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Art Nouveau - liceoartisticocatania.itliceoartisticocatania.it/attachments/article/710/Art...

Date post: 17-Feb-2019
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Art Nouveau Gli ultimi anni dell’800 e i primi del ‘900 sono un periodo di relativa pace fra le potenze europee, tanto da essere indicati genericamente come la Belle Èpoque. Tuttavia questi anni sono contrassegnati anche da una profonda crisi di cui si vedono le conseguenze in quasi tutti gli artisti. Da un lato prosegue l’ottimistica fede nel progresso scientifico, che appare inarrestabile e tale da portare a soluzione ogni problema umano, dall’al tro ci si rende conto che questa “felicità” uni versale è solo apparente: la borghesia si arricchisce sfruttando i lavoratori, la cui spiritualità è uccisa dalla meccanizzazione. Il Decadentismo è la risposta: per evadere la materialità volgare della realtà ci si rifugia in un mondo immaginario intimo e raffinato. È in questo clima «decadente» che nacque in Europa un movimento con caratteristiche simili ma diverse denominazioni in ogni nazione e che interessò soprattutto l’architettura e le arti applicate. Il fenomeno prese nomi diversi a seconda delle nazioni in cui sorse. Art Nouveau in Francia, in Germania prese il nome di «Jugendstil», in Austria fu denominato «Secessione», in Spagna «Modernismo». In Italia ebbe inizialmente il nome di «Floreale», per assumere poi il nome di «Liberty» (dal nome dei magazzini inglesi di Arthur Liberty, che vendevano arredi, oggetti, tessuti e tappezzerie dal gusto floreale). L’Art Nouveau nacque dal rifiuto degli stili storici del passato e cercò invece ispirazione nella natura e nelle forme vegetali, creando uno stile nuovo, totalmente originale rispetto a quelli allora in voga. L’Art Nouveau nacque inizialmente in Belgio, grazie all’architetto Victor Horta che, ispirato dall’uso dei nuovi materiali (il ferro combinato con il vetro, mostrati ed esaltati nella loro evidenza strutturale), riuscì a rivoluzionare la figura dell’architetto e il modo di concepire gli edifici. Il compito dell’architetto spazia infatti, con lui, dalla progettazione di interni ed esterni sino allo studio di luci, arredi e decorazioni delle pareti. In particolare Casa Tassel (1893) è considerata una sorta di monumento-simbolo dell’Art Nouveau sia per l’esterno sia per l’interno. Victor Horta, Casa Tassel, Bruxelles E’ una casa a schiera di città, di tre piani, con una facciata molto stretta, caratterizzata da un volume centrale sporgente (un “bow window” - finestra ad arco, sormontato da un balcone) e dall’uso ridotto di rivestimento in pietra. L’edificio, che è un’opera straordinaria
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Art Nouveau

Gli ultimi anni dell’800 e i primi del ‘900 sono un periodo di relativa pace fra le potenze

europee, tanto da essere indicati genericamente come la Belle Èpoque.

Tuttavia questi anni sono contrassegnati anche da una profonda crisi di cui si vedono le

conseguenze in quasi tutti gli artisti. Da un lato prosegue l’ottimistica fede nel progresso

scientifico, che appare inarrestabile e tale da portare a soluzione ogni problema umano,

dall’altro ci si rende conto che questa “felicità” universale è solo apparente: la borghesia si

arricchisce sfruttando i lavoratori, la cui spiritualità è uccisa dalla meccanizzazione.

Il Decadentismo è la risposta: per evadere la materialità volgare della realtà ci si rifugia in

un mondo immaginario intimo e raffinato.

È in questo clima «decadente» che nacque in Europa un movimento con caratteristiche

simili ma diverse denominazioni in ogni nazione e che interessò soprattutto l’architettura e

le arti applicate. Il fenomeno prese nomi diversi a seconda delle nazioni in cui sorse. Art

Nouveau in Francia, in Germania prese il nome di «Jugendstil», in Austria fu denominato

«Secessione», in Spagna «Modernismo». In Italia ebbe inizialmente il nome di «Floreale»,

per assumere poi il nome di «Liberty» (dal nome dei magazzini inglesi di Arthur Liberty,

che vendevano arredi, oggetti, tessuti e tappezzerie dal gusto floreale).

