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LALTA VALLE
DEL VOLTURNO
di Michele Raddi
LE MAITUNAT
DI GAMBATESA
di Luca DAlessandro
a cura di Brunella Muttillo
S. CROCE DI SEPINO
di Walter Santoro
IL COSTUME fUNERARIO
fEMMINILE PREROMANO
di Andrea Lonardelli
N1-AnnoILuglio/Settembre2009
ISSN:2036-3028
SPECIALE:
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INDICE
Un sito acheuleano di occupazione?
Insediamenti tardo antichi e medioevali
La missione archeologica molisana in Colombia
Un Eigenkloster della valle del Moschiaturo
Una tradizione secolare
Mostre ed eventi incalendario
Il costume funerariofemminile nel Molisepreromano
Per approfondire
I BIfACCIALI DI MONTERODUNI
LALTA VALLE DEL VOLTURNO
ALLA RISCOPERTA
DI EL DORADO
S. CROCE DI SEPINO
LE MAITUNAT DI GAMBATESA
SPECIALE TESI AGENDA LIBRI
pag. 6
pag. 16
pag. 26
pag. 40
pag. 50
pag. 64 pag. 70 pag. 73
a cura di Marta Arzarello
di Michele Raddi
di Walter Santoro
di Luca DAlessandro
a cura di Brunella Muttillo
di Andrea Lonardelli
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MAGAZINE
LUGLIO/SETTEMBRE2009
NUMERO
1
AssociaioneCulturaleArcheoIdeac.da Ramiera Vecchia, 186170 Iserniawww.archeoidea.info
DIRETTORERESpONSABILE
GiuseeLembo
COMITATOTECNICO
SandroArcoAngelaCrollaAngeloIaaoloEmiliapetrollini
HANNOCOLLABORATOAqUESTONUMERO
MartaArarelloLucaDAlessandroAnnarosaDiNucciSandraGuglielmiGiuseeLemboAndreaLonardelliAntonellaMinelliBrunellaMuttilloMauriiopalmisanoCarloperettoMicheleRaddiEttoreRufoWalterSantoro
Registrazione del Tribunale diIsernia n. 72/2009 A.C.N.C.; n.112 Cron.; n. 1/09 Reg. Stampadel 18 febbraio 2009
REDAzIONE
petronillaCroccoAnnarosaDiNucciGiovannaFalascaSandraGuglielmiBrunellaMuttilloEttoreRufoMariaAngelaRufoChiaraSantoneDanieleVitullo
ARCHEOMOLISEON-LINE
www.cer-isernia.com
SEGRETERIA
pROGETTOGRAFICO
GiovanniDiMaggiowww.giodimaggio.com
FOTOGRAFIA
Antoniopriston
STAMpA
GraficaIsernina86170 Isernia - ItalyVia Santo Spirito 14/16
INCOpERTINAelaborazione grafica diGiovanni Di Maggio
Le foto dei siti e dei repertiarcheologici sono pubblicategrazie allautorizzazionedella Soprintendenza ai BeniArcheologici del Molise
EDITORIALE
COMITATOSCIENTIFICO
MartaArarelloRosaliaGallottiRosaLanteriAdrianoLaReginaLuigiMarinoAntonellaMinelliAlessandroNasoMarcopacciarelliCarloperettoLorenoquiliciMicheleRaddiUrsulaThunHohenstein
GiuseeLembo
hi almeno una volta nella sua vita non ha sognato di fare
larcheologo? Nellimmaginazione collettiva larcheologo
una sorta di Indiana Jones che percorre stretti cunicoli
e schiva intrepidamente trappole, inforca aperture
segrete, scova tesori nascosti. Eppure larcheologo non -
fortunatamente - questo.
Tolta questaura di avventura e di mistero che mette
in luce una visione dellarcheologia nellimmaginario
comune essenzialmente distorta, una definizione che riconosca dignit
scientifica e professionale allarcheologo quella di studioso delle culture
umane del passato, la cui fisionomia tenta pazientemente di ricostruire
tramite la raccolta, la documentazione e lanalisi delle t racce materiali.
Perfetto, chiaro ed esaustivo. Eppure provate a chiedere ad un archeologo
che lavori nel Paese dal patrimonio archeologico pi ricco al mondo,
lItalia, come definirebbe s stesso: sostanzialmente un precario (oltre
a sconsigliarvi caldamente di far intraprendere ai vostri figli la strada
dellarcheologia). La sua figura tuttavia non rappresenta solamente
lennesimo tassello nella lista dei precari italiani: il giovane (o pi spesso
non pi giovane) archeologo subisce invece, oltre al danno del precariato,
la beffa di forme contrattuali di incerta definizione, di diritti calpestati
o inesistenti, di orari di lavoro massacranti, e - pi di ogni altra cosa - il
disprezzo e la negazione di una piena e valida dignit scientifica al suo
lavoro.Si trova suo malgrado in un contesto in cui esiste una minima se
non quasi inesistente sensibilizzazione ed attenzione, non solo verso la
tutela e valorizzazione dei beni archeologici, ma nei confronti di tutto ci
che si pu ascrivere alla definizione di patrimonio culturale in senso lato e
di cultura in generale.
LItalia cos incline a farsi sfuggire di mano le proprie risorse da cui
potrebbe trarre ampio vantaggio, che non stupisce n suscita scalpore il
fatto che istituti di ricerca stranieri vengano, a proprie spese, a scavare e
studiare il nostro sottosuolo.
Le stesse associazioni di categoria, rivendicando a gran voce la
costituzione di un albo professionale quale valido strumento ai fini della
risoluzione del problema del lavoro degli archeologi, si fossilizzano
probabilmente su questioni dallimprobabile potenziale risolutivo.
Il problema un altro: ci di cui pi si sente la mancanza nella legislazione
attuale al riguardo non un albo professionale, ma un riconoscimento
unanime e definito della professione dellarcheologo.
Eppure quanto ancora dovremmo aspettare perch questo mestiere venga
riconosciuto con la dignit che giustamente gli spetta, cos come accade
in altri paesi dEuropa?
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di M. Arzarello - Dipartimento di Biologia ed Evoluzione,Universit degli Studi di Ferrara
A. Minelli Dipartimento di Scienze e Tecnologie per lAmbiente e ilTerritorio, Universit degli Studi del Molise
A. Di Nucci - Centro Europeo di Ricerche Preistoriche, Isernia
C. Peretto - Dipartimento di Biologia ed Evoluzione,Universit degli Studi di Ferrara
Un sito acheuleano di occupazione?
Ricostruioneittoricadellambienteedeimodidi
vitadigruiumanireistoricinellareadiMonteroduni
(disegno: M. Cutrona)
IlsitodiGuadoSanNicola1costituisceunriferimentoimrescindibileaifinidellaricostruionedellemodalitdisfruttamentodellambienteedellestrategieinsediative
adottatedaigruiumanireistoricinellareadiMonteroduni.
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2005, dallequipe dellUniversit degli Studidi Ferrara in collaborazione con lUniversitdegli Studi del Molise. Il giacimento topogra-ficamente si estende sulla sinistra idrograficadel fiume Volturno, a circa 250 m s.l.m., pi inalto dellattuale fondovalle; la morfologia ter-razzata del sito presenta una zona sommitaleleggermente decliviante verso NW.
Lindagine sistematica dellarea iniziatanel maggio del 2008 e per tale motivo molte
Larea indagata stata oggetto di segnala-zione nel 2005 da parte della sig.ra ConcettaLeone, proprietaria del terreno in cui lei stes-sa casualmente raccolse, proprio nello stessoanno, un bifacciale, insieme a diversi manufat-ti litici. La segnalazione ben si coniugava conil contestuale ritrovamento del sito di Colledelle Api, situato a 150 metri di distanza dalprimo, di propriet del sig. Angelo Scioli, chefu indagato in maniera sistematica proprio nel
delle informazioni acquisite sono ancora infase di studio ed elaborazione. Il sondaggiopredisposto stato effettuato su unarea di30 mq ed ha permesso di mettere in luce unasequenza stratigrafica ben chiara. Lanalisisedimentologico-stratigrafica ha consentito diindividuare 5 livelli, contenenti materiale ar-cheologico, di probabile attribuzione acheule-
ana. Alla sommit della sequenza, al di sotto di
un sottile strato di humus, chiaramente altera-to da apporti antropici, e per questo non privodi testimonianze archeologiche, si colloca unostrato di ghiaie, dello spessore di 70 cm circa,delimitato alla base da una superficie erosiva,i cui elementi calcarei e silicei di forma subar-rotondata, si caratterizzano per dimensionipiuttosto grandi; i reperti archeologici, per lamaggior parte bifacciali e manufatti litici ri-toccati e non, provengono proprio da questolivello; al di sotto delle ghiaie stato rileva-to uno strato di sabbie fini grigio-verdi, dellospessore variabile dai 50 agli 80 cm, di naturasiltosa e con una forte componente vulcani-ca, impostosi con meccanismi deposizionali a
stratificazione incrociata; il materiale arche-
A sinistra:
Il saggio di scavo e le attivit di indagine sul
campo (foto: A. Priston)
In basso:
Momenti di scavo e di registrazione dei dati
archeologici (foto: A. Priston)
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ologico rinvenuto in questo livello si connotaper caratteristiche simili a quelle del livellosuperiore ed situato spesso al limite propriocon lo stesso; un ultimo livello stato indivi-duato solo nella porzione SW del saggio, dove stata evidenziata unerosione che ha tagliatoparte della sequenza, imponendo uno stratodi sabbie fini gialle, di natura siltoso-argillosa,alla cui base emerso un acciottolato calca-reo, di dimensioni medio-grandi, a suggeri-re la presenza di un letto fluviale. I campionidi sedimento prelevati in ciascun strato e lapredisposizione di colonne stratigrafiche perlanalisi delle sezioni sottili sono oggi in corsodi studio, per la ricostruzione anche di even-
tuali riferimenti datanti.
