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Asilo politico, rifugiati e richiedenti asilo…  · Web view · 2013-12-15È una lingua franca...

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Pagina 1 di 47 GLOSSARIO Afro pidgin 6/2013 Parole dell’altrui geografia Alfabetismo - Letteratismo 6/2013 Parole del numero Analfabetismo – Illetteratismo 6/2013 Parole del numero Apprendimento collaborativo 6/2013 Parole del mestiere Ascolto attivo 4- 5/2013 Parole del mestiere AAR (After Action Review) 4- 5/2013 Parole del mestiere Acquisire/Acquistare la cittadinanza 2/2013 Parole del numero Action Learning 4- 5/2013 Parole del mestiere Affective Learning 4- 5/2013 Parole del mestiere Andragogia 4- 5/2013 Parole del mestiere Asilante 2/2013 Parole del numero Asilo politico , rifugiati e richiedenti asilo 2/2013 Parole del numero BES (Bisogni Educativi Speciali) 4- 5/2013 Parole del numero Bijagos (Guinea Bissau) 4- 5/2013 Parole dell'altrui geografia Blended Learning 6/2013 Parole del mestiere Bloom, Benjamin 6/2013 Parole del mestiere Case Study (Studio di caso) 6/2013 Parole del mestiere CBT ( Computer-Based Training ) 6/2013 Parole del mestiere CDA (Centri Di Accoglienza) [Centri dell’immigrazione] 6/2013 Parole del mestiere CARA (Centri di Accoglienza Richiedenti Asilo) [Centri dell’immigrazione] 6/2013 Parole del mestiere CARA (Centri Accoglienza Richiedenti Asilo) [Centri dell’immigrazione] 6/2013 Parole del mestiere Cittadinanza 2/2013 Parole del numero Clandestino 2/2013 Parole del numero CLIL ( Content and Language Integrated Learning) 2/2013 Parole del mestiere Comunità di pratica 6/2013 Parole del mestiere Cooperare / collaborare 3/2013 Parole del numero Corso coordinato 2/2013 Parole del mestiere
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GLOSSARIOAfro pidgin 6/2013 Parole dell’altrui geografiaAlfabetismo - Letteratismo 6/2013 Parole del numeroAnalfabetismo – Illetteratismo 6/2013 Parole del numeroApprendimento collaborativo 6/2013 Parole del mestiere

Ascolto attivo 4-5/2013 Parole del mestiereAAR (After Action Review) 4-5/2013 Parole del mestiereAcquisire/Acquistare la cittadinanza 2/2013 Parole del numeroAction Learning 4-5/2013 Parole del mestiereAffective Learning 4-5/2013 Parole del mestiereAndragogia 4-5/2013 Parole del mestiereAsilante 2/2013 Parole del numero

Asilo politico, rifugiati e richiedenti asilo 2/2013 Parole del numeroBES (Bisogni Educativi Speciali) 4-5/2013 Parole del numeroBijagos (Guinea Bissau) 4-5/2013 Parole dell'altrui geografiaBlended Learning 6/2013 Parole del mestiereBloom, Benjamin 6/2013 Parole del mestiereCase Study (Studio di caso) 6/2013 Parole del mestiereCBT ( Computer-Based Training ) 6/2013 Parole del mestiereCDA (Centri Di Accoglienza) [Centri dell’immigrazione] 6/2013 Parole del mestiereCARA (Centri di Accoglienza Richiedenti Asilo) [Centri dell’immigrazione] 6/2013 Parole del mestiereCARA (Centri Accoglienza Richiedenti Asilo) [Centri dell’immigrazione] 6/2013 Parole del mestiereCittadinanza 2/2013 Parole del numeroClandestino 2/2013 Parole del numero

CLIL ( Content and Language Integrated Learning) 2/2013 Parole del mestiereComunità di pratica 6/2013 Parole del mestiereCooperare / collaborare 3/2013 Parole del numeroCorso coordinato 2/2013 Parole del mestiereCPIA Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti 4-5/2013 Parole del numeroCTI Centro Territoriali per l’Inclusione 4-5/2013 Parole del numeroCTP Centro Territoriale Permanente 4-5/2013 Parole del numeroCTS Centri Territoriali di Supporto 4-5/2013 Parole del numeroDecreto flussi 1/2013 Parole del mestiereDIL ( Didactique Intégrée des Langues ) 2/2013 Parole del mestiereDSA Disturbi Specifici dell’Apprendimento 4-5/2013 Parole del numeroFattori di spinta e attrazione 2/2013 Parole del numeroFIMEM Fédération Internationale des Mouvements d’Ecole Moderne 4-5/2013 Parole del numero

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Formazione Attiva 4-5/2013 Parole del mestiereGenerazione touch 3/2013 Parole del numeroGLI Gruppo di Lavoro per l’Inclusione 4-5/2013 Parole del numeroGruppi istituzionali per l’Integrazione 4-5/2013 Parole del numeroIbn Battuta 4-5/2013 Parole dell'altrui geografiaICF International Classification of Functioning, Disability and Health 4-5/2013 Parole del numeroImmigrazione irregolare 1/2013 Parole del mestiereInterlingua 3/2013 Parole del mestiereKnowles, Malcolm 4-5/2013 Parole del mestiereMaghreb 4-5/2013 Parole dell'altrui geografiaMandala 4-5/2013 Parole dell'altrui geografiaMCE Movimento per la Cooperazione Educativa 4-5/2013 Parole del numeroMendi (Sierra Leone / Gallinas / Lingua Mende) 4-5/2013 Parole dell'altrui geografiaMigranti 3/2013 Parole del mestiereMigranti digitali 3/2013 Parole del numeroMillennials 3/2013 Parole del numeroMinori stranieri non accompagnati 2/2013 Parole del numeroNAI Allievi Neo Arrivati in Italia 4-5/2013 Parole del numero

Nativi digitali 3/2013 Parole del numeroNigerini 6/2013 Parole dell’altrui geografiaPDP Piano Didattico Personalizzato 4-5/2013 Parole del numeroPEI Piano Educativo Individualizzato 4-5/2013 Parole del numero

Permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo (ex carta di soggiorno) 1/2013 Parole del mestierePOF Piano dell’Offerta Formativa 4-5/2013 Parole del numeroProtocollo di accoglienza 4-5/2013 Parole del numero

QCER (Quadro comune europeo di riferimento) 1/2013 Parole del mestiere

Regolamento Dublino II – Dublino III2/20136/2013

Parole del numeroParole del mestiere

Resilienza 3/2013 Parole del numeroResilienza-2 4-5/2013 Parole del numeroRespingimenti 2/2013 Parole del numeroRichiedenti asilo 272013 Parole del numeroRifugiati 2/2013 Parole del numeroSfondo integratore 1/2013 Parole del mestiereSpaesamento 1/2013 Parole del mestiereStraniamento 1/2013 Parole del mestiereTeoria dell’apprendimento degli adulti 4-5/2013 Parole del mestiere Tigrè 3/2013 Parole dell’altrui geografia

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Tigrino 3/2013 Parole dell’altrui geografiaWolof 4-5/2013 Parole dell'altrui geografiaYoruba 3/2013 Parole dell’altrui geografia

Afro pidgin

È una lingua franca di commercio la cui origine risale al periodo della tratta degli schiavi prevalentemente nella costa occidentale dell’Africa. Sviluppata per agevolare gli scambi commerciali sulla costa si espanse rapidamente all’interno. In seguito venne adottata anche come lingua nativa in nuove comunità africane o di razza mista.

Alfabetismo – Letteratismo

L’alfabetismo (e il suo sinonimo Letteratismo, quest’ultimo probabilmente importato dall’inglese Literacy) rappresenta uno stadio superiore ad alfabetizzazione. È usato a significare non tanto il fatto che uno sia uscito dalla non conoscenza dell'alfabeto quanto che uno è entrato nella capacità di raccogliere e trattare le informazioni derivanti da leggere, scrivere a far di conto.

Analfabetismo - Illetteratismo

L'analfabetismo è l'incapacità completa di leggere e scrivere e si verifica – secondo la definizione dell’UNESCO (1958) - quando "una persona non sa né leggere né scrivere, capendolo, un brano semplice in rapporto con la sua vita giornaliera". In senso più lato, l'analfabetismo indica anche l'ignoranza di argomenti considerati di fondamentale importanza, ad esempio l'analfabetismo informatico o politico. Diverso dall'analfabetismo strictu sensu è il cosiddetto analfabetismo funzionale, con il quale si designa l'incapacità di un individuo di usare in modo efficiente le abilità di lettura, scrittura e calcolo nelle situazioni della vita quotidiana. Non si tratta quindi di un'incapacità assoluta, in quanto l'individuo possiede comunque una conoscenza di base di lettura e scrittura, che usa però in maniera incompleta e non ottimale, non essendo ancora entrato nella capacità di gestire le informazioni tratte dal leggere, scrivere e far di conto. Un sinonimo, meno comune, di analfabetismo è illetteratismo (usato più spesso in ambito scientifico come sinonimo di "analfabetismo funzionale").

Apprendimento collaborativo

L’apprendimento collaborativo è un approccio didattico in cui allievi e insegnanti condividono la responsabilità dell’insegnamento e lavorano insieme per definire come la sessione debba procedere. [traduzione di Collaborative Learning, da The Infoline Dictionary of Basic Trainer Terms, ASTD American Society for Training and Learning, May 2011]

Ascolto attivo

L’Ascolto Attivo è una forma di ascolto in cui chi ascolta sviluppa una differenziazione tra il contenuto cognitivo e quello emozionale del messaggio. Un Ascoltatore Attivo sviluppa inferenze basate sui feeling

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espressi da chi parla e gliele comunica per provvedere a verificarle. [traduzione di Active Listening, da The Infoline Dictionary of Basic Trainer Terms, ASTD American Society for Training and Learning, May 2011]

AAR (After Action Review)

Sviluppato e usato in ambito militare, l’AAR rende possibile ai singoli di riflettere sulla propria performance, individuare i punti di debolezza e poi determinare il miglioramento della performance stessa. [traduzione di AAR, da The Infoline Dictionary of Basic Trainer Terms, ASTD American Society for Training and Learning, May 2011]. Per approfondire vedi. M. Darling, C. Parry, J. Moore: Learning in the Thick of It, Harvard Business Review,July-August 2005.

Action Learning

È un processo di problem-solving in cui un gruppo identifica un problema, pone domande per chiarirne la natura, considera possibili soluzioni e poi decide sulle azioni da porre in essere. Lo sviluppo delle azioni è sottoposto a valutazione preventiva all’interno del contesto lavorativo e sottoposto a ri-valutazione dopo un periodo di regola di sei mesi. Tale processo consente l’apprendimento calibrato sull’intera ampiezza dell’organizzazione e rende possibile gli adattamenti coerenti con un contesto in cambiamento. L’Action Learning è stato sviluppato da Kurt Lewin negli Stati Uniti e da Reginald Revans nel Regno Unito. [traduzione di Action Learning, da The Infoline Dictionary of Basic Trainer Terms, ASTD American Society for Training and Learning, May 2011]

Affective Learning

È l’acquisizione di conoscenza basata sulla tassonomia di Bloom con cui identifica tre ambiti di apprendimento: quello cognitivo (conoscenza), quello della sfera emotiva e dell’affezione (relazione emozionale con le cose: sentimenti, valori, motivazione, atteggiamenti) e quello psicomotorio (abilità relative a movimento, velocità, precisione). Questa tassonomia o classificazione dei processi di pensiero e apprendimento genera la cornice per la creazione delle strategie di istruzione, per i materiali e per le attività da usare per migliorare il contesto di apprendimento individuale e la performance. Il concetto di ‘affettività’ si riferisce alla visione oppure al modo di pensare di chi apprende. [traduzione di Affective Learning, da The Infoline Dictionary of Basic Trainer Terms, ASTD American Society for Training and Learning, May 2011]

Andragogia

L’Andragogia (dall’etimo greco ‘apprendimento degli adulti’) è la teoria (v.) diffusa da Malcolm Knowles (v.) basata sui 6 principi-chiave che influenzano il modo con cui gli adulti imparano: senso del sé, esperienza pregressa, disponibilità a imparare, orientamento all’apprendimento, motivazione e bisogno di conoscere. [traduzione di Andragogy, da The Infoline Dictionary of Basic Trainer Terms, ASTD American Society for Training and Learning, May 2011]

Asilo politico, rifugiati e richiedenti asilo

Il diritto d’asilo, dalle radici antiche, ha rivestito particolari connotazioni nel corso dei secoli. In Italia, prima dell’emigrazione di massa, furono gli esuli politici a recarsi all’estero: Mazzini in Gran Bretagna e Garibaldi in diversi paesi. Durante il fascismo esuli illustri furono Toscanini e don Sturzo. Attualmente, l’ordinamento nazionale (art. 10 della Costituzione italiana) e quello internazionale concepiscono l’asilo come una forma di protezione da assicurare a una persona che si troverebbe in pericolo qualora facesse ritorno nel suo paese (principio del non refoulement - non respingimento).