L’Art Nouveau nacque dal rifiuto degli stili storici del passato e cercò invece ispirazione

nella natura e nelle forme vegetali, creando uno stile nuovo, totalmente originale rispetto a

quelli allora in voga.

L’Art Nouveau nacque inizialmente in Belgio, grazie

all’architetto Victor Horta che, ispirato dall’uso dei

nuovi materiali (il ferro combinato con il vetro, mostrati

ed esaltati nella loro evidenza strutturale), riuscì a

rivoluzionare la figura dell’architetto e il modo di

concepire gli edifici. Il compito dell’architetto spazia

infatti, con lui, dalla progettazione di interni ed esterni

sino allo studio di luci, arredi e decorazioni delle

pareti. In particolare Casa Tassel (1893) è

considerata una sorta di monumento-simbolo dell’Art

Nouveau sia per l’esterno sia per l’interno.

Victor Horta, Casa Tassel, Bruxelles

E’ una casa a schiera di città, di tre piani, con una facciata molto stretta, caratterizzata da

un volume centrale sporgente (un “bow window” - finestra ad arco, sormontato da un

balcone) e dall’uso ridotto di rivestimento in pietra. L’edificio, che è un’opera straordinaria

per la sua sintesi tra architettura e arti

decorative, presenta i nuovi principi

formali soprattutto all’interno, nell’ampio

ingresso con la scala.

Horta è uno dei primi architetti che fa uso del ferro nell’edilizia residenziale, ma è il

trattamento del materiale che è innovativo. Il ferro, infatti, viene trattato come un filamento

organico che si insinua nell’edificio e varia le sue forme diventando ora un corrimano, un

pilastro, un apparecchio illuminante. Non c’è più differenza tra struttura e decorazione, ma

tutti gli elementi concorrono, in una unica straordinaria sintesi ed in una continuità di

forme, a definire il “carattere” dell’edificio. Prevalgono le superfici vetrate che creano un

dialogo tra interno ed esterno e la linea curva che flette le pareti e informa anche il più

piccolo dettaglio.

In particolare, l’Hôtel Tassel è da considerare l’esempio più fulgido di questa nuova

“Weltanschauung” fiorita ovunque in Europa dal seme parigino dell’Esposizione Universale

del 1900.

L’Art Nouveau si diffuse presto in tutta Europa divenendo in breve lo stile della nuova

borghesia in ascesa. Esso si fondò sul concetto di coerenza stilistica e progettuale

tra forma e funzione. Adottando le nuove tecniche di produzione industriale, ed i nuovi

materiali quali il ferro, il vetro e il cemento, di fatto l’Art Nouveau giunse per la prima volta

alla definizione di una nuova progettualità: quella progettualità che definiamo Industrial

Design.

Il problema di dare qualità alla produzione industriale era stato già avvertito dalla cultura

precedente. Ma, nel caso del movimento Arts and Crafts inglese di Morris, la risposta

data era semplicemente anacronistica: ritornare alla produzione artigianale.

L’Art Nouveau invece diede per la prima volta la risposta giusta al problema della qualità

del prodotto industriale.

Il problema andava risolto sul piano della qualità progettuale.

Quindi una delle caratteristiche comuni a tutti i

filoni dell’Art Nouveau è proprio quella di voler

rendere esteticamente validi gli oggetti di uso

comune che le industrie diffondono, per

salvaguardarli dall’appiattimento e dalla

banalizzazione della produzione in serie.

Non è una novità in quanto, già nella metà

dell’Ottocento il prussiano Michael Thonet aveva

prodotto la sua famosa sedia in legno curvato

n.14.

La Thonet 14, brevettata nel 1859 e venduta in decine di milioni di pezzi, era un perfetto

mix di tecnica ed estetica: realizzata con 6 soli pezzi da unire con 10 viti era robusta,

essenziale ed economica. Tra l’altro, con la curvatura dei suoi elementi anticipa

straordinariamente il linguaggio tipico del Liberty. (per un approfondimento sulla Thonet 14)

L’estetica dell’Art Nouveau si affidò molto all’uso della linea

e degli elementi lineari. Protagonista divenne soprattutto la

linea curva definita «a colpo di frusta»: una linea, cioè,

che dopo una curvatura ampia si torceva in repentini scatti

di curvatura più stretta.

Le immagini che si ottenevano producevano effetti

decorativi molto suggestivi e di grande eleganza, ma che in

genere tendevano all’astrazione più pura.

