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‘Sono stata infermiera, sono stata assistente sociale ... · Hospital di Londra. La sua...

Date post: 13-Jul-2020
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‘Sono stata infermiera, sono stata assistente sociale, sono stata medico. Ma la cosa più difficile di tutte è imparare ad essere un paziente. Cicely Saunders
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Page 1: ‘Sono stata infermiera, sono stata assistente sociale ... · Hospital di Londra. La sua attività, per i tre anni seguenti, si svolse nell’ospedale da campo fuori città dove

‘Sono stata infermiera, sono stata assistente sociale, sono stata medico.Ma la cosa più difficile di tutte è imparare ad essere un paziente.’

Cicely Saunders

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nasce in Inghilterra il 22 giugno 1918.Con lo scoppio dellaSeconda GuerraMondiale interrompegli studi universitarie si dedica all’assis-tenza dei malati,prima come infer-miera e poi come assistente sociale. Nel 1957 si laureain medicina e nel 1967 fonda il St. Christopher’s Hospice a Londra.Cicely Saunders è stata il primo medico dell’epoca moderna ad aver dedicato l’interavita professionale all’assistenza dei pazientiterminali.L’eredità che ci ha lasciato è di importanzaincomparabile e continua ad ispirarel’opera di tutti coloro che, nel mondo, sidedicano al miglioramento dell’assistenzaai malati inguaribili.

OM - Order of Merit DBE - Dame of the British Empire FRCP - Fellow of the Royal College of Physicians FRCS - Fellow of the Royal College of Surgeons

La mostra è stata realizzata dalla Fondazione Floriani in collaborazionecon il Professor David Clark, Direttore dell'International Observatoryon End of Life Care presso la Lancaster University; Augusto Caraceni,Anthony Greenwood, Elena Zucchetti e lo staff della FondazioneFloriani hanno curato l'edizione italiana; McCann Erickson ha elaborato il progetto grafico.

Cicely Saunders

FONDAZIONE FLORIANIUNA RISPOSTA ALLA SOFFERENZA

DEI MALATI TERMINALI.

Cicely Saunders

Professor David Clark

Dame Cicely Saunders (1918-2005)

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Cicely Saunders nacque il 22 giugno 1918 a Barnet,Hertfordshire, a nord di Londra, unica femmina dei 3 figli di Gordon e Chrissie Saunders. Suo padre, un agenteimmobiliare di successo, offrìalla famiglia una vita agiata,nei pressi di Hadley Green, tra giardini, campi da tennis, dame di compagnia, bambinaie e servitù.Tuttavia Cicely non era una bambina felice, e le cose peggiorarono quando, all’età di 14 anni, fu mandata a Roedean, uno dei collegifemminili più esclusivi in Gran Bretagna.Anche i genitori di Cicelyebbero dei problemi e, a metàdegli anni ‘40, si separarono. Nonostante questo, la famiglia per Cicely Saunderscostituì una fonte di energia e di stimolo, una solida base di partenza per il suo futuro sviluppo personale e professionale.

Gli anni dell’infanzia e dellagiovinezza

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I genitori di Cicely SaundersProvenivano da classi sociali differenti e avevano personalità contrastanti. Sua madre, Chrissie,crebbe in Sud Africa, a Burgesdorp,dove i genitori gestivano un negozio.Suo padre, Gordon, era il più giovanedi 17 fratelli che, rimasti orfani dipadre quando Gordon aveva solo 1anno, vissero sempre nelle ristrettezze.Il matrimonio tra Chrissie e Gordonnon fu mai facile, tuttavia: ‘selei era negativa, lui era positivo, se lei era fragile, lui era forte’. (1)

Cicely, nata nel giugno del 1918, era la loro primogenita. Fu battezzata con i nomi Mary Strode Saunders - Strode in memoriadel loro illustre antenato che nel XVII secolo si ribellò a Carlo I. Dopodi lei nacquero due maschietti: John, nel 1920 e, 6 anni più tardi,Christopher. John era il più tranquillo dei tre. Si distingueva neglisport e crescendo si sentì spesso messo in ombra dai traguardi accademici di Cicely e Christopher. John e Cicely avevano solo 2 annidi differenza e condivisero quindi molte cose, lasciando a volte in disparte il fratello più piccolo.

Non riuscivo ad integrarmi a scuola‘Beh, I miei genitori non erano molto felici insieme, e nonostante fossimo bambini e non ne avessimo piena consapevolezza, questofatto in qualche modo ha influito su di noi. Non riuscivo ad integrarmi a scuola; ero troppo alta, parlavo troppo… ma ero sufficientemente felice in quel periodo, forse anche perché ci eravamo trasferiti in una casa molto più grande, splendida. MMiioo ppaaddrree eerraa ddeetteerrmmiinnaattoo aa ffaarrccii aavveerree uunnaa bbuuoonnaa eedduuccaazziioonnee,,aanncchhee uunniivveerrssiittaarriiaa,, ddaattoo cchhee lluuii nnoonn aavveevvaa ppoottuuttoo pprroosseegguuiirreeggllii ssttuuddii.. QQuuaannddoo ccoommppiiii 1144 aannnnii,, sseennzzaanneeaanncchhee ddiissccuutteerrnnee,, mmii ccoommuunniiccòò cchhee mmiiaavvrreebbbbee mmaannddaattaa aa RRooeeddeeaann..Certo avrei preferito essere consultata. Andaicon un’amica, anche lei proveniente dalla miastessa vecchia scuola. Ci sorpresero a parlarenella nostra cameretta e per questo ci separarono.Finii in una camera singola, sola, e non fu affattofacile allacciare nuove amicizie. Fu un periodoabbastanza infelice. In aggiunta, alla fine di ognigiornata, dovevo fare degli esercizi correttivi perla mia schiena: mi dovevo sdraiare supina per 40minuti, senza libri da leggere o musica chepotesse distrarmi, nel salotto della direttricedella scuola. Credeva che da sola non li avrei fatti in modo appropriato.’ (2)

I genitori di Cicely il giorno del loro fidanzamento

Cicely e sua madre

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I miei genitori non erano fatti l’uno per l’altra‘Ci trasferimmo a Hadley Hurst quando avevo 16 anni. Andammo adabitare in una grande casa d’epoca con un giardino enorme… ungrande prato, bordure fiorite e bellissimi alberi – due enormi cedri difronte e due nel retro. Era una vita molto agiata: avevamo personale

di servizio, un autista e una Rolls Royce,una stalla, casette per i giardinieri e peril maggiordomo. Io, però, frequentavo ilcollegio e i miei genitori non andavanod’accordo. Mia madre aveva una dama di compagnia e andavamo sempre in vacanza con gli amici. Ricordo, in occasione di una vacanza, che non c’erano tavoli sufficientemente grandiper tutti, dunque dovetti sedermi a tavola sola, con i miei genitori, e improvvisamente pensai: mamma mia,non sarebbe atroce se fossimo solo noitre?’ (3)

Cicely amò e ammirò suo padreLui si dedicò a lei e agli altri figli con orgoglioe ambizione. Le somiglianze con il padre sievidenziarono durante l’adolescenza – lenumerose capacità e interessi, il bisogno diessere costantemente impegnata. Altre qualità, come il carisma e l’attitudinealla leadership, rimasero latenti in questoperiodo, ma emersero molto bene in seguito. (4)

Il matrimonio infelice tra Gordon e Chrissie Saunders terminò con laseparazione nel 1945. Chrissie si vergognò a lungo del suo stato diseparata e fu molto sola. Gordon morì nel giugno del 1961, Chrissievisse fino al 1968. Morì al St. Christopher’s Hospice, assistita da suafiglia. Cicely scolpì, sulla tomba di famiglia, le parole “in Lui è lanostra pace” poi, come riportato dalla sua biografa Shirley du Boulay:non si “dette più pena per i suoigenitori”. (5)

1. Du Boulay, S (1984) Cicely Saunders. The founder of the modern hospice movement.London: Hodder and Stoughton, p18.

2. Cicely Saunders intervista con Neil Small, 24 ottobre 1995.3. Cicely Saunders intervista con David Clark, 16 maggio 2000.4. Du Boulay, S (1984) Cicely Saunders. The founder of the modern hospice movement.

London: Hodder and Stoughton, pp 27-8.5. Du Boulay, S (1984) Cicely Saunders. The founder of the modern hospice movement.

London: Hodder and Stoughton, p 46.