Linsiemefaunistico
Il campione faunistico di Guado San Nicola 1rinvenuto allinterno del deposito archeologi-co, in particolare nelle US B (ghiaie) e C (sab-bie fini), si compone di circa 400 reperti, tra
cui resti dentari, frammenti diafisari di ossalunghe e porzioni di palchi. I primi risulta-ti dello studio paleontologico dei resti ossei,attestano la presenza di una fauna costitui-ta da erbivori di grossa taglia, tra cui cervidi,elefanti, bovini e cavalli. La presenza di questianimali permette di formulare delle prelimi-nari considerazioni paleoecologiche allo sco-po di ricostruire lantico ambiente naturale diGuado San Nicola. Il fiume era sicuramenteun elemento fondamentale nellambiente e lapresenza dei grandi erbivori era favorita dauna vegetazione aperta, ricca di pascoli, checonsentiva la vita a mandrie di bisonti, caval-li e pachidermi mentre nelle aree pi umide
la vegetazione si infittiva assicurando rifugioai cervidi. Tali animali sono rappresentati so-prattutto da resti dentari, molari e premolari, eda frammenti di ossa lunghe; una nota va fattaper i cervidi di cui si rinvengono soprattuttodei frammenti di palchi, tra i quali un probabi-le percussore su cui si osservano delle stigma-te di percussione. Considerazioni preliminari
Leattivitdiscavovedonocoinvolterofessionalitdidiversarovenienasianaionalecheinternaionale,studenti,laureatiedottorandichecondividonoimomentidellascoertaeilcon-frontodimetodologieerlaricercaarcheologica(foto: A. Priston)
particolarediunalcodicervo,utiliatorobabilmentecomeercussoreteneroerlalavoraionedeibifaccialieconevidenediusosullesuerfici(foto: A. Priston)
di natura archeozoologica riguardano lo statodi conservazione dei resti ossei: il campionefaunistico si caratterizza per i differenti statidi conservazione, dove ossa dallaspetto par-ticolarmente fluitato, con bordi arrotondati esuperfici interessate da alti gradi di erosioneed esfoliazione, si contrappongono a ossa benconservate, con superfici poco alterate su cui possibile osservare tracce di unattivit umana,come strie di macellazione, derivanti da azio-ni di taglio con strumenti litici per il recuperodelle masse carnee, e stigmate di percussioneoriginatesi a seguito di unattivit di frattura-zione intenzionale delle ossa per il recuperodel midollo a scopo alimentare.
Linsiemelitico
Linsieme litico raccolto durante lo scavo co-stituito da una componente di faonnage (la-vorazione) finalizzata alla produzione di bifac-ciali e da una componente di dbitage (scheg-giatura) rivolta alla produzione di schegge. Lematerie prime utilizzate sono costituite da dif-ferenti tipi di selce, sotto forma di placchette,e da ciottoli di calcare, entrambi in posizionesecondaria. Uno studio approfondito dei diffe-renti litotipi non stato ancora condotto ma possibile che si tratti, nella maggior partedei casi, di un approvvigionamento locale, conlapporto di alcuni litotipi alloctoni. Lo stato diconservazione dei manufatti litici variabile
e va da molto fresco a fluitato, probabilmentein relazione alla tipologia dellaccumulo che inparte ha subito un trasporto, anche se proba-bilmente di dimensione locale.
Dbitage
La catena operativa del dbitage non sembraessere completa, ma bisogna considerare chelo scavo non ha per il momento indagato latotalit del deposito e che quindi questo datopotrebbe mutare con il proseguimento delle
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ricerche. La fase di decorticazione rappre-sentata da poche schegge e mai da schegge acortice totale, il che lascia supporre che nonsia avvenuta nel sito. I metodi utilizzati per laproduzione di schegge sono quello discoide,sia unifacciale che bifacciale, e la produzio-ne opportunista, lSSDA (surfaces of alterna-te dbitage ). Il primo, meno rappresentativo,
si avvale della tecnica di percussione direttacon percussore duro, che ha portato alla pro-duzione di schegge dalla forma quadrangola-re e triangolare, frequentemente debordantilaterali e dallo spessore importante; questeultime sono da intendersi come prodotti fun-zionali ma anche come espedienti tecnici peril mantenimento della convessit del nucleo.Il dbitage discoide stato profondamenteinfluenzato dalla tipologia della materia pri-ma in termini di modalit di sfruttamento, inquanto alcuni blocchi, presentanti fratture
parzialmente ricementate, sono stati sfruttatiessenzialmente con colpi in direzione tangen-ziale in accordo con la direzione delle fratture.I nuclei discoidi sono stati sfruttati in modointensivo fino allesaurimento totale dellamateria prima. La produzione opportunista(SSDA) ha invece portato alla produzione dischegge dimensionalmente molto variabili e
di morfologia quadrangolare, triangolare, ova-le o irregolare. Anche in questo caso la produ-zione, avvenuta per percussione diretta conpercussore duro, ha portato allo sfruttamentoesaustivo della materia prima e allabbandonodi nuclei caratterizzati dalla presenza di tre opi piani di percussione tra loro ortogonali.Nellambito del dbitage opportunista nume-rosi sono i prodotti che attestano una frattura-zione contemporanea al dbitage dovuta allefratture parzialmente ricementate della mate-ria prima.
Analisidimensionaledeibifacciali
Bifaccialeinselce(foto: A. Priston)
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Lunghea Larghea Sessore
Per quel che riguarda lattitudine alla scheg-giatura della materia prima, stato osservatoche, in linea generale, nellambito del dbita-ge i migliori litotipi sono stati utilizzati peril dbitage discoide mentre le placchette pifratturate sono state utilizzate per il dbitageopportunista.
Faonnage
Anche per quel che riguarda lattivit di faon-nage, finalizzata alla produzione di bifacciali,la catena operativa non completa: sul sitosono per lo pi presenti i prodotti finali dellalavorazione (bifacciali) e le schegge di ripri-
stino dei margini funzionali. Sebbene si trattiancora di considerazioni preliminari, sembrache la produzione dei bifacciali non sia avve-nuta in corrispondenza dellarea indagata mache essi siano stati pi volte rimessi in formanel sito.
La selce utilizzata per la produzione dei bi-facciali estremamente variabile e va da lito-tipi di ottima qualit a litotipi caratterizzati danumerose fessurazioni interne. Questa carat-teristica permette di affermare con sicurezzail savoir faire degli artigiani acheuleani chehanno occupato il sito, in quanto essi hannosaputo adattare i gesti e lo schema tecnico allecaratteristiche della materia prima.
La produzione dei bifacciali avvenuta contecnica mista che ha visto lassociazione di
una percussione diretta con percussore duroad una tecnica di percussione diretta con per-cussore tenero (questultima utilizzata soprat-tutto per il ritocco dei margini e in alcuni casiper la rimessa in forma dei bifacciali). Comegi anticipato, le schegge di faonnage appar-tengono quasi esclusivamente alla fase di ri-messa in forma e regolarizzazione dei margi-ni, probabilmente in seguito ad unimportantefase di utilizzo. Si tratta di schegge di formairregolare invadenti e sottili e, nel caso di uti-lizzo del percussore tenero, caratterizzate da
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se in forma subite. Tutti i bifacciali di GuadoSan Nicola 1 sono caratterizzati da unaccuratapreparazione della punta (quasi sempre conuna tecnica di percussione con percussore te-nero) e di almeno uno dei bordi. Per quel cheriguarda il secondo bordo, e soprattutto la pa r-te prossimale, questi sono quasi sempre som-mariamente lavorati e spesso nella porzione
prossimale conservato un importante resi-duo corticale.
La III fase della lavorazione (ritocco) inte-ressa quindi per lo pi la parte distale dei bi-facciali e almeno uno dei margini laterali; la IIfase (messa in forma del piano di simmetria bi-facciale) spesso ancora visibile in corrispon-denza di almeno uno dei due bordi, mentre la Ifase (creazione del piano di percussione peri-ferico) visibile nella parte prossimale quan-do questa non corticale. Alcuni dei bifaccialidi dimensioni pi piccole sono stati ottenuti a
partire da un supporto-scheggia. Questa sceltatecnica, particolarmente frequente nei conte-sti acheuleani, da relazionarsi sia alla morfo-logia della materia prima di partenza (in que-sto caso probabilmente grossi blocchi) che allamaggior facilit di messa in forma di un talesupporto grazie alla presenza di una conves-sit gi esistente (quella della faccia ventraledella scheggia-nucleo).
Consideraioniconclusive
Sebbene lanalisi dellinsieme litico di GuadoSan Nicola 1 abbia ancora una caratterizza-zione preliminare, alcune importanti consi-
derazioni possono essere fatte. Innanzituttosi tratta probabilmente di un sito in cui veni-vano svolte importanti azioni di lavorazionedelle carcasse animali e in cui venivano in-trodotti strumenti sotto forma di preforme ogi parzialmente finiti. Gli strumenti utilizzativenivano, poi, rimessi in forma nel sito in se-guito alla perdita di funzionalit dei marginiattivi. Gli acheuleani che hanno occupato ilsito, inoltre, avevano sicuramente delle capa-cit tecniche estremamente affinate ed han-no saputo adattarsi in maniera esemplare allecaratteristiche delle differenti materie primeutilizzate, anche nel caso in cui queste pre-sentassero numerose fratture interne, anchesolo parzialmente ricementate. I dati ottenutidallo studio preliminare, inoltre, sono in totale
accordo con quelli precedentemente ottenutiper il sito limitrofo di Colle delle Api, che probabilmente il risultato di ununica occupa-zione con quello di Guado San Nicola 1.
BibliografiaArzarello M. & C. Peretto (2006): LAcheu-
leano di Colle delle Api: lindustria litica. In:
Peretto C., Minelli A. (a cura di), Preistoria
in Molise. Gli insediamenti del territorio di
Isernia. CERP, Collana Ricerche 3, Aracne
Editrice, Roma: 139-142.
Boda, E. (1993): Le dbitage discoide et
le dbitage Levallois rcurrent centripte.
Bulletin de la Socit Prhistorique Franai-
se, 90-6: 392-404.
Forestier, H. (1993): Le Clactonien: Mise
en application dune nouvelle mthode de
dbitage sinscrivant dans la variabilit dessystmes de production lithique du Paloli-
thique ancien. Paleo, 5: 53-82.
Inizan, M. L., Reduron, M., Roche, H. &
Tixier, J. (1995): Prhistoire de la pierre taill
4: Technologie de la pierre taille. CREP,
Paris.
A destra:
Lo studio in laboratorio dei materiali
archeologici (foto: A. Priston)
Nellaltra pagina:
Bifacciale in selce (foto: A. Priston)
un tallone lineare, da un bulbo diffuso e da unlabbro decisamente pronunciato. La morfolo-gia dei bifacciali variabile e, come gi anti-cipato, profondamente influenzata dalle ca-ratteristiche fisiche della materia prima. Lin-sieme dei bifacciali costituito da strumentiinteri, punte e frammenti prossimali. Per quelche riguarda i frammenti di punta, le fratture
sembrano essere nella maggior parte dei casidovute allutilizzo e, solo in un caso, la frattu-ra sembra da porre in relazione con un errorecontemporaneo alla fase di rimessa in forma.Per quel che riguarda i frammenti prossimali,invece, sembra che la fratturazione sia quasisempre relazionabile alla fase di messa in for-ma del bifacciale. Anche da un punto di vistatipometrico le dimensioni dei bifacciali sonoestremamente variabili probabilmente in re-lazione alla morfologia di partenza della ma-teria prima utilizzata e del numero di rimes-
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VedutadellAltaValledelVolturno(foto: M. Raddi)
LAltaValledelVolturno,costituitadadeositifluvio-lacustriolacustriframmistialaillieomicirovenientidallaonavulcanicadiRoccamonfina,sisnodainunaconcainframontana
chesiestendedaSestoCamanofinoaColliaVolturno.Insediamenti tardo antichi e medioevalidi Michele Raddi
LALTA VALLE DEL
VOLTURNO
Ad occidente si ergono gli ultimi contraffortidelle Mainarde i cui punti salienti sono MonteS. Croce, alle spalle di Venafro, e le alture sucui sorgono gli attuali Comuni di Santa MariaOliveto, Roccaravindola Alta, Montaquila e piinternamente Filignano. Ad oriente si esten-dono le alture del Matese tra cui, quella su cuisi erge Monteroduni, costituisce un punto diosservazione privilegiato. Tanto le Mainarde,quanto il Matese presentano una struttura ge-nica prettamente calcarea e si collegano allapianura alluvionale mediante conoidi di deie-zioni o per mezzo di una fascia costituita dadetriti di falda.