Questo significa che l’utilizzo di motivi ornamentali ispirati

alla natura ma sviluppati nella prospettiva di una sintesi e di

una semplificazione assolute, aprirà di fatto la porta verso

le prime avanguardie e, infine, verso esiti di astrazione.

Gli elementi caratterizzanti l’Art Nouveau sono dunque:

l’uso della linea curva

l’uso del colore piatto

il decorativismo

l’aspirazione alla modernità

il riferimento al mondo vegetale

la ricerca di una nuova bellezza nei prodotti industriali

la stilizzazione dei motivi ornamentali l’insistenza sulla figura femminile e sulla sua

eleganza

l’applicazione di questo stile in ogni forma di produzione artistica (architettura, pittura, scultura, arredi, monili, oggetti d’uso, abbigliamento, pubblicità, grafica, arredo urbano).

A Parigi Hector Guimard (1867-1942) ridisegna le entrate

della metropolitana (ancora oggi esistenti) con elementi in

ghisa ondulati come fiori, conferendo loro un aspetto organico e vitale.

In Italia, e in particolare in Sicilia, opera uno dei

più autorevoli architetti liberty, il palermitano

Ernesto Basile (1857-1932). Uomo assai colto,

studioso raffinato e sensibile dell’architettura

siciliana, arabo- normanna e rinascimentale,

dopo un primo periodo di eclettismo Basile

giunge ad un linguaggio più autonomo, un

floreale ricco ed estremamente colto,

caratterizzato da una peculiare interpretazione

del rapporto architettura/decorazione, come negli

interni di Villa Igiea, oggi hotel storico 5 stelle del

palermitano. La Villa fu costruita alla fine

dell’Ottocento in pieno stile neogotico e

successivamente nel 1899 acquistato dai Florio,

storica famiglia di imprenditori borghesi, che

decisero di modificarla e a cui diedero il nome di

“Igiea” in onore della loro figlia che scomparirà

prematuramente in tenera età. Una delle stanze più conosciute è la Sala Basile, utilizzata

oggi per le conferenze, dove gli affreschi si uniscono armoniosamente al mobilio e

all’architettura realizzata Basile

In particolare in questo periodo conobbe uno

straordinario sviluppo la lavorazione del vetro come

dimostrano le geniali creazioni di Emile Gallé1 che,

all’ingresso del suo laboratorio, fece scrivere “le mie

radici sono nel cuore dei boschi”, o quelle

dell’americano Louis Comfort Tiffany famoso per le sue

lampade e vetrate realizzate con vetri coloratissimi e

legati a stagno, detti vetri Tiffany, ma anche pittore e

creatore di gioielli ed elementi di arredo, ancora oggi

apprezzati in tutto il mondo.

1 Émile Gallé è stato un vetraio e decoratore francese, nato da una famiglia di commercianti di cristalli.

L’ispirazione alla natura e l’uso di nuovi materiali

dettero un rivoluzionario impulso anche

all’oreficeria che ebbe in René Lalique,

l’inventore del gioiello moderno, uno dei suoi più

geniali creatori. Con lui la tradizione orafa

ottocentesca tesa all’esaltazione dei materiali

preziosi venne superata per un gioiello capace

di avere valore espressivo di per sé,

prescindendo dal valore dei materiali usati.

Nacquero così capolavori straordinari come la

spilla a forma di Libellula (1897–98), in cui

inquietante e seducente appare questo

animale–donna che rimanda alla femme fatale

per l’aggressività ed il senso di pericolo latente espresso negli artigli dorati. Fatale come le

donne capaci d’indossare questi gioielli con disinvoltura sulla scena come nella vita, a

cominciare dalla “divina” Sarah Bernhardt, la famosa attrice francese alla quale

apparteneva la spilla acquistata nel 1903 dal Gulbenkian.