Cicely con suo padre

Un gruppo di famiglia

La scuola Roedean

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Nel 1938 Cicely Saunders si iscrisse all’Università diOxford dove seguì corsi diScienze Politiche, Filosofia edEconomia. In questo periodo,un’intensa crisi religiosa laspinse alla conversione alcristianesimo nell’ambito dellaChiesa Evangelica. Nel Novembre del 1940interruppe gli studi perdiventare allieva infermierapresso la Nightingale TrainingSchool del St.Thomas’sHospital di Londra. La suaattività, per i tre anni seguenti,si svolse nell’ospedale da campofuori città dove la scuola erastata decentrata per il periododella guerra. Stabilì un legameprofondo con il gruppo di allieve infermiere con cuicondivideva la passione per ilcanto e rimase in contatto con loro per tutta la vita. Nel 1944, a causa di graviproblemi alla schiena, fu costretta a lasciare laprofessione infermieristica.Riprese gli studi accademici aOxford e nel 1944 conseguì il Diploma di Guerra in Pubblica Amministrazione e Scienze Sociali. Dopo un periodo di attivitàcome assistente sociale, riprese la sua attività presso il St. Thomas’s Hospital.

Gli anni dell’universitàe del dopo guerra

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A scuola avevo seguito un corso di filosofia ed economia‘La mia insegnante, Mademoiselle Lyon, aveva suggerito ai miei genitori di iscrivermi all’università. In un primo momento non riusciia iscrivermi a Oxford e rimasi in lista d’attesa. Dopo un breve periodopreparatorio entrai finalmente al St. Anne’s College il 21 Settembre1938 e riuscii a terminare l’anno prima dello scoppio della guerra.Cominciai però a pensare che non era il posto giusto in cui stare intempo di guerra e che volevo fare l’infermiera. Un’amica aveva giàlasciato la scuola per lavorare come infermiera e ricordo di aver pensato: è proprio quello che dovrei fare anch’io.’ (1)

Non era davvero il posto giusto in cui stare in tempo di guerra. Decisi che volevo diventare un’infermiera‘Nel 1941 iniziai il tirocinio come infermiera di sala al St. Thomas’sHospital. La farmacopea a nostra disposizione era molto limitata…svolgevamo per lo più quello che oggi verrebbe definita un’attivitàassistenziale… la morfina, che avevamo inquantità molto limitata, era somministrataper iniezione. Facevamo turni di 12 notti,con due notti di riposo ogni tre mesi, eturni diurni con un giorno di riposo settimanale che iniziava alle cinque delpomeriggio precedente. Era molto faticoso ma ero contenta perchésentivo di essere al posto giusto… Nel1944 l’invalidità causata dai problemi allaschiena mi costrinse a ritornare ad Oxforddove conseguii il diploma. Dopo aver subito un interventoalla schiena, ottenni l’incarico diLady Almoner (una qualifica oggi paragonabile a quella di assistente sociale) di nuovo al St. Thomas.’ (2)

‘Ebbi dei guai perché il nostro gruppo di allieve aveva allestito unospettacolo per la direttrice in visita e una delle ragazze si era travestita da Florence Nightingale. Nella scenetta, due infermieremettevano a letto un paziente usando dei modi un po’ bruschi.Florence interveniva a sistemare le cose mentre noi, sullo sfondo,cantavamo “Povera vecchia Flo”. Il giorno dopo lo spettacolo venniconvocata dalla direttrice: non diventerai mai una brava infermiera senon riesci a distinguere ciò che davvero conta e su cui non è permesso scherzare. Tra queste c’è Miss Nightingale!’ (1)

Spesso non avevamo nulla da offrire se non noi stesse‘‘RRiippeennssaannddoo aall mmiioo aapppprreennddiissttaattoo ccoommee iinnffeerrmmiieerraa dduurraannttee llaa

SSeeccoonnddaa GGuueerrrraa MMoonnddiiaallee,, ccrreeddoo ssiiaa ssttaattooffoonnddaammeennttaallee ppeerrcchhèè mmii iinnsseeggnnòò ll’’iimmppoorr--ttaannzzaa ddeellll’’iimmppeeggnnoo ppeerrssoonnaallee ee ll’’aatttteennzziioonneeaaii ppiiccccoollii ddeettttaaggllii.. SSppeessssoo nnoonn aavveevvaammoonnuullllaa ddaa ooffffrriirree ssee nnoonn nnooii sstteessssee..’’ (3)

Il St. Anne’s College a Oxford all’epoca in cui Cicely Saunders ottenne il diploma

Cecily Saunders infermiera al St.Thomas’s Hospitaldurante la Seconda Guerra Mondiale

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‘Nel Luglio del 1947 ebbe inizio la mia attività di assistente socialesempre presso il St.Thomas’s Hospital di Londra… In un periodo digrandi difficoltà economiche per gli ospedali - dovevamo raccoglierefondi e chiedere contributi volontari ai pazienti - fu un grande sollievo quando, nel 1948, fu introdotto il Servizio SanitarioNazionale.’(4)‘Nel Marzo 1948 iniziai a lavorare come infermiera volontaria una odue volte la settimana in una delle primecase di cura per malati terminali. Al St. Luke’s Hospital 48 letti erano riservatia pazienti con cancro in fase avanzata. Qui sisomministrava regolarmente ogni quattro oreun “Brompton Cocktail” modificato. La versione usata al St. Luke ometteva la cannabis e, credo, la cocaina. Il dosaggiodella morfina era calcolato in base alle necessità del paziente e, se erano necessaripiù di 60 mg., veniva somministrata con iniezione. La iosciamina associata alla morfina era impiegata negli stati di agitazioneterminale.’ (2)

Si iscriva a medicina, sono i medici che abbandonano i morenti‘Ero rimasta così colpita dal controllo del dolore che riuscivano adottenere al St. Luke che convinsi il chirurgo con cui lavoravo perchévenisse a vedere. Il Dr Norman Barratt, un chirurgo toracico, era unostraordinario insegnante con una personalità davvero speciale, sempre attento al suo gruppo di lavoro e a quello che stava facendo.Un sabato, mentre ero in viaggio con lui verso Midhurst dove dovevaoperare, gli dissi: “Devo tornare a occuparmi dei morenti, devo inqualche modo tornare ad essere un’infermiera”. Fu allora che mi consigliò: “Si iscriva a Medicina, sono i medici che abbandonano imorenti, e c’è ancora tanto da imparare sul dolore; rimarrebbe frustratase non riuscisse a farlo come si deve, e nessuno la ascolterebbe”.Mio padre fu molto contento perché non aveva una grande opinionedel lavoro di assistente sociale e mi disse di non preoccuparmi per ildenaro. Il Dr Barratt mi aiutò a ritornare al St. Luke nella nuova vestedi studentessa in medicina.’ (5)

Dal 1951 al 1957 studiai medicina‘Dal 1951 al 1957 studiai medicina. In questo periodo ci fu una verarivoluzione nel campo delle sostanze analgesiche disponibili per ilcontrollo dei sintomi. Le prime fenotiazine, gli anti-depressivi, le benzodiazepine, gli steroidi di sintesi e le sostanze anti-infiam-matorie non steroidee divennero di uso comune….’(2)

NNeellll’’eessttaattee ddeell 11995577 CCiicceellyy SSaauunnddeerrss,,iinnffeerrmmiieerraa,, aassssiisstteennttee ssoocciiaallee,, mmeeddiiccoo,, rraacccchhiiuuddeevvaa iinn sséé ttuuttttee llee ffiigguurree ddeellll’’ééqquuiippeemmuullttiiddiisscciipplliinnaarree.. PPeerr rraaggggiiuunnggeerree ii ssuuooiioobbiieettttiivvii nneellll’’aassssiisstteennzzaa aaii ppaazziieennttii tteerrmmiinnaallii ppootteevvaa ccoonnttaarree ssuu uunnaa ppootteennttee ccoommbbiinnaazziioonnee ddii mmoottiivvaazziioonnee ppeerrssoonnaallee,,aassppiirraazziioonnee pprrooffeessssiioonnaallee ee ssuullllaa ddeetteerrmmiinnaazziioonnee aa ppoorrttaarree aa ccoommppiimmeennttoollee pprroopprriiee iiddeeee,, iinnddiippeennddeenntteemmeennttee ddaaqquuaannttii ssffoorrzzii ffoosssseerroo nneecceessssaarrii..

1. Cicely Saunders, intervista con Neil Small, 24 ottobre 1995.2. Saunders, C (1996) A personal therapeutic journey. British Medical Journal 313: 1599-1601.3. Saunders, C (1999) Origins: international perspectives, then and now.