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Nell’immediato Dopoguerra, in un’Europa ridotta in macerie dal secondo conflitto mondiale, divisa in blocchi e attraversata da consistenti flussi di sfollati, è stata la Convenzione di Ginevra (1951) a definire il diritto d’asilo, cui è seguito il Protocollo di New York (1967). Sulla base di questi documenti, lo status di rifugiato, e il relativo diritto d’asilo, è riconosciuto alla persona che si trovi al di fuori del proprio paese di cittadinanza o di residenza e che abbia fondato e provato motivo di ritenere che, in caso di ritorno in patria, potrebbe essere “oggetto di persecuzioni dirette e personali per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a determinati gruppi sociali o per le sue opinioni politiche”.Queste disposizioni internazionali hanno trovato un complemento, nell’ambito dell’UE, nel Regolamento 343/2003 CE, noto come Regolamento di Dublino, nel quale vengono stabiliti i criteri e le procedure per determinare lo Stato membro competente all’esame delle domande d’asilo (che rientrano tra quelle di protezione internazionale), presentate da cittadini di paesi terzi o da apolidi. Vige il principio che le domande debbano essere esaminate da un solo Stato, quello al quale la domanda è stata presentata la prima volta o in cui per la prima volta ha messo piede il richiedente. Secondo il Regolamento di Dublino (art. 9, 5) “Il fatto che il titolo di soggiorno o il visto sia stato rilasciato ad un cittadino di un paese terzo che ha declinato una identità falsa o usurpata o dietro presentazione di documenti falsificati, contraffatti o non validi non osta all’attribuzione della competenza allo Stato membro che lo ha rilasciato”, a meno che la frode sia avvenuta successivamente al rilascio del titolo o del visto. Nel 2010, nei 27 Stati dell’UE sono state presentate 258mila domande d’asilo (sono aumentate in Germania, Belgio e Svizzera), ma solo 55mila richiedenti asilo hanno ottenuto il riconoscimento di una forma di protezione (internazionale, sussidiaria, o umanitaria) in prima istanza; in poco più della metà dei casi si è trattato dello status di rifugiato (27mila). In Italia nel 2010 sono state circa 10mila le domande d’asilo (un terzo rispetto alle 30mila del 2008 e poco più della metà rispetto alle 18mila nel 2009). I principali paesi di provenienza dei richiedenti sono stati: Nigeria, Pakistan, Turchia, Afghanistan e Serbia (incluso Kosovo). Le richieste di russi, iracheni e somali non sono state così numerose come a livello europeo. Tuttavia nel 2011, a seguito degli eventi connessi alla “Primavera araba” del Nord Africa, le domande sono sensibilmente aumentate. [Tratta da Comunicare l’immigrazione]

L’Accademia della Crusca su:Asilante / Clandestino / Acquisire o acquistare la cittadinanza.

“Ha cominciato a circolare il sostantivo asilante per riferirsi a 'chi ha richiesto o ha ottenuto asilo' (politico o umanitario in caso di guerre, stragi, genocidi in atto nel paese d'origine). Il termine sembra aver avuto origine nel tedesco sulla base di asyl 'asilo (politico)' ed essersi diffuso nell'adattamento italiano asilante attraverso la stampa della Svizzera italiana.” Ancora fra virgolette sulla stampa periodica italiana agli inizi degli anni ’90, “asilanti” acquisisce ufficialità nello Zingarelli del 2003 e nel Devoto Oli del 2008, ci spiega Raffaella Setti (Accademia della Crusca - Redazione Consulenza Linguistica), la quale approfondisce la ricognizione sull’uso documentato del termine in una lunga e circostanziata risposta a un quesito rivolto all’Accademia.

Nella medesima risposta la studiosa affronta il termine “clandestino”: “formatosi sulla base dell'avverbio latino clam 'di nascosto' ed entrato attraverso il francese clandestin, è presente dal XVI secolo con il significato molto generale di 'fatto di nascosto, contro il divieto delle autorità'”; ma – osserva – “il tratto semantico primario di 'segreto, nascosto' sembra scivolare sempre più verso quello di 'fuorilegge, criminale'” e questo anche per effetto delle dinamiche

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legislative e mediatiche che nella risposta della Setti sono riccamente documentate e meritevoli di lettura.

Recentemente sono stati usate senza distinzioni le locuzioni ‘acquisire’ e ‘acquistare’ la cittadinanza. La Setti sviluppa un’attenta ricognizione sulla terminologia giuridica in merito e conclude che, “in definitiva quindi non ci sono controindicazioni di tipo linguistico per nessuno dei due verbi quando si parli di cittadinanza: acquistare o acquisire la cittadinanza risultano espressioni sinonimiche. Peccato però che proprio lo Stato con le sue leggi e i suoi regolamenti insinui sempre più il dubbio che anche per godere di diritti primari si debba, anche poco, ma pagare!”.

Le tre analisi sopra ricordate possono essere approfondite a questo indirizzo Internet: http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/lasilante-pi-clandestino-ma-acquisir-acquist.

BES Bisogni Educativi Speciali Con BES si intende che, fra tutti i bisogni educativi degli alunni (bisogno di sviluppare competenze, bisogno di appartenenza, di identità, di valorizzazione, di accettazione ecc.) se ne possono aggiungere alcuni derivanti da una situazione particolare (“speciale”) che ostacola o rallenta l’apprendimento e lo sviluppo. Nella Circolare ministeriale n° 8 del 2013 si elencano: “svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché [trattasi di alunni] appartenenti a culture diverse”.

I BES richiedono interventi tagliati accuratamente su misura delle specifiche situazioni e dei fattori che le originano: dagli interventi più formali (Piano educativo individualizzato, interventi psicoeducativi) a quelli informali, come l’attenzione dedicata da riservare alle situazioni più difficili.

Bijagos (Guinea Bissau)

È un arcipelago di 88 isole nel distretto di Bolama nella Guinea Bissau - formatosi nell’area del delta del Rio Grande de Buba e del Rio Geba - classificato dall’Unesco come riserva della biosfera, quindi un ecosistema in cui, all’interno del Programma Man and Biosphere, si associa la conservazione e la biodiversità con l’utilizzo sostenibile delle risorse naturali a beneficio delle comunità locali. La popolazione è prevalentemente composta dal gruppo etnico dei Bijago che parlano il Bidyogo (Bijago in portoghese). Lingue parlate sono anche il portoghese e il kriol, un creolo portoghese che, parlato dal 44% della popolazione, è la lingua più diffusa nell’intera Guinea Bissau. Si tratta di una popolazione intorno alle 30.000 unità, molto giovane per i tassi di natalità, alti, e i tassi di aspettativa di vita, bassi anche in riferimento agli standard africani. Dal 2000 circa l’incremento di narcotraffico sta cambiando rapidamente l’assetto sociale ed economico delle isole, nelle quali il grande potenziale turistico è frustrato

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dalla mancanza di comunicazioni e infrastrutture. Un’evoluzione che ha ovviamente impatto sull’intera Guinea Bissau, uno dei più piccoli paesi dell’Africa con circa 1,5 milioni di abitanti, di recente indipendenza dal Portogallo (1973), ma afflitto negli ultimi anni da instabilità politica e numerosi colpi di stato.

Blended Learning (apprendimento blended)

È la pratica di usare diversi mezzi di formazione in uno stesso percorso didattico. Solitamente si riferisce alla combinazione di lavoro in aula e qualunque altro tipo di formazione che includa un uso auto-organizzato di risorse in rete. [traduzione di Blended Learning, da The Infoline Dictionary of Basic Trainer Terms, ASTD American Society for Training and Learning, May 2011] Bloom, Benjamin (Bloom’s Taxonomy of Learning)

Sviluppò i tre esiti di apprendimento basati su tre ambiti: cognitive (knowledge), psicomotorio (skills), emotivo (attitude); ambiti cui talvolta ci si riferisce con l’acronimo KSA. [traduzione di Bloom, Benjamin, da The Infoline Dictionary of Basic Trainer Terms, ASTD American Society for Training and Learning, May 2011]

Case Study (Studio di caso)

Esempio di un evento o situazione che possa essere usato per portare a modello nuovi processi, pratiche e comportamenti. Sono usati frequentemente in formazione per descrivere risultati esemplari degli apprendenti oppure per porre delle buone pratiche a paradigma. [traduzione di Case Study, da The Infoline Dictionary of Basic Trainer Terms, ASTD American Society for Training and Learning, May 2011]

Centri dell’immigrazioneSono le strutture che accolgono e assistono gli immigrati irregolari e si distinguono in tre tipi

• Centri di accoglienza (CDA)• Centri di accoglienza richiedenti asilo (CARA)• Centri di identificazione ed espulsione (CIE)

CDA (Centri Di Accoglienza)Sono strutture destinate in base alla L. 563/95 a garantire un primo soccorso allo straniero irregolare rintracciato sul territorio nazionale. L’accoglienza nel centro è limitata al tempo strettamente necessario per stabilire l'identità e la legittimità della sua permanenza sul territorio o per disporne l'allontanamento.I centri attualmente operativi sono:

Agrigento, Lampedusa – 381 posti (Centro di primo soccorso e accoglienza) Cagliari, Elmas – 220 posti (Centro di primo soccorso e accoglienza) Caltanissetta, Contrada Pian del Lago – 360 posti (CDA) Lecce - Otranto (Centro di primissima accoglienza) Ragusa Pozzallo (Centro di primo soccorso e accoglienza) – 172 Posti

CARA (Centri Accoglienza Richiedenti Asilo)

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Sono strutture nelle quali in base al DPR 303/2004 e al- D.Lgs. 28/1/2008 n°25 viene inviato e ospitato per un periodo variabile di 20 o 35 giorni lo straniero richiedente asilo privo di documenti di riconoscimento o che si è sottratto al controllo di frontiera, per consentire l’identificazione o la definizione della procedura di riconoscimento dello status di rifugiato. I centri attualmente operativi sono:

Bari Palese, Area aeroportuale - 744 posti Brindisi, Restinco - 128 posti Caltanissetta, Contrada Pian del Lago – 96 posti Crotone, località Sant’Anna – 875 posti Foggia, Borgo Mezzanone – 856 posti Gorizia, Gradisca d’Isonzo – 138 posti Roma, Castelnuovo di Porto - 650 posti Trapani, Salina Grande - 260 posti

CIE (Centri di identificazione ed espulsione)

Così denominati con decreto legge 23 maggio 2008, n. 92, sono gli ex 'Centri di permanenza temporanea ed assistenza': strutture destinate al trattenimento, convalidato dal giudice di pace, degli stranieri extracomunitari irregolari e destinati all'espulsione. Previsti dall’art. 14 del Testo Unico sull’immigrazione 286/98, come modificato dall’art. 12 della legge 189/2002, tali centri si propongono di evitare la dispersione degli immigrati irregolari sul territorio e di consentire la materiale esecuzione, da parte delle Forze dell’ordine, dei provvedimenti di espulsione emessi nei confronti degli irregolari. Il Decreto-Legge n. 89 del 23 giugno 2011, convertito in legge n. 129/2011, proroga il termine massimo di permanenza degli stranieri in tali centri dai 180 giorni ( previsti dalla legge n. 94/2009) a 18 mesi complessivi.Attualmente i centri operativi sono 13:

Bari-Palese, area aeroportuale – 196 posti Bologna, Caserma Chiarini – 95 posti Brindisi, Loc. Restinco - 83 posti Caltanissetta, Contrada Pian del Lago – 96 posti Catanzaro, Lamezia Terme – 80 posti Crotone, S. Anna – 124 posti Gorizia, Gradisca d’Isonzo – 248 posti Milano, Via Corelli – 132 posti Modena, Località Sant’Anna – 60 posti Roma, Ponte Galeria – 360 posti Torino, Corso Brunelleschi – 180 posti Trapani, Serraino Vulpitta – 43 posti Trapani, loc Milo - 204 posti

Cittadinanza

In Italia, anche in ragione di un passato segnato da una rilevantissima emigrazione, vige un impianto normativo in materia di cittadinanza rigidamente orientato ai principi dello jus sanguinis, ovvero all’idea che la cittadinanza si trasmetta per discendenza e si traduca, quindi, in un insieme di diritti che spettano a una “comunità di discendenza” e non ad una “comunità territoriale”, come vorrebbero i principi dello jus soli, ormai largamente adottati dalla gran parte dei paesi di immigrazione (da ultimo la Germania).

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Le principali modalità di accesso alla cittadinanza italiana da parte dei cittadini stranieri sono quindi sostanzialmente due: la lungoresidenza (almeno 10 anni per i cittadini non comunitari, 4 anni per i comunitari, 5 per apolidi e rifugiati, l. 91/1992, art. 9) e il matrimonio con un cittadino italiano (art. 5), mentre, secondo l’art. 2, lo straniero nato in Italia può richiedere la concessione della cittadinanza italiana solo al compimento del 18° anno, ed entro un anno da quella data, se in grado di soddisfare alcuni requisiti, primo tra tutti la residenza ininterrotta (e certificata) sul territorio nazionale.

Nel corso del 2010 sono stati 40.084 gli stranieri che hanno acquisito la cittadinanza italiana a seguito di lungoresidenza (18.593) o di matrimonio con un cittadino italiano (21.630), un numero pressoché invariato rispetto al 2009 (+0,3%), ma più che quadruplicato rispetto al 2000, quando se ne contavano appena 9.594, e aumentato di quasi sette volte se si considerano anche le pratiche di diretta competenza dei Comuni (relative in primo luogo ai minori stranieri nati in Italia che raggiungono la maggiore età), che portano il numero complessivo delle concessioni registrate nel 2010 a 65.938.

