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8/18/2019 Armando Gentilucci_Introduzione Alla Musica Elettronica
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NIVERS LE
ECONOMIC
FELTRINELLI
RM NDO
GENTILUCCI
INTRODUZIONE
LL
MUSIC
ELETTRONIC
8/18/2019 Armando Gentilucci_Introduzione Alla Musica Elettronica
2/64
Prima edizione: settembre 1972
Quarta edizione: settrmbre 1983
Copyright by
Giangiacomo Felrrinelli Editore Milano
Capitolo primo
Musica elettronica concreta su nastro
Musica elettronica, musica concreta, musica sperimen-
tale su nastro: questi termini, che definiscono esperienze
artistiche recenti ma ormai storiche. sono ancora circon-
fusi, nello status dell'attuale coscienza d'ascolto del fruitore
comune e occasionale, da una nebbia di esoterismo tecno-
logico. L'equivoco (favorito magari, oltre che dall'ostentato
scientismo polemico di alcuni musicisti sperim entali in
anni sepolti anche se ancora vicini a noi, dal neoimpressio-
nismo d'accatto di tante colonne sonore per documentari e
film di fantascienza, cioè a dire dall'associazione esterna,
superficiale almeno, tra determinati suoni prodotti elettro-
nicamente e immagini riferibili al moderno foklorismo
tecnologico) induce gran parte dei non addetti ai lavo rin
a considerare le recenti esperienze elettroacustiche dell'avan-
guardia alla stregua di un'abdicazione dell'umano a van-
taggio del culto feticistico, esclusivo, per la ricerca su
inediti generatori di suono.
A
che titolo poi ciò avverrebbe,
non è certo chiaro nella mente dell'ascoltatore poco prov-
veduto: arida catalogazione di possibilità foniche o ebbrezza
bruitistica, gusto machinrste o trntazione alchimistica al
limite di una magia nera musicale?
Naturalmente, quand'anche fosse vero che parte della
produzione recente nasce o
è
nata all'insegna di una nuova
era dei ghiacci, come
è
stato detto, resterebbe da stabi-
I
lire perché ciò avvenga: ma questo non è problema che
riguardi esclusivamente la musica elettroacustica, quindi tale
da giustificare timo ri specifici, circoscritti.
Infatti, la produzione di nuovi suoni elettronici attra-
verso la conversione di vibrazioni elettriche in vibrazioni
i
sonore, in sé e per sé costituisce un fenomeno al quale anche
ascoltatori distratti o soperticiali si sono ormai assuefatti
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attraverso l'ascolto sistematico della musica leggera tecni-
camente piii aggiornata. complessi pop e simili si distin-
guono l'uno dall'altro quasi esclusivamente per un partico-
lare sound mentre la struttura melodica, ritmica e armonica
delle loro composizioni pressoché standardizzata. L'uso
dei sintetizzatori elettronici, che inserisce effetti sonori
nuovi, e degli amplificatori, crea situazioni d'ascolto note-
volmente piii complesse e interessanti. Al di là dei mezzi
timbrici nuovi, degl'impasti inediti e quindi della maggiore
disponibilità materica che contrassegna la musica
pop
sta però la somma dei nessi grammaticali e linguistici tradi-
zionali: melodia, tonalismo o quanto meno modalismo dia-
tonico, armonia basata su accordi elementari, ritmo simme-
trico-continuativo (non si dice ovviamente del sistema tem-
perato). Essi, nella produzione etichettabile all'insegna del
consumo
anche in quella artigianalmente scaltrita, restano
pressoché completamente intatti, dovendo assolvere a ben
precise funzioni di conservazione culturale, di invito alla
passività e di integrazione acritica rispetto al mondo cosi
com'è.
Solo in questo modo si può spiegare perché, rimanendo
sul generico, quelle stesse ambientazioni sonore che nel
campo leggero non ostacolano ma anzi favoriscono il
successo dei vari complessi, in quello della musica cosid-
detta seria inducano a diffuse perplessità. Nel primo caso
la novità timbrica ha un valore largamente sovrastrutturale
sia pure vistosamente sottolineato e non privo di combina-
zioni abili; nel secondo, i mezzi elettronici e sperimentali
in genere aprono un campo di possibilità su cui il musicista
fa leva per operare radicali o quanto meno ulteriori (anche
rispetto all'avanguardia storica) trasformazioni linguistiche.
Le quali costituiscono dunque verosimilmente il vero motivo
di preoccupazione per ascoltatori bloccati a schemi percet.tivi
unilaterali; oppure magari, all'opposto, i veicoli di entu-
siasmi sospetti, dove la fascinosità misteriosa di suoni mai
uditi viene associata con disarmante ingenuità alla sfera del
misticismo, dell'incoilscio e simili (ascolto di tipo impressio-
nistico, con tentazioni esoterico-simboliste).
La musica costruita con materiali prodotti mediante ge-
neratori sonori di origine tecnica o comunque elaborati attra-
verso le apparecchiature elettroacustiche si affaccia sulla
scena proprio in un momento preciso, in rapporto alla crisi
storica della civiltà musicale europea e occidentale, in seguito
all'emancipazione del rumore (o suono indeterminato) e
all'accentuato timbrismo della corrente post-weberniana,
vale a dire dell'avanguardia musicale del dopoguerra. Prima
degli anni '50 i tentativi compiuti con le Onde Martenot
con il Trautonium con l'organo Hammond non uscivano
dalle rotaie del sistema temperato, vale a dire dalla divisione
dell'ottava in dodici semitoni uguali, e solo arricchivano
con strumenti alimentati da corrente elettrica la tavolozza
timbrica di qualche aroma coloristico in piii, senza mettere
in benché minima discussione le strutture-base del linguag-
gio musicale. Similmente, si diceva, sebbene ad un livello
tecnologicamente piu complesso, avviene oggi con la musica
leggera smaliziata. Non
caso i
sintetizzatori
di piccola por-
tata sono dotati di una tastiera dove puntualmente si ritro-
vano le consuete dodici note del sistema temperato. Sarebbe
errato anche assegnare il salto qualitativo intervenuto con
l'utilizzazione dell'elettroacustica da parte di molti musi-
cisti dell'avanguardia al perfezionamento tecnico. Ritenere,
come qualcuno ha fatto, che l&sperimentazioni degli anni '50
siano il frutto esclusivo, e in un certo senso automatico, delle
possibilità offerte dalla registrazione su nastro sintomo di
sbrigativo determinismo. Nessuna condizione materiale favo-
revole a che si realizzi la costituzione di un nuovo mondo
sonoro può essere, di per sé, decisiva. L'intenzionalità for-
male, insomma, condiziona gli strumenti tecnici almeno nella
misura in cui ne
condizionata: lo sviluppo non può mai
ascriversi a un progresso automatico dei mezzi elaborativi,
come avviene invece per gli organismi naturali.
Per
musica elettronica
si deve intendere dunque non
tanto un generico ricorso a strumenti il cui suono viene
prodotto elettronicamente, bensi quell'esperienza composi-
tiva che, muovendo dalle virtualità materiche intrinseche ai
nuovi mezzi, ha realmente allargato e approfondito l'area
delle foniche unitamente ai processi o~erazionali
di composizione, ai moduli costruttivi. Se il suono elettro-
nico non rappresentava certo di per sé una novità attorno
al 1950, pure in quegli anni che si chiarivano definitiva-
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mente i termini di una diversa formulazione e strutturazione
del materiale sonoro, in seguito alla produzione di timbri
indeterminati e pertanto fuori del raggio d'azione del tem-
peramento equabile, come allargamento del tendenziale ma-
terismo scaturi to dal la dissociazione ~ un ti l l ist i ca el lo s ~ a z i o
sonoro e d i ricostituzione su nuove basi. Ino ltre determi-
nante l'immissione massiccia del rumore che acquista pari
importanza rispetto al suono ad altezza determinata.
I1 lettore si sarà accorto come questo libro, benché
per motivi di semplificazione e d i richiamo sug gestiv o
a una dimension e particolare abbastanza esperibile dell 'odier-
na ricerca son ora, faccia riferim ent o nel tito lo alla sola
mu-
sia elettronica in realtà chiami in causa lo sperimentalismo
acustico nel suo complesso e sia comprensivo quindi del
concretismo e di ogni impiego del nastro elettromagnetico
come serbatoio in grado di immagazzinare materiali di sva-
riata provenienza da elaborare attraverso il montaggio il
mixaggio ecc. Ciò si spiega con la genesi e lo sviluppo obiet-
tivo d el processo di impiego dei mezzi elettroacustici, con l 'in-
trecciarsi di vari esperimenti sonori. Se infatti per un certo
tempo la musica concreta e quella elettronica hanno rappre-
sentato campi di ricerca diversi, talora addirittura opposti
seppur avviati a una progressiva integrazione, dopo il 196
si può parlare di assimilazione della prima da parte della
seconda. Semp re piu la musica elettronica si servita di
rumo ri , sia at t raverso apparecchiature autonome (generatore
di rumori) e sia mediante registrazione attraverso il micro-
fono di materiali precostituiti e di varia fonte, vere schegge
sonore d'esistenza. Se all'inizio i concretisti soprattutto fran-
cesi guardavano alla musica elettronica pura come a un'aset-
tica costruzione artificiosamente volta a ingigantire, dilatare
il processo di ferrea razionalizzazione della musica seriale
in campo vocale-strumentale, me ntre gli elettronici li
ripagavano della stessa moneta ritenendoli fermi a un grezzo
gusto per facili suggestioni decadentistiche o naturalistiche,
il successivo intrecciarsi di componenti provenienti dagli
opposti campi ha permesso di puntare, al di là di ogni mero
affinamento dei materiali in astratto, su un nuovo potere
comunicativo.
Ma cosa si intende per musrca elettronzca e per musicrr
concreta? Onde evitare confusioni e fraintendimenti va pre-
cisato il punto che riguarda affinità
e
differenze tra le due
esperienze considerate allo stato puro, e dunque in una fase
storicamente iniziale. Com e già si de tto e si preciserà in
seguito dettagliatainente, sebbene il clima storico accomuni
questi due filoni di ricerca nati da differenti ma complemen-
tari temperie culturali e sempre piu spesso intersecati fino
a confondersi o a relazionarsi al modo di momenti integrati
o dialettizzati, purtuttavia vi sono caratteri specifici che
esigono una distinzione preliminare chiara, sia pur essa
provvisoria, schematica e da rimettere in discussione ogni
qualvolta gli esempi musicali smentiscono, con le loro mul-
tiformi combinazioni, classificazioni rigide oggi insostenibili
e largamente inattuali.