The Hospice Journal 14 (3/4): 1-7.4. Saunders, C (2001) Social work and palliative care – the early history.

British Journal of Social Work 31: 791-99.5. Cicely Saunders, intervista con David Clark, 3 maggio 2003.

Il St. Luke’s Hospital in Regent’s Park a Londra, dove CicelySaunders lavorò come infermiera volontaria nel Marzo 1948

Con la sua amica Rosetta Burch (a sinistra) a un matrimonio nei primi anni ‘50

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Il suo vero nome era Eli ma si faceva chiamare DavidTasma. Nacque nel 1907 inuna famiglia numerosa, suamadre morì che era ancora un ragazzo. Viveva nel ghetto ebraico diVarsavia e suo nonno erarabbino. A 22 anni siinnamorò della moglie del suomigliore amico e per questomotivo lasciò la Polonia. Si recò a Parigi e, qualchetempo prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, si trasferì a Londra, dove lavorò come cameriere in unristorante ebraico. Cicely Saunders, che si prese cura di lui fino alla fine,considerava David Tasma fonte di grande ispirazione e lo definìpaziente fondatore delmovimento hospice moderno. Molti anni dopo la sua morte, che avvenne a Londra il 25 febbraio 1948, laSaunders scrisse di lui: David,che pensava di aver sprecato la propria vita, con la suamorte ha fatto in modo chetutti potessero al termine dellaloro vita avere a disposizionepace e sicurezza. (1)

L’ispirazione di DavidTasma

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Lo incontrai nel luglio del 1947‘Era ammalato ed era stato ricoverato al St. Thomas’s Hospital. Non era mai stato sposato, non aveva famiglia e viveva in una stanzain affitto, per questo motivo, in seguito ad un intervento chirurgicopalliativo, aveva trascorso la convalescenza in ospedale.Ero un’assistente sociale e per me era essenzialeriuscire a dimetterlo. In quell’occasione venni asapere che aveva una buona padrona di casa, mapochi amici. Peggiorò il 5 gennaio 1948 e il suomedico curante lo fece ricoverare all’Archway’sHospital, a Highgate. Andai a trovarlo mentre aspettava l’ambulanza e fu allora che mi domandò,in modo molto diretto, se stava permorire. Pensavo di non avere alternative, che avesse il diritto di affrontare la verità, e gli risposi, in maniera altrettanto diretta, di sì.Mi ringraziò, e gli dissi che sarei andata a trovarlo.’ (1)

Voglio solo quello che c’è nella tua mente e nel tuo cuore‘Nel corso dei due mesi successivi andai a trovarlo spesso. David miraccontò delle sue difficoltà a lasciare una vita che sentiva incompiu-ta…Soprattutto aveva bisogno di qualcuno che lo ascoltasse, che capisse quanto fosse importante per lui terminare la propria esistenza dandole un senso.

Un giorno gli proposi di leggergli alcuni salmi, ma lui mi rispose““vvoogglliioo ssoolloo qquueelllloo cchhee cc’’èè nneellllaa ttuuaa mmeennttee ee nneell ttuuoo ccuuoorree””..Quella frase mi aiutò a capire ciò che dovremmo offrire ai pazienti al termine della loro vita: la mente, attraverso la comprensione competente delle terapie più adeguate, ma anche l’attenzione e l’amicizia del cuore.In seguito David mi lasciò 500 sterline dicendomi ““ssaarròò uunnaa ffiinneessttrraanneellllaa ttuuaa CCaassaa””. Quei soldi costituirono il primo fondo destinatoalla realizzazione del luogo di cui tanto avevamo discusso insieme, il luogo che avrebbe potuto accogliere e soddisfare le sue esigenze,sicuramente meglio di un affollato reparto chirurgico. Ci vollero 19anni per riuscire a costruirela “Casa” attorno a quellafinestra (il St. Christopher’sHospice). La sofferenza diun solo uomo ci aveva fattocomprendere la necessità disoddisfare i bisogni medici espirituali di migliaia di altripazienti.’ (2)

David Tasma prima della sua partenza dalla Polonia alla fine degli anni ‘20

Ospedale St. Thomas, Londra – luogo del primo incontro tra Cicely Saunders e David Tasma

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Dopo la morte di David Tasma, CicelySaunders volle approfondire le sue conoscenzesull’assistenza ai malati inguaribili. Lavorò come volontaria al St. Luke, una casaper morenti a Bayswater, in seguito prese l’importante decisione di studiare medicina.Iniziò nel 1952 e si laureò nel 1957 all’età di 39 anni.

1. Saunders C (2004) David Tasma. Hospice Information Bulletin. May: 6-7.2. Saunders C (1989) Hospice – a meeting place for religion and science.

In T Vanier Science and Faith. Paris: Flammarion, pp 236-76. 3. Questa poesia apre il capitolo di Saunders C (1989) Hospice – a meeting place for religion

and science. In T Vanier Science and Faith. Paris: Flammarion, pp 236-76.

Sarò una finestra nella tua casa

La targa adiacente alla “Finestra di David Tasma” all’entrata del St. Christopher’s Hospice Sydenham

[Poesia] Starting Point - dedicata a David Tasma (3)

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Nell’estate del 1957, poco prima di laurearsi in medicina, Cicely Saundersiniziò la stesura del suo primo articolo nel qualedefiniva le fondamenta per un nuovo approccio all’assistenza ai morenti.Con la sua pubblicazionel’anno seguente sulla St.Thomas’s Hospital Gazette le basi di quella che sarebbestata la missione di tuttala sua vita erano state gettate.Dopo aver lavorato comeinfermiera specializzata, averstudiato filosofia ed economiaad Oxford, essere stataassistente sociale, iniziaval’attività di medico. Di fatto sarebbe stata il primo medico della storiamoderna a dedicare l’interacarriera all’assistenza aimorenti. Si buttò in questoprogetto come ricercatrice dellaScuola di Medicina St. Mary, lavorando sotto la direzione del Professor Harold Stewart, e lo portò a termine alSt. Joseph’s Hospice diHackney. Il suo lavoro astretto contatto con la comunità povera e operaia dell’East Endlondinese gettò le basidell’intera filosofia hospicemoderna.

Al St. Joseph

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‘Andai a parlare con Madre Mary Paula del St. Joseph, che mi disse:“ho un disperato bisogno di maggiore assistenza medica, perché il Dr Ross fa un salto qui tutti i giorni, ma il Dr Brown viene solo unavolta alla settimana. Questo è tutto quello di cui dispongo, e non ho soldi…”. Perciò le dissi: “Beh, non mi deve pagare”. E allora mirispose: “Bene, vada ad incontrare i medici e sentacosa le dicono”.Quindi incontrai entrambi i medici e dissi cheavevo questa borsa di studio per la ricerca…ffoonnddaammeennttaallmmeennttee vvoolleevvoo pprreennddeerrmmii vveerraammeennttee ccuurraa ddeeii ppaazziieennttii ee oosssseerrvvaarree iillqquuaaddrroo cclliinniiccoo ddeell ddoolloorree tteerrmmiinnaallee ee iill ssuuoottrraattttaammeennttoo.. LLoorroo mmii ddiisssseerroo:: ““VVaa bbeennee,,vveennggaa””...... ee hhoo ddaavvvveerrooaammaattoo qquueell ppeerriiooddoo..’ (1)

Al St. Joseph’s Hospice Cicely Saunders continuò a scrivere e avviò unfitto programma di lezioni e conferenze. Faticava non poco ad attirarel’attenzione dei medici, ma i suoi colleghi la incoraggiarono ad andare avanti. Una serie di suoi articoli, pubblicati sul Nursing Timesnell’autunno del 1959, stimolarono un grande dibattito tra i lettori edottennero un editoriale sul quotidiano Daily Telegraph. I testi, basatisu convinzioni religiose, personali e morali forti e ben radicate, a voltesuscitavano reazioni polemiche e controverse, ma ebbero il merito didefinire per la prima volta i principi di base dell’assistenza ai morenti, tanto da essere utilizzati in seguito come guide all’assistenzae alla pratica clinica. Nel 1964 Dame Saunders fu invitata a scrivere un contributo perl’American Journal of Nursing. L’articolo, che partiva dalla descrizionedei casi clinici studiati al St. Joseph focalizzando l’attenzione sugliaspetti infermieristici dell’assistenza, la rese nota anche negli StatiUniti quale “pioniera” del movimento hospice moderno.