LAlta Valle del Volturno caratterizzata dainnumerevoli sorgenti di cui alcune, di note-vole entit, trovano il loro serbatoio naturalenei massicci carbonatici delle Mainarde e delMatese, mentre altre confluiscono nel fiu-me Volturno, il quale, nel territorio di Collia Volturno, si insinua in unarea di media edalta collina assumendo una forma prevalentea V. Questarea stata oggetto di studio da
parte dellUniversit degli Studi di Roma LaSapienza, che a partire dal 1996, ha condot-to in tutta la provincia dIsernia una lunga ecomplessa ricerca topografica ed archeolo-gica, volta a comprendere le trasformazionidellambiente e dei rispettivi insediamentinelle varie epoche storiche con particolare ri-ferimento al periodo tardo antico e medievale.
Partendo dai dati geomorfologici si cer-cato di capire quanto lambiente avesse con-dizionato la genesi dei diversi insediamenti equanto il territorio fosse molto pi popolatorispetto a ci che s i evince dalle fonti scritte, lequali, per epoche cos antiche, ben pochi ele-menti possono fornire. Lunico documento adisposizione stato il Chronicon Vulturnense,redatto nel XII secolo, ma scarno di informa-zioni per il periodo che va dal IV al VII sec. d.C. Pertanto le informazioni oggi a disposizio-ne sono soprattutto frutto di quanto emersodalle ricognizioni topografiche e dalle nume-rose campagne di scavo archeologico che han-no interessato, nel corso di quasi un decennio,
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In basso:
Veduta aerea di Monteroduni
(foto: M. Raddi)
A destra:
Limites della via romana(foto: M. Raddi)
lintera provincia di Isernia.Sin dalle prime fasi la ricerca ha evidenziato
uno stretto rapporto tra insediamento e viabi-lit, in particolare in riferimento al riutilizzodegli antichi percorsi di epoca romana ancoranel Medioevo: infatti, nonostante il disfaci-mento delle vie antiche allindomani della ca-duta dellimpero romano e alla scomparsa deicuratores viarum et riparum, addetti alla ma-nutenzione delle strade e delle rive dei fiumi,sono evidenti numerosi casi di continuit disfruttamento della viabilit antica.
Significativo stato il rapporto con la ViaLatina che con i suoi diverticoli attraversavatutto il territorio rivelandosi particolarmente
importante ai fini insediativi. Molti di questitracciati, riutilizzati in epoca medievale, sono
ancora visibili negli attuali paesi che si dispon-gono sulle alture dellAlta Valle del Volturno enel percorso dellarteria della Via Latina cheda Monteroduni giunge a Pettoranello di Molise.
Altre attestazioni sono rintracciabili, inoltre,in localit San Silvestro nel Comune di Mon-taquila, dove un bellissimo tratto di stradaacciottolato ricalca un diverticolo dellarte-
ria della Via Latina che passando per Colli alVolturno permetteva di raggiungere il Lazio e
mi di fortificazioni a controllo della viabilit.Le ricerche hanno evidenziato, inoltre, uno
stretto rapporto tra viabilit e complessi in-sediativi di tipo agricolo, le ville rustiche, cheancora nel periodo tardo antico sopravvivonoin tutto il territorio. Le ville rustiche si diffu-sero soprattutto a partire dal III secolo a.C. interritorio romano o romanizzato, in concomi-tanza ed in conseguenza delle trasformazionidelleconomia e d ella cultura romana, cui con-
lAbruzzo. Cos come di particolare interesserisulta il tratto messo in luce presso il Comunedi San Pietro Infine, il quale ha subito diversefasi di manutenzione di cui sono visibili alcunetracce. In questa zona, la presenza di una torredi guardia posta sul punto pi alto del Passodella Nunziata Lunga, ha consentito inoltredi supporre che nella maggior parte dei casi,lungo i percorsi viari, sorgevano insediamentidaltura, spesso castra, che costituivano siste-
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canto, di un abbandono a favore dei siti di altu-ra. In questo senso significativo appare il casodi Monteroduni, dove, in localit Le Socce,
lo scavo archeologico ha portato alla luce uncomplesso religioso di carattere rurale che riu-tilizza le solide strutture murarie di una gran-de villa rustica di epoca romana. Ci troviamocon molta probabilit di fronte ad una eccle-sia baptimalis, uno di quei complessi di cultofondati tra il IV e il VI sec. d.C. per garantireassistenza religiosa alle comunit rurali. Citestimonia la persistenza dellinsediamento inpianura in un periodo in cui le invasioni barba-riche e la ca duta dellimpero romano avrebbe-ro comportato un completo abbandono della
tribuirono notevolmente la politica espansio-nistica di Roma e le conquiste che nel II secoloa.C., aggiunsero ai territori romani anche le
terre dOriente, della Grecia, della Macedonia,della Siria e dellAsia Minore. Si verific qua-si allimprovviso un grosso afflusso di capitaliche, accanto alla grande disponibilit di mano-dopera servile, permise ai beneficiari di mette-re in atto notevoli investimenti.
Se molte sono le informazioni pertinenti alleville rustiche in epoca romana, risulta inveceancora incompleto e frammentario il quadrorelativo al loro utilizzo durante il periodo tar-do-antico, in particolare riguardo allesistenzadi una continuit di insediamento o, daltro
mento dai punti focali di traffico di persone emerci fa s che molti di questi castra non pre-sentino alcun rapporto con la viabilit roma-na, n hanno restituito tracce della presenzaromana, ma controllino piuttosto una viabilitesclusivamente depoca medievale. Bisognaper sottolineare che non sono rari i ca si in cuivengono riutilizzati insediamenti di altura diepoca italica, nel nostro caso sannitici.
il caso del castrum individuato in localitLe Muradi Mennella, nel comune di Filigna-no, in cui le indagini archeologiche attestanoil recupero, gi dal VI-VII secolo d. C., di sitidaltura occupati precedentemente da insedia-menti preistorici e preromani. A questo punto
possibile ipotizzare che il precoce abban-dono della pianura fu causato non tanto dallaminaccia longobarda, quanto piuttosto dallasituazione orografica di quel lembo di territo-rio alle sorgenti del Volturno. Il rapporto tracastra e viabilit si coglie anche allingresso
pianura a vantaggio di insediamenti pi s icuriin altura.
Particolarmente interessante dal punto divista archeologico si rivela inoltre il territoriodi Macchia dIsernia. Qui la Via Latina subivavarie diramazioni ed attraversava il territoriocon diversi diverticoli lungo i quali sorgevanonumerose ville depoca romana, molte dellequali vennero riutilizzate per la realizzazione
di cappelle e di spazi funerari.Oltre a forme insediative pertinenti ad una
continuit di occupazione della pianura finoalmeno allVIII secolo d. C., disponiamo diesempi di occupazione di siti daltura legati acause naturali o militari: per cui un allontana-
A sinistra:
Resti della torre medievale (foto: M. Raddi)
In basso:
Veduta aerea scavo archeologico localit
Socce (foto: M. Raddi)
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t antica sono ancora evidenti nel territorio,come in localit Francisca dove sono indivi-duabili nel letto del Volturno resti di un ponteromano, mentre in localit Taverna, semprenel comune di Montaquila, ancora visibileparte di una strada acciottolata depoca me-dievale.
Il castrum di Roccaravindola dominavaunaltra via che correva a nord dellinsedia-mento fino a giungere in localit Colle Castel-lano, nel Comune di Montaquila, che, abitataa partire dal IX secolo, presenta il periodo dimassima vitalit insediativa nei secoli X-XI.
Gli archeologi dellUniversit di Sheffield,che hanno indagato larea, hanno identificato
A sinistra:
Veduta aerea dello scavo archeologico della
villa rustica in Localit Piana dellOlmo-Le
grotte nel Comune di Colli a Volturno(foto: M. Raddi)
dellAlta Valle del Volturno, dominato dal ca-stellum di Roccaravindola Alta.
Sebbene molti siano i dubbi relativi alla suafondazione, a causa della mancanza di docu-menti scritti che ne attestino in qualche modolorigine, probabile che Roccaravindola siastata fondata per motivi di carattere strate-gico in quanto si pone a guardia dellingres-so dellAlta Valle del Volturno ed insieme aMontaquila (altra fondazione successiva al Xsecolo) controllava unimportante strada pro-veniente dallarteria della Via Latina, la ViaFrancisca che, attraversando il territorio diRoccaravindola, proseguiva verso Montaquilaper giungere a Filignano. Tracce della viabili-
nali del monastero.Il sito di Colle Castellano costituisce il pro-
babile luogo di concentrazione della popo-lazione rurale precedentemente sparsa nellacampagna limitrofa, nelle diverse ville rusti-che di cui le ricognizioni topografiche han-no accertato la presenza. Probabilmente lapopolazione rurale gradualmente si spostsullaltura, e nel momento di maggior perico-lo, provvide in modo autonomo a darsi unafortificazione che potesse difenderli in caso dinecessit.
A questo punto resta lesigenza di verifica-re quando venne fondato lodierno centro diMontaquila. Come Roccaravindola Alta si erge
su unaltura a controllo dellingresso allAltaValle del Volturno, e di due importanti assiviari, la Via Francisca e la Via Romana che,proveniente da Atina, giungeva presso il valicodi Cerasuolo Vecchio, scendeva nella localitSoda Larga di Scapoli e, attraverso il valicodella Forca, arrivava nella localit Castiglionidi Colli a Volturno.
Tanto Montaquila quanto Roccaravindolanon sono fondazioni monastiche risalenti al Xsecolo. Entrambe appaiono per la prima vol-ta nel Catalogus Baronum tra il 1150 ed il 1168,dopo che la parte meridionale della terra erapassata ai Normanni e, in particolare, Mon-taquila apparteneva, con Cerasolus et SanctusLocherius, aRainaldus de Sexto esponente del-la famiglia Sorellus.
