste al trascorrere del tempo.

    Lanalisi dei risvolti iconografici e simbolici

    di tale rappresentazione ha costituito speci-fico oggetto di ricerca, tramite un dettagliatostudio dei reperti archeologici, un raffrontocon specifici sistemi di pensiero di popolazio-ni passate pertinenti a differenti ambiti geo-grafici, un confronto etnografico con le attualipopolazioni indigene colombiane.

    La figura della rana molto frequentenelloreficeria muisca, prevalentemente sottoforma di pendagli e pendenti in cui notevole il grado di raffinatezza, come pure non di rado osservabile a rilievo sulle matrici in pietraper la produzione di oggetti di metallo in se-rie. Si incontra inoltre nella ceramica, dipintain colore rosso o tendente al bruno, o, pi fre-quentemente, sotto forma di applicazioni diargilla sul corpo del vaso. Presso i Muisca la

    figura della rana non costituisce un simbolo as stante ma un complesso insieme di simbo-li. La sua straordinaria importanza legata aspecifici aspetti culturali, al ciclo stesso dellavita, al mondo mitico religioso. Generalmentequesto piccolo anfibio viene associato al ciclonaturale ed alla fertilit nellagricoltura in vir-t della sua peculiarit di annunciare con ilgracidio larrivo delle piogge.

    In realt emergono altri forti nessi. La ranae lidea della rinascita, legata al suo costume diapparire e scomparire in relazione alle piogge;

    Iloteredelsimbolismo

    Qualsiasi rappresentazione nel mondo miticoe nellimmaginario muisca non costituisce unasemplice immagine a se stante, ma un simbolodenso di significati complessi, lincarnazionevisibile di un articolato sistema di pensiero, incui ogni elemento del cosmo trascende la purasfera sensoriale per riferirsi a qualcosa daltro.Esistono molte riserve in un campo tanto spe-culativo come quello del simbolismo insito neireperti archeologici delle culture che, non co-noscendo luso della scrittura, delegarono allasola testimonianza materiale loneroso com-pito di farsi portatrice di tutto un mondo di

    credenze, pensieri, sentimenti, strutture men-tali, che costituiscono lidentit stessa di unacivilt. In realt la storia delle mentalit, deisistemi di pensiero e dei valori, caratteriz-zata da tempi estremamente lenti. In tal sen-so la peculiarit del simbolo, come elementoche si conserva e persiste al passare del tem-po, si esprime al massimo delle sue potenzia-lit nei contesti culturali che presentano unaforte continuit di vita col passato, cos comeaccade in Colombia in cui esistono tuttora nu-merose trib indigene che conservano, seppuradattati alla propria unicit e specificit, alcu-ni tratti delle popo


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