Agli inizi degli anni ‘60 Cicely Saunders subì dei lutti personali che la toccarono profondamente: nell’agosto del 1960 morì AntoniMichniewicz, un altro paziente polacco che aveva avuto in cura al St. Joseph e al quale si era molto legata. Pochi mesi dopo visseun’esperienza straziante, che volle condividere solo con pochi intimiamici: la morte di “Mrs G”, paziente e amica preziosa. Infine, nel giugno 1961, morì Gordon Saunders, suo padre. Era malatoda tempo ma l’elaborazione del lutto fu complicata da questioni testamentarie che Cicely considerava ingiuste. Fu una dolorosasequenza di perdite e, come lei stessa riferì più tardi: ‘Ho “rimescolato”i miei lutti’.

1957, di fronte all’Our Lady’s Wing del St. Joseph, subito dopo la sua costruzione

In reparto al St. Joseph’s HospiceLa vista del Mare St. Hackney, dalla finestradi un paziente al St. Joseph

La Triumph Herald rossa di Cicely Saundersposteggiata davanti all’Our Lady’s Wing, 1963

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Mi fa male tutto‘Un giorno un paziente mi disse:“Dottore, è iniziato dalla schiena, maora sembra che tutto mi faccia male,”parlò di uno o due altrisintomi, e aggiunse“Avrei potuto implorareper ricevere le pillole e le iniezioni ma sapevo che non dovevo.Nessuno sembrava capire come mi sentissi e mi sembrava che tutto il mondo fosse contro di me. Mio marito e mio figlio sono stati meravigliosi ma hanno dovuto lasciare il lavoro perdendo i loro soldi.Ora è meraviglioso ricominciare a sentirsi di nuovo bene, al sicuro”.Rispondendo ad una sola semplice domanda era veramente riuscita a rendere l’idea della sua sofferenza, delle sue preoccupazioni. L’ho citata in numerose occasioni come esempio di quello che nellaletteratura hospice oggi è definito come dolore totale.’ (1)

‘Quando arrivai al St. Joseph avevamo una serie di opportunità terapeutiche: si utilizzavano il Largactil, la petidina per via orale,iniettavamo morfina, le somministrazioni avvenivano solo su richiestae senza regolarità. Fu meraviglioso riuscire a convincerli (beh, non ci volle molto con Sorella Mary Antonia) che ppootteevvaammoo ccuurraarree uunn ppaazziieennttee ssoommmmiinniissttrraannddoo ffaarrmmaacciirreeggoollaarrmmeennttee,, tteenneennddoo uunn ddiiaarriioo ddeell ddoolloorree ppeerr mmoonniittoorraarrlloo,, ee sseeddeerrccii aadd aassccoollttaarree ii ppaazziieennttii ccoommee ppeerrssoonnee……ee nnaattuurraallmmeennttee qquueelllloo eerraa ccoommee aaggiittaarree uunnaabbaacccchheettttaa mmaaggiiccaa. Sorella Mary Antonia mi scrisse alcuni anni fa dicendo: ricordo bene il passaggio dal dolore all’analgesia.’ (1)

1. Cicely Saunders, intervista con David Clark, 3 maggio 2003.

Sorella Mary Antonia, con la quale Cicely Saunders lavorò al St. Joseph

Ho rimescolato i miei luttiNegli anni 1958-65, nel corso della sua attività alSt. Joseph, Cicely Saunders pubblicò più di 60 articoli, contributi e rassegne dirette a medici, infermieri e assistenti socio-sanitari e fu invitata a tenere discorsi e conferenze in occasione dei più prestigiosi convegni. Nel 1962 partecipòalla Sezione Chirurgica della Royal Societyof Medicine con una presentazione criticaintitolata “La gestione del dolore cronico”, nella quale evidenziava ilbisogno di somministrare regolarmente gli oppioidi ai pazienti condolore da cancro. Sulla base delle osservazioni condotte su 900pazienti terminali al St. Joseph, la Saunders sosteneva che gli oppioidinon danno assuefazione, che la loro tolleranza non è un problema eche la somministrazione orale della morfina non si limita a mascherare

il dolore, ma lo allevia.Superando la convenzione medica di quell’epoca, insistette anche sull’importanza del trattamentodella “persona nella sua globalità”.

Antoni Michniewicz, che morì al St. Joseph nell’agosto del 1960

Cicely Saunders e un paziente, 1963

Mrs Hinson, la paziente da cui è stato sviluppato il concetto di “dolore totale”, al St. Joseph

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Nel 1958, subito dopo l’avviodella sua borsa di ricerca,Cicely Saunders si dedicò alprogetto dell’hospice, cheintitolò a San Cristoforo - ilsanto patrono dei viaggiatori -a indicare che si sarebbe presocura delle persone durante illoro ultimo viaggio. Riunì dunque attorno a sé ungruppo di sostenitori chel’aiutarono a sviluppare le sue idee in ogni dettaglio, e fecenumerosi viaggi negli StatiUniti ed in altri paesi per promuovere ed affinare ilproprio pensiero. In risposta all’atteggiamentosenza speranza della medicinanei confronti del malatoterminale (“non c’è più nienteda fare”) la Saunders proposeun’alternativa creativa e positiva, che mirava adassicurare il sollievo dal dolore,mantenere la dignità emigliorare il periodo di vitaresiduo del paziente, anche sebreve. Il suo concetto di “doloretotale” fornì un modorivoluzionario diconcettualizzare la complessitàdella sofferenza dei pazienti:era necessario un approcciosistematico al controllo deldolore fisico, ma occorrevaprestare particolare attenzioneanche ai bisogni sociali,emozionali e spirituali deipazienti. Nonostante le barriereda superare fosseroinnumerevoli, nell’estate del 1967, dopo 8 anni diraccolta fondi, programmazione e campagne promozionali, il St. Christopher’s Hospiceaprì le sue porte ai primi pazienti.

Progetti per il St. Christopher’sHospice

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Nella seconda metà del 1959 Cicely Saundersmanifestò chiaramente i primi segni delle sueintenzioni strategiche inviando ai soci un documento di 10 pagine per valutare le loro reazioni. Il documento, intitolato “Lo Schema”,illustrava la struttura e l’organizzazione dellamoderna “Casa di Cura per i terminali”, specificando: le dimensioni della casa (preve-deva 60 posti letto), il personale necessario, icapitali, gli aspettifinanziari e fiscali cosìcome gli accordi contrattuali. In breve tempo si costituì un gruppo disostenitori, piccolo, ma entusiasta. All’inizio del 1961 il progetto

architettonico dell’hospice era pronto, cosìcome il preventivo, che ammontava a376,000 sterline. Il clima economico di quegli anni, però, era caratterizzato da unaforte inflazione e l’architetto l’avvertì: ‘i prezzi aumentano ogni giorno che passa’.

Fin dall’inizio la costruzione dell’hospice si avvalse del contributo dipiccole donazioni e lasciti, ma venne anche realizzata una campagnadi raccolta fondi sistematica indirizzata ai principali enti di beneficenza, alle aziende londinesi, e alle classi più abbienti dellasocietà britannica, che portò, nei 3 anni successivi, alla raccolta di piùdi 330,000 sterline. Nel 1966, però, l’hospice era ancora in fase dicostruzione, il budget di spesa era arrivato a 400,000 sterline, mancavano ancora molte risorse ed il clima finanziario nazionale nonera favorevole. Cicely Saunders tuttavia annotava: ‘il St. Christophersta diventando sempre più grande e splendido ed il bilancio si staassestando’. All’inizio del 1967 il budget complessivo si arrestò a480,000 sterline. A giugno l’edificio ottenne le autorizzazioni necessarie, la prima équipe di operatori fu assunta e iniziarono ad arrivare i primi pazienti. Entro la data del 24 luglio 1967 tutti i debiti furono liquidati.