Troviamo nuovamente il castrum MontisAquili nelle bolle di Lucio III e di AlessandroIII rispettivamente del 1172 e 1182, cos comenelleRationes Decimarum sia nel 1309 che nel1326. Come si pu notare le fonti storiche nonpermettono di ricavare informazioni attendi-bili pertinenti allorigine di Montaquila, ma al-
proprio su Colle Castellano linsediamento diOlivella, fondato nel X sec. d.C. da S. Vincen-zo al Volturno, di cui parlano le fonti. Tuttaviamolti sono i dubbi al riguardo in quanto, neivari documenti del Chronicon Vulturnense chefanno esplicita citazione di Olivella in relazio-ne alle concessioni terriere fatte nel X secolodallabbazia di San Vincenzo, manca qualsia-si riferimento alla costruzione di un castrum.Dalla lettura dei documenti sembrerebbe,quindi, che il piano di organizzazione territo-riale non fosse associato allincastellamento,ma piuttosto che le concessioni fossero fina-lizzate al dissodamento dellarea, fenomenofrequente in quel periodo nelle terre meridio-
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ito allinterno di un recinto murario, fu in unsecondo momento profondamente trasforma-to: larea della navata subisce una divisione nelsenso della larghezza, in quanto la met set-tentrionale viene rialzata forse con funzionedi presbiterio accessibile da a mbedue le nava-telle.
Molto probabilmente ci troviamo di frontead uno di quei tanti edifici di culto daltura cheproliferano nellalta valle del Volturno nei pri-mi secoli del cristianesimo.
In localit Serra del Lago, sempre nel Co-mune di Colli a Volturno, la ricognizione to-pografica ha permesso di individuare un in-sediamento di epoca medievale che dominava
la piccola pianura sottostante, dove nel 1983furono rinvenuti una sepoltura depoca me-dievale affine a quelle circostanti labbazia diS. Vincenzo al Volturno, tracce di muraturefacenti parte di un probabile edificio di cultoe i resti di una strada acciottolata sicuramentemedievale.
Le ricognizioni topografiche hanno eviden-ziato insediamenti sparsi che si estendono inun arco di tempo vastissimo, ma sar solo nelX secolo, per volont degli abati volturnensi,che la popolazione si raccoglier in un unicocentro, sul Colle S. Angelo, con lo scopo pri-ma di creare un baluardo difensivo (insieme aFornelli e VaduPorcinum) da opporre ai contidIsernia e poi di dissodare quelle terre in vir-t di un pi razionale piano di sfruttamento
economico e politico della zona.Tra gli attuali Comuni di Colli a Volturno,
Montaquila e Fornelli si colloca Valle Porci-na, fertilissima piana racchiusa tra le alture diMonte S. Paolo, lalto roccioso di Montaquila eil fiume Vandra. Si tratta di unarea di grandevalore archeologico, come attestano i repertidi natura litica risalenti al periodo neoliticoed eneolitico raccolti durante le ricognizionie la presenza di molti insediamenti dorigineromana legati ad un uso a gricolo del territorio.Le principali vie antiche di percorrenza del
cune ipotesi sono state formulate tra cui quellache vedrebbe una fondazione legata a llabban-dono di Olivella, intorno al XII secolo, a favoredi un nuovo sito che potesse fornire maggioresicurezza. Questa supposizione potrebbe esse-re confermata dallassenza, nel CatalogusBa-ronum di qualsiasi riferimento ad Olivella, ma
non da escludere che tanto Olivella quantoMontaquila potessero convivere nello stessoperiodo storico sebbene non appaiano nei do-cumenti.
Unaltra area molto interessante dal punto divista archeologico quella di Colli al Volturno.
Il sito s coperto su Colle SantAngelo, un edi-ficio religioso messo in luce dalla British Scho -ol at Rome, presenta due differenti fasi crono-logiche: una di V sec. d.C., laltra della fine dellVIII e inizi del IX sec. d.C.
Un primo edificio a pianta basilicale costru-
LocalitLeMuradiMennella(foto: M. Raddi)
turno, a mezza strada fra Colli e Montaquila.Il luogo coperto da una fitta vegetazione, aldi sotto della quale sono state trovate tracce distrutture medievali, non riconducibili per atipologie precise e resti di una strada acciotto-lata. Dalle sezioni di terreno occasionalmenteesposte sono stati raccolti frammenti ceramicidatabili fra X-XI e XIV sec.
Questi sono solo alcuni dei numerosi esempiaddotti per dimostrare come, ai fini di una ri-costruzione storica il pi attendibile possibile,lo studio delle fonti debba procedere di paripasso con la verifica capillare sul territorio,tramite le ricognizioni di superficie e, dove si
ritenga opportuno, attraverso vere e proprieindagini archeologiche.Nonostante la ricerca vada avanti da quasi
un decennio, al momento non si dispone an-cora di una carta archeologica della provin-cia di Isernia, in grado di fornire a studiosi eappassionati fruitori un quadro generale edesaustivo degli insediamenti archeologici nelterritorio, oltre a garantirne di conseguenza laloro definitiva salvaguardia.
territorio in esame erano due: il diverticolodella Via Latina proveniente da Monteroduni,e la Via Romana, proveniente da Atina.
Nel X secolo la fertile Piana di Valle Porcinacostitu una vera attrazione sia per Landolfo ilGreco che per la Badia di S. Vincenzo che persottrarla al conte dIsernia, nel 972 la concessea livello a sedici famiglie, con lo scopo di popo-larla e di costruirvi un castello. Ci troviamo difronte ad un vero e proprio atto di fondazionecontemporaneo a quelli di Vandra (Fornelli) eColle S. Angeli, ma a differenza di questi duecentri, quello di Valle Porcina un sito che nonfu pi abitato dopo il XIV secolo. Le ultime no-tizie riguardanti il castrum, risalgono proprio
al XIV secolo e precisamente al 1358 quandoin un diploma di Giovanna II ed in seguito inuna pergamena dellarchivio di Montecassi-no, si incontra Valle Porcina tra i villaggi delladiocesi di Venafro. Questi dati sono stati con-fermati anche dalle ricognizioni topograficheche hanno identificato VaduPorcinum con ilsitodi unvasto villaggio medievale abbando-nato in Localit S. Antonino, presso il Vol-
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G.A.Riizannoni,AtlantegeograficodelRegnodiNaoli,1789.StralciodelFoglion.10(da: Santoro 2006)
Storiesearateonegate,daTerravecchiaallAltilia,
allafondaionedeicontidiMolise:ergamene,carte
toograficheericogniionearcheologicaricostruiscono
levicendestorichediuncomlessomonasticosortosudi
unanticaarteriatransmatesina.
Un Eigenkloster della valle del Moschiaturodi Walter Santoro
S. CROCE DI
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di suo padre Roberto. I possedimenti fondia-ri di Tristainus fanno supporre lesistenza, datempo consolidata, di un saldo insediamentonormanno nellarea ben prima della met delsecolo XII. Una seconda pergamena datata al1159 riferisce dello status giuridico della chie-sa. La concessione di libert dichiarata neldocumento pone la chiesa nella condizionegiuridica di Eigenkloster (monastero priva-to di fondazione laico-nobiliare). Nello stessoanno Roberto III, figlio di Ugo, conferma a S.
A destra:
I.G.M., F. 162, III S.E., Morcone, anno 1957.
Stralcio della Tavoletta. Particolare dellarea
di Passo S. Crocella(da: Santoro 2006)
La ricerca topografica dei resti dellanticocomplesso monastico di S. Croce stata av-viata nellambito della stesura della tesi di lau-rea in Topografia ed Urbanistica del MondoClassico dellUniversit degli Studi di Perugianellanno 2004, poi approfondita nel bienniosuccessivo sino alla pubblicazione da partedello stesso Ateneo nellanno 2006.
La scelta dellarea della Montagna di Se-pino come zona dindagine e ricognizione ha
condotto a circoscrivere la ricerca allinternodi un ambito cantonale ben delimitato e gra-vitante intorno al passo montano, di confinetra le regioni Molise e Campania, denomina-to Passo S. Crocella (m. 1.219). La presenza,allinterno della chiesa parrocchiale di S. Cri-stina di Sepino, di un corpus documentario dioltre centopergamene dei secoli XII-XV, dellequali ben 37 inerenti il monastero di S. Croce,ha spronato ad avviare e portare a compimen-to un organico lavoro di esegesi archivistica,storica, topografica e di ricerca sul campo.
Tra la Saipins sannitica e la Spinum ro-mana, e tra la rioccupazione di Terravecchiadet medievale e la fondazione del castellumSipinum, pu cronologicamente collocarsila nascita del monastero di S. Croce di Sepi-
no; la sua prima attestazione documentaria,difatti, risale al 1143. Tale documento unadonazione di un importante personaggio del-la neonata contea normanna di Molise: Ugo Ide Molisio (1143-1159). S. Croce si evidenzia inquestepoca come di recente impianto e, perquanto esplicitamente citata come ecclesia enon come monastero, comunque in gradodi ricevere cospicue donazioni. Nella per-gamena leredit di Tristainus , personaggiodi sicura origine scandinava, offerta per leanime dei conti Ugo I e Simone e per quella
te ubicato sulla montagna soprastante il ca-stello di Sepino, ragguagliando inoltre sui po-teri che il vescovo esercita nei confronti di S.Croce. La pergamena sancisce che S. Croce libera rispetto allautorit diocesana dappar-tenenza, la chiesa di Boiano, la quale limite-r i propri interventi alla sola consacrazionedi nuove chiese o altari e alle ordinazioni deinuovi chierici. Nellanno 1200 una pergamenaqualifica S. Croce come monastero informan-do sui molteplici possedimenti di cui lente
Croce quanto gi concesso dal padre in meri-to ad esenzioni e concessioni, aggiungendovila donazione di duecento passi di terra e di unbosco gravitante intorno alledificio religioso.Raggiunta siffatta autonomia amministrativala comunit di religiosi riesce ad appropriarsidi alcune chiese private del territorio, il casodella chiesa di S. Giovanni collocata in monteSepini e dellintramuranea SantAngelo di cuii de Molisio possiedono quote-parti. Nel 1186un privilegium libertationis riferisce che len-
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suoi beni anche extra-tenimentum presso Cu-sano Mutri, Cerreto Sannita, Gioia Sannitica,Pietraroja, ottenendo peraltro lesenzione delplateaticum (detassazione sui beni comprati evenduti) nelle piazze di Campobasso e Cam-podipietra.
Nonostante i benefici e i molteplici posse-dimenti di cui lente monastico detentore edopo alterne vicende politico-economiche,alla fine del XIII secolo, il monastero vieneassoggettato allautorit diocesana, le dona-zioni vengono meno, e il patronato dei de Mo-
detentore allinterno del comparto territorialesepinate. Molteplici i toponimi di et medie-vale che si ricavano dalle fonti pergamenacee:Obasi, Vallis Fetida,Mandrevecchie, Gaisi,Bri-czosa,Iungelupobus, rivus Merdarum, rivus Al-bum, Rivum Magota, rivimezum, Vicende, Cer-racletum,Molinelle ,Forma Sancte Crucis,Airadella Croce, Mainardi, Cannabina, Salmaroze,Pantanus, Campate, etc.