Nella musica concreta allo stato puro il materiale sonoro
di base sempre precostituito: suoni e rumori proven ienti
da q ualsiasi contesto, anche d i natu ra esistenziale, cioè a d ire
ricavati dalla quotidianità, dalla natura, dalla tecnologia
come da voci e strum enti tradizionali, vengono registrati con
il magnetofono, immagazzinati e successivamente elaborati
mediante la tecnica del montaggio
e piu o meno denatu-
rati.
Al contrario, la musica elettronica pura si serve solo di
suoni prodotti attraverso generatori di frequenza, di rumori.
di impulsi, di onde.
I
suoni che ne derivano sono dunque
totalmente nu ovi. Tra i mezzi elaborativi comuni vanno citati
tutti gl 'interventi nel campo della stratificazione materica,
dell 'intensità, e poi ancora l 'uso simultaneo di piu nastri,
il mixaggio, il lavoro di forbici sul materiale fissato su
nastro, con sezioni anche piccolissime montate secondo cri-
teri soggettivi di composizione, retroversione del suono,
sfumatura del suono, cancellazione di parte del nastro ad
uso di modificazione e filtro d'altezza o timbrico, spazializ-
zazione mediante altoparlanti.
Inoltre si viene ad avere una possibilità di controllo
assoluto delle durate, la cui misurazione avviene sulla base
della lunghezza del nastro scorrevole. Le
fipraz io ni r itmiche
irrazionali, anche quelle a ssolutamente non controllabili nel-
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l 'esecuzione viva (vocale o strumentale), fuori della portata
della percezione sensibile, possono essere realizzate senza
problema alcuno.
Nel campo concreto come in quello di sintesi elettro-
acustica di molteplici fonti, suoni
e
rumori costituzional-
mente votati alla dissolvenza (strumenti a percussione in
metallo, vibrafono, campane, pianoforte, arpa e altri ancora)
per la prima volta nella storia della strumentazione timbrica
conoscono la possibilità del cresc endo n attrav erso la retro-
versione. Cosi come (e si portano qui solo alcuni esempi
molt o elem entari ) viene rivoluzionato il tradizionale rap-
porto fonico tra le varie famiglie dell 'orchestra. Un suono
colorato pif i o meno come un f lauto (suo no sintetico) ,
opp ure un flauto elettrificato, pu ò sforare ed essere in
primo piano anche r ispetto a un blocco massivo di ottoni
(tro mb e, corni, trom bon i, tube, ecc.), che in condizioni
norm ali lo avrebbero schiacciato rendendo lo pressoché
inudibile. Al di
là del culto feticjstico per il suono sorgivo
sta dunque anche la volontà di r ivedere, mediante un r igo-
roso empirismo che da elementi comuni trae singolari im-
pasti, fatti acustici non pifi dati una volta per tutte, non pi6
istituzionalizzati.
I 'remesso qu an to sopra, se ne deduce che tant o nella
musica elettronica pura quanto in quella concreta che non
ricorra alla registrazione di suoni prodotti da strumenti o
voci e poi deformati, denaturati e cosi via, scompare la
f igura dell ' interprete. Questo aspetto non ha mancato di
produrre u na piu che legitt ima inquietudin e in coloro i
quali, pur senza feticizzare l ' interprete in quanto deus ex
machina, hanno avuto il sacrosanto timore che venisse meno
proprio una tra le virtualità specifiche e difficilmente rinun-
ciabili dell'attività musicale, vale a dire la possibilità di
rivivere il testo in molteplici incarnazioni esecutive e in una
sempre rinnovata, attiva tensione comunicativa. Si temu to
insomma che la musica finisse per assumere carattere fanta-
scientifico, asettico, astratto da quel reale contatto fisico e
umano che unisce interpreti e pubblico in un teatro, sala
da concerto, luogo pubblico.
Va peraltro detto che
si
tratta di un problema in larghis-
sima misura superato: gli sviluppi successivi, dall ' iniziale
entusiasmo esclusivo per il materiale tecnico, hanno mo-
strato la tend enza a integrare il n astro elettro nico con l 'ese-
cuzione dal vivo. Si pu ò parlare al lora di un periodo iniziale
di puris mo sperimentale sia nel settore concreto sia in
quello elettronico che si protra tto fin verso il 1960 a cui
ha fatto seguito un'apertura verso molteplici integrazioni.
Si spiega cosi come siano oggi largamente plausibili opere
concertistico-rappresentative basate in larga parte su mate-
riali elaborati in sede di studio elettroacustico, contraria-
mente a quanto avveniva anni addietro, al lorché musiche
squisitamen te radiofoniche su biva no la grottesca cerimonia
rituale dell 'ascolto collettivo di un nastro in sale semibuie.
senza che intervenisse alcun apporto di natura gestuale-
visiva.
La valvola rlettronicu, altrimenti det ta triod o, l 'ele-
mento fondamentale dei sistemi oscillanti elettrici da tra-
sform are in frequenze percepibili acusticamen te, udibili dal-
l 'orecchio umano come suoni. Negli studi di musica elettro-
nica esistono alcuni tipi di generatori di suo no: quello che
produce, su ogni possibile f requenza, i l suono sinusoidale
puro, elemento pifi semplice del mondo elettroacustico; val-
vole che generano onde quadre, der ivate dall 'addizionarsi
di armoniche dispari r ispetto all 'onda sinusoidale e dotate
di t imbro part icolarmente aspro; e ancora onde a dente
di
sega, derivate dalla somma delle armoniche addizionate
all 'onda sinusoida le, rettangolari, triango lari.
Abbiamo poi i l generatore di suono bianco (detto anche
rumore bianco), che contiene stratificate in blocco massivo
e sincronico tutte le f requenze esistenti ; e ancora il genera-
tore di impulsi . Inoltre vi sono tutte le complesse apparec-
chiature per l 'e laborazione: modu lator i di f requenza, am-
piezza, ad anello, camera d'eco, selettori di ampiezza, ecc.
Tra le modali tà operative di base, par t icolare r i l ievo ha i l
f i l traggio, che può essere delle f requenze (da un blocco
intensivo di suoni el iminazione delle acute, medie o gravi)
e quindi anche t imbrico.
Particolare interesse dal punto
di
vista della stratifica-
zione riveste la scoperta del suono bianco, che abbraccia
la
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totaliti dellu spazio acustico. Si pensi, per analogia, a
t.luster in uno stru men to a tastiera (pia nofo rte, organo.
armo nium , simili), vale a dire alla percussione simultanea
di numero si tasti contigui: quest'ultim o non che la palli-
dissima idea, il parente povero del corrispettivo elettronico,
i l quale non essendo soggetto al temperamento equabile,
alla divisione dell 'ottava in dodici semitoni uguali tra loro,
rappresenta un serbatoio fonico omogeneo, compatto, che
annulla ogni sia pur minimo interstizio tra suono e suono,
non conosce vuoti nell 'ambito delle f requenze. I l semitono
cessa di essere l ' intervallo minimo e sopravvengono invece,
massicciamente, le divisioni infinitesimali del suono. Allor-
ché i blocchi sonori costituiti di molteplici sovrapposizioni
elettroniche sono in movimento e procurano quella sensa-
zione di immobilità colorata però di continue rifrazioni, si
può pensare, s' intende per semplice analogia descrittiva,
alla dilatazione e moltiplicazione estrema del concetto di
quadrato magico, r istret to però e ntr o gli argini di un'ot-
tava, o meglio di una settima maggiore: qua drato che all' in-
terno del sistema temperato indica l 'esaurimento continuo,
verticale e orizzontale insieme, delle dodici note che formano
il totale cromatico, cioè dell ' intera gamma dei suoni usabili.
Questa sorta di tabella indicava come attraverso il mecca-
nismo razionale della serializzazione la materia potesse pol-
verizzarsi combinatoriamente in un tessuto indistinto, al
limite inorganico, proprio e paradossalmente per la sua
compattezza neu tra :
una sorta di actio non agens. Già
nell 'anticipazione temp erata del qua drato magico, ma
tanto piu nell ' infinito universo elettronico, ogni barriera
tra .ruono e rumo re cade, si sv uota no di valore le tradizionali
categorie che privilegiavano all 'estremo la tram a melodica
disegnata dalla successione degli intervalli e mantenevano
in ombra una concezione magmatica ora invece sbalzante in
primo piano al par i di ogni al tra prospett iva di agglutina-
mento fonico.
Si diceva in precedenza della necessità di distinguere i
mezzi tecnici dalla lor o utilizzazione e si po sto l'accento
sulla fondamentale at t i tudine del compositore sperimen-
tale a prendere coscienza preventiva del campo sonoro
di-
schiuso dall 'avvento dell 'elettroacustica proiettandovi la pro-
pria intenzioiialità torm ativa in un secondo teiilpo, rico-
gnizione materica avvenuta. In realtà, e lo vedremo meglio
pi6 avanti, l 'emancipazione del compositore da quegli schemi
mentali di articolazione strutturale che egli stesso appron-
tava o aveva approntato in sede vocale-strumentale non
avvenuta di punto in bianco. Metodi compositivi preesi-
stenti sono stati spesso una guida, hanno rappresentato una
traccia di organizzazione a cui i musicisti sperimentali si
sono aggrappati per cominciare una cauta presa di possesso
del vasto campo sonoro inizialmente solo intravisto. Ma si
voluto poco fa p recipitare le cose, nell' impazienza di deli-
neare lo scarto innovativo nei procedimenti di composizione,
estremizzando una linea di tendenza che invece si fatta
luce progressivamente, a continuo contatto con la vasta e
peculiare nuova fonicità.