E proprio l’immagine femminile è un altro dei temi ricorrenti delle creazioni di questo

periodo, una figura sensuale, sofistica e sfuggente, a volte ambigua e viperina, come nei

bellissimi disegni di Beardsley, o ammiccante e di solare bellezza come nei manifesti di

Mucha. Nel primo caso parliamo soprattutto delle

illustrazioni realizzate da Aubrey Beardsley per

Salomé, un dramma in atto unico, scritto nel 1891

da Oscar Wilde. Le illustrazioni non piacquero

molto a Wilde che, conscio della grandezza e

finezza rappresentativa di Beardsley, temeva che

la sua opera letteraria ne potesse uscire

mortificata e messa in secondo piano rispetto

all’apparato figurativo. Ne nacque una querelle

artistica che affondava le sue radici nella volontà

di autoaffermazione personale di entrambi gli

autori. Wilde e Beardsley, infatti, oltre a

contendersi la scena artistica, si contendevano

anche la presenza nei salotti più civettuoli e à la

mode della Londra di fine secolo. Entrambi

incarnavano la figura del dandy che eleva se

stesso e la sua vita ad opera d’arte, attraverso un

narcisistico compiacimento della propria

raffinatezza estetica e un atteggiamento

eccentrico fortemente caricato e pubblicamente

sbandierato. Fu, forse, proprio questo modo

comune di sentire la vita e la realtà a porre in

perfetta sintonia gli intenti dei due autori, tanto

che, nella Salomè, parola scritta e immagine

disegnata si compenetrano e fondono creando

un’impareggiabile sinfonia. Decorazioni piatte, asimmetriche, superficiali, in netto contrasto

con il naturalismo, con le forme massicce, pesanti, sovraccariche, con l’eccesso dei

particolari, insomma con la moda dell’epoca vittoriana matura. Nella sua arte emerge una

sessualità intensissima trattata spesso in modo dissacrante: bellezza e crudeltà, energia e

caricatura, si mescolano ad affermare una visione nera e ridicola della realtà. Il segno

tagliente e compulsivo diventa il mezzo per tracciare un mondo esageratamente calcato,

dove convivono angeli e demoni, eros e morte, santità e dannazione.

La produzione di Alfons Mucha invece, ceco di origine, comprende moltissime opere,

divise principalmente in dipinti, grafiche e manifesti pubblicitari, tutti permeati dagli

elementi caratteristici dell'Art Nouveau. Egli, trasferitosi a Parigi per proseguire i suoi studi

artistici, trovò la sua fortuna quando gli venne chiesto di realizzare un poster per

pubblicizzare "Gismonda", un'opera teatrale con protagonista Sarah

Bernhardt. La finezza del disegno convinse l'attrice a proporre a

Mucha un contratto della durata di 6 anni. Si racconta che la

Bernhardt vedendo l’opera dirà: “Signor Mucha, lei mi ha reso

immortale”.

Dopo la famosa Sarah Bernhard, anche i produttori di profumi, di

champagne, di sigarette e di qualsiasi altra cosa facevano la coda

davanti alla porta di Mucha.

Da qui Mucha procede in una continua esaltazione della bellezza

affidata a figure femminili disinvolte e accattivanti, colte in pose

studiate per esaltarne l’eleganza e la dinamicità, rese con un segno

grafico marcato e serpentino, adornate da vesti morbide e splendi

gioielli. I profili femminili hanno linee flessuose, ispirate a soggetti

naturali: ninfee, rose e narcisi, pavoni, pesci fluttuanti, farfalle e

libellule, diventano gli emblemi del nuovo immaginario figurativo.

Capigliature stravaganti si sviluppano in arabeschi talmente eccessivi

da diventare astratti, circondando il soggetto

con spire interpretabili come segni tangibili della sua sensibilità.

Considerato uno dei fondatori-ideatori del manifesto quale veicolo

pubblicitario, probabilmente aveva intuito che ciò che maggiormente

attrae l’occhio del consumatore non è il prodotto in quanto tale, bensì

le emozioni che ad esso si associano. E se queste erano raffigurate

nel volto di una bella donna, allora l’effetto era ancora più potente. Il

segreto dell’attrazione esercitata dalle sue opere era diventato il

corpo di una bella fanciulla incastonato nei ricchi motivi ornamentali,

capace di richiamare immediatamente l’attenzione. Questa unicità,

rispetto all’arte del tempo, assicurò all’autore una popolarità durata

fino ai giorni nostri: Mucha era riuscito a cogliere non solo l’ideale di

bellezza del tempo, ma anche il nuovo approccio alla pubblicità –

usato ancora oggi, nel quale i prodotti vengono reclamizzati da

modelle di fama mondiale – e, trattandosi di una stampa, aveva

offerto il manifesto al pubblico, dando a quest’ultimo il modo di

acquistarlo e di servirsene anche per decorare la propria casa, divenendo in questo forse

precursore addirittura di quel movimento che successivamente con Warhol sarà

identificato come “Pop Art”.


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