Nel XIII secolo il monastero accresce ulte-riormente il suo patrimonio e accanto alle pro-priet fondiarie, boschive ed edilizie, amplia i
cosa sia venuto a modificarsi in ambito am-ministrativo. A seguito di nuovi assestamentipolitico-territoriali lintera contea di Moliseviene ridimensionata e i de Molisio abbando-nano il feudo sepinate e con esso la proprietdi S. Croce, spostando il baricentro economi-co-amministrativo nella civitas di Campobas-so. Tra le cause che concorsero alla decadenzadel complesso monastico oltre alla perdita deisuoi protettori, laffermazione del nuovo cultoreligioso di S. Cristina o il probabile passaggioad altro ordine conventuale.
Documenti darchivio fanno presumere cheil cenobio non sia stato unicamente una filialebenedettina, ma forse, in precedenza, una sog-
gezione affiliata allordine templare. Il ritro-vamento di una memoriaottocentesca a firmadel regio agrimensore Benedetto Ferrante ese-guita nel 1850-51 riferisce: Era tal ven. Moni-stero della soggezione de Padri Templarj, chein copiosa famiglia lo abitarono fino ai tempi
lisio sembra vacillare allorquando, nel 1287, ilpriore chiede il riconoscimento dei beni e deidiritti precedentemente acquisiti. Dopo unvuoto documentario di quasi cinquanta anni,nellottobre del 1340 S. Croce appare in chiaradifficolt economica se, come vero, il priore
Nicola de Sebastiano costretto a vendere unacasa in localit Vallis Fetida per riparare partedelle mura del monastero che versano dirute:mancano denari o beni mobili di valore suf-ficiente alla riparazione e al pagamento dellemaestranze. Si comprende allora come qual-
A sinistra:
Cartula donationis (anno 1185) Donazione di
Roberto de Molisi alla chiesa di S. Croce di
una terra in localit Campate dove edificata
la chiesa di S. Giovanni (da: Santoro 2006)
In basso:
Cartula donationis (anno 1201). Particolare.
Attestazione della trasformazione in
monastero di S. Croce (da: Santoro 2006)
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MosaicoascalaridottadelleTavolette
IGM F. 162, III S.O., Cusano Mutri 1954IGM F. 162, III S.E., Morcone 1957IGM F. 162, III N.E., Vinchiaturo 1957
LerorietdiS.Croce(secc.XII-XV)
Propriet edilizie e fondiariePropriet ecclesiasticheToponimi posizionati
Toponimi non collocati:
- Cerracletum- Colle Sancti [...]- Mallerasa- tenimentum Fuine
- colle de Cruce- fossatu Vicende- rialbu- via Coroli
- Colle Rocce- Lo Mainardi- Salmaroze- via Cupa
Iotesiricostruttivadellaviabilitmedievaleviabilit medievale
viabilit medievale ipotizzata
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pinate. Ai fini dellindividuazione topograficadel monastero, lo spoglio delle fonti documen-tarie stato coadiuvato dalla disamina dellefonti cartografiche e dalla ricognizione sulposto. Nonostante il comparto territoriale se-pinate risulti dopo decenni di attivit e ricercauno tra i pi noti dellantichit classica (Ter-ravecchia, Spinum, San Pietro di Cantoni), laricerca sulle fonti documentarie e soprattutto
cartografiche ha apportato nuovi e significa-tivi contributi. Nellarticolata complessit delterritorio, seguire di carta in carta le molte-plici informazioni di carattere topografico etoponomastico, ha permesso, raffrontandoe incrociando i dati desunti, di ricostruire levicissitudini dellente sino alla scomparsa ma-teriale alla met del secolo scorso. Le alternevicende storiche ricavate nelle pergamene,cui fa seguito la decadenza, labbandono e lagraduale rovina, trapelano in epoca s uccessivanella somma dei dati ricavati dagli apprezzi,
di Clemente Quinto Sommo Pontefice e di Fi-lippo il Bello Re di Francia, in tempo dei qualine fu abolito il nome, e solennemente proscrit-ta la regola. Conforta sulla presenza dei tem-plari in Sepino un secondo documento coevoa quello del Ferrante, di cui purtroppo igno-riamo lautore. Ad ogni modo saranno due do-cumenti successivi e appartenenti al diploma-tico sopramenzionato degli anni 1429 e 1431 a
definire con chiarezza sulla regola seguita daimonaci di S. Croce: ordo Sancti Benedicti. Traalterne vicende, nel 1584, il monastero cessa diessere un ente giuridico a s stante; riportatonelle fonti del tempo come chiesa diruta di S.Croce, annesso alla chiesa di S. Cristina. Allostato degli studi attuali gli estremi cronologicivolti a definirne prima attestazione e presumi-bile abbandono restano lanno 1143 ed il 1584;il primo certificante lesistenza di S. Croce manon la sua fondazione, il secondo comprovan-te lassodata annessione alla chiesa madre se-
In questa pagina:ASCB, Fondo Atti
Demaniali, Sepino, b. 2,fasc. 11:
Pianta della Differenzade Confini tra lVn.it di
Supino, e SassinoroAutore sconosciuto
Anno 1719Particolare
(da: Santoro 2006)
Nellaltra paginaASCB, Fondo Atti
Demaniali, Sepino, b.1, fasc. 7:
Pianta della partedella Montagna
Comunale di Sepinoaddicata nuovam.
Ad uso di BoscoOriginale: Regio
AgrimensoreBenedetto Ferrante.
Anno 1823.Particolare
(da: Santoro 2006)
XVII secolo continuava a perpetuare il topo-nimo, un nutrito gruppo di piante catastali(secc. XVII-XIX) concernenti secolari contro-versie confinarie con il contermine territoriocampano, ha offerto una pi chiara lettura delterritorio Montagna. Diversi gli agrimensoriche si profusero, in epoche e con fini diversi,nella composizione di piante topografiche; tredi questi si resero anche autori di platee: Gio-vanni di Vita Beneventano, Francesco Germie-ri e Benedetto Ferrante. La progressiva quantoirreversibile instabilit del toponimo desuntodal lavoro degli agrimensori (Chiesa diruta S.Crocella; Capella diruta di S. Croce; Casalino
onciari e dalle rivele dei luoghi, ma ancor pidalle numerose e inedite redazioni cartografi-che. Realizzata attraverso segni planimetrica-mente corretti, la rappresentazione catastaleriproduce una raffigurazione del periodo incui stata rilevata degna di unistantanea fo-tografica: costituisce infatti unefficace testi-monianza documentale della stratificazionedei paesaggi, delle attivit produttive, dellostato della viabilit, della toponomastica, dellivello di urbanizzazione, delle eventuali al-terazioni naturali e antropiche subite da undeterminato comprensorio. Cos, accanto allacartografia del Regno di Napoli, che pure dal
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S. Crocella; Macera di S.ta Croci ), si affiancaallaltrettanto chiara rappresentazione delle
forme architettoniche delledificio, nel mutarecontinuo delle dimensioni, come degli artico-lati volumi.
Infine, lazione sistematica di ricognizionedi superficie, corroborata da una significativatradizione orale ancora viva sul posto, ha ve-rificato la sostanziale attendibilit e coerenzadei dati emersi dalle fonti, acclarando la piche verosimile ubicazione del monastero sulterreno e fornendo numerosi nuovi apportidi conoscenza sullinsediamento monastico esulla viabilit antica e medievale del territorio.
In basso:
Passo S. Crocella.
Pianoro antistante ledicola
(foto: W. Santoro)
A sinistra:
Ortofotocolor.
Particolare del pianoro con evidenza
dellarea occupata dal complesso
monastico e del tracciato viario(da: Santoro 2006)
Percorrendo la tortuosa arteria stradale checonduce al valico, alle policromie offerte dalla
vegetazione si accompagna una presenza an-tropica sempre pi rarefatta; lampia macchiaa faggeta domina incontrastata, raramente in-terrotta da radure per il pascolo daltura. Giun-ti al passo, la presenza di unedicola comme-morativa con iscrizione incisa costituisce unforte indizio topografico circa la posizione delcomplesso. La data posta sulliscrizione, 1960,costituirebbe un momento in cui pu supporsila totale scomparsa di resti architettonici per-tinenti ledificio di S. Croce: Crux parva ubimonasterium clarum. Poco oltre ledicola, sul
versante opposto della strada, risalta unareapriva di vegetazione che, a differenza dei
luoghi circostanti, pare avere un andamentopianeggiante e regolare. Forse ricavato artifi-cialmente, il pianoro stato di recente com-promesso dalla costruzione del metanodottointerprovinciale che ha divelto alcune dellestrutture murarie visibili supra terram sino adun trentennio fa.
Particolarmente meritevole dattenzione poi una strada carrareccia lastricata. Il trac-ciato doveva probabilmente servire da collega-mento strategico verso centri diversi e anno-darsi a percorsi consolidati da tempo. Recenti
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S. Croce un punto di riferimento stabile nelpaesaggio che assicura la sopravvivenza di untracciato pi antico. Il rinvenimento di alcuni
materiali di et classica non esclude n il reim-piego di spolia da un centro noto, n lesistenzadi una costruzione pi antica in luogo di quellamedievale. Ad oggi intuizioni e problematicheevidenziatesi nel corso della ricerca richiedo-no verifiche immediate e riscontrabili con lasola attivit programmatica dello scavo arche-ologico. Attestarsi sui risultati raggiunti nonavrebbe senso: metodo topografico e archeo-logico reclamano una conclusione univoca; uninutile stallo produrrebbe, davvero, una storianegata.
scoperte archeologiche hanno difatti messo inluce le strutture di un ponte di et romana inlocalit Morgia del Ponte di Tufara. Lesisten-
za della costruzione doveva con buona pro-babilit ricadere su un preesistente tracciatoviario, il quale, provenendo daAec (Troia) sisarebbe diretto alla valle del Tappino attraver-sando il passo montano detto Rua di Ielsi perpoi scendere nuovamente verso valle in dire-zione della piana di Sepino, attraversare la cit-t romana, e valicando il passo di S. Crocella,raggiungere il municipio romano di Alife. Ilbinomio chiesa-diramazioni stradali, racco-gliendo un testimone gi noto nella devozio-ne classica, farebbe delledificio monastico di
In questa pagina:
S.P. 94. Edicola
allaltezza di Passo S.
Crocella(foto: W. Santoro)
Nellaltra pagine:
Passo S. Crocella.
Strada carrareccia
che risale il versante
di Monte Lamaturo(foto: W. Santoro)
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ilgiornodel31dicembre,lavigiliadicaodanno.AGambatesa,borgofortorinodi1700anime,sisentenellariachenonsarilsoloassaggiodalvecchioalnuovoannoadesserefesteggiato,ma
ualcosadimoltoisentitoearticolare,diunicoeseciale.