I musicista si pone dunque oggi di fronte alle apparec-
chiature tecniche in maniera abbastanza salutarmente empi-
rica. Abbiamo visto come egli goda di una disponibilità
eno rme nel campo delle frequenze: non piu dodici suon i
selezionati nel corso dei secoli da quell ' immensa riserva
costituita dalla natura, bensi orizzonti sconfinati, combina-
zioni infinite, microintervalli a volontà, e anche timbri
potenziali, impasti sonori nuovi a portata di mano, sebbene
in questo settore I 'elettroacustica abbia mantenuto meno di
qu ant o sembrava promettere. C ome primo rilievo occorre
precisare che questa prassi sperimentale sul vivo di un vir-
tuale patrimonio acustico di cui non stata ancora fatt a
una mappa che non sia parzialissima, non ha precede nti
nella storia della musica. I codici linguistico-musicali sui
quali si fondavano le varie esperienze compositive prima
dell 'elettroacustica, erano frutto di una razionalizzazione, di
una sintesi semplificatoria, di una riduzione estrema delle
frequenze utili al far musica, che si estendeva poi agli altri
parametri. Ora, come ha sintetizzato con esemplare chia-
rezza didascalica Luigi Rogn oni, il musicista sembra tro-
varsi in condizioni simili a quelle del pitt ore ch e manipola
direttamente la materia-colore su una tavolozza e la fissa in
un'unica e definitiva rappresentazione espressiva sulla tela.
Cosi il musicista fissa su nastro magnetico il suo pensiero,
una volta per sempre ; questo vale oggi soprattutto
per
la
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costituzione del materiale timbrico e per le durate dei suoni,
mentre dinamiche, effetti spaziali e perfino le altaze pos-
sono essere modulate in esecuzione dal vivo.
L'atto del comporre riduce l'aspetto propriamente di
manipolazione nei confronti di un materiale già definito e
diviene anche la rivelazione dell'in sé della sostanza sonora.
Resta inteso che sproporzionato ritenere che la musica
sperimentale ricavata da generatori di suono elettronici pre-
tenda necessariamente di coprire l' intero arco problematico
della musica nuova, gettando un colpo di spugna su tutto
quanto stato realizzato nel campo della musica strum entale
e vocale piu avanzata.
I
principali compositori di musica
elettronico-concreta sono autori anche di musica prodotta
con mezzi piu tradizionali. Bisogna poi tener conto che
se, come si diceva sopra, in un primo mo men to stata
piuttosto frequ ente la tentazione di ritenere i mezzi sonori
elettronici in grado di creare timbri in numero pressoché
illimitato, fino a scoprire m ediante la sovrapposizione dei
suoni sinusoidali l 'universo musicale intero, fino a disegnare
una mappa totale delle possibilità coloristiche, oggi le cose
sono un po' diverse. Ricerche di acustica hanno confermato
che ad esempio i suoni sinusoidali, elementi-base della mu-
sica elettronica, non sono del tutto privi di timbro. Ne con-
segue che i suoni ottenuti sinteticamente con la sovrapposi-
zione di suoni puri rinviano sempre alla fonte, hanno un
inconfondibile colore
'
che ne svela l'origine tecnologica.
I migliori musicisti d'oggi impegnati nel settore della
musica sperimentale su nast ro sanno che l'incarnazione della
nuova musica con i materiali tecnologici non può compiersi
interamente, pena gravi auto-limitazioni e auto-amputazioni.
Questo fatto rappresenta una precisa coscienza della relati-
vità dei problemi inerenti al campo specifico, in ra pporto
alla piu vasta scena musicale. Gi à si parl ato di progressiva
integrazione; non si deve sottovalutare neppure l' influenza
che certi agglutinamenti timbrico-materici desunti piu o
meno dalle sug ge sti ~n i ella stratificazione elettronica hanno
avuto nel ripensamento dello stesso suono delle voci, degli
strum enti, nel modo di trattare l'orchestra e i cori. Ma di
questo si riparlerà
piu avanti.
Uno scarto innovativo notevole coinvolge anche il camp o
della notazione, che nelle composizioni elettroacustiche
pressoché assente, destituita di fondamento e di funzione.
L'unica realtà quella registrata sul nast ro magnetico, da ta
una volta per tutte. Se si eccettuano alcuni isolati tentativi
di fissazione grafica (Stockhausen: Studio II; Evangelisti:
Incontri di fasce sonore), si può dire che il musicista si li-
miti per lo piu ad appunti privati, del resto estremamente
generici, freghi alla rinfusa difficilmente leggibili da altri,
piani preparatori poi smentiti e riveduti, catalogazione della
materia fonica, montaggio, ecc. Qualcosa di simile alla de-
scrizione verbale di un pittore che, per ipotesi assurda,
volesse renderci edotti, attraverso una sommaria descrizione
fatta di parole e numeri, del lavoro che va svolgendo su
vari materiali stratificati. Resta inteso, com'è facilmente
intuibile, che il quadro sarebbe poi tutt'altra cosa rispetto
alla spiegazione dei processi operazionali.
Perché questo?
parte, ripetiamo, l'utilità assai relativa di una parti-
tura e le t t ronica , che ~otrebbeervire al massimo come ma-
teria di studio, bisogna considerare le oggettive difficoltà
(per non parlare di impossibilità, almeno allo stato attuale)
che si incontrano qualora si voglia riportare graficamente
con precisione una qu antit à di da ti che vanno a situarsi fuori
del sistema tradizionale. I numero delle frequenze acustiche
si moltiplica vertiginosamente, la sovrapposizione di suoni
in densi strati non consente di seguire e perciò indicare esat-
tamente le singole componenti interne.
Finché la composizione elettronica era ancora limitata
entro ambiti ben circoscritti, volutamente schematica, esi-
steva ancora la possibilità di scrivere una partitura di accet-
tabile approssimazione. Da un certo momento in avanti, la
complessità dei mezzi impiegati (suoni sintetici mescolati
con eventi
fonici precostituiti, registrati e integrati me-
diante distorsione o manipolazione) non ha permesso che si
sedimentasse una scrittura onnicomprensiva, ed stata per-
ciò una decisione saggia quella di rinviare sempre alla realtà
tangibile della fissazione su nastro.
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Cnpirolo secondo
Antecedenti storici:
la progressiva rivalsa de l ru mo re
I sistema musicale d'occidente, pur nell'avvicendarsi
deile varie esperienze compositive, ha utilizzato per secoli,
e anzi millenni, solo una parte minima del pressoché inesau-
ribile potenziale sonoro a disposizione dell'uomo. I tetra-
cordo e l 'armonia (scala d'ottava formata da -du e tetraco rdi)
dell'antico sistema musicale greco, i modi gregoriani della
liturgia medioevale, le tonalità maggiore e minore del siste-
ma musicale in auge dalla fine del Rinascimento fino alle
soglie del '900, l'atonalismo, la dodecafonia e perfino la
serialità integrale, rappresentano stadi di un processo evo-
lut ivo tut to sommato ret t i l ineo (benché certo al imentato e
reso storicamente significante da contrasti, interne contrad-
dizioni e magari ribaltamenti dialettici). Essi sfociano l'uno
nell 'altro disegnando sempre un cosmo linguistico di volta
in volta diverso, magari opposto nelle soluzioni, e tuttavia
incurvato su se stesso negli elementi fonici primari. DaIl'al-
ternanza in varie combinazioni degl'intervalli di tono e
semitono nelle scale diatoniche (modali o tonali che siano)
al cromatismo sistemizzato dopo la rottura degli argini tonali
nel metodo di comporre con i dodici suoni teorizzato da
Arnold SchGnberg e dalla sua scuola espressionista (Alban
Berg, Anton Webern), il campo delle altezze acustiche, in
natura senza meno sterminato, era ristretto enormemente,
affinché potesse costituirsi una ret- di relazioni precise e
istituzionalizzate per sedimentazione storica tra i vari ele-
menti della grammatica e sintassi musicale. Non a caso i
greci, pur conoscendo e ~r at ic an do l genere enarmonico
comprendente microintervalli, privilegiarono decisamente il
diutonico, di piii facile esecuzione vocale e quindi meglio
plasmabile. Ora noi sappiamo appunto che la teoria musi-
cale greca ha costituito la ~i at t af or m a eorica per l 'intera
e s~e r i enzamusicale d'occidente (attraverso la mediazione di
~e 'veri i ioBoezio). Nel sistema diatonico e in quello croma-
tico le sette e le dodici note avevano funzione analoga alle
lettere d ell'alfabeto: gli intervalli melodici. cioè le differenze
di altezza acustica tra suono e suono, creavano nella succes-
sione diacronica-orizzontale e successivamente sincronica-
verticale un preciso "racconto" che si estendeva nel tempo
secondo precisi legamenti logici, facilmente memorizzabili.
Vcro è che non in tutti i casi l'organicità del tessuto
sonoro selezionato è stata ottenuta per la stessa identica via
e per i medesimi sco pi: nel sistema tonale, che ha retto
grosso modo per tre secoli (da 160 0 al 19 00 ), la scelta degli
intervalli melodico-armonici è frutto di una funzionalizza-
zione preventiva dei vari gradi del a scala in rap po rto tra
loro, secondo un alto quoziente di convenzionalità accettata
per progressiva assimilazione culturale. (Per inciso, si ricor-
derà come la musica tonale, sui cardini della quale si basa
tuttora la grandissima parte della produzione di consumo,
rappresenti ancora ai giorni nostri per vasti strati di ascol-
tatori una sorta di "seconda natura. ) Nella concezione che
per comodità definiremo atonale, o piii specificatamente
dodecafonico e seriale. i dodici suoni della scala cromatica
hanno invece subito un processo di livellamento, parifica-
zione e dunque in defintiva di defunzionalizzazione rispetto
alla prassi contro la quale la nuova musica si rivolgeva:
essi rappresentano una consistenza piii nuda del materiale,
definiscono un campo d'azione straniato dalla globale istitu-
zionalizzazione del linguaggio musicale imperniato sulla to-
nalità. Questo campo sonoro, costituzionalmente portato
all 'esaurimento continuo del totale cromatico, rimane tut-
tavia all'interno del sistema temperato, offrendosi alla mani-
polazione in maniera piii libera, aperta, non convenzional-
mente vincolante: i dodici su oni, le dodici note, sono però
ancora sempre gli stessi.
abbastanza comprensibile che, muovendo da siffatta
base, la musica occidentale privilegiasse inoltre nettissima-
mente i suoni a frequenza definita rispetto a quelli ad altezza
indeterminata, relegati sbrigativamente e anche spregiativa-
mente tra i rumori; o meglio, utilizzasse questi ultimi con
funzione accessoria, marginale. Si pensi soprattutto agli idio-
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foni e ai membranofoni come supporti ritmico-percussivi.