In questo lavoro l’aspetto medico e quellospirituale sono inestricabilmente legatiIn quei giorni il gruppo di progettazione dell’hospice sviluppòun grande dibattito attorno alla filosofia organizzativa e all’orientamento del St. Christopher.Cicely Saunders scrisse ad uno deisuoi consiglieri: ‘Tu non eri sicurose la mia visione fosse medica o spirituale. NNeell nnoossttrroo llaavvoorroo gglliiaassppeettttii mmeeddiiccii ee ssppiirriittuuaallii ssoonnoo iinneessttrriiccaabbiillmmeennttee lleeggaattii.. SSoonnooaannssiioossaa ddii ffaarr ccoonnoosscceerree aaii ppaazziieennttii iill SSiiggnnoorree ee ddii ffaarree qquuaallccoo--ssaa ppeerr aaiiuuttaarrllii aa ““sseennttiirrlloo”” pprriimmaa cchhee mmuuooiiaannoo,, mmaa ddeessiiddeerrooaanncchhee aallzzaarree ggllii ssttaannddaarrdd ddeellllee ccuurree ddii ffiinnee vviittaa iinn ttuuttttoo iillppaaeessee,, ppeerr lloo mmeennoo ddaall ppuunnttoo ddii vviissttaa mmeeddiiccoo,, llaaddddoovvee nnoonnppoossssoo ffaarree nniieennttee ppeerr qquuaannttoo rriigguuaarrddaa ll’’aassppeettttoo ssppiirriittuuaallee’’.. (1)

2 marzo 1965, inaugurazione del primo piano del St. Christopher’s Hospice, con Lord Thurlow (presidente)

Con alcune suore del St. Joseph, 2 marzo 1965

Il cantiere del St. Christopher’s Hospice

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Il 1959 ha visto nascere numerose iniziativeindipendenti ma collegate tra loroIndubbiamente gli anni ‘50 furonoanni fertili per lo sviluppo delle ideenel campo dell’assistenza al pazientecon malattia terminale. Verso la fine della sua vita CicelySaunders scriveva:

‘Il 1959 ha visto nascere numerose iniziative indipendenti ma correlatetra loro: Feifel ha pubblicato il suo importante libro “The meaning ofdeath”; Renee Fox “ExperimentPerilous”, la sua osservazione parteci-pata all’interno di un reparto dove,per la prima volta, la medicina conduceva una sperimentazione con

gli steroidi somministrati apazienti affetti da malattie terminali…; nello stesso annoMargaret Torrie ha fondato

CRUSE, il servizio di supporto per le vedove, e l’editore di NursingTimes mi ha chiesto di lavorare ad una serie di 6 articoli sull’assistenzaai morenti’. (2)I primi anni ‘60 furono segnati da un rapido sviluppo delle conoscenze della Saunders. Nel 1959 aveva faticato a trovare 40 riferimenti bibliografici da inserire nel capitolo da lei curato in“Cancro”, opera di sei volumi di Ronald Rave, ma nel 1967 il suo opuscolo, intitolato “Gestione della malattia terminale”, contenevaben 184 riferimenti a opere pubblicate. Cominciava senz’altro a delinearsi un nuovo settore nella pratica clinica e assistenziale.

Immediatamente dopo l’apertura del St. Christopher’s Hospice CicelySaunders pubblicò un articolo che potrebbe essere considerato unapresentazione dell’hospice. (L’hospice) ‘‘cceerrcchheerràà ddii ccoollmmaarree lleellaaccuunnee nneellllaa rriicceerrccaa ee nneellllaa ffoorrmmaazziioonnee nneell ccaammppoo ddeellll’’aassssiisstteennzzaa aaii ppaazziieennttii aaffffeettttii ddaa mmaallaattttiiee oonnccoollooggiicchhee,, oo ddaaaallttrree mmaallaattttiiee ccrroonniicchhee ee tteerrmmiinnaallii,, ee ddeellllee lloorroo ffaammiigglliiee’’. Cicely incoraggiava il coinvolgimento dei familiari nell’assistenza eponeva grande enfasi sulla continuità delle cure anche a chi tornavaalla propria abitazione. Così il St. Christopher, che già disponeva di 54posti letto, un ambulatorio e 16 letti per le necessità del personale edelle loro famiglie, presto cominciò ad organizzare anche un serviziodi assistenza domiciliare. Nella visione della Saunders, inoltre, l’hospice avrebbe dovuto diventare una fondazione religiosa molto “aperta”. Infine era forte laconsapevolezza che i grandi investimenti che erano stati necessari perrealizzarlo avevano consentito di elaborare un progetto pilota cheavrebbe potuto avere influenze e implicazioni di grande importanza. (3)

Possa portare conforto e sollievo a molti, possa stimolare molti altri a seguire il tuo camminoAlla fine del 1967 il Dr Herman Feifel, il notopsicologo, inviò una lettera di congratulazionida Los Angeles scrivendole: ‘Possa l’hospiceportare conforto e sollievo a molti, possa stimolare molti altri a seguire il tuo cammino’.Appariva sempre più evidente che il traguardo raggiunto superava la semplice realizzazionedel St. Christopher’s Hospice. Si andava delineando la nascita di unvero e proprio movimento che, percontinuare a crescere e fiorireavrebbe avuto sempre più bisogno dell’energia, della dedizione e dell’elasticità mentale di Cicely Saunders.

1. Lettera: Cicely Saunders a Bruce Reed, il 14 Marzo del 1960.2. Saunders, C (2001) Social Work and Palliative Care - The early History. British Journal of Social

Work 31: 791-99.3. Saunders, C (1967) St. Christopher’s Hospice. British Hospital Journal of Social Work.

Assegnazione dei premi per infermieri al RoyalMarsden’s Hospital di Londra, probabilmente nel 1965

Copie di alcuni articoli di Cicely Saunders pubblicati tra la fine degli anni ‘50 e i primi anni ‘60

L’ufficio della Dr.ssa Saunders era collocato proprio sopra l’entrata principale dell’hospice e fu utilizzato fino a pochi mesi prima della sua morte

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L’apertura del St. Christopher’sHospice corrispose con uno dei momenti “più alti” delleaspirazioni di Cicely Saunders, ma costituì anche il punto di partenza di un progetto molto più ampio. Il lavoro all’interno dell’hospicedoveva essere sviluppato, e le idee e i principi che avevanoanimato la Saunders potevano finalmente essere sperimentati e applicati nella pratica. Come prima esperienza di Hospice “moderno” il St. Christopher cercò di conciliare e di sviluppare ai massimi livelli tre aspetti chiave: assistenza clinica,formazione, ricerca. Presto il St. Christopher diventò il modello cui si ispirarononumerose esperienze di assistenzahospice che si andavanodiffondendo in Gran Bretagna e nel resto del mondo. Per 18 anni Cicely Saunders furesponsabile della direzione medicadell’hospice. In poco tempo riuscìad organizzare l’assistenzadomiciliare, promosse la ricercaclinica sulla terapia del dolore,avviò studi di valutazione sullaqualità dell’assistenza, aprì uncentro di formazione specialistica.Tutto ciò richiese un impegnoenorme dal punto di vista clinico,organizzativo ed economico.

Assistenza, formazione,ricerca

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I primi progetti di ricerca al St. Christopher si occuparono di 3 argomenti principali: lo studio degli aspetti psicosociali del lutto, la valutazione comparata dell’assistenza hospice rispettoad altre organizzazioni e modalità di cura, lo studio farmacologico sui vantaggi e la gestione di farmaci oppioidi. Queste ricerche permisero di supportare econsolidare il lavoro pionieristico di CicelySaunders e degli altri fondatori del St. Christopher negli anni ‘50 e ‘60.

Le ricerche di valutazione furono avviate ancora prima di ricoverare il primo pazienteLo psichiatra Colin Murray Parks, ad esempio, condusse uno studiosui ricordi di chi si prendeva cura dei pazienti terminali. Scoprì che i pazienti che morivano a casa o in ospedale, al contrario dei pazientiricoverati in hospice, non ricevevano cure adeguate per il sollievo daldolore. Nel 1970, sempre al St. Christopher, Twycross associò la morfina alla diamorfina in uno studio e non rilevò alcuna differenzaclinica tra i due farmaci. Dimostrò inoltre l’assenza di tolleranza edipendenza...Le attività assistenziali, di ricerca e formazione dellenumerose unità hospice che si costituirono a partire dagli anni ‘70,dunque, poterono prendere spunto dalla pratica clinica ma anche dairisultati di ricerca. (1)

Non preoccupatevi troppo del nostro deficitFin dall’inizio ci furono preoccupazioni di tipo finanziario. Il 24novembre 1969, però, Cicely Saunders scriveva a Henry e Florence

Wald negli Stati Uniti: ‘Non preoccupatevi troppodel nostro deficit. Mi sto dedicando con tutte lemie forze alla raccolta fondi e sono sicura che isoldi arriveranno. Cercherò di avere dei letti dalTeaching Hospital e da alcuni dei grandi donatori,ma nel frattempo dovremo vivere di fede, comeabbiamo fatto fino ad ora, i soldi arriveranno’.