Secondo l’ISTAT, al 2009 sarebbero circa 726mila i cittadini stranieri non comunitari in possesso del requisito della residenza continuativa di 10 anni e circa 550mila le acquisizioni totali conteggiate (cui si aggiungono le 66mila del 2010): livelli sicuramente rilevanti, che attestano la fase ormai matura che attraversa l’Italia come paese di immigrazione, ma inferiori al numero delle acquisizioni di cittadinanza registrate in un solo anno nell’UE a 27 (776mila nel 2009, di cui il 26% in Gran Bretagna, il 18% in Francia e il 12% in Germania).

Il “ritardo” dell’Italia è legato a un impianto giuridico che sembra riflettere, a differenza degli altri grandi paesi europei d’immigrazione, un’idea di cittadinanza concepita, più che come un fattore di integrazione capace di favorire i processi di inclusione su un piano di pari opportunità, come un elemento che rimarca la distanza tra chi è dentro e chi è fuori dall’ambito del pieno riconoscimento dei diritti. [Tratta da Comunicare l’immigrazione]

CLIL (Content and Language Integrated Learning)

CLIL è un termine creato nel 1994 da David Marsh e Anne Maljers come metodologia simile ma distinta dalla language immersion e dalla CBI (Content-Based Instruction). Si tratta di un approccio a contenuti oggetto di apprendimento realizzato attraverso una lingua straniera, determinando quindi l’apprendimento sia della nuova lingua sia dei contenuti. L’idea dei proponenti era quella di creare un “termine-ombrello” che racchiudesse differenti forme di uso della lingua come mezzo di insegnamento. Il CLIL è stato ritenuto molto importante dalla Commissione europea perché “può fornire efficaci opportunità per gli allievi di usare le abilità in una nuova lingua, piuttosto che acquisirle ora per utilizzarle dopo. Apre le porte sulle lingue per un più ampio ventaglio di categorie di apprendenti, rafforzando l’autostima nei giovani e in quanti non sono riusciti a rispondere all’insegnamento formale delle lingue nel loro generale curriculum scolastico. Consente di confrontarsi con la lingua senza dovervi dedicare un tempo supplementare nel programma di studio, particolare di grande interesse nella formazione professionale.” La Commissione europea ha inoltre deciso di promuovere la formazione dei docenti per “sviluppare le competenze linguistiche in generale e promuovere così l’insegnamento di materie non-linguistiche direttamente in lingue straniere”(Commission Of The European Communities Promoting Language Learning and Linguistic Diversity: An Action Plan 2004 – 2006; Journal of the European Union Council Resolution of 21 November 2008 on a European strategy for multilingualism).

CBT (Computer-Based Training)

È un termine-cornice che si riferisce all’uso dei computer nel processo sia didattico sia di gestione delle dinamiche di insegnamento e apprendimento. Sotto l’etichetta di CBT vanno ricompresi CAI (computer-assisted

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instruction) e CMI (Computer-Managed Instruction). [traduzione di CBT, da The Infoline Dictionary of Basic Trainer Terms, ASTD American Society for Training and Learning, May 2011]

Comunità di praticaLa Comunità di pratica è un gruppo di persone che condividono un interesse comune in un’area di competenza e vogliono condividere le esperienze emerse nel praticarla. [traduzione di Community of Practice, da The Infoline Dictionary of Basic Trainer Terms, ASTD American Society for Training and Learning, May 2011]

L’Accademia della Crusca su Cooperare / collaborare

Era stata posta una domanda all’Accademia se ‘cooperare’ e ‘collaborare’ siano sinonimi. Manuela Manfredini offre una riposta chiarendo che ‘collaborare’ arriva in italiano soltanto all’inizio dell’Ottocento e contiene la radice lavorare per cui chi impiega questa forma “fa riferimento allo svolgimento di professioni o di attività che non siano regolate da rapporto dipendente e che possono spesso avere un carattere di prestazione d’opera”. Cooperare è invece attestato in italiano fin dal XIII secolo ed ha sostanzialmente un solo significato, quello di ‘operare con altri per il conseguimento di un fine materiale o ideale, per la realizzazione di un effetto’. L’accento è dunque sull’agire, sul fare insieme per finalità che hanno una ricaduta positiva. In ‘collaborare’ questa sfumatura etica può anche non esserci, perché la collaborazione può essere legata soltanto al normale rapporto di lavoro o anche ad attività fatte per il proprio tornaconto.

Ma per saperne di più vedi al numero 44 del semestrale La Crusca per voi, aprile 2012, pagine 10 e 11, alla Sezione Quesiti e risposte..

Corso coordinato

Un corso coordinato è un’attività didattica concordata fra un Centro Territoriale Permanente (CTP) nel territorio romano e una Scuola di volontariato della rete delle ScuoleMigranti. Sulla base di un protocollo sottoscritto dal CTP e dalla Scuola, quest’ultima organizza – interamente a proprie spese - un corso finalizzato al raggiungimento della competenza linguistica di livello QCER (Quadro Comune Europeo di Riferimento) A2 e B1. Attraverso appositi incontri tecnici la Scuola definisce d’intesa con il CTP il lessico e il sillabo che fanno parte del programma. Al termine del corso gli studenti hanno accesso a una fase finale di accertamento del livello di competenza linguistica raggiunto (Comprensione orale, comprensione scritta, interazione orale per i livello A2; Comprensione orale e scritta, Produzione scritta, interazione orale per il livello B1). La fase di accertamento viene concordata fra il referente del CTP e il referente della Scuola in appositi incontri tecnici. Ordinariamente si svolge presso la sede del CTP ed è curata da una Commissione mista con esponenti del CTP e della Scuola. Allo studente che abbia seguito il corso con regolarità e abbia sostenuto le prove di verifica finale in modo corretto viene rilasciato un titolo che attesta il raggiungimento di un livello di conoscenza della lingua italiana relativo al livello A2 o al livello B1 del QCER in funzione del rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.

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CPIA Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti.

Costituiti a norma dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, Regolamento DPR 263/12, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 25 febbraio 2013, n. 47. Rappresenta un’evoluzione dei CTP (v.) recando le norme generali per la ridefinizione dell'assetto organizzativo e didattico, compresi i corsi serali. Si prevedono 128 istituzioni autonome che si occuperanno di un percorso per il conseguimento del titolo di studio conclusivo del primo ciclo, della certificazione attestante le competenze di base connesse all’obbligo di istruzione e dell'apprendimento della lingua italiana (L2). È anche previsto un percorso per il conseguimento del diploma superiore di istruzione tecnica, professionale e artistica i cui corsi però rimarranno "incardinati" nelle istituzioni scolastiche che li ospitano.dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono stati definiti con il

CTI Centri Territoriali per l’Inclusione.

Previsti dalla circolare ministeriale n. 8 del 2013, “potranno essere individuati a livello di rete territoriale” (ed essere richiesti anche da una singola Scuola)“e dovranno collegarsi o assorbire i preesistenti Centri Territoriali per l’integrazione Scolastica degli alunni con disabilità” (CTH e CTRH)

CTP Centri Territoriali Permanenti

I CTP sono stati istituiti nel 1997 con lo scopo di favorire il rientro in formazione dei cittadini adulti, far acquisire loro un titolo di studio, orientare e ri-orientare nel sistema dell’istruzione e della formazione professionale. Possono iscriversi ai CTP tutti i cittadini italiani e/o stranieri che abbiano compiuto i 15 anni di età. Gli adulti che intendono rientrare in formazione hanno la possibilità di frequentare diversi percorsi. Sono evoluti nei CPIA (Centri Provinciali per l’Istruzione degli adulti) (v.)

CTS Centri Territoriali di Supporto

Previsti dalla circolare ministeriale n. 8 del 2013 a livello provinciale, hanno il “ruolo fondamentale” di costituire l’interfaccia fra l’Amministrazione e le scuole e tra le scuole stesse nonché la rete di supporto al processo di integrazione, allo sviluppo professionale dei docenti e alla diffusione delle migliori pratiche.

Decreto flussi

Secondo il Testo unico sull’immigrazione, l’ingresso in Italia per motivi di lavoro subordinato e autonomo, salvo le deroghe per alcune categorie (lavoratori altamente qualificati e infermieri, ad esempio), può avvenire solo nell’ambito delle quote d’ingresso annuali ufficialmente stabilite. Il decreto flussi, quindi, è lo strumento con cui la Presidenza del Consiglio dei Ministri, determinando tali quote, programma la venuta di forza lavoro aggiuntiva dall’estero, dopo aver sentito il parere delle Regioni.La determinazione annuale fa riferimento al documento di Programmazione triennale, da sottoporre all’approvazione del Parlamento, che indica le linee da seguire in materia di immigrazione, come anche le misure di carattere economico e sociale nei confronti degli stranieri soggiornanti. In concreto, molto spesso il numero degli ingressi previsti è stato determinato in misura inferiore all’effettivo fabbisogno, per cui i lavoratori sono stati recuperati in occasione delle regolarizzazioni. Anche qualora non si

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ignori il bisogno effettivo, risulta rigido il meccanismo per l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro e, in realtà, i lavoratori si trovano molto spesso già in Italia, impiegati in nero dai loro datori di lavoro (che, del resto, hanno l’esigenza di conoscerli di persona prima di offrire loro un’occupazione), per cui le quote vengono utilizzate di fatto come una regolarizzazione.Le procedure risultano di difficile gestione anche perché le quote si suddividono tra i lavoratori originari di paesi legati all’Italia da accordi e lavoratori di paesi che non lo sono.Inoltre, poiché il tempo che hanno i datori di presentare domanda di assunzione attingendo alla quota annuale prevista è breve e la priorità dell’accettazione delle domande è determinata in base alla data di presentazione (o meglio in base alla rapidità del loro invio on-line, nel cosiddetto “click day”), si determinano veri e propri ingorghi amministrativi.Non bisogna neppure dimenticare che l’adozione dei decreti può avvenire con ritardo e ciò è particolarmente dannoso nel caso dei lavoratori stagionali, la cui assunzione è urgente per poter effettuare lavori agricoli concentrati in un breve periodo dell’anno. L’attuale sistema privilegia la priorità temporale (e quindi la casualità) e non quella qualitativa, coerentemente – del resto – con la domanda oltremodo elevata, in Italia, di manodopera bassamente qualificata. Un altro limite si ravvisa nel fatto che a fronte di quote di nuovi lavoratori non si è potenziata la capacità di accoglienza, mettendo a disposizione risorse adeguate per le politiche di formazione e integrazione in Italia.Nel decreto per il 2010 (adottato nel mese di dicembre, e quindi di fatto valido per il 2011), su 98.080 posti previsti, quasi la metà è stata riservata ai paesi convenzionati con accordi di riammissione e i 50.000 posti residui sono stati quasi interamente destinati a colf e badanti.

DIL (Didactique Intégrée des Langues)

La didactique intégrée des langues è una modalità didattica orientata ad aiutare l’apprendente a stabilire dei legami tra un numero limitato di lingue oggetto di apprendimento in un determinato curriculum scolastico. Il DIL si basa sull’idea centrale di basarsi sul conosciuto per affrontare il meno conosciuto: quindi la lingua della scolarizzazione per avvicinarsi a una prima lingua straniera, la prima lingua straniera per avvicinarsi a una seconda e così via, non dimenticando gli effetti retroattivi di tali sinergie anche sulla stessa lingua madre degli allievi. Si hanno quindi due (o tre o quattro) lingue che sono oggetto di “lavoro” allo stesso tempo.

DSA Disturbi Specifici dell’Apprendimento.

Sono i disturbi che creano difficoltà nel leggere (dislessia), nello scrivere (disgrafia), nel passare dal linguaggio parlato al linguaggio scritto (disortografia), nel calcolo (discalculia). Meno noto è l’ADHD (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder) o DDAI (Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività) che è un disturbo evolutivo dell’autocontrollo(difficoltà di attenzione e concentrazione, di controllo degli impulsi e del livello di attività).