Quel che importa osservare può riassumersi allora sche-
maticamente cosi: la grammatica musicale, fino alla metà
circa del nostro
secolo, ha preso in considerazione soltanto
dodici suoni riportabili su varie ottave, operando una vastis-
sima selezione su due fronti, uno per cosi dire interno all'im-
menso campo delle frequenze vibratorie possibili in un corpo
acustico determinato, l'altro esterno. Quest'ultimo riguarda
ovviamente il rumore o suono indeterminato, vale a dire
quell'evento acustico composito per la simultanea presenza
di piramidi di "armonici" differenziate, del quale si afferra
unicamente la caratterizzazione timbricq e che quindi veniva
assunto con ruolo piu o meno secondario, subalterno, preva-
lentemente ritmico. Perciò, se la musica della tradizione
occidentale ha privilegiato la trama melodica e la struttura
armonica (ossia il concatenamento di accordi costituiti da
suoni prodotti simultaneamente, verticalizzati secondo criteri
di affinità funzionale), il timbro puro è rimasto a lungo
relativamente in ombra. I1 disegno, insomma, ha sempre
prevalso sul colore, sul materiale "visivo" in quanto tale,
se si tien ferma l'assai efficace analogia con la pittura. Non
è forse vero che anche qui la soggezione dell'impasto colo-
ristico, rispetto agli spazi preventivamente sagomati dalla
matita,
è
stata per lungo tempo pressoché totale?
Senza addentrarci troppo in una storia dello sperimen-
talismo pre-novecentesco, che rischierebbe di rendere fram-
mentario e dispersivo (o al contrario ipertrofico) un discorso
che vuole essere il piu possibile piano e funzionale, sarà
bene tuttavia considerare come entro l'area stilistica di certo
romanticismo musicale si siano venute configurando solu-
zioni impreviste ed eterodosse rispetto alla prassi composi-
tiva del classicismo viennese, Beethoven escluso (e prima
ancora del barocco, Vivaldi escluso). Come non rivolgere
la mente a Berlioz, alla sua irreqpieta fantasia timbrica,
a quegli autentici strati di materia sonora dialetticamente
contrapposti di cui le note sembrano puri supporti, secondo
una prassi esattamente opposta rispetto a una tradizione
la quale, anche se concedeva qualche spazio a seduzioni tim-
briche, lo faceva però a patto di lasciar colorare strutture
perfettamente determinate e largamente definite dagli altri
parametri compositivi (melodia e armonia su base modale-
tonale, ritmo simmetrico e pulsante, distribuzione per vo-
lumi o spessori timbricamente uniformi o semplicemente
differenziati "a scacchiera
)?
L'affermazione progressiva del parametro timbrico, fino
alla concezione magmatica del suono che presiede alla na-
scita dei primi esperimenti elettronici e concreti, muove
dunque da componenti fattuali, operative e culturali diverse.
Da una parte si verifica il sopravvenire parziale del tim-
brismo all'interno di un'area grammaticale-linguistica ancora
tonale. Dall'altra, come si vedrà, lo sgretolarsi delle impal-
cature linguistiche tradizionali lungo l'arco novecentesco,
fino alla riduzione materica del suono in seguito ad affastel-
lamento fonico o scardinamento delle note musicali dalle
loro funzioni (gradi delle scala diatonica) e conversione
del e medesime a puri eventi acustici, ad altezze frequenziali
immemori costituzionalmente di qualsivoglia affinità elettiva
che possa congiungere l'una alle altre o preventivamente
disgiungerle. (Se l'espressiot~ismo viennese e le sue deriva-
zioni hanno voluto privilegiare certa intervallistica disso-
nante rispetto a quella consonante, ciò è avvenuto come
rivalsa e negazione nei confronti dello stadio linguistico
precedente: questo riguarda una fase precisa, torrida della
cultura musicale, e non caratteristiche intrinseche alla ma-
teria. Per cui è certamente piu esatto parlare di musica anti-
tonale che non di musica semplicemente a-tonale.)
Anticipando alcune conclusioni, s'è voluto dare un qua-
dro piu ampio e sictetico del processo di rivalutazione del
timbro e della materia acustica in sé e per sé considerata.
Ma
è
bene tornare subito a una piu precisa linea di indagine.
Se dunque un discorso storico esauriente in merito alla
rimozione del baratro che un tempo separava il suono dal
rumore non può andare troppo indietro nel tempo, il che
richiederebbe un impegno assolutamente sproporzionato al-
l'importanza del tema stesso ai fini che ci proponiamo, ci si
dovrà limitare a brevi cenni su esperienze posteriori a certo
uso rumoristico-percussivo in Haydn, Mozart e alla fin fine
anche Beethoven. Esempi altamente significativi ce li for-
nisce, come è detto in precedenza, Héctor Berlioz. Dopo
il compositore francese, che soprattutto nella Sinfonia fan-
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rusrlcu (182Y-30 [nostra chiarainente di pensare in piii punti
per agglomerati timbrici, per successioni di impasti diffe-
renziati anche nella varia dens ità delle figure ritmiche, prima
ancora che in termini melodici e armonici, le fondamentali
esperienze della scuola romantica tedesca e del poema sin-
fonico (Liszt . Waanerì imboccano una strada. o almeno la
suggeriscono, che conoscerà gli sviluppi piu rilevanti nella
fondamentale r icerca d i Debussy ( 186 2-19 18) . Qui , vera-
mente, il timbro assolve radicalmente a funzioni strutturali,
sostituendo in punti non estremi gli altri parametri, o subor-
dinando li decisam ente: giunge ndo cosi, per tale via, a quella
paralisi del tempo vitalistico e della dinamica armonica che
costi tuiscono fat tor i t ra i pii i inquietanti de l l 'e ~~ er ie nz a
compositiva debussyana.
Reinserito in un contesto ben maggiormente condizio-
nato dal pulsare r i tmico organizzato cineticamente, quindi
maggiormente ancorato al classico segno di battuta che scan-
disce il ritmo sia pure asimmetrico, anche lo Stravinskij delle
opere fauve ( e massimamente in PetruSka del
1911-12 e
nella Sagra della priinavera del 19 12 -13 ) dava am pio sfogo
a inediti impasti timbrici, ad asprezze rumoristich e, spin-
gendo gli strumenti dell 'orchestra verso i registri estremi,
ricavandone sonorità ora sgargianti, ora acide e violente.
Inoltre. e questo costituisce una testimonianza della deri-
vazione de bu ss ~a na i non poche soluzioni di Stravinskij ,
l ' infrazione continua rispetto ai ritmi abituali delle misure
regolari tra loro simmetriche, malgrado l 'accentuazione me-
trica ben viva sullo sfondo percettivo, ingenerava un senso
di cristallizzazione, di gelidificazione del tempo, riportando
a una coalizione d'ascolto decisamente me-tonale.
Sul piano dell 'emancipazione del parametro timbrico,
l 'ungherese Béla Bart6k (18 81-1 945 ) ha indicato soluzioni
dest inate a proliferare in sempre nuove diramazioni at tra-
verso il vivissimo senso di auscultazione di una materia
sonora colta allo stato quasi larvale. Perseguendo una zona
di ideale estrAneitàn (ancorché sempre dialettica) dai para-
met ri musicali della cultu ra borghese euro pea, quindi olt re
le opposte ma complementari vie dell 'espvessronismo ato-
nale-dodecafonico e del neo classicisn~o estaurativo, il musi-
cista magiaro ha sviluppa to da una parte suoi studi etno-
musicologici facendo leva su un linguaggio mutuat o d al ric-
chissimo folclore balcanico per elaborare un tessuto armo-
nico-melodico originale, svolgendo contemporaneamente (al-
meno nelle opere maggiori) una formidabile indagine di
carattere mat erico n capace di suggerire una sorta d i vergi-
nità espressiva, un'articolazione musicale che nasca dal su ono
stesso, un'invenzione di assoluta sorgività. Soprattutto trat-
tando gli strumenti ad arco, Bart6k inventa modi d'attacco,
sonorità davvero seducenti che nulla hanno dell 'epidermica
degustazione timbrica per 11 radicalismo con cui perseguito
un climax fatt o di brividi timbrici, d i strati sonori ora vitrei,
ora vorticosam ente a gitati : giissati, pizzicati, suon i armo-
nici, al ponticello, con sordina, considerazione delle pecu-
liarità timbriche connesse alle singole corde di ciascuno str u-
mento. I compositore ungherese manipola spesso la ma-
teria sonora come se non avesse storia ( e dun que no n ribalta
neppure polemicamente i termini di una storia passata), com-
piacendosi di associazioni audaci che nei luoghi piu signifi-
cativi della produzion e bartokiana ( e massimamente nei
Qua rtet t i ) hanno nettamen te la meglio sulle residue remore
tradizionaliste.
Semp re nell'Europa orientale si era segnalato in anni
lonta ni il, cecoslovacco Alois Hab a (1 89 3) , che atto rno al
19 20 aveva con dott o serie ricerche sulla possibilità di otte -
nere dai consueti strumenti musicali i microintervalli (quarti
e anche sesti di to no). Al coraggio dell 'esordiente aveva
però fatto seguito un ripiegamento verso soluzioni tutt 'altro
che rivoluzionarie che ben presto circoscrissero il peso effet-
tivo del musicista nell 'ambito dello sperimentalismo nove-
centesco.
I n completa indipend enza, estremam ente isolato sia sul
fronte interno che su quello esterno, l 'americano Charles
Ives (1874-1954) era giunto a concepire, f in dai pr imi anni
di questo secolo, il collage di suoni e rumori ritagliati o
almeno desunti dai piii vari contesti, come uno dei principi
costitutivi d i una rinnovata forma musicale: egli perseguiva
per das te l lamento (S infonia n . 4, 1910-16) o per spazializ-
zazione (Th e Unanswered Question, 19 11 ) la formazione
di una struttura polimaterica intrecciatissima, dove il de-
corso musicale non piii linguisticamente rettilineo e forma-
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lizzato lascia emergere il suono in tutta la sua concretezza,
lascia che i fenomen i sonori per cosi dire accadano prima
di significare; o, piu precisamente, il significato nasce dal
modo in cui i fenomeni spesso già carichi di semanticità
intrinseca sono concatenati (l'arte della citazione che in
quegli anni o poco prima già era stata di Mahler, seppure
in tutt'altra situazione culturale e con altro senso).