Ad un congresso, nell’ottobre del 1970, fu presentata una revisionedel lavoro fino ad allora svolto in hospice. In quell’occasione fu evidenziato che, nonostante dal punto di vista economico si facesseancora affidamento sugli enti benefici e le donazioni private, ilServizio Sanitario Nazionale aveva cominciato a contribuire per i dueterzi dei costi complessivi, inoltre i programmi di ricerca e i progettisperimentali di assistenza domiciliare erano oramai completamente acarico della Sanità pubblica. 400 pazienti morivano ogni anno in hospice e tra i 40 e i 60 venivano dimessi e mandati a casa, anche sea volte solo temporaneamente. Ben presto gran parte dei pazientipoterono usufruire dei servizi hospice nelle loro abitazioni. (2)

Cicely Saunders spesso parlava di un approccio positivo alla fase terminale. Non considerava la fine come una sconfitta, bensì comeun’occasione di compimento, riconoscendo che molti erano i sen-tieri che conducevano al termine della vita. La terapia del dolore e l’assistenza divennero per lei gli obiettivi principali, a metà strada tra l’accanimento e l’abbandono terapeutico, dove la comprensione e la compassione erano di vitaleimportanza.

Per 18 anni Cicely Saunders fu direttore medico dell’hospice

Cicely Saunders fotografata dalla sua amica Grace Golding nel 1975

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Ci preoccupiamo delle persone e ci preoccupiamo in quanto personeNel 1970 si sviluppò un grande interesse per il concetto di “persona”,particolarmente nel suo contesto familiare. L’attenzione alle famiglie, se confrontata alle prime esperienze di cura al St. Joseph, eraconsiderata un tratto distintivo dell’assistenza hospice. L’enfasi sull’importanza della presa in carico del paziente e della suafamiglia è un indicatore dello sviluppo del pensiero di Cicely Saundersanche in ambito psicologico e teologico, dove la “persona” viene considerata all’interno della propria rete di relazioni e nelle sue reazioni al deterioramento fisico. Da questo momento la preoccupa-zione per il paziente nella sua globalità diventa essenziale. Altrove ciò è espresso chiaramentenell’affermazione che il lavoro professionale in questo campo hadue dimensioni chiave: ‘Ci preoccupiamo delle persone e ci preoccupiamo in quantopersone’. (3)

Nonostante l’attenzione per la ricerca, Cicely Saunders osservava che ‘se la scienza considera i fenomeni nella loro generalità per utilizzarli, l’arte osserva le cose e le persone nella loro individualitàper conoscerle’. (2)I pazienti erano quindi incoraggiati a descrivere, in prosa o in formapoetica, con la pittura e il disegno, la loro esperienza. Le loro opere erano delle vere e proprie finestre sulla sofferenza.Cicely Saunders, inoltre, prestava grande importanza all’accoglienzadei pazienti in hospice e al coinvolgimento delle famiglie e dei bambini degli operatori sanitari alla vita dell’hospice. Al St. Christopher si respirava un senso di comunità, favorito anchedal coinvolgimento religioso di molti di quelli che vi lavoravano.

Assistenza attiva, palliativa, terminale sono tutte categorie sovrapponibiliNel 1976 Nursing Times decise di ripubblicare la serie di articoli cheCicely Saunders aveva scritto 17 anni prima e che avevano suscitatogrande interesse. Le cure palliative e terminali si andavano consolidando: si analizzavano i cambiamenti avvenuti negli ultimianni e si affrontavano nuovi dibattiti e argomenti, come i “living wills”o l’accanimento terapeutico. L’utilizzo crescente del termine “cure palliative” evidenziava che leidee che si erano sviluppate in hospice si stavano trasferendo in altricontesti, anche a casa e negli ospedali. Con l’inizio degli anni ‘80Cicely Saunders affermò con ancoramaggiore sofferenza che la “terminalità”di un paziente può non essere unostato irreversibile e che assistenza “attiva”, “palliativa”, e “terminale”sono tutte categorie sovrapponibili. (4)

A partire dal 1975 il St. Christopher iniziò a ricevere circa 2000 visitatori all’annoAll’inizio il St. Christopher era l’unico centrodi formazione specializzato nelle cure ai terminali, ricevette perciò numerose richiestedi collaborazione e visite da ogni parte delmondo. Gli scambi furono incoraggiati e, a partire dal 1975, il St. Christopher ricevettecirca 2000 visitatori all’anno, cui venivanodedicate visite di presentazione anche in francese e particolari iniziative durante i fine settimana.

1. Saunders, C (2000) The evolution of palliative care. Patient Education and Counseling 41: 7-13.2. Saunders, C (1971) The patient’s response to treatment. A photographic presentation showingpatients and their families. In Catastrophic Illness in the Seventies: critical issues and complex decisions. Proceedings of the Fourth National Symposium, 15-16 October 1970, New York: CancerCare Inc, 33-46.3. Saunders, C (1972) A therapeutic community: St Christopher’s Hospice. In: Schoenberg B, CarrAC, Peretz D, Kutscher AH eds. Psychosocial Aspects of Terminal Care. New York and London:Columbia University Press, 275-89.4. Saunders, C (1981) Current views on pain relief and terminal care. In M Swerdlow ed The Therapyof Pain. Lancaster: MTP Press, 215-41.

Un momento di condivisione

L’attività di assistenza in reparto fu una fonte di ispirazionecostante per Cicely Saunders che sempre vi fece riferimento nei suoi scritti e nelle sue lezioni

L’attività di raccolta fondi fu sempre una prerogativa del St. Christopher

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Già alla fine degli anni ‘50Cicely Saunders intuiva che le sue idee non sarebbero rimasteconfinate ad un’unica strutturadedicata ai malati terminali, ma che potevano essere sviluppate e ampiamente diffuse. All’iniziodegli anni ‘60 si impegnò in un programma intensivo diconferenze a livello internazionale,insegnò e scrisse con impegno e costanza, diffondendo così la moderna filosofia della cura al malato terminale. Con il passare del tempo l’interessee l’attenzione dei media crebbero e il St. Christopher’s Hospicecominciò ad essere sempre piùconosciuto nel mondo, diventandoluogo di ispirazione per moltepersone che vi si recavano perstudiare, fare ricerca, svilupparecompetenze cliniche. Il riconoscimento per il movimentoche Cicely Saunders aveva fondatoe per il contributo che aveva datoal miglioramento dell’assistenza ai malati terminali crescevasempre più. Nel 1959 Cicely non avrebbe mai immaginato che sarebbe diventata famosa e che avrebbe ricevuto premi eonorificenze. Nel 1986, ad esempio, le furonoassegnate una laurea honoris causadall’Università di Oxford e un’altra dall’Università diCambridge e nel 1989 ottenne la più alta onorificenza del RegnoUnito: l‘“Order of Merit”.

L’influenza del movimentohospice si diffonde

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Nonostante fino al 1967 il termine “movimento hospice” non facesseancora parte del lessico corrente dell’assistenza al malato terminale, lesue basi erano state gettate. Tra gli anni ‘40 e ‘50, infatti, CicelySaunders aveva intrapreso un progetto personale molto ambizioso:prendendo ispirazione dalla propria fede e dalle proprie sofferenzepersonali, sfruttando le proprie competenze professionali e l’inesauribileenergia che la contraddistingueva, era riuscita a raccogliere attorno a sé il sostegno di amici e colleghi che, con lei, lavorarono alla realizzazione del St. Christopher’s Hospice. Ma l’impegno di Cicely Saunders a favore dell’assistenza hospice eragià stato riconosciuto nel 1965 quando, il 9 marzo a BuckinghamPalace, le fu conferitol’“Order of the BritishEmpire”. Quattro anni piùtardi, invece, nel giugno del1969, ricevette dall’Univer-sità di Yale, negli StatiUniti, la prima delle oltre25 lauree honoris causa checostellarono la sua vita professionale.

Negli anni 1963, ‘65 e ‘66 Cicely Saunders si recò negli Stati Uniti per un programma di conferenzeCicely Saunders lavorò molto alla costruzione di una rete di collaborazioneinternazionale. Negli anni 1963, ‘65 e ‘66 si recò negli Stati Uniti perun programma di conferenze che accrebbero la sua fama ed il ricono-scimento internazionale. La collaborazione con l’Università di Yale, inparticolare, si rivelò particolarmente significativa. Alla sua prima visitatenne la prima lezione al consiglio degli studenti presso la Scuola di Medicina e il giorno seguente, su speciale richiesta, replicò il suo intervento al Corso Postlaurea di StudiInfermieristici. In questa occasione incontròFlorence Wald, che diventòl’amica di una vita, e scoprì gliscritti di Viktor Frankl, in particolare “Man’s Search forMeaning”, che influenzaronomoltissimo il suo pensiero neglianni successivi.