Fattori di spinta e attrazione (push and pull factors)

Le migrazioni internazionali sono il risultato di fattori strutturali che, a livello planetario, dipendono dall’assetto economico, politico e sociale dei paesi di partenza e di quelli di arrivo, influendo sull’ambiente, sui costumi, sugli stili di vita e sui rapporti umani. L’avversione all’immigrazione si alimenta, spesso, con la scarsa conoscenza delle cause globali del fenomeno. Sulla spinta, talvolta definita anche “espulsione”, influiscono diversi fattori, tra i quali si segnalano:

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- le differenze di reddito tra le diverse aree del pianeta, che portano singoli e nuclei familiari a cercare condizioni di vita migliori nelle aree di maggior benessere;- gli sconvolgimenti ambientali (desertificazioni, deforestazioni, alluvioni, siccità ecc.), che a volte determinano spostamenti di intere popolazioni;- le violenze e i conflitti (civili, militari, etnici, religiosi), che causano fughe di massa o di singoli come richiedenti asilo;- l’aumentato livello di formazione che, allargando gli orizzonti, induce molti a inserirsi in contesti più promettenti.Diversi sono anche i fattori di attrazione:- il fabbisogno di manodopera aggiuntiva dall’estero da parte del mercato del lavoro nei Paesi a sviluppo avanzato (complice anche l’invecchiamento demografico interno), in particolare per impieghi meno graditi agli autoctoni per il basso livello retributivo e l’elevata pesantezza (mercato del lavoro duale);- eventuali canali di ingresso e di inserimento agevolati per i nuovi immigrati (ad esempio, prima degli anni ’90 in Italia non serviva il visto e attualmente molti paesi riservano corsie preferenziali ai lavoratori qualificati);- l’attivazione di quote di ingresso annuali o di regolarizzazioni;- le collettività già insediate sul posto, che fungono da richiamo tramite le cosiddette “catene migratorie”;- l’azione delle ONG a favore dei migranti, come fattore rassicurante (riferimento per farsi aiutare).Nell’odierno mondo globalizzato è più agevole progettare di spostarsi, sia perché le aree del benessere sono conosciute attraverso i mass-media, sia perché gli spostamenti sono più facili, tanto attraverso canali legali quanto ricorrendo a trafficanti di manodopera.Non sono le situazioni di povertà estrema (salvo le fughe dettate dalla sopravvivenza) a configurarsi come il fattore maggiormente determinante delle migrazioni economiche internazionali, rese possibili dalla disponibilità di un certo capitale iniziale, dato che la decisione di partire comporta l’utilizzo di risorse finanziarie spesso notevoli, le quali possono essere raccolte dalla rete familiare allargata, anche contraendo pesanti debiti. Si riscontra anche il passaggio prima da un’area rurale alle città e poi da queste a un paese estero. [Tratta da Comunicare l’immigrazione]

FIMEM Fédération Internationale des Mouvements d’Ecole Moderne

La FIMEM (http://www.fimem-freinet.org/), è un'associazione di movimenti nazionali, presenti in tutto il mondo, che fanno riferimento alla pedagogia popolare e all'educazione attiva, la pedagogia Freinet, con la quale fin dagli inizi del XX secolo, Célestin e Elisa Freinet hanno cercato di stabilire dei collegamenti tra insegnanti e dei rapporti di cooperazione a livello internazionale ispirandosi ai principi e alle tecniche seguenti: il metodo naturale di apprendimento garantisce la liberazione di tutta l'energia creatrice e il rispetto del patrimonio culturale degli alunni e degli insegnanti; il tentativo sperimentale e l'organizzazione del lavoro pianificata, introdotti fin dai primi anni di scolarità, aiutano il bambino a sviluppare le proprie attitudini per la ricerca scientifica; la valorizzazione della libera espressione consente un reale scambio tra bambini di culture diverse; l'organizzazione cooperativa della classe contribuisce attivamente allo sviluppo della socializzazione e della solidarietà fra i bambini. Il testo libero, la corrispondenza, la stampa, il giornale scolastico, l'esposizione, i mezzi audiovisivi così come l'impiego critico delle nuove tecnologie di comunicazione e di produzione permettono al bambino di essere a contatto con la realtà del mondo del XXI secolo.

Formazione Attiva

La Formazione Attiva è un approccio alla formazione che assicura un attivo coinvolgimento degli apprendenti nel processo. È basato sull’approccio del lavoro cooperativo in cui i partecipanti imparano l’uno dall’altro in coppie o piccoli gruppi. Alcuni esempi di Formazione Attiva includono la discussione di gruppo, i giochi, le simulazioni e il role play. [traduzione di Active Training, da The Infoline Dictionary of Basic Trainer Terms, ASTD American Society for Training and Learning, May 2011]

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Generazione touch (0-3 anni)

Non usano il mouse ma soltanto testi e schermi sensibili, esattamente come nei giochi per la prima infanzia. Tra loro e il pc non esiste più alcuna barriera

GLI Gruppo di Lavoro per l’Inclusione

Previsto dalla circolare n. 8/2013, opera con le seguenti funzioni: • rilevazione dei BES presenti nella scuola;• raccolta e documentazione degli interventi didattico-educativi posti in essere anche in

funzione di azioni di apprendimento organizzativo in rete tra scuole e/o in rapporto con azioni strategiche dell’Amministrazione;

• focus/confronto sui casi, consulenza e supporto ai colleghi sulle strategie/metodologie di gestione delle classi;

• rilevazione, monitoraggio e valutazione del livello di inclusività della scuola;• raccolta e coordinamento delle proposte formulate dai singoli GLH Operativi sulla base delle

effettive esigenze, ai sensi dell’art. 1, c. 605, lettera b, della legge 296/2006, tradotte in sede di definizione del PEI come stabilito dall'art. 10 comma 5 della Legge 30 luglio 2010 n. 122;

• elaborazione di una proposta di Piano Annuale per l’Inclusività riferito a tutti gli alunni con BES, da redigere al termine di ogni anno scolastico (entro il mese di Giugno).

È collegato gerarchicamente (per l’organico di sostegno e l’assegnazione delle risorse) a: GLIP (Gruppo di Lavoro Interistituzionale Provinciale), GLIR (Gruppo di Lavoro Interistituzionale Regionale), UUSSRR (Uffici Scolastici Regionali).

Gruppi istituzionali per l’Integrazione

Il CDH (Centro Documentazione Handicap), il Gruppo o Polo H, presso l’Ufficio Scolastico Provinciale, che si evolve in CTH (Centro Territoriale Handicap) e quindi in CTRH (Centro Territoriale per le Risorse sulla Disabilità) (C.M. 139/01) il GLH operativo (Art 15 Legge 104/92), composto da dirigente scolastico, docente coordinatore, docenti curricolari e di sostegno, referente e personale ASL, genitori il GLH di Istituto (GLHI) gruppo di studio e lavoro costituito presso le singole scuole per programmare l’integrazione scolastica nella scuola e collaborare al PEI (v.) dei singoli alunni (Legge 104/92).

Per effetto della circolare n. 8/2013 i GLHI evolvono nei GLI Gruppi di Lavoro per l’Inclusione (v.)

Ibn Battuta

Ibn Baṭūṭah (Ibn Battuta) ( بطوطة ابن ) (25 Febbraio 1304 – 1368 o 1369) è stato un esploratore berbero. Conosciuto per i suoi viaggi, la cui cronaca venne raccontata nella Rihla, letteralmente il “viaggio”, in trent’anni Ibn Battuta visitò la maggior parte del mondo islamico allora conosciuto nonché numerosi paesi non islamici. I suoi viaggi

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fattori fisici

fattori contestuali

ambientali personali

CorpoFunzioni corporee

Strutture corporee

Capacità

PerformanceAttività personali Integrazioni

Partecipazione sociale

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furono in Nord Africa, nel Corno d’Africa, in Africa occidentale e nell’Europa dell’est, in Medio Oriente, Asia centrale, meridionale, sudorientale e Cina.

Al pari del suo quasi contemporaneo Marco Polo (1254-1324) è considerato uno dei più grandi viaggiatori di tutti i tempi (si calcola che abbia percorso 117.500 chilometri, visitando equivalente di 44 paesi odierni). [elaborazione redazionale su dati di Wikipedia]

ICF International Classification of Functioning, Disability and Health

Indicato dalla Circolare ministeriale n° 8 del 2013 come “strumento strutturato” utile per l’individuazione e classificazione dei BES (Bisogni Educativi Speciali), è il modello concettuale proposto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per una diagnosi funzionale educativa.Principio di base è che la situazione di salute di una persona è la risultante globale delle reciproche influenze tra diversi fattori; ogni situazione perciò va letta e compresa in modo olistico e complesso.

Si evidenzia da una parte la funzione dei fattori fisici (dotazione biologica ) e contestuali (l’ambiente in cui si cresce - relazioni, culture l’identità psicologica dell’individuo - autostima, identità, motivazioni . Nella dialettica tra queste due classi di forze si trova la persona con il suo corpo, come concretamente è fatto, come realmente funziona, come sa agire in base a competenze e abilità e come si integra socialmente. Quando questo quadro risulta armonico, la persona è sana e funziona bene; diversamente insorgono malattie, disabilità o comunque fattori che possono determinare problemi educativi, sociali e di emarginazione.

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Immigrazione irregolare

La presenza irregolare, in quanto tale, sfugge a un inquadramento quantitativo certo e a un qualsiasi monitoraggio che abbia le caratteristiche della durevolezza e della completezza.Le stime più accreditate avvalorano la presenza, alla fine del 2010, di circa 443mila stranieri irregolarmente soggiornanti in Italia (nemmeno 1 ogni 10 regolari), mentre i dati ministeriali sulle attività di contrasto del fenomeno attestano, nel corso del 2010, l’intercettazione di 50.717 persone in posizione irregolare (di cui 20.287 allontanati) e il trattenimento nei Cie di 7.039 migranti (di cui 3.339 rimpatriati).Resta da precisare che l’immigrazione irregolare può verificarsi relativamente all’ingresso, al soggiorno o all’impiego nel paese di destinazione. Di conseguenza, in Italia, l’ingresso irregolare implica l’irregolarità del soggiorno e, quindi, dell’impiego.

Ingresso - I migranti che valicano irregolarmente le frontiere e si trattengono sul territorio dello Stato senza aver accesso ad alcun titolo di soggiorno valido sono una netta minoranza (il 36% della presenza immigrata irregolare secondo gli ultimi dati diffusi dal Min. dell’Interno nel 2006), al cui interno è a sua volta minoritaria la quota di coloro che giungono via mare (13%). Nel 2010 gli sbarchi irregolari hanno coinvolto 4.406 persone (36.951 nel 2008 e 9.573 nel 2009), un numero che ha superato le 50mila unità nel 2011, a seguito degli sconvolgimenti politici di Tunisia, Egitto e Libia. Si tratta di flussi che coinvolgono in larga parte persone in fuga: richiedenti asilo o altra forma di protezione internazionale (che possano o meno ottenere il relativo riconoscimento) e persone in cerca di sicurezza e protezione, che difficilmente hanno la possibilità di viaggiare con i documenti in regola.

Soggiorno - Uno straniero entrato regolarmente può a sua volta scivolare nell’irregolarità in seguito alla scadenza del visto o dello stesso permesso di soggiorno: si tratta dei cosiddetti overstayers, il 64% della presenza immigrata irregolare secondo le informazioni del Ministero dell’Interno (2006), una prevalenza che rende evidente come lo status di soggiornante irregolare/regolare sia una condizione spesso transitoria, dalla quale si esce e/o si entra con una certa facilità, tanto che spesso si parla di “porta girevole” della regolarità, proprio a sottolineare la labilità del confine tra l’una e l’altra condizione. Infine, può essere ricondotta a una forma di soggiorno irregolare anche la condizione del cittadino comunitario che si trattiene per più di tre mesi senza presentare domanda di iscrizione anagrafica o la cui richiesta sia stata respinta. L’irregolarità, però, appare in questo caso molto attenuata, viste le garanzie derivanti dallo status di cittadino comunitario.

Interlingua

Un'interlingua è la lingua che viene sviluppata da un discente che sta imparando una seconda lingua ma non l'ha ancora pienamente acquisita, preservando alcune caratteristiche della lingua nativa nel parlare o nello scrivere nella lingua bersaglio e apportando delle 'innovazioni'. Un'interlingua è peculiarmente basata sulle esperienze dei discenti con la L2 (seconda lingua). Può cristallizzarsi in qualsiasi fase del suo sviluppo. Larry Selinker propose la teoria dell'interlingua nel 1972, definendola come un sistema a sé stante, una lingua vera a propria che obbedisce a regole come tutte le lingue ed è il prodotto di una grammatica mentale, cioè di una serie di regole alcune riconducibili alla L1, altre alla L2, altre a meccanismi mentali universali (grammatica universale) in parte innati e inconsci, in parte consapevoli, che non è frutto dell’imitazione della L2 ma della competenza transitoria (conoscenza che si ha in un determinato momento), è provvisoria e soggetta ad adattamenti perché le sue regole possono mutare nel tempo. Si possono distinguere tre fasi:

Fase iniziale o pre-basica: l’apprendente inizia a produrre output utilizzando poche parole chiave ed

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avvalendosi di una grammatica elementare, formata da pochi elementi funzionali con valore pragmatico: negazione, asserzione, alcuni pronomi personali, congiunzioni e avverbi ad alta frequenza. Le desinenze vengono usate in modo asistematico, non c’è una vera e propria consapevolezza della parola che viene semplicemente ripetuta senza essere analizzata: organizzazione nominale dell’enunciato (priva di verbo), enunciati brevi ed elementari, ruotanti attorno a poche parole chiave, ricorre all’aiuto del nativo, a gesti, a riferimenti del contesto situazionale, alla prosodia.

Fase basica: l’apprendente presenta una varietà di base sempre connotata da pragmaticità, in cui comincia a comparire l’uso del verbo come nucleo della frase, anche se non ancora flesso, lessico più ricco, scarsità di parole-funzione (articoli, preposizioni), di morfologia verbale o nominale, usata con predominio di forma non marcate (in italiano ad es. il maschile singolare per tutti gli aggettivi). L’ordine dell’enunciato colloca la parte più informativa dell’enunciato alla fine dell’enunciato. Rare le subordinate.