Una particolarissima esperienza, punto di riferimento
d'obbligo per qualsiasi discorso sulle origini della musica
concreta,
è
quella svolta dal pittore e musicista in seconda
Luigi Russolo, esponente del futurismo musicale italiano
unitamente al romagnolo Ralilla Pratella. Le riserve sul vel-
leitarismo barricadiero di questi personaggi, artisticamente
poco consistenti oltreché compromessi politicamente con il
fascismo, sono da considerarsi ovvie e indiscutibili. Tuttavia,
se di Russolo si
è
parlato, all' indomani delle prime speri-
mentazioni di musica concreta ed elettronica, come di un
precursore, sottolineando per lo piu ce rte messe in coin-
cidenza storiche (piu che rigorose filiazioni), ciò non av-
viene a caso. Luigi Russolo, sebbene meno ferrato di Balilla
Pratella nella tecnica musicale (non ostante gli studi di Con-
servatorio, rimase sempre in bilico tra la pratica della mu-
sica e quella, alla fine prevalente, della pittura), prosegui
piu radicalmente del correligionario romagnolo la via di
una musica ispirata alla tecnica, alla macchina, al rumore:
s'intende, con tutti i limiti alla fin fine politici connessi
tale poetica, la quale esige appunto, come ha rilevato Luigi
Pestalozza, una musica in grado di riprodurre nei materiali
l'estetizzante trionfo della tecnica sull'uomo socialmente
annie ntato dal suo meccanico progr edire, che viaggiasse di
conserva alla spregiudicatezza nefasta della borghesia indu-
striale del Nord Italia. Resta com unque il fat to che se Balilla
Pratella ripiegò ben presto sull'esperienza neoclassica incro-
ciando la via dei Rcspighi, dei Casella, dei Pizzetti per pro-
seguire poi oltre verso le secche del piu becero provinciali-
smo, Russolo, pur nei modestissimi limiti di compositore
improvvisato, rimase piu fedele all'iniziale spinta sperimen-
talistica. Al punto che Pierre Schaeffer, apostolo del concre-
tismo francese del secondo dopoguerra, lo chiama in causa
come antecedente diretto dei suoi montaggi rumoristici.
L ' l 1
marzo
9 3
Russolo, dopo l'ascolto della Musica futu-
rista di Prate lla, scriveva da Milano al collega: Ci avvici-
niamo sempre di piu al suono rumore. Noi futuristi abbiamo
tutti profondamente amato e gustato le armonie dei grandi
maestri. Beethoven e Wagner ci hanno squassato i nervi e
il cuore per molti anni. Ora ne siamo sazi e godiamo molto
piu nel combinare idealmente rumori di tram, di motori a
scoppio, di carrozze e folle vocianti ...
Ci divertiremo a or-
chestrare idealmente insieme il fragore delle saracinesche
dei negozi, le porte sbatacchianti, il brusio e lo scalpiccio
delle folle, i diversi frastuoni delle stazioni, delle ferrovie,
delle filande, delle tipografie, delle centrali elettriche, delle
ferrovie sotterranee. Non bisogna dimenticare i rumori
assolutamente nuovi della guerra moderna ...
I1
famoso intonarumori di Russolo, che fece scandalo e
destò polemiche a non finire, comprendeva fra l'altro ulu -
latori, rombatori, scoppiatori, ronzatori, gorgoglia-
tori, sibilatori. Famoso resta il concerto tenut o nell'apri-
le del '14 al teatro Dal Verme di Milano, dove ben dician-
nove intonarumori servirono per l'esecuzione di tre b rani:
Risveglio della città, Pranzo sulla terrazza dell albergo e
Incontro di aeroplani e automobili. Scriveva Russolo a pro-
posito del funzionamento dei suoi strum enti: Trov ato il
principio meccanico che dà un rumore, si potrà mutarne il
tono regolandosi sulle stesse leggi generali dell'acustica. Si
procederà per esempio con la diminuzione o l'aumento della
velocità, se lo strumento avrà un movimento rotatorio, e
con una varietà di grandezza o di tensione delle parti sonore,
se lo s trumento non avrà movimento rotatorio. I1 fatto che
l enarmonicità del suono scaturisse dalle rudimentali, pate-
tiche e se si vuole un po' comiche macchine del pittore-
musicista, aprendo la strada all'irruzione dei microintervalli
e al superamento del sistema temperato, permette di consi-
derare i tentativi di Russolo come punti di partenza da cui
si può muovere coerentemente verso una ricerca di labora-
torio seriamente impostata benché necessariamente empi-
rica, oppur e verso una negazione ironica che, puntan do sem -
plicemente sull'elemento polemico del rumore, tanto meglio
se onomatopeico, dello scandalo, arrivi appunto alla totale
negazione. all'astuzia nihilista di John Cage.
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Se Pierre Schaefier riconosce la paternità di Russolo in
alcuni tentativi fondamentali, sia pure minimizzandone la
portata pratica, anche altri ebbero a che fare con il sin-
golare pioniere milanese. Si sa per certo che Honegger
accolse i suoi suggerimenti e si dichiarò ottimista sugli svi-
luppi del
russolofono, e cosi pure Varèse, che nel 1 92 9 pre-
sectò al pubblico par igino un al tro strumento di Russolo,
il rumorarmonio. Del resto anche Milhaud e Stravinskij,
negli anni precedenti la prima guerra mondiale, ebbero
conoscere da vicino l infernali macchine futuriste.
Dei rudimental i tentat ivi condott i con quegli strumenti
non resta praticamente nulla: anzi, gli strumenti stessi sono
andati perduti . In effet t i , Russolo non si c imentò mai in
opere musicali organiche, per cui la sua importanza si riduce
unicamen te ail 'idea anticonformista, al coraggio e alla spre-
giudicatezza con cui condusse la guerra alla tradizione musi-
cale nel suo complesso.
Non vi dub bio che Edgar Varèse (188 5-19 65) , com-
positore americano di parziale formazione parigina, sia stato
il musicista che maggiormente ha raccolto l 'eredità futurista
di Russolo nel senso di un acuito gusto per la materia fonica,
per l 'elemento acustico preso in sé, per la ricerca di labora-
torio. Per lui gli oggetti e gli eventi sonori, nella concre-
tezza della costruzione musicale, sono privati di ogni signi-
ficato contenutistico o emblem atico: appu nto, si riducono a
eventi puri, senza che neppure venga concesso troppo spazio
a quella dialettica della citazione che Ives invece prati-
cava su larga scala. Varèse, sfuggendo in diversi suoi pezzi
dalla convenzione del temperamento equabile e r if iutando
l'organico della grande orchestra ottocentesca e anzi ogni
organico istituzionalizzato dalla pratica del concertismo, sco-
pre ed elabora il suon o il rum ore (categorie distin te che
qui non hanno piti nessuna ragion d'essere), svincolati da
ogni dialettica discorsiva di tipo tradizionale, da ogni
legalità o schema preesistente, cercando piu tto sto di rico-
struire , con l 'uso di mater ie sonore disparate e denaturate ,
il senso di una prorompente vitalità istintiva, di un primitivo
dialogo dell 'uomo con la natiira con le cose (quin di
m ch e con materiali musicali) che lo circondano: al di là
delle costrizioni del linguaggio musicale istituzionalizzato.
Una verginità nuova infuria dunque in composizioni ricche
di salute ed estro quali Ionzsation (per soli strumenti a
percussione) , Octandre, Integrales, dietro le quali pare di
scorgere la sanguigna f igura d i Wa lt W hitm an ( e ci si
vuole limitare qui al Varèse d'anteguerra, vale a dire al
musicista in veste di spericolato precursore).
Varèse
è
stato' for se l'unico musicista cap ace di acco-
gliere la spinta a un totale rinnovamento dei mezzi fonici
fuori dalle convenzioni linguistiche tradizionali senza cadere
nell'efficientismo apologetico, n el feticism o tecnologico.
L'empirismo (nel senso migliore del termine) della ricerca
1
varèsiana, se da una parte tende a liberare l 'atto musicale
;
da suggestioni metafisiche richiamando il lavoro a un cri-
terio di autonomia dell ' indagine materica, dall 'altro evita
anche il culto pe r la mo torietà vitalistica, indiv idua ndo per
tale via nel suono colto allo stato primigenio una disponi-
bilità che solo sperimentalmente può essere circoscritta e
piegata alle esigenze del compo rre. qu i che il moder-
nismo apologetico e ingenuamente retorizzato (oltreché arti-
sticamente inesistente) di un Russolo si tramuta nel rispec-
chiamento di una condizione di effet t ivo superamento dei
mezzi tradizionali di produzione sonora. Schivando general-
mente riferimenti acustici troppo compromessi naturalistica-
mente, Varèse indaga con spirito veramente pionieristico
sui nuovi materiali liberamente enucleati. La positività
dell 'operazione sottin tende c erto un o scarto dialettico nei
confronti dello storicismo, abito mentale dei piti avveduti
compositori europei del '900; ne consegue un parziale emar-
ginamento del mom ento negativon al l 'interno della pato-
logia linguistica, e questo può anche essere inteso come un
limite in epoca capitalistica. com unq ue cert o che la curio-
sità per la materia, il fascino del suon o vergine, l 'evocazione
di immagini sonore sconosciute scatur ite dal conta t to con
materiali disparati e soprattutto dagli strumenti a percus-
sione, la disponibilità ad allargare pressoché illimitatamente
il raggio delle virtualità foniche sono fattori ch e, se coinci-
dono con la scoperta della realtà naturale identificata nella
sostanza fisica del dat o acustico, forse solo in Varèse si s ono
sganciati senza equivoci possibili dal mito efficientistico,
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reazionario nella misura in cui la retorizzazione della tecno-
logia quale espressione attivistica della moderna metropoli
dilegua sotto l 'incalzare di ben piu r;gorose istanze di rinno-
vamen to (fin da Ionisat ion, che i l pezzo piu futuris ta in
senso russoliano che mai l 'americano abbia composto).