Una tradizione secolaredi Luca DAlessandro
Le Maitunat di
Lessenialitdellasuadraantica:unorganettoaccomagnatodagli
strumentiartigianali(autoresconosciuto)
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Chiara la percezione che una grande e lun-ga attesa sta per concludersi, e, se vero chei luoghi si caricano delle sensazioni di coloroche vi abitano, prendendone la forma e propa-gandone laura, si ha la netta impressione chequalcosa in procinto di avvenire, forse unafragorosa e colorata esplosione folcloristica,magari la stessa del medesimo giorno dellan-no precedente e di chiss quanti altri 31 di-cembre, andando indietro per lustri e secoli:lintero paese, dopo un anno dattesa, prontoa reimmergersi nella secolare tradizione dellemaitunat. Per le strade del borgo il movimen-to continuo: gli antichi strumenti artigianalivengono affinati e personalizzati, le squadre
(cio i gruppi musicali) vengono completate,lappuntamento fissato. Giunta lora di cena,lantico rito delle maitunat pronto per es-sere nuovamente ripetuto. Lo spettacolo pufinalmente iniziare e il divertimento pi puro,
originale e popolare sta per essere esaltato efesteggiato. Lantico stornello risuona ovun-que e in un vortice di musica canti e balli, levarie squadre si esibiscono per tutto il paesegenerando unatmosfera festosa, calda e coin-volgente. Giovani, anziani, adulti e bambini, sidilettano nellimprovvisare le maitunatpren-dendo di mira, in tono scherzoso e canzona-torio, i padroni delle case in cui si recano. Go-dendo di una tacita immunit, limitata ai solidue giorni della manifestazione, mettono allaberlina non solo personaggi pubblici della vitapaesana, ma anche gente comune con qualchescheletro nellarmadio o protagonista di qual-che episodio eclatante. Non c casa di poveri
o ricchi, umili o potenti, ignoranti o dotti, chesi rifiuti di ascoltare le maitunate concedereospitalit. Ogni cantore, accompagnato dallasua squadra, crea le sue rime estemporanea-mente secondo il suo caratteristico stile che lo
contraddistingue dagli altri, rendendolo unico.I temerari chiudono lintensa nottata a mat-
tino inoltrato, gli altri alle prime luci dellalba.Per qualche ora del tardo mattino del primo
gennaio sembra che tutto sia cessato, la quietedopo la tempesta, il meritato riposo dopo unanottata fredda e faticosa. solo calma appa-rente perch nel primo pomeriggio si rinco-mincia: ancora musica, maitunat e canzonipopolari.
Tutte le squadre protagoniste della nottesono pronte a sfidarsi davanti al pubblico, sa-
lendo a turno sul palco ed esibendosi in branistrumentali o cantati e maitunat. I cantori de-vono dare il meglio e sfoderare il loro migliorrepertorio per ambire alla Sonagliera doro(che premier il migliore), ma soprattutto persoddisfare e divertire lesigente platea.
Terminate le premiazioni e chiusa la mani-festazione, in paese ritorna la normale atmo-sfera di quiete, questa volta per non sar in-terrotta almeno fino alla vigilia del prossimonuovo anno. Descrivere un fenomeno folclori-stico come quello delle maitunato analizzarlo
In questa pagina:
Sunaglier e tamburelli(web)
Nellaltra pagina:
Veduta dallalto di
Gambatesa(web)
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si in tutta lEuropa mediterranea, con i quali i
questuanti offrono, in cambio di cibi e bevandeda parte del padrone di casa, un augurio (per ilnuovo anno o per un buon raccolto), intonan-do degli stornelli con auspicio propiziatorio.La caratteristica di canto di questua dellemaitunat un elemento indiscutibile, ancoraoggi vivo e oggettivamente rilevabile nella mo-derna pratica, tale che pu considerarsi il pun-to di partenza di ogni trattazione in materia.
La seconda funzione delle maitunatsi ma-terializza come uno strumento con il qua-le il popolo poteva esprimere senza rischi il
in modo scientifico cercando di estrapolare daesso i vari aspetti antropologici, sociali, cultu-rali, rituali non affatto cosa facile se si pensadi quanta spontaneit, animo popolare, prove-nienza dal basso esso sia intriso. Ancor piarduo risulta spiegare la tradizione a chi nonvi ha mai preso direttamente parte, non lab-bia vissuta al seguito delle squadre o non si siacalato nella particolare atmosfera della nottedel capodanno gambatesano; in questo sensoil rischio quello di cadere nella banalit, dinon riuscire a renderne lidea o ad esprimernelanimus,che contrassegna i protagonisti e glispettatori. Se a tutto ci vogliamo aggiungerelincertezza storica delle origini e delle fun-
zioni (quindi la ratio ), laleatoriet che ognitradizione orale si porta dietro, la mancanzadi fonti scritte a supporto di una tesi plausibi-le che sia il frutto di un metodo sperimentaleetnomusicologico, ecco connotate le difficoltdi inquadrare le maitunat in uno schema dog-matico preciso.
Etimologiadellaarolamaitunat:originiesignificato
Sono diversi i significati assegnati alla parolamaitunat. Le differenti ipotesi etimologicheche si sono avvicendate hanno tutte seguitopercorsi diversi, spesso superficiali, come iltentativo di accostare la parola maitunatallalocuzione mai intonate in nome dellestem-
poraneit con la quale i cantori eseguono (soloa Gambatesa) lo stornello in modo improvvi-sato. Tesi che pu essere subito smentita se siconsidera il fatto che il termine maitunat utilizzato in molti altri paesi molisani nei qualilo stornello non eseguito estemporaneamen-te e che, a Gambatesa stessa, prima della metdegli anni trenta non c traccia dellimprovvi-sazione, praticandosi il rito con stornelli pre-costituiti, ancora oggi conosciuti.
sicuramente possibile stabilire una rela-zione con i cosiddetti canti di questua, diffu-
proprio punto di vista (positivo o negativo),
sempre e comunque in forma burlesca, neiconfronti dellautorit, con la speranza di uncambiamento positivo nellanno seguente.
LemaitunatdiGambatesanelXXsec.:evoluioneedistaccodalmodus tradiionale
Levoluzione delle maitunatnel 900 pu es-sere suddivisa per semplicit in tre fasi distin-te, ognuna contraddistinta da una serie di fat-tori, che vanno dal diverso modo di interpreta-
Sopra:
Squadra moderna degli anni 60. In risaltogli strumenti a fiato accompagnati dalla
fisarmonica e limmancabile buf(autore sconosciuto)
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adatta per la persona alla quale si rivolgeva eper largomento al quale intendeva riferirsi,scegliendo tra un ventaglio di soluzioni abba-stanza limitato.
Ogni maitunatconteneva un sottile doppiosenso, naturalmente leggero, ironico e can-zonatorio, che ne rappresentava la morale,quindi il messaggio principale che si volevatrasmettere.
Le maitunat cosiddette antiche sono tipi-che di moltissimi paesi del Molise in cui i cantidi questua erano una prassi molto diffusa, inqualche caso ancora esistente. Muniti di fi-sarmoniche, organetti, chitarre, buf (putipo caccavella ) e antichi strumenti a percus-sione di costruzione artigianale come apak-
re le maitunat, alle differenti finalit che essehanno assunto nel corso del tempo, al modo dicomporre le varie squadre, modificandone ge-rarchie e ruolo del cantore.
Una prima fase, della quale non pu definir-si chiaramente linizio, termina allincirca conlavvento del primo conflitto mondiale (anni1915-1920). Questo periodo caratterizzatodalle cosiddette maitunat antiche. La pecu-liarit, rispetto alle attuali maitunat, riguardaprincipalmente il fatto che lantico stornello,alternato ad un ritornello cantato e suonato,era precostituito e mancava quindi del requi-sito dellimprovvisazione. Al cantore spetta-va, oltre allesecuzione canora vera e propria,il compito di scegliere il tipo di maitunatpi
padri o dai nonni e appresi in modo autonomo.Non esistevano, se non in rare eccezioni, trom-be, tromboni, clarinetti, sax e fiati in generale,per via del loro elevato costo non compatibile
con il tenore di vita del tempo.Una seconda fase, che arriva fino agli anni
50, vede il rinnovo delle maitunat, soprat-tutto sotto il profilo dellesecuzione. Dallemaitunatantiche, si passa a quelle chiamatesemimoderne. Il cambiamento, pi che neitemi e nelle finalit, soprattutto nelle parolee nella musica. Anche se ancora precostituite,c una mutazione dellintera struttura ritmicae del contenuto delle strofe. Per tutta la secon-da fase si continuano a praticare anche le mai-tunatantiche, segno del non incisivo cambia-
ktell(due tavole con sonagli percosse tra loro),a sunaglier (detta anche triccheballacche, sem-pre in legno con tre battenti muniti di sonagli),a strgulator (tavola scanalata), le varie squa-
dre si recavano nelle abitazioni dei personaggipi in vista del paese e, godendo di una sortadi immunit, tacitamente concessa da tutti,potevano permettersi, anche se in modo sot-tile e mediato, di cantare vizi e virt di que-ste persone autorevoli, inattaccabili nel corsodellanno.
Le squadre erano formate da un numero dielementi difficilmente superiore a dieci unit.Gli strumenti principali, oltre agli antichi ar-nesi artigianali a percussione tuttora utilizzati,erano la fisarmonica e lorganetto, ereditati dai
In questa pagina:
Giovanissimi: le
maitunat non hanno
et, ecco dei bambini
alla fine degli anni 50(autore sconosciuto)
Nellaltra pagina:
Squadra moderna
2008: sono poche
le differenze tra una
squadra moderna
degli anni 60 ed una
del 2008(foto: A. DAlessandro)
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senza lausilio di frasi fatte che esprimono solola morale, senza allusioni o fraintendimenti.La composizione delle squadre molto cam-biata rispetto ad alcuni decenni addietro, siaper quanto riguarda il numero dei par tecipantisia riguardo agli strumenti musicali utilizzati.I gruppi sono molto pi numerosi e, grazie aduna fiorente tradizione bandistica, sono statiintegrati da strumenti a fiato di tutte le catego-rie (ottoni e legni), dando alla squadra un tim-bro sonoro completamente nuovo e originale.