Fase post-basica: è caratterizzata dalla flessione verbale e dalla comparsa della morfologia. In questa fase si sviluppano interlingue sempre più complesse: ci sono varietà intermedie che presentano fragilità negli ambiti più marcati di L2, fino a varietà avanzate che hanno sempre minori deviazioni rispetto alla lingua target, fino alle varietà quasi native.[rielaborazione da contenuti di Wikipedia]

Knowles, Malcolm

Considerato il padre della Teoria dell’apprendimento degli adulti (v.), definì 6 assunti (v. in Andragogia) e pubblicò The Adult Learner: A Neglected Species, nel 1973. [traduzione di Knowles, Malcolm, da The Infoline Dictionary of Basic Trainer Terms, ASTD American Society for Training and Learning, May 2011]

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MaghrebIl termine Maghreb deriva dal verbo arabo “gharaba”, tramontare. La radice di riferimento è costituita dalle consonanti g, r, b dalla cui combinazione possiamo trovare diversi significati; “gharb” significa Occidente, ma, se si aggiunge una vocale, diventa “tramonto” (ghurub); con il suffisso “ma”, utilizzato per indicare il luogo, diventa il Maghreb, ovvero l’estremo occidentale del mondo arabo, il luogo dove tramonta il sole. Il Maghreb, dunque, in rapporto al mondo arabo-islamico, alla sua storia e civiltà, è il luogo dove tramonta il sole, cioè l’Occidente. Al termine al-Maghreb si contrappone al-Mashreq, con il quale si indica il Vicino Oriente (Siria, Libano, Giordania, Palestina, Iraq, Arabia Saudita) che per gli arabi è il luogo dove il sole sorge, dal verbo sharaqa, “sorgere”. In arabo questa vasta area geografica si definisce con l’espressione min al Khalij ilà al Muhit: dal Golfo (Persico) all’Oceano (Atlantico). [tratto da Leyla Dauki,Linee guida per un protocollo di accoglienza degli alunni stranieri e di mediazione linguistica e culturale, MCE-Fimem]

Il Maghreb è quindi costituito da Tunisia, Algeria. Marocco/Sahara occidentale. Con Libia e Mauritania abbiamo invece l’area definita Grand Maghreb. Il Sahara occidentale è oggetto di un’annosa disputa. Come evidenziato nella cartina precedente e più dettagliatamente nella mappa di Philippe Rekacewicz1, l’area è ritenuta interamente marocchina dal Marocco, mentre l’ONU (dove il Sahara occidentale detiene un posto di osservatore) lo ha inserito nella lista dei territori non autonomi. Il Fronte Polisario dal canto suo ha dichiarato la costituzione della Repubblica democratica araba sahraui (RADS) nonché l’indipendenza. Il Marocco domina la maggior parte del territorio, mentre il Fronte Polisario controlla una zona dell’entroterra e una sottile striscia di terra al confine meridionale con la Mauritania. La divisione è consolidata dal muro marocchino - oltre 2720 km, il più lungo del mondo dopo la Muraglia cinese - con cui il Marocco ha costituito una struttura militare difensiva con bunker, fossati e campi minati. S’ è sviluppato in 6 fasi successive e ha diviso l’area in una zona , occidentale, più ricca di risorse del sottosuolo e di pesca sotto il controllo marocchino, e una, orientale, sotto il controllo del Fronte Polisario. Situazione tuttora in stallo, in attesa – dopo che la RADS ha abbandonato l’iniziativa militare - di un referendum di autodeterminazione che è stato però rinviato e ostacolato a più riprese.

Mandala

Dal sanscrito maṇḍala (मण्डल), letteralmente: «essenza» (maṇḍa) + «possedere» o «contenere» (la); tradotto anche come «cerchio-circonferenza», è una rappresentazione simbolica del processo di reintegrazione dell’esperienza individuale nell’unità primordiale del cosmo. Secondo i buddhisti rappresenta il processo mediante il quale il cosmo si è formato dal suo centro; attraverso un articolato simbolismo consente una sorta di viaggio iniziatico che permette di crescere interiormente. I buddhisti riconoscono che i veri Mandala possono essere solamente mentali, le immagini fisiche servono per costruire il vero Mandala che si forma nella mente della gente. È dunque un oggetto di meditazione,

1 Questa mappa è presentata, insieme ad altre 18, nel capitolo Confini, migranti e rifugiati. Studi cartografici, dossier Migrazioni e lavoro n. 4-5 (2008-2009) di Storicamente. Laboratorio di storia http://www.storicamente.org/07_dossier/migrazioni-e-lavoro.htm

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un “disegno” delle energie universali, quelle energie che agiscono sia nell’universo fuori di noi (macrocosmo) sia nell’universo dentro di noi (microcosmo).

Il mandala compare in tempi diversi e in ogni cultura visto che il più antico mandala sin qui conosciuto è una "ruota solare" paleolitica scoperta nell’Africa del sud. Ma esempi di mandala cristiani si trovano già nel primo Medioevo, mostrando per lo più Cristo nel centro ed i quattro evangelisti o i loro simboli ai quattro punti cardinali. Inoltre possiamo osservare figure mandaliche nei rosoni delle nostre chiese, nei labirinti, nelle forme di certi templi, come pure nei siti etruschi e romani. Anche la natura attorno a noi spesso si presenta sotto forme mandaliche: nella frutta, nelle pietre e nei fiori.Nella tradizione esoterica indiana lo strumento di supporto alla meditazione è lo Yantra (letteralmente, appunto, "strumento"). Lo Yantra è simile al Mandala, tuttavia le due tecniche si differenziano per la complessità: lo Yantra è molto più schematico, limitandosi ad usare figure geometriche e lettere in sanscrito, mentre nel Mandala sono rappresentati anche - in maniera talvolta particolareggiata - luoghi, figure ed oggetti. I monaci compongono le figure del mandala utilizzando sabbie finissime, come fossero i colori della tavolozza di un pittore. Quando finalmente hanno concluso il mandala, recitano un mantra e poi distruggono l’opera che hanno creato, perché il buddhismo insegna che la legge universale delle cose è l’impermanenza: tutto passa, niente è eterno. Perciò anche la distruzione di un mandala di sabbia – seppure così faticosamente e minuziosamente realizzato – insegna a chi guarda che tutto è impermanente, e che non dobbiamo rimanere attaccati a ciò che realizziamo.[elaborazione redazionale su dati Treccani, Wikipedia. www.milleorienti.com]

MCE Movimento di Cooperazione Educativa

Il Mce è nato in Italia nel 1951 sulla scia del pensiero pedagogico e sociale di Célestin ed Elise Freinet. All’indomani della guerra, nel momento di pensare alla ricostruzione, alcuni maestri quali G. Tamagnini, A. Fantini, A. Pettini, E. Codignola e più tardi B. Ciari, M. Lodi e tanti altri, si unirono attorno all’idea di una cooperazione solidale che diviene crescita e integrazione sociale. Costituisce un movimento di ricerca che pone al centro del processo educativo i soggetti per costruire le condizioni di un’educazione popolare, in quanto garanzia di rinnovamento civile e democratico (http://www.mce-fimem.it/home.html). Aderisce alla FIMEM, Fédération Internationale des Mouvements d’Ecole Moderne (http://www.fimem-freinet.org/).

Mendi (Sierra Leone / Gallinas / Lingua Mende)

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Il popolo Mendi, insieme ai Kisi e i Kono abita la parte sud-orientale della Sierra Leone. È una delle circa venti etnie della Sierra Leone, la più numerosa (circa il 30% degli oltre 6 milioni di abitanti) e influente dopo i Temne (circa il 35%), che si collocano però nella parte nord del paese. Fu in quell’area a sud della Sierra Leone e al confine con la Liberia, soprattutto nell’interno dove penetra il fiume Gallinas, che questo popolo subì nell’ ‘800 le incursioni dei negrieri che risalivano il fiume per catturare e rinchiudere gli schiavi nella fortezza di Lomboko, sulla costa, per trasportarli poi verso l’America.Parla la lingua mende che è una delle lingue principali di quello stato, assieme al temne e al krio. Oltre che dall’etnia Mendi, il mende è parlato da altre etnie residenti anche in alcune zone della Liberia. Nel 1921 Kisimi Kamara, un sarto di un villaggio della Sierra Leone, mise a punto un sillabario mende, detto kikakui, che ebbe inizialmente una discreta diffusione. Tuttavia il mende viene oggi prevalentemente scritto in caratteri latini. [elaborazione redazionale su dati di Wikipedia e altre fonti].

L’accademia della Crusca suMigranti

La parola migrante è attestata già dall'Ottocento nella sua funzione di participio presente del verbo migrare, quindi con il significato di 'chi si trasferisce momentaneamente o stabilmente dal suo paese d'origine'. Ha assunto invece un significato più specifico negli ultimi decenni con le nuovi grandi ondate migratorie, arrivando a indicare tutti coloro che lasciano il loro paese d'origine e si muovono alla ricerca di migliori condizioni di vita (nel nostro Paese e in molti altri Paesi europei) e ha sostituito progressivamente i più comuni emigrante e immigrato.

Il Consiglio d'Europa alla fine degli anni Ottanta si era posto il problema della scelta del termine con cui denominare gli "immigrati" che sempre più numerosi stavano arrivando nei paesi della CEE. Le indicazioni furono quelle di utilizzare immigrato e straniero, ma nonostante queste indicazioni, la lingua usata ha seguito percorsi diversi e decisamente più variegati. Molto diffuse sono rimaste anche le forme del participio presente immigrante, emigrante e migrante che, proprio per il modo e tempo verbale, svolgono la funzione di indicare lo svolgersi dell'azione e quindi la transitorietà dello status di chi viene così denominato.

Nell'archivio on-line di «Repubblica» si rintracciano articoli del 1987 in cui si parla dei "diritti del migrante". L’archivio on-line del «Corriere della Sera» parte dal 1992 e, a questa data, si trovano ormai molte attestazioni.

Rispetto a migrante, il termine emigrante pone l'accento sull'abbandono del proprio paese d'origine dal quale appunto si 'esce' (composto con il prefisso ex 'via da') per necessità e mantenendo un senso profondo di sradicamento su cui proprio quel prefisso ex sembra insistere. Migrante sembra invece adattarsi meglio alla condizione maggiormente diffusa oggi di chi transita da un paese all'altro alla ricerca di una stabilizzazione.

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Per saperne di più vai al pezzo su http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/migranti-respingimenti a cura di Raffaella Setti

Migranti digitali (18-25 anni)

In gran parte studenti universitari. Sono legati alla parola scritta e all’insegnamento frontale, alla passività dello schermo TV. Hanno scoperto dopo l’interattività e il digitale.

Millennials (14-18 anni)

Nati a cavallo tra i due secoli, ottimi conoscitori delle tecnologie, ma cresciuti in ambienti non ancora del tutto informatizzati e cresciuti nell’era delle TV.

Minori stranieri non accompagnati

I minori stranieri non accompagnati sono ragazzi e ragazze che si trovano fuori dal proprio paese di origine separati da entrambi i genitori o dal proprio principale tutore per legge o per consuetudine: necessitano quindi di una speciale protezione che garantisca loro condizioni di sicurezza e ne favorisca l’inserimento. Alcuni sono completamente soli, altri vivono con membri della famiglia allargata o altri adulti. A volte, lasciato il proprio paese con i genitori, rimangono privi di un adulto per loro responsabile in un momento successivo alla migrazione, ma più spesso viaggiano da soli. La legislazione italiana non comprende tra i minori stranieri non accompagnati – ai quali viene riconosciuto prima un permesso per minore età e poi per integrazione del minore (valido al massimo per un anno e rinnovabile fino alla maggiore età) – i minori richiedenti protezione internazionale, né i cittadini di un paese dell’UE (DPCM 9 dic. 1999, n. 535, art.1, comma 2).

Dal 1° gennaio all’8 luglio 2011, secondo i dati del Ministero dell’Interno (Dip. Pubblica Sicurezza-Dir. Centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere), sono arrivati in Italia, via mare, 2.506 minori non accompagnati; erano stati solo 40 quelli arrivati nello stesso periodo l’anno precedente. Sono sbarcati principalmente in Sicilia (2.143) e, in particolare, a Lampedusa (1.754), ma anche in Puglia (254) e in Calabria (91). La maggior parte proviene da Tunisia, Egitto, Mali, Ghana. Anche i dati forniti dal Comitato per i Minori Stranieri, che registra la presenza in Italia di minori provenienti da paesi extra-europei, arrivati o rintracciati sul territorio nazionale da soli e che non abbiano presentato domanda di protezione internazionale, confermano questo aumento. Il Comitato per i Minori Stranieri, costituito presso il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, è l’organo previsto dalla legge per vigilare sulle modalità di soggiorno dei minori stranieri temporaneamente ammessi sul territorio dello Stato e per coordinare le attività delle amministrazioni interessate.