All 'emancipazione del linguaggio musicale dal plurise-
colare s is tema l inguist ico d 'occidente contribuiscono fonda-
mentalmente due diret t rici di r icerca t ra loro complemen-
tari: la prima, che si può definire del timbrism o o del mate-
rismo tendenziale, s tata descri t ta brevem ente at t raverso
un rapido cenno al lavoro di musicist i pur t ra loro dissimil i
come Debussy, Bartok, Haba, Ives, Varèse, i l caot ico rumo-
rista Russolo, fin dall 'inizio votati
d
aprirsi verso orizzonti
estranei alla prospettiva eurocentrica; la seconda, certo non
subordinata in ordine di importanza ma anzi per tal i ini
aspetti decisiva, costituita dall 'espressionismo dodec afo-
nico e dai suoi derivati piii o men o stretti: serialismo, stru t-
turalismo post-weberniano, dissociazione puntillistica e rico-
st i tuzione di un tessuto di maggiore spessore at t raverso la
tecnica dei gruppi di s tockhauseniana invenzione. Questa
seconda via, che ha cost i tui to ovviamente i l t ronco magno
dell 'esperienza avanguardistica per i musicisti europei del
dopoguerra, tende a far esplodere dal l ' interno del s is tema
tradizionale le contraddizioni, attraverso una serie di cor-
tocircui t i che t rasformano profondamente la prassi com-
positiva. L'esito sempr e la riduzione materica del suon o,
ma qui ciò si viene a determinare in seguito a razionale
ribaltamento delle precedenti convenzioni linguistiche
(I'adorniana dialettica negativa in musica), laddove per un
Varèse era la risultante di una ipotesi di verginità che
tut to può inglobare, anche gl i elementi piu consunti ,
r iprospet tando ogni oggetto musicale in forma destori-
cizzata.
Per comprendere la saldatura avvenuta t ra l 'avanguar-
dia europea che nel dopoguerra ha preso le mosse dalla
dodecafonia e dal serialismo, e le ricerche sperimentali di
elettroacustica, va precisato il ruolo fondamentale assunto
dalla tecnica dissociativa del puntillismo nella riuova mu-
sica in seguito all 'applicazione del co ncetto di serie. a
tut t i i parametri .
Qui s i deve aprire una vasta parentesi e part i re di
lontano, dall 'espressionismo prima atonale e poi dode-
cafonico.
I1 superamento della tonalità, realizzato nei primi
decenni del 900 dai tre esponenti della scuola viennese
(Arnold Schonberg, Alban Berg, Anton Webern), da cui
scaturita poi l 'organizzazione dodecafonica dello spazio
sonoro ( i dodici suoni della scala cromatica in relazione
tra loro senza centri d'attrazione, senza una gerarchia che
stabilisca a priori l 'importanza di una nota musicale rispetto
alle altre, senza leggi che impongano certe sovrapposizioni
in accordi verticali dotati di funzioni precise), significò il
superamento dell 'armonia prestabilita, dei conseguenti mo-
duli percettivi di larga prevedibilità, dell 'ordine linguistico
dato , insomma. L'espressionismo non certo da intendersi
però, neppure in campo musicale, semplicisticamente come
culto deii 'espressione individuale, rifiuto degli schemi for-
mali preesistenti in qu an to tali: pu r avendo discendenza
romantica, questo movimento scartava infatti soluzioni
consolatorie innalzando la solitudine del musicista alla
coscienza dell'operazione eversiva e dialettica insieme,
configurandosi storicamente non come espressività positiva,
bensi espressione dell 'angoscia, di piu o meno consapevole
rifiuto dei meccanismi sociali borghesi, vale a dire sul
terreno specifico, di quel codice linguistico-musicale su
cui fa leva i l consumo per imporre i suoi prodott i e le
sue immagini mistificatorie, volte solo ad accecare la
coscienza critica dell 'ascoltatore dandogli del mondo la
migliore immagine possibile, fondamentalmente consola-
toria. Perciò i modi dell 'espressionismo e della dodeca-
fonia privilegiano la dissonanza rispetto alla consonanza,
come rivalsa storico-linguistica prima ancora che psicolo-
gica, interpretabile come negativa della tradizione. Preval-
gono, sia in senso melodico che armonico, intervalli ecce-
denti o diminuiti, e poi quelli dissonanti per eccellenza
come la seconda minore e, assai pi6 usata, la settima mag-
giore che paralizza ogni dialettica interna al campo armo-
nic:) sovr app one ndo quei poli opp osti del sistema tonale
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aperta che Pousseur ha relizzato nel 1956 anche in un
pezzo elettronico, Scambi
I1 richiamo a Webern dei suddetti musicisti non
è
certo casuale, in quanto proprio il compositore austriaco
aveva portato il suono singolo alla massima concentra-
zione, affievolendo l'aspetto schonberghiano e berghiano
di gherm ente e angosciosa gestualità ( o macerazione espres-
sionistica), in favore di un processo di decentramento
dei nuclei, di scheggiatura del tessuto musicale in punti
timbricamente variati e isolati da una sempre piu acuta
percezione del silenzio come valore musicale. Qua lora
risultasse strano il dedurre gli sviluppi successivi dell'in-
formale materico dal sidereo mondo sonoro weberniano,
si pensi per analogia a come il geometrico assoluto di
Mondrian abbia contribuito, certo assieme e complemen-
tariamente ad altre esperienze, a svellere in anni già molto
lontani le ultime tentazioni fieurative in camDo ~ittorico
e a favorire sviluppi di segno opposto, aperte magari ai
recuperi piu inattesi e disinibiti.
Va detto poi che la contraddizione tra progresso e
conservazione, tra ipercostruttività e negazione, risale in
musica a Mahler e poi per filiazione percorre radicalmente
la strada di Schonberg, Berg, Webern; essa riappare, sotto
varia forma, in tutti i maggiori musicisti della crisi bor-
ghese, fino all'avanguardia del secondo dopoguerra (in
seno alla quale, come sempre, Luigi Nono esige un discorso
tutto per sé). Cosi lo scientismo del primo Boulez e del
primo Stockhausen (ma
altresi di Pousseur) offre spazio
alle colossali lusinghe della salvazione esorcistica e co-
struttivistica proprio mentre, oggettivamente, inferisce un
colpo decisivo al linguaggio della tradizione musicale d'Oc-
cidente disarticolandolo mediante l'assolutizzazione razio-
nale e a tutti i livelli del principio asimmetrico e all'al-
meno tendenziale estensione del concetto di serie a tutti
gli aspetti del fenomeno sonoro.
La volontà di suscitare e utilizzare 'le forze occulte
del numero, del calcolo probabilistico, del serialismo inte-
grale insomma, per farne espediente di assoluta predeter-
minazione formale, mentre da un lato si alimentava alle
ormai lontane sorgenti ciell'espressionisrno razionalizzato
nella serializzazione dodecafonica, dali'altro coagulava ogni
aspetto sonoro intorno
a
un sistema logico-parametrico
accentrato su se stesso, come Boulez fini con l'ammettere
piu tardi. Esso finiva per perdere quella carica angosciosa
che aveva costituito la ragione prima del sorgere dei mec-
canismi statistici antiripetitivi, improntati a una vertigi-
nosa assenza di punti di riferimento stabili. Perciò T W .
Adorno. teorico ed eseaeta dell 'es~r essionis mo viennese,
ha preso una posizione critica nei confronti di una fase
della nuova musica letta in chiave di paradossale estetismo
tecnologico, pur comprende ndola e giustificandola sul. piano
storico: L'angoscia si rovescia in freddo orror e, al di là
delle possibilità del sentimento, dell'identificazione e della
viva inclinazione Oue ll'orrore reagisce esattam ente alla
condizione sociale: i migliori tra i giovani compositori
sono consci di tale sinistra implicazione. Secondo Ado rno
questi caratteri formano un complesso di circostanze che
conferisce alla razionalità il suo aspetto irrazionale, ciò
che è disastrosamente cieco. I sineoli elementi interni
alla struttura (figure ritmiche, brandiili di incisi melodici,
punti-timbro) non si possono piu isolare nel momento
dell'ascolto, che può solo permettere I'acquisizione di strati
ormai definibili come materia fonica di varia lega timbrica
e di vario spessore. La nullificazione dell'intervallo melo-
dico fa quindi scadere la nota (che è tale solo quando
viene inglobata in una costituzione di modi e scale all'in-
terno delle auali assume un ruolo s~ecifico.cosi come la
lettera dell'afiabeto l'assume nel linguaggio verbale) a suono
puro. Quando Stockhausen compose i famosi Gr u p p en ( '57) ,
consegnò definitivamente alla coscienza d'ascolto la dimen-
sione del magma di avvenimenti sonori simultanei, dal-
l'impatto totalizzante, della colata lavica di suon i al
limite dell'indifferenziato. L'attenzione dell'ascoltatore con-
verge qui unicamente sul risultato fonico globale di cui
i singoli .elementi costitutivi sono scomponibili in sede di
analisi della partitura, ma non a livello immediatamente
auditivo. Perfino l'introduzione della poetica del caso o
della prassi aleatoria, avvenuta massicciamente negli anni
'60, non è che l'esasperazione distruttiva-nihilista di un
germe che pure lo strutturalismo post-weberniano portava
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coli sd, uiia volta condotto alle conseguenze stesse
del-
l'indistinto materico.
Ecco a questo punto profilarsi sull'orizzonte composi-
tivo degli anni 50 l'ipotesi di uno sbocco con gli strumenti
elettroacustici, sui quali fare leva a1 fine di provocare una
sorta di choc liberatore nei confronti degli istituti linguistici
della tradizione anche novecentesca (vedi l'uscita dal siste-
ma temperato), per tentare infine la costruzione x
novo
di
un intero universo musicale.