Conclusione
Scavare profondamente nella magia delle mai-tunat, alla ricerca delle sue vere origini, ri-chiederebbe un approfondito studio e lesamedi varie e complicate fonti, impresa nella qua-le pochi si sono cimentati, data la quasi totaleassenza di rilevanti pubblicazioni in materia.Va tuttavia rilevato lattaccamento dei gamba-tesani alla loro tradizione di riferimento, tantoche, su una popolazione di 1700 abitanti, anco-ra nel 2008-2009 sono stati pi di 15 i gruppimusicali che hanno preso parte alla manifesta-zione, rappresentando tutte le et: tutti ignaridel perch e del come sia arrivato a noi questorito, ignari del significato, ignari di tutta la par-te scientifica, antropologica e culturale, ma al-trettanto sicuri che per loro non capodannose, la notte dellultimo dellanno, non imbrac-ciano i loro strumenti e scendono in strada acantare e suonare.
maitunatpi adatta tra un ventaglio di opzio-ni gi precostituite, ma deve egli stesso intro-durre largomento e improvvisare sul medesi-mo, ricorrendo a tutta la sua fantasia per riu-scire a colpire nel segno. Di conseguenza, conlintroduzione dellestemporaneit, le nuovemaitunatdanno luogo ad una severa selezionetra gli interpreti: non basta pi avere una bellavoce ed una discreta presenza scenica per can-tare una maitunat, ma bisogna avere il lessicodialettale adatto a trovare rime, la capacit di
scovare aspetti nascosti del destinatario dellamaitunat, la prontezza di abbinare termini ru-stici, proverbi, doppi sensi, modi di dire e, so-prattutto, la conoscenza degli avvenimenti piimportanti avvenuti in paese nellultimo anno. proprio grazie allestemporaneit dellinter-pretazione che le maitunat di Gambatesa sidiscostano da tutte le altre elevandosi ad unavera e propria forma artistica di teatro vivo eimprovvisato che richiede speciali abilit. Ilforestiero resta stupito dalla capacit degli at-tori gambatesani nel trovare le rime che, allostesso tempo, siano esatte, divertenti, convin-centi, frizzanti e significative. Ogni maitunat preceduta dal cosiddetto ritornell, un moti-vetto di nove misure in tempo ternario suona-to da tutti i componenti della squadra, ripetuto
due volte, con la funzione di introdurre la mai-tunat. Successivamente il cantore si esibirnel tradizionale canto supportato da una baseritmico-melodica, simile al ritornello, suonatada fisarmoniche, organetti, chitarre e percus-sioni pi delicate, sulla quale egli improvvi-ser due strofe che, se precisamente compo-ste, formeranno una coppia di endecasillabiin rima baciata, pi la ripetizione dellultimastrofa in coro con tutta la squadra, per chiu-dere la maitunat. Cos facendo possibile farriferimento agli accadimenti in modo diretto,
mento a cui esse s ono state sottoposte. Bisognafar presente che in questa fase gi qualcuno,in modo pionieristico, abbozzava le modernemaitunat. Questo un esempio di come talifasi non siano nette, bens sovrapposte tra loro.
La terza fase, diversamente dalla preceden-te, esprime un cambiamento radicale nel mododi comporre, interpretare e accompagnaremusicalmente le maitunat. Il nuovo stornellonasce nei primi anni 30, si sviluppa negli anni50 fino a consolidarsi e scalzare lantico ritonegli anni 60-70, giungendo intatto e genui-
BibliografiaAntonio Fratangelo (1990): Alla mia terra
lontana. Ripalimosani: Arti grafiche La
regione.
Antonio Fratangelo (2006): Dalla lingua
dEuropa alle lingue europee. Siena: Annibal
Putequa.
A sinistra:
La squadra degli anziani degli anni 90(foto: U. DAlessandro)
no fino ai giorni nostri. Le maitunatrinnova-no tutte le loro caratteristiche: musica, ritmo,interpretazione, scopo, significato, metrica erime.
In ordine di importanza, la novit pi lam-pante riguarda lintroduzione dellimprovvi-sazione e la conseguente difficolt dellinter-prete nel cercare la giusta coppia di rime che,oltre ad avere corrispondenza letterale, deveanche essere divertente e pungente in mododa suscitare lapprovazione dello spettatore.Il cantore non deve pi limitarsi a scegliere la
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di Brunella Muttillo - Universit degli Studi del Molise
Antonella Minelli Dipartimento di Scienze e Tecnologie perlAmbiente e il Territorio, Universit degli Studi del Molise
Giuseppe Lembo - Centro Europeo di Ricerche Preistoriche di Isernia
Ettore Rufo - Centro Europeo di Ricerche Preistoriche di Isernia
Sandra Guglielmi - Centro Europeo di Ricerche Preistoriche di Isernia
Maurizio Palmisano - Consiglio Nazionale delle Ricerche di Napoli
Labalsa de ofrendamuisca,MuseodelOrodiBogotLaattera(balsa)inororirooneitrattisalientidellacerimoniadelElDorado:ilfuturocacique,denudatoeduntoconunterriccioaiccicoso,ricoertointeramenteconolveredioro(dauiiltermineattribuitodaglisagnoliEl indio dorado,dacuiercontraionederivaEl Dorado),
rendevaostosuunaatteradigiunco,ienadioroesmeraldi.Venivaaccomagnatodaaltriuattrocaciues,nudianchessi,adornaticoncorone,orecchini,bracciali,ettoraliinoro,iumaggi,finonelmeodellalaguna,consideratalamadredelgenereumano.Mentreilcaciqueedilsuoseguitogettavanonellalagunagrandioffertedioroesmeraldi,dallesuesondeglialtrimembridellacomunitoffrivanoalladiviniticcolioggettivotiviinoro,tunjos.Dane,cantieballichiudevanouestacerimoniaattraversolaualeilnuovoelettovenivariconosciutocomesignoreerincie
ALLA RISCOPERTA DI
La missione archeologica molisana in Colombia
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LaColombia:unaterraancoratuttadaconoscere
La prima reazione che si prova entrando incontatto con le testimonianze materiali del-le popolazioni precolombiane di Colombia quella di stupore di fronte alla bellezza deiprodotti della loro arte orafa, alla raffinatezzae ricercatezza dei loro ornamenti personali,alla ricchezza delle loro tombe, alloriginalitdei reperti ceramici: tutte testimonianze tan-gibili di culture straordinariamente avanza-te, tecnologicamente sviluppate, socialmentestratificate, ma purtroppo rimaste in ombrarispetto al successo riscosso nellimmaginario
collettivo dai vicini imperi del Messico e delPer. La Colombia, con le sue testimonianze
materiali che nulla avevano a che vedere conle opere monumentali delle civilt dei Maya,Inca ed Aztechi, cos rimasta per molto tem-po esclusa dallinteresse del grande pubblico.
In un certo senso i primi ad interessarsi del-la Colombia furono i conquistadores spagnoli,pur considerando che a spingerli verso que-sto continente sconosciuto ed esotico non eracertamente la sete di conoscenza ma la ricercadelloro: la Colombia rappresentava il paesedel El Dorado, su cui tanto si era favoleggiato,una miniera ricchissima di risorse preziose acui attingere a piene mani.
Gli storici e i viaggiatori del XVIII secolonon vanno al di l del puro resoconto e for-
niscono pochi dati utili per la ricostruzione.Dalla met del XIX secolo matura un inte-
resse da parte di uno specifico gruppo di stu-diosi colombiani; tuttavia i tempi sono ancoraprematuri per la nascita di una vera e propriadisciplina archeologica: si tratta di mero col-lezionismo, in cui al centro dellattenzione loggetto come elemento a s stante, come te-stimonianza originale, esotica, di culture la cuistoria e sistema di pensiero non ci si preoccu-pava di analizzare. Fu solamente agli inizi del900 che si intrapresero i primi scavi sistema-tici in diverse zone del territorio colombiano,ad opera di studiosi stranieri, i cui risultati,seppur sorprendenti ed interessanti, vannocomunque contestualizzati in un periodo sto-rico in cui si era a ncora del tutto ignari del me-
todo stratigrafico.Solo negli ultimi decenni larcheologia, ri-
In basso:
Il mito del El Dorado, che esercit una
grandissima attrazione sui conquistadores
europei, trae origine dal rito che si celebrava
nella laguna sacra di Guatavita, a circa 60 km
da Bogot, in corrispondenza dei solstizi e
degli equinozi, e in occasione dellinvestitura
di un nuovo cacique, il capo supremo di un
cacicazgos , unit politica autonoma composta
da vari villaggi accomunati da lingua,
usanze e costumi. La laguna di Guatavita
fu setacciata per mesi dai conquistadores,
i quali rinvennero solo discrete quantit
doro, ma non le meravigliose ricchezze di
cui si favoleggiava. Giunsero a praticare
unapertura lungo una sponda per abbassarne
il livello dellacqua ed appropriarsi in tal modo
degli oggetti preziosi che giacevano sul fondo
della laguna, ma riuscirono a farne scendere il
livello di soli cinque metri (web)
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una rete sinergica di cooperazione con gli entilocali. Va menzionata in particolar modo lacollaborazione con lInstituto Colombiano deAntropologia e Historia, lUniversidad Exter-nado de Colombia, il Departamento de Antro-pologia del Universidad Nacional ed il Museodel Oro de Bogot; il supporto dei collaborato-ri italiani in Colombia, lAmbasciata dItalia elIstituto Italiano di Cultura di Bogot. A que-
dellesigenza di provvedere ad una miglioreconoscenza e veicolazione extraterritorialedelle origini storiche e culturali delle popo-lazioni precolombiane di Colombia e ad unainterpretazione pi specifica e diffusa dellaloro identit culturale e dei prodotti della lorocultura materiale.
Il progetto prende avvio dallo studio di unapopolazione precolombiana in particolare,
quella Muisca, attestata in Colombia nellaparte centrale della Cordigliera Orientale del-le Ande, sullaltipiano Cundiboyacense, nellevicinanze della capitale Bogot.
Lattuazione della ricerca stata possibilegrazie al contributo del Ministero degli AffariEsteri e dellUniversit degli Studi del Molise,al sostegno del Centro Europeo di RicerchePreistoriche di Isernia, allAssociazione Cultu-rale ArcheoIdea e alla collaborazione del Con-siglio Nazionale delle Ricerche di Napoli, maanche e soprattutto grazie allinstaurazione di
uscita ad affermarsi come disciplina autono-ma che, scevra da giudizi e preconcetti di ognisorta, analizza ogni aspetto della cultura mate-riale e che riconosce in tal modo la s pecificit,
importanza e dignit di ogni singola cultura,che ha il dovere di conoscere, comprendere epreservare.
Lamissioneitaliana:unrogettoatuttocamo
La missione archeologica ed etno-antropo-logica avviata in Colombia nel 2008 da Anto-nella Minelli, docente di antropologia pressolUniversit degli Studi del Molise, trae origi-ne dalla consapevolezza e dal riconoscimento
Amazonas
Caqueta
Putumayo
Narino
Cauca
ValleDelCauca
Risaraida
Choco
Antioquia
Cordoba
Sucre
Bolivar
Norte
De
Santander
Cesar
LaGuajira
Magdalena
Atlantico
Vaupes
Guaviare
Meta
Distrito
Capital
Guainia
Vichada
Casanare
Santander
Boyaca
Cundnamarca
Quindio
SanAndres
yProvidencia
Caldas
Tolima
Huila
Arauca
Caribbean Sea
PacificOcean
Golfo
De
Panama
GolfodeVenezuela
Lagode
Maracaibo
RioNapo
RioPutumayo
RioCaqueta
RioJavari
RioIca
RioJapura
RioNegro
RioUaupes
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Orinoco
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Colombia
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8
0
4
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0
80 76 72 68
1212
44
4
4000 m.
3000
2000
1000
500
200
100
0
Colombia
Capitale
Confini internazionali
0
0 100
200Kilometers
200Miles
100
Bogota
In basso:
MaadellareadiinsediamentodellaculturarecolombianadeiMuisca
Il poligono nero individua i limiti dellarea incui erano stanziati i Muisca, corrispondente,con una buona approssimazione, agli attuali
dipartimenti di Boyac e Cundinamarca
Sopra:Il responsabile della missione scientifica,A. Minelli, con una famiglia indigena in unariserva nelle vicinanze di Bogot(foto: B. Muttillo)
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sagrada: lagune, caverne, montagne, fiumi co-stituivano dei veri e propri adoratori naturali,sede di riti, cerimonie ed offerte presenziatedalla figura dello sciamano. Personalit polie-drica e multisfaccettata, oltre al suo tradizio-nale ruolo di guaritore, sacerdote e mediatoretra mondo naturale e soprannaturale, rivesteinoltre una funzione importante nella risolu-zione dei problemi psicologici individuali; un artista, specializzato nel canto, nella danza,nella recitazione dei miti; un accorto uomopolitico, che si pone come mediatore in si-tuazioni di conflitto. Infine, la sua intima co-noscenza della natura, lo porta a qualificarsicome una sorta di pianificatore ecologico in
grado di gestire la conservazione delle risorse.
Letraccearcheologiche
Uno degli aspetti su cui si incentrato lo stu-dio stata lintegrazione di nuovi dati al pro-getto Informacion tematica sobre bibliografiaarqueologica de la Sabana de Bogot, avviatodallInstituto Colombiano de Antropologia yHistoria, finalizzato alla documentazione disiti archeologici muisca. Lutilizzo di una piat-taforma GIS ha confermato la presenza di trecentri di maggiore concentrazione, lungo leprincipali vallate, in corrispondenza dei mag-giori corsi dacqua o nei pressi di grandi bacinilacustri.
Le testimonianze archeologiche relative a
vere e proprie strutture sono estremamentescarse (Sogamoso, Infiernito, Usme, etc.), inprimo luogo per luso occasionale della pietraa scapito di altri materiali deperibili, ma anchea causa di un intenso processo di urbanizza-zione e della devastazione provocata dai pre-datori di oggetti preziosi (guacheros) nel corsodei secoli.
Al contrario abbondano scavi sistematici dinecropoli che custodiscono preziosi elemen-ti per la comprensione della cultura Muisca.Oltre agli straordinari reperti in metallo, co-
stenza di una societ complessa, stratificata,organizzata in unit politiche indipendenti(cacicazgos), che aveva raggiunto un elevato li-vello tecnologico. Una consapevole capacit diadattamento allambiente consentiva inoltrela possibilit di uno sfruttamento differenzia-to delle risorse, implicando cos una notevolediversificazione della produzione agricola elaccumulo di eccedenze alimentari, necessa-rie per il sostentamento delllite governante.
Anche da un punto di vista religioso il rap-porto con il territorio fu fondamentale: i Mui-sca configurarono la loro vita a llambiente cir-costante. Si nutriva una concezione quasi mi-stica nei confronti della natura, in quanto ogni
elemento di essa faceva parte di una geografia
sti si aggiunge un significativo interesse mani-festato a sostegno delliniziativa, in termini dipubblicizzazione, divulgazione e formazionedi studenti colombiani, in accordo con lAmba-sciata Colombiana in Italia, da parte dellIsti-tuto Italo-Latino-Americano.
NelloriontedellaculturaMuisca
Siamo nella zona centro-orientale della Co-lombia, lungo lasse della Cordigliera Orienta-le delle Ande, nellarea comprendente Bogot,dove tra il 600 e il 1600 d.C. fior la culturaMuisca, popolazione di lingua chibcha, prove-niente dallAmerica centrale.
Le testimonianze materiali rivelano lesi-
Sciamanomuisca,MuseodelOrodiBogotIl ruolo ed il rangodel personaggio attestato dallapresenza diparticolari e specificiaccessori, quali ilcopricapo, il bastonedel comando, ilpettorale(foto: da Reichel-
Dolmatoff 1988)
Maadidensitdeirincialisitiarcheologicimuisca(elaborazione grafica: G. Lembo)
Mucura,MuseoNacionaldiBogotForma ceramica tipica cerimoniale, dal corpo
globulare e collo alto e stretto, che di solito
riproduce tratti antropomorfi(web)
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stante la presenza di oggetti ceramici (vasi,olle, coppe , mucuras, etc.) e, in sporadici casi,di momias, individui che hanno subito un par-ticolare processo di mummificazione.
Loscintilliodelloro
Loreficeria costituiva per i Muisca unattivi-t molto intensa ma, poich il loro territorioera praticamente privo di giacimenti aurife-ri, ottenevano loro attraverso il commercio
con le popolazioni vicine, scambiandolo consale, prodotti tessili o smeraldi. Larga era in-vece la disponibilit del rame che, legato aduna minima percentuale di oro, dava luogo aduna lega particolare chiamata tumbaga. Lusogeneralizzato di questa lega motivato, oltreche da ragioni funzionali (risparmio di mate-rie prime alloctone, abbassamento del pun-to di fusione delloro, maggiore facilit nellamodellatura del metallo), anche da ragionisimboliche: lunione dei due metalli richiame-
Sopra:Il sito El Infiernito, probabile osservatoriosolare legato a pratiche rituali(foto: B. Muttillo)
Nellaltra pagina:Momia, Museo del Oro di BogotImmagine suggestiva di un individuosottoposto ad un particolare processo dimummificazione che ne ha permesso larelativa conservazione (da notare soprattuttoi capelli presenti in quantit considerevole);interessante la modalit di conservazioneche prevedeva una sorta di sacco in tessuto,fibra vegetale e cuoio allinterno del quale ilcorpo veniva posto in posizione rannicchiatae probabilmente sospeso al soffitto di grottee ripari sottoroccia, come possibile dedurredai polsi legati con una corda(foto: A. Minelli)
rebbe i riti di fertilit e di unione/opposizionemaschile/femminile, tradotti nei differenti co-lori delloro (giallo=sole=maschio) e del rame(rosso=luna=femmina).
Allinterno di una produzione che vedevacome tecnica prevalente la fusione a cera per-sa, possibile distinguere due grandi gruppidi oggetti: gli ornamenti (pendenti, pettorali,diademi, anelli, etc.) e le figure votive (tunjos).Loreficeria muisca appare dotata di un carat-tere suo proprio, solo in pa rte assimilabile allealtre tradizioni metallurgiche della Colombia:essa si distingue per la coerenza concettuale esimbolica e per il suo orientamento quasi im-prescindibilmente votivo, specchio di un com-plesso sistema ideologico e religioso.
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Tunjointumbaga,MuseodelOrodiBogot(foto: banrep.org)
I tunjos sono figure antropomorfe
prevalentemente piatte, prive di volume e a
base triangolare, adatte per essere conficcate
nel suolo o inserite in recipienti a bocca
stretta. I soggetti rappresentati hanno tratti
schematici e semplificati, si che il realismo
della rappresentazione sacrificato alla
simbolizzazione dellesigenza dellofferta
e alla immediata espressione del ruolo del
personaggio, indicato anche dagli ornamenti
accessori che frequentemente arricchiscono
le figure (maschere, bastoni di comando,
strumenti per la coca, etc.)
degli indigeni, in quanto possedevano delle ca-ratteristiche considerate speciali, che rivesti-vano per loro un significato particolare (comeil colore, il comportamento, la vita sessuale,etc.).
Larana
La figura della rana costituisce un simbolovivo, che si incontra tuttora e frequentementein Colombia, soprattutto nellartigianato loca-le, testimoniando con la sua stessa presenza,la persistenza di un legame con il passato cheresiste al trascorrere del tempo.
Lanalisi dei risvolti iconografici e simbolici
di tale rappresentazione ha costituito speci-fico oggetto di ricerca, tramite un dettagliatostudio dei reperti archeologici, un raffrontocon specifici sistemi di pensiero di popolazio-ni passate pertinenti a differenti ambiti geo-grafici, un confronto etnografico con le attualipopolazioni indigene colombiane.
La figura della rana molto frequentenelloreficeria muisca, prevalentemente sottoforma di pendagli e pendenti in cui notevole il grado di raffinatezza, come pure non di rado osservabile a rilievo sulle matrici in pietraper la produzione di oggetti di metallo in se-rie. Si incontra inoltre nella ceramica, dipintain colore rosso o tendente al bruno, o, pi fre-quentemente, sotto forma di applicazioni diargilla sul corpo del vaso. Presso i Muisca la
figura della rana non costituisce un simbolo as stante ma un complesso insieme di simbo-li. La sua straordinaria importanza legata aspecifici aspetti culturali, al ciclo stesso dellavita, al mondo mitico religioso. Generalmentequesto piccolo anfibio viene associato al ciclonaturale ed alla fertilit nellagricoltura in vir-t della sua peculiarit di annunciare con ilgracidio larrivo delle piogge.
In realt emergono altri forti nessi. La ranae lidea della rinascita, legata al suo costume diapparire e scomparire in relazione alle piogge;
Iloteredelsimbolismo
Qualsiasi rappresentazione nel mondo miticoe nellimmaginario muisca non costituisce unasemplice immagine a se stante, ma un simbolodenso di significati complessi, lincarnazionevisibile di un articolato sistema di pensiero, incui ogni elemento del cosmo trascende la purasfera sensoriale per riferirsi a qualcosa daltro.Esistono molte riserve in un campo tanto spe-culativo come quello del simbolismo insito neireperti archeologici delle culture che, non co-noscendo luso della scrittura, delegarono allasola testimonianza materiale loneroso com-pito di farsi portatrice di tutto un mondo di
credenze, pensieri, sentimenti, strutture men-tali, che costituiscono lidentit stessa di unacivilt. In realt la storia delle mentalit, deisistemi di pensiero e dei valori, caratteriz-zata da tempi estremamente lenti. In tal sen-so la peculiarit del simbolo, come elementoche si conserva e persiste al passare del tem-po, si esprime al massimo delle sue potenzia-lit nei contesti culturali che presentano unaforte continuit di vita col passato, cos comeaccade in Colombia in cui esistono tuttora nu-merose trib indigene che conservano, seppuradattati alla propria unicit e specificit, alcu-ni tratti delle popo