Al 30 giugno 2011 i minori registrati erano 5.806, 1.152 in più di quelli rilevati alla stessa data dell’anno precedente. Nel solo mese di luglio, il numero è ulteriormente cresciuto di 534 unità. Sono prevalentemente maschi (94%) di età compresa tra i 16 e i 17 anni (77%), ma vi sono anche diversi quindicenni (12%), mentre 625 hanno tra i 7 e i 14 anni (10%). La maggior parte (5.508) sono collocati in strutture di accoglienza per minori; 76 risultano essere senza fissa dimora. Per quanto riguarda la protezione internazionale, nel 2010 sono stati 963 i

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minori soli accolti dal Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR).Ovviamente, i dati fanno riferimento esclusivamente ai minori identificati, mentre molti altri sfuggono dalle statistiche ufficiali e vivono in una condizione di invisibilità. [Tratta da Comunicare l’immigrazione]

L’Accademia della Crusca su:Respingimenti

La problematica dei minori non accompagnati è stata messa in luce nel rapporto di Human Rights Watch Turned Away – recensito in questo numero di QdSM - all’interno di una più generale valutazione delle politiche degli Stati in materia di richiesta di asilo e di respingimenti: il titolo in inglese del rapporto Turned away è stato tradotto “Respinti” in italiano. Sul concetto di “respingere” e sull’uso della parola Respingimenti l’Accademia della Crusca si esprime, con un parere di Raffaella Setti, rilevando “come nel corso dei secoli la parola sia stata impiegata soprattutto nella lingua burocratica per "il respingimento di una lettera, di una richiesta, di una pratica, di un ricorso, assumendo quindi una connotazione di formalità e astrazione che mal si adatta a un contesto in cui l'oggetto di tale azione è una o più persone.”. Recentemente la parola è entrata negli atti legislativi e amministrativi e se ne è registrata la valenza soprattutto in confronto con la parola “espulsione” (per approfondimenti cfr. http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/migranti-respingimenti).

NAI Allievi Neo Arrivati in Italia

Nativi digitali (3-12 anni)

Non hanno vissuto l’era analogica, non guardano più la TV, abitano in case con connessioni a Internet e grande disposizione di videogiochi.

Nigerini

Da non confondere con i Nigeriani della Nigeria, sono gli abitanti del Niger, stato dell'Africa Occidentale che confina a nord con l'Algeria e la Libia, ad est con il Ciad, a sud con la Nigeria ed il Benin e ad ovest con il Burkina

Faso e il Mali; è uno stato senza sbocco al mare. Deve il suo nome al fiume Niger che l'attraversa. La sua capitale è Niamey ed è uno degli ultimi 10 stati nel mondo per PIL pro capite. Situato nel medio continente africano, il Niger è composto per i 2/3 del territorio dal deserto del Sahara, inabitabile, che costituisce tutto il nord del paese. Il resto, sulle sponde del fiume Niger, presenta grandi savane dove è possibile allevare bestiame e praticare agricoltura di sussistenza. Nella parte

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sudorientale del paese si trova il Lago Ciad, che è condiviso con il Ciad, la Nigeria e il Camerun. Il clima del Niger è uno dei più caldi al mondo, tanto che la temperatura media supera facilmente i 30 °C.

PDP Piano Didattico Personalizzato

Ai sensi della Circolare Ministeriale n° 8 del 2013 è “…il percorso individualizzato e personalizzato … che ha lo scopo di definire, monitorare e documentare – secondo un’elaborazione collegiale, corresponsabile e partecipata - le strategie di intervento più idonee e i criteri di valutazione degli apprendimenti.” Fino ad oggi era usato prevalentemente per gli alunni con Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) e consentiva il ricorso all’uso di “strumenti compensativi” (es: tabelle, calcolatrice, computer, software specifici) e dispensativi (esonero o facilitazione in quelle attività rese dal Disturbo “più difficili” rispetto alla norma). Nell’ottica della nuova Circolare, il PDP prevede “progettazioni didattico-educative calibrate sui livelli minimi attesi per le competenze in uscita (di cui moltissimi alunni con BES, privi di qualsivoglia certificazione diagnostica, abbisognano), strumenti programmatici a carattere squisitamente di metodologie di studio alternative (ad esempio mappe mentali e concettuali, testi semplificati, testi multimediali, differenziazione quantitativa e/o qualitativa di tempi e strumenti nella didattica) per permettere anche agli studenti con BES di completare con successo il loro percorso scolastico. L’obiettivo quindi è raggiungere i medesimi obiettivi della classe attraverso “itinerari diversi”, che sappiano tener conto delle difficoltà come delle potenzialità di questi “alunni speciali”. Il PDP è adottato dal Consiglio di classe - nelle scuole primarie, tutto il team dei docenti - ; deve essere firmato dal Dirigente scolastico, dai docenti e dalla famiglia.

Gli elementi fondamentali di un PDP sono:didattico-strumentale. È l’invito cioè a servirsi

- la cura nel definire con precisione la situazione di partenza (dati personali, storia pregressa; individuazione e diagnosi certificata per disabilità e DSA; per l’area dello svantaggio decisione collegiale opportunamente motivata e documentata “sulla base di considerazioni pedagogiche e didattiche”;

- le programmazioni delle singole materie (con gli obiettivi disciplinari comuni e le strategie didattiche specifiche per il singolo caso, con eventuali misure dispensative e/o compensative; gli itinerari di lavoro, le figure istituzionali di riferimento; metodologie, tecniche e verifiche; modalità di coinvolgimento della famiglia; tempi di attuazione);

- il progetto operativo interistituzionale (tra operatori della scuola, servizi sanitari e sociali, familiari, associazioni, risorse del territorio)

PEI Piano Educativo Individualizzato

E’ la decisione formale e condivisa di individualizzare la programmazione didattica, semplificando e riducendo gli obiettivi rispetto a quelli del gruppo classe per adattarli alle potenzialità del singolo alunno; collegato al PDF (Piano Dinamico Funzionale), è in genere usato per gli studenti diversamente abili (legge n. 104/ 92), per cui viene previsto l'insegnante di sostegno. Differisce dal PDP (Piano Didattico Personalizzato) (v.) , il quale mantiene gli stessi obiettivi del gruppo classe in cui è inserito l’alunno, ma personalizza il modo di arrivarci, servendosi di canali diversi, di metodologie e attenzioni particolari e operando sugli strumenti, le modalità di intervento, i tempi e le modalità di verifica.

Permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo (ex carta di soggiorno)Stando a lungo in un paese, i migranti non comunitari desiderano acquisire un legame stabile che consenta di

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realizzare meglio il loro progetto migratorio; e a questa esigenza aveva risposto la legge 40/1998, prevedendo la concessione della carta di soggiorno dopo 5 anni di residenza (nel 2002 la condizione previa di residenza venne portata a 6 anni e poi di nuovo riportata a 5 anni come previsto a livello europeo).Dall’8 gennaio 2007, la carta di soggiorno per cittadini non comunitari è stata sostituita dal permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. Questo titolo di soggiorno è a tempo indeterminato e può essere richiesto solo da chi possiede un permesso di soggiorno da almeno 5 anni. La domanda per l’ottenimento va presentata presso gli uffici postali, ma ci si può recare anche presso i Comuni o avvalersi dell’assistenza degli istituti di Patronato.Sono diversi i requisiti da soddisfare per poter ottenere, pagando una determinata somma, questo documento: la dichiarazione dei redditi, un alloggio idoneo, la mancanza di pendenze con la giustizia, un lavoro in corso di svolgimento.La richiesta può essere presentata anche per il coniuge (maggiorenne) non legalmente separato e per i figli minorenni o comunque a carico, a condizione che il reddito conseguito sia sufficiente per mantenerli.Questo permesso può essere revocato in diversi casi: frode, espulsione, assenza prolungata oltre i 12 mesi, titolarità dello stesso permesso in un altro Stato membro.Non è possibile richiedere il permesso di soggiorno CE quando ci si trovi in Italia per motivi di studio, formazione professionale o ricerca scientifica; per soggiorni a titolo di protezione temporanea o per motivi umanitari; per asilo o in attesa del riconoscimento dello status di rifugiato; per possesso di un permesso di soggiorno di breve durata; come diplomatici, consoli, soggetti che godono di condizioni equiparate; come membri di rappresentanze accreditate presso organizzazioni internazionali di carattere universale. Dal 9 dicembre 2010 chi chiede il permesso CE deve superare un test di conoscenza della lingua italiana. I primi test sostenuti sono stati caratterizzati da andamenti differenziati a seconda delle aree territoriali: molto positivi, ad esempio, a Roma; con esiti negativi fino a un quinto dei candidati nel Nord. Questo è dipeso dalla metodologia di esame: quelli orali sono risultati più facili per gli immigrati, che apprendono l’italiano nelle conversazioni; quelli scritti di meno. Questa prima sperimentazione ha richiamato l’attenzione sulla necessità di ampliare le possibilità di studiare l’italiano, strumento fondamentale di integrazione, investendo mezzi e personale e attuando un più organico collegamento con il volontariato. La maggior parte dei cittadini non comunitari, essendo venuti di recente, non è ancora titolare di questo permesso.

POF Piano dell’Offerta Formativa

Secondo la definizione che ne dà il sito del MIUR “è la carta d'identità della scuola: in esso vengono illustrate le linee distintive dell'istituto, l'ispirazione culturale-pedagogica che lo muove, la progettazione curricolare, extracurricolare, didattica ed organizzativa delle sue attività.”

Protocollo di accoglienzaIl protocollo d'accoglienza è un documento che viene discusso e deliberato dal Collegio dei Docenti per definire una prassi condivisa, in tema di accoglienza di allievi neo arrivati (NAI), facilitare il loro ingresso e favorire un clima di accoglienza scolastica e sociale che prevenga e rimuova eventuali ostacoli al pieno inserimento, costruire un contesto favorevole all’incontro con le culture e con le “storie” di ogni individuo. Contiene criteri, principi e indicazioni sull'iscrizione e l'inserimento degli alunni venuti da altrove, definisce compiti e ruoli degli operatori scolastici; traccia le diverse possibili fasi dell'accoglienza, attività di facilitazione per l'apprendimento della lingua e dei saperi e le attività che favoriscono l’integrazione.

Quadro comune di riferimento europeo (QCER)

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Il Quadro Comune Europeo di Riferimento (QCER) è sia un sistema teorico-concettuale sia un documento di politica linguistica elaborato dal Consiglio d’Europa nel 1996 (versione on line in inglese, stampato in cartaceo nel 2001 in inglese e francese, tradotto in italiano nel 2002 da Bertocchi). E' stato creato per gestire e valorizzare le lingue in contatto.

Cosa offre il QCER?1) Fornisce un riferimento comune per l'elaborazione di sillabi, libri di testo , valido in tutta Europa2) illustra cosa gli apprendenti di una lingua devono saper fare con la lingua per poter comunicare e agire in maniera efficace; 3) stabilisce i livelli di competenza che tracciano un profilo dello stadio di apprendimento dell'apprendente; 4) sollecita un approccio orientato all'azione in cui lo studente/apprendente è attore sociale, e non ricettore passivo, che interagisce e porta a termini compiti con quella determinata lingua in determinati campi d'azione (domini) .

Quali sono gli scopi del QCER?1) offrire un meta-linguaggio (una batteria terminologica comune per il mondo dell'insegnamento e dell'apprendimento delle lingue)2) promuovere il plurilinguismo, l'intercultura, la mobilità tra nazioni3) promuovere la cooperazione tra istituzioni e sistemi educativi di tutta Europa4) offrire una base per il mutuo riconoscimento delle qualificazioni linguistiche, creando trasparenza5) assistere apprendenti, insegnanti, progettisti di corsi nel loro lavoro, nel loro percorso

2) Quali sono i livelli comuni di riferimento?

Il QCER si fonda su una chiara progressione verticale delle competenze linguistiche. Precisamente è formato da sei livelli (o descrittori) e tre profili di apprendente (basico, autonomo, competente). Ogni descrittore illustra cosa gli apprendenti di una lingua devono saper fare con questa per poter comunicare e agire in maniera efficace a un determinato stadio dell'apprendimento.

Ecco i livelli in sintesi:

Profilo A - basico:

A1 (Contatto/Breakthrough) L'apprendente di tale profilo può capire e utilizzare espressioni di uso quotidiano e frasi basilari per soddisfare bisogni di tipo concreto. Sa presentare sé stesso e gli altri ed è capace di fare domande e di rispondere su particolari personali (es. dove abita, le persone che conosce e le cose che possiede). Interagisce in modo semplice se il suo interlocutore è disposto a collaborare, parlando lentamente.

A2 (Sopravvivenza/Waystage) L'apprendente comprende frasi ed espressioni usate frequentemente in ambiti rilevanti (es. informazioni personali e familiari di base, fare la spesa, la geografia locale, l' occupazione). Comunica in attività semplici e di routine con uno scambio di informazioni su argomenti familiari e comuni. Sa descrivere semplicemente aspetti del suo background e dell'ambiente che lo circonda. Esprime bisogni immediati.

Profilo B-autonomo:

B1 (Soglia/Threshold) L'apprendente sa comprendere i punti chiave di argomenti familiari come la scuola e il tempo libero. Sa muoversi in quasi tutte le situazioni che potrebbero verificarsi durante un viaggio nel paese

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dove si parla la lingua. E' capace di produrre un testo semplice su argomenti che siano familiari o di interesse personale. Sa descrivere esperienze, eventi, sogni, speranze e ambizioni. Sa spiegare brevemente le ragioni delle sue opinioni.