Appare evidente, in conclusione, al centro di quali
stimoli e dentro quale contesto tecnico-culturale si possa
collocare la maturazione degli esperimenti elettronico-con-
creti. Vi sono, certo, componenti diverse, messe in luce
preceden temente : lenta e progressiva liberazione del para-
metro timbrico dalle posizioni subalterne in cui da sempre
era stato relegato (attraverso Berlioz. Liszt, Wa gner, Debus-
sy, su su fino a Bart6k e Varèse), conseguente superamento
della dicotom ia suono-rum ore, ecc. Ma necessario ribadire
che alla fine, oltre allo sviluppo anche della tecnologia gene-
rale (registrazione su na stro ), il prog redire dell'elettroacustica
per fini compositivi sia maturato principalmente attraverso
l'eliminazione (parziale o totale: tendenziale sem pre) della
dialettica delle altezze e del motorism o ritmico nell'am-
bito della musica prodotta con strumenti tradizionali, pro-
vocando per estensione del fenomeno dissociativo anti-pola-
rizzante (già presente nell'espressionismo dodecafonico sia
pure limitato alla componente melodica) una sorta di defla-
grazione. Le not musicali, nella scrittura pulviscolare o
a grupp i, fondono, si tramutano in particelle di materia
e precipitano quasi per forza d'inerzia verso orizzonti ine-
splorati, disponibili a ogni soluzione, riplasmabili nei piu
diversi modi. Si ha in definitva uno scardinamento del
significato convenzionale-espressivo inerente ai singoli inter-
valli mel*ci, ai singoli ritm i, me ntr e il peso e l'intere sse
viene a riversarsi sul fenomeno acustico oggettualizzato,
con prevalenza schiacciante dello spessore rispetto a ogni
altra istanza. Appunto in questo quadro di ambiguità sto-
rica, in questo clima di trapasso, la genesi del fenomeno
musicale concreto ed elettro nico viene a costituirsi come
polo della positività, del rispecchiamento di una volontà
di ririnovameiito che muova dal terreno della dissoluzione
del pensiero musicale inerente alla tradizione occidentale
e
dei significati ad essa immanenti), per proporre una
diversa connessione tra i dati materici e l'articolazione strut-
turale. A Parigi, Colonia, Milano, sorgono i piu importanti
centri di musica concreta ed elettronica, allestiti dagli enti
radiofonici; in breve volgere di anni altri studi elettro-
acustici si aggiungono: Varsavia, Columbia-University,
Eindhoven, Baden-Baden, Darmstadt, Tokio, Bruxelles. Di
questo appunto, delle cronache di un'alacre ricerca, si par-
lerà nel capitolo che segue.
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C~2pitofo erzo
Cronache di una ricerca: ddie origini ai 1960
1
Musica concreta a Parigi
Nella Parigi dell ' immediato dopoguerra Pierre Schaeffer,
singolare figura di ingegnere-musicista (tale da ricordare
non poco quella piU patetica del futurista italiano Luigi
Russolo, alla cui esperienza del resto il francese amava
richiamarsi), si pose l ' interrogativo di come addivenire a
una musica sperimentale che tenesse conto del rtrvore del
suono non istituzionalizzato a livello artistico e invece (ieri-
vato dal mondo della tecnica e dalla vita di strada del-
l 'odierna metropoli. I1 nos tro grande scopo, diceva Schaef-
fer, è quello di far saltare le scogliere di marmo dell 'or-
chestrazions occidentale, di presentare nuove possibilità di
composiziotie, un nuovo modo di scrivere e di parlare
(sebbene non sappiamo n6 come viene scritta questa scrit-
tura, né come viene parlata questa lingua).
T
processo
auspicato si rese possibile compiutamente solo nel
1950
allorché il grammofono fu sostituito dal nastro magnetico,
con tutto quello che ne derivava (li potenzialità eiaborativa
e di manipolazione. Nacque cosi a Parigi, anche con la col-
laborazione del musicista Pierre Henry, la musique con-
cr2te: noi abbiam o chiam ato la n ostra musica 'concreta,'
t serripre Schaeffer che parla, poi ché essa è costi tuita da
elementi pressistenti, presi in prestito da un qualsiasi mate-
riale sonoro, sia rumore o niusica tradizionale. Questi ele-
menti sono poi composti in modo sperimen tale media nte
una costruzione diretta che tende a realizzare una volontà
di composizione senza l 'aiuto, divenuto impossibile, di una
notazione musicale tradizionale.
Du nq ue, a Parigi, nessuna sottile dialettica tra con-
cretezza e astrazione : per Schaeffer, Hen ry e i loro
collaboratori (tra i quali spicca la figura del fisico André
Moles ) concreto ciò che si costituisce a ogg etto musicale
(sonoro) tangibile per i l solo fatto di esistere già. Di qui
due conseguenze, che possono rivelarsi anche contrastanti:
uno, la preminenza della materia fonica bruta sulla dialet-
tica delle altezze dete rmin ate (cioè fatta con le note ),
come potenziale liberazione; due, l ' inclinazione pericolosa
verso un assai difficilmente scansabile naturalismo piatto e
grossier
almeno f ino a quando non si perfezionano cer t i
mezzi d i trasformazione dei d ati acustici di Dartenza. L'eaua-
zione
oggetto sonoro esistente autenticità
è
infatti equi-
voca proprio perché su questa strada si può arr ivare presto
a una sorta di misticismo materialista ingenuo e mistifica-
to rio : a ppun to a que s to c ondur ra nno c e rt i ~ m o r i s m i c an-
dalistici di John Cage. Né d'altra parte si possono evitare
facilmente effetti di un surrealismo corrivo e probabilmente
involontar io, automatico.
I primi esperimenti di Schaeffer, ancora con i dischi,
non
a
caso prendevano spun to da rumori ben precisi : dallo
Studio sulla trottola a quello sulle ferrovie o sulle pentole.
Utilizzando tre giradischi si Dotevano realizzare variazioni
elementari del materiale acustico: imitazione canonica, mol-
tiplicazione sonora, sfasamenti diacronici ottenuti mediante
cambiamenti alterni di velocità. Inolne l 'esecuzione. retro-
grada consentiva di invertire i rapporti dinamici: crescendi
che si ribaltavano in dissolvenze e viceversa. Altri brani
seguirono sulla stessa linea: Studio violetto e Studio nero
dove la fonte è costi tuita da un pianoforte preparato (cioè
modificato con l ' immissione di oggetti sulla cordiera al fine
di ottenere suoni anormali , o .meglio ancora ano n~a li ) ,
Studio per pianoforte.
I primi saggi di musica concreta si nutrono di passione
sperimentale contraddittoriamente mescolata a sfrontatezza
compiaciuta e a palese ingenuità. Non mette conto allora
discutere della quali tà estetica, sempre e totalmente ine-
sistente. Le goffe ricerche rumoristic he alla Russ olo n della
prima ora avevano il compito principale di
agitare dei
problemi, di vincere delle inibizioni, di far cadere certi
diaframmi tra suono ist i tuzionalizzato in un pensiero strut-
turale da to in partenza e suo no colto allo- sta to grezzo.
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Schaeffer ed Henry, proseguendo alla Iiice delle nuove
por
sibilità tecniche tentativi di Russolo , tendev ano a trarr e
suggerimento anche dal le audaci e ben al t rimenti val ide
realizzazioni artistiche di Varèse. Tu tti i pezzi con cre ti
erano però gravidi di eccessivo spessore naturalistico non
dialet t izzato, come quel lo famoso originato dai rumori di
una locomotiva, dove, come stato det to , nessuna dena-
turazione cancella un dato di iiigombraiite semanticità
preventiva.
La Symphonie pour un homme seul , composta da Schaef-
fer ed Henry nel 1949 naturalmente non aveva nulla di
sinfonico nell'accezione trad iziocale. Vi si mescolano,
combinano e deformano variamentr elementi sonori presi
dal la vi ta del l 'uomo (respiri , grida, framme nti di canto,
fischi, mugolii, melodie fischiate, passi, porte che sbattono)
unitamente a suoni s trumental i (percussione, pianoforte,
s trume nti d 'orchestra vari) . Le nove sezioni del la Symphonie
portano titoli indicativi di una ricerca esplicita di sugge-
st ioni frammista a post icce vel lei tà fo ~m al i : Prosopopea,
Part i ta, Valzer, Scherzo, Collect iv, Erot ica, Cadenza, Apo-
strofe, Stret to.
Da Russolo, Schaeffer ed Hen ry ricavavano alcune noz ioni
di ord ine generale, come l ' inaspet tato recupero del brui t ismo
insieme al gusto sperimentale. Diversamente da Cage, alfiere
della dissoluzione di ogni pensiero strutturale nella musica,
il ricorso a suoni e rumori ricavati dalla vita quotidiana e
sui quali, per cosi dire, l 'uomo inciampa, non costituisce
pretesto per un qualche misticismo zen mad e in USA , né
di ironie dis truttiv e sofisticate e svalorizzanti: Schaeffer e
Henry part ivano da un dato sonoro real is t ico e tentavano
di sfrut tarlo per al imentare una strut tura musicale posi t iva.
Allorché però si t rovavano a fare i conti con apparecchiature
tecniche ancora primitive, dovevano per forza ripiegare verso
una frenesia rumorist ica poco concludente, fruibi le non da
ult imo sot to specie di divert issement puramente provocato-
rio. Se si sommano anche le tentazioni del vitalismo russo-
l iano, qual i i l mito eacient is ta del la tecnologia, del macchi-
nismo, l 'amore sociologicamente acri t ico pe r l 'ambientazione
sonora modernist ica, bisogna convenire che l 'operazione
compositiva di Schaeffer si sviluppa ta in varie direzioni
secondo
u n
procedere indiscriminato, per taluni aspetti sti-
molante, per al t ri tendente a ingenerare confusione.
Nel 1951 la Radio francese, a seguito di quel fat to rile-
vante costituito dall 'acquisizione tecnica del nastro magne-
tico avvenuta poco prima (con tutto ciò che comportava nel
senso di un decisivo ampliamento dei mezzi e delle modalità
di ricerca), decideva di costituire uno studio di musica spe-
rimentale. Il Groupe de recherches de mus ique concrète
scatenava una carica di febbrile ansia sperimentalistica. Si
stabi l ivano immediat i contat t i con Darmstadt e con la cer-
chia dei musicisti significativi che gravitavano attorno ai
corsi estivi della cittadina tedesca: Pietre Boulez e Karlheinz
Stockhausen in prima fila; il primo volgerà subito lo sguardo
altrove, Boulez conserverà con lo studio parigino rapporti
molto sporadici. È naturale che soprattutto i musicisti tede-
schi, i quali avevano acquisito una ben diversa mentalità
musicale di tipo analitico-speculativo, si avvicinassero allo
Studio parigino piu che altro per curiosità, senza condivi-
derne m inimamente la l inea operat iva.
Al vecchio giradischi, che era servito per le prime pate-
t iche sperimentazioni , fa seguito un magnetofono a t re piste.