Molti visitatoriCol tempo, un numero crescente di visitatori americani giunse aLondra per visitare il St. Joseph’s Hospice e, benché non fosse ancoraaperto, anche il St. Christopher. Anselm Strauss, per esempio, il socio-logo e coautore del libro Awareness of Dying fece visita alla Saundersnell’autunno del 1965. A questo incontro ne seguirono molti altri. Il19 dicembre di quell’anno Cicely Saunders gli scriveva: ‘Il tuo libromi è arrivato per posta aerea. Ero chiusa in casa a causa di un terribileraffreddore, e sono riuscita a leggerlo tutto d’un fiato. Ti scrivo perdirti quanto mi sia piaciuto e quanto lo abbia trovato utile’.

Allo stesso tempo in altre parti del Regno Unito (Sheffield,Manchester, Worthing, ecc.) si stavano progettando altri hospice pren-dendo a modello il St. Christopher. Lo staff del St. Christopher eradisponibile a fornire informazioni a chiunque, in Inghilterra o all’estero,condividesse il desiderio di realizzare un hospice. Con l’aumentaredell’entusiasmo anche i politici e gli amministratori iniziarono ad interessarsi più da vicino all’assistenza hospice. Infine, nel novembredel 1972, si tenne a Londra il primo simposio nazionale sull’assistenzaai morenti i cui atti furono pubblicati sulla prestigiosa rivista medicaBritish Medical Journal. (1)

Con sua madre (sinistra) e la nipote Penelope (destra) alla cerimonia di assegnazione dell’ “Order of the British Empire”

9 giugno, assegnazione della Laurea in Scienze alla Yale University

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Dopo il 1974 il termine “cure palliative” venne utilizzato sempre piùTra il 1967 e il 1985 Cicely Saunders produsse circa 85 scritti chevennero tradotti in diverse lingue e pubblicati in numerosi paesi.Scrisse per giornali scientifici, manuali prestigiosi, pubblicazioni religiose e per un pubblico più ampio. Il suo lavoro, oltre ad appariresu periodici e manuali medici, su atti di simposi e conferenze, fu descrittoin riviste e quotidiani e diventò argomento di film documentari.I collegamenti con i colleghi d’oltreoceano produssero una crescitacostante di idee proficue. Il contatto con il chirurgo diMontreal Balfour Mont, ad esempio, condusse, dopo il1974, all’adozione sempre più diffusa del termine “cure palliative” per descrivere il lavoroche si stava portando avanti coni malati terminali.

Riconoscimenti ed onorificenzeCon la crescita della sua reputazione, Dame Cicely ricevette moltipremi ed onorificenze anche internazionali, tra questi:

• Il “Lambeth Doctorate” in Medicina (1977)• La Medaglia d’Oro in Therapeutics del Worship Society of

Apothecaries (1979)• Il titolo di Dame dell’Impero Britannico (1980)• Il premio Templeton per gli incredibili contributi in campo religioso• L’Order of Merit (1989) – l’onorificenza più elevata nel sistema

Britannico, che prevede solo 24 membri scelti personalmente dalla Regina

Nel 1980 il St. Christopher’s Hospice organizzò la sua prima conferenzainternazionale. Fu la consacrazione ufficiale dell’hospice e coinvolsepartecipanti provenienti da 17 paesi diversi. Gli atti vennero successivamente pubblicati. (2) I contributi veicolarono la convinzione crescente che le idee e i condizionamenti che si erano sviluppati nel mondo della beneficenzastavano cominciando ad influenzare anche il sistema sanitario istituzionale.

Parallelamente allo sviluppo del suo lavoro, Cicely Saunders condusse una riflessione approfondita sullo stato del movimentohospice, sulle sue origini e storia, sull’opportunità di estenderequesto tipo di assistenza anche ad altre patologie - come le malattieneurologiche e l’AIDS - , infine sulla necessità che l’assistenzahospice si affermasse non solo attraverso la proliferazione continua di strutture, ma anche con la diffusione sempre più ampia delle conoscenze, delle competenze più appropriate, dell’educazione e della formazione all’interno anche del sistema sanitario nazionale.

Il processo potrebbe essere paragonato alla costruzione di un caleidoscopio‘Ciò che in origine era stato avviato in risposta ai bisogni di un solopaziente ora, grazie ai contributi della storia, di articoli e aneddoti, dipazienti e famiglie, di operatori sanitari e volontari provenienti datutto il mondo, si è notevolmente sviluppato. Questo processo potrebbeessere paragonato alla costruzione di un caleidoscopio: l’assemblaggio di esigenze diverse e apparentemente non correlate

che, con un colpetto, si organizzano e struttura-no in modo coerente, proponendo una nuovasintesi. È così che il St. Christopher è stato realizzatonel corso di anni di riflessioni intense e esperienza.Le équipe che sono venute in seguito hannocopiato questo modello modificandolo in relazione alle differenti circostanze e contesti.’ (3)

1. Saunders, C (1973) A death in the family: a professional view. British Medical Journal 1(844): 30-31.2. Saunders, C Summers, D and Teller, N (1981) Hospice: The living idea. London: Edward Arnold.3. Saunders, C (2000) The evolution of palliative care. Patient Education and Counseling 41: 7-13.

La Dott.ssa Saunders nel suo ufficio, dove era felice di ricevere visite da persone provenienti da tutto il mondo

Con la crescita della reputazione di Cicely Saunders, i suoi punti divista furono condivisi da molte altre persone

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Nel 1985 Cicely Saunders si ritirò dal lavoro a tempo pienoin hospice, ma continuò a scrivere,a insegnare e a sostenere lo sviluppo degli hospice e dellecure palliative, avviò inoltre unariflessione sulle sue prime esperienze personali e professionali. La sua vita continuava a suscitare grande interessepubblico, fu quindi soggetto di documentari televisivi, intervistegiornalistiche e biografie. Nel 1980, dopo aver vissuto con lui per anni, sposò l’artistapolacco Marian Bohusz-Sysko.Lei aveva 61 anni e lui 79. La loro convivenza fu costellatada visite di amici e sostenitori che gli volevano bene. Quando Marian si ammalò,Cicely rinunciò per un po’ di tempo a viaggiare e si dedicòcompletamente a lui. Riprese le sue attività e i suoiinteressi solo dopo la sua morte,nel 1995, continuando a partecipare come relatore a incontri e conferenzeinternazionali e ad ispirare tutti i promotori delle curepalliative nel mondo.

Pietre miliari

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‘Antoni (Michniewicz, il secondo paziente polacco che aveva avuto in cura e al quale si era molto legata) fu un “innamoramento” molto singolare. Abbiamo avuto a disposizione 3 settimane per noi, nonostante fosse ricoverato da circa sette mesi. Credo mi abbia datola possibilità di capire veramente come ci si sente sul punto di morte.Mi ha fatto comprendere anche cosa significa perdere qualcuno, essere in lutto. Antoni era una persona tremendamente importanteper me e fu molto difficile superare la sua perdita perché tutto in luiera fuori dall’ordinario. Ricordo che un giorno mi disse, “non ti possooffrire nient’altro che la mia sofferenza”, ma io gli dissi, “credimi per favore, non sono solo io... anche tu hai dato tanto a me”.Lui mi rispose, “ti credo”, e fu un momento estremamente intenso.’ (1)

Il potere dell’impotenza‘Credo di dovere molto ad Antoni, perché stare vicino a lui nellafase terminale mi fece comprendere il valore di una presenzaautentica e quanto ancora ci fosse da fare in questo campo e …..il potere dell’impotenza è qualcosa che bisogna continuare adapprendere, solo così puoi capire la malattia, non solo dal puntodi vista clinico, ma anche dai punti di vista filosofico e teologico, dove non c’è mai fine alla scoperta.’ (2)

Alla scoperta di Marian‘Era il 1963 e vidi un blu meraviglioso, una Crocifissione blu nellavetrina della Galleria Drian e pensai, “devo entrare”. Quindi mi fermai ed entrai. Era l’esposizione di un artista polacco, stessa età diAntoni, proveniente dalla sua stessa città. Ma non era per questo chemi innamorai, inizialmente rimasi affascinata dai suoi quadri, ne volevo assolutamente uno. L’esibizione, che era durata un mese, stavaper chiudere, era andata molto bene e riuscii ad avere un quadro a metà prezzo. Il quadro rappresentava un Cristo. Si intitolava “Stilling the storm”, e andando a casa pensavo tra me eme, “che cosa ho fatto?”. Non avevo mai comprato prima un quadro,un originale, e quando ritornai per ritirarlo mi feci dare dalla Gallerial’indirizzo dell’artista per ringraziarlo. Se ti innamori di un artista è un’ottimacosa innamorarsi prima deisuoi quadri. Io e Marian ci incontrammo così.’ (2)

Cicely Saunders ed il marito Marian Bohusz-Sysko ll loro primo incontro avvenne nel 1963, ma si sposarono solo nel 1980

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Un artista splendido, selvaggio, matto‘Ci volle molto tempo (prima di riuscire a sposarci) perché la suaprima moglie era ancora viva, in Polonia. Era un artista splendido, selvaggio, matto, ed era più vecchio di me di 18 anni. Siamo statigrandi amici per molto tempo, e alla fine… lui si trasferì da me. Manon ci sposammo fino al 1980, con la morte della moglie. Quell’annofui nominata Dame e ricordo che gli dicevo scherzando “tu sei un nobile polacco ed io sono solo una borghese, hai dovuto aspettare che diventassi Dame prima di deciderti a sposarmi”. Siamo stati insieme15 anni e siamo stati felici, profondamente felici.’ (2)

‘Io e Marian abbiamo trascorso 5giorni a Roma per partecipare aduna conferenza sulle comunitàterapeutiche, dove sono stata invitata a presentare l’esperienzahospice. Il Papa ci ha ricevuto conun’udienza privata.’(Lettera a Balfour Mount, 25 agosto 1984).

A partire dalla seconda metà degli anni ‘80, Marian si indebolì. Ci furono timori e preoccupazioni, esami ed accertamenti. CicelySaunders prese la decisione di diradare gli impegni all’estero, infine liinterruppe del tutto. Rimase a casa con Marian, incoraggiandolo adipingere, confortata dal suo orgoglio e dalla sua dignità, prendendosicura di lui con l’aiuto di un vicino man mano che i suoi bisogniaumentavano. Marian morì, come era giusto, al St. Christopher assistito dai colleghi ed amici di Cicely Saunders. Dopo la sua morteCicely Saunders riprese i suoi interessi, ricominciò a viaggiare, partecipò a numerosi convegni in tutto il mondo e rilasciò numeroseinterviste.

Fede e meditazioneLasciando la carica di Direttore Medico nel 1985 trovò il tempo perapprofondire la riflessione sugli aspetti spirituali e filosofici. Si ispiròmolto alle opere di Julian di Norwich e alla poesia contemplativa diAnne Ridler. Trovò inoltre il tempo di riflettere sulla natura della sofferenza umana come viene espressa nell’arte, in poesia e in letteratura, e di svilup-pare il suo concetto didolore spirituale, che presentò per la primavolta alla conferenzainternazionale del 1988presso il St. Christopher’sHospice.

1. Saunders, C intervista con Neil Small 24 ottobre 1995.2. Saunders, C intervista con David Clark, 2 maggio 2003.

Incontro con Sua Santità Papa Giovanni Paolo II nel 1984

La Dr.ssa Saunders era profondamente interessata alla fede, alla religione e al significatodella sofferenza. Cercò di ampliare la sua comprensione attraverso l’apprezzamento

della musica, della poesia, della pittura e della scultura

In un sondaggio per la nomina del più grande medico di tutti i tempi Cicely Saunders arrivò terza, dopo Sir John Snow e Ippocrate. In un appunto esprime la sua gioia per questa nomina. La fotografia è stata scattata dal marito

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L’ottantesimo compleanno di CicelySaunders, nel 1998, vennecelebrato con una conferenzaorganizzata in suo onore presso il Royal College of Physicians, a Londra. Nel 2000 si ritirò da Presidente del St. Christopher’sHospice per assumere il ruolo di Presidente Fondatore e seguirelo sviluppo della Cicely SaundersFoundation presso il King’s Collegedi Londra. Mantenne peròl’abitudine di partecipare ognigiorno alle preghiere mattutinepresso la cappella dell’hospice,soffermandosi poi a discorreretranquillamente col personale e con i visitatori e pranzando nellasala dell’ospedale. La si potevatrovare nel suo ufficio quasi ognigiorno, ancoraattivamente impegnatanella corrispondenza e nelle letture. Nel2002 si manifestò untumore al seno ma,curiosamente, leisembrò mitigare ladiagnosi. Inoltre esibiva unatteggiamento ambivalente verso la propria mortalità: in alcuneoccasioni sembrava accogliere lamorte solo per poi spingerlalontano, nella speranza di poterdisporre ancora di alcuni anni per “rimettere in ordine le cose”. Il suo interesse verso il mondodelle cure palliative non accennòmai a diminuire; sembrava esseresempre al corrente sia delle notizieufficiali che dei pettegolezzi,malgrado la malattia e la perditadi mobilità. Siccome le suecondizioni peggioravano, all’iniziodel 2005 trovò sollievotrasferendosi in una stanza delPadiglione Nuffield presso il St. Christopher. Fu lì che morì il14 luglio: nell’hospice che lei perprima si era ripromessa di crearepiù di quarant’anni prima.

Gli ultimi anni

Una straordinaria scultura in bronzo di Dame Cicely, opera di Nigel Boonham, fu consegnata all’hospice nel febbraio del 2002

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Che cosa hai tu che non hai ricevuto?‘Il Professor David Clark, un sociologo medico, possiede tutta la miaampia collezione di archivi, inclusi i memoranda, gli articoli e migliaiadi copie di lettere alle innumerevolipersone che mi hanno aiutato in unmodo o nell’altro a sviluppare leidee… Il St. Christopher è stato un precursore,ma ancora una volta io sono consapevole della verità: che cosa haitu che non hai ricevuto?’ (Lettera di Natale agli amici1998-9).

Sino agli ultimi anni della sua vita, ogni mattina alle 8.45 esatte, DameCicely era nella cappella dell’hospice (per le preghiere mattutine). Poi riceveva i visitatori nel suo ufficio, si occupava delle continue richieste e allo stesso tempo accontentava gli storici e gli archivisti.La sua stanza era zeppa di libri, giornali, lettere e della meravigliosa confusione di unavita professionale intensa.

La porta dell’ufficio di Dame Cicely al St. Christopher’s Hospice (2004)Le cartoline dagli amici e dai sostenitori erano sempre ricevute con grande piacere

Il blocco degli appunti sulla scrivania di Dame Cicely, con l’agendina dei numeri telefonici (2004)

Una raccolta di sue lettere venne pubblicata nel 2002 e fu seguita, subito dopo la sua morte, da un volume di pubblicazioni scelte (2006)

Il disordine della scrivania

Ho un meraviglioso gruppo di supporto‘La mia spina dorsale sempre più accartocciata mi obbliga a fare lezionida seduta e ho bisogno di una sedia a rotelle per percorrere qualsiasidistanza. Tuttavia ho un meraviglioso gruppo di supporto’ (Lettera diNatale agli amici, 1999).

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Amore e acciaioDurante l’inverno 2004 -2005 l’artistaCatherine Goodman dipinse il ritratto di DameCicely per la National Portrait Gallery di Londra.Il soggetto aveva 87 anni e furono necessarie 22sedute .‘Cicely lavorava duro, come facevo io col dipinto’ disse la pittrice. ‘Durante le nostresedute c’era una specie di mutuaconcentrazione veramente raraquando stai ritraendo qualcuno.Cicely era davvero coinvolta nell’intero processo’. Quando il ritrattovenne scoperto, un amico dell’artista osservò che comunicava unsenso di “amore e acciaio”. ‘Chiunque svolga un lavoro in hospicenecessiterà in abbondanza di entrambi’ osservò Dame Cicely.

1. Dickinson, E Jane (2005) Painting Dame Cicely, The Times, 7 maggio: 22-23.

Ritratto realizzato da Catherine Goodman nel 2005 (National Portrait Gallery)

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FONDAZIONE FLORIANIUNA RISPOSTA ALLA SOFFERENZA

DEI MALATI TERMINALI.


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