B2 (Progresso/Vantage) L'apprendente comprendere le idee principali di testi complessi di tipo concreto e astratto. Comprende, inoltre, le discussioni tecniche del suo campo di specializzazione. Interagisce con spontaneità, rendendo possibile un'interazione naturale e senza sforzo per l'interlocutore. Produce un testo chiaro, dettagliato su molti argomenti e spiega un punto di vista articolando i suoi pro e i contro.

Profilo C - Competente

C1 (Efficacia/Effective operational proficiency) L' apprendente comprende un'ampia gamma di testi complessi e lunghi e ne sa riconoscere il significato implicito. Si esprime con scioltezza e naturalezza. Usa la lingua in modo efficace per scopi sociali, professionali e accademici. Produce testi ben costruiti, dettagliati su argomenti complessi, con un sicuro controllo della struttura testuale, compresi connettori ed elementi di coesione.

C2 (Padronanza/Mastery) L'apprendente comprende con facilità praticamente tutto. Sa riassumere informazioni da fonti sia parlate sia scritte. E' in grado di strutturare gli argomenti in una presentazione coerente. Sa esprimersi spontaneamente, in modo scorrevole e preciso, con attenzione alle sfumature di significato di ogni situazione.

Regolamento Dublino II

Il regolamento Dublino II (regolamento 2003/343/CE; in precedenza Convenzione di Dublino) è un regolamento europeo che determina lo Stato membro dell'Unione europea competente ad esaminare una domanda di asilo o riconoscimento dello status di rifugiato in base alla Convenzione di Ginevra (art. 51). È la pietra angolare del sistema di Dublino, costituito dal regolamento Dublino II e dal regolamento EURODAC, che istituisce una banca dati a livello europeo delle impronte digitali per gli immigrati clandestini nell'Unione Europea. Il regolamento di Dublino mira a "determinare con rapidità lo Stato membro competente [per una domanda di asilo]" sulla base del principio che un solo Stato è competente a esaminare una domanda di asilo e prevede il trasferimento di un richiedente asilo in tale Stato membro. Uno degli obiettivi principali del regolamento di Dublino è impedire ai richiedenti asilo di presentare domande in più Stati membri (cosiddetto asylum shopping). Un altro obiettivo è quello di ridurre il numero di richiedenti asilo "in orbita", che sono trasportati da Stato membro a Stato membro. Sono pertanto definiti determinati criteri oggettivi e gerarchizzati in modo da individuare, per ciascuna domanda di asilo, lo Stato membro competente: Principio dell'unità del nucleo familiare; Rilascio di permessi di soggiorno o visti; Ingresso o soggiorno illegali in uno Stato membro; Ingresso legale in uno Stato membro; Domanda presentata in una zona internazionale di transito di un aeroporto.

Criticità del Regolamento di Dublino sono individuate nel fatto che, poiché il primo paese di arrivo è incaricato di trattare la domanda, questo mette una pressione eccessiva sui settori di confine, dove gli Stati sono spesso meno in grado di offrire sostegno e protezione ai richiedenti asilo. Attualmente, coloro che vengono trasferiti in virtù di Dublino non sempre sono in grado di accedere a una procedura di asilo. Questo mette a rischio le garanzie dei richiedenti asilo di ricevere un trattamento equo e di vedere le proprie richieste d'asilo prese in adeguata considerazione.

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Inoltre, secondo il Consiglio europeo per i rifugiati e gli esuli (ECRE) e dell'United Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR), il sistema attuale non riesce a fornire una protezione equa, efficiente ed efficace. È stato dimostrato in diverse occasioni sia da ECRE sia da UNHCR, che il regolamento impedisce i diritti legali e il benessere personale dei richiedenti asilo, compreso il diritto a un equo esame della loro domanda d'asilo e, ove riconosciuto, ad una protezione effettiva. Esso conduce inoltre ad una distribuzione ineguale delle richieste d'asilo tra gli Stati membri.

L'applicazione del regolamento può seriamente ritardare la presentazione delle domande e può risultare in richieste d'asilo che non vengono mai prese in considerazione. Le cause di preoccupazione includono anche l'uso della detenzione per il trasferimento dei richiedenti asilo dallo Stato in cui fanno domanda allo stato ritenuto competente (c.d. Dublin transfer), la separazione delle famiglie e la negazione di una effettiva possibilità di ricorso contro i trasferimenti. Il regolamento è stato criticato anche dal Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa in quanto non in grado di garantire i diritti dei rifugiati.

Regolamento Dublino III (Ue n. 604/2013)È pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il Regolamento (UE) n. 604/2013 che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide. Il Regolamento, che andrà a breve ad abrogare il Regolamento (CE) 343/2003, detto Dublino II, modifica alcune delle disposizioni previste per la determinazione dello Stato membro UE competente all’esame della domanda di protezione internazionale e le modalità e tempistiche per la determinazione. Il regolamento dovrà essere recepito dagli stati membri entro il 20 luglio 2015.

Rimangono invariati alcuni dei punti previsti dal precedente Regolamento (vedi Glossario sul n° 2/2013)Come per il precedente, il Regolamento ha l’obiettivo di contrastare un doppio fenomeno. Da un lato intende impedire che nessuno Stato si dichiari competente all’esame della domanda di protezione internazionale, privando così il rifugiato del diritto di accedere alla procedura amministrativa prevista per il riconoscimento dello status, dall’altro si pone come obiettivo quello di impedire i movimenti interni all’UE dei richiedenti protezione, dando agli Stati e non alle persone la facoltà di decidere in quale Stato la persona debba veder esaminata la domanda.

Le principali novità del Dublino III sono:

Modifica delle definizioni di familiari. Introducendo una definizione più ampia di familiari del minore, facendo riferimento al padre, alla madre o ad altro adulto responsabile e introducendo la definizione di parenti.

Ampliamento delle figure riconosciute per i ricongiungimenti. Sono state introdotte norme a maggior tutela del minore, con l’ampliamento delle figure alle quali il minore può, se vuole, essere ricongiunto, che non saranno più solo i genitori, ma anche un fratello o un parente (zio, zia, nonno o nonna). Rimane fermo il fatto che in caso di mancanza di un parente è competente il paese nel cui il minore ha presentato la domanda.

Persone a carico e clausole discrezionali. Sono state introdotte misure di maggior favore nel caso di persone che dipendono dall’assistenza di familiari per particolari condizioni di salute. (Art. 16) Laddove a motivo di una gravidanza, maternità recente, malattia grave, grave disabilità o età avanzata un richiedente sia dipendente dall’assistenza del figlio, del fratello o del genitore legalmente residente in uno degli Stati membri o laddove un figlio, un fratello o un genitore legalmente residente in uno degli Stati membri sia dipendente dall’assistenza del richiedente, gli Stati membri lasciano insieme o

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ricongiungono il richiedente con tale figlio, fratello o genitore, a condizione che i legami familiari esistessero nel paese d’origine, che il figlio, il fratello, il genitore o il richiedente siano in grado di fornire assistenza alla persona a carico e che gli interessati abbiano espresso tale desiderio per iscritto.

Sono stati inseriti i termini anche per la procedura di ‘ripresa in carico’ (ovvero il caso in cui il richiedente asilo abbia già presentato una domanda di protezione internazionale in uno Stato membro ed abbia poi successivamente presentato una seconda richiesta presso un altro Stato). Il combinato disposto degli artt. 16 e 20 del Regolamento CE 343/2003 prevede che il cittadino extracomunitario debba essere ritrasferito nello Stato in cui ha presentato la prima domanda di asilo ma non prevede termini; con il Dublino III, è introdotta una tempistica da rispettare

È possibile il trattenimento del richiedente per pericolo di fuga. È introdotto lo scambio di informazioni sanitarie a tutela del richiedente.

Il Regolamento prevede lo scambio di informazioni sanitarie prima del trasferimento al fine di garantire l’assistenza sanitaria al richiedente al momento dell’accoglienza nel paese competente. Sono disposte misure molto precise rispetto a chi può trattare i dati sensibili e sulla modalità e durata di archiviazione per garantirne la riservatezza.

Effetto sospensivo del ricorso. Nel caso di decisione di trasferimento fra Stati, questa deve essere comunicata al richiedente. Il richiedente ha diritto ad un ricorso effettivo. Secondo il nuovo regolamento il ricorso deve avere effetto sospensivo, misura non prevista nel precedente. E’ stata così introdotta nella normativa una modifica sostanziale richiesta da anni da tutte le organizzazioni di tutela dei richiedenti e dei rifugiati.La tutela legale deve essere garantita gratuitamente allo straniero che non possa assumerne i costi.

Resilienza

È un termine che assume significati diversi a seconda della disciplina in cui viene usato. Così in ingegneria, la resilienza è la capacità di un materiale di resistere a forze impulsive (ovvero, della capacità di resistere ad urti improvvisi senza spezzarsi), mentre in informatica, è la capacità di un sistema di adattarsi alle condizioni d'uso e di resistere all'usura in modo da garantire la disponibilità dei servizi erogati. In ecologia e biologia la resilienza è la capacità di un ecosistema, inclusi quelli umani come le città, o di un organismo, di ripristinare l'omeostasi, ovvero la condizione di equilibrio del sistema, a seguito di un intervento esterno (come quello dell'uomo) che può provocare un deficit ecologico, ovvero l'erosione della consistenza di risorse che il sistema è in grado di produrre rispetto alla capacità di carico.In psicologia, la resilienza viene vista come la capacità dell'uomo di affrontare le avversità della vita, di superarle e di uscirne rinforzato e addirittura trasformato positivamente.Persone resilienti sono quindi coloro che immerse in circostanze avverse riescono, nonostante tutto e talvolta contro ogni previsione, a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla propria esistenza e perfino a raggiungere mete importanti.Applicato a un'intera comunità, anziché a un singolo individuo, il concetto di resilienza si sta affermando nell'analisi dei contesti sociali successivi a gravi catastrofi di tipo naturale o dovute all'azione dell'uomo quali, ad esempio, attentati terroristici, rivoluzioni o guerre. Vi sono difatti processi economici e sociali che, in conseguenza del trauma costituito da una catastrofe, cessano di svilupparsi restando in una continua instabilità e, alle volte, addirittura collassano, estinguendosi. In altri casi, al contrario, sopravvivono e, anzi, proprio in conseguenza del trauma, trovano la forza e le risorse per una nuova fase di crescita e di affermazione.

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Nel Glossario del n° 3 dei Quaderni era presente la voce Resilienza. Tra l’altro si evidenziava come, “applicato a un'intera comunità, anziché a un singolo individuo, il concetto di resilienza si stia affermando nell'analisi dei contesti sociali successivi a gravi eventi quali, ad esempio, attentati terroristici, rivoluzioni o guerre. Vi sono difatti processi economici e sociali che, in conseguenza del trauma costituito da una catastrofe, cessano di svilupparsi restando in una continua instabilità e, alle volte, addirittura collassano, estinguendosi. In altri casi, al contrario, sopravvivono e, anzi, proprio in conseguenza del trauma, trovano la forza e le risorse per una nuova fase di crescita e di affermazione”.Su la Repubblica del 29 giugno, Alessandro Baricco (Saper perdere. Come rivalutare i fallimenti e trasformarli in momenti di vera felicità, testo per le Conversazioni di Capri, 30 giugno 2013) cita in proposito una tesi espressa in un saggio dal titolo La cultura dei vinti (l’autore è Wolfgang Schivelbusch). La tesi è che, all’indomani di grandi scontri militari, a risultare più vitali, forti e veloci a rimettersi in moto sono i popoli sconfitti. Il saggio cita i casi del Sud degli USA dopo la guerra di secessione, la Francia dopo Sedan e la Germania dopo la Prima Guerra Mondiale, e – tornando a tempi antichissimi con la guerra di Troia – riscontra le innumerevoli disgrazie che incontrarono i vincitori tornando in patria e invece la presenza dei troiani in almeno tre miti di fondazione: la romanità con Enea; la Francia che, secondo una popolare leggenda del VI secolo, deve la sua fondazione a Francio, uno dei figli di Priamo; l’Inghilterra che – secondo la testimonianza di Goffredo di Monmouth (storico inglese, 1100-1155), conclude Baricco – deve la sua fondazione a Bruto, uno dei nipoti di Enea. (ss)

Sfondo integratore

Uno dei costrutti più noti elaborati nell'ambito della pedagogia istituzionale italiana è quello di "sfondo integratore". Con "sfondo integratore" si intende sia una metodologia di progettazione educativa, sia uno strumento didattico, utilizzato nell'ambito dell'integrazione scolastica di alunni con disabilità. La prima elaborazione del costrutto è contenuta nel testo, pubblicato nel 1986, Uno 'sfondo' per integrare di Paolo Zanelli. Uno 'sfondo' per integrare è il risultato di ricerche (condotte nell'ambito del gruppo di lavoro di Pedagogia Speciale dell'Università di Bologna) che avevano per argomento il rapporto fra strategie individuali di apprendimento e organizzazione del contesto educativo. L’apprendimento è inteso come attività costruttiva del soggetto collegata ad un contesto. L’organizzazione del contesto educativo può favorire od ostacolare, fino ad inibire, tale capacità. Di qui l'importanza, soprattutto in presenza di situazioni di disabilità, che gli educatori progettino l'organizzazione dello sfondo educativo, con un lavoro di “regia” mirato a sostenere i processi di autonomia e di autoorganizzazione cognitiva dei bambini. Questa progettazione può essere facilitata dall'utilizzo di una serie di strumenti organizzatori del contesto educativo, fra i quali rientra lo "sfondo integratore".

Dopo il testo di Zanelli del 1986, il costrutto sfondo integratore è stato sviluppato in due diverse direzioni.

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1. Da una parte, come strumento per sostenere l'autonomia del bambino con disabilità e la sua integrazione nel contesto della sezione. Così inteso, si presenta, in genere, come un oggetto organizzatore delle attività del gruppo sezione (può consistere, ad esempio, in una macchina, costruita utilizzando una carrozzina adattata e materiale di recupero, che consenta al bambino di muoversi autonomamente negli spazi della scuola e divenga, per l'intero gruppo dei bambini, un elemento organizzatore delle attività).

2. Dall'altra, è stato utilizzato come struttura di connessione narrativa. Nella pratica educativa, lo sfondo integratore, così inteso, è spesso coinciso con la creazione di narrazioni, elaborate insieme al gruppo dei bambini, allo scopo di favorire una percezione condivisa della situazione e di facilitare, attraverso l'elaborazione di significati condivisi, i processi comunicativi fra il gruppo di bambini e fra questi e gli adulti educatori.

Una sintesi degli sviluppi della riflessione sullo sfondo integratore, fino agli inizi degli anni 1990, si può trovare nel testo collettivo Potenziali individuali di apprendimento.[4]

Secondo gli autori, si possono individuare, retrospettivamente, tre diverse forme fenomenologiche che ha assunto, a partire dalla seconda metà degli anni 1980, il concetto di sfondo integratore.

1. Sfondo integratore come sfondo istituzionale. Consiste nell'organizzazione degli elementi dell'ambiente (soprattutto spazi, materiali, tempi) e nell'utilizzo di elementi mediatori o organizzatori delle attività (in linea con la pedagogia istituzionale).[5]

2. Sfondo integratore come struttura di connessione narrativa. Consiste nell'utilizzo della dimensione narrativa per costruire situazioni di condivisione di significati fra bambini e fra gruppo di bambini ed insegnanti.[6]

3. Sfondo integratore come sfondo metaforico. Si tratta di uno specifico strumento didattico (influenzato, in parte, dalla pratica e dalla prospettiva terapeutica di Milton Erickson), pensato per supportare l'integrazione di bambini con problematiche comunicative e con forme di psicosi lievi. Consiste, praticamente, nel proiettare la situazione problematica su di uno sfondo metaforico che, da una parte, ripropone gli elementi del problema, ma, dall'altra, introduce nuovi elementi che consentono al bambino (e al gruppo classe) di ristrutturare la situazione problematica e di farla evolvere

Spaesamento

Il concetto di spaesamento, come una condizione molto "rischiosa" in cui gli individui temono di perdere i propri riferimenti domestici, che in qualche modo fungono da "indici di senso", viene chiarito da de Martino nella sua idea di presenza. La crisi della presenza caratterizza allora quelle condizioni diverse nelle quali l'individuo, al cospetto di particolari eventi o situazioni (malattia, morte, conflitti morali, migrazione), sperimenta un'incertezza, una crisi radicale del suo essere storico (della "possibilità di esserci in una storia umana", scrive de Martino) in quel dato momento scoprendosi incapace di agire e determinare la propria azione.

A contrario, includendo il senso di appartenenza a un nuovo luogo di permanenza, l’appaesamento implica lo sforzo de i nuovi arrivati di condividere, ricercare, studiare ed approfondire gli usi, i costumi, le tradizioni e i tratti identitari della “nuova patria”, divenendo qualificati operatori della tutela e diffusione della cultura di adozione e non solo di quella di origine.

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Straniamento

Il termine straniamento si riferisce, nelle forme artistiche, al portarle al di fuori da se stesse, rendendole estranee alla loro stessa natura, creando così nei destinatari un senso di alienazione. I formalisti russi e in particolar modo Sklovskij usarono la parola otstranenie (отстранение) facendo riferimento a quei modi di procedere del linguaggio letterario che ha come scopo quello di rendere l'abituale visione delle cose deformata portandole in contesti diversi da quelli naturali. Ciò può essere sperimentato su tre livelli: quello linguistico, ricorrendo a parole o a forme stilistiche al di fuori dalla norma; quello dei generi letterari definiti inserendo degli schemi inconsueti; quello di come si percepisce la realtà creando situazioni o rapporti imprevedibili (per esempio, il racconto di una battaglia descritto dal punto di vista di un cavallo).

L’effetto di straniamento è stato adottato nelle opere veriste di Verga nelle quali esso «consiste nell'adottare, per narrare un fatto e descrivere una persona, un punto di vista completamente estraneo all'oggetto». Infatti nelle opere di Giovanni Verga non si avverte mai direttamente il punto di vista dello scrittore e la voce che racconta è allo stesso livello dei personaggi. Infatti non capita nei romanzi di Verga che a raccontare sia il narratore "onnisciente" tradizionale come nei romanzi di Manzoni, Balzac o Thackeray, che intervengono nel racconto a commentare o giudicare i comportamenti dei personaggi. Nelle opere di Verga a raccontare non è un personaggio in particolare ma è il narratore che, mimetizzandosi negli stessi personaggi, pensa e sente come loro e adotta il loro stesso modo di esprimersi. Chi racconta potrebbe essere uno dei personaggi, che però non appare mai direttamente nella vicenda e rimane nell'anonimato. Un chiaro esempio che inaugura il nuovo modo di narrare di Verga lo troviamo nell'incipit della sua prima novella verista, Rosso Malpelo, pubblicata nel 1878: «Malpelo si chiamava così perché aveva i capelli rossi; ed aveva i capelli rossi perché era un ragazzo malizioso e cattivo, che prometteva di riescire un fior di birbone».[1] Da queste parole si rivela una visione primitiva e superstiziosa della realtà e tutta la vicenda viene narrata da questo punto di vista, cioè non quello del narratore colto ma da uno qualunque dei vari minatori della cava in cui lavora Malpelo. Se capita che la voce narrante commenti e giudichi i fatti, non lo fa secondo la visione colta dell'autore, ma secondo la visione semplice e rozza della collettività popolare che, non riuscendo a cogliere le motivazioni psicologiche autentiche delle azioni, le deforma in base ai suoi principi di interpretazione. Di conseguenza anche il linguaggio non è quello che potrebbe essere dello scrittore, ma è un linguaggio carente, intermezzato da modi di dire, paragoni, proverbi e imprecazioni.

Negli anni cinquanta e sessanta lo straniamento ha esercitato una grande influenza sulla cultura della sinistra italiana ed è stato utilizzato da Bertolt Brecht che, nel teatro epico da lui fondato ha deciso i modi della recitazione basandosi sul Verfremdungseffekt, cioè l'effetto di straniamento. Secondo Brecht con l’effetto di straniamento si genera un effetto di ‘distanza’ che l’attore suscita nello spettatore non identificandosi con il personaggio o con l’ambiente, ma rappresentandolo, grazie alla recitazione e, secondariamente, alla musica e alla scenografia, come diverso da sé, fino a farne qualcosa di noto e di estraneo al tempo stesso. Questa concezione, che ha radici nella cultura teatrale di alcuni paesi orientali o di altri secoli, come nel teatro medievale europeo, è legata alle idee di Brecht sulla funzione sociale e civile del teatro, cioè a un’ideologia che vuole rappresentare in chiave marxista la realtà in divenire. Lo scopo dello straniamento è infatti non solo quello di evitare il coinvolgimento emotivo dello spettatore, ma anche di suscitare un atteggiamento analitico e critico rispetto ai fatti rappresentati.

Teoria dell’apprendimento degli adulti

Con Teoria dell’Apprendimento degli Adulti si abbracciano le teorie e I principi con I quali gli adulti imparano e acquisiscono conoscenza (v.a. Andragogia). Diffusa da Malcolm Knowles (v.), la teoria mette in relazione l’apprendimento e lo sviluppo professionale con i bisogni di apprendimento sul posto di lavoro. [traduzione di

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Adult Learning Theory, da The Infoline Dictionary of Basic Trainer Terms, ASTD American Society for Training and Learning, May 2011]

Tigrino e Tigrè

Gli spunti.

o In Terraferma di Crialese, recensito nel numero 2 dei Quaderni, un gruppo di Etiopi viene salvato da un peschereccio nei pressi Lampedusa.

o Il tigrino, una delle lingue di Etiopia ed Eritrea, è fra le 19 in cui ci si propone di tradurre – in cooperazione con la Prefettura - il programma di educazione civica elaborato da un Gruppo della Rete Scuolemigranti.

***

Il tigrino (nome nativo ትግርኛ, pronunciato "tgrignà"), è la quarta lingua semitica per diffusione dopo l’arabo, l’amarico e l’ebraico. È parlata da 6-7 milioni di persone dell'omonima etnia, presente soprattutto in Eritrea e nel nord dell'Etiopia, per l'appunto nella regione Tigrè.

È inoltre parlata in Israele dagli immigrati di origine falasha (circa 115.00 persone di origine etiope e di religione ebraica, note anche con il termine di Beta Israel, da loro preferito vista l’accezione negativa di “esiliato” o “straniero” che falasha ha assunto in amarico). In Etiopia il tigrino è la terza lingua per diffusione, subito dopo l'oromo e l'amarico, ed è la lingua principale in Eritrea.

Il tigrino non va confuso con la lingua tigrè, lingua solo orale parlata (dati del 1997) da circa 800.000 persone in Eritrea. La popolazione Tigrè si trova quasi tutta nell'Eritrea occidentale, mentre il resto abita l'adiacente parte del Sudan.

Tigrino e tigrè, come l’amarico, sono scritti nell’alfabeto ge’ez, utilizzato per l’antica lingua semitica ge’ez, parlata nell’Impero di Etiopia fino al XIV secolo. Oggi estinta, è usata come lingua liturgica della Chiesa ortodossa etiopica ed eritrea e della comunità falasha, nonché dalla Chiesa cattolica etiope.

Così come le lingue, il popolo Tigrè non deve essere confuso con il popolo tigrino del sud in Eritrea ed Etiopia. [rielaborazione da contenuti di Wikipedia]

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Wolof

Il Wolof (o Uolof) è la lingua parlata in Senegal dalla popolazione omonima che costituisce il gruppo etnico principale con circa il 43% della popolazione totale. L'etimologia del termine wolof deriva da Lof, nome della regione di provenienza dell'etnia e sede del regno Jolof. Waa-lof significa, appunto, gente del Lof. La lingua appartiene al gruppo senegalo-guineese. Il wolof figura come prima o seconda lingua per una popolazione di almeno 7.000.000 di individui (la popolazione senegalese madrelingua è minimo 3.976.500, dati del 2006) ed è parlato anche in Gambia, Guinea, Guinea Bissau, Mali, Mauritania e nei paesi di emigrazione (USA, Francia, Italia, altri paesi europei). Nel dialetto della regione di Dakar si notano forti contaminazioni francofone e la presenza di numerosi vocaboli derivanti dal francese e dallo slang afroamericano. Il wolof parlato in Gambia, a causa delle influenze anglofone, rende difficoltosa la sua comprensione da parte dei wolof francofoni. La letteratura wolof si può dividere in due correnti: quella redatta con l’alfabeto arabo, più antica, e quella scritta con caratteri latini, di più recente produzione. [elaborazione redazionale su dati di Wikipedia].

Yoruba

o Di storie di ragazze dell’Africa occidentale ci si è occupati nel numero 2 dei Quaderni descrivendo le migrazioni verso il Centro africa e soprattutto verso il Sudafrica. In questo numero 3 si sono viste storie di donne nigeriane sfruttate sulla litoranea da Salerno a Paestum. Una delle lingue della loro area di provenienza è lo Yoruba.

o Tanto è vero che - considerata la dimensione dei parlanti - lo Yoruba è, come il tigrino, una delle 19 lingue in cui ci si propone di tradurre – in cooperazione con la Prefettura - il programma di educazione civica elaborato da un Gruppo della Rete.

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Lo Yoruba (Nome nativo: ede Yorùbá = la lingua yoruba) è una koinè dialettale dell'Africa occidentale parlata da 30 milioni di persone. È parlata principalmente nella Nigeria sud-occidentale e in parti del Benin e del Togo ed è la lingua del popolo Yoruba. Si trovano parlanti in comunità riconducibili al gruppo Yoruba anche in Brasile, Cuba, Porto Rico, Repubblica Dominicana, Haiti, Jamaica, Trinidad, nei Caraibi e negli Stati Uniti, dove si sono insediate per effetto delle deportazioni nel periodo della tratta degli schiavi.

Consiste di oltre quindici varietà dialettali che possono essere raggruppate in tre idiomi principali: Yoruba nordoccidentale, centrale e sudorientale.[rielaborazione da contenuti di Wikipedia]


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