Si affaccia la possibilità di registrare simultaneamente vari
passaggi musicali attraverso un'incisione multipla. Schaeffer
inventa i l fonogeno e i l morfofono. Con i l primo strumento
vengono riprodotti mediante velocità differenziate del nastro
dodici suoni della scala temperata. con possibilità di tra-
sposizione d 'ot tav a:
Z
chiaro che, riprospet tando la materia
sonora t radizionale nata dal temperamento equabile secondo
moduli tecnologicamente avanzati, esso non offre sbocchi
nella direzione di un reale svincolo da connotazioni scontate
e mira piut tosto a un potenziamento puramente t imbrico-
coloristico, sia pure introducendo sistema ticame nte il glis-
sando. I1 morfofono si rivelava piu interessante per il
meccanismo complesso cost i tui to da teste di riproduzione e
filtri. Le possibilità di modificazione del suono si moltipli-
cano e non a caso Schaeffer ci parla di una coerenza elabo-
rativa fondata sui procedimenti analitici e selettivi delle
macchine cibernetiche da cui ricavare meccanismi combi-
natori quantificabi l i , capaci di suggerire una strut tura in
virtu di aggregazioni che possono essere estranee a1 tradi-
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zionale campo della musica: per esempio, suggerisce il sin-
golare ingegnere-musicista, mediante traduzione in suoni di
una composizione pittorica. Pur lasciandosi parzialinente
impigliare nella rete di un misticismo tecnologico un po'
caotico e alla lunga abbastanza stucchevole, il pioniere fran-
cese ancora una volta schiva il gioco al ribasso dell'incomu-
nicabilità allusiva magari rovesciata in allegrezza ludica, in
abbandono alle associazioni automatiche del eesto che se-
cerne il suono (ancora Cage, con il suo problematico com-
portamentismo di attore musicale irripetibile), e accetta la
casualità dello stimolo atto a dare avvio a una programma-
zione solo a patto di considerarla come una preventiva ipo-
tesi di lavoro strutturale cui dovrà far seguito un serio
lavoro sui materiali. Va da sé, poi, che sul piano degli effet-
tivi risultati artistici raggiunti, Schaeffer, come anche il piu
musicista Henry, non mantiene nella maniera piu assoluta
le promesse che qualche intuizione teorica lascerebbe spe-
rare.
L Orphée, opera concreta composta da Henry e Schaeffer,
aveva se non altro il merito di proporre l'animazione di
immagini diverse, un collage in continuo movimento, un
misto di vocalità perfino ambiguamente neoclassica (secondo
quanto vuole l'ennesima incarnazione aulica del mito di
Orfeo) e di irriverenza verso il costituito, di rurnorismo
forsennato e di impressionistica delibazione sonora. Cosi
due soprani accompagnati dal clavicembalo possono alter-
narsi, in una sfida stilistica improbabile soprattutto per la
palese modestia com~ositiva deeli autori. con le scariche
pi6 indiscriminate. Proprio per questo gusto aggressivo denso
di effetti materici però, per questa disponibilità assoluta ad
avvicinare materiali disparati, per il sincretismo stilistico cui
mirano i nuovi mezzi di trasformazione ed elaborazione del
suono. non si UÒ chiudere sem~licist icamente a auestione
della musica concreta nata nei primi anni di attività dello
Studio parigino con un giudizio negativo di ordine unica-
mente estetico. Se riconsideriamo oggi, ad esempio, le intui-
zioni di quei lontani giorni, ci accorgiamo di dove esse
abbiano contribuito a condurci. Se si pensa a certo polimate-
rismo nelle opere concreto-elettroniche recenti,
è
giocoforza
rilevare allora come il lavoro di Schaeffer ed Henry abbia
trasceso di gran lunga, sul piano storico, i raggiungimenti
effettivamente acquisiti in proprio.
Nel 1954, di passaggio a Parigi, Edgar Varèse terminava
Désert. 11 compositore americano, che per il lavoro di pre-
parazione si era giovato delle modeste apparecchiature della
Columbia-University di New York per registrare rumori
d'officina e altro, trovava modo nella capitale francese di
portare a compimento la parte su nastro e di far ascoltare
l'intero suo lavoro ai Champs-Elisées sotto la direzione di
Herman Scherchen. Si tratta di un'o~eramolto singolare.
composta per un'orchestra basata sui fiati e sulla percussione
(due flauti, due clarinetti, due corni, tre trombe, tre trom-
boni, due tube, pianoforte, cinque gruppi di percussione) e
comprendente tre brani elettronico-concreti. Il criterio a
cui sono sottoposte materie d'ordine diverso è quello del-
l'alternanza, non ancora della sovrapposizione e dell'intrec-
cio. Aspre associazioni timbriche e improvvise stupefazioni
proposte dall'orchestra vengono riprese ed emancipate ru-
moristicamente nelle sezioni su nastro. Varèse certamente
esplora nuovi territori generati elettroacusticamente muo-
vendo da una concezione materica che già in ~recedenza
aveva trovato applicazione in opere importanti, come il
famoso l o n i s ~ t i o n per tredici percussionisti (1924) . In
Désert, l'alternarsi di sezioni orchestrali ad altre registrate
su nastro determina una tensione priva di fratture. Le parti
elettronico-concrete amplificano, in senso assai piu quan-
titativo che qualitativo, una tendenza a misurarsi diretta-
mente, frontalmente con la materia sonora, che era del
Varèse di sempre.
L'eclettismo rumoristico della scuola concreta francese, la
disinvoltura, l'ingenuo e un
po'
esterno modernismo che la
animano sono alla base di molti equivoci. Ben presto, musi-
cisti di livello assai inferiore a Varèse pensarono di foggiarsi
una nuova veste aggiornata con brevi puntate nello Studio
parigino, sempre disposto ad accettare chicchessia. Lascia-
mo stare Darius Milhaud (1892-1974). musicista nei suoi
limiti prospettici (in senso storico-stilistico) geniale addirit-
tura e anche l'israeliano di origine polacca Roman Hauben-
stock-Ramati (1919) , della corrente post-weberniana: ma
davvero non si $ustificherebbe in un contesto piu rigoroso
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la presenza di un autore votato alla superficialità elegante
ed edonistica quale H enr i Sauguet (1 90 1) , abile mailipola-
tore di pasta armonica tradizionale ma totalme nte estraneo
a un processo di serio rinnovamento. Sauguet affrontò i
materiali concreti con la giuliva innocenza del bambino alla
scoperta di nuovi balocchi. Basta pensare che, oltre a varie
musiche di scena, Sauguet compose nel 1957 un pezzo il
cui titolo,
Tre quadri sentimentali . è
già tutto un pro-
gramma.
Anche Boulez fu ospite dello Studio, ma francamente
i suoi apporti alla musica concreta non costituiscono che
un'esperienza marginale per questo autentico maestro della
nuova musica, destinato invece a lasciare opere vocali-stru-
mentali di livello altissimo. La stessa presenza di Messiaen,
santone della musica d'avanguardia francese e interessato
golosamente a qualsivoglia stimolo immaginativo, non è
stata determinante nello Studio parigino (composizione di
Tirnbres-durées in collaborazione con Henry, 1958).
Nel 19 58 , Schaeffer, Luc Ferrari, Franqois Mach e e
Mireille Chamass s' impegnano in un lavoro che impone
la sterzata verso un maggior rigore, una seria catalogazione,
descrizione, analisi dei suoni, della loro tipologia, della mor-
fologia: l'elenco attiv o di po ssibilità si concretizza in una
serie di brevi pezzi che per lo piu portano il titolo Studio.
In questo periodo Schaeffer realizza appunto, oltre a
Con-
tinuo, Étude aux sons anirnés, Étude aux allures, Étude
aux objets. La tensione verso un pensiero organico in seno
alla musica concreta, che superi l'accozzaglia di materiali
sd-lori messi insieme in aualche modo con l'alibi di una
misteriosa oggettività degli eventi, sul piano metodologico
permette di rispondere con piu appropriati strumenti di
verifica e di elaborazione alla realtà dell'enunciato sonoro.
Per questa via si comprende come possano coesistere ora
anche nella musica tecnologica francese modi propri del
concretismo e altri di ascendenza elettronica pura, fuori del
vecchio schema divisorio. I primo tentativo di sintesi
è
dovuto a Phillipot con
Arnbiance
1959) .
Dello stesso anno, 1959,
è Visage V
di Luc Ferrari,
scenario poeticon in tre parti. In questo bran o varie figu-
razioni, oggetti ritmici ( cre atu re ) si presentano alternate
a un personagg io o suono principale, consistente in uno
strato denso e prolungato. Di struttura, come si è de t to ,
tripartita, cmosce nella seconda sezione un'agitazione, una
dinamizzazione degli elementi strutturali e infine sfocia in
una sorta &i ripresa dove p erò il suon o principale
è
sotto-
posto a metamorfosi. 'Tutti i dati strutturali si trovano
sovrapposti nella coda. Qui, come in altri pezzi concreti,
Luc Ferrari si dimostra debitore del suo maestro Messiaen
nel gusto incantatori0 per un materiale delibato o preso di
petto senz;, preoccupazioni rigoristiche e invece votato a
una sorta di rapito, tumu ltuoso racconto sonoro.' '
Molto piu sensibile a una serialità combinatoria come
preventiva cernita del materiale sonoro
è
il greco Yannis
Xenakis (1922), naturalizzato francese. Architetto, oltreché
musicista, e collaboratore di Le Corbusier, Xenakis ha fon-
da to i suoi procedimenti sulla tecnica stocastica da lui ela-
borata, e mira a predisporre la nuova materia tendenzial-
mente indeterminata m ediante il calcolo delle probabilità.
La matematica entra nel processo di formalizzazione totale
della musica con la teoria degli insiemi, con l'algebra di
Boole e cosi via. I principi compositivi del musicista greco,
applicati sia nel campo strum entale che in qu ello elettronico,
si sono giovati dei campo di possibilità offerto da un calco-
latore I.B.M. Come ha tenuto a precisare Messiaen, che di
Xenakis è stato maestro, i calcoli matematici non pesano
all 'audizione, non determin ano l ' impressione di fred do cal-
colo, in quanto si limitano a una preventiva organizzazione
logica del materiale, mediano per cosi dire la materia rispetto
all'artefice. All'indagine p reliminare, probabilistica, fa segu ito
in Xenakis un trattam ento del suo no certamente piu libero,
meno intransigente e piu irnrnanente all opera di quanto non
avvenisse qualche anno prima con la predeterminazione
assoluta dei parametri nelle opere dello strutturalismo post-
weberniano, in Boulez ad esempio. Tanto
è
vero che qualche
anno dopo i1 comp ositore greco farà emergere con semplicità
e chiarezza un sentimento espressionistico fin troppo espli-
citato e da sem pre latente. Tra il 1 95 9 e il 196 0 Yannis
Xenakis elabora alcuni brani elettronico-concreti quali Dia
rnorphoses, Concret
P H
Orient-Occident
ove